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Storia Della Lingua Italiana - IV Anno - Prof - Ssa Nermin Hamdy

Storia dell lingua italiana

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Storia della lingua italiana – IV anno – Prof.

ssa Nermin Hamdy

4- La Lingua Latina E Gli Invasori Germanici

Ancor oggi molte parole che si riferiscono alle armi, alla guerra, sono in
italiano di origine germanica, proprio perché, dopo la fine dell’Impero romano, per
alcuni secoli in Italia le armi sono state esercitate soprattutto da popoli germanici.
Già prima della caduta dell’Impero romano negli eserciti romani c’erano moltissimi
soldati che venivano a combattere dalle terre del nord; più tardi popoli come i Goti
e i Longobardi hanno dominato a lungo in Italia, vietando ai latini sottomessi l’uso
delle armi.
Così in italiano si dice guerra (la parola latina bellum è stata abbandonata),
parola che deriva da un verbo che indicava in antico tedesco la “mischia”. Gli eserciti
romani non combattono più su schiere ordinate geometricamente: i mercenari
germanici di quegli eserciti si battono in mischie disordinate, e la battaglia viene
decisa da una serie di duelli. Ecco una serie di azioni violente indicate con parole
germaniche: rubare, arraffare, spaccare, graffiare, spiare, schiaffo, sgherro,
baruffa, scherno; guardare in origine voleva dire« spiare il nemico ». I popoli
invasori si presentano ai vinti Latini con aspetto pauroso: sono, così, gotiche o
longobarde parole come ciuffo, zanna (da cui azzannare), grinta, guerico.
I Goti e i Longopardi arrivarono in Italia non come eserciti, ma come popoli
interi, con donne, vecchi, bambini. I Longobardi poi erano scesi da poco tempo dalla
Germania settentrionale, per cui quasi non conoscevano la civiltà romana: essi non
hanno mai scritto la loro lingua. Così, a causa della superiorità della cultura dei latini,
i Longobardi abbastanza presto abbandonarono la loro lingua
per accogliere la lingua dei Romani vinti: quando si fecero cattolici, il latino per loro
non fu più soltanto la lingua dei vinti, ma anche la lingua della loro nuova religione.
Da quel momento, essi riconoscono, insieme all’autorità dei loro capi, anche quella
dei vescovi cattolici e latini.
I latini divenuti cristiani avevano abbandonato il loro antico sistema di nomi
(come, per esempio, Marco Tullio Cicerone o Caio Giulio Cesare): ormai
preferivano nomi che trovavano nei libri sacri, come Giovanni, Andrea, Anna,
Elisabetta (che sono tutti nomi ebraici), o nomi di santi, come Ambrogio, Benedetto,
Paolo. I Germani invece avevano un sistema di nomi che esaltavano la forza o il
potere di chi li portava, come Liutprando, Ludovico, Alberto, Bernardo, Guglielmo
(Alberto vuol dire «illustre per nobiltà», Ludovico «illustre nel combattimento»). In
un primo tempo Latini e Longobardi si oppongono perfino nei nomi: ma ben presto
nei documenti di quel tempo troviamo non più soltanto Gariperto figlio di
Liutprando (un longobardo) e Benedetto figlio di Giovanni (un latino), ma anche un
Ambrogio figlio di Rodelgrimo e un Adelchi figlio di Andrea. È successo cioè che,
da una parte, i Longobardi sono diventati cristiani e qualcuno di essi ha cominciato
a dare ai suoi figli nomi cristiani; dall’altra parte, qualcuno dei Latini ha dato un
nome longobardo a un suo figlio per ossequio al re o al duca longobardo. E poi sono
cominciati i matrimoni fra Longobardi e Latini che hanno fortemente favorito gli
scambi linguistici.
Germani e Latini sono stati dunque vicini per molti secoli, per cui le parole
germaniche in italiano non sono soltanto quelle che si riferiscono alla guerra e alla
violenza. Ce ne sono molte altre che indicano parti del corpo umano, come guancia,
schiena, stinco (anche snello e schietto sono di origine germanica); e così molte della
vita dei campi e dell’allevamento del bestiame: vanga, bosco, melma, greppia,
stalla, galoppare. Anche molti colori, come bianco, bruno, giallo, grigio, sono di
origine germanica, forse in riferimento ai colori dei cavalli. E ancora, ricco, ricco,
orologio, senno, e così via.

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