Mariano Dell'Omo, Per La Storia Dei Monaci-Vescovi Nell'italia Normanna Del Secolo XI - Ricerche Su Guitmondo Di Aversa
Mariano Dell'Omo, Per La Storia Dei Monaci-Vescovi Nell'italia Normanna Del Secolo XI - Ricerche Su Guitmondo Di Aversa
Mariano Dell’Omo
Per la storia dei monaci-vescovi nell’Italia normanna del secolo XI: ricerche
biografiche su Guitmondo di La Croix-Saint-Leufroy vescovo di Aversa
[A stampa in “Benedictina”, XL (1993), pp. 9 -34 (Relazione letta durante il VI Convegno di s tudi sul medioevo
meridionale “Aversa normanna nel IX centenario della cattedrale, 1090-1990”, Aversa, 14-16 novembre 1991) ©
dell’autore - Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”]
Guitmondo, vescovo di Aversa, uno dei monaci-vescovi che nella seconda metà del secolo XI
contribuirono alla «riorganizzazione della Chiesa italiana meridionale sotto il segno dell’obbedienza
romana»1 , può annoverarsi tra quei personaggi che dopo la loro morte subiscono nella memoria
storica i cattivi effetti di una documentazione non sempre precisa e talora contraddittoria. Se infatti
ampio spazio storiografico ha avuto il Guitmondo teologo militante, il difensore della vera fede
eucaristica2, la cui fama tra i contemporanei sembrò addirittura superare quella di Anselmo
d’Aosta3, non altrettanto può dirsi dell’uomo. Al di là infatti di pur utili schede di destinazione
enciclopedica4 - se si eccettua un documentato excursus del Ladner5 , - manca tuttora una chiara
* Sono stato lieto nel verificare come il compianto Norbert Kamp abbia fatto suoi i risultati di questo lavoro, in
particolare per quanto concerne l’aver «restituito a Guitmondo l’unità di vita e opera» e l’averne datato
«inequivocabilmente» l’episcopato all’epoca di Urbano II (N. Kamp, Le fonti per una biografia di Guitmondo
d’Aversa, in Guitmondo di Aversa, la cultura europea e la riforma gregoriana nel mezzogiorno ..., I, 137 [vedi
infra nota 2, ultima citazione]).
1 N . KAMP , Vescovi e diocesi dell’Italia meridionale nel passaggio dalla dominazione bizantina allo Stato
normanno , in Forme di potere e struttura sociale in Italia nel medioevo, a cura di G. ROSSETTI, Bologna 1977,
387.
2 Per l’opera teologica di Guitmondo, cf. il trattato De corporis et sanguinis Christi veritate in eucharistia libri
tres, in Patrologiae cursus completus-series Latina (=Patrologia Latina), 149, Parisiis 1882, 1427 -1494, la
Confessio de sancta Trinitate, Christi humanitate, corporisque et sanguinis Domini no stri veritate, ibid., 1495-
1502, l’Epistola ad Erfastum, ibid., 1502-1508; ulteriori testi guitmondini sono documentati in G. MORIN , La
finale inédite de la lettre de Guitmond d’Aversa à Erfast, sur la Trinité, «Revue Bénédictine», 28 (1911) 95-99; J.
LECLERCQ , Passage authentique inédit de Guitmond d’Aversa, «Revue Bénédictine», 57 (1947) 213-214; su
Guitmondo teologo e scrittore, cf. soprattutto M. MANITIUS , Geschichte der lateinischen Literatur des
Mittelalters, II, München 1923, 117 -119; J. GEISELMANN, Die Eucharistielehre der Vorscholastik, Paderborn
1926, (Forschungen zur Christlichen Literatur-und Dogmengeschichte 15/1 -3), 375-396, 404-406; A.J.
MA C DONALD, Berengar and the Reform of Sacramental Doctrine , London 1930, 341 -363; P. SHAUGHNESSY , The
Eucharistic Doctrine of Guitmund of Aversa, Roma 1939; B. NEUNHEUSER , Eucharistie in Mittelalter und Neuzeit,
in Handbuch der Dogmengeschichte, IV, Freiburg-Basel-Wien 1963, 22-23; J. DE MONTCLOS , Lanfranc et
Bérenger. La controverse eucharistique du XI e siècle, Louvain 1971 (Spicilegium Sacrum Lovaniense. Etudes et
documents, 37), 462-464; R. SOMERVILLE, The Case Against Berengar of Tours, in Studi Gregoriani, 9, Roma
1 9 7 2 , 7 0-75; P. DI PASQUALE, Luce eucaristica da Guitmondo d’Aversa (contro Berengario di Tours),
Frattamaggiore 1975; E. ISERLOH , Abendmahl III/2. Mittelalter, in Theologische Realenzyklopädie , 1, Berlin-
New York 1977, 91 -92; G. MA C Y , The Theologies of the Eucharist in the Early Scholastica Period. A Study of the
Salvific Function of the Sacrament according to the Theologians c. 1080 -c.1120, Oxford 1984, 48-49; J.
LECLERCQ , Filosofia e teologia, in Dall’eremo al cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle origini all’età di
Dante, Milano 1987, 224; J.M. DÍAZ FOUCES , La definición de substantia en Guitmundo de Aversa, in Actes del
Simposi Internacional de Filosofia de l’Edat Mitjana, Vic -Girona, 11-16 d’abril de 1993, cur. P. LLORENTE [ed
altri], Vic 1996, 239-251; C. SCANZILLO , Corpus mysticum ed Ecclesia fidelium nel De Corporis veritate e A
MILA NO , La teologia trinitaria di Guitmondo, in Guitmondo di Aversa, la cultura europea e la riforma
gregoriana nel mezzogiorno. Atti del Convegno internazionale di studi, Cassino -Aversa, 13-1 4-15 novembre
1997 , II, a cura di L. ORABONA , Napoli-Roma 2000, rispettiv. 19-41, 67 -140.
3 Il monaco Avesgoto in una sua lettera ad Anselmo d’Aosta, ancora abate di Bec, gli domandava meravigliato:
«Cur fama Lanfranci ataque Wimundi volat per orbem plus tua?», domanda alla quale Anselmo così rispondeva:
«Utique quia non quilibet flos pari rosae fragrat odore, etiam si non dispari fallat rubore»: S. Anselmi Epistola n.
19, in S. Anselmi Cantuariensis archiepiscopi opera omnia, III, ed. F.S. SCHMITT osb, Edinburgi 1946, 126-1 2 7
(ed. it.: Lettere , con intr. di G. PICASSO , I. BIFFI, R.W. SOUTHERN , a cura di A. GR A N A T A e C. MARABELLI, I: Priore
e abate del Bec), Milano 1988, 150, 152.
4 F. V ERNET , in Dictionnaire de théologie catholique, 6/II Paris 1925, 1989-1992 (ancor oggi di grande utilità); A.
PIOLANTI, in Enciclopedia Ca ttolica, 6, Città del Vaticano 1951, 1302-1303; J. GEISELMANN, in Lexikon für
Theologie und Kirche, 4, Freiburg 1960, 1272; PH . DELHAYE, in Catholicisme, 5, Paris 1963, 422-423; F.
1
perimetrazione dell’intero spazio biografico di Guitmondo, in particolare del suo episcopato
aversano, di non poco conto per la stessa ricognizione storiografica di Aversa normanna6 e per la
definizione del ruolo esercitato dal monachesimo tra XI e XII secolo nella riforma e riorganizzazione
delle Chiese meridionali7 .
1. Il periodo iniziale
Ignoti sono la data e il luogo di nascita di Guitmondo8. Prima di approdare in Italia negli ultimi anni
settanta del secolo XI, egli aveva abbracciato la vita monastica a La Croix -Saint-Leufroy,
BAUMANN , in Bibliotheca Sanctorum, 7, Roma 1966, 519; R. GRÉGOIRE, in New Catholic Encyclopedia, 6, New
York-St Louis-San Francisco-Toronto-London-Sidney 1967, 858-859; Repertorium Fontium Historiae Medii
Aevi, Fontes Gh -H, 5, Romae 1984, 347 -348; Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastiques, 22, Paris
1988, 1132; M. DELL’OMO , in Lexikon des Mittelalters, 4, München-Zürich 1989, 1789.
5 G.B. LADNER , Two Gregorian Letters on the Sources and Nature of Gregory VII’ Reform Ideology, in I D.,
Images and Ideas in the Middle Ages. Selected Studies in History and Art, II, Roma 1983, (Storia e Letteratura.
Raccolta di studi e testi, 156), 669-6 7 5 .
6 Per la storia più antica di Aversa (Caserta), primo insediamento stabile dei Normanni nell’Italia meridionale, cf.
soprattutto G. PARENTE, Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa, I-II, Napoli 1857 -1858 (rist. anast.
Aversa 1990); A. GALLO , Aversa normanna, Napoli 1938 (R. Deputazione Napoletana di Storia Patria. Collana
Storica, 1) (rist. anast. Aversa 1988); P.F. KEHR, Italia Pontificia (=IP), 8, Berolini 1935, 279-294; Codice
Diplomatico Normanno di Aversa, a cura di A . GALLO , Napoli 1926 (Società Napoletana di Storia Patria.
Documenti per la Storia dell’Italia meridionale, 2) (rist. anast. Aversa 1990); A. G ALLO , La “charta” aversana nel
periodo normanno , «Archivio Storico per le Province Napoletane», n. s. 1 (1915), 542-557; 2 (1916), 354-371;
I D., Il cartario di S. Biagio di Aversa. Cod. Vatic. Lat. 12935, in Studi di storia napoletana in onore di M. Schipa,
Napoli 1926, 49-57; M. I NGUANEZ , Diplomi inediti dei princ ipi normanni di Capua, conti di Aversa,
Montecassino 1926 (Miscellanea Cassinese, 3) (rist. anast. Marigliano 1991); C. SA L V A T I, La “Charta Aversana”
nella redazione dei notai della Chiesa, «Campania Sacra», 7 (1976), 265-278; N. KAMP , Aversa, in Lexikon des
Mittelalters, 1, München-Zürich 1980, 1296-1297; L. ORABONA , I Normanni di Aversa. Istituzioni religiose e
riforma della Chiesa nel secolo XI , «Il Basilisco», 9 (1991), 5-39; in particolare sull’ambiente monastico ad
Aversa, cf. H. HOUBEN , Il monachesimo cluniacense e i monasteri normanni dell’Italia meridionale ,
«Benedictina», 39 (1992), 344-346, 350-351; infine sui primordi della presenza normanna in Italia e su Aversa
quale centro di irradiazione della civiltà normanna nel Mezzogiorno d’Italia, cf. E. CUOZZO , L’unificazione
normanna e il Regno normanno svevo, parte I a: L’insediamento normanno , in Storia del Mezzogiorno , II/2. Il
Medioevo, [Napoli] 1989, 597 -629, specialmente 611-613; I D., Intorno alla prima contea normanna nell’Italia
meridionale , in Cavalieri alla conquista del Sud. Studi sull’Italia normanna in memoria di Léon-Robert
Ménager, a cura di E. CUOZZO e J.-M. MARTIN , Roma-Bari 1998, 177-1 8 7 .
7 Sui monaci-vescovi, in particolare quelli provenienti dall’abbazia di Montecassino, cf. P. FEDELE, I vescovi di
Sora nel secolo undecimo, «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 32 (1909), 321 -334; T. LECCISOTTI,
Due monaci Cassinesi arcivescovi di Siponto , «Iapiglia», 14 (1943), 155-165; A. LENTINI, Ricerche biografiche su
Amato di Montecassino, «Benedictina», 9 (1955), 183 -196; I D. , Note sui monaci-vescovi dei secoli X-XI,
«Benedictina», 23 (1976), 8-13; P. CAIAZZA , Aspetti e problemi dell’opera di Alfano I arcivescovo salernitano ,
«Benedictina», 22 (1975), 347 -358; E. CUOZZO , Un vescovo della Longobardia minore : Alfano arcivescovo di
Salerno († 1085), «Campania Sacra», 6 (1975), 15-29; I D., Amato di Montecassino e Amato di Nusco: una stessa
persona ? Contributo per una ricerca prosopografica dell’ “età gregoriana” nell’Italia meridionale ,
«Benedictina», 26 (1979), 323-348; inoltre H.E.J. COWDREY , L’abate Desiderio e lo splendore di Montecassino.
Riforma della Chiesa e politica nell’XI secolo , tr. it. Milano 1986, 106-111; sull’origine e la formazione monastica
di diversi vescovi dell’Italia normanna fino alla dominazione sveva, cf. N. KAMP , Soziale Herkunft und geistlicher
Bildungsweg der unteritalienischen Bischöfe in Normannisch-staufischer Zeit, in Le istituzioni ecclesiastiche
della “societas christiana” dei secoli XI -XII. Diocesi, pievi e parrocchie . Atti della sesta Settimana
internazionale di studio, Milano, 1 -7 settembre 1974, Milano 1977 (Miscellanea del Centro di Studi Medioevali,
8), 89-116; I D., Vescovi e diocesi dell’Italia meridionale , cit., 391 -397; da ultimo sui presuli che contribuirono
alla riorganizzazione ecclesiastica meridionale nell’età della Riforma gregoriana, cf. G. V ITOLO , Vescovi e diocesi
in Storia del Mezzogiorno , III. Alto Medioevo, Napoli 1990, 122-141.
8 Il nome abbastanza raro di Guitmondo, italianizzazione dell’originario Geirmundr (in latino Guimundus o
Wimundus), è di origine normanna: cf. L.-R. MÈNAGER , Pesanteur et etiologie de la colonisation normande de
l’Italie , in Roberto il Guiscardo e il suo tempo . Relazioni e comunicazioni nelle Prime Giornate normanno-sveve,
Bari, maggio 1973, Roma 1975 (Pubblicazioni del Centro di Studi Normanno -Svevi. Università degli Studi di Bari,
1), 196.
2
un’abbazia della diocesi normanna di Evreux fondata verso la fine del secolo VII9. Inviato a Bec per
i suoi studi, dovette ricevervi una eccellente formazione filosofico-teologica, del cui valore epocale
egli stesso appare fortemente convinto. Allievo, al pari di Anselmo d’Aosta, di Lanfranco, il futuro
arcivescovo di Canterbury, Guitmondo lascia infatti intravedere una profonda consapevolezza delle
proprie radici culturali allorché, in un passo del suo De corporis et sanguinis Christi veritate,
riconosce che proprio ed unicamente grazie a Lanfranco erano finalmente risorte e risplendevano di
nuova luce le arti liberali10. La sua è un’affermazione significativa anche perché sottolinea il
contributo beccense-normanno alla rinascita culturale dei secoli XI-XII.
Il fatto che Orderico Vitale ci informi di un episcopato in terra inglese proposto a Guitmondo dal re
Guglielmo il Conquistatore, e da lui rifiutato11 , testimonia della stima di cui egli dovette godere
nell’ambiente normanno, e al tempo stesso offre un segnale anticipato della sua concezione politico-
ecclesiastica, caratterizzata da una spiccata intransigenza, aliena da compromessi e da espedienti
diplomatici tendenti a far convergere poteri e ideologie in reciproco contrasto, come puntualmente
dimostrerà negli anni successivi. Orderico tende a presentare l’immagine di un Guitmondo che non
condivide gli intendimenti del re inglese di sostituire i vescovi locali con pastori di origine normanna,
in gran parte di estrazione monastica. Eppure allora quella scelta si giustificava per il fatto che
l’episcopato anglico si era allontanato dalle tradizioni dei monaci-vescovi vissuti in epoca
prenormanna12 . Nondimeno Guitmondo doveva giudicare tale situazione - a dire di Orderico - un
esempio di insostenibile rapacitas nei confronti di quegli Angli che osteggiavano l’imposizione di
vescovi estranei nelle loro diocesi. È significativo che in occasione del suo rifiuto di accettare
l’episcopato, le parole di Guitmondo - come scrive Orderico - ebbero un’eco tale da essere divulgate
ampiamente per l’Inghilterra, talché accuratamente ventilate gli alienarono gli animi di molti13 . In
quale grado si proiettino nel comportamento di Guitmondo qui delineato le idee del cronista non è
facile discernere; è in ogni caso notevole che l’antico allievo del Bec appaia in polemica con l’esercizio
di quel potere assoluto su laici ed ecclesiastici, che Guglielmo il Conquistatore avrebbe rivendicato
nei confronti dello stesso papa, come quando negherà all’arcivescovo di Canterbury Lanfranco, e ad
altri vescovi inglesi, di compiere regolarmente la loro visita ad limina apostolorum14 .
Un secondo episcopato - a dire dello stesso Orderico Vitale - fu proposto ancora da Guglielmo a
Guitmondo nella sede di Rouen, dopo la morte dell’arcivescovo Giovanni II avvenuta nel 1079, ma
9 Cf. M. PREVOST , Croix-Saint-Leufroy (La), in Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclesiastiques, 13, Paris
1956, 1062-1063.
10 De corporis et sanguinis Christi veritate, I, in Patrologia Latina, 149, cit., 1428: «Per ipsum D. Lanfrancum
virum atque doctissimum liberales artes Deus recalescere, atque optime reviviscere fecisset»; cf. in proposito le
riflessioni di G.B. LADNER , Terms and Ideas of Renewal in the Twelfth Century , in I D., Images and Ideas, II, cit.,
689-690, che riconosce nell’affermazione di Guitmondo il segno di una più moderna mentalità rispetto a quella di
un Pier Damiani, che usa anch’egli termini come reflorere , ma riferendosi in modo speciale alla disciplina
ecclesiastica.
11 Historia ecclesiastica, IV: The Ecclesiastical History of Orderic Vitalis, II, Books III and IV., Edited and
Translated with Introd. and Notes by M. CHIBNALL , Oxford 1969, 278: «Auditum est passim postquam
Guitmundus ad septa monasterii sui remeavit, quod ipse monachilem pauperiem divitiis episcoprum
praeposuerit, et quod obtentum Angliae in praesentia regis et optimatum eius rapinam appellaverit, et quod
omnes episcopos vel abbates qui nolentibus Anglis in aecclesiis Angliae pralati sunt, rapacitatis redarguerit»;
LADNER , Two Gregorian Letters, cit., 671, nota 21, parla di «Guitmund’s Augustinian-Gregorian views on the
political order».
12 Su questi obiettivi di Guglielmo, cf. G. PICASSO , La Chiesa anglo -normanna nella seconda metà del secolo XI ,
in Introduzione a: Anselmo d’Aosta, Lettere 2. Arcivescovo di Canterbury , 1, intr. di G. PICASSO , I. BIFFI, R.W.
SOUTHERN , trad. di A. GR A N A T A , commento di C. MARABELLI, Milano 1990 (Biblioteca di Cultura medioevale. Di
fronte e attraverso, 212), 15-17. Sulla situazione della Chiesa in questo periodo nei territori anglo -normanni, cf.
H.E.J. COWDREY , The Gregorian Reform in the Anglo -Norman Lands and in Scandinavia, in Studi Gregoriani, 13
(La Riforma Gregoriana e l’Europa. Congresso Internazionale, Salerno 20-25 maggio 1985 , I. Relazioni), Roma
1989, 321 -352.
13 Historia ecclesiastica, IV, ed. CHIBNALL , cit., 278: «Verba igitur eius per Angliam late divulgata sunt et
subtiliter ventilata multis displicuerunt, qui sequaces eius esse spernentes ingenti livore contra eum
exarserunt».
14 Il papa ne scriveva al legato Uberto in una lettera datata a Roma il 23 settembre 1079: Gregorii VII Registrum,
VII, 1, Das Register Gregors VII., ed. E. CA S P A R, in MGH Epistolae selectae, II, Berlin 1955 2, 458-460.
3
gli sarebbe stato impedito di accettarlo avendo alcuni divulgato la notizia che suo padre era stato
presbitero15 . Di sicuro può dirsi che Gregorio VII, in una lettera inviata nel settembre del 1079 al
suo legato Uberto dopo la morte dell’arcivescovo di Rouen, afferma di aver saputo che il successore
di quest’ultimo era figlio di un sacerdote, una circostanza che se provata gli avrebbe impedito di
dare il suo assenso a quella promozione 16 . Effettivamente l’arcivescovo Guglielmo (1079-1110),
succeduto a Giovanni II nella sede di Rouen, era figlio di Roberto vescovo di Seez; per tale motivo
pare probabile che in questo caso Orderico trasferisca erroneamente su Guitmondo l’accusa di un
impedimento che riguardava invece Guglielmo, il quale nondimeno restò vescovo fino al 111017 . Si
può quindi a ragione dubitare circa la veridicità della testimonianza di Orderico, il quale non manca
altresì di aggiungere che subito dopo la vicenda del mancato episcopato, Guitmondo volle fare
ritorno al suo monastero, ottenendo in seguito la facoltà di ripartirne 18.
15 Historia Ecclesiastica, IV, ed. CHIBNALL , cit., 278: «Non multo post defuncto Iohanne Rotomagensium
archiepiscopo rex et alii plures Guitmundum ad archiepiscopatum elegerunt sed emuli eius quos idem
vituperaverat ne archipraesul fieret quantum potuerunt impedierunt. In tanto viro nil obiciendum invenerunt
nisi quod filius esset presbiteri».
16 Registrum, VII, 1, cit., 459: «Audivimus etiam Rotomagensem archiepiscopum sacerdotis filium esse; quod si
verum deprehendatur, noveris promotioni illius nos assensum nequaquam tribuere»; cf. su questo episodio
H.E.J. COWDREY , Pope Gregory VII and the Anglo -Norman Church and Kingdom, in Studi Gregoriani, 9, Roma
1972, 97.
17 Cf. il commento di CA S P A R, Registrum, VII, 1, cit., ibid.
18 Historia Ecclesiastica, IV, ed. CHIBNALL , cit., 278, 280: «Ille autem ab omni avaricia purgari volens, et inter
exteros paupertate premi quam inter suos dissensiones fovere malens, Odilonem monasterii sui abbatem,
revertenter adiit, et humiliter ab illo licentiam peregrinandi petiit et accepit»; quindi aggiunge il cronista: «Porro
illitteratus abbas metiri nesciebat quantus sapientiae thesaurus in praefato doctore latebat».
19 PAOLO DI BERNRIED, S. Gregorii VII vita, IX, 80, in Patrologia Latina 148, Parisiis 1878, 82; Die Chronik
Bertholds von Reichenau [1077], in Die Chroniken Bertholds von Reichenau und Bernolds von Konstanz 1054-
1100, MGH Scriptores rerum Germanicarum, n.s, 14, ed. I.S. ROBINSON , Hannover 2003, p. 286; A NONIMO DI
MELK, in Der sog. Anonymus Mellicensis, De scriptoribus ecclesiasticis, Text-und Quellenkritische Ausgabe mit
einer Einleitung v. E. ETTLINGER , Karlsruhe 1896, c. 90, 84, c. 102, 90 (l’Anonimo tuttavia confonde tra
Guitmondo-Cristiano e il monaco ed esegeta Cristiano di Stavelot, morto verso l’880; infatti al c. 90 scrive:
«Christianus pontifex Apulorum, vir clarus scientia et sanctitate, contra eandem heresim <di Berengario>
disseruit invictissime», mentre nel c. 102 aggiunge: «Gwimundus, qui et Christianus, primo in monasterio
Stabulaus monachus fuit, ubi dum abbas constitui atque ad alterum locum regendum mitti debuisset, aufugit
ignotamque provinciam appetens, ne posset agnosci, nomen mutavit in melius, assumens videlicet christianitatis
vocabulum cunctis commune fidelibus. Tandem vero requisitus et repertus sub Gregorio septimo Averse est
factus episcopus»; BERNOLDO DI COSTANZA , De veritate corporis et sanguinis Domini, ed. R.B.C. HUYGENS , in I D.,
Bérenger de Tours, Lanfranc et Bernold de Costance, «Sacris Erudiri», 16 (1965), 385.
20 Registrum, I, 15, cit., 24: il papa rivolgendosi ai fideles sancti Petri dimoranti in Lombardia parla della «sancta
Romana ecclesia, mater vestra et totius christianitatis, sicut scitis, magistra»; in un’altra lettera indirizzata a
giudici della Sardegna il pontefice così esordisce: «Romana ecclesia universalis mater sit omnium
christianorum»: ibid., I, 29, 46; cf. G.B. LADNER , The Concepts of “Ecclesia” and “Christianitas” and their Relation
to the Idea of Papal “Plenitudo potestatis” from Gregory VII to Boniface VIII, in Images and Ideas, II, cit., 489-
493.
21 Cf. J. V A N LAARHOVEN , “Christianitas” et réforme grégorienne , in Studi Gregoriani, 6, Roma 1959-1961, 1 -98.
4
In questa veste di piena adesione al programma gregoriano, Guitmondo nel febbraio del 1077 va
alla Dieta di Forchheim, quale accompagnatore e consigliere di Bernardo, abate di S. Vittore di
Marsiglia, fratello del cardinale Riccardo, membro della delegazione ufficiale insieme al cardinale
diacono Bernardo22. A Forchheim con l’approvazione dei legati papali il duca di Svevia Rodolfo di
Rheinfelden veniva eletto re dai principi della fazione antisalica in contrapposizione al destituito
Enrico IV.
La Cronaca di Bertoldo23 ci informa che al ritorno dalla loro missione in Germania, Bernardo abate
di S. Vittore e il monaco Christianus, il nostro Guitmondo, furono catturati da un fautore di Enrico
IV, il conte Ulderico di Lenzburg, e che, liberati solo grazie all’intervento presso Enrico IV di Ugo
abate di Cluny, restarono almeno per un anno nella Foresta Nera, ad Hirsau, il monastero che
proprio a partire dalla visita di Bernardo di Marsiglia e - com’è probabile - dello stesso Guitmondo,
adatterà le sue osservanze a quelle di Cluny 24. Non è agevole stabilire se, ed eventualmente in che
misura, Guitmondo abbia contribuito alla diffusione, in Hirsau e in altri centri monastici tedeschi,
dello spirito cluniaco-gregoriano, mancando dirette testimonianze, ma ciò non infirma l’ipotesi di un
qualche suo coinvolgimento nella riforma del monachesimo tedesco, in linea con la sua esperienza e
formazione normanno-borgognona.
Nell’arco di tempo subito successivo, che dal 1078-1079 giunge al 1083, la parabola biografica di
Guitmondo presenta un vuoto25 . Si può tuttavia ritenere che egli abbia in qualche modo contribuito
22 S. Gregorii VII vita, IX, 80, in Patrologia Latina, 148, cit.: «Hi autem erant legati: Bernhardus sanctae
Romanae Ecclesiae cardinalis diaconus, item alter Bernhardus abbas religiosus de Massilia fere sexcentorum
monachorum pater, qui etiam secum duxit egregium doctorem quemdam nomine Christianum, postmodum
Aversanae civitatis episcopum. Cuius opus extat eximium contra Turonensem Berengarium»; cf. O. SCHUMANN ,
Die päpstlichen Legaten in Deutschland zur Zeit Heinrichs V. (1056-1125), Marburg 1912, 36-44, in particolare
40, n. 27; sul cardinale Bernardo, cf. M. ROSSI, Bernardo, in Dizionario biografico degli Italiani, 9, Roma 1967,
238-240; R. HÜLS, Kardinäle, Klerus und Kirchen Roms, 1049-1130, Tübingen 1977 (Bibliothek des Deutschen
Historischen Instituts in Rom, 48), 245-246; l’abate di Marsiglia era a sua volta fratello del cardinale Riccardo,
dal titolo incerto: cf. Hüls, Kardinäle, cit., 217 -218.
23 Die Chronik Bertholds von Reichenau [1077] cit., 286-287: «Eadem tempestate abbas Massiliensis, et cum eo
Christianus sapientissimus monachus, dum reverti ad domnum apostolicum niterentur, a quo ob sedandas
nostrorum discordias in Theutonicas partes missi sunt, a comite quodam Udalrico capti, depredati, et in
castellum Lenciburg incarcerati sunt. Quos rex Heinricus captos comperiens, non, ut domno apostolico
iureiurando pactum iam fecit, dimitti precepit. Cluniacensis autem abbas paulo post litteras ad eum
commonitorias transmisit, in quibus satis superque illum pro periurio coarguit. Quippe nota ipsi tota
reconciliationis et confederationis causa inter papam et regem fuerat, utpote qui precipuus mediator his presto
intererat. Insuper ipsi facie revelata liberrimus demandavit, quod id certissimum perditionis illius indicium
foret, quod tam magnos et sanctissimos Dei viros incarceratos propter iustitiam sedis apostolice contemptor
inhumanus non liberaret, sed potius intrudi preciperet. Qua ille commonitione satis liberrime coargutus et vix
confractus, etsi non pro Deo, tamen pro tanti monitoris importunitate, vinctos Dei, solutos et liberos, suis autem
omnibus depraedatos, abire consensit. Qui rerum sibi direptarum rependium iuxta regis preceptum
aliquantisper praestolantes, tandem diu frustrati ac delusi, vacui et ferme nuduli ad sancti Aurelii coenobium
divertebant. Illic toto humanitatis studio ab abbate Wilihelmo et suscepti et multum caritative per totum fere
annum tractati, pacis tranquillitatem sueque reversionis possibilitatem cum non mediocri suavitate prestolati
sunt»; cf. anche Die Chronik Bernolds von Konstanz [1077], in Die Chroniken Bertholds von Reichenau und
Bernolds von Konstanz 1054-1100 cit., 413; inoltre PAOLO DI BERNRIED, S. Gregorii VII vita, in Patrologia
Latina, 148, cit., 81 -82.
24 Sull’influsso cluniacense in Hirsau, cf. K. HALLINGER , Gorze-Kluny. Studien zu den monastischen
Lebensformen und Gegensätzen im Hochmittelalter, I, Romae 1950 (Studia Anselmiana, 22-23), 428-442; inoltre
per un’aggiornata bibliografia, cf. U. NOTHHELFER , Hirsau, in Lexikon des Mittelalters, 5, München-Zürich 1991,
35-36.
25 Nulla si sa della sorte di Guitmondo subito dopo la legazione in Germania; papa Gregorio il 9 marzo del 1078
rivolgendosi all’arcivescovo di Treviri, Udone, dopo averlo invitato a recarsi a Roma per riferirgli sui fatti
tedeschi e per accompagnare al suo ritorno in Germania nuovi legati, scrive: «Volumus autem, ut apud regem
diligenter procures, quatenus legati nostri, qui in partibus illis sunt, Bernardus scilicet diaconus sancte Romane
ecclesie et Bernardus Massiliensis abbas, si voluerint, licenter et secure ad nos redire valeant»: Registrum, V, 16,
cit., 378; il ritorno dei due dovette però avvenire in modo separato, poiché la Cronaca di Bertoldo ci informa che
Bernardo abate di S. Vittore di Marsiglia, ritornato a Roma dopo la battaglia di Melrichstadt (7 agosto 1078), fece
relazione al papa della sua missione e «ipse vero <l’abate di Marsiglia> nec non alii deinceps perplures rem
5
- direttamente o indirettamente - alle iniziative sfocianti nella condanna di Berengario di Tours al
sinodo romano del 1079. Infatti proprio negli anni immediatamente precedenti, tra il 1073 e il 1078,
si situa la stesura del capolavoro teologico di Guitmondo: il De corporis et sanguinis Christi veritate
in eucharistia, opera che sicuramente fornì criteri e presupposti dottrinali alle decisioni sinodali del
107926. Vi si difendeva in particolare con chiare proposizioni il principio della conversione
‘sostanziale’ del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo, un motivo dottrinale chiaramente
affermato da Guitmondo, e sul quale anche Alberico di Montecassino dovette fondare il suo trattato
De corpore Domini redatto per contrastare Berengario in modo decisivo27 , fino ad oggi considerato
perduto, ed ora identificato da Charles M. Radding e Francis Newton28.
gestorum indubitabilem domno pape ceterisque, mendaciis mirabilibus non parum nutantibus ac sese
desolantibus, seriatim testificati sunt»: Die Chronik Bertholds von Reichenau [1078] cit., 336; M. MATRONOLA ,
Un testo inedito di Berengario di Tours e il Concilio Romano del 1079, Milano 1936 (Orbis Romanus. Biblioteca
di testi medievali, 6), 28, nota 3, proprio commentando l’espressione «alii perplures» ritiene «lecito supporre
che Guitmondo sia ritornato a Roma con la legazione di cui faceva parte insieme a Bernardo di Marsiglia, e che
quindi si sia trovato presente all’epilogo della controversia berengariana». Il cardinale Bernardo, rimasto invece
in Germania accanto a Rodolfo, secondo quanto narra la Cronaca di Bertoldo ebbe difficoltà a raggiungere Roma
in occasione del concilio del 1079, al quale doveva recarsi come legato dello stesso Rodolfo insieme ai vescovi
Ermanno di Metz e Altmanno di Passau; in quell’occasione egli avrebbe offerto una racconto circa la sua missione
tedesca e la scomunica da lui pronunziata contro Enrico: cf. Die Chronik Bertholds von Reichenau [1079] cit.,
349-350.
26 SOMERVILLE, The Case against Berengar, cit., 71, scrive che il trattato di Guitmondo sull’eucaristia, in
particolare l’uso che egli fa della parola sustantialiter probabilmente rappresenta la principale fonte per la
confessione di fede fatta da Berengario al sinodo del 1079 (una lista «no claim for completeness» circa la
ricorrenza della citata parola nel De corporis et sanguinis Christi veritate, in Patrologia Latina, 148, cit., è offerta
da Somerville , The Case against Berengar, cit., 71, nota 67); cf. anche GEISELMANN, Die Eucharistielehre , cit.,
406; MA C DONALD, Berengar and the Reform , cit., 173, 344; H. JORISSEN , Die Entfaltung der
Transsubstantiationslehre bis zum Beginn der Hochscholastik, Münster 1965 (Münsterische Beiträge zur
Theologie, 28/1), 7; MONTCLOS , Lanfranc et Bérenger, cit., 462; non si pronuncia invece su questo punto - nel
trattare di Guitmondo -, MA C Y , Theologies of the Eucharist, cit., 48-50. MATRONOLA , Un testo inedito , cit., 27,
rilevando la sicura corrispondenza tra la dottrina guitmondina del substantialiter e la formula di fede
berengariana del 1079, ritiene che Guitmondo abbia «personalmente e direttamente influito sulla formulazione
definitiva del giuramento» berengariano al sinodo del 1079; cf. anche LADNER , Two Gregorian Letters, cit., 673;
SOMERVILLE, The Case against Berengar, cit., 74, non manca tuttavia di notare come in realtà Berengario non
faccia menzione alcuna di lui, il che - pensando al battagliero linguaggio ed atteggiamento di Berengario -
costituirebbe un’anomalia se veramente in quell’occasione Guitmondo avesse giocato un ruolo diretto contro di
lui. Emerge invece, in questa fase finale della controversia, il contributo decisivo di Alberico di Montecassino,
com’è testimoniato dal testo inedito, reso noto dal Matronola e da lui attribuito a Berengario di Tours, nel quale
Alberico stesso appare sostenitore del substantialiter nella concezione eucaristica, MATRONOLA , Un testo
inedito , cit., 117: «Albericus tamen adiecit. Quia panis ille cene de quo Christus dixit. Hoc est corpus meum.
potuit etiam carnaliter converti in corpus eius, secundum quandam fisice rationem deberet in carnem et eius
sanguinem transferri. Adiecit etiam quod panis hodiernus transferatur in corpus eius crucifixi. Ex eo quod ille
panis et iste in primo grano idem sint. id est homousion substantialiter»; sul contributo albericiano, cf. anche A .
LENTINI, Alberico di Montecassino nel quadro della Riforma Gregoriana, in Studi Gregoriani, 4, Roma 1952, 70-
73; P. MEYVAERT , Bérenger de Tours contre Albéric du Mont-Cassin, «Revue Bénédictine», 70 (1960), 324-332.
27 Chronica monasterii Casinensis, III, 35, ed. H. HOFFMANN , in MGH Scriptores 34, Hannoverae 1980, 411;
PIETRO DIACONO , Liber illustrium virorum archisterii Casinensis, XXI; cito non da Patrologia Latina, 173,
Lutetiae Parisiorum 1854, 1033, ma dall’edizione che del capitolo dedicato ad Alberico ha dato P. MEYVAERT ,
Alberic of Montecassino or Saint Peter Damian, «Revue Bénédictine», 67 (1957), 176: «librum adversus eundem
<Meyvaert nell’originale: Montecassino, Archivio dell’Abbazia, Cod. Casin. 361, p. 138, legge eandem ma la a è
corretta in u> diaconem de corpore Domini edidit sanctorum patrum testimoniis roboratum, in quo omnes
assertiones eius <di Berengario> destruxit eterneque oblivioni tradidit»; cf. anche I D., Bérenger de Tours, cit.,
330-331.
28 Accanto ai trattati di Guitmondo e di Alberico, il Libellus adversus Berengarium Diaconum de Corpore et
Sanguine Domini conservato nel codice 106 della University Library di Aberdeen era stato giudicato opera
«probable» di Berengario monaco di Saint-Evroul, poi divenuto abate della SS. Trinità di Venosa: G. MORIN ,
Bérenger contre Bérenger. Un document inédit des luttes théologiques du XI e siècle, «Recherches de Théologie
ancienne et médiévale», 4 (1932), 109-133, in particolare 117 -133; cf. anche la voce di A NONIMO , Berengario, in
Dizionario Biografico degli Italiani, 9, cit., 35-36; H. HOUBEN , Il “libro del capitolo ” della SS. Trinità di Venosa
6
Guitmondo rientra poco dopo sulla scena degli avvenimenti romani, nel 1083, col prendere parte ai
negoziati di pace tra i rappresentanti gregoriani e quelli di Enrico IV, dopo che nel Manifesto dello
stesso Enrico, risalente all’anno precedente, il re tedesco aveva accusato papa Gregorio di
ostacolare la via della pace e della giustizia negando il suo legittimo posto alla spada del potere
temporale, e aveva pertanto invitato clero e popolo di Roma a giudicare Ildebrando perché
rispondesse pubblicamente dei suoi crimini.
Le notizie fornite nel Iudicium de regno et sacerdotio 29, relative a questa fase della vita di
Guitmondo, sono interessanti poiché ce ne fanno conoscere per la prima volta più da vicino il
temperamento. Gli avvenimenti che vi sono narrati risalgono intorno al dicembre del 1083, e si
svolgono all’interno del monastero romano di S. Maria in Pallara30, dipendenza di Montecassino e
residenza romana dell’abate cassinese Desiderio, cardinale presbitero di S. Cecilia. Vi sono
convenuti lo stesso Desiderio, Pietro, cardinale presbitero di S. Crisogono, Giovanni, cardinale
vescovo di Porto, Bernardo diacono, Graziano e infine il nostro Guitmondo per assistere ad un
giudizio di Dio, una prova dell’acqua intesa a verificare la legittimità dei diritti di papa Gregorio o
viceversa di quelli del re Enrico.
La fonte imperiale, che ha trasmesso il Iudicium, non certo benevola verso quel gruppo di alti
dignitari della Sede Apostolica, li accusa di aver violato la norma e tentato Dio nel porre in atto
qualcosa che era loro vietato. Qui interessa notare l’atteggiamento assunto in quella occasione da
Guitmondo, del quale infatti l’anonimo narratore tende a puntualizzare soprattutto l’ostinazione con
la quale difese la posizione del papa. Pietro Napoletano, monaco di Montecassino - apprezzato dallo
stesso Berengario di Tours e dall’autore del Iudicium, che lo chiama uomo di grandissima religiosità,
presbitero di chiara santità -, dopo aver celebrato la messa e benedetto l’acqua, vi aveva immerso
un bambino che rappresentava il re germanico, onde verificare la legittimità delle pretese di
quest’ultimo. Ecco che - a dire dell’Anonimo - appena il piccolo viene posato in acqua va subito a
fondo, segno che il re era nel giusto. È a questo punto che interviene con foga Guitmondo, accusando
Graziano di aver fatto pressione sul fanciullo perché andasse giù, ma Graziano si difende;
Guitmondo nondimeno ancora adirato si reca da Gregorio per riferirgli della cosa e il pontefice, dopo
averlo ascoltato, lo incarica di domandare la ripetizione della prova giudiziale, che, puntualmente
effettuata, sortisce il medesimo risultato, mentre allorché la prova viene compiuta per verificare le
ragioni del papa, il bambino immerso nell’acqua resta sulla superficie, un segno chiaramente
negativo e sfavorevole al pontefice 31 .
(Cod. Casin. 334): una testimonianza del Mezzogiorno normanno , present. di C.D. Fonseca, Galatina 1984, 30-
31, 118. Ora finalmente CH .M. RADDING e FR. NEWTON , Theology, Rhetoric, and Politics in the Eucharistic
Controversy, 1078-1079. Alberic of Monte Cassino against Berengar of Tours, Columbia University Press (New
York, Chichester, West Sussex) 2003, hanno riconosciuto, con dovizia di argomentazioni e convincenti risultati,
in questo libellus il trattato di Alberico di Montecassino fino ad oggi considerato perduto, passim (ed. del testo:
126-168).
29 Il testo, di cui non è giunto alcun originale, è tradito in una copia della seconda metà del secolo XI, London,
British Library, Arundel 390, f. 132r: cf. UGO DI FLAVIGNY , Chronicon, II, in MGH Scriptores 8, ed. H.G. PERTZ,
Hannoverae 1848, 460-461; ne ha curato una nuova edizione COWDREY , L’abate Desiderio , cit., 289-291.
30 Su questa chiesa romana e sulla sua appartenenza ai cassinesi, cf. P. FEDELE, Una chiesa del Palatino : S. Maria
in Pallara, «Archivio della R. Società Romana di Storia Patria», 26 (1903), 343-373; P. LUGANO , S. Benedetto sul
Palatino e nel Foro Romano , «Rivista Storica Benedettina», 15 (1924), 203-209; C. CECCHELLI, Di alcune
Memorie benedettine in Roma, «Bullettino dell’Istituto Storico Italiano e Archivio Muratoriano» (Convegno
storico di Montecassino, 28-29 maggio 1930), 47 (1932), 122-140; A. WILMART , La Trinité des Scots à Rome et
les notes du Vat. Lat. 378, «Revue Bénédectine», 41 (1929), 218-230; A.-W. KLEWITZ, Montecassino in Rom,
«Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken», 28 (1937 -1938), 36-47; G. FERRARI,
Early Roman Monasteries. Notes for the History of the Monasteries and Convents at Rome from the V trought
the X Century , Città del Vaticano 1957 (Studi di Antichità Cristiana, 23), 215-224; sul cod. Vat. lat. 378, cf. anche
M. DYKMANS , Les obituaires romains. Une définition suivie d’une vue d’ensemble , «Studi Medievali», s. III 19
(1978), 612-613.
31 Per comodità del lettore si riporta qui interamente il testo tratto dalla riedizione del COWDREY , L’abate
Desiderio, cit., 289-290: «Quidam qui dicuntur religiosi et sanctissimi, sicuti hactenus soliti sunt facere, se
posuerunt contra ius et temptaverunt Deum et fecerunt quod facere non debuerunt; ob hoc magnum dedecus
habuerunt. Nam isti sunt illi qui fecerunt iudicium de regno et sacerdotio, sed Deus qui est misericordissimus et
piissimus revidit quod iustum est. Nam abbas Cassini montis <Desiderio di Montecassino>, et cancellarius qui
7
Si deve soprattutto a questo curioso episodio la fama che Guitmondo si è poi acquistata presso gli
storici, di carattere violento ed irascibile, di tipo testardo, fama che anche in altre circostanze egli
sembra confermare, in particolare proprio nei confronti dell’abate Desiderio di Montecassino, al
concilio di Capua indetto da quest’ultimo, ormai papa con il nome di Vittore III, nel 1087. La
vicenda narrata nell’anonimo Iudicium apre nella biografia guitmondina un caso di non facile
soluzione. La partecipazione di Guitmondo alla prova dell’acqua in S. Maria in Pallara, ammesso che
sia storicamente vera - alcuni come Cowdrey avanzano qualche dubbio32 -, sembra testimoniare
infatti quanto meno pacifici rapporti con l’abate Desiderio, della cui ‘gregorianità’ l’ultragregoriano
Guitmondo non sembra dubitare. D’altra parte - stando ad una lettera dell’arcivescovo Ugo di
Lione indirizzata alla contessa Matilde di Canossa - Guitmondo nel marzo del 1087 sarebbe
intervenuto al concilio di Capua e, su consiglio di Odo cardinale vescovo di Ostia - il futuro Urbano
II -, in quell’occasione avrebbe pronunziato gravi parole nei confronti del nuovo papa, l’abate
Desiderio, accusandolo di infamia: un infame - egli avrebbe detto - non deve essere eletto né
consacrato papa. Guitmondo avrebbe incolpato Desiderio d’essere rimasto scomunicato per un
anno, in seguito all’incontro da lui avuto con Enrico IV ad Albano, senza sottoporsi alla penitenza
canonica33. Non è qui il luogo per ripercorrere l’intera questione 34, ma non sembra che - nel
momento in cui scriveva - Ugo potesse essere ben informato degli eventi da lui narrati, non
visitando Roma da molti anni ed essendovi giunto solo nel maggio del 1086; soprattutto
l’arcivescovo di Lione non doveva ben conoscere la complessità del problema che Enrico «con quel
manifesto aveva posto davanti a Gregorio e ai suoi sostenitori»35 . Neppure è qui il caso di insistere
cardinalis est de sancto Paulo <Pietro cardinale presbitero di S. Crisogono>, et episcopus Portuensis <Giovanni
II cardinale vescovo di Porto> cum aliis coepiscopis, et Bernhardus diaconus <?>, et Wimundus monachus qui
alio nomine Christianus nuncupatur <Guitmondo monaco di La Croix-Saint-Leufroy, futuro vescovo di Aversa>,
et Gratianus <?>, qui omnes ex precepto pape fecerunt hanc legem quam audituri estis. Set prius dicam qui
benedixit aquam scilicet quidam vir qui est nimis religiosus et nuncupatur Petrus Neopolitanus et est monachus
<Pietro Napoletano monaco di Montecassino, futuro arcivescovo di Napoli> , qui prius presbyter fecit
triduanum ieiunium cum aliis clericis qui ibi fuerunt, et ipse presbyter sanctissimus celebravit missam. Peracta
vero missa, abiit ad aquam cum supradictis et benedixit aquam. Misit vero puerum quendam in aqua ex parte
regis, ut Deus discerneret veritatem, si ipse rex haberet iusticiam. Mox ergo ut puer missus est in aquam, abiit
iusum in fundo aque. Ad hoc miraculum stupefacti fuerant omnes qui ibi aderant, et unus illorum nomine
Wimundus qui Christianus nuncupatur cepit dicere contra Gratianum: ‘Certe tu impressisti puerum ut iret iusum
in fundo aque’. Se d ipse Gratianus cepit detestare et dicere quia ‘Nunquam feci tale quid’. Tunc ipse Wimundus
nomine cum iracundia abiit ad papam et dixit quoniam ‘Gratianus impressit puerum ut iret in fundo aquê’. Papa
ut audivit precepit illi Wimundo et dixit: ‘Vade et dic illis ut iterum mittant puerum in aquam, ut videamus si
verum est quod tu dicis’. Ad tale preceptum perrexit ipse Wimundus et dixit omnibus illis qui ibi aderant ex parte
papê, ut alia vice misissent puerum in aquam. Et ipsi ex precepto papê miserunt iterum puerum in aquam, et abiit
puerulus iusum in fundo aque sicut prius. Post hêc eandem legem ipsi supradicti fecerunt propter papam et
miserunt puerulum in aquam, qui cepit natare desuper. Miserunt et alia vice, qui supernatavit similiter. Ob hoc
impulerunt subtus aquam ut iret in profundum aquê, sed Deus non permittebat. Nam habuerunt eum suffocare in
aqua. Ad tale miraculum sunt stupefacti et nesciunt qui agere debeant. Sunt modo consiliati ac fidem inter se
dederunt, si res ista in propatulo esset regi per aliquem hominem, ut nec unus illorum audeat dicere sine
communi consilio et sine consilio pape. Nam ipse accepit fidem ab omnibus, ut nullus a udeat dicere. Hoc factum
est in Pallaria in monasterio sancte Mariê, que est capella ipsius abbatis Cassini montis. Hoc factum est ad
confusionem illorum qui fecerunt et ad salutem vestri imperii, et fuit factum in dominica die post missam de
adventu Domini».
32 COWDREY , L’abate Desiderio , cit., 207 -208.
33 UGO DI FLAVIGNY , Chronicon, II, in MGH Sscriptores 8, cit., 467: «Witmundus ex consilio Ostiensis episcopi
publice exclamavit, infamem personam non debere in Romanum pontificem eligi vel ordinari, cum constaret
eum indubitanter infamiam incurrisse, quoniam quidem excommunicationem domni papae Gregorii per annum
integrum et continuum et eo plus sine canonica penitentia sustinuisset».
34 Cf. le acute osservazioni, circa la non veridicità dell’accusa guitmondina, di T. LECCISOTTI, L’incontro di
Desiderio di Montecassino col re Enrico IV ad Albano , in Studi Gregoriani, 1, Roma 1947, 313-319; inoltre
COWDREY , L’abate Desiderio , cit., 201-203, le cui conclusioni, come l’autore stesso riconosce, sono debitrici del
citato saggio di Leccisotti; di parere diverso, favorevole all’idea dell’effettiva scomunica, G.A. L OUD, Church and
Society in the Norman Principality of Capua, 1058-1197 , Oxford 1985, 84-85.
35 COWDREY , L’abate Desiderio , cit., 201.
8
sull’incontro tra Desiderio ed Enrico IV ad Albano36, incontro che si iscrive in negoziati dei quali
papa Gregorio doveva essere al corrente - probabilmente nella speranza di eliminare l’antipapa
Viberto -. Quanto alla storicità o meno della scomunica a Desiderio, qui basti ricordare, in sintonia
con le conclusioni di Leccisotti e Cowdrey, come nessun cenno se ne trovi nell’epistolario gregoriano,
o nella Chronica monasterii Casinensis. Restano piuttosto da spiegare le ragioni di un Guitmondo
antidesideriano dell’ultima ora, quale emerge dalla lettera dell’arcivescovo di Lione. Alcuni, come il
Cowdrey, pur riconoscendone la testardaggine, dubitano che Guitmondo abbia potuto assumere un
tale atteggiamento nei confronti di Desiderio, sia per l’amicizia esistente tra i due, attestata
dall’episodio di S. Maria in Pallara, sia perché una vera e propria scomunica in senso canonico
dell’abate cassinese è storicamente quasi del tutto improbabile 37 . Ugo di Lione dopo aver concorso
all’elezione di Desiderio dice di aver ascoltato dalla sua stessa voce quelle che chiama «nefandissime
azioni», che cioè questi avrebbe promesso ad Enrico il suo aiuto per facilitargli il conseguimento
della corona imperiale, e lo avrebbe inoltre incoraggiato ad entrare nelle terre di S. Pietro,
incorrendo così nella scomunica. In realtà Desiderio in quell’occasione - come ho già accennato - non
pare aver agito senza l’indiretto assenso del papa, che da parte del re tedesco si attendeva
l’abbandono al suo destino dell’antipapa Viberto. Resta il fatto che Ugo di Lione, tendenzioso quanto
si vuole, ha attribuito all’irruento Guitmondo e non ad altri idee tipiche dell’ambiente francese, nel
quale all’ardore riformistico si mescolava la passionalità politica antimperiale. Tendo perciò a
credere che Guitmondo, anche per la sua stessa vicenda biografica - la sua cattura insieme all’abate
Bernardo di S. Vittore, forse voluta dallo stesso Enrico IV, dopo la Dieta di Forchheim - abbia in
qualche modo condiviso le false dicerie che circolavano nei riguardi di Desiderio, da lui ritenuto
probabilmente troppo incline ad una politica di pacificazione nei riguardi di Enrico. Almeno tre
motivi concorrono ad avvalorare quest’opinione:
a) la intransigenza di Guitmondo verso ogni condizionamento proveniente dalla sfera politica regia o
imperiale, alla quale invece il prudente, realistico e diplomatico abate di Montecassino era piuttosto
sensibile, in sintonia del resto con la dottrina dell’equilibrio pacifico tra regnum e sacerdotium;
b) l’attendibilità di Ugo di Flavigny, almeno per quanto concerne il secondo libro del suo Chronicon,
basandosi su testimoni diretti delle vicende da lui narrate;
c) il totale silenzio che le fonti cassinesi osservano su Guitmondo: un fatto che risulta emblematico
nell’orizzonte filodesideriano di un testo come la Chronica cassinese, che a partire dagli avvenimenti
del 1080 è proseguita dai continuatori di Leone Ostiense (Guido e Pietro Diacono), risultando perciò
di diverso peso storiografico o comunque di meno facile interpretazione.
Resta tuttavia non pienamente decifrabile - almeno stando alle fonti - il contrasto intervenuto fra
Guitmondo e Desiderio, entrambi sinceri gregoriani, sebbene diversi per formazione e
temperamento: l’uno educato alla scuola di Cluny, scuola di libertà dai condizionamenti politici, e con
un carattere decisamente intransigente; l’altro, dotato al contrario di grande tatto diplomatico, che
egli, sinceramente aperto ad una riforma morale e spirituale dell’intera Chiesa, dovette esercitare in
una Montecassino per vocazione geografica isola di frontiera, periodicamente minacciata dal mare
agitato di forze politiche e militari in contrasto. Dopo la morte di papa Gregorio l’atteggiamento
conciliante del nuovo papa cassinese, e soprattutto il suo intendimento di recuperare alla comunione
della Chiesa la fazione vibertina, dovettero scontrarsi con l’accanita posizione antimperiale del
gruppo francese, di cui era esponente quell’Ugo arcivescovo di Lione, che proprio in Guitmondo
sembra aver trovato il suo prestigioso portavoce.
3. L’episcopato aversano
All’ultimo tornante della biografia di Guitmondo appartiene il tratto meno agevole sulla via della sua
ricostruzione biografica, e che investe sia lo status nel quale egli agì durante gli avvenimenti di cui
fu protagonista negli anni di papa Gregorio, sia il termine cronologico d’inizio del suo episcopato.
36Cf. LECCISOTTI, L’incontro di Desiderio , cit., 306-319; inoltre COWDREY , L’abate Desiderio , cit., 195-201.
37 COWDREY , L’abate Desiderio , cit., 203: «La scomunica di Desiderio va quindi considerata non provata; alla
luce di quelle che sembrano essere state le sue intenzioni e le sue azioni nel 1082, manca di ogni plausibilità.
Tuttavia, non può nemmeno essere negata con certezza».
9
Ci si domanda in primo luogo se Guitmondo, durante il pontificato di Gregorio VII, sia rimasto
semplice monaco, come risulta da più fonti, o se, a partire da un imprecisato momento, sia stato
elevato al rango cardinalizio, come afferma Orderico Vitale 38, e ancora se in quegli stessi anni sia già
divenuto vescovo di Aversa, come scrive l’Anonimo di Melk 39.
Il cardinalato di Guitmondo, ad eccezione della testimonianza di Orderico Vitale, non trova altri
riscontri, e ciò dà luogo a seri dubbi circa la geuinità della notizia 40. La maggior parte delle fonti
(Paolo di Bernried nella Vita di Gregorio VII, l’anonimo Iudicium de regno et sacerdotio, Ugo di
Lione nella lettera a Matilde riportata da Ugo di Flavigny) concorda nel designare Guitmondo con il
solo titolo di monachus, talora precisandone il successivo episcopato aversano, come fa Paolo di
Bernried, senza però specificarne i tempi, scrivendo semplicemente: postmodum Aversanae
civitatis episcopus41 ; il già citato Anonimo di Melk 42 fa invece più esplicitamente risalire l’episcopato
guitmondino agli anni di papa Gregorio, come sembrerebbe essere provato anche da un frammento
di testo epistolare conservatoci in collezioni canoniche di Ivo di Chartres (Decretum, Panormia,
terza parte della Tripartita) con la seguente inscriptio: Gregorius VII Wimundo Aversano
episcopo 43.
C’è nondimeno, in questo intrecciarsi di dati apparentemente divergenti, un punto fermo: la
consacrazione episcopale di Guitmondo nel 1088 da parte del papa Urbano II, attestata da lettere
dello stesso pontefice e dal privilegio di Callisto II, emesso da Benevento il 24 settembre del 112044.
38 Historia Ecclesiastica, IV, ed. CHIBNALL , cit., 280: «Ideo desiderabilem philosophum de monasterio suo facile
<l’abate Odilone> dimisit, quem Gregorius septimus papa venientem ad se gaudens suscepit, cardinalem sanctae
Romanae Ecclesiae praefecit».
39 A NONIMO DI MELK, c. 102, ed. ETTLINGER , cit., 90.
40 Il KEHR, IP, 8, cit., 282, n. 2 giudica il racconto di Orderico Vitale con l’emblematico avverbio «fa bulose»; la
CHIBNALL , The Ecclesiastical History , cit., 280 nota 1, commentando la notizia ordericiana scrive: «Guitmund
was never a cardinal. The confusion have arisen because in 1077 he went to Germany with the legates of Gregory
VII, Cardinal-deacon Bernard and Bernard, abbot of St. Victor, Marseille»; inoltre HÜLS, Kardinäle, cit., p. 213,
inserisce Guitmondo tra i cardinali dal titolo incerto; cf. anche C.G. FÜRST , Gregorio VII, cardinali e
amministrazione pontificia, in Studi Gregoriani, 13, 26; cf. anche A. BECKER, Papst Urban II. (1088-1099), I.
Herkunft und kirchliche Laufbahn. Der Papst und die lateinische Christenheit, Stuttgart 1964 (Schriften der MGH,
19/I), 84, nota 257.
41 PAOLO DI BERNRIED, S. Gregorii VII vita, IX, 80, in Patrologia Latina, 148, cit., 82. La stessa incertezza
cronologica si riscontra in BERNOLDO DI COSTANZA , De veritate corporis et sanguinis Domini, cit., 385 -386:
«Lantfrancus inquam et Christianus, ambo religione et eruditione christianissimi, non multo post episcopi, de his
<le formule berengariane> enucleatissime scripserint et singulas autenticis rationibus invictissime
proscripserint»; anche GUGLIEMO DI MALMESBURY , in Willelmi Malmesbiriensis monachi, De gestis regum
Anlorum libri quinque, III, ed. W. STUBBS , II, London 1889, 338-339, non precisa sotto quale pontefice divenne
vescovo: «Guimundus, prius monachus de sancto Leufredo Normanniae, postea episcopus Aversanus Apuliae,
nostri temporis eloquentissimus».
42 A NONIMO DI MELK, c. 102, ed. ETTLINGER , cit., 90.
43 Cf. Decretum, pars IV a, c. 213, in Patrologia Latina, 161, Lutetiae Parisiorum 1855, 311; cf. J. GILCHRIST , The
Reception of Pope Gregory VII into the Canon Law (1073-1141), «Zeitschrift der Savigny -Stiftung für
Rechtsgeschichte Kanon. Abteil.», 90 (1973), 61 -62. Il testo (Regesta Pontificum Romanorum, I, ed. PH . JAFFÈ-
S. LOEWENFELD-F. KALTENBRUNNER -P. EWALD [= JL], Lipsiae 1885, n. 5277) è contenuto solo nelle tre collezioni
canoniche di Ivo di Chartres: la terza parte della Tripartita, Decretum e Panormia (su di esse cf. A.M. STICKLER,
Historia Iuris Canonici Latini, I. Historia fontium, Roma 1974, 181 -183) ed è poi passato in Graziano: Decretum,
pars I a, d. 8, c. V, in Corpus Iuris Canonici, I, ed. A E. FRIEDBERG , Lipsiae 18792, 14.
44 KEHR, IP, 8, cit., 284-285, n. 16; cito dall’originale conservato nell’Archivio di Montecassino,
ripromettendomi di darne una nuova edizione: «Siquidem dominus predecessor noster sanctê memoriê Leo papa
nonus | primum ibi episcopum Azolinum videlicet consecravit, porro Urbanus Guimundum, Gelasius Robertum
episcopos consecra¦runt, quorum nos auctoritatem et vestigia subsecuti, prêdictam Aversanam Êcclesiam in
solius Romanê Êcclesiê sub|iectione decrevimus conservandam, apostolica igitur auctoritate statuimus et
perpetua stabilitate sancimus ut eadem Aver|sana Êcclesia in Romanê deinceps Aecclesiê unitate atque
obedientia perseveret eique soli tanquam suffraganea metropo¦litanê suê subiecta sit, ita ut in ea per Romani
semper pontificis manum episcopus consecretur»; scrive anche ORDERICO V ITALE, Historia ecclesiastica, IV, ed.
CHIBNALL , cit., 280: «Urbanus papa iam probatum in multis metropolitanum Adversis urbis solenniter
ordinavit».
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L’Ughelli nel compilare la lista dell’episcopato aversano, parla di almeno due vescovi di nome
Guitmondo45 . Del primo tuttavia, che sarebbe stato consacrato da Vittore II nel 1056, nessuna
fonte certa dà notizia, e con il Kehr 46 lo si può senza dubbio escludere dalla lista dei vescovi di
Aversa. Il secondo è da lui situato negli anni di Gregorio VII, dal quale sarebbe stato eletto vescovo,
anche se lo stesso Ughelli confessa di non sapere se questi si identifichi con il Guitmondo consacrato
da Urbano II nel 108847 .
Un preminente valore nel non facile vaglio delle fonti è stato attribuito alcuni anni fa dal Tirelli48 al
già citato frammento di lettera tradito sotto il nome di Gregorio VII, nel quale si legge: Si
consuetudinem fortassis opponas, advertendum fuerit quod Dominus dixit: Ego sum veritas et
vita (cf. Gv 14,6). Non ait: Ego sum consuetudo, sed veritas. Et certe, ut beati Cypriani utamur
sententia, quaelibet consuetudo, quantumvis vetusta, quantumvis vulgata, veritati est omnino
post ponenda et usus qui veritati est contrarius abolendus49. L’autore, proprio basandosi su
quest’ultimo testo, e senza chiedersi fino a che punto la sua inscriptio risulti genuina ovvero se ne
sia attendibile la paternità gregoriana, ha optato per un’identificazione del Guitmondo, eletto - come
da alcune fonti sembrerebbe - da Gregorio VII, con il Guitmondo effettivamente consacrato da
Urbano II. Si tratta di una tesi a prima vista seducente, ma che ad un più attento esame si rivela
ampiamente discutibile.
Appoggiandosi sul principio di origine patristica addotto dall’emittente della lettera, secondo il quale
la consuetudine deve essere sempre sacrificata alla verità, e un uso che sia contrario alla verità
merita di essere abolito50, il Tirelli ritiene che si tratti di una risposta di papa Gregorio alle pressanti
richieste che Guitmondo gli avrebbe rivolto affinché, dopo averlo eletto vescovo di Aversa, si
degnasse finalmente anche di consacrarlo. Il brano della lettera ben si adatterebbe - a suo parere -
alla lunga attesa sopportata da Guitmondo prima d’essere consacrato, come per antica
consuetudine, dal papa stesso, al pari di quanto era avvenuto per il primo vescovo di Aversa,
Azzolino, consacrato da papa Leone IX. A tale richiesta nondimeno Gregorio avrebbe risposto
adducendo come argomento contrario il principio, già ricordato, secondo il quale la verità prevale
sempre sulla consuetudine. Che cosa avrebbe motivato il diniego del pontefice? Il fatto che «da
tempo giaceva irrisolto il grosso problema dell’autonomia della diocesi aversana rispetto a Napoli e
la questione finì con il perdere gran parte dei suoi connotati di ordine ecclesiastico e di
organizzazione diocesana per assumere la funzione di elemento di pressione politica nei difficili
rapporti tra pontefici e principi normanni di Capua»51 .
Realmente - com’è noto - sia Capua che Napoli avversavano l’immediata dipendenza della sede
episcopale aversana da Roma52 , ma ciò emerge in modo esplicito solo dalle lettere che Urbano II
45 F. UGHELLI, Italia Sacra sive de episcopis Italiae, I, ed. N. COLETI, Venetiis 1717, 488; inoltre P.B. GAMS ,
Series episcoporum Ecclesiae Catholicae, Ratisbonae 1873, 855; PARENTE, Città di Aversa, II, cit., 523-532;
GALLO , Aversa Normanna, cit., 167 -168.
46 Scrive il KEHR, IP, 8, cit., 281, n. 1: «Nulla eius memoria superest, ita ut ex serie antistitum Aversanorum
Aversanum consecrato, de quo in allato Callixti diplomate mentio habetur, an diversus, prorsus ignoro».
48 V. TIRELLI, Osservazioni sui rapporti tra Sede Apostolica, Capua e Napoli durante i pontificati di Gregorio VII
e di Urbano II, in Studi sul medioevo cristiano offerti a Raffaello Morghen per il 9O anniversario dell’Istituto
Storico Italiano (1883 -1973), II, Roma 1 974, 961 -1010.
49 Decretum, pars IV a, c. 213, in Patrologia Latina, 161, cit.
50 Cf. supra nota 43.
51 TIRELLI, Osservazioni, cit., 993; l’autore, interpretando quindi in senso tattico il presunto temporeggiare del
papa, non benevolo verso Giordano I e al tempo stesso consapevole dei particolari rapporti che in Aversa si
erano istituiti tra principe e classe dirigente militare, aggiunge che «qualora la vertenza fosse stata risolta con la
consacrazione di Guimundo, il pontefice avrebbe perduto un elemento di pressione politica sui Normanni di
Capua. D’altra parte, se la suffraganeità aversana fosse stata decisa a vantaggio di una qualunque delle due
archidiocesi, né Napoli né l’arcivescovo di Capua sarebbero stati in grado di sostenere la decisione pontificia, e la
reazione normanna avrebbe potuto assumere sviluppi inattesi»: ibid., 995.
52 La nascita della diocesi di Aversa, nel quadro della riorganizzazione del territorio ecclesiastico campano
seguita alla conquista normanna, aveva creato dissensi tra le Chiese napoletana e capuana. La diocesi aversana
era stata infatti costituita da papa Leone IX nel 1053 su istanza del conte Riccardo, ereditando così il titolo che
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inviò all’arcivescovo di Napoli, al clero aversano e in particolare a Giordano principe di Capua, in
occasione della consacrazione episcopale di Guitmondo; al contrario dall’epistolario di papa Gregorio
non si ricava alcun cenno alla questione. Inoltre sia nella lettera inviata a Giordano di Capua che in
quella indirizzata al clero di Aversa, Urbano II, stante la discordia tra la Chiesa napoletana e quella
capuana e fatto salvo il diritto di entrambe, ribadisce che la consacrazione episcopale di Guitmondo
è avvenuta per non protrarla ancor più oltre i termini dettati dalle disposizioni dei santi padri53 . Con
l’affermazione ne ordinatio eius ultra statuta sanctorum patrum nimis protelaretur il papa si
riferisce alle norme canoniche che regolavano la consacrazione dei vescovi, in particolare a quelle
che definivano l’intervallo di tempo intercorrente fra l’electio e la consecratio. Il Tirelli suppone
Guitmondo eletto vescovo «almeno dal 1078», identificandolo con l’anonimo vescovo di Aversa che
- secondo quanto riporta Amato di Montecassino - assisté sul letto di morte Riccardo di Capua54 ,
talché sarebbero trascorsi ben dieci anni tra l’elezione e la consacrazione di Guitmondo. In questo
modo, oltre al fatto - di per sé già risolutivo - che nel 1080 è ancora documentato come vescovo di
Aversa Goffredo55 , sembra sottovalutarsi del tutto il profilo giuscanonico della questione, cui invece
allude con chiarezza proprio la lettera di Urbano II. Quando infatti il papa afferma di non poter
protrarre oltre l’ordinazione episcopale di Guitmondo, non fa che ripetere quasi alla lettera le
era appartenuto all’antico centro di Atella; i dissidi che ne erano nati circa la sua soggezione alle metropolie di
Capua o di Napoli trovano un’eco nel privilegio di Callisto II del 1120, dove si riconosce che la diocesi è
direttamente sottoposta alla Sede Apostolica: cf. KEHR, IP, 8, cit., 284, n. 16; sul problema della riorganizzazione
ecclesiastica dell’Italia meridionale, fondata sul patto tra i conquistatori normanni e il papato riformatore, cf. per
l’area e il momento che qui interessa, soprattutto H.W. KLEWITZ, Zur Geschichte der Bistumsorganisation
Campaniens und Apuliens im 10. und 11. Jahrhundert, «Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven
und Bibliotheken», 24 (1932-1933) 1-16; I D., Studien über die Wiederherstellung der römischen Kirche in
Süditalien durch das Reformpapsttum, ibid., 25 (1933-1934), 105-137; C.D. FONSECA , L’organizzazione
ecclesiastica dell’Italia normanna tra l’XI e il XII secolo: i nuovi assetti istituzionali, in Le istituzioni
ecclesiastiche della “Societas christiana” dei secoli XI -XII. Diocesi, Pievi e Parrocchie . Atti della sesta Settimana
internazionale di studio (Milano, 1 -7 settembre 1974), Milano 1977 (Miscellanea del Centro di Studi medioevali,
8), 327 -356, in particolare 334-338 (rist. in I D., Particolarismo istituzionale e organizzazione ecclesiastica del
Mezzogiorno medioevale , Galatina 1987, 77-103, in particolare 85 -87); KAMP , Vescovi e diocesi, cit., pp. 379-
397; inoltre TIRELLI, Osservazioni, cit., 993-1006; A. BECKER, Papst Urban II. (1088-1099), II. Der Papst, die
griechische Christenheit und der Kreuzzug, Stuttgart 1988 (Schriften der MGH, 19/II), 3 8, nota 67.
53 Lettera al clero aversano: ed. P. EWALD, Die Papstbriefe der Brittischen Sammlung, «Neues Archiv», 5 (1879)
355, n. 9: «Patrem vestrum et coepiscopum nostrum Wimundum, quem auctoritate beatorum apostolorum Petri
et Pauli confisi ne ordinatio eius ultra statuta sanctorum patrum nimis protelaretur propter discordiam inter
Neapolitanam et Capuanam ecclesiam, salvo utriusque iure»; KEHR, IP, 8, cit., 286, n. 1; lettera al principe
Giordano: «Venerabilis viri Guimundi nunc confratris et episcopi no stri prudentiam ad omnia, que vobis et
heredibus vestris sunt utilia et honesta, promptam et devotam cognoscentes, quodque illius consecrationis
celebracio ultra sanctorum statuta patrum propter discordiam, que inter Capuanam et Neapolitanam est
ecclesiam, protelaretur, intuentes, Dei clemencia et auctoritate beatorum apostolorum confisi, manum ei
consecrationis imposuimus»: EWALD, Papstbriefe , cit., ibid., n. 10; KEHR, IP, 8, cit., 209, n. 38.
54 Cf. Storia de’ Normanni di Amato di Montecassino volgarizzata in antico francese, ed. V. DE BARTHOLOMAEIS ,
Roma 1935 (Fonti per la storia d’Italia, 76), 374 nota 2; TIRELLI, Osservazioni, cit., 994, segue il de
Bartholomaeis che identifica in Guitmondo l’innominato «evesque de Averse» menzionato da Amato.
55 In un diploma datato a Capua il 18 settembre 1080, con il quale il principe Giordano conferma al monastero di
S. Lorenzo di Aversa il possesso del lago di Patria e dona metà del canale di Vena, è menzionato «Goffridus
Aversanorum episcopus»: I NGUANEZ , Diplomi inediti, cit., pp. 7 -8 (originale); cf. G.A. LOUD, A Calendar of the
Diplomas of the Norman Princes of Capua, «Papers of the British School at Rome», 49, 1981, p. 124, n. 23; anche
GALLO , Codice Diplomatico Normanno di Aversa, cit., 5 (copia); Goffredo risulta tra i partecipanti alla
consacrazione della nuova basilica di Montecassino nel 1071: cf. T. LECCISOTTI, Il racconto della dedicazione
della basilica desideriana nel codice cassinese 47 , Appendice a A . PANTONI, Le vicende della basilica di
Montecassino attraverso la documentazione archeologica, Montecassino 1973 (Miscellanea Cassinese, 36), 221;
anche H. BLOCH , Monte Cassino in the Middle Ages, I, Roma 1986, 119; insieme a lui tra i molti presuli vi era
anche il cassinese arcivescovo di Salerno Alfano, tra i cui carmi ve n’è uno a lui dedicato: cf. A . LENTINI-F.
A VAGLIANO , I carmi di Alfano I arcivescovo di Salerno , Montecassino 1974 (Miscellanea Cassinese, 38), 153-
154, n. 21; tendo a credere - ma è solo un’ipotesi - che si possa identificare con il nostro Goffredo quel «Gosffridus
abbas et episcopus» commemorato l’11 gennaio nel necrologio del monastero della SS. Trinità di Venosa: cf.
HOUBEN , Il “libro del capitolo”, cit., 73, 126.
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disposizioni del concilio di Calcedonia 56 , là dove si riconosce che comportandosi alcuni metropoliti in
modo negligente verso il gregge loro affidato per aver differito le ordinazioni dei vescovi, è piaciuto
al santo sinodo stabilire che le ordinazioni stesse si facciano entro tre mesi dall’elezione, a meno che
per caso una inescusabile necessità non costringa a protrarre ulteriormente i termini così prescritti.
Urbano II dipende senza dubbio da questo testo - statuta sanctorum patrum egli dice -, poi
passato nel Decretum di Graziano57 , e tuttora vigente nel canone 379 del Codice di diritto canonico.
Diversamente non si giustificherebbe la premura del pontefice nel voler evitare una flagrante
violazione delle norme canoniche, se queste fossero già state abbondantemente, e in misura per
così dire abnorme, trasgredite dal suo predecessore.
In realtà dal quadro delle fonti che ho cercato di prospettare, due soli momenti spiccano per grado
di accertabilità:
a) l’inizio ufficiale del ministero pontificale di Urbano II nel marzo del 1088;
b) la consacrazione di Guitmondo avvenuta necessariamente tra il marzo e il luglio di quello stesso
anno. In luglio infatti il pontefice, scrivendo all’arcivescovo di Napoli Giovanni, nel giustificare la
consacrazione di Guitmondo mentre era ancora in discussione la questione della suffraganeità di
Aversa, dice di aver agito non per ira né per odio ma unicamente perché costretto dalla necessità,
non mancando altresì di aggiungere che lo ha fatto affinché - nel differire ancor oltre la sua
consacrazione - la Chiesa aversana non perda un tale uomo da lui stesso eletto: Ex presenti
dispositionis nostre constitutione propalatum tibi sit, quia quod de Aversani consecratione
episcopi gessimus, non ira, non odio, sed equitate dictante, cogente necessitate, peregimus, ne
scilicet, si usque ad questionis huius definitionem eius consecratio differretur, talem virum a nobis
electum ecclesia Aversana amitteret58. Un segno di stima per Guitmondo, ma anche la precisa
conferma che egli era ormai consacrato vescovo, e soprattutto che Urbano, e non altri, lo aveva
eletto alla Chiesa aversana prima di consacrarlo. Allorché dunque il pontefice scrive di non poter
prorogare ulteriormente i termini per la consacrazione di Guitmondo, attesta semplicemente - in
base alla norma canonica sopra menzionata - che, a partire dal giorno della elezione di Guitmondo
fino al momento in cui egli scriveva, era trascorso l’intervallo dei tre mesi canonici, e poiché la
lettera fu scritta in luglio, si deve concludere che l’elezione di Guitmondo dovette avvenire nella
seconda metà di marzo (com’è ovvio dopo il 12, giorno d’inizio ufficiale del ministero pontificale di
Urbano) e la consacrazione - non oltre luglio, cioè esattamente poco dopo la soglia dei tre mesi
prescritti. Così ricollocato nella scala delle fonti utili per una biografia di Guitmondo, il frammento
epistolare tràdito sotto il nome di papa Gregorio perde ogni sua preminenza. Gravi dubbi del resto
sulla genuinità della relativa inscriptio erano stati avanzati già dal Kehr 59 ;Ladner60 li ha ripresi, e
Gilchrist61 ha sottolineato in modo più radicale come il testo della lettera non abbia affatto un tenore
gregoriano, e come altresì la sua presenza in sole tre collezioni canoniche e non in altre, sia il segno
che il testo non appartiene a Gregorio VII. Con Ladner62 ritengo che la lettera sia stata indirizzata
sì da Gregorio ma al monaco e non al vescovo Guitmondo, e che sia stato Ivo di Chartres ad
inserirla nella sua raccolta con nell’inscriptio quel titolo episcopale, con il quale l’antico monaco di La
Croix-Saint-Leufroy doveva essere ormai universalmente noto. Del resto nel suo Decretum lo
Roberto I di Fiandra nel 1092 adopera un’espressione simile a quella del testo tràdito da collezioni canoniche,
come si legge in J.D. MANSI, Sacrorum Conciliorum nova et ampli ssina Collectio , 20, Venetiis 1775 (rist. anast.
Graz 1960), 745: «Quod si pratendis hoc ex antiquo usu in terra tua processisse, scire debes creatorem tuum
dixisse: Ego sum veritas, non autem usus vel consuetudo»; JL, cit., n. 5471.
61 GILCHRIST , Reception, cit., 62.
62 Two Gregorian Letters, cit., 670.
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stesso Ivo non manca di includere un passo di una lettera indirizzata ancora al vescovo Guitmondo,
questa volta però da Urbano II63. Ivo di Chartres, anch’egli allievo di Lanfranco, sicuramente
ammirava il nostro Guitmondo, al punto che in una sua lettera ne fa menzione per dare appoggio ad
un argomento da lui sostenuto, in base al quale qualora le circostanze lo richiedano, un monaco deve
accettare la dignità episcopale, come appunto -egli scrive - nel caso di Guitmondo64. È questo un
indice chiaro del fatto che l’episcopato di Guitmondo per il vescovo di Chartres aveva acquistato nel
ricordo di lui un significato preponderante e paradigmatico, tale da giustificare l’identificazione
immediata del monaco con il vescovo.
Da quanto emerso in queste pagine si può ricavare la conclusione che il Guitmondo consacrato da
Urbano II non può essere stato in alcun modo eletto vescovo dieci anni prima da papa Gregorio, sia
perché ciò è smentito inoppugnabilmente da contemporanee fonti documentarie aversane -
attestanti la presenza del vescovo Goffredo nella sua sede ancora nel 1080 - sia per motivi di ordine
canonico, al cui rispetto papa Gregorio non avrebbe potuto così a lungo sottrarsi e a cui Urbano
mostra di volersi attenere, sia infine per l’intrinseca debolezza della fonte canonica che ne fa
menzione. Quanto poi all’Anonimo di Melk, che attesta anch’esso l’episcopato di Guitmondo negli
anni di Gregorio VII, si tratta di testimonianza alquanto tardiva, risalente infatti alla metà del XII
secolo, posteriore di quasi cinquant’anni alle collezioni canoniche di Ivo, dalle quali può ben aver
subito decisiva influenza.
Non tre o due vescovi di nome Guitmondo salirono dunque sulla cattedra episcopale aversana nel
breve giro di trent’anni, ma un solo Guitmondo, il teologo, l’esponente del partito gregoriano, legato
a tal punto ad Urbano II da essere eletto vescovo di Aversa pochi giorni dopo l’elevazione di
quest’ultimo alla cattedra di Pietro, e da lui stesso consacrato nelle circostanze sopra considerate.
Guitmondo, vescovo di Aversa dal 1088, non eserciterà a lungo il suo ministero pastorale. Nel
marzo del 1091 partecipa al sinodo di Benevento65 , e in quello stesso anno è documentato in un atto
di permuta relativo ad una terra ubicata in Nocera66. Nel 1094 è menzionato tra coloro che
sollecitano Bernardo, vescovo di Carinola, a traslare il corpo del beato Martino da una grotta del
monte Massico, dov’era sepolto, alla cattedrale di quella diocesi67 , ma già nello stesso anno, in calce
al diploma del duca Ruggero Borsa con il quale questi dona al monastero di Cava il castello di
Stregola, si legge: Ego Johannes Aversane sedis episcopus interfui68, segno che ormai Guitmondo
non governava più la sua sede. Egli moriva quindi - com’è presumibile - dopo soli sei anni di
episcopato.
I frammenti della biografia di Guitmondo, che ho qui cercato di raccogliere insieme, rispecchiano
una forte personalità, caratterialmente irruente ed intransigente, che perciò la storiografia a lui
contemporanea ha delineato con tratti eccessivamente marcati, probabilmente perché così la sua
immagine riusciva più conforme alle idee di quei circoli ultragregoriani che in lui si rispecchiavano. Il
nome di Christianus, che egli stesso - a quanto pare - volle imporsi, esprime con immediatezza il
suo deciso impegno nel contribuire a quella Riforma della Chiesa che lo vide condividere insieme alle
migliori personalità del suo tempo alcune fasi cruciali del lacerante contrasto epocale tra regnum e
63 Decretum, pars XIV a, c. 68: «Eleemosynam eius qui excommunicatus fuit, si resipuerit, accipiendam. Urbanus
Guimundo Aversano episcopo», in Patrologia Latina, 161, cit., 842; il testo è riportato anche nella Panormia, V,
c. 123, ibid., 1240 e passa anch’esso nel Decretum di Graziano: pars II a, causa XXIV a, q. II a, c. 3: FRIEDBERG , cit.,
985.
64 Epistola LXXVIII, in Patrologia Latina, 162, Lutetiae Parisiorum 1854, 100: «duo de monasterio Crucis,
(1919), 368: una pezza di terra in vocabolo Casolla è ceduta in cambio di un’altra sita in vocabolo Mortula.
67 Cf. Acta Sanctorum octobris, X, Paris 1869, 883: «Decreverat enim et consilium a domino Guimundo,
Aversanae sedis episcopo, magnae auctoritatis viro»; su questo episodio, cf. inoltre L.R. CIELO, Cattedrali e
reliquie nella Campania normanna. I “tests” di Carinola, Caiazzo e Alife , estratto dalla «Rivista Storica del
Sannio», 1, settembre-dicembre n. 2 (1983), 13-14.
68 Cf. MATTEI -CERASOLI, Vescovi poco noti, cit.
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sacerdotium, tra un potere politico invadente e una Chiesa che aspirava alla libertà. Se ne trova
un’eco in Orderico Vitale, che con stile lapidario volle sottolineare il suo impegno di pastore della
Ecclesia Aversana, ricordandone il premuroso magistero a vantaggio del popolo, l’esemplare
condotta morale, l’incessante lotta nell’esercizio delle virtù cristiane: plebem studiose docuit,
meritis et orationibus protexit atque post multos agones in virtutum exercitiis ad Dominum
perrexit 69.
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