STORIA MEDIEVALE
PARTE MONOGRAFICA
SAN NICOLA DI MYA TRA SANTITÀ E INTERCESSIONE- IL TRASPORTO MISERICORDIOSO DEL SANTO
TRAUMATURGO PER ECCELLENZA
AUTORE: Attilio Vaccaro
PREFAZIONE: Mons. Donato Oliverio (eparca di Lungro)
PRESENTAZIONE: Gioacchino Strano
INTRODUZIONE
San Nicola nacque il 6 dicembre 270 d.C. A Patara (in Turchia) da una famiglia benestante e devota e morì
nel 343. Visse al tempo di Costantino I detto il Grande. È commemorato due volte nel martirologio romano
(elenco dei santi occidentali):
6 dicembre, in ricordo della sua nascita
9 maggio, in ricordo dell’avvenimento della traslazione delle spoglie del santo da Myra a Bari.
L’episodio risale al 1087, anno in cui dei mercanti baresi giunsero ad Antiochia per commerciare e in
47 decidono di prelevare le ossa del santo, custodite nel monastero e trasportale a Bari, dove
vennero conservate prima nel monastero di San Benedetto e poi nel nuovo santuario ad egli
dedicato. Inoltre, venne proclamato protettore della città al posto di San Sabino.
Fu proclamato Santo perché compì in vita diversi miracoli (Praxis de tribus filiabus, Praxis de Stratelatis)
È ritenuto un taumaturgo perché compì miracoli di guarigione attraverso il myron (per questo motivo
mirovlita), liquido oleoso e profumato dei suoi resti ossei. Attraverso le sue opere si è costituito strumento
del Signore per interagire con gli uomini e per questo intercessore.
STUDIO INRODUTTIVO - RACCONTI AGIOGRAFICI DI UN’ANTICA VENERAZIONE (PARAGRAFO 1)
Nel 2005 Francesco Introna e la sua equipe dell’istituto di medicina del policlinico di Bari elaborò la
ricostruzione del volto di San Nicola attraverso la tecnologia CAD-CAM sulla base di una ricognizione
atomica dei resti eseguita da Luigi Martino nel 1953.
Dall’Alto Medioevo si diffusero diversi testi agiografici e testimonianze riguardo i miracoli destinati a
divulgare il culto dei santi ed attirare la visita dei devoti presso i santuari in cui erano presenti le reliquie. Il
racconto della vita di San Nicola ha inizio dalla fonte “Vita per Michaelem” del monaco Michele
Archimandrita (VIII-IX secolo) e da due manoscritti attribuiti a San Metodio I il Confessore (IX secolo),
patriarca di Costantinopoli. Probabilmente una prima fonte fu un’anonima “Vita” di San Nicola composta
da un unico capitolo in cui è riportata la vicenda dei militari, Praxis de Stratelatis.
Altre testimonianze ci arrivano da Simeone Metafraste (monaco e agiografo bizantino del X sec.) Jacopo da
Varagine (frate domenicano del XII sec.), da Beatillo (gesuita del XVI-XVII sec.) e dalFalcone. Oltre alle fonti
scritte, vi sono anche fonti materiali e in particolare iconografiche che riprendono una precisa tradizione
collegata al Mirovlita, nel monastero di Santa Caterina presso il Sinai, a Creta, a Cipro, in Russia, in Albania,
in Grecia (di cui è patrono), nella cultura arbreshe calabrese.
Praxis de stratelatis (vicenda dei militari): san Nicola salvò tre innocenti dall'esecuzione fuori le mura di
Mira e tre generali, che assistettero all'evento, chiesero a Nicola di fare altrettanto quando si trovarono ad
affrontare la morte a Costantinopoli, accusati di tradimento dall'eparca della città
Praxis de tribus filiabus (vicenda delle tre fanciulle): Nicola intervenne per salvare tre fanciulle dalla
prostituzione gettando borse d'oro per la loro dote nella casa del padre. L’episodio è riportato da diversi
agiografi:
- Michele Archimandrita espone la vita di San Nicola come quella di una persona normale dotata di
umiltà che divenne vescovo di Myra.
- Per Metodio …
- Per Simeone Metafraste …
- Per Beatillo …
PARAGRAFO 3: Nicola “schiaffeggia” Ario
Durante il concilio di Nicea nel 325, il Mirovlita, difensore della retta dottrina, si oppose fermamente
all’eresia tanto da schiaffeggiare Ario. L’evento è riportato nelle agiografie ed divenne oggetto di dibattito a
partire dal VI secolo. Sebbene il suo nome non risulti negli elenchi dei 318 padri conciliari partecipanti al
concilio, c’è ragione di credere che Nicola fosse presente, considerando la vicinanza di Myra al luogo in cui
si svolse il concilio e alle testimonianze del Metafraste e del Beatillo. Quest’ultimo riporta l’episodio dello
schiaffo descrivendolo come una reazione alla promulgazione dell’eresia. Tuttavia, la scena potrebbe
essere stata esaltata dalla tradizione intendendo che la ferma opposizione di San Nicola sia stata esercitata
attraverso un gesto violento.
PARAGRAFO 4: Muore Nicolò santissima amente.
Anche la morte del santo ha qualcosa di miracoloso: il bacio della pace. Ciò è riportato dal Beatillo
riferendosi a Michele Archimandrita. Un ramoscello d’ulivo sepolto insieme al patriarca non risultava secco
al momento della traslazione barese, anzi sviluppò nuove foglie. Il Myron prodotto dalle sue ossa divenne
già noto in seguito alla sua sepoltura.
PARAGRAFO 5: la traslazione delle reliquie
Le spoglie del santo furono custodite fin dal principio a Myra, nonostante il pericolo di possibili incursioni
arabe. Non furono custodite neanche a Costantinopoli ma in un monastero locale. Nel 1087 avvenne la
nota trafugata delle spoglie del Santo da parte dei marinai baresi. Anche genovesi e veneziani tentarono di
impadronirsi delle reliquie è proprio questi ultimi trafugarono e trasportarono a Venezia le spoglie di un
altro santo: San Nicola di Sion.
I marinai baresi, fatto ritorno in patria il 9 maggio 1087, consegnarono le reliquie nelle mani dei normanni
che governavano al tempo la città. Il potere era diviso tra Boemondo I d’Altavilla e Ruggero Borsa. Le ossa
furono custodite in principio nel monastero di San Benedetto e poi all’interno di un nuovo santuario eretto
in nome di San Nicola, che divenne patrono della città. Al 1175 risale una pergamena in cui gli eredi dei
marinai baresi che traslarono le reliquie rinunciarono ad una parte delle entrate che gli spettavano ogni
anno nel periodo della festa patronale.
PARAGRAFO6
I veneziani, che avevano già eretto un santuario in onore di San Nicola (San Nicolò al
Lido), gareggiarono con i baresi per l’acquisizione delle reliquie di Nicola, ma furono
beffati. I mercanti veneziani giunsero all’antica basilica di Myra e chiesero ai monaci
dove fossero custodite le reliquie già trafugate dai baresi (ancora una volta i monaci
furono minacciati). Scavando sotto l’altare 5 casse delle quali due piene di reliquie di
Santi: Teodoro martire, l’altra lo zio di San Nicola. I veneziani furono felici del
ritrovamento ma alcuni di loro perlustrarono la chiesa e guidati da un profumo si
dirigono presso un tripode. I monaci per non essere uccisi dai veneziani avevano
indicato il luogo dove c’era lo zio di San Nicola, e non fidandosi continuarono a
cercare. I veneziani rubarono un contenitore dove c’era una terza cassa dove vi erano
le spoglie di San Nicola, nascoste dai monaci per le varie invasione e per le ruberie
delle reliquie dei santi. Falcone altro studioso di San Nicola disse che i marinai
ritrovarono un’iscrizione che diceva che lì riposava il santo
Controversi sono gli studi delle reliquie di San Nicola a Venezia. Dopo l’indagine di
Martino sulle reliquie a Bari, ne fece un’altra sui resti contenuti in tre cassette. Il
risultato riscontra dei frammenti di San Teodoro martire e dello zio di San Nicola.
Tuttavia, facendo una ricognizione delle ossa disse che qui c’erano anche dei resti di
San Nicola rifacendosi al racconto di Paolo Diacono, che dice che erano state
frantumate dai baresi.
Il Beatillo dice che ci sono diverse opinioni sulle traslazioni dei resti del santo.
Iniziarono nel VI secolo ma importanti soprattutto X-XI secolo agiografi bizantini
perché riportano proprio le testimonianze dei marinai
CAPITOLO 1 LE ICONI SU SAN NICOLA
Elena d’Angio, figlia di boldivino, inoltre aveva fondato intorno al 1275 il monastero
femminile dedicato alla thetokos sotto la protezione del signore.La gestione del potere
di suo figlio MIlutin era fondata su un’idea di sovranità dispotica , di guida essenziale
militare.
La politica di espansione verso altri territori portarono Uros II a invadere la Macedonia
bizantina fino a occupare Ohrid e Skopje. La stessa sorta toccò al nord dell’Albania
fino alla città di Croia.
Dal 1296 si concentrò sul consolidamento del regno. Egli sposò la principessa
bizantina Simonida legandosi all’ impero. Stefano III Decanski (dal nome del
monastero in cui è sepolto), figlio del MIlutin Stefano Uros II combattè contro il padre
che si era riappacificato con il fratello Dragusin e che. Voleva come erede il nipote
Vlatislav. Decanski venne sconfitto e accecato dai sicari del padre e inviato in esilio in
un monastero a Costantinopoli. Decanski nella notte in cui avvenne l’accecamento
sognò San Nicola che gli promise la guarigione nell’arco di 5 anni. Secondo il Bacci,
Stefano Decanski non venne completamente accecato.
Tuttavia, egli donò un’icona dedicata a San Nicola in cui è rappresentato con
polofolion e …
ICONOGRAFIA SU SAN NICOLA NELLA CALABRIA CATTOLICA
Cattolica di Stilo: pittura muraria, frammentaria, che ritrae San Nicola nella tipica iconografia
vescovile (“omophorion” bizantino bianco con croci greche nere e un “phelonion” rosso)
SAN NICOLA DEI GRECI A SCALEA: affresco restaurato dopo un secolo e rappresentato su due strati.
Posizionato nella navata centrale, presenta cinque figure tra cui San Nicola, San Giovanni
Crisostomo e San Basilio. Il Mirovlita è posto al centro della Chiesetta e poggia le spalle su un trono.
Esso è rappresentato nello stesso modo della raffigurazione di Stilo. Nella stessa chiesa sulla parete
meridionale, il santo è rappresentato insieme a Sant’Eustachio
SAN NICOLA IN PLATEIS A SCALEA: Tra gli affreschi a sinistra si trova San Leonardo Noblac e San
Nicola con gli abiti vescovili occidentali perché l’opera è risalente al XVI secolo) con la mitra e il
bastone di legno arricciato. Inoltre, qui si trova un’opera dedicata al vice-ammiraglio angioino
Adamaro Romano, regio consigliere di Roberto d’Angiò. Ad egli fu assegnato lo “ius patronatus”
della Chiesa di Scalea di San Nicola in Plateis. Il titolo concessogli prevedeva l’incasso delle decime
ecclesiastiche. Nel 1567 la Chiesa divenne ufficialmente arcipretuta.
CAPITOLO 3: CHIESA CATTEDRALE E MUSEO DIOCESANO D’ARTE SACRA DI LUNGRO
Lungro è sede di una delle due eparchie in Italia (diocesi italo-albanesi). L’altra è situata a Piana degli
Albanesi in Sicilia. Quella di Lungro fu fondata nel 1919 da Benedetto XV. Essa è di rito bizantino, ma
soggetta giuridicamente alla Santa Sede. La storia della cultura arbresh affonda le proprie radici nelle
migrazioni del XV secolo quando i Turchi, alla morte di Scandenberg, invasero l’Albania. La popolazione
migrò verso l’Italiaà.