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LA FILOLOGIA GERMANICA-Molinari

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FILOLOGIA GERMANICA: riassunto libro “La filologia germanica” (cap 1-2-3-4-6) e dispense grammatica

CAPITOLO 1: INTRODUZIONE 1.1DEFINIZIONE DELLA DISCIPLINA


È quella scienza che studia ed interpreta le testimonianze scritte di quelle civiltà che hanno avuto comuni origini nel
mondo germanico antico e che tali origini riflettono nella loro successiva evoluzione. La filologia germanica è un
insegnamento di carattere storico, ed è quindi interdisciplinare, in quanto il testo, per essere correttamente
interpretato, deve essere studiato partendo dal suo contesto storico e poi rielaborato secondo i canoni
contemporanei. Le lingue germaniche che posseggono una documentazione antica rilevante, tale da consentirci
l’individuazione di elementi culturali caratteristici, sono il gotico (ormai estinto), l’inglese, il tedesco, il
nederlandese, e il frisone che costituiscono il gruppo germanico occidentale. Il gruppo germanico settentrionale
invece è formato da islandese, norvegese, svedese e danese. Con la riscoperta della Germania di Tacito, avvenuta
nel 1455, si inizia a sviluppare una certa curiosità, soprattutto negli umanisti tedeschi, per le proprie origini.
L’Olanda tra il XVI e il XVII secolo diventa il centro di centro di ricerche storiche e filologiche, inerenti alle lingue
classiche e orientali ma anche germaniche. Verso l’800 si attesta la nascita della filologia in generale come scienza
anche grazie al metodo di Lachmann.

CAPITOLO 2: IL GERMANESIMO IL CONCETTO DI GERMANESIMO


I termini germanesimo e germanico hanno oggi un significato preciso. Quando parliamo di germanesimo ci
rifacciano al concetto di appartenenza di determinate lingue ad uno stesso gruppo, in base alla constatazione di
elementi affini, e “germanico” può essere definito solo ciò che si riferisce ad un ambito culturale caratterizzato e
delimitato dall’uso di tali idiomi. Le lingue che sono attualmente definite come germaniche sono: l’inglese, il
tedesco, il neerlandese, il frisone, il danese, lo svedese, il norvegese e l’islandese. Tale definizione non nasce
naturalmente dall’osservazione dell’aspetto attuale di tali lingue (che oggi sono diversissime) ma dallo studio di
alcuni documenti che ci sono pervenuti in cui queste lingue si dimostrano vicine tra loro non solo sotto l’aspetto
grammaticale, ma anche per quanto concerne il patrimonio lessicale fondamentale. Per quanto riguarda il
germanico non possiede alcuna documentazione contemporanea, e resta quindi essenzialmente un’ipotesi astratta,
della quale è molto difficile definire la specifica connotazione.

FONTI INDIRETTE
La considerazione dei ‘Germani’ come unità etnica a sé stante ed una definizione del loro territorio appaiono per la
prima volta del De Bello Gallico di Cesare; va tuttavia tenuto presente che la critica ha da tempo ridimensionato il
valore storico perché Cesare ci offre un quadro non del tutto obiettivo dato che è condizionato dai suoi interessi
politico-militari. Cesare nel De Bello Gallico fa un excursus dei Galli (Celti), messi poi in contrapposizione ai Germani.
Fa riferimento alla selva Ericinia, dove vivono gli animali (alces). Un’ulteriore fonte è la Naturalis Historia di Plinio in
cui attesta la denominazione ganta per oca, usata in Germania. Infine, la Germania di Tacito, che si riferisce alla fine
del I secolo e si riferisce essenzialmente ai Germani più vicini al Reno, sui quali si avevano informazioni più dirette e
dettagliate (anche se, così come nel caso di Cesare, anche qui nulla si da per certo al 100%). Nella Germania, Tacito
usa in ben 6 capitoli il lessema framea, che indica una sorta di asta corta, usata come arma nel combattimento e
come oggetto- simbolo nei momenti più importanti della vita dei Germani.
FONTI DIRETTE
ISCRIZIONI DELLE MATRONE: risalgono tra il I e III secolo d.C. e sono delle pietre votive di un culto della Germania
inferior lungo il Reno che tramandano soprannomi di tre figure femminili, dette matrone o matres.
ISCRIZIONI RUNICHE: (II-III sec. d.C.) sono state ritrovate soprattutto nello Jutland centrale. L’iscrizione più antica
della prima metà del I sec si trova sulla fibula di Meldorf (foce dell’Elba). Sul fermaglio della fibula sono presenti 4
segni.

LA SCRITTURA RUNICA
I primi esempi risalgono alla fine del II o inizio del III secolo d.C. I documenti più antichi sono rappresentati da una
ventina di iscrizioni brevi su oggetti venuti alla luce casualmente. Il problema dell’origine della scrittura runica è di
grande importanza per illuminare alcuni aspetti della protostoria culturale germanica. L’importazione della scrittura
può aver seguito una delle vie commerciali che intorno agli inizi dell’era volgare collegavano il Mediterraneo con il
Nord, giungendo fino alla Danimarca, dove i reperti archeologici fanno supporre la costituzione in quel periodo di
una ricca classe aristocratica locale in frequente contatto con l’ambiente romano. Proprio in quella zona la scrittura
sarebbe stata rielaborata e adattata all’uso germanico dove avrebbe avuto un impiego oracolare; in seguito sarebbe
stata usata per indicare il nome del proprietario su armi ed oggetti o il nome dell’artigiano incisore.

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CAPITOLO 4: L’UNITA LINGUISTICA GERMANICA (+ DISPENSE)
IL PROTOGERMANICO
L’espressione più evidente di quella che abbiamo chiamato “unità culturale germanica” è la lingua, o meglio
l’insieme dei fatti linguistici coincidenti, che li posseggono e che ne sono testimoniati in ambiti culturali
originariamente affini. La somma degli elementi comuni a tutte le lingue germaniche, ricavati attraverso la
comparazione, delinea un sistema organico, il cosiddetto “protogermanico”.
Tipi di descrizioni del protogermanico ->
ELEMENTI IN COMUNE A TUTTE LE LINGUE INDOEUROPEE
La struttura flessiva nominale e verbale, cioè un sistema di suffissi, desinenze, relazioni apofoniche che servono a
indicare la funzione grammaticale di una parola. Nel caso dei nomi, gli elementi flessivi indicano i rapporti sintattici
(casi) e la nozione di pluralità e di genere. Nel caso dei verbi, gli elementi flessivi indicano la persona, la pluralità, i
modi, i tempi, eventualmente genere e l’aspetto verbale. L’utilizzazione dell’apofonia, cioè di modificazioni del
vocalismo radicale, per esprimere funzioni grammaticali. Il sistema pronominale. Gran parte del lessico (i numerali,
nomi di parentela, di animali, parti del corpo e funzioni vitali) e infine i sistemi di formazione della parola mediante
la composizione di due o più lessemi.
PRINCIPALI DIFFERENZE DELLE LINGUE GERMANICHE
SISTEMA VOCALICO
INDOEUROPEO: conosce 6 vocali brevi, 5 corrispondenti lunghe e 6 dittonghi. Rispetto a questo sistema vocalico, il
germanico è ridotto. In germanico A, O, E si conguagliano con esito a e, di conseguenza anche i dittonghi AI, OI, OU
diventano AI e AU. Nel sistema delle vocali lunghe nasce una nuova e, la cosiddetta e (breve 2), per distinguerla
dalla e (breve 1). I due tipi di e sono distinti per il grado di apertura: la e (breve 1) è più aperta rispetto alla e (breve
2) più chiusa. FENOMENI DI FONETICA: restringimento vocalico (questo fenomeno riguarda il protogermanico e
caratterizza tutte le lingue storicamente attestate. La E dell’indoeuropeo diventa la i del germanico se segue nasale+
consonante, oppure se nella sillaba c’è i oppure j oppure u); apertura vocalica (il fenomeno, noto anche come
“metafonia da a”, riguarda il germanico comune e, tra le lingue germaniche storicamente documentate, il gotico ne
è escluso. La i dell’indoeuropeo diventa e del germanico. La u diventa una o. eu -> eo); allungamento di compenso
(in germanico le radici che presentano una vocale breve seguita da nasale+h subiscono allungamento di compenso
della vocale, in quanto la nasale cade davanti a h.
ANTICO NORDICO: presenta un numero maggiore di fonemi rispetto al germanico, in seguito ai fenomeni della
metafonia palatale e verbale. Si tratta di fenomeni recenti, datati all’incirca a partire dal VI secolo, che non
occorrono in tutte le lingue germaniche. Si distinguono essenzialmente due tipi di metafonie: la metafonia palatale
(provocata da i/j in sillaba postonica, su vocali e dittonghi velari in sillaba radicale, attestata in nordico,
anglosassone, e, parzialmente in alto tedesco antico e sassone antico; i risultati della metafonia palatale si
generalizzano poi in alto tedesco) e la metafonia velare (provocata da u/w in sillaba postonica, su vocali e dittonghi
palatali in sillaba radicale, attestata esclusivamente in norreno e anglosassone).
ANGLOSASSONE: la confusione tra a ed o, che si verifica fino al X secolo avanti nasale, ci autorizza a presupporre la
presenza di un allofono di /a/. La a del germanico diventa ae dell’anglosassone, mentre si conserva a se segue una
vocale velare.
ALTO TEDESCO ANTICO: il fenomeno della dittongazione aumento il numero dei dittonghi

IL SISTEMA CONSONANTICO
GERMANICO: nel passaggio dal sistema consonantico indoeuropeo al germanico si osserva una trasformazione
spontanea del modo di articolazione delle consonanti indoeuropee. Queste evoluzioni sono descritte in due leggi.
PRIMA EVOLUZIONE CONSONANTICA (LEGGE DI GRIMM) -> le occlusive sorde dell’indoeuropeo diventano spiranti
sorde in germanico; le occlusive sonore (ie) diventano le occlusive sorde in gem; le occlusive sonore aspirate (ie)
diventano spiranti sonore in germanico. LEGGE DI VERNER -> le occlusive sorde dell’indoeuropeo diventano le
spiranti sonori in germanico, se si trovano all’interno di parola in ambiente sonoro, cioè tra vocali e sonanti, e se
l’accento originario mobile non si trova sulla sillaba immediatamente precedente. L’alternanza grammaticale è
collegata strettamente alla legge di Verner e trova applicazione soprattutto in ambiente morfologico. In germanico,
qualora la radice termini con una occlusiva sorda o con una sillabante, si osserva l’alternanza tra spiranti sorde o,
viceversa, spiranti sonore. In seguito alla prima mutazione consonantica, si è avuta una trasformazione del modo di
articolazione. Come tratto nuovo del germanico esistono spiranti sorde e spiranti sonore. A livello di allofoni si
trovano occlusive sonore in posizione iniziale, dopo nasale e nelle geminate. In germanico settentrionale e
occidentale /z/ ha dato esito /r/ per il fenomeno del rotacismo.
Fenomeni all’interno del germanico comune
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ASSIMILAZIONI: appartengono ai fenomeni di fonetica combinatoria. Nelle lingue germaniche le troviamo in seguito
alla scomparsa di una vocale atona, per cui due consonanti si sono venute a trovare a contatto
GEMINATE: in seguito ai fenomeni di assimilazione si presentano in germanico consonanti geminate
CADUTA DI NASALE DAVANTI AD H: in germanico si ha la caduta della nasale davanti ad h e allungamento di
compenso della vocale che precede.
ESITI DELLE LABIOVELARI: nelle lingue germaniche le labiovelari si conservano solo nel gotico. In tutte le altre lingue
delle labiovelari resta solo il carattere velare o quello labiale.
(ritorno elenco sistema consonantico)
GOTICO: non ci sono pervenute rilevanti trasformazioni
ANTICO NORDICO: le spiranti sonore possono essere esiti sonorizzanti di spiranti sorde
ANGLOSASSONE: la caratteristica di questo sistema consonantico è la PALATILIZZAZIONE. Davanti a vocale palatale
all’inizio di parola, davanti a /i,j/ all’interno e dopo /i
ALTO TEDESCO ANTICO: presenta una serie di consonanti, le affricate, e profonde trasformazioni in seguito agli esiti
della SECONDA MUTAZIONE CONSONANTICA (ROTAZIONE CONSONANTICA). È l’isoglossa che oppone il
consonantismo dei dialetti altotedeschi agli altri dialetti germanici e si diffonde, dall’estremo sud, a partire dal V
secolo, prima dell’inizio della documentazione scritta. Riguarda le occlusive sorde e sonore del germanico
occidentale e, pur corrispondendo nelle linee di tendenza agli esiti della prima mutazione consonantica, dà luogo,
sul territorio tedesco, a esiti dialettalmente diversificati. Le occlusive sorde del germanico diventano le spiranti
sorde doppie dell’alto tedesco antico, se si trovano all’interno o alla fine della parola dopo vocale; le occlusive sorde
del germanico diventano le affricate in ata, se si trovano in posizione iniziale e postconsonantica.

IL SISTEMA VERBALE

Il sistema verbale germanico distingue due categorie principali di verbi: i VERBI FORTI E I VERBI DEBOLI. I verbi forti
risalgono all’indoeuropeo e il loro paradigma è caratterizzato dalle alternanze apofoniche della vocale radicale. I
verbi deboli sono formazioni secondarie del germanico e delle lingue germaniche. Oltre a queste due categorie si
hanno verbi preterito-presenti, verbi di coniugazione atematica e il verbo “volere”. I verbi forti in 7 classi sulla base
delle serie apofoniche che li caratterizzano. Apofonia o l’alternanza vocalica, cioè la variazione della vocale radicale
con valore morfologico, è un meccanismo ben presente nelle lingue indoeuropee e passato al germanico dove
sopravvive ancora nelle lingue moderne. Nell’apofonia si distingue alternanza qualitativa (/e/ /o/) e alternanza
quantitativa (/e/ /e:/), di più i diversi gradi apofonici: grado normale, allungato e zero (o ridotto). In ciascun
paradigma sono indicate 4 forme: infinito, preterito sg., preterito pl., participio pret. I verbi deboli sono formazioni
secondarie che derivano o da radici verbali (deverbativi) o da radici nominali (denominativi). Nel verbo debole la
vocale radicale rimane invariata. Per formare il preterito e il participio preterito alla radice del verbo debole si
aggiunge un suffisso che ancora si conserva nelle lingue moderne. Il preterito debole è una nuova formazione del
germanico e delle lingue germaniche. I verbi deboli si distinguono secondo i temi, caratterizzati da un certo suffisso,
in 4 classi. I verbi deboli con “Ruckumlaut”: ci sono stati definiti da J. Grimm un gruppo di verbi deboli di prima
classe che al pret. E al part. Pret. non presentano la vocale radicale metafonizzata. Perché in questi verbi il suffisso i
del pret. mancava o è caduto molto presto, per cui non si è verificato il fenomeno di metafonia.

CAPITOLO 6: L’ANGLOSASSONE
L’epoca di Alfredo fa seguito a una delle epoche più travagliate del medioevo inglese, che ha inizio con la
devastazione e la conquista da parte dei Vichinghi della regione settentrionale dell’isola. Il baricentro della vita
politica e culturale inglese si sposta nel corso del IX secolo nel sud, dove i re del Wessex riescono temporaneamente
ad opporsi all’invasione vichinga. Con il regno di Alfredo il Grande il mondo inglese conosce un periodo di relativa
tranquillità, che consente una notevole attività letteraria e culturale, stimolata ed attuata in parte dal sovrano
stesso. Alfredo riesce a sconfiggere i Danesi e a stipulare con loro il trattato di Wedmore che gli attribuiva la piena
sovranità su Wessex, Sussex, Kent e Mercia occidentale. Dopo aver ristabilito la pace, Alfredo si propone il compito
di riedificarne i costumi e di riformarne l’istruzione civile e religiosa. Tutta la poesia anglosassone, epica, elegiaca o
descrittiva, si serve di un linguaggio sostanzialmente unico, che, pur arricchito e variato a seconda dei motivi
ispiratori, ubbidisce tuttavia a strutture metriche e stilistiche, che possiamo chiamare germaniche. Il verso
germanico, e come tale il verso anglosassone, si compone di due emistichi separati da una cesura, ma legati
dall’allitterazione, che consiste nella ripetizione dello stesso suono in due o tre delle sillabe accentate. Il suono
allitterante può essere una consonante oppure un elemento vocalico qualsiasi.

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