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Di Trecenta (Non) Ce N'è Una. Una Tappa Sulla Aquileia-Bononia.

Aemilia Altinate road between Ateste and Mutina

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Di Trecenta (non) ce n'è una

Uno dei percorsi più controversi dell'Itinerarium Antonini è quello da


Aquileia a Bologna:
281
[2] Item ab Aquileia Bononiam m. p. ?:
[3] Concordia m. p. XXXI
[4] Altino m. p. XXXI
[5] Patavis m. p. XXXII
[6] Ateste m. p. XXV
[7] Anneiano m. p. XX
[8] Vico Variano m. p. XVIII
[9] Vico Sernino m. p. XX
282
[1] Mutina m. p. XIII
[2] Bononia m. p. XVIII.
Non tanto le tappe da Aquileia a Padova che trovano un riscontro visivo
nella Tabula Peutingeriana e sono abbastanza scontate; il tracciato, con una
diversa scansione di mansiones e mutationes, è riportato anche
nell'Itinerarium Burdigalense:
559
[3] civitas Patavi mil. X
[4] mutatio Ad Duodecimum mil. XII
[5] mutatio Ad Nonum mil. XI
[6] civitas Altino mil. VIIII
[7] mutatio Sanos mil. X
[8] civitas Concordia mil. VIIII
[9] mutatio Apicilia mil. VIIII
[10] mutatio Ad Vndecimum mil. XI
[11] civitas Aquileia mil. XI
Il pomo della discordia tra gli studiosi è costituito dalla tre fermate di
Anneiano, Vico Variano e Vico Sernino. Messa da parte la proposta degli
storici ottocenteschi, capeggiati da Theodor Mommsen, di condurre la strada
da Este a Montagnana e poi a Legnago (Vico Variano), Ostiglia e Cento, è
ormai tramontata anche l'ipotesi di Luciano Bosio che era propenso, dopo
Montagnana (identificata con Vico Variano), a far proseguire la via per
Bariano, S. Felice sul Panaro e Modena. Leggiamo un estratto dal volume Le
strade romane della Venetia e dell'Histria (Padova, 1991, pp. 36-39):
"Il percorso «occidentale» è sostenuto da chi pensa ad un cammino che da
Este per Legnago raggiungeva Ostiglia e quindi, superato il corso del Po, si
portava a Modena (CIL, V, 2, Carta geografica alla fine del volume; GLORIA,
1881, p. 88 ss.; GASPAROTTO, 1951, p. 145; ALFIERI, 1964, p. 61). Il tracciato
«centrale» è invece preferito da quanti ritengono che la via, dopo Este,
continuasse fino a Montagnana per poi scendere da qui con un diretto
cammino fino a Modena (FILIASI, 18112 , p. 272 ss.: AVERONE, 1911, pp. 67 e

Silvano Salvador
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70 s.; BOSIO, 1970, p. 119; GIACOMELLI, 19762 , p. 193). Infine coloro che
sostengono l'itinerario «orientale», e sono i più numerosi, ritengono che la via,
lasciata Este, scendesse a sud puntando verso Ferrara per poi piegare in
direzione di Modena (BORGATTI, 1906, p. 22 ss.; ZENNARI, 1931, p. 76;
UGGERI, 1975, pp. 57, 156 ss.; TRAVAGLI VISSER, 1978, p. 37 ss.;
SCAGLIARINI CORLAITA, 1985, p. 106; CALZOLARI, 1989, p. 101 s.). La
Rossetto (1982, p. 191 ss.), che ha dedicato un attento studio su questo
tratto stradale, esclude decisamente il percorso «occidentale» per Ostiglia in
quanto «una tappa Hostilia - Mutina viene dall'Antonino esplicitamente
menzionata altrove, lungo la Verona - Bononia, la cui descrizione si differenzia
nettamente da quella della Aquileia - Bononia. Le due strade dovevano
pertanto seguire, almeno fino a Modena, direzioni diverse e ben distinte».
Così pure non è d'accordo con chi parla di un percorso «orientale» in quanto
la distanza di 71 miglia, data dall'ltinerarium Antonini per il tratto Ateste -
Mutina «risulta difficilmente accettabile per un tracciato «orientale» passante
in prossimità di Ferrara. Infatti in questo caso la via antica, eccessivamente
lunga, avrebbe quasi potuto raggiungere Bologna, prima di toccare Modena,
seguendo così un andamento vizioso e contorto». Tutto ciò porta la Rossetto
a sostenere l'esistenza di un percorso «centrale», che però presenta fra Este e
Modena una distanza effettiva di dieci miglia inferiore a quella data
dall'Antonino (61 anziché 71 miglia). Su tale discrepanza questa studiosa,
dopo aver osservato che «non è possibile giustificare le X miglia che
l'ltinerarium segna in più con un allungamento del percorso verso est o verso
ovest», è dell'opinione «che nella fonte antica, o meglio nei manoscritti che
l'hanno tramandata fino ad oggi, sia presente un errore per eccesso di X
miglia, da ricercarsi nelle frazioni comprese tra Ateste e Mutina». A tale
proposito la Rossetto ricorda che il codice Parisinus Regius 7230 A, che con
l'Escorialensis R Il 18 viene dal Cuntz (IR, 1929, p. VI ss.) considerato il più
vicino all'archetipo, «tralascia completamente il dato delle distanze,
precludendo così una preziosa possibilità di confronto filologico. Le cifre che
possediamo per le singole tappe della frazione Ateste - Mutina non offrono
pertanto una concreta garanzia di esattezza e al proposito osserviamo che lo
stesso editore rinuncia ad ogni eventuale discussione su di esse, limitandosi
a riportarle senza commento (IR, 1929, 281-282, note critiche)». La Rossetto
conforta la sua tesi sull'esistenza di un percorso «centrale» con le poste
stradali di Anneiano e di Vico Variano, che questa studiosa localizza nella
attuale Montagnana e nei pressi di Castelnuovo Bariano. I numerosi resti
archeologici venuti alla luce a Montagnana (CIL, V, 2523, 2548, 2569, 2584,
2663; «Fasti Archeologici», XV ( 1960), n. 44-47), la scoperta di un'iscrizione
che ricorda qui unfundus Enianus (CIL, V, 2548 = ILS, 6005), che potrebbe, pur
con molte perplessità, richiamare l'Anneiano segnato dall'Antonino, la vicina
presenza dell'antico corso dell'Adige (MARCOLONGO, 1987, Tavola allegata),
che veniva ad imporre in questo luogo un traghetto sul fiume, l'importanza
logistica di Montagnana, legata ai percorsi per Verona e per Ostiglia
(FRANZONI, 1978, p. 40), sembrano alla Rossetto buoni argomenti per

Silvano Salvador
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ubicare qui l'antica posta stradale, tenendo anche in considerazione che


senza alcun dubbio una via veniva a collegare durante l'età romana Este con
questa località. È da dire però che fra Este e Montagnana intercorrono
solamente X miglia (15 chilometri) e non XX, come invece l'Itinerarium
Antonini indica fra Ateste e Anneiano. A tale proposito la Rossetto ritiene che
in questo tratto viario l'Antonino abbia segnato quelle X miglia in più che si
riscontrano fra Este e Modena. La successiva posta di Vico Variano viene
quindi localizzata da questa studiosa presso Castelnuovo Bariano sia per la
distanza di XVIII miglia (27 chilometri), indicata fra Anneiano e questa mansio,
che si dimostra esatta per il tratto Montagnana - Castelnuovo Bariano, sia
soprattutto perché l'odierno nome di Bariano è ricordato in un documento del
1028, che nomina la pieve dei S.S. Gervasius et Protasius in vico Bariano
(VASINA, 1976, p. 89, n. 116, t. 9). Inoltre la Rossetto pone l'accento sulle
numerose testimonianze archeologiche, venute alla luce nell'area compresa
fra Bergantino e Castelnuovo, che documentano la presenza dell'uomo fin
dall'età del bronzo e in particolare durante l'età romana (MANTOVANI, 1886, p.
73 s.; DE BON, 1939, p. 65 s.; ROSSETTO, 1982 a, p. 127, nota n. 9), e sul
vicino corso del Po, argomento questo di non secondaria importanza per
giustificare in questo luogo il sorgere di una posta stradale. Come si vede, in
questi due punti fermi, rappresentati dalla localizzazione delle due poste
stradali, questa studiosa trova le ragioni per affermare la validità e quindi
l'esistenza del percorso «centrale» del tratto Ateste - Mutina. Ultimamente
però il Calzolari (1989a, p. 26 s., nota n. 36) è intervenuto per confutare
decisamente la tesi della Rossetto, portando seri argomenti a sostegno del
percorso «orientale». Questo studioso ribadisce l'identificazione di Vicus
Varianus con la località di Vigarano non lungi da Ferrara, affermando che nel
X secolo Castelnuovo Bariano si denominava Fundus Badrignanus
(FRANCESCHINI, 1986, p. 50 ss.) mentre nello stesso periodo Vigarano era
indicato come Vicus Varianus (FRANCESCHINI, 1983, p. 21 ss.). Inoltre, e ciò
sembra al Calzolari una prova inconfutabile per sostenere l'equazione Vicus
Varianus - Vigarano, la pieve dei S.S. Gervasio e Protasio in Vico Bariano non
è da riferire a Castelnuovo Bariano ma ai dintorni di Vigarano e precisamente
alla pieve dei S.S. Gervasio e Protasio di Casaglia (FRANCESCHINI, 1986, p.
530). «Pertanto - conclude il Calzolari - la tesi di Castelnuovo Bariano non
regge più, a mio parere, su nessun elemento concreto ed affidabile, mentre
acquista una maggiore solidità la tradizionale identificazione con Vigarano».
Invero, dopo le precisazioni del Calzolari, se si dovesse guardare solamente
all'identità Vicus Varianus Vigarano, non ci dovrebbe essere più alcun dubbio
sull'esistenza del percorso «orientale», cioè sull'itinerario Este-Vigarano-
Modena. Se però noi osserviamo sul terreno il cammino che questo tratto
«orientale» deve compiere da Este a Vigarano e quindi a Modena per portarsi
infine a Bologna, riesce difficile non avere delle perplessità nell'accettarlo.
Innanzitutto, anche la lunghezza del tratto Este Vigarano risulta in netto
contrasto con le misure fornite dall'Antonino e per di più viene a mancare qui
un punto intermedio dell'importanza logistica e dello spessore archeologico

Silvano Salvador
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di Montagnana. Infatti da Ateste a Vico Variano questo Itinerario segna


XXXVIII miglia (XX fino ad Anneiano e XVIII da questa posta stradale a Vico
Variano), che corrispondono a circa 5 7 chilometri, distanza questa che non si
ritrova fra Este e Vigarano, il cui percorso, a meno di non far fare alla strada
illogici giri viziosi attraverso un terreno del tutto pianeggiante, risulta di
appena 42 chilometri. Riesce poi difficile capire il perché la strada, una volta
giunta a Vigarano, non si sia portata direttamente a Bologna con un cammino
decisamente più breve e più logico anziché proseguire verso la più lontana
Modena per poi piegare nuovamente verso Bologna, tanto più che, come
scrive il Calzolari (1989, p. 26), era efficiente la via di Lepido, che da
quest'ultima città andava ad unirsi proprio a Vigarano alla Modena - Este.
Confesso queste mie perplessità, accresciute dalla rispondenza delle
distanze che, dopo Montagnana e lungo il percorso «centrale», vengono a
corrispondere a quelle indicate dall'Antonino, perplessità giustificate pure dai
ritrovamenti, anche stradali, che, come vedremo, sono venuti alla luce lungo
questo tratto di strada e dalla collocazione delle due stazioni di Anneiano e di
Vico Variano sui due più importanti corsi fluviali dell'alta Italia: sull'Adige la
prima, sul Po la seconda. È da dire poi che i nomi di Castelnuovo Bariano e
del vicino Bariano Vecchio, che richiamano in modo diretto il termine Variano
dell'Antonino, devono pur significare qualcosa, a meno che non si tratti di un
toponimo prediale diffuso su una vasta area, e questo potrebbe valere anche
per Vigarano; la stessa cosa si potrebbe, al limite, pensare anche per il
Bariano collegato alla pieve dei S.S. Gervasio e Protasio, riferita dalla
Rossetto a Castelnuovo Bariano, dal Calzolari a Vigarano. Davanti a questi
dubbi e in attesa che nuovi lumi vengano a chiarire la questione, sono ancora
propenso a pensare all'itinerario «centrale» come al più logico cammino fra
Este, Modena e Bologna, e quindi a seguirlo in questo mio studio".
La stazione stradale di Anneiano era sovente identificata in passato con
Montagnana. Cfr. Antonio Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, tomo I
(Ferrara, 1791, p. 13): "Ecco pertanto la curva strada la quale, ne fosse
chiunque il suo autore, serviva, secondo la tavola detta di Antonino, al viaggio
per terra da Aquileja a Bologna. Lungo di essa sorgevano Aquileja, Concordia,
Altino, Padova, Este, Anneiano, ο Meiano che alcuni credono la terra di
Montagnana, altri Mezzano luogo inferiore (a), Vico Variano cercato a tentone
da molti or nel nostro Ficarolo (b), or nella nostra villa di Vigarano (c), or
presso a Vigo e Legnago (d). Veniva dopo Vico Sernio, preso da molti non so
con qual fondamento per Sermide terra del Mantovano sul Po (e), indi
Modena, e Bologna". E cfr. Francesco Bocchi, Rassegna bibliografica, in
"Archivio Veneto", anno XVII, tomo XXXIV, p. I (Venezia, 1887, pp. 387-388):
"Che qui passasse la via romana, conosciuta sotto il nome di Emilia Altinate,
pare indubitato; o come che sia, qualunque ne fosse il nome, un'antica via; ma
stabilirne la direzione riesce al sommo difficile, avuto riguardo alle cinte
d'argini che s'eressero intorno ai luoghi abitati e più alti, di che ne venne tale
un labirinto, da renderne troppo incerta la scelta del vero tracciato,
specialmente nello spazio interfluviale dell' attuale Polesine. Perchè, se certa

Silvano Salvador
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pare la corrispondenza di Anneiano con Montagnana e di Vico Sernino coi


dintorni di Sermide, altrettanto riesce controversa quella di Vico Variano, che
taluno leggerebbe vicus barianus, con corrispondenza al moderno Bariano sul
Po (cosa per me niente verisimile, essendo Bariano vicinissimo a Sermide).
Cluverio invece lo troverebbe presso Legnago nel moderno Vigo, ma son
troppi i Vigo o Vico, nè v'ha motivo plausibile di dare a questo la preferenza.
Altri lo pose a Vigarano presso Ferrara, ma questo dovrebbe notarsi dopo,
non prima di Sermide, venendo da nord-ovest. Leandro Alberti, con minor
probabilità, lo colloca a Ficarolo; altri a Sariano (nel medio evo Sadrianus);
peggio di tutti l'Atlante di Spruner e Menke lo segna al Bondeno ferrarese".
È toccato al glottologo L. A. Prosdocimi raffreddare gli entusiasmi sul
tradizionale abbinamento di Anneiano con Montagnana poiché - oltre al fatto
che il fundus enianus dell’epigrafe CIL, V, 2548 non ha relazione linguistica
alcuna, se non semplice assonanza, con l’Anneiano dell'Antonino -
Montagnana è un toponimo composto dal prefisso femminile Mont ("la
monte") che significa pascolo e anneiana, "il pascolo di Anneiano (?)": una
zona pascoliva anziché un centro abitato o un'area attrezzata per la sosta e il
ristoro dei viaggiatori (Anneiano tra Ateste e Mutina nell’Itinerarium Antonini,
in "Artissimum memoriae vinculum. Scritti di geografia storica e di antichità in
ricordo di Gioia Conta", Firenze, 2004, pp. 343-351).
Le argomentazioni della Rossetto sulla lacunosità del codice Parisinus
Regius 7230 A (v. foto) non sono dirimenti per affossare la ricostruzione
filologica della porzione di testo dell'Antonino basata soprattutto sul più
antico testimone dell'Itinerarium (Escorialensis R II 18), di pari peso ecdotico
rispetto al Parisinus 7230 A. Cfr. Pascale Arnaud: "Là encore, il convient de
distinguer entre les deux familles de manuscrits La première, la plus
nombreuse, est principalement représentée par le Parisinus Regius 4807, de
la fin du IXe s (“B” dans le stemma de Cuntz) [...] La seconde tradition est
représentée par le codex Escorialensis R II 18 du VIIe s., “P” dans le stemma
de Cuntz, qui constitue le plus ancien témoin de la tradition, et le plus proche
de l’archétype selon O. Cuntz (p. V)" (Entre Antiquité et Moyen-Âge: l’Itinéraire
Maritime d’Antonin, in "Rotte e porti del Mediterraneo dopo la caduta
dell'impero romano d'occidente. Continuità e innovazioni tecnologiche e
funzionali. IV Seminario", Genova, 18-19 giugno 2004). Siccome questo è un
punto delicato e passibile di contestazioni, trascrivo la premessa di Otto
Cuntz all'edizione dell'Itinerarium Antonini da lui curata e che rappresenta a
tutt'oggi il riferimento in materia. "Codices ad restituenda Antonini itineraria
provinciarum et maritimum adhibendi iis, qui me antecesserunt editoribus
diligentissimis G. Parthey et M. Pinder) noti quidem erant universi. Sed neque
de cognatione, qua inter se coniungerentur, illo tempore constabat, neque ipsi
codices optimi PDL ea qua digni sunt cura excussi erant. De quibus rebus
quoniam egimus Kubitschek et ego), non est cur multa disputem. En librorum,
quibus usus sum, catalogus.
P Escorialensis R II 18 membr. s. VII, 19,5:29 cm; fol. 67r-82v continet p.
1, 1-373, 24), fol. 44-46 p. 487, 1-529, 6 (it. Marit.). Parthey-Pinder p. XX sqq.

Silvano Salvador
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Loewe-Hartel, Bibl. patrum Lat. Hisp. 1887, 130 sqq. Gottlieb, Über
mittelalterliche Bibliotheken, 1890, p. 269 sq. n. 742. Kubitschek 1. c. 182 sqq.
Cuntz 1. c. 260 sqq. Ipse contuli.
D Parisinus Regius 7230 A membr. s. X, 25: 28,5 cm; fol. 87r-97v continet
itinerarii provinciarum partem: p. 163, 3-435, 5. Catal. codd. mss. bibl. Regiae,
1739-44, IV p. 329. Parthey-Pinder p. XIV. Kubitschek 1. c. Cuntz 1. c. 273 sqq.
Ipse contuli.
L Vindobonensis 181 (hist. prof. 658) membr. s. VIII, 17:24 cm; fol. 26 -60
totum continet itinerarium provinciarum. Endlicher, Catal. codd. mss. bibl.
Palat. Vind. I 1836 n. CCCXXIX. Tabulae codd. bibl. Pal. Vind. I 1864 n. 181.
Parthey-Pinder p. XVIII. Kubitschek 1. c. 193 sq. Itinera non indicum modo, ut
plerique codices, sed paucis exceptis (e. g. 255, 1-256, 3.359,5-363, 2)
continua scriptura reddit. Codex, quoniam duabus noni saeculi manibus (2L
et 3L) multis locis correctus est, difficile legitur. Quamobrem Kubitschek
magnam ei operam et boni fructus plenam impendit. Sed quamquam sua be-
nigne mecum communicavit, ego quoque librum inspexi, imprimis ut crebras
correcturas, quantum possem, accurate examinarem. Itaque pro varia
lectione iam ipse spondeo.
B Parisinus Regius 4807 membr. s. IX ex., 17:24 cm; fol. 23-64. Catal.
codd. bibl. Regiae IV p. 2. Parthey-Pinder p. XIII. Kubitschek 1. c. 198 sqq.
Ambo continet itineraria. Sed duo folia quae exciderunt (p. 452-62 it. Ant. et
512-23 it. marit.) Londinii asservantur in Museo Brit., Bibl. Egerton 268 fol. 8.
9. Quorum apographum G. Pertz dedit Partheyo, qui reliqua diligenter contulit.
Itaque satis habeo titulos itinerum rubricatos examinasse, quorum pars
magna evanuit et haud raro s. XVI manu redintegrata est.
ẞ Vindobonensis 12825 (olim Suppl. 14) membr. s. XV, 14:20 cm; fol. 25-
76 ambo continet itineraria. Parthey-Pinder p. XXVIII. Tabulae codd. bibl. Pal.
Vind. VII 1875 n. 12825. Kubitschek 1. c. 200 sq., qui me collata parte inde a
387, 4 adiuvit. Reliqua ipse absolvi.
R Florentinus Laurentianus 89 s. 67 membr. s. X. Ambo continet iti-
neraria. Bandini, Catal. codd. bibl. Laur., 1774 sqq., VI (lat. III) p. 324-30.
Parthey-Pinder p. XXII. Kubitschek 1. c. 202 sq. In usum Partheyi contulit de
Furia.
C Pithoeanus, nunc Parisinus 4808 membr. s. XII, 19, 4:27, 5 cm. Praeter
ambo haec itineraria etiam Burdigalense continet manu s. IX scriptum, cf.
infra p. VII. Catal. codd. bibl. Regiae IV p. 2. Parthey-Pinder p. XIII sq.
Kubitschek 1. c. 204 sq. Contulit Parthey.
Iam Kubitschekio duce hoc delineo stemma:

Silvano Salvador
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In quo cur 2L et 3L manibus eum quem obtinent locum adtribuerim, mihi


explicandum est. Ac secunda quidem manus priorem praecipue partem iti-
nerarii provinciarum usque ad 98, 2 (initium Italiae) correxit, in posteriore
parte nonnulla, quae 1L omiserat, et ultimum folium (inde ab 479, 10)
supplevit. Tertiae manus correcturae, cum in priore parte rarae sint, in
posteriore saepissime occurrunt. Monendum autem, numeros utra manus
correxerit, saepe discerni non posse, quippe quos fere aequales scribant
(exceptis u 2L et v 3L). Ceterum utramque manum de exemplari quodam
haurire codicibus x adfini, quaevis pagina docet. Sed apparet quoque, id
exemplar nonnunquam codicibus x praestare: cf. 2L 53, 5. 481, 5. 482, 2. 483,
6. 486, 1.3; 3L 151, 3. 189, 7. 318, 1. Itaque persuasum habeo, 2L et 3L eodem
codice esse usos digno cui primus post 1L locus adsignetur. Quas praeterea
in L invenimus correcturas s. XVI haud frequentes, quod nullius pretii sunt,
omisi. Codicem ẞ a Partheyo neglectum artissimo necessitudinis vinculo
coniungi cum B Kubitschek 1. c. 200 sq. suo iure statuit. Sed cave de
universo itinerario provinciarum hoc iudicium feras. Exciderat enim in eo
exemplari, quod β transscripsit, quaternio 308, 3-382, 5, quem ex pessimae
notae codice aliquo) supplevit. His paginis sepositis ẞ ita adhibui, ut Parisini
B, cuius tamquam igitur meis B pro B + ẞ ponitur). In edendo me id solum
spectasse, ut librum archetypum restituerem, consentaneum est. Cui rei
paene sufficiunt itinerarii provinciarum codices PDL. Quare eorum lectiones
omnes in apparatum recepi. Sed primum ad supplendas magnas quae in iis
hiant lacunas, deinde ad emendanda haud rara libri L vitia peculiaria et ad
manus eius 2L atque 3L aestimandas ceteri quoque codices auxilio vocandi
sunt. Itaque ubicunque aut PD et L inter se differunt aut L correctus est, primo
loco B adhibui, secundo R. Eadem ratione, ubi PD deficiunt, praeter L etiam B
praebui plenum et, si inter L et B discrepat, ad R recucurri. Denique, ubi PDL
deficiunt, B et R exscripsi plenos, C, si oportebat, arcessivi. In re dubia libros
PD, quibus deficientibus librum L ceteris praetuli" (Itineraria Antonini Augusti
et Burdigalense, vol. 1, Leipzig, 1929, pp. IV-VI). Pertanto, Cuntz assegna la
medesima autorità e peso stemmatico ai due codici P e D e può supplire alle
lacune di D affidandosi, in prima istanza, al vetusto P e poi al resto della
tradizione.
Sulla sommatoria delle tratte stradali che compongono l'iter ab Aquileia
Bononiam (errata come succede altrove nell'Antonino) Cuntz annota: "281, 2
fere CCX. Numeri collecti: CCVIII. Summa CC P corrupta, CCXVI ω ex
mendosis eorum librorum numeris, qui CCXVII efficiunt, computata est. L
primum summam cum singulis suis numeris congruentem CCXVII effecit,
deinde traditam summam CCXVI restituit. Quare quid archetypus hoc loco
praebuerit nescimus"
Chiusa la parentesi filologica, bisogna prendere atto che le distanze
parziali edite da Cuntz sono, fino a prova contraria, le sole con le quali
dobbiamo confrontarci e cercare di far quadrare. L'aporia riguarda
esclusivamente il totale della tratta Aquileia-Bononia che ha fatto desistere
Cuntz dal trascrivere una cifra piuttosto di un'altra. Il guasto testuale risale

Silvano Salvador
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probabilmente all'archetipo, mentre le distanze delle stationes di Ateste,


Anneiano, Vico Variano, Vico Sernino e Mutina sono uguali in tutti i codici,
tranne L (XVII Vico Variano e XXIII Mutina) per il quale valgono le precisazioni
di Cuntz.
Rossetto e Bosio si vedono costretti ad emendare le XX miglia
dell'Antonino tra Este e Anneiano nelle X miglia che intercorrono tra Este e
Montagnana, operazione non consentita dall'accordo di tutti i codici
manoscritti sulla cifra XX (il codice P non fa testo, ovviamente).
Il secondo passo falso, dopo l'identificazione di Anneiano con
Montagnana, il Bosio lo ha compiuto, sempre sulla scia della Rossetto, nel
porre a Bariano la statio di Vico Variano, attratto dalla somiglianza fonetica
tra le due località. Non getta lumi sull'ubicazione di Variano il brano, più volte
citato, di Zosimo relativo all'invasione di Alarico del 408 d.C. (Hist., V, 37.2):
Οὐκ ἀναμείνας δὲ τὴν αὐτοῦ παρουσίαν, ἀλλ᾽ εἰς τὸ πρόσω προελθών
᾿Ακυληίαν μὲν | παρατρέχει καὶ τὰς ἑξῆς ταύτῃ πόλεις ἐπέκεινα τοῦ
Ηριδανοῦ ποταμοῦ κειμένας (φημὶ δὴ Κονκορδίαν καὶ "Αλτινον καὶ ἐπὶ
ταύτῃ Κρεμώνα), καὶ περαιωθεὶς τὸν ποταμόν, ὥσπερ ἐν πανηγύρει,
πολεμίου μηδενὸς ἀπαντήσαντος εἴς τι τῆς ονωνίας ὁρμητήριον ἦλθεν, ὃ
καλοῦσιν Οἰκουβαρίαν (Ammettendo che Oikoubarìan sia Vicus Varianus le
indicazioni 'sulla destra orografica del Po/Eridano' - il cui ramo principale
scorreva all'epoca più a settentrione dell'attuale - e 'roccaforte di Bononia'
sono troppo generiche). Ma la documentazione attesta, comunque, che nei
primi secoli del Medioevo Bariano era denominata Badrignano o Bathrignano,
mentre Vico Variano o Bariano era riservato a Vigarano Pieve (e la menzione
della chiesa dei SS. Gervasio e Protasio sita in vico Bariano, ossia a Casaglia
appena a N di Vigarano Pieve, è una delle tante prove a sostegno in questo
senso). I moderni appellativi di Bariano e Vigarano sono comparsi nel XIII
secolo (a. 1273 villa Bariani per l'attuale Bariano. Negli Statuti ferraresi del
1287 il paese di Vigarano Pieve, formatosi attorno alla parrocchiale, è
chiamato «Vigaranus» oppure «S. Maria di Vigarano»). Purtuttavia,
recentemente è emerso un tracciato viario che rimette in gioco Bariano. "Non
con l’intenzione di incrementare e rimescolare la discussione e tanto meno
con la pretesa di una risoluzione del problema testé esposto, ma per
contribuire ad una maggiore comprensione di un percorso parzialmente noto,
che per alcuni potrebbe riguardare la via dell’Itinerarium tra Ateste e Vicus
Varianus (Castelnovo Bariano), per altri un collegamento tra Este e Ostiglia,
preme approfondire un’intuizione del De Bon alla luce dell’aerofotografia. Il
De Bon [Il Polesine ne l’antico impero, p. 61 (carta topografica), p. 62 (carta
topografica in basso), pp. 65-66] segnala una «strada Este-Megliadino-
Merlara-Basso Veronese… che contesta a quella di Ospedaletto-Montagnana
l’onore di essere la strada pubblica ricordata negli Itinerari», che «si dirigeva
verso Begosso» e s’indirizzava alla volta di Massaua, Ponte di Pietra, Torretta,
C.se Chiavichino, Bariano. Ora si dà il caso che la foto aerea concordi in gran
parte con questo tracciato tramite una successione impressionante e non
certo casuale di segmenti e lineazioni aventi una direzione che consente di

Silvano Salvador
9

raccordarli tra loro. Il percorso poteva essere il seguente: Este-via Augustea,


Palugana, Ponso (il toponimo è da intendere quale «luogo di sosta»), la
Chiesazza, Valli di S. Vitale, Valli di S. Fidenzio. Per il proseguimento
all’interno delle Valli i “segni” della foto aerea sono preziosi. Un vistoso
rettifilo in due tronconi senza soluzione di continuità con direzione nord-est
sud-ovest si diparte dallo Scolo Cavariega e precisamente dal triangolo di
territorio in cui s’incontrano i confini dei comuni di S. Margherita d’Adige,
Megliadino S. Vitale e Piacenza d’Adige; oltrepassa il Fiumicello e s’inoltra
nelle Valli di S. Vitale; prima di superare lo Scolo Vampadore devia
leggermente rispetto all’orientamento precedente, mantenendo però la
direttrice verso sud-ovest, taglia le Valli di S. Fidenzio per terminare poco oltre
la località Macchina Nuova. E’ verosimile che questo rettifilo potesse
congiungersi con un’altra lineazione situata in comune di Castelbaldo, a sud-
est del Ponte delle Gradenighe (comune di Merlara), con “cammino” che va
da C. Burlon ai terreni a sud-ovest della località le Giare. Appare plausibile che
la via varcasse l’Adige (o un ramo dell’Adige) tra Begosso e Castagnaro. Era
questo certamente un nodo nevralgico sul fiume a 20 miglia da Este (30 km.
circa) e sarebbe allettante una coincidenza con Anneianus (per il momento
niente più che una sollecitazione pungolante!). In zona è tuttora visibile un
vecchio guado in grossi ciottoli che, se può risalire ad età medievale, è forse
indizio di una più antica praticabilità del corso d’acqua in questo punto.
L’andamento della via nelle Valli Grandi Veronesi, che è stato attentamente
rilevato da Calzolari, Tozzi e Harari, procede per più segmenti di lineazioni
successive. Il percorso (la larghezza della sede stradale, in terra battuta – via
terrena –, più i fossati laterali è stata calcolata in una ventina di metri) si
staglia con direzione sud-ovest tra Corte Massaua e il Ponte di Pietra, poi
flette in senso est-ovest fino alle vicinanze della località Peaion, cambia
ancora direzione con orientamento sud-ovest per spingersi nei pressi di Case
Verme e della località Lovo; qui si biforca: a nord con due segmenti verso
Corte Venezia Nuova e, per quel che ci riguarda, piegato a sud-sud-ovest con
un lungo “nastro” sino a Torretta. Veneta. E’ possibile congiungere per
estrapolazione Torretta e Corte Fettaquila. Tra queste due località la foto
aerea ha un vuoto. Ma il passaggio della via potrebbe ricalcare «l’attuale
suddivisone agraria» e «far supporre che gli interventi di bonifica operati nel
XVII sec. si fossero impostati sulle tracce di ben più antiche ripartizioni
agrarie». Per la datazione del tronco da Corte Massaua a Torretta Veneta si
suole prendere spunto da un monumento funerario di età augustea
appartenente ad un sepolcreto scoperto al Lovo, cioè nei pressi del bivio. E’
stato giustamente obiettato che «si tratta di un terminus post quem non, che
ci attesta l’uso della strada alla fine del I secolo a.C., ma non vale a chiarirne
l’epoca di fondazione». Un altro spezzone riprende da Corte Fettaquila per
terminare in località Chiavichino, a ridosso di un’ansa del Po, nell’area di
Bariano tra Bergantino e Castelnovo Bariano. Ma risulta arduo far collimare la
distanza di XVIII miglia (27 km. circa) tra Anneianus e Vicus Varianus con il
tragitto tra Castagnaro (o Begosso) e Castelnovo Bariano, pur tenendo conto

Silvano Salvador
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delle varie flessioni e piegature che la foto aerea mette in luce. D’altra parte le
varie proposte di identificazione messe sul tappeto per Anneianus e per Vicus
Varianus o non combaciano con la fonte itineraria e impongono correttivi
sulla fonte stessa oppure esibiscono percorsi con disegni di allacciamenti
congetturali e ideali" (Il sostrato antico: aspetti della viabilità romana e
medievale nella fascia territoriale dell’Adige tra basso Padovano e Polesine, in
"Per terre e per acque. Vie di comunicazioni nel Veneto dal Medioevo alla
prima età moderna", Carrubio, 2003, pp.13-14).
Corrain e Zerbinati riconoscono che il disegno tracciato con l'ausilio
dell'aereofotogrammetria non permette loro di collocare Vicus Varianus a
Bariano giacché si perde il contatto con le fonti itinerarie e si dovrebbe
intervenire correggendole. Lo scoglio della distanza tra Este e Anneiano
scritta nell'Antonino ha fermato Giovanni Uggeri che, pur dichiararsi d'accordo
con i sostenitori del tragitto attraverso Vigarano Pieve (coincidente con Vico
Variano) ha optato per Lendinara quale sede di Anneiano, a poco più di X
miglia da Este invece delle XX previste (La Romanizzazione dell’antico delta
padano, in "Atti e Mem. Dep. Ferr. St. Patria", s. III, XX, Ferrara, 1975, pp. 155-
158). Per rimediare alle difficoltà di far tornare le cifre nella percorrenza da
Este ad Anneiano ed evitare ritocchi arbitrari all'Antonino, Mauro Calzolari e
Gianluca Bottazzi hanno allungato verso est il tracciato stradale che da
Vigarano Pieve raggiunge Arquà Polesine, aggiungendo però ulteriori
problemi in ordine all'accettabilità di un tale giro vizioso (Vicus Varianus
(Vigarano) e la strada romana dal modenese ad Este, in "Quaderni della
Bassa Modenese", Bd. 17 (1990) pp. 11-24).
Ci sarebbero molte altre proposte formulate dagli studiosi (compresa
un'Anneiano tra S. Bellino e Fratta Polesine secondo P. L. Dall'Aglio, Strabone
e la via Emilia Altinate, in "Ocnus", III, 1995, p. 28), tutte in difetto sulla
distanza tra Este e Anneiano o tra Anneiano e Vico Variano.
Abbondantemente in eccesso per quest'ultima tratta rispetto alle XVIII miglia
dell'Antonino risulta, all'opposto, l'ipotesi di Paolo Vedovetto, peraltro non
priva di fondamento. "Il sito di Badia Polesine si trova attualmente sulla
destra dell'Adige, che lo separa da Masi, presso la biforcazione da cui ha
origine l'Adigetto. L'esistenza in età romana di un ramo dell'Adige meridionale,
contemporaneo all'antico corso principale attestato sulla direttrice Este-
Montagnana e corrispondente al percorso dell'odierno Adigetto, trova
concordi quasi tutti gli studiosi. Claudio Balista, che ha recentemente
argomentato sulla maggior antichità dell'Adigetto rispetto all'Adige attuale,
dimostra come questo ramo avesse funzionato anche da collettore idraulico
delle acque di scolo di quel complesso reticolo di canali e strade a est di
Rovigo noto come "centuriazione di Villadose". L'assetto idrografico così
ricostruito sembrerebbe anche suggerire i limiti amministrativi tra l'agro
municipale di Ateste e quello di Atria, che dovevano correre proprio lungo
l'Adigetto, nel tratto tra Badia Polesine, Lendinara e Rovigo. Anche il limes
occidentale con l'ager Veronensis poteva seguire il corso più a monte
dell'Adige-Adigetto che da Badia, attraverso Marega, Minerbe, andava ad

Silvano Salvador
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incunearsi nella zona di Belfiore, dove il confine doveva riallacciarsi con Lobia,
luogo in cui probabilmente s'incontravano i territori di Verona, Vicenza ed
Este. L'ipotesi di un limes dell'ager Atestinus, così impostato nel suo lato sud
occidentale, porrebbe il sito di Badia Polesine in sinistra idrografica, forse
giustificando topograficamente la sua appartenenza amministrativa al
territorio atestino e quindi in relazione con l'area di Montagnana, dove
abbiamo ipotizzato l'esistenza del suo monte/pascolo. All'interno di questo
quadro fisiografico, in cui la peculiarità naturale sembra aver influito
notevolmente sulla delimitazione amministrativa del territorio, Badia Polesine
si inserirebbe come "città di margine" dove al limite fisico, rappresentato
dall'ansa del fiume, che condiziona morfologicamente il sito, si aggiunge
anche quello di limite amministrativo e politico. Questa realtà di cerniera del
sito si perpetuò anche in epoca successiva, quando esso doveva porsi sul
confine tra i due comitati Veronese e Monseliciano. Stando infatti a un
documento sulla determinazione dei confini fra il comitato di Verona e quello
di Monselice, databile tra l'840 e l'853, il limes doveva correre per terram vel
paludes et silvis fine Wangadicia. La pertinenza del luogo al comitato
Monseliciano è comprovata nella bolla di privilegio al monastero di S. Maria
della Vangadizza di Innocenzo II del 1139, quod in comitatu Montisilicani
super Adicem veterem situm est, ovvero sulla sinistra idrografica
dell'Adigetto. Un altro documento più tardo, riferibile ad alcune testimonianze
rese in un processo alla fine del XII secolo, cita Badia Polesine (con l'antico
toponimo di Abacie), come sito confinario di un altro distretto amministrativo:
si tratta della Scodescia di Montagnana. Montagnana fu infatti sede
amministrativa di una circoscrizione rurale longobarda denominata appunto
Scodosia dal nome del funzionario pubblico che la presiedeva. Al momento
della sua massima espansione doveva essere delimitata a est dal fiume
Fratta, confor- mandosi così ai confini orientali del Comitatum
Montisilicanorum, a sud dall'Adige, a est dal distretto di Este, a nord dal
territorio di Cologna. In questo caso sembrerebbe ricomparire nel binomio
Badia/Montagnana quello di Anneiano/mons anneiana. Pur non avendo alcun
dato certo che ci rimandi a una confinazione meridionale del territorio
patavino impostata sul corso dell'Adige-Adigetto, le nostre considerazioni
avvalorerebbero in ogni caso il fatto che Badia Polesine si dovesse trovare
anticamente al confine di giurisdizioni, in un luogo tradizionalmente visto
come snodo fluviale e territoriale importante [...] Non possiamo escludere,
quindi, che il cenobio benedettino di Badia, con il suo impianto iniziale, sia
sorto in una zona servita da una strada di importante tradizione, che doveva
collegare l'area padano-emiliana a sud con quella patavino-veneta a nord, e
insieme da una via fluviale ugualmente valida per i collegamenti orizzontali"
(Wangadicia, Petra, Abacie, BadiaPolesine. Il possibile caso di Anneiano, in
"...viam Anniam influentibus palustribus aquis eververatam...Tradizione, mito,
storia e katastrophé di una strada romana", Treviso, 2010, pp. 103-106).
Appunto, una strada di importante tradizione. A mio avviso, le indagini
sull'ambito territoriale tra Este e Modena della via ab Aquileia Bononiam

Silvano Salvador
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hanno raggiunto traguardi importanti, in particolare con gli studi di Bottazzi e


Calzolari che rappresentano un punto fermo per l'individuazione dei vici di
Anneiano e Sernino. Del primo ho già detto, e l'insediamento di Vigarano
Pieve per Anneianus sembra aver ottenuto un solido riconoscimento
accademico. Vicus Serninus è stato persuasivamente collocato a Guisa
Pepoli, adiacente a Crevalcore. Sembra meno cogente la congettura di Pier
Luigi Dall'Aglio che proporrebbe di situare Vicus Serninus a Decima perché
qui arriva un rettifilo passante per Bertalia e Pescarola, la cui antichità
sarebbe testimoniata dalla presenza di necropoli (La viabilità romana in
Emilia Romagna e nelle Marche settentrionali, in "Vie del commercio in Emilia
Romagna e nelle Marche", Cinisello Balsamo, 1990, pp. 35-50). Questo
collocamento non si adatta alla distanza di 13 miglia dell'Itinerarium, casomai
alla lezione di 23 miglia tràdita dal solo e malfido codice L. L'ubicazione di
Vicus Serninus a Guisa Pepoli si inserisce lungo l'allineamento Modena-
Nonantola che potrebbe trovare un solido appoggio nel miliario segnalato nel
1862 e proveniente da una località non precisabile nei dintorni di Nonantola
(CIL XI, 6651). L'iscrizione di Massenzio (306-312 d.C.) andrebbe riferita, ma
non è assolutamente sicuro, all'asse stradale Modena-Nonantola: D(omino)]
n(ostro) Imp(eratori) Caes(ari) / M(arco) Aur(elio) Val(erio) / Maxentio / Pio
Felici / Invicto Augusto) / [s]emper / m(ilia) p(assuum). Una seconda stele
epigrafica (CIL XI, 6652) è di lettura incerta e non fornisce utili indizi su
provenienza (si trovava in stato di reimpiego nell'abbazia di Nonantola), né sul
contesto viario di pertinenza: D(omino) n(ostro) Constanti/no Invicto
Aug(usto) / filio divi Constan/ti Aug(usti) et Licinio / Liciniano / [Invi]ctis /
Augg(ustis) / ⟦et Fl(avio) Iulio Crispo et⟧ Valerio / Lic[iniano Lici]nio et Flavio /
Cl[audio Cons]tantino / [no]b[i]l(issimis) C(a)es(aribus) / [Num]mini(b)usque /
[e]o[rum].
Altre proposte per il sito di Vicus Serninus sono meno accettabili. Giada
Pellegrini ha riconosciuto sulla Tabula Peutingeriana (segm. IV, 2) la via
Emilia Altinate identificandola con un tracciato di colore rosso parallelo a un
sistema fluviale azzurro che proviene dagli Appennini con alveo distinto e si
unifica in un solo corso a nord della via Emilia per poi gettarsi nel Po. Il corso
d'acqua nei pressi di Bologna indicherebbe il paleo-Reno, mentre l'altro il
torrente Samoggia che raggiungeva la via Emilia nelle adiacenze della
mutatio Ad Medias (Ponte Samoggia), punto di arrivo anche della via Cassiola.
Alla luce di questa interpretazione, la via Aquileia-Bologna avrebbe superato il
Po nei pressi di Vico Variano, identificabile con Vigarano, poiché situato in
una posizione favorevole al transito, ad ovest del punto di confluenza di un
alveo del Reno nel sistema fluviale Panaro/Secchia. Si sarebbe quindi diretta
verso Vico Sernino, a sud di Decima, zona di confluenza dei due corsi d'acqua,
dove si sarebbe divisa in due tratti, uno verso Bologna e l'altro verso Ad
Medias (Item ab Aquileia Bononiam: un itinerario di età romana tra la via
Emilia ed il Po, "Viabilità e insediamenti nell'Italia antica, Atlante di topografia
antica", Roma, 2004, pp. 43-64). Non starò qui a ripetermi sull'inverosimile
interpretazione dei contorni rossi di alcuni fiumi disegnati nella Tabula

Silvano Salvador
13

Peutingeriana come 'abbreviazione' di percorsi stradali.


Bottazzi è ritornato da ultimo sulla questione, accennando ad una via
romana che fiancheggiava l'antico corso del Reno alla volta del Po in
direzione dell'area di Ferrara e avanza l'ipotesi che l'agglomerato insediativo
di Maccaretolo (S. Pietro in Casale, BO) corrispondesse al Vico Sernino
dell'Itinerarium Antonini in base alla distanza di diciotto miglia da Bononia
(Maccaretolo. Un pagus romano della pianura, in "Documenti e Studi della
Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna", Bologna, 2003, pp.
159-164. Ma così si allunga la percorrenza da Modena a Vicus Varianus oltre
le 23 miglia dell'Antonino). Anche questo contributo si riallaccia all'intuizione
di Heinrich Nissen: "[Die Kenntnifs dieser Strafse verdanken wir allein It. Ant.
281, wo freilich die richtige Einsicht in den Gang derselben durch Schuld der
Ab- schreiber verdunkelt ist. Sie lassen die Strafse sinnloser Weise von Padua
nach Bologna gehen. Vielmehr hat sie sich bei Vico Serning getheilt, so dafs
ein Arm nach dem 23 Millien entfernten Mutina, der andere Arm nach dem 18
Millien entfernten Bononia führte. Nach diesen Mafsangaben mufs die
Strafsentheilung bei Galliera stattgefunden haben. Der Umstand dafs die
Handschriften die letzten Ziffern genau erhalten haben (die Entfernung von
Mutina nach Bononia beträgt 25 Millen) ermöglicht eine sichere Deutung] An
ihr lag 18 Millien nördlich von Bononia bei Galliera, wo die Inschriften das
Dasein eines alten Vicus erwieseo haben, der Vicus Serninus; von hier 10
Millien weiter Vicus Varianus Vigarano wahrscheinlich am früheren Po und
zwar am rechten Ufer bei Vigarano Mainarda, wenig oberhalb der
Stromspaltung bei Ferrara (I 191). Bei dem Vicus Serninus gabelte sich die
Strafse, insofern ein Arm nach Bononia, ein zweiter nach dem 23 Millien
entfernten Mutina lief. Der letztere mufste zuerst den Reno hierauf den Lavino
oder die Samoggia überschreiten. Es ist bereits anderweitig nachgewiesen
worden, dals in der unmittelbaren Nähe von Bologna keine wesentlichen
Aenderungen'der Flufsläufe eingetreten sind. Unsere Erwägung führt zum
nämlichen Ergebnifs" (Italische landeskunde, Il, Berlin, 1902, pp. 260-261). La
biforcazione della via a Vicus Serninus è pienamente condivisibile, non la
proposta di situare la mansio a Galliera che si attiene bensì alla distanza di 18
miglia da Bologna ma sconfina oltre le 23 miglia da Modena; la stessa
osservazione si applica a Maccaretolo. Diciamo che, sulla base delle distanze
tra Modena e Vigarano Pieve, l'agglomerato di Guisa Pepoli è un buon alter
ego di Vicus Serninus, sebbene le nuove indagini di Bottazzi lo possano
rimettere in discussione. Al momento conviene mantenere il consolidato
schema ricostruttivo della viabilità tra Modena e Vigarano in attesa di future
acquisizioni archeologiche.
Per chiudere il cerchio manca ancora il tassello più problematico e
sfuggente. Credo che due contributi citati da Bosio abbiano centrato
l'obiettivo di situare nel posto giusto Anneiano, suggerendo di piazzare la
mansio Anneiano a Trecenta: sono L’agro ferrarese nell’età romana (Atti e
memorie della Deputazione provinciale ferrarese di storia patria», s. I, 17,
1906) di Filippo Borgatti e Adria e il suo territorio attraverso i secoli (Adria,

Silvano Salvador
14

1931) di Jacopo Zennari. Perché ritengo che Trecenta corrisponda meglio di


qualunque altra località all'Anneiano dell'itinerario di Antonino? Innanzitutto
per la rispondenza ai dati numerici dell'Itinerarium che pongono Anneiano
grossomodo a metà strada tra Este (20 m.p.) e Vico Variano (18 m.p.). Anche
le strade provinciali moderne, in un contesto idrografico abbondantemente
alterato a paragone dell'età romana, permettono di arrivare nei tre nuclei
abitati (identificando Vigarano Pieve con Vico Variano) in poco più di trenta
chilometri con uno scarto minimo tra la percorrenza Este-Trecenta e quella
Trecenta-Vigarano Pieve. Eppoi c'è la spiccata emergenza di Trecenta su un
dosso formatosi da un paleoalveo del Po protostorico che ne ha favorito da
epoche remote il popolamento con i benefici derivanti dalla prossimità al
grande fiume (fertilità del suolo e rapidi spostamenti di merci e persone). Il
collegamento con Este era assicurato e mediato dalla centuriazione che dal
centro atestino raggiungeva Trecenta e Castelguglielmo (Elena Baggio
Bernardoni-Enrico Zerbinati, Este, in "Misurare la terra: centuriazione: e coloni
nel mondo romano. Il caso veneto", Modena, 1985, pp. 146-147; Enrico
Zerbinati, Il territorio atestino, in "Il Veneto nell'età romana", II, Verona, 1987,
pp. 239-241. ).
La Carta Archeologica del Veneto (1990) ha repertato queste quattro
segnalazioni di ritrovamenti in zona Trecenta:

- 291 La Guerrina. In seguito a lavori di spianamento è stato rinvenuto, a circa


1m di profondità, un cippo cilindrico composito, notevolmente lesionato, con
fusto decorato da ghirlande e testa femminile. La stele, o meglio definita ara
cilindrica con ossuario, è datata tra la fine del I sec a.C. e l'inizio del I sec. d.C..
L'iscrizione ricorda Lucio Elvio Frontone, legionario appartenente alla V Legio
Urbana.
- 292 Trecenta. Lungo il paleoalveo del Po di Adria è stata rinvenuta, nel XIX
secolo, una tegola con bollo dell'officina Pansiana. Intorno al 1960 venne

Silvano Salvador
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scoperto un ripostiglio di 36 monete di bronzo e di piccolo modulo, molto


consunte, datate tra la seconda metà del IV e gli inizi del V sec. d.C.
- 293 Boaria Scardovelli. Lavori di scavo di argilla per fornace, alla profondità
di circa 2.5-3m, nella Bassa Capovilla sono stati rinvenuti resti di muro,
un'anfora intera (di tipo Dressel 7-11), un'anfora segata e quattro colli
d'anfora. Il materiale è stato datato al I sec. d.C.
- 294 La Pieve, Fornace Crivellari. Nei pressi de La Pieve alcuni operai della
fornace misero in luce, alla profondità di circa 60cm, diverse anfore e altro
materiale appartenente a uno o più corredi di tombe probabilmente a
cremazione (vasi e balsamari in vetro, lucerne, monete e frammenti di vasi in
terracotta). In base alla descrizione del materiale è stata proposta una
datazione al I sec. d.C.
Inoltre, a Gorghi di Trecenta i resti di due ville rustiche e nei luoghi
limitrofi due frammenti di diploma militare e di un cavaliere di bronzo in atto
di trafiggere un nemico caduto, costituente in origine la decorazione figurata
di un balteo, cioè di un finimento militare da parata (I-II secolo d. C.).
Notevole è la scoperta dell'urna di Lucio Elvio Frontone (SupIt-15, 00021
= AE 1997, 00595 = AE 2016, +00452): L(ucio) (H)elvio [3]/ Fronton[i] /
leg(ione) V urban[a]. È noto (Svet. Aug., 46) che Augusto dedusse 28 colonie
in Italia per ricompensare i veterani della Legio V, preposta alla difesa
dell'Urbe, ed Este era una di esse. Dal territorio atestino provengono
attualmente le uniche iscrizioni con i nomi dei congedati della Legio V Urbica.
Este fu scelta per la distribuzione di lotti fondiari ai reduci della battaglia
navale di Azio del 31 a.C.; un'intera frazione dell'agro atestino prese
probabilmente nome dall'arrivo dei nuovi coloni appartenuti alla Legio Urbs
(Urbana, paese tra Montagnana e Badia Polesine). È verosimile che anche il
nostro Lucio Elvio Frontone potesse essere uno degli assegnatari delle terre
euganee reduce dalla famosa battaglia e stabilitosi a Trecenta dove si sarà
proceduto alla bonifica e centuriazione del territorio.

Silvano Salvador
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Il toponimo numerale Trecenta rimanda senza dubbio alla suddivisone


agrimensoria (trecenta iugera, ossia 150 heredia): non hanno fondamento
alcuno le teorie che fanno derivare l'etimologia da Terra Esenta (isolata dalle
acque) o da Centum Triginta (130 miglia, la presunta distanza tra Ariminum e
Trecenta, quando l'Itinerarium Antonini ne segna 136 soltanto tra Ariminum e
Vico Variano).
Trecenta è nominata come Trecenta e fundus Trecenta nell'anno 988,
curtis e plebs Trecenta nel 1135, portus Trecenta nel 1187. I numerali riferibili
a misure agrarie nel polesano hanno lasciato tracce in Trento di Ficarolo
(originariamente Trenta) e in Stienta (da Septingenta: sec. X "episcopus de
fundus qui vocatur SEPTIGNENTA territorio ferariense plebe Sancti Stefani in
Gallito"). Casumaro e Finale Emilia facevano parte della corte di Trecentula
(cortis de Trecentulle) donata nel 1017 dalla contessa Richilda all'abbazia di
Nonantola (altro numerale prediale). Allargando l'areale all'Emilia-Romagna
troviamo ulteriori Trecenta non sopravvissute all'evoluzione lessicale:
Trecenta di Sesto Imolese (Fantuzza), Trecenta di S. Lorenzo in Monte,
Trecenta nel Modenese, Trecenta nei pressi di Covignano, Trecenta presso il
torrente Sellustra. Sono un insieme di toponimi (v. anche Cento nel Modenese)
di origine prediale, riferiti a misure di terreni, diffusi nell'Alto Medioevo. I
reperti archeologici romani a Trecenta di Rovigo scarseggiano dopo il IV
secolo d.C. e si riducono progressivamente fino ad azzerarsi dal Tardo Antico
in avanti. Non sono refrattario a pensare che nelle ultime fasi dell'impero
romano sia avvenuto il passaggio onomastico da Anneiano a Trecenta, i due
toponimi saldati per designare un fondo rurale. Non esistevano realtà urbane,
ma la speciale menzione di Anneiano (al pari di Vico Variano) nell'Antonino
trova la sua ragion d'essere pressoché esclusiva nell'importartanza del guado
fluviale.
Raffaele Peretto (Ambiente e strutture antropiche nell’antico Polesine, in
"L’antico Polesine. Testimonianze archeologiche e paleoambientali", Padova,
1986, pp. 21-100) ha analizzato la struttura reticolare della parcellazione
agraria a sud di Trecenta, individuando un'orientazione preferenziale degli
assi ortogonali con direzione NNW e ENE, compresa la strada da Veratica a
Trecenta. Quantunque Peretto non abbia potuto pronunciarsi sull'antichità
delle lineazioni territoriali, si rileva che la strada in uscita da Trecenta doveva
puntare come l'attuale su Ficarolo, esattamente tra Ficarolo e Trento, in
prosecuzione del medesimo allineamento, da cui piegava alla volta di
Vigarano Pieve (Vicus Varianus). Carla Corti, nell'illustrare le risultanze degli
scavi archeologici nella zona di Ficarolo e Gaiba, ha condensato in modo
illuminante i reciproci influssi tra insediamenti e vie di transito in quest'area.
"In questa zona posta all'estremità interna dell'antico delta padano, come
sopra ricordato, il ramo meridionale del Po in età romana aveva un percorso
rcorso che dall'altezza di Ficarolo deviava decisamente verso sud e dopo
un'ampia curva passava per vicus Varianus/Vigarano Pieve per proseguire in
direzione del sito ove nel Medioevo si formò la città di Ferrara. Il popolamento
sparso, come nel contiguo Polesine di Casaglia e nel limitrofo Bondenese, si

Silvano Salvador
17

distribuiva preferenzialmente sui punti naturalmente sopraele- vati del


territorio, i dossi legati alla rete idrografica attiva e fossile, e lungo le principali
direttrici del traffico, le vie terrestri e fluviali. Lo sfruttamento e la gestione del
territorio dovettero avere qui carattere misto e adattarsi, analogamente a
quanto avvenne a scala maggiore nei territori più vicini alla foce, pure allo
sfrutta- mento delle risorse naturali e delle caratteristiche ambientali e
topografiche. La zona di Ficarolo e Gaiba, oltre che dai rami secondari del Po,
era, secondo l'ipotesi "Prosdocimi-Vedovetto", interessata anche dal
passaggio della cosiddetta 'via Emilia Altinate', che oltrepassando il Po a
Vicus Varianus (Vigarano Pieve, Ferrara) si dirigeva verso Este con un
percorso che nel III sec. d.C., quando venne redatto l'Itinerarium Antonini, non
risulta essere stato rettilineo. I nuovi dati disponibili in seguito alla revisione e
all'aggiornamento della carta archeologica del territorio consentono di meglio
definire il quadro del popolamento antico in quest'area, permettendo di
evidenziare alcune caratteristiche di ordine sia topografico, che cronologico.
Gli insediamenti finora individuati paiono infatti disporsi prevalentemente
lungo due direttrici con andamento grossomodo E-O, compatibilmente con la
morfologia derivata dalla rete idrografica fossile e presumibilmente attiva in
età romana [...] Dai dati emerge con evidenza la centralità dell'area gravitante
su Chiunsano-Trento, che pare aver assunto un ruolo di primo piano nel
popolamento romano di questo territorio già in età repubblicana e con una
continuità che oltrepassa l'età classica per arrivare al pieno alto Medioevo.
L'accentramento demico in questa zona trova giustificazione nella posizione
topografica favorevole al transito di uomini e merci, che deve aver
rappresentato una delle risorse trainanti dell'economia del territorio. Tale
concentrazione appare infatti riconducibile alla presenza di un ramo
secondario che dal Po immetteva nella Pestrina, a cui doveva molto
probabilmente affiancarsi un'efficiente rete stradale, non solo legata alla
presenza di vie alzaie che seguivano i corsi d'acqua e utilizzate anche per il
traino delle imbarcazioni (alaggio), come parrebbero testimoniare le tracce di
antichi percorsi presenti nella zona di Trento. Per quanto riguarda gli
insediamenti, il vasto complesso di edifici scavato a Chiunsano, forse
provvisto di darsena, con un settore a vocazione commerciale-produttiva
affiancato da un settore residenziale con balneum, parrebbe inoltre
presentare caratteristiche compatibili con una stazione itineraria (cfr. Corsi
2000, Le strutture di Servizio del Cursus Publicus in Italia. Ricerche
topografiche ed evidenze archeologiche, BAR, Int. Series 875, Oxford, p.169
ss.; dello stesso parere Büsing-Kolbe, Büsing 2002, Stadt und Land in Oberita-
lien, Mainz am Rhein). Esso potrebbe pertanto qualificarsi come un luogo
attrezzato per la sosta e i servizi al transito collocato lungo un ramo
secondario del delta padano (direttrice O-E) e forse in corrispondenza del
passaggio di un importante percorso stradale (direttrice N-S), quindi ubicato
presso un nodo della viabilità. Il fatto che le fonti itinerarie non ci abbiano
trasmesso l'indicazione della presenza qui di una stazione non appare
determinante per qualificare la funzione del complesso di edifici. Molte sono

Silvano Salvador
18

infatti le stazioni 'anonime' documentate archeologicamente. Troverebbe in


questo modo giustificazione sia la particolare concentrazione in quest'area di
insediamenti in età romana, caratterizzati inoltre da un buon livello qualitativo
della cultura materiale, documentata anche da materiali di importazione, e
contraddistinti da una pro- lungata occupazione, che la pervicace persistenza
del popolamento tra Tardoantico e pieno alto Medioevo, con un leggerissimo
spostamento da Chiunsano a Trento, sede di una pieve dall'ampio distretto (S.
Maria in Trenta/Trentum), del polo principale di accentramento demico"
(L’insediamento nell’area di Ficarolo (RO) e Gaiba (RO) tra la romanizzazione
e il primo Altomedioevo. Nuovi dati dai siti di Trento e Sanguinara, in "Padusa",
XLVIII, 2012, pp. 181-201: 190-191).
Attenendosi all'orientazione individuata da Peretto nelle maglie delle
suddivisioni agrarie, la direttrice stradale tra Chiunsano e Trecenta
rappresenta al meglio il percorso N-S sul quale poteva insistere una stazione
di servizio suo tipo di quella indagata a Chiunsano.

La mia opinione, dunque, è che l'anello mancante della catena, che ha


condotto negli ultimi decenni ad individuare con successo le stazioni di Vico
Variano e Vico Sernino dell'Itinerarium Antonini tra Este e Modena, vada
cercato a Trecenta (Anneiano). Singolare destino, quello di Anneiano: il
toponimo è riportato due volte nell'Antonino per due località differenti, la
coppia di nomi è pressoché contigua nella lista degli itinerari ed ambedue i
toponimi sono oggi scomparsi. Tuttavia dell'Anneiano sulla via Faventina tra
Faventia e Luca si è accertata l'ubicazione. Nell'Itinerarium Antonini è così
elencato:

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19

283
[8] Item a Faventia Luca m. p. CXX:
[9] In Castello m. p. XXV
284
[1] Anneiano m. p. XXV
[2] Florentia m. p. XX
[3] Pistoris m. p. XXV
[4] Luca m. p. XXV.
La strada si inoltrava lungo il Mugello: da Faenza percorreva la valle del
Lamone sino alla località Castellaccio di Marradi (In Castello, reperti di epoca
romana), indi per Ronta e Pulicciano (resti di costruzioni romane) giungeva a
Borgo San Lorenzo (Anneiano) e da qui a Firenze. Le distanze collimano tutto
sommato con le odierne della SR 302, nonostante alcune diversità nel
tracciato. Il Borgo di Anneiano ha cambiato nome quando venne fondata la
pieve di San Lorenzo (prime notizie dal X secolo).
Il tragitto da Este ad Anneiano (Trecenta), ora come allora, passava per
Badia Polesine e quindi ha ragione Vedovetto nell'ipotizzare che l'abbazia
(Badia) sia nata e cresciuta grazie alla presenza di una strada di importante
comunicazione e di un altrettanto significativa arteria fluviale (l'Adige nell'Alto
Medioevo). Riassumendo, le tre controverse tappe della via ab Aquileia
Bononiam descritta nell'Itinerarium Antonini sono con tutta probabilità le
seguenti: Anneiano ⟺Trecenta, Vico Variano ⟺ Vigarano Pieve, Vico Sernino
⟺ Guisa Pepoli.

L'assetto
idrografico
antico nella zona
di Trecenta
(in azzurro i fiumi
attuali)

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20

Pagina del codice P (Escorialensis R Il 18) dell'Itinerarium Antonini. Si


leggono i due Anneiano

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21

Pagina del codice D (Parisinus Regius 7230 A) dell'Itinerarium Antonini. Si


leggono i due Anneiano. Notare l'assenza delle miglia in molti casi

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22

Principali ipotesi sul tracciato della via romana tra Este e Mantova (da Paolo
Campagnoli, La via Emilia Altinate, in "La linea e la rete. Formazione storica
del sistema stradale in Emilia-Romagna", Bologna, pp. 192-201)

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24

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25

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26

Ipotesi di percorso con Anneiano = Trecenta (segmento grigio). Le altre tappe


sono Vicus Varianus = Vigarano Pieve e Vicus Serninus = Guisa Pepoli

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