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Itinerarium Mentis in Deum

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PROLOGO

Bonaventura si interroga sul primato del principio, riprendendo da Aristotele il primato di metafisica e
conoscenza, qualcosa deve sempre fare da base (o per la conoscenza, o nella generazione). La mente
umana è uno speculum, che dovrà essere pulito, e la chiarezza (Cartesio) si fa per gradi, da fisica a teologia
si condurrà la mente aggiustandone il riflesso, secondo i gradi della conoscenza platonica, ma anche della
fisica medioevale. Nella prima parte ci sarà la contuizione della realtà, la fisica di Bonaventura, in cui la
sostanza divina è argomento, non fine di una dimostrazione, ed è una fisica simbolica: il termine simbolo
deriva dalla tessera ospitalis, qualcosa rinvia all’altro ricordandomelo, così si riconoscono e si uniscono
completandosi; il segno rimanda, il simbolo contiene anche qualcosa di quel rimando. Il mondo senza
l’uomo non si può capire, è vestigium, contiene traccia di Dio, altri sono immagine, partecipazione a gradi,
attraverso cui conosciamo anche ciò che ci circonda. Lo specchio ci permette di vedere le cose che
solitamente non vediamo, o meglio il senso delle cose, che solitamente ci sfugge, le cose rinviano al senso
in modo mediato, le possiamo recuperare non semplicemente con l’illuminazione, ma con un itinerario, il
senso del percorso ce lo danno le perfezioni dell’anima. Distinti i sensi e il sentire, interessante anche la
distinzione kantiana di ragione e intelletto. La sinderesi è la volontà inclinata al bene, il bene è più alto
dell’essenza e dunque ciò di più alto che possiamo conoscere, non come apice ma perché orizzonte più
ampio della comprensione, omnicomprensivo, la sinderesi è comprensione di tutte le cose.

Invocazione a Dio apostrofato come primo principio e padre della luce da cui discende ogni illuminazione
spirituale, perché illumini la nostra mente, secondo quella pace che Gesù annunciò a san Francesco. Mentre
cercava la stessa pace di Francesco Bonaventura, 33 anni dopo la sua morte, si era ritirato sul monte della
Verna, e accadde lo stesso miracolo accaduto a Francesco: gli apparve un serafino alato in forma di
crocifisso (estasi), con sei ali, gli stadi preparatori che predispongono l’anima ad arrivare alla pace della
sapienza cristiana, e la via è l’AMORE, quello che trasformò Paolo in Cristo. La contemplazione delle realtà
divine è spinta dal grido della preghiera come gemito del cuore e la riflessione che fa volgere l’anima alla
luce, questi sono i punti cardine per avviare l’itinerario verso Dio, insieme ad una bella lista di attributi: per
la prima volta si dice che lo specchio interiore della nostra anima deve essere completamente terso, e
dobbiamo agostinianamente ascoltare la voce della coscienza. Spunto interessante, sembrerebbe
platonico: guardiamo i raggi attraverso gli specchi, e non direttamente, perché sennò potremmo venire
gettati in una tenebra più profonda.

IL POVERO COMINCIA NEL DESERTO, L’ITINERARIO VERSO LA CONOSCENZA SPECULARE DI DIO

LE TAPPE DELL’ASCESA A DIO: COME SI CONOSCE DIO SPECULARMENTE PER MEZZO DELLE SUE VESTIGIA
NELL’UNIVERSO

La beatitudine consiste soltanto nella fruizione del sommo bene (summi boni fruitio), che è una realtà
trascendente rispetto a noi, dunque dobbiamo elevarci sopra noi stessi con uno slancio di cuore, solo grazie
ad una forza superiore alla nostra CI OCCORRE L’AIUTO DI DIO (sembra virgilio nella selva oscura), la
preghiera diventa la fonte d’origine, come sottolinea Dionigi nel De mysthica theologia. LA REALTA’ E’ UNA
SCALA PER ASCENDERE A DIO (e lo era anche in Hegel, anche se in lui è solo il gradino iniziale). TRA LE COSE
ALCUNE SONO VESTIGIO DI DIO, ALTRE IMMAGINE, CORPOREE O SPIRITUALI, TEMPORALI O IMMORTALI,
FUORI DI NOI, IN NOI. Dio è primo principio, puro spirito, eterno, trascendente. Bisogna necessariamente
cominciare dalle vestigia corporee temporali fuori di noi; poi rientreremo nella nostra anima IMMAGINE di
Dio, immortale, spirituale, in noi, per entrare nella verità di Dio; infine ci eleveremo a ciò che è eterno, puro
spirito, trascendente, fissando LO SGUARDO sul primo principio allietandosi in lui. Sono 3 tappe come i
giorni di solitudine, le luci del giorno, e i 3 MODI IN CUI LE COSE ESISTONO NELLA MATERIA,
NELL’INTELLIGENZA CREATA E NELL’ARTE ETERNA E I 3 ORDINI DI SOSTANZA CORPOREA, SPIRITUALE,
DIVINA presenti in Cristo, che è la scala della nostra ascesa e I MODI IN CUI L’ANIMA CONSIDERA LE COSE
(LE REALTA’ CORPOREE FUORI DA NOI ANIMALITA’ E SENSIBILITA’= FISICA, SE STESSA SPIRITO =
ONTOLOGIA, REALTA’ TRASCENDENTE TEOLOGIA). La virtù, la chiave per prepararsi all’ascesa, è AMARE DIO
CON TUTTA LA ex MENTE, CON TUTTO IL CUORE, CON TUTTA L’ANIMA. A QUESTO PUNTO OGNUNO DEI 3
MODI SI SDOPPIA, COME SE VEDESSIMO DIO PER MEZZO DI UNO SPECCHIO, O IN SE’ E POI IN RELAZIONE
AGLI ALTRI. Ecco i 6 giorni della creazione, 6 illuminazioni, che porteranno al riposo della contemplazione.
Alle 6 tappe corrispondono le 6 FACOLTA’ DELL’ANIMA: SENSO, FACOLTA’ IMMAGINATIVA, RAGIONE,
INTELLETTO, INTELLIGENZA, SINDERESI (RIVEDILA). È necessario ripurificare queste facoltà che sono state
macchiate col peccato, e restaurate dalla grazia; verranno purificate con la giustizia, esercitate con la
scienza, rese perfette con la sapienza. Il peccato originale ci ha corrotto in 2 modi: con l’ignoranza e la
concupiscenza, quindi grazia e giustizia contro concupiscenza, sapienza e scienza contro ignoranza (SCUOLA
DI CHARTRE), il mezzo è Gesù. Cristo ci ha insegnato la scienza della verità secondo la teologia simbolica
(per le realtà sensibili), propriamente detta (realtà intelligibili), mistica (estasi che ci porta al trascendente).
Con preghiera, retta condotta, meditazione, contemplazione, dopo aver evitato di cadere nella colpa
(AGOSTINO) arriveremo a Dio LA GRAZIA E’ IL FONDAMENTO E LA CHIAVE DELL’ITINERARIUM. Partiamo
dalla natura, visto che dalla bellezza delle creature si può raggiungere quella del creatore. I sensi sono alla
base della facoltà intellettiva in ogni sua fase, sia quando ragiona (considera l’eccellere delle potenzialità
delle cose), sia quando crede (considera lo svolgersi proprio delle cose), sia quando contempla (considera
l’esistenza attuale delle cose). Contemplando inizialmente VEDIAMO IL PESO, IL NUMERO, LA MISURA,
OVVERO DIMENSIONE, ARMONIA, ORDINE, OVVERO SOSTANZA, CAPACITA’ OPERATIVA, ATTIVITA’,
VESTIGIO DELLA POTENZA DI DIO. Poi con la fede cerchiamo l’origine del mondo (sommo principio), il suo
corso (provvidenza), il suo fine (giustizia): le 3 leggi di natura, scrittura, grazia fondano il tutto e porteranno
al giudizio finale. Poi mediante ragione vediamo che alcune realtà esistono, altre in più vivono e altre
ancora discernono pure (corporee, corporee e spirituali, solo spirituali); le realtà terrene sono soggette alla
corruzione e al mutamento, altre solo al mutamento (le celesti), altre a nulla (divine). 7 testimonianze della
magnitudine di Dio: origine, grandezza, molteplicità, bellezza, pienezza, attività, ordine (nella pienezza è
interessante la PRESENZA DI FORME, PRESENTI COME POTENZA, RAGIONI SEMINALI)[vedi le varie
determinazioni e spiegazioni]. Bisogna essere ciechi, sordi, stolti per non accorgersi di tutto ciò.

COME SI CONOSCE DIO SPECULARMENTE NELLE SUE VESTIGIA PRESENTI NELLA REALTA’ SENSIBILE

Dio è contemplabile grazie alle cose ma anche nelle cose, metodo superiore al precedente che sta quindi al
secondo gradino. La guida è costituita dai sensi corporei, attraverso cui il macrocosmo entra nel
microcosmo (la nostra anima), grazie alle 3 facoltà dell’APPRENDIMENTO, DILETTO, GIUDIZIO. Nel mondo
esistono realtà generate, realtà in grado di generare, realtà capaci di governare entrambe. A generare sono
i corpi semplici (quelli celesti e i 4 elementi), per mezzo della luce e in virtù delle forze naturali (scuola di
Chartres); le realtà generate sono quelle composte da elementi (dai vegetali ai corpi umani); le sostanze
spirituali governano tutto, e sono quelle animali inseparabili dai corpi, quelle umane separabili, quelle
separate (gli spiriti celesti), che proprio in quanto tali per i filosofi governano l’universo perché ricevono
dalla causa prima tale potere di mantenere lo stato naturale delle cose, mentre per i teologi gli angeli
hanno semplicemente la funzione di permettere e guidare la nostra redenzione. I 5 sensi sono 5 porte: dalla
vista entrano i corpi più elevati e luminosi; dal tatto i corpi solidi terrestri; dai sensi intermedi entrano le
realtà intermedie: liquidi dal gusto, suoni dall’udito, vapori dall’olfatto. I sensi ci permettono inoltre di
cogliere i sensibili comuni (numero, grandezza, figura, quiete, moto). Una volta che ci arrivano dei dati
grazie ai sensi, siamo spinti a cercarne le cause, dunque il mondo sensibile penetra in noi con
l’apprendimento, non di fatto come sostanza, ma come immagine generatasi tra il corpo e i sensi, destinata
poi a passare per senso esterno, senso interno, apprendimento, cui segue la conoscenza. La giusta forma di
apprendimento genera diletto, quello che provano i sensi a contatto con esso o per la sua bellezza (vista), o
per la soavità (olfatto e udito), o perché è salutare (gusto e tatto). Il diletto nasce sempre dalla proporzione,
riscontrabile in uno dei 3 aspetti sotto cui ci si presenta l’oggetto: come forma (rimando al principio
d’origine), energia efficace (in rapporto al mezzo attraverso cui passa), come attività (riferimento al
soggetto su cui opera). Con il giudizio si è in grado di dare ragione del perché una cosa procuri diletto: nel
momento in cui cerchiamo la causa del diletto capiamo che esso è dovuto ad una proporzione di
uguaglianza, che è lo stesso in tutte le cose, non cambia con lo spazio, il tempo, il divenire, è totalmente
spirituale: nel giudizio la nostra facoltà intellettiva con un processo di astrazione delle qualità sensibili
permette all’oggetto esterno di entrare in noi. L’immagine che è similitudine della cosa reale ci mostra
anche il processo di creazione divina per cui noi siamo immagine di Dio, unito a noi con la grazia. Dal diletto
prodotto in noi dalla cosa capiamo inoltre che Dio è anche armonia e proporzionalità originarie, e
l’imprimersi dell’immagine nella nostra mente ci basta e ci salva, mostrandoci che Dio è l’unica fonte di ogni
diletto. Ancora, se il giudizio è qualcosa di avulso dal tempo e dallo spazio, Dio soltanto risponde di queste
caratteristiche, dunque è pure principio unico di giudizio (serie di perfezioni), e non si può trovare la radice
di una radice, non possiamo formulare un giudizio certo allontanandoci da Dio. Tutte le cose sono costituite
a partire dal numero, seguendo dunque proporzione e armonia che procura ulteriore diletto.

COME SI CONOSCE DIO SPECULARMENTE PER MEZZO DELLA SUA IMMAGINE IMPRESSA NELLE FACOLTA’
NATURALI

Anche nell’anima risplende l’immagine di Dio e la sua luce. La mente ama se stessa, ma non potrebbe farlo
se non si conoscesse, né potrebbe conoscersi se non avesse MEMORIA. Con l’occhio della RAGIONE
capiamo dunque che l’anima ha 3 facoltà, e vedremo Dio in noi COME PER MEZZO DI UNO SPECCHIO.
(ragione, la volontà e il cuore in Feuerbach). Con la memoria andiamo oltre le realtà presenti, corporee,
temporali, ma anche quelle che si susseguono, semplici o composte che siano. Sa leggere passato,
presente, futuro, pur tenendo presente i principi semplici, come il punto, l’istante, l’unità, e ancora
conserva come eterni i principi e gli assiomi delle scienze, approvandoli appena ne sente parlare e DANDO
LORO L’ASSENSO (Cartesio). Questa nostra facoltà ci dà già un’immagine di ETERNITA’ grazie alla sua
capacità di legare i 3 tempi; con la seconda capacità, avendo forme semplici le deve ricevere non solo dai
sensi e dall’esterno, ma da un principio superiore; infine in essa deve esserci un principio immutabile, in cui
conservare le realtà che non cambiano. Questo ci rende vicinissimi a Dio, capaci di coglierlo in atto e
potenzialmente di essere di lui PARTECIPI. L’INTELLETTO invece afferra il significato di termini, proposizioni,
deduzioni, capendone le definizioni. Le definizioni però si danno in riferimento ad un termine più generale,
fino ad arrivare ad un ente in sé, che si deve conoscere se si vuole dare la definizione (bisogna conoscere
l’universale per capire il particolare) e si coglie il principio come UNO, VERO, BENE (serie di attributi);
ancora l’incompleto può essere conosciuto solo tramite il completo. Ancora, qualcosa si sa QUANDO SO
CON CERTEZZA CHE E’ VERO, immutabile, e non potrebbe darsi diversamente. Ma dal momento che la
nostra mente è mutevole, deve essere illuminata da una luce che splende immutabile; infine, l’intelletto
coglie una deduzione quando dalle premesse deriva necessariamente la conclusione, anche per cose non
direttamente esistenti (se un uomo corre si muove), e quindi l’unica causa di ciò può essere
un’illuminazione divina NON UN’INTELLIGENZA SEPARATA: il nostro intelletto deve essere congiunto con
quello divino. Possiamo arrivare da soli alla verità, purchè lo specchio sia pulito (Agostino). La volontà si
sviluppa in valutazione, giudizio, desiderio. La valutazione mi permette di cercare cosa sia meglio,
operazione impossibile se non si conosce l’ottimo; il giudizio si deve fondare su una legge che non può
essere a sua volta giudicata (Kant), e quindi deve venire da qualcosa di superiore alla nostra anima e l’unico
superiore alla nostra anima è colui che l’ha creata, dunque anche il principio della legge risiede in Dio; il
desiderio si prova verso qualcosa che attira sommamente, cioè ciò che sommamente amiamo, cioè la
felicità massima e perfetta; dobbiamo dunque pervenire al bene sommo e al fine ultimo, e ogni fine
passeggero diventa tale in vista di quel bene sommo. Anche la volontà dunque ci introduce a Dio e alla sua
infinità. Queste 3 facoltà ci riconducono poi alla trinità: l’intelligenza trae origine dalla memoria, e dal loro
vincolo nasce l’amore (Hegel); sottolineando la consostanzialità, le persone non sono distinte per essenza
ma appunto sono 3 diverse persone. Con la luce delle scienze questo avvicinamento a Dio è favorito (scuola
di Chartres), l’irradiazione di questa luce ammira i sapienti mentre confonde gli insipienti.

COME SI CONOSCE DIO SPECULARMENTE NELLA SUA IMMAGINE RINNOVATA DAI DONI DELLA GRAZIA

Il PRIMO PRINCIPIO (Aristotele) è contemplabile non solo per noi, ma anche in noi, cosa che riescono a fare
in pochissimi, perché l’anima umana, distratta da mille preoccupazioni (Seneca), non rientra in sé (rede te
ipsum) con la memoria, con l’intelligenza (offuscata dalle immagini sensibili), con il desiderio (attratta solo
dalla concupiscenza). COSI’ SI CADE, per fortuna Cristo è sceso per ridarci la forza di risollevarci. Cristo
stesso si presenta come porta, per rientrare in noi, e come tramite tra Dio e l’uomo, però prima dobbiamo
credere in lui e amarlo con le 3 virtù teologali (fede carità e speranza), che restaurano la nostra immagine e
ci rendono degni del Paradiso , mentre crede vedendo con gli occhi la luce e ascoltando con le orecchie la
parola di Cristo, mentre desidera riacquistando con la speranza l’odore dello spirito, mentre abbraccia con
la carità ricevendo nell’amore estatico il gusto e il tatto dello spirito (sensi spirituali). Ecco il rapimento
estatico che si coglie più con l’affetto che con la ragione (cantico dei cantici) in tutta la sua sommità, con
devozione, ammirazione, esultanza: la prima nasce dall’abbondanza della devozione, la seconda dalla
sublimità dell’ammirazione, la terza dal sovrabbondare dell’esultanza. Ora possiamo salire alla
Gerusalemme celeste, perché il nostro spirito è stato ordinato dopo essere sceso nel cuore mediante la
grazia (ordo amoris) (ricorda anche il De civitate dei). Acquisiamo una gradualità di 9 ordini (annunciare,
dettare, guidare, ordinare, rinvigorire, comandare, ricevere, rivelare, consacrare), che corrispondono agli
ordini angelici (i primi 3 sono la natura, poi l’attività, poi la grazia), attraverso cui vediamo Dio come autore
di tutte le cose e in tutte le cose. A questo punto della conoscenza speculare interviene LA SCRITTURA,
subentrando a quella che prima era la filosofia. La scrittura ha per oggetto la redenzione, passando per la
trattazione della fede, della speranza, della carità. Proprio quest’ultima è il vero fine e compimento della
legge, ne parla anche Gesù distinguendola in amore per Dio e per il prossimo. La scrittura ci insegna come
purificarci attraverso le istituzioni della chiesa, secondo la legge di natura, della scrittura, della grazia, o
meglio la legge di Mosè, la rivelazione profetica, la dottrina evangelica, o i 3 sensi spirituali (tropologico, che
ci purifica all’onestà, allegorico, che ci illumina e ci dà chiarezza, anagogico, che ci dà sapienza e ci porta
all’estasi). In questo cammino in noi CI GUIDANO LE FACOLTA’ DELL’ANIMA RAZIONALE (anche con l’aiuto
delle scienze, vedi terza tappa). Ci guidano anche le facoltà dell’anima e le attività ordinate (insieme alle
rivelazioni della sacra scrittura). Illuminata da queste luci intellettuali, ci disponiamo a diventare tempio
dello spirito santo e accogliere Dio grazie alla carità di Cristo (Schopenhauer). Rivedi l’ultima parte

COME SI CONOSCE SPECULARMENTE L’UNITA’ DI DIO PER MEZZO DEL SUO PRIMO NOME, CHE E’ L’ESSERE

Dio è contemplabile anche nelle realtà superiori a noi: prima era nelle vestigia esterne a noi, poi nelle
immagini interne a noi, ora a farci vedere Dio è la luce, che è in noi e che è allo stesso tempo luce di verità.
In Dio ci saranno 2 gradini ulteriori: quello che considera solo le proprietà dell’essenza di Dio, e poi quello
che considererà le proprietà delle persone divine, il primo si basa sul nome di Dio che è colui che è, il
secondo si fonderà sul bene, che è il vero primo nome di Dio (da Dionigi); il primo riguarda il vecchio
testamento, che proclama per Mosè l’essenza dell’unità divina, il secondo riguarda il nuovo testamento,
che battezza nel nome del padre, del figlio, dello spirito santo, e qui Cristo ci parla di Dio come buono.
Partendo da Dio come uno, ci si accorgerà come diceva Anselmo che esso è in sé certissimo, tanto che non
lo si può pensare non esistente (escludendo ogni minima parte di non essere). Il NON ESSERE E’ ASSENZA DI
ESSERE, e si fa presente solo mediante l’essere, che invece è presente immediatamente, come l’essere in
potenza può essere compreso solo mediante l’essere in atto; Dio è dunque atto puro, la prima cosa che si fa
presente all’intelletto, divino, e né particolare né analogo ad altro. Il problema è che a volte l’intelletto è
cieco, e ignora proprio ciò che vede per prima cosa, così come l’occhio che presta attenzione ai colori ignora
la luce, così noi considerando gli enti particolari lasciamo indietro l’universale, anche perché il nostro occhio
disabituato quando vede la luce crede di non vedere alcun che (CAVERNA DI PLATONE). Serie di attributi di
Dio, che riprendono Boezio e Tommaso: puro, semplice, assoluto, primo, eterno, in atto, perfettissimo, uno
(non si può pensare a qualcosa di opposto a questi attributi, ma tutti si coimplicano tra loro) (c’è un’idea di
affermazione per sovrabbondanza). L’essere primo è anche l’ultimo e questo aumenta la luce, fine in sé,
misura di tutte le cose, il centro e la circonferenza (il centro è ovunque la circonferenza in nessun luogo,
ALANO DI LILLA), trascende tutte le cose senza esserne escluso, come disse a Mosè “Io ti mostrerò ogni
bene”.

COME SI CONOSCE SPECULARMENTE LA BEATISSIMA TRINITA’ NEL SUO NOME, CHE E’ BENE

Dobbiamo porre il secondo cherubino accanto al primo, l’occhio dell’intelligenza si innalza alla contuizione
della trinità, il cui principio è il bene. Fissiamo che l’ottimo è ciò di cui non si può pensare nulla di migliore e
deve esistere, perché è meglio essere che non essere (Cartesio). L’ottimo deve essere pensato come uno e
trino, perché il bene ha la proprietà di comunicarsi, e dunque il sommo bene può comunicarsi in sommo
grado (serie di opposti contenuti), in una produzione attuale e consostanziale, e questa è la massima
comunicazione, perché chi comunica si comunica tutto. Esso ama con una fusione di amori in modo
naturale e volontario, perché ama sotto forma di verbo e di dono, ed è necessario che esistano tutte le
persone della trinità. Per comunicarsi in sommo grado è necessario che siano consostanziali e dunque
sommamente somiglianti, sono intime e coeterne, indivisibili nella sostanza. Ma capito ciò non si è ancora
capito tutto: alla comunicazione vanno aggiunte le proprietà delle persone, cioè la pluralità delle ipostasi e
questa unione ci eleva alla massima ammirazione, eppure ciò è certissimo. Colui che ama e colui che dona
si distinguono per le proprietà, ma non per essenza, e solo ora si contempla la verità, e il confronto tra esse
suscita la massima ammirazione (primo cherubino e secondo), Dio è tutto e il suo contrario (Hegel). L’anima
così illuminata capisce che l’uomo è immagine di Dio in una somiglianza espressiva che eleva le nostre
facoltà a perfezioni (e alle perfezioni delle sue luci) e ci fa come Dio.

IL RAPIMENTO MISTICO DELL’ANIMA, IN CUI ALL’INTELLETTO E’ CONCESSO RIPOSO, MENTRE L’AFFETTO SI


RIVERSA TOTALMENTE IN DIO VIA ET HOSTIUM

(Salomone e Cherubino), ripercorso l’itinerario arriviamo a DIO E GESU’ IMPOSSIBILI DA CONTENERE NEL
MONDO ESTERNO, MA NEMMENO NELL’INTELLETTO, all’anima resta da oltrepassare il mondo sensibile e
se stessa. Cristo è sempre porta, scala e veicolo. Ammirandolo in croce facciamo Pasqua con lui, cioè
compiamo il transito e passiamo il deserto e il Nilo. Giaciamo apparentemente morti ma sentiamo la
promessa oggi sarai con me in paradiso. Ciò fu mostrato anche a Francesco nel suo rapimento estatico. Ora
però l’intelletto deve cessare di lavorare e l’affetto deve raggiungere il proprio culmine, questo livello è
conosciuto solo da chi lo riceve, e ricevuto solo da chi lo desidera ardentemente infiammato dal fuoco dello
spirito santo SAPIENZA MISTICA. A nulla serve il darsi da fare, dobbiamo aprirci al dono di Dio. Resta da
interrogare la grazia, non la dottrina. Questa passione è provata solo da chi, in un ardentissimo impeto
amoroso, esclama l’anima mia desiderò lo strangolamento e le mie ossa la morte, solo chi ama la morte
potrà vedere Dio perché nessun uomo può vederlo e restare vivo. Moriamo, ponendo silenzio alle
preoccupazioni, passiamo al padre, per dire come Filippo ci basta.

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