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Cap 1 Medioevo

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CAP 1.

ROMANI E GERMANI (MEDIOEVO, STORIA DI IMMAGINI)


L'incontro e la convivenza forzata fra Romani e Germani sono tra i fattori decisivi che determinano la fine del mondo
antico e l'inizio di un'epoca nuova. L'arrivo dei popoli germanici nell'Europa latina, dopo lo sfondamento del confine
imperiale all'inizio del V secolo, provoca non soltanto la scomparsa dell’Impero Romano d'Occidente, ma profondi
cambiamenti nella struttura della società, nel funzionamento dell'economia, nella lingua, nella cultura, perfino nel
rapporto fra l'uomo e l'ambiente.
L'integrazione dei Germani nel mondo romano era cominciata già prima delle invasioni vere e proprie, attraverso i
frequenti contatti fra i loro capi e la corte imperiale, e soprattutto il servizio mercenario che essi prestavano
nell'esercito romano. Esemplare a questo proposito è la vicenda di Silicone, un generale di origine vandala che aveva
spostato la nipote e figlia adottiva dell’imperatore Teodosio (quando i Visigoti arrivarono in Italia l’impero, morto
Teodosio nel 395, era diviso fra i suoi due figli: Arcadio, il maggiore, diventato imperatore d’Oriente e il minore,
Onorio, imperatore d’Occidente, che essendo ancora un bambino venne sostituito da Silicone).

Il Medioevo, nasce, dunque, sotto il segno dell’incontro fra Romani e Germanici: popoli diversi e che non si amano, ma
che saranno costretti a convivere per secoli, fino a quando Carlo Magno, nell’800, non riunirà tutte queste stirpi in un
nuovo Impero Romano d’Occidente. In alcuni casi i Romani conservavano un atteggiamento di intransigente ostilità
verso quelli che consideravano dei barbari. Ma la scoperta che i Germani erano i più forti dell’impero, al punto di
sconfiggerlo in battaglia e invadere le provincie, provocò anche stupore e ripensamenti fra gli intellettuali romani.

MA CHE COSA PORTAVANO CON SÉ I GERMANI AL LORO ARRIVO IN OCCIDENTE? Innanzitutto, il ricordo dei paesi
freddi e nebbiosi in cui risiedevano prima d’allora, e i miti degli ebrei e deli antichi re che avevano regnato in tempi
ormai lontani. Quasi subito, tuttavia, l’antica religione politeistica venne abbandonata a favore del Cristianesimo e la
cultura tradizionale dei Germani cominciò ad essere dimenticata. Lo storico longobardo Paolo Diacono, che scrive al
tempo di Carlo Magno, ricorda ancora le antiche leggende del suo popolo; ma è interessante osservare l'imbarazzo
che gli provocano, in quanto in esse si parla degli dei e Paolo è un cristiano, anzi un ecclesiastico.
Oltre alla religione degli avi, i Germani portavano con sé una fierezza nazionale che induceva ogni popolo a credersi il
più forte, e a vestirsi e acconciarsi i capelli in modo diverso dagli altri, per affermare la propria identità. Nonostante la
loro fierezza, tuttavia, i Germani stanziati in Occidente provavano un sentimento di inferiorità nei confronti del mondo
romani. Gli edifici colossali che lascino i barbari a bocca aperta sono la testimonianza più immediata della maggior
complessità e ricchezza della cultura latina, scritta, rispetto alle loro culture orali.

Il senso dell’inferiorità dei Germani aveva anche una dimensione politica. I re Germani, pur governando
autonomamente ciascuno nel proprio territorio, riconoscono una specie di subordinazione all’imperatore romano;
quello d'Oriente, che regna a Costantinopoli e che continua a comportarsi da sovrano universale. Lo storico greco
Procopio descrive così gli accordi presi fra il re goto in Italia, Teodato, e l'imperatore Giustiniano: Teodato avrebbe
lasciato tutta la Sicilia all'imperatore Giustiniano e gli avrebbe anche mandato ogni anno una corona d'oro del peso di
trecento libbre e, quando l'imperatore lo volesse, fino a tremila guerrieri goti.

Prima di Carlo Magno, nessuno di quei capi barbari oserà̀ prendere il titolo imperiale, accontentandosi di quello di rex,
che designava già̀ in passato, secondo il protocollo romano, i capi dei popoli alleati: il titolo di imperatore, in greco
basileus, resta riservato al sovrano d'Oriente, perché́ al mondo non può̀ esservi che un solo imperatore, destinato da
Dio a regnare su tutti i cristiani. Certo, vi sono barbari che rifiutano d'assoggettarsi e tendono a usurpare le
prerogative imperiali, ma Procopio non nasconde il suo disprezzo per una simile assurdità̀: i capi dei Franchi
occuparono Marsiglia, colonia focese, e tutti i territori costieri, e divennero padroni di quel mare.
I barbari, in realtà̀, più̀ che a usurpare le prerogative imperiali, erano impegnati a dimostrare di potersi integrare a
pieno titolo nel mondo romano, per essere trattati come alleati e non soltanto come sudditi dell'impero; l'imperatore,
per parte sua, voleva persuaderli che la potenza di Roma, nonostante la perdita delle province occidentali, era intatta.
Perciò̀ i rapporti diplomatici fra Oriente e Occidente sono dominati da un costante sforzo propagandistico volto a
impressionare la controparte.
L'uso propagandistico dei grandi, preziosi piatti di metallo lavorato era ben noto agli imperatori.
Raccontami un missorium di Teodosio rappresenta la cerimonia di investitura di un grande dignitario da parte
dell'imperatore virgola in trono tra figli e i dignitari armati virgola in mezzo a figure allegoriche di vittoria e
abbondanza il figlio Onorio tiene in mano il globo e piega la mano destra in un gesto significativo questo gesto significa
che sta parlando, ed è il gesto convenzionale con cui veniva rappresentato l'imperatore romano quando trasmetteva
un ordine a un suo sottoposto. Comandando di fabbricare a sua volta un piatto di quel genere, il re franco aveva
dunque voluto mettersi in un certo senso in concorrenza con l'imperatore. Succedeva questo: → L'imperatore da
Costantinopoli manda in Gallia monete d'oro col suo ritratto per impressionare quei barbari con la ricchezza e la gloria
di Roma e il re Franco che, per non essere di meno, si affretta a dimostrare che anche il suo popolo sta fabbricare
oggetti preziosi.

Da questa gara i germanici erano comunque destinati a uscire perdenti privi di un'organizzazione complessa infatti
dovettero copiarla proprio da costoro.
La simbologia del potere adottata dai re germanici è il miglior testimone del processo di acculturazione che quei
popoli dovettero attraversare nell'incontro col mondo romano, come ad esempio: la tomba del re Franco Childerico,
dove accanto a lui sono state deposte le sue armi, alla cintura era legata una borsa di cuoio piena di monete romane
d'oro e d’argento, inoltre, sempre la cintura era legata a una sfera di cristallo di Rocca, usata come ammutolito. Al
pollice del defunto c'era un anello d'oro per imprimere il suo sigillo con inciso il proprio ritratto e la scritta: Childirici
regis. Il sovrano non firma nella sua lingua ma in quella del popolo Gallo-romano chi ha vinto, da cui deve essergli
venuta l’ispirazione. Il simbolo del potere rimane comunque una lunga lancia.
Childerico si adegua alla tradizione germanica anche perché porta i capelli sciolti sulle spalle i germani ritenevano che
una particolare forza risiedesse nei capelli lunghi, ma è un'idea comune a molti altri popoli.
Gli antichi romani e i primi cristiani, portavano invece i capelli corti e continuarono con questa abitudine proprio per
distinguersi dai barbari col passare del tempo avvenne una differenziazione netta.

Anche i Longobardi offrirono una stupefacente coesistenza di simbologie. Il re Agilulfo sì fece raffigurare in una lamina
di bronzo. Il re si trova al centro identificato dalla scritta punzonata, nel solito latino approssimativo: “Dn Agilulfo
regi”. Gli abiti del sovrano Come i lunghi capelli divisi simmetricamente nel mezzo, i baffi spioventi e la barba a punta,
rimandano ai costumi Longobardi. La mano sinistra del re stringe il fodero di una spada posata sulle ginocchia, arma
tipicamente longobarda, ma la mano destra, con le due ultime dita ripiegate, è alzata nel gesto della parola, tipico
dell'iconografia imperiale romana. Agilulfo mostra cosi di tenere saldamente in pugno i poteri del re comandante e
giudicare. La lamina vuole esaltare la regalità di Agilulfo.

Oltre ai simboli del potere romano e ai rituali del trionfo come la distribuzione di moneta al popolo plaudente, i re
barbari dovettero prendere in prestito dall'impero sconfitto anche quello che restava dell'amministrazione civile
virgola e in particolare del fisco. Avevano infatti un sistema fiscale che usa criteri di misurazione e di pagamento
d'origine romana virgola che si fonda su registrazioni scritte in latino e che è gestito da funzionari con titoli romani, il
tutto però al servizio del re Franco. Evidente che il crollo militare dell'impero in Occidente non aveva provocato
l'immediato collasso dell'apparato amministrativo, divenne più rozzo ed elementare ma ci vollero secoli perché
smettesse completamente di funzionare.
Non è solo il fisco ma tutto il sistema amministrativo provinciale dell'impero a restare in piedi sotto il governo dei
barbari, almeno di quelli come gli ostrogoti In Italia o i franchi in Gallia virgola che rispettarono le classi dirigenti
romane e si sforzarono di collaborare con loro.
In tutto l'occidente la sopravvivenza di un apparato amministrativo romano, gestito esclusivamente in latino da
personale romano, fa sì che anche nei primi secoli dell'alto medioevo rimanga in vita, sia pure impoverito, la cultura
politico amministrativa dell'antichità.

Nel corso dell'alto medioevo queste sopravvivenze del mondo antico andranno lentamente estinguendosi. Sempre
meno re germanici riusciranno a mobilitare energie sufficienti per tenere in vita un sistema fiscale le scuole
perderanno importanza fin quasi a scomparire e con esse la cultura letteraria e giuridica dell'antichità. Altri saranno i
modi di governo favoriti dai re germanici: primo fra tutti quella appoggiarsi sistematicamente a fedeltà personali che
prenderà il nome di feudalesimo.
Al tempo di Carlo Magno, quando per la prima volta un re germanico, padrone di mezza Europa grazie alle sue guerre
fortunate, osa prendere con la benedizione della chiesa il titolo di imperatore romano, paradossalmente il
disfacimento del sistema di governo antico si può considerare compiuto. Con l'incoronazione di Carlo a Roma la notte
di Natale del 800, Papa Leone aveva compiuto un gesto politicamente importantissimo, dichiarando che la chiesa
romana voleva un protettore occidentale e non si considerava più protetta a sufficienza dall’imperatore di
Costantinopoli. Ancora quel tempo però le due identità, romana e germanica, facevano fatica a convivere
nell'occidente. Lo stesso Carlo Magno si guardava bene dal limitare gli imperatori romani, di cui portava il nome.
In quei Papi che implorarono il loro alleato il re Franco che essi hanno elevato alla dignità imperiale, divertirsi dare
romano almeno quando è a Roma e virgola nel fastidio di Carlo costretto dalla ragion dello Stato a obbedire, c'è tutta
l'ambiguità di quella coesistenza fra romani e germani e di quella alleanza fra chiesa cattolica e monarchia Franca che
erano alla base dell'impero rinnovato. Anche i difficili rapporti diplomatici con Costantinopoli concorrevano a
mantenere politicamente il viva l'antica fierezza germanica.
Col passare dei secoli l'impronta romana era andata evaporando in Occidente anche le popolazioni germaniche
convertite al cristianesimo è sempre più mescolata ai romani avevano perduto le loro tradizioni ancestrali. Carlo
Magno per primo se ne angosciava è imposto una vera e propria politica culturale per recuperare delle tradizioni e
della lingua dei franchi.
Ma gli sforzi dell'imperatore ebbero scarsi risultati, a Occidente del Reno parlavano la stessa lingua dei romani, molto
lontana dal latino classico. Da questa metamorfosi stavano nascendo i popoli dell’Europea moderna.

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