Questa raccolta, selezionata da Pier Vincenzo Mengaldo e
anticipata in parte in una plaquette fuori commercio poco più
di un anno fa, offre, pur nella sua esigua mole, un ricco
approfondimento di Fortini poeta, epigrammista e traduttore.
Di periodi e ispirazioni diverse, e testimoniando diversi aspetti
della personalità poetica fortiniana (dal suo brechtismo, al
surrealismo, alla poesia «milanese» degli anni Sessanta), i testi
scelti ripropongono, sempre ad alto livello qualitativo, la
stessa oscillazione che è del poeta edito: fra un’accanita
astrazione, che può essere anche regressione alla storia in
quanto allegoria, e una quotidianità ora aspra e punitiva, ora
dolce, rassicurante. O, a livello formale, tra la frase breve,
serrata, che diventa sentenza, e il discorso articolato, la
persuasione, l’intimazione. Anche questi inediti, che pure
danno più spazio a un poeta divertito e divertente, mostrano un
Fortini che incalza sempre nell’interrogare e nell’interrogarsi,
che non lascia respiro né agli altri né a se stesso.
Franco Fortini (Firenze 1917 - Milano 1994) ha raccolto in
tre volumi dei «Supercoralli» Einaudi i suoi libri di poesia fino
al 1983(Una volta per sempre. Poesie 1938-1973; Paesaggio
con serpente. Poesie 1973-1983; II ladro di ciliege e altre
versioni di poesia).Un ultimo e bellissimo libro, Composita
solvantur, è uscito in questa collana pochi mesi prima della
morte.
Ocr e conversione a cura di Natjus
Qualcosa tintinna
nel vuoto, qualcosa
si è rotto.
Il filo rovente
che spento ora oscilla
non vedi
ma senti e un ronzio
si ostina se scuoto
nel buio
quel filo che più
non brilla e che fu
tuo, mio.
Franco Fortini
POESIE INEDITE
A cura di Pier Vincenzo Mengaldo
Introduzione
Quando la prima edizione, non venale, di questo libretto
usci, era trascorso poco più di un anno dalla scomparsa di
Franco Fortini. Pubblicare un mannello di inediti poetici non
voleva dire solo rendergli omaggio, da parte di chi l’aveva
stimato e, come il presente curatore, non si rassegnava (e non
si rassegna) a non averlo più vicino. Voleva dire anche
presentare testi che sono spesso di valore assoluto o che,
quanto meno, gettano viva luce sul poeta, l’epigrammista e il
traduttore che già conosciamo. Sono quindi lietissimo di
riprendere il modesto omaggio con una scelta un po’ più lunga
per un libello destinato a quel pubblico più ampio che sempre
il nome di Fortini richiama.
E intanto qualche cenno sulla qualità, non di rado
cospicua. Per stare solo sulle versioni (Fortini è stato un
traduttore grandissimo), mi chiedo come mai nel Ladro di
ciliege egli non abbia affiancato al suo Jószef (e ricordo che ha
tradotto anche Illyés) questa magnifica versione, larga,
maestosa e amara, da Ady. Ma, qualità a parte (cito appena
qualche altro titolo: Amici invecchiano i tempi, «Il cereo
giorno», Per la nascita di Lorenza Pampaloni, Non possiamo,
Prima poesia televisiva contro l’estremismo, Reversibilità, Mi
hanno spiegato…), ognuno osserverà come tante di queste
poesie completino efficacemente serie o filoni tipici dei versi
editi del poeta. Ecco Prima poesia televisiva contro
l’estremismo esplicitare in contrappunto una dialettica che
conosciamo, ancor più che dalle poesie, dagli scritti teorici e
polemici dell’autore; mentre Reversibilità mette a fuoco quel
tema dell’allegoria, o figuralità, senza il quale la poesia
fortiniana non esisterebbe (e cfr. Il cardinale, che per qualche
aspetto fa coppia con l’appena citata: “orrenda allegoria”). E
per riferirci ora ai grandi compagni della vita di Fortini: «Alle
stecche delle persiane» risponde, dal tardo 1985, a una bella
poesia dedicata a Vittorini in Questo muro (rovesciandone,
fermi restando gli elementi-base, l’ambientazione); Dopo i
sessanta s’aggiunge al nutrito carteggio poetico con Sereni; il
genialmente eccentrico epigramma in tedesco a Cases va
assieme ai due testi dell ‘Ospite ingrato I e II sul grande, caro
amico; il sonetto Dell’agosto è diretto a un Andrea, cioè
Zanzotto, già destinatario di altri tre sonetti distribuiti fra
L’ospite ingrato I e II e Paesaggio con serpente (s’aggiungano
i due squisiti epigrammi sempre dell ‘Ospite). Il vecchio della
benzina da parte sua ribadisce il brechtismo fortiniano, ma
spalmandovi sopra qualcosa di americano, che sarà ancor più
da pittori come Hopper che da poeti di quell’area. E
finalmente le poesie alla moglie completano il bel canzoniere
d’amore che attraversa tutte le raccolte di Fortini.
Ancora un paio di cenni: nel finale del Cardinale s’agita
quel surrealismo che, debitamente purgato, conta tanto per il
Fortini poeta; e quanti di questi inediti sviluppano il tema,
fortinianissimo, della poesia sulla propria poesia (se si
preferisce, dell’autodifesa): cfr. almeno L’idillio e Mi hanno
spiegato… Qualche volta invece rimanda a certe atmosfere
della poesia “milanese” degli anni sessanta e oltre (Raboni
ecc.). Più in grande: non credo che la mia scelta sia stata
tendenziosa, ma se ora guardo questi inediti nel loro insieme vi
scorgo esattamente la stessa oscillazione “ambientale” che è
del poeta edito: fra un’accanita astrazione, che può essere
anche regressione alla storia in quanto allegoria, e una
quotidianità ora aspra e punitiva ora dolce, rassicurante.
Ma naturalmente la non pubblicazione permette a Fortini
di essere almeno altrettanto sperimentale che nell’edito. Si può
fare il caso del Lamento di eroe musicale, pseudo-pastiche
metastasiano come sempre a doppio fondo, che finge di
guardare il presente da lontano, e contrappone a vista
espressioni melodrammatiche o comunque letterarie («Bagna
la pioggia», v. 3, sarà dal terzo del Purgatorio) ad altre
seccamente moderne («età nuda»); o quello di Per Rossana R.,
diciotto versi snodati a filastrocca su due sole rime (e una
neanche facile). In genere risplende anche qui la bravura del
Fortini in senso lato “epigrammista”, cioè insomma la sua
capacità di far sprizzare un senso sghembo da abili - ed
efficaci - accosta-. menti verbali, tra giocosi e virtuosistici. E
parla chiaro il gusto di poetare in lingue straniere, che
s’arricchisce - come nei begli alessandrini baciati francesi - di
armoniche stilistiche allusive (un altro epigramma spagnolo è
in mio possesso). Ma si capisce anche che nell’inedito possano
crescere testi di natura anche molto diversa da ciò che
conosciamo dalle raccolte fortiniane: faccio un solo caso, la
tenera, singolare Per la nascita di Lorenza Pampaloni.
Così siamo arrivati all’ ultimo punto, cioè a come questi
inediti confermano, o addirittura mettono a fuoco, tutti gli
elementi più caratteristici dello stile poetico fortiniano.
Lasciamo pure stare Dell’agosto, che, assieme ad altri e forse
troppi sonetti che ho tralasciato (come indizio di una sorta di
inerzia nello sperimentalismo), rientra nel ritorno al sonetto
dei tempi successivi a Questo muro. Ma anche senza i sonetti
si può ben vedere che queste poche poesie oscillano fra
estremi strutturali: dalla litania-filastrocca (a partire dalla
vecchia Acqua del cielo che, ritornelli a parte, collega
consecutiva-mente le terzine per via di rime, per arrivare
all’ecolalia di Piccolo zoo, alla struttura esile, quasi per
mimesi del “filo”, della Lampadina fulminata, a Per Rossana
R. e alla versione della celebre Si tu t’imagines di Queneau,
che accompagna i due Queneau del Ladro dì ciliege), alla
“prosa” di Che queste parole, «Qualche volta» e Reversibilità,
che in Da un’arte poetica si coniuga, giusta l’assunto, con una
sorta di classicismo sette-ottocentesco.
Ma prendiamo un solo individuo, L’idillio, testo
mediolungo in versi medio-brevi, ciò che, intanto, favorisce
l’uso delle frasi nominali (v. 3 ecc.) cui si accoppiano quelle
che fanno comunque perno sul sostantivo. E poi, quanto meno:
lo staccato per frasette che tendono alla sentenza; il brevissimo
apoftegma finale («E’ tutto», da un precedente, si noti,
«Questo è tutto»); il collegare per asindeti sia tra frasi che tra
elementi di un sintagma: «strada scuola», «agile acuta» (prima
«agile e acuta») e molti altri; la punteggiatura minimale, che
toglie respiro; l’allitterazione: «breccia brina» e altre; il
periodare ellittico. E così via.
Vediamo se il resto conferma, e per non farla lunga
prendiamo l’allitterazione e fenomeni similari: «fresca
falciata» Acqua del cielo; «Bianchi» - «macchiate» -
«vecchiaia» Amici invecchiano i tempi; «cardinale» -
«catafalco» - «arca» e «chiare dei chierici» Il cardinale;
«rumore» - «ramo» Nella mia casa di Firenze; «verso» -
«vero» Prima poesia televisiva contro l’estremismo; «il
tremolio dei terminali» «Vieni tu»; Schinken und Geschichte;
«calmo» - «calma» - «colmo» Si tu t’imagines, per non parlare
delle abilissime rime leonine ironiche de «Le umane relazioni»
(e d’altri effetti sapienti di rima). Rileviamo ancora, stando nei
paraggi di quanto osservato per l’idillio: la costruzione tutta a
frasi-sentenza brevi e con legamenti zero di Non possiamo,
rimandando alla Nota per lo staccato nominale ostinato di
Ueber allen Gipfeln. Poi aggiungiamo magari i tralicci
dell’anafora o simili in Che queste parole.
Il vecchio della benzina e altrove; l’uso degli astratti nel
Cardinale: «il lampo delle porpore e l’arsura di Roma», e non
solo lì. E finalmente il modo di costruire gli endecasillabi,
prendendo per ora soltanto «Vieni tu»: con legame di anafora e
allitterazione: «Vieni tu, vieni accanto, voglio dirti»;
compattato da una serie sostantivale asindetica: «pupille, mani,
voglie, bocche, se»; arricchito da un inciso: «con la mia, non
importa, o la tua lingua»; un altro tipo, per esempio, è in
Lamento di eroe musicale, quello a sintagmi similari in coppia
staccata al solito da asindeto: «dell’età nuda, dell’età
scortese». E se allentamento dev’esserci, viene spostato al
settenario seguente o razionalizzato come epifrasi: «La
confusa pietà, la lieta, ansiosa | e tremante preghiera i sui tuoi
primi capelli molli, e il riso» in Per la nascita di Lorenza
Pampaloni.
Cosa si ricava? Si ottiene l’essenziale, credo, dello stile
poetico di Fortini (quale non è stato, finora, granché descritto),
e sia pure a una temperatura spesso minore che negli editi.
Volendo passare rapidamente dalla parte al tutto, quel
compatto che è dell’endecasillabo fortiniano è, in linea di
massima, di tutto il suo linguaggio. Del quale sì dice spesso
che è in qualche modo “classico”, ma senza tener conto che è
una classicità stretta, tagliata, prosciugata, dunque lo scheletro
o il fantasma della stessa. E in totale si ha una
razionalizzazione dei mezzi retorici che si affida soprattutto al
chiuso, al martellato, al senza-vuoti, col risultato che si evita o
si nasconde in un angolo (non sempre, prego) quello che
Montale chiamerebbe il bathos dei lirici, e il ragionare poetico
così tipico di Fortini è reso il più possibile serrato, perentorio.
Per tendere i due estremi del filo: la frase breve, serrata di
dentro e staccata all’esterno, tende a diventare così sentenza; il
discorso (nel senso migliore) persuasione o intimazione.
Anche questi inediti, che pure danno più spazio al lusus,
mostrano che Fortini non lascia respiro né agli altri né a se
stesso. Non so quanto consapevolmente, ma proprio la lirica
intitolata L’idillio è tutta stilizzata nel modo meno idilliaco
possibile, senz’aria e senza soste.
Ma insomma, chi stima e ama questo poeta - che io penso
destinato a crescere molto nell’opinione comune - troverà in
queste poche poesie “rifiutate” «altre foreste, pascoli nuovi»
(Milton, Lycidas, trad. Fortini).
PIER VINCENZO MENGALDO
POESIE INEDITE
a Ruth Leiser Fortini
Acqua del cielo
Acqua del cielo salute
dell’Onnipotente
lavaci i corpi.
Per le tue immagini
5 inviolata parete
bianca guarda la mente.
Scenda nella rete
del sangue il tuo gelo
altissima pace.
10 Acqua del cielo amara
e di misericordia
antica sete
dov’era la discordia
d’erba fresca falciata
15 stilla una corona.
Alla nostra persona
fai viva ogni parola
o immacolata.
Da ventidue anni
io sono vivo.
Quanti anni, ancora, di vita;
di questi minuti che ora
5 finisco.
Nella Tua mano ferita
vincitore Gesù
levami tu dal tempo.
Piccolo zoo
1.
Rispettate l’elefante
Che ne sopporta tante
Con un soffio lui sbàrbica le piante
Poi guarda intorno esitante
5 Scusandosi di essere un gigante
2.
E questo è il pipistrello
Mezzo topo e mezzo uccello
Vecchio stridulo chiavistello
Non si può proprio dire che sia bello
3.
10 Non svegliate le povere marmotte
Stanche di tante lotte
Chiuse in fondo alle grotte
Nipoti della notte
4.
Dromedario meditabondo
15 Tanto pigro d’essere al mondo
Spenge tutto con occhio profondo
Antiquario dromedario
5.
È molto triste il destino dell’orso
Tutti gli tirano ghiande sul dorso
20 Lui morde l’aria con mezzo morso
Quattro zampe un lungo percorso
Quattro pensieri un lungo discorso
6.
Guardatela la pantera
Nera altera leggera
25 In abito da sera
Si sente molto fiera
7.
Jena
Di rabbia piena
Ha sette peli rossi sulla schiena
30 Ride verde fa pena
8.
Truffa e arruffa la bertuccia
Sbircia scruta pela sbuccia
Trita succia
9.
Gatto
35 Occhi di mentecatto
Passi distratto
Baffi di scatto
Pelo compatto
Orgoglio intatto
40 Chi potrà dire di che cosa è fatto
Un gatto?
Amici invecchiano i tempi
Amici, invecchiano i tempi
si fa tanto semplice il mondo
e io studio ancora l’inglese.
Sono, le cose che faremo, ancora
5 tra lievi mattine sospese
e crescono in fondo alle tasche i giornali.
Bianchi e le mani macchiate
di crusca della vecchiaia
parleremo parleremo
10 delle cose che faremo
e di quelle che non hanno fatte i padri
disegnando, come quando
si giocava a guardie e ladri,
sulla ghiaia.
1948.
Che queste parole siano scritte
Che queste parole siano scritte è necessario
Che l’ora di mezzanotte dal campanile
Batta nella nebbia fino alla pagina fino
Al cervello dell’uomo seduto è necessario
5 E’ necessario che nessuno si addormenti.
Nulla sarà perduto ma anche se fosse
Anche se non esistesse nessuna salvezza
[…]
Il cardinale
Non sono molti fra gli uomini
a chiudere come me in pace le rughe delle palpebre,
ma dai secoli dei cimiteri
altri forse beati prèsuli, mutati
5 come me in orrenda allegoria,
finché il tarlo dell’aria
non dissolva la corda che pende
sull’arca pianta dagli angeli.
A Roma dai conventi di Irlanda la nera,
10 dai boschi di Moravia, dai vescovadi di Scandia,
come me ad abbracciare le ginocchia del Vecchio,
e come me morirono
sulla via del ritorno,
tra un cambio e l’altro dei cavalli,
15 tra un imbarco e uno sbarco della nave,
prima di rivedere il loro gregge,
prima di dimenticare
il lampo delle porpore e l’arsura di Roma,
la sala dove le rughe
20 delle mie palpebre han pianto.
Io il cardinale dal catafalco all’arca
pianta dagli angeli, io il cardinale di marmo
- le voci chiare dei chierici cantano Requiem
e Gloria,
dentro l’inchiostro dei brevi riposano le arene
25 sepoltura delle armate di Alessandro…
Il cereo giorno ti ghiaccia le tempie.
E dovrai alzarti in piedi
uscire e camminare
guadagnarti le empie
5 ore della tua vita.
E tu le credi sante,
rare, tu l’ami!
La lampadina fulminata
Qualcosa tintinna
nel vuoto, qualcosa
si è rotto.
Il filo rovente
5 che spento ora oscilla
non vedi
ma senti e un ronzio
si ostina se scuoto
nel buio
10 quel filo che più
non brilla e che fu
tuo, mio.
Nella mia casa di Firenze
Nella mia casa di Firenze a quest’ora
mio padre non ha ancora acceso la luce e resta
dormendo nella poltrona vicino alla radio,
mentre fuori la sera della domenica è di freddo
6 trasparente, di viola dal Ceceri alla Consuma.
In pomeriggi come questi a quest’ora
quand’ero solo da ragazzo nella casa di Firenze,
nemmeno io accendevo la luce e guardavo
come veniva la sera di fine febbraio sugli orti,
10 sui fischi dei treni esili, e lampi da vetrate.
Giravo per casa senza far rumore,
dov’erano le cose lasciate dalla famiglia, i bicchieri
sciacquati capovolti nella cucina, i giornali,
la cenere nei portacenere.
15 No so che pace sia, o che amaro sia
nel sonno che viene a quest’ora della domenica
quando ancora non si accende la luce
e non c’è nessuno in casa.
Si ricorda allora il tempo che era per casa
20 un piccolo gatto bianco che un giorno sparì;
gli album dei disegni, le bottiglie vuote, la gente
morta quando si era ragazzi;
e s’invecchia di due, di cinque anni in un giro d’occhi,
senza rumore come un ramo di cenere
25 si disfa nel caminetto già brace coperta.
Vado anch’io a quest’ora per casa come mio padre
che ancora non accende la luce nel dormiveglia,
mio padre vecchio nella sua casa di Firenze,
in una sera di domenica viola, nel
mese di febbraio
freddo dal Ceceri alla Consuma.
Per la nascita di Lorenza Pampaloni
E quando sarai grande
saprai cos’era nel cuore a tuo padre.
La confusa pietà, la lieta, ansiosa
e tremante preghiera
5 sui tuoi primi capelli molli, e il riso.
E della carità, della speranza
che comporrà i tuoi giorni
e della fede che ognuno per questi
lunghi viali del mondo accompagna,
10 l’immagine che tu sei divenuta
quanti anni in sé condusse, quanti lunghi
cammini l’educarono,
e preghiere e rimorsi.
Da quant’anni alla tua voce non nata
15 ancora, e sottile, ebbe orecchio!
Come a quella sorrise in cuore, in giorni
che a lui sono memoria e perse ombre.
L’idillio
Risparmiatevi di dirlo.
Certo che regredisco.
All’idillio.
Non ne sono uscito mai.
5 Dite pure non ascolto.
Guardo e scrivo
quel che vedo.
Dalla finestra
ragazzo
10 muro di catrame
sole di prima mattina
binari Firenze-Roma
scarpata
breccia brina.
15 I genitori dormivano.
Guardavo scrivevo
come ora.
Allora mi aspettavano
strada scuola
20 le sigarette i compagni.
Allora prendevo su
i libri l’aria
era agile acuta.
È tutto.
Mio essere
Mio essere a che, dimmi,
se più nulla ti resta
se conosci ogni cosa, parli ancora?
Se dunque pari a questa
5 credi la vita e nulla vi riposa
e soltanto una ansiosa
domanda è il vuoto e l’aria dell’aurora?
Non possiamo
Non possiamo alterare l’inerzia di un corpo
modificando l’ambiente che lo circonda.
Tutto è cambiato, le città sono sparite
la somma delle forze individuali
5 tende a zero. I vecchi uccidono i giovani,
i giovani generano vecchi. Non possiamo
alterare l’ inerzia di un corpo
modificando l’ambiente. Niente è più forte
di un altro corpo. Per mutare gli uomini
10 corpi di uomini ci vogliono. Perché parlino
i morti bisogna respirare
dentro le loro bocche.
Prima poesia televisiva contro l’ estremismo
(Avete qualcosa da dire prima della sentenza?
Un’ultima lettera da vergare con l’alba tra i denti?)
Sanno quel che mi chiedono, le segretarie
attraenti
i cortesi funzionari
5 giovani vigorosi appena adiposi
appena vili appena credibili?
Di leggere una mia poesia meglio se inedita
per la rubrica letteraria della televisione.
Ma non ci stare mi dicono gli amici
10 esatti come medici
Non devi farlo Ma non puoi dire la verità
Comunque sia vincono loro.
Non è così rispondo
con parole meditate per esser pronunciate
15 con parole italiane precise
facili da tradurre
e anche ricche anche belle.
La verità ha più volti e più momenti
e più doveri.
20 Posso farla passare
anche dentro ai microfoni
del Capitale. Dicendo
quel che non dico. Tacendo.
Anche mentendo. E’ qui
25 con me e con voi e parla
d’altro - la verità.
(Come l’attentatore
che per colpire veste l’uniforme
dell’ invasore).
30 Amici ho scritto per voi
perché nulla dicessi io
di quel che dovete voi dire
di quel che dobbiamo noi fare
dal lato opposto del verso
35 dallo stesso lato del vero.
(Voi avete capito.
Essi hanno capito.
La nostra trasmissione è terminata.
Passo. Chiudo).
9 marzo 1969.
Qualche volta nella sera scende
per la strada, gira nel quartiere.
Esamina la vetrina del salumiere,
la cartoleria e la boutique. Assume
5 l’aria del vecchio signore.
Si sente come avesse un bastone o una canna.
Quelle volte acquista un giornale della sera.
Presto ritorna a casa.
Amori di smorto libertino.
10 Una convenzionale vedova di riguardo,
abbondante e piacente, che porta
il busto e un resto di accento nizzardo.
E una minorenne incapace di rimorso
che per poca moneta lo bea qualche volta di qualche
15 denudazione a finestre serrate
tra le sette e le otto di sera, fra il corso
di segreteria di azienda e la corriera.
La mattina quando non sbriga le lezioni
al liceo, studia in casa o in biblioteca.
20 Dopo cena, la sera, alle riunioni
del gruppo politico, qualche volta, si reca.
E’ ascoltato e seguito da operai e da studenti.
Non ama le cene amichevoli perché gli fermenta
troppo a lungo, anche se buono, il vino.
25 L’opera che lenta, una scheda dopo l’altra, compone
è sulla fortuna di Hume nella nostra nazione.
Contemplo il figlio di mille secoli che
ho immaginato sulla carta ma
che veramente esiste nella ambiguità del reale.
30 La sua vecchiaia, il suo essere vinto
sono temi consunti ma anche meravigliosi.
Quindi la cadenza conferita a questi versi
vuole essere solenne e battere come bronzo.
Una luce di maggio violentissimo
35 assalta il personaggio che ho disegnato qui.
Lo rapisce, lo travolge,
il suo corpo denudato splende tra le nuvole.
Il cadavere luminoso è sostenuto
dal vento degli alti spazi.
Anni Settanta.
Vieni tu, vieni accanto, voglio dirti
qualcosa che ricorderai.
Questi nostri profili,
e le nazioni delle foglie, i vivi popoli
5 a stringerli, a sostenerli è il vuoto vero e intero
e dà ordine e senso
e brama, per udirlo, di preghiera.
Non è la sua lingua incomprensibile
che sibila che ai cieli sibila il transistor,
10 né il tremolio dei terminali
nervosi, non l’urlo che dice:
«Tu morrai», in mezzo al petto,
nell’ira della notte.
Nella caverna sonora
15 dove gli spiriti si accolgono
intorno al lume, e gli antenati e i figli,
sarà esso a decidere
pupille, mani, voglie, bocche, se
verrà il sole domani, se contro
20 inedia e gelo armi ci saranno.
Questo puoi ricordare, raccontare
con la mia, non importa, o la tua lingua.
Alle stecche delle persiane, fra i gerani, a metà del
pomeriggio, davanti a quella finestra del piano terreno.
«Elio! », chiamavo. Non dormiva, era al tavolo. La voce
che mi dava
suonava nella stanza cava.
5 Apriva le persiane, gli vedevo entrare negli occhi
i monti, l’abbaglio del fiume e una vela. Così abbiamo
vissuto.
Ecco riattacca la cicala dell’olmo.
1985.
Lamento di eroe musicale
A lunga incomprensibile querela
costringo il fortissimo spirito.
Bagna la pioggia il viso stolto e il pianto.
Navigo i sordi mari
5 dell’età nuda, dell’età scortese.
Per Simone de B.
In Tv hai visto un attimo la nostra cara Hélène
tra la folla, piangente per Simone.
Con gli altri morti è a posto ora anche lei
dall’altra parte del boulevard Edgard-Quinet.
5 Come d’aprile è verde il buio. Viene
con le luci francesi e le giovani persone.
Le guardi e non ti vedono. Sono come tu sei.
Uno che è e uno che non è.
Reversibilità
Anassagora giunse ad Atene
che aveva da poco passati i trentanni.
Era amico d’Euripide e Pericle.
Parlava di meteore e arcobaleni.
5 Ne resta memoria nei libri.
Si ascolti però quel che ora va detto.
Anche la grandissima Unione Sovietica e la Cina
esistono, o l’Africa; e le radio
ogni notte ne parlano. Ma per noi, per
10 noi che poco da vivere ci resta,
che cosa sono l’Asia immensa, il tuono
dei popoli e i meravigliosi nomi
degli eventi, se non figure, simboli
dei desideri immutabili dolorosi? Eppure
15 - si ascolti ancora - i desideri immutabili
dolorosi che mordono il cuore nei sonni
e del poco da vivere che resta
fanno strazio felice, che cosa sono
se non figure, simboli, voci,
20 dei popoli che mutano e si inseguono,
degli uomini che furono e che in noi
sono fin d’ora? E così vive ancora,
parlando con Euripide e con Pericle
di arcobaleni e meteore, il filosofo
25 sparito e una sera d’estate
ansioso fra capre e capanne di schiavi
entra ad Atene Anassagora.
A mia moglie
Tu scrivi, le labbra serrate, compunta
Come quand’eri scolara, il tuo ciuffo
Calato sugli occhi. (La stanza riceve
un poco di debole sole).
5 Qui siamo noi due, qui giunti per ora
Recati dal tempo: tu ancora
Confidi nei giovani anni
E nella leggera figura
Che in essi hai composta, nei gesti che avevi
10 Quand’eri sui compiti ancora.
Sei ora mia moglie, mi esisti vicina:
Stupito ti guardo che vivi.
Mi hanno spiegato…
Mi hanno spiegato che le bestie e l’ erbe,
cieche o modeste o vinte o assopite
o in sé raccolte, dimesse, sfinite,
rapprese nei miei versi,
5 sono una madre di me stesso, immagini
di sonno e di custodia.
Ma ormai sonno non ho, non ho custodia.
E tutto ancora farà male, madre.
8 agosto 1994.
Schinken und Geschichte
Besser kein Schinkenstück als ein Stück unsres Aases,
o du, sehr unmoralisch und doch geliebter Cases!
[Prosciutto e Progresso Non c’è pezzo di prosciutto che
sia meglio di uno delle nostre carogne, | tu, grande immoralista
e pure caro Cases]
Da un’arte poetica
I.
… farai bene a evitare che troppo sia breve
la tua poesia; non fidarti che un giorno
i piccoli scatti di umore, i veloci epigrammi
se letti in fila un universo aprano.
5 Chiunque fa trenta versi; ma cento o duecento
non li farai con accorte giunture. Ci vuole
sprezzo e coraggio; e molta debolezza.
Bisogna saper cominciare, durare e finire.
Non puoi confidare nell’istinto. Ci vuole chiarezza,
10 un piano, un disegno. Così Pasolini, se riesce.
E invece un Bertolucci divaga e il suo zirlo
è quello gentile del grillo, lo ascolti ma poi ti distrai.
Dagli atonali poi, guardati! Un tritacarne
è utile, bello perfino; per pochi minuti però.
15 Non sanno che sempre fu rotto, che sempre
fu inafferrabile il mondo; che il primo dolore
è dall’inestinguibile incoerenza
degli oggetti, dei volti e delle parole; ma sempre
chi poetò vinse quel primo disordine, salvo
20 un altro, più fondo, scrutare e anche quello
vincere e ancora un altro, precipitando
verso più inflessibile ordine, organizzando
sempre più indicibile caos, che è al primo com’è
Milano dal Duomo alla terra che ha scorto Gagàrin…
Dell’agosto
Greve d’agosto il sole così picchi
trippe di tracotanti orche d’America
in Capri; o in Adria lercia a una generica
truppa tedesca avvampi nerbi e nicchi.
5 L’uno così nell’altro si incavicchi
al dimenio di sua carne emisferica
sì che riavuta la carica isterica
l’umana batteria sfavilli e scricchi.
Ma il vero sole onde tu canti e io specolo
10 solfo non piove. E con l’onore il rischio
sparì. Tu, Andrea, ne serbi ancora? Ah, recalo
a questa grotta ove in ombra mi invischio.
Quivi, chimico inetto, in odio al secolo
scarsi salnitri a negri versi io mischio.
Et si de mon ardeur je reconnais la force
je ne sais à quels feux preparer une amorce
et, doutant de tout choix, incertain de mon but
errant, comme un fuyard, à moi-même inconnu…
5 Ha si du haut du ciel parmi les nuages sombres
tu savais de nos coeurs illuminer les ombres
Lune! Si je pouvais anéantir ma rancune
qui fait d’un seul plaisir une seule infortune…
[E se dell’ardor mio riconosco la forza | io non so a quali
fuochi un’esca preparare | e di ogni scelta in dubbio, incerto
della meta, | come un fuggiasco errando, sconosciuto a me
stesso… | Ah se dall’alto cielo tra le nuvole oscure | sapessi tu
illuminare le ombre dei nostri cuori, | Luna! Se io potessi
annichilire l’astio | che d’un solo piacere fa una sola
sventura…]
Il vecchio della benzina
Il vecchio della benzina
ha un figlio che studia canto.
L’hanno ascoltato alla Radio.
E’ l’onore della famiglia.
5 Non voglio commiserarlo
il vecchio della benzina.
Anch’io ho studiato canto.
Anche mio padre ha sperato.
Le umane relazioni ci fan buoni.
L’etica è in fiore nella cibernetica.
Vela malinconia l’ economia.
S’orna di sentimento il rendimento.
5 I sindacati sono illuminati.
I cardinali hanno sconti speciali.
Per Rossana R.
su un motivo di P. Verlaine
In questo tempo che divaga
in questo tempo che ci allaga
di malgrado e di sebbene
a me la Rossana va bene.
5 Collettivisti a tutta paga
di cooperative dabbene
e voi marxisti del pliocene
assopiti alla vecchia saga
professori di controscene
10 aiuto-carristi di Praga
soviettisti delle catene
letterati di gaie cene
italiani di mente vaga
a me la Rossana va bene.
15 Gente, la rima non ripaga
corta è la vita lunga la piaga.
Finché un’ora più vera non viene
la Rossana a me va bene.
Dopo i sessanta
Mario, Vittorio, amari e cari non-amici!
Lo so. Senza di me,
o meno bravi o più felici.
Habla Don Antonio Machado
En mi jardin el agua coria alegre…
Y después fue el Segre.
[Parla Don Antonio Machado Nel mio giardino l’acqua
correva allegra… | e poi fu il Segre]
Le nostre risposte
I.
Quanto è lunga la vita e come è strana.
Quanto è lontana la città a quest’ora!
E ieri - non ti conoscevo ancora.
E domani - chissà se ti vedrò.
5 Cerco la mia collana e non la trovo
e il pettine non è dove credevo.
Si è fatto tardi - e devo salutarti.
E non so più se mi vuoi bene o no.
II.
Forse una donna vuol sapere troppo
10 ma anche tu vuoi sapere e non lo chiedi.
Che cosa pensi quando non mi vedi?
Che cosa vedi quando pensi a me?
Cerchi le sigarette e non le trovi,
cerchi d’essere allegro e non ci arrivi.
15 Si è fatto tardi - e devi salutarmi.
E non sai più chi ero e chi sarò.
III.
Quanti anni son passati su noi due.
Quanto è breve la vita e come è strana.
Quel che era vicino s’allontana,
20 quel che era lontano è accanto a te.
Cerchi la giovinezza e non la trovi.
Ma ora sai che cosa le chiedevi.
Si è fatto tardi - e siamo ancora insieme
a domandarci quel che non si sa.
«Òhe, ma dico, Fortini, a sessant’anni
non sai ancora se Iddio c’è o non c’è? »
«Non c’è! », grido, «non c’è». (Ma Iddio mi danni
se lo so, dico tra me).
Da Orazio
Fonte Bandusia, splendido specchio,
vino squisito meriti e fiori;
e domani un capretto
ti darò, che già punta
5 le sue piccole corna.
Niente: nato ultimo del gregge
col suo sangue vivace turberà
quei tuoi rivoli freddi.
Il gran fuoco d’agosto
10 non ti turba. Il tuo gelo
è grato ai buoi che arano
e alle pecore stanche.
Così anche tu sarai
tra le fonti famose, se non tacqui
15 gli elci cui voci rechi
d’acque lontane e d’echi.
1993.
O fons Bandusiae, splendidior vitro, | dulci digne mero non
sine floribus, | cras donaberis haedo, | cui frons turgida
cornibus || primis et venerem et proelia destinât. | Frustra: nam
gelidos inficiet tibi | rubro sanguine rivos | lascivi suboles
gregis. || Te flagrantis atrox hora Caniculae | nescit tangere, tu
frigus amabile | fessis vomere tauris | praebes et pecori vago. ||
Fies nobilium tu quoque fontium | me dicente cavis impositam
ilicem | saxis, unde loquaces | lymphae desiliunt tuae.
Ueber allen Gipfeln
Quiete tutte le cime.
Su tutte le rame alte
appena un fiato.
Muti i piccoli uccelli del bosco.
5 Fra poco, guarda
requie anche per te.
Über allen Gipfeln | Ist Ruh, | In allen Wipfeln | Spürest du
| Kaum einen Hauch. | Die Vögelein schweigen im Walde. |
Warte nur, balde | Ruhest du auch (Goethe, Wanderers
Nachtlied).
Dalla Fonte all’Oceano
da Endre Ady
È una fossa grande, assopita, strana la Fonte.
Acque la colmano torbide, giunchi, erbe.
Ma Kraszna, Szamos, Tibisco, Danubio
la schiuma portano fino all’Oceano.
5 E anche se preme il dominio scitico su me,
se cento maledizioni mi irrigidiscono il sangue,
se migliaia di talpe alzano argini,
io lo raggiungo, l’Oceano.
Questa audacia triste, la voglio
10 voglio questo miracolo del mondo.
Qualcuno parte dalla Fonte
e la sua foce è al grande santo Oceano.
Az Értol az Oceanig Az Ér nagy, almos, furcsa arok, |
Pocsolyas viz, sas, kaka lakjak. | De Kraszna, Szamos, Tisza,
Duna | Oceanig hordjâk a habjat, || S ha ram dol a szittya
magassag, Ha szaz atok fogja a vérem, Ha gâtât tur fol ezer
vakond, | Az Oceânt mégis elérem. || Akarom, mert ez bus
merészség, | Akarom, mert vilag csodaja: | Valaki az Értol
indul el | S befut a szent, nagy Oceanba.
Si tu t’imagines
da Raymond Queneau
Ma che mai ti credi
ragazzina bella
ma che mai ti credi
che la duri sempre
5 la stagione dell’a
la stagione dell’a
dell’amore in fiore
dio come t’illudi
ragazzina bella
10 dio come t’illudi.
Volano i bei giorni
i bei giorni lieti
soli e pianeti
vanno in girotondo
15 mentre tu bambina
dritta dritta fili
verso dio sa cosa
verso dio sa che
Ahi che s’avvicina
20 la zampa di gallina
la giogaia al collo!
E di già si spiccia
la pesante ciccia
il muscolo frollo
25 Coglile dài coglile
le rosele rose
rosa della vita
della vita lieta
E quei loro peta-
30 -li ti siano il mare
calmo d’ogni calma
colmo d’ogni bene
Coglile dai coglile
se non lo farai
35 dio come t’illudi
ragazzina bella
dio come t’illudi.
Si tu t’imagines | si tu t’imagines | fillette fillette | si tu
t’imagines | xa va xa va xa | va durer toujours | la saison des za
| la saison des za | saison des amours | ce que tu te goures |
fillette fillette | ce que tu te goures || [Si tu crois petite | si tu
crois ah ah | que ton teint de rose | ta taille de guêpe | tes
mignons biceps | tes ongles d’émail | ta cuisse de nymphe | et
ton pied léger | si tu crois petite | xa va xa va xa | va durer
toujours | ce que tu te goures | fillette fillette | ce que tu te
goures] || les beaux jours s’en vont | les beaux jours de fête |
soleil et planètes | tournent tous en rond | mais toi ma petite | tu
marches tout droit j vers sque tu vois pas | très sournois
s’approchent | la ride véloce | la pésante graisse | le menton
triplé | le muscle avachi | allons cueille cueille | les roses les
roses | roses de la vie | et que leurs pétales | soient la mer étale |
de tous les bonheurs | allons cueille cueille | si tu le fais pas |
ce que tu te goures | fillette fillette | ce que tu te goures
Sull’aria della «Internazionale»
1. Noi siamo gli ultimi del mondo. - Ma questo mon-
do non ci avrà.
Noi lo distruggeremo a fondo. - Spezzeremo la società.
Nelle fabbriche il capitale - come macchine ci usò.
Nelle sue scuole la morale - di chi comanda ci insegnò.
5 Questo pugno che sale - questo canto che va
è l’Internazionale, - un’altra umanità.
Questa lotta che eguale - l’uomo all’uomo farà,
è l’Internazionale. - Fu vinta e vincerà.
2. Noi siamo gli ultimi di un tempo - che nel suo male
sparirà.
10 Qui l’avvenire è già presente. - Chi ha compagni non
morirà.
Al profitto e al suo volere - tutto l’uomo si tradì.
Ma la Comune avrà il potere. - Dov’era il no faremo il
sì.
Questo pugno che sale - questo canto che va
è l’Internazionale, - un’altra umanità.
15 Questa lotta che eguale - l’uomo all’uomo farà,
è l’Internazionale. - Fu vinta e vìncerà
3. E tra di noi divideremo - lavoro, amore, libertà.
E insieme ci riprenderemo - la parola e la verità.
Guarda in viso, tienili a memoria - chi ci uccise e chi
mentì.
20 Compagno, porta la tua storia - alla certezza che ci
unì.
Questo pugno che sale - questo canto che va
è l’Internazionale, - un’altra umanità.
Questa lotta che eguale - l’uomo all’uomo farà,
è l’Internazionale. - Fu vinta e vincerà.
25 4. Noi non vogliamo sperar niente. - Il nostro sogno
è la realtà.
Da continente a continente - questa terra ci basterà.
Classi e secoli ci hanno straziato - fra chi sfruttava e
chi servì:
Compagno, esci dal passato - verso il compagno che
ne uscì.
1968,1971,1990,1994.
Note
Proprio sullo scorcio della vita Fortini ha «corrette e
ordinate per categorie » anche le sue poesie inedite,
corredandole di un indice alfabetico generale dei titoli e degli
incipit (non completissimo). Ne sono risultate le seguenti
categorie o sezioni, secondo cronologia di massima o
“genere”, anch’esse accompagnate da indici alfabetici: oo,
VARIE NON CLASSIFICATE; O1, VERSI SENESI; 02,
PRIMA DI «FOGLIO DI VIA»; 03, light verses (con
l’espressione anche usata in Composita solvantur); 04,
traduzioni e parodie; 05, 1946-1956; 06, epigrammi; 07,
canzonette; 08, 1956-75; 09, varie; <010> , versioni e parodie,
che per quanto riguarda le prime presenta per lo più doppioni,
e per il resto non è molto interessante. Non sempre però le
singole sezioni contengono tutte le poesie annunciate nei
relativi indici.
Non è che la raccolta sia esauriente, almeno per il settore
degli epigrammi. Ogni amico intimo di Fortini ne custodisce
qualcuno qui non riportato (e magari anche qualche
avversario). Per esempio: con la fusione di amichevolezza e
spirito che lo rende unico, Cesare Cases me ne ha appena
comunicato (oralmente) uno a sua volta trasmessogli, sempre
oralmente, dalla compianta Grazia Cherchi, cui era indirizzato;
oggetto: la fine dei gloriosi «Quaderni piacentini», testo: «Non
vissero eterni | nemmeno i “Quaderni”. | Ma eterna si spazia |
la gloria di Grazia». (Vedi poi il numero di ottobre 1995 de
«L’Indice»), Ma forse l’esigentissimo avrà considerato la
quartina un po’ andante, nonostante l’alto dantismo «si
spazia».
Il tutto conta comunque oltre 250 individui. Ma si
consideri che c’è, sistemato in diverse sezioni, qualche puro e
semplice doppione (altro è naturalmente il caso di doppie
redazioni con varianti, come per la prima poesia da me
antologizzata). Si noti ancora che alcuni testi, di solito fra
quelli con correzioni a matita (ce ne sono, non spesso ma
magari caso per caso fitte; più rari gli interventi a penna),
possono presentare caratteri di incompiutezza, di “in sospeso”
- molto di rado, se non vedo male, di “abbozzo”. Ciò potrà
essere più frequente presso quelli con puntini sospensivi finali.
Qualche rilievo, senza potere né volere entrare nel
profondo. Come si vedrà ci sono testi con datazione
individuale, dentro o fuori dalle sezioni “cronologiche”.
Seconda osservazione: note d’autore del tipo di «brutto» o
ancor meglio «non pubblicabile» dicono chiara l’intenzione
del poeta di pubblicare una volta o l’altra, più o meno
ampiamente, questi inediti (del resto egli aveva già compiuto
un re-pêchage con Versi primi e distanti del 1987). Con questa
scelta dunque ci piace venir incontro, sia pure minimalmente,
a un suo desiderio. Per ultimo: come una nota indica che
Fortini sapeva, alcuni ma probabilmente non pochissimi di
questi testi non sono affatto inediti. Così a colpo d’occhio
riconosco come tali I mesi per bambini (Poesia ed errore [1a
ed.], p. 14), Non so se più m’è cara (Versi primi e distanti, p.
57), A Lathi in Finlandia (Versi primi e distanti, p. 93), la
versione di Kennst du das Land di Goethe (Il ladro di ciliege,
p. 24), quella di Come in un giorno di festa di Hölderlin (cfr.
C. Fini, L. Lenzini, P. Mondelli, Indici per Fortini, Le
Monnier, Firenze 1989, p. 98), Die empfindsame Gärtnerin
(L’ospite ingrato II, p. 216), e infine la celeberrima canzonetta
Quella cosa in Lombardia, intonata da F. Carpi e dapprima
cantata, salvo errore, da L. Betti.
Nella parca scelta che precede ho tenuto conto fin a un
certo punto della sistemazione di Fortini. In pratica. La prima
e più nutrita serie appartiene a quello che si può chiamare, con
qualche forzatura nel suo caso, il Fortini “lirico” : dapprima,
nell’ordine, testi attinti alle sezioni da lui sommariamente
datate, e cioè fino al 1976 (ma ne eccede come vedremo quello
su Vittorini); seguono liriche delle sezioni non datate 09 e 00 e
del mio archivio. Poi un gruppetto di testi che se non sono
sempre letteralmente “epigrammi” sono tuttavia della grana di
quelli de L’ospite ingrato. Il primo sta nella sezione
“miscellanea” 00, alcuni nella 03, gli ultimi quattro,
rispettivamente, due nella 06 uno nella 07 e uno presso di me.
Nell’impossibilità, salvo casi rari, di stabilire ordinamenti e
cronologie specifiche, mi sono attenuto sezione per sezione
alle seriazioni alfabetiche dell’autore. Per la coda, che per
evidenti motivi non ho voluto esile, i testi, tutti attinti alla
sezione 04, seguono la cronologia degli autori tradotti; sta a sé
l’ultimo, non traduzione ma “imitazione” o testo “da”, che per
ragioni anche evidenti mi pare sia fatto apposta per chiudere
opportunamente la raccolta.
Apparato.
p. 3 Acqua del cielo
Alla redazione qui stampata, tratta dalla sezione
«informale» 00, se ne affianca un’altra (A) collocata nel suo
luogo cronologico (sez. 02), senza titolo né data e con varianti
rispetto alla nostra. La redazione qui stampata è da ritenere
successiva e migliorata non tanto per l’apposizione di titolo e
data quanto per la maggior bontà delle sue varianti, in
particolare quella del v. 10: che di per sé elimina una rima
facile, dà luogo ad un elegante iperbato, rafforza il
parallelismo con il v. 1, e nel complesso della terzina crea un
perfetto chiasmo completo.
4-6. Per le tue immagini … mente] Bianca guarda la mente
! inviolata parete | per le tue immagini (A) 10. Acqua del cielo
amara] Acqua amara del cielo (A)
p. 4 «Da ventidue anni»
Come la successiva, in 02.
p. 8 Amici invecchiano i tempi
Dalla sezione 00: qui in virtù della data.
p. 9 Che queste parole siano scritte
Come le sei successive, dalla sezione 05 (ma la prima è
anche nella sez. 00, senza varianti). I puntini d’incompiutezza
finali, che appaiono proprio necessari, sono miei.
p. 10 II cardinale
In alto, in matita, la scritta «fine 1945. Fatta credere
versione dall’inglese» (ma a chi e come? Non risulta nei citati
Indici dell’opera di Fortini).
25. sepoltura] corretto su sepolture
p. 16 L’idillio
Inserita nella sez. 08, come le sei successive.
23. agile acuta] con. da agile e acuta 24. È tutto] con. da
Questo è tutto
p. 17 Mio essere
7. il vuoto e l’aria]: con. da il tempo e [il vuoto l’aria]:
dove le due parole in parentesi quadra saranno forse da
intendere come proposte provvisorie, varianti alternative
p. 24 « Alle stecche delle persiane… »
La data individuale contraddice la collocazione in una
serie che ha come estremo il 1976.
p. 26 Per Simone de B.
La Beauvoir è morta nel 1986.
3. Con] con. su Come 7-8. sei. | Uno] modificato da sei |
uno.
p. 27 Reversibilità
1. giunse] con. su giunge.
p. 29 Mi hanno spiegato…
È forse l’ultima poesia di Fortini. Inviata al sottoscritto,
accompagnata da un brevissimo, stanco saluto. Non risulta
riportata nella raccolta di mediti allestita dal poeta. Altra
copia, senza varianti, è stata inviata a Luca Lenzini ed ora è
depositata presso l’Archivio Fortini dell’Università di Siena.
p. 30 Schinken und Geschichte
Ancora una volta, è stata la divertita solidarietà di Cases a
venirmi in aiuto, per la traduzione ancor prima che per
l’interpretazione. Dunque, questi i precedenti. Cases s’imbatte
in un Fortini Franco produttore di prosciutti, e ci costruisce un
epigramma (che neppure lui ricorda bene) in cui si
contrappone il benefico Fortini Franco al terrifico Franco
Fortini; salta anche fuori, detto ironicamente (da chi dei due?),
che senza la predicazione fortiniana tutti saremmo carogne.
Mi permetto di tradurre il Geschichte del titolo in modo
non poco lontano dal suo significato (“progresso” anziché
“storia”) per ricreare alla bell’e meglio l’arguta allitterazione
che vi ha luogo. Impossibile comunque ricreare la geniale rima
“post-crepuscolare” dell’epigramma; vi alludono
pallidissimamente l’allitterazione in chiusa del v. 2 e la troppo
facile annominazione «carogne» - «caro».
p. 31 Da un’arte poetica
E’ la sola sezione composta (o rimasta).
p. 35 « Le umane relazioni… »
In calce, ma cassata, la data 1955.
p. 37 Dopo i sessanta
Un altro inedito è titolato Dopo i cinquanta.
1. Mario, Vittorio] completata su … ario, … orio
(debolmente criptici anche se più strettamente consonanti)
p. 38 Habla Don Antonio Machado
Lo credo abbastanza diffuso oralmente, anche presso
l’interessato. Fortini gioca sull’omonimia fra il nome di un
fiume della Catalogna e quello del celebre studioso, autore di
un importante saggio su Machado (cfr. Cesare Segre, I segni e
la critica, Einaudi, Torino 1969: terminus post?). Il Witz potrà
significare che quel saggio ingabbia troppo nel suo rigore
strutturale la libertà machadiana o, semplice-mente,
contrappone alla “felicità” del poeta l’aspetto severo e
malinconico del filologo.
p. 40 « Òhe, ma dico, Fortini… »
Quasi esergo, in una lettera a chi scrive da Ameglia del 17
settembre 1977. Nella lettera l’autore suggerisce che
l’epigramma muova dal celebre di E. Kästner, «Herr Kästner,
wo bleibt das Positive?»
p. 42 Ueber allen Gipfeln
Nel materiale, piu o meno completo, che Fortini mi
sottopose a suo tempo in ordine alla pubblicazione del Ladro
di ciliege, figura anche, pinzata assieme all’originale, un’altra
redazione, evidentemente anteriore alla nostra, della versione
del capolavoro goethiano (A), corredata in calce, come in
molti altri casi, da questa mia nota critica (e che Fortini
m’avesse sempre sollecitato in questo senso non diminuisce,
s’intende, la mia superbia): «lo stile nominale e gli spazi
bianchi spezzano e frammentano la continuità, il legato,
essenziale nel W, Nachtl ». Mi pare che nel rifacimento (B)
Fortini abbia seguito molto moderatamente questi consigli;
tuttavia in una lettera successiva («febbr. 12 venerdf 1982 »),
che verteva acutamente un po’ su tutta la scelta da allestire, si
esprimeva così: «Il “Canto del viandante” è un esperimento [e
sarà infatti escluso dal Ladro], Come vedi m’attacco a testi
consunti, a luoghi ginnasiali - intenzionalmente ».
Ueber allen Gipfeln] canto del viandante notturno - CANTO
NOTTURNO nella riga successiva (A) 1. Quiete tutte le cime]
Quiete tutte le i cime (A) 2-3. Su tutte le rame alte | appena un
fiato] Appena un’aria | su tutte le | rame alte (A) 4. Muti] Zitti
a margine, a matita (B): variante sostitutiva o solo
alternativa? 5-6. Fra poco guarda ecc.] Guarda, fra poco ||
anche | per te | requie (A); corr. da Guarda, fra poco (B)
p. 43 Dalla Fonte all’Oceano
Anche, senza varianti, in < 010 >. Negli originali è
aggiunta in calce la data del testo di Ady, 1907. Che la
traduzione di Fortini sia del ‘46 è solo una possibilità (cfr. Il
ladro di ciliege, p. vii).
2. Nei due originali, per errore, Acqua.
p. 44 Si tu t’imagines
Anche in < 010 > , senza vere varianti.
21. Il punto esclamativo è aggiunto in 04 in un secondo
tempo (si osservi che per il resto non figura che un punto
fermo in fine di strofa al v. 10).
27. Rosa da corr. in rose?
p. 46 Sull’aria della «Internazionale»
Le tre ultime date in calce alluderanno con ogni
verosimiglianza ai vari momenti di revisione. Il testo ha avuto
certo diffusione orale ed è anche stato stampato, con
commento di M. De Filippis, ne «Il De Martino», 1995, n. 4,
pp. 83-95. Data la limitata diffusione, mi permetto comunque
di ristamparlo fra gli «inediti».
N.B.: E’ sempre possibile che alcuni materiali utili per la
presente edizione siano contenuti in altre cartelle conservate in
casa Fortini, o altrove; e che qualcuno di questi «inediti» sia in
realtà edito più o meno alla macchia.
Indice
Intrtoduzione di Pier Vincenzo Mengaldo
Poesie inedite
Acqua del cielo
«Da ventidue anni»
Piccolo zoo
Amici invecchiano i tempi
Che queste parole siano scritte
Il cardinale
« Il cereo giorno… »
La lampadina fulminata
Nella mia casa di Firenze
Per la nascita di Lorenza Pampaloni
L’idillio
Mio essere
Non possiamo
Prima poesia televisiva contro l’estremismo
« Qualche volta nella sera scende »
«Vieni tu… »
«Alle stecche delle persiane… »
Lamento di eroe musicale
Per Simone de B.
Reversibilità
A mia moglie
Mi hanno spiegato…
Schinken und Geschichte
Da un’arte poetica Dell’agosto
«Et si de mon ardeur… »
Il vecchio della benzina
« Le umane relazioni… »
Per Rossana R.
Dopo i sessanta
Habla Don Antonio Machado
Le nostre risposte
«Òhe, ma dico, Fortini… »
Da Orazio Ueber allen Gipfeln
Dalla Fonte all’Oceano
Si tu t’imagines
Sull’aria della «Internazionale»
Note