I Misteri di Santa Cristina 7
di Bolsena di Quirino Galli
L
a parola “Mistero” nell’ambito dell’esperienza religiosa drammaturgico, era di per sé l’esito di una evoluzione che, dopo
dell’uomo designa una verità che è dinanzi e al disopra il Dramma liturgico creato e realizzato dal clero, aveva avuto
di chi con esso entra in contatto1. A partire dal XIV inizio con la Lauda lirica e drammatica, della quale erainterprete
secolo, in Francia, in Inghilterra, in Germania, con il popolo2.
Mistero venivano indicate composizioni drammaturgiche E fu il popolo, nonostante alcune Sacre rappresentazioni
attraverso le quali si narravano episodi del Nuovo testamento, portassero il nome del poeta autore del testo, che divenne il
o della vita di un santo che avevano il valore e il senso della depositario, il conservatore di quella forma di venerazione
attuazione di un rito. In Italia quelle manifestazioni della del soprannaturale. E ciò avvenne là dove il soggetto della sua
religiosità popolare presero la denominazione di “Sacre narrazione era profondamente legato alla tradizione popolare,
rappresentazioni”, pur conservando assai frequentemente come a Bolsena dove il culto per Santa Cristina era da tempi
all’interno del Prologo, il riferimento a “Mistero”. Con il passare remoti uno dei motivi di coesione dell’intera comunità. Fonte
degli anni, pur se collocate all’interno del volgersi dell’anno di questo culto è la narrazione che della vita di Santa Cristina
secondo una cadenza calendariale, esse vennero sempre più compose Jacopo da Varagine (Varazze) sul finire del XIII secolo3.
acquisendo un’impronta letteraria, un interesse per altri fattori In quelle carte, raccogliendo le narrazioni che provenivano dalle
costruttivi, come quelli scenografici, volendo con ciò evidenziare varie Passio, e dalla tradizione orale depositata in un millennio
il fatto che alla parola bisogna affiancare anche l’immagine; di storia cristiana, egli dava conto dei martìri ai quali era stata
del resto, la Sacra rappresentazione, dal punto di vista sottoposta la giovane Cristina e che ai nostri giorni, sotto
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forma di Quadri viventi, riappaiono a Bolsena il 23 e 24 luglio,
ricorrendo il dì del transito della martire ad altra vita. I martiri
segnati dal vescovo di Varagine sono:
1. È bastonata e poi, incatenata, posta in prigione.
2. È straziata con uncini di ferro.
3. È sottoposta al tormento della ruota, ma il fuoco che è
stato acceso attorno a lei divampa e investe gli astanti,
uccidendoli.
4. È gettata nel mare con una pietra al collo, ma riemerge
ad opera degli angeli. Discende Cristo che la battezza
e l’Arcangelo Michele la riporta a terra. Dopo questo
salvataggio, il padre muore.
5. È immersa in una caldaia di olio bollente resina e pece, ma
resta incolume.
6. Denudata e con il capo rasato, è condotta in un tempio,
dinanzi alla statua di Apollo, ma qui ella con il solo sguardo
riesce a ridurre la statua in frammenti. A questa notizia,
anche il successore del padre muore.
7. È messa all’interno di una fornace, dove rimane, assistita
dagli angeli per cinque giorni.
8. Le sono gettati addosso dei serpenti, che, invece di morderla,
la onorano e si rivoltano contro l’incantatore, procurandogli
la morte; ed è Cristina a riportarlo alla vita.
9. Le sono strappati i seni, ma dalla lacerazione della carne,
1 invece del sangue esce latte.
10. Le tagliano la lingua, ma ella non perde la facoltà di parlare,
anzi getta la parte tagliata sugli occhi del tiranno che perde
la vista.
11. Muore trafitta da due frecce.
Fig 1 - Jacobus de Tutti questi martìri diventeranno motivi narrativi nella
Voragine
drammaturgia, e soggetti degli attuali quadri plastici, che,
(Jacopo da Varagine),
Legenda Aurea. conservando l’antica denominazione, sono detti “Misteri”.
Fribourg, Kantons- L’opera drammaturgica più remota, che ha per argomento
und sitätsbibliothek, i martìri della giovane, è una Sacra rappresentazione che il
Ms. L 34, pergamena,
D’Ancona colloca nel XV secolo e che oggi è possibile leggere per
375 ff, sec. XIV.
l’encomiabile ricerca di filologi tedeschi.
Fig 7 - Raffaello Nella seconda metà del Cinquecento, ed esattamente nel 1568, a
Sanzio, Il miracolo Firenze è ristampata una sacra rappresentazione di anonimo, il
di Bolsena. Città del cui titolo è Rappresentazione di Santa Cristina Vergine e martire,
Vaticano, Palazzi
Apostolici, Stanza di la cui prima edizione poteva essere quella che il D’Ancona
Eliodoro, affresco su riporta al secolo precedente4. È un’opera di settecentoquattro
muro, 1512. versi che appartiene alla letteratura popolare sia per la
costruzione della vicenda, sia per l’impiego dell’ottava rima, che
conferisce alla composizione un andamento epico proprio delle
narrazioni d’argomento storico5.
1 Cfr. Grande dizionario della lingua italiana, 4 Anonimo, La rappresentazione di Santa Cri- cantari cavallereschi. Si è conservata così come
a cura di Salvatore Battaglia, Torino 1978. Dal stina vergine e martire, in Erhard Lommatzsch, era all'origine: otto endecasillabi dei quali i primi
punto di vista antropologico di fondamentale Beiträge zur älteren italienischen volksdictung. sei a rima alternata e gli ultimi due a rima ba-
interesse è Rudolf Otto, Il sacro, Milano 1992. Untersuchungen und texte, Berlin, Akade- ciata, tra poesia e cantilena. Suoi autori furono
2 Cfr. A. D’Ancona, Origini del teatro italiano, mie-Verlag, 1959, band IV, I. teil, pp. 161-181. anche i giullari e i trovatori, mentre il suo mo-
Roma 1971, prima edizione 1891, Volume I, Libro 5 L'ottava rima è una forma strofica che at- mento di maggiore ispirazione fu rappresentato
secondo, pp. 369-665. traversa tutta la storia della letteratura italiana dai poemi cavallereschi del ’400 e del ’500 che
3 Jacopo da Varagine, La leggenda aurea, e la cui origine appare divisa tra una matrice diventarono modelli e fonti della stessa lirica po-
Firenze 1990, 2 voll., in particolare vol. I, pp. letteraria e una popolare. Apparve per la prima polare perché diffusi attraverso la stampa. Ma se
407-410. Jacopo da Varagine nacque nel 1228, volta in due opere del Boccaccio, Filostrato e l'epica cavalleresca, alla fine del XVI secolo, ebbe
domenicano, fu vescovo di Genova; scrisse la sua Teseida, ma forse era preesistente alle stesse. il suo declino, l'ottava rima popolaresca soprav-
opera circa dal 1260 alla sua morte avvenuta nel Essa si rivelò particolarmente efficace nelle visse, resistendo tanto alla Riforma, quanto alla
1298. composizioni di carattere epico-narrativo dei Controriforma, che scelsero di contrastare tutto
I Misteri di Santa Cristina da Bolsena 31
Il breve Prologo, una sola strofa, contiene quella parola E quando con uncini le tormentano il corpo:
“misterio” che non solo fa ipotizzare una sua collocazione nel XV
secolo, ma mostra come essa si sia mantenuta viva e vitale nella El Boia, legandola alla colonna, dice:
tradizione locale giunta fino ai nostri giorni. Tu vedrai degli Dei hora vendetta;
più non gli sbefferrà la maladetta.
L’angelo annuntia: Et cominciògli a graffiare el petto, e Christina, levati gl’ occhi al
A Laude sia del trionfante Imperio cielo, dice:
che regge el buon Iesù per pellicano6, Giesù, Giesù, o vergine Maria,
vittoria presti a noi del bel misterio fammi nella tua fé sempre star’ forte,
che far dinanzi a te, popol’, vogliano! come facesti tu, madonna pia,
Però sta attento e con buon desiderio, quando vedesti el tuo figliolo a morte!(vv. 391-396)
divoto in oratione ista humano,
e vederai di Christina el martirio, Ed essendo fallito l’intento dei carnefici, perché ella resta ferma
Che Vergine n'andò nel cielo empireo. nella sua fede, è condannata ad essere immersa in una
caldaia d’acqua bollente.
In quest’opera la giovane Cristina passa, pur con qualche
variante, attraverso gli stessi martìri indicati da Jacopo da Havendo ordinato il martirio, el boia dice, mettendola nella
Varagine; ma, secondo quanto tramandava il vescovo di Varazze, caldaia:
prima di iniziare il suo percorso di sofferenze, ella vive con Entra, purga, trista, te, scioccherella!
serenità la sua appartenenza alla religione pagana, mentre il io so che qui lascerai la favella.
padre, frattanto, le cerca un marito. È soltanto al verso 234 che Christina, mentre che fanno el foco, dice, con gli occhi levati al
le appare un Angelo, il quale la esorta ad abbracciare la fede in cielo:
Cristo. La successione dei martìri è la stessa, ma, in virtù di una O Iesù, sir de tutto l’universo,
dimensione drammaturgica, in questo testo il martirio si risolve libera me, come già liberasti
in una immagine conclusa in se stessa e che per questo reca in Iosepho da’ fratei, Christo eternale!
sé il richiamo ad altri insiemi di simboli e di significati. La prima E Moisè ancora tu aiutasti,
immagine è quella nella quale Cristina dà seguito alla distruzione ad Aron tu mostrasti gran segnale,
degli idoli. Susanna e poi Iudetta conservasti.
Non potrei dir’, Signor’, tanti tuo’ doni,
Non far’, non far’, omè, non far’, Christina, priegoti ch’oggi me non m’abbandoni (vv. 407-416).
Tu guasti gli Dei nostri, pazzerella!
Ah, forse tu non pensi, cervellina, Il fuoco si diffonde e si appiglia a più di mille persone. Il martirio
che non sappi tuo padre la novella. successivo è quello nel quale Cristina è gettata nelle acque
del fiume ed è l’episodio centrale nel percorso spirituale della
Christina risponde e dice: giovane, perché per essa significa il battesimo.
I’ vo’ per loro haver’ gloria divina,
che buon’ per voi, se conoscessi quella! Giunti al fiume, el Boia gli lega una macine alla gola, e Christina
Venite meco a pigliare el battesimo, dice:
lassate il falso Giove e’l paganesimo!(vv. 265-272) I’ prego el mio Iesù, mi faccia forte,
chè del battesmo non ho havuto segno!
E la conseguenza è la bastonatura della giovane: El Boia la getta nel fiume, e dice:
Hor va pur giù, hor finiran’ tue sorte!
El Boia havendola legata, col bastone in mano il suo compagno Ve’, che l’è morta, Giove, signor’ degno,
dice a Christina: chè se’ valuto più che mille Christi!
Ecco il bastone! i’ ti farò disdire. Come god’io, quand’io ho man’ su i tristi!
Et dandogli, Christina dice pietosamente: Partiti, San Michelangelo la cava dell’ acqua, e Iesù Christo gli
Soccorri la tua serva, o alto Sire! dice:
Et di subito i manigoldi cascorono adormentati, e Christina I’ son, Christina, el tuo Iesù, che chiami,
al padre dice: che mai non t’ho et harò abbandonato.
Chiama, tiranno, il tuo Giove bugiardo, I’ ti battezzo, dapo’che lo brami,
che die soccorso a questa tua brigata! nel nome del mio padre; t’ha donato
Non ti indugiare a ravederti al tardo!(vv. 311-315) la gloria eterna, la qual so che ami,
e Iesù Christo, che t’ha battezzato,
ciò che apparteneva a una cultura carnevalesca nell'anonimato popolare, tramandando fino ad cinquante-sept figures gravées sur bois par
per prediligere una cultura quaresimale. Per- oggi la sua forma attraverso i "poeti a braccio". l’auter, Milano, Arché, 1940, pp. 559-565. E
tanto, così come il poema cavalleresco venne ad 6 Nell’iconografia medioevale “il pellicano” Dante: “Questi è colui che giacque sopra ‘l petto
assumere il valore della teorizzazione dell'eclissi è il simbolo di Gesù Cristo. Cfr. L. Charbon- / del nostro pellicano, e questi fue / di su la croce
della immaginazione, l'ottava rima si nascose neau-Lassay, Le Bestiaire du Christ. Mille cent al grande officio eletto” (Paradiso, XXV, vv.112-
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che son’ suo figlio di Spirito Santo; per concubina. La successione dei martìri è serrata. Ora Cristina
hara’ della mie gloria el regno santo. è posta nella fornace.
Michelangelo, alla Città n’andrai, El Re e la Regina ritornati in sedia, e lo Scalco, giunto alla fornace,
accompagnare la Vergine Christina! dice:
Entra qua drento, e voi, fate gran foco!
San Michelangelo risponde: Vedren’, se tu muterai o segno o faccia.
Sempre farò, quanto comanderai. Christina dice humilmente:
Vedi, Iesù, ch’io son’ condotta al loco
Christo dice a Christina: della mia fine, pur ch’ella a te piaccia!
A te rammento la gloria divina. Sentomi consolare a poco a poco,
per la dolcezza ’l cuor quasi s’addiaccia.
Christina dice: O fé ignorante de’ pagan’ cattivi,
E tu, Signor’, non m’abbandonerai ch’adorate e’ mortali, e non e’ vivi!(vv. 513-520)
colla tua sì perfetta medicina.
E, quindi, segue il tentativo, ordinato dal nuovo successore, di
San Michelangelo dice a Christina, sparito Christo: suppliziare la giovane con il morso dei serpenti.
Andian’, chè nanzi che giugniamo in corte,
Urban, tuo padre, harà havuto la morte! (vv. 427-448) Essendo ginocchioni la martire e vergine Christina, dua serpenti
grandi stretti8 dallo incanto giunti, leccando Christina, quasi
Il padre muore e un diavolo porta la sua anima all’inferno. adorandola, Iuliano con superbia a Gratone dice:
Nominato il nuovo re, segue un nuovo martirio, durante il quale Che no ne stringi tu più gl’animali?
sembra configurarsi la conversione del boia: Ve’, che l’adoron’ come noi li Dei!
Mago non sei, contra lei nulla vali.
El Re dice, minacciandola:
I’ la farò ben mutar’ ne’ sembianti Gratone, rivoltando i libri, dice:
con un martirio che la carne isdruce: Et io gli strignerò co’ libri mei.
trovate pece et olio e trementina,
nella chuna struggete la Christina! Et tanto gli strinse che allui si rivolsono, e, mordendolo, cascò
Lo Scalco dice al Boia: dicendo:
Seguita quel ch’a detto la Corona! Deh, soccorrete i membri corporali,
El Boia dice: o Trivigante, miserere mei!
I’ stupisco a guatare lo svelto collo,
e non è maculata suo persona; Et passò di questa vita el detto incantatore, e Christina dice:
onde per questo di pensar’ m’immollo, Tornate, fiere, nelle vostre selve,
el dolor grande già tutto m’introna. benché voi siate ancor qui colle belve!
Non credo a Giove più e manco Apollo;
per Dio, ch’i’ vo’ lassar’ l’arte del boia, Et inginocchiata, orando dice, partiti e’ serpenti, sopra el corpo
chi può far’ questo che costei non moia. morto:
O superno Iesù, poi che volesti
Et ordinato la culla del ferro, et entrovi le sopradette cose, ve la creare el mondo e l’huomo a te simile,
mettono drento, sotto el fuoco, e, cullando, la Christina orando poi per salvarlo tu morte volesti,
dice: però sie hora, sì come allotta9, humile!
O sommo et alto Dio del christianesmo, Se mai a’ servi tua gratie ce desti,
non contentar’ ancor questo pagano! contenta hoggi chi segue el loro stile:
Da l’hora in qua che mi desti’l battesmo, fa’ costui vivo, e poi de’ tuo’ christiani,
son’ riscaldato da te, pellicano7. e mostra la tua forza hoggi a’ pagani!(vv. 569-584)
Quando ristorerò te un millesmo
di tante gratie, Signor’ mio humano? I serpenti hanno aggredito l’incantatore dandogli la morte, ma
I’ son parata a far’ quanto mi mostri, Cristina lo riporta in vita; e, a differenza degli altri testi, egli
perché m’elegga ne’ tuo’ santi chiostri (477-496). riceve il battesimo, prima di essere decapitato.
Ora a Cristina sono tagliate le mammelle, ma dalle ferite non
Il boia, colto da qualche dubbio, chiede al re di avere la giovane sgorga latte, come attestato da Jacopo da Varagine.
114); “colui” è Giovanni che, durante “l’ultima se stesso per salvare l’umanità, è accostato al stesso nel momento in cui nutre i suoi piccoli.
cena, si addormentò, appoggiando il capo sul presunto sacrificio del pellicano, che ferisce se 8 stretti: costretti.
petto di Gesù. 9 allotta: antico alla ora, allora.
7 Ritorna l’appellativo di “pellicano”, perché
il sacrificio di Cristo, con il quale egli ha donato
I Misteri di Santa Cristina da Bolsena 33
Fig 2 - Jacobus de Voragine
(Jacopo da Varagine), Legenda Aurea sive
lombardica. Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex
629 (258), pergamena, 282 ff, 1288
Iuliano, volto a’ carnefici, dice:
Levateli dal petto le mammelle,
ch’i’ son’ del suo parlar già tutto stracco!
El Boia dice, legandola alla colonna:
Le forze sopra allei m’adoppion quelle,
a petto a me nulla varrebbe Cacco10.
Grachiera’, cervellina, se potrai,
hor che questo tagliar’ tu sentirai!
Et co’ rasoi le spicca le poppe, e lei orando dice:
Iesù, Iesù, misericordia, scampo,
aita, aita tua serva fedele,
lieva da me quel tiranno da campo,
mandami aiuto per l’Angel Michele,
po’ che costui verso me mena vampo!11
Ohimè, ch’i’ ho già preso (l. perso) le loquele!
tiranno, è satio el famelico gusto?
Riapri gl’occhi, corri a Iesù giusto! (643-656)
Segue il taglio della lingua.
Et tagliatoli le poppe, el Re dice: 2
Fate che la sua lingua gli sia tratta,
acciò ch’ella non possa più cantare! esaudisci el suo g[i]usto oratione! (673-680)
La sua dimanda mi par’ che sia fatta
da Christo e de lo’nferno governare. Non vi sono elementi per affermare che questo testo appartenga
Ma come ha tanta forza questa matta all’area culturale del lago di Bolsena; tuttavia, ad una prima
ch’ella lo faccia a suo modo voltare? osservazione sulle caratteristiche della sua lingua risulta
E debb’esser secondo Belzebù con chiarezza che si colloca in quell’area che va da Firenze
quel diavol’ Christo, ch’a tanta virtù. alle contrade a nord del suddetto lago. Questo testo, per la
sua appartenenza alla cultura popolare, era senza dubbio
Cavatoli e’ carnefici la lingua, Christina dice: destinato a fondare la tradizione, a restare vivo all’interno della
Sei tu contento, tiranno? hora che vuoi? comunità, perlomeno fino a quando le mutazioni oggettive del
To’, mangia quella, o can’ disperato! paesaggio culturale lo renderanno estraneo al sistema della
Deh, torna a Iesù Christo, hor che tu puo[i], comunicazione, o lo adatteranno a nuove esigenze. In effetti,
e di’ tua colpa d’ogni tuo peccato! (vv. 657-668) la scrittura e la rappresentazione di soggetti d’argomento
religioso in ottava rima andò progressivamente declinando; e
Ma poiché Cristina continua a parlare: a vanificarsi fu prima di ogni altro fattore il canto12. In questo
processo evolutivo agivano tre fattori. In primo luogo ci fu, a
El superbo tiranno li corse adosso con una saetta, e di sua man’ gli partire dalla seconda metà del XVI secolo, il diffuso tendere
passò il el cuore, e dice: verso una realtà fisica dell’edificio teatrale, che escludeva gli
Chiedi soccorso alli diavoli tuoi! spazi urbani come sede di spettacolo, che unificava nell’unità
Ve’ che mi son’ sopra te vendicato, del palcoscenico la molteplicità dei “luoghi deputati” della
ve’ ch’o havuto più forza oggi che Christo; Sacra rappresentazione. In secondo luogo ci fu la severa
guarda, se Giove è buono e lui è tristo! (vv. 669-672) condanna da parte delle gerarchie ecclesiastiche, attraverso i
Decreti del Concilio di Trento e dei Sinodi provinciali, di tutte
Caduta in terra, la vergine dice: quelle manifestazioni che potevano volgarizzare la devozione
L’anima mia, Iesù, ti raccomando, verso il sovrannaturale, e la rappresentazione in ottava rima
po’ che’l lascivo mondo l’a creata, era una di queste. In terzo luogo, se i generi avevano una loro
et hor contenta sono haverne bando, individuazione, tragico, comico, pastorale, le composizioni
po’ che, Iesù, tu m’hai ricomperata. d’argomento religioso o rimanevano ai margini della vita
Quel che mi desti, Signor’, ti rimando culturale, come manifestazione del culto, o ricalcavano in tutto
e raccomando a te, chi ha gustata la costruzione del teatro profano, ovviamente della tragedia.
la pena e’1 mio martirio e passione; E, dopo il canto anche la scenografia mutò. Si operò come se si
10 Cacco per ragioni di rima. Caco nella mitolo- 11 mena vampo: infuria, si accanisce. Pulci: con nelle località di Filicaia, Gragnanella, Casatico
gia classica era un ladrone che si aggirava lungo la lancia menava gran vampo, Il Morgante, canta- vicino Lucca, soprattutto a Pasqua e a Nata-
il fiume Tevere e che fu ucciso da Ercole perchè a re 11, strofa 33. le; a Ronciglione, di quando in quando, per la
costui aveva rubato buoi e mucche. 12 Questo testo era cantato secondo quelle Giudiata, titolo improprio, dal momento che il
melodie che ancor ‘oggi si possono ascoltare suo soggetto è la storia di Giuseppe ebreo; a
34 Biblioteca & Società
trattasse di una opera classica, per cui disparve quella ampia ed Il padre di Tiria, con l’animo travolto da due forze contrastanti: il
armoniosa edificazione del palcoscenico quattrocentesco, che bene per sua figlia e il suo dovere di punire chi offende i simulacri
non ricercava illusioni ottiche, ma disvelava la finzione e, con una della religione di Stato, annuncia che giustizia è stata fatta: Tiria
certa ingenuità, non rinunciava alle azioni più crudeli, perché è stata gettata nel lago; per fermarne l’insanità, egli dice, non è
connotate da spargimenti di sangue e fiamme che invadevano stata sufficiente la prova della ruota. Segue il Servo che esterna
il palcoscenico, essendo sufficiente suggerire e, semmai, usare il suo sentimento verso la giovane e ciò che ella va affermando.
sagome e fantocci a cui tagliare la testa o appiccare il fuoco. L’angoscia trattiene il Coro che è ignaro della sorte di Tiria e
Nella costruzione della vicenda scenica fu, invece, determinante che dal servo apprende come ella è stata gettata nel lago con
per i colti drammaturghi post-rinascimentali il rispetto delle una grossa pietra al collo; ma in entrambi è viva la speranza che
tre unità aristoteliche, anche se, di fatto, l’unica che veniva si sia potuta liberare dalle acque, come ha saputo liberarsi dai
presa in considerazione era quella di luogo. Pertanto, veniva tormenti della ruota. Dunque nessuno sa quale sia stata la sorte
progressivamente a imporsi di necessità il nome di un poeta che di Tiria. Ma ora ella appare in scena, accompagnata dalla Nutrice.
doveva esprimere la sua soggettività, mentre la sua opera doveva
essere ricondotta al confronto con i principi della fede e con la Nudrice:
forma della tragedia classica. Lungi dal proprio ben,
Nel 1583 Alessandro Donzellini dava alle stampe la sua Tiria, quest’alma afflitta
tragedia spirituale, in verso sciolto. Le sue opere si collocano non sa trovar più loco
nell’ambito della migliore letteratura del tempo. Attento d’acquietar giamai
conoscitore del mondo classico, esercitò la professione di sue tanto amare tempre,
maestro di latino in varie città del Ducato di Castro, oltre a quella però ch’alto stupor m’opprime s’io
di notaio, per cui il suo verso, le sue immagini poetiche avevano penso a l’acerbo caso
pochi contatti con la letteratura popolaresca13. di tua morte infelice:
La ricostruzione che egli fa della vita e dei martiri sofferti da nè di vederti parmi,
Tiria, nata nella città di Tiro – non quella della Fenicia, ma quella così mia speme oppressa in tutto giacque,
etrusca, posta tra Grotte di Castro e Bolsena, è sorretta da quel che la fede sottrasse a gl’occhi miei;
profondo sentimento religioso che accompagnò tutta la sua qual timidetta fera,
esistenza e che si ripropone nella ri-creazione drammaturgica che ‘l Veltro habbia da presso
della spiritualità della giovane, una spiritualità necessaria per ne la campagna aperta;
affrontare le offese e i martiri a cui era sottoposta. Anche in indi un cespuglio o un tronco
quest’opera, come nella Sacra rappresentazione quattrocentesca, toltala dal periglio
le prove che Tiria deve affrontare sono quelle che Jacopo da dagl’inimici denti
Varagine aveva codificato. Tuttavia, nessuno degli episodi entra salva la renda, e dal feroce artiglio;
nel vivo di una azione agita, ognuno di essi è affidato al racconto ma non però si crede
di un personaggio. E come nella tragedia classica, l’azione nasce e libera gir, che non l’uccida o stracci
vive nel contrasto di alcune figure. l’unghia inimica o ‘l morso,
Figura scolpita con la incisività del carattere tragico è la Nutrice, tal’io, che fuor ti miro del periglio
maternamente turbata e tormentata dalla sorte della fanciulla, dal sì profondo lago,
e costantemente tesa a dissuaderla dalla sua tenace opposizione ti miro, e palpo, nè però mi credo
alla volontà paterna. Al solo scopo di evitarle altri crudeli salva goderti a la sembianza prima.
supplizi, ella è mossa da amore materno e non sa intendere cosa Deh dimmi figlia mia dove si serba
vi sia in quel grande e profondo amore per Cristo di cui le parla quella tua speme, e qual di tuoi tormenti
Tiria. figlia, condegno guiderdone aspetti?
Il modello è quello della tragedia classica; e lo conferma la
presenza e il ruolo del Coro, composto di giovani fanciulle, Tiria:
solidali con Tiria, ai cui versi sono affidati i sentimenti di Cara Nudrice mia, s’hoggi mi mostri
comprensione e compassione durante lo svolgersi della vicenda. l’antico petto a me benigno tanto,
Il verso è solenne, il lessico è aulico i concetti che man mano in prender hor da le mie afflitte labbia
emergono dallo svolgersi della vicenda sono la esplicitazione del quel, che nel cor celato sempre tenni:
pensiero cattolico e che trova la sua vita nella parola del Servo come benigno fu dandomi il latte,
di Tiria, da questa convertito alla nuova religione. Fin dalla sua vedrai come il mio core arde e sfavilla
prima apparizione egli si propone come colui che, in accadimenti ne gl’alti e bei pensieri,
di tanta cruda violenza, argomenta il trionfo del bene sul male, ch’apportan seco, eterna vita in cielo.
della luce sulle tenebre, dell’eternità sulla caducità, anche a costo Madre se mi farai pietosa tanto
del sacrificio finale. Ed è per coerenza ideale che sia questo Servo ne le mie dolci e desiate pene,
ad annunciare che Tiria si è salvata dalle acque, episodio cardine quanto mi fusti già benigna, e pia
dell’intera vicenda. ne la tenera età dandomi vita;
Montepulciano per il Bruscello. In tutti e tre i casi meno suggerita da alcuni elementi scenografici. fino al 2004, e Santa Caterina vergine e martire,
gli interpreti sono in costume, la scenografia 13 Alessandro Donzellini nacque a Bolsena tra 1610. Inoltre due commedie: Oltraggi d’amore e
può essere quella che offre la zona dell’altare e il 1542 e il 1545 e ivi morì nel 1613. Scrisse, oltre di fortuna, Firenze 1585, e Tempesta amorosa,
la parte absidale di una chiesa, o un palcosceni- a Tiria, altre due tragedie, sempre di argomento
co sul quale è allestita un’ambientazione più o religioso: San Bartolomeo, 1604, rimasta inedita
I Misteri di Santa Cristina da Bolsena 35
udrai se l’udir noia non t’apporta, Fig 3 - Jacopo da Varagine, Légende dorée
(Legenda aurea), traduzione di Jean de Vignay;
qual fallace parer del volgo sciocco, Jean Golein, Fêtes nouvelles [seguite da] Du
s’accinge a me biasmar ne le mie pene: Saint Voult de Lucques. Genève, Bibliothèque de
perchè questa terrena, e fragil vita Genève, Ms. fr. 57, pergamena, 491 ff., 1402 ca.
spreggiar mi vide, per volarne al cielo.
Nelle parole di Tiria non v’è nessun accenno allo scampato
pericolo, ma piuttosto la sua intima felicità di vivere nella luce
che Cristo ha gettato nel suo cammino. Ad una linea narrativa chiaramente della letteratura teatrale, distinto e distante dalla
continua, l’autore sostituisce una successione di accadimenti finalità, ovviamente sul piano formale, dalla struttura epico-
con i quali dà materia al pathos drammatico; infatti, il padre della narrativa della quattrocentesca Sacra rappresentazione.
giovane ancora è tormentato dall’intimo dolore per aver dovuto Nel 1618 Luca De Carli pubblicava Il martirio di Santa Christena
condannare la propria figlia alla morte, per lo meno fino a quando vergine, presso i Discepolo di Viterbo. La successione dei
apprende che sua figlia è salva e tramuta le sue afflizioni in conati martìri, tutti narrati, è la stessa e la giovane appare in scena con
di crudele vendetta. i segni del martirio subito due volte (atto II, 2 e IV, 2). Ciò che
Nel 1584 Gasparo Licco, canonico della Cattedrale di Palermo, distingue quest’opera dalle altre è lo stile della composizione:
dette alle stampe, in onore delle due Patrone della città, un’opera non in versi, come in tutte le opere d’argomento tragico, ma in
il cui titolo era La rappresentazione del martirio di Santa Cristina prosa. Il fatto è di estremo interesse per la sua singolarità nel
vergine e martire, forse rappresentata l’anno precedente e paesaggio drammaturgico del tempo e non è privo di riflessi
ristampata più volte a partire dal 1605, ma con il titolo La nella creazione dei personaggi. Di questi, infatti, prende maggior
trionfatrice Christina14. In realtà, degli episodi indicati da Jacopo consistenza una certa concretezza psicologica. Primo fra tutti
da Varagine soltanto alcuni prendono consistenza scenica: quello della madre della giovane Christena, profondamente
quello della ruota, quello del tentato affogamento, quello della addolorata per quanto accade alla propria figlia, dalla quale
prodigiosa frantumazione della statua di Apollo, quello della non riesce, nonostante i ripetuti tentativi, ad avere alcun
fornace; tutti gli altri sono affidati al dialogo fra i personaggi. ravvedimento.
Per vagliare la distanza fra questo testo e quello di una Sacra Come nell’opera di Licco, pur mettendo in gioco altre
rappresentazione è utile osservare la costruzione scenica che situazioni sceniche, all’origine della vicenda l’autore pone
dell’episodio del tentato affogamento fa il Licco. Condannata la contrapposizione tra la religione dell’Impero e quella
a morte per affogamento, Cristina sale su una barca frattanto settaria dei Cristiani, per cui Christena non può essere che
giunta sul palcoscenico, prega Gesù e quindi è gettata al di là una maga, capace di provocare la morte in un sol momento
della stessa. La barca ora si allontana, mentre dal cielo scendono di mille e cinquecento uomini e di operare tanti altri prodigi.
due angeli che salvano la giovane e tutti e tre cantano una lode, Ne deriva che ella, nello sviluppo della vicenda scenica non
Cristo stesso discende, anch’egli portato da una nuvola, e così si è costantemente visibile; l’ultima sua apparizione avviene
rivolge a Cristina: nella quinta delle nove scene che compongono il quinto atto.
A intessere gli accadimenti, a determinare la conclusiva
Sposa gentil hor prendi l’arra15, e il pegno, affermazione della fede in Cristo sono le sue parole e i suoi atti,
Che me per morte a’ miei fedeli giunse, che diventano materia di rappresentazione nella figura di quel
Io son colui, che la salute umana mago a cui ella ha ridato la vita, materiale e spirituale, e che in
Portai morendo su l’atroce legno: conclusione della vicenda dice:
Io ti battezzo in nome del mio Padre, “Oh Christena, che doppo Dio sei stata causa d’ogni mio bene,
Di me suo figlio, e de lo Spirto Santo, che posso io fare a questo immaculato, e santo corpo tuo, che
E da me Christo ti dirai Cristina. non sia poco? Che onore li posso io fare, che sia degno della
persona tua? Quali ricche esequie, e funerali, pompe così famose
Si tratta di un testo nel quale il contrasto tra il padre, i due giamai si trovarono, che non fussero scarse per te Verginella
successori, e la giovane è piuttosto tra il potere regale e quello tanto santa, tanto prudente, tanto casta, tanto costante? Io
di una ribelle. Per cui si fa riferimento a un gruppo di Cristiani piango, e tutto mi converto in lacrime, ma non già piango la tua
pronti ad insorgere contro i governanti pagani e molti particolari morte, perché la morte tua è pretiosissima nel cospetto del Dio
della vicenda sono estranei a quelle immagini che si trovano sia nostro, Sposo tuo. (...)”.
nel testo di Jacopo da Varagine, sia nella Sacra rappresentazione Nelle loro opere Donzellini, Licco e De Carli hanno proposto la
quattrocentesca. Senza dubbio, l’impiego di alcuni effetti loro soggettività sia letteraria, che spirituale, e in virtù di questa
scenografici, come il passaggio della barca, la discesa delle nuvole hanno cercato di cogliere con esse la “sublimità” estetica, pur
dall’alto, la frantumazione della statua, avevano anche il fine se ciò che appartiene alla memoria collettiva è un terreno dal
di attrarre, in prospettiva barocca, l’attenzione del pubblico. Si quale non è possibile prescindere. Vale a dire che il sentimento
tratta di un testo che tende a tradursi in spettacolo, all’interno religioso che pervade le tre opere letterarie appartiene ai
del quale la figura di Cristina, diversamente che in Tiria, è rispettivi autori, quello che pervade la Sacra rappresentazione,
certamente di rilievo, ma assieme ad altri temi, come lo scontro per quanto anche questa ha avuto un suo autore, appartiene alla
fra Pagani e Cristiani. collettività e per questo essa è un rito-spettacolo, è una forma di
Anche questo testo, pertanto, si colloca in una prospettiva culto verso un’entità sovrannaturale, che trova il suo riscontro
Venezia 1605. Cfr. Alessandro Donzellini. Lette- 14 Atto III, scena 7. Il testo visionato in questa 16 Q. Galli, Miti e leggende intorno al Lago di
rato e storico di Bolsena tra i secc. VVI-XVII. Atti sede è: Gasparo Licco, La trionfatrice Christina, Bolsena, Viterbo 1994, testo n. 85.
della giornata di studio, a cura della Biblioteca Venezia 1605. 17 Su queste tematiche cfr. Luigi M. Lombardi
Comunale di Bolsena, Bolsena 1994. 15 arra: promessa. Satriani, De sanguine, Roma 2005.
36 Biblioteca & Società
3
I Misteri di Santa Cristina da Bolsena 37
5
Fig 4 -Francesco Cairo,
Santa Cristina. Milano,
Castello Sforzesco,
pinacoteca, olio su tela,
1638 (post).
Fig 5 -Gasparo Licco,
La trionfatrice Christina.
Venezia, manoscritto,
dettaglio del Prologo,
1605.
frecce; gnente 'n z'è voluta cede'. Dopo gli ha tagliato la
lingua, ma la lingua glié riveniva. Poi gli ha tagliato+
li capelli e l'ha spòrta gnuda, gnente: i capelli glié
ricrescevano come quando fosse un vestito. Gli ha
tagliato le mammelle. Poi l'ha ffatta magnà' da le serpi,
ma le serpi manco...: ce giocavano. Poi doppo gli ha
ttirato le frecce, l'ha mmessa nella fornace, col foco sotto,
roventito...: le fiare da 'na parte. L'ha mmessa ma la
colonna a bastonalla; poi ne la pietra su ppe' '1 lago, ma
che glié faceva da barchetta e è vvenuta a rriva co' ll'angeli
da 'na parte che la reggevano.
Poi, doppo è mmorta. Lui lo portò vvia 'l diavolo
(Bolsena 1992)16.
Ciò che è destinato a permanere nella memoria collettiva, e che
transita da questa anche nella ricerca del sublime, è, oltre al
culto per la santa, il significato dei simboli che sono incastonati
nella sequenza dei martìri e principalmente: l’acqua, il fuoco, il
nella tradizione orale, come attesta una fonte. sangue e i serpenti; simboli il cui valore culturale nasce da una
fusione del mondo antico con la spiritualità del Cristianesimo.
Santa Cristina, che si chiamava Vorsinia, aveva una Il Battesimo di Cristina avviene, a parte i riferimenti alle Sacre
domestica negra e a questa disse: scritture, là dove l’acqua e la terra si incontrano, dove ha origine
"Io voglio diventà cristiana. Come se fa?" la vita e la stessa civiltà agraria. Così il sangue è simbolo della
Dice: vita e del suo fluire, è la forza di coesione all’interno del gruppo;
"Beh, t'aiuto io. - dice - Ma, però, pe' ccarità, che no' lo e chi lo offre per la salvezza degli altri, come Gesù e tutti martiri,
sapesse 'l padre”. identifica in sé l’intera comunità17. Simboli di un potere, di
“No, no”. una energia, che è al disopra della comune realtà dell’uomo,
“Va bbeh”. sono quelli che si manifestano nel momento in cui le fiamme si
Dice: allontanano da Cristina, quando i serpenti, immagini primordiali
“Voglio '1 vestito bbianco.» del maligno, sono sospinti a tornare nella penombra del bosco;
“Beh - dice - si, perché mo' è regazzetta, lóro vivono da potere ed energia che possono essere conferiti solo a chi, per
regnanti”. volontà del Soprannaturale, ha la particolarità della santità.
Gli ha ffatto 'sto vestito, se bbatizzò. Allora gliè disse: Indubbiamente, nei riti in onore di Santa Cristina si trasferirono
“Te bbatizzò in nome del Padre, io Cristo e tu Cristina”.
Poi fece la prima communione.
Doppo ‘m po’ a ‘sta negra, tanto tempo dopo il padre...:
“Ma come mmai Vorzinia è ccosì tanto...”
“È cristiana: s'è bbattezzata e ha ffatto la prima
communione”.
“Ah, si?!”
Ha preso e gli ha ddato li martìri, a li su' sordati dice de
fa' 'sti martìri. Allora, prima de tutte, l'ha pettinata co' le
18 Cfr. A. Splendiano Pennazzi, Vita di Santa Comunale di Bolsena. che non ha giustificazione. Egli suppone anche
Cristina, Montefiascone 1725, p. 212 e sgg. 21 Corrado Ricci, che vide I Misteri nel 1927, che ad ispirare la creazione dei Misteri sia stata
19 Giovanni Cozza, Bolsena e il suo lago, pub- suppone che questi hanno avuto origine nella l’opera di G. Licco; probabilmente non conosceva
blicato in “Volsiniense” n. XXII, Bollettino della seconda metà del XVII secolo. Ma se così fosse, l’opera del Donzellini che offriva molti più motivi
Società storica Volsiniese, Orvieto 1891. la testimonianza del Pennazzi dovrebbe signi- per essere delegata a suscitare la memoria
20 Questi Bandi si trovano presso la Biblioteca ficare una sospenzione della tradizione, cosa collettiva presso la comunità di Bolsena; e non
38 Biblioteca & Società
Fig 6 - La cattedrale di
Bolsena.
gli antichi culti agrari, ma pur conservando taluni presupposti,
come l’attenzione al ciclo stagionale, essi rientrano in una
visione cristiana della vita; ne è prova la condizione di verginità
che si vuole sia un requisito di tutte le giovani interpreti della
Santa nei diversi quadri dei “Misteri”, condizione che, pur
evocando idee della antica civiltà agraria, è per il fedele di oggi
il segno di quella purezza con la quale Cristina si presentò al
cospetto di Dio.
Quello che oggi si ritiene significativo nei “Misteri di
Santa Cristina” è la sopravvivenza di antiche forme di
rappresentazione, come antiche immagini sceniche; in
realtà, una tradizione esiste tenace soltanto nello spirito e
nelle motivazioni culturali dei depositari. Di fatto la cultura
tradizionale non distrugge nessuno dei semi vitali che porta in
sé, ma fa germogliare ora questo, ora quello nelle diverse epoche.
Abbiamo notizie frammentarie sui riti in onore di Santa Cristina
celebrati nel passato. Sappiamo che nel ‘700 essi prevedevano
il trasporto di due grandi “macchine” floreali, arditamente e
riccamente realizzate, come rito primaverile propiziatorio nella concentrava su quella di luglio20.
festa di maggio, e il trasporto della statua della Santa in quella Gli attuali “Misteri di Santa Cristina” ricreano l’immagine dei
di luglio, come rito della fertilità e del ringraziamento18. Nell’età martìri a cui fu sottoposta la Santa21. Al sopraggiungere della
contemporanea, il documento più remoto fin qui ritrovato che statua portata in processione, si apre il sipario e i figuranti,
attesti la presenza dei “Misteri” è costituito da alcuni versi di tranne che per due soli dei dieci quadri, restano immobili. Questa
un poema di Giovanni Cozza scritto nel 183619: “...Questo avvien forma rappresentativa itinerante per cui il Sacro accende di vita
che in più modi rappresenti/ Alla Diva sembiante una donzella/ al suo passaggio ciò che fu toccato dal Soprannaturale è molto
Or di catene avvinta or di serpenti/ Intorno al collo e al sen vive antica, mentre la ripartizione in quadri è propria della Sacra
le anella,/ Or la vedi uncinata, or tra le fiamme,/ Qui recisa la rappresentazione. Tra la sera del 23 e la mattina del 24 luglio
lingua, e là le mamme". Ma il documento pubblico è un bando l’immagine della Santa attraversa il Centro urbano, portata
del 1853, giacente presso la Biblioteca Comunale di Bolsena, nel in processione dalla Basilica a essa intitolata alla Chiesa del
quale è inequivocabile il riferimento ad essi con la processione Santissimo Salvatore in Castello, dove è deposta per la notte, e da
che passa dinanzi alle “rappresentanze dei misteri”, mentre i questa nuovamente portata alla Basilica. I martìri e i prodigi che
riferimenti espliciti risalgono alla fine del XIX secolo, quando fortificarono la fede della giovane Cristina in Cristo, acquistano
la festa di maggio era quasi scomparsa e tutta l’attenzione si in questi Quadri una particolare intensità drammatica che
coinvolge in un’unica commozione sia i fedeli, che i semplici
spettatori22.
A costruire i cinque palchi sui quali saranno inscenati i dieci
“Misteri”, a realizzare le scenografie e i costumi, a creare i Quadri,
provvedono gruppi di persone che, in senso lato, appartengono
ai rioni di Bolsena. Per questo l’allestimento di un Quadro fa
parte di una tradizione familiare e contenute sono le innovazioni,
cedendo appena un po’ al gusto per lo spettacolo23.
conosceva la Sacra rappresentazione quattro- rilievo l’opera Marcello Moscini, Cristina di Bolse- stina a Bolsena, tesi di laurea in drammaturgia,
centesca, ancora più rara delle due tragedie, na. Culto e iconografia, Bolsena 1991, p. 373. Università degli studi di Bologna, anno accade-
ma che non doveva essere che cristallizzata nei 23 Per acquisire dati di rilievo sull’origine dei mico 1984-1985, p. 261.
Quadri. Cfr. C. Ricci, Santa Cristina e il Lago di “Misteri di Santa Cristina” di Bolsena si rinvia
Bolsena, Milano 1944, pp. 117-173. all’ampio e articolato studio, sul passato e sul
22 Sul culto di Santa Cristina di particolare presente, di Andrea Belmonte, I misteri di S. Cri-
I Misteri di Santa Cristina da Bolsena 39