FILOLOGIA GERMANICA
A.A. 2024/2025
Prof. Marco Battaglia
MODULO B: LINGUISTICA GERMANICA
PREMESSA
Tra i suoi aspetti costitutivi, la filologia germanica comprende lo studio della
‘linguistica germanica’, cioè dei tratti che determinano la cosiddetta ‘famiglia’ delle
lingue germaniche [d’ora in avanti = LG] in seno alla più vasta (nel tempo e nello
spazio) famiglia linguistica indoeuropea.
Si parla di lingue volgari in quanto non sacre e quindi giuste per essere usate.
C’è chi dice che i germani hanno tutti la stessa lingua e tra le lingue celtiche, ma il
gallese e il bretone sono lingue strettamente affini e sono lingue che si
contrappongono nell’ambito delle lingue celtiche al gaelico d’Irlanda e di Scozia.
I precursori della comparazione linguistica si ricorda Dante che scrive il De vulgari
eloquenti in cui identifica tre famiglie linguistiche europee:
- Latina
- Greca
- Germanica
Indica l’esistenza di 14 varietà dialettali italiane, classificazione legata già a quel mito
della monogenesi linguistica che ha un’ascendenza biblica. L’ebraico avrebbe cessato
di essere l’unica lingua esistente dopo quella diaspora che segue il crollo della Torre di
Babele.
Nel 17esimo secolo c’è un autore svedese Andres Jaeger che fece un esplicito
riferimento che tra molte lingue d’Europa e alcune lingue dell’Asia intercorresse un
qualche rapporto genealogico, le cui rappresentazione linguistiche moderne chiamano
lingue scitiche. Il mito degli Sciiti ha origine in epoca greca. Poi parla di una lingua
madre e di lingue figlie tra di loro sorelle e parlando di fusto, radici e rami
un’immagine che si ritroverà nella rappresentazione genealogica delle lingue
indoeuropee.
Il padre della lingua svedese Georg Stiernhielm, in un trattato del 1681(?) dice che le
lingue si evolvono come si evolve l’essere umano.
Ci troviamo di fronte ad un’evoluzione della storia della linguistica che, prima ancora
del concetto di indoeuropeo, riconosce una dignità delle lingue volgari, ben affermate
nelle quali si compongono anche versi meritevoli d’attenzione. Queste lingue volgari
vengono progressivamente riconosciute in un rapporto di parentela genealogica che
tuttavia ancora risente del paradigma monogenetico: c ‘è sempre una lingua madre
che dà origine a lingue figlie. Questa lingua madre è riconosciuta nell’ebraico per
lungo tempo (matrice cristiana).
I primi a mettere in discussione questo paradigma giudaico-celtico sono i primi
razionalisti in Nordeuropa, in particolare provenienti dai Paesi Bassi, Scandinavia o
Germania, i quali si pongono la domanda di che lingua avessero parlato Adamo ed Eva
(c’è chi pensava che la lingua che si parlasse fosse per esempio: svedese, o
fiammingo etc.).
Rielaborano il mito di Atlantide e Olof Rudbeck pubblica Atland eller Manhem
(Atlantide patria dell’uomo) nel quale dice che Atlantide era in Svezia.
La questione della lingua originaria che si parlava anticamente e nelle aree
germaniche inizia a diventare un argomento di interesse. Si succedono teorie diverse
che tendono ad inquadrare le grandi famiglie linguistiche note. Il Seicento è una fase
“boom” per la storia della linguistica, grazie ai gesuiti che cominciano a partire per
missioni lontanissime ed entrano in contatto con varie culture e lingue.
L’umanista Scaligero scrive un trattato sull’idea dello scontro tra le lingue, antagoniste
come la politica, e si stabilisce in Europa di quattro matrici: latino, greco, germanico e
slavo. Ci sono sette lingue figlie: tartaro, ungherese, albanese, finnico, gallese, basco
(ne manca una).
L’opera che ha fatto da modello era del 1555 scritto da Conrad Gessnar, titolato
Mithridates, e che propone osservazioni linguistiche su circa 130 lingue diverse e
corredando il lavoro di 22 versioni di lingue straniere sul Padre Nostro.
A partire dal Seicento si inizia a pubblicare opere di natura storico-linguistica.
Van Boxhorn scopre la parentela tra germanico, svedese e persiano estende la
parentela verso l’ambito orientale.
Tra il Seicento e Settecento si affinano le competenze linguistiche e si iniziano a
pubblicare due tipi di lavori: (1) glossari, spesso incompleti che sono antenati dei
nostri dizionari e che registrano in modo caotico termini antichi e quelli dialettali
dando l’interpretazione contemporanea; (2) mira a “continuizzare” tutti quei lavori di
grammatica in qualche modo integravano antichi tentativi di celebrazione rigorosa e di
grammaticalizzazione delle singole lingue parlate in tutti i territori della Germania.
In questa fase di consolidamento degli stati nazionali, si scontra con lo stesso
problema di codificare una lingua volgare sovraregionale (una lingua tedesca).
Si fa un’operazione di comparazione tra varie lingue e se ci si trovano delle
somiglianze, si può arrivare ad una specie di legge.
Le lingue germaniche iniziano ad essere studiate con un loro statuto autonomo
all’interno della famiglia indoeuropea: teoria dell’albero genealogico (August
Schleicher) presenta una classificazione delle lingue in base alla maggiore o minore
affinità tra i parlanti e alla loro collocazione geografica; i presupposti su cui essa
poggia si richiamano allo smembramento di un presunto e indiscusso stadio unitario di
purezza, un’idea debitrice della riflessione linguistica rinascimentale che, in ultima
analisi, si ricollega al tema del libro veterotestamentario della Genesi (da dispensa).
È una teoria che prevedeva all’origine una lingua madre, indoeuropeo, che produceva
varie lingue figlie, tra cui il protogermanico e il germanico veniva riconosciuto tra
occidentale, settentrionale e orientale. Il germanico orientale si sarebbe evoluto verso
quello che è diventato il gotico (unica lingua attestata); germanico settentrionale, un
gruppo di lingue nord germanico che sono le lingue scandinave (protonordico, antico
islandese, antico svedese, antico norvegese); germanico occidentale si evolve nelle
lingue moderne come l’inglese, l’olandese. A questa partizione si davano vari figli. La
debolezza di questa teoria è che viene collocato tutto in modo contemporaneo,
quando le attestazioni invece hanno cronologia diversa. Non ci sono tracce di influssi
reciproci in alcuni casi.
A questa immagine si contrappose nel 1872 da Johannes Schmidt una teoria di
interpretazione del germanico che prende spunto da un’immagine iconica teoria
delle onde (Wellentheorie): La ‘teoria delle onde’ di Schmidt, che punta sulla
diffusione graduale dei fenomeni da un epicentro (come un oggetto lanciato in uno
stagno), detta le basi su cui si fonda la stessa geografia linguistica, concentrata sullo
studio del mutamento linguistico nello spazio. Era a favore di un costante processo di
mescolanza linguistica (Sprachmischung) dovuta all’inarrestabile contatto tra i parlanti
e alle infinite possibilità di differenziazione.
Riconoscimento delle lingue germaniche come oggetto di studio in un dibattito
prolungato nella storia della linguistica occidentale, di discipline che non si basano
solo sullo scambio di idee, ma che si richiamano a dei dati precisi, computabili ed
eventualmente confutabili. A partire dal 1500 l’archeologia ha conosciuto un boom
incredibile proprio a seguito di quella rinascita antiquaria che cominciò a celebrare in
culto tutto quello che proveniva dall’antichità locale e da l’ cominciarono una serie di
campagne che portarono alla scoperta di vari siti archeologici e la scoperta di rune.
Per quanto riguarda la linguistica: ci sono alcune condizioni ermeneutiche utilizzate nel
tentativi di interpretare e comprendere quali fossero le lingue originariamente famiglie
e, riconosciute le lingue germaniche, ci furono vari modelli di studi.
La teoria delle onde riguardava un tentativo di interpretare i meccanismi sulla quale
operano i tentativi fonetici.
I neogrammatici mettevano in discussione tutta una serie di capisaldi sul finire
dell’Ottocento ipotizzando che le lingue e quelle germaniche, in particolare, potessero
essersi evolute in momenti diversi, non tutte sullo stesso piano.
Teoria della poligenesi ispirata tra gli altri da Otto Höfler: teoria secondo la quale
un dato gruppo di organismi si sarebbe sviluppato a partire da forme primitive
differenti originatesi contemporaneamente e indipendentemente in luoghi diversi.
Esempio spesso chiamato in causa: l’insieme di fenomeni che riguardano l’evoluzione
specifica caratterizzante il tedesco, il tedesco odierno è una lingua che deriva da una
serie di parlanti che hanno condiviso dei fenomeni che risultano efficaci ed operativi
da una certa data in una certa area (l’area meridionale, chiamata Alto tedesca, perché
vicina alle Alpi).
La storia delle popolazioni che hanno dato vita a quei dialetti dell’Alto tedesco ci
hanno detto che erano residenti in area Settentrionale in verità, e per vari motivi
hanno compiuto un processo di migrazioni che dalle foci dell’Elba sono andati prima
verso est e poi verso sud dove, a contatto con realtà linguistiche non germaniche,
hanno prodotto quei fenomeni che oggi si considerano tipicamente meridionali, che
sono il risultato di un’evoluzione linguistica di gruppi che in origine erano
Settentrionali.
La poligenesi fa vedere come certi fenomeni linguistici possono essere il risultato di
certi fenomeni extra-linguistici, culturali.
Teoria del sostrato teorizza che determinate configurazioni linguistiche si
debbano agli influssi di popolazioni preesistenti che, mescolandosi non nuovi arrivi,
generano i vari mutamenti.
Parlando di lingue germaniche anche i linguisti tendono a porsi nei confronti della
suddivisione delle lingue germaniche secondo quella partizione utilizzata dagli storici e
dagli archeologi che parlava di culture del Mare del Nord, Scandinave, Orientali (Goti,
Vandali, etc.) etc., che non solo ricalca le aree culturali riconosciute, ma anche le
stesse suddivisioni che Tacito aveva desunto da Plinio.
L’accento: “rizotonia” o “accentazione radicale”.
In germanico si opera un fenomeno che contribuirà in modo determinate alla struttura
delle lingue germaniche. Il primo fenomeno arcaico è rappresentato ancora in una fase
di passaggio tra l’indoeuropeo occidentale e quelle lingue germaniche dall’evoluzione
dell’accento, che in ie. era libero, cioè poteva cadere, mentre invece nel germanico
(come in altre lingue) si fissa in una determinata sede: per il germanico è la radice.
Questo irrigidimento dell’accentuazione sulla radice (per questo si chiama di rizotonia)
fa si che la parte più accentuata di una parola sia la radice, tutto sto che sta a destra
(nella coda) della radice subirà un processo di indebolimento, se non di parziale o
totale della caduta delle sillabe. Questo sta a dimostrare i numerosissimi monosillabi
dell’inglese: si è subito un processo di usura fonetica notevolissimo.
Questo che conseguenze porta? Devastanti, perché la fissazione dell’accento sulla
sillaba radicale comincia a mettere in ombra tutti i polisillabi, tantoché parole
polisillabiche si riducono al massimo a monosillabi.
Il fenomeno di fissazione dell’accento sulla sillaba radicale è datato circa la metà del
primo millennio (circa IV sec. a.C.) data una serie di circostanze.
Per comodità, i linguisti considerano, parlando di fonologia quantitativa, a utilizzare un
termine mora: la quantità minima di un fonema vocalico. In questo processo di
indebolimento sillabico, le vocali extra lunghe e i dittonghi lunghi si riducevano a
vocali lunghi, si riduceva una piccola parte di peso sillabico (così anche una vocale
lunga poteva diventare breve, oppure una vocale breve, riducendosi ulteriormente,
cadeva se tutte perdono un elemento, la vocale breve cade).
ESEMPIO 1 SU QUADERNINO
La riduzione dovuto alla fissazione dell’accento sulla sillaba radicale e l’oscuramento
di quello che segue avrà anche delle conseguenze molto più gravi se cominciano a
cadere le desinenze e le vocali tematiche, si perde la possibilità logica (non più
fonologica), grammaticale, di capire chi è il soggetto o l’oggetto.
In latino, era quasi possibile produrre una frase mettendo il verbo in fondo, per creare
periodi particolarmente chiari e logici. Ma se cominciano a cadere le desinenze,
comincia ad andare in crisi il rapporto logico all’interno di una frase, cosa che una
lingua non si può permettere. Come si risolve? La lingua è un organismo vivente,
intelligente e anche elastico, che sa far fronte a mutazioni importanti riorganizzandosi
di conseguenze. Ad una crisi del sistema flessivo le lingue c’è un irrigidimento della
sintassi. Le lingue sintetiche hanno una sintassi generalmente più libera, quelle che
invece che lo hanno perso, sono lingue analitiche che hanno bisogno di un maggior
rigore (SOV, SVO etc.).
La fissazione dell’accento comportò di tutte le informazioni, relative alla parola, sulla
sillaba radicale. Esempio: foot/feet, mouse/mice, goose/geese sono monosillabi, la
differenza tra il singolare e il plurale è l’ultima traccia di due parole che avevano un
seguito diverso, ma è caduto tutto ciò che seguiva e tutte le informazioni (in questo
caso la pluralità) sono registrate sulla sillaba della radice (che in questo caso è
monosillabo).
Un’altra conseguenza, non immediata, ma che contraddistingue la situazione poetica
delle lingue germaniche, come conseguenza della rizotonia, anche dallo schema
metrico dell’antica poesia germanica. Nel latino l’accento metrico è basato sulla rima;
invece, lo schema metrico funzionale nelle lingue germaniche è rappresentato
dall’allitterazione (corrispondente della rima) del medesimo fonema iniziale.
Innologia cristiana i canti risentono della metrica latina, e quindi la rima diventò un
elemento per le culture germaniche un elemento esotico. L’ingresso della rima nel
mondo germanico avviene più tardi e prima sull’influsso dell’innologia cristiana e
successivamente dall’influsso esercitato dalla cultura europea che dettò le leggi
culturali: il francese.
Mutazione Consonantica Germanica (MCG).
Le lingue germaniche sono tali perché condividono un fenomeno, straordinario e unico,
all’interno del sistema linguistico ie. : una lingua germanica può essere detta tale a
condizioni che condivida completamente un fenomeno che è rappresentato
dall’evoluzione di tutto il sistema consonanti: mutazione consonantica germanica
(datato circa sec IV-II a.C.)
La si può anche chiamare “La legge di Grimm” i fratelli Grimm si resero conto che
nel confronto con le altre lingue ie. c’era una corrispondenza precisa e
incontrovertibile tra certe consonanti di tutte le lingue ie. e certe altre consonanti solo
nelle lingue germaniche.
Cosa era accaduto? Un fenomeno piuttosto complesso che era avvenuto nel corso di
un tempo sufficientemente ampio ed esteso e che, come tale, era stato già osservato
da Franz Bobb e da R. Rask (ha scritto un trattato in danese). In verità la legge di
Grimm non è totalmente loro, perciò si preferisce parlare di MCG.
È un processo evolutivo, a carico del tema consonantico ie., che tende a isolare le
occlusive sorde, le occlusive sonore, le aspirate sonore (b, d, g). Questo ultimo gruppo
è un gruppo fortemente contestato dei linguisti.
Questa teoria ha dei punti deboli, non spiegati, ma i tentativi alternativi che
spiegavano in modo talvolta più convincente i fenomeni delle lingue germaniche
fallivano in altri aspetti. Quindi questa legge, che cerca di dare una spiegazione al
consonantismo di tutte le lingue germaniche, questa interpretazione è quella che dà
meno problemi, anche se li ha comunque. Il primo dei quali è proprio la
rappresentazione delle aspirate sonore (BH, DH, GH): questa categoria di fonemi è
rappresentata nelle lingue ie. quasi esclusivamente dal sanscrito e si sono usate per
cercare di spiegare certi fenomeni.
Cosa c’è alla base della MCG? C’è un processo di progressivo slittamento fonetico che
giustifica proprio la definizione originaria di Jakob Grimm, che la chiamò
Lautverschiebung l’idea che sta alla base della MCG è quella della modificazione.
1. La prima classe di fonemi che ha cominciato a modificarsi fu la classe delle
occlusive sorde (p, t, k, kw) che produssero delle fricative sorde corrispondenti:
ESEMPI SOTTOLINEATI SU DISPENSA
In questo modo, le occlusive sorde non esistono più la lingua si riorganizza.
2. Le occlusive sonore ie. corrispondono in germ. occlusive sorde:
Ora si sta parlando dall’ie. al germ., e poi bisognerà passare alle lingue germaniche
dal punto di vista consonantico solo il tedesco andrà avanti col consonantismo (tra VII
e IX sec.), ma tutte le altre lingue germaniche odierne hanno lo stesso sistema
consonanti che avevano anticamente.
3. Alle occlusive “sonore aspirate” ie. corrispondono in germ. spiranti sonore e,
come loro varianti posizionali, in principio di parola e dopo consonante, delle
occlusive sonore.
In posizione inter- o post-vocalica, i fonemi si trasformano nelle corrispondenti fricative
(spiranti) sonore.
Ancora in area germanica la fricativa dentale sonora /ð/, derivata da un’aspirata
sonora ie., solo nel germanico occidentale si despiralizzerà diventando un’occlusiva
sonora /d/.
Al nominativo rimane la spirante sonore, invece in altre declinazioni, si trasforma in
occlusiva sonora. LEUBH- è al nominativo, c’erano altre desinenze dietro e per questo
al nominativo rimane la spirante sonora.
Eccezioni:
a. Nei gruppi */sp, st, sk/ la sibilante impedisce la modificazione dell’ occlusiva
b. Nei gruppi /pt/ e /kt/ muta solo il primo elemento
La legge di Verner.
Verner scoprì che comparando una serie di forme si rese conto che la mutazione
consonantica germanica non era in grado sempre di spiegare coerentemente una serie
di forme. Guardando forme come il sanscrito, il latino e il greco, osservò che le lingue
germaniche, invece di avere una fricativa sorda (f, t, ħ, s), avevano una
corrispondente sonora (ƀ, ð, ǥ, z > r).
In aat. contraddice la legge della mutazione consonantica. In queste forme che
riguardano la dentale, in aat. e asass. si trova una occlusiva dentale sonora e non
fricativa come in norreno perché nel germanico occidentale tutte le /ð/ si sono
trasformate in /d/.
Esempi sulla dispensa.
ie. *WĀT- (conoscenza più di carattere percettivo) alla base del latino vātes, faìth in
antico irlandese (poeta/veggente). In got. wōÞs (pazzo). Quindi in possesso di qualità
che vede oltre.
Verner stabilì che tutte queste forme apparentemente centriche rispetto alla regola
della MCG, sviluppavano delle formi delle forme irregolari sempre e solo in
determinate condizioni: quando il fonema non era preceduto, ma era seguito
dall’accento, quando l’occlusiva è seguita dall’accento.
La legge di Verner stabilisce i confini di applicabilità di quella formula, scoprendo un
fenomeno importante collegato all’accento. Quella MCG delle occlusive sorde produce
sempre delle fricative sorde a condizione che quella occlusiva sorda ie. in origine non
fosse stata preceduta da un accento; se l’accento seguiva, invece di trasformarsi in un
occlusiva sorda, si trasformava in un occlusiva sonora.
“le occlusive sorde indoeuropee e la sibilante /s/, in posizione intervocalica, in
germanico si sviluppano in spiranti SONORE, a condizione che l’accento originario
non cada sulla sillaba immediatamente precedente”.
La MCG si applica perfettamente alla classe delle occlusive sorde (p, t, k) a condizione
che l’accento non le segua, perché in quel caso si trasformano in sonore. L’accento
che segue favorisce, per ragioni di natura fonotattica, una forma sonora un
processo di lenizione e sonorizzazione.
La legge di Verner avviene prima o dopo la MCG? L’accento germanico
progressivamente si fissa sulla prima sillaba tra il IV e II sec. a.C., la MGC presenta dei
prestiti dal celtico ma non dal latino. I prestiti dal celtico mostrano mutazioni
consonantiche, mentre quelli dal latino i prestiti dal celtico sono entrati prima nel
lessico germanico dell’inizio della MCG, ma quelli dal latino sono entrati storicamente
nel germanico una volta che la MCG aveva cessato di operare. Se la MCG la datiamo
circa tra IV e II sec. a.C., la legge di Verner non potrebbe essersi applicata una volta
che l’accento si fosse fissata sulla sillaba radicale si applica a seconda che l’accento
cada prima o dopo l’occlusiva, quindi la legge di Verner opera in una fase preistorica in
cui l’accento non si era definitivamente fissato e ammetteva forme dove poteva
occupare posizioni diverse:
“Le forme sonorizzate fotografano dunque quel periodo di passaggio alla fissazione
dell’accento nel quale talune forme nominali, verbali o aggettivali avevano ancora
l’accento in una sede diversa dalla radice o ne conservavano la memoria”.
La forza necessaria per produrre un fonema fricativo dipendeva dalla posizione
dell’accento e richiedesse, nel caso di un accento successivo, un maggiore grado di
tensione.
ESEMPIO 2 SU QUADERNINO
Il got. scrive sempre un’occlusiva sonora in tutte le situazioni. Nel tedesco perde
l’elemento aspirante e resta la parte occlusiva, a differenza dell’inglese in cui si ha /v/.
in inglese di mantiene l’elemento fricativizzante ESEMPIO 3 SU QUADERNINO.
In aingl. Abbiamo faeder, ma in ing. moderno abbiamo “father”.
ESEMPIO 4 SU QUADERNINO
Verner analizza il sistema verbale di una serie di lingue ie. dove notava una differenza
di forme tra singolare e plurale.
I numeri spesso danno evidenza che l’accento doveva cadere sulla sillaba successiva.
I was, we were governata dalla legge di Verner. ESEMPIO 5 SU QUADERNINO
In tedesco ha prevalso la forma ich war sulla forma dell’analogie delle forme plurali. In
norreno, nelle iscrizioni runiche più antiche provenienti dalla Scandinavia, il caso
specifico del verbo essere si è livellato sulle forme del plurale r.
L’alternanza grammaticale.
Considerando la legge di Verner nel suo complesso, qualcuno ha sintetizzato la
formula della Legge di Verner con un’ appellativo tedesco: grammatischer Wechsel.
L’alternanza grammaticale sulla base della legge di Verner. Si dice grammaticale
perché la legge di Verner ha delle ricadute anche sul sistema grammaticale.
Si osservano al preterito plurale e al participio passato dei verbi forti, in forme
originariamente non interessate dall’accento in posizione radicale:
C’è un rotacismo perché l’accento è sulla o.
L’aggettivo aveva originariamente l’accento successivamente alla consonante (germ.
vs. got.). Nel primo caso, l’accento si trova sulla sillaba radicale fin dall’inizio.
Il vocalismo.
Ci sono una serie di modificazioni che partono in epoca pre-scrittoria da alcune
testimonianze direttamente registrate da autori romani. In germanico delle origine
mostra già un sistema vocalico fatto di sole 4 vocali, perché si ricostruisce
comparativamente l’avvenuta fusione della a lunga e o lunga in o lunga, che è di
timbro molto più aperto. Viceversa, la a e la o breve si fondono in a breve.
La MCG si applica allora e non cambierà mai più, salvo per l’aat. Il sistema vocalico è
più complesso perché il germ. ha un vocalismo confrontabile con l’ie., ma le principali
modificazioni avverranno dal germ. alle lingue germaniche. In aingl. quella forma æ
aingl. è una a breve che risulta da un fenomeno che ancora oggi è in uso. Questo
fenomeno inizia in una fase arcaicissima in inglese. Nel caso di ea.
Il vocalismo è abbastanza semplice dal passaggio ie. germ., ma diventa più
complesso nella storia delle lingue germaniche.
In germ. c’è una riduzione:
- ie. */a/ */o/ germ. */a/ (breve)
- ie. */ā/ */ō/ germ. */ō/ (lunga)
Ex: Lat. rōmānī got. rūmōneis [ei] [ī]
La realizzazione fonetica cambia dà luogo a luogo.
Ci sono 5 fonemi brevi e in 4 fonemi lunghi. Ovviamente questo vale anche per il
dittongo:
- ie. */ai/ */oi/ germ. * /ai/
- ie. */au/ */ou/ germ. */au/
- ie. */ei/ / germ. */ī/
- ie. */eu/ germ. */eu/
Nota: alcune volte ci sono delle contraddizioni.
A un certo punto della storia del germ., non databile con esattezza, si osserva la
presenza di un secondo tipo di /ē/ l’antica /ē/ di origine ie. nel germ. aveva, con ogni
probabilità, un grado di apertura estremo. Come si fa a dimostrarlo? Sulla base degli
esiti delle parole germaniche contenenti una antica ie. /ē/, che ovunque si trasforma in
/ā/, salvo che in got., che non fa distinzione fra /ē 1/ (ie.) fra la /ē2/ (germ.), che ha un
timbro più alto.
Non si sa la provenienza della /ē2/. Si ipotizza che possa provenire che il dittongo ie.
/ei/ si sia dittongato in una forma più lunga.
Sono poche le parole di origine germanica in cui compare questo fonema:
esempio germ. hēr > ted. hier
L’utilizzo più frequente di /ē2/ lo si scopre risedere in tutti i prestiti dal latino contenenti
una /ē/, segno evidente che la /ē/ pronunciata dai romani nei prestiti acquisiti da
parlanti germanici evidentemente era di un timbro così significativamente diverso da
essere ben distinto dall’originaria autoctona /ē/, che in tutte le lingue più tarde si
trasforma in /ā/.
ESEMPIO 6 SUL QUADERNINO.
L’aingl. ha sviluppato un processo, fronting, a carico della a che già in antico inglese
diventa æ, ad eccezione di un solo caso: che non si trovi davanti ad una nasale
(rimane a, non æ) che contrasta la palatizzazione. L’antichità di questo fenomeno la si
ritrova ancora oggi in inglese man, lamb. La parla inglese non è la lingua dell’area
dominante dell’Inghilterra medievale, cioè il regno del Wessex, ma è quello dell’area
che si concentra nel centro di Londra e nell’area settentrionale, dove si forma la base
per la nascita dell’inglese ufficiale, che risente della lingua di corte e di una serie di
dialetti diversi che convergono su Londra sulla scia di migrazioni di popolazioni
settentrionali e meridionali quando Londra assume importanza tra Middle English ed
Early Modern English.
/ē2/ rimane in tutte le lingue germaniche tranne in aat. che si allunga in /ia/ e /ea/. La
parola latina tegula entra come prestito nelle lingue germaniche. In ing. abbiamo tile,
e sappiamo che deriva dal latino perché inizia con la t che non ha subito ma MGC.
Nel sistema fonologico del sistema vocalico lunghe germanico, subentra una nuova /ē/
molto chiusa, che non ha nulla a che vedere con quella ie., ma che ha a che vedere col
contatto di altre lingue (fonema indotto da prestiti latini). Il germ. riuscirà a includere
questo fonema estraneo e a svilupparne l’uso in un contesto grammaticale di
grandissima importanza.
Nelle lingue germaniche si riformano i fonemi:
per arrivare alla /ā/:
La nasale cade che prima nasalizza la vocale e poi l’allunga:
In aingl. c’è una o lunga e non una a lunga è il risultato di un processo che in
inglese vedeva la a breve germ. che si trasforma in æ, ma non davanti alle nasali,
alternandosi alcune volte con o, quella forma Þōhte deriva da una forma Þōnhte.
Le iscrizioni epigrafiche pongono problemi di interpretazione perché l’epigrafia è molto
convenzionale e raramente registra evoluzioni fonetiche. L’epigrafia runica è
conservativa e non ci aiuta a dare un grado preciso di livello fonetico.
Questo sistema vocalico comincia a essere rivitalizzato tramite due grandi fenomeni:
- metafonia (Umlat): processo di assimilazione parziale
- frangimento/frattura
Fonetica combinatoria. Sono nuovi fonemi che si producono per la contemporanea
azione di elementi diversi, quindi sono indotti dall’incontro/scontro di determinati
episodi fonetici:
- despirantizzazione in area germanico occidentale (esempi su dispensa)
- geminazione consonantica in area germanico-occidentale incontro/scontro
tra un’occlusiva e una semiconsonante /j/, che genera un raddoppiamento.
- vocale + nasale + spirante nel gruppo anglo-frisone la nasale postvocalica
cade davanti alle fricative /f, Þ , s/ con allungamento di compenso della vocale.
a. *-voc. + n + f- > -voc. lunga + f
b. * -voc. + n + Þ > voc. lunga + Þ
c. * -voc + n + s > -voc. lunga + s.
- palatalizzazione nel gruppo anglo-frisone
Fenomeni di fonetica combinatoria nel vocalismo in sillaba tonica.
La fissazione dell’accento sulla sillaba radicale produrrà nel corso dei secoli (periodo
non coperto da attestazioni scritte) di riequilibri di natura sillabica: ci saranno sillabe
molto accentate, e sillabe progressivamente sempre meno accentate. Questo è un
fenomeno inevitabile non solo per il germanico, ma anche nelle lingue neolatine, che
si può offuscare in una prima fase e poi cadere.
Per il germanico questo è un fenomeno particolarmente sentito e nella pratica
quotidiana si può vedere nell’inglese soprattutto, che ben raramente ha dei polisillabi
e quando esistono, sono prestiti romanzi (francesi). In tedesco si trattano soprattutto
di composti. Il sistema della composizione dei composti di membri o trimembri è una
delle peculiarità del tedesco.
La caduta di una sillaba intermedia o finale può avere delle ricadute importanti, se si
pensa che con le sillabe finali l’indebolimento e la caduta potevano produrre delle
conseguenze caotiche dal punto di vista grammaticale: perdita di definitezza e
marcatezza. Ogni volta che nella storia delle lingue germaniche si producevano delle
cadute, soprattutto sulla sillaba finale, queste erano sempre accompagnate da una
sorta di assimilazione parziale regressiva a carico dell’unico luogo in cui non si sarebbe
mai perso l’accento, cioè la sillaba radicale.
Questo processo consiste in una sorta di assimilazione da parte della sillaba radicale di
un qualcosa che le sillabe successive (cadute) hanno lasciato traccia e con significato.
Un qualsiasi elemento della radice subisce un’influenza da elementi che sono
successivi e che poi cadono, ma lasciando una traccia.
1. Restringimento/chiusura.
È un fenomeno che riguarda il protogermanico (anche il gotico). C’è un effetto
innalzante in germ.
- ie. *e + y/i > germ. * i La presenza di una y/i in sillaba finale influenza la
sillaba radicale; la sillaba finale poi cadrà;
- ie. *e + n + Cons. > germ. * i + n + Cons.
2. Apertura. se seguono *a/*o e qualora non si interponga il nesso Nasale + Cons.
La a, prima di cadere, influenza la sillaba radicale e produce il fonema /e/, per poi
cadere.
- ie. */i/ > germ. */i/ > */e/
- ie. * /u/ > germ. * /u / > * /o/
- ie. * /eu/ > germ. * /eu/ > */eo/
NOTA! In gotico ESEMPIO 7 SU QUADERNINO.
3. Metafonia. Si intendono due tipologie: palatale e labiale. Questo processo di
metafonia è attestato in tutte le lingue germaniche tranne in gotico.
Metafonia palatale quei fenomeni a carico del sistema vocale tonico (radicale)
prodotti da un elemento palatale (i, j).
- germ. *a + j/i aisl. e; aingl. e, asass., aat. e;;
- germ. * ā + j/i aisl. ǽ; aingl. ǣ, MA asass., aat. > ā. dopo la
cristianizzazione che si inizia a scrivere, asass. e aat. non registrano la
metafonia, lo fanno solo in epoca tarda. Questo significa che la a non viene
registrata, ma sappiamo che esisteva;
- germ. *u * j/i aisl. y; aingl. y, MA got., asass., aat. > u;
- germ. *ū + j/I aisl. Ý; aingl. ȳ; MA asass., aat. > ū;
- germ. *ō + j/i aisl. ǽ; aingl. ē, MA asass. ō; aat. uo;
- germ. *au + j/i aisl. ey, aingl. Īe, MA asass. aat > ō (got. <au>).
Metafonia labiale quei fenomeni che influiscono sul vocalismo radicale e sono
prodotti da un elemento labiale (u, w) in sillaba postonica, su vocali e dittonghi palatali
in sillaba radicale, e attestata (in epoca successiva alla precedente), e con esiti
distinti, soltanto in aisl. e aingl.
Antico inglese:
- *æ > ea
- * e > eo
- * i > io
Norreno:
Frangimento/fratture. È un fenomeno che apparentemente potrebbe essere confusa
con una metafonia, perché è un fenomeno che si concretizza attraverso la
modificazione della vocale radicale a seguito della presenza di qualcosa. La frattura si
presenta solo in aingl. e aisl., che operano con modalità diverse.
Fenomeno che riguarda vocali palatali in sillaba radicale che si “frangono”,
sviluppando tra se e il suono velare un glide semivocalico intermedio di timbro [ə].
- Antico inglese: /l/ +CONS, /r/ +CONS oppure /h/ producono nella scrittura
degli apparenti dittonghi, ma in verità produce un glide che modifica il
movimento ma che non corrisponde a un vero e proprio dittongo. ESEMPIO 8 SU
QUADERNINO
- Antico islandese: riguarda soltanto la vocale radicale /e/ ed e provocata da /a/
oppure /u/ postoniche */e/ + /a/ > /ja/, */e/ + /u/ > jǫ/n ESEMPIO 9 SU
QUADERNINO
Frattura gotica. Comporta l’apertura di vocali brevi radicali, per effetto di suoni
consonantici in sillaba postonica:
- germ. */e/ > got. ai se seguono /r, h, ƕ/ [ɛ:]
- germ. */u/ > got. au se seguono /r, h, ƕ/ [ɔ:]
Mutazione consonantica antico alto tedesca (MCAAT)
Si fa sempre riferimento a un fenomeno che si realizza in ambito germanico con
coordinate cronologiche molto più tarde rispetto a quello che si ipotizza essere stata la
MCG. La MCAAT finisce di operare, in alcuni casi, tra VIII e IX sec., secoli dopo la MCG.
La MCG è attestata da tutte le lingue germaniche; la MCAAT è un fenomeno che si
realizza di una parte dell’area germanica all’interno della quale la mutazione
originariamente si sviluppa in una parte limitata. L’epicentro della MCAAT è nell’area
meridionale, vicino alle Alpi. In quest’area c’erano i più importanti centri di potere
culturali e religiosi, è un’area che ha garantito all’impero carolingia maggiore fedeltà e
quindi progressivamente si è spostata verso nord, fermandosi ad un certo punto nell’
area basso tedesca dove c’era una serie di etnie unificate fra VIII e IX sec. dalla
confederazione dei sassoni (quindi si parla di lingua asass., quindi senza MCAAT).
La Benrather Linie (pag. 25, fig. 1) demarca la divisione tra l’area basso germanico e
alto germanico.
Insieme alle caratteristiche descrivono il fenomeno della MCAAT, ne vengono associate
altre secondarie.
Riguarda le OCCLUSIVE SORDE e SONORE del germ. occidentale (derivate,
rispettivamente, dalla occlusive sonore e dalle sonore aspirate ie.).
Occlusive sorde: a seconda della posizione della consonante nella parola:
- in posizione media intervocalica o finale postvocalica le occlusive sorde danno
delle spiranti sorde geminate (doppie) che poi si semplificano dopo vocale lunga
e in posizione finale
- in posizione iniziale e postconsonantica danno esito a delle affricate.
La MCAAT colpisce anche i prestiti dal latino. Questa è la prima fase della MCAAT.
Occlusive sonore: in aat. la situazione delle occlusive sonore germaniche è oggetto di
variazione ma viene recepito nel tedesco odierno solo per quanto riguarda la serie
dentale. Le occlusive sonore danno come esito le corrispondenti sorde, ma il fenomeno
e condiviso in modo completo soltanto nel caso della dentale (/d/ > /t/), mentre la
trasformazione di labiali e velari riguarda solo i dialetti tedeschi superiori (aat.
esempio: alemanno, bavarese).
La modificazione della b e della g non esiste nel tedesco odierno ma solo nei dialetti
superiori.
In origine quindi: b > p, d > t, g > k, ma si è mantenuto solo d > t nel ted. sup., poi il
resto ha regredito.
Nell’ambito della MCAAT rientra la sonorizzazione e despirantizzazione della
originaria fricativa dentale sorda germ. in spirante dentale sonora /ƥ/ > */ð/ > /d/.
Sono riconosciute tre fasi nell’applicazione della MCAAT.
Le più antiche attestazioni scritte della MCAAT sono contestate, perché potrebbero già
trovarsi in quelle poche iscrizioni runiche di area alto tedesca, ma le più antiche
attestazioni della MCAAT la si ritrova in un testo latino: l’editto di Rotari (Pavia, 643).
Durante il sec. VIII si consolida questo fenomeno per arrivare ad una terza fase più
limitata che è rappresentata dalla desonorizzazione delle occlusive sonore in occlusive
sorde. (spiegato meglio su dispensa).
L’apofonia.
È un fenomeno che non si applica solo al verbo, ma è un fenomeno su cui è basato
anche il lessico. È una caratteristica ie. ed è una sorta di alternanza vocalica all’interno
della stessa radice. L’apofonia si rileva immediatamente a livello fonetico.
L’applicazione dell’apofonia si basa sulla possibilità di utilizzare in una stessa radice
(nominale o verbale) forme con variazioni vocaliche diverse per esprimere concetti o
tempi diversi.
Una grande applicazione dell’apofonia viene sfruttata a livello verbale nelle lingue
germaniche, utilizzata per coniugare voci verbali di un certo determinato gruppo di
verbi, che si basano sull’apofonia per esprimere tempo, modo e transitività; mentre
nel nome può fornire informazione relative al caso.
Esistono due tipi di variazione:
- apofonia qualitativa: cambia il timbro, la qualità della vocale; si modifica un
elemento vocalico con un altro; le vocali radicale interessate presentano un
grado allungato;
- apofonia quantitativa: cambia la sua quantità (se è breve o lunga); le vocali
cambiano il proprio grado.
All’interno dei sistemi linguistici ie. le apofonie erano varie; quella forse più frequente
è quella consistente in grado medio/normale breve *e che si alterna con un grado
forte/pieno breve *o oppure l’assenza di grado, grado zero Ø, dove la vocale non
era esemplificata.
L’apofonia è un sistema pragmatico attraverso il quale le lingue riproducono, con una
leggera modificazione, una serie di radici arricchendo così il patrimonio lessicale in
termini simili e immediatamente riconoscibili.
L’apofonia di per sé è un fenomeno che non implica necessariamente in primis
un’applicazione verbale, ma nelle lingue ie. l’applicazione dell’apofonia al sistema
verbale è risultato molto produttivo.
Se si modifica solo l’elemento vocalico, si possono riprodurre significati affini. Sono
forme corradicali distinte sulla base della qualità vocalica in latino; questi elementi
esistono anche in greco.
Ci sono apofonie bassate anche sulla quantità: alternanza di vocale breve con lunga.
Nota! Non confondere l’apofonia con la metafonia.
L’apofonia è distinguibile attraverso una serie di schemi fisse: le classi apofoniche
*/e/, */o/, assenza di vocale. Questa serie apofonica si riferisce all’ie., quindi una *e
che rappresenta il grado medio, si alterna con una *o, che a livello germanico è *a. Nel
grado zero originariamente non c’era un elemento vocalico, ma un elementi di natura
sonante nell’ie. che nelle varie lingue si svilupperà in modo proprio; nel germ. abbiamo
visto che laddove c’era la presenza di una sonante, il germ. ha sciolto questo fonema
che non registra più sviluppandolo in *u + CONS: le sonanti (L, R, M, N) creano una
vocale *u di appoggio.
Il verbo.
I sistemi verbali dell’ie. e del germ. si basano sull’apofonia.
Il verbo è un termine che indica un’azione, nei verbi esiste il nome verbale: l’infinito (il
nome di un’azione).
Il verbo deriva dal latino verbum, che significa parola, deriva dall’ie. *WERDHOM, che
con un grado apofonico diverso sulla *e, è alla base della parola inglese word, del ted.
Wort. Un nome, invece, indica una qualità, non un’azione.
Nelle lingue romanze il sistema verbale è flessivo.
Le lingue germaniche hanno modificato sostanzialmente il sistema verbale originario
dell’ie., il quale non era secondo una serie di relazioni temporali, bensì una serie di
relazioni modali-aspettuali: il sistema di relazioni temporali, in una frase arcaica
dell’ie., era realizzato attraverso l’inserimento di suffissi, laddove invece quello che
contava era la tipologia dell’azione e la modalità con cui un’azione veniva svolta
(come si verifica un’azione?)
In germ. ad un certo punto della loro storia abbandonano la categorizzazione della
modalità e comincia a prevalere la categoria del tempo (quando si verifica l’azione?),
una categoria che era presente anche nella fase precedente, ma era legata ad una
percezione relativa. Al posto di diversi tipi di radici si sono utilizzate diversi suffissi o
serie apofoniche.
Un elemento che nelle lingue che hanno operato (germ.) questa evoluzione a favore
della temporalità, la ricchezza di sfumature è realizzata attraverso una
differenziazione di desinenze: primarie (modo indicative, per esempio), secondarie
(modo ottativo-congiuntivo).
A fronte dell’attenzione verso l’azionalità (la tipologia dell’azione descritta dalla
semantica verbale), diversamente dall’aspetto che indica quell’azione verbale in
riferimento al tempo di quell’azione (non di quello che la descrive), il tempo
rappresenta la fissazione di quell’azione relativamente a un piano discorsivo diverso,
di chi riferisce.
In altri casi, la modificazione della semantica verbale nelle lingue germaniche è
rappresentata da prefissi (presenti anche in latino) per esprimere quel concetto di
perfettività e imperfettività.
Rispetto al verbo ie., il germ. nuovamente intraprende un processo di drastica
semplificazione di tutto l’antico sistema verbale ie., cioè restano soltanto due tempi
(presente e passato) e tre modi (indicativo, ottativo, imperativo).
Nelle lingue germaniche il passato è rappresentato dal preterito: è quel tempo
germanico che assume in sé le varie sfumature di semantica verbale di un’azione già
avvenuta, o anche già iniziata.
L’intero sistema verbale delle lingue germaniche è sostanzialmente scomponibile in
verbi che sfruttano per la loro coniugazione:
- verbi apofonici (come si vede nei verbi irregolari, NON DIRE ALL’ESAME)
- verbi suffissali costruiscono il passato attraverso l’inserimento di un suffisso
che ha una natura perifrastica (come nei verbi regolari);
- verbi atematici
- verbi modali una via di mezzo tra apofonici e suffissali.
Verbi apofonici – verbi forti. Jakobson li chiamò verbi forti.
Esempio: drink (grado medio), drank (grado forte, è una a breve ma nel germanico
corrisponde ad una ie. breve), drunk (grado zero, e lo capiamo perché è seguita da
una NASALE).
Esempio: essen (grado medio), aß (grado forte), gegessen (non è un grado zero, perché
non ci sono le condizioni).
Ci sono tipologie diverse che rappresentano delle sottoclassi: il germ. conosceva sette
classi apofoniche diverse, riconoscibili sulla base della radici.
Le prime cinque classi dei verbi forti sono bassate su un apofonia qualitativa. La VI è
basata su quella quantitativo e la VII basa il suo sistema su uno diverso.
V classe = la consonante non deve essere né liquida né nasale.
Le voci verbali sono quattro: infinito/presente, preterito singolare, preterito plurale,
participio passato.
Nella formazione del preterito inglese la forma derivata dal preterito plurale ha avuto
la meglio e poi si è attuato lo Great Vowel Shift. Quindi, alcune forme di preterito
odierne possono derivare dal preterito singolare ma anche da quello plurale.
Si sospetta che la IV classe abbia preso la ē 1 della V classe.
VII classe. È tutto ciò che non rientra nelle classi precedenti. Nella settima classica,
quantomeno in gotico, ritroviamo delle forme verbali che nel preterito singolare e
plurale uguali. Ma i verbi di questa classe sono uniti dall’utilizzo indifferenziato di uno
strumento estremamente arcaico presente in tutte le lingue ie. più antiche per formare
i tempi passati, cioè il raddoppiamento radicale. Il raddoppiamento della radice è
stato anticamente uno dei sistemi utilizzati per formare i tempi passati nelle lingue ie..
In germ., il preterito di questa classe mostrano tutti la reduplicazione della sillaba
radicale. Le altre lingue germaniche non optano per questa soluzione, solo il gotico lo
fa; nei verbi corrispondenti alla settima classe gotica, sostituiscono questa struttura
utilizzando un elemento del sistema fonologico germanico abbastanza peculiare, cioè
la *ē2, che in realtà trova una sua applicazione importantissima non a livello tanto
fonologico, ma a livello grammaticale, perché viene utilizzata nell’apofonia dei verbi
della settima classe gotica. Nelle lingue germaniche abbiamo quindi una *ē 2 anziché la
reduplicazione.
In questa stessa categoria, in gotico la seconda parte di alcuni verbi c’è un’apofonia e
non una reduplicazione. Si sospetta che già in gotico il sistema della reduplicazione,
come elemento demarcatore, fosse già entrato in crisi e a forme reduplicate si
iniziasse ad affiancare anche forme con apofonia.
La ē2 è presente in tutte le lingue germaniche. È presente nei prestiti latini ma anche
in certe funzioni verbali.
I verbi consonantici o “deboli”. Il sistema verbale del germ. non si esaurisce con i
verbi forti; a questa categorie di verbi che esprime in generale delle azioni primarie, se
ne aggiunge un’altra che va a riempire il sistema verbale delle lingue germaniche: i
verbi consonantici o “deboli”. Sono verbi che hanno un origine diversa, soprattutto
non riflettono alcuna analogia con altre lingue ie. E’ una peculiarità solo del germ.; nel
corso dei secoli eroderà in modo notevole molti verbi originariamente forti facendoli
diventare deboli.
All’interno di questa categoria ci sono verbi che derivano da sostantivi, aggettivi o altri
verbi. Sulla base del suffisso tematico si distinguono quattro sottogruppi:
- verbi causativi e fattivi: suffisso derivazionale -ja-;
- verbi intensivi e iterativi: presenza della vocale -ō- come suffisso di
derivazione;
- verbi durativi e stativi: suffisso derivazionale -a-je;
- verbi intransitivi e incoativi: formati con l’infisso -na-/-nō- (presenti solo in
gotico e nordico): esprimono l’inizio di un’azione.
I verbi al preterito sono il risultato di una costruzione perifrastica che vede mantenersi
uguale la radice del presente dell’infinito, a cui si unisce un suffisso in dentale, che è a
sua volta una fusione (invisibile) tra le forme del verbo al preterito ie. *DHĒ- con
raddoppiamento (fare), con suffisso aggettivale verbale in *TÓ del participio passato.
La costruzione di questi verbi deboli si rivela estremamente efficace perché salta tutto
il problema della radici e quindi dell’abbinamento di una certa radice ad una serie
apofonica.
I verbi preterito-presenti. Sono un gruppo piccolo che nelle lingue germaniche
moderne si è conservato in maniera difforme a seconda delle varie lingue: in generale,
la tendenza a una maggiore grado di conservazione di questo gruppo lo hanno le
lingue scandinave. Sono verbi che esprimono una condizione risultativa, cioè
rappresentano il risultato finale di un’azione iniziata prima e trova il suo compimento
in un momento successivo. Una parte di essi vengono utilizzati a sostegno di altri verbi
e ricadono nella categoria dei verbi modali. I preteriti hanno una forma apofonica
forte.
Questi verbi ricordano la presenza di una fase nella quale il valore della qualità
dell’azione, per talune azioni verbali, mantiene quell’aggancio col passato.
Anche questa classe di verbi ha dei sottogruppi:
I verbi preterito-presenti sono dei verbi che hanno un aspetto di preterito forte (hanno
un grado forte), i al preterito singolare si ha un grado forte, al preterito plurale si ha un
grado zero.
Se questi verbi al presente hanno una forma di passato, come si fa il passato? Con il
suffisso in dentale dei verbi deboli. ESEMPIO 10 SU QUADERNINO
La flessione nominale.
I sostantivi, a seconda della loro struttura, sono organizzati in classi:
1. temi in vocale
2. temi in consonante
3. sostantivi atematici
1. Temi in vocale:
- Temi ie. *-o-/germ. *-a-
- Temi ie. *-ā-/germ. *-ō-
- Temi in -i-
- Temi in -u-
2. Temi in consonante:
- Temi -n-
- Temi in -r-
La flessione aggettivale.
L’aggettivo. In germ. segue una logica più complessa. In tedesco la flessione
aggettivale dipende dal grado di determinatezza del sostantivo (se è determinato o
indeterminato), la desinenza dell’aggettivo collegato al sostantivo cade. Laddove un
sostantivo è già determinato, allora l’aggettivo collegato seguirà una declinazione
tratta dalla categoria dei sostantivi in nasale, e verrà definita come FLESSIONE
DEBOLE. La FLESS. FORTE presenta forme desinenziali adottate dalla flessione forte
del sostantivo (temi in vocale), integrate da forme desinenziali proprie della
declinazione dei pronomi.
La flessione forte era usata in funzione predicativa o attributiva, per indicare un
oggetto o una persona indeterminati, laddove la flessione debole dell’aggettivo,
rispondeva a sua una funzione attributiva, individualizzante e definita ed era quindi
usata per indicare un oggetto o una persona determinati, quindi noti, o già
menzionati e preceduti da un dimostrativo o un possessivo.
I prestiti verso e dalle lingue germaniche:
latino germanico
I rapporti commerciali (oltre che militari) tra Latini e Germani si collocano già a partire
dall’epoca di Cesare e Augusto, come dimostrano inconfutabili reperti archeologici di
merci romane risalenti già al sec. I a.C. i quali confermano significative reti di scambio
frontaliero, doni diplomatici, etc., diffuse fino in Danimarca, Norvegia, Polonia, Svezia,
Bornholm, Gotland. Tali rapporti svolsero inoltre una importante funzione di serbatoio
lessicale reciproco, come si rileva dai prestiti linguistici reciproci.
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Germanico italico
L’italia ha avuto diverse ondate di germanizzazione.
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