IL ‘700 ALLE ORIGINI DEL NOSTRO MONDO.
Il Settecento è un secolo fondamentale che ha posto e definito le basi teoriche (e
anche pratiche) su cui ancora oggi si fondano gran parte degli aspetti che formano il
nostro modo di pensare e di agire. Un secolo di profonde trasformazioni e in cui, per
così dire, “precipitano” gli elementi preparati dal pensiero laico e scientifico diffusosi
in Europa a partire dal Rinascimento e portato a maturazione dalla rivoluzione
scientifica galileiana, senza scordare il ruolo decisivo avuto dalla cosiddetta “prima
rivoluzione industriale”. Da tempo ho l’impressione che lo studio scolastico si
concentri quasi del tutto sugli aspetti filosofici e artistici dell’epoca tralasciando, o
meglio non evidenziando a sufficienza i profondi cambiamenti che l’età della ragione
ha prodotto a tutti i livelli della vita quotidiana e dell’organizzazione della società.
Ho trovato utili per sottolineare questa caratteristica del ‘700 alcune brevi pagine
tratte da “Cromorama. Come il colore ha cambiato il nostro sguardo” (2017) di
Riccardo Falcinelli.
Il primo brano mette bene in evidenza la “smania” classificatoria e di
riorganizzazione del sapere tipica dell’epoca e l’enorme sforzo di riorganizzazione
che ha coinvolto tutti gli aspetti del sapere e della vita sociale.
“Dai tempi di Galilei si è inaugurata una florida stagione di esperimenti il cui piglio
investigativo aveva provocato in Europa una sistematizzazione del sapere che
culminerà con la pubblicazione nel 1751 dell’ Enciclopedia di Diderot e D’Alembert.
E non si organizzano solo le scienze, tutto passa al nuovo vaglio della ragione. Sotto
Luigi XIV – in una corte che detta il gusto a tutta Europa – si cominciano a
disciplinare le conoscenze, quelle teoriche e quelle artigianali, organizzando le
procedure e codificando gli stili di ogni cosa si possa mai produrre: dalle porcellane
ai vetri, dai tessuti ai caratteri tipografici. Le competenze vengono portate al massimo
perfezionamento e allo stesso tempo inquadrate dentro regole precise. Si stabiliscono
codici per il cibo e per lo sport, per la vita lavorativa e per quella oziosa. I cuochi
pongono le basi della cucina ufficiale, dando nomi e gerarchie alle salse; e mentre gli
arbitri dell’eleganza decidono quali e quante posate si debbano usare, le manifatture
di corte gliele disegnano, assegnando una forma a ogni nuova funzione. Non c’è
oggetto che non venga inventato o reinventato, dal cucchiaio alla credenza, dall’asola
della giubba alla staffa per l’equitazione. E insieme alle cose si normano i
comportamenti: c’è un modo per inchinarsi e uno per passeggiare, uno per il trotto e
un altro per la danza. E per le donne c’è chi insegna tutte le maniere di agitare il
ventaglio: ora frenetico ora lento, ora vezzoso ora chiuso di scatto, facendone un
lessico caustico e talvolta perfino crudele. A ogni nuova regola si dà un nome e così,
in pochi anni, questa grande macchina classificatoria include ogni cosa pensabile,
producibile, usabile e soprattutto vendibile. Tutto ciò, insomma, che di lì a poco verrà
chiamato merce. In parole povere, in questi anni l’attitudine razionale ( cioè l’idea
che la razionalità umana sia in grado di capire, spiegare e ordinare la realtà tutta)
genera l’idea di standard e, organizzando le regole del cosmo, si pongono i
presupposti per la futura società del design ( e della produzione seriale di
oggetti/merci).” (Falcinelli, cit. pp. 80 – 81).
Come abbiamo ripetuto più e più volte, artefice di tutto ciò è nel corso del ‘700 la
nuova classe sociale in ascesa, la borghesia, che si costruisce i propri valori in
opposizione a quelli aristocratici dell’ ancienne regime e che sempre più informa di sé
la società e tutti campi del sapere. Per ultimo, poi, la classe borghese in Francia
arriverà anche a prendere il potere politico ma a quel punto già da anni è la classe
dominante.
Importantissimo è anche l’allargamento del sapere ad una platea sempre più ampia di
persone ( si pensi anche alla nascita del giornalismo e alla diffusione di riviste,
quotidiani, etc.; cfr. il programma de Il Caffè). Ce lo spiega bene sempre Falcinelli
con un esempio ben preciso che vale per tanti altri analoghi fenomeni.
“Intorno al 1740 nei salotti illuministici e incipriati è di gran moda, tra le dame,
scambiarsi in dono prismi trasparenti. Non si tratta di oggetti preziosi in sé – in fondo
non sono che piramidi di cristallo – ma, per via delle iridescenze che producono, sono
ricercati per stupire e per parlarne. Insieme alla politica e alla letteratura, accanto alla
querelle storica e all’interrogativo filosofico, si discetta infatti di luce e di colori. E’
scoppiata la Newton-mania.
Conversare di argomenti scientifici è ambito, prestigioso, segno di una personalità al
passo coi tempi e libera da superstizioni; e per aiutare nel compito esce persino un
libro destinato a un grande successo, Il Newtonianismo per le dame (1737) di
Francesco Algarotti – in principio apprezzato perfino da Voltaire -, opera che
inaugura il filone della divulgazione scientifica scegliendo le donne come
interlocutore prediletto: ma è solo una formula retorica e pure gli uomini lo leggono
di gusto, perché in realtà le “dame” del titolo sono niente di più che tutti i lettori
colti non specialisti. Il testo è una sintesi dei concetti rivoluzionari esposti a inizio
secolo da Isaac newton (1642 – 1727), frutto dei suoi studi iniziati trenta anni prima
al Trinity College di Cambridge: è qui che ha luogo uno degli esperimenti più
importanti nella storia della scienza. In una stanza buia Newton intercetta con un
prisma un sottile raggio di luce che filtra dalla finestra, proiettandolo sul muro di
fronte, dove questo, anziché restare bianco, si scompone in una sequenza variopinta
simile a un arcobaleno. Quello che era partito come uno studio circostanziato di ottica
finisce per cambiare lo sguardo sulla materia: se si può aprire la luce, se si può
scinderla, farla a pezzi ed entrarci dentro, allora in linea di principio si può penetrare
dentro ogni sostanza. Il prisma diventa così un manifesto programmatico per la
scienza a venire, sinonimo di tutte le attività di ricerca. Metaforicamente è la luce
della conoscenza che lo attraversa, rendendo studiabile l’invisibile. E anche per
questo i prismi diventano un dono: perché tra le virtù che a una dama non devono
mancare ce n’è una nuova, moderna e virile: la curiosità scientifica.” (cit.)
Vale solo la pena ricordare, nello specifico, che gli studi sulla luce e sul colore di
Newton, insieme a quelli di tanti altri, hanno avuto poi grande sviluppo e
un’importanza enorme, oltre che ovviamente per la pittura, anche per lo sviluppo di
importanti settori industriali e merceologici, dalla chimica all’industria tessile per
esempio.
Si potrebbero fare decine di altri esempi ma ce ne facciamo bastare solo uno ancora,
che ci svela un paio di cose poco note ma molto interessanti. Usiamo sempre le
parole di Falcinelli.
“Nel 1793, con ancora fresco il ricordo della ghigliottina, c’è un’altra rivoluzione che
di rado si studia a scuola determinante per capire cosa siamo oggi: viene promulgata
la libertà di abbigliamento. Prima di allora inflessibili leggi suntuarie stabilivano
quali abiti fossero leciti in base alla classe sociale, al ruolo, al mestiere. Ora invece –
per la prima volta nella storia umana – non si è più sudditi ma cittadini, liberi di
scegliere e di vestire come si vuole, cioè liberi di comprare. Non è detto, tuttavia, che
si sappia come farlo. La pubblicità nasce anche per questo. I più cinici diranno che si
è passati da una forma di schiavitù a un’altra, ma tant’è. Nel mondo nuovo le réclame
suggeriscono a ciascuno come essere finalmente se stesso. Insieme alla moda si
afferma infatti il concetto di gusto, e il successo di chi lo esercita. Alcuni personaggi
diventano presto arbitri di eleganza e più sono famosi più sono autorevoli: oggi li
chiameremmo trendsetter. Non esistono ancora le top model e le rockstar, ci sono
però le regine, e tutte le donne, soprattutto le borghesi, vi fanno riferimento.” (cit.)