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Il Fascino Discreto Della Laguna Di Venezia

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Il fascino discreto della laguna di Venezia

testo e foto di Antonio Rosso


pubblicato su "Mare 2000" anno XV, n. 5 - maggio 1982 pp.88-97

Per conoscere il vero volto della Laguna di Venezia bisogna uscire dai limiti della normale
escursione, uscire dai canali bricolati e allontanarsi dai centri turisticamente più affollati.
Chi sceglie di farlo, però, non desista alla prima secca che incontra, ma continui e passi oltre: ne
sarà ampiamente ripagato.
Scoprirà ambienti incontaminati, di impareggiabile bellezza, immerso in una calma e una pace
assoluta.
Chi lo vorrà potrà allora penetrare i segreti di un universo in miniatura, là dove l'unica legge è il
flusso e riflusso della marea.

Laguna sud all'altezza di Pellestrina


Qualsiasi tipo di barca è adatto alla navigazione sulla laguna, anche se, per poter accedere ad alcune
località, è necessario un basso pescaggio: spesso, infatti, la profondità dell'acqua non supera il
mezzo metro.
Con grosse imbarcazioni si può andare tranquilli solo nei canali ben segnalati e bisogna resistere
alla tentazione di deviare o di tagliare per i bassifondi. Per visitare la laguna, dunque, preferite
piccoli scafi, da 4-5 metri, in alluminio, vetroresina o materiale plastico; anche i gommoni vanno
bene, ma richiedono alcune precauzioni in più durante gli ormeggi.
Non sono necessarie motorizzazioni elevate, bastano pochi Hp; ideali sono le classiche potenze da 9
a 20 Hp.
Carta della laguna di Venezia
Date le particolari condizioni ambientali, si deve tener conto dell'escursione di marea,
che può raggiungere, a volte, valori superiori a un metro, per non restare fermi ad
attendere il nuovo flusso in un canale non più navigabile, oppure, peggio, sopra una
secca completamente emersa. A volte, raggiungere certi luoghi diventa proprio
un'avventura. Esistono comunque tabelle con le previsioni di marea, in vendita a
Venezia anche nelle rivendite di giornali, valide per un anno solare, attendibili e di costo
limitato. Un ultimo consiglio: se non si può essere accompagnati da una guida locale, è
bene avere una dettagliata carta nautica della laguna. Alcune edizioni sono molto valide
e facilmente reperibili nelle librerie di Venezia, Mestre, o anche presso i giornalai più
forniti.
Chi entra in laguna venendo dall'Adriatico deve attraversare le bocche di porto.
La Laguna di Venezia, infatti, è separata dal mare aperto da un cordone litoraneo
discontinuo, formato da un accumulo di sabbie di origine fluviale, rimaneggiate e
rideposte dall'azione del mare. Questi cordoni, indicati nelle carte con i nomi di
Sottomarina, Pellestrina, Lido, Cavallino, delimitano all'interno tre bacini idraulicamente
indipendenti, comunicanti col mare ognuno con una bocca di porto: Chioggia,
Malamocco e Lido diventano così vere e proprie porte di accesso.
Bisogna ricordare che il flusso di marea, entrando attraverso tali aperture, si espande
all'interno con un regime idraulico ben circoscritto e con masse d'acqua ben definite e
separate tra loro. Dopo sei ore, si ha l'inversione del fenomeno e il relativo deflusso. Al
di là della semplice variazione di livello, questo aspetto provoca nei canali più profondi
e, soprattutto, nelle stesse bocche di porto, tra le dighe foranee, la messa in moto di
notevoli masse d'acqua, che possono raggiungere velocità tali da rendere difficoltosi, se
non addirittura (in certe condizioni) impossibili, l'ingresso o l'uscita di imbarcazioni che
procedano soltanto a vela.

Canale La Doce - Laguna Nord


Anche se può apparire statica, la laguna è un ambiente vivo e si modifica in conseguenza
di ciò che l'uomo va compiendo, adeguando i suoi microambienti.
Ad esempio, chi ora entra nel porto di Malamocco, e magari si sofferma a guardare gli
allevamenti di mitili (peocere), non si rende conto che, proprio in quella zona, un
ambiente marino sta piano piano avanzando e si sostituisce al precedente, più lagunare.
Ciò è avvenuto in seguito alla costruzione del Canale dei Petroli, largo sino a 140 metri,
profondo 14,5 metri e lungo 14 chilometri, scavato per far accedere grosse navi alle zone
industriali sorte sulla gronda lagunare, in terraferma.
Via via che ci si inoltra nei canali, si scopre che l'ambiente lagunare può essere distinto
in tre aree: la prima, al di sopra del livello medio delle alte maree, comprende le barene,
i cordoni litorali, le isole, la costa. La seconda si estende tra i livelli medi delle alte e
basse maree, con le velme e i bassifondi che emergono per gran parte della loro
estensione durante le basse maree, caratterizzati da un sistema di canali secondari
(ghebbi). La terza area, al di sotto del livello medio delle basse maree, è quella dei canali
principali, delle bocche lagunari e delle paludi.

L'isola di San Giorgio e il Bacino di San Marco


La morfologia determina anche i vari ambienti naturali che si possono incontrare.
Partendo, ad esempio, da Lio Grando, vicino a Treporti, seguendo il canale S. Felice,
passando per Burano, Torcello e risalendo poi il canal Silone, verso la conca di
Portegrandi, che dà accesso al fiume Sile, si passa da ambienti prevalentemente marini e
costieri con dune (Punta Sabbioni, S. Erasmo) alle barene, che rappresentano la
caratteristica più saliente della laguna (Burano, Torcello), fino agli ambienti di acqua
dolce propri delle zone continentali, posti ai margini con la terraferma e ricchi di canneti
(Portegrandi).
Non fermiamoci qui: avere a disposizione una piccola e maneggevole imbarcazione
permette d'inoltrarsi nel dedalo di canali e ghebbi, scoprendo, uno dopo l'altro, piccoli
microcosmi ambientali.
«Ma ... come fare ad arrivarci? Come bisogna comportarsi in laguna? &emdash; Mi
chiedeva un amico di Torino &emdash;. Mi sono piantato in secca ben tre volte. E poi,
tutti quei pali: si sta a destra o a sinistra? E quando non ci sono, che fare?
Vediamo allora i vari casi: se i pali (bricole o mede) sono disposti su due file, basta
mantenersi all'interno; quando diventano solo una fila, bisogna navigare sul lato da dove
è sempre possibile vedere quella targhetta bianca che è piantata sulla sommità di
ognuno.
Nei casi in cui terminino tali segnalazioni, con l'aiuto di una carta ci si può orientare
sulle barene, restando a debita distanza da queste o seguendo certi piccoli pali con
contrassegni vari (frasche, stracci, eccetera), messi dai pescatori a loro uso per segnalare
i canali minori.
A volte è preferibile procedere addirittura in planata (si pesca meno) con il motore
sganciato, pronti a fermarsi e procedere a remi se si incontra un bassofondo. Con il
tempo, l'esperienza permetterà di vedere certi ostacoli in anticipo e di valutare al meglio
le singole situazioni.
Dove recarsi? C'è solo l'imbarazzo della scelta, ma non bisogna dimenticare le zone
ancora naturali e incontaminate della laguna nord, comprese tra Torcello e Lio Piccolo,
con le valli da pesca arginate di Montiron e Val Dogà.
I canali sono perfettamente agibili e segnalati fino a Torcello. Verso le isole della Cura e
Santa Cristina, invece, bisogna fare molta attenzione e usare una buona carta, perché i
canali non sono segnalati; anche se mantengono comunque una profondità media di 2-3
metri.
Qui, dove anticamente vi era la foce del Sile, i canneti sfumano nella zona barenicola
che si apre negli specchi d'acqua delle paludi di Cona, di Rosa, Maggiore.
Canale La Dolce - Laguna Nord
Ogni pietra che vi si trova ha una storia. Le isole, i dossi e le motte che si incontrano
rappresentano i resti di altre, ben più estese terre, oggi sommerse ma che un tempo erano
fiorenti e ricche.
Se trovate una pietra o qualche oggetto sporco di fango e di alghe non buttatelo via,
pulitelo: potrebbe essere un frammento di un'anfora o di un vaso romano.
I cocci e i frammenti che sono stati raccolti casualmente e le ricerche archeologiche,
condotte anche in immersione, che vi vengono eseguite sistematicamente, hanno portato
alla scoperta di manufatti romani insospettati per numero e dimensioni, sconvolgendo
teorie ritenute ormai consolidate.
Prima dell'anno mille qui sorgevano antiche isole oggi scomparse: Centranica,
Costanziaca, Ammiana, circondate da paludi, ma anche da selve rigogliose in cui era
possibile cacciare il cinghiale. L'ambiente è tuttora quasi inviolato ed è facile incontrarvi
molte specie di volatili, che lo hanno eletto a loro dimora; tuttavia, per cogliere l'aspetto
peculiare di questa zona, bisogna attendere la bassa marea.
Piano piano, allora, emergono i bassifondi con il loro caratteristico intreccio di piccoli
canali: uno spettacolo unico, che altrove, per i fondali più profondi, si ammira solo
saltuariamente.
Il regno degli uccelli, comunque, è situato nella laguna meridionale, in una zona a
ridosso della terraferma (Valle Millecampi). Per arrivarci, dopo aver percorso canali ben
segnalati (Canale di Valgrande e Canale Allacciante, fino al Casone Millecampi; oppure,
il Canale di Piovego fino a Torson di Sotto), si deve procedere con attenzione, attraverso
barene e canali senza fine.
Qui è possibile veder passeggiare tranquille garzette, aironi prendere il volo, folaghe
dondolarsi sulle onde.
Con un po' di attenzione si possono trovare, soprattutto nelle vicine casse di colmata
(1300 ettari di aree chiuse e imbonite per la terza zona industriale, ma mai completate)
nidi di Cavaliere d'Italia, pernici di mare, gallinelle d'acqua. Recentemente vi sono stati
avvistati anche dei cigni.
Chi ama il safari fotografico, ha trovato il luogo più adatto.
Ben lo sanno, purtroppo, i cacciatori. Infatti, all'apertura della stagione venatoria questa
zona diviene proprietà delle doppiette e spesso solo i corpi dei gabbiani abbattuti (che
tutti sanno non commestibili), trascinati lontano dalle correnti, testimoniano gli eccessi
che vi vengono compiuti.
E' dunque auspicabile che si arrivi presto a una soluzione del problema, perché,
effettivamente, alcune zone della laguna sono eccezionali, se non uniche, per la
riproduzione e l'asilo dei volatili (anche di passo) che arrivano ogni anno.
Per vedere e capire nel suo insieme l'ambiente lagunare bisognerebbe guardarlo
dall'alto.
Chi non può o non vuole usufruire delle opportunità offerte dall'Aeroclub del Lido,
scenda dalla barca e chieda di salire sui campanili di alcune isole. Dal campanile di
Torcello, ad esempio, si può spaziare sulla laguna nord: quello che prima dalla barca
appariva caotico, diviene un ordine geometrico. Dall'alto si vedono chiaramente i
meandri di quei piccoli canali che prima non si riuscivano a trovare; ed ecco le velme
che emergono.
Com'è semplice, ora, distinguere il limite dei canneti e l'inizio delle barene con la loro
tipica vegetazione a Puccinellia, Salicornia, Limonium.

S.Ariano visto dal campanile di Torcello


Dal campanile di S. Giorgio Maggiore (l'isola posta di fronte a S. Marco), invece, si
domina il bacino centrale: è una distesa d'acqua da cui emergono le isole, ormai più o
meno in rovina.
Sembrano disposte in fila, come una collana di perle che orlano Venezia, posta a fianco.
Questa, del resto, non è una fantasia senza fondamento: molte isole, infatti,
rappresentano i resti di antichi cordoni di dune dei quali seguono l'andamento.
La laguna attuale, in pratica, si è stabilizzata solo con la conclusione delle opere di
deviazione dei fiumi da parte della repubblica veneta e la costruzione dei murazzi a
protezione del litorale.
Oggi possiamo vedere il risultato della secolare lotta dei veneziani per allontanare i
fiumi dalla città, al duplice scopo di evitare interramenti (gran laguna fa gran porto) e di
risolvere i problemi di i salute pubblica creati dalle acque dolci i stagnanti.
Quanto debba essere costato in mezzi e denaro, lo si può desumere da una breve sintesi
dei principali interventi operati sul fiume Brenta, che, nel XIII secolo, sfociava in
laguna, vicino alla località di Fusina:
• nel 1327 si attua una deviazione delle acque da Fusina al bacino di Malamocco;
• nel 1336 viene costruito un argine frontale per impedire il mescolamento di acque
dolci e salate
• lo sbocco a Fusina è riaperto nel 1360 e,
• nel 1368, si riporta la foce a Malamocco;
• nel 1437 la nuova apertura dello sbocco a Fusina e,
• l'anno dopo, la reimmissione nel bacino di Malamocco;
• nel 1457 la foce è spostata più a sud;
• nel 1507, con un nuovo alveo, si porta il Brenta nel bacino di Chioggia;
• nel 1550 si crea una diversione delle acque fuori della laguna, vicino a Chioggia;
• nel 1661 un'ulteriore estromissione d'acque dai bacini centrale e meridionale;
• nel 1840 il fiume è nuovamente immesso nella laguna di Chioggia e,
• nel 1896, si crea la foce a Brondolo.
Abbandoniamo ora l'imbarcazione per immergerci a esplorare il mondo subacqueo
lagunare. A causa dei sedimenti e del plancton in sospensione, le acque della laguna
sono piuttosto torbide e la visibilità è generalmente limitata a meno di un metro, due nei
casi migliori.
Anche qui, a seconda del tipo di ambiente, possiamo distinguere tre zone: un'area in
prossimità dell'imboccatura di porto, con condizioni marine e sedimenti sabbiosi; una
fascia a ridosso della terraferma, con sedimenti fini e apporto di acque dolci; una zona
intermedia, prevalentemente a sedimentazione fine e con salinità variabile.
Ogni zona presenta caratteristiche proprie.
In prossimità del mare, dove anche la visibilità è migliore, si trovano alghe rosse,
prevalentemente Fucus virsoides e Zoostera marina. Chi ama i molluschi potrà
raccogliere mitili, ostriche o patelle nelle zone con massi rocciosi, mentre nel fondale
sabbioso si trovano vongole, cappe lunghe (Solen vagina e siliqua), caparozzoli (Tapes
aureus), pettini (Chlamys opercularis e varia).
Abbondanti anche le attinie e gli ofiuroidi. Fino a qualche anno fa era possibile rinvenire
esemplari (anche di notevoli dimensioni) di Pinna nobilis, mentre ora ciò avviene solo
occasionalmente. Il bentos è composto da orate, muggini, spigole, non infrequente il
palombo.
Sugli scogli e in zone pietrose si pesca anche il favollo (Eriphia verrucosa), che viene
spesso considerato migliore della granceola.
Nei bassifondi si trovano, invece, alghe verdi in grande quantità e che raggiungono il
massimo della grandezza ai margini lagunari; tra i molluschi prevalgono il Bittium e il
Cardium ed è spesso presente, in nicchie scavate nel fango più duro o nei pali di legno,
anche il dattero (Pholas dactylus).
Il bentos è composti da anguille, passere, sogliole, gobiidi e da altre specie, tutte in grado
di sopportar anche la vicinanza delle acque dolci.
La laguna non è avara di prede per chi pratica la caccia subacquea, purché sappia
attendere e accetti la scarsa visibilità
Al fotografo subacqueo, invece, minoro soddisfazioni, ma con apposite attrezzature è
possibile realizzare ugualmente interessanti inquadrature, soprattutto se avrà la costanza
di attendere i momenti più propizi, quando l'acqua diventa più limpida verso il culmine
del crescendo della marea, prima del "morto d'acqua", prima cioè, che inizi la marea
discendente.

TERMINI LOCALI
Barene: zone generalmente emerse a vegetazione caratteristica che vengono sommerse
nelle alte maree; morfologicamente presentano un bordo elevato mentre la parte centrale
risulta leggermente depressa.
Bricola: gruppo di pali legati assieme che delimita I principali canali navigabili.
Dama: bricola con un palo centrale più elevato indica la confluenza di due canali.
Ghebbo: piccolo canale che si perde nelle paludi.
Grisiola: graticciato di canne palustri.
Meda: palo singolo che segnala i canali navigabili.
Monte: terreno sempre emerso nel quale un tempo sorgevano del fabbricati.
Motta: luogo rilevato, in genere con resti di costruzioni o pietre.
Palude: bassofondo che rimane scoperto durante eccezionali basse maree.
Rio: canale interno di Venezia o delle isole.
Taiada: taglio artificiale per portare le acque in località diverse.
Scomenzera: canale artificiale che mette in comunicazione due bacini idraulicamente
indipendenti o due canali navigabili naturali.
Valle: località in cui si alleva il pesce in zone recintate da grisiole o reti (valli aperte)
oppure da opere fisse (valli chiuse).
Velma: terreno prevalentemente sommerso, privo di associazioni vegetali aeree, che
emerge durante la bassa marea.

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