INTRODUZIONE ALLA STORIA DEL
CINEMA
Storia Del Cinema
Università degli Studi di Roma La Sapienza (UNIROMA1)
14 pag.
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Introduzione alla storia del cinema
CAPITOLO 1 – IL CINEMA DELLE ORIGINI E LA NASCITA DEL RACCONTO CINEMATOGRAFICO
Dall’innovazione del cinematografico all’egemonia di Hollywood
La prima proiezione pubblica a pagamento del Cinematographe Lumiere, il 28 dicembre 1895, è un fenomeno
internazionale che coinvolge i paesi economicamente avanzati come gli Stati Uniti, la Germania, la Francia e l’Inghilterra.
Nel 1891 negli Stati Uniti, Edison e Dickson creano il Kinetscopio, un dispositivo che consente la visione di un brevissimo
film a un solo spettatore per volta, che si china sull’apparecchio e vede le immagini in movimento attraverso un mirino.
A differenza loro, l’apparecchio brevettato dai fratelli Lumiere è un dispositivo che consente la proiezione su grande
schermo, una pellicola su supporto flessibile, tramite celluloide che dispone di 16 fotogrammi al secondo, con un
movimento intermittente, definito poi il cinematographe.
Verso il 1900, il modo di produzione si riorganizza: il regista diventa il responsabile della concezione del film e
gradualmente si inizia a pensare al film come ad un’attrazione autonoma, diventano la forma di spettacolo più popolare;
nascono le prime sale cinematografiche permanenti. Questo fenomeno è presente soprattutto negli Stati Uniti dove nascono
i nickelodeon, ovvero locali dedicati al cinema con programmi rapidi e varietà di orario. Nel 1905 nascono le prime grandi
strutture produttive; il paese più forte è la Francia, con Georges Melies che si specializza nel film a trucchi.
In Italia, tra il 1908 e il 1914 la qualità dei film diventano un fenomeno mondiale; il primo film nasce nel 1905 chiamato
“La presa di Roma” di Albertini. L’Italia si specializza nella produzione di film storici monumentali e gli altri generi sono il
melodramma mondano d’atmosfera dannunziana.
Altro paese produttivo nell’industria del cinema è la Danimarca dove Ole Olsen esporta film ovunque, soprattutto
polizieschi e drammi sensuali. Lo stallo produttivo è causato alla guerra dei brevetti, Edison tenta di impedire a chiunque lo
sfruttamento commerciale del cinema rivendicando l’esclusività dei brevetti su cineprese, proiettori e pellicole.
Dopo il 1908 aumenta il numero dei cinema eleganti e aumenta con sé il presso del biglietto.
Nel 1906 nascono le serie comiche, in Francia da Andrè Deed e Max Linder, anche se negli anni 10 si sviluppa una
produzione comica negli Stati Uniti grazi a Mack Sennett e Charlie Chaplin. Sennett perfeziona il modello della slapstick
comedy ovvero della comica violenta, fatta di sberle, cadute e torte in faccia con un succedersi ripetitivo delle gag con trame
che stravolgono la consequenzialità spazio-temporale. Edison, nel 1908 costituisce il trust della Motion Picture Patents
Company; l’accordo monopolistico riesce a ridurre la presenza francese, italiana e danese nel mercato interno.
Il cinema narrativo diventa l’opzione esclusiva e alcuni generi entrano in crisi come il documentario e i film a trucchi. Per
coinvolgere la borghesia si vuole investire il cinema di responsabilità morali e legittimarlo sul piano culturale, così infatti in
Francia nasce il Film d’Art.
Dopo il 1910 prima in Europa e poi negli Stati Uniti si impone il film di lungo metraggio, ovvero 1000-1200 metri,
equivalenti a 60 minuti di film. I primi anni 10 segnano la rapida espansione dell’industria cinematografica americana
specie a Hollywood, dove nascono l’Universal, la Paramount, la Warner Bros e la Fox. Il modo di produzione si trasforma e
nasce il producer system dove il regista è solo il responsabile delle riprese mentre il produttore lo è dell’intera lavorazione.
Una novità associata è la nascita dello star system dove si fa dell’attore principale il veicolo pubblicitario del film.
Modi di rappresentazione nel cinema delle origini: attrazione e narrazione
Noel Burch propone di definire questo sistema un Modo di rappresentazione Primitivo, distinguendolo dal Modo di
rappresentazione Industriale che coincide con il cinema narrativo classico di Hollywood.
L’elemento del MRP risiede nella concezione autonoma dell’inquadratura che è il centro privilegiato della
rappresentazione. fino al 1902 i film erano monopuntuali, ossia costituito da una sola inquadratura. Dal 1903 si inizia a
registrare una moltiplicazione dei piani, diventando pluripuntuali; ogni piano, prima di lasciare il passo al successivo, deve
esaurire l’azione che si sviluppa all’interno del quadro.
L’inquadratura del cinema primitivo presenta elementi come l’illuminazione uniforme, la cinepresa fissa e in posizione
frontale, l’uso del fondale dipinto e il mantenimento di una distanza tra macchina da presa e attori.
Si parla di un montaggio non continuo, che accade anche tra due inquadrature dove si apre una ellissi. La stabilità del MRP
non esclude un dinamismo interno; Tom Gunning ha individuato l’esistenza di una differente modalità di organizzazione
del discorso cinematografico: le attrazioni mostrative e l’integrazione narrativa. Nel primo, le priorità risiedono nell’atto di
attrarre facendo vedere. Mentre nella seconda, il racconto diventa l’elemento portante del sistema e le inquadrature si
integrano nell’unità del racconto. Il passaggio dal cinema delle attrazioni al cinema dell’integrazione implica un
cambiamento nelle relazioni tra il film e lo spettatore. Nel regime dell’attrazione c’è uno spettatore che guarda e un attore
che sa di esibirsi. Questo contatto diretto nel cinema dell’integrazione è negato. Il MRI elabora una serie di regole per
costruire l’illusione della continuità dove l9o spettatore è assorbito nel racconto, diventando invisibile. Il cinema
dell’integrazione narrativa nasce nel 1908 e si sviluppa fino al 1915. L’attrazione non sparirà però dall’orizzonte dei film, la
ritroviamo nei musical.
Visione e spettacolo: Lumiere, Melies
I Lumiere e Melies sono considerati i fondatori del cinema. Lumiere è la vita colta sul fatto, le riprese in esterni, il rifiuto di
una messa in scena, insomma un cinema della realtà non narrativo. Melies invece è il promotore di un cinema più
spettacolare, un cinema del trucco e del mondo inventato. Entrambi lavorano a un cinema della mostrazione; la fotografia
animata della realtà e il trucco sono i due aspetti dello stesso regime spettacolare.
La commercializzazione del prodotto Lumiere è resa possibile dalle caratteristiche dell’apparecchio, il Cinematographe, una
macchina leggera che assolve le funzioni dell’attività cinematografica. Il film Lumiere è un prodotto in serie, costituito da
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una sola inquadratura di 50 secondi. La cinepresa è quasi sempre fissa ma a volte è collocata su un supporto mobile,
privilegiando la veduta di insieme. Sul piano dell’immagine, Lumiere è una centrifuga, nel senso che il movimento degli
oggetti deborda i limiti del quadro, come ad esempio nel film “L’arrivo del treno alla Ciotat” dove il suo ingresso nel
quadro fisso genera una sensazione di dinamismo e ricorda allo spettatore l’esistenza di uno spazio fuori campo illimitato.
I film Lumiere accusano una recessione nel 1898 e quindi bisogna differenziare il prodotto, orientarsi verso la realizzazione
del film di finzione, cosa che fa Melies.
George Melies fu tra i primi a concepire la produzione di film nei termini dell’invenzione artistica e del lavoro di messa in
scena. Gestendo il teatro Houdin, allestisce degli sketches in cui mescola numeri di prestigio, trucchi e scene comiche,
creando delle proiezioni animate. Fonda nel 1913 la casa di produzione Star Film, creando il primo teatro di posa moderno,
con struttura in vetro. I procedimenti più usati da Melies sono l’arresto e sostituzione della ripresa e la sovrimpressione che
gli consente di giocare con una sa ossessione, lo sdoppiamento e la scomposizione del corpo.
La cinepresa è fissa, gli effetti dinamici sono un’illusione legata solo al movimento di elementi interni al profilmico. Il tema
narrativo prediletto da Melies è il viaggio, creando strutture narrative lineari in estensione. Prevale una successione di eventi
non continui, e l’elemento centrale resta l’attrazione. Melies è interessato al contenuto delle singole scene piuttosto che al
montaggio. Nel finale del suo film, “Il viaggio nella luna” l’astronauta precipita verso terra, si vede il proiettile uscire di
campo; nell’inquadratura successiva il proiettile è ripreso nel momento del tuffo nell’oceano e nella terza inquadratura il
proiettile si infila nell’oceano e finisce sul fondo.
La parabola di Melies si esaurisce negli anni 10 perché la Star Film si rivela debole di fronte alle nuove esigenze di
organizzazione della produzione emerse nel 1908.
Ricerche linguistiche e linearizzazione narrativa: il primo cinema inglese ed Edwin Porter
Tra il 1896 e il 1906 si sviluppano le tecniche del trucco. James Williamson e George Smith raggiungono risultati di rilievo
sul piano della ricerca linguistica e narrativa. In “The Big Shallow” un signore che non vuole farsi riprendere si avvicina alla
cinepresa fino ad occupare l’intero quadro e spalanca la bocca sembrando di mangiare l’apparecchio.
La tendenza alla divisione dell’azione è evidente in un film di Smith “Il bacio nel tunnel” dove abbiamo nella prima
divisione il treno che entra in galleria, nella seconda l’interno dello scompartimento con i due amanti che si baciano, nella
terza il treno che esce dalla galleria. Smith lavora sulla divisione in più inquadrature di uno stesso spazio, alternando oppure
le immagini di qualcuno che guarda.
Williamson invece è più interessato a lavorare sulla continuità d’azione tra inquadrature girate in spazi diversi. Nel film
“Stop Thief” Williamson definisce il prototipo di uno dei più fortunati generi del cinema: il film ad inseguimento. Nel film
“Fire” Williamson invece, mette in scena una storia articolata: una casa che brucia, intervengono le autopompe, un
pompiere soccorre un uomo e sua figlia. In entrambi i film, il passaggio da un’inquadratura ad un’altra avviene tramite uno
stacco. La cinepresa manifesta i primi segni dell’ubiquità che sarà costitutiva del MRI, portando lo spettatore dentro la
scena.
Edwin Porter è colui che fa del film di finzione la principale risorsa dell’industria cinematografica americana. Nel film
“Vita di un pompiere americano” riprende lo spunto narrativo di Fire ma vuole trasformare il pompiere da semplice ruolo a
personaggio. Il montaggio evidenzia i legami ancora forti con il MRP: la ripresa per intero dall’interno della stanza che
viene nuovamente ripresa dall’esterno. Nel film “La grande rapina al treno” Porter mescola elementi tipici del cinema delle
attrazioni con importanti conquiste sul piano della narrazione. Il film racconta in 14 inquadrature la storia di una banda di
rapinatori he assalta un treno. Il montaggio costruisce una continuità spazio-temporale tra le inquadrature ma non riesce a
rappresentare la simultaneità delle azioni con un montaggio alternato. In questo film coesistono delle inquadrature con
funzione narrativa e piani vicini ad una logica mostrativo-attrazionale.
Nascita di un’istituzione: David W. Griffith e l’emergenza del cinema classico
Il boom dei nichelodeon incoraggia nel 1905 la nascita del director system e la centralità della figura del regista, con
Griffith.
Nel 1908 egli realizza 450 film fino al 1913, promuovendo sperimentazioni linguistiche ed espressive che eserciteranno
influenza sullo stile narrativo classico. Egli si concentra sulle opzioni di montaggio ma studia anche le risorse drammatiche
della profondità di campo.
Attraverso il montaggio, Griffith costruisce un universo continuo e omogeneo a partire da un materiale discontinuo e
frammentario, ovvero le inquadrature. Crea un sistema di regole e strategie che organizzano la materia narrativa, dandogli
forma e chiarezza e offrendo allo spettatore un punto di vista capace di spostarsi con disinvoltura nello spazio e nel tempo
diverso, creando un montaggio alternato, con cui lo spettatore inizia a capire che la successione tra due inquadrature
significa una relazione di simultaneità tra due azioni.
I film di Griffith esaltano i valori della comunità, il mito della nuova nazione, dando importanza ai pericoli sociali come le
malattie e i contrasti di classe. L’inserzione del primo piano crea un effetto di discontinuità, eccedendo la sua funzione
narrativa, assumendo una valenza simbolica nel trattamento dei volti. Il volto in primo piano ha una valenza espressiva che
allontana lo spettatore dal racconto, per trasformare il personaggio in emblema di una condizione interiore o sociale.
Nel film “La nascita di una nazione” Griffith pone al centro del lungometraggio la guerra civile americana dove
nell’assassinio di Lincoln vede un attentato all’ordine sociale con la conquista dei neri. Nella seconda parte del film i neri
conquistano visibilità ma in un’accezione negativa perché occupano con violenza gli spazi dei bianchi.
Il fine di questa opposizione consiste nell’evitare che il Male, rappresentato dai neri, possa contaminare lo spazio del Bene.
il film scatenò molte polemiche sul razzismo provocando tumulti. Con il suo successivo film “Intolleranza” il regista offre
una rappresentazione del tema dell’intolleranza attraverso i secoli articolata in 4 episodi: la caduta di Babilonia, alcuni
momenti del Vangelo, il massacro degli Ugonotti e i conflitti sociali. Le quattro storie, realizzate con stili diversi, si
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alternano nel montaggio, ricordando il tema della tolleranza. Verso la conclusione le storie sembrano fondersi le une con le
altre.
I poteri della messa in scena: le opzioni alternative delle scuole europee
Dopo il 1910 il cinema americano predilige la ricerca sul montaggio, mentre le nuove scuole europee optano per potenziare
le risorse espressive della scena non sezionata dal montaggio attraverso la valorizzazione della profondità di campo.
In Francia, la Pathè approfondisce la ricerca sulle possibilità espressive del fondale dipinto, realizzando scenografia con
effetti tridimensionali. Una ricerca è quella dei kolossal storici italiani negli anni 10.
Il film più rappresentativo è “Caribia” dove il regista Pastrone chiede la collaborazione di D’Annunzio ma esso si limita a
scrivere didascalie e inventare nomi dei personaggi. Le scenografie diventano le protagoniste dell’inquadratura. L’uso della
luce rivela il desiderio di intensificare la potenza della scena: viene inventata la tecnica della lampada elettrica ad arco per
poter governare con maggiore precisione la direzione dei fasci di luce: il risultato è sorprendente perché si moltiplicano gli
effetti di contrasto e le ombre. La soluzione più innovativa di Caribia risiede nell’uso del carrello, brevettato da Pastrone nel
1912, ovvero una cinepresa in movimento.
Altro kolossal storico italiano è la ricerca stilistica di Emilio Ghione; nel film “Viva la morte” ci sono figure ispirate agli
eroi criminali dei popolari serial cinematografici francesi. Ghione introduce una recitazione nuova, priva di enfasi e
gesticolazioni eccessive, giocata sull’energia del corpo smagrito e sulla misteriosa eloquenza del volto scavato.
Il cinema danese è stato uno dei più influenti e conosciuti al mondo, con registi come Benjamin Christensen con le sue
ricerche sull’illuminazione. Christensen trova negli effetti di controluce e nelle ombre la cifra stilistica dominante del suo
film di esordio “Il misterioso X”. Egli usa la ripresa delle sagome dei personaggi da un interno scuro con la cinepresa
rivolta verso un varco di luce. I registi danesi lavorano sulla direzionalità e la fonte dei fasci luminosi.
Spesso i personaggi si fanno strada nell’oscurità tenendo in mano una lanterna.
Il cinema svedese inizia a produrre film significativi dal 1913, grazie ai due registi Muritz Stiller e Victor Sjostrom;
quest’ultimo dimostra di possedere un’abilità nell’uso drammatico della profondità di campo, specie nel suo film “ Ingeborg
Holm” dove la morte del marito di Ingeborg è ripresa in primo piano mentre sullo sfondo c’è il figlio che gioca
inconsapevole.
In altri film successivi, emerge un’altra specificità del cinema nordico: il sentimento della natura, l’uso espressivo del
paesaggio come elemento portante dell’azione e specchio delle tensioni interiori.
Il film russo emerge nel 1913 con il regista Evgenij Bauer dove la recitazione è rallentata e piena di pause, la regia
privilegia l’inquadratura lunga e statica, il racconto si conclude con un finale spesso tragico, tipico del melodramma teatrale
russo dell’ottocento. Bauer lavora su interni molto spaziosi inquadrati a lungo: le scenografie sono raffinate, ricche di
riferimenti all’Art Nouveau, e nella loro ampiezza sovrastano il personaggio.
La musica e il colore nel cinema muto.
Il film muto aveva un accompagnamento musicale e tecniche di colorazione della pellicola. Inizialmente la musica si un
pianoforte in sala aveva il compito di coprire il ronzio del proiettore che non era isolato in una cabina ma era dentro la
sala la musica in diretta aumentava il potere evocativo dell’immagine.
Nel 1910 inizia l’era delle orchestre composte da 6 o 8 elementi ma successivamente si usano vere e proprie orchestre
sinfoniche con 50 musicisti. Nel 1905 i film erano composti da poche inquadrature; nasce quindi l’imbonitore, chiamato a
parlare al pubblico nella penombra, per commentare le immagini e per renderle più comprensibili.
I rumoristi sono i lavoratori del suono più inventivi: manovrando complicati apparecchi ottenevano effetti sonori
sorprendenti. Negli anni del cinema muto nascono i tentativi di colorare le immagini, con un colore aggiunto applicato
come supporto al bianco e al nero. Il primo metodo è quello della colorazione di ogni singolo fotogramma con un
pennellino. La colorazione a mano, prediletta da Melies, era un lavoro lungo e costoso. Quando il cinema, dopo il 1906,
iniziò ad assumere dimensione industriali, si brevettò un sistema rapido: la colorazione a pochoir, un dispositivo di
colorazione meccanica a tampone che consentiva l’impiego di 5 o 6 colori diversi. Nel 1908 ci sono altre tecniche di
colorazione: la tintura e il viraggio che sono accomunati dal principio della monocromia: sul fotogramma si distribuisce
un solo colore.
I colori del muto avevano due funzioni: potevano rendere più credibili gli eventi fisici, come il blu per la notte e il rosso per
il fuoco, oppure accrescevano il valore simbolico di condizioni emotive particolari come il rosso per la violenza o l’amore,
il verde per la speranza.
CAPITOLO 2 – IL CINEMA EUROPEO DEGLI ANNI VENTI
Negli anni 20 abbiamo il momento dell’affermazione della messa in scena del cinema. Il cinema francese effettua un
montaggio ritmico, il cinema tedesco lavora sulla figurazione del visibile e il cinema sovietico produce esperienze di
montaggio dialettico.
Il cinema muto tedesco tra espressionismo e figurazione
La Germania conosce nel dopoguerra un’affermazione cinematografica di livello grazie ad un’industria articolata ed
efficiente. Sino al 1926 la produzione tedesca segue una politica articolata che punta a creare un nuovo pubblico coinvolto
dai progetti narrativi e spettacolari. Il cinema tedesco si propone insieme di porre la cultura artistica, architettonica, teatrale
e letteraria al servizio del nuovo medium e di sfruttare i valori culturali come elementi di assicurazione della validità del
prodotto. La cinematografia tedesca si avvale anche della collaborazione di scrfittori, di drammaturghi, di pittori che
garantiscono un’interazione continua tra il gusto e le immagini filmiche e i rispettivi universi culturali.
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L’identificazione del muto tedesco con l’espressionismo deve essere ridimensionata perché ha costituito solo una tendenza
all’interno di un quadro realizzativo ampio e diversificato. Il cinema espressionista effettua una sintesi tra immaginario e
stile, realizzando con una valorizzazione del lavoro di messa in scena, una forma espressiva di particolare intensità.
La messa in scena coordina le componenti per ottenere una forma caratterizzata da una intensità e da una vibrazione visiva e
spirituale. I contorni delle scenografie sono alterati, irregolari, segnati da una deformazione esplicita e tendenzialmente
irrealistica. Anche i costumi sono conformi agli spazi e ai personaggi; sono operazioni di stilizzazione del visibile che
esprime un sentimento. Il cinema espressionista scompone il visibile attraverso un uso intenzionale di una luce contrastata,
mediante la contrapposizione di luci e ombre, di settori di luce ricavati dagli spazi bui, in un gioco di illuminazioni e di
oscurità.
Questa contrapposizione tra luce e ombra non è solo un modo di vedere ma si carica di implicazioni simboliche, diventa una
visualizzazione della lotta tra bene e male. Il montaggio è funzionale all’esibizione delle configurazioni visive, non è mai
troppo rapido, in quanto deve permettere all’immagine di essere vista dallo spettatore.
È un cinema metaforico-intensivo che valorizza il piano della successione delle inquadrature, gli elementi figurativi del
piano più di quelli ritmici, la ricchezza delle componenti visive, informative ed emozionali della scena. Personaggi che
tendono verso un obiettivo senza raggiungerlo, sono personaggi che mescolano istanze di ribellione verso l’ordine naturale
o l’assetto sociale, con esperienze di angoscia e di frustrazione, mettendo in scena le incertezze dell’Io.
L’affermazione del cinema espressionista è correlata al successo di “Il gabinetto del dottor Cagliari” di Robert Wiene. Il
movimento espressionista nelle altre arti si afferma alla fine del primo decennio con il gruppo di Die Brucke che ottenne
piena espansione. Un film come questo costituisce la trasformazione del modo di pensare il cinema e presenta una sintesi
nuova tra immaginario e stile della messa in scena. Il film, costituito a un prologo, una storia centrale raccontata da un
personaggio interno e un epilogo, narra la storia di un ciarlatano che ipnotizza un sonnambulo per fargli compiere alcuni
omicidi. Si scopre che il narratore è degente nello stesso ospedale psichiatrico e il direttore è un medico attento.
Il film costituisce una delle prime esperienze filmiche legate alle problematiche della filosofia contemporanea. Ma il film è
conosciuto specie per la configurazione particolare delle immagini e per l’uso di scenografie irrealistiche, deformate, fatte di
case distorte e di spazi irregolari, con giochi allucinanti di ombre e luci.
Il fascino di Cagliari consiste nel suo carattere di scena di fantasmi e di enigmi. Wiene realizza anche il film “Delitto e
castigo” dove la città appare deformata che sembra uscire da un incubo. Le scenografie alterate, attestano l’alterazione della
psiche.
Nel film “Il gabinetto delle figure di cera”, Paul Leni intreccia scenografie dipinte con spazi rielaborati e giochi di luce, per
creare un mondo di incubi, di ossessioni e di minacce. I contrasti di luce e ombra portano all’effetto fantasmatico.
Nel cinema, l’espressionismo si intreccia con il fantastico e con il fantasmatico.
La figura di Friedrich Murnau è una delle più importanti figure di regista come coordinamento delle attività di realizzazione
del film, considerato un esempio di cinema realistico al tempo del muto. Per Murnau il cinema è una pittura dinamica, in cui
ogni elemento è elaborato su un modello iconico; lo spazio e l’inquadratura hanno una forma pittorica, sono organizzati
attraverso una integrazione atmosferico-tonale delle architetture, dei personaggi e degli oggetti. Tutti gli elementi visivi
sono immersi in un’atmosfera cromatica, segnata da un chiaroscuro.
Altro regista famoso per l’immagine filmica è Fritz Lang che costruisce macchine realizzative importanti. Realizzò un
grande film popolare, di genere avventuroso, storico, fantastico, fino a creare nel 1921 il film “ Destino” e poi i
“Nibelunghi” con cui Lang diventa uno dei registi più importanti in Germania, sia sotto il profilo economico, sia sotto il
profilo artistico. Il film Destino è una fiaba tragica, legata all’immaginario romantico e al dualismo amore e morte, mentre il
film Nibelunghi parla di diverse civiltà.
Nel 1925 Lang produce il film “Metropolis” che racconta una parabola fantascientifica e un romanzo di formazione, un film
ideologico con dramma sociale.
La messa in scena di Lang riflette alcune opzioni artistiche:
1. Una figurazione forte del visibile realizzata in un quadro di interazione di tuti gli elementi.
2. La riduzione agli aspetti essenziali visive-scenografiche per costruire uno spazio di strutture rigorose: lo spazio
deve infatti apparire come una dimensione strutturata su linee di fondo riconoscibili.
3. La costruzione di strutture geometriche e simmetriche come scelte formali armoniche.
4. Capacità di dinamizzare le strutture geometriche costruite.
5. Possibilità dell’immagine di essere idea, ovvero essa è una concezione del cinema che punta alla realizzazione di
una visione intellettuale.
6. La realizzazione dinamica di una sintesi tra spazio rappresentato, spazio formale e spazio eidetico.
L’idea-forma di Lang si trova nell’organizzazione astratto-monumentale che riflette esigenze diverse; è figurazione
rappresentativa ma tende a potenziare le componenti geometriche. Lang vuole mostrare il centro reale e le linee di forza
dello spazio rappresentato e all’inizio della sequenza ricorre a inquadrature con un contenuto informativo chiaro.
Generalmente parte da totali o campi lunghi, fondate su un centro reale e costruite al nucleo del profilmico.
Il rapporto con il visibile di Lang è ispirato all’esigenza di far vedere un visibile strutturato. La visione deve essere netta e
ampia, quindi egli punta a non coprire eccessivamente il campo del visibile. Per Lang, il cinema deve formalizzare il mondo
visibile per legittimare il proprio statuto linguistico. Nelle inquadrature di apertura della sequenza egli costruisce le sue
simmetrie con precisione. La messa in scena invece tende a costruire la complessità del dinamismo in relazione alle
strutture formali predisposte, realizzando passaggi di movimento che non spezzano l’equilibrio formale.
Nascono film caratterizzati da una struttura rigorosa, segnata da un’unità di azione, di tempo e di luogo; sono film che
anticipano i drammi sociali e la Nuova Oggettività. Sotto il profilo economico, il cinema tedesco si afferma in ogni modo
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con un ampio sistema di cinema di genere: da un lato il film storico e dall’altro la commedia. È un cinema che riprende i
modelli di cinema italiano, rielaborandoli con un forte gusto per l’immagine e una maggior capacità di inventare
scenografie. Le esperienze più radicali nel cinema sono legate a un progetto politico-ideologico di rappresentazione della
vita di miseria delle classi subalterne nella metropoli. Sono film di taglio realistico esplicito, in cui la rappresentazione si dà
come riproduzione del mondo visibile.
Il cinema francese degli anni Venti e la musica delle immagini
La produzione nazionale francese degli anni 20 scende alla produzione di 55 film a differenza della Germania e
dell’America. Le manifestazioni, le riviste e i dibattiti contribuiscono a creare un’attenzione verso il cinema come arte e a
stabilire un legame tra il mondo intellettuale e la settima arte. La ricerca del cinema francese viene definito impressionismo,
legato al clima di riflessione sull’artisticità del cinema.
Il cinema è considerato come un’arte che dialoga con le altre arti e trova nella pittura e nella musica due modelli possibili. Il
cinema, come la musica, è considerato arte nel tempo e organizzazione del ritmo, combinazione creativa di elementi
molteplici in ritmi dinamici, luministici e figurativi. Nel cinema si mescolano e si intrecciano i corpi con gli spazi, in un
movimento coerente prodotto dalla macchina da presa. Il ritmo è assicurato da un insieme di determinazioni in movimento
poste in rapporto ad altri fattori definiti. Il ritmo è il risultato di una sintesi tra il dinamismo interno all’inquadratura e la
successione delle inquadrature. Famoso regista come E Clair rileva i tre fattori del ritmo nel cinema: la durata di ogni
visione, l’alternanza delle scene o dell’azione e il movimento degli oggetti registrato dall’obiettivo.
La ricerca del ritmo visivo implica l’attribuzione di un ruolo importante al montaggio che è investito della funzione di
creare e garantire l’effetto dinamico nel tempo. Il montaggio è sviluppato in funzione del movimento ed è realizzato con
attenzione alle relazioni metriche. Il montaggio è l’unico strumento tecnico che assicura il ritmo musicale delle immagini.
Il cinema francese è impegnato in una interrogazione sulla natura dell’immagine filmica, comparata con la pittura. Lo
studioso Faure, considera il cinema come un’arte plastica fatta di volumi, gesti e atteggiamenti, chiamato cineplastica.
Gli autori dell’impressionismo lavorano su progetti di cinema caratterizzata da una dicotomia interna: da un lato i soggetti
della narrazione assicurano lo schema narrativo; sono soggetti legati a drammi personali. I film più famosi raccontano storie
obsolete come nel film “La rosa sulle rotaie” di Gance, che è il resoconto di una passione semi-incestuosa di un ferroviere
per una giovane adottata. In questo film l’aspetto rilevante è il dinamismo raggiunto grazie ad un montaggio accelerato che
intreccia la velocità del treno, le ruote e la locomotiva.
Nel film “Napoleone”, Gance sviluppa un dinamismo particolare, attraverso l’uso di movimenti di macchina elaborati
realizzati con il supporto di carrelli. Nel famoso primo episodio del film, la battaglia con le palle di neve, l’intento esplicito
di Gance è quello di rendere la stessa mdp qualcosa di simile alla palla di neve. Gance ricorre anche al montaggio
analogico, effettuando un parallelismo tra la tempesta marina e i contrasti politici nella convenzione. Gance proietta il film
su tre schemi grazie alla creazione del trittico: è una prospettiva di polivisione che rafforza gli effetti e le potenzialità visive
del cinema.
Importante è anche il cinema di Marcel L’Herbier che crede a un progetto di affermazione del cinema come arte della
modernità, creando una nuova sintesi artistica, oscillando tra la valorizzazione del movimento e la formazione di immagini
composte. Da un lato, L’Herbier formalizza il visibile, intensifica il dinamismo visivo e realizza effetti significativi, come
nel film fantascientifico “Futurismo” che consente la resurrezione della protagonista; dall’altro il montaggio accelerato dà
l’idea di ipermodernità nella tecnologia.
Il cinema sovietico degli anni Venti e l’Ottobre del cinema
Nei primi anni 20 la parola d’ordine dominante in Russia è l’Ottobre delle arti, ossia la realizzazione nel campo del lavoro
intellettuale e della produzione artistica di un processo omogeneo e correlato alla Rivoluzione d’Ottobre, che porta ad una
trasformazione dell’arte e ad un cambiamento nella struttura del lavoro intellettuale.
Nel grande progetto dell’ottobre delle arti confluiscono le teorie del cubo-futurismo e il progetto di trasformazione della
poesia, ma anche le esperienze del teatro sperimentali e delle esperienze della biomeccanica e del costruttivismo. Futuri
registi cinematografici si formano nel teatro, come registi o come scenografi e portano nel cinema la ricchezza di
un’esperienza spettacolare. Vertov viene da una formazione musicale ed è influenzato dal futurismo italiano. Il suo cinema
suggerisce l’affermarsi della fattografia.
Con la crescita del potere di Stalin, l’autonomia della ricerca artistica e la formazione della RAPP (associazione degli
scrittori proletari) come organo di controllo dell’attività culturale, si chiudono gli ambiti di ricerca, per costringere la
produzione sovietica dentro modelli costrittivi del socialismo.
Film come “La Madre” e “La Fine di San Pietroburgo” sviluppano una struttura realistico- descrittiva funzionale alla
proposizione di un messaggio ideologico-politico, ricorrendo a soluzioni di montaggio analogico.
Uno degli esponenti del cinema di regime fu Sergej Ejzenstejn che rappresenta insieme il vertice del cinema sovietico e
l’esperienza della teoria del cinema. Egli attribuisce un’importanza importante al montaggio, per cui è il momento
essenziale della creazione filmica in quanto consente la trasformazione dinamica dei materiali in coerenti strutture
comunicative ed espressive. Ejzenstejn istituisce un parallelo tra la scrittura ideogrammatica e il montaggio
cinematografico. Il montaggio intellettuale è pensato come il vertice più alto delle possibilità del cinema che racchiude in sé
il montaggio metrico, tonale, ritmico, armonico e intellettuale.
Nel suo film “La corazzata Potemkin” costituisce un passo indietro; per Ejzenstejn l’atteggiamento delle attrazioni e
l’effetto positivo diventano obiettivi da realizzare anche con mezzi negativi. Questo film costruisce grandi sequenze di
montaggio dinamico-patetico e di orchestrazione tonale della visione e delle emozioni.
La sequenza della scalinata è famosa per la maestria drammatica dell’organizzazione del visibile. Ejzenstejn parte dal
principio di mostrare più azioni dal medesimo punto di vista e insieme sviluppa una molteplicità di visioni, grazie ad un
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contrappunto sistematico di immagini. Coordina punti di ripresa diversi, dettagli di grande forza visiva, gesti di differente
intensità drammatica e piani diversi delle immagini per costruire un’esplosione di pathos che non può lasciare indifferente
lo spettatore. La rappresentazione della repressione dei cosacchi è trasformata in un vettore di pathos crescente, soprattutto
con le immagini di sangue e di morte; queste immagini sono montate in contrappunto visivo con le inquadrature dei fucili.
Altro film importante è “Ottobre” che è considerato il film per eccellenza del montaggio intellettuale, dove le immagini
sono impregnate di idee, che comunicano un concetto attraverso la forma visiva. L’esempio è la sequenza degli idoli, prima
religiosi, poi pagani, comunicando l’idea di un imbarbarimento.
Vertov invece, pensa e realizza un cinema non recitato, costituito da immagini-fatto, impegnato a cogliere la vita alla
sprovvista, a imporre il linguaggio degli eventi nella loro immediatezza contro il linguaggio dello spettacolo.
La situazione italiana è caratterizzata da una crisi produttiva e realizzativa. Anche il cinema britannico diventa marginale
anche se abbiamo un solo grande maestro, ovvero Alfred Hitchcock.
Il cinema d’avanguardia
Negli anni 10 abbiamo il cinema d’avanguardia, capace di realizzare in modo puro le potenzialità e le specificità del cinema
come arte autonoma. Così il cinema d’avanguardia e il cinema puro si mescolano e si sovrappongono continuamente
rivelando il proteismo del cinema differente. Rappresenta un rifiuto della dialettica rappresentazione\mercato, della
narratività convertita in prodotto industriale.
L’avanguardia intende spezzare il rapporto tra segno visivo-cinetico e mercato. L’immagine e il flusso visivo
dell’avanguardia devono avere una forza supplementare per non diventare una serie di inquadrature casuali e caotiche. Il
filo dell’intensità costituisce la condizione di esistenza del cinema d’avanguardia.
La teoria di un cinema differente nasce dalle ricerche del primo futurismo in Italia e del cubismo in Francia. In Italia Ginna
e Corra tentato un’esperienza del cinema astratto, dipingendo direttamente sulla pellicola dinamismi cromati legati alla
ricerca pittorica e alla musica. In Francia Survage disegna più di mille cartoni ispirati al cubismo.
La ricerca astratta trova in Germania la sua affermazione più consistente grazie al lavoro di pittori e di sperimentatori legati
all’arte, come Eggeling che realizzò “Diagonal Symphonie” che si articola attorno al dinamismo sinuoso della linea e alla
modificazione graduale delle forme visive create dalla linea stessa.
La capitale del cinema d’avanguardia, oltre Berlino, è Parigi. Con il film di Man Ray “Le coeur à barbe” riflette alcuni dei
caratteri essenziali del movimento: l’improvvisazione, l’immotivazione, l’indifferenza nel confronti del prodotti finito e la
realizzazione di qualcosa che ricorda lo scarto.
I due film surrealisti più noti sono “Un chien andalou” e “L’age d’or” realizzati da Luis Bunel nel 1929 e nel 1930. I film
costituiscono un’avventura complessa dell’inconscio dove i sogni e le allucinazioni si intrecciano con le immagini
fenomeniche. Nel primo film prevale la dimensione fantasmatica mentre nel secondo le immagini si mescolano in un
tessuto audiovisivo caratterizzato da un’eterogeneità.
Il primo film si rivela dedicato al difficile processo di costruzione dell’identità sessuale del protagonista, attraverso le
avventure discontinue del desiderio e forme di regressione; il secondo film invece intreccia le dinamiche dell’eros e della
violenza in 6 episodi diversi. In entrambi i film le ossessioni del desiderio si manifestano mostrando la forza e la fragilità,
all’interno di figure di oggettivazione dell’inconscio.
CAPITOLO 3 – IL CINEMA AMERICANO DEGLI ANNI VENTI
Hollywood, fabbrica dei sogni
Tra la fine della prima guerra mondiale e la grande crisi del 1929 abbiamo il consolidamento dell’industria cinematografica
hollywoodiana che perfezione le basi definendo un sistema capace di creare e diffondere prodotti riconoscibili e
inconfondibili. Il cinema hollywoodiano diventa, negli anni 20 il modello universale di miti e ideologie, diventando la
fabbrica dei sogni. Gli anni della prima guerra mondiale vedono la nazione statunitense porsi come leader dell’economia
mondiale. Il dopoguerra conosce poi l’affermazione di una politica di liberalismo estremo, che consente ai beni prodotti
dall’industria americana di imporsi sui mercati stranieri.
Gli anni dell’espansione economica corrispondono a livello sociale ad una certa apertura sul piano del costume e della
morale corrente che non include tutte le fasce sociali. Tra il 1922 e il 1928 il numero degli spettatori passa da 40 a 80
milioni, raddoppiando. Il cinema hollywoodiano stabilisce una strategia produttiva, vedendo a definire quel sistema
spettacolare che nei decenni successivi conoscerà ulteriormente fortuna.
Le principali cause di produzione acquistano sale cinematografiche in cui distribuire direttamente i loro film. A controllare
la distribuzione nelle restanti sale, interviene un sistema di block booking, per cui gli esercenti che noleggiano un film di
una casa si vedono costretti a prenotare interi pacchetti.
Le sale edificate negli anni 20 si caratterizzano per il fasto e l’esotismo delle loro architetture e del loro design. Un gusto
neobarocco e rococò con reinterpretazioni déco di architetture egiziane. Nelle sale importanti, lo spettacolo, comprendeva
oltre al film, un programma arricchito di cinegiornali, comiche e intermezzi musicali.
I più importanti studios si associano per istituire, nel 1922 la Motion Picture Producers and Distributors Association
(MPPDA) con lo scopo di stabilire una serie di misure e di parametri per regolamentare il contenuto morale dei film.
Registi, generi e star degli anni Venti
Un regista come Erich von Stroheim giunge a costruire un universo cinematografico stilisticamente segnato da una poetica
dell’eccesso e del melodramma. Altro regista hollywoodiano è Cecil De Mille, che fa il suo ingresso nel cinema all’inizio
degli anni 10 come socio fondatore della Jessy Lasky Feature Play Company. Con il suo primo film “The Squaw Man” egli
inaugura nel 1913, l’abitudine di girare nella zona quasi deserta di Hollywood, dimostrando il fiuto per un cinema inteso
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come arte industriale. De Mille mette a punto una strategia registica che punta sulla spettacolarità e sulla individuazione di
precisi registri narrativi. A partire da film come “La corsa al piacere” e “Maschio e Femmina” il regista inaugura non solo
un genere, quello della commedia a sfondo erotico, ma anche contribuisce all’affermazione di un modello divistico, quello
della donna fatale e spregiudicata. In un altro film “Ben Hur”, De Mille produce uno sforzo scenografico, ovvero la
costruzione di un enorme set in cui si riproduceva il Circo Massimo di Roma e la messa a punto di un apparato tecnologico
che consentiva di riprendere la scena da molte angolazioni, facendo ricorso a più cineprese; questo fece diventare il film,
campione di incassi nel 1926.
I filoni pacifisti del cinema gettano le basi per i futuri war film, che si impongono come generi maggiori nel corso del
decennio con due forme narrative e spettacolari cresciute nel periodo primitivo: lo slapstick (violenza fisica) e il western.
Per quanto riguarda il genere western, fu John Ford ad esserne un esemplare, nel film “Il cavallo di acciaio”. Aumentano
anche il canone narrativo dei gangster film, con l’aumento del crimine legato al contrabbando di liquori, che motiva negli
USA l’esigenza di rivitalizzare un genere pratico, come il film “Le notti di Chicago” di Joseph Sternberg.
La comicità negli anni Venti: il caso Chaplin
Chaplin proviene dall’Europa e inizia a lavorare per lo schermo con la Keystone di Sennett, dove pubblicarono il film
“Living” in cui abbiamo un giovane attore che diventa protagonista dopo essere la spalla. Chaplin avvia la caratterizzazione
del personaggio del vagabondo ed è a partire da questa dissonanza che il vagabondo esprime la sua diversità rispetto
all’ordine costituito di una società fatta di contrasti di classe che lo emargina.
Nel 1952, poi, Chaplin realizza un’autobiografia con “Luci della ribalta”, nella storia del clown che riecheggia in una
metafora amara e venata di patetismo, quella dello stesso Chaplin.
La comicità degli anni Venti: il caso Keaton
Joseph Keaton nasce sul palcoscenico, con un apprendistato teatrale di 20 anni che gli consente di perfezionare uno stile di
recitazione e una mimica prodigiosa che gli permettono di esordire nel cinema nel 1917, al fianco di Roscoe Arbuckle. Il
lavoro in coppia è costituito sulla contrapposizione fisica dei due, Keaton esile e Roscoe grasso. Questo consente a Keaton
di esperire ogni sorta di modalità comica. Nel 1920 nel film “Il semplicione” di Blache, interpretato da Keaton, abbiamo un
a poetica e uno stile originale che si discostano dal modello di Chaplin.
La comicità di Keaton stabilisce regole proprie, a cominciare dalla definizione di uno stile basato sulla sottrazione, mimica e
poi drammatica e su una schematizzazione geometrica della realtà rappresentata, dando luogo all’astrazione del volto di
pietra. Una recitazione controllatissima, anti narrativa e antidrammatica .
Gli anni del sonoro coincidono con il declino di un autore che era legato ai canoni espressivi del muto.
CAPITOLO 4 – IL CINEMA AMERICANO CLASSICO, 1930-1960. EVOLUZIONE E DECLINO DELLO STUDIO
SYSTEM
1930-1945; l’introduzione del sonoro e l’industria hollywoodiana
L’introduzione del sonoro coincide, per gli Stati Uniti, con la crisi economica dovuta al crollo di Wall Street nel 1929 che
determina una depressione che si risolse negli anni 30 con una ripresa. Gli Stati Uniti possono avvantaggiarsi
dell’incremento produttivo e di vendite dell’industria degli armamenti. Il rapporto con il mercato estero dei paesi alleati,
consente un’espansione che riguarda i settori dell’industria, anche quella cinematografica. Eletto presidente Franklin
Roosevelt attua una politica economica di sostegno all’industria che ha su Hollywood un impatto importante, confermando
il sistema oligopolistico che rimane fino al 1948.
Il cinema sonoro hollywoodiano tende a porsi come modello del cinema tout-court e tra il 1930-1945 la storia del cinema
coincida con quella di Hollywood. In Italia, il mito del cinema hollywoodiano diventa riferimento per gli intellettuali che
reagiscono alla chiusura del regime fascista fino alla legge Alfieri del 1938 che interviene a limitare la circolazione dei film
stranieri; nel 1946 vengono importati in Italia ben 600 film di Hollywood che ottengono l’84% degli incassi mentre i film
italiani ne ottengono solo il 10%.
Nella stagione statunitense la figura del produttore acquista importanza rispetto al periodo del muto dove abbiamo il
controllo assoluto della produzione, sulla base di strategie di marketing e di un attento studio dei gusti del pubblico; si tratta
di un’organizzazione che prevede una catena di montaggio di ruoli e compiti definiti dove ogni intervento viene controllato
da precisi termini contrattuali e da una logica di verifica.
Hollywood è meta di un’immigrazione intellettuale e artistica che costituisce un apporto straordinario di influenze e stimoli.
L’introduzione del sonoro accresce e potenzia il meccanismo della logica industriale e si affermano modi di produzione e
rappresentazione che differenziano lo spettacolo cinematografico da quello delle origini.
La riproduzione tecnologica del suono spingono lo spettacolo cinematografico verso la meccanizzazione e la
standardizzazione, eliminando il divario tra performance e testo tipica del cinema primitivo e ancora forte negli anni 20.
L’avvento del sonoro può essere interpretato come il punto di arrivo di un processo che contrappone una diversa
dimensione testuale tendente alla chiusura. Negli Stati Uniti il suono viene a condividere lo stesso statuto riproduttivo delle
immagini, contribuendo al potenziamento della verosimiglianza e dell’illusione di realtà.
La Warner nel 1926 proietta “Don Giovanni e Lucrezia Borgia”, il primo film con musica registrata, senza dialoghi,
realizzato con il sistema Vitaphone, fornito dalla Western Electric.
Nel 1927 ha luogo la proiezione pubblica di “Il cantante di Jazz” in cui, in alcune sequenze, il cantante Al Jolson cantava,
pronunciando qualche parola.
Solo nel 1928 esce il primo film della Warner interamente parlato “Le luci di New York”. La Fox brevetta nel 1927 il
sistema Movietone, il primo in cui il suono viene registrato direttamente sulla pellicola.
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Con la diffusione dello standard tecnologico, gli studios procedono ad attrezzare le sale cinematografiche e nel 1932 la
conversione al sonoro viene del tutto realizzata. Nel giro di pochi anni il sono si integra perfettamente ai modi di
produzione, sostenendo anche la produzione di cinegiornali di attualità e documentari che accompagnano in tutto il mondo i
film di finzione, doppiati nelle varie lingue dei paesi.
Il cinema americano classico 1930-1945: produzione, generi, star system
Il funzionamento dello studio system è standardizzato, i prodotti appaiono in realtà diversificati secondo lo specifico stile
della casa di produzione. Il logo dello studio siglano il film con una firma che orienta le aspettative del pubblico rispetto al
genere. Gli stessi contratti legano i divi ad uno studio.
Ogni major del cinema controlla una determinata categoria di sale diversificate socialmente e geograficamente, quindi si
rivolge ad un certo tipo di pubblico.
Lo studio system rende consustanziali ragioni di ordine diverso: budget, stili, generi e divi che sono co-necessarie. I generi
cinematografici classici risultano legati a esigenze di pianificazione industriale e di conseguente orientamento del consumo
spettatoriale. Gli anni 30 vedono fiorire i gangster movie, legato all’attualità del crimine organizzato, in film come “Piccolo
Cesare”, “Nemico Pubblico” e “Scarface”, dove la violenza e il disagio della società americana fa da sfondo a storie di boss
venuti dalla strada. Questo genere fa da promotore al genere noir negli anni 40 dove con il crimine, gli autori trovano il
pretesto per rappresentare mondi e personaggi in cui il cinismo impedisce la distinzione tra buoni e cattivi. Il genere
cinematografico deriva da un’ambientazione urbana e notturna con l’assunzione delle dark ladies, ovvero le donne fatali.
Tra i migliori abbiamo Fritz Lang che dirige noir memorabili come “La donna del ritratto”, o il viennese Otto Preminger
che firma il film “Vertigine”.
Se negli anni 30 prevale la tendenza pacifista, dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti, prevale un genere in favore della
causa bellica.
Se il cinema classico ha affermato il ruolo del montaggio nella costruzione dello spazio-tempo filmico, era il montaggio a
dover essere occultato in quanto tale. È proprio la discontinuità del montaggio a dover sortire un effetto di continuità. Il
montaggio doveva essere invisibile. Bazin individua 3 caratteristiche del decoupage classico: la motivazione, la chiarezza e
la drammatizzazione, principi che motivano ogni stacco di montaggio. I principali tipi di racconto che definiscono questa
strategia sono:
1. Raccordo di sguardo: inquadratura che mostra un personaggio che guarda qualcosa
2. Raccordo sul movimento: un gesto o un movimento inquadrato
3. Raccordo sull’asse: inquadratura che mostra il momento successivo dell’azione precedente
4. Raccordo di posizione: personaggi ripresi uno a destra e l’altro a sinistra dell’inquadratura
5. Raccordo di direzione: inquadratura che mantiene la direzione del personaggio che esce di scena
Il codice Hays.
Nel 1934 William Hays crea un Codice di produzione noto come codice Hays, destinato a restare in vigore fino agli anni
60. Il codice stabilisce standard morali per la rappresentazione di tematiche sessuali, scene di violenza o crimini basandosi
sul rispetto della legge e della natura degli uomini, sulla condanna del crimine e sulla rappresentazione del male solo se
giustificata dalla necessità dell’azione.
Registi a Hollywood: John Ford e il western classico
I western di Ford contribuiscono a delineare la storia del genere. Il western nasce con la storia del cinema statunitense e le
sue origini coincidono con quelle del cinema narrativo. Il genere sostiene le istanze di un nuovo linguaggio narrativo basato
sul montaggio, sui movimento di macchina e sull’affermazione di un decoupage che va verso la continuità, insieme alla
formazione di stereotipi e motivi narrativi, come la ferrovia, gli scontri e il conflitto tra civiltà e popoli selvaggi.
Un’affermazione che porta all’estendere del villaggio, ovvero la comunità civile contro il deserto, ovvero il selvaggio,
l’indiano. Raoul Walsh dirige “Il grande sentiero” in cui John Wayne ottiene il primo ruolo da protagonista e De Mille
fonde diverse leggende, storie ed eroi del West, in “La conquista del West”.
Il film di Ford “Ombre rosse” racconta la storia del viaggio di una diligenza dagli indiani la cui è espressione di valori della
civiltà, nel contrasto con lo stato di natura, libero e selvaggio, rappresentato dagli indiani.
I personaggi di Ford sono ripetitivi e sovrapponibili ma hanno dei valori, venendo a esprimere una visione del mondo
americana e rooseveltiana.
Registi a Hollywood: Howard Hawks e la commedia
Jacques Rivette scrisse un articolo su Howard Hawks, avviando quella politica degli autori che avrebbero attraversato il
cinema americano classico.
Hawks ha affrontato molti dei generi classici, impadronendosi delle coordinate narrative di genere; crea opere multiforme,
in cui emergono temi come l’amicizia e la misoginia del noir.
Un raccontare asciutto, in cui il ritmo è veloce grazie al montaggio invisibile. La sua privilegiata fu la commedia che si
definisce come insieme di varianti sullo schema della commedia sofisticata, venendo a disegnare una mappa ironica e
sottilmente allusiva di relazioni tra uomini e donne.
La commedia sofisticata.
Nasce negli anni 30 e 40, con personaggi alto-borghesi e un esempio fu il film “Susanna” dove abbiamo continue gag
visive e verbali, in un montaggio che costruisce di piano in piano il percorso catastrofico dell’intreccio, la storia del
paleontologo imbranato innamorato della ricca Susan. La contrapposizione tra intellettuale e la vivacità di Susan sostiene
più linee interpretative. La donna è il motore della commedia.
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Il caso di Orson Welles
Il 21 luglio 1939 la RKO aveva firmato con il 24enne Welles un contratto che gli conferiva autonomia quasi completa dal
soggetto in poi, producendo il suo primo grande film “Quarto Potere”. Welles fa il suo ingresso a Hollywood dalla porta
principale grazie alla fama nata con il clamore suscitato dalla beffa radiofonica giocata al mondo intero, con l’adattamento
della “Guerra dei mondi” di Wells, attualizzato in stile di cronaca, con una rivoluzione del linguaggio e del funzionamento
dei media. Welles è incline alla trasgressione delle regole e alla provocazione. Offrendo a un genio ribella una rischiosa
autonomia, la RKO intendeva lanciare una nuova immagine dello studio che fosse competitiva con la Warner o la
Paramount. Alla sua uscita, Quarto Potere risulta un successo per la critica e per gli addetti ai lavori, ma fu un insuccesso di
pubblico. Con “Quarto Potere” Welles aveva inaugurato un modo di narrare che eccede dai punti di vista, da quello
tematico, dilatando la vicenda sul piano storico-realistico, morale, psicologico e su quello drammaturgico, forzando il
linguaggio classico nella rappresentazione di una realtà prospettica.
Un modello di narrare eccessivo che rintracciamo in tutte le sue opere, anche quelle realizzate con mezzi di fortuna raccolti
in giro per il mondo, dopo la scomunica da Hollywood. Welles aveva avuto il raro privilegio di controllare in toto la sua
opera, godendo di libertà creativa. Dopo “L’orgoglio degli Amberson” Welles viene licenziato dalla RKO, ma il film viene
distribuito in una versione manipolata dalla casa produttrice. Il film presenta temi e caratteristiche stilistiche simile a Quarto
Potere, cui il film è collegato.
Il tentativo di trasmettere attraverso lo stile il senso del film, dilatando lo spazio e il tempo dell’inquadratura, della
sequenza, con il ricorso a piani-sequenza, a riprese in profondità di campo, a profondità di montaggi peculiari anche a
livello sonoro. la profondità di campo fa riferimento al montaggio proibito, uno stile che privilegi la continuità reale,
attraverso riprese lunghe e piani-sequenza, costruendo montaggi interni al quadro, con la messa a fuoco di vari piani.
Il film “Quarto Potere” tratta la storia del cittadino Kane, raccontata a ritroso, dalla morte, attraverso le testimonianze di
chi gli fu vicino in vita, è un labirinto senza centro. L’avventura di questo film somiglia ad un labirinto in cui tutte le strade
e nessuna, conducono verso il centro. L’invecchiamento di Kane è tragico nel film quanto la perdita dell’infanzia. Il tema
della morte è il tema morale del film.
Autori a Hollywood: il caso Hitchcock
Alfred Hitchcock è un autore in cui troviamo una coerenza tematica e stilistica straordinaria, paragonabile a Welles, ma
diversamente da questo, la sua opera e il suo stile, e la disponibilità a raccontare nei canoni di genere, riescono a
raggiungere il grande pubblico, non entrando mai in conflitto con la sua valutazione.
Hitchcock inaugura un percorso incentrato sul giallo e sulla suspense, raccontati attraverso la dicotomia tra realtà e
apparenza, angoscia e sospetto. In film come “L’uomo che sapeva troppo” e “Giovane e innocente”, l’autore mette in scena
un universo morale e psicologico in cui le ossessioni si traducono in una iconografia visiva importante.
Il giallo di Hitchcock (Notorius, La finestra sul cortile, Vertigo e Psyco) si configura come uno scenario onirico in cui il
problema è l’identità dell’individuo, la lotta tra conscio e inconscio, normalità e follia, morale e istinto che si pongono
attraverso accadimenti che assumono un valore simbolico.
Un esperimento fu il film “Intrigo internazionale”, dove l’autore si avvicina alla commedia; il protagonista del film è un
uomo alla ricerca della propria identità, pronto ad affrontare prove paradossali. Lo stile corrisponde ad una sperimentazione
che conducono l’autore ad una forzatura del linguaggio classico come accade nei movimenti di macchina che muovono dal
più grande al più piccolo, attraverso un lungo percorso che la macchina da presa compie da un campo totale dall’alto.
Il film “Notorius, l’amante perduta”.
Tutte le scene di suspense sono costruite attorno a due oggetti: la chiave e la falsa bottiglia di vino. Il film coniuga una spy
story a una love story, raccontando la storia di Alicia che, per riscattarsi dalla colpa di essere figlia di un criminale,
accetta l’incarico affidatole dall’agente segreto Devlin di spiare un anziano amico del padre, Sebastian. Alla base della
storia c’è quindi il triangolo amoroso in cui abbiamo il buono Devlin che tuttavia mette in pericolo Alicia di cui è
innamorato, non impedendole di sposare il rivale; dall’altro abbiamo il cattivo Sebastian che viene tradito dalla persona di
cui è innamorato.
Walt Disney e il cinema classico.
Gli anni 30 sono il periodo di maggior sviluppo del disegno animato in America. Nasce la Walt Disney con l’ingresso del
personaggio Topolino nel 1928. Tema centrale della Walt Disney è l’antropomorfizzazione degli animali. Il primo
lungometraggio di questa casa fu “Biancaneve” nel 1937. Il suo successo si deve alla sua omogeneità con il cinema
classico dal vero, privilegiando la chiarezza e la fusione tra il cartone e il cinema narrativo.
Il tramonto degli Studios Hollywoodiani e appunti su stile narrativo e generi
Dopo la seconda guerra mondiale e la guerra fredda, si vuole abbattere il sistema di integrazione verticale su cui appoggiano
gli studios, ma questi decadono anche a causa dell’assottigliamento del pubblico, causa televisione.
La concorrenza televisiva spinge i produttori a tentare un rilancio nel colore e nei formati. Tra il 1952 e il 1955, per
sconfiggere il piccolo schermo, si sperimentano diversi formati panoramici. Si diffonde il Cinemascope, introdotto dalla
Fox ampliando la spettacolarità.
Nel cinema del dopoguerra si diffonde una tecnica narrativa soggettiva, o il racconto retrospettivo, con flashback.
Si assiste ad un incremento di alcuni generi come il melodramma e la fantascienza.
Crisi e rinnovamento a Hollywood: l’esempio di Elia Kazan e Nicholas Ray
Di origine turca, Elia Kazan giunge al cinema dopo un’attività teatrale con il Group Theatre che gli consente di conoscere e
sperimentare le tecniche della recitazione che lo condurranno a fondare nel 1948 a New York l’Actor’s Studio. Le prime
opere cinematografiche riflettono la necessità di affrontare tematiche sociali, e il tentativo di trasferire al cinema la corposità
spettacolare. Kazan avvia una sorta di autobiografia indiretta, in cui emergono eroi negativi, critici.
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Nicholas Ray esordia al cinema con il noir “La donna del bandito” che inaugura un personale rapporto con i generi, in cui
dominano eroi malinconici e sconfitti creando emarginazione e generando violenza. Emerge uno stile asciutto, un equilibrio
tra realismo e simbolismo, con un’attenzione per l’architettura e inquadratura.
L’Actor’s Studio
Fondato nel 1948 da Elia Kazan è la scuola di arte drammatica degli Stati Uniti. Il metodo di recitazione insegnato è
quello di Stanislavskij. Il metodo di questo studios riguarda l’identificazione delle personalità profonde dell’autore che
deve comprendere la disponibilità psicologica dell’attore, scavando nel suo inconscio.
CAPITOLO 5 – IL CINEMA EUROPEO DEGLI ANNI 30 E IL REALISMO POETICO FRANCESE
Introduzione del sonoro in Europa
Il sonoro, arriva lentamente in Europa a causa delle diverse lingue nei vari stati. Un metodo per risolvere i problemi è quello
di girare film in più lingue, con attori diversi e importarli all’estero o esportarli; nasce quindi, nel 1932, il doppiaggio
cinematografico. Il sonoro mette in crisi le avanguardie cinematografiche per l’aumento dei costi.
Il cinema elle dittature: Italia, Germania e Unione Sovietica
In Italia dopo la guerra, il cinema entra in crisi, rialzandosi poi solo con Mussolini nel 1922 che crea il Festival del cinema
di Venezia, sviluppando un cinema d’intrattenimento.
In Germania il cinema nazista ha successo sul piano tecnico ma non esprime personalità di spessore estetico.
Nell’Unione Sovietica Stalin crea una dottrina artistica che si chiama Realismo Socialista, per esprimere al pubblico
popolare forme chiare del cinema.
Il cinema francese da “Zero in condotta” ad “Amanti perduti”
La Francia è l’area più debole di questi anni. Si crea una produzione artigianale in seguito al fallimento delle grandi casi
produttrici di cinema. La tendenza è quella del Realismo Poetico, dove abbiamo vicende di periferia che girano intorno a
figure come gli operai malviventi, eroi destinati ad essere sconfitti dalla vita.
In questi film nasce la volontà di portare in scena la dura realtà della vita del proletariato.
Jean Renoir, fratello del pittore, è l’autore più importante del cinema francese degli anni 30. Importante nei suoi film è la
regola del gioco anche se l’alta borghesia da lui rappresentata è negativa, ottenendo poco successo inizialmente per poi
essere apprezzata dal pubblico negli anni 60.
Renoir si distingue per l’uso della macchina da presa e per l’organizzazione dello spazio, rigettando il decoupage classico a
favore del long take, il rifiuto della frammentazione del campo contro-campo come in “Pranzo dei servi” dove la macchina
da presa si muove orizzontalmente da destra a sinistra per seguire i personaggi senza stacco.
Renoir sfrutta la quarta parete inaugurata nel cinema classico con l’effetto di rivolgere il personaggio al pubblico.
CAPITOLO 6 – IL NEOREALISMO E L’AVVENTO DEL CINEMA MODERNO IN ITALIA
Territorio neorealista
Il neorealismo si manifesta per una stagione intensa ma breve, nata con la pubblicazione nel 1943, di due articoli di
Barbaro. Così, molti intellettuali discutono per riformulare l’identità del nuovo cinema.
Il neorealismo è un cinema antifascista, pronta a diffondere una nuova morale.
Il neorealismo nei film
La coppia Zavattini-De Sica costituisce una posizione teorica del neorealismo ed è sintetizzata intorno al pedinamento del
reale: seguire la realtà. I loro film sono lavori che procedono verso una riduzione dell’intreccio narrativo, favorendo i tempi
morti, valorizzando i gesti della quotidianità. In “Ladri di biciclette” la macchina da presa non presenta stacchi, è in
continuo movimento; le inquadrature sono lunghe e si fermano solo quando il personaggio ripreso si blocca, per poi
ricominciare a muoversi non appena il personaggio lo fa.
Rossellini cerca l’impatto tra la macchina da presa e il flusso delle cose, con l’intento di divulgare la realtà. l’obiettivo è
quello di fare film a basso costo e sganciati da interessi e condizionamenti industriali.
In “Paisà” ci sono 6 episodi ambientati in località diverse; quello che lo spettatore vede sullo schermo è accaduto.
Visconti ha invece uno stile che si allontana dai parametri neorealisti; il materiale è sottoposto sempre alla selezione per
poter diventare un film, restando vicino allo stile classico.
Con “La terra trema” l’autore parte dai Malavoglia per raccontare la sua versione della storia.
Le riprese avvengono ai ambienti reali: in apertura abbiamo la didascalia, dopo la quale le immagini ci mostrano i pescatori
e abbiamo la voce che commenta. Il narratore parla italiano e non dialetto.
De Santis ha uno stile particolare che coincide con i gusti del pubblico, abbassando i canoni neorealisti. Nei suoi film, lo
sfondo rappresenta il duro lavoro dei personaggi che si inseguono e si affrontano. Da un lato il film è una parabola, e
dall’altro il personaggio mette in dubbio la veridicità della storia.
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La modernità nel segno della commedia
Negli anni 50 il cinema diventa il testimonial della realtà sociale. La crescita economica ha come conseguenza un
ampliamento dell’industria cinematografica che punta su un prodotto medio, accessibile alla classe sociale, creando così un
pubblico allargato.
Nella commedia è importante che tutto assomiglia al reale, con ambientazioni diverse come il mare, il paese e la città.
Questo genere diventerà il simbolo della “commedia all’italiana” senza una narrazione lineare, ma con una frammentazione
del racconto che portano a conclusioni irrisolte.
CAPITOLO 7- IL CINEMA D’AUTORE EUROPEO NEGLI ANNI 50 E 60
Il cinema d’autore è un gruppo di registi e opere tenuti insieme da elementi comuni:
1. Il lavoro dei registi si estende alle fasi di lavorazione di un film
2. I contenuti liberano il film da ogni residuo commerciale, facendo di esso un oggetto culturale
3. È importante l’originalità espressiva per lo stile
4. I contenuti diventano più complessi con un accrescimento culturale
Luis Bunuel e “Viridiana”
Il cinema di Luis Bunuel ha un gusto ironico con attacco ai valori della società borghese. Nei suoi film c’è una matrice
surrealista con spirito anticattolico con attenzione alla psiche. Il suo film “Viridiana” racconta di una giovane novizia che
prima di compiere il voto fa visita allo zio che si innamora follemente di lei, fino quasi ad abusarne; quando la donna va via
lui si suicida e con la sua eredità la ragazza apre una comunità per il bene dei poveri anche se questi fanno orge e
commettono violenze.
Bunuel vuole così sottolineare l’inutilità della carità e della virtù.
Ingmar Bergman e “Il settimo sigillo”
I soggetti dei suoi film guardano all’uomo e alla sua anima. I temi riguardano invece i tradimenti e la perdita della fede per
una meditazione sul senso della vita.
In “Il settimo sigillo” Bergman diventa un regista di fama internazionale; la storia narra di un cavaliere che incontra la
morte che gli dice che la sua ora è giunta. L’uomo allora sfida la morta ad una partita a scacchi dove cerca di salvare i
bianchi ma perde il cavallo. La partita a scacchi rappresenta il tentativo del cavaliere di avere una risposta ai dubbi che
mettono in pericolo la sua fede in dio.
Robert Bresson e “Pickpocket”
Il suo cinema rappresenta formalità e pudore estetico che determinano uno stile essenziale con il rifiuto della spettacolarità,
l’attenzione a storie di inganni, amori e tradimenti melodrammatici. I suoi personaggi sono tendenti al suicidio.
“Pickpocket” è un film rappresentativo dove il protagonista è un giovane borsaiolo che reagisce all’oppressione sociale.
Alla fine, sarà arrestato e in prigione si innamorerà di una ragazza già conosciuta.
Jacques Tati e “Playtime”
Il suo cinema è comico, riprendendo Keaton. Il bersaglio dei suoi film è la piccola borghesia, riprodotta con toni satirici. I
suoi film sono commedie acustiche e visive.
“Playtime” è diviso in due parti: da un lato un ambiente che rappresenta un’esposizione universale fatto di vetro e cemento;
dall’altro un ristorante alla moda.
È un discorso critico sulla società moderna comunista. Il protagonista si sente in imbarazzo non sa adattarsi.
CAPITOLO 8 – IL CINEMA D’AUTORE IN GIAPPONE
Il cinema giapponese è stato l’unico a imporsi e a svilupparsi con uno stile simile ai modelli occidentali. Le tendenze
stilistiche giapponesi si dividono in:
1. Stile Calligrafico: montaggio rapido e discontinuo ma con movimenti della macchina spettacolari.
2. Stile Pittorico: associato al dramma urbano, i campi sono lunghi e profondi con immagini astratte.
3. Stile Analitico: frammentazione delle scene con inquadrature statiche.
Yasujiro Ozu e “Viaggio a Tokyo”
I suoi film ruotano attorno alla figura della rivelazione, la scoperta di una verità sconosciuta; si concentra sulle storie
familiari tradizionali e moderne.
In “Viaggio a Tokyo” abbiamo la storia di una coppia di genitori anziani che vanno a Tokyo per incontrare i figli ormai
grandi; il tema è quello della disgregazione familiare quando loro capiscono che i figli si sono staccati.
Kenji Mizoguchi e “I racconti della luna pallida d’agosto”
I suoi film si allontanano dal decoupage classico ma non lo abbandona. Dominante nei suoi film è la donna con denuncia
alla società patriarcale. “Racconti della luna pallida d’agosto” è un film ambientato nel 16° secolo che narra la storia di un
artigiano che abbandona la moglie perché si innamora di una straniera che sopra poi essere un fantasma; quindi torna a casa
dalla moglie ma anche lei è ormai un fantasma, uccisa quando lui era via.
Akira Kurosawa e “Rashomon”
I suoi film si basano sulla politica; il sacrificio in nome della patria. “Rashomon” parla della violenza su una donna in
viaggio con il suo uomo, da parte di un ladro. Le vicende chiave sono lo stupro della donna e la morte del suo uomo che
vengono raccontate da personaggi esterni alla storia.
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CAPITOLO 9 – LA NOVELLE VAGUE
Al Festival di Cannes del 1959 vengono presentati due film: “I 400 colpi” di Truffaut e Hiroshima e “Mon Amour” di
Resnais che danno vita alla Novelle Vague.
Questa “nuova ondata” riflette suggerimenti di epoche passate come il cinema d’avanguardia e il cinema di qualità negli
anni 60. Alla Novelle Vague parteciparono critici che disprezzano il cinema commerciale e sono contro i prodotti che hanno
una sceneggiatura predefinita e attori famosi.
Questi fattori portano all’indebolimento dei teatri di prosa a favore dell’esaltazione dell’estetica e di ambienti naturali, con
piccole troupes e apparecchiature ridotte che mettono in discussione la realtà del cinema e il modo di raccontare favorendo
l’elemento casuale.
Il gruppo “Chalers du Cinema”
Chabrol fu il primo a produrre film a basso costo per l’intento di usufruire del racconto per esplorare gruppi psicologici
individuali.
Godard è un regista negli anni 60 che propone una riforma del linguaggio cinematografico. Il suo sforzo è quello di
riprendere gli elementi del linguaggio, immagini, suoni e musica.
Truffaut è un autore che sperimenta e i suoi film sono sempre diversi; vanno dal ritratto psicologico e d’ambiente al genere
giallo e melodramma; così denota il desiderio di cimentarsi con alcune regole del racconto cinematografico per modificarle.
Spesso egli crea l’itinerario del personaggio a partire dalla sua infanzia. È un percorso d’amore.
Gli autori vicini
Gli autori vicini sono i registi che si avvicinano a quelli della Novelle Vague, ad esempio:
1. Astruc: realizzò con difficoltà i suoi progetti; ciò che gli preme è la resa formale, un controllo che gli impedisce gli
slittamenti del film a tesi sia uno psicologismo conclamato.
2. Malle: abbandona il piano sequenza per un montaggio rapido e frantumato con ritmo baso su accostamenti e
contrasti; trova tecniche da una mobilità della macchina da presa.
3. Vadim: è l’anima della furbizia commerciale, scoprì la diva Brigitte Bardot; scrive storie gratuite ed enfatiche ma
anche racconti gradevoli.
Gli autori “Rive Gauche”
Autori diversi sono accomunati ma sono autonomi all’interno della Novelle Vague. In primis abbiamo Resnais che
sperimenta e rischia nuovi rapporti con la letteratura. Tema dei suoi film è il tempo perché la memoria da senso all’esistenza
ma ne è anche la condanna. Resnais fa i conti con la storia, come si è depositata nelle coscienze. Il racconto d’amore
“Hiroshima” ha una tragedia atomica. La narrazione perde l’andamento consequenziale per acquisire un ordine legato alla
soggettività e al suo flusso interno.
CAPITOLO 10 – IL NUOVO CINEMA
L’espressione “nuovo cinema” indica esperienze creative che si estendono su scala internazionale negli anni 50 fino agli
anni 70. Il cambiamento investe gli apparati tecnici e l’organizzazione produttiva.
I tempi di ripresa accelerano e le procedure si semplificano, incoraggiando lo sviluppo del cinema economico.
Abbiamo l’introduzione dello zoom ma anche alla trasformazione della società e della cultura.
Il nuovo cinema pone al centro dell’immaginario un nuovo soggetto esistenziale, immerso nelle problematiche della vita. È
un soggetto giovane che rifiuta i valori della famiglia e la carriera della società organizzata.
È controcorrente rispetto alle regole e alle tradizioni. Questo soggetto è autentico; si apre a nuove esperienze per questo la
produzione del film si deve adattare ai cambiamenti sociali.
La Gran Bretagna
Il “free cinema” Inglese nasce dalla rivolta politica e culturale negli anni 50; non sperimenta rivoluzioni sulla forma ma
sull’ideologia. Nasce soprattutto dalla critica di alcuni artisti nei confronti della disumanità. Per questo, le classi lavoratrici
sono spesso il soggetto del cinema, come le fabbriche e le strade.
Ne è protagonista il giovane proletario escluso dalla sua società.
La Polonia
La guerra generò un nuovo sentimento che porta lacerazioni individuali e sulla coscienza.
Polanski esordisce a fine anni 50 con dei cortometraggi. Nel suo primo lungometraggio “Il coltello nell’acqua”
approfondisce l’analisi psicologica; la storia narra del viaggio in aereo di una coppia borghese ormai in crisi e di un giovane
ragazzo che si trova a bordo per sbaglio, il quale ha atteggiamenti diversi rispetto alla coppia.
Quando Polanski si trasferisce ad Hollywood, le vicende personali, come l’assassinio della moglie, lo portano all’esilio in
Europa dove la sua visione del mondo si fa pessimistica, come le sue storie in cui sono presenti stupri.
La Grecia
In Grecia abbiamo Anghelopulos dove, nei suoi film, prevale il rifiuto della successione cronologica e del flashback. I suoi
tratti sono la ricorrenza del piano fisso, l’uso di piani sequenza lunghi e la valorizzazione fuori campo.
Per lui, la storia è un intreccio tra memoria collettiva e ricordi personali, tra messa in scena e reale, seguita dalla ciclicità e
dalla ripetizione.
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La Germania
In un festival cinematografico si rivelano le personalità di alcuni grandi cineasti; con un’attività libera dai vincoli
commerciali. Fassbinder è di intensità creativa; realizza brevi film a basso costo, facilitato dalla collaborazione con una
equipe di tecnici e attori di esperienza.
Usa linguaggi tradizionali, a volte nervosi e violenti, ma racconta un melodramma classico con strutture narrative forti che
coinvolgono il pubblico. Allo stesso tempo è moderno perché il melodramma è teatrale, proiettando una coscienza tragica
della società tedesca messa in scena alla fine dei film.
Herzog preferisce i grandi spazi e l’erotismo, frantuma le convenzioni per cercare immagini non contaminate dalla civiltà.
Wenders ama la musica rock ed è attratto dalla cultura statunitense; per questo i suoi film parlano di viaggi. Il viaggio è un
falso movimento perché non c’è movimento. Il film “Paris, Texas” è un film che accetta l’identità Europa del suo cinema,
realizzando un film americano. I suoi film sono poveri negli avvenimenti e nei personaggi, privilegiando il bianco e nero ai
colori.
CAPITOLO 11 – IL CINEMA ITALIANO DEGLI ANNI 60 E 70
La Nouvelle Vague italiana
Il cinema italiano degli anni 60 e 70 è in rafforto alle varie cinematografie mondiali.
I nuovi registi non rompono con la tradizione ma se ne proclamano eredi.
La Nouvelle Vague italiana fu parzialmente artificiosa: alcuni generi erano particolare, abbiamo i film sexy, i peepla
(personaggio mitologici), gli spaghetti western e la commedia all’italiana che costituiscono il prodotto medio e sono lo
specchio deformante della società italiana del popolo, ossia il passaggio dalla società agraria alle industrie.
Fellini firma il suo capolavoro “8 e mezzo” mentre Visconti non esegue rivoluzioni linguistiche né di regia.
Antonini invece è un regista moderno; scrive in modo elegante, induce all’auto riflessività, con l’apertura della borghesia.
Abbiamo un laicismo del punto di osservazione antiideologico.
È l’autore più autonomo e creativo specie nel suo film “Il grido” con tendenze di sinistra. Altri film hanno il tema
dell’amore e della solitudine. La donna viene rappresentata migliore dell’uomo perché è più sincera.
Questo lo porta ad un cinema di critica dello sguardo, un cinema dove l’esperienza narrata e quella dello sguardo sono il
tema del racconto. Ad esempio, abbiamo “Professione” dove tutto è trasformato in narrativa dove coincidono il mestiere del
vivere e quello del guardare.
I nuovi autori
Bertolucci ha un limite: il cinema intellettualistico; nei suoi film ci sono divi stranieri.
Olmi ha la costante della problematica etico-esistenziale, la solitudine individuale e la provvidenza.
Petri invece, propone un thriller psicologico che scava nella mente del sospettato. Negli anni 70 inizia a far film politici
grotteschi fondati sulla scommessa di veicolare un discorso civile.
I fratelli Taviani creano documentari e poi si dilettano con film sperimentali dotati di musica.
Bellocchio crea una parabola esistenziale dove i personaggi allegorizzano la realtà delle relazioni sociali.
CAPITOLO 12 – IL CINEMA NON-NARRATIVO: DOCUMENTARIO E SPERIMENTAZIONE
Il documentario
Al loro interno ci sono generi diversi: c’è quello che descrive la vita dei primitivi, quello di intervento socio-politico,
scientifico, storico e artistico. Il documentario non racconta storia perché non c’è sceneggiatura.
Lo scoppio della prima guerra mondiale favorisce lo sviluppo delle non-fiction, ovvero i documentari.
Flaherty è l’iniziatore dei documentari; nel film “Nanuk, l’eschimese” usa la macchina da presa per documentare i suoi
viaggi e i temi riguardano il conflitto uomo-natura. Il suo stile è trasparente: il non deve alterare la realtà ma registrarla,
quindi opta per un montaggio invisibile.
Il cinema non-fiction cresce come informazione e propaganda grazie al suono con cui si trasmettono i discorsi dei politici.
Importante in questo è il “documentary movement” di Grierson; il suo lavoro “Drifters” è un documentario sui pescatori di
aringhe che ottiene molto successo, tanto da commercializzarlo.
Nella seconda guerra mondiale si diffondono le cinecamere leggere che il regista può portare in spalla e strumenti che
registrano il suono; si viene a creare il “cinema diretto” che si diffonde in Francia, USA e Canada dagli anni 50.
Leacock realizza “Primary” film sulla sfida tra Kennedy e Humphrey per la presidenza. La macchina da presa segue i
candidati senza interferire nella loro attività quotidiana. Prirmary viene trasmesso in tv, segnando il passaggio dal
documentario come genere cinematografico a genere televisivo.
Altra corrente che viene a formarsi è il “cinema veritè” dove chi viene ripreso partecipa attivamente all’azione. La figura
più importante è Rouch che nel film “Chronique d’un etè” trasmette conversazioni di cittadini francesi su questioni
personali.
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Il cinema sperimentale e underground in America
Negli anni 40 il cinema sperimentale si sposta dall’Europa agli USA, recuperando il non-sense e l’attenzione per
l’inconscio, come in Europa. Dagli anni 60 un gruppo di cineasti crea un’associazione per favorire l’espansione del cinema
diverso, legato alla ricerca e non al business. 3 sono le linee di ricerca:
1. Autori di cinema narrativo
2. Autori di cinema diretto
3. Autori di cinema underground non narrativo ma visivo: esso si apre al potere della fantasia, dove dominano la
sessualità e la droga. Il più importante fu Wharol che si libera del soggettivismo lasciando spazio all’estrosità.
CAPITOLO 13 – IL CINEMA AMERICANO DEGLI ANNI 70
La New Hollywood
Negli anni 70 cambia il pubblico perché aumentano i giovani e le famiglie preferiscono vedere la televisione.
Negli anni 60 il cinema classico entra in crisi a causa dell’espansione televisiva; quindi, gli studios, incapaci di captare i
gusti del pubblico decidono di affidarsi a nuovi registi, sceneggiatori e attori.
Infatti, i protagonisti saranno i giovani e le tematiche riguarderanno la violenza, il sesso e la droga.
Negli anni 70 Coppola vuole risolvere il problema del rapporto tra creatività ed economia; egli vuole essere un regista-
produttore, come in “Apocalypse Now”.
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