Storia Dell'arte Moderna - Architettura
Storia Dell'arte Moderna - Architettura
Il capitello è quello che differenzia in maniera più evidente gli ordini, all’interno
dello stesso ordine si possono adottare proporzioni diverse: il modulo
proporzionale di riferimento è il modulo a limoscapo: ossia modulo tra il fusto e
la base della colonna.
L’odine è composto dalla colonna che ha un fusto che può essere liscio o meno,
le varianti sono tantissime, il fusto è quasi sempre rastremato, ha un’entasi
ossia un rigonfiamento ad una certa altezza.
Bruschi e altri studiosi del ‘900 hanno fortemente lavorato alla riabilitazione di
un approccio stilistico dell’ordine architettonico che prima era definito un
retaggio erudito.
Gli scultori del Quattrocento, più che leggere Vitruvio, studiavano le evidentia
monumentali.
Alberti lo codifica e basta, questo non vuol dire che prima non esistesse.
Nel Quattrocento abbiamo un’infinità di capitelli che non sono definibili con un
capitello vitruviano o albertiano.
Cesare Cesariano, realizza un’opera di Vitruvio che ebbe molta sfortuna. Viene
congedata alla stampa in Lombardia con quest’opera un’edizione in volgare di
Vitruvio nel Cinquecento.
Tra gli ordini Cesariano mette sei ordini, fa due dorici (uno più elaborato
definito matronale), poi c’è lo ionico, il corinzio, il toscanico e un atticurvo, un
ordine che non si differenza dagli altri per il capitello, bensì perché il fusto non
è di una colonna, ma un pilastro angolare.
Tra questi Serlio che pubblica tra il 1536 e il 40 un trattato in volume: tra gli
ordini riconosce il dorico, toscanico, ionico, corinzio e composito, al di sopra
della colonna mette sempre la trabeazione.
Lo chateu è una reggia al di fuori dei confini della città come Versailles.
Il tetto in evidenza è di tradizione nordica, in Italia si tende a nascondere il
tetto.
Lezione 2:
Il linguaggio classico viene applicato sia all’interno che all’esterno delle chiese
romane, a partire da Alberti fino a Palladio.
Bisogna tener conto che chi realizza le modanature è in genere uno scalpellino
(uno scultore), non parliamo quindi di qualcosa tracciato dalla mano del pittore,
ma qualcosa con una tridimensionalità materiale. Il dettaglio più o meno
raffinato su una modanatura è spesso determinato anche dall’abilità dello
scalpellino.
Gli elementi che compongono il capitello dorico sono l’echino, una modanatura
con un profilo a quarto di cerchio convesso e sora l’abaco con un profilo
rettilineo a pianta quadrata.
Tra il capitello e la colonna (il sommoscapo = parte più alta della colonna) ci
può essere un collarino, un elemento circolare che se c’è può avere un
significato.
Nella cornice troviamo vari elementi con anche sistemi di mensolatura. CI sono
diverse modanature con profilo quasi sempre in aggetto.
Il fregio può avere una forma anche un po’ bombata, al di sopra del fregio c’è la
cornice.
Il corinzio ha una base attica, che si può trovare un po’ in tutti gli ordini, tranne
nel toscanico. Questa base attica è composta da un toro inferiore, un toro
superiore più stretto e una scozia intermedia.
Sotto la base ci può essere il plinto e al di sotto di questo un dado che può
essere presente un dado che ha delle modanature sia sotto che sopra. Dal
punto di vista strutturale non serve a nulla, serve all’architetto per questioni
proporzionali.
Lo ionico ha come caratteristiche, più facili da riconoscere, le volute, una
modanatura lineare che si inserisce tra l’echino e l’abaco e ai lati dell’echino si
curva a descriver una voluta e nasconde parzialmente alla vista i lati di
circonferenza dell’echino.
Il capitello ionico non è uguale a 360 gradi, e questo lo distingue dagli altri,
perché le facce laterali sono diverse da quelle anteriori e posteriori, questo
crea problemi negli angoli, anche se esistono capitelli ionici quadrangolari.
Nelle navate di san Pietro troviamo un capitello corinzio, il cantiere di san Pietro
si è dispiegato in 100 anni su un progetto nel 500 di bramante con Giulio II.
Vediamo due corone di foglie e poi un terzo sistema di forze da cui fuoriescono
i caulicoli sopra i quali vediamo l’baco concavo da punte angolari. Troviamo
anche il fiore dell’abaco, elemento decorativo che spesso si trova.
La base attica come già detto è molto comune, impiegata in tutti gli ordini
tranne il toscanico, ha due tori e una scozza intermedia. La base attica viene
descritta da Tibaldi (che ha progettato il Ghislieri e il Borromeo) nel secondo
500.
Tibaldi redige un trattato ispirato ad Alberti e descrive una base attica con un
astragalo superiore, una modanatura di piccole dimensioni con un profilo simile
al toro, ma molto più piccolo.
Tibaldi descrive questa base e la usa nelle basi esterne del tempio civico di san
Sebastiano a Milano nelle paraste. C’è sia una parasta maggiore che una
posteriore su cui ricadono i sistemi superiori interni alla muratura. L’ordine
ionico ha una base attica.
Il plinto su cui poggia la base attica si torva solo nella parasta maggiore.
Anche il capitello ionico ha una base sua, una base complicata per le sue
vicende storiche e sia per il suo impiego.
Il capitello ionico si può trovare con la base attica, ma Vitruvio descrive anche
una base ionica in senso stretto. Una base più complicata di quella attica, ci
sono molti elementi.
Non ha riscontro nei monumenti romani e iniziano ad usarla nel 500 su base di
Vitruvio. Ha una scozia, un doppio astragalo, un'altra scozia e un toro. Le due
scozie sono separate da un doppio astragalo di separazione. La scozia inferiore
poggia interamente sul plinto.
Viene usata come base della colonna ionica del timpano del collegio Ghislieri di
pavia di Tibaldi (anni ’70 del ‘500).
Nella seziona della colonna incide l’ordine ionico come se fosse una tavola di
trattato, con scritti anche i nomi degli elementi. La base è ionica.
Nel collegio Ghislieri Tibaldi usa l’ordine ionico anche in posizione angolare
Lezione 3:
Nel loggiato del collegio Borromeo, avviato nel 1574 da Tibaldi su commissione
dell’arcivescovo Carlo Borromeo, una delle tarde architetture civili del secondo
Cinquecento italiano.
Tibaldi arriva in Lombardia dopo un’esperienza come pittore a Roma e come
architetto nelle marche, era originario della val Solda in Lombardia, feudo
dell’arcivescovo di Milano.
Tibaldi cresce però a Bologna, seconda grande città dello stato pontificio.
Tibaldi lavora facendo sia scelte di rigore che di accurata selezione dei modelli.
Per il collegio borromeo mette al sotto il dorico e nel primo livello lo ionico,
come nel Colosseo, nel palazzo Fanese; sovrapposizione assolutamente
canonica.
Tibaldi non vuole adottare per lo snodo angolare una soluzione altra rispetto
alla normale colonna ionica.
Tibaldi guarda allora alle architetture del passato per cercare un modello di
riferimento.
La colonna può avere sotto il capitello il collarino che alza il capitello e gli da
una struttura più leggibile rispetto all’ordine ionico senza collarino.
Tibaldi definisce composita tra attica e ionica perché come la ionica la corinzia
per la doppia scozia con il doppio astragalo intermedio e come l’attica ha un
toro sia sopra che sotto.
È una base che troviamo anche in San Pietro di Bramante, al di sopra del toro
superiore viene aggiunto un astragalo addizionale, elemento che può essere
supplementare come elemento di separazione.
Base corinzia la troviamo anche nella chiesa di San Salvatore in Lauro del 1592
a Roma.
Esiste poi la base del composito, il composito è un ordine che vien individuato
da Alberti che guardando le antichità romane osserva una tipologia di capitello
dove oltre al cesto d’acanto ci sono le volute dell’ionico che fuoriescono tra
‘echino e l’abaco.
È un capitello che non è descritto da Vitruvio e non esiste quindi una base
vitruviana.
Nel Cinquecento esiste una base, usata nell’ordine superiore interno del
Panteon (prima della modifica, oggi conservato musei vaticani).
Nella base di una parasta di una chiesa di Vignola: il Gesù, chiesa post-
tridentina, vediamo una base attica con elementi supplementari, tra il toro
inferiore e la scozia c’è un astragalo, e poi un astragalo di dimensioni più
piccole tra il toro superiore e la scozia.
Adotta una base meno elaborata della base composita come quella del Panteon
per un ordine che nel capitello era il più articolato.
A partire dall’esperienza adi manierismo del primo Cinquecento, ossia gli artisti
della scuola di Raffaello come Giulio Romano, si inserisce un gusto per il non
canonico, il secondo cinquecento è un periodo storico in cui segue un
anticlassicismo molto marcato.
Dalla fine del Cinquecento e per tutto il Seicento, cambia solo la concezione
degli ordini.
Questo è uno dei molti esempi di capitelli corinzieggianti con elementi zoomorfi
che possono aver influenzato questa pala marmorea; quindi, anche nel ‘600 ci
sono rimandi all’antico.
Poi nel ‘600 troviamo certamente anche edifici che sembrano pale
architettoniche come Palazzo Barberini, perno della collaborazione tra Bernini e
Borromini. Bernini è un artista molto attento all’eredità classica, riprende quindi
comunque il Colosseo per la sovrapposizione degli ordini, e poi una rilettura del
primo Cinquecento romano.
Borromini, originario del lao di Lugano arriva poi al cantiere gotico della
cattedrale di Milano, arriva poi da Maderno, suo parente, a Roma e poi lavora
con il Bernini. Per entrambi deve mettere in pratica i disegni dei maestri (prima
Maderno e poi Bernini).
Borromini propose poi a Bernini dei giochi prospettici, sugli ordii architettonici
Borromini si è molto arrovellato. Ha un atteggiamento verso l’ordine
architettonico che gioca anche sull’inversione di ciò che è logico.
Lezione 4:
Nell’oratorio dei Filippini abbiamo grandi paraste, con registri di apertura che
identificano due piani. È un ordine gigante, ci sono due ordini sovrapposti con
all’interno delle edicole. In questa facciata in mattone, l’elemento che si
contraddistingue è ovviamente il particolare dell’ordine: in particolare il
capitello, elemento su cui si sofferma l’occhio dell’osservatore.
Dal Cinquecento in poi diventano molto più rade rispetto al ‘400, Borromini nel
Seicento fa questo recupero sulla base di modelli quattrocenteschi e tardo
antichi paleocristiani.
Il capitello è poi molto appiattito, al posto del cesto d’acanto c’è uno spazio
piani, una sorta di volume bidimensionale che si incurva poi nelle volute
inverse, è un elemento che contraddice il barocco non con sovrabbondanza di
elementi, ma con semplificazione di questi.
Nel barocco si assiste non solo alla sovrabbondanza di elementi, quanto più di
ricerca di un diverso approccio alla tradizione, non va quindi inteso solo come
accumulo di elementi.
Sul fronte dell’ordine architettonico nella Scala regia in Vaticano Bernini deve
riprogettare l’ingresso monumentale dei palazzo al papa re ed ha uno spazio
vincolato: uno scalone a doppia rampa parallela, deve quindi creare dei
colonnati in fregio in modo da dare una dimensione più magniloquente di
quella effettiva dello scalone.
C’è un capitello ionico a quadrifronte, il che non pone il problema dello snodo.
Le colonne sono libere nella rpima rampa, nella seconda rampa troviamo
invece delle paraste.
C’è il collarino, l’echino decorato a saette, sopra c’è l’abaco incurvato (capitello
ionico).
Lezione 5:
Brunelleschi e Alberti sono figure molto diverse, soprattutto perché hanno due
approcci diversi all’architettura, Brunelleschi ha una formazione tradizionale in
bottega, Alberti è un umanista dall’approccio più teoriche: tanto che scrive un
trattato il De edificatoria.
Il de edificatoria viene pubblicato a stampa solo negli anni 80’ del ‘400, era poi
scritto in latino, lingua problematica per chi erano effettivamente gli addetti ai
lavori.
Negli anni ’30 del Quattrocento abbiamo un embrionale pratica degli ordini
basata principalmente sull’osservazione dei monumenti antichi, conserviamo
ad esempio dei taccuini di antichità.
È vero che Alberti fa una gerarchia degli ordini, ma poi di fatto lo usa poco,
quasi mai, in palazzo Rucellai non c’è ad esempio.
I trattatisti del ‘400 dopo Alberti come Filarete, di Giorgio o Pacioli quando si
concentrano sulla distinzione degli ordini non gli interessa la morfologia, ma gli
aspetti proporzionali. L’aspetto rilevante che distingue gli ordini non è tanto la
morfologia, ma sulle proporzioni: la colonna più o meno snella o slanciata, la
funzione portante o decorativa…
Già Serlio (1537/40) non distingue l’odine interno da quello esterno del
Pantheon.
Come già detto tra la teoria del de edificatoria e la pratica di Alberti c’è un
grande scarto.
A partire dagli anni ’30 compone due trattati il de Pictura e il de statua, sulla
scultura e sulla pittura. L’interesse per la pittura di Alberti è strettamente
intellettuale, così come quello sulla scultura. Arriva poi a riflettere su temi
architettonici intorno al ’40 e tra il ’43 e il ’52 scrive il de edificatoria.
La teoria degli ordini occupa il libro settimo del trattato di Alberti, prima parla
delle parti degli ordini: il piedistallo, la base, il fusto, il capitello, l’architrave,
trave secondaria trasversale (fregio, che Alberti interpreta come una fascia che
copre le testate delle travi) e infine la cornice.
Parla poi delle basi, la base del dorico (attica), la base ionica (vitruviana con la
doppia scozia). E poi distingue le trabeazioni, ad esempio la trabeazione dorica
ha l’architrave ha tre fasce, ha le butte (composte da triglifi e metope) le
Trabeazioni ionici e corinzie sono continue e hanno i modiglioni delle strutture
di sostegno della cornice. Fa anche delle distinzioni proporzionali, per lui quasi
più importanti di quelle morfologiche.
Nella pratica progettuale Alberti sembra non conoscere quasi ciò che ha detto
nel suo trattato, questo accade per diversi motivi: in prima istanza perché il de
edificatoria non è per il suo autore un manuale normativo, bensì un’analisi
dell’antico attraverso l’architettura su base letteraria, archeologica e
architettonica.
Nel secondo ordine di palazzo Rucellai 1460 circa, un capitello a foglie volute
che ricorda con la decorazione a ovoli e saette l’abbiamo già vista nel disegno
di Giuliano da Sangallo di castel sant’Angelo. Il capitello di palazzo Rucellai è
ispirato a quello di castel sant’Angelo.
Capitelli che lo stesso Alberti citava come dagli elementi misti ma non
approvati dai dotti.
Alberti cerca sempre di ibridare elementi ritenuti troppo arcaici come le volute
sui due lati e lo ionico.
Si concentra poi molto sulle proporzioni. 1/8 primo livello, secondo livello 1/7;
santa Maria novella 1/11.15. in sant’Andrea nelle paraste maggiori 1/ (8 +1/3).
Lezione 6:
Con Filarete, per la prima volta approdiamo in Lombardia nel ducato di Milano
territorio che dal punto di vista storico e culturale molto importante, in
Lombardia tra Filarete e Bramante si sono sviluppate tipologia importanti di
edifici con un processo di rinascita dell’antico.
Questo processo non sarà solo di Francesco, ma anche dei suoi eredi come
accadrà a Bramante con Ludovico il Moro.
Il trattato è dedicato al principe tantoché una parte del trattato è un dialogo tra
l’architetto e il sovrano in cui viene mostrata l’utopia di Sforzinda, città ideale
di cui Filarete immaginava la morfologia.
Sono i capitelli che hanno riscontro nelle evidenze monumentali, gli stessi di cui
fa un’antologia Giuliano da Sangallo. Nella seconda metà del Quattrocento c’è
un atteggiamento di libertà rispetto a Vitruvio, si diffondono ad esempio
capitelli di stampo dorico toscanico, come nel primo ordine di palazzo Rucellai.
Francesco di Giorgio riconosce tre ordini sulla base di due autorità: Vitruvio e
Alberti, struttura la gerarchia degli ordini con un rapporto proporzionale
risalente che li fa crescere in altezza (Dorico: 1/7; ionico: 1/8; Corinzio: 1/9).
Afferma poi che la colonna toscanica ha un rapporto di proporzioni simile a
quella corinzio (1/9). Per quanto riguarda i capitelli dice che ad ogni colonna
spetta un capitello preciso.
Basandosi su una sua osservazione dell’antico dice che i capitelli non sono
abbinati alle colonne per morfologia, ma per le proporzioni. Dorico capitello
basso, ionico intermedio e corinzio alto.
Aggiunge anche una descrizione del capitello corinzio che definisce il più
evoluto e del composito. Fa poi gli equilibri della figura umana come elemento
di comparazione per i rapporti proporzionali anche dell’architettura, paragona il
capitello al capo.
C’è anche una descrizione della storia del capitello corinzio con Callimaco di
fianco ad una colonna, aneddoto di Vitruvio all’inizio del libro 4.
Ha la stessa base dorica del Colosseo con una gola a esse della modanatura.
Altro esempio di Sangallo è del 1492 nel Chiostro di Santa Maria Maddalena de
Pazzi a Firenze, qui vediamo l’ordine ionico nell’articolazione monumentale di
un sistema di porticati di un chiostro o di un cortile (che Alberti definiva il cuore
della dimora).
È interessante anche l’articolazione del registro superiore, sopra gli archi c’è
un'altra fascia di trabeazione, una fascia marcapiano che differenza un registro
dall’arto e fa da base per le finestre, come nell’ospedale degli innocenti di
Brunelleschi.
Sopra c’è un sistema che prevede un ordine maggiore dorico e poi un registro
secondario, una parasta che corre alle spalle della parasta maggiore su cui
scorrono poi degli archi ciechi che danno ritmo alla parete. All’interno di questi
archi cechi ci sono le finestre architravate.
Questo sistema richiama la partitura dei registri del Colosseo, sarà usato anche
nel cortile di palazzo Farnese.
Lezione 7:
Una suddivisione per scuole regionali è facile anche per l’attribuzione di opere
d’arte anche quando non ci sia un autografo certo.
Michelozzo era già attivo da diversi decenni, era già attivo e indipendente.
Michelozzo muore nel 1472, data di morte interessante perché si colloca prima
della Firenze Laurenziana. Il suo fu un rapporto di intesa con il committente
Cosimo il Vecchio de Medici, il suo principale committente a Firenze.
Cosimo il Vecchio è colui che inizia la dinastia medicea, grande dinastia della
committenza artistica. In questa realtà compatta della città Quattrocentesca
Donatello e Michelozzo collaborano nel monumento funebre dell’antipapa
Giovanni XXII, ci interessa sottolineare la collocazione di questo monumento,
nel Battistero di San Giovani a Firenze, tra le architetture fiorentine medievali
che ha lasciato un’impronta forte nel Quattrocento Fiorentino con i suoi
rivestimenti marmorei.
All’interno troviamo colonne corinzie con la base attica, molto applicata anche
da Brunelleschi.
Michelozzo fa una scelta monumentale che poi farà scuola come nella
bibliotaca di Cesena. Diversa è la biblioteca laurenziana di Michelangelo.
Questo schema viene applicato anche alle scuderie come nel castello visconteo
a Vigevano.
Abbiamo poi degli archi cechi, a parte quello del portale, nel muro di
riempimento degli archi cechi abbiamo finestre con timpano dotate di una
visibile grata.
Dentro abbiamo un cortile con basi attiche e capitelli corinzieggianti, sul cortile
approda lo scalone che approda al piano nobile, nel cortile si accede poi al
giardino retrostante.
LA mole di palazzo medici è molto grande, i Medici sono una famiglia non più in
ascesa, ma “arrivate”, i Medici si impongono nella scena urbana. Vasari ci
racconta di un progetto di Brunelleschi per palazzo Medici, sempre affacciato
sulla Via Larga (Oggi via Cavour), proponeva un grande volume quadrangolare
in asse con la basilica di san Lorenzo e una piazza di nuova apertura sul
secondo lato, questa soluzione poneva due problematiche la prima è che si
doveva acquistare un sedime nel fitto tessuto urbano di Firenze e si doveva poi
fare una estesa campagna di demolizione per creare la piazza.
Primo caso è quello di un edificio ora scomparso, quello del banco mediceo a
Milano.
Era la sede milanese della banca dei Medici, l’agente a Milano di Cosimo è
Pigello Portinari, committente dell’omonima cappella funeraria.
È un’operazione politica a tutti gli effetti che stabiliva un canale tra le due città.
I n Lombardia non mancava già l’idea di rifarsi a modelli fiorentini come nel
1444, la chiesa di Villa nel borgo di Castiglione Olona, in provincia di Varese. Si
chiama chiesa di Villa perché sorge nel borgo, Villa è inteso come paese. È una
chiesa a pianta centralizzata, il borgo ela legata al cardinal Castiglioni,
committente legato all’ingaggio di artisti toscani. Sarà committente, ad
esempio, di Masolino da Panicale.
Più tardi nel 1462-8, Michelozzo è ancora vivo (muore nel 72), progetta la
cappella Portinari, modello di riferimento è la Sagrestia Vecchia, è una
riedizione lombarda della sagrestia Vecchia di Brunelleschi. La distanza
cronologia è cospicua, corrono quasi 40 anni.
È costituita da due vani quadrangolari, uno più grosso e uno più piccolo con
l’altare, così come la Sagrestia vecchia.
All’esterno troviamo di nuovo il tiburio che cela la vista della calotta della
cupola.
Sui quattro angoli del parallelepipedo, dove ci sono i contrapposti troviamo dei
pinnacoli che fanno da contenimento visivo del tiburio centrale.