Linguaggi Mediali e Forme Dello Spettacolo (Gradienti Di Liveness)
Linguaggi Mediali e Forme Dello Spettacolo (Gradienti Di Liveness)
Il Performative Turn
Secondo l’approccio del Performative Turn il concetto di performance va correlato a quello di
performatività, che enfatizza la sua modalità di manifestarsi in diversi contesti sociali.
Il concetto stesso di performatività, nato nell’ambito della linguistica con John Austin, rimanda alla teoria
dell’osservatore, secondo la quale l’osservatore è sempre coinvolto nei processi che osserva e descrive.
Si crea una condizione di indeterminazione o contingenza che porta a un importante ripensamento dei
metodi e delle categorie della ricerca.
Performance è la parola chiave per definire la società della prestazione, laddove performance ottiene il
significato di una prestazione che raggiunge un risultato positivo.
La performatività deve essere considerata un concetto che ha come suo riferimento la società nel suo
complesso.
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In sostanza, la performatività deve essere considerata un concetto che prende la società come
riferimento per poi fare dei confronti (esempio: la creazione di notizie riguarda la performatività dei mass
media).
Dunque, Schechner afferma che la domanda da porsi sia: “dove ha luogo la performance?”.
Essa ha luogo:
• nell’azione
• nell’interazione
• nella relazione
La performance non avviene mai in qualcosa ma attraverso qualcosa.
I confini che delimitano la performance sono arbitrari e dipendono dal suo framing.
Il frame, infatti, è una cornice che permette di definire una situazione e distinguerla da un'altra (permette
di dire se uno spettacolo è un rito, un carnevale, un gioco…etc.).
I frame sono anche cornici metacomunicative che funzionano come marcatori di distinzione.
Inoltre, Goffman definisce il concetto di frame che permette di distinguere la gamma degli eventi
performativi possibili.
Delinea il framework primario della performance per indicare la necessità di individuare gli elementi di
base che consentono di riconoscere e muoversi in certi contesti. (le sue caratteristiche):
- durata definita → può essere lunga (come nella tragedia greca), ma anche brevissima.
- un inizio e una fine → possono essere molto articolati, con marcature spazio-temporali
precise (come l’apertura del sipario a teatro) o poco articolati, con artisti che aspettano
l’uscita del pubblico prima di chiudere lo spettacolo.
- programma organizzato di attività → può essere rigidamente strutturato (come un rituale
religioso), o basato su uno script aperto che prevede l’improvvisazione.
- degli esecutori e un pubblico → possono essere numerosi (come nel teatro di massa) o
prevedere la presenza di un solo spettatore. Inoltre, l’esecutore può essere anche un’entità
non umana (come un robot).
- un luogo e una circostanza → il luogo può essere canonico (come un teatro o una chiesa) o
non convenzionale (come i flash mob realizzati nelle piazze).
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Performance e riflessività
La performance ha un valore riflessivo in quanto le persone, partecipandovi attraverso degli “specchi
magici”, diventano consapevoli della loro appartenenza ad una comunità socio-culturale. Sono definiti
specchi magici perché elaborano l’immagine e la riflettono in modi sempre diversi, agiscono come
potenziali agenti del cambiamento.
Dunque, essa può proporre una critica della vita sociale e può attuare un processo di cambiamento.
Infatti, per Turner, la performance nasce dal dramma sociale, ovvero dalle situazioni di conflitto di una
comunità che portano al mutamento della sua struttura.
! La riflessività performativa, quindi, non è un riflesso ma un’opera d’arte meditata e volontaria (una
costruzione artificiale). La performance è un luogo dell’osservazione del sociale e opera attraverso il
meccanismo della riflessione, porta al suo interno la differenza tra sistema e ambiente.
Le omologie strutturali
Il concetto di omologia strutturale permette di mettere in relazione le forme della performance con le
piattaforme socio comunicative. Il territorio performativo si colloca in un insieme di forme , ventaglio di
azioni o come network, per poter tener conto della caratterizzazione mediologica di diverse forme.
Rito
Il punto di partenza è il processo rituale, che coincide con la creazione della performance.
Il rituale, dal punto di vista sociologico, è un fenomeno che va accostato alla struttura sociale
premoderna.
La trasmissione del sapere e la costruzione del legame sociale sono processi della mitopoiesi, cioè
della condivisione ricorsiva del mito come pratica simbolica fondativa.
In particolare il rituale, oltre ad avere una funzione simbolica, presenta un carattere:
- normativo = è obbligatorio per tutti i membri della società, pena l’esclusione sociale, e permette
l’equilibrio e il mantenimento della struttura sociale.
- trasformativo = grazie alla sua sovvertività mette in discussione la struttura sociale e le sue gerarchie
interne, dando sfogo alla creatività culturale. Potere di dissolvere le gerarchie sociali, di cambiare il
singolo, di dare sfogo alla creatività e di dimostrare forme alternative della relazione fra individui.
Anche il concetto di liminale è particolarmente importante nella teoria della performance: si tratta di una
fase di soglia da una condizione ad un’altra, riguarda la performance come evento , processo, luogo di
passaggio solo di volta in volta delimitabile attraverso specifiche cornici metacomunicative.
Per Turner, i generi dominanti della performance tendono ad essere fenomeni liminali perché sono
eventi comunicativi particolari che vengono eseguiti in spazi tempi privilegiati rispetto al resto.
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Schechner individua due meccanismi alla base della performance:
• l’actual = indica la condizione creativa e non statica della performance, capacità di attualizzare un
evento manipolando l’esperienza.
• il restored behaviour (comportamento recuperato) = si tratta del processo grazie a cui la performance
viene realizzata attraverso il montaggio e il riutilizzo di sequenze di comportamento già utilizzate.
Molto prima del cinema, i riti erano già realizzati come sequenze di comportamento recuperato,
attraverso la tecnica della ridondanza e varietà per sopperire al problema della memoria.
La performance si caratterizza come forma della comunicazione basata sulla condivisione qui e ora tra i
partecipanti = la performance è un’interazione che necessita della presenza fisica dei partecipanti della
comunicazione.
Le interazioni sono sistemi effimeri, basati sull’evenemenzialità della comunicazione, che si formano e si
sciolgono di continuo ma che si basano sull’aggregazione e partecipazione degli individui.
Comunicazione “dal vivo”: percezione riflessiva dei partecipanti, questi percepiscono di essere percepiti
nell’interazione; essi osservano i propri comportamenti e li interpretano come emissione della
comunicazione.
Infatti, è grazie alla loro presenza che i partecipanti osservano i propri comportamenti e li interpretano
(senza partecipanti la comunicazione non avviene).
Non c’è niente che ci garantisce di capirci, essere d’accordo, di provare le stesse cose perché la
comunicazione non è una cosa ma un processo che ognuno compie da per sé.
La comunicazione si definisce come la sintesi di:
- emissione atto di comunicare o enunciazione
- informazione
- comprensione della differenza fra emissione e informazione
Perciò, la comunicazione parte dal ricevente e avviene, non quando qualcuno dice qualcosa, ma
quando qualcuno capisce che qualcuno ha detto qualcosa!!!
Le tre dimensioni avvengono insieme, nello stesso momento e sulla base della comunicazione faccia-
faccia.
Possiamo quindi considerare la performance rituale una particolare forma dell’interazione che
caratterizza la società segmentaria la cui semantica dipende dall’oralità primaria.
Il passaggio che avviene da rito a teatro passa dall’oralità alla scrittura che ha la funzione di sganciare
l’atto del comunicare, si produce così un’informazione selettiva; i drammaturghi iniziano a scrivere i
propri testi e metterli in scena
Teatro
Il passaggio dalla cultura orale alla civiltà della scrittura ha segnato lo spostamento dall’analisi del rituale
a quella del teatro.
Viene a mancare la norma della reciprocità in quanto iniziano a crearsi delle differenze da non rendere
più possibile un rapporto di uguaglianza.
Il teatro greco segna il punto di svolta della dimensione performativa che illustreremo.
La scrittura ha stimolato la crescita economica e culturale, ha trasformato i processi di pensiero delle
persone e i loro metodi di conservazione della conoscenza
Infatti, la tensione tra comunicazione orale e scritta ha portato alla necessità di nuove forme culturali,
una delle quali è stata il teatro in quanto fonde performance orale e testo scritto.
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In particolare ad Atene l’alfabetizzazione si diffuse molto più velocemente grazie alla scrittura alfabetica.
Così il teatro divenne espressione della democrazia ateniese: il dramma greco attingeva infatti ai temi
che alimentavano il dibattito sulle questioni civiche.
Il teatro del V secolo era intessuto nel discorso civico/religioso ed ha rappresentato una forma culturale
rivoluzionaria.
Il teatro diventa “specie artificiale di rito”, la tragedia antica un rito collettivo della polis con il tempo e
luoghi sacri ma anche cassa di risonanza per le idee.
In pratica nella tragedia, il mito diventa metafora dei problemi della società ateniese.
La tragedia è una forma di addestramento pubblico per i cittadini in cui si realizza il distacco dal mondo
del mito e degli dei e si crea la distinzione tra mondo umano e del divino.
Per Aristotele la mimesi, cioè l’imitazione o rappresentazione dell’azione e dei personaggi è il fulcro del
dramma; gli elementi che caratterizzano la tragedia sono:
• la trama lineare • il pensiero dei personaggi
• i personaggi • il canto
• l’espressione verbale. • gli elementi visivi come le maschere e i costumi
Intorno al 540 a.C. la cultura greca è cambiata in seguito all’alfabetizzazione che ha influenzato lo
sviluppo della tragedia e della commedia.
Lo spazio del teatro è il primo modello dello spazio mentale occidentale; avviene l’interazione tra
percezione e cognizione che corrisponde a quella sequenziale della lettura dell’alfabeto.
Questo spazio mentale è omologo al teatro come “luogo del vedere”: Theatron, vero e proprio
dispositivo della messa in forma dello sguardo.
Schechner afferma, inoltre, che il teatro operi una netta separazione tra:
- la scena = è il luogo del dramma, del testo scritto per l’azione;
- la platea = è di dominio dello spettatore, una figura nuova, che prima non c’era.
Chi guarda agisce in una struttura che permette il distanziamento e l’oggettività.
Così, l’obiettivo del teatro diventa:
1) il divertimento dei presenti nel qui e ora
2) la valorizzazione della creatività dell’autore
3) la capacità di giudicare da parte del pubblico
Uno degli effetti sociali della scrittura è la progressiva centralità della dimensione visiva.
Il teatro è stato inventato per insegnarci a separare il corpo dalla testa:
1. I media realizzano la progressiva autonomia della comunicazione delle prestazioni umane
2. La comunicazione teatrale si realizza in accoppiamento con i sistemi psichici.
Per quanto riguarda la dimensione visiva del teatro, lo spettatore osserva la scena da lontano (si
costruisce come uno spazio esterno). La particolarità di questo processo riguarda la capacità di trattare
le immagini in maniera sequenziale mettendo a punto un meccanismo che sarà perfezionato nel
romanzo.
Nel teatro occidentale, la dinamica dell’intrattenimento dipende dal disaccoppiamento fra
rappresentazione e il vissuto.
L’intrattenimento teatrale si afferma con il teatro elisabettiano e con la nascita della fiction.
Infatti, fino al Medioevo non si può parlare di finzione perché il teatro mette in atto rappresentazioni che
vogliono esaltare la realtà (mondo della rappresentazione e mondo reale sono in continuità).
Il teatro elisabettiano, di William Shakespeare, è un teatro di finzione dove l’inganno è dichiarato; solo a
teatro è possibile vedere entrambi i lati della questione: l’apparenza e il dato autentico.
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Questo processo prende il nome di “raddoppiamento della realtà” e mostra come la finzione si basi sulla
trasparenza dell’inganno; intreccio del tutto normale tra osservazione e realtà, tra apparenza e
autenticità.
Con Shakespeare si consolida la distinzione tra scena/sala insieme alla distanza tra realtà
rappresentata e della vita.
Il rito e il teatro mettono in atto due forme della liveness:
- Quella partecipativa e orale del rito:
- Quella basata sul distanziamento cognitivo che è alla base dell’intrattenimento e che deriva dalla
scrittura.
Performance liminoide
I due sistemi che ci servono per osservare la trasformazione della performance come processo
comunicativo che si articola sulla liveness sono:
1) Il sistema dei media di Luhmann 1996
2) Il sistema dell’arte di Luhmann 1995
Il sistema dei media si basa su mezzi che permettono di diffondere la comunicazione oltre i limiti
dell’interazione, grazie a una particolare tecnologia.
Questo sistema si consolida con l’invenzione della stampa (1440 con Guttenberg) che, nel campo della
performance, ha permesso il consolidamento della funzione sociale del teatro grazie alla diffusione dei
testi, della cultura greca e romana e il consolidarsi della funzione sociale del teatro attraverso il lavoro
dei drammaturghi e la commercializzazione dei testi.
L’istituzionalizzazione del teatro borghese è avvenuta parallelamente a quella della letteratura e delle
arti in epoca moderna; il teatro si è affermato come forma della performance adeguata alla società
letteraria, grazie alla stampa e ai suoi sviluppi.
In questo contesto, il teatro abbandona il senso di rituale a favore di un carattere più intrattenitivo.
Quest’ultimo venne molto criticato dagli esponenti della Scuola di Francoforte, che sostenevano che il
teatro si fosse svuotato del suo valore e compromesso la possibilità di sviluppare un pensiero
consapevole.
Al contrario, Turner afferma che la performance moderna debba perdere i suoi connotati di
obbligatorietà e liminalità, per diventare un’attività di cui fruire nel tempo libero e volontariamente.
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Tutto ciò ha portato il teatro a diventare un medium distinto dai media di massa, ma in relazione con
essi.
In particolare, il teatro del 900 assume 2 diversi atteggiamenti nei confronti della trasformazione
apportata dai nuovi linguaggi mediali:
> atteggiamento di chiusura verso gli scenari dischiusi dalle tecnologie e dalle forme espressive mediali
> atteggiamento di apertura verso la sperimentazione di nuovi linguaggi (integrazione di supporti
mediali).
Mario Costa ha individuato tre strategie di elaborazione dei linguaggi e formati mediali, che permettono
di inquadrare le modalità di posizionamento del medium:
1. Valorizzazione della specificità teatrale
2. Assimilazione dei linguaggi
3. Trasferimento sui supporti mediali.
Il rapporto del teatro con i media si è costruito in accoppiamento con il cinema e la televisione, che si
sono accaparrati il monopolio dell'intrattenimento (= di conseguenza, il teatro prende una connotazione
elitaria). Gli effetti dell’accoppiamento fra teatro e media hanno comportato dei rimodellamenti reciproci
= rimediazione
Più nello specifico, teatro e cinema si sono influenzati reciprocamente:
- il teatro ha integrato il cinema muto nei propri spettacoli
- il cinema ha ripreso dal teatro le modalità di narrazione, gli stili di recitazione e il sottofondo musicale.
Esempio è stato George Méliès; inventore degli effetti speciali e costruì un palco di proscenio, ”Viaggio
nella luna”, nel suo studio per rimandare al palco costruito per il teatro e rimandare i suoi spettatori a
quel ricordo.
Nonostante ciò, inizialmente, la maggior parte degli artisti teatrali considerava il cinema come una forma
di intrattenimento di scarso valore artistico.
Questa situazione cambia dalla fine della Grande Guerra quando, grazie al miglioramento delle
tecnologie, è il cinema ad avere più influenza sul teatro (e non il contrario con Charlie Chaplin).
L’importanza del cinema deriva dalla sua ambivalenza:
• da un parte, i film sembravano sostenere una visione oggettiva del mondo estensione della
fotografia.
• dall’altra parte, il cinema si è configurato come medium dell'immaginario, basato su una visione
soggettiva e invenzione finzionale.
Inoltre, la popolarità del cinema insieme alle frammentazioni culturali causate dalla Prima Guerra
Mondiale, hanno spinto gli artisti a mettere in discussione le vecchie premesse della rappresentazione
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teatrale dando vita al movimento del modernismo, che ha lottato per riconoscere la natura frammentata
della società e per una visione unificante dell’umanità.
La valorizzazione si sostanzia nella progressiva svalutazione del testo verso un’idea di performance text
per cui è lo spettacolo nel suo insieme a caratterizzarsi come testualità complessa, autonomia delala
mesa in scena e autosufficienza della regia.
Il corpo è sia del performer, sia del pubblico coinvolto come testimone che diventa il centro dell'identità
teatrale.
Perciò, performer e pubblico devono condividere le dimensioni del qui, anche in luoghi non canonici per
i partecipanti e ora, in contrasto con la riproducibilità del tempo mediale che scompare nel momento in
cui si realizza. (spazio e tempo).
Questa parte strategica da un lato va ricondotta a esigenze sociologiche legate al teatro di vocazione
politica, di usare gli eventi per cambiare le persone; dall’altro si prende la parte orale della performance
e la comunicazione dal vivo dell’interazione faccia a faccia.
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Il trasferimento del teatro sui supporti mediali
Si tratta di osservare la modalità con cui il teatro rinuncia e ridefinisce la propria connotazione
originariamente basata sulla comunicazione dal vivo.
I radiodrammi sono considerati efficaci espressioni della trasmigrazione del formato teatrale; la radio
ha permesso di sperimentare un linguaggio teatrale nuovo basato sulla centralità del sonoro e della
dimensione acustica (= teatro per ciechi).
Sono i media a promuovere un processo di risensorializzazione a seguito del depotenziamento operato
dalla scrittura e dal teatro.
Il passo successivo fu il teatro in tv per passare poi alla commercializzazione dei dvd teatrali.
Il video-teatro e video-danza sono prodotti performativi che nascono per il video e non prevedono
necessariamente la fruizione in co-presenza spazio-temporale.
Nascono processi di ibridazione linguistica che sono espressione di una tensione sperimentale e
innovativa.
Performance e pandemia
La pandemia ha accelerato il processo di trasferimento delle performance dal vivo sulle piattaforme
online (come zoom o twitch), coinvolgendo il pubblico come parte in tempo reale delle drammaturgie e
della realizzazione dei lavori esempio di Nicola Galli: danza in live streaming
Nel post-pandemia, con il ritorno degli spazi fisici, si sono moltiplicate le strategie di trasferimento che
mirano a creare progetti intermediali, fra ambiente naturale e online.
Le strategie dell’assimilazione e del trasferimento sono pratiche dell’ambito sociale di cui danza e teatro
sono parti della comunicazione, concetti omologhi di rimediazione, transmedialità e intermedialità che
connotano la performance come un hypermedium, forma complessa in cui confluiscono tutti i linguaggi.
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Due esempi interessanti della rimediazione delle logiche e delle tecnologie del web-based sono:
• il teatro immersivo è una forma di teatro che prevede un ruolo attivo da parte del pubblico e che
riproduce la logica dei giochi online
• il teatro della creazione collettiva porta avanti l’idea di autorialità collettiva, proponendo spettacoli dalle
trame non lineari, che partono da un’idea.
Mediatizzazione e liveness
Dopo aver esaminato gli elementi di base della teoria della performance e i legami tra performance
teatrali e media; questo capitolo ha lo scopo di vedere qual è lo scopo dei media nei contesti live e
come il concetto di liveness sia legato a quello di mediatizzazione.
Media e rituali
Oggigiorno rituali e media trovano numerosi punti di contatto, tanto da poter parlare di veri e propri rituali
mediali (questo concetto affonda le sue radici nella concezione di Durkheim).
Grimes presenta una lista nutrita di esempi sui modi in cui i media e rituali possono interagire:
Riproposizioni attraverso i media di rituali
Rituali estesi dai media
Riproposizione ludiche di rituali attraverso i media
Rituali magici
Condivisione degli oggetti rituali attraverso i media
Media come certificati di un atto rituale
Le rappresentazioni funzionali di rituali in prodotti mediali
L'uso dei rituali di oggettimediali
Comportamenti mediali come spunti per rituali
Azioni rituali di spazi mediali
Attitudine ritualistica verso i media
Questi due ultimi processi sono quelli in cui ci interessa porre l'attenzione: sul modo in cui negli spazi
mediali e verso gli spazi mediali si possono concentrare forme dell'azione di stampo rituale.
Il termine rito si usa per indicare qualsiasi tipo di attività dal carattere ripetitivo; la ripetizione può essere
una condizione necessaria ma non sufficiente definire tale pratica.
Il rituale come azione creatrice di soglie, caratterizza l'approccio di due tra i più eminenti studiosi Smith
e Bell:
Per Smith il rituale rappresenta una particolare modalità dell'attenzione, la quale marca uno
spazio controllato e distanziato dalla complessità del mondo extra ritualistico. nello spazio del
rituale possono entrare azioni e oggetti banali, privi di un particolare valore intrinseco, Ma
acquisiscono un surplus di significato.
Per Bell il termine ritualizzazione descrive il processo con cui certe azioni svolte in un contesto
sociale vengono focalizzate, distinte e privilegiate in relazione ad altre, in tale processo viene
contrassegnato uno status speciale del "fare".
Tali approcci concepiscono il rituale come:
Un particolare tipo di framing che separa una certa classe di azioni da quelle che si
svolgono nel mondo ordinario
Si sostanzia a partire da specifiche strategie culturali
Coinvolge partecipanti senza che questi siano pienamente capaci di codificare le
procedure che essi compiono
Il rituale diviene applicabile alle dimensioni del con e dentro i media senza il ricorso a facili
corrispondenze fra questi e il carattere religioso.
Abbiamo una ritualizzazione verso i media e gli individui all’interno dei media.
Parliamo di rituali mediali che affonda le sue origini della concezione di Durkheim: rapporto tra rito e
legame sociale. L’eredità di Durkheim, nello studio dei media, si ritrova in quegli approcci che vedono i
media come agenti di coesione che permettono agli individui di osservare sé stessi come membri della
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società; i media forniscono immagini e operano per mantenere lo sfondo comune della vita sociale.
(esempio dell’incoronazione della Regina Elisabetta II trasmessa per la prima volta in radio e televisione
per dare un senso di “famiglia nazionale”)
Dayan e Katz → definiscono le cerimonie dei media come un genere televisivo caratterizzato da:
• trasmissione dal vivo
• interruzione della routine quotidiana
• uno script di base
• un’ampia audience
• aspettative legate all’evento, che viene presentato come un qualcosa di imperdibile
• un tono cerimoniale
• l’obiettivo di connettere le persone
Silverstone →sostiene che la televisione svolga un ruolo totemico di ancoraggio alla vita sociale
perché la continua presenza di contenuti televisivi va incontro al nostro bisogno di sicurezza,
permettendo di connetterci a un comune centro della società, sia nei giorni festivi che non.
Altri autori che riprendono da Durkheim l’idea della nazione come comunità e la concezione
funzionalista del rituale inteso come coesione sociale:
Couldry → pone l’attenzione nel modo in cui i media rafforzano la propria autorità e la concentrazione
del potere simbolico attraverso la riproduzione rituale del “mito della loro centralità”.
In particolare, sostiene l’esistenza della credenza secondo cui esiste un centro del mondo sociale e che
i media parlino per tale centro e struttura il modo in cui gli individui si rivolgono ai media.
Secondo questa logica, i media rappresenterebbero degli accessi privilegiati al centro della società.
Couldry rivisita anche le tesi di Dayan, Katz e Silverstone, sostenendone il modo in cui gli individui
percepiscono e utilizzano i media come modi per entrare in connessione con il reale, tuttavia non
problematizzano la costruzione dell’idea di un mondo sociale unico a cui è necessario connettersi
attraverso i media. Egli sostiene che l’attenzione debba essere rivolta al modo in cui certi eventi e valori
siano inquadrati dai media come socialmente centrali.
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Durkheim Le categorie sociali sono modi in cui il mondo viene suddiviso e contrassegnato,
riflettono valori e concezioni considerati come costitutive dell'ordine sociale. Il rituale è luogo in cui le
categorie si rendono operative persistenti, anche senza i partecipanti né siano pienamente consapevoli.
In quest’ottica, i rituali mediali sono una pratica di categorizzazione tra “ciò che è nei media” e “ciò che
non è nei media”. (Couldry)
Queste forme di ritualizzazione possono svolgersi in modalità:
- esplicite (come i provini per partecipare a determinati show, tweet in diretta, reality show;
trasformazione delle “persone dei media”).
- implicite (nel modo in cui poniamo attenzione a persone che sono state in tv)
Intermedialità
L’intermedialità può essere concepita:
- come un fenomeno di attraversamento dei bordi tra i media
- come un tipo di approccio che vede come ineludibile l’influenza reciproca tra i media.
Il primo ad utilizzare questo termine fu Higgins che, nel suo articolo “Intermedia”, si scaglia contro l’idea
di arte monomediale, cioè contro l’ideale della purezza artistica, e propone un approccio che vuole
sovvertire i confini tra i media artistici (pittura, scultura e performance). L’intermedialità è un processo
mediale e punto di arrivo di una rivoluzione creativa.
La successiva popolarizzazione del termine porterà ad una confusione riguardo al suo significato:
- secondo Wolf → l’intermedialità avviene ogni volta che si osserva una forma simbolica che
attraversa un confine tra i media; confini intesi come qualcosa di mobile, che mutano culturalmente e
tecnicamente in senso diacronico e non dipendono da un’assenza del medium.
- secondo Rajewsky → l’intermedialità può essere intesa in due modi:
1. come il presupposto di tutti i media, i quali non possono che esistere in una relazione reciproca;
2. come le dinamiche di movimento tra i media. In questo senso sono distinguibili tre processi:
- trasposizione mediale → si verifica quando un contenuto nato da un medium viene
rappresentato in un altro medium (esempio: da fumetto all’audiovisivo); principio cardine
su cui si basa l’industria culturale.
- combinazione mediale → multimedialità, plurimedialità o mixed-media; si ha quando più
media vengono combinati all’interno di uno stesso testo (esempio: l’uso di schermi
durante una performance). La transmedialità può essere intesa come un tipo speciale di
combinazione: si tratta della circolazione di una narrazione fra più media e piattaforme; le
audience partecipano con un ruolo primario.
- riferimento intermediale → si ha quando un contenuto cerca di evocare le caratteristiche
di un altro medium (esempio: un testo letterario che cerca di ricreare sensazioni sonore /
l’uso di grammatiche cinematografiche nel fumetto / ecfrasi, ovvero, una figura retorica
che consiste nella descrizione verbale di un’opera d’arte).
Rimediazione
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E’ un concetto usato come sinonimo di intermedialità; la sua teoria è stata realizzata da Bolter e Grusin
nella seconda metà degli anni 90 che apre al dibattito dei “nuovi media digitali”.
Per rimediazione si intende il processo storico con cui i nuovi media interagiscono con i precedenti.
Infatti, quando compare un nuovo medium (gradualmente), questo si appropria delle caratteristiche del
medium che lo precede, apportando contemporaneamente delle innovazioni che compensano i
precedenti limiti.
Conseguentemente, il vecchio medium reagirà alle pressioni ambientali cercando un posizionamento
specifico. “Il contenuto di un medium è sempre un altro medium” McLuhan: i media non compaiono
all'improvviso, ma sono il prodotto di accumuli, combinazioni e riadattamenti che divengono osservabili
come "un nuovo medium"; aspetti che recupera e modo in cui compensa con i limiti.
Ricerca della immediatezza: i nuovi media sono di volta in volta pubblicizzati come maggiormente
capaci di precedenti nel veicolare è un'esperienza di realtà, tuttavia questa tensione a creare tecnologie
mediali avviene attraverso una moltiplicazione di mediazioni. tale aspirazione di immediatezza è
paradossale poiché ogni nuovo medium crea nuove possibilità della distinzione tra individuo e mondo.
I due teorici identificano anche le due strategie, che stanno alla base della doppia logica della
rimediazione:
• la trasparenza → si verifica quando il medium cerca di rendersi invisibile utilizzando delle affordance
che invitano a guardare attraverso esso (come il cinema 3D)
• l’ipermediazione → rende visibili i segni della mediazione per creare un coinvolgimento affettivo,
creando uno spazio percettivo eterogeneo e coinvolgente (come l’estetica di navigazione di Internet)
Infine, Bolter e Grusin descrivono i diversi gradi della competizione tra vecchi e nuovi media:
1° → il nuovo medium collabora con il vecchio, supportandolo attraverso nuove modalità di accesso = il
vecchio medium rimane in risalto e immutato
2° → il nuovo medium si propone come agente migliorativo del vecchio
3° → il nuovo medium si pone come agente rimodellante, scalzando il vecchio medium dal centro della
scena pur mostrando la sua presenza
4° → il nuovo medium prova ad assorbire completamente il precedente, pur portando dentro sé lo stile e
le logiche del predecessore.
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≠ dalla mediazione: è l’uso della tecnologia per la comunicazione. Si trasforma in mediatizzazione nel
momento in cui comporta cambiamenti a lungo termine nell’ambiente sociale; la mediazione
rappresenta una condizione antropologica, nel senso che l’umano intrattiene con il proprio ambiente.
≠ dalla media logic: è la prima concezione della mediatizzazione, che la definisce come l’adattamento
dei sottosistemi sociali (politica, economia…) al sistema dei media; può essere osservata come meta-
processo.
L’approccio odierno alla mediatizzazione, invece, vede i media non più come istituzioni semi-
indipendenti, ma come elementi attraverso cui si genera la realtà sociale.
La mediatizzazione considera i media come processi prodotti dall'interazione fra la materialità dei media
e le pratiche sociali; da una parte gli attori umani costruiscono il significato dei media definendo i modelli
di comunicazione:
sul piano individuale, gli individui declinano i media nella quotidianità
sul piano collettivo, movimenti e gruppi immaginano nuovi utilizzi
sul piano istituzionale, enti pubblici e privati influiscono nel definire le norme e le finalità di
utilizzo dei media.
Dall'altra parte i media hanno un carattere processuale, nel senso che sono il prodotto di dinamiche di
materializzazione, dove i modelli generati dalle pratiche vengono inscritti nelle Infrastrutture mediali.
Per inquadrare le attuali trasformazioni dell’ambiente mediale, dobbiamo far riferimento a tre processi:
1) mediatizzazione profonda: è l’attuale fase della mediatizzazione, in cui i media sono sempre più
implicati nella generazione di dati; i media partecipano sempre di più alla costruzione del mondo e
necessitano di comprendere l’analisi di algoritmi e delle infrastrutture digitali.
2) molteplicità mediale: rende meno possibile individuare l’influenza di un singolo medium (rispetto al
passato) dato che i repertori di uno dei media si basano sull’assemblaggio di più media.
3) processualità dei media: comporta una maggiore facilità della modellazione del software, “forever in
beta stage” o in un flusso costante.
Il termine “mediatization” è in uso nelle analisi dei Theatre e Performance Studies alla fine degli anni 80;
è utilizzato come sinonimo di "mediazione del teatro attraverso le tecnologie mediali".
Nei Theater e performance studies prevale un'ottica della mediatizzazione incentrata sulle
trasformazioni del prodotto performativo, ossia su ciò che avviene sulla scena o nelle sue riproduzioni.
Per quanto riguarda il ruolo dei media nel campo della performance, la mediatizzazione:
- pone l’accento su come i media vengano impiegati in modo materiale e nei formati
- osserva una pluralità di logiche mediali (non una singola)
- osserva le logiche mediali non solo all’interno della messa in scena, ma anche nel circuito produttivo e
distributivo
- osserva i media come mezzi in grado di creare nuovi confini relazionali tra i partecipanti della
performance
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Possiamo inoltre individuare tre traiettorie del processo di mediatizzazione delle arti performative:
1. la mediatizzazione della presenza: i media tracciano un confine tra presenza e assenza degli agenti
della performance e talvolta ne creano di nuovi (come gli avatar), ma anche nel cambiamento della
fenomenologia a cui i media partecipano.
2. la mediatizzazione del testo performativo: comporta una riconfigurazione nel modo in cui si traccia il
confine tra inizio e fine della performance/ testi e para-testi (ad esempio, quando si estende una
performance inserendola in una rete di contenuti su altri media)
3. la mediatizzazione del ruolo: riguarda il confine tra performer e pubblico (ad esempio, il modo con cui
gli artisti coltivano il proprio pubblico attraverso i social media).
- Schechner: definisce il teatro come tensione tra la permanenza del drama e l’impermanenza della
performance, ideale del teatro come ”priva di originali”.
- Phelan: afferma che l’importanza della ephemerality deriva dalla transitorietà dell’esistenza umana,
che la performance ponga il soggetto davanti all’irreversibilità del tempo, ed è quindi la forma d’arte che
meglio lavora nel presente e sul presente, comprendendo la possibilità sulla spartizione e sulla non-
riproducibilità.
La performance ci permette, quindi, di fare esperienza della sparizione come condizione esistenziale.
A ciò si lega anche una finalità politica perché, secondo Phelan, ciò che non può essere riprodotto non
può essere trasformato in merce.
- Auslander: sostiene che le live performance siano distinte dalla registrazione e dalla riproduzione
attraverso i media e siano parte integrante della stessa economia culturale in cui sono inseriti i media.
1. il termine “live” nasce nel 1934 quando i media broadcast mettono in discussione la possibilità di
poter distinguere se una performance è live o no;
2. un numero crescente di performance dal vivo esiste anche per essere riprese dai media quindi
costruite per tale fine.
3. le performance live fanno un largo uso di tecnologie per la riproduzione; diventa difficile distinguere
riprese dal vivo o registrate.
4. vede la situazione dal vivo come un accesso privilegiato alla performance; il contatto
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- Barker: identifica i componenti della liveness:
1) la co-presenza fisica tra performer e performance
2) la simultaneità
3) l’engagement non mediato
4) la località con l’esperienza
5) l’interazione con il performer e con i membri del pubblico
6) la coscienza di partecipare ad un evento unico
- Sanden: lavora sulla mediatizzazione dei concerti e distingue le varie tipologie di liveness musicale:
● temporal liveness → quando si è presenti al momento dell’emissione musicale
● spatial liveness → quando si condivide lo spazio dell’emissione musicale
● liveness of fidelity → riguarda la valutazione di fedeltà alla performance iniziale
● liveness of spontaneity → l’attenzione è posta sull’imprevedibilità della prestazione umana
● corporal liveness → è il grado di connessione percepita con il corpo acustico dell’emissione
● interactive liveness → riguarda l’interazione tra il performer e il pubblico
● virtual liveness → riguarda l’interazione con un corpo mediatizzato
La liveness va vista come un fenomeno dipendente dalle esperienze dei soggetti e si costruisce anche
con altri membri del pubblico, contesti d’uso e tecnologie.
- Zettl: afferma che il tempo reale televisivo non riguarda solo la trasmissione dei programmi, ma
anche il modo in cui l’immagine televisiva è generata: essa è sempre in movimento perché è
continuamente formata sullo schermo.
- Cubitt: sostiene che la televisione crei un flusso nel presente, dove l’immagine appena mostrata è
sempre sul punto di sparire = contatto vivo dello spettatore con lo schermo.
! Le tesi di questi due studiosi si basano però su una scansione dell’immagine televisiva che non è più
in uso negli schermi di nuova generazione, avendo introdotto il replay e la registrazione.
L’aggettivo live descrive una qualità tecnica ed è una categoria qualitativa usata dalle industrie mediali
come metro di distinzione tra programmi e tra emittenti.
- Bourdon: sostiene che la televisione dia la sensazione che ci sia sempre qualcosa in corso che vale
la pena seguire grazie all’utilizzo di alcuni codici che danno l’impressione di una trasmissione continua
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in tempo presente (anche quando i programmi non sono in diretta. Ad esempio attraverso gaffe che non
vengono cancellate in post-produzione).
- Couldry: afferma che la liveness, insieme al concetto di reality e celebrità, venga usata dai media per
rafforzare il loro potere simbolico di istituzioni incaricate di rappresentare la realtà sociale. Ciò avviene
perché la diretta:
1) dà l’impressione di avere un accesso privilegiato a ciò che conta per la società in quel momento
2) dà l’impressione che esista un “noi”, che esiste quindi un pubblico
3) i media garantiscono l’accesso diretto e ad aggregare il pubblico attorno ad esso
Couldry afferma che questa dinamica non scompare nei contesti online, ma assume nuove forme:
● online liveness: riguarda il senso di essere partecipi e co-presenti a ciò che avviene in tempo
reale
● group liveness: riguarda il modo in cui ci si sente in contatto diretto con gli altri, grazie alle
tecnologie mobili.
Lo studio della liveness nelle piattaforme digitale deve porre l’attenzione anche alla realtimeness perché
la temporalità online ha un carattere ritmico (dipende dal modo in cui le piattaforme aggiornano i
contenuti).
Possiamo quindi distinguere una tripla articolazione del rapporto tra liveness e media:
~ la liveness del medium → è la vivezza espressa dall’oggetto materiale con cui si interagisce
~ la liveness come connessione all’evento → è la capacità del medium di mettere in contatto il
pubblico con ciò che sta accadendo nel mondo
~ la liveness del flusso mediale → riguarda la costruzione di un senso auto-referenziale dell’evento,
dove il qui ed ora è quello che sta accadendo all’interno del medium
Concettualizzare la liveness
Il problema delle liveness multiple
Nel campo della performance e dei media studies si è cercato di rendere la liveness un concetto plurale,
non può essere associata ad un concetto monolitico.
Ciononostante, non c’è un accordo condiviso riguardo ciò: molti studiosi distinguono i vari tipi di
liveness, ma ciò che viene distinto non è sempre lo stesso oggetto; può essere:
- la manifestazione della liveness
- le diverse interpretazioni della liveness
- gli attributi che definiscono la presenza o meno della liveness
- le componenti che costruiscono l’esperienza della liveness
- le dimensioni attraverso cui si interpreta la liveness
Questa eterogeneità è vantaggiosa perché mette in luce la complessità del fenomeno, ma è anche un
ostacolo per quanto riguarda l’avanzamento di strumenti empirici affidabili.
La sfida è lanciare un ponte tra la liveness come forma della trasmissione in simultanea nei media di
massa e come componente della performance si pensa che esista una teoria che faccia da frame
comune.
Nella definizione proposta, la liveness è un tipo particolare di esperienza sul piano individuale che un
discorso sul piano comunicativo.
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Liveness significa distinguere un’esperienza in cui si assiste ad un evento performativo con qualità che
dipendono da un certo grado di continuità spazio-temporale con l’evento.
Si riprende il concetto di “as performance” e “is performance” cioè in che modo gli individui distinguono
qualcosa come liveness e in che modo si costruiscono le definizioni di ciò che è liveness; determinano
due gradi di consistenza della liveness:
1. Le esperienze del dal vivo sono molteplici e mutevoli; il ricercatore costruisce una continuità tra le
esperienze degli individui. Le costanti sono quindi la premessa dell’esperienza dal vivo. L’assunto
primario dovrebbe essere come gli individui osservano un’esperienza come dal vivo.
2. La liveness è l’oggetto di analisi della costruzione discorsiva e quindi il fenomeno studiato mira ad
avere una consistenza interna, riguarda il modo in cui gli attori cercano di stabilizzare i significati della
liveness. Si chiede come viene prodotto un sapere della liveness che individui e organizzazioni
utilizzano per dare senso alla distinzione tra ciò che è dal vivo e ciò che non lo è.
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Essa è considerata una periferia del live perché dimostra come nei media contemporanei le temporalità
siano molteplici.
2° simultaneità → tra osservatore ed evento c’è una sincronia temporale senza che ci sia
necessariamente la condivisione dello stesso spazio; definizione di un “adesso/nowness” che molti
autori la considerano componente essenziale del “dal vivo” perché ci permette di tenere insieme le
diverse esperienze della performance.
3° co-presenza → tra osservatore ed evento c’è una continuità spazio-temporale; una finestra
spaziale entro cui la nostra presenza può avere un impatto fisico e reciproco.
La co-presenza può anche avvenire in uno spazio digitale, a condizione che vi sia possibilità di influenza
fisica reciproca tra pubblico e performer (esempio: avatar).
Da queste dominanti si possono mappare le posizioni dello spettatore più frequenti nella performance
medializzata:
~ l’attualità con l’evento può essere vissuta:
● da un pubblico in rapporto reciproco con l’attualità (esempio: commenti asincroni su un forum
riguardo un trending topic)
● da un pubblico connesso in simultanea ma a distanza (esempio: un gruppo di fan che si riunisce
tramite chat o video per guardare una puntata di una seria)
● da un pubblico in co-presenza (esempio: quando la stessa puntata è fruita nello stesso spazio
fisico)
~ la simultaneità con l’evento può avvenire:
● con un pubblico in un rapporto di attualità (esempio: live tweeting)
● con un pubblico reciprocamente simultaneo (esempio: live chatting)
● con un pubblico co-presente (esempio: event cinema, ovvero, la trasmissione in cinema o teatri
di una performance)
~ la co-presenza con l’evento può avvenire:
● con un pubblico in un rapporto di attualità (esempio: performance one-to-one, cioè realizzata per
uno spettatore alla volta = il resto del pubblico è momentaneamente assente, ma in rapporto di
attualità)
● con un pubblico in rapporto di simultaneità (esempio: performance tramite realtà virtuale, dove
gli spettatori assistono simultaneamente allo spettacolo ma non si percepiscono tra di loro)
● con un pubblico in rapporto di co-presenza (esempio: spettacolo teatrale)
Qualità
Dimensione della
liveness
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Attualità con il pubblico: può funzionare come valuta sociale, ha cioè un
valore come informazione diffondibile perché non tutti ne hanno avuto
accesso
! Vanno lette in modo cumulativo = le qualità del grado precedente appartengono anche al successivo
Le tecnologie mediali hanno tradotto le qualità della liveness in affordance, che indirizzano le azioni del
pubblico in maniera diversa rispetto allo spazio fisico. Dobbiamo quindi fare riferimento a due concetti:
1. arbitrarietà del vincolo materiale → il raggio di azioni possibili agli utenti è materialmente vincolato dal
modo in cui la piattaforma è programmata
2. opacità della mediazione tecnologica → vuol dire che l’osservazione della continuità spazio-temporale
è più incerta (la trasmissione è indiretta? rimarrà la registrazione di quanto vediamo?)
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La liveness è un certo tipo di esperienza, basata sull'osservazione di una continuità spazio-temporale
con l'evento, influenzata da discorsi che la definiscono, valorizzano e caratterizzano.
L'ontologia non è un'essenza generativa della liveness, ma è lo spettatore che la valuta in modo da
costruire l'esperienza del “dal vivo".
Il piano della “is liveness” analizza come i vari attori diffondono definizioni di “ciò che è dal vivo”.
I soggetti sono tutti coloro che nei propri contesti partecipano a stabilizzare il significato di “live”, hanno
un ruolo nel nella creazione di discorsi dal vivo.
Il punto di partenza della costruzione di live come discorso è il concetto di “costellazioni di liveness”, che
riconosce 3 soggetti che partecipano a questa costruzione:
~ le istituzioni mediali → realizzano metatesti rivolti ad indirizzare le interpretazioni del live secondo le
proprie finalità
~ le tecnologie → le cui affordance attuano degli spazi di partecipazione che invitano certe modalità di
“dal vivo” e ne scoraggiano altre
~ gli utenti → accettano o contestano i significati del live
Questa categorizzazione di Van Es è stata pensata per l’analisi della liveness nel campo televisivo e
post-televisivo.
Correttivi:
* bisogna riconoscere un quarto attore: i creatori della performance
* le istituzioni mediali non sono le uniche a produrre i metatesti, vi è anche un ampio numero di
organizzazioni che svolge questo compito
Le traiettorie della mediatizzazione della performance possono essere applicate anche a questi attori.
Si crea dunque un modello, che può essere un punto di partenza per mettere a fuoco l’impatto della
mediatizzazione sul modo in cui si costruisce l’esperienza dal vivo:
• Presenza: come influenzano gli attori il confine tra presenza e assenza dei performer?
• Testo: come influenzano gli attori il confine tra inizio e fine della performance?
• Ruolo: come influenzano gli attori il confine tra performer e pubblico?
1.L'azione dei creatori va analizzata per come mettono in pratica le traiettorie della mediatizzazione
nella progettazione nell'esecuzione della performance:
mediatizzano la presenza adattando la performance alla ripresa video, creando nuovi
agenti performativi e giostrando il confine tra tracce registrate e suonate al momento.
mediatizzano i confini del testo performativo inserendo il concerto in un progetto
transmediale che si estende oltre il singolo evento
mediatizzano i ruoli rendendo il pubblico parte della performance, interagendo prima e
dopo dell'evento con il pubblico delle piattaforme o con i fan co-creatori.
2.Le organizzazioni manifestano le traiettorie comunicando l'evento gestendone l'accesso:
mediatizzano la presenza promuovendo il festival come un'occasione unica di contatto,
alimentando la presentazione delle celebrity
mediatizzano i confini del testo performativo costruendo l'attesa e il ricordo dell'evento,
festival trailer e after movie
mediatizzano il ruolo prevedendo privilegi di accesso speciale a possessori di biglietti con
un costo più alto
3.I pubblici hanno un ruolo duplice rispetto alla meditazione: sono destinatari delle azioni degli attori e
fonti di nuove pratiche mediali:
mediatizzano la presenza trasmettendo online l'evento o in presenza commentando in
chat live
mediatizzano il testo creando contenuti pre, durante e post concerto
mediatizzano i ruoli mettendo in campo la performatività o lo scambio con l'artista
4.Le tecnologie vanno analizzate per come le loro affordance materializzano una certa concezione di
ciò che è live:
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mediatizzano la presenza delle piattaforme live streaming ottimizzando le trasmissioni di
eventi
mediatizzano il tasto up e piattaforme
mediatizzano i ruoli che favoriscono l'interazione con i performer.
~ Ologrammi → gli ologrammi sono utilizzati in diversi ambiti spettacolari per mostrare persone reali
non presenti sulla scena ma anche persone che non esistono o meglio dire che esistono nel
raddoppiamento di realtà che il teatro conosce da molto tempo.
Nello spettacolo Seigradi della compagnia romana Santasangre, davanti al pubblico è posizionata una
lastra di vetro inclinata a 45 gradi che riflette tramite le luci la figura sul palco che appare come un
ologramma. La scena stessa è pensata come un organismo visivo e sonoro basata su una forma
particolare di telepresenza.
E’ sempre più frequente il fenomeno della digital resurrection, dove gli ologrammi riportano in vita
performer assenti o deceduti.
Esempio: sfilata autunno/inverno del 2006, McQueen trasmette nel finale un ologramma di Kate Moss
~ Robot → possono essere funzionali alla performance perché, a differenza degli umani, non
sbagliano e possono ripetere esattamente la loro performance da uno spettacolo all’altro.
Dobbiamo ricordare, però, che nella performance dal vivo anche l’errore è espressione di originalità,
anche se il dramma si basa sulla fedeltà del testo senza improvvisazione.
Esempio: “I can’t help myself” è un’installazione composta da un braccio robotico, posizionato in una
stanza a vetri, che per tutto il tempo raccoglie della vernice rossa (simile al colore del sangue) sparsa
sul pavimento caratteristica chiamata aliveness o coming a(live) che è una qualità potenziata della
liveness che le performance più efficaci riescono a trasmettere ai partecipanti.
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proprio corpo attraverso il sistema di motion caption immersivo, un set di realtà virtuale con sensori e
apparecchiature progettate per videogiochi.
Implicazioni relative al rapporto fra identità e percezione del corpo come la questione della Snapchat
dysmorphia, ovvero il desiderio di trasformarsi chirurgicamente per assomigliare ai selfie filtrati e che
oggi è riconosciuta come una vera e propria condizione clinica.
A causa della pandemia l'uso teatrale di piattaforme come zoom rimanda alla ricerca sui formati di una
teatralità possibile on-line che si svolge a una comunità temporanea internazionale e connessa.
~ Avatar
La co-presenza nello spazio virtuale degli Avatar dei partecipanti a distanza è stata creata da un
contesto di interazione online con un carattere performativo evidente. Un mondo artificiale, cioè un
metaverso, come Avatar comporta un investimento partecipativo e per certi versi creativo dell'utente che
deve scegliere una shape cioè una forma del corpo, una skin, dei vestiti, darsi un nome nickname, deve
apprendere come muoversi dentro l'ambiente attraverso le interfacce.
La resa della performance dipende dalla presenza del pubblico, come succede off-line.
Questi ambienti si costruiscono come realtà aumentata, transmediali che continuano cioè la loro azione
comunicativa nelle piattaforme digitali nella forma dell'interazione: grazie a co-presenza, sincronicità e
simultaneità degli Avatar online come nello spazio a distanza di contenuti, commenti e reazioni.
Attraverso la corporeità simultanea l'utente osserva sé stesso e gli altri agire nell'ambiente.
Esempio: il Rift Tour organizzato da Ariana Grande nel 2023 su Fortnite. La performance si è svolta in
10 minuti, in cui gli spettatori venivano immersi in un mondo virtuale dove poter ballare, saltare e volare
da una parte all’altra.
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- “Theatre on a line” = lo spettatore chiama il performer telefonicamente e inizia un dialogo intimo
Uno dei tratti distintivi delle performance One-to-One è il loro ambivalente rapporto con la mediazione
tecnologica: questi spettacoli possono svolgersi
in una condizione di massima vicinanza fisica fra corpi, facendo meno anche della mediazione
del dispositivo teatrale;
anche in modalità dove la relazione fra performer e spettatore è mediatizzata cioè l'interazione
avviene a distanza, a modalità ibride in cui spazio fisico e digitale si compenetrano.
Le performance One-to-One si dimostrano come situazioni performative intime e come occasioni dove
riflettere sui fattori sociali, culturali e mediali che condizionano la costruzione stessa del senso
dell'intimità.
Questo tema deve mettersi in relazione al livello di complessità derivante dei processi di
personalizzazione di massa che sono una delle tendenze principali della network society: lavori di
questo tipo possono produrre l'effetto opposto, cioè le performance definibili come partecipative
finiscono con l’elidere l'antagonismo insito nelle relazioni sociali.
Un altro tema riguarda l'interrogativo se la predilezione di un rapporto One-to-One non possa costituire
un fattore di atomizzazione del pubblico, l'idea cioè che il pubblico esista solo come entità nel qui e ora
della performance e che rappresenta una prospettiva miope che non tiene conto di come esso intrecci
relazioni prima e dopo l'evento performativo.
Queste due dimensioni sono state valorizzate anche dalle affordance dei social, parola che anticipa
“media” mettendo in evidenza la parte online.
In particolare, Instagram permette di condividere storie intime ed esperienze personali attraverso foto,
storie e video.
Talvolta, le affordance dei social diventano delle vere e proprie performance.
Esempi:
- Patty Smith = su Instagram riesce a riportare le caratteristiche della sua personalità artistica pur
mostrandosi nella sua quotidianità (seduta sul letto mentre legge, mentre canta in salotto
insieme alla figlia…); la densità della sua presenza è data dalla sua figura.
- Beatrice Schiros = attrice italiana che su TikTok inscena dei monologhi teatrali spontanei
(spesso telefonate in cui si rivolge a qualcuno); parla della sua vita difficile, riportando anche
temi forti sottoforma di ironia.
- Drusilla Foer: nasce come un personaggio teatrale prima su YT per poi essere conosciuta in
televisione.
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Negli ultimi tempi, inoltre, il pubblico ha imparato a trattare la performance da prospettive multiple.
Ad esempio, il creatore del musical “Hamilton” ha lavorato sul e con il pubblico utilizzando i social
media per costruire un piano di attualità con l’evento prima della presentazione ufficiale.
Il coinvolgimento è iniziato negli anni della scrittura: su Twitter sono stati condivisi gli aggiornamenti;
dello spettacolo, invitando i fan a comprare i biglietti e a condividere interpretazioni sui personaggi e
canzoni.
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In queste performance di prossimità, l'interazione ha un portato concessivo anziché partecipativo.
L'etero-direzione che i creator mettono in scena, realizza una logica mediale della liveness
inedita rispetto a quello dei media di massa, i media sono infrastrutture che permettono un
contatto potenziale e costante.
Si tratta sempre di una interazione il cui valore è basato su una asimmetria di fondo tra gli utenti
e la persona che dirigono; l'azione del creator ha un valore superiore all'azione dei follower.
In questo caso, gli utenti esercitano una responsabilità limitata e momentanea sulla performance,
perché la loro possibilità di interazione è decisa dai creator in relazione alle regole e alle affordance
delle piattaforme.
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