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Ida Vassalini in Memoriam Poesie

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Ida Vassalini

In memoriam

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: In memoriam
AUTORE: Vassalini, Ida
TRADUTTORE:
CURATORE:
NOTE:
CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D’AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza


specificata al seguente indirizzo Internet:
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COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: In memoriam / Ida Vassalini. - Verona :


Albarelli - Marchesetti, 1937. - 47 p. ; 21 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 1 ottobre 2024

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 1
0: affidabilità bassa
1: affidabilità standard

2
2: affidabilità buona
3: affidabilità ottima

SOGGETTO:
POE000000 POESIA / Generale

CDD:
851.912 POESIA ITALIANA. 1900-1945

DIGITALIZZAZIONE:
Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:
Catia Righi, [email protected]

IMPAGINAZIONE:
Paolo Alberti, [email protected]

PUBBLICAZIONE:
Catia Righi, [email protected]
Claudia Pantanetti, [email protected]

3
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4
Indice generale

Liber Liber...................................................................... 4
Dopo il 28 dicembre 1935............................................20
In un rifugio di silenzio e d’ombra, al finir de l’agosto36
...e in riva al lago che a Te fu sì caro............................41

5
IDA VASSALINI

IN MEMORIAM

I sometimes hold it half a sin


To put in words the grief I feel...

TENNYSON

6
a Te, Mamma, tutto il mio amore
e il mio dolore.

Primo anniversario della morte


Verona, 28 dicembre 1936

7
Nel gran silenzio Ti ridico, Mamma, con
sommessa voce, le mie parole di amore e di
dolore per Ugo nostro, che tanto care Ti furo-
no nell’ineffabile strazio.

8
Sognavi ridestare un’eco buona
in cuori ignoti e nel lontan futuro...
Ed or non vivi che nel nostro cuore.

(Sotto un ritratto del nostro Ugo)

9
Ricordi, Mamma? Ugo mi aveva scritto un giorno:
…«Ida mia, tu mi sai sempre tanto bene com-
prendere nell’anima».

Nel decimo anno dal Tuo disparire


in un’oscurità, che a la mia vita
fu luce vera, il silente dolore
de la percossa anima mia s’effuse
in canto.

Era in quei canti la fraterna voce


che il puro sacrificio a la bellezza
eterna consacrava: or Tu perdona
se, per la voce mia, talor si spezza
in pianto.

10
Ricordi, Mamma, con me le Sue care parole? «Se
tornerò, lavoreremo insieme, Ida; e non ci la-
sceremo mai, mai, mai».

Poi che la vita a Lui deluse il sogno,


Tu, Mamma, al canto il labbro Tuo negasti...
E, poi che il cuore Gli spezzò la morte,
Tu non vivesti che del Suo ricordo.

Ma il Suo sparir nel tempo


un’altra speme infranse:
oh! non sentisti presso Te lo schianto
più grave ancor che il Suo troncato volo?

11
Ricordi, Mamma, il Suo pianto nell’ultima lirica
elegiaca?

Noi non pensammo che senza ritorno


il Tuo partire fosse, in quella sera
triste di pianto su la terra e in cielo.

Tu la vita nostra eri:


il Tuo dolor profondo
solo esprimevi in armonie soavi,
e luce offrivi al nostro immenso amore.
Come temer per Te la morte oscura?

Ma l’alba Tu sognavi d’una vita


più vera. E certo grave non Ti fu
sparir così, nel tempo,
per rivivere sol nei nostri cuori.

12
E, ogni Natale, ne la notte mistica
– che pace dona agli uomini,
se al bene eterno anelano –
Tu rinasci per noi,
da le lacrime fatti ognor più degni
del sacrificio Tuo e de la pura
luce santa, in che Tu risplendi e parli
a l’umil vita nostra silenziosa.

Natale 1926

13
Ricordi, Mamma, le Sue sante parole? «Benedetta
la vita che mi ha dato finora la coscienza e la
speranza: mi fallirà la seconda, ma la prima
no, mai!»

D’ogni bellezza e libertà sognando,


Tu disparisti... A l’ideal tendevi
che, quaggiù in terra, ormai vanir sentivi.

Sdegnavi Tu, per la vita, mentire


a la Tua giovinezza; ed a la Morte
sacrasti intatta fede e luminoso
ardire.

Ne l’ombra de la vita s’alzano inni


a le virtù che la barbarie velano
ma non rinnegan mai. Tu, ne la luce
d’eternità fiso lo sguardo, Morte
per Te scegliesti.

Perché piangiamo, se Tu risorridi


al nostro cuore, ov’è l’ara e la fiamma
de la Tua fede e del Tuo santo ardire?

14
Mamma, ricordi? Anche Ugo Ti aveva sempre nel
cuore, e Ti scriveva: «Io ti ho sempre davanti a
me, mamma; non mi lasci mai e mi dai tutta la
forza che mi occorre, tutta la forza che mi ab-
bandonerebbe senza di te».

Nei silenti meriggi, Ti rivedo


salire, Mamma, con pietà devota,
il colle caro agli ultimi Suoi giorni
di canto e libertà, presso il Benaco
azzurro, dove un albero fiorisce
sacro a la Sua virtù e al dolor nostro.

E, nei tristi tramonti, Ti rivedo


varcare, Mamma, con pietà devota,
la soglia de la chiesa, che ne l’ombra
mistica accoglie ogni memoria santa;
e Ti rivedo riaccender, trepida,
la fiamma tua, d’amor simbolo ardente.

15
E, nel mattin deserto, Ti rivedo
cercare, Mamma, con pietà devota,
entro il Castello austero il bel rifugio
d’arte e di gloria, che il Suo nome eterna;
e Ti sento così, in silenzio, piangere,
senza conforto alcuno, il volo Suo
spezzato!

Con Te, Mamma, nel tempo senza pace,


e sempre e solo Lui ripenso e invoco.

16
Mamma, ricordi? al Babbo Egli scriveva:... «Da te
ho avuto le idee di giustizia e di amore».

Protesa nel saluto ultimo, ancora


la mano Sua noi rivediamo... Poi
fu l’orror di una notte desolata!

Ma di pia luce il Suo mister risplende,


Babbo, per l’ineffabil tua virtù
d’amore.

Ché se a Lui grave non parea ’l dissolversi


tutto ne l’Uno eterno ed infinito,
per te, a noi oltre la vita e il tempo
l’anima Sua sorride.

Tra ’l silenzio dei bronzi e dei dipinti,


nel severo Castello di Verona,
col nome Suo più bello Egli rivive;
e, presso il lago dei Suoi dolci canti,
– di fronte al cimitero, che tra i pini
candido giace, – l’arte a noi ricrea
il sacrificio santo e la pietà;

17
e, ne la chiesa al ricordo devota
ed al pianto, l’imagin Sua s’elèva
in gloria, e solo a l’alto ciel si volge.

Ma... a che la fede Sua,


a che la nostra tende?

18
Ricordi, Mamma? Dal fronte, il 18 ottobre 1917,
Ugo ci scriveva; «I soldati miei... Voi non sape-
te quale onda di tenerezza mi passi nell’animo
mentre parlo di loro».
Pochi giorni dopo, il 25 ottobre, sulla Bainsizza,
due di essi furono visti trasportare a braccia il
nostro Caro «ferito, pallido in viso, gli occhi
chiusi, il capo reclinato da un lato, in posizione
d’abbandono. Egli non parlava nè dava alcun
segno di vita». Poi... un lungo silenzio pesò sul
sacrificio eroico e sull’umana pietà.

L’imagine di Te sorrise bella


ad un soldato del Tuo reggimento:
certo egli lesse le parole sante,
che Tu scrivesti per gli uomini Tuoi,
per i compagni suoi, nei giorni tristi
de la Tua passïone...
E poi scolpì ne la pietra il Tuo volto,
come gli apparve in sogno!
A la tua fede non mancaron gli umili:
essi pietosi in pace Ti composero,
pur fra la strage immane...
...E ora la Mamma Tua,
in raccolta mestizia pia, depone
fasci di fiori a piè de l’erma sacra.
Ripensando al monumentino dedicato al nostro Ugo nel cortile
della caserma del 79° Reggimento Fanteria.

19
Dopo il 28 dicembre 1935

20
Ormai quaggiù, sola per sempre, o Mamma,
e lotto e soffro... Ma Tu vivi in me
veracemente, e sai quel che s’asconde
entro il mio cuore.

21
O Mamma,
per Te la morte non era che un sonno
senza alcun sogno; e Tu sognar volevi
come Ugo Tuo, per l’incanto de l’arte,
per ogni ardor di vita grande e bella,
sotto l’azzurro ciel, del lago in vista,
o che in tempesta frema o che, placato,
tacito e immoto resti.

Dio Tu sentivi sol ne l’ansioso


anelar de lo spirto a eccelse mete,
come Ugo nostro, Mamma!
E la morte invocavi, sol se spenta
ogni speranza Ti parea di bene.

Ma, giunta a sera del viver Tuo, d’albe


novelle intraveder Ti parve il raggio,
e accoglierle volevi accanto a noi.

Così, verso il mistero andasti, lieve


volgendo il Tuo sorriso a noi, che un pianto
senza conforto celavamo in cuore.

22
Luce vedesti più fulgida, o ancora
il sol cercavi che pur oscurato
si riflettea ne le pupille nostre?

Nel Tuo martirio, molte ne dicesti


dolci parole di ricordi cari
e di serene attese: or, da l’eterna
pace, che ci riveli?

Con l’anima e lo sguardo fissi in Te, o Mamma,


la notte dal 29 al 30 dicembre 1935.

23
Allor che vengo, affranta, ove dissòlvesi
– nel fluire de’ giorni inesorato –
quel che a noi tempio fu d’affetti santi
e del pensier Tuo vivo, sempre il lago
nostro io guardo attraverso un vel di lacrime.

E al pianto mio di Voi s’unisce il pianto,


che ogni bellezza amavate, e spezzati
aveste tutti i sogni e le speranze.

Per sempre? o siete rinati a vedere


la luce de l’eterno?
E caro V’è ch’io ricontempli il cielo
e Vi ridóni in canto il mio lamento,
se pe ’l sorriso Vostro s’addolcisca
e in chiaro inno di fede al fin s’elèvi?

Viaggiando da Milano a Verona,


la vigilia del dolorosissimo trigesimo.

24
Tu ricercasti in van l’amata spoglia
d’Ugo, lassù, tra le sconvolte zolle
de l’arido altipiano; e nel Tuo cuore,
per sempre, Egli ebbe la sua tomba e l’ara.

Per sempre? o a me, scendendo a l’ombra eterna,


col desiderio di Te – disperato –
pure il tesoro abbandonasti intero
de la pietade e del dolor profondo,
in che la vita Tua arse e si spense?

Forse questo è di Te il supremo dono


a la tristezza mia.

3 febbraio.
Ripensando il Tuo pellegrinaggio dell’aprile 1921 sulla Bainsizza.

25
Mamma, perché donarTi mai non seppi
la gioia ch’era il Tuo ed il mio sogno,
se, pe ’l deserto oscuro de la vita,
solo affisarmi amavo ne la luce
del Tuo sguardo, ed attingere ogni forza
volevo a la sorgente del Tuo pianto?

Perché?

Mamma, domani, verso il pio tramonto


del dì natale, in che l’amore nostro
illudersi potea d’offrir sollievo
a la Tua pena immensa, io verrò là
– dove Tu da l’eterno sonno hai pace –
e desolatamente piangerò
su questo nostro solitario andare...

Per questo nostro solitario andare


io non so più, Mamma, viver che sia.
Or ch’è spenta la luce del Tuo sguardo,
pur ogni forza ed ogni pianto è in vano.

Come potrò non disperare, Mamma?

3 marzo, la vigilia del Tuo giorno natalizio.

26
Lente scendean le tènebre sul mare,
al finire d’un giorno senza sole.
Ed io sognavo il palpitante azzurro
del Tuo golfo, baciato dal sorriso
d’un cielo senza nubi... Risorgeva
la giovinezza Tua entro il mio cuore,
che parve schiudersi a un mistero pio.

Da sempre, in Te io fui, o Mamma cara,


sì come Tu, per sempre, in me sarai!
L’unità nostra vive nel perenne
anelar, disperato, ad un’idea
di perfetta bellezza – immacolata.

Non siamo unite sempre – oltre la vita?

23 marzo: in treno, lungo la Riviera di Levante,


sognando Palermo, dove Tu avevi trascorso due anni della Tua
giovinezza e a cui spesso ripensavi con nostalgico desiderio.

27
Nessuna nube ne l’alba serena...
Ed io vedevo il Tuo mesto sorriso,
quasi T’avessi accanto a me, ne l’atto
che donavo una lacrima ed un fiore
a la povera bara abbandonata
d’un giovine caduto sul lavoro,
lontan da’ suoi, ai piedi del Cervino.

Al mio commosso pianto si fondeva


il pianto Tuo e di Ugo nostro, Mamma,
su le infinite sofferenze umane...

Gittai il mio fiore ne l’oscura fossa;


ed al torrente scesi, per fuggire
altre discordi voci.

Ero con Te, sola con Te, o Mamma!


E l’unione sognavo perfetta
de gli spiriti nostri – anche nel tempo –
pe ’l canto nuovo e la più dolce vita,
che arridere pareva a la mia speme.

28
Poco più tardi... un desolato appello
tutti i sogni troncò, e le speranze.

Nell’annuale della nascita di Ugo, 27 aprile.


Ripensando la mia giornata del 29 luglio 1935 a Valtournanche,
incominciata col pietoso funerale e conclusasi col mio angosciato
ritorno a Verona per la disperata lettera del Babbo e di Caterina,
che diceva quanto ormai si dovesse temere e piangere per Te!

29
Oltre gli angusti vicoli, una piazza
s’apre ridente in vetta al colle aprico:
color che trepidando si chiudeano
in tenebrosi castelli o in tuguri
miseri e stretti, al tempio del lor Dio
luce donavano e bellezza e larghi
spazi: e ogni ora solenne de la povera
vita si consacrava entro la chiesa,
nel porger voti ed invocar pietà.

Forse così, da immemorabil tempo,


l’uom combatte e lavora, soffre e prega.

30
Ma Tu, Mamma, dicevi che ne l’anima
profonda è l’infinito, oltre l’oscura
fatica de la vita, logorante
i nostri giorni brevi. E pur col canto,
che sempre un dolce conforto recava
a la mia pena, m’apprendesti, o Mamma,
ad amar quella Luce sola – e viva –
che tutte l’ombre vince, ed a sentire
solo quel Dio che si rivela a noi
nel segreto del cuore.

Guardando le piazze di Ventimiglia alta, e pensando alla


Tua superiore religiosità, che s’esprimeva pur nei canti a Te e a
me più cari.

Bordighera, maggio.

31
Nuvole scure velavano il sole;
in tempesta era il mare: e si frangean,
fremendo, i flutti contro i bruni scogli.
Ma il breve fiume susurrava appena,
scorrendo a la sua foce.

Era un lamento, o un pio sospir di pace?

Nel fremere de’ flutti si perdeano


l’onde tranquille, ad una ad una, piano.

Ed io rividi, Mamma, il Tuo supremo


sereno sguardo, allor che Ti volgesti
verso l’alto mister de l’infinito,
ch’è fonte a noi d’ ogni più pura luce,
e, forse, immoto – nel profondo – sta.

Mamma, sol per l’estremo Tuo sorriso


in me il timor fu vinto de la morte!

Ripensando a Ventimiglia, dove il Roja


entra nel mare.
Bordighera, maggio.

32
A piè d’un colle felice d’eterna
primavera, lontan da l’onde azzurre,
cupi i cipressi s’alzano oltre il grigio
muro che cinge de’ sepolcri il sonno.
Al mar non guarda il cimitero triste;
è in sé raccolto: per pietade o sdegno
de la vita che intorno ride e canta?

Io non so, Mamma cara... Ma ripenso


al camposanto «piccolo ed austero»
di Salò, che sul colle ascende e al lago
si volge mite, oltre il bruno cancello
solo accennante al limite e al mistero.

E, pe ’l riposo Tuo, sogno un rifugio


ove l’anima mia accoglier possa
de l’eterno la voce, che lo strazio
vinca con una fede alta e serena.

33
Ma, in questo mio vagare senza pace,
io non sento che l’eco dolorosa
d’un pianto inconsolabile.

Guardando il Cimitero di Bordighera e pensando al


desiderato luogo del Tuo e del nostro ultimo sonno, presso il lago,
di fronte al bel monumento che nel bronzo eterna il sacrificio
eroico e l’umana pietà.

Bordighera, maggio.

34
Ormai, o Mamma,
de la mia vita io vedo chiaro il simbolo
nel ramo che si piega triste al suolo,
s’avvince stretto a le radici prime
che nel buio s’affondano tenaci,
e... solo in lor rivive

A Genova; ripensando al grande albero contemplato


nel «Giardino del Vallone» presso Bordighera, verso il
tramonto del 22 maggio.

35
In un rifugio di silenzio e d’ombra,
al finir de l’agosto

36
Gran pace giù nel bosco. Trilli rapidi
d’uccelli salutanti il nuovo sole,
e lieve mormorar d’acque scorrenti
tra sassi ed erbe... Ma uno strano brivido
corre lassù pe’ forti abeti, e scende
– quasi una voce di lamento – al cuore.

Una spietata scure al suolo abbatte


giovani rami e saldi tronchi annosi.

Non lontano, domani,


piante novelle cresceran vivaci,
ed uno stesso muschio coprirà
i duri massi e gli straziati ceppi.

Tutto e sempre così – senz’alcun fine?

37
In quest’accesa gloria di sole alto
su le montagne, liete di foreste,
d’acque, di prati e di fecondi campi,
ancor più grave il ricordo m’opprime
d’ogni Tua notte senza pace, o Mamma,
da quando Ti parea sentir la voce
d’Ugo, che Te chiamasse nel supremo
istante!

Or tutto è tènebra e tristezza fonda,


pur se trionfi il sol nel chiaro cielo;
poi che io non so se a Te fu pace, o Mamma,
ne l’alta notte, che a me è tormento
senza speranza di sollievo alcuno.

38
Le guglie ardite s’accendono al sole
che tramonta sereno: e la foresta
freme e sorride ne l’incanto d’oro.

Men fosca appare la grigia rovina


del turrito Castello, ove d’amore
cantò e in alti pensieri s’immerse
il sire, che al suo sonno estremo elesse
la gran quïete d’un remoto chiostro.
E il suono pio de l’«Ave» benedice
pur questi monti che l’ultima guerra
non videro e non sanno il sacro pegno
dei cimiteri degli umili eroi.

Nel cuore mio, men triste risorge ora


la visïon di tumuli e di croci.

Ma, da un legno lì presso, tetro curvasi


un disumano volto del Figliolo
de l’uomo: e vinta è da l’orrore atroce
la soave pietà che il sol cadente
ispira...

39
E cupa scende ormai a me la notte,
che senza fine temo.

A Siusi,
presso le rovine del Castello che fu la dimora di
Osvaldo di Wolkenstein, poeta ed eroe.

40
...e in riva al lago che a Te fu sì caro

41
In riva al lago che a Te fu sì caro,
tra le pie luci del morente autunno,
tutta rivissi la Tua pena, o Mamma!
Io risentiva nel mio pianto l’eco
del Tuo lamento, ma turbar pareami
– col mio vivo respiro – il sonno Tuo,
profondo e senza fine.

E pur su me invocai l’eterna notte.

Forse al Nulla – così – ogni dolore


anela ed ogni vita?

A Garda, la sera del 7 novembre.

42
Ne la tacita notte senza stelle,
pur su l’animo mio pesava triste
la fitta nebbia che incombea sul lago.

Io non vedevo che una via deserta:


io non udivo che il mio passo stanco,
e non sentivo che repressi pianti.

Ma quando al ciel levai lo sguardo, o Mamma,


dissolta era la nebbia, e risplendevano
alte le stelle.

Sola non sono più nel mio cammino:


ancor l’anima sua gentile effonde
Gasparo da Salò «in armonie
pensose»; ed al soave incanto in me
rivive il Vostro fremito per l’arte
divina che l’oblio dona ai mortali.

43
Su queste rive, dove l’ore vostre
più serene passaste e cui tendeste
sempre come ad asilo di sicura
pace, io Vi piango con più dolce pianto.

Forse erra qui – placato – il vostro spirito?

Salò, 9 dicembre.

44
Le stelle pie Ti ridonino a me
almeno in sogno, o Mamma!

45

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