Storia Romana
Storia Romana
1. Italia preromana
L’Italia prima della conquista romana si caratterizza per la presenza di popolazioni di origine
diversa e con differente lingua, cultura e tradizione. Molte vi abitavano dalla preistoria (i popoli che
unitariamente vengono definiti italici, e inoltre i liguri e gli etruschi), alcune, come quella dei galli,
vi penetrarono nel V secolo a.C. da nord occupando la Val Padana fino al medio litorale adriatico
(insubri, boi, senoni).
In questa miriade di etnie, spesso in lotta fra loro, primeggiarono quella etrusca e quella greca che si
contesero il controllo del Tirreno. Nei contrasti e nelle guerre che opposero tutte queste popolazioni
Roma si inserì a partire dal IV secolo a.C., raggiungendo la definitiva supremazia politica: ciò fu
possibile per molteplici motivi, tra cui la sua migliore organizzazione militare, un'abile politica di
alleanze e il perfezionamento del sistema delle colonie, fondate nei territori assoggettati.
Le popolazioni che abitavano l'Italia prima della conquista romana erano numerose:
I Liguri, d'origine iberica, occupavano il territorio che corrisponde alle odierne regioni della
Liguria e del Piemonte. I Veneti, d'origine illirica, si stabilirono nella regione di nord-est. Gli
Etruschi o Tyrreni, d'origine incerta, probabilmente provenienti dall’Asia minore, erano stanziati
tra i Liguri e i Veneti.
I Galli o Celti, abitavano al di là delle Alpi, anch'essi nel VI secolo a. C. valicarono, incalzando
verso sud gli Etruschi; e occuparono la parte della Pianura Padana che da loro prese il nome di
Gallia Cisalpina. La rimanente penisola era abitata da svariati gruppi di popoli indo-europei 1,
complessivamente denominati Itàlici o Italioti. Si dividevano in due rami: il latino ad occidente e
l'umbro-sabèllico ad oriente e nell'interno.
I Sicani e i Siculi, come pure i Sardi e i Corsi, pare siano affini agli Ibèri o addirittura Ibèri. Ma
nella Sicilia occidentale e nella Sardegna meridionale fin da tempi molto antichi, presero stabile
dimora i Fenici o Cartaginesi.
Dal VII e V secolo a. C. i Greci nell'Italia meridionale e nella Sicilia fondarono numerosissime
colonie (Cuma, Tarènto, Siracusa, Agrigento, ecc.), le quali, mediante il commercio marittimo,
pervennero ad un grado di prosperità così grande che questa parte d'Italia si chiamò Magna Grecia.
2. Gli Etruschi
Gli Etruschi raggiunsero una grande potenza prima ancora della fondazione di Roma. Fino a tutto il
secolo VI a. C. possedettero, oltre al paese che mantenne il loro nome, la parte media della Pianura
Padana, una parte della Campania e il protettorato sul Lazio. Nella Pianura Padana e in Campania
fondarono importanti città. Le città erano autonome, ma confederate per la comune difesa. Ogni
città era retta da un Lucumone, che aveva potere civile, militare e sacerdotale. Gli Etruschi giunsero
all'apice della loro potenza tra il 600 e il 500 a. C. ma verso la fine del V secolo il loro impero
1
I più recenti studi vedono l'ipotetica sede originaria del 'popolo indoeuropeo' nella regione tra la Russia meridionale e
il Turkestan, da dove le varie tribù – spinte da motivi di ordine climatico o alimentare – avrebbero iniziato a sciamare in
cerca di altre terre più adatte alla soddisfazione dei loro bisogni: i tempi e i modi delle loro migrazioni furono assai
diversi, ma è sensato credere che dovettero iniziare verso il 3000 a.C. Durante i loro movimenti, esse dovettero
scontrarsi con popolazioni indigene preesistenti (è questa la storia delle origini di molti dei popoli le cui lingue sono
state sopra menzionate), imponendo però non solo la loro presenza, ma anche la loro superiore cultura materiale e
spirituale. Con il termine Indoeuropei si indica quindi un insieme di popolazioni che parlano una comune lingua,
denominata indoeuropeo. Sono classificate come indoeuropee le lingue indiane (tra le quali l'antichissimo sanscrito),
quelle iraniche, l'armeno, il greco, il macedone, l'osco-umbro (oltre a dialetti italici minori), il latino, le lingue celtiche,
germaniche. Dalle numerose affinità fonetiche, morfologiche – ma anche sintattiche e lessicali – tra queste lingue, e da
quanto conosciamo attraverso la documentazione storica e archeologica sui popoli che le parlavano, si possono
individuare alcuni elementi comuni alla loro cultura materiale e spirituale: ciò ha spinto gli studiosi a credere che essi
possano derivare da un unico antichissimo popolo o almeno da un insieme di unità tribali affini, della cui lingua
originaria, però, nulla si può realisticamente dire; quelle forme linguistiche che i glottologi chiamano 'indoeuropee'
niente altro sono che una ricostruzione artificiosa di qualcosa che sia 'minimo comune denominatore' delle lingue
indoeuropee storicamente attestate.
1
crollò: i Sanniti s'impossessarono delle colonie campane, i Galli conquistarono le città della Pianura
Padana, i Romani presero Veio (396 a. C.) e assoggettarono poco a poco tutte le città dell'Etruria.
CAPITOLO 2
2. 1 Le origini di Roma e le prime istituzioni
La fondazione di Roma avvenne secondo la tradizione nell'anno 753 a.C.; nulla sappiamo con
esattezza. I Romani avevano elaborato un complesso racconto mitologico sulle origini della città e
dello stato, che ci è giunto attraverso l’opera storica di Tito Livio e quelle poetiche di Virgilio e
Ovidio. I moderni studi storici e archeologici tentano di ricostruire la realtà storica che sta dietro al
racconto mitico, nel quale man mano si sono andati riconoscendo alcuni elementi di verità.
Nella fase iniziale della sua storia Roma ebbe un governo monarchico; per due secoli e mezzo
(753-510 a.c) si successero al governo sette re, quattro di stirpe latino sabina (Romolo, Numa
Pompilio, Tullio Ostilio, Anco Marzio), e tre di origine etrusca (Tarquinio Prisco, Servio Tullio e
Tarquinio il Superbo). L’operato dei sovrani veniva controllato dal senato, un collegio di anziani. Il
popolo fu diviso in patrizi, appartenenti alle nobili famiglie, e plebei, ovvero le famiglie dei
villaggi. Alla fine del VII secolo a.c (ovvero dall’anno 601 al 700 a.c) gli Etruschi assunsero il
controllo di Roma. Nel periodo dei re etruschi, Roma estese il suo dominio in tutto il Lazio e crebbe
per popolazione e ricchezza. Secondo la tradizione l’ultimo re etrusco, fu cacciato dalla città, nel
510 a.c. , dopo che il figlio aveva oltraggiato una nobile fanciulla romana. I patrizi, stanchi del
governo straniero, diedero vita ad una nuova forma politica: la Repubblica , basata sulla figura di
due magistrati supremi, i consoli2, eletti ogni anno, e sul potere del senato. Presto cominciarono i
primi conflitti fra patrizi e plebei, che erano costretti a indebitarsi per sopravvivere. Dopo una lunga
lotta, che durò per tutto il V secolo a.c. , i plebei ottennero le prime conquiste, tra le quali il diritto
di eleggersi dei rappresentanti: i tribuni della plebe.
CAPITOLO 3
3. 1. L’ espansione di Roma nella penisola italica
Verso la fine del V secolo a.c. Roma ottenne il suo primo importante successo: la conquista e la
successiva annessione della ricca città etrusca di Veio. La guerra fu terribile, l’assedio durò dieci
anni (405-396 a.c.). Subito dopo Roma dovette affrontare una grave minaccia: l’invasione di una
popolazione celtica3stanziata nelle Marche, che i Romani chiamarono Galli. Nel 390 a.c Roma
venne saccheggiata e occupata, e riuscì a liberarsi dagli invasori soltanto pagando un riscatto in oro.
In seguito la città venne protetta da una serie di mura e iniziò una fase di ripresa demografica. Roma
arrivò ad occupare tutta l’Italia centrale e si spingeva verso il centro-sud, dove vivevano diverse
popolazioni, tra cui i Sanniti4. Si combatterono tre guerre dette sannitiche, cui si alternarono per i
Romani vittorie e sconfitte e la conquista della Campania. Il successivo scontro fu con le città della
Magna Grecia, in particolare con la più forte fra queste, ovvero Taranto. I Tarantini chiesero aiuto
al re dell’Epiro (una regione della Grecia nord-occidentale), Pirro, che sbarcò con il suo esercito ed
elefanti da combattimento. Il re venne sconfitto dai Romani a Benevento nel 275 a.c . Roma
s’impossesso di tutta la Puglia, la Calabria fino a Reggio e concesse alle città greche una certa
autonomia.
3.2 Roma alla conquista del mediterraneo (le guerre puniche) e l’espansione verso Oriente.
2
Oltre ai consoli vi erano altri magistrati (che presentavano alle assemblee popolari le proposte di legge):
- pretori, che potevano sostituire il console in situazioni di emergenza e amministravano la giustizia
- censori, che erano gli addetti al censimento
- questori, che pagavano gli stipendi e riscuotevano le tasse
- edili, che mantenevano l’ordine pubblico.
3
I celti fanno parte del gruppo di popoli nomadi provenienti dalla Russia intorno al III millennio a.c. , che gli studiosi
hanno chiamato indoeuropei. Si stanziarono nell’Italia settentrionale.
4
Antico popolo italico stanziato in un territorio, detto Sannio, corrispondente agli attuali territori della Campania
settentrionale, dell'alta Puglia, di gran parte del Molise , del basso Abruzzo
2
Dopo aver esteso la sua egemonia in tutta l’Italia, gli interessi espansionistici di Roma si
proiettarono verso il Mediterraneo. Padrona incontrastata delle rotte mercantili e dei traffici
marittimi del Mediterraneo era Cartagine, città situata nelle coste settentrionali dell’Africa (vicino
all’odierna Tunisi). La sua potenza si reggeva sulla flotta composta da truppe mercenarie comandate
però da generali cartaginesi. Il conflitto fra le due potenze fu inevitabile e si accese nella prima metà
del III secolo a.c. (dal 201 al 300) in Sicilia. La prima guerra punica iniziò con lo scontro navale
nei pressi di Milazzo, nel 260 a.c. I Romani preferirono condurre la battagli via terra; così un corpo
di spedizione approdò in Africa e subì una disfatta totale. La guerra proseguì in Sicilia e fu un
estenuante logoramento, che si concluse con la vittoria dei Romani e dure condizioni di pace per i
Cartaginesi. Nel 237 a.c il comandante cartaginese Amilcare venne inviato in Spagna, il figlio
Annibale volle riscattare la sconfitta cartaginese e scese in Italia attraversando prima i Pirenei
(catena montuosa che fa da confine tra la Francia e la Spagna) e poi le Alpi e spingendo i popoli
italici a ribellarsi contro il dominio di Roma. Iniziò un nuovo conflitto: la seconda guerra punica.
Il comandante cartaginese distrusse un esercito romano presso il lago Trasimeno (in Umbria). Il
senato nominò a Roma un dittatore per fronteggiare la situazione di pericolo, ma presto Annibale
rimase intrappolato in Italia privo di rifornimenti e Roma contrattaccò in Spagna con un esercito
guidato da Publio Cornelio Scipione, poi detto l’Africano. Annibale tornò in patria e si fronteggiò
nella battaglia di Zama col l’Africano, la vittoria fu netta per quest’ultimo. Cartagine perse la sua
posizione. La terza guerra punica fu perseguita da Roma con l’obiettivo di distruggere
definitivamente Cartagine; Scipione l’Emiliano (figlio dell’Africano) comandò la battaglia e dopo
aver distrutto Cartagine si recò in Spagna. Nel 146 il territorio di Cartagine costituì la provincia
d’Africa. Nel 133 anche la Spagna divenne provincia romana. Ancor prima della terza guerra
punica, Roma aveva dichiarato guerra alla Macedonia di Filippo V (regione della Grecia governata
prima da Filippo V e poi dal figlio Perseo) e dopo una dura sconfitta a Pidna, la rese provincia
romana nel 148 a.c. Poco dopo la città greca di Corinto venne rasa al suolo e la Grecia venne unita
alla provincia di Macedonia. Nel 131 il re di Pergamo morì senza eredi e successivamente il suo
regno andò a costituire la provincia romana d’Asia. Le guerre in Oriente portarono ad un contatto
diretto con la cultura ellenistica, a Roma giunsero numerosi intellettuali greci che vi diffusero il loro
sapere.
CAPITOLO 4
“La crisi sociale e la fine della Repubblica”
4.1 Le grandi conquiste del II secolo a. c avevano sanato le finanze dello Stato al punto che nel 167
a. c venne abolita a Roma ogni tassa a carico dei cittadini. A causa delle guerre continue erano
aumentati gli schiavi, e quindi la disoccupazione, ed erano diminuiti i piccoli proprietari: la
questione agraria divenne il problema centrale. Tiberio Sempronio Gracco, aristocratico vicino
alla famiglia degli Scipioni, si fece eleggere tribuno della plebe e presentò una proposta di riforma
agraria, in modo da ricreare il ceto dei piccoli proprietari a svantaggio della nobilitas. La riforma
venne approvata, ma solo per i cittadini romani. Il fratello, Caio Sempronio Gracco, continuò la
sua politica e fece approvare la lex frumentaria, che stabiliva la vendita di grano a prezzo ridotto per
i proletari (ovvero quei cittadini che possedevano soltanto la prole). In seguito propose anche
l’estensione della cittadinanza romana agli italici, ma divampò una lotta violenta e Caio si fece
uccidere e i suoi sostenitori vennero giustiziati. Successivamente le riforme dei Gracchi vennero
abolite e il potere tornò nelle mani delle famiglie senatorie (optimates) a cui si opponeva il partito
dei popolari (populares).
4.2 Il dominio del senato subì un duro colpo a causa della cattiva gestione della guerra contro
Giugurta re della Numidia, regno confinante con Cartagine. Generali, soldati e senatori furono
coinvolti in uno scandalo politico e per dare una svolta fu necessaria l’elezione del console Caio
Mario, che in breve concluse la guerra vittoriosamente e affrontò la minaccia di un invasione delle
tribù germaniche dei Cimbri e dei Teutoni. Con Mario l’esercito divenne volontario e aperto anche
ai proletari, retribuiti con uno stipendio. Nel frattempo gli italici rivendicavano il loro diritto di
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cittadinanza e scatenarono una guerra detta “sociale”, perché voluta dai “socii”, cioè gli abitanti
delle città alleate con Roma. La rivolta fu domata e la cittadinanza venne estesa a tutta l’Italia fino
al Po. Nella guerra si impose la figura del nobile Silla, che fu eletto console nel 88 a.c. . Estromesso
definitivamente Mario dalla scena politica, Silla concluse vittoriosamente le campagne militari
contro Mitridate, re del Ponto, ma presto scoppiò fra i due una guerra civile, che si concluse con la
morte di Mario e l’instaurazione di una dittatura a tempo indeterminato da parte di Silla. Il dittatore
emanò delle liste di proscrizione, dove venivano iscritti gli oppositori politici, destinati alla confisca
dei beni o anche all’uccisione. Rafforzò il potere del senato e ridefinì il cursus honorum, e ridusse il
tribuno della plebe ad una magistratura di secondaria importanza.
- 4.3 Un altro generale, Pompeo, dopo aver concluso vittoriosamente una campagna militare in
Spagna e aver contribuito a sedere le rivolte degli schiavi, guidate da Spartaco, riuscì a farsi
eleggere console nel 70 a. c , insieme a Crasso, generale che aveva contribuito a sedare la rivolta.
Pompeo guidò vittoriose campagne contro i pirati del mediterraneo e sconfisse definitivamente
Mitridate, impadronendosi della Siria e del Ponto. Durante l’assenza di Pompeo venne eletto
console nel 63 a.c. Cicerone, e il patrizio Caio Giulio Cesare venne eletto pontefice massimo.
Venne sventata una congiura, guidata da Catilina, e nel 60 a.c. Pompeo, Cesare e Crasso strinsero
un’alleanza politica “il primo triumvirato”, un accorso privato che si sovrapponeva alle istituzioni
repubblicane. Nel 59 a. c Cesare divenne console, e partì per la conquista della Gallia. Nel
frattempo il senato timoroso di fronte all’affermazione del potere di Cesare, delegò a Pompeo il
governo dello Stato, nominando console unico, mentre Cesare stava piegando le ultime resistenze in
Gallia (che nel 51 a.c divenne provincia romana). Invitato ad entrare a Roma senza esercito,
Cesare marciò con le proprie truppe e varcò il fiume Rubicone nel 49 a.c. .Scoppiò una guerra
civile. La battaglia definitiva fra i due fu combattuta in Spagna, a Farsalo nel 48 a. c; Pompeo vinto
si rifugiò in Egitto, dove il faraone Tolomeo lo fece uccidere per ingraziarsi Cesare. Quest’ultimo
invece giunto in Egitto lo fece uccidere e mise sul trono la sorella Cleopatra. Cesare, solo al potere,
assunse la carica di dittatore a vita, gli furono conferiti poteri che nessuno prima di lui aveva mai
avuto e di cui si servì per attuare una radicale riforma dello Stato e una politica di pacificazione tra i
ceti sociali. Alle idi (il giorno 15) di Marzo del 44 a. c gruppo di congiurati, guidato da Bruto e
Cassio, uccisero Cesare, provocando non il rafforzamento della repubblica ma l’inizio del suo lento
declino.
-4.4 Dopo la morte di Cesare il personaggio che emerse a Roma fu un suo luogotenente, Marco
Antonio, che rimase tradito dal testamento di Cesare che lasciava il potere ad Ottaviano, nipote
adottivo. Lo scontro tra i due non fu subito diretto: Ottaviano si limitò ad appoggiare il senato
contro Antonio, quando questo tentò d’impadronirsi della Gallia Cisalpina. Divenuto console nel 43
a. c Ottaviano cercò di mediare con Antonio attraverso la creazione di un secondo triumvirato, in
cui fu coinvolto anche il fedele generale Lepido; a differenza del primo questo venne riconosciuto
pubblicamente. Dopo aver sconfitto i nemici comuni ed essersi divisi i territori ( a Lepido andò
l’Africa, ad Ottaviano l’Occidente, ad Antonio l’Oriente) si manifestarono le prime rivalità tra i
triumviri. Mentre Ottaviano stando a Roma si guadagnava la fedeltà delle truppe, anche attraverso
la distribuzione delle terre, Antonio innamoratosi di Cleopatra, andava assumendo
comportamenti estranei alla moralità romana, paragonando il proprio ruolo a quello di un monarca
orientale e quindi disponendo a piacimento dei territori che gli erano stati affidati. Le iniziative di
Antonio cominciarono a preoccupare il senato, che incaricò Ottaviano di ricondurre sotto il
controllo di Roma le provincie orientali. La guerra che formalmente venne dichiarata contro
l’Egitto, si concluse con la vittoria dei romani nella battaglia di Azio (31 a. c) e il suicidio dei due
innamorati.
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CAPITOLO 5
Età imperiale
-Nel 27 a. c Ottaviano venne fregiato dal senato del titolo di “Augustus”, già rivestito del ruolo di
capo del senato e di imperator, cioè di comandante vittorioso. Roma visse un lungo periodo di
pace ed equilibrio, garantito da un compromesso tra le parti sociali. Attuò una riorganizzazione
delle province e la stabilizzazione dei confini. Repubblica nella forma, principato nella sostanza.
Senza sconvolgere l’assetto tradizionale, lasciando in vita le istituzioni repubblicane, si creò un
potere personale assoluto e personale, assumendo in breve tutte le cariche pubbliche: divenne
pontefice massimo e gli venne conferito il titolo di padre della patria. Si aprì con Ottaviano una
nuova fase della storia di Roma, sotto il segno di una forma istituzionale, il principato, che via via
avrebbe assunto le caratteristiche di un vero e proprio regime imperiale.
-Il delicato problema della successione fu risolto da Augusto adottando Tiberio, figlio di sua
moglie Livia, un brillante militare appartenente alla gens5 Claudia. Con lui ebbe inizio la dinastia
Giulio-Claudia. Tiberio fu inizialmente un imperatore saggio che seguì l’opera di Augusto nel
risanamento dei confini per rafforzare l’impero. Una grave crisi dovuta a vendette e intrighi di corte
lo portò a ritirarsi nella sua vita privata e da lì governerà fino alla sua morte. A Tiberio successe
Caligola, che pretese di governare da solo, senza l’appoggio del senato. Considerato pazzo fu
ucciso e dopo la sua morte salì al trono del principato Claudio. Questi dimostrando abilità e
saggezza nel governare instaurò buoni rapporti con il senato e riprese l’opera di risanamento
economico iniziata da Tiberio. Vittima dei complotti familiari, fu avvelenato dalla moglie
Agrippina, dopo che questa l’aveva convinto ad adottare il figlio Nerone, designandolo successore
al trono. Salito al trono nel 54 d. c si dimostrò un sovrano dissennato, si inimicò il senato, sperperò
le ricchezze dell’impero e impose un potere assolutistico. Con lui iniziarono le prime percezioni
verso i cristiani accusati di avere incendiato Roma; in realtà si pensa che lui stesso abbia ordinato
l’incendio dei quartieri popolari per riedificare la città e conferirle una veste grandiosa. Si suicidò e
con lui si concluse la dinastia Giulio-Claudia.
-Alla morte di Nerone seguì una fase di anarchia e guerra civile che vide il susseguirsi di quattro
imperatori e che fu risolta con la salita al trono di Vespasiano; con lui ebbe inizio la dinastia del
Flavi, che poi proseguì con i suoi figli: Tito e Domiziano (81- 96 d. c ). Quella dei Flavi fu una
fase turbolenta della storia romana: l’esercito dimostrò di aver raggiunto un ruolo determinante
nell’elezione dell’imperatore, che poteva provenire non soltanto dall’aristocrazia, ma anche dai ceti
popolari della provincia italica. Se Vespasiano e Tito cercarono di ripristinare la legalità,
Domiziano invece inaugurò una politica dispotica, eliminando i persecutori politici, restaurando la
religione tradizionale e abolendo le altre religioni, soprattutto il cristianesimo, contro il quale
scatenò la prima persecuzione. Caduto vittima di una congiura con lui si spense la dinastia dei Flavi.
-La nascita e la diffusione del Cristianesimo fu un fattore fondamentale nello sviluppo degli eventi
che caratterizzarono il periodo imperiale. Religione che nacque in Palestina, provincia romana della
Giudea, e presto si diffuse in tutto l’impero, grazie alla predicazione dei discepoli di Gesù. Il
messaggio evangelico era rivolto a tutti gli uomini e le donne, non faceva distinzione di ceto sociale
e diffondeva ideali di fratellanza e uguaglianza. Non riconoscevano la divinità dell’imperatore, ma
ne riconoscevano invece l’autorità politica, pur negando quella religiosa. I cristiani verranno
perseguitati e uccisi, colpevoli di aver voluto professare e diffondere la loro fede religiosa.
-Alla morte di Domiziano il senato riprese il controllo e fece eleggere Nerva, un senatore, con lui
iniziò la fase degli imperatori d’adozione: con il sistema di adozione il principe sceglieva il suo
successore dentro o fuori la sua famiglia, secondo criteri di merito e capacità governative; in seguito
il senato confermava la scelta. Il sistema funzionò bene per quasi tutto il II secolo d. c: Nerva adottò
Traiano, il quale attuò una politica di espansione, portando l’impero alla sua massima estensione,
mentre all’interno continuò l’opera di risanamento del bilancio dello stato. Dopo di lui il principato
5
La gens era una delle strutture portanti della società romana: era composta dalle famiglie, che grazie alle loro proprietà
aveva acquistato potere, ne facevano parte tutti i discendenti di un antenato comune che condividevano il possesso di
pascoli e terreni.
5
passò ad Adriano, sovrano illuminato e colto che governò con saggezza e propose iniziative di
carattere culturale. Il momento forse più felice dell’impero fu raggiunto con Antonino Pio (138-161
d.c.) e Marco Aurelio (161-180 d. c ). In questo periodo l’impero potette godere della massima
coesione amministrativa, giuridica e culturale. In particolare Antonino Pio fece del suo principato
l’occasione per un riscatto delle classi più povere. Con Marco Aurelio iniziarono a manifestarsi dei
segni di crisi, che si farà più acuta nel corso del III secolo e giungerà a segnare la fine dell’impero.
Le pressioni dei popoli sui confini iniziavano a mettere in luce la precarietà di un territorio così
vasto. Marco Aurelio, inoltre, compì l’errore di spezzare la consuetudine dell’adozione imponendo
come successore Commodo. Questi orientato ad imporre nuovamente le tradizioni orientali, inviso
al senato, morì ucciso in una congiura.
-Alla morte di Commodo emerse ancora di più il peso politico dell’esercito, che acclamò imperatori
diversi generali. Tra tutti s’impose Settimio Severo, con il quale ebbe inizio la dinastia dei Severi.
L’impero romano era ormai un grande organismo, un vasto mondo di traffici e scambi, nel quale
Roma e l’Italia perdevano progressivamente la loro centralità. Nel 212 d. c il successore di Settimio
Severo, Caracalla, estese a tutti gli abitanti dell’impero la cittadinanza italiana, con la “Constitutio
antoniana”, e si sforzò attraverso privilegi concessi all’esercito, di mantenere coesione interna ed
esterna. Alla sua morte però si aprì un lungo periodo di anarchia, che portò alla fine della pax
romana ed esasperò i fermenti di crisi che causeranno il declino dell’impero. Infatti morto l’ultimo
rappresentante della dinastia dei Severi, Alessandro Severo, l’impero visse un cinquantennio di
grande confusione, dal 235 al 284 d.c., definito il periodo dell’anarchia militare. Si susseguirono
ventuno imperatori tutti, meno due, morti assassinati. Gli eserciti diventarono i padroni della
situazione, detenendo di fatto il potere di designare l’imperatore. Fra gli imperatori di questo
periodo ricordiamo: Traiano Decio, che scatenò una violenta persecuzione contro i cristiani, nel
250, costretti a ripudiare la loro fede e a giurare lealtà nei confronti dell’antica religione pagana. La
seconda grande persecuzione anticristiana fu scatenata da Valeriano, che confiscò tutti i beni della
Chiesa. Accanto a questi due imperatori ci fu anche Gallieno, con cui per la prima volta si spezzò
l’unità dell’impero, in quanto la Gallia e la Spagna divennero un regno indipendente.
CAPITOLO 6
“La crisi e il crollo dell’impero romano d’Occidente”
Diocleziano
Il lungo periodo di anarchia che aveva afflitto l’Impero romano durante il III secolo terminò con la
conquista del potere da parte di Diocleziano, un militare di umili origini. Per ristabilire l’ordine per
prima cosa rafforzò la figura dell’imperatore, instaurando la teocrazia, ovvero la divinizzazione
dell’imperatore. I cristiani, che ormai erano distribuiti in modo omogeneo in tutte le classi sociali, si
opposero a questa nuova ideologia e per questo vennero nuovamente perseguitati.
In seguito si occupò di risolvere il problema della successione e del controllo del territorio del
vastissimo impero. Consapevole della debolezza dell’apparato statale, che con difficoltà riusciva a
gestire i domini di Roma, decise di dividersi il potere con un altro “Augusto”, Valerio Massimiano,
in modo da presidiare meglio i confini minacciati dai barbari. A quest’ ultimo affidò il controllo
dell’Occidente, mentre riservò per se il governo dell’Oriente; le cui province erano le più ricche e le
meno colpite dalla crisi. Successivamente, visto i successi ottenuti grazie alla nuova organizzazione
territoriale, dispose che ogni “Augusto” scegliesse un collaboratore fidato con il titolo di ”Cesare” :
nel 293 d.c furono nominati Galerio, per l’Oriente, e Costanzo Cloro, per l’Occidente.
Nacque così la tetrarchia, cioè “il potere di quatto persone”. Questo sistema regolava il problema
della successione al trono in quanto prevedeva che dopo vent’anni di governo i due “Cesari “
subentravano ai due “Augusti” e a sua volta nominavano due nuovi “Cesari”, e così via. La nuova
capitale dell’impero fu Milano e Roma perse la sua centralità politica.
Il sistema tetrarchico sembrò, per un momento, funzionare, ma alla morte prematura dell’Augusto
d’Occidente, Costanzo Cloro, il sistema di successioni programmate vacillò e si scatenò una lotta
per il potere. L’impero ripiombò nella crisi. Si contesero la carica di Augusto d’Occidente:
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Costantino, figlio di Costanzo Cloro, e Massenzio, figlio di Valerio Massimiano. La battaglia
combattuta nel 312 d.c sul ponte Milvio vide prevalere Costantino. In Oriente prevalse Licinio;
così dalla tetrarchia si passò alla diarchia (il potere di due persone). I rapporti fra i due imperatori si
inasprirono e nel 323 d.c Costantino rimase l’unico signore dell’impero romano. Trasferì la capitale
dell’impero a Bisanzio, rinominata poi Costantinopoli (l’odierna Istanbul, in Turchia), in suo onore.
Nel 313 d.c emanò l’Editto di Milano, con il quale veniva concessa a tutti i cittadini dell’impero,
compresi i cristiani, la libertà di culto.
Alla morte di Costantino il potere imperiale fu ripartito fra i suoi figli: Costantino II, Costanzo II
e Costante. Nello scontro tra i fratelli prevalse Costanzo II, che nominò come suo successore il
cugino Giuliano. Questo salito al potere, con l’appellativo di Apostata, cioè “traditore”, intraprese
una politica di restaurazione degli antichi valori del paganesimo; allontanò i cristiani dalle scuole e
sottrasse alla Chiesa i privilegi concessi da Costantino. Il suo regno però fu brevissimo.
Dopo la morte di Giuliano salì al potere Valente, in Oriente e Valentiniano I, in Occidente, questo
fu costretto ad aumentare le tasse per coprire le spese militari e successivamente venne assassinato
dal figlio Graziano, che prese il potere.
La pressione dei barbari si faceva insostenibile; sulla linea del Danubio (insieme al Reno una delle
più importanti frontiere settentrionali dell’impero), premevano le tribù germaniche, i Vandali, i
Visigoti e gli Ostrogoti, sul Reno incombevano i Franchi, gli Alemanni e i Burgundi.
Il momento di rottura si verificò quando una nuova tribù, quella degli Unni, verso la fine del IV
secolo, dalla Mongolia si spinse in direzione dell’Europa, costringendo le tribù germaniche a
passare i confini dell’impero per trovare la salvezza. I Visigoti, stanziati entro i confini dell’impero,
si allearono con i romani per cacciare gli Unni.
Graziano affidò l’incarico di Augusto d’Oriente a Teodosio, che rinnovò il rapporto di alleanza con
la tribù germanica dei Visigoti, affidandogli la difesa dei confini. Morto Teodosio l’impero di divise
in due parti: l’Oriente al figlio Arcadio, l’Occidente al figlio Onorio. I due erano poco esperti, per
questo il potere venne di fatto gestito da due generali: Rufino e Stilicone; questo perse la vita a
causa di una congiura organizzata dalla corte di Onorio.
Nel 410 d.c. i Visigoti guidati dal loro generale Alarico scesero la penisola e senza incontrare
resistenza assediarono e saccheggiarono Roma; fu un vero trauma per tutta la popolazione
dell’impero che vedeva crollare la passata grandezza. I Visigoti presto si spostarono in Spagna e poi
si stabilirono in Gallia .
Si presentò presto una nuova minaccia, ovvero una nuova avanzata degli Unni, guidati da Attila.
Inizialmente il generale Ezio tentò di fermare la discesa della tribù alleandosi con le altre tribù
germaniche, ma nonostante ciò il grande esercito di Attila devastò tutta la Pianura Padana e
conquistò Milano. Papa Leone I (detto poi Magno) fu inviato a trattare con il comandante unno: la
tradizione sostiene che lo convinse a lasciare l’Italia, in realtà Attila temendo una controffensiva
romana preferì ritirarsi.
Nel 455 d.c si presentò una nuova minaccia: i Vandali, guidati da Genserico, provenienti dalle
coste dell’Africa settentrionale sbarcarono in Italia e assaltarono Roma.
L’impero romano d’Occidente si era ormai ridotto alla sola provincia italica. Nel 475 d.c un patrizio
di origini barbare mise sul trono il figliolo Romolo Augustolo, il quale venne presto mandato in
esilio. Dopo questo episodio non venne eletto nessun altro imperatore; per questo nel 476 d.c si
suole, per convenzione, stabilire la data della fine dell’impero romano d’Occidente.
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