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I Libri Storici

Gli Israeliti di Giuda

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I libri storici

Teologia – Sacra Scrittura


I libri storici
• Una serie di libri sono posti dal canone cattolico sotto la definizione di
libri storici perché il loro contenuto è essenzialmente la narrazione delle
vicende storiche del popolo di Israele. Si tratta di libri che nel canone
ebraico fanno parte dei Profeti anteriori (Giosuè, Giudici, 1 e 2
Samuele, 1 e 2 Re), degli Scritti (Esdra, Neemia, Rut, Ester), o che non
vi compaiono affatto (i deuterocanonici Tobia, Giuditta,1-2 Cronache,
1-2 Maccabei presenti solo nel canone Greco dei LXX).

• L'arco cronologico della storia d'Israele, abbracciato dall'insieme di


questi libri, va dall'insediamento in Canaan (XIII secolo a.C.), con il
libro di Giosuè, fino all'ascesa al trono di Giovanni Ircano I (134 a.C.),
con 1 Maccabei. Addirittura, i due libri delle Cronache intendono
abbracciare tutta la storia che va da Adamo (cf. Cr 1,1) fino all'esilio
babilonese e, più precisamente, fino all'editto con cui il sovrano
persiano Ciro (nel 538 a.C.) consente ai figli d'Israele di rientrare in
patria e ricostruire il tempio (cf 2Cr 36,22-23).
L'opera storica deuteronomistica
I libri di Giosuè, Giudici,1-2 Samuele,1-2 Re, preceduti
dal Deuteronomio, fanno parte, stando all'ipotesi
formulata dalle esegeta tedesco Martin Noth, di un
insieme che si è soliti chiamare opera storica
deuteronomistica. Una visione l'insieme dei libri che da
Giosuè giungono fino a 2 Re mostra che essi presentano
una narrazione continua che inizia con la successione di
Giosuè a Mosè e la presa di possesso della terra promessa
e continua fino all'esilio babilonese e alla notizia della
grazia concessa a Ioachìn, re di Giuda deportato a
Babilonia.
Questo complesso, dunque, inizia e termina fuori della terra
e copre un arco cronologico di circa 600 anni.
Gli autori dell'opera storica deuteronomistica hanno
composto la loro opera facendo ricorso a un gran numero di
materiali preesistenti, spesso rispettati con fedeltà.
Troviamo pertanto memorie ufficiali, annali, liste e
cataloghi, racconti popolari, leggende, eziologie, eccetera.
Tutti questi materiali sono stati organizzati dagli autori
deuteronomisti e, mediante ritocchi e aggiunte, sono stati
resi funzionali alla loro visione della storia.
Il libro di Giosuè
Giosuè presenta anzitutto la conquista della terra (cf. Gs 1-
12), quindi la sua suddivisione fra le diverse tribù (cf. Gs 13-
21). Il testamento di Gosuè (cf. Gs 23), l’assemblea di
Sichem in cui il popolo si impegna a servire soltanto il
Signore (cf. Gs 24) e la morte di Giosuè (cf. Gs 24,29-31)
chiudono il libro.
Il libro dei Giudici
Il libro dei Giudici contiene, nella sua parte centrale e
preponderante (Gdc 3,7-16,31), la presentazione di alcune
figure di quei capi carismatici, chiamati giudici o liberatori,
che svolsero ruoli significativi, soprattutto in momenti di crisi
e pericolo, a favore di una o più tribù, nel periodo successivo
all'installazione in Canaan e precedentemente la monarchia.
Narrazioni riguardanti l'origine del Santuario di Dan (Gdc 17-
18) e le vicende connesse al crimine commesso dagli
abitanti di Gàbaa (Gdc 19-21) chiudono il libro.
1 – 2 Samuele
Gli attuali 1-2 Samuele (come anche 1-2 Re) costituivano in
origine un unico libro che fu suddiviso in due solo nella versione
greca dei LXX. 1-2 Samuele sono posti sotto il nome di Samuele, la
figura di giudice e profeta che compie il trapasso dall'epoca dei
Giudici a quella dei re: egli, infatti, unge prima Saul, poi David.
Dalla presentazione della figura di Samuele (1Sam 1-7) si passa a
quella di Saul (1Sam 8-15), quindi alla storia dell'ascesa di David al
trono (1Sam 16-2Sam 5) e del progressivo consolidamento del
regno. 2 Sam 9-20 rappresenta un'unità letteraria che mostra David
nella sua umanità segnata da benevolenza, ma anche da debolezza
e peccato. Chiamata a volte storia della successione di David al
trono, questa unità letteraria trova la sua conclusione in 1 Re 1-2 con
la morte di David e il passaggio del regno nelle mani di Salomone.
1 – 2 Re
I libri dei Re presentano dunque il regno di Salomone visto nel suo
splendore (1Re 3-10), quindi nelle sue miserie (1 Re 11). Particolare
importanza è accordata alla costruzione e alla dedicazione del Tempio
(1Re 5-9). Sotto il successore di Salomone, Roboamo, si assiste alla fine
della monarchia indivisa e all'inizio delle vicende del regno scisso in regno
del Nord (Israele) il regno del Sud (Giuda). I libri dei Re proseguono fino alla
fine narrando sincronicamente e parallelamente le vicende dei due regni: da
un lato il succedersi dei Re davidici sul trono di Gerusalemme (capitale del
regno del sud), dall'altro, l'avvicendarsi pluridinastico di diversi sovrani sul
trono di Samaria (capitale del regno del Nord). Queste vicende trovano due
momenti capitali nella caduta di Samaria e nella relativa rovina del regno di
Israele ad opera degli Assiri (722 a.C.; 2Re 17) e nella fine del regno del
sud con la presa di Gerusalemme, la distruzione del Tempio e la
deportazione a Babilonia (587 a.C; 2Re 24-25).
Temi teologici dell’opera storica deuteronomistica
La concezione del tempo che sottostà all'opera storica
deuteronomistica è ben espressa da Deuteronomio 29,28: "le
cose occulte appartengono al Signore, nostro Dio, ma le cose
rivelate sono per noi e per i nostri figli, per sempre, affinché
pratichiamo tutte le parole di questa legge ". Le cose occulte
rappresentano il futuro, che non è visibile all'uomo, mentre le
cose rivelate sono il passato illuminato dalla parola della
promessa di Dio, parola che chiede all'uomo di mettere in
pratica oggi le esigenze della Legge. L'uomo si situa pertanto
nel tempo come un vogatore, volgendo le spalle al futuro, ciò
che ha davanti, si muove e si orienta verso la sua metà a partire
da ciò che vede davanti a lui, il passato illuminato dalla
promessa di Dio.
Questi presupposti mostrano come l'opera storica
deuteronomistica, nella sua compiutezza redazionale, rifletta sul
passato di Israele e lo rilegga in funzione dei problemi dell'oggi,
che vertono sugli eventi del 587 a.C. e sulle loro conseguenze
anche teologiche, per trovare un senso all’oggi e motivi di
speranza nel futuro per coloro che stanno vivendo la tragica
situazione dell'esilio.
L'opera storica deuteronomistica annuncia soprattutto il
giudizio divino su Israele, ma così facendo essa afferma
che Dio resta il Signore della storia, che questa non è
affidata al caso, ma che in essa, anche nei suoi momenti
più critici e negativi, vi è una logica dovuta alla parola di
Dio.
La riflessione teologica deuteronomistica sottolinea, da un
lato, l'unicità di Dio e la radicalità del suo comando di
evitare l'idolatria, l'asservimento ad altre divinità;
dall'altro, la dimensione del peccato dell'uomo,
l'inadeguatezza dell'uomo (il popolo, i re) rispetto alle
esigenze e alle promesse della parola di Dio. Il cammino
della conversione passa attraverso una profonda presa di
coscienza di peccato: le confessioni di peccato,
comunitarie e individuali (Gdc 10,10; 1Sam 7,6; 2Sam
12,13), solcano quest'opera indicando all'uomo
l'atteggiamento da assumere di fronte a Dio nella storia.
Questo cammino apre alla grazia.
Il problema dell'opera storica del
cronista
Se il Talmud sostiene l'attribuzione di 1-2 Cronache ed
Esdra – Neemia ha Esdra come unico autore, un'ipotesi
esegetica divenuta opinione comune a partire dalla fine del
XIX secolo afferma che questi libri costituirebbero un'unica
opera da attribuirsi a un anonimo autore
convenzionalmente chiamato Cronista, perché la sua
opera maggiore sarebbero i libri delle Cronache. Operante
in un epoca databile tra il IV e il III secolo (350-250 a.C.),
il Cronista avrebbe rimaneggiato l'opera storica
deuteronomistica in 1-2 Cronache e presentato la
restaurazione post-esilica in Esdra - Neemia, avendo
come fine la giustificazione delle proprie tesi
teologiche e delle istituzioni giudaiche del suo tempo.
1-2 Cronache
1-2 Cronache è una sorta di storia parallela che ripercorre in modo originale
la storia da Genesi a 2 Re, da Adamo all'Egitto di Ciro, utilizzando un
impressionante quantità di fonti che vengono anche citate. Si tratta
essenzialmente di scritti storici e di testi profetici; in particolare l'autore ha
utilizzato il Pentateuco e l'opera storica deuteronomistica. Il progetto
storiografico dell' autore di Cronache è dunque perseguito, in buona parte,
attraverso la rilettura di testi biblici. Il suo metodo consiste nell'eliminare,
nell’adattare, nel completare. Ne esce una vera e propria riscrittura della
storia al cui cuore è la vicenda del regno davidico - salomonico (1Cr 10-2Cr
9), vero tempo ideale della storia di Israele. Questo centro dell'opera è
preceduto da una introduzione costituita da genealogie che da Adamo
giungono fino a Saul (1Cr 1-9) e seguito dalla narrazione delle vicende del
regno di Giuda fino all'esilio babilonese e all'editto di Ciro che consente il
rimpatrio (2Cr 10-36).
Esdra e Neemia
I libri di Esdra - Neemia, originariamente uniti a formare un unico libro,
trattano di alcuni momenti salienti della restaurazione materiale e spirituale
di Israele dopo l'esilio babilonese.
L'opera ha un carattere compilatorio: molte fonti e documenti antichi sono
riprodotti e articolati in un insieme continuo che tuttavia non sembra essere
sempre rispettoso del reale svolgimento degli eventi e soprattutto delle
cronologie delle missioni di Esdra e Neemia. L'impressione lasciata da 1-2
Cronache ed Esdra - Neemia è che in essi la proiezione in un passato
idealizzato di situazioni attuali, per legittimarle o sostenerle, prevalga sullo
sforzo di rilettura del passato per comprendere l'oggi. Ma questo pone il
problema della storiografia biblica.
La storiografia
dell'Antico Testamento
Al cuore della Bibbia vi è l'affermazione secondo cui Dio
si rivela nella storia. La parola di Dio, cioè la sua volontà, è
elemento costitutivo della storia, e questa non è
semplicemente lo scenario estrinseco dell'intervento di Dio. In
realtà la storia diviene veicolo e luogo di presenza della
parola di Dio: Dio accetta di compromettersi con l'opacità
della storia e chiede al credente uno sforzo di ascolto e
discernimento. Non a caso la lingua ebraica, che non
conosce un vocabolo per designare la storia, mentre il greco
ha il termine historia, usa lo stesso vocabolo, davar, per
significare parola e per significare evento, fatto. La
concezione biblica della storia è assolutamente
inscindibile dalla parola di Dio: è la parola di Dio che, una
volta pronunciata, instaura una tensione verso il suo
compimento, stabilisce un principio e una fine (creazione ed
escatologia, in principio e fine dei giorni) e così dà senso al
tempo.
Certo, spesso si dovrà riconoscere che le narrazioni
storiografiche bibliche ci informano maggiormente
sull'epoca in cui vive l'autore piuttosto che sull'epoca di cui
parla. La storiografia biblica, infatti, che è impegnata in
una confessione di fede è orientata, nella sua rilettura del
passato ( e dunque dei documenti e delle fonti che parlano
del passato), dai problemi dell'attualità, narra sempre
una storia a due livelli in cui il passato e il presente si
sovrappongono sovente in modo inestricabile. Essa poi
è a due livelli anche nel senso che è sempre
inscindibilmente politica e teologica: dando risposte a
problemi politici o istituzionali dell'oggi, essa è politica; ma
poiché Dio governa il mondo e regge le sorti della storia
d'Israele e del mondo intero, questa risposta è anche
religiosa e teologica. E' così che la storia diviene storia di
salvezza e la salvezza si fa evento storico.
Il libro di Rut
Nel canone ebraico Rut si trova tra gli Scritti: è il primo dei
cinque rotoli.
Nella Bibbia dei LXX, invece, il libro si colloca dopo Giudici
perché l’inizio di Rut dice «al tempo in cui governavano i
Giudici» (Rt1,1).
Prologo (1,1 – 5) Elimelech, la moglie e i due figli maschi
abbandonano Betlemme di Giuda e vanno a vivere nella
campagna di Moab. I figli sposano due donne moabite (Rut e
Orpa) che rimangono presto vedove come anche Noemi, la
moglie di Elimelech.
Noemi e Rut ritornano a Betlemme (1,6-22)
Rut va a spigolare nei campi di Booz (c. 2)
Rut sull’aia ai piedi di Booz che sta dormendo (c. 3)
Booz sposa Rut e nasce Obed, antenato di Davide (c.4)
Giudici ci presenta un periodo di forti individualismi e di aperta
gelosia. A ciò fa contrasto l’amorosa unità di queste donne, pur
provate dalle avversità, vivono in modo sereno.
Una genuina benevolenza e solidarietà, riflesso della fedeltà di
Dio stesso, attraversa l’intero libro (il termine hesed s’incontra in
1,8; 2,20; 3,10). Per quanto il mondo circostante sia perverso, è
sempre possibile dissociarsi da esso per creare in noi e intorno a
noi un’oasi di operosa bontà.
Altro accentuato contrasto tra Giudici e Rut è la fisionomia delle
donne rappresentate. In Giudici abbiamo Debora, donna
patriottica e carismatica, ma priva di qualsiasi tratto di femminilità
(Gdc 4,4ss). Giaele che uccide con freddezza (Gdc 4,17 ss). Ci
sono le donne seduttrici, quale Dalila (Gdc 16,4ss) e c’è l’infelice
donna di Gdc 19. Rut è donna eroica, che combatte contro la
sventura, che ispira serenità, laboriosità, amore.
Punto fondamentale è il fatto che Rut, dando alla luce Obed, diventa l’antenata del
grande re Davide. Elemento comune è la provvidenza di Dio che guida la storia
umana, e che richiama la storia di Giuseppe (Gen 37-50).
La storia dell’ascesa di Davide al trono regale (1 Sam 16- 2Sam 5) è la mirabile
narrazione di come la provvidenza agisca in modo tale da portare un umile pastorello
fino alla regalità di una intera nazione.
Anche la storia di Rut è quella di una giovane la cui vita è illuminata dalla divina
provvidenza. Dopo le amare vicende avvenute nel paese di Moab, Noemi e Rut
sembrano condotte verso l’incognito. Ma ecco, arrivate a Betlemme, tutta la città si
prese cura di loro (Rt 1,19).
Infine abbiamo il matrimonio con Booz che dà un significato nuovo alla ragazza. Viene
benedetta dagli anziani:
«Gli anziani aggiunsero: Il Signore renda la donna, che entra in casa tua (di Booz),
come Rachele e Lia, le due donne che fondarono la casa di Israele. Procurati ricchezze
in Efrata, fatti un nome in Betlemme! La tua casa sia come la casa di Perez, che Tamar
partorì a Giuda, grazie alla posterità che il Signore ti darà da questa giovane» (4,11-12)
In tutta la vicenda la generosità di Booz è simbolo della generosità di Dio, che benefica
e dà la vita.
Rut 4,13-21
413Così Booz prese in moglie Rut. Egli si unì a lei e il Signore le accordò di concepire:
ella partorì un figlio.
14E le donne dicevano a Noemi: «Benedetto il Signore, il quale oggi non ti ha fatto

mancare uno che esercitasse il diritto di riscatto. Il suo nome sarà ricordato in
Israele! 15Egli sarà il tuo consolatore e il sostegno della tua vecchiaia, perché lo ha
partorito tua nuora, che ti ama e che vale per te più di sette figli». 16Noemi prese il
bambino, se lo pose in grembo e gli fece da nutrice. 17Le vicine gli cercavano un
nome e dicevano: «È nato un figlio a Noemi!». E lo chiamarono Obed. Egli fu il padre
di Iesse, padre di Davide.
18Questa è la discendenza di Peres: Peres generò Chesron, 19Chesron generò Ram,

Ram generò Amminadàb, 20Amminadàb generò Nacson, Nacson generò


Salmon, 21Salmon generò Booz, Booz generò Obed, 22Obed generò Iesse e Iesse
generò Davide.
Siamo giunti al vero e proprio colpo di scena, che spiega il motivo di questo
racconto. Qui si parla infatti degli antenati di Davide: questo bambino nato a
Betlemme si chiama Obed, che vuol dire servo, servo di Dio e padre di Iesse,
padre di Davide; Rut è quindi la bisnonna di Davide. Nella genealogia di Davide
e poi di Gesù c’è una straniera onesta: Rut.
Questo libro fu scritto quando, nel V secolo a. C. c’era qualcuno che proibiva
matrimoni con donne straniere in quanto l’appartenenza al popolo ebraico era
data dall’essere generati da una donna ebrea anche se il padre fosse stato
straniero.
Se si fosse stati attenti a questa regola, Davide non sarebbe stato considerato
ebreo… e nemmeno Gesù.
Questa donna straniera è una santa donna; siamo di fronte ad un libro che fa
l’elogio della donna, e della donna straniera, mostrandola come esempio di
generosità, di dedizione, di fiducia, di fedeltà.
Siamo anche di fronte ad un libro profetico.
A Betlemme nasce il redentore, perché una
donna è disponibile, perché si è aperta ed è
stata generosa, ha fatto il cammino insieme ad
un’altra, ha rinunciato alla propria vita ed è
stata a sua volta aiutata.
Siamo a Betlemme, la casa del grano, la casa
del pane e lì c’è il nutrimento: il Signore visita il
suo popolo e suscita un redentore, il bambino
che nasce sarà il servo.
Il libro di Ester
Il libro di Ester si presenta come un dramma. L'azione viene ambientata nella città di Susa,
sede della corte del re persiano, nella quale si decreta prima lo sterminio generale degli Ebrei
(c. 3), i quali, capovolgendo del tutto questa situazione di minaccia, vengono poi autorizzati
con un nuovo editto a vendicarsi dei loro nemici (c. 8). Il libro si può dividere nel seguente
modo:
• Presentazione dei personaggi (1,1a-3,6)
• Minaccia contro gli Ebrei (3,7-5,14)
• Rivincita degli Ebrei (6,1-10,31).
• Le caratteristiche
"In mezzo a tutte le razze che vi sono nel mondo si è mescolato un popolo ostile il quale,
vivendo con leggi diverse da quelle di ogni altra nazione, trascura sempre i decreti del re,
così da compromettere la pace delle nazioni da noi consolidata" (3,13d). Queste parole di
accusa contro i Giudei, che si trovano in una delle aggiunte proprie della versione greca,
rendono bene lo spirito che sta all'origine di tutto il racconto. Si può dire infatti che il dramma
mira a dare consapevolezza dell'identità ebraica nel contesto cosmopolita e minaccioso della
diaspora, che vorrebbe imporre a tutti uno stesso modello di vita. La rivincita degli Ebrei,
presentata nel racconto con gli eccessi della vendetta e della crudeltà, desta di solito un certo
scandalo nel lettore. Si deve però notare il carattere romanzesco del racconto, che ama
ricorrere agli eccessi e alle nette contrapposizioni. Il racconto, inoltre, in ragione della sua
funzione popolare, assume toni buffi e grotteschi: si ha così una rappresentazione forte e
immaginaria della violenza che serve a sdrammatizzare le tensioni etniche e sociali.
I Deuterocanonici: il libro di Tobia
Il libro di Tobia presenta una storia ingenua e deliziosa, nella quale si condensa la pietà giudaica
maturata lungo tutta la storia d'Israele. Ne sono protagoniste due famiglie imparentate, che vivono
rispettivamente a Ninive e nei pressi di Ecbàtana.
• La trama del racconto si può dividere in tre parti:
• Il dramma di due famiglie (1,1-3,17)
• L'avventura del viaggio (4,1-6,19)
• Una doppia guarigione (7,1-14,15).
Il quadro storico presentato nel racconto è incoerente, mette insieme riferimenti disparati, vaghi e
anche inesatti. In realtà, queste reminiscenze storiche sono tratte dal passato per creare lo sfondo
di un racconto romanzato, nel quale si dà vita a personaggi creati per mostrare le virtù esemplari di
un pio israelita. L'insegnamento messo maggiormente in luce riguarda il dovere di seppellire i morti
e di sposare una donna della propria parentela. L'autore mostra pure come non manchino le prove
e le contrarietà, anche quando si è pii e attenti ai bisogni del prossimo. Queste, tuttavia, sono
superate con l'aiuto che Dio non fa mancare e che si rivela al momento opportuno.
Il libro di Tobia presenta un clima tranquillo e sereno, a differenza di quelli di Ester e di Giuditta,
caratterizzati da una forte nota bellicosa, che ci riporta all'epoca maccabaica. Questo libro sembra
perciò riflettere un'epoca di poco antecedente (III-II sec. a. C.). Esso dovrebbe essere stato
composto in una regione della diaspora giudaica dove si parlava aramaico. Qui, pur vivendo
lontano dalla terra d'Israele, si sentiva forte il richiamo di Gerusalemme. A questo ambiente e a
quest'epoca appartennero anche i primi lettori del libro di Tobia. L'autore è per noi sconosciuto; egli
scrisse il racconto in ebraico o, più probabilmente, in aramaico
I Deuterocanonici: il libro di Giuditta
Il libro di Giuditta presenta la storia di una difficile e inaspettata vittoria,
conseguita contro il potente Oloferne, generale supremo dell'esercito di
Nabucodònosor, grazie alla fede e al coraggio di Giuditta. Il libro si può
dividere in tre parti:
• L'arroganza di Nabucodònosor (1,1-3,10)
• L'assedio di Betùlia e la sfida alla potenza di Dio (4,1-8,36)
• L'impresa di Giuditta (9,1-16,25).
Il quadro storico nel quale si inserisce la vicenda non ha consistenza,
perché molto vago e ricco di contraddizioni. Ciò di cui si vuole parlare è
l'ideale di una donna eroica, che viene descritta mettendo insieme
elementi diversi e disparati già noti dalla Scrittura più antica.
Il nucleo originario del racconto si formò forse in epoca persiana, ma
ricevette la sua forma attuale a Gerusalemme, nel clima eroico
dell'epoca maccabaica. Alla stessa epoca appartennero anche i
destinatari di questo libro. Il libro di Giuditta ci è pervenuto nella
traduzione greca dei LXX; la versione venne fatta da un testo semitico
(ebraico o aramaico) andato perduto.
I Maccabei
I Maccabei furono una famiglia di patrioti ebrei vissuta intorno al
II-I secolo a.C. Il termine Maccabeo proviene dall’ebraico
maqqèbet, forse “martello” o “designato da Jhwh” e
originariamente fu dato a Giuda, terzogenito del sacerdote
Mattatia; successivamente passò ai suoi fratelli Giovanni, Simone,
Eleazaro e Gionata. Solo dopo divenne cognome di famiglia
assieme a quello gentilizio degli Asmonei.
Questa famiglia fu affiancata da tutti quegli ebrei che avevano a
cuore la legge mosaica e il patto dei padri, costituendo un forte
nucleo di resistenza armata. Alla morte del padre, la guida passò
a Giuda che riuscì a liberare Gerusalemme e a riconsacrare il
tempio (164 a.C.), poi a Gionata e infine a Simone (143-144). A
Simone succedette il figlio Giovanni Ircano con cui gli Asmonei
divennero una vera e propria dinastia. Quest’ultima governò la
nazione ebraica fino all’avvento di Erode il Grande il quale sostituì
e sterminò gli ultimi discendenti dei Maccabei (30 a.C.).
I Deuterocanonici: 1 Maccabei
Il primo libro contiene la storia di un duro e glorioso periodo di storia
giudaica, che va dall’avvento al trono di Siria di Antioco IV Epifane (175
a.C.), fino alla morte di Simone, ultimo fratello di Giuda Maccabeo (135
a.C.). La storia, presentata secondo un ordine cronologico, comprende
tre parti precedute da un’introduzione. I primi due capitoli descrivono
l’espansione dell’empietà diffusasi a causa dell’ellenismo e contrastata
dalla resistenza giudaica, guidata dal capo della dinastia asmonea,
Mattatia.
• La prima parte ( 3,1 - 9,22) è dedicata a Giuda, l’eroe per eccellenza,
che dopo aver riportato brillanti vittorie sui generali di Siria,
incomincia la purificazione del tempio, ristabilendo l’altare degli
olocausti.
• Nella seconda parte (9,23 - 12,54), il fratello e successore di Giuda,
Gionata, grazie ad un’abile azione diplomatica, ottiene vari vantaggi
religiosi, politici ed economici, però muore vittima dell’astuzia di
Trifone.
• La terza parte (13 - 16) tratta di Simone che, quale stratega, etnarca
e sommo sacerdote, porta a termine l’opera dei fratelli.
I Deuterocanonici: 2 Maccabei
Il secondo libro dei Maccabei contiene i fatti che sono accaduti in Giudea dal 175 al 160
a.C. Esso non deve essere considerato la continuazione del primo, ma una
presentazione particolare di fatti.
Il testo inizia con due lettere, 1, 1 - 2, 18, tradotte dall’ebraico o dall’aramaico, la prima
delle quali è stata composta dopo la seconda. Queste due lettere intendevano
convincere gli ebrei d’Egitto a celebrare insieme ai fratelli della Giudea la festa della
Purificazione del tempio. Dopo una prefazione 2, 18-32 (in cui l’autore spiega le sue
intenzioni e il metodo usato), vengono esposti 5 quadri, tutti centrati sull’importanza del
tempio:
• I° quadro ( c. 3) - Eliodoro apprende a proprie spese l’inviolabile santità della casa di
Dio.
• II° quadro ( cc. 4 - 7) - Dio punisce i sommi sacerdoti, i quali avevano accettato un
apolitica filo ellenica, saccheggiando il santuario.
• III° quadro (8, 1 - 10, 9) - Giuda Maccabeo vince i pagani e il tempio viene purificato.
• IV° quadro (10, 10 - 13, 26) - Questa vittoria alla comunità giudaica farà ottenere la
libertà di culto.
• V° quadro (14, 1 - 15, 36) - Nicanore, bestemmiatore del tempio, viene umiliato e la
sua testa esposta all’ingresso del santuario.
Nella conclusione al cap. 15, 37 - 39, l’autore si congeda con i lettori vantando la sua
opera.
L’intento del libro è persuadere e commuovere il lettore attraverso i cinque quadri: Il
primo quadro illustra il tema della pace e della gioia al quale si oppone quello
dell’angoscia. Nel secondo quadro, all’empietà e alla collera di Dio viene contrapposta la
morte dei martiri, che apre la via alla speranza. Negli ultimi tre quadri Giuda si eleva in
gloria mentre i suoi nemici retrocedono, proclamando ognuno di essi la gloria di Dio che
si manifesta nel tempio. Lo scrittore, pur di mettere in rilievo l’importanza religiosa degli
eventi, trascura la precisione tipica di uno storico e l’esatta cronologia dei fatti. Rispetto
al precedente testo di Giasone che faceva intervenire gli dei per aiutare i combattenti, in
Maccabei II l’aiuto divino assume la forma di una “manifestazione celeste” attraverso
l’intervento degli angeli.
Questo libro fa progredire la rivelazione dell’Antico Testamento in alcuni punti importanti,
poi ripresi dal Nuovo Testamento. Innanzitutto viene approfondito il concetto di Dio
creatore del mondo e degli uomini. Dio sanziona la condotta degli uomini secondo le
opere; empi e persecutori sono sempre puniti per i loro crimini, mentre i giusti sono
protetti dagli angeli e i santi intercedono per loro. Se soffrono fino al martirio, sono sicuri
di risuscitare dal regno dei morti e ottenere una ricompensa nell’altra vita. Fino a quel
momento la fede giudaica non era mai penetrata così profondamente nel mistero della
retribuzione dell’aldilà. Il martirio è considerato un’espiazione che arresta la collera
divina. Viene menzionata anche l’efficacia della preghiera dei vivi per i morti.

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