Appunti Filologia Germanica
Appunti Filologia Germanica
13.10.2015
Temi del corso:
Alto e basso medioevo e le documentazioni che li caratterizzano, in particolare dell’area nordica
(scandinava);
Le rune (dall'800 parte l'età dei vichinghi);
Steli commemorative, es: iscrizioni funerarie che sono fonte per ricostruire l'età vichinga sulla
cronaca, avvenimenti (documenti contemporanei di questa età) – disciplina si chiama epigrafia;
Partiremo dal testo per ricostruire le vicende;
Saga islandese - la produzione in prosa più compatta dell'occidente medievale;
Leggeremo una saga favolistica sulle avventure di Ingvarr (fornaldursögur - saghe dei tempi antichi)
= 2° modulo.
Germanico non vuol dire tedesco, ma del mondo germanico, un’entità linguistica che va identificata
all’interno del gruppo linguistico indoeuropeo. La lingua indoeuropea è un’entità ricostruita sulla base del
metodo comparativo (comparazione fra varie forme linguistiche storicamente documentate) lingue parlate
nell’area fra Europa e Asia occidentale.
Filologia deriva dal greco e non ha il significato che aveva prima – l’amore per la conoscenza ed
erudizione, oggi identifica quelle discipline che si occupano dello studio dei testi in tutte le loro componenti
linguistiche: manoscritti, forme di trasmissione, ambiente dove è stato tradotto, archeologia, la funelogia. In
primo luogo lo studio del testo con tutte le componenti che lo studio del testo comporta.
Le forme indoeuropee si distinguono con l’* asterico davanti alla parola – significa che la parola non è
attestata e sono i linguisti a darle la forma, come ipotesi verosimile di una forma linguistica che ci sarebbe
stata ma non è documentata. La comparazione si fonda sulle forme documentate più antiche per poter
stabilire i tratti originali (non sempre sono arcaiche le lingue più anticamente documentate – non è
direttamente proporzionale)
14.10.2015
Quando si parla del gruppo indoeuropeo si parla di un’entità linguistica e non di un’entità etnica. Sulla
base degli studi non si può risalire con certezza l’area da dove sia partita questa entità per poi occupare un
territorio così vasto (sia fronte occidentale che il versante orientale). I linguisti parlano di un tratto
euroasiatico - che già intorno al II° millennio a.C. tendeva a dividersi nelle realtà linguistiche differenti.
Quello che si può stabilire è che questa ampia zona vede muoversi:
Nella prima fase – delle realtà linguistiche verso sud est orientale, e poi il futuro gruppo baltico più
verso il settentrione;
Nella seconda fase – questi parlanti si espandono dall’Europa orientale o centrale verso l’ovest;
1° DISTINZIONE
Negli studi comparatistici è risultato subito evidente che questa espansione non è solo un tratto
geografico ma anche linguistico. Un tratto di evoluzione fonologica (specificità dei suoni distintivi) che viene
usato nella manualistica come esito differenziato da una parte delle consonanti velari e dall’atra parte –
palatali.
Le lingue indoeuropee dell’oriente (tra cui il sanscrito) vengono denominate - lingue Satem, mentre quelle
dell’occidente (tra cui latino e germanico) - Centum (si legge kentum).
2° DISTINZIONE
L’attestazione documentaria (che può essere ricca o limitata) delle lingue indoeuropee è variamente
antica e ampia (alcune sono recenti, come l’albanese).
a) Greco, Ittito e Indiano risalgono al II° millennio a.C.;
b) L’albanese, baltico, slavo cominciano nell’era cristiana.
Di solito le più importanti ai fini della comparazione sono le lingue documentate nell’età antica, perché per
esaminarle bisogna eliminare tutte le fasi che sono l’esito dell’evoluzione e ricercare le fasi più arcaiche (per
poter tracciare una lingua comune da dove esse possono derivare).
Le lingue germaniche rappresentano il ramo che più a lungo è rimasto vicino alla sede originaria
dell’indoeuropeo, ecco perché sono molto importanti nella comparazione. Questa sede oggi è definita
cerchia nordica (punta della penisola scandinava, territorio danese e la costa dell’estremo nord (area basso
tedesca).
Prima dell’era cristiana (pre-documentaria) il germanico era abbastanza omogeneo infatti viene
chiamato URGERMANISCH (PROTO GERMANICO) oppure germanico comune. È una lingua ricostruita* (non
attestata), a differenza del latino storicamente documentato. Nel periodo del Germanico comune le
popolazioni germaniche sono ancora nella cerchia nordica, la migrazione non è ancora cominciata. Gli
studiosi parlano invece di una divisione al livello di dialetti.
Il ramo centrale (i Goti) era il primo a spostarsi, forse per questioni di spazio, in direzione est e sud
est.
Dopo lo spostamento si parla del germanico orientale (e quindi dove questi Goti cominciano l’evoluzione
propria) distinto dal germanico settentrionale (dialetti delle tribù settentrionali della cerchia che hanno
proseguito occupando i territori sempre più al nord) documentato in minima parte ed è quel ramo che darà
origine alle lingue scandinave. In contrapposizione al germanico orientale troviamo quello occidentale (le
tribù della parte meridionale della cerchia che occupano le terre precedentemente occupati dai celti). Una
parte di loro (angli e sassoni insieme ad una parte degli Juti) migrano verso le isole britanniche.
GRUPPO TEDESCO
La differenza fra alto e basso tedesco è determinata dall’evoluzione fonologica di questi dialetti - si
registra un’alterazione della pronuncia.
Antico sassone (da cui deriva il Plattdeutsch, un dialetto dell’attuale Germania settentrionale)
Alto tedesco - ne fanno parte i dialetti che hanno subìto l’alterazione fonologica delle certe consonanti:
la 2° rotazione consonantica = la mutazione che riguarda solo alcuni dialetti).
la 1° rotazione consonantica era la legge fonologica che regola l’evoluzione delle antiche occlusive in
tutte le lingue germaniche nel periodo pre-documentato.
Questa è una delle caratteristiche rilevanti del gruppo delle lingue germaniche perché nessun’altra lingua ha
subito questa rotazione.
Tutti e due nella zona più a sud da dove parte la 2° rotazione consonantica e sono i dialetti documentati più
anticamente degli altri.
Antico basso francone (da cui derivano l’olandese moderno, il fiammingo e l’Afrikaans), e antico alto tedesco
(da cui deriva il tedesco moderno).
METODO COMPARATIVO
Essendo il germanico una lingua ricostruita dobbiamo valutare varie forme documentarie delle realtà
linguistiche, valutarle e metterle a confronto per poter arrivare a definire quello che era - la realtà linguistica
germanica alle origini. Stesso metodo comparativo che si utilizza per analizzare le lingue indoeuropee,
possiamo utilizzare per le lingue germaniche.
Tutta la documentazione letteraria comincia sempre a causa del contatto con la cultura cristiana,
anche se nel mondo orientale dei goti prevale la cultura greco-cristiana, (nel caso del mondo occidentale e
settentrionale il contatto è con la cultura latino-cristiana). Proprio la tradizione scritta di queste popolazioni
prende spunto dall’introduzione del cristianesimo perché prima nessuno utilizzava la produzione scritta per
lasciare la documentazione della propria cultura. Antiche popolazioni del ceppo germanico erano le culture
basate sull’oralità (componevano oralmente) e come il sistema di scrittura era quello delle rune (scrittura
epigrafica), però per i testi epigrafici, quindi brevissimi e per scopi particolari. Prima dell’avvento del
cristianesimo il sapere si trasmetteva oralmente, quindi è un dato fondamentale per tutte queste
popolazioni germaniche, anche perché rivoluziona i metodi della trasmissione del sapere importando l’uso
della scrittura latina su pergamena, (quindi la scrittura alfabetica) e dell’uso di mettere per iscritto le proprie
conoscenze. Nonostante questo l’opera letteraria rimane fluida, quindi modificabile come quella orale. Dopo
la transizione questi testi orali vengono messi per iscritto e continuamente rimaneggiati e aggiustati, tipico
delle storie orali che variavano da un poeta all’atro. Non c’era l’autorialità come oggi dove non si può alterare
l’opera dei poeti. (Es: il più lungo poema epico conosciuto in Old English, oltre 3.000 linee, è Beowulf (VIII
secolo), il poema narrativo in anglo-sassone più antico che si conosca ritenuto la massima espressione della
poesia anglosassone delle origini, grazie alla tradizione orale, venne trasmesso oralmente di generazione in
generazione, sicuramente subendo modifiche da ogni bardo successivo, fino a quando il testo giunto fino a
noi non venne redatto in un luogo sconosciuto dell’Inghilterra Anglo-Sassone. La forma strutturale è
occasionale - dal redattore quindi vengono messi insieme i testi antichi e recenti per creare questo poema).
Sono i monaci a importare l’uso della scrittura latina su pergamena, infatti le prime attestazioni delle
lingue germaniche vengono filtrati nell’ambiente monastico, sono in maggioranza i testi di natura monastica,
di prima catechesi (centri scriptorium, dove avvenivano le traduzioni in primo luogo dei testi sacri). Chi
frequentava la scuola monastica trascrivevano i testi, come la bibbia, la sua traduzione dalla lingua volgare.
Cronologia relativa della tipologia dei testi della tradizione germanica:
1. I primi testi trascritti sono quelli di argomento cristiano, le prime attestazioni letterarie di queste
lingue su manoscritto si trovano nelle glossature (glossa = l’annotazione):
marginale – sono annotate al margine del foglio, di solito ai lati del testo;
interlineare – si inserisce al di sopra del rigo di scrittura, tra un rigo e altro.
Le prime glosse venivano inserite nei testi scritti in latino, nella scuola per l'interpretazione di parole oscure
(perché ermetiche o cadute in disuso) attraverso altre più comprensibili, ossia attraverso il linguaggio
corrente, per capire meglio quello che spiegava il maestro. In linguistica e filologia le glosse sono dei termini
isolati che compaiono nei testi antichi affiancati da una spiegazione del loro significato, vuoi ad opera degli
stessi autori di tali testi, vuoi ad opera di autori e commentatori successivi ("glossatori").
La glossatura interlineare non è ancora un testo, perché manca la morfosintassi, ma è un primo passo,
perché da questo procedimento si ha il passaggio alla traduzione vera e propria, che alle prime armi sarà
letterale. Nei monasteri si comincia a rendere nel volgare comprensibile il testo che bisognerà sapere.
2. Prime opere autoctone (tipiche della tradizione locale) da qui la messa per iscritto dei antichi carni
eroici come Beowulf, eroe positivo generoso che lotta contro forze maligne per difendere il popolo.
Non è in contrasto con l’etica cristiana, infatti viene trasmesso nell’ambiente monastico inglese.
3. Ultima fase del periodo antico fase di più spiccata erudizione – cioè l’adattamento in volgare dei
trattati latini di natura teologica, o di riflessione grammaticale metrica storica, necessari per la vita
della scuola, e la costruzione della sintassi in queste lingue volgari. La possibilità di scostarsi dai
modelli latini
Per stabilire che due lingue sono imparentate tra loro non basta scoprire l’esistenza di un certo
numero di parole simili e che hanno lo stesso significato, in quanto tali somiglianze possono spesso essere
spiegate in termini di prestito linguistico. Due o più lingue possono dirsi geneticamente imparentate quando
è possibile individuare delle regole fonologiche regolari che permettano di derivare ognuna delle lingue
imparentate da una lingua originaria comune. Per risalire più indietro e per valutare le caratteristiche più
comuni di queste lingue germaniche (cioè fondamentali, perché non si può perdere sui particolari di tutti i
dialetti dell’aria germanica e nei periodi diversi, fatico a cogliere il nucleo di elementi linguistici fondamentali
comune a tutte) per farlo si utilizza il metodo della comparazione. Noi partiremo dalla forma di partenza, per
risalire come si sviluppano. Siamo in presenza, dunque, di regole fonologiche regolari, che ci permettono di
Gotico (got)
(Nella Bibbia gotica del IV secolo,
gasts
quando il ramo orientale aveva La forma più antica, che poteva essere più vicina al comune
questa forma nominativa attestata) di tutte le lingue germaniche. Elemento morfologico la
desinenza“s” sorda.
Si ha l’alterazione rispetto alla “a”, ma di nuovo l’elemento
Antico islandese (aisl) documentato
gestr compatibile con il gotico, la “r” che si attacca alla forma
nel XII sec.
radicale.
Protonordico attestato nelle antiche iscrizioni runiche,
quindi in secoli precedenti rispetto antico islandese.
R la traslitterazione di una runa specifica rispetto
alla “r” che si trova all’inizio o all’interno della
Protonordico = nordico runico
parola, esito di una rotacizzazione. Si scrive
Brevi iscrizioni runiche, risalgono al
-gastiR maiuscola per differenziarla.
III secolo a.C., mentre per i primi
(il trattino vuol “i” costituisce la vocale tematica, cioè consentiva la
documenti letterari, di provenienza
dire una forma formazione di un sostantivo e tipo flessionale
islandese, non risalgono che al XII
in particolare. Quindi doveva esserci nella parola
sec. d.C.
composizione) originaria in tutto l’impianto indoeuropeo.
Non documentato, la forma che i
Ci doveva essere anche un altro elemento - la
comparatisti prendono in esame.
desinenza, la “s” gotica si presenta come la “r”
nordica. La “r” è spesso esito della rotacizzazione di
una “s” sonora. Allora doveva essere in tutto il
germanico comune una “s” sonora.
Si nota che l’anglosassone si è evoluto di più e si è distaccato dalla forma presumibilmente più antica,
perché la “a” è comune a tutta l’area germanica, e anche al gotico che mostra elementi
supplementari.
II sec. d.C. ci sono le attestazioni runiche più antiche danesi.
La “a” non confermata dall’islandese antico, e nemmeno dall’anglosassone ma lo è dalla forma
nordica runica. Quindi questa dovrebbe essere quella originaria in germanico comune, e sono l’antico
inglese e l’islandese a cambiarla per effetti secondari.
Partiti dalla parola tedesca, ci siamo accordati ad una forma ricostruita protogermanica, che riassume gli
elementi conservativi presenti nelle lingue storiche, documentate, attraverso le più antiche fase
documentarie dell’ambito germanico. Non abbiamo, infatti, attestazioni, cioè documenti scritti, in
indoeuropeo e nemmeno in germanico. Quindi tutte le forme indoeuropee e germaniche che incontreremo
avranno un asterisco davanti.
20.10.2015
Dalla lingua moderna siamo risaliti alla forma documentata, protogermanica, con lo stesso procedimento si
può confrontare la forma protogermanica con qualsiasi altra lingua indoeuropea, per esempio con latino.
Germanico comune – *gastiz = Latino – Antico slavo –
ospite hostis = nemico, straniero gosti = ospite
La vocale tematica = “i”, è comune a tutti e tre
Permanenza stabile del gruppo “st”
Occlusiva velare sonora “g” Spirante laringale = fricativa “h” Occlusiva velare sonora “g”
“a” breve “o” breve “o” breve
In latino la parola ospite passa al significato negativo = nemico, ostile, quindi si ha uno slittamento
semantico.
Nel germanico rimane il senso positivo, anche la radice rimane la stessa.
Si scopre che la vocale tematica “i” è tipica dell’indoeuropeo.
Laddove il resto delle lingue indoeuropee avevano la “o” breve lei si presentava come la “a” breve in
germanico.
Riprendendo lo schema iniziale, si nota che già nella fase antica si va alla riduzione fonica della parola, si va
a perdere le sillabe finali:
Questo è uno dei tratti più evidenti della storia evolutiva delle lingue germaniche.
Come era formata una parola indoeuropea? Ogni parola nella catena fonica è composta da vari elementi:
a) Radice => porta il significato generale del termine;
b) Suffisso (1 o più) => precisa il valore in senso grammaticale, o meglio morfologico;
c) Tema => radice + suffisso (detto anche tema primario), se al tema primario si aggiunge un ulteriore
suffisso verrà chiamato => tema secondario;
d) Desinenza => indica il ruolo della parola nella frase, cioè l’effettivo uso nella lingua.
Esempio tedesco:
aat -> mihhilēnt = forma verbale coniugata, presente terza persona singolare (vuol dire essi sono grandi)
Parte radicale: mihh
nozione di grandezza in generale (“hh” = esito 2°rotazione consonantica, in g.c. *mik);
Suffisso: –il-
(serve per formare gli aggettivi, molto comune nelle lingue germaniche);
Tema primario (aggettivale): mihhil
= grande;
Per creare il tempo passato (Präteritum tedesco) basta aggiungere altro suffisso prima della desinenza.
Esempio dell’inglese:
aat fiskōn – verbo debole II°classe;
ags fisc (si pronuncia fish) = palatale
Lo studio della morfologia e della grammatica delle lingue germaniche coinvolge sistemi flessionali che sono
molto simili a quelle classiche (salvo delle disparità degli esiti del vocalismo e consonantismo, le desinenze
che vengono perse). Il fenomeno della perdita delle sillabe finali fa sì che le vocali tematiche tipiche dei
vari gruppi flessionali e certe coniugazioni non siano più chiaramente visibili.
21.10.2015
FONETICA - studia l’aspetto fisico dei suoni, modalità e meccanismi di loro produzione, sotto
l'aspetto della loro produzione attraverso l'apparato fonatorio, descrive quali organi intervengono nella
produzione dei suoni, quali posizioni assumono e come queste posizioni interferiscono con il percorso
dell'aria in uscita dai polmoni attraverso la bocca, il naso o la gola per produrre i differenti foni.
FONOLOGIA – studia l’aspetto linguistico dei suoni, la loro funzione distintiva in una lingua,
capacità di essere intesi come distinti, studia i suoni in quanto capaci di rendere una differenza di
significato, e vengono definiti fonemi.
Es: in inglese thing e thin - coppia distinta dalla qualità del fonema nasale finale (n) => queste coppie
di parole vengono chiamate: coppie minime (una coppia di parole di una stessa lingua, in cui la differenza
di un solo suono è sufficiente a individuare significati diversi). Ogni lingua ha un suo sistema fonologico e
noi ci soffermeremo su quello delle lingue germaniche.
Nella classificazione dei fonemi delle lingue, bisogna tenere in considerazioni organi fonatori:
APPARATO RESPIRATORIO (corrente espiratoria, quella che proviene dai polmoni, tipica delle lingue
occidentali europee);
LARINGE, una cartilagine, dove hanno sede le corde vocali (sono 2 lamelle mobili ed elastiche che si
trovano nella glottide e si possono aprire o chiudere), che servono per produrre i suoni. Quando il
passaggio della glottide è aperto vengono prodotti i suoni sordi, mentre se viene chiuso le corde
vocali iniziano a vibrare (fonazione = viene prodotta la voce) producendo i suoni sonori;
Anche le LABBRA sono un organo che può cambiare la produzione dei suoni (es: suoni labializzati
accompagnati dall’arrotondamento delle labbra)
I parlanti delle lingue assumono delle abitudini fonatorie, per questo quando si imparano lingue altre bisogna
assumere anche delle abitudini che non sono a noi proprie.
Suoni del linguaggio sono:
VOCALI
Suoni periodici prodotti dalla vibrazione delle corde vocali e la corrente d’aria espiratoria che non
incontra ostacoli. Sono normalmente sonori perché constano di voce. Le cavità superiori servono solo per
cambiare la risonanza, modificano il timbro: quindi le vocali si distingueranno in base alla posizione della
cavità superiori.
Vocali orali – il velo chiude le cavità nasali, l’aria esce solo dalla bocca;
Vocali nasali – l’aria attraversa anche parte della cavità nasale.
La nasalità, nelle fasi storiche delle lingue germaniche, non mostra un tratto distintivo, ma è importante per
distinguere nell’evoluzione storica il germanico, che ha conosciuto la nasalità e la sua perdita ha portato alla
modificazione del timbro.
o Vocali anteriori o palatali, prodotte nella parte medio centrale del palato o anteriore;
o Vocali posteriori o velari, prodotte dalla zona centrale del palato al velo
Da considerare anche la maggiore o minore apertura – vocali aperte, semiaperte, chiuse, semichiuse (es: “i”
e “u” sono di maggiore chiusura, detta anche minima apertura, al contrario la vocale a di massima apertura).
Le vocali labializzate, o arrotondate –> “o”, “u”.
Dato interessante di molte lingue, e un dato produttivo delle lingue indoeuropee: la lunghezza (durata,
tenuta) delle vocali che spesso ha una funzione distintiva
(es: in inglese live/leave).
I dittonghi – la combinazione di due suoni
vocalici di diverso timbro (vocale + semivocale) in una
stessa sillaba oppure in unica emissione di voce, sono
suoni lunghi. Nelle varie lingue germaniche incontriamo
la dittongazione delle vocali lunghe.
Si distinguono i dittonghi:
Discendenti – quando l’accento è sul primo
elemento del dittongo –> ai, ei, au;
Ascendenti – quando l’accento è sul secondo
elemento vocalico del dittongo –> ia, ua.
Nella linguistica indoeuropea si considerano solo i dittonghi discendenti, e vengono definiti come l’unione di
una vocale + una semivocale, oppure l’unione di una vocale + la sonante liquida o nasale. Le semivocali e
sonanti sono suoni che possono avere una funzione vocalica o consonante a seconda del contesto in cui si
trovano.
Semivocali (in italiano i, u, rappresentate anche come j, w) sono suoni brevi prodotti con grande
restrizione del canale fonatorio, molte vengono considerate consonanti. In tedesco ha dato luogo a
delle consonanti, es: nesso iniziale uas adesso è was.
Sonanti, più generico come termine, perché sono suoni su cui si può appoggiare la voce, quelli che
hanno funzione vocalica, e cioè possono sostenere la sillaba, essere il centro della sillaba, (es: freddo
– brrrrr, “r” vibrante e liquida). Nel sistema indoeuropeo le liquide = “r”, “l”, e nasali = “m”, “n” sono
suoni continui che possono essere tenute nel tempo finché dura il respiro, avevano la funzione
vocalica se sostenevano la sillaba.
Nell’indoeuropeo *m̥ *n̥ *l̥*r (tondino sotto) voleva dire che avevano funzione vocalica. Esistono ancora
le sonanti vocali, es: inglese: little – la “l” in funzione vocalica, oppure isn’t – nasale in funzione sillabica. In
tedesco Beiden (si legge baidn, n funzione sillabica. Viene collocata dai studiosi anche la vocale breve
indistinta, o vocale di timbro zero [ə] - schwa.
CONSONANTI
Prodotti dal passaggio non libero d’aria espiratoria che incontra almeno un ostacolo per chiusura
totale/temporanea, oppure un forte ristringimento del canale vocale per cui si produce un rumore che è
caratteristico del passaggio forzato dell’aria. Si distinguono per:
Grado di articolazione
Si distinguono a seconda che siano accompagnate o meno dalla vibrazione delle corde vocale, quindi si
determina se una consonante è sorda o sonora. Es: “k”, “f” – sorda, “g”, “v” – sonora, solo il loro luogo e
modo di articolazione è lo stesso.
Modo di articolazione
Momentanee si producono per chiusura completa del canale vocale, non sono pronunciabili più a lungo
del momento necessario a produrre rumore, devono appoggiarsi a qualche vocale o suono continuo.
a. Sono le occlusive, dette anche esplosive (cioè si producono per occlusione totale del canale orale),
es: “p”, “d”, “b”, “t”, - devono essere appoggiate ad una vocale. Le occlusive si producono sul piano
articolatorio: prima fase implosiva – il canale orale si chiude totalmente in qualche punto, fase
di tenuta dell’aria, fase dell’esplosione (apertura improvvisa del canale orale, l’aria esce
bruscamente)
Continue - possono durare indefinitamente nel tempo, il passaggio dell’aria non è interrotto ma solo
ostacolato.
Sono le:
a. Fricative o spiranti – l’aria è costretta a passare attraverso un canale molto ristretto (una quasi
chiusura), in base a quanto è stretto si produce una frizione, un sibilo (si legge sìbilo), per
esempio “s” è sibilante prodotta a livello di denti. (Avremo a che fare con aspirate, occlusive
sonore, che non è lo stesso della spirante, non esiste il fonema aspirante).
b. Affricate - suoni composti, prodotti in due fasi successive: una fase occlusiva e una fase fricativa,
benché aventi lo stesso punto di articolazione. A differenza delle consonanti occlusive, però,
nelle affricate il rilascio dei due organi non avviene in modo brusco ed esplosivo, ma
gradualmente: gli organi, infatti, rimangono molto vicini tra loro, permettendo il passaggio
dell'aria in modo forzato, come nel caso delle fricative. Es: zio – “z” affricata che si
scrive [ts] inizia con la occlusiva “t” e poi la fricativa “s”. Razzo, la “z” è [dz]. Nell’evoluzione
dell’area tedesca sono parte integrante della 2° rotazione consonantica.
c. Nasali, articolate come le occlusive, canale nasale rimane libero e canale orale chiuso:
Palatale = <gn> legno
Bilabiale = “m” le due labbra si chiudono e l’aria esce dal naso.
Labiodentale – inverno
Velare - fango <ng>
Dentale – molto comune la “n”.
Liquide la loro articolazione comporta il contatto tra gli organi fonatori della cavità orale, ma il passaggio
dell’aria non è completamente bloccato. Ci sono due categorie:
Vibranti prodotte dalla vibrazione della punta della lingua o dell’ugola (l’ultima parte molle
del velo), l’uscita dell’aria fa sì che vibrano e in base a quale parte vibra si distinguono due
“r” - apicale prodotta dall’apice della lingua, oppure uvulare. La “r” italiana è dentale,
polivibrante o alveolare. La “R” uvulare sonora, in francese, tedesco, danese, olandese =>
posteriore uvula vibra e il dorso della lingua si alza.
Laterali l’aria passa ai lati della lingua che entra in contatto con il palato oppure i denti, e
l’aria è libera di passare ai lati, es: “l” in italiano e in inglese, “gl” in italiano palatale laterale.
Luogo di articolazione
Il punto della cavità orale dove si produce o l’occlusione totale o ostruzione parziale, cioè quali organi
dell'apparato fonatorio interagiscono per produrre un suono. Nell'ambito delle consonanti, dal punto di vista
del luogo di articolazione si distinguono:
Consonanti bilabiali (occlusive – p sorda, b sonora), mentre nell’evoluzione delle lingue germaniche
fricativa bilabiale sonora = ƀ, interdentali fricative đ (ð) sorda, la corrispondete sonora ꝥ deriva da
- antica runa chiamata thorn;
Consonanti labio-dentali (fricative – v sonora, f sorda);
Consonanti dentali, alveolari e postalveolari;
Consonanti palatali ci sono pre-medio-post palatali, si producono le occlusive (chiodo), fricative
(sciare) e affricate (ich);
Consonanti velari occlusive k, g (cane), fricative (doch);
Consonanti uvulari occlusive sorde in arabo. Fricativa spirante in tedesco;
Consonanti glottidali ultimo livello, 1’occlusiva laringale in tedesco – colpo di glottide, chiusura
momentanea del passaggio per fa uscire aria dalla glottide, non viene segnata graficamente ma si fa
davanti alla vocale tonica iniziale, consente lo stacco tra le parole, usatissimo in danese, inglese ma
facoltativa – 1a spirante laringale => H – soffio laringale sorda Haben, have,
27.10.2015
Caratteristiche generali delle lingue germaniche (rispetto alle altre lingue ie), che consentono di
considerarle un’unità linguistica differente dalle altre, anche se esistono degli elementi comuni:
Accento d’intensità iniziale o proto-sillabico, l’accento di parola viene fissato sulla prima sillaba (cioè
la sillaba radicale)
L’accento indoeuropeo era mobile e di tipo “musicale”, “tonale”. Quello delle lingue germaniche fisso e
intensivo e non più musicale. (Molto spesso nella storia delle parole germaniche si osserva che l’unica parte
salvaguardata è la radice, mentre gli altri elementi tendono a confondersi o perdersi).
Nell’aria linguistica germanica l’accento non conosceva le differenze di tono, perché nella fase molto
precoce il germanico ha spostato l’accento sulla radice. Quindi l’inizio della parola viene innalzato e ciò che
non è accentato tende a cadere.
Legge di Grimm (o prima mutazione consonantica): descrive l’evoluzione del sistema dell’occlusiva ie
in germanico.
Preistorica, pre-documentata e riguarda tutto il germanico
La legge fonologica in tre comma, con la quale Grimm che rese per primo sistematica l’osservazione delle
corrispondenze precise fra consonanti occlusive delle lingue ie > lingue germaniche. (Tale rotazione interessa
le consonanti occlusive indoeuropee, che, nel passaggio dall’indoeuropeo al germanico, si trasformano nel
modo di articolazione (e talvolta nel coefficiente di sonorità/sordità), mantenendo il più possibile inalterato
il luogo di articolazione, in tre passaggi (o “atti”) distinti, nella maniera seguente:
I. Trasformazione
Occlusive Sorde ie > Fricative Sorde g.c
(eccetto legge di Verner):
ie * p, t, k, kʷ > g.c * f, þ, x(h), x(h)ʷ
II. Trasformazione
Occlusive Sonore Aspirate ie > Fricative(Spiranti) Sonore g.c
(con tendenza a passare ad occlusive sonore se si trovano in principio di parola o dopo la
nasale):
ie* bh, dh, gh, gʷh > g.c* b, d, g, gʷ (oppure ƀ, đ, ǥ, ǥʷ).
III. Trasformazione
Occlusive Sonore ie > Occlusive Sorde g.c:
ie* b, d, g, gʷ > g.c* p, t, k, kʷ
primo a ridurre queste indicazioni di modificazione delle consonanti a un sistema > La legge di Grimm. La
prima versione comparve nel 2° volume della Deutsche Grammatik, 1822.
Ulfila o Wulfila (in gotico letteralmente "Lupacchiotto"; 311 – Costantinopoli, giugno 388) è stato un
vescovo ariano e missionario goto. La maggiore opera di Ulfila è la sua traduzione in gotico della Bibbia:
grazie a lui, i Goti furono il primo popolo d'Europa a disporre di una Bibbia in volgare (detta Bibbia gotica).
L'influenza della lingua gotica non rimane confinata all'ambito dell'impero romano d'Oriente ma il lessico
innovativo utilizzato da Ulfila andrà a influire sullo sviluppo di altre lingue germaniche (lo ritroviamo in testi
epici scritti in antico alto tedesco in un'epoca posteriore).
wert-
ie* - la radice molto produttiva che indica – girarsi, evolversi
g.c.* - divetare, divenire
got - l’ausiliare del passivo
aisl - l’infinito del verbo sopra
kerd-/kord-
ie* - cuore = tratto tipico dell’indoeuropeo di giocare sulle alternanze vocaliche.
g.c.* - “t” – II° comma della rotazione consonantica
kʷod
ie* - pronome interrogativo neutro => che cosa
got - costruito per analogia sul maschile, quindi perde la marca caratteristica del neutro (la desinenza
t, d)
aisl – fonema unico “ƕ” predisposto da Wulfila = h + v
ags - æ = etimologicamente deriva dalla a che si è chiusa un po’, quindi è diventata la e aperta
aat - prima della fine del periodo antico tende a cadere e diventa waz
03.11.15
II° Comma:
bhrātēr
ie* - fratello
g.c* - l’aspirata “bh” è diventata occlusiva sonora semplice b
Laddove l’ie ha la vocale a lunga (ā), in germanico si ha una o lunga (ō).
Dopo la nasale m
ambhi/ṃbhi
ie* - intorno a
g.c* Deriva dall’ṃbhi
ags Metafonizzazione dell’antica u
aat ted = um
ṃbhi => era possibile perché in questo caso la m è una sonante, ha la funzione vocalica. La radice
mbh può essere produttiva sia a grado vocalico normale, sia a grado zero (cioè la a non c’è, ma la sillaba
viene retta dalla “m”).
Quindi am- è un dittongo, perché è l’unione di una vocale più la sonante.
nebhas-
ie* - (aind. Nábhas- / gr. néphos, nephélē); l’antico indiano è l’unica lingua dove vengono attestate
le occlusive sonore aspirate, infatti il sanscrito ha aiutato nella ricostruzione dell’ie
g.c* - nuvola, ƀ = una fricativa sonora che si legge come v
aisl - si legge nivl
as - nei manoscritti del antico sassone si ha un specifico segno per indicare la fricativa sonora = ƀ.
Ags - si legge – nivol = scuro, particolarità dell’inglese antico dove si sonorizzavano tutte le fricative,
perché non avevano la grafia per la sonora quindi si scrive f per indicare sia la sorda che la sonora.
Questa parola non è attestata in gotico. A parte l’antico sassone nessun’altra tradizione scrittoria
manifesta l’uso della ƀ.
medhios
ie* - forma aggettivale = mediano, del mezzo, nel mezzo
g.c* - ð = caratteristica grafica della tradizione scrittoria nordica e anglosassone.
got - sempre il problema grafico, non è fricativa, ma rimane occlusiva perché Wulfila nel suo
sistema grafico, costruito sulla base della scrittura greca e anche latina (come nella traduzione
della Bibbia), non ha previsto una marca grafica specifica per la fricativa sonora e scrive
semplicemente d. (miðjis)=> la pronuncia.
Ags - nel germanico occidentale, quindi i dialetti dell’aria inglese e tedesca, passano dal modo di
articolazione fricativo all’occlusivo per quanto riguarda la dentale sonora. Quindi la dentale
fricativa sonora si trova come la dentale occlusiva d. Dalla d l’antico alto tedesco procede con
l’assordamento e passa alla “t”. Quindi queste due forme sono uguali.
steigh-, stigh-
g.c* - muoversi, avanzare e poi diventa salire, viene prodotto dalla seconda forma “stigh-“
got - ei = ī, mentre la g Wulfila la trattava come una occlusiva sonora, quindi è (sti:ɣan)
ags - (sti:ɣan) g fricativa velare
sengʷh-, songʷh-
g.c* - cantare, gw nasale è diventata occlusiva sonora labiovelare.
got - si legge => (siŋgwan); gg nel greco si utilizzava per segnare il suono ng, infatti Wulfila lo prende
dal greco.
III° Comma:
Occlusiva sono b all’interno della radice
dheub-
g.c* - profondo
aat - d con il secondo comma diventata la t, mentre solo nell’aria aat = area che comprendeva la zona
più meridionale delle parlate tedesche e longobardo, che nel medioevo. p diventa f solo nell’aat
perché è l’esito della 2° rotazione consonantica.
4.11.15
L’evoluzione dell’antica occlusiva palatale sonora
aĝros
ags - processo di palatalizzazione e la chiusura della vocale
ego
g.c* - pronome di 1° persona = io.
ags - (Si legge itʃ), il fenomeno della palatizzazione tipico dell’inglese antico (soprattutto nei dialetti
meridionali - West Saxon), dove nel periodo medio con il fenomeno della dittongazione la e diventa
i;
aat - l’occlusiva si fa fricativa come nel tedesco moderno.
Al livello germanico gli esiti sono uguali, ma nella maggioranza dei casi le singole lingue germaniche
storiche manifestano un’ulteriore evoluzione. Soprattutto nell’anglosassone e queste evoluzioni successive
sono mutamenti fonetici condizionati dal contesto fonologico in cui si trovano.
Articolazione labiovelare
gʷem-
venire, lo spostarsi, verbo forte della 3° classe, molto usato.
Eccezioni alla mutazione delle occlusive sorde ie. (I° comma)
a) Se in ie si susseguono due occlusive sorde, la seconda occlusiva non subisce rotazione in germanico.
Nei nessi muta solo il primo fonema e si ottiene:
ie /pt/ e /kt/
germ. /ft/ e /xt/
esempi:
ie* kapt- (cfr. lat. captus “preso”) ie* nokt- (cfr. lat. noct-em, acc)
g.c* haft g.c* naht-
got hafts got nahts
as haft as naht
aat haft aisl nátt, nótt
ags niht, næht, neaht
aat naht
b) Se in ie la sibilante (s) è seguita da un’occlusiva sorda, l’occlusiva non subisce rotazione in germanico:
nei nessi composti da sibilante /s/ e occlusiva sorda /p, t, k/ quest’ultima rimane invariata:
esempi:
ie* speiw- (cfr.lat. spuere) ie* ster- (cfr.lat. stella ie* pisk-os (cfr.lat. piscis)
g.c* spiw-an <*ster-la) g.c* fiskaz
got speiwan g.c* ster(n)- got fisk
as spīwan got stairno as fisc, fisk
aisl spyja aisl stjarna ags fisc
ags spiwan ags steorra aat fisc, fisk
aat spī(w)an aat sterno
Legge di Verner
Karl Verner, il linguista danese, si occupava in particolare della comparazione del sistema morfologico
verbale delle varie lingue ie e proprio grazie all’irregolarità degli esiti di queste forme verbali nel germanico
è arrivato a capire qual era il meccanismo che guidava l’alternanza di quegli esiti fra fricative sorde/sonore.
1) Se un’occlusiva sorda ie si trova in ambiente sonoro e non è immediatamente preceduta da accento,
in germanico evolve in una spirante sonora anziché spirante sorda. (es: pǝtér)
Esempi:
Note
ie* upéri
Cfr.gr. ypér
g.c.* uƀar Sopra, la ƀ si legge “v”.
proto- uƀaR
nord
as oƀar o perché è l’unica lingua che prevede un tratto grafico specifico per indicare la
fricativa sonora bilabiale.
ags ofer (over)
aat ubar, ubir Il passaggio è alla occlusiva sonora
Tutte le p del germanico dovrebbero diventare f, ma se si trovano all’interno della parola in un ambiente
sonoro e l’accento cade sulla sillaba successiva allora diventano una fricativa sonora ƀ.
Note
ie* sep(t)ḿ ḿ = è una sonante in funzione vocalica perché regge la sillaba, in germanico
sviluppa una vocale di appoggio.
cfr.aind. saptá; gr. Eptá; lat. septem
g.c.* seƀun Sette
got sibun (siƀun)
as siƀun
ags seofon (seovon); eo non è un dittongo ma l’esito di una metafonia labiale e si
pronunciano come se insieme.
aat sibun
Esempi:
Note:
• La sibilante ie s diventa sibilante sonora z perché l’accento cade dopo;
• La sibilante sorda in germ. diviene sonora, ma nel germanico settentrionale e occidentale dopo la
“rotacizzazione” (cioè far diventare una sibilante r è possibile solo se la sibilante da cui si parte è sonora) si
trasforma in r, (escluso il gotico).
Nel g.c. i primi due paradigmi all’interno della parola hanno la fricativa dentale þ = sorda, mentre nelle ultime
due voci ð sonora. Perché nelle forme ie le prime due voci del paradigma avevano l’accento radicale e le
ultime due – sul suffisso;
L’alternanza grammaticale in germanico è l’alternanza delle fricative sorde e sonore a seconda delle
voci del paradigma. Tutte le lingue germaniche per il presente del verbo essere utilizzavano verbi
diversi e forme tematiche diverse;
Pret. 1pl => siccome l’accento cade sul suffisso quella s sorda delle prime voci diventa sorda in
germanico, e questo è approvato dalla presenza della r che si trova nelle forme del Pret.pl sia in aat
che in ags;
Nell’aat il preterito sig. si differenzia da pl. con la vocale che nel primo caso è breve e nel secondo è
lunga, quindi c’è un grado vocalico di partenza differente (= l’apofonia). Anche il trattamento
differente della sibilante è distintivo. Quindi la differenza nel primo caso è una sorda, nel secondo è
una sonora = alternanza grammaticale.
VOCALISMO
Il sistema vocalico ie* si componeva di:
una serie di vocali brevi:
ă ĕ ĭ ŏ ŭ ǝ
e una serie di vocali lunghe
ā ē ī ō ū
Le vocali proprie sono a,e,o perché la i,u possono essere anche le semivocali.
due serie di dittonghi brevi discendenti
ai ei oi
au eu ou
una serie di sonanti (liquide / nasali in funzione sillabica)
l r /m n
˚ ˚ ˚ ˚
Il sistema vocalico ie si è semplificato e così si è ridotto in germanico
Si avrà:
ie. ă, ŏ > germ. ă ie. ai, oi > germ. ai
ie. ā, ō > germ. ō ie. au, ou > germ. au
Tratto fondamentale e peculiare della evoluzione del sistema vocalico in germanico in sillaba tonica risulta
la confusione dei timbri a e o. Questi timbri sia brevi sia lunghi tendono a confondersi in un unico esito.
10.11.15
Le altre vocali rimangono invariate nel germanico comune con la tendenza successiva alla fase comune:
la e a chiudersi in gotico;
ē in germ. sett e occid si apre (in got rimane ē)
11.11.15
APOFONIA
È il mutamento regolare di certe vocali in parti di parole etimologicamente connesse. Il fenomeno ha origini
ie ed era accertato, cioè le vocali si presentavano con timbri differenti secondo regole precise all’interno
della stessa componente della parola (all’interno della medesima radice o suffisso o parte desinenziale).
Esempio:
lat. fīdus foedus fides
=fidato =patto =fede
ī deriva dal dittongo oe deriva dal *oi i < *i
*ei (dell’ie)
queste parole sono derivate dalla medesima radice, quindi si parla di parole etimologicamente connesse (per
derivazione etimologica si parla della stessa radice).
2. quantitativa - quando la quantità vocalica cambia (la durata, la tenuta della vocale, breve/lunga)
Esempio:
lat. vōx vocare
(voce) (chiamare)
Qui l’alternanza è ō/o (cfr. vōc- /voc-)
I due tipi possono coesistere all’interno della stessa serie apofonica (= nello stesso gruppo vocalico).
Veniva usato il principio dell’apofonia anche all’interno della declinazione del sostantivo. L’apofonia giocava
un ruolo anche sui suffissi, non solo sulle radici.
In base all’alternanza quantitativa, entro una serie si distinguono i seguenti possibili gradi apofonici:
Grado normale o grado pieno, con vocali brevi (ad es. *e/o)
Grado ridotto o zero, con scomparsa della vocale (--)
Grado allungato, con vocale lunga (ad es. *ē/ō)
Il grado apofonico normale è il grado di base di una serie (di partenza), e può essere rappresentato da un
vocalismo breve o lungo. Si parlerà allora di:
La serie apofonica a vocale breve - dove sono possibili 3 gradi – normale/zero/allungato;
La serie apofonica a vocale lunga (il grado di base è una vocale lunga, allora l’alternanza sarà possibile solo
su 2 gradi normale/zero).
Queste alternanze giocano secondo serie precisi, quindi non sono infinite, sempre le stesse (serie apofoniche
“standard”).
L’apofonia in germanico
Il germanico ha conservato il sistema apofonico ie rafforzandolo (perché attribuisce all’apofonia in
molte categorie morfologiche specifiche funzioni morfologiche con l’applicazione sistematica), ma
allo stesso tempo semplificandolo (perché effetti dinamici ancora produttivi, non fossili, rimane
attivo solo sulla parte radicale della parola).
L’affidamento della distinzione dei tempi della coniugazione verbale del verbo forte è affidata
esclusivamente all’apofonia.
In base alle serie apofoniche ereditarie dell’ie, si distinguono le classi in cui sono ripartiti verbi forti
in germanico.
Classe I
Deriva dalla serie apofonica di primo tipo, prevede l’alternanza della *e/o.
Si legge ei indoeuropeo di grado normale si alterna con oi di grado flesso e con i di grado 0. (Ci sono due
perché sia Pret.pl sia Part. pass presentano il grado 0 nella radice).
La situazione del germanico > gli esiti vocalici presentano dittongo ei del indoeuropeo che si chiude in ī, ai
l’esito di oi e la i si conserva.
Il gotico ha conservato la ī anche se la scrive diversa.
Le vocali che partecipano direttamente nell’alternanza sono le vocali proprie e, o, a ma la i, u in quanto le
semivocali no, quindi spesso li troviamo come secondo elemento del dittongo.
Classe II
Sul piano apofonico è identica alla prima, stesso tipo di alternanza che agisce in stessi modi sugli stessi tempi.
Cambia la vocale propria del dittongo in u.
Come sempre la forma molto conservativa è il gotico, quasi come la forma germanico comune.
Classe III
Si tratta sempre del dittongo (e + sonante alla quale segue una consonante). Nel grado 0 abbiamo una
sonante in funzione vocalica che si trasforma in una u, fa da appoggio alla sonante vocale. La differenza è nel
contesto > nelle prime tre classi cambia il secondo elemento del dittongo ie che è in alternanza, ma il tipo
dell’alternanza è sempre lo stesso.
Davanti alla nasale la e breve dell’ie passa in germanico chiudendosi in i.
Classe IV
La serie è la stessa, compare il grado allungato nel Preterito pl, questa è la prima differenza. Sempre
l’alternanza dei dittonghi perché alla vocale in alternanza segue una sonante, in questo caso senza esser
seguita a sua volta da una consonante (la presenza della sonante è intervocalica).
La u non può essere un grado apofonico, ma è caratteristico del germanico come sviluppo specifico per
l’antica sonante in funzione vocalica che era di grado 0, la u non potrebbe partecipare all’alterazione.
Classe V
Non più dittonghi, ma abbiamo la stessa serie e in particolare la stessa alternanza di gradi della IV casse. La
differenza > non agisce il grado 0.
Classe VI
L’unica classe che presenta l’alternanza del secondo tipo *a/o, qui il germanico non utilizza il grado 0. Lo
stesso grado allungato vale in tutte e due forme del preterito.
Classe VII
Non omogenea alle altre perché non è regolarmente apofonica. In alcuni verbi rimangono tracce di una serie
apofonica “pesante” (cioè in cui il grado normale presentava una vocale lunga). A parte i verbi che
conservano quest’apofonia pesante, tutti i verbi condividono la formazione del preterito con il
raddoppiamento dell’antico perfetto ie.
I tempi verbali dell’ie erano molti di più rispetto al germanico, uno di tempi principali era l’imperfetto che
esprimeva un’azione perfettamente conclusa e anche i risultati che l’azione aveva nel presente. La forma del
perfetto si ricavava attraverso la sillaba di raddoppiamento che veniva premessa alla radice. “me” è il simbolo
del raddoppiamento (lat. me-mini, ie* men-), dove men- rappresenta “pensare”, ma la parola me-mini non
vuol dire ho pensato. In germanico un certo numero di verbi ereditano la formazione antica con
raddoppiamento dell’antico perfetto ie per formare il preterito.
In inglese antico di nuovo non è un’apofonia, c’era la sillaba del raddoppiamento ma viene riassorbita e si
contrae sulla radice modificandone degli esiti vocali.
17.11.15
Principali caratteri peculiari delle lingue germaniche (rispetto alle altre lingue ie)
a) Accento d’intensità iniziale o proto -sillabico: l’accento di parola viene fissato sulla prima sillaba.
Uno dei fenomeni caratteristici delle lingue germaniche che ha contribuito a modificare l’andamento
linguistico nel tempo.
Le principali conseguenze per la morfosintassi delle lingue germaniche sono:
Indebolimento della flessione > capacità distintiva dei singoli casi, le sillabe e le desinenze si
indeboliscono, (la s non è più la desinenza a dirmi che si tratta di un maschile, singolare) allora dovrà
essere altro a dirmelo;
Sviluppo del sistema delle preposizioni e dei sintagmi preposizionali > i complementi verranno
espressi da locuzioni sintattiche che prevedono delle preposizioni che ci dicono così, quale rapporto
di logica sintattica nega le parti;
Trasformazione nell’ordine delle parole > se una forma verbale dice che si tratta di una seconda
persona sg, se la desinenza cade e non è più ben distinta dalle altre, sarà il pronome a dirmi di che
persona si tratta. Si fissa l’ordine delle parole cioè prima il pronome e poi verbo, se no viceversa non
riesco a comprendere il senso. Nelle lingue germaniche per esempio si fissa l’ordine delle preposizioni
che devono andare prima del sostantivo;
Sviluppo dell’articolo;
Impiego dei pronomi dinanzi alle forme verbali.
b) Legge di Grimm (o Prima mutazione consonantica): descrive l’evoluzione del sistema delle occlusive
ie in germanico:
- Occlusive sorde > fricative sorde (eccetto Legge di Verner): p, t, k, kw > f, θ(þ), x(h), x(h)w
- Occlusive sonore aspirate > fricative sonore, con tendenza a passare ad occlusive sonore: bh, dh, gh,
gwh > b, d, g, gw oppure ƀ, đ, ǥ, ǥw
- Occlusive sonore > occlusive sorde: b, d, g, gw > p, t, k, kw.
c) Sviluppo delle sonanti liquide e nasali sillabiche in germ. ur, ul, um, un.
e) Applicazione sistematica e rafforzamento delle serie apofoniche ie, soprattutto nel campo del verbo
forte.
Nel esaminare il paradigma dei verbi forti abbiamo anche valutato la radicale semplificazione della
coniugazione verbale. Una delle caratteristiche importanti del sistema morfologico delle lingue germ > (non
condivisa dalle alte lingue europee) la perdita dei modi e dei tempi della coniugazione verbale. Come tempi
della coniugazione verbale ie si prevedeva: il presente, l’imperfetto, l’aoristo, il perfetto, no futuro come
categoria a sé. I verbi della coniugazione verbale ie indicavano la qualità dell’azione (il tipo). La temporalità
era un aspetto sussidiario dell’espressività dei tempi verbali in origine, invece nelle lingue germaniche la
capacità di espressione del tipo d’azione da parte dei tempi verbali si perde e quello che viene potenziato è
la capacità di esprimere un rapporto temporale, appunto l’azione ora oppure passata.
f) Perdita dei modi e dei tempi della coniugazione verbale, e in particolare creazione di un sistema a
due tempi verbali (opposizione presente / preterito).
I modi erano:
l‘indicativo (rimane ed è il più utilizzato);
il congiuntivo (che esprimeva in origine la volontà e la determinazione a compiere un’azione,
perso del tutto);
l’ottativo (che esprimeva il desiderio, rimane conservato ma assume l’antica funzione del
congiuntivo);
l’imperativo (per il comando, viene conservato una sola persona).
- Perdita del numero duale e della distinzione delle persone del plurale.
h) Sviluppo sistematico della declinazione dei temi in n del sostantivo (declinazione “debole”).
Esistevano diversi temi che vengono riproposti, alcuni temi uscivano in vocale, es: i temi femminili uscivano
in a lunga, la quale in germanico diventava o lunga. Troveremo i femminili che termineranno in o lunga,
mentre i maschili e neutri in a breve.
Altri temi uscivano in consonanti > uno dei tipi in consonante era –n- era un piccolo gruppo che in germanico
diventa enorme - Grimm la chiamava declinazione debole. Declinazione in vocale era > forte, la declinazione
in –n > debole, in base alla capacità espressiva dei casi.
i) Sviluppo di un doppio sistema flessionale – forte e debole – dell’aggettivo, a seconda della presenza
o meno di un determinativo.
Non esisteva la declinazione propria dell’aggettivo nell’antico ie, il germanico, invece, prevedeva oltre alla
declinazione forte dell’aggettivo anche quella debole. (parallelamente presa dalla declinazione debole del
sostantivo, che tanto si è sviluppata da fornire l’utilizzo concorrente per l’aggettivo). Quindi se ogni aggettivo
può essere declinato come forte o debole sarà la funzione sintattica a scegliere il tipo della flessione (a
seconda della presenza o meno di un determinativo).
j) Creazione di un preterito debole: uso di un suffisso dentale per esprimere il preterito (cfr. ‐ed in
inglese, ‐te in tedesco, o ‐de in svedese).
I verbi deboli è la categoria verbale di massima espansione, classe aperta di verbi derivati
- verbi primari - di solito sono al massimo 3 in tutte le tradizioni: avere e dire;
- gli altri sono secondari - derivati, i quali alla radice e l’eventuale suffisso attaccano un ulteriore
suffisso proprio (per esempio per derivare il verbo da un aggettivo).
Come si fa a distinguere un preterito dal presente? Secondo il modo formativo di questi verbi, cioè il preterito
non può rispondere al principio dell’apofonia, quindi per formare il preterito si attacca un ulteriore suffisso
il cui origine non è chiara. Nell’ie si attaccava il suffisso –to per formare il participio passato, le lingue
germaniche lo evitano, così la t diventa Ɵ e la o breve diventa a, quindi il prefisso del preterito è Ɵa.
Nota: si aggiungono a questo elenco le cosiddette AUSLAUTSGESETZE o leggi di fine parola
(riguardano le sillabe finali delle parole) attraverso le quali certe consonanti e vocali nelle sillabe finali
cadono o si modificano.
I Normanni (da Nordmanni o Nordmaenner, ossia "Uomini del Nord") rappresentano un insieme di gruppi
umani della Scandinavia. Di verosimile origine germanica si insediarono in Norvegia, Danimarca e Svezia.
I documenti saranno tutti trascritti nell’età cristiana. La conservatività della letteratura nordica = nonostante
sia documentata solo a partire dal XII in Islanda e Norvegia e nel XIII in Svezia e Danimarca, quindi si attarda
è considerata una grande conservatività di temi, figure, ideali = elementi arcaici.
Negli atti fondativi della colonia islandese si coglie la volontà di rimanere, ad aderire all’antico sistema dello
stato, rapporti sociali, tradizioni – voluto mantenimento della società anche nella struttura.
La possibilità di conservare gli elementi precristiani, pagani e preistorici è da leggersi nel particolare processo
di conversione al cristianesimo del mondo nordico. Quando si passa dalla cultura orale a una cultura scritta
è un fenomeno che interviene con il cristianesimo e sono i monaci che introducono l’uso di mettere per
iscritto documenti estesi di tenore letterario, che non era accaduto nemmeno al contatto con i romani.
18.11.2015
Nonostante la conversione del mondo nordico gli antichi culti e credenze sopravvivono accanto al
culto cristiano. Riguarda in particolare l’ambiente islandese. Il processo della conversione ha consentito un
capillare trattamento della fede cristiana almeno nella zona centro meridionale, mentre nel nord era più
faticoso, guidata dalla monarchia franca. Nell’area anglosassone la conversione è stata guidata dalla chiesa
romana perché si instaurasse un rapporto positivo fra la tradizione precedente (autoctona, insulare) e la
nuova fede.
Nelle prime fasi si cerca di non distruggere la tradizione precedente, infatti si recuperano le
produzioni delle origini - come Weorulf.
La situazione del mondo nordico > la conversione comincia più tardi rispetto ad altri ambienti germanici,
comincia dalla zona continentale (oggi danese), la più vicina al mondo ormai convertito. La prima a
convertirsi è la Scandinavia meridionale nella seconda metà del IX secolo (tarda conversione. In Islanda la
conversione avviene per decreto statale, quindi decisione assembleare dell’anno 1000. Le norme previste
nell’assemblea generale islandese stabiliscono che gli antichi culti non debbano essere professati in pubblico,
quindi c’è la tolleranza (forse erano consentiti in privato). Sarà la religione cristiana a prevalere, ma più che
altrove viene contenuto l’aspetto tradizionale.
I studiosi hanno cercato di ricostruire una mitologia germanica, la quale non ha una ricca documentazione
se non quella nordica, che sicuramente ha subìto le modificazioni editoriali e di contenuto.
L’antichità delle prime attestazioni linguistiche > significativo. Le più antiche forme linguistiche
dell’aria germanica sono quelle nordiche, si riferiscono alla produzione che rispetto all’età pre-vichinga non
ha molte documentazioni. Le forme linguistiche ci danno un quadro degli antichi dialetti precedenti all’età
vichinga, fondamentali per noi nella ricostruzione delle lingue germaniche in genere.
1° > il periodo protonordico, chiamato anche nordico runico, urnordisch - dalla seconda età del II secolo d.C.
fino all’inizio del IX secolo – dal punto di vista linguistico questa forma non è ancora facilmente divisibile sul
piano dialettale.
In questo periodo troviamo le prime attestazioni epigrafiche runiche sparse in particolare nell’aria della
Scandinavia (le prime attestazioni provengono dall’area più ampiamente germanica). Fuþark
(traslitterazione delle prime 6 rune, pangermanico) > sistema di rune che contano 24 segni (caratteri).
L’ordine è assolutamente diverso dagli alfabeti dell’aria mediterranea.
In questo periodo vengono prodotti i testi molto brevi, limitate a breve sequenze linguistiche che sembrano
di avere valore magico rituale oppure rimandano alle annotazioni che riportano alla proprietà di un oggetto.
2° > il periodo vichingo, che va dall’inizio del IX secolo alla fine del XI secolo.
Documentato solo da iscrizioni runiche, non c’è la produzione manoscritta. Troviamo più vasta produzione
di epigrafi runici caratterizzate dalla varietà modificata dell’antico Fuþark che conta di 16 segni. In questo
periodo venivano utilizzati la pietra e legno per le incisioni delle iscrizioni. Nell’età vichinga si manifesta la
distinzione dialettale:
Nordico occidentale > norvegese e islandese antico (perché l’Islanda viene conquistata dalle nazioni
norvegesi) + le parlate minori (isole Orcadi).
Nordico orientale > svedese danese antico + un dialetto antico Gutniko (parlato sull’isola di Gotland,
e considerato come lingua a sé stante del ceppo).
Sempre nell’età vichinga si ha la fioritura della produzione letteraria: della poesia nordica antica (distinta
nelle due varietà: la poesia eddica e poesia scaldica) e la prosa delle saghe.
3° > il periodo del nordico classico o norreno > periodo della tradizione culturale e letteraria nordica classica,
quello della produzione manoscritta e per lo più si identifica con l’antico islandese, ma in misura minore nel
norvegese. Sul piano della produzione manoscritta importanza eclatante ha l’antico islandese perché quasi
per intero l’ambiente di trasmissione è islandese.
Il manoscritto più importante e più noto della letteratura islandese Konungsbók Eddukvæða > il libro
reale. Databile intorno al 1260 ed è uno dei più antichi libri. Questa raccolta era associata alla figura di un
erudito islandese che visse fra XI-XII secolo e si chiamava Sæmundr.
“Edda di Snorri Sturluson”
La raccolta è stata chiamata Edda perché in quegli anni è stato ritrovato un altro manoscritto importante
intitolato “Edda di Snorri Sturluson” che si riferisce ad un’antica trasmissione dei racconti in genere narrati
dalla parte anziana della famiglia. Racconta le storie degli dei, i miti, e contiene 29 canti (testi) > la serie di
canti mitologici che precede la serie dei canti eroici. Vǫluspá > è il carme profetico tra i più antichi di questa
raccolta che narra l’idea sull’origine del mondo e la sua fine presso le popolazioni nordiche medievali.
Trascritto in età cristiana. A questo seguono altri canti che hanno come protagonisti Odino, Thor (Þórr). La
seconda parte dedicata a canti eroici in prosa, risale la figura dell’eroe Helgi che è noto per l’uccisione di un
gigante.
Snorri Sturluson visse tra il XII e XIII secolo. Edda di Snorri Sturluson redatto in Islanda all’inizio del
1300, è un manuale dei poeti / un trattato ad uso dei poeti di corte chiamati “scaldi”. Una delle importanti
tecniche della poesia scaldica è l’uso di pagine metaforiche compresse = Kenningar, cioè dei composti
nominali di due elementi accostati dove assumono un significato traslato. (es: la nave > alce del fiordo)
Composto di varie parti:
a. Prologue;
b. Gylfaginning – parte narrativa più interessante, qui si concentrano le narrazioni mitologiche
necessarie per valutare questi carmi perché sono illusivi;
c. Skálskaparmál è un trattato che spiega come comporre le Kenningar, quindi quale tipologie di queste
metafore esisteva;
d. Þulur liste di Kenningar;
e. Háttatal trattato di metrica, cioè i vari tipi di verso che possono essere utilizzate nella poesia scaldica
24.11.2015
La maggior parte dei versi nordici dell'epoca vichinga assunse una delle due forme: eddica o scaldica (dal
norreno e islandese skáld = poeta).
i versi eddici, nella loro tipicità e in perfetta sintonia con le storie mitologiche o eroiche che narravano,
erano semplici, sia in termini di contenuti che di stile e metrica;
i versi scaldici, al contrario, erano complessi, intricati e composti spesso come omaggio ad un
particolare sire.
La poesia scaldica caratterizzata da un elevato grado di tecnicismo - l’uso di allitterazione, è altamente
artificiosa che usa il metro particolare e prevede le figure retoriche che si intrecciano. La lettura della strofa
scaldica non è immediata ma deve essere decifrata, è oscura nel significato che richiede la particolare
attenzione sulle parti intrecciate e le Kenningar sciolte. L’ordine delle parole spesso è organizzato in modo
critico. Scaldi poeti di mestiere. Il più antico scaldo probabilmente è Bragi Boddason, il cui opere risalgono
alla seconda metà del IX secolo, si parlerà di lui nelle fonti più tarde perché le tradizioni manoscritta in Islanda
comincia dal XII secolo.
La parte che interessa a noi Gylfaginning (> l’inganno di Gylfi, re svedese) a contenuto mitologico ed è un
resoconto dei principali miti e caratteristiche di vari Dei dell’antica tradizione. Ma ha una cornice narrativa,
cioè Snorri ha pensato di creare una sorta di racconto entro il quale potevi inserire questi antichi miti.
Contiene:
Le saghe reali - Konungasögur > a partire dal XII secolo, e ci sono delle pagine tratte da Flateyjarbók
che significa il libro della isola che sta nella parte occidentale dell’Islanda. Uno dei manoscritti più, grandi,
importanti e interessanti, scritto su pergamena che era costosissima.
Le saghe di matrice storica (che verranno spesso nominate nella “Stirpe di Odino”):
Landnámabók > il libro della presa, del possesso = il libro delle colonizzazioni, tratta delle prime
famiglie di coloni che hanno deciso di stabilirsi in Islanda.
Islendingabók > libro dei islandesi, l’autore Ari Þorgilsson che visse tra l’XI-XII secolo, una delle figure
più note del medioevo islandese. Questo libro piuttosto breve e offre il panorama sulla società
islandese di questo periodo, uno dei più antichi.
Egill skallagrimsson > è il più famoso scaldo islandese.
Islendingasögur > saghe familiari.
25.11.2015
Entro il genere della saga si sviluppano altri tipi di racconti che sono differenti per l’argomento e stile, e
sono da considerarsi quelli che sviluppano temi di importazione:
Riddarasögur o le saghe dei cavalieri > Teiknibók = libro di disegno. Ispirate alla importazione
continentale quindi alla materia cavalleresca, incentrata su eroi non scandinavi, ma di importazione
tarda meridionale.
Heilagramannasögur > racconta le vite dei santi, genere di geografia modello di narrativa di prosa per
eccellenza. Per quanto riguarda l’ambiente norreno produce, entro il genere della saga, quello vicino
al racconto delle vicende dei re. Quindi anche il tema agiografico.
Posulasögur > saghe degli apostoli;
Biskupasögur – saghe dei vescovi, primi vescovi islandesi, uomini saggi che avevano il controllo
dell’organizzazione ecclesiastica e figure fondamentali per la trasmissione del sapere.
Stjorn – racconto biblico, il resoconto della narrazione ispirata al libro della Bibbia, troviamo la raffigurazione
di Adamo ed Eva.
>Tradizione scritta delle leggi, che in origine erano recitati oralmente sulla collina, dopo si producono in
codici scritti delle leggi es:
Jónsbók della Grágás > Grágás = l’oca grigia, conserva questa più le aggiunte al testo di Grágás – Réttarbærus
= aggiornamenti. Codice completo e complesso che norma tutto in quella società.
Stađarhólsbók della Gragas > manoscritto prodotto nel XIII secolo.
Helgisögur – postula sögur, che conteneva la saga dell’apostolo Andrea, quello che rimane di lui il foglio
tagliato per fare un modello di sartoria.
Le rune germaniche
Fuþark di 24 segni (si chiama così perché è la sequenza di primi 6 segni del sistema), che troveremo nelle
steli funerarie degli eroi e altri personaggi nati durante la spedizione di Ingvarr.
Il termine “runa” è un vocabolo nordico (in italiano è un prestito, come in tutte le lingue moderne che si
occupano di questo sistema di scrittura, nel moderno la “runa” è imprestato dallo scandinavo a partire dal
600). In antico islandese troviamo singolare - ryn o plurale rynar.
Le prime attestazioni dell’uso del vocabolo per indicare il carattere di scrittura (questi segni grafici) si
incontra dal V secolo.
Il più antico documento è databile circa all’anno 400 => l’iscrizione di Einang > che recita Dagar þar
runo fahido:
Dagr nome proprio di persona maschile, fahido - ho inciso, ho colorato = io Dagar ho colorato le rune.
Intorno al 550 un’iscrizione svedese > runor varitu = ha inciso le rune, (varitu forma del verbo incidere,
tracciare).
Un’altra attestazione del poeta latino, che scrivendo in forma metrica (in versi) alla fine del VI secolo
scrive ad un amico invitandolo a corrispondere a lui, e si ritrova un verso => barbara frannksines pingatur
rhuna tabellis = la runa barbara sia dipinta sulle tavolette di frassino > è un invito. Il dato interessante:
compare la parola rhuna, che dimostra l’utilizzo della scrittura runica anche nell’ambito quotidiano.
Il vocabolo “runa” è attestato in tutte le lingue germaniche antiche, ma esiste con accezioni diversi, cioè non
sempre indica i caratteri della scrittura:
a. Il primo significato che i studiosi ritengono sia quello originario è testimoniato in particolare dal gotico
e poi confermato dall’anglosassone e l’antico alto tedesco => ryna che significava dall’uso di Wulfila
- mistero, segreto, la decisione presa dopo un‘attenta riflessione.
b. Lo stesso temine anglosassone => ryn – segreto, mistero, bisbiglio, cosa detta in segreto. Con
l’aggiunta di prefissi, es: geryno indica il mistero cristiano per eccellenza = la rincarnazione.
c. In aat => ryna – segreto o conversazione non pubblica.
d. In antico islandese => ryn – il significato di segreto, riunione privata.
Dallo stesso termine derivano anche i verbi come
a. in anglosassone rynian = bisbigliare.
b. aat rynen = parlar piano, mormorare, bisbigliare.
c. antico islandese rýna = conversare in segreto.
d. L’idea fondamentale *rūnō del germanico comune ricostruito = segreto, mistero.
Nessun dialetto germanico ha applicato questo termine per indicare altri caratteri di scrittura, per esempio
i greci o latini (con i quali queste tradizioni hanno a che fare), normalmente per altri tipi di scrittura si usa la
radice bók, quindi non c’era mai confusione etimologica.
Dal significato del mistero il termine “runa” passa poi ad indicare anche i caratteri epigrafici tipici della
tradizione germanica che erano diversi da quelli latini e greci => i caratteri di scrittura.
Pietre Runiche:
Pietra runica di Amla, Norvegia
si legge dall’altro verso basso, la sequenza è intera. Andamento bustrofedico – come avanza l’aratro.
?iR hlaiwidaR þar > probabilmente è l’indicazione del luogo di sepoltura.
Hlaiwa = tomba, il tumulo
Þar = qui
Pietra runica di Belland, Norvegia
datata intorno al 1500
keþan > sembra il nome proprio di qualcuno, e vuol dire di Keþa
Pietra runica di Bø, Norvegia
hnabudas hlaiwa = la tomba di hnabud
Pietra di Sunde, Norvegia
va letta dall’alto verso il basso, ma l’andamento di lettura da destra verso sinistra.
widugastiR
widu = nome parlante della tradizione germanica e deriva dal tema che indicava l’albero (la foresta), quindi
sarà l’ospite del bosco. La datazione intorno al 500 d.C.
Pietra runica di Kjølvik, Norvegia.
3 righi di rune, si legge da destra verso sinistra:
- hadulaikaR – nome proprio maschile, probabilmente il nome del defunto
hadu = la battaglia
adulaikr = nome proprio
laikaR = gioco
quindi il contesto semantico è il nome eroico che assume elementi dei nomi di battaglia;
- ek hagusta(l)daR- io hagusta(l)
stalda = forma che rimanda al significato di possedere o ottenere i beni
agu = ricinto a pascolo
- hlaaiwido magu minino – hlaaiwido preterito indicativo, io ho seppellito mio figlio, minino pronome
agg possessivo prima persona.
Questione dell’origine
Le principali ipotesi sull’origine del Fuþark erano quelli che percorrevano la via diretta delle origini dei segni
a partire dalle iscrizioni rupestri (incisioni molto antiche che pre datavano l’età documentaria), perché molte
rune ricordavano dei segni simbolici incisi su rocce, caverne, pietre. Questa teoria viene presto abbandonata
e rivista in età nazista.
Oggi le principali considerazioni sono 3, in ordine cronologico:
a. derivazione delle rune dalla capitale romana (Wimmer - danese)
Si rivolse alla scrittura capitale latina dell’epoca imperiale. Si accorse della indubbia somiglianza di alcune
forme delle rune con la capitale monumentale romana, la scrittura epigrafica per eccellenza. Collocava il
contatto fra le popolazioni germaniche fra la fine del II e l’inizio del III secolo (intoro all’anno 200). L’ipotesi
ha avuto fortuna, perché sul piano formale reggeva molte delle forme delle rune. (per esempio: le –r, -i, -b).
Il tratto abbastanza evidente è che le forme delle rune standard prediligano le forme rette alle forme curve,
e che vengono eliminati i tratti orizzontali. Normalmente le forme delle rune sono costruite su un’asta
verticale o leggermente inclinata e prevedono dei tratti secondari, per lo più trasversali (esempio la –t).
Quindi si arriva all’ipotesi che il Fuþark con ogni probabilità nasce per essere incisa prevalentemente sul
legno (i tratti orizzontali vengono eliminati perché si sarebbero confusi con le venature del legno). Oltre
all’identità dei grafemi c’è anche la coincidenza del valore fonologico.
b. derivazione delle rune dalla corsiva greca (von Friesen - svedese)
Nel 1904 pubblica la sua proposta. Le corrispondenze grafiche proposte da lui non apparvero effettivamente
convincenti, c’erano delle somiglianze, la -o e la -g possono essere corrisposte alla scrittura greca ma non
corsiva (che era impiegata per altri scopi), quindi la sua proposta non risultò convincente nemmeno in quegli
anni. C’era anche il problema cronologico, perché questa teoria che prevedeva le tribù gote in contatto con
il bacino greco, era un tratto cronologico troppo recente.
c. derivazione delle rune dalle scritture nord-italiche di matrice etrusca, ma contaminate dall’alfabeto
latino (Marstrander/ Hammarstro - norvegesi)
Marstrander intorno all’1925 pubblicò la sua ipotesi che ha avuto più fortuna di quella della derivazione dal
greco. Si tratta delle scritture che erano in uso in alcune zone dell’arco alpino, ma mai sono state proposte
uniformemente come sistema – cioè le tribù di origine etrusca che impiegavano la base dell’alfabeto etrusco
lo sviluppano diversamente, visto che abitano nelle zone montane, in effetti non si può parlare di un unico
alfabeto, ma di vari alfabeti. Ci sono delle convergenze formali per alcuni segni, soprattutto la sua teoria
pone cronologicamente il contatto con alcune tribù germaniche che potevano tranquillamente avere
rapporti con queste popolazioni nord-italiche.
Nella questione dibattuta sulle origini delle rune viene inserita una prova - un’iscrizione condotta su quello
che era l’Elmo di Negau B > una delle testimonianze epigrafiche dell’uso delle scritture nord- italiche
ritrovata incisa sul bordo di un elmo (scoperta archeologia dell’1811, ripresa dagli studiosi nell’1925) che è
stata ritrovata come il bottino di guerra sepolto ai confini della ex Jugoslavia. Questa incisione è redatta in
uno dei alfabeti nord-etruschi, ma la sequenza linguistica è chiaramente germanica (quindi l’alfabeto è nord
etrusco, ma la lingua germanica). Si legge da destra a sinistra:
avietitsaχirah > hariχasti teiva
Pare una dedica a un Dio, perché in g.c *teivaz voleva dire Dio, padre del cielo.
Quindi sicuramente è una sequenza germanica redatta in questa varietà di caratteri nord-etruschi, la
deduzione ovvia è che certamente i parlanti della lingua germanica hanno conosciuto e imparato questo
alfabeto.
Le indubbie somiglianze della scrittura runica con la capitale romana, tutte le scritture nord-italiche
mostrano che molte lettere latine erano integrate in uso di questo alfabeto, quindi era un alfabeto misto tra
origine etrusca e origine latina.
Negli ultimi decenni più meno dalla fine degli anni ’80 nella zona scandinava dove i studi sono molto
attivi (i migliori runologi sono di aria nordica), l’ipotesi nord-etrusca non convince, perché non spiegherebbe
la maggior parte dei antichi reperti runici collocati geograficamente nell’area della Danimarca. Non è
possibile che non ci sia traccia dello sviluppo meridionale di Fuþark. Chi ha inventato Fuþark erano tribù
probabilmente guerriere parzialmente integrate nelle schiere dell’esercito romano che entrano in contatto
con queste sparse e isolate popolazioni che abitavano le zone dell’arco alpino, che utilizzavano queste
scritture già allora morenti, quando invece il grosso della documentazione si trovano incisi su oggetti di uso
personale, spesso spille, punte di lancia in Danimarca.
Enucleando i punti fermi per definire le origini del sistema grafico, bisogna tenere conto che:
-> la documentazione più antica è collocata nella Danimarca e nella punta della Svezia abitata dalle stesse
popolazioni;
-> Cronologicamente la creazione del Fuþark è da porsi a cavallo dell’era cristiana ma al nord;
-> la volontà di imporre un proprio sistema di scrittura opponendolo, seppur ispirandosene, alla scrittura
latina, perché queste popolazione erano in contatto commerciale con il mondo romano (importazione di
beni di lusso che provenivano dalla zona italica, in Danimarca intorno al 100/150 vengono trovati molti
reperti di provenienza romana). Vuol dire che i contatti con il mondo romano c’erano, anche se
geograficamente si ha una certa distanza, e queste popolazioni ispirandosi al mondo romano hanno deciso
di creare un sistema origine in cui trovare una propria identità culturale. Così si spiega la volontà di cambiare
volutamente l’ordine dei segni, e questo è un tratto evidente dell’originalità.
01.12.2015
Tradizione dei nomi
Nelle prime attestazioni queste rune interessano un’area molto vasta -> tutti gli ambiti del germanico.
Con passare del tempo (l’inizio dell’età vichinga) questo sistema si evolverà nell’area scandinava in un nuovo
Fuþark che si ridurrà a 16 segni standard. Mentre nel mondo anglosassone il sistema evolverà nel modo
opposto - in forme non ben standardizzate perché nell’area del nord ci saranno i Fuþork con diverso numero
delle rune - fino a 33. È un sistema in evoluzione. Uno dei elementi più sorprendenti è che nell’area così
vasta il sistema germanico di 24 rune si mostra molto omogeneo, le forme delle rune sono stabili fin dall’età
antica. (pag. 9,10,11 – i valori fonetici). Alcune rune erano poco usate allora non è possibile stabilire il loro
valore fonetico. Il sistema così compatto sia come stabilità dei tratti sia come corrispondenza del valore
fonologico, difficile ritenere che questo sistema non sia la creazione di un’élite culturale, cioè qualcuno in
grado di creare il sistema grafico alfabetico, come Wulfila. Il cuore della creazione antica di Fuþark è
Scandinavia (e l’area danese), dove è stata datata la più antica fase dell’epigrafia runica, che datano fra il
150 e 250.
A partire dal IX secolo le rune erano associate a nomi acrofonici, cioè il nome che comincia con lo stesso
suono il cui la runa esprime. La tradizione non è univoca, in quanto una parte della documentazione che si
riferisce al Fuþork anglosassone e l’altra al Fuþark scandinavo.
La tradizione dei nomi “acrofonici” delle rune rintraccia 2 tipologie di fonti:
liste alfabetiche manoscritte (tradizionalmente chiamate runica manuscripta)
Si trovano inserite in manoscritti eruditi, la lista dei nomi delle rune accompagnata alla figurazione >
rappresentazioni dei simboli, segni grafici. Molte volte i sistemi scrittori sono fittizi. Normalmente i nomi
delle rune sono associati al grafema.
Praticamente tutti i testi di queste liste provengono dai monaci anglosassoni (cristianizzati in precedenza),
che scrivevano nella loro ubicazione monastica. Alla base delle liste di queste rune rimangono le
denominazioni inglesi delle rune (nomi mutuati dalle tradizioni anglosassoni), perché l’ambiente di
trasmissione era anglosassone. (dispensa Runologia pag. 14,15). Tra le più antiche liste sono circa una
dozzina.
Ricordare il valore fonologico di un segno è più semplice se lo si associa ad un nome. Annotazione: il
manoscritto antico conservato a Vienna datato al X secolo - il numero 17 che riporta la lista dei nomi del
Fuþork, ma nella stessa pagina riporta la tradizione dei nomi acrofonici applicata all’alfabeto gotico (e se
quello è il vero alfabeto gotico lascia capire che la tradizione è ancora più antica rispetto a quello che ci
documentano i reperti). Le più antiche liste riportano sia il Fuþark scandinavo sia il Fuþork anglosassone.
Stessa cosa per l’alfabeto gotico di Wulfila, ma in ordine alfabetico.
sequenze brevi metriche più articolati (sequenze di testo poetiche = poemetti runici)
Sono delle creazioni poetiche la cui struttura è caratterizzata a rimandare alla tradizione della creazione
runica.
Cynewulf è il poeta che scriveva e firmava i poemetti cristiani e nell’ultima sezione dedicava l’epilogo
all’espressione lirica personale. Wyn –la gioia una runa stabile in tutte le tradizioni.
Il poemetto norvegese è conservato in un manoscritto unico anche questo distrutto, è conosciuto attraverso
delle copie precedenti, la composizione risale a circa il XII secolo. Si compone di 16 strofe ciascuna di 2 versi
e sono dedicate a uno dei nomi (caratteri) del Fuþark. È il componimento più regolare nella sua composizione.
Ogni coppia di versi si compone di due parti difficili da collegare.
iss - ghiaccio - poetica stereotipa per indicare il ghiaccio che costruisce il ponte non solo nell'aria germanica,
ma anche la poesia classica fa riferimento a queste immagini. Cioè i fiumi che si ghiacciano diventano un
ponte, si possono attraversare.
La struttura è compatta, quello che guida nell'identificazione del nome della runa è il primo verso, perché si
tratta delle espressioni formulari/stereotipe. Queste copie di versi sono rimate e in un caso si ha assonanze,
tutti i versi sono composti di sei sillabe e nel primo verso compare l’allitterazione.
Il componimento è tardo e non rispetta le caratteristiche germaniche più antiche del verso. Alcune immagine
e figure retoriche compaiono anche in altri poemetti.
Conservato in 4 manoscritti della collezione di Copenaghen, il più antico risale alla fine del secolo XV. Si
compone di 16 strofe le quali sono di 3 versi. Ogni strofa è relativa a una runa del Fuþark scandinavo. Si
presume che non sia composto prima della documentazione scritta, quindi anche esso è tardo.
La caratteristica:
molte immagini comuni con il poemetto norvegese, propone però per ogni runa almeno tre versi
attentamente costruiti, quindi manifesta una forma più arcaica, tradizionale, non ci sono rime e gioca solo
sull’allitterazione. Anche il contenuto è tradizionale perché nel poemetto c'è una sola "allusione" cristiana.
Prima strofa - > metafore che indicano la ricchezza. Si riferiscono alla tradizione mitologica antica e indicano
l'oro, il fuoco del mare - l'oro dei nibelunghi che viene gettato sul fondo del reno. Sigurdr nel nord
corrisponde al Sifred Sifrido della storia meridionale tedesca.
passavano potevano leggerlo. La stessa runa poteva esprimere molti suoni. Nell'età vichinga non si ha più
bisogno di distinguere la sorda o la sonora.
Negli epitaffi si legge di vichinghi (svedesi) arrivati in Grecia (la terra dei greci Grikkland, regione
controllata dal governo bizantino) la meta più frequentemente nominata nelle steli runiche. Mercenari che
si arruolavano nell’esercito bizantino = Variaghi. Non solo la Grecia, ma anche la Russia - denominata - regno
delle città - Gardarriki. Altri luoghi citati al riguardo della spedizione di Ingvarr - Serkland (può significare - la
vasta regione nella zona circostante a Mar Caspio, zona abitata all'ora dai turchi e arabi).
Sul piano strutturale il contenuto di queste epigrafi è abbastanza standardizzato - presenta una struttura
convenzionale:
• all'inizio la formula di committenza - si dice chi ha fatto erigere o ha creato questo monumento (anche
più persone)
• identità del defunto rispetto ai committenti - in memoria di chi (si dà il grado di parentela).
• e poi si dà la notizia sulla vita del defunto o sulle circostanze della morte o sul luogo della morte.
Queste steli, salvo rari casi, sono di norma dei Cenotafi (monumento sepolcrale onorario che non contiene
la spoglia del defunto) dedicati al defunto che non sorge nel luogo di sepoltura, ma appunto nei luoghi di
passaggio per far sapere agli passanti. La struttura dell'iscrizione normalmente non cambia.
Epitaffi (iscrizione su una tomba) tendono ad essere celebrativi, in molti casi troviamo gli epitaffi
metrici, coppia di versi lunghi nello stile dell'antica poesia eroica tradizionale, abbozzi, avvolte delle micro-
composizioni poetiche che ricordano in forma più aulica il defunto.
All'epitaffio può seguire una formula cristiana di evocazione di preghiera, perché si è in età ormai
cristianizzata, prima metà dell'XI secolo. Che dice semplicemente – “Dio aiuti l'anima di.. aiuti il suo spirito...
“.
Può comparire la firma dell'incisore, alcuni sono molto noti, e presentano le steli più ornamentali.
Nel corso del tempo, soprattutto nella più tarda età medievale molte degli steli runiche venivano utilizzate
come materiale da costruzione, in genere nelle fondamenta a sostegno dei muri portanti delle piccole
chiesette rurali. Sono state recuperate nell'età umanistica, più recenti ‘600/ '700 quando si ristrutturano o
si consolidavano le strutture.
Stele di Ulunda
uti Avverbio
<i> Non si riscrive la stessa runa
Grikkium DAT del GrikkiɌ, tema maschile in i
arfa DAT sg. di arfi, tema maschile in n
sinum DAT maschile sg, aggettivo possessivo
*DAT =dativo AKK = accusativo GEN = genitivo sg = singolare p = persona
Stele Di Mervalla
Si<g>rið Committente
let Forma Preterito III°p. sg. del verbo lāta (verbo forte III classe)
ræisa Infinito del verbo debole I classe
stæin Sostantivo maschile in a (antico inglese stān)
þenna Pronome dimostrativo rafforzato – AKK sg
NOM sg. del sostantivo maschile in n; correlativo di bonði = la figura cruciale nei ruoli
bonda sociali, era libero agricoltore possidente, aveva la fattoria di proprietà/indicava anche
l’uimo di famiglia, marito.
liggR Presente indicativo III° p. sg del verbo liggja (verbo fort V classe)
sunR NOM antico tema maschile in u