Salvatore Settis - Ars Moriendi
Salvatore Settis - Ars Moriendi
D E LL A
SC UOLA NORMALE
S UPERIORE DI PISA
Serie IV
Quaderni, 1-2
348 8qJ
PISA 2000
Giornate di studio
in ricordo di Giovanni Previtali
Siena, Università degli Studi, dicembre 1998
Napoli, Università degli Studi «Federico Ili!, febbraio 1999
Pisa, Scuola Normale Superiore, maggio 1999
PAOLA BAROCC H I,
L UCIANO BELLOSI ,
SALVATO RE S ETri S
In un a lettera a Jo han Huizinga del1 92 1 André Jo lles scriveva che «il Rinascim 1to ebbe la sua
culla in una to mba», cioè nell'intenso studi o dell'arte amica condotto dagli artisti sui sarcofagi
ro mani 1• Scrivendo q ueste parole, Jolles aveva senza dubbio in mente l'Adorazione dei pastori di
Domenico G hirla ndaio nella Cappella Sassetti in Santa T rinita (circa 1485) , in cui un fitt izio
sarcofa go roma no serve letteralmente da culla al piccolo Gesì.t, co me è es plicitamente d ichiarato
dall 'iscri zio ne, anch'essa fittizia2 • I sarcofagi ro mani erano spesso presenti nello spazio sacro delle
chiese med ievali 3 , e per quanto la maggior pan e di essi siano stati poi trasportati in collezioni e musei,
alcuni ancora si trovano nelle chiese: così un notevole sarcofago dio nisiaco riusato come fonte
battes imale nella chiesa di Cadenet (Francia meridi onale)".
N el suo studi o su Francesco Sassetti, Warburg aveva analizzato il dipinto di G hirlandaio, in cui
il breve ma insisti to catalogo di rovin e ami che (e specialmente il sarcofago) vuole «enunciare
oste ntata mente il superamem o del paga nesimo ad opera della chiesa crisriana» 5. Jolles aveva
im rapreso co n Wa rburg a Fire nze l' inco m piuro progetto di un romanzo episto lare sulla «Ninjà»6, una
figura di pinta dal G hirlandaio a Santa M aria Novella che, per il panneggio svolazzante, denunciava
la sua derivazione dall' arte antica, come la simulata corrispondenza fra i due amici doveva
prog ressivamente disvelare. Il «Rinascimento che ha la sua culla in una tomba» di Jolles può essere
perciò inteso co me un 'a llusio ne al lavoro di Warburg7 •
Di artisti che trassero ges ti, mo tivi, schemi dai sarcofagi ro mani son piene monografìe e repertori 8 .
Un caso citato assai spesso è la pala di Raffaello alla Galleria Borghese (firmata e datata, 1507) , in cui 2
il braccio desuo di C risto pende esani me, e l'abbando no delle membra è un'effi cacissima Pathosformel
della morte9 . M o lti criti ci hanno osservato che l compos izione di q uesto splendido dip into ha in sé
qualcosa d i no n interamente risolto, quasi che i ue gruppi - quello impern iato sul C risto m orto e
l'altro che s' incentra sullo svenimento della Vergine- siano rimasti disgiunti fra loro . Raffaello giunse
a ques ta co mposizione dopo un lungo percorso, do cumentato da numerosi disegni preparatori,
almeno sedi ci 10 • N ei più antichi , come quello di Oxfo rd, la co mposizione era molto più compatta ma 3
anche più convenzio nale, di modi sostanzialmente perugineschi , col C risto morto giacente al suolo;
altri disegni , come quello di Londra, mostrano una netta svolta, che altera drammaticamente la 4
co mposizio ne originari a: l'introduzio ne del nuovo gesto, che è stato chiamato «il braccio della
morte» 11 , e del gruppo din amico dei portatori del C risto morro. ·
12
T utti ripetono che questo cambiamento così radicale fu innescato da un sarcofago romano col
traspo rto fun ebre di Meleagro, del tipo di quello ora ai M usei Vaticani (circa 190 d . C.) 13 • Pro posto 5
già da H erman G rimm nell 872'\ qu esto confronto fu poi argo mentato specialmente da Arnold von
Salis nel 1947 15, seguito e citato poi da molti. In altri termini , proprio e solo lo studio dell'antico
avrebbe prodo tto sulla scena pittorica una !)UOva formula, rinnovando profo nd amente non olo la
composizio ne di q uesto quadro di Raffaello, ma l' ico nografi a del tema. Nella Pala Baglio ni, co nclude
vo n Salis do po aver ripercorso all'indieuo fino al V secolo a. C. la sto ria del m otivo, «il Redentore
è un G reco defun ta».
SALVATO RE SETri S
Di co composizione essere quella ragione d i dipigncrc, per la qua le le pani si compongono nella opera dip in ta.
Grandissima opera del pitto re sarà l' isto ri a: pane dell a isro ri a so no i co rpi: parre dc' co rpi so no i membri: pane
de' n embri sono le supcrfìcic 22
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CRI STO E MEL E,\G RO
L'arte della compositio di una buona istoria dipinta è d unque identica a quella che le scuole di
rerori ca insegnavano per una buona prosa: l' istoria corrisponde all' oratio, i corpi ai periodi, i membri
alle .fasi, le superficie infine alle paroltP. Prelevando il «braccio della morte» da un sarcofago di
Meleagro e innestandolo sul suo Crisro defunto, Raffaello avrebbe dunque introdottO un'inflessione
class ica nel proprio linguaggio, modificando un membro (una frase) della sua istoria/di corso, onde
renderla più efficace (perché più eloquente) . '
Tuttavia, la sroria come raccontata da vo n Salis (e da mo lti dopo di lui) è troppo semplice. Basta
un o sguardo a caso, per esempio alla Madonna della Milizia di Mare di G iovanni Bellini, circa 1470, 8
dove il pi ccolo GesLt dorme «in pietà» nel grembo della Madre, col braccio inerte in un sonno infantile
che anticipa, in q uella che è stata chiamata «la preveggenza della Vergine» 24 , l'abbandono delle
mem bra nella morte (come in un altro quadro del Bellini , la Pietà Donà dalle Rose, circa 1502) 25 •
A monte di esempi co me q uesti, non ipotizzeremo ceno lo studio di un sarcofago romano, ma semmai
un 'altra linea, ben esemplificata dalla Pietà di Ercole de' Robeni a Liverpool, ci rca 1482, e prima
ancora da tutta una tradizione a nord delle Alpi, per es. da un pannello del Trittico di Miraflores di 9
Rogier va n der Weyden, circa 1440 26 .
Quella che chiam iamo ora (non solo in italiano) «Pietà» è una scena che nessun ·vangelo menziona,
la lame ntazio ne privata della Vergine sul corpo del Figlio. Q uesta scena fu inventata dalla devozione
e dalla mistica tedesca del secolo XIV2 7 , dando luogo al ti p o fo rtun at issimo del Vesperbild, di cui posso
brevemente richiamare due esempi , un o di Erfurt, circa 1350, e l'altro di Soest, circa 1380 28 . 10
Entram bi p resentano in modo assai evidente la Pathosjòrmel del «braccio della morte», che è dunque
di Crisro assai prima d i Raffaello. Come si sa, a partire dall 370 decine di Vesperbilder come questi
furo no importati in ltalia29 , e dettero origi ne alla Pietà «all'italiana», come quella di Michelangelo,
in cui la cruda, «an ticlass ica» espress ività nordica cedeva il passo a un tono pitt asso n o, a u na nuova
attenzione alle proporzioni, alla «naturalezza», al «convenevole» .
Un a stessa Pathosjòrmel, dunque, si ritrova nell'art 1ntica (per Meleagro) e in quella medievale (per
C risro), co n invenzione- è importante sottolinea rl o ·- del tutto indipendente. Il pro blema è se il
modello interpretativo di vo n Salis, che voleva il gesro di C risro dedotto da quello di Meleagro, vada
del tuttO abbandon atO una vo lta gettatO lo sguardo sulla tradizione che parte dai Vesperbilder; o se
debba essere invece in qualche modo rivisto. Sia la sequenza di disegni di Raffaello che la simultanea
presenza dei due schemi in Signorelli rendon o chiara una transizione, una soglia, sulla quale Signorelli
sembra co me arrestarsi, e che il Raffaello della Pala Baglioni valicò impetuosamente. Ma in quel
decisivo passo compiuto da Raffaello, quale fu (se ci fu) il ruolo dei modelli antichi? ,
Sarà bene ri co rdare prima di tutto che la Pathosj~nel del «braccio della morte» non è esclusiva
dell'arte nordica, né di quella a nord degli Appenn ini. Il Compianto sul Cristo morto in u no dei rilievi
donatell iani dei pulpiti di Sa n Lorenzo, circa 1460 30 , lo mostra con defin itiva eloquenza; né sarebbe 11
diffi cile citare altri esempi , come il Compianto del Botticelli a Monaco (circJ. 1495). Tuttavia, come
è chiaro dalla sequenza dei disegni , il punto di partenza di Raffaello non furono formule come queste,
ma altre e più co nvenziona li co mposizio ni in use per la Lamentazione, dove il «braccio della morte»
no n ri co rreva. Raffaello lo prese dunque davvero da un sarcofago d i Meleagro?
Torniamo al De pictura di Leo n BattistaA!berti . Dopo il celebre passo che ne abbiamo citato, segue
un a no n meno celeb re esemplificazione; ed è quando giunge a parlare dell'articolazione dei membri
nell ' istoria che Al berti menzio na Meleagro:
147
SA LVKI"O RE S ETf"I S
Lodasi una storia in Ro ma nella quale M eleagro mo rto, po rtato, aggrava qu elli che portano il peso, e in sé pare
in ogni suo m embro ben morto : ogni cosa pend e, mani, di to c capo; ogni cosa cade languido; ciò che ve si dà ad
esprim ere uno co rpo mo rto, qual cosa cen o è di ffì cilissim a, però che in uno corpo chi saprà fì ngere ciascun o
mem bro ozioso, sarà ottimo arrefì ce 31.
No n pu ò esservi dubbi o che questa «Sto ria» tanto «lodata» in Ro ma, ed evocata dall'A lberti co n
tanto visibile tensio ne ecfras tica32 , fosse un sarcofago . Vediamo quale. D i tutt i i sarcofagi con la
deposizione di Meleagro, almeno tre sono qu elli che po tevano essere visibili in Ro ma al tempo
5 deli'Alberri. Uno è il frammen to al Vaticano che abbiam o già visto, documentato in Ro m a alm eno
da Aldrovandi in poi: ad esso la descrizio ne alberti ana si attagli erebbe alla perfezio ne (anche se proprio
il «braccio della m o rte», almeno nel suo stato presente, manca). U n altro è un sarcofago già a Palazzo
12 Barberini, circa 190 d . C., ora perduro e qui riprodotto da un' anti ca fotografi a, che nel Medio Evo
era stato reim piegato come sepolcro della famiglia Branchi nella chiesa di Santa Maria in Mo nti celli 33 .
Ma in ambo i cas i c'è un a difficoltà insormontabile a identificarli con qu ello del D e pictura: co me
avrebbe mai fatto l'Aiberri a riconoscere la sto ri a di M eleagro ? N el caso del fram mento vaticano,
Ulisse Aldrovandi lo descrive co me «fragmen to di un a pila, dove vari e fi gure so no , e vi si po rta co n
grandi an ezze a sepelire uno uomo», m entre un 'iscri zio ne sullo stesso ri lievo lo interp reta co me i
fun erali di A ntinoo in prese nza di Adriano 31 . Q uan to al sa rcofago di Palazzo Barberini , un a fo nte del
1719 ne parla come di
un'urna anti chissima[ ... ], che per qu ell o posso co ngett urare rappresenta i funerali de' gentil i idolatri , mentre nel la
f acciata di d ett'urna si vedono tutte le fì gure confuse e dolen ti in atto d i piangere e scarrni gli arsi35 .
C ome è chiaro , ness uno di questi due sarcofagi poteva fac ilmente essere identificato co me un a
sto ria di Meleagro, della quale m anca in entrambi ogni chi aro co ntrassegno; lo stesso vale per un altro
sarcofago col Trasporto di M eleagro d ocumentato almeno d al C inquecento, e o ra a V ill a Doria
Pamphili 36 . Troppo spesso dimentichiamo che solo assai lentamente, e spesso m olto ta rdi , gli
antiquari impararo no a rico noscere i mi ri greci rappresentati sui sarco fagi romani, e a lungo
co ntinuaron o a vedervi scene «di genere» (come «i fun erali de' ge ntili») o di sto ri a ro mana (co me il
seppellimento di Antinoo) 37 .
Grazie alle M etamorfosi di Ovidio , e poi all ' universale diffusione dell' Ovide moralisr? 8 , no nché ai
molti testi che vi attinsero, di Meleagro era no ta a tutti la caccia al cinghiale calido nio. T anto nora,
anzi, perfin o nella cultura popolare, che ad essa era dedi cato un poe ma in o ttava rim a, La caccia di
27 M eleagro, stampato a Roma verso ill 4 9 5 da Bes icken e ristampato a Firenze nel1 558 . Uno dei du e
esemplari della stampa origin ari a (alla Casan atense) faceva parte in origine, co n altri opuscoli fra cui
il Prosp ettiva Milan ese, di un volume miscellaneo , che è stato definito «la biblio teca po rtatile di un
cantas to rie » 3 ~ . L' O vidio moralizzato, diffuso anche in vo lgare italiano, prese ntava M eleagro co me
«figura» d i C risto: «allegorice de C hristo : quod Meleager, scilicer C hrisrus, a principio Athalantam
puellam , id est humanam nat uram, voluir dili ge re, et aprum, scilicet Lu ciferum, voluit occidere»;,o.
La sto ria di Meleagro era anzi tanto fa mosa che Vasari, m enzionando co me fo nte d i N ico la Pisano
un celebre sa rcofago pisano (che oggi sa ppiamo essere di Fedra e Ippoli to), senza es itazio ni lo chi ama
«la caccia di Meleagro e del po rco Ca lido nio, scolpi ta co n bel lissima maniera»'" . Se Leo n Battista
Al berti po té ri conoscere M cleagro nell'«uomo sepeli to co n gra ndi attezze», dev'essere perché nello
1tJ 8
C IUSTO E MELJ:.-\ GRO
stesso sarcofago doveva esserne rappresentata la caccia, col cinghiale bene in evidenza, come è in
numerosi sarcofagi antichi (dove però in gene re manca la scena del trasporto funebre dell'eroe morto).
Una riprova è che la morte di Meleagro doveva esser rafJpresentata reinventandola di sana pianta senza
alcu n riferimento all 'iconografia dei sarcofagi: così è nell'illustrazione della C'accia di Meleagro (v.
l'Appendice); così, per quanto in forma assai class icheggiante, in una stampa d i Nicolas Beatrize t, che
anzi riuti lizza moduli compositivi di una Deposizione di Cristo42 •
A questa req uisito indispensabile risponde solo il terzo dei sarcofagi col trasporto funebre di
Meleagro vis ibili in Roma all'epoca di Leo n Battista Al berti, in cui il corteo funebre non era
rappresentato (come nei due casi già visti) sulla cassa, ma sul coperchio 43 • Ora, come ha ben visto Cari 13
Robert interpretando i disegni del Codex Coburgensis, almeno fino al C inquecento quel coperchio
doveva esser congiu nto (in palazzo Della Valle-Capranica) alla sua cassa, sulla quale era ed è
perfettamente riconoscibile proprio «la caccia di Meleagro e del porco Calidonio»: era dunque molto
faci le identificare Meleagro nell'eroe condotto a se po ltura. È questo dunque, assai probabilmente, il
sarcofago menzionato dall'Alberti e da lui additato a modello. C hiarissima è la congruenza con la
descrizione albeniana: in questo sarcofago della fin e del II secolo d. C. poss iamo ben riconoscere quel
«Meleagro morto, portato», che «aggrava quelli che portano il peso, e in sé pare in ogni suo membro
ben morto: ogni cosa pende, mani, d ita e capo; ogni cosa cade languido».
Q ues to passo del De pictura testimonia in modo diretto l'indicazione a modello di un identificabile
sarcofago romano, e ino ltre spiega che cosa gli artisti del primo Rinascimento cercassero nell'arte
anti ca: formule per rappresentare efficacemente i propri temi, in questo caso «ciò che ... si dà ad
esp rimere uno corpo morto». T uttavia, questo non vuoi dire necessari amente che proprio il sarcofago
tanto valorizzato dall'Albeni ab bia attirato l'attenzione di Raffaello; e neppure, data la lunga storia
di quel gesto, che egli avesse bisogno di cercarlo ·n un modello antico.
So miglianza di schema, sarà bene ricordarlo, n n vuoi dire necessariamente «derivazione». Per
esempio: seco ndo Kun Weitzmann, lo schema bizantino del threnos sul corpo del C risto morto
deriverebbe da un modello classico, la sepoltura di Atteone, documentata da pochissimi esempi, fra
cui un sarcofago del Louvre44 • Un ta l confron to è però destinato a restare generico: non un
determinato sarcofago che agisce da model lo su un determinato artista, né un contesto culturale in
cui gli artisti facciano a gara nel dis egnare i sarcofagi e trame formu le per l'arte loro, ma semmai solo
una li nea tradizio nale di lungo periodo, che com incerebbe nell'antichità continuando a Bisanzio .
In altri casi, la derivazione da un preciso modello antico è resa invece sicura dall'assoluta peculiarità
di un gesto altamente convenzionale. Nella Deposi ione agli Scrovegni (circa 1305) , G iotto usò per
san Giovann i l'indimenti cabile gesto espressivo della disperazione, con entrambe le braccia gettate 14
violentemente all'indietro"5. Co mmentando proprio questa scena nel 1900, Roger Fry, proprio
m entre sottolineava «the importance of what ali the great Italians inheri ted from G raeco-Roman
civilisatio n, - the urbanity o fa great style», era convinto che qui G iotto «is dealing with emotions that
class ica! art scarcely touched»" 6 . In altri tere1ini, la scena rappresentata da Giotto sarebbe sì
impregnata di un o «spirito» antico, ma non ispirata da una specifica fonte amica.
Q ualche anno dopo, lo stesso gesto ri corre due vo lte negli affreschi giotteschi della Basilica
Inferiore di Assisi, in una delle piangenti della Crocifissione e in una delle madri della Strage degli
Innocenti. Secondo la bella analisi di Giova nni Previtali, Giotto e la sua bottega reimpaginarono qui 15
la composizio ne della stessa scena agli Scrovegni:
149
SALV,\TORE SE"lTIS
le due fi gure cemrali d i m anigoldi ... , che a Pado va erano parzi alm em e sovrap posre, so no qu i fa rre slirra rc
lareralmem e, in m odo che quello ch e tiene il bambino sospeso in aria per il braccio , già semi nascosro , si vede ora
compl eram em e. Inoltre le due figure si scambiano l'abbi gliamemo (il cararrerisri co cappuccio) ed il m odo di
impugnare la spada. T urto il resro è nuovo,
ISO
CRJ STO E MELEi\ GRO
la testa, mentre il solo braccio visibile è disteso sotto il lenzuolo; nel disegno, entrambe le braccia sono
in vista, e il sinistro pende nel gesto «della morte» che tanto era piaciuto ali'Alberti in un altro
sarcofago; anche l'altro braccio e il capo sono debitamente «<anguidi»; «ogni cosa pende, mani, dita
e capo» . Filippino dunque «aggiornÒ» il proprio modello antico contaminandolo con quello lodato
da Albeni, o con un altro simile.
In un disegno successivo, in controparte rispetto al precedente, il corpo di Meleagro diventa ancora 20
più «<anguido»; oltre alle braccia, ora pende marcatameme anche una gamba. Anche la testa «pende
languida» assai più che nel primo disegno, e il braccio destro cade di traverso sul torso con molta più
naturalezza. Qui davvero Meleagro «pare in ogni suo membro ben morto». Queste ultime modifiche
suggeriscono che Filippino avesse in mente anche un'altra «fonte», il rilievo, a quel tempo assai
famoso, noto come «Letto di Policfeto», che era appartenuto al Ghiberti, e dal quale si trassero 21
specialmente lungo il Quattrocento calchi e copie 57 • Ad esso rimanda la seconda redazione della figura
di Meleagro (ripetuta isolatamente in un disegno di Parigi 58): la figura di cui è rappresentato il corpo
nell'abbandono del sonno presta così qualcosa al «languido cadere» della morte. Jonarhan Nelson ha
supposto che Filippino e bottega abb iano approntato questi disegni in vista di un affresco da
dipingersi nella Villa di Poggio a Caiano, simmetricamente a quello (iniziato ma non finito) conia
storia di Laocoome59 : l'intenzione sarebbe stata di mostrare Laocoonte e Meleagro l'uno di fronte
all 'altro, due personaggi entrambi colpevoli di offesa agli dei, ed entrambi crudelmente puniti .
Quest'affascinante ipotesi presuppone che Filippino riconoscesse nel sarcofago antico il mito di
Meleagro, il che è possibile (dato che nel sarcofago di Wilton House è visibile a sinistra, in mano a
Meleagro, la spoglia del cinghiale), ma non sicuro, dato che nel primo disegno della serie (a Oxford)
c'è un fraintendimento irl)portante: quello che Altea tiene in mano non è un ceppo ma un mantice,
con cui soffia sul fuoco. Nel secondo disegno compare, è vero, una resta di cinghiale sul margine
destro, e tuttavia Altea brucia nel braciere non uno, ma due ceppi .
La sequenza dei disegni di Fi lippino è un esemptl' eloquente di come un artista potesse impegnarsi
nella ricerca di un vocabolario efficace per la comp sizione pittorica, intesa in senso squisitamente
albertiano. Questo processo può essere descritto, in termini assa i elementari, come un processo di
rinnovamento del repertorio. Schematicamente, si può dire che:
l.le botteghe artistiche dell'antichità greco-romana lavoravano utilizzando un repertorio di base,
ricco di formule stereotipe che erano patrimonio comune anche dei loro committenti e del loro
pubblico, e che si ripetevano in particolare nelle produzioni a carattere seriale, come i sarcofagi;
2. molti elementi di questo repertorio caddero in disuso per periodi più o meno lunghi, talvolta
dalla tarda antichità al tardo Medioevo o al prim~ Rinascimento; .
3. anche gli artisti del Medio Evo e del Rinascimento lavoravano utilizzando un repertorio di base,
che poteva includere fra l'altro elementi impiegati ininterrottamente dall'antichità. Tuttavia, in
situazioni storiche particolari (nei nostri esempi: Nicola Pisano, Giotto, Filippino, forse Raffaello),
un artista poteva maturare un senso dell'insufficienza del proprio repertorio, e insieme della qualità
e dell'efficacia di quello amico . Formule dell'arte antica venivano così prelevare, reimpiegate,
riadattare dagli artisti onde trame «nelle fatiche loro grandissimo vantaggio», come scrive il Vasari a
proposito di Andrea Pisano 60 . Quando poi una stessa Pathosformel ricorresse in più d'un monumento
amico visibile perché reimpiegato, tanto più evidente agli occhi di un artista poteva risultarne
l'appartenenza a un repertorio dimenticato, ma riusabile. Per esempio, un artista che avesse visto
15 1
SALVATORE SE'lT JS
almeno due dei tre sarcofagi reimpiegati coi «fun erali di M eleagro» (o disegni che ne derivassero) non
poteva non ri conoscervi la ricorrenza di formule stereotipe identiche, che proprio per questO
invitavano al ri uso .
È per ques ta strada che il reperto ri o si rinnova fra Due e C inquecentO , attinge ndo a q uello antico;
com e da un nuovo testo classico emerso da una biblioteca monasti ca potevano tra rsi nuovi vocabo li
e nuovi artifizi del disco rso, così un sarco fago visto in un a chiesa poteva suggerire nuovi membri da
aggiungere alla propria composiz ione. Ma mentre i disegni di Filippino riprendo no il contesta
narrativo di un sarcofago di Meleagro (forse riconoscendovi, o fo rse no, l'a ntico tema mi tico), in altri
casi è una singola Pathosjòrmel che viene prelevata e riusata in un co ntesto co m pletamente diverso,
volgendo dal pagano al cristiano , m a declinando in modo identico il voca bolario delle pass ion i
umane. È questo il caso del ges to di disperazione della piange nte di Meleagro, ripreso da N icola
Pisano a Siena e poi d a G io tto a Padova e ad Assisi. Domandiamoci ora, per concludere: è q uesto
anche il caso del «braccio della morte» nella Pala Baglioni?
Come abbiamo visto, la formula di pathos del braccio inerte e pendente «languidamente» verso il
suolo ha una storia lunghissima, e non ri chiede di per sé la conoscenza di un modello antico. È semmai
interessante che von Salis (e alcuni fra q uelli che l'hanno seguito su questa strada) abbiano accentuato
la forza del modello class ico al punto no n solo di so pprimere tutta la stori a del motivo , m a anche di
marginalizzare il più ovvio precedente della composizione di Raffaello, peraltro già citato da Pietro
Selvatico nell 854 e poi da Herman G rimm nel1 872 61• Si tratta della celebre incisione di Aì1 drea
22 Mantegna (circa 1470) , dove si trova il decisivo gruppo dinamico dei necro fori che tendo no il
lenzuolo 62 • Una copia di bottega in due fogli del «Libretto veneziano » ne documenta la co noscenza
nel più immedi ato ambito raffaellesco (la fili grana della carta è la stessa di uno degli studi di Raffaello
per la pala)63 .
C ome ha sottolineato Michael Baxandall, questa incisione del Manregna è «un esempio class ico
di composizione come la intendeva Leon Battista Alberti », che col Mantegna fu in stretto co ntatto
alla corre mantovana di Ludovico G onzaga. Le incisioni di M antegna, aggiunge Baxandall , so no «the
proper visual appendix to D e Pictura II, and penetrated ro rhe painters- rhe Lamentation even to
Raphael an d Rembrandt - as a book never could »64 .
Fu dunqu e M antegna, e non un sarcofago, all'origine del brusco mutamento di compos izio ne nella
pala di Raffae llo. D ella composizione mantegnesca, qu ello che sembra aver attirato inizialmente
l'attenzio ne di Raffaello è il drammati co isolamen to del san G iovanni piange nte, che si stacca dalle
altre fi gure nel più elaborata fra i disegni prepararori di prima fase per la Pala Baglio n i: il celebre foglio
23 del Louvre che po trebbe essere sraro un disegno di presentazioné 5. Qui il tema era anco ra la
Lamentaz ione; m a nella fase success iva (tutti questi disegni vanno intesi in rapida success ione, fra
1506 e 1507), la composizione mantegnesca del Trasporto fun ebre prese a do minare il pensiero di
Raffaello. Di qui egli trasse il gruppo dinami co dei necro fo ri tesi nello sfo rzo di sollevare, impugnando
i lembi del lenzuolo, il corpo morro del Redentore; e ne fece il centro della sua composizio ne fin ale,
salvaguardando sulla des tra (come già M antegna) lo spasimo della Vergine svenuta e assistita d alle
pie compagne, e rinun ciando al san G iovanni iso lata a fa r quinta, per sposrarlo a sinistra dietro i
necrofori, osservatore marginale e non più fra i protagonisti della scena. Dell 'invenzio ne del
M antegna, tuttavia, Raffaello no n adottò il m ori vo, di alta e forse «eccess iva» es press ività, d ella
Maddalena dolo rante con le braccia ge ttate verso l'alto 66 ; né vi trovava il «braccio pendente d ella
m orte)), ché le braccia del Crisro vi so no compostamente racco lte nel lenzuolo.
152
C RI STO E MELEAGRO
C ome abbiamo detto, per l'inserimento di questo membro (in senso albertiano) nella composizione
Raffa ello non aveva bisogno di un modello classico, data l'universale diffusione del motivo . Ai
sarcofagi d i Meleagro Raffaello era tuttavia assa i interessato, come mostra un disegno di Oxford (noto 24
dal Settecento come «Morte di Adone>>), secondo alcuni pitt tardo della Pala Baglioni 67 , nel q uale il
«braccio del la morte» è appena accennato, e lo studio nella composizione di figura s'inrentra invece
sul gesto, fortem eme emotivo, della donna che prende fra le proprie un a mano del defunt ,68 • È questo
il gesto della Maddalena nella Pala Baglioni, assente non solo in Mantegna ma nella tradizione che
precede Raffaello.
Proprio questo gesto, invece, è presente in alcuni sarcofagi col Trasporto di Meleagro, e va dunque
inteso come un indizio decisivo per conso lidare l'ipotesi che Raffaello abbia guardato a un modello
amico. Non doveva trattarsi però del sarcofago già Della Valle-Capranica (quello citato dall'Alberti), 13
dove questo gesto non si trova; ma di uno degli altri due, dove è il pedagogo di Meleagro a compiere
un gesto assa i simile. Nel frammento vaticano, anche la prominenza del lenzuolo funebre, che 5
diventerà in Raffaello il punto di forza del suo proprio «aggravare quelli che portano il peso», può aver
fac ilitato la 'crasi' co l modello mantegnesco. Ma in questo sarcofago, come nell'altro (già Barberini)
in cui egualmente compare il gesto che il pedagogo di Meleagro presterà alla Maddalena, nulla c'è 12
(come abbiamo già visto) che facc ia identificare il defunto con Meleagro: mi sembra dunque
improbabile che Atalanta Baglion i e/o Raffaello potessero, senza repertori, riconoscere facilmente il
mito rappresentato (come l'i potesi di Forster presupponeva senza argomentare) . Del resto, anche
l'idea che la Pala Baglioni sia stata commissionata per commemorare la morte di Grifo netto Baglioni,
data in genere per scontata, è in realtà più che dubbia, non solo per i sette ann i che separano l'evento
dal quadro, ma anche perché Grifonetto non è elencato dall'unica fonte seicemesca fra i Baglioni
sepolti nella cappella in cui si trovava il quadro 69 . Di fatto, la connessione fra la morte di Grifonetto
e la comm iss ione della Pala Baglioni non è che un'ipotesi un po' romanzesca di Burckhardt (1860)? 0 ;
un'ipotesi che, sebbene fosse e resti senza appoggi documentari, ha avuto troppa fortuna.
Nella seq uenza che portò alla composizione fina t.; di Raffaello, il modello amico, lungo la strada
così es plicitamente indicata dall'Alberti, eb be un dupli ce significato. Da un lato, esso suggeriva per
la Pala Baglioni dei gesti (dei membrz) che facevano virare l'espressività dell'incisione mantegnesca
'.'erso una misura anco r più anticheggiante; dall'altro, la conoscenza del modello antico ebbe per
Raffael lo un valore legittimante, autorizzando l' uso di quei membri (ma anche del motivo mamegnesco
dei necrofori e del lenzuolo) in un registro stilistico sublime. È così che, abbandonando del tutto la
prima idea e passando da una Lamentazione a un Trasporto, Raffaello decise di rimaneggiare l'intera
composizione in termini di «esprimere uno corpo morto» nel modo pii.1 alto ed effica.:e.
Già Grimm e poi Wolfflin 71 avevano ipotizzat ~he il gesto della Maddalena derivasse da un
modello antico, richiamando un rilievo capitolino col Trasporto di Meleagro che (per la presenza di
un elmo e di uno scudo) fu noto nel Settecento come «Pietà militare», e spiegato allora come il 25
seppellimento di Alessandro Magno 72 ; l'osservazione è stata precisata e sviluppata, con riferimento
ai sarcofagi di Meleagro, da John Shearman73 • La compresenza, in una sola fonte, del gesto della
Maddalena e del «braccio della morte», rende assai probabile che anche il «braccio della m orte»
innestato da Raffaello sul co rpo di C risto, pur con la sua lunga e indipendente preistoria medievale,
sia stato fecondato e legittimato da un sarcofago antico, lungo una li nea asso lutamente «albc:rtiana»
nella quale and rà collocato, seb bene la composizione sia in controparte, anche il disegno della Morte
di Adone, dove pure ricorrono l'uno e l'altro gesto. E proprio l'assidua ricerca a monte della scelta di
153
SALVAT O IU: SETTIS
Raffaello rende la sua composizione così pregnante, quei gesti (lo avrebbe detto G iambattista della
Porta 74 ) così memorabili perché «forti e inusitati».
26 Nella stessa direzione va un altro dei disegni preparatori d i Raffaello per la Pala Baglio n i. Lo studio
di figura della Madonna in atto di sven ire vi è condotto a partire dallo scheletro, precisamente secondo
il precetto dell'Alberti:
Gioverà prima allogare ciascu no osso ... , poi apresso aggiungere i suoi muscoli, di poi tutro vesti rio di sue carne
[.. .]. Prima pogniamo sue ossa e muscoli, quali poi ... cop riamo con sue carn? 5.
154
CRISTO E MELEi\GRO
Nei vivo ricordo dell'indimenticabi le amico Giovanni Previtali, pubbli co qui - con l'aggiunta solo dei riferimenti
bibliografici essenziali- il testo letto al l'incontro di stud io in sua memoria tenutosi alla Scuola Normale Superiore di Pisa
il 6 maggio 1999. Ho in segu ito presentato altre, diversamente angolate e più elaborate versioni del testo a Harvard
(Departrnent of An Histo ry), a Oxfo rd (Ashmolean Museum), a Parigi (École Normale Su périeure) e aJohns Hopkins
University (Villa Spelman) . Sul la base anche delle discussioni che ho potuto avere in quelle occasioni (particolarmente
preziosa quella con John Shearman), spero di pubblicare presto un a versione piLJ completa di questo lavoro.
l. J. H UIZI NGA, Briefiuesseling, I, a cura d i L. Hansscn, W. E. Krul e A. va n der La m, Utrecht-An\. verpen 1990, 326 .
2. E. BoRSOOK, J. OrrERHAUS, Francesco Sassetti and Ghirlandaio at Santa Trinita, Florence. History and Legend in a
RenaiJSance Chapel, Dornspijk 1981, 33 sgg.
3. B. ANOREAE, S. Sr:.TTIS (a cura di), Colloquio sul reimpiego dei sarcofogi romani nel Medioevo, Pisa 5.-1 2. September
1982 (= «Marburger W inckelmann-Programrn 1983>>), Marburg 1984.
4. S. Sr:.n·1s, Les remplois, in F. FURET (a cura di), Patrimoine, temps, espace. Patrimoineen piace, patrimoinedéplacé, Paris
1997, 68-86,spcc. 70.
5. A. WARBURG, Francesco Sassettis letzwil!ige Verfiigung (1907), in Io., Die Erneummg der heidnischen Antike
(= Gesammelte Schriflen, 1.1 -2), l , Leipzig 1932 (ristampa anastatica, Berlin 1998), 127-158, spec. 155 sg. In
italiano : A. WARBURG, Le ultime volontà di Francesco Sassetti, in Io., La rinascita deLpaganesimo antico, Firenze 1966,
211-246, spec. 243 (di qui la citazione nel testo).
6. E.H. GoMBIUCH, A by Warburg. An inteL!ectuaLBiography, London 198 1, 105-127. V. anche S. Sr:.rns, Presentazione,
in J. SEZNEC, La soprauvivenza degli antichi dèi, rrad . it., To rino 1981, VII-XX1X, spec. VII-XVIII; c G. HUBER,
~Varbu1gs Ninfa, Freuds Gradiua und ih re !11etamorphosen bei Masso n, in S. BAUMGART E !"/ ILI! (a cu ra di), Denkriiu.me
zwischen Kttmt und Wissenschaft, Berlin 1993, 443-460.
7. Su André Joll cs, v. A. BO DAR, Labirinto europeo. Per una biografia critica di André}offes, in «Intersezioni», VIII, 1988,
15 5- 170; sul suo rapporto co n Warburg, Io., A by Warbwg en André}o L/es, een FLorentijnse vriendschap, in «Nexus»,
l, 1991, 5- 18, e S. CoNTAR!N!, "BotticeLli ritrovato'~· frammenti di dialogo tra Ab)' Warburg e André JoLLes, in
«Prospen iva», 68, 1992, 87-93.
8. V. le riflession i di G. AGOSTI, V. FARINELL\, CaLore deL marmo. Pratica e tipologia deLLe dedrtzioni iconografiche, in S.
SE'JTIS (a cura di) , Memoria deLL'antico nell'arte italiana, I, L 'uso dei cLassici, Torino 1984, 373-444.
9. Rimando qui solo a H. LocHER, Raffiul rmd das Altarbild der Renaissance: die "Pala Baglioni" als Kunstwerk im
sakralen Kontext, Berli n 1994.
1O. O ltre, naruralmeme, ai disegni per la cimasa. C fr. E. KNAB, E. MrrscH, K. 0BERHUBER, Rajfo.ello. l disegni, Firenze
1983 , nn. 187-2 1O; P. ) OANN IDES, The Drawings ofA phal'l With a complete Catalogue, Berkeley 1983, nn . 124-
139, 163- 167. la sequenza dei disegni è problema rroppo co mplesso per essere analizzato qui. V. almeno ancora
l'ott imo sommario di J. MEYER ZUR CAPELLEN, RaphaeL in Florence, London 1996, 2 14-2 17, e le imporranti
osse rvazion i di S. FERINO, /conographic Demands andArtistic Achieuements: the Genesis ofthree Works by Raphael, in
Rajfoello a Roma. Il convegno de/1983, Roma 1986, 13-27, spec. 19-23.
Il. G . PELLEGRINI, Il braccio della morte. Migrazioni iconografiche, Cagliari 1993.
12. Per tutti un so lo esempio : J. PorE-HENNESSY, Rajfo.eflo, T orino 1983, 40 .
13. C. RoBERT, Die antiken Sarkophag-Reliefi, Ill .2, Berli n 1904, 350 sg. n. 288; G. KOC!-I, J?ie mythologischen
Sarkophage, 6, Meleager, Berlin 1975, 116 n. 98.
14. H. GRIMM, Das Leben Raphaels ( 1872), Berli n 1886, 2""!t. sg., cfr. anche 286. Non sfugga la folgorame osservazione
di pagina 262: «Die Skulprur isr hia, wie im 13. Jahrhunderr, vorausgegangem.
15. Antike und Renaissrmce. Ober Nachleben rmd Weiterwirken derALten in der neueren Krmst, Erlenbach-Ztirich 1947,
6 1-73.
l G. lettera: RAFFAELLO, Gli scritti. Lettere, firme, sonetti, .raggi tecnici e teorici, a cura di E. Camesasca, Milano 1994,92-96
n. 22. Iscrizione: r:. VIAHE, in Rap/;ael dam !es rnllections françaises, Paris 1983, n. 114.
17. Nella sua rece nsione al Raphael di J. Popc-Hennessy (New York 1970), in «The Arr Quanerly», XXXV, 1972,
425 -427.
18. hLLEC RINI, op. cit.
165
SALVATORE SElTIS
19. GRIMM, loc. ci t.; cfr. L. SENSI, La memoria delL'antico in Luca Signore/Li , in G . TESTA (a cur~ di) , La Cappel!t Nova
o di San Brizio nel Duomo di Orvieto, Milano 1996, 233-239, spec. 237 (cfr. anche 171 sg.) .
20. Cosl KocH, op. cit., 11 3 sg. n. 90.
21. L'osservazione è di C. GJLBERT, Signo re/Li and the young Raphae!, in J. BECK (a cura di), Raphael before Rome,
Washington, D. C., 1986, l 09-124. Non è però vero, co me vorrebbe G ilbert ( ! 24 nora 27), che C rism no n venga
mai assimil ato a Mdeagro: v. sotto i riferimenti aii' Ovide moralisé.
22. L.B . ALBERTI, De pictura, II, 33, in Io. , Opere volgari, a cura di C. Grayson, III , Bari 1973, 5G sg. Gli irnpM·tanti
argomenri di L. Bertolini in favore della pri orirJ. della redazione volgare (Sulla precedenza del/a redazione volffre d el
De pictu ra di Leon BattistaAiberti, in Studi per Umberto Cmpi. Un saluto da allievi e colleghi pisani, Pisa 200Q, 181-
21 O) autorizzano a fondare su di essa questa e le altre citazioni che seguono.
23. Dip endo qui, ma con alcune significative divergenze terminologiche, dall'analisi di M. BAXJ\NDALL, Painti>zg and
Experience in Fifteenth Century !taly, Oxford 1972, 135 -137. Per istoria, buona sintesi di P. Etv~J SON in The Diclionary
ofArt, London 1996, XVI, 6 13 sgg.; v. anche O. BATSCHMANN, Albertis histo ri a, in Ars et scriptura. Festschrifi fiir
RudolfPreimesberger zum 65. Geburtstag, Berli n 200 l , l 07-124.
24. G . D ALLI REGOLI, La preveggenza della Vergine, Pisa 1984.
25. Per le due opere del Bellini citare nel resto, rim ando so lo ad A. TEMPESTINI, Giovanni Bellini, New York 1999,
rispettiv. 199 e ! 66-168.
26. D. DE Vos, Rogier van der Weyden. Das Gesamtwerk, Mi.inchen 1999, 226-233 .
27. Nella vasta letteratura sul rema, meno letto oggi di quanto meriti è W. PINDER, Die dichterische Wurzel der Pietà
(1920), in Io., Gesamme!teAufsdtze, Leipzig 1938,29-49.
28. W. PASSARGE, Das deutsche Vesperbi!d im Mittelrt!ter, Koln 1924.
29. G.W. KoRTE, D eutrche Vesperbi!der in !tafien, in «Kunsrgeschichrli ches Jahrbu ch der Bibliorh eca Herrzia' '<'"' I,
1937, 1- 138 .
30. ]. PorE-HENNESSY, Dorwte!loscu!tore, Torino 1993,296 sgg.; cfr. I. LAVIN, The So urces ofDonate!lo 's Pulpitsin San
Lorenzo. Revival and Freedom oJChoice in the Early Renaissance, in <<The Art Bu ll et in », XLI, 1959, 19-38 ; M.
GREENHALGH, Donatello ttnd his Sources, London 1982, 193 sgg.
3 1. L. B. ALBERTI, De pictura, Il , 37, in Io ., Opere volgari ci r., 64.
32. Da confrontarsi alle p iLI esplicite ekphraseis alberriane tratte dalle fonti amiche, co me quella della Calunnia di Ap~ ll e (su
cui cfr. D . RoSAND, Ekphrasis and the Renaissance ofPainting: Observations on Alberti 's Third Book, in K.-L. SELI ;, R.
SOMERVILLE (a cura di), Florilegium Columbianum. Essays in Honor ofPau! Oskar Kriste!ler, New Yo rk 1987, 147- l 63).
33. RoBERT, op.cit., II L2 ciL., 349 sg. n. 287; Koc 11, op.cit., 109 sg. n. 79.
34. RoBERT, loc. ci t. sopra a nota 13.
35. Io., loc. cit. sopra a nora 33.
36. Io., op.cit., III.2 cit. , 343 sgg. n. 283; Koc H, op.cit., 11 2 n. 84; P. P. BoBER, R. RuBJ NSTEIN, Rcnaissance Arti>ts and
Antique Sculpture. A Handbook oJSources, London 1986, 146 sg. n. 11 7.
37. V. le importanti osservazioni di N. H JMMELMANN , Winckelmrznns Hennmeutik, Mainz 197 1 («Abhandlungen der
Geisres- un d Sozialwisse nschafrlichen Klasse der Akadcmie der Wissenschaften und der Lirerarur in Mainz», 1971 ), 12.
38. C. M Nn! NOALE (a cura di), OvidRenewed: Ovidian!njluenceson LiteratureandArtfimn the MicldleAges to the Twelfih
Century, Cam ridge 1988. Per Meleagro, J. D. REID, C. ROIIM ANN, The Oxford Guide to Clmsica! Mytholog:; in the
Arts, 1300-1990s, New York-Oxford 1993, Il, 653-658.
39. A.M. ADOIUSIO, Cultura in lingua volgare a Roma ji-a Quattro e Cinquecento, in Studi di biblioteconomia e storia del
libro in onore di Francesco Barberi, Roma 1976, 19-3 6, spec. 24 sgg. Né l'illustrazione (che manca nella co pia
27 casanatense, ma è preseme in quella colombina) né il resto dipendono, co me sugge riva Adorisio (25), dai sa rcofagi
amichi. V. in Appendice, pe r cura di C hi ara foran ceschini , notizi e e trascrizione del resto. Ringrazio Federicc Pelle,
Francesco Cagli ari c Maria del Pi l:ir Leo n y AJonso per preziose indicazioni e aiu ti .
40. Le citazioni da Ovidius moralizatus, Parisiis l 509, s. p. Vedi an cora, p. es., O vide rnoralisé cn prose (Texte du qui;lzième
siècle}, ed . cri r. di C. De Boer, Amste rd am 1954 (= «Vcrhandelingen der Kon in klijke Nederlandse Akademi e van
Wercnschappen, ald. Letterkunde >> , n . s., LXI, 2), spec. 232, co n l'exposicion del~ V III.
IGG
CRIST O E M ELEJ\GRO
4 1. G . V1\SARI, Le Vite de 'più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1878, 294.
C h. Bo BER, Rulli NSTEI N, op. ci t., 142 sg. n. 111 .
42. Illustrateci Bartsch, 29 (XV.2) , 298 n. 41 (260) . Devo questa segnalazione a C hiara Franceschini .
43 . RosEJn, op. cit., Ill. 2 cit., 294 sgg. nn. 230-230a; KocH, op.cit., 11 On. 80; Bo BER, RUBINSTETN, op. ci t., 147 n. 11 8.
La cassa è ora a Vill a Medici, mentre il coperchio, spesso disegnato nel Cinquecento , è disperso, ma ne esisto no
forografì e del 1904 (KocH, loc. cit.). Nell'arre anrica lo schema in discussione, e in particolar il <<braccio dell a
morte>> , non è ovv iamente solo di Meleagro. O ltre agli esemp i indicati da VON SAUS, loc. cit. , ricor o anche il rilievo
col tras porto funebre di Ettore (Ro BERT, op. ci t., II, Berli n 1890, 64 sgg. n. 57); e, in form a meno marcata, lo schema
del la morte di Penteo riusato dal Poll aiuo lo (L. Fusco, Pollaiuolo 's Use ofthe Antique, in <<Journal of the Warburg
an d Courtauld lnstirutes», XLII, 1979, spec. 26 l sg.).
44. K. WEITZMANN, The Origin ofthe Threnos (196 1), in Io., Byzantine Book lllumination and lvories, London 1980,
476-4 91.
45 . G . PREV!TALI, Giotto e la sua bottega, 2" ed ., Milano 1974, 74 sgg.
46. R. FRY, Giotto, in <<The Monthly Review», IV, 1900, spec. 114.
47. PREVITALI, op.cit., 99. C fr. anche M. BARASCH, Gestures ofDespair, New York 1976,67 sgg. (dove quel gesto di
disperazione è inspiegab ilmente chiamato <<Hippolyrus gesture»). Nulla su questo tema in Io., Giotto and the
l.anguage oJGesture, Cambridge 1987.
48. M. SEJOEL, Il p~tfpito di Nicola Pisano nel Duomo di Siena, Milano 1971, 24; Io. , Studien zur.'·Lu:ikem-ezeption Nicola
Pisanos, in << Mitteil ungen des Kunsthistorischen lnstiwtes in FlorenZ>>, XIX, 1975, 307-372.
49 . Ro BERT, op.cit., II I.2 cit. , 34 1 sg. n. 282; KocH, op.cit., 121 n. 11 7; Bo BER, RumNSTEIN, op. cit., 145 n. 114. Non
ho potuto vedere E. P1\JUBENI, Sarcofogo Monta!vo con storie di Meleagros, M ilano 1975, citato da Borsook e Offerhaus
(v . a nota seguente) co me M eleagros e storia della sua fortun a nell'arte italiana da fr.1' Guglielmo a Michelangelo.
50. BORSOOK, 0FFERHAUS, op.cit., 25 .
51. RollERT, op.cit., 111.2 cit., 334 sgg. n. 275; KocH, op.cit., 123 sg. n. 122.
52. In ge nerale, S. WooOFORD ET f1Lif, Meleagros , in Lexicon lconographimm Mythologiae Classicac·, VI. l , Zi.irich-
Mi.inchen 1992 , 4 14-43 5; P. GROSSARDT, Die Erzdhlung von Meleagros. Zur literarischen Entwicklung der
kalydonischen jagdlegende, Leid en 200 l.
53 . A. Warb urg lo fece in una conferenza ad Amburgo, , •1co ra inedita, e da lui stesso citata nella sua Francesco Sassettis
!etzwillige Verfligung cit., 154 sg. nota 3 (= Le ultime ,fontà di Francesco Sassetti cit. , 242 e nota 2); a sua vo lta F.
SCJ IOTTM ULLER, Zwei Grabmiilerder Renaùsance une/ ihre rmtiken Vorbilder, in <<Repertorium fur Kunsrwissenschaft»,
XXV, 1902, 40 1-408, rim anda agli stud i di Warburg (408 nota l O).
54. E. PANOFSKY, Ectrly N etherlandish Painting. lts Origins and Character, Cambridge, Mass., 1953, 367; A. BusH-
BROWN, Giotto. Two Problems on the Origins ofhis Style, in <<T he An Bullet in », XXXIV, 1952, 42-46.
55 . A. ] OLLES, Z ur Deutung cles Begrijfes Naturwahrheit in der Bilclenden Kunst, Freiburg i. Br. 1905, 34-36.
56. J. NELSON, Filippino Lippi at the M edici Villa ofPoggio a Caiano, in E. CROPPER (a cura di), Fiorentine Drawing at
the Tlm e of Lorenzo the Magnificent, Bo logna 1994, 159-174. Co n Jonathan Nelso n ho potuto discutere assa i
utilm ente questo e altri punti del presente lavo ro.
57. J. v . SCJ-ILOSSER, Le ben un d Meimmgen clesjlorentini.rc'h "' Blldners Lorenzo Glnberti, Base! 1941, 123- 140 (su cu i la
bella pagina di R. Br ANCI-11 BANOINELLI, !!Letto di Policleto, in <<Critica d'arte», VIl, 1942, X-XI); Bo BER, RUBI NSTEIN,
op. cit. , 127 n. 94.
58. L'attribuzione a Fili pp ino (non alla sua bonega) è stata sostenuta da George Go ldner (G. R. GOLDNER, C. C.
BAM BACII , The DmwingJ ofFilippino Lippi and his Circle, New York 1997, 98 n. 46, con bibliografìa precedente,
anche sul rappo rto co l Letto di Policleto) . V . anche G . D,\LLI REGOLI, Il geJ·to e la mano. Convenzione e invenzione nel
linguaggio figurativo fra M edioevo e Rinascimento, Firenze 2000, 69 (con attribuzione a Botticelli).
59. S. SETTIS, Laocoonte. Fama e stile, Roma 1999, 16.
GO. G. V ASAIU, Le Vite de 'più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, nel! ' edizione per i tipi di Lorenzo T orrentino,
Fi renze 1550, a cura di L. Bel losi e A. Ross i, Torino 1986, 139.
167
SALVATORE SE"n!S- C l-Il ARi\ FRIINCESC HINI
6 l. P. SELVATICO, Catalogo delle opere d'arte contenute nella sala delle sedute dell'!. 1( Accademia di Ven ezia, Venezia 18 54,
n . XXXIII/ 111 5; GRJMM, loc. cit.
62 . D. lANDAU, in J. MARTI NEAU (a cura di), Andrea Mantegna, London-New Yo rk 1992, 199 sgg. nn. 38-40.
63 . S. FERJNO, Disegni umbri de/Rinascimento da Perugino a Rajfoello, F irenze 1982, 134-2 16, spec . fìgg. l 64- 165, c 196.
Filigrana, 135; cfr., del la stessa autrice, Gallerie dell'Accademia di Venezia. Disegni umbri, Mi lano 1984, 14 sgg., 95.
64 . M . BAXANDALL, Giotto and the Orators, Oxford 1971, 133 sg. (l'all usione a Remb randt va all a sua Deposizione di
Monaco, Alte P inakothek). V. anche C. LLOYD, A short Footnote to Raphael Studies, in <<The Bu rl ingwn Magazinc>>,
CXIX, 1977, 113 sg.
65 . Alla stessa fase deve apparte nere un altro disegno di Oxford (Ashmolean 53 1), in cu i Raffaello pri ncipiò a d are
movimento d inam ico alle figure intorno al corpo d i Cristo, sebbene esso fosse ancora steso al suo lo e se nza il <<b raccio
della morte» .
66 . Non posso naturalm ente seguire oltre il motivo in questa sed e. Basti ricordare che Lo renzo Lotto nella Deposizione
di lesi (1512) presuppone e rip rende l'invenzion e raffaell esca, ma vi restaura, facendo ne anzi il centro d ella
co mposizione, il gesto espressivo della p iangente (stavolta la Madonna) con le braccia gettate verso l'alw.
67. FERJNO, art. ci t., 22, ri assume bene i term ini del prob lema.
68. Non credo che abbia ragione G ILBERT, art. cit., di fa r de rivare q uesto d isegno dall'affresco del Signorell i a Orvieto . Il
fatto che vi ricorra anche il gesw <<dell a Maddalena» prova, credo, la d ipendenza da un sarcofago antico d i Melcagro.
69. C. C!USPOLTI, Perusia Augusta, Perugia l 648, 143. Cfr. A. LuC!-IS, A Note on Raphael's Perugia Patrons, in <<The
Bu rlingto n Magazine», CXXV, 1983, 29-3 1.
70 . ] . BURCKHARDT, Di e Kultu1· der Renaissance in !talien (1860), a cu ra eli W . Kaegi, Sruttgart 193 0 , 23.
7 1. GRJMM, lo c. c it.; H. WOLFFLIN, L 'arte classica. i ntroduzione al Rinascimento italiano ( Ja ed. 1899), trad. ita l. , Firenze
1978, 87 .
72. ROBERT, op.cit., III. 2 cit., 352 sg. n. 293; KOCI-1, op.cit., 72 n. 88 .
73. ]. SHEARMAN, Pontormo 's Altarpiece in Santa Felicita, Newcastle upon Tyne 1971, 14; lo., Raphael, Rome ,;;d th!'
Codex Escurialensis, in <<M aste r Drawings», XV, 1976, 133.
74. G.B. DELLA PoRTA, Ars reminiscendi, Neapoli 1602, l 6: <<M ichaeli Angeli , Raphacli ve! T i tiani picturae m elius
remin iscimur, q uam vul garis p icto ris, cum in his non n isi usitat i gestus, in illis fortcs et inusitatas aptitudin es
[vide mus] ». Devo a Li na Bolzo ni l'i nd icazion e d i quesw passo .
75 . ALBERTI, De pictura ci t., II, 36, in Io., Opere volgari cit., 62. La versione latina offre questi precett i in forma anco r
più insistita . Cfr. M. RosENBERG, Raphael and the Fiorentine !storia, in BECK (a cura di), op.cit., 175- 187.
76. Sevilla, Bibli oteca Cap itu lar y Colomb ina, 6-3-28 (21 ). C fr. Biblioteca Colombina. Catalogo de ms libros impreso;,
Sevi lla-Madrid, Imp. de E. Rasco- Consejo Superior de Invesrigaciones C ientffìcas 1888- 1948, II , 3-4 , e ora anche
K. WAGNER, M . CA!U~ERA, Catalogo dei libri a stampa in lingua italiana della Biblioteca Colombina di Siviglia. Catalogo
de los impresos en le ngua italiana de La Biblioteca Colombina de Seui/la, Modena, Pan ini 199 1, 289 (nell a c. preced ente
il frontespizio della Caccia si legge: << Este li bro costo en Roma .2. q uatrines po r set iembre d e 15 15. Esta regisrrado
2.21 0»); M. SAN DER, Le liure à jì.gures italien depuis 1467 jusqu 'à 1530, Milan, Hoepli 1942, l , 273 n . 1495.
77. Roma, Biblioteca Casanate nse, l ne. l 6 1 1. L' antica num eraz io ne ms . p resente nel margine superiore d i questa
stampa (da c. 238 a c. 241) e d el le altre co n cu i era rilegata ha permesso u na ricostruzione de l volume, che doveva
essere composto da 53 opuscoli t ra cu i anche il poemetto in tito lato Antiquarie prospettiche 1·omane (si veda A. M.
ADORJSIO, Cultura in Lingua uolgare a Roma fra Quattro e Cinquecento, in Studi di biblioteconomia e storia de/libro
in onore di Francesco Barberi, Roma, Associazione Ita li ana Bibl ioteche 1976, 19-36). Se le Antiquarie proJpettiche
sono certamente da m ette re in relazio ne con la pass ione per statue e fram m en ti antich i tipica d ell a Roma d i fìn e
Quattrocento, non pare invece che La caccia di M eleagro appartenga prop ri amente al genere d ell e «d escri zioni in
versi di opere d 'arte» co m e descrizione << ispirata ai noti sarco fagi recanti tale fatto m ito logico» (25).
78 . Woltenbt!ltel, H erzog-August-B ibliothek, M: LK Sammelbd. 64 ( 13) . C fr. Due forse del secolo XV! riprodotte sulLe
antiche stampe. Con la descrizione ragionata deluoLume miscellaneo della Biblioteca di Wolfenbùttel contenente poemetti
popolari itaLiani, compilata da l dott. G . Milchsack co n aggiunte d i A. d'An cona, Bo logna, Co mm issio ne per i Testi
di Lingua 1882, 1 10-1 1 1, e SAN DER, op. cit., n. 1496: <<Caccia di Meleagro, Firenze, s.r., 1558» . No n essendo stato
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CRIST O E MELEAGRO
per il momcnro possibile vedere q uesta stampa o un a sua riproduzione, si rip orta q ui parte d ella descrizione data
da MlLCHSACK: << fo l. l a tit. [ ... ]. Poi un in taglio in legno: rre donne in montagna con arco e la ncia che inseguono
un porco . Seguono le du e prime ottave[ . .. ]. Il fol. 4a e 6a contengono un intaglio in legno rapprese ntante una caccia
[ ... ]>.,da c ui SAN DER, piLt sinteti cam ente: «6 ff.; car. rom ., la première ligne du ti tre en car. goth. ; 2 col. ; 99 octaves .
A u -d csso us du ti tre bo is provcnant d ' un e édirion antéri cure: trois femmes po urchassent un sanglicr. Recto f. 4 et
recto f. 6, aut re bo is: un e chasse» .
79. Definizion e e inquadram ento di qu esto tipo d i testi, chiamati anche «stor ie» e d iffus i dalla seconda m età del sec.
X III a w no il sec. 'XV, co n bibl iografia re lativa, in V. BRANCA (a cura di), Dizionario critico delia l~.teratura italiana,
Torino, Ute t , l , 1986, s.v. «Cantari>>. Cfr. anche Canta ri fiabeschi arturiani, a cura di D. Delcorno .Branca, Milano ,
Lu ni Editrice 1999, con bibliografia aggiornata all e pagine 29-3 1.
80. La stampa è attribuita a Jo h a nn Besicke n (cfr. Gesamkatalog der Wiegendrucke, Ergdnz ungen, VI, Leipzig 1934,
58341 1O, e SANDER, op. cit., 273 n . 1495), per cui cfr. Dizionario biografico degli Italiani, Roma, Istituto della
Encicl oped ia I tal ian a, IX, l9G7, s. v.
8 1. C fr. F. A. UGOLIN I, I cantari d'argomento classico, Genève-Firenze, O lschki 1933, 167- 168 e 172-173.
82 . R iproduzio n e d ei frontesp izi d i altri quattro op uscoli appartenenti alla raccolta casanatense in P. TosCHl, La
leueratrml popolare e la stampa nel Quattrocento, in Studi e ricerche mffa storia della stampa del Quattrocento. Omaggio
dell'Italia a Giovanni Gutenberg nel V centenario della sua scoperta, M il ano, Hoepl i 1942, 359-368, tavv. LV II- LX.
83. Un ri assunto e la trascrizione di alcun e ottave della Caccia di Meleagro si trovano in UGOUNl, op.cit., cap. X, 166-
174, su lla base de i so li esemp lar i d ell a Casa natense e di Wo lfenbi.ittel (trascritte le ss. nn. 1-3, 16, 2 1, 60, 67, 69,
74, 77 , 80 e la sola 99 dall 'esempl a re di Wo lfe n b u nel, dove co mpaio no no rmalizzazioni grafiche, più alcuni vv . delle
n n . 12, 19 , 23, 28, 57, 6 1, 64 , 66, 73) . Per quanto riguard a la lingua del testo quattroce ntesco, Ugolini la ascri ve
al «g ru ppo degli I ta lo-Gallo-Lad ini » p er la riduzione della gemin ata in co nso nante semplice, segnalando ch e le form e
<<ceo », «ce i» per << Zio», <<Z ii» so no localizzate in partico lare nei << di alett i Romagno lo-Marchigiani» e di chi a rand osi
in ce rto se le <<forti tracce di alettali[ . . . j d ebbano att ribuirsi al primitivo verseggiarore, o a qualcuno dei successivi,
n on imp robabili interpolatori» (1 74) .
84 . St.: «d eo».
85. S t.: «a» .
8 6. S t.: << mo' anda rai d e tal fa llo impunito ». Ma cfr. Met., VIII , 279 sgg: «Tangit et ira deos. "At non impune feremus, l
qua eque inhonoratac, non et di cemur inu!tae" l inquit [ ... ] et misi t aprum ».
87 . S t.: <<C t la mia m arre to na».
88 . St. : «d ardi ».
89. Ovidio: «To xea» e << Piex ippus».
90. Sr.: << tutt».
9 1. S t.: << ruin ata» .
92. St.: << n' andan>.
93 . St.: «s'avcnta».
94. St. : «scogliere» .
95. S t.: «aqu istava».
96. St.: <<spontan ».
97. St.: «co (n)».
98. St.: «usato».
99. S t.: <<alcaval».
100 . S t. : << itra».
l Ol. <<Z ii ».
l 0 2. St.: «Ha».
l 03 . St. : << mo' a nd arà in p uni to el vostro honore». Nonostante sia attes tata la forma «impunire» come intensivo di
<< pu nire» (cfr. S. BATI'AG LIA, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, Utet, VII, 1972, s. v. << im pu nire»), si
prefe risce correggere <<Ino', in <<11011 » pe r a na logia co n s. 10.7. Ugo lini : <<non andarà impunito el vostro errore» .
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C H!i\Ri\ FRi\NC ESC I li N I
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