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1.

Alle radici dell'italiano

1.1 Alle radici dell'italiano


La lingua parlata oggi in Italia è il
avvenuti attraversoi secoli. risultato di profondi mutamenti
Cominciamo col dire che l'italiano è una
ropea. Lindoeuropeo non è
lingua di origine indoeu-
lingua storicamente accertata, ma
una
una lingua virtuale, ricostruita dagli studiosi
comparazione tra più lingue note, vive o morte.moderni in base alla
Possiamo immagi-
nare tra Iv e II millennio
diverse tribù parlanti un insieme di dialetti
affini stanziate in un'area
e
non facilmente precisabile tra Europa e
Asia. Attraverso successive
migrazioni queste tribù si sono diffuse

Islandese
Norvegese
Feringio
Scozzese
Irlandese
Inglese
Gallesg Danesq
BretoOlandese
ne risone Y
FranceseJCaescoOl4cco
Lettone
Liuano
Russo
Prtoghese Francese
Reto romanzoo
co Slovacco
opagnolo rovenzale

Re R Sloveno
rdo
erbo-croato
erbo-croameno
U Osseto
Bulgaro Yaghnobi
edone
JArmeno Shughni
Curdo AahariNepali
Assarnese
Panjabi,
Persiano
Pashto
Bihari
Kajasthani
Hindi

Baluchi uarati Oriya

Marathi

Singalese

ig 1. L'attuale diffusione delle lingue indoeuropee nel mondo.


1
Manuale di linguistica italiana

largamente, sopraffacendo quasi tutti gli idiomi dei popoli congui.


stati. Oggi parla una lingua indoeuropea quasi la metà dell'intera
po-
polazione della terra, ditfusa su tutti i continenti (e marginale solo
in Africa). In particolare, sono indoeuropee la seconda, la terza e
la
quarta lingua più diffuse nel mondo: ossia l'inglese, l'hindi - lingua
ufficiale dell'Unione Indiana e lo spagnolo; appartiene invece a un
-

ceppo linguistico diverso il cinese, la lingua parlata in assoluto dal


maggior numero di persone.
Verso la fine del II millennio, le popolazioni parlantí quel dialetto
indoeuropeo che poi sarebbe diventato il latino Si stanziano in Italia.
Nei primi secoli del I millennio,
all'epoca della fondazione di Roma
(che la tradizione colloca nel 753 a.C.), il latino è parlato solo in que-
sta città, a stretto contatto con
popolazioni di lingua etrusca a nord,
e di lingua osco-umbra a est e a sud. Dell'etrusco -

attestato quasi
soltanto da epigrafi ignoriamo ancora molte cose, ma sappiamo
-

per
certo che si trattava di una lingua non indoeuropea. Losco-umbro
era invece un insieme di
lingue e dialetti indoeuropei parlati prima
dell' avvento del latino in gran parte dell'Italia centromeridionale e
testimoniati da alcune centinaia di iscrizioni risalenti a un periodo
compreso tra il v secolo a.C. e il I secolo d.C. Dopo la fine della
guerra sociale (88 a.C.), che segnò la sconfitta definitiva delle popola-
zioni italiche, né l'osco né l'umbro furono più adoperati come lingue
ufficiali. L'etrusco el'osco-umbro hanno avuto notevole influenza sul
latino, soprattutto in àmbito lessicale. Sono di origine etrusca, per
esempio, parole come POPULUS, CATENA e TABERNA; risalgono invece
ad altre lingue italiche, in particolare
all'osco-umbro, molti nomi che
designano animali, come BOS 'bue', URSUS 'orso', LUPUS, TURDUS 'tor-
do', sCROFA e BUFALUS.
Decisamente più importante è l'intlusso esercitato dal
greco. Per
sino l'alfabeto latino è chiaramente
apparentato con gli altabeti greci
occidentali usati nelle colonie dell'Italia meridionale e in
a Cuma, antica città
particolare
della Campania fondata dai Calcidesi. Vari e nu-
merosi sono i grecismi di àmbito
quotidiano: da OLIVA a MACINA ad
AMPHORA; spicca, in particolare, il
come PRORA,
contingente di parole marinaresche
BALILAENA, DELPHINUS e GUBERNARE
di una nave', 'reggere il timone
poi applicato al mondo delle istituzioni
vernare
governo). ll greco ha fornito al latino le parole politiche
e (go-
T'impalcatura concettuale di molto lessico astratto. Ciò è soprattutto
e

accaduto:
Alle radici dell'italiano
attraverso l'assegnazione di nuovi
come RATIO (che, accanto a
significati parole già esistenti
a
quella di 'calcolo', assume la nuova
accezione ragione) PUTARE ('contare, anche
di e
tramite nuove formazioni, Come QUALITAS poi 'ritenere');
vi coniati da Cicerone per rendere i
e
MEDIETAS, sostanti-
termini greci poiotes e me-
sotes.

Il greco, inoltre, Essendo stata la


prima lingua delle comunità cri-
stiane fuori di Palestina, ha permeato tutto il
vocabolario religioso,
fornendo parole necessarie

peresprimere nozioni estranee alla cultura pagana (come ANGELUS


angelo, MONACHUS, EPISCOPUS 'vescovo', BAPTISMUM battesimo,
CHRISMA cresima');
per sostituire termini latini troppo
compromessi col paganesimo
(PROPHETA in luogo di VATES, ECCLESIA e BASILICA in luogo di TEM-
PLUM).

1.2 Il latino volgare

Litaliano deriva, dunque, dal latino e appartiene alla famiglia delle


lingue romanze (o, appunto, neolatine). All'epoca della sua massima
diftusione, il latino raggiunse regioni dell'Africa, dell'Asia e del'Eu-
ropa centrosettentrionale in cui tu successivamente sopraffatto da al-
tre lingue e da altre culture. Ma comunque è assai consistente l'area
in cui si parlano ancora lingue neolatine. Quest'area, che i linguisti
designano riprendendo l'antico termine di Romania, si estende - sia

pure con soluzioni di continuità -dal mar Nero (sul quale atfaccia la
Dacia, l'odierna Romania) all'oceano Atlantico (che bagna il Porto-
gallo).
Quando si dice che l'italiano deriva dal latino, non bisogna di-
menticare che solo una parte del vocabolario latino è arrivata fino a
noi senza soluzioni di continuità (le parole dette di trafila popolare o
ereditarie). La maggioranza è stata recepita nei secoli per via scritta,
ibresca, e dunque non sempre presenta le trastormazioni di suono e
di signiticato proprie dei vocaboli di uso ininterrotto: sono queste le
parole di trafila dotta, dette anche latinismio cultismi.

3
italiana
Manuale di linguistica

****

francese

dialetti. romeno
Cf rO
an N
PrOvenzaleretoromanrOmeni

hes .
OCCitano
to
g

dialetti
itäliano=
Spagnolo
catalano
romeni

Frontiere politiche
Frontiera linguistica

l'area in cui si parlano le lingue romanze (o neolatine).


Fig. 2. La Romània, ovvero

Non solo: il latino da cui derivano l'italiano e le altre lingue romanze


non è quello che ancora oggi si studia a scuola. II latino, come ogni
altra lingua storica, era una realtà complessa e varia. Quello che si
studia a scuola è solo una minima porzione di questa lingua: il latino

classico, vale a dire quel latino codificato da alcuni grandi scrittori


nell'età di Cesare e di Augusto (I secolo a.C. - I secolo d.C.) e per se-

coli ammirato come modello letterario insuperabile. L'assegnazione


dell'aggettivo classico al termine latino si deve al grammatico ed eru-
dito latino Aulo Gellio (1I secolo d.C.), che applicò alla letteratura
la divisione della popolazione in diverse "classi" economiche. Come
alla prima classe appartenevano i cittadini emergenti, per censo e
potere, cosi furono detti "di prima classe", "classici", gli scrittori
eccellenti, quelli a cui guardare come modello: in particolare Ci-
cerone, Cesare, Livio per la prosa; Virgilio, Orazio, Ovidio per
la
poesia.
Chi parlava latino, però, parlava una lingua alquanto diversa dal
latino classico, almeno nel lessico e nella pronuncia. Proprio quest0
tipo di latino il cosiddetto "latino volgare", che variava notevo
mente a seconda dei luoghi - è all'origine delle lingue romanze o neo
latine. Schematizzando, possiamo affermare che il latino volgare (una
definizione e un concetto ancora discussi tra gli studiosi) èillatino

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