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Riassunto libro nuovi fondamenti di linguistica

Linguistica e comunicazione (Università degli Studi Roma Tre)

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Nuovi Fondamenti di Linguistica – Raffaele Simone; Linguistica e


Comunicazione; Chiara Lauriano

Capitolo 1 - Le lingue e la linguistica


1.1 A che servono le lingue?
Le lingue furono inventate dall’uomo, le quali erano necessarie per
evolversi. Esse rispondono a tante necessità universali, ma quali sono
queste necessità? La risposta a tali domande si ottiene da alcuni
assunti di massima evidenza:
- le lingue servono prima di tutto a comunicare, a scambiare quindi
messaggi portatori di informazioni tra interlocutori umani;
- le lingue servono quindi a fornire predicazioni (termine che viene
dalla logica, si predica quando si dice qualcosa a proposito di
qualcos’altro).
Per far sì che la predicazione avvenga bisogna disporre di strumenti,
quali i nomi (classe di parole usate per designare, o indicare, quel
qualcosa di cui si parla) e i verbi (usati per comunicare, con la
funzione di predicare). Essi però non bastano da soli, funzionano con
l'aiuto di altre risorse (quali articoli, aggettivi, avverbi ecc).
Possiamo designare il tema con diversi livelli di precisione, dal più
generico (es. qualcuno dorme) al più preciso (es. mio nipote dorme).
Possiamo dissociare la nostra responsabilità da parlanti così che
nessuno possa dirci di aver dato un’informazione scorretta, abbiamo
quindi “salvato la faccia” (es. dicono che lui dorma). Possiamo anche
voler mandare messaggi “non detti” attraverso il messaggio letterale:
di ciò se ne occupa la pragmatica.

1.2 La linguistica
- è lo studio delle lingue e del linguaggio;
- è una scienza debole: scienza in quanto negli anni ha modellato le
proprie procedure e concetti di fondo, ma è debole perché i suoi
metodi sono spesso incerti, infatti tra i suoi esponenti c’è un
disaccordo molto elevato e alcune definizioni di base sono
controverse.

1.3 Una disciplina non prescrittiva


- la linguistica non dà consigli o prescrizioni di comportamento;
- i linguisti non sono guardiani del buon comportamento e dell’uso
corretto, ma loro si interessano anche ai comportamenti scorretti
(quindi gli errori della lingua) che possono rivelare aspetti importanti
del linguaggio;
-la linguistica mira alla descrizione e spiegazione dei fenomeni
linguistici.

1.4 A che serve la linguistica?


- insieme alla matematica, è la più antica delle scienze;
- lo studio del linguaggio illumina il funzionamento di mente e
pensiero, ma ha giustificazioni ancora più profonde: si ottiene
un’immagine evidente di sistemi complessi creati dall’uomo; inoltre
mostra alcuni meccanismi costanti, alcuni invarianti che giacciono

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sotto le lingue; è alla base dello studio dei disturbi del linguaggio,
della produzione di dizionari ecc.

1.5 Prerequisiti per lo studio del linguaggio


Bisogna superare difficoltà preliminari per entrare nel modo di
pensare della linguistica:
- si analizzano fenomeni che “non si vedono” (come la fisica, biologia,
economia ecc);
- il linguaggio non è un comportamento spontaneo e naturale, ma è un
oggetto esterno;
- il carattere informale del linguaggio non permette di coglierne tutti i
tratti principali;
- il fatto che la linguistica vede costituirsi il proprio oggetto via via
che la si studia;
- il comportamento linguistico, per natura, è caratterizzato da
fenomeni di disturbo;
- l’oggetto di studio e lo strumento per studiarlo sono il medesimo (le
lingue si studiano con le lingue).

Capitolo 2 - Codici e lingue


2.1 Una nozione intuitiva di linguaggio
Per linguaggio si intende la capacità di associare due diversi ordini di
entità, i contenuti mentali alla realtà sensoriale. Il primo ordine è
chiamato contenuto e il secondo espressione, oppure significato e
significante. Per costruire una nozione intuitiva di linguaggio non è
necessario precisare la natura del significante a cui il significato si
associa: il significante può essere di qualunque tipo. L'unica
condizione da rispettare è che il significante sia costituito da
materiale sensoriale.

2.2 Comunicazione animale


Il linguaggio non è una proprietà esclusiva dell'uomo: anche agli
animali va riconosciuta la facoltà di linguaggio, perché hanno mezzi
per associare significato e significante. Gli studi di etologia della
comunicazione hanno richiamato l'attenzione sulla comunicazione
degli animali. Per esempio, le api hanno un sistema che permette di
comunicare la presenza di giacimenti di cibo, ovvero la danza delle
api. Essa si manifesta in due forme principali: quella circolare e
quella dell’addome, la cui differenza indica la distanza del giacimento
di cibo dall'alveare. La danza dell'addome ha una caratteristica in più:
può indicare con precisione la direzione del giacimento. Anche le
formiche hanno un loro sistema di comunicazione, i cui mezzi sono
molto più elementari e veicolano informazioni estremamente limitate,
adoperando come mezzo quello chimico.

2.3 Proprietà biologiche del linguaggio

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- il linguaggio è congenito, ovvero innato: nasce con l’organismo ed è


registrato nel patrimonio genetico dell'individuo. Ciò lascia pensare
che questa facoltà sia immutabile;
- dal carattere congenito dipendono due proprietà: esso non può
essere appreso e non può essere dimenticato;
- il linguaggio si manifesta sotto forma di associazioni tra significato e
significante, ed è indifferente rispetto a quale specifico significante
verrà scelto per attualizzarlo;
- i modi in cui linguaggio si attualizza non sono infiniti (l'uomo non
può comunicare attraverso la danza come le api).

2.4 Codici
Le lingue sono codici, ovvero sistemi di corrispondenze tra
significato e significante che servono a trasmettere informazioni da
un emittente a un ricevente attraverso la diffusione di messaggi.
Esistono molti codici, come i sistemi di numerazione e la segnaletica
stradale. La codifica è l'operazione di formazione di un messaggio da
parte dell'emittente, mentre la decodifica è l'interpretazione del
messaggio da parte di un ricevente. I codici secondari sono quelli che
hanno come contenuto l'espressione di un altro codice, come la
grafia.

2.5 Dal punto di vista del significante


Un codice detto articolato ha due proprietà: può essere scomposto in
elementi ricorrenti, e gli elementi che lo compongono ammettono
combinazioni diverse, per esempio 14, 41, - 1414 ecc. Alcuni hanno
anche un'altra proprietà essenziale, la posizionalità il significato è
convogliato dalla posizione che ciascuno dei componenti occupa nella
successione. Le lingue verbali, come il codice numerico, sono
articolate. I codici possono essere distinti in quelli che permettono di
generare i messaggi che possono essere interrotti, come le lingue
verbali, e quelli che non lo permettono. I codici che lo permettono
sono detti codici con stand-by, che permette l'organizzazione della
sintassi.

2.6 Relazioni tra significante e significato


-b le due principali categorie di codici sono i codici iconici, dove
l'espressione ha una certa somiglianza con il contenuto che esprime,
per esempio le parole “questo bambino” saranno indicate con
l’immagine di un bambino, e i codici arbitrari, in cui non esiste
somiglianza tra espressione e contenuto; inoltre l’iconicità favorisce
la decodifica. L'arbitrarietà invece richiede che l'utente abbia preso il
codice acquisendo la capacità di associare uno specifico contenuto a
un'espressione specifica tra loro eterogenei. I codici arbitrari pur
essendo meno maneggevoli di quelli iconici sono molto più efficienti.
Le lingue verbali sono in parte iconiche e in parte arbitrarie;

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- la sinonimia è la capacità di un codice di poter assegnare una


molteplicità di significanti allo stesso significato, per esempio
vocabolario e dizionario sono sinonimi (anche frasi intere possono
essere sinonimi);
- i codici sono sinonimici in quanto sono arbitrari in quanto è proprio
l'arbitrarietà che permette di costruire segni diversi per dare
espressione ai medesimi significati;
- le lingue verbali sono ambigue, perché molti loro elementi hanno
significati che non sono identificabili in modo univoco (vale per parole
e per intere frasi);
- la sinonimia e l'ambiguità dei codici verbali può essere sintetizzata
affermando che essi sono codici vaghi.

2.7 Dal punto di vista del significato


- la danza delle api e la traccia chimica lasciata delle formiche sono
codici capaci di esprimere una porzione limitata di significati, ovvero
hanno una finitezza semantica;
- le lingue verbali invece sono semanticamente infinite, per il fatto che
permettono di parafrasare messaggi formulati in qualunque altro
codice e possono parafrasarsi da sole;
- la parafrasi però non è infinita, per esempio non tutti i messaggi
matematici possono essere riformulati in parole;
- la capacità metalinguistica è la capacità che ha una lingua di
riflettersi su se stessa adottando se stessa come contenuto.

2.8 Codici analogici e digitali


- un codice analogico esprime una variazione continua, un po' come
gli orologi analogici;
- un codice digitale esprime una variazione "a salti", come gli orologi
digitali;
- dal punto di vista del significante le lingue verbali sono codici
discreti, e il carattere discreto è collegato all’arbitrarietà in quanto
una lingua analogica sarebbe in parte iconica;
- il raddoppiamento come mezzo di intensificazione del significato è
comune a diverse lingue, ed è considerato come traccia di analogicità
nella lingua, per esempio il turco;
- anche il volume della voce o la rapidità dell'eloquio sono fenomeni
espressivi di indole analogica.

2.9 Forma e sostanza


- fisicamente il significante delle lingue verbali è costituito da tutta la
gamma di suoni che l'apparato fonatorio umano è in grado di
riprodurre e che l'apparato uditivo è in grado di percepire;
- le lingue non utilizzano tale materiale amorfo così com’è; in italiano
per esempio la porzione di sostanza fonica tra [a] e [e] viene divisa in
più segmenti: non si può confondere la pronuncia di santo e sεnto o

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lane con lene, quindi la porzione di sostanza fonica sta tra [a], [ε] e
[e];
- nel significante di un codice si distinguono quindi forma e sostanza
dell’espressione;
- nel significato abbiamo la sostanza del contenuto, costituita dalla
totalità dei significati pensabili, e la forma del contenuto, costituita
dal modo in cui questa sostanza viene formata.

Capitolo 3 - Lingue verbali


3.1 Pluralità e associazioni di codici
Sia gli animali che l'uomo usano una pluralità di codici. Nella gamma
dei codici umani si possono riconoscere almeno i seguenti:
l'espressione del volto, lo sguardo, i gesti, l'aspetto esteriore, e sono
detti i codici autonomi. Tra tutti i codici umani ce n'è uno del tutto
particolare, ovvero le lingue verbali, che hanno come proprietà
fondamentale il fatto di avere un significante primario fonico acustico,
costituito da suoni prodotti dall'apparato fonatorio e destinati a
essere ricevuti dall'apparato uditivo.
Le lingue verbali hanno anche diverse altre proprietà.

3.2 Arbitrarietà
- due significati nell'espressione arbitrarietà delle lingue, uno ovvio e
uno più profondo: nella prima accezione, le lingue sono arbitrarie
perché non vi è alcun vincolo naturale e necessario tra significante e
significato, tra di essi non c'è nessuna somiglianza, ma con alcune
eccezioni, come le onomatopee;
- secondo Saussure sono arbitrari non solamente i rapporti tra
ciascun significante e il suo significato ma anche quelli tra un
significante e gli altri significanti e quelli tra un significato e gli altri
significati;
- es. In italiano [pino] e [piːno] hanno lo stesso significato seppur
hanno una pronuncia diversa (ovvero il primo con la i breve e il
secondo con la i lunga); in tedesco invece col variare della pronuncia
può cambiare anche il significato (mita e miːta); quindi la distinzione
tra le i è arbitraria;
- ogni lingua configura raggruppamenti di significati associandoli a
sequenze di suoni, quindi organizza una classificazione
dell’esperienza; ciò si può collegare con l'arbitrarietà perché non
esiste alcuna ragione per cui le lingue debbano raggruppare in
significati in un modo piuttosto che in un altro, quindi le
classificazioni sono arbitrarie;
- i classificatori sono una parola o un morfema che viene usato in
alcune lingue per accompagnare i nomi in certi contesti grammaticali,

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e possono spesso essere considerati per "classificare" il nome in base


al tipo del suo referente;
- Saussure osservò che nei vocabolari esistono due tipi di parole:
quelle immotivate e quelle parzialmente immotivate, la cui struttura
interna ne riflette parzialmente il significato; quindi nelle lingue si
hanno diversi gradi di arbitrarietà;
- è diffusa la convinzione che l’iconicità nelle lingue si manifesti a
diversi livelli;
- sul piano fonologico tutte le lingue devono rispettare determinati
requisiti formali per poter funzionare: i suoni non possono essere
troppo limitati per quantità, le parole non possono essere più lunghe
di quanto l'utente possa controllare;
- tutte le lingue hanno singolari corrispondenze tra aspetti
paralinguistici e significati, tra cui tono della voce, velocità del
parlato ecc;
- anche nel raddoppiamento opera un principio iconico, ovvero
maggiore è l'intensità o la grandezza, più è il materiale fonico.

3.3 Doppia articolazione


- le lingue sono uniche perché doppiamente articolate;
- la prima articolazione è l'unità dotata di significato, la seconda
articolazione è l'unità fonica in sé priva di significato;
- es. sal-e, can-e, libr-o

3.4 Sintagmatico e paradigmatico: l'ambiente sintagmatico


- immaginiamo gli elementi linguistici disposti in una sorta di
magazzino di memoria quando vengono selezionati per essere
combinati in un enunciato si collocano su un asse lineare. Secondo
Saussure questa linea è detta asse sintagmatico, mentre il magazzino
è detto asse paradigmatico;
- sull'asse sintagmatico gli elementi linguistici possono subire
modificazioni quindi l'asse non si limita a ricevere elementi linguistici
ma è attivo su di essi; si intende quindi la porzione di contesto che
impone a quell'elemento una forma specifica; esso non influenza solo
la forma fonica e quella morfologica dei diversi elementi, ma ne
determina anche il significato; es. (8) ho preso un caffè, (9) ho preso
le chiavi= nelle due frasi ho preso indica un gesto diverso, e
l'alternanza tra le due interpretazioni è dovuta all'ambiente
sintagmatico.

3.5 Ricorsività
-0 è una proprietà di codici matematici che per alcuni aspetti appare
anche nelle lingue;
- un codice è ricorsivo quando il suo risultato può essere applicata la
medesima operazione un numero indefinito di volte;
- nelle lingue la ricorsività concerne in particolare alcune operazioni:
(10) luigi sta dormendo; z(11) luigi, che ha bevuto la camomilla,

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dorme; (12) luigi, che ha bevuto la camomilla che gli hai portato tu,
dorme= possiamo notare come l'inserimento di frasi relative nel
corpo di un enunciato dà luogo ad enunciati sempre più estesi, ma si
basa su un unico meccanismo che possiamo formulare con (13)
Regola della Relativa: Nome -> Nome + Frase Relativa

3.6 Coesione
- è il fenomeno per cui le lingue possono creare relazioni tra i diversi
elementi degli enunciati, indicando altresì quali elementi sono in
relazione tra loro;
- es. (15) agnosco veteris vestigia flammae
riconosco vecchio tracce fiamma
-le parole hanno a che fare l’una con l’altra; la coesione è
indicata da segnali
morfologici.

3.7 Citazione e de-citazione; narratività


- la citazione è un fenomeno linguistico che permette di formare
enunciati che possono riportare al loro interno altri enunciati emessi
in altra occasione oppure immaginati come da emettersi in futuro (es.
gli ha detto: “non ne posso più”);
-la forma inversa è chiamata de-citazione, ovvero la cancellazione
virtuale di una serie di elementi adoperati in precedenza e
nell'emissione di una nuova serie (es. mi ha dato uno schiaffo.. o una
carezza violenta? = “uno schiaffo” è de-citato);
- gli enunciati riportati possono presentarsi sotto forma di discorso
diretto o di discorso indiretto; questa proprietà è tipica delle lingue
verbali e permette una possibilità unica delle lingue, ovvero la
narrazione;
- il fatto di disporre di citazioni rende le lingue verbali un codice
narrativo;

3.8 Contestualità
- gli enunciati delle lingue acquistano un significato in contesti
specifici, al di fuori dei quali appaiono privi di senso;
- le lingue verbali hanno una contestualità interna e una esterna:
quella interna è manifesta negli enunciati che acquistano un
significato solo se inseriti in un tessuto di altri enunciati; quella
esterno è manifesta in alcuni enunciati che per acquisire un
significato devono far riferimento a una situazione non linguistica del
mondo esterno;
- quindi gli enunciati si relazionano al mondo esterno in due modi: (a)
perché lo designano; (b) perché lo evocano come quadro necessario
per assegnare un senso all’enunciato stesso.

3.9 Trasferibilità

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- l'espressione delle lingue verbali è principalmente fonica e un


enunciato qualunque può essere pronunciato in un'infinità di modi
(urlando, bisbigliando, cantando ecc);
- gli enunciati possono essere trasmessi anche in molti altri modi
rimanendo comunque verbali;
- anche un sistema grafico può essere trasferito in un altro, come il
cinese che non è un'unità di significato può essere trasferita in forma
alfabetica (traslitterazione);

3.10 Forzature
- le forzature nelle lingue verbali sono spostamenti di elementi da una
categoria a un'altra voglio imparare e conferisce una straordinaria
flessibilità di uso; essa opera su più piani;
- un tipo è la trasposizione di categoria: un aggettivo può essere usato
come nome un nome può diventare un verbo ecc.

3.11 Variabilità
- le lingue verbali variano a seconda di diverse dimensioni, tra cui il
tempo e lo spazio;
- si alterano in base alla situazione comunicativa in cui sono usate e a
seconda del mezzo che si adopera;
- diacronia: le lingue cambiano nel tempo (suoni, significati, forme
delle parole);
- sincronia: designa un singolo stato dell'evoluzione di una lingua, nel
quale essa è immaginata come se fosse ferma;
- diatopia: le lingue variano nello spazio; esistono infatti molte lingue
diverse le cui a loro volta hanno diversi dialetti.

3.12 Riducibilità a famiglie e a tipi


- le lingue possono essere ricondotte a classi comprendenti caratteri
comuni: queste classi sono le famiglie e i tipi;
- una famiglia linguistica è formato da lingue che derivano dalla
stessa lingua madre; hanno tratti in comune con la lingua madre è tra
di loro (ad esempio le lingue romanze italiano, spagnolo, francese
ecc); le somiglianze di famiglia non possono essere cancellate quindi
la variabilità delle lingue ha limiti precisi: il mutamento diacronico
può portare una lingua alla scomparsa ma difficilmente può trasferirla
a un'altra famiglia;
- i tipi linguistici sono classi di lingue che presentano affinità
strutturali; la disciplina che studia questi problemi è la tipologia
linguistica: essa dà per scontato che sotto la diversità
apparentemente inesauribile delle lingue vi sia un numero
relativamente ristretto di meccanismi; esplora quindi quali e quanti
sono i modi (o strategie) per soddisfare una determinata funzione.

Capitolo 4 - I suoni delle lingue


4.1 La voce e il suono

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- in origine l'apparato fonatorio, quindi polmoni e laringe, servivano


soltanto per respirare e per una parte dell'ingestione e della
masticazione; evolvendosi, serviranno anche per l'espressione delle
lingue naturali;
- la fonazione si installò come funzione secondaria su un apparato di
organi disegnato per tutt'altro scopo; fonazione e respirazione furono
costrette a convivere e ciò portò di cambiamenti nel sistema della
respirazione;
- rispetto ad altre modalità espressive, la fonazione ha numerosi
vantaggi: può essere simultanea ad altri comportamenti (come la
gestualità); può essere eseguita e ricevuta in condizioni ambientali
difficili (è quindi facilmente trasmissibile); il messaggio può essere
percepito da più riceventi nello stesso momento; può essere prodotta
in modo continuo infine è portatile (non ha bisogno di altri strumenti
esterni al corpo).

4.2 Struttura ed evoluzione dell'apparato fonatorio


Abbiamo tre parti:
- i polmoni (evoluzioni delle vesciche natatorie del pesce) e la trachea;
- la laringe;
- le vie aeree superiori.
L’evoluzione si ebbe quando divenne possibile praticare la fonazione:
- la laringe scese verso il basso provocando la modificazione di alcuni
meccanismi respiratori;
- aumento il volume dell'encefalo, che controlla i movimenti muscolari
che permettono la produzione del suono e elabora i significati da
esprimere.
Differenza tra scimpanzé e uomo:
- scimpanzé: la respirazione ha luogo solo attraverso il naso e la
laringe serve a proteggere i polmoni dall’intrusione di materiale
estraneo;
- nell’uomo adulto, la laringe è situata molto pi ù in basso e la lingua è
più rotonda e grossa; la respirazione può quindi avere luogo tanto
attraverso il naso quanto attraverso la bocca
- la selezione dei suoni adoperabili ai fini linguistici è avvenuta
preferendo quelli maggiormente efficaci, infatti le lingue si servono di
suoni semplici e tendono evitare quelli poco stabili e meno
distinguibili; i suoni nasali sono meno diffusi.

4.3 Schema dell'apparato fonatorio


Possiamo rappresentarlo con una pompa a cui è collegato un tubo
incurvato:
- essa è costituita dai polmoni che fanno entrare l'aria dall'esterno
espandendosi;
- il tubo è la trachea la cui parte terminale è formata da una serie di
passaggi (bocca, denti, labbra ecc…) che ne influenzano il flusso
dell'aria;

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- la valvola sopra il tubo è la laringe, costituita da corde vocali che


possono aprirsi e chiudersi (se sono chiuse il deflusso dell'aria
proveniente dai polmoni è impedito, infatti l'aria esercita una
pressione sulle corde vocali che così facendo si aprono; in seguito si
richiudono e il ciclo ricomincia);
- questo movimento è rapidissimo e la successione di sbuffi d'aria
produce vibrazioni udibili, il suono;
- la funzione di sbarramento esercitato da alcuni diaframmi, il cui più
importante è rappresentato dalle corde vocali, la cui area interna è la
glottide;
- suoni sordi: se le corde sono aperte;
- suoni sonori: se le corde sono chiuse, e quindi vibrano.

4.4 Fonetica
- foni: suoni linguistici; oggetti di studio della fonetica;
- fonetica: esamina fonetica acustica, fonetica articolatoria e fonetica
uditiva.

4.5 Vocali
- le vocali, prodotte dalla vibrazione delle corde vocali, variano in base
alla posizione e al volume della lingua rispetto al palato;
- il dorso della lingua si muove dentro il perimetro del trapezio
vocalico, area entro la quale la lingua produce le vocali;
- le vocali cardinali, sono la a, i, u, rispettivamente quella con il
massimo di apertura e di centralità, quella con il massimo di
anteriorità e di chiusura e quella con il massimo di posteriorità e di
chiusura;
- le vocali hanno l'importante caratteristica di poter portare l'accento
o di operare come nucleo sillabico: per questo sono affiancate dalle
sonanti, ovvero consonanti che per natura possono portare l'accento
[l], [r], [n].
Le vocali possono essere classificate in base a tre criteri:
- apertura/chiusura: in base all'altezza del vertice della lingua rispetto
al palato, abbiamo le vocali aperte , quando la lingua è alla distanza
massima dal palato; le vocali chiuse, quando la lingua il più vicino
possibile al palato e le vocali semichiuse (o semiaperte), quando la
lingua è in posizione intermedia;
- anteriorità/ posteriorità: in base al punto del palato verso il quale il
vertice della lingua si protende, abbiamo le vocali anteriori, con il
vertice della lingua proteso verso la parte anteriore del palato, vocali
posteriori, con la lingua protesa verso la parte posteriore del palato, e
le vocali medie o centrali, con il vertice mediocremente proteso verso
il centro e con la lingua pressoché distesa
- arrotondamento/ non arrotondamento: si riferisce alla
conformazione delle labbra, che possono essere distese e piatte o
arrotondate e leggermente sporgenti; abbiamo quindi vocali non
arrotondate e quelle non arrotondate;

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- suoni nasali: l'aria passa attraverso il naso; quelli non nasali sono
detti orali.

4.6 Consonanti
- sono prodotte da un flusso d'aria che fuoriesce da un tratto fonatorio
completamente chiuso o molto ristretto.
La chiusura o la stretta possono essere attuata in modi diversi, quindi
classifichiamo le consonanti secondo (1) modo di articolazione, (2)
punto di articolazione, comportamento delle corde vocali durante la
loro produzione:
(1) - occlusive: se la chiusura è totale;
- fricative o spiranti: se la chiusura è parziale e l'aria fuoriesce con un
suono frusciante ([F], [v], [x]...);
- vibranti: se la chiusura è ottenuta mediante la vibrazione di un
articolatore mobile;lingua.
- laterali: se la chiusura parziale e ottenuta premendo l'asse
longitudinale della lingua contro gli alveoli o il palato in modo da
lasciar passare l'aria ai suoi lati;
- affricate: ottenute in due momenti strettamente contigui, il primo
occlusivo e il secondo spirante ([ts], di zeppo, [dz] di zelo ecc...);
- nasali: prodotti dal passaggio dell'aria attraverso la cavità nasale;
(2) - labiali: chiusura momentanea delle labbra (p, b, m, ecc);
- labiodentali: chiusura dei denti superiori con il labbro inferiore (f, v,
ecc);
- dentali: chiusura della punta della lingua sul retro dei denti superiori
o sugli alveoli (d, t, ecc);
- uvulari: articolate dall’uvula;
- gl ottidali: la chiusura è determinata dalla glottide, come nel
cosiddetto colpo di glottide
anche le consonanti come le vocali possono essere brevi o lunghe.

4.7 Approssimanti
- categoria di foni intermedia tra vocali e consonanti;
- realizzate con l'avvicinamento di un articolatore all'altro senza che
ciò produca turbolenza, ma solo un leggero effetto di fruscio: ha
quindi una proprietà tipica delle vocali e una delle consonanti;
- togli suoni sono anche chiamati semivocali o semiconsonanti;
- l'italiano o due semivocali: il fono iniziale di uovo (w) e il fono
iniziale di iato (j).

4.8 Alfabeto fonetico


- pronuncia delle lingue non rispecchia la grafia;
- linguisti si servono di alfabeti fonetici, composti di un mix di lettere
e di ulteriori segni di dettaglio, i diacritici;

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- essi sono fatti in modo tale che a ciascun segno corrisponda


un'articolazione fonica precisa: il più operato è l'alfabeto fonetico
internazionale;
- in realtà nessuno alfabeto fonetico è in grado di riprodurre la
concreta realtà fonica delle lingue, infatti intonazione e tono di voce
non possono essere trascritti in modo completo e il timbro è
irriproducibile.

4.9 Fonologia
La fonetica considera gli aspetti fisici dei foni senza domandarsi della
loro funzione. Da un punto di vista semiotico è necessario distinguere
gli aspetti fisici dalla funzione: per esempio cavallo e gatto muovono
la coda, ma la funzione è diversa (nel caso del gatto è un messaggio
minaccioso, nel caso del cavallo è un modo per allontanare insetti).
- la commutazione consiste nello scambiare di posto due lettere nella
stessa posizione senza alterare il significato della parola: [‘alto] e
[altho] hanno due diverse pronunce, ma il significato della parola alto
rimane invariato;
- la fonologia si occupa della funzione distintiva dei foni, e mediante
la prova di commutazione procede all'identificazione dei fonemi;
- per fonema si intende una classe di foni commutabili tra loro, che
possono scambiarsi l'uno con l'altro nella stessa posizione senza
produrre cambiamenti di significato;
- esempio di fonema: /a/ = {[a], [aː], [ae], [aeː],...};
- i foni tra le parentesi graffe sono detti varianti o allofoni del fonema
al quale appartengono;
- gli allofoni possono essere differenziati in: variazione libera, quando
non cambiano il significato della parola, oppure varianti combinatorie
quando l'occorrenza di un determinato allofono è resa necessaria dal
contesto fonico (s e z in spagnolo sono entrambe le varianti del
fonema /s/, e in alcuni contesti /s/ può essere rappresentata solo da z).

4.10 Relazioni di posizione


Tutte le lingue differiscono per le prerogative di posizione, o
restrizioni fonotattiche, dei diversi fonemi, che sono importanti
proprio perché permettono di riconoscere una lingua dall'altra; grazie
a questo fenomeno ogni parlante è in grado di distinguere senza
difficoltà pur ignorando nel significato se una determinata parola
appartiene alla sua lingua o no; infatti, in modo intuitivo, l'utente
conosce non solo quali sono i fonemi della sua lingua, ma anche quali
sequenze sono possibili e quali no.
- ideofoni: sequenze foniche perlopiù onomatopeiche che riproducono
il suono o il rumore di talune operazioni; possono violare le restrizioni
fonologiche della lingua (in italiano si ha per esempio splash, che dà
l'idea di qualcosa caduto in acqua).

4.11 Tratti distintivi

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-coppie minime: coppie di parole che si distinguono solo perché la


prima ha un fonema nella stessa posizione in cui la seconda ne ha un
altro (/kara/ cara e /’gara/ gara);
- ogni fonema è composto di un pacchetto di tratti indicato in genere
tra parentesi quadre, che hanno la caratteristica di essere prodotti
simultaneamente e non in successione (/k/ è [occlusivo], [velare],
[sordo] e /g/ è [occlusivo], [velare] e [sonoro]);
- la distinzione tra k e g è dovuta a un singolo tratto dei due fonemi
(sordo e sonoro); tali tratti vengono detti i tratti distintivi;
- carattere binario dei tratti: il tratto può presentarsi solo in due
forme, o c'è o non c'è;
- tratto ostruente: indica la classe composta da tutti i suoni prodotti
con una chiusura totale o parziale del canale fonatorio (occlusive,
affricate e fricative);
- tratto sonorante: si riferisce a tutti i suoni prodotti con un canale
fonatorio relativamente libero (vocali, laterali, vibranti e nasali);
- consonanti coronali: caratterizzate dal tratto coronale, che indica i
suoni realizzati con una costrizione attuata dalla parte anteriore della
lingua (la cosiddetta corona); riunisce suoni come alcune occlusive (t
e d), liquide (l) ecc;
- opposizioni fonologiche sono costruite sulla base della marcatezza:
la differenza tra t e d si basa sul fatto che t è prodotto senza
vibrazione di corde vocali (è quindi -sonoro), ed è quindi non-marcato,
mentre d è prodotto con vibrazione di corde vocali (è +sonoro), quindi
marcato; la marcatezza ha una grande importanza, perché in base a
essa possono essere spiegati diversi processi fonologici, che hanno
luogo in direzione dell'elemento non marcato;
-la neutralizzazione dimostra l'importanza della marcatezza: denota
un'opposizione tra fonemi che vale in talune posizioni ma si annulla,
quindi si neutralizza, in altre posizioni della catena; il segmento che
sopravvive è quello non marcato (in tedesco la distinzione tra t e d
opera in tutte le posizioni ma non in quella finale, dove si neutralizza).

4.12 Fenomeni fonologici


L'espressione fenomeni fonologici denota le modificazioni che i suoni
linguistici subiscono nel momento in cui si accostano e si concatenano
tra loro in un ambiente sintagmatico;
- assimilazione: processo per cui un fono assume uno o più tratti di
un altro fono contiguo, così che i due diventano parzialmente o
totalmente simili tra di loro; è dovuta all'inerzia degli organi
articolatori che evitano di cambiare configurazione nella transizione
da un suono all'altro; è progressiva, quando il suono prende tratti da
quello che lo segue, oppure è regressiva, quando li prende da quello
che lo precede; può essere totale quando i suoni diventano identici, o
parziale quando uno prende uno o più tratti dall'altro ma rimane
diverso; in alcuni casi l'assimilazione ricorre tra entità distanti, e si
parla di armonia;

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- cancellazione: fenomeno per cui un suono viene soppresso; a


luogo a seguito di combinazioni di elementi morfologici, per esempio
quando un suffisso si salda alla sua radice (es. donna+etta=
donn+etta); un caso particolare è il troncamento (es. non la vuol(e)
fare);
- inserzione: è il processo che inserisce un segmento aggiuntivo in
corrispondenza di determinati i confini, nei quali si accostano unità
che non possono saldarsi direttamente (per esempio in spagnolo
esclusa la sequenza [s]+ consonante, e il problema viene risolto con
l'inserzione di una e prima della s: infatti troviamo escuela, e non
scuela).
La riduzione e .il rafforzamento consistono nel fatto che taluni suoni si
indeboliscono fino a sparire mentre altri si rafforzano:
- i fenomeni di riduzione colpiscono sia suoni che intere sillabe, come
nello spagnolo dove è ben conosciuto il passaggio che porta dal
latino /f/ a /h/ (fumare= humar), o il passaggio che porta le occlusive
sorde latine a diventare sonore spagnolo quando si trovano tra due
segmenti sonori (ficu= higo, “fico” in italiano”). Questi cambiamenti
possono essere ordinati in una scala di sonorità: occlusiva sorda>
occlusiva sonora > fricativa sonora> /Ø/.
- il rafforzamento consiste nella risalita di un suono dal basso verso
l'alto lungo la scala0 di sonorità; un caso di rafforzamento tipico è la
dittongazione, che produce un dittongo a partire da una vocale (nel
passaggio dal latino all'italiano bonu>buono).
I progetti fonologici non operano in tutte le posizioni: quelle più
delicate sono tipicamente quella intervocalica, tonica, atona e quella
al confine di morfo o di parole; ciò significa che il parlante percepisce
alcune posizioni meglio di altre; la posizione atona, meno prominente
di quella tonica, e sede di processi fonologici più frequenti. Per
descrivere un processo fonologico non basta dire di quale processo si
tratta ma occorrono alcune regole fonologiche: si tratta di grafie
simboliche che servono a indicare quali sono i cambiamenti che si
sono verificati e dove operano, e di solito ha la seguente forma= A->
B / _________ , ovvero "il segmento A diventa B nel contesto indicato
da _______ "

4.13 Fenomeni soprasegmentali e paralinguistici


L'assioma della segmentazione in campo fonologico ha una
limitazione importante: se prendiamo le parole càpito e capìto e le
scomponiamo in fonemi otteniamo un'unica serie di segmenti= /k/
+ /a/ + /p/ + /i/ + /t/ + /o/. Questa serie non palesa il fatto che le due
parole hanno significati diversi, quindi un'analisi segmentale non è
sufficiente per identificare tutti gli aspetti rilevanti della catena
parlata.
- fenomeni soprasegmentali: sono sovrapposti ad altri segmenti, i più
importanti sono l’accento, il tono e l’intonazione;

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- accento: dal punto di vista fisico è l'effetto di maggiore prominenza


uditiva, dovuto a più fattori, l'intensità del suono la lunghezza e
l'acutezza. Esso ha la particolarità di potersi poggiare soltanto sui
segmenti vocalici o su suonanti, e non su consonanti; l'accento può
operare anche da segnale demarcativo, in quanto indica il confine di
parola. Il campo di applicazione dell'accento è formato dalle singole
parole (accento di parola), anche se esistono parole atone che si
appoggiano foneticamente a quella precedente o seguente (clitici): in
italiano "lo vedi", “lo” è clitico e viene pronunciato come un tutt'uno
(lo’vedi); le parole lunghe o le combinazioni di parole comportano
anche un accento secondario: esautoramento ha un accento primario
sulla “e” e uno secondario sulla “a”;
- i fenomeni di giuntura sono modificazioni fonetiche che si producono
quando le parole sono collegate in un contesto; la pronuncia è
sensibile alle relazioni sintagmatiche tra parole, infatti, per esempio,
una sequenza come “un posto” sarà pronunciata [umposto];
- le parole fonologiche sono le sequenze di sillabe che si aggregano
attorno a un'unica sillaba tonica: mettere in vendita->
mεtːerin’vendita;
- il tono è prodotto da un aumento di acutezza sonora in
corrispondenza di vocali e sonanti; è il risultato di un aumento della
frequenza di vibrazione dell'aria emessa dal apparato fonatorio; può
essere unito quando non cambia su tutto il segmento in questione,
ascendente quando passa dal livello basso a quello alto, discendente
quando accade il contrario, ascendente-discendente quando prima
sale e poi scende è discendente-ascendente quando avviene l'inverso.
In alcune lingue i toni servono a differenziare i significati: sono le
cosiddette lingue a toni.
Esistono dei fenomeni paralinguistici, che accompagnano qualsivoglia
enunciazione ma non completamente integrati con essa:
- menzione speciale per la pausa, ovvero l'intervallo di silenzio che si
frappone a talune unità linguistiche; opera spesso in combinazione
con l'intonazione.

4.14 Sillabe
- la fonologia riconosce nella sillaba una delle sue unità principali:
diversi fenomeni fonologici Infatti agiscono al confine di sillaba;
- sillaba: è un'unità composta almeno da un elemento capace di
portare l'accento (quindi una vocale o una sonante), chiamato nucleo
sillabico; tutto ciò che lo segue e lo precede è facoltativo. Ciò che
precede il nucleo nella sillaba è l'attacco, costituito da materiale
consonantico o vocalico; le sillabe che terminano in vocale sono dette
aperte mentre quelle che non finiscono in vocale sono dette chiuse; la
coda è il materiale che segue la vocale (pon.te, bel.lo): la coda di
sillaba è costituita da una sonorante oppure da una consonante
identica a quella che apre la sillaba seguente.

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4.15 Aspetti fonologici dell'intonazione


- nessun enunciato parlato è prodotto senza intonazione;
- intonazione: è un fenomeno soprasegmentale intrinseco alla
produzione di enunciati; è uno degli aspetti più difficili della
fonologia. La difficoltà è dovuta in parte al fatto che non è semplice
rappresentare i fenomeni di intonazione visivamente in modo
soddisfacente. La base fisica dell'intonazione sta principalmente nel
fatto che la frequenza di vibrazione dell'aria aumenta formando dei
picchi punto col variare della frequenza di vibrazione dell'aria varia
l'acutezza (o l'altezza) della voce; perciò l'effetto di melodia negli
enunciati si ha perché la voce si fa più acuta che in altri momenti. La
melodia dell'enunciato è designata col termine curva (o profilo o
contorno) di intonazione, e per questo si dice che l'intonazione si
innalza o si abbassa. Nell'intonazione intervengono anche fenomeni di
lunghezza. L'intonazione è un essenziale risorsa di modulazione
dell'enunciato, che serve a segnalare quale tipo di enunciato stiamo
producendo (affermativo interrogativo esclamativo ecc...), a indicare
quale valore pragmatico l'emittente gli attribuisce (se sta parlando
francamente, scherzosamente, ironicamente, ecc...) e infine a mettere
in rilievo le porzioni di enunciato a cui intendiamo dare maggiore
prominenza. Si distinguono due aspetti essenziali:
- l'altezza tonale delle sillabe: durante l'enunciazione ricevono una
diversa altezza tonale, vengono quindi prodotte con voce più o meno
acuta;
- il profilo i ntonazionale dell'intero enunciato: ciascun enunciato ha
un soprasegmentale di intonazione che lo ricopre per intero e
contribuisce in maniera cruciale a caratterizzarlo dal punto di vista
sintattico, semantico e pragmatico. Questo soprasegmentale può
essere rappresentato con una curva, sicché ogni tipo di enunciato
sarà caratterizzato da una specifica curva intonazionale.

Capitolo 5 - Morfologia
5.1 Introduzione
- morfologia: si occupa della struttura interna delle parole e della
varietà di forme che esse assumono; le modificazioni formali si
distinguono in due categorie fondamentali: (a) quelle che danno luogo
a nuove parole rispetto a quella base (per esempio fare->contraffare),
e (b) quelle che danno luogo a nuove forme della stessa parola (per
esempio fare-> faccio-> facciamo)
- i processi di modificazioni si dividono in tre classi: flessione (a),
derivazione (b) e composizione (quando due o più parole si saldano
tra loro per dar luogo a una terza parola, come casa-albergo,
capostazione..)

5.2 Morfemi
- si ottengono scomponendo le parole;

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- si definiscono come l'unità linguistica minima dotata di significato;


"minima" e "dotata di significato" devono essere prese insieme perché
nei codici a doppia articolazione esistono altre unità minime prive di
significato (fonemi);
- segmentazione: consiste nello scomporre in segmenti successivi la
catena sintagmatica; ogni parola viene scomposta senza lasciare
residui per quanto riguarda la determinazione dei c0onfini di
morfema e la specificazione del significato di ogni morfema.
Prendiamo le parole scortese e unstable, scomponiamole in modo tale
che gli elementi abbiano un significato, quindi s-cortese e un-stable:
s-negazione e un-negazione, cortese e stable;
- i due esemp i mettono in mostra due aspetti importanti
dell'organizzazione morfologica delle lingue: i morfemi di una lingua
si ripetono (per esempio cortes- compare più volte nel lessico italiano
e occorre in diverse parole, così come un- nell'inglese); i morfemi
tendono a essere fonologicamente stabili, con ovviamente alcune
eccezioni;
- la segmentazione si serve di una procedura di comparazione a
coppie: prendiamo battere e imbattibile, notiamo che l'elemento
comune è batt, che ch iameremo corpus, mentre la lista dei morfemi
presunti è batt-, im-, -ibile, -ere;
- la definizione del morfema prevede che esso comprenda sia un
significante che un significato, anche se l'identificazione del
significato non è sempre agevole, perché si può attribuire un
significato solo in modo presuntivo (per esempio in italiano -e
significherà maschile o femminile e singolare, s- negazione, -ibil- che
può essere un aggettivo ecc...)
- non tutte le parole hanno una segmentazione chiara, come la parola
“migliore” in italiano che significa “più buono”: se nelle analisi di
buono è facile stabilire una corrispondenza tra forma e significato,
non è uguale l'analisi di migliore, infatti non è possibile individuare in
miglio- una porzione a cui si possa attribuire il significato più e una a
cui si possa attribuire il significato buono; inoltre, -e contiene in modo
indistinguibile i significati di maschile femminile e singolare; quindi in
questo caso i significati sono amalgamati nel medesimo significante.

5.3 Morfemi lessicali e grammaticali


- morfemi lessicali: quelli che esprimono un significato pieno o
lessicale (buon-, cortes-,ecc..); costituiscono una classe aperta a cui
possono essere aggiunti illimitatamente nuovi elementi;
- morfemi grammaticali: quelli che esprimono un significato
grammaticale (in italiano s-, -e, in inglese un-, ecc..); costituiscono
una classe chiusa perché non è possibile aggiungervi altri elementi;
- in molte lingue europee non è possibile mescolare morfemi
grammaticali e lessicali sull'asse sintagmatico, come l'italiano che ha
uno schema “morfema lessicale+morfemi grammaticali”: questo tipo
di organizzazione morfologica è detta concatenativa, perché morfemi

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delle due classi si concatenano tra loro occupando posizioni


successive;
- le lingue semitiche esemplificano il caso opposto, in cui i morfemi
delle due classi non si combinano in successione ma si innestano gli
uni negli altri.

5.4 Morfemi e morfi


Nelle lingue non tutte le parole possono essere segmentate, come
l'italiano “è” (che contiene comunque un'informazione complessa,
ovvero terza persona singolare dell'indicativo presente di essere).
Questi casi ci portano a rivedere la nozione di morfema, che
bisognerà considerarlo come qualcosa di più astratto. Le parole,
infatti si scompongono in entità lineari denominate morfi, la parola
“è”, è quindi costituita da un solo morfo, che a loro volta sono
costituiti da elementi fonologici. I morfemi invece sono costituiti da
significati, il cui insieme di significati, espressi nei morfi, formano un
pacchetto morfemico.
Questa distinzione però non risolve tutte le difficoltà: la maggiore sta
nel fatto che una stessa sequenza di morfi può ammettere più di una
segmentazione (per esempio la parola turca ellerine può essere
scomposta in due modi diversi, el-ler-i-n-e, ovvero “alle sue mani”,
oppure el-ler-in-e, ovvero “alle tue mani”). Altre difficoltà possono
essere l'impossibilità di assegnare un significato preciso a un morfo,
come nel caso di “ritenere”: ri- è evidentemente identico al ri- di
“rifare”, ma in “rifare” significa “nuovamente”, mentre in “ritenere”
non significa nulla di specifico.
-morfi cranberry: sono i casi con parole di dubbio soluzione; per
esempio, identificato in italiano il morfo cort-, è difficile stabilire se la
parola cortigiano vada a scomposta in cort-igian-o o in cortigian-o: nel
primo caso al morfo -igian- è difficile attribuire un significato definito,
nel secondo caso dovremmo rinunciare alle evidenti somiglianza di
significato tra il cort- di corte e quello di cortigiano.

5.5 Allomorfia e suppletivismo


Può accadere che uno stesso morfema sia rappresentato da morfi
diversi a seconda dell'ambiente sintagmatico: il morfo /in-/ che
rappresenta il morfema {NEGAZIONE}, in alcuni casi si assimila alla
consonante che lo segue (in-possibile= impossibile, in -raggiungibile=
irraggiungibile);
- allomorfi due punti diversi morfi che rappresentano uno stesso
morfema;
- allomorfia (o allomorfismo) si presenta in varie forme: in italiano
interviene sistematicamente in alcuni paradigmi di flessione e di
derivazione [per esempio 1) buon- + -o -> bon- + -tà, 2) pied- + -e ->
ped- + -al- + -e]. Un caso particolare di allomorfia e il cosiddetto
umlaut, che consiste nell' assimilazione della vocale della radice a
quella del suffisso in conseguenza di un cambiamento di morfema

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grammaticale (in tedesco Wort <<parola>> -> Wörter


<<parole>>);
- suppletivismo: caso estremo di allomorfia che si ha quando un morfo
di base si collega ad un altro morfo che non ha fonologicamente nulla
in comune col primo (un esempio italiano è “essere”, il cui participio
passato è “stato”, oppure "andare" che ha come forme suppletive
"vado", "vai", ecc…).

5.6 Parole
La nozione di parola è difficile a definirsi ed è anche molto legata alla
lingua specifica a cui si riferisce. L'uomo occidentale è abituata una
concezione puramente grafica della parola, ma questa concezione non
è sufficiente. Le locuzioni italiane "per lo più" e “per lo meno”, si
scrivono utilizzando tre parole grafiche, ma fonologicamente non
sarebbe “lo” l'articolo adatto a precedere più o meno, ma “il”;
telegrafandoglielo è una sola parola dal punto di vista grafico e
fonologico, ma risulta dalla fusione di tre parole (o morfi):
telegrafando, -glie-, -lo.
In diverse lingue esistono parole grafiche che possono comparire solo
in determinati contesti: per esempio nell'inglese “for the sake of”, la
parola sake occorre solo in questo contesto. Esistono casi in cui
costruzioni formate da più parole operano sintatticamente quasi come
una sola e quindi non possono essere separate, come “mettere in
moto”: a una domanda come "hai messo in moto la macchina?" non si
può rispondere con "sì l'ho messa”. In questi casi abbiamo a che fare
con parole composte da più parole, che possiamo chiamare parole
complesse (o anche parole costruzionali); in alcuni casi le parole
complesse sono legittimate graficamente ad essere scritte senza
intervalli: questo processo è denominato univerbazione (per esempio
nell’inglese all+together= altogether).
Definiamo una parola come un elemento che risponda a: 1)
condizione di pausa abilità (prima e dopo di essa una pausa è
virtualmente possibile); 2) condizione di non-interrompibilità (dati
due elementi, un altro elemento può interporsi tra di essi ma non
inserirsi per intrusione in uno di essi); 3) condizione di immobilità
(dati più elementi, il loro ordine può essere modificato nella catena
sintagmatica); 4) condizione di isolabilità (gli elementi possono
occorrere anche da soli, cioè costituire di per sé un enunciato). Le
parole complesse presentano alcune particolarità: possono subire
l'interposizione di pause (ho rimesso in sesto la casa); possono
accettare l'intrusione di altre parole (ho messo immediatamente in
moto la macchina); non accettano l'inversione dei componenti (in
moto mettere o in mettere moto NO). L'unico criterio che le parole
complesse rispettano è la condizione di isolabilità, ed è necessario
proporre un criterio aggiuntivo: vale una condizione di non
sostituibilità del tutto con la parte, per cui entità composte da più di
una parola identificata in base a (1-4) non possono essere sostituite

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da una sola delle parole componenti (per esempio mettere in moto è


composta di tre parole e non può essere sostituita da una sola di esse,
ma solo dalle forme diverse delle tre parole stesse).

5.7 Morfi liberi e legati; radici e affissi


dal punto di vista della combinabilità, i morfi vengono distinti in:
- liberi: può comparire da solo e costituire una parola (ieri, sopra, no);
- legati: può occorrere solo in combinazione con almeno un altro
morfo (-ini, come uom+ini).
In base alla loro natura i morfi sono anche suddivisi in radici e affissi:
- radici: sono morfi lessicali, in cui si ravvisano due morfi minori, la
radice propriamente detta e la vocale tematica che insieme vengono
chiamati tema; ciò accade per esempio nell'infinito dei verbi italiani:
amare= am-a-re; temere= tem-e-re; partire= part-i-re;
- affissi: sono morfi grammaticali; possono comparire in posizioni
diverse rispetto alla radice: quelli che stanno a sinistra di essa sono
chiamati prefissi, quelli che la interrompono inserendosi in essa si
dicono infissi e quelli a destra della radice suffissi; alcune lingue
usano sia prefissi, sia infissi che suffissi (come l'italiano), mentre altre
preferiscono alcune di queste tecniche, come il turco che privilegia i
meccanismi di suffissazione. Lingue come l'arabo hanno un
meccanismo diverso di affissazione: spesso l’affisso è a sua volta
composto di prefisso infisso e suffisso, e ciò dipende dalla natura
discontinua ed elastica dei morfi arabi; si crea così un interessante
caso di affisso “a pettine”.

5.8 Confini di morfo e di parola


Una parte dell'indagine morfologica consiste nell'identificare i confini
tra le unità, e abbiamo due tipi di confini:
- quelli tra morfi, indicati da un +: sono utilizzati per isolare i diversi
morfi di cui una parola è fatta (es. in+adatt+abil+mente);
- quelli tra parole indicate da un #: servono a definire il limite delle
parole inteso come frontiera morfologica, ovvero come luogo in
corrispondenza del quale possono aver luogo determinati fenomeni
morfologici (es. # in+adatt+abil+mente #); i confini di parola
possono anche essere indicati con parentesi quadre etichettate,
recanti cioè l'indicazione della categoria lessicale {es.
[in+adatt+abil+mente] AVVERBIO.

5.b 9 Processi morfologici


Sono modificazioni che le parole possono subire nel momento in cui
sono sottoposte a derivazione, composizione e flessione.
Possono essere catalogati in base a natura e posizione rispetto alla
radice in base al primo criterio è possibile distinguere tre processi:
- aggiunta: consiste nell' addizionamento di materiale morfologico a
quello della radice, per esempio la flessione del nome inglese

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flies /’flai+z/ deriva dall’aggiunta di /-z/ a /flai/ (fly “mosca”) senza


alterare la radice; il processo letto nella direzione opposta viene
interpretato come processo di cancellazione; un tipico processo di
aggiunta è il raddoppiamento, c'è la ripetizione completa o parziale
della base, e si presenta sotto forma di pure semplice copia della
parola o del morfo (alla funzione di intensificare a scopo espressivo e
significato della parola, per esempio "passeggiavo calmo calmo",
"canta piano piano"); il raddoppiamento è usato anche nelle lingue dei
segni: nella Lis esso serve per esprimere il plurale, intensificazione
quantitativa o anche temporale; nelle lingue indoeuropee, in
particolare nel greco classico, il raddoppiamento avviene anche nella
prima sillaba
-alternanza: può essere vocalica o consonantica e comporta regolate
modificazioni di una parte del materiale vocalico o consonantico della
base; questo fenomeno ha molti esempi nella lingua inglese nei suoi
verbi forti, per esempio sing, sang, sung (canto, cantai, cantato)si
distinguono perché nell'ambiente consonantico s___ng si inserisce
sempre una vocale diversa; anche l'italiano ha alcuni esempi, buono=
bontà, piede= pedale ecc. è possibile trovare simultaneamente un
alternanza vocalica e una consonantica, come nell'inglese live /liv/
“vivo” contro life /laif/; si può avere anche una pura alternanza
consonantica;
- modulazione: consiste nella modificazione di elementi
soprasegmentali (come l'accento e il tono) su una stessa base
segmentale; ricordiamo infatti lo spostamento di accento che
distingue in italiano càpito, capito e capìto.
Questi processi possono essere complicati da un ulteriore processo, il
sandhi: è un processo di assimilazione che opera in corrispondenza di
confini di morfo o di parola modificando i segmenti fonologici ai due
lati del confine; è detto interno quando avviene all'interno di una
stessa parola, è detto esterno quando si crea al confine tra due
parole. è un sandhi il fenomeno per il quale, se si incontrano i due
morfi aig- (capra) e -s (NOMINATIVO SINGOLARE), il primo cambio
la consonante finale, che è originariamente sonora (/g/), nella sorda
(/k/), dando come risultato /’aik-s/; è un sandhi anche il fenomeno
francese della liaison, che fa sì che in determinate condizioni alcune
consonanti si pronuncino in una variante sonora [z] quando la parola
seguente comincia per vocale (les bonnes= le’bon, ma les amis=
le’zami); molti casi Sandhi hanno l'effetto di opacizzare il confine di
morfo e perfino di distruggerlo. I disturbi che colpiscono i confini di
morfo danno luogo ai fenomeni detti rianalisi: designa gli errori di
segmentazione morfologica che io tanti commettono a causa della
scarsa riconoscibilità dei confini e che portano ad assegnare una
parola una struttura diversa da quella corretta; nella fusione gli utenti
non sono più in grado di leggere un confine e finiscono per fondere
più morfi in uno.

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La conversione è il processo morfologico per il quale una parola


appartenente a una categoria, per esempio nome, viene convertita in
un'altra categoria senza che nulla cambi nella sua struttura
fonologica e morfologica: l'italiano pur non essendo molto sensibile
alla conversione, conosce il fenomeno, per esempio volereVERBO ->
(il) volereNOME ; le lingue con tendenza isolante fanno ampio uso
della conversione, come l'inglese bank (banca) -> to bank (compiere
operazioni bancarie).

5.10 Regole morfologiche


I fenomeni morfologici descritti finora possono essere rappresentati
mediante regole, la cui forma generale è:
1. SUFFISSAZIONE: [A]x -> [[A]x + Suff]y
2. PREFISSAZIONE: [B]x -> [Pref+ [B]x]x
1. Si legge: “una base A appartenente alla categoria lessicale x (per
esempio, nome) viene riscritta con una combinazione di se stessa, un
confine di morfo di morfo (“+”) e un suffisso; questa operazione
produce una parola che può appartenere a una categoria lessicale
diverso da x, cioè y (per esempio, aggettivo)";
2.prevede un'aggiunta a sinistra della base B e genera una parola che
appartiene alla stessa categoria lessicale: per esempio scrivere->
in+scrivere
le parole risultanti dall’effetto combinato di più processi morfologici
rispondono a regole più complesse, per esempio rumorosissimamente
deriva da:
3. [[[rumorN + os]Agg + issima]Agg + mente]Avv
in cui N= nome, Agg= aggettivo, Avv= avverbio, la cui regola
generale della composizione è
4. [A]x [B]y -> [[A]x [[B]y]z , che si legge: ”due parole A e B
appartenenti a due categorie lessicali XY vengono riscritte come una
parola sola, appartenente alla categoria AZ e incorpora il confine "+"
”. L'aspetto più importante delle regole morfologiche è che se
possono imporre modificazioni sono logiche ai diversi segmenti, e per
dar conto di queste modificazioni fonologiche si chiamano in causa le
regole di riaggiustamento, la cui più importante in italiano è quella
della cancellazione di vocale:
5. V -> ø / ____ +V , che si legge: "la vocali si riduce a zero quando,
dopo il confine di morfo (“+”), è seguita da un'altra vocale”.

5.11 Matrici morfologiche e matrici semantiche


La morfologia si occupa di unità dotate di un significante e un
significato, e occorre vedere quali sono gli effetti che le modificazioni
formali esaminati fino ad ora hanno sul piano del contenuto:
supponiamo di avere la base verbale solleva= sollevare; saldando il
suffisso -mento otteniamo sollevamento, che conserva il significato

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generale della radice al tempo stesso lo elabora; possiamo registrare


questa situazione con l'annotazione:
1. a. solleva- + -mento= sollevamento: è la matrice morfologica della
parola in questione e
descrive i processi morfologici applicati;
b. sollevare + “ATTO DI (______)”= “ATTO DI SOLLEVARE” : è la
matrice semantica e
descrive gli effetti che i processi morfologici hanno sul piano del
significato.

Anche se è possibile descrivere le matrici semantiche di tutte le


parole di una lingua, non esiste una raccolta completa. Nella
grammatica ereditata dalla tradizione greco-latina è diffusa la
distinzione tra nomina rei, nomina actionis e nomina agentis, cioè
nomi indicanti "cose", nomi di "azioni" e nomi di "agente". Esistono
differenze tra le lingue nel grado di prevedibilità per quanto attiene al
rapporto tra matrice semantica e matrice morfologica: in arabo, il
morfo grammaticale porta nella radice trilittera un significato
piuttosto regolare, infatti un verbo come katabba, allungando la
prima vocale, si ottiene k+a+t+a+b+a che significa "scriversi l'un
l'altro= essere in corrispondenza con”. Questo effetto sia con
qualsiasi altro verbo punto a livelli meno spinti, una certa
prevedibilità può essere riscontrata in altre lingue.
Le combinazioni morfologiche operano sulla base di un sistema di
restrizioni. In inglese, il suffisso -ity si combina solamente con radici
che siano aggettivali e di origine latina, come prosper= prosper+ity,
ma non soft+ity, perché soft è una parola anglosassone. Il suffisso
-ness si attacca a basi di ogni origine, mentre -hood si attacca solo a
base inglese o a base di origine latina a condizione che siano più o
meno vistosamente anglicizzati (priest + hood = sacerdozio, da priest
< lat. praepositus “prete”).
Ugualmente, i processi di derivazione possono essere sensibili alla
matrice semantica punto di italiano “casa” a come derivato “casetta”
solo nel significato di “domicilio”; nel significato di “ditta, impresa”
questa derivazione non è possibile: “ho comprato una casetta” SI, ma
“ho comprato una casetta editrice” NO.
Esiste morfologico di una lingua si possono trovare delle lacune,
ovvero parole teoricamente possibili ma inesistenti, per esempio
nell'italiano acchiappamento, facimento, in teoria morfologicamente
possibili, non esistono. Ci sono casi in cui una determinata matrice
semantica non corrisponde a nessuna parola. Questa costituisce una
notevole difficoltà per l'apprendimento di una lingua: in italiano, alla
matrice "persona che (andare)" non corrisponde una parola singola,
mentre in inglese a quella matrice corrisponde “goer”. L’italiano
dispone del cosiddetto infinito sostantivato, che permette di supplire

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la mancanza di nomina actionis adatti a esprimere determinate


matrici semantiche: (il) torreggiare, (il) bere ecc.

5.12 Morfologia nell' enunciato


Le modificazioni morfologiche hanno una funzione essenziale
nell’enunciato. Se un elemento A, che dispone di un pacchetto
morfemico [1 2 3] (dunque A [1 2 3]) entra in relazione sintattica con
B, A attiva il pacchetto di B in tutto o in parte. Ponendo che B abbia
un pacchetto [1 2 3 4 5], e quindi tre elementi del pacchetto di a sono
uguali a quelli del pacchetto DB, abbiamo due casi possibili:
a. A attiva alcune o tutte le unità del pacchetto di B che sono uguali a
quelle di A= accordo
b. A attiva alcune o tutte le unità di B che sono diverse da quelle di
A= reggenza
- accordo: è la relazione che si istituisce tra due elementi quando un
elemento che presenta un determinato pacchetto morfemico attiva
alcune o tutte le unità o morfemi identiche a quelle del pacchetto
stesso; il controllore è l'elemento che proietta i propri morfemi, quello
che gli recepisce è il controllato; nell'italiano "una bella casa" si può
dire che il controllore "casa" attiva i primi due {femminile}+
{singolare} in tutti gli altri elementi del sintagma, cioè una è bella,
che assumono anch'essi la forma femminile e singolare. Quando il
controllore a che fare con un elemento dotato di un pacchetto
morfemico diverso dal proprio, raccordo si limita ai morfemi che
possono subire la modificazione. In "una bella casa fa comodo" il
verbo “fa” riceve da “casa” soltanto i morfemi {singolare}+{3 sing.},
ma non {femminile}.

Possiamo distinguere due tipi di accordo:


- accordo morfologico: es. “la folla si è dispersa”, “folla” proietta sul
verbo i propri morfemi {singolare}+ {3sing.};
- accordo semantico: es. “sono arrivati una folla di ragazzi”, il verbo è
al plurale benché “folla” sia propriamente singolare, in quanto si
accorda con il “significato” plurale del termine stesso (“folla”= molti
individui). Esiste un terzo tipo di accordo, chiamato accordo con la
realtà: si ha quando un elemento dell’enunciato rinvia non a un altro
elemento dell’enunciato, ma a un qualche oggetto del mondo
extralinguistico. La relazione di accordo non può instaurarsi tra
elementi qualunque. Possono contrarre accordo:
- i componenti di un sintagma nominale, come nel caso di prima “una
bella casa”
- il soggetto col suo predicato, per esempio “il bambino dorme”
- il pronome personale, per esempio “ho parlato con lei e le ho
raccontato tutto”.
L’inglese è tra le lingue che meno usano l’accordo; nelle lingue ricche
di morfologia flessionale (latino, tedesco ecc) i fenomeni di accordo
rendono di più.

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Esistono anche fenomeni di accordo mancato: in russo, i numerali


minori sono seguiti da un nome-testa che è sempre al genitivo; lo
stesso accade in latino, quando l’elemento che accompagna il nome
nel sintagma nominale è un numerale.
La reggenza consiste nel fatto che un elemento controllore (verbo,
nome, aggettivo) attiva in uno o più elementi controllati, coi quali è in
una relazione sintagmatica specifica, alcuni morfemi del pacchetto
morfemico. In tutti questi casi l'elemento controllore regge (o
governa) una determinata forma dell’elemento controllato

5.13 Tipi morfologici


Dal punto di vista morfologico, le lingue possono essere classificate in
tipi:
- isolante: riferibile alle lingue che tendono a isolare ciascuna parola
rispetto alle altre; la parola è formata da un solo morfo, e quindi il
morfo lessicale appare come una parola; ciò significa che la parola
non ha una struttura interna, ma parola e morfo coincidono, e i morfi
sono liberi; le più isolanti sono cinese, privo di fenomeni morfologici,
e vietnamita; tendono ad avere molte preposizioni; lingue come il
cinese, inoltre, tendono ad essere monosillabiche o bisillabiche;
- agglutinante: le lingue tendono ad agglutinare (cioè a incollare) i
morfi alla radice, le parole sono quindi composte da più morfi, che
portano un solo morfema; la lingua per eccellenza è il turco; tendono
a essere prive di preposizioni;
- flessivo: le lingue flessive sono caratterizzate dal fatto che le parole
costituite da morfi liberi sono relativamente scarse e che uno stesso
morfo può codificare un complesso pacchetto morfemico; il morfo
lessicale deve dotarsi di una flessione (affisso variabile al margine
sinistro o destro della parola) per poter apparire come una parola; le
lingue più flessive sono quelle indoeuropee , come latino, greco,
tedesco, e in minor parte, l’italiano; in latino lupus= lup+us, il morfo
lup- non può operare come una parola, ma ha bisogno di un affisso
grammaticale, in questo caso -us, portatore del pacchetto morfemico
{MASCHILE+SINGOLARE+NOMINATIVO+SECONDA
DECLINAZIONE}
- introflessive: la flessione non ha luogo al margine della parola, ma
nella parte centrale, come succede nell’arabo o nel greco;
- incorporante: funziona come l’italiano manomettere o mantenere,
in entrambi i casi la parola mano, perfettamente riconoscibile, è
incorporata nel verbo e non ha autonomia; nelle lingue incorporanti
vengono incorporati verbi e nomi in una sola parola.

Capitolo 6 - Elementi di sintassi


6.1 E’ specifica della specie umana
La sintassi studia il modo in cui le parole si combinano tra loro dando
luogo a unità di livello superiore di vario tipo punto e sono sempre
esclusiva dell'uomo, la differenza tra uomini animali è una questione

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di grado: una sintassi complessa come quella usata dall'uomo nelle


sue lingue non è documentata negli animali, che tuttalpiù presentano
rudimenti di capacità combinatoria. Nell'uomo l'organizzazione
sintattica e nettamente palesata nei diversi codici di cui si serve: in
italiano le parole Carlo, saluta e Laura possono essere combinate in
diversi modi, 1. Carlo saluta Laura, 2. Laura saluta Carlo, 3. Carlo,
saluta Laura!, 4. Laura, saluta Carlo! ecc. il carattere sintattico vale
anche per altri codici, a condizione che presentino un forte grado di
articolazione, come nella notazione aritmetica.
La principale funzione della sintassi consiste nel permettere una
maggiore velocità nella trasmissione dei segnali, rendendo più
efficiente la comunicazione, per esempio tra "ho bevuto il vino che
Luigi mi ha portato" e "Luigi mi ha portato del vino+ ho bevuto il vino
di Luigi", la prima formulazione è più efficiente della seconda, perché
è più rapida e organizzata. La sintassi è uno dei principali canali di
codifica della pragmatica delle lingue.

6.2 Linearità e struttura


Alcuni codici, come la notazione matematica, rendono visibile l'ordine
delle operazioni da seguire, perché lineare e nello stesso tempo
capace di rappresentare la struttura punto invece nelle lingue verbali
la disposizione lineare degli elementi fornisce una quantità di
informazioni minore circa le relazioni tra gli elementi, quindi alcune
informazioni rimangono nascoste e devono essere portati fuori con
procedure appropriate: in "Enzo dice bugie, Carlo no", la seconda
parte utilizza una porzione della prima parte senza menzionarla, ed è
quindi connessa da vincoli non manifesti, infatti contiene un verbo
che non si vede (“dice”).

6.3 Analisi sintagmatica


L'analisi sintattica vuole individuare e visualizzare con opportune
tecniche la struttura incorporata nella sequenza lineare delle parole:
- "Giovanni dorme in camera sua", possiamo scomporla in
“Giovanni+dorme in camera sua”,
- e possiamo scomporre “dorme+in camera sua”,
- “in+camera sua”,
- “camera+sua”.
Questa procedura identifica due distinti componenti affiancati senza
nulla in mezzo. Le sezioni denunciato ai due lati di ogni taglio sono i
costituenti immediati della sezione superiore, così denominati perché
costituiscono la sezione superiore in modo “immediato” (senza nulla
in mezzo). Si possono usare altre annotazioni, tra cui quella a scatola
e quella ad albero, dove viene inserita la nozione di “nodo” dell’albero
*cercare immagine sul libro* (ovvero il punto in cui viene introdotto il
taglio; nodo 3, ovvero “in camera sua”, domina il nodo 4, “camera
sua”, nodo 2, “dorme in camera sua”, domina il nodo 3 e 4) e
qualunque di essa si usi, è dimostrato che:

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- il principale aspetto della struttura di un enunciato sta nel fatto che


esso incorpora una struttura che contiene costituenti sopraordinati e
sottordinati;
- un costituente C può essere al tempo stesso sottordinato a un
costituente C1 e sopra ordinato ad un altro C2;
- per analizzare una struttura gerarchica bisogna seguire un'analisi
in più passi, in cui, ognuno dei nodi dell'albero viene tagliato in due
parti fino a che l'analisi non si arresta per esaurimento del materiale.
Questa analisi riflette in parte la competenza intuitiva del parlante, il
quale sa che le parole, nelle frasi, si raggruppano tra loro e sa anche
che alcune parole hanno a che fare l'una con l'altra più strettamente
di altre. Quest'analisi ha due limiti importanti:
- non dà informazioni circa la natura dei collegamenti rappresentati
dai diversi nodi dell'albero, mentre nella sua conoscenza intuitiva il
parlante sa che “sua” a che fare con “camera” e che “dorme” a che
fare con “in camera sua”;
- fornisce alcuna informazione sulla natura dei diversi costituenti
dell'enunciato, infatti non dice che "sua" opera come attributo, che
"Giovanni" opera come soggetto ecc.

6.4 Sintagmi e dipendenza


L'analisi svolta in precedenza introduce la nozione di sintagma; sono
quindi sintagmi:
- dorme in camera sua (nodo 2)
- in camera sua (nodo 3)
- camera sua (nodo 4)
Il sintagma è quindi un'unità "a cannocchiale". Tuttavia non bisogna
pensare che qualunque sequenza di parole formi un sintagma:
"dorme" e "in", pur essendo una dopo l'altra, non formano un
sintagma perché non riconducibili allo stesso nodo, sono infatti
separate dal confine di sintagma. Un sintagma è un costituente
formato da parole dominate da uno stesso nodo è un solo passo di
distanza, ma essendo unita a cannocchiale, sia un sintagma anche
quando sotto lo stesso nodo si trovino non singole parole ma altri
sintagmi:
- [dorme [[in [[camera [sua]]]]] è un sintagma composto non da
singole parole ma da altri sintagmi. Le parole che formano un
sintagma non sono per forza successive la possono trovarsi a distanza
per l'interposizione di altre parole; per esempio nei verbi sintagmatici
(phrasal verbs) inglesi, costituiti da due elementi, verbo+particella,
possono distanziarsi l'uno dall'altra, come “rang up”: Jane rang John
up= Jane ha telefonato a John. Il sintagma è quindi discontinuo, ed è
particolarmente frequente e può formare strutture complesse.
Il fatto che a più parole appaia lo stesso morfo o morfema è un primo
mezzo che le lingue hanno a disposizione per indicare che tali parole
hanno a che fare tra loro, quindi formano il sintagma. Non tutti gli
elementi di un sintagma, come il latino altre lingue, hanno morfi e

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morfemi in comune punto questi fatti ci portano alla nozione


essenziale di dipendenza, che può essere di varia natura; abbiamo
due modi per poterla identificare: la sostituzione, o commutazione,
dov'è date due parole A e B, combinate in una sequenza A+B
(continua discontinua), B dipende da A se è possibile sostituire A+B
col solo A, quindi eliminare B, senza destabilizzare l'intera sequenza.
Si distinguono due fondamentali tipi di dipendenza: la dipendenza
unilaterale, che include un costituente dominante da cui l'altro
dipende, e la dipendenza bilaterale, dove i costituenti si dominano a
vicenda.

6.5 Struttura del sintagma


Il sintagma è definito dal fatto che tra i suoi elementi esiste una
dipendenza: troviamo un elemento dominante e uno dominato punto
su questa base è possibile operare altre distinzioni:
- il calcolatore funziona bene= contiene due sintagmi (“il calcolatore”
e “funziona bene”), che possono essere ulteriormente analizzati;
-“funziona bene” contiene una dipendenza unilaterale: funziona bene-
> funziona -> *bene
“bene” può essere eliminato senza che venga intaccata la funzione
sintattica, infatti “funziona” è la testa del sintagma, mentre “bene” è
il complemento. e fa che la proprietà della testa sta nel fatto che
impone a tutto il sintagma il proprio comportamento sintattico.
La struttura generale di un sintagma è: TESTA (+COMPLEMENTO),
in cui la testa può stare a destra o a sinistra ed è obbligatoria, il
complemento è opzionale.
Si definisce endocentrico quando un sintagma contiene dentro di sé il
proprio centro, cioè la testa, come l’inglese “the barking dog” (il cane
che abbaia), di cui “dog” è la testa.
Ogni sintagma che non sia endocentrico è esocentrico, nel senso che
non contiene la propria testa:
- esco col cappotto
- vado al cinema
- una notte senza sonno
I sintagmi sottolineati sono esocentrici perché non si comporta non è
come il solo primo costituente né come il solo secondo, hanno quindi
una terza esterna, nei primi due casi costituita dal verbo, e nel terzo
dal nome.
Quando i sintagmi si combinano in uno dei modi indicati, quello
risultante può ricadere in due tipi principali:
- coordinativo: si affiancano due o più teste o due o più sintagmi
esocentrici; il sintagma ottenuto è sostituibile con ciascuno dei
sintagmi componenti:
- i ragazzi e le ragazze sono arrivati: -> i ragazzi sono arrivati
-> le ragazze sono arrivate
- subordinativo: sono quelli in cui solo uno dei componenti può
sostituire l’insieme, come in:

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- un ragazzo terribilmente intelligente: -> un ragazzo t̶e̶r̶r̶i̶bi̶ ̶l̶m̶e̶n̶t̶e


intelligente
-> *un ragazzo terribilmente
i̶nt̶ ̶e̶ll̶ i̶ g
̶ ̶e̶n̶t̶e̶
- ho visto una persona che affascina: -> ho visto una persona c̶he ̶ ̶
̶a̶f̶f̶a̶s̶ci̶ n ̶ a
̶ ̶
-> ho visto u ̶na
̶ ̶ ̶pe
̶ ̶r̶s̶o̶n̶a che
affascina
I sintagmi subordinativi possono essere incassati l'uno nell'altro
ricorsivamente: l'enunciato "una donna terribilmente intelligente" può
essere analizzato in modo tale che "una donna" sia la testa dell'intera
costruzione, mentre "intelligente" è la testa della sub costruzione
"terribilmente intelligente".
Il sintagma endocentrico che ha per testa un nome è un sintagma
nominale, quello che ha per testa un verbo è un sintagma verbale,
quello che ha per testa un aggettivo o un sintagma aggettivale e così
via punto quasi tutti i sintagmi esocentrici sono sintagmi
preposizionali. Per verificare se una sequenza di parole costituisce un
sintagma o meno sono sufficienti alcuni piccoli test:
- spostabilità: nei movimenti di costituenti le parole che formano un
sintagma vengono spostate tutte insieme;
- "il figlio di Carla è arrivato tardi"
- "è il figlio di Carla che è arrivato tardi"-> * è
figlio di che il di Carla è
arrivato tardi
- coordinabilità: entità che non siano sintagmi della stessa natura non
possono essere coordinate;
-“siamo usciti in macchina coi bambini” -> siamo usciti in macchina
coi bambini
e i loro amici
-> *siamo usciti
bambini e in macchina coi

6.6 Meccanismi di espansione


Ogni sintagma può essere espanso; le espansioni si applica sia la testa
si è complimenti del sintagma, a ciascuno dei quali possono essere
aggiunti altri costituenti ottenendo così catene progressivamente più
lunghe: il bambino corre-> il bambino di Marco corre-> il bambino di
Marco corre velocemente ecc.
L'espansione dei sintagmi si basa unicamente su un paio di
meccanismi:
- ricorsività: il risultato di un'operazione è possibile tornare ad
applicare la stessa operazione; tuttavia è applicabile solo da alcuni
componenti. Per esempio dato un sintagma nominale SN costituito da
articolo, nome e aggettivo possiamo aggiungere altri aggettivi; vanno
ricondotti alla ricorsività anche le forme di espansione per

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coordinazione (per esempio mediante e), di quel elencazione è un


caso specifico: “abbiamo mangiato e poi siamo partiti”;
- incassamento: si ha quando un sintagma ricorre come componente
di un'altro sintagma: “ho visto l’uomo che avete invitato a cena”, che
avete invitato a cena modifica la testa del sintagma (l’uomo) e
fornisce su di essa informazioni supplementari che ne restringono la
portata designativa, esso non opera come un sintagma verbale ma
come modificatore del nome testa di un altro sintagma; un altro tipo
di incassamento sia quando una frase viene subordinato ad un'altra,
contenendo un verbo che permette tale subordinazione.
I componenti del sintagma nominale SN includono:
- specificatori: sono elementi che aggiungono la testa nominale
informazioni di tipo grammaticale o deittico, come articoli,
dimostrativi, elementi interrogativi (es. questo amico; quale ragazzo?;
un libro)
- modificatori: sono elementi che modificano l'estensione designativa
del nome, restringendola. Si tratta tipicamente di aggettivi dei diversi
tipi; tranne possessivi e numerali, tutti gli altri possono essere ripetuti
e ricorsivamente (es. POSSESSIVO: il mio giornale; AGGETTIVO DI
QUALITA’: un partito politico; NUMERALE: quattro partiti politici);
- apposizioni: sono costituenti nominali designati la medesima entità
del nome testa, aggiungendo ulteriori informazioni (es. Napoleone,
imperatore dei francesi, fu sconfitto a Waterloo);
- SPrep (sintagma preposizionale) di vario tipo, in particolare i
genitivi: possono essere argomentali, cioè far parte della struttura
argomentale del nome (es. il libro di Giovanni; gelato al limone; una
notte senza luna);
- classificatori: sono presenti solo in alcune lingue;
- frasi relative: indicano una proprietà che restringe potenziali
referenti del nome-testa; sono le uniche clausole dipendenti che
abbiano per testa un nome (es. ho comprato il libro di cui mi hai
parlato).
Il sintagma verbale SV si espande mediante:
- verbi ausiliari e affini, come l'italiano avere, venire, stare ecc.
- avverbi, di vari tipi, ovvero la principale classe di modificatori dei
verbi
- argomenti di diversa natura, ovvero SN o SPrep, che insieme
formano la struttura argomentale del verbo;
- frasi dipendenti con testa verbale, ovvero due categorie di frasi
dipendenti, le completive e le circostanziali.

6.7 Meccanismi di collegamento


- collegamento 0(zero): si intende il fatto che due costituenti
segnalano il proprio vincolo sintagmatico col solo affiancarsi;
“a_nice_day”, il vincolo tra “nice” e “day” è segnalato solo dalla
contiguità tra costituenti;

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- accordo: è caratteristico delle lingue flessive; nel latino “diis


Manibus sacrum esto”, “diis” proietta il proprio pacchetto morfemico
{DATIVO+PLURALE} su manibus, con cui forma il primo sintagma,
anche se i morfi che rappresentano i due morfemi in ciascuna delle
due parole sono fonologicamente diversi (-is e -ibus);
- connettori: possono essere di diversa natura, parole morfi ho
particolari disposizioni di elementi nel sintagma; lead posizioni sono il
correttore più tipico e possono trovarsi prima della parola cui si
connettono (le preposizioni), o dopo (posposizioni) (es. la macchina di
mio padre; è arrivato due giorni fa); operano come connettori
sintagmatici anche morfi legati, come la ‘s del genitivo sassone
inglese (es.The John’s House).

6.8 Profili sintagmatici


Uno dei più importanti è il genitivo sassone, che segnala
univocamente che l'elemento testa è il secondo; l’izafet, in cui due
nomi aventi un rapporto di determinazione si collegano assumendo il
primo una flessione di genitivo e il secondo un suffisso possessivo di
terza persona, illustra un tipo di collegamento che è stato chiamato
da Hockett collegamento incrociato, e ne troviamo un caso analogo
nel sintagma arabo idafa, detto anche stato costrutto, in cui il primo
nome perde l'articolo, che rimane solamente per il secondo, e
quest'ultimo prende il caso obliquo.
Anche la posizionalità, cioè il puro ordine degli elementi, basta a
costituire un sintagma e ciò si osservano il sintagma nominale inglese
della forma Nome+Nome: si tratta di un sintagma ricorsivo (N1->
N1+ N2) organizzato in modo tale che la testa di tutto il sintagma è
rappresentata dall'ultimo N è che ogni N e la testa di ciò che lo
precede (es.New York State University Library, “library” è la testa
dell'intero sintagma, “University” la testa di New York State
University, e “State” la testa di New York State).
Alcune aggregazioni di parole non hanno dipendenza sintattica
d'arresto dell'enunciato e sono prive di nodi sopraordinati: si tratta di
sintagmi indipendenti, il cui legame può essere colto in termini
semantici. Alcuni esempi ricorrono nelle costruzioni che la
grammatica tradizionale chiama assoluti (cioè privi di legami con
resto), tipici delle lingue indoeuropee.

6.9 Ordine degli elementi


Nei sintagmi, l'ordine degli elementi può essere libero o obbligato a
seconda delle lingue.
Quando il nome-testa è a sinistra dei suoi modificatori è detto
sintagma progressivo (o a testa iniziale), quando invece è a destra del
proprio modificatore, regressivo (o a testa finale).

6.10 Tipologia

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Anche sul piano sintattico si possono riconoscere tipi diversi in base


ad alcuni criteri fondamentali:
- posizione dei costituenti: all'interno del sintagma di cui fa parte, la
testa può essere situata a sinistra o a destra, mentre gli altri
costituenti del sintagma hanno posizioni peculiari. Abbiamo quindi i
seguenti ordinamenti: TESTA INIZIALE= Testa (+ Completamento)
TESTA FINALE=
(Completamento) + Testa
- posizione del modificatore rispetto al modificato: questo criterio
coincide in parte con il precedente; abbiamo quindi modificatore a
destra o a sinistra;
- posizione dei costituenti maggiori (soggetto, oggetto, verbo): in
molte lingue il comportamento sintattico dei sintagmi maggiori è
diverso da quello dei sintagmi minori.

Capitolo 7, 7.4 ordine dei costituenti (unico paragrafi in


programma)
- schema della struttura della clausola semplice va inteso come
illustrazione astratta dei suoi componenti
- ordini possibili dei componenti maggiori: SOV, SVO (italiano), VSO,
VOS, OSV, OVS
- una lingua può avere più di un ordine non marcato (costruzioni
passive in italiano)
Capitolo 8 - Grammatica
8.1 Grammatica
Etimologicamente “arte dello scrivere”, il termine grammatica ha
indicato per secoli la considerazione del linguaggio nella sua totalità,
ed è quindi una sorta di sinonimo di linguistica; nel corso degli anni,
grammatica ha indicato le cose più diverse e ha circolato in ambienti
disparati (logica, filosofia ecc) con le più svariate accezioni; tutti gli
usi del termine grammatica hanno in comune in riferimento a un
insieme di regole e di regolarità, obblighi che bisogna rispettare pur
operando liberamente.

8.2 Opposizioni e distinzioni


Il significato può essere chiarito mettendo a contrasto con
qualcos'altro:
-“Luisa arriva subito”= “arriva", in quanto terza persona singolare, è
un fatto di grammatica, mentre la scelta delle parole come tali, quindi
“Luisa” al posto di “zia”, “arriva” invece di “viene”, appartiene alla
sfera del lessico; quindi la grammatica riguarda le caratteristiche
morfologiche delle parole, mentre la scelta di esse è di pertinenza del
lessico.
La grammatica di una lingua può essere rappresentata con una serie
di tabelle o di liste, “i paradigmi”, che mostrano come una certa
classe di parole cambia di forma secondo l'ambiente sintagmatico in
cui occorre.

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Possiamo porre anche grammatica e sintassi:


- la sintassi si occupa dell'ordine delle parole e della loro
combinazione: "frase", "ordine delle parole", ecc, sono nozioni della
sintassi;
- la grammatica si occupa delle categorie che intervengono in tale
combinazione: "nome", "verbo", "aggettivo", ecc, sono quindi nozioni
della grammatica.

8.3 Grammatica generale e grammatiche particolari


Abbiamo due tipi diversi di grammatica:
- grammatica universale (o generale): uguale per tutte le lingue in
quanto manifestazioni diverse di un unico modello;
- grammatica particolare: tipica di ogni singola lingua.
Oggi questa posizione si presenta in una versione differente, secondo
la quale la grammatica è una perché l'utente delle lingue è un essere
umano, limitato nelle sue capacità di elaborare informazioni: una
lingua dovrà allora presentare una forma tra alcune possibili, senza
sceglierne una che stia al di fuori di questo ambito. Quindi, le lingue
possono essere diverse tra loro, ma possono variare (sincronicamente
e diacronicamente) solo entro limiti determinati, imposti dalle
proprietà dell'utente. Anche se non tutti sono d'accordo, La
linguistica deve dare per scontato che le lingue abbiano qualcosa in
comune ( la grammatica), e su questa base può fondare le proprie
analisi

8.4 Un sistema di opzioni obbligatorie


Verbalizziamo l'evento "la testa mi duole":
- la scelta della parola testa è “libera”, ma una volta che è stata
compiuta si deve decidere se usare questa parola al singolare o al
plurale;
- una volta scelto liberamente il verbo “dolere”, si apre al parlante un
numero di opzioni obbligatorie ancora maggiore (prima, seconda o
terza persona, singolare o plurale).
Possiamo quindi dire che la grammatica è l'insieme delle opzioni
obbligatorie tra cui occorre scegliere una volta compiuta una scelta
lessicale libera: questa definizione si basa sull'opposizione tra
grammatica e lessico. Possiamo quindi cogliere un carattere
importante delle opzioni grammaticali:
- sono di carattere oppositivo (singolare si definisce distinguendosi da
un plurale; presente si oppone al passato o al futuro, ecc..)
- sono in numero limitato: per ogni opzione non possiamo avere
infinite alternative, ma oscillano tra le due e le dieci/quindici

8.5 Grammatica e lessico

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Come sappiamo i morfemi e i morfi si distinguono in lessicali e


grammaticali (5.3). Essi costituiscono un insieme chiuso di elementi
che formano opposizioni semplici, per esempio se una lingua ha
morfemi di caso, il caso va scelto entro una ristretta gamma di
opzioni.
Ora sono i morfi grammaticali a formare l'oggetto principale della
grammatica, in quanto portatori delle opzioni obbligatorie.
Riprendendo la distinzione tra forma e sostanza del contenuto (2.9),
aggiungiamo che il contenuto espresso da una lingua per qualificarsi
è ripartito in due diversi canali:
- grammatica: consiste nell'analisi delle opzioni obbligatorie che le
lingue impongono all'interno del canale grammaticale
- lessico: si riferisce alle opzioni non obbligatorie
Per esempio consideriamo la nozione di genere del nome; in inglese
non ha espressione in forma grammaticale, ma può averla in forma
lessicale, infatti essa è codificata da un elemento non grammaticale,
ma da una parola a sé stante:
the cat (“il gatto/la gatta”)= the she-cat (il lei-gatto= “la gatta”)
Esistono affinità tra le lingue anche per la gamma delle porzioni di
contenuto, che chiameremo nozioni, grammaticalmente codificabili,
per esempio lingue prive di relazioni possono presentare affinità
grammaticali sorprendenti come il caso causativo in swahili e in
turco.
In diacronia, il significato può ridistribuirsi tra i canali della
grammatica e del lessico attraverso due processi:
- la grammaticalizzazione: quando il significato di un'entità lessicale
diventa un morfo grammaticale;
- la lessicalizzazione: quando un contenuto originariamente
grammaticale trova espressione in una voce lessicale apposita.
Esiste una differenza tra la forma lessicale e grammaticale che il
contenuto può assumere: la grammatica esprime il contenuto
digitalmente, il lessico in modo analogico (2.8).
Può accadere che determinate risorse grammaticali perdono la loro
funzione cercando di portare informazione grammaticale, per esempio
l'infisso verbale latino -it-aggiungi un significato "iterativo" al verbo,
inserendolo in una matrice semantica come FARE RIPETUTAMENTE
(______): fare distinzioni non è attiva in tutto il sistema verbale, infatti
vom-o e vom-it-o significano entrambi vomitare senza distinzione.
Questo fenomeno si può osservare anche mettendo a confronto una
lingua e dei suoi eredi: l'infisso latino -sc- grammaticalmente riprende
il significato “incoativo” di COMINCIARE A (______) e “intensivo” di
FAR (_____), ma in italiano opera solo come contrassegno morfologico
di una flessione e non ha nessun significato: fini-sc-o, concepi-sc-o.

Capitolo 9 - Categorie grammaticali


9.1 Una definizione

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- categoria grammaticale: si riferisce alle categorie quali il genere, il


numero, il tempo, il modo, la persona ecc. le categorie si manifestano
morfologicamente mediante elementi flessionali o altri; quindi, è una
categoria ogni classe di opzioni grammaticali complementari e
omogenee: per esempio, il numero è la categoria che comprende
singolare e plurale, complementari in quanto scegliendone una si
esclude l'altra; se immaginiamo una classe di opzioni composta da
prima persona e singolare, non è una categoria perché le opzioni non
sono complementari, in quanto le due opzioni possono coesistere.

9.2 Distinzioni principali


Le categorie grammaticali possono essere:
- scoperte, ovvero quelle in cui ogni opzione si manifesta
foneticamente;
- coperte, ovvero quelle per le quali ciò non è vero.
Ad esempio, in italiano, per categoria di numero è normalmente
scoperta sia per i nomi sia per altre parti del discorso, ma esistono
casi aperto (come caffè, moto) in cui ciò non vale perché la differenza
tra singolare e plurale è foneticamente nulla. Inoltre non si fa
distinzione tra animato e inanimato, ma questa distinzione è scoperta
perché mostra l'opposizione tra “a” e “da” nei complementi di moto:
“vado al cinema (inanimato)”; “vado dal dottore (animato)”.
Le categorie possono essere sistematiche o isolate, cioè applicarsi a
quasi tutte le forme di una certa classe o solo ad alcune.
In italiano, il caso è una categoria isolata, visto che opera solo nei
pronomi personali e nei pronomi relativi, infatti nei relativi che può
operare come soggetto e come oggetto (es. "la persona che mi hai
presentato"; "la persona che mi ha parlato"), il quale invece può
operare solo come soggetto (es. “la persona la quale mi hai
presentato”; “la persona la quale mi ha parlato”).

9.4 Genere
- è una categoria applicata perlopiù ai nomi, ripartiti nelle classi
indicate con i termini maschile, femminile e neutro;
- può essere coperto o scoperto e proiettarsi in diversa misura sul
pacchetto morfemico dei costituenti che formano un sintagma
nominale SN;
- a volte interessa anche la relazione tra nome e verbo, come in arabo
- il neutro è una proprietà intermedia, ravvisata specialmente in nomi
relativi a entità prive di volizione autonoma, inanimate o inerti.
Le lingue si distribuiscono in diversi tipi, in quanto al genere:
- un primo tipo è quello delle lingue prive di distinzioni di genere,
come l'inglese il cinese; anche formali per distinguere maschile e
femminile, è l'aggettivo è l'articolo non si accordano con il nome con
cui formano il SN; nell’inglese il genere opera in modo coperto: nelle
riprese anaforiche alcune parole richiedono elementi forici di generi
diversi (boat “barca”, car “automobile”, sono ripresi da she;

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baby/child “bambino”, robin “pettirosso” sono ripresi da she o da he


in base a come vengono considerati, quindi se maschili o femminili, o
anche da it, in caso il genere naturale non sia noto);
- un secondo tipo è costituito dalle lingue che distinguono solo
maschile e femminile; nella famiglia e romanza, accade spesso che il
femminile si riferisca a oggetti biologicamente femmine e il maschile
a oggetti maschi, mentre il genere degli altri oggetti è immotivato,
ma questa corrispondenza può essere disturbata da alcune
rovesciamenti tra i generi naturali e grammaticale (la guardia, il
soprano), casi che si riferiscono indistintamente ai due sessi (la tigre,
la pantera ecc)e altri in cui la parola non lascia intravedere alcuna
marca di genere (il belga, la belga). l'unico modo per segnalare il
genere è aggiungere materiale lessicale (la tigre femmina, la pantera
maschio ecc); in molte lingue il maschile opera come termine non
marcato, quindi i romani= i romani e le romane, i fratelli= i fratelli e
le sorelle ecc; in alcune lingue, come l’algonchino, possiamo trovare
un'opposizione tra animato e inanimato, presente anche in lingue
slave;
- il terzo tipo è costituito da sistemi in cui l'opposizione non è a due o
tre termini, ma più complessa; in swahili si distinguono numerose
classi di nomi, ciascuna delle quali porta un'idea di base indicato da
un classificatore: per esempio i nomi che al singolare hanno il
prefisso m- e al plurale mi- si riferisce a enti viventi e/o mobili, ma
non umani.

9.5 Numero
- è una categoria che si manifesta nell' opposizione morfologica tra
singolare e plurale;
- come indicatore di quantità cardinale, il numero si collega ai
quantificatori che si distinguono in categorie, gli indefiniti (qualche,
alcuni, molto..) e i definiti (come i numerali);
- spesso le indicazioni di quantità cardinale del numero grammaticale
può essere paradossale, infatti con qualche il singolare non indica più
“uno”, ma una quantità superiore (“ho comprato qualche penna” =
più di una penna, ma non molte);
- il numero ha a che fare anche con l'articolo, quindi con la questione
della definitezza: per esempio, “dammi il libro”, si riferisce a un solo
libro.
Il numero è quindi una categoria mescolata e complessa nella quale la
funzione di quantificazione cardinale si intreccia con aspetti di natura
semantica e logica.
I sistemi più largamente attestati sono tre:
- le lingue distinguono singolare plurale (caso più frequente); il
singolare si distingue morfologicamente dal plurale per una marca
apposita (in latino lup+us “il lupo”, lup+i “i lupi”) oppure perché ha
un morfo zero contrapposto a un morfo foneticamente manifesto (in
inglese a dog “un cane”, some dog+s “alcuni cani”);

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- diverse lingue hanno anche il duale, forma di valore quantitativa,


riferita a oggetti che si presentano in coppia, come occhi, mani,
braccia ecc
- poche lingue hanno un triale, soprattutto per i pronomi, relativa
entità che si presentano tre a tre, e a volte un paucale, ovvero una
caratterizzazione morfologica che significa "qualche", quindi
equivalenti per significato a un quantificatore indefinito.
Gli aspetti semantici e logici sono molto più difficili da presentare: in
turco il singolare non indica la quantità "uno", ma è numericamente
neutrale punto per queste nomi accompagnati da un numerale sono al
singolare. In italiano e in altre lingue singolare-plurale servono
esprimere una complessa gamma di possibilità:
- 1.a il cavallo è un animale resistente
1.b il cavallo è arrivato primo
- 2.a i cavalli sono animali resistenti
2.b i cavalli sono arrivati i primi
1.a indica un'intera classe, ovvero tutti i cavalli; 1.b si riferisce a un
unico individuo; 2.a il plurale ha la stessa funzione di 1.a, invece 2.b il
plurale indica una pluralità di individui: quindi le due formulazioni,
pur essendo una singolare e una plurale, sono perfettamente
sinonime. la definizione è indicata anche dalla natura del predicato:
1.a ha un predicato generale, mentre 1.b ha un predicato particolare.

9.7 Caso
- categoria tipica dei nominali;
- sua illustrazione più evidente offerta dalle flessioni nominali del
latino, dove nomi, pronomi e aggettivi possono assumere 6 forme
(nominativo, genitivo, dativo, accusativo, ablativo, vocativo)
- essi hanno una varietà di funzioni, la più evidente consiste nel
marcare alcune funzioni grammaticali dei nominali nell’ enunciato:
per esempio, il nominativo segnala il soggetto; altra funzione=
oggetto-> il caso è l'accusativo
- i sistemi di caso possono avere un'opposizione tra nominativo e
accusativo, quindi i casi cardinali (come nell'arabo dove troviamo solo
tre casi= nom, gen e acc)
- lingue divise in: lingue nominativo-accusative, in cui si oppongono
nominativo e accusativo (nominativo è il caso del soggetto sia che il
verbo sia transitivo che intransitivo), come il latino; lingue ergative, in
cui il caso del soggetto cambia a seconda che il verbo sia transitivo o
no: caso assolutivo, segnala il soggetto del verbo intransitivo e
l'oggetto del verbo transitivo, caso ergativo, segnala il soggetto del
verbo transitivo, esse trattano allo stesso modo il soggetto del verbo
intransitivo e l'oggetto del verbo transitivo; il soggetto del intransitivo
e l'oggetto del transitivo, hanno in comune un minor grado di
agentività e di controllo, quindi il fatto di poter influire meno sullo

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sviluppo dell'evento (all'inverso, il soggetto dei verbi transitivi ha un


grado più elevato di agentività)
- gli altri casi servono a intelaiare l'enunciato sul contesto rinviando la
dimensione extralinguistica ->dativo di solito segnala il beneficiario
dell'azione compiuta dall'attore
- casi locali: in alcune lingue hanno la speciale funzione di segnalare
la localizzazione spaziale, più o meno nel senso indicato dalle
tradizionali denominazioni di alcuni complementi (moto a luogo, stato
in luogo, moto da luogo ecc); le lingue sono spesso in grado di
indicare con mezzi grammaticali anche la direzione del movimento in
relazione al luogo in questione, si costruisce uno spazio che viene
strutturato secondo alcune dimensioni essenziali
- sistema minimo dei casi locali: moto a luogo, stato in luogo, moto da
luogo

Capitolo 11 - struttura tematica e struttura dell'informazione


11.1 L'enunciato dal punto di vista dell'emittente - struttura
tematica Tema/Rema
Nella grammatica tradizionale si distinguono tre tipi di soggetto:
- soggetto grammaticale: si accorda col verbo
- soggetto psicologico: formato da elementi che rappresentano ciò di
cui L'enunciato parla
- soggetto logico: che indica colui che compie l'azione
I tre soggetti possono coincidere. “Silvia studia la matematica” Silvia
è allo stesso tempo soggetto grammaticale, psicologico e logico.
Il soggetto psicologico allude al fatto che l'emittente, nel progettare il
proprio enunciato, scegli una porzione che considera come il punto di
partenza della predicazione e su cui intende aggiungere delle
informazioni: oggi è indicato col termine tema, ovvero la parte di
clausola che codifica ciò di cui si sta parlando. Il resto è il rema, cioè
quel che si dice A proposito del tema. La clausola è dunque un’entità
bipartita, composta da tema e da rema:
- Tema + Rema-> struttura tematica della clausola
- esempio: la matematica, Silvia la studia -> mostra che la struttura
tematica non identifica singole parole né singoli sintagmi
Nella struttura tematica l'entità indispensabile è quella rematica, dato
che il tema può essere già noto o costituito da un'entità
extralinguistica a cui si fa allusione con un deittico.
- a volte più di un costituente può rappresentare la parte rematica
della clausola,
- per esempio (1) nessun paese può uscire dalla crisi da solo,
la parte rematica può essere formata da tre costituenti (2) può
uscire dalla crisi da solo
(3) può
uscire dalla crisi
(4) da solo

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- nella lingua scritta è il lettore a decidere la parte rematica, nella


lingua parlata un picco di intonazione prominente segnalerà se la
parte rematica è una o l'altra di quelle possibili.
-distinguere parte rematica da quella tematica: incassare la clausola
in una frase negativa del tipo “non è vero che…”, si scopre allora che
essere colpita dalla negazione non è tutta la clausola ma solo una
parte; la parte su cui opera la negazione è la portata della negazione;
- nella catena lineare della clausola si sovrappongono 3 strutture che
si appiattiscono l'una sull'altra e diventano indistinguibili:
- struttura sintagmatica: studiata dalla sintassi, descritta da
diagrammi ad albero
- struttura funzionale: articolata in funzioni grammaticali
- struttura tematica: articolata in tema e rema
- una cosa simile accade anche in altri ambiti, per esempio in
fonologia;
- la linearità del messaggio linguistico è una linearità paradossa, in
quanto non sopprime la stratificazione dei livelli, si limita ad
occultarla.
- posti della struttura tematica possono essere occupati da vari
costituenti: il tema può essere costituito da un SN, quanto da altri
elementi (per esempio, con Carlo non siamo mai stati a cena; a te,
questa cosa l'ho detta già due volte-> Nelle due frasi il tema è
costituito da un SPrep complemento)
- la struttura tematica può presentarsi anche in forme stratificate: in
questo caso il tema è composto da un altro tema Meno esteso e da un
rema (dove può anche in quest'ultimo presentarsi una struttura
tematica interna)

11.3 Tematizzazione e Rematizzazione


- le risorse di focalizzazione sintattiche consistono in movimenti di un
Costituente dalla posizione non marcata a un'altra marcata, per lo più
in direzione del margine sinistro della clausola (margine dove si
trovano le PP-> posizioni periferiche)
- focalizzazioni per movimento;
- topicalizzazione: spostamento del costituente focalizzato all'estrema
sinistra, lasciando
vuoto il suo posto originario= per esempio ho comprato il giornale->
il giornale ho
comprato [___]; è un focus contrastivo che crea contrapposizione con
un costituente
enunciato o alluso
- inversione: serve a focalizzare specificamente il soggetto in alcune
lingue (per esempio,
se lo dice lui bisogna fare così)
- frase scissa: meccanismo di tematizzazione, ha la funzione di
rendere tematica una parte del rema; la struttura si chiama scissa
perché si scende, spezza, la clausola in due parti e

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ne trasporta una a sinistra; il costituente focalizzato si muove verso


sinistra e “atterra” all'interno del sintagma discontinuo è che;
possono spostarsi costituenti di ogni tipo, ma
non il pronome soggetto-> per esempio, è questo libro che voglio;
una variante, senza
spostamento di costituenti, è “io sì che sono d’accordo ad uscire”->
l'elemento focalizzato
si colloca a sinistra dell'espressione X sì che
- dislocazione: serve a isolare il tema, consiste nello spostare a
sinistra o a destra un costituente della clausola, al posto del quale va
un clitico coreferente; per esempio a "non bevo il latte" (clausola non
marcata) corrisponde "il latte (tema), non lo(clitico) bevo”; La
dislocazione a sinistra prende tematico l'oggetto, che solitamente fa
parte del rema nella dislocazione a destra invece il costituente è
isolato da una pausa e richiamato da un critico cataforico con
referente "non (tema) lo (clitico) bevo (tema; dislocato), il latte
(costituente)"; la virgola riproduce la pausa, ed è uno dei segnali
fonologici della dislocazione.
- alcune lingue usano morfi dedicati per marcare il tema, e anche per
distinguerlo dal soggetto (in somalo il tema è segnalato da due morfi,
waa e baa)
- la focalizzazione può aver luogo anche mediante risorse di
intonazione, cioè con un picco di intonazione può sulla sillaba tonica
del costituente focalizzato-> questo dispositivo ha un ruolo più
importante nelle lingue configurazionali:
- io non la penso così; così io non la penso; non crederai che siamo
d'accordo, spero: sono tutti esempi italiani in cui l'intonazione
segnala in particolare il focus contrastivo e metalinguistico;
- la tematizzazione può applicarsi solo a elementi che abbiano un
certo corpo fonico e portino accento; non si applica a clitici (pronomi,
congiunzioni, preposizioni), salvo che si tratti di focalizzazioni
metalinguistiche (come nell'esempio “bisogna lavorare per il paese,
non contro il paese”).
- diverse lingue hanno sviluppato due serie parallele di pronomi, atoni
(clitici) e tonici: i secondi possono essere focalizzati, i primi no
- la tecnica di conferire maggiore corpo fonico a pronomi è tutt'altro
che rara : in swahili esistono tre serie di pronomi, di cui due atone e
una tonica

11.5 Enunciato dal punto di vista del ricevente - Dato e Nuovo


- scambio enunciativo reso possibile dal fatto che emittente e
ascoltatore hanno in comune un patrimonio di informazioni, attinte
sia da sezioni precedenti dell'enunciato sia da rinvii dell'esperienza
extralinguistica

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- in ogni atto di enunciazione si compiono due distinte operazioni:


prima si richiama la base di informazioni che si suppone condivisa,
poi si aggiunge a essa qualche elemento che non ne fa ancora parte
- lo scambio comunicativo è una sorta di continua oscillazione tra le
informazioni già acquisite e condivise e quelle che vanno a integrare
la base comune;
- per esempio: hai presente Luigi? ora vive in America
- la prima clausola (hai presente Luigi?) è un'informazione condivisa;
la seconda ( ora vive in America) è una nuova informazione;
- dal punto di vista del ricevente, l'enunciato è diviso in due: una parte
che rinvia a un'informazione già acquisita, denominata Dato (hai
presente Luigi?); una parte che aggiunge una nuova informazione,
denominata Nuovo (ora vive in America)
- lo schema può essere ancora più complicato; se immaginiamo l'inizio
di uno scambio, avremo:
(1) [A] hai presente Luigi? (D1) - ora vive in America (N1)
(2) [B] e da quando (N2) - [vive in America] (D2 (=N1)) ?
(3) [A] [vive in America] (D2) - da tre anni (N3) - ha una fabbrica
di scarpe (N4)
- lo scambio enunciativo si svolge perciò secondo un ciclo ricorsivo di
accrescimento graduale dell'informazione, composto di tre fasi:
a. evocazione di un'informazione già condivisa, adoperata come
punto di partenza (Dato);
b. aggiunta di un'informazione non ancora conosciuta e condivisa
(Nuovo);
c. degradazione a dato del precedente nuovo e riavvio dell'intero
ciclo fino al termine
dell'enunciazione
- alcuni elementi sono intrinsecamente dati: per esempio, io e tu non
possono non apparire come dati, in quanto componenti obbligatori
della situazione enunciativa
- che un componente dell'enunciato sia dato o nuovo dipende solo da
fattori linguistici
- un componente può essere dato non perché sia stato già menzionato,
Ma perché è presente è accessibile nel contesto esterno; (1) può
essere modificato in:
(4) [A e B indicando una foto di Luigi] ora vive in America
- il Nuovo non può essere omesso, altrimenti l'interazione perderebbe
ogni senso
- l'enunciato non può essere costituito dal solo Nuovo, dato che
l'evocazione del Dato può essere operata con un’ellissi, come nella
battuta (3):
(5) [A] [ vive in America] (D2; Ellittico) - da tre anni (N3) - ha una
fabbrica di scarpe (N4)

11.6 Tema/Rema ≈ Dato/Nuovo

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L'opposizione tra Tema e Rema non coincide sempre con quella tra
Dato e Nuovo. La prima riguarda la scelta dell'argomento
dell'enunciato e del predicato che a esso si aggiunge; la seconda è la
distinzione tra informazione nota e informazione nuova. La prima è
determinata dall’emittente, la seconda è incentrata sul ricevente e gli
propone di aspettarsi informazioni nuove. In diversi casi la struttura
tematica può sovrapporsi sulla struttura dell'informazione in misura
più o meno estesa; per questo l'enunciato normalmente contiene
segnali che indicano si sa qual è il tema che viene proposto, si sa qual
è lo statuto (Dato o Nuovo) delle informazioni proposte. I tipi di
enunciato si presentano in una luce nuova: ciascuno di essi può
servire a funzioni diverse. le domande possono mirare a confermare
se un determinato Costituente è dato o nuovo o ad accertare che esso
sia il tema. Alcuni tipi di subordinata sono specializzati per indicare
che un'informazione è dato: le causali con siccome e dato che, una
varietà di temporali e le relative sono di questo tipo.
- verbi fattivi: classe di verbi che quando sono nella clausola
principale di una costruzione con completiva segnalano che l'evento
codificato del completiva è Dato
- la struttura tematica si sovrappone alla struttura dell'informazione
-Hai presente Luigi? ora vive in America
rema tema tema rema
dato nuovo
- nell’enunciato in realtà si sovrappongono quattro livelli strutturali:
struttura sintattica, funzionale, tematica, informazione
Capitolo 12 Testo
12.1 nozione
- clausole, categoria particolari di enunciati;
- caratteri specifici delle clausole sono brevità e semplicità
strutturale;
- comportamento linguistico si manifesta anche in enunciati più lunghi
e complessi;
- le frasi sono interconnesse in diversi modi: non si tratta di frasi
isolate messi in fila casualmente, ma di enunciati organizzati in una
struttura sopraordinata più complessa;
- il fatto che alcuni elementi dell'enunciato possono essere spiegati
soltanto perché si attaccano a qualcos'altro prova che il testo è tenuto
insieme nelle sue diverse parti
- nel comportamento linguistico le clausole si combinano in enunciati
più vasti, al cui interno ciascuna di esse trova il proprio posto e
assume il proprio significato; all’enunciato più vasto si dà il nome di
testo, in cui tra i suoi elementi esistono relazioni di varia natura:
- possono istituirsi tra elementi di qualunque estensione
- possono collegare le menti a qualunque distanza l'uno dall'altro
- esistono diversi tipi di testi ( libri, racconto, romanzo,
conversazione)

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- accanto alla linguistica applicata alla clausola si può costruire una


linguistica del testo:
-linguistica testuale: parte dall'ipotesi che un testo sia costituito da
clausole ma non si è riducibile a clausole
- il testo due proprietà essenziali, Ovvero la coesione, Unità
strutturale che contiene dispositivi che assicurano la compattezza
dell'insieme, e la coerenza, cioè unità di significato perché parla delle
stesse cose o della stessa cosa

12.2 Coesione
- è il fenomeno per il quale le parti del testo sono collegate tra di loro
mediante appositi dispositivi
- coesivo: elemento che serva ad assicurare la coesione;
- coeso: enunciato che presenta coesione;
- importanti dispositivi di coesione sono i punti di attacco;
- esistono elementi, cioè punti di attacco, ai quali altri elementi si
collegano Per trovarvi la propria referenza: in questo modo
l'enunciato può essere rappresentato come è ricoperto da una rete di
sentieri che collegano i coesivi ai rispettivi punti di attacco
- il fenomeno per cui il coesivo può rinviare a un punto di attacco è la
foricità; in base a esso si distinguono le due classi fondamentali di
coesivi:
- inquisitivo che abbia il punto di Attacco in alto è anaforico
- inquisitivo che abbia il punto di attacco in basso è cataforico
- questa è un’elaborazione di quanto già affermato A proposito della
contestualità dei codici nel capitolo 3.8; infatti i meccanismi forici
sono volti ad assicurare la contestualità interna di un codice:
- sono gli elementi che più operano come coesivi in rapporto a un
punto di attacco
- una serie di coesivi aventi lo stesso punto di attacco è chiamata
catena:
- se costituita da coesivi anaforici si tratta di catena anaforica: serve
a tenere insieme le
diverse clausole che formano il testo; il primo elemento è il capo
catena, gli altri sono gli
anelli; le catene anaforiche possono essere di diversa lunghezza e gli
anelli possono essere
distanziati l'uno dall'altro
-Il testo può essere tenuto in questione da più catene anaforiche che
possono intrecciarsi l'una con l'altra; possono intrecciarsi in maniera
complessa;
- i sentieri che congiungono gli anelli indicano i collegamenti
- catene anaforiche sono soggette a talune regolarità:
- azzeramento del soggetto: il soggetto si cancella quando due anelli
della stessa catena si susseguono immediatamente e a breve distanza
- ho ripreso forte del soggetto: dopo un arco il soggetto si ripresenta
normalmente in forma

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forte
- lunghezza dell'intervallo: il soggetto riappare quando il Sentiero che
porta da un anello
all'altro supera una certa lunghezza
- le lingue hanno diversi gradi di coesione, Come possiamo notare
nella traduzione da una lingua all'altra: Infatti Nel passaggio la
coesione del testo nella lingua di partenza può venire modificata in
base alle proprietà della lingua di arrivo
- in italiano, ci 5 zero anelli della catena si riducono a zero, perché
l'italiano rispetta la regola di azzeramento del soggetto, mentre
l'inglese la ignora: l'italiano ha quindi un grado di coesione più basso
dell'inglese, almeno per quanto riguarda le catene composte da anelli
che svolgono la funzione di soggetto.
- coesivi ellittici: elementi non manifesti a livello superficiale, ma che
dobbiamo postulare per rendere conto dell'organizzazione testuale
- ellissi: mezzo di coesione semplice; consiste nel cancellare gli
elementi che vengono ripresi anziché adoperarli di nuovo
- la proprietà più tipica degli elementi zero sta nel fatto che essi
continuano a operare influenzando il proprio ambiente sintagmatico;
Essi hanno una particolarità: possono comparire solo a breve distanza
dal punto di attacco, e prima che si interpongono un anello di altra
catena; Non appena la distanza cresce la posizione vuota deve essere
riempita da un elemento superficialmente manifesto, che ripristini la
catena interrotta e segnali A quale catena bisogna rifarsi
nell'interpretazione del testo:
- diversi tipi di ellissi: in italiano, la più frequente è quella del
soggetto
- la mancanza di un elemento è segnalata da un pro-forma:
(1) Luigi è uscito, io non ho potuto [=uscire]-> ellissi
(2) Luigi è uscito, io non ho potuto farlo-> pro-forma
-in (1) uscire è ripreso da un elemento zero; in (2) il verbo è
ripreso da una parola
generale, che, seguita da lo, ha la funzione di segnalare il posto
che dovrebbe essere occupato da una seconda occorrenza di uscire

12.3 connettivi
- esistono altri tipi di coesivi
- i connettivi: elementi che svolgono la funzione di collegare porzioni
diverse del testo pur senza avere necessariamente un punto di
attacco in un'altra parte del testo.
- rientrano tra i connettivi quasi tutte le congiunzioni e una parte
notevole degli avverbi, ma anche SPrep e intere clausole (come nelle
incidentali: come abbiamo visto, come Vedremo tra poco ecc)
- funzioni dei connettivi sono diverse:
- invece di accarezzarla trattala come una donna-> come è un
paragone;

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- va anche detto che aveva visto abbastanza-> anche è l'aggiunta di


qualcosa a qualcos'altro.
- il gioco dei connettivi non ho solo la funzione di collegare porzioni
del testo, ma più ancora quella di far avanzare la comunicazione, cioè
di contribuire al dinamismo comunicativo: anche segnala che si sta
per aggiungere una informazione nuova a quella già data, e come
segnala che un elemento sta per essere portato a confronto con uno
già menzionato
-In base alla loro funzione i connettivi sono distinti in:
- connettivi relazionali: indicano relazioni, servono a esprimere
relazioni tra clausole O parti
di clausole, e favoriscono il dinamismo comunicativo
- connettivi modulanti: modulano l'enunciato, creando enfasi,
focalizzando, contrastando
ecc, questo o quell'elemento rispetto agli altri (greco antico ne faceva
largo uso)
- se chiamiamo base l'elemento che sta logicamente alla sinistra del
connettivo relazionale, possiamo dire che quest'ultimo stabilisce una
relazione tra una base è un elemento nuovo che chiamiamo
integrazione
- il caso più ovvio è quello in cui il connettivo si trova al centro,
avendo la base a sinistra e l'integrazione a destra.
- lo schema delle possibilità di combinazione tra connettivi, basi e
integrazioni è il seguente:
- B (base) + C (connettivo) + I (integrazione)
-B+I+C
-C+B+I
- ellissi: qualunque mancanza di elementi necessari in una clausola o
in un enunciato
- diversi tipi di fenomeni ellittici in latino:
- elementi Nulli: mancanze non ellittiche di elementi di varia natura
- ellissi per distribuzione: quando un elemento che influenza un
ambiente sintagmatico immediato o prossimo appare solo in una
porzione di quella ambiente e si distribuisce sugli
altri-> in inglese gapping, in quanto crea coesione attraverso spazi
vuoti (latino ne è ricco)

12.4 coesione con sintagmi pieni


- la coesione è assicurata anche dai sintagmi pieni, costituiti da:
- ripetizioni di un costituente fungente da capo catena;
- costituenti sinonimi, semanticamente affini o correlati al capo
Catena;
- incapsulatori;
- La copia è la forma più elementare e accessibile di coesione con
sintagmi pieni

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- una quasi copia sia se i costituenti sono somiglianti solo in parte, dal
punto di vista superficiale, e sono dunque presumibilmente dotati di
significati affini;
- un terzo tipo di ripresa sia nei fenomeni di incapsulamento.

12.5 tipi coesivi


- ogni lingua rientra in un tipo coesivo specifico, in quanto, tra le
diverse risorse di coesione di cui dispone, ne privilegia specificamente
alcune
- tale fenomeno viene spiegato riferendosi in particolare all’ellissi nel
libro

12.6 relazioni tra clausole


- se le clausole sono più di una, si creano delle relazioni descritte in
termini sintattici
- fondamentale la distinzione tra clausole coordinate e subordinate
- le clausole hanno tra loro anche relazioni logico semantiche,ciò è
reso possibile dal fatto che esse si combinano nel testo in modo da
esercitare un dinamismo comunicativo
- importante classificazione dei tipi di relazione logico semantica tra
clausole è quella proposta da Halliday, che distingue l'espansione e la
proiezione, e alcune sottoclassi
- espansione: ampliamento dell'informazione convogliata dalla
clausola principale e si presenta in tre forme: esemplificazione e
parafrasi, estensione, localizzazione e circostanza
- esemplificazione: consiste nell'offrire esempi, illustrazioni, singole
stanze di una formulazione generale
- parafrasi: presenta un'illustrazione di quel che è stato detto In altre
parole
- estensione: si sa quando la clausola aggiunge nuovi elementi,
presenta conferme o
eccezioni, definisce alternative e arricchisce l'informazione offerta
dalla clausola precedente
- localizzazione circostanza sono due relazioni affini: consistono nel
offrire elementi
circostanzianti, di tipo locale, spaziale, causale ecc
- citazione: relazioni di citazione si creano quando una clausola è la
rappresentazione indiretta di un'altra formulazione linguistica; si ha
quando una clausola riporta un discorso; questa capacità è dovuta
alle due proprietà dei codici verbali che abbiamo chiamato nel
capitolo 3.7 narratività eccitazione; quando due clausole sono legate
da questa relazione, quella che contiene la citazione sarà detta
citante, quella riportata sarà detta citata
-Tipi principali di citazione:
- discorso diretto: le parole sono riportate così come sono state
enunciate; permette una

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serie illimitata di incazzamenti di clausole citate, creando così una


molteplicità di emittenti
- discorso indiretto: introduce le clausole citate sotto forma di
clausole completive ed è più flessibile di quello diretto, perché si
presta non soltanto a riprodurre le clausole così come
sono state enunciate da un emittente, ma anche a rappresentare
proposizioni, cioè
significati elaborati in forma non esplicitamente verbale

12.7 coerenza
- coerenza: si indica ciò che intendiamo quando affermiamo che un
testo parla delle stesse cose, ovvero il fatto che abbia una certa
continuità tematica
- l'enunciato è coerente perché siamo in grado di attivare un
pacchetto di informazioni già immagazzinate e condivise, quindi una
parte della nostra enciclopedia
- frames: indica la traccia che l'esperienza passata, accumulata nella
memoria di ciascuno, lascia nella conoscenza, permettendoci di
collegare le frasi tra loro, riempire le lacune di informazione e dare
un senso a quel che riceviamo; nella mente di ciascuno Esiste un
frame relativo alle “feste di compleanno”, contenente dei "posti vuoti"
(detti terminali) a cui sono attaccati certi ricordi di vari problemi e
interessi concernenti la situazione; uno dei vantaggi dei frames è
quello di permetterci di dire molte cose con poche parole, quindi ci
consente di omettere una quantità di informazioni che possono essere
supplite dal ricevente, che si suppone disponga di frames somiglianti
ai nostri
- diverse categorie di frames:
- copioni: relativi ad azioni rigidamente ordinate in sequenza, in modo
che l'azione B segua
A e preceda C; possono essere strutturati in gerarchia;
- piani: riguarda specificamente una sequenza di azioni ordinate dalla
relazione mezzo fine
- l'idea di frame mostra anche che la correttezza grammaticale può
essere in qualche caso sorvolata, sarà lui a riaggiustare le eventuali
imperfezioni di coesione che il testo dovesse contenere.

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