Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
36 visualizzazioni11 pagine

Panvini Rosati F. - Monetazione Preromana Sulla Costa Adriatica Italiana - 1974

Caricato da

macrinus22
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
36 visualizzazioni11 pagine

Panvini Rosati F. - Monetazione Preromana Sulla Costa Adriatica Italiana - 1974

Caricato da

macrinus22
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Sei sulla pagina 1/ 11

FRANCO PANVINI ROSATI

MONETAZIONE PREROMANA

SULLA COSTA ADRIATICA ITALIANA(*)

Le monetazioni che si sono avute prima del dominio romano


lungo la costa adriatica italiana interessano un territorio che si estende
per centinaia di chilometri e regioni diverse per cultura, lingua, sto-
ria e condizioni economiche. Pertanto anche le emissioni monetarie
di queste regioni presentano caratteristiche diverse sia dal punto di
vista ponderale che tipologico.
Nel quadro che traccerò indicherò soltanto gli elementi più si-
gnificativi, tralasciando i particolari delle singole monetazioni, per i
quali rimando alle pubblicazioni precedenti purtroppo non abbon-
danti. Infatti la maggior parte delle monetazioni di cui tratterò non
è stata studiata in dettaglio. Delle città di cui dovrò occuparmi l'unica
la cui monetazione è stata studiata a fondo è Ariminum, di cui mi
sono occupato io stesso alcuni anni or sono in un congresso della
Società di Studi Romagnoli e). Per la stessa Ariminum e per le altre
zecche che fondono aes grave abbiamo l'opera fondamentale dello
Haberlin e), ma per tutte le altre serie noi non sappiamo quasi

(*) Il presente lavoro costrtmsce il testo di una relazione letta al I Congresso


di Studi adriatici tenuto a Francavilla al Mare nel giugno 1971. In attesa della
pubblicazione degli Atti del Congresso, ancora lontana, lo pubblico sulla « RIN »
integralmente salvo lievi modifiche nella parte iniziale.
(l) F. PANVINI RosATI, La monetazione di Ariminum, «Studi Romagnoli »,
XIII, 1962, pp. 160 ss.
(2) E.J. HABERLIN, Aes grave, Frankfurt a.M., 1910. Ved. anche E.A. SYDE-
NHAM, Aes grave, London, 1926.

83
niente: le nostre conoscenze rimangono ancora all'Historia Numo-
rum di Barclay Head ed alle opere ancora più vecchie, anche se per
certi aspetti tuttora apprezzabili, di Raffaele Garrucci e di Arthur
Sambon e). Non conosciamo esattamente il materiale sparso nelle
numerose collezioni pubbliche grandi e piccole, di carattere locale o
a livello nazionale, e ci manca quindi, per esempio, la possibilità di
controllare i dati ponderali. Perciò spesso noi camminiamo sulla sab-
bia col rischio di sprofondare o di perdere la strada.
Fra i dati che conosciamo in modo frammentario o incompleto
cito anche i ritrovamenti: conosciamo quelli che sono stati pubbli-
cati e per la parte pubblicata ma molti sono andati dispersi o giac-
ciono ancora inediti nei Musei. Ci sfugge anche l'altro dato impor-
tantissimo costituito dalle monete scoperte casualmente e sporadica-
mente negli scavi. È un materiale sparso in moltissime pubblicazioni,
spesso descritto in maniera incompleta, che nella maggior parte sfugge
alla nostra attenzione.
Vengo ora all'argomento della mia relazione per prendere in
esame le città lungo la costa adriatica che hanno emesso moneta.
Iniziando dal nord e procedendo verso il sud la prima città che in-
contriamo è Ariminum: a nord di Ariminum nessuna città ha mo-
neta. Ariminum, come tutti sanno, fu colonia latina nel 268 a.C.;
le sono attribuite due serie di monete, una fusa e una coniata (4 ). La
serie fusa segue il sistema ponderale della cosiddetta libra italica
orientale di gr. 3 79, che noi troviamo sul versante adriatico ad Hatria
e nei V es tini. È da notare che questo stesso sistema ponderale con
la libbra di gr. 3 79 fu usato in Etruria per le serie di Volterra e per
le serie leggere del gruppo di aes grave etrusco anepigrafe detto
« della ruota ». Inoltre la divisione decimale dell'asse, caratteristica
dell'aes grave di Ariminum, la troviamo in Apulia, nell'aes grave li-
brale di Luceria e V enusia, che segue però la libra romana di gr. 3 27.
Oltre le monete fuse conosciamo di Ariminum i bronzetti co-
niati con l'effigie di Vulcano con pileo laureato sul dritto e sul ro-
vescio la figura del guerriero gallico armato con grande scudo e la
leggenda ARIMN e). La data di queste serie è molto discussa. Men-
tre per i bronzi coniati c'è una quasi unanimità a collocarli dopo la
fondazione della colonia, per le monete fuse la datazione oscilla tra

(3) R. GARRUCCI, Le monete dell'Italia antica, Roma, 1885; A. SAMBON, Les


monnaies antiques de l'Italie, Paris, 1903.
(4) F. PANVINI RosATI, art. cit., con bibliografia precedente.
(5) A. SAMBON, op. cit., p. 88, n. 155.

84
gli anni precedenti la fondazione della colonia e il primo periodo
della colonia stessa. A mio parere l'ipotesi che si presenta come la
più probabile è che la serie fusa sia anteriore alla fondazione della
colonia latina, sia opera cioè dei Galli Senoni, mentre la serie co-
niata è sicuramente posteriore alla fondazione della colonia. L'aes
grave potrebbe quindi risalire ai primi anni del III sec. a.C., prima
della disfatta definitiva dei Galli Senoni da parte dei Romani nel
284 e si potrebbe anche pensare ad una influenza della monetazione
di Hatria, che viene generalmente datata alla fondazione della colo-
nia. Non è neppure da escludere un'influenza proveniente dall'Etru-
ria, dati i rapporti ponderali già notati con alcune serie etrusche ed i
contatti tra Galli ed Etruschi spesso alleati contro Roma. Non tutti
gli studiosi sono d'accordo sulle datazioni suddette, però vorrei far
notare che la datazione dell'aes grave a dopo il 268 porterebbe a
una datazione più tarda la coniazione delle monete di bronzo con
leggenda ARIMN, dato che le due serie, quella fusa e quella co-
niata, per ragioni tecniche ponderali e stilistiche non possono essere
contemporanee e la serie coniata segue evidentemente quella fusa (6 ).
Debbo fare ancora un'altra osservazione, che però non riguarda
solamente l'argomento specifico delle monete di Ariminum, ma in-
teressa anche le monetazioni di cui parlerò in seguito, e cioè che la
datazione di queste serie, emesse da popoli o città che erano in rela-
zione con Roma o ad essa alleate è in parte connessa con la datazione
della prima moneta romana. Ora è noto che da più di quarant'anni
si discute sulla datazione dell'inizio del denarius, che viene fatta
oscillare tra il 269-68 e il 187 a.C.; con la data del denarius è col-
legata naturalmente anche la datazione delle prime serie fuse ro-
mane. Non è qui il caso di dilungarsi su questo problema che conti-
nua ad affaticare i numismatici e sul quale già tanto è stato scritto.
Occorre però notare che se si abbassa la data di inizio dell'a es grave
romano e del denarius occorre riconsiderare sotto una nuova luce
anche la datazione di quelle monetazioni che sono in stretto rapporto
con la moneta romana o si sono sviluppate nell'ambito politico od
economico di Roma. Pertanto poiché la datazione tradizionale non
è più accettata da molti studiosi né d'altra parte esiste una data-

( 6) Sulla datazione di queste serie e sulle obiezioni sollevate contro un'asse-


gnazione dell'aes grave ai Senoni, ved. anche F. PANVINI RosATI, La monetazione
delle città etrusche e italiche prima della conquista romana, << Atti del Convegno
di Studi sulla città etrusca e italica preromana », Bologna, Istituto per la Storia di
Bologna, 1970, p. 77 ss.

85
zione più bassa accettata unanimamente (gli stessi sostenitori delle
teorie ribassiste non sono d'accordo tra loro), anzi molti tra cui il
sottoscritto nutrono forti dubbi sulla validità delle nuove teorie, non
si può tenere conto nell'esame delle singole monetazioni degli ag-
ganci cronologici con la moneta di Roma.
Per tornare al nostro argomento, dopo Ariminum, scendendo
verso Sud, troviamo Ancona che dal punto di vista monetario rap-
presenta un'eccezione in questa zona adriatica in quanto Ancona ha
solo moneta coniata in una regione in cui domina la moneta fusa.
La sua monetazione consiste di piccole monete di bronzo che re-
cano al dritto una testa femminile, probabilmente Venere, con corona
di lauro e al rovescio un braccio destro piegato al gomito con un
ramo nella mano, sopra il quale sono due astri; sotto la leggenda
ArKDN C). Ancona fu conquistata dai Romani circa il 290 a.C.: la
sua moneta a leggenda greca indica una certa autonomia della città
che l'ha coniata. Si potrebbe pensare quindi a una datazione anteriore
alla conquista romana, ma ciò porterebbe forse ad una data troppo
alta. A me sembra più probabile che questa monetazione, che non
dovette durare a lungo, sia da assegnarsi ai primi tempi dopo la
conquista, che forse lasciò all'inizio ad Ancona una certa autonomia.
Segue la monetazione di Hatria, fusa come l'aes grave di Arimi-
num, ma molto più abbondante: infatti abbiamo tutta la serie com-
pleta dall'asse alla semuncia e un numero di esemplari maggiore di
quello noto per Ariminum (8 ). Probabilmente l'aes grave di Hatria
fu fuso quando fu stabilita la colonia latina tra il 290 e il 286 e
negli anni immediatamente seguenti. Esso segue lo stesso sistema
ponderale della libra di gr. 3 79 e presenta la divisione decimale del-
l'asse come l'aes grave ariminese. Infine nella stessa zona troviamo
l'a es grave dei V es tini alleati di Roma dal 3 Ol, una monetazione
piuttosto scarsa, presente solo in quattro nominali ( triente, sestante,
uncia, semuncia) el, che segue lo stesso sistema ponderale di Arimi-
num e di Hatria, e che credo si possa datare dopo l'alleanza dei Ve-
stini con Roma, quando questo popolo entrò nell'orbita romana. Ciò
non deve meravigliare poiché l'aes grave è caratteristico della prima
monetazione romana, è Roma che ha le serie più ricche di aes grave e

(7) A. SAMBON, op. cit., p. 93. Questi bronzetti di Ancona hanno un peso che
oscilla tra gr. 5,60 e gr. 10 circa, un po' più alto dei bronzetti coniati di Ariminum.
(8) E.J. HiiBERLIN, op. cit., p. 203 ss.
(9) E.]. HiiBERLIN, op. cit., p. 201 ss.

86
ha trasmesso questo tipo di monetazione agli altri popoli quando
sono venuti in contatto con lei.
E qui occorre fare un'altra osservazione che vale non solo per le
monetazioni di cui stiamo discutendo ma anche per le altre: la mo-
neta è un fatto politico perché lo stato o il popolo che emette mo-
neta deve avere una certa autonomia che gli consenta questo atto
che è l'espressione più evidente e direi tangibile della sovranità: ciò
vale in tutti i tempi, sia in epoca antica sia in epoca medioevale.
Però la moneta non è solo un fatto politico, è anche un fatto econo-
mico, cioè il popolo o la città che batte moneta a proprio nome non
solo deve avere l'autonomia politica per compiere questo atto di
sovranità ma deve anche trovarsi nelle condizioni economiche neces-
sarie perché la moneta possa attuarsi e abbia un significato. Possono
esserci emissioni fatte per affermazione di prestigio ma io non credo
che ciò avvenga anche in epoca antica. Troviamo monetazioni cosid-
dette « di ostentazione » nel Medio Evo o in epoca moderna, quando
cioè dei Signori vogliono riaffermare tangibilmente il diritto di mo-
netazione ricevuto dall'imperatore o dal Papa o da altra autorità. Ma
nell'antichità monetazioni di prestigio o « di ostentazione», a mio
parere, non ve ne sono. Quando una città emette moneta vuoi dire
che vi sono le condizioni economiche opportune per la sua emissione
o almeno lo stato ritiene che tali condizioni economiche vi siano.
Che poi l'autorità emittente si inganni sulle reali possibilità di gio-
varsi di questa moneta è un'altra questione, ma quando una città o
un popolo inizia nell'antichità una monetazione, qualunque essa sia,
vi è, a mio parere, un preciso intento di utilizzare la moneta per la
circolazione locale oppure per i commerci esterni in base a condizioni
economiche adeguate vere o presunte. Che questo intento sia osta-
colato da circostanze esterne politiche od economiche e non possa
realizzarsi interamente non esclude quanto sopra affermato.
Avviene pertanto che molte città italiche emettono moneta quando
entrano nell'orbita di Roma o stringono alleanza con essa, poiché
ciò consente loro di intrecciare rapporti non più limitati al proprio
ristretto territorio e dà quindi la sensazione o l'illusione di potersi
giovare economicamente della moneta. In altre parole una città, che
precedentemente non ha usato moneta propria, può essere solleci-
tata dai contatti con Roma ad emettere moneta perché la sua nuova
posizione politica le dà la possibilità di avere rapporti commerciali
con altre regioni o di inserirsi in sfere economiche di più vasta por-
tata. Così si spiega come certe popolazioni hanno moneta dopo che
sono diventate colonie o sono entrate nell'orbita dell'influenza romana.

87
Proseguendo nella nostra ricerca, più a sud troviamo Teate. Teate
ha una monetazione più complessa, direi anzi che t;:a le città della
costa adriatica è quella che presenta una monetazione maggiormente
articolata, indice senza dubbio di interessi economici più vasti e
volti in diverse direzioni, oltre che di una maggiore durata nel tempo.
Le emissioni di Teate allo stato attuale degli studi risultano divise
in tre gruppi: il primo gruppo comprende monete di bronzo contr9.d-
distinte dalla leggenda in asco e dal tipo napoletano del toro andro-
prosopo, segno questo di un'influenza di Neapolis, diretta o mediata
attraverso altre città che avevano adottato il tipo di toro andropro-
sopo, e di un propendere commercialmente verso l'area campana. Ab-
biamo poi un secondo gruppo, che si potrebbe pensare posteriore al
primo ma della cui cronologia in realtà non siamo molto sicuri 0 ); e
questo gruppo si compone di una serie di tre monete d'argento: il
didramma, la dramma, il diobolo. Tutti e tre i nominali presentano
la leggenda in latino e tipi di derivazione spiccatamente tarantina:
il cavaliere nudo che incorona il cavallo, il didramma; la civetta su
ramo di ulivo, la dramma; Ercole e il leone, il diobolo.
Se da un lato la tipologia ci porta verso Taranto, dall'altro la
presenza della leggenda in latino, rispetto a quella in asco, indica il
proposito di spendere questa moneta d'argento in un territorio più
vasto aperto alla valuta argentea, approfittando dell'influenza roma-
na. D'altra parte ciò è logico perché una moneta d'argento non
avrebbe avuto senso nel territorio di Teate, in una regione cioè che
conosceva soprattutto la moneta di bronzo, tanto più che nella serie
argentea teatina troviamo non solo una monetina come il diobolo
ma anche una moneta di maggior valore come il didramma, il no-
minale base di tutte le grandi monetazioni argentee della Magna
Grecia. Qualunque moneta d'argento in questa zona dimostra la vo-
lontà di uscire dallo stretto ambito locale e di penetrare commer-
cialmente in zone più vaste, ciò che mi sembra documentato nel
nostro caso anche dal passaggio dalla leggenda osca a quella latina.
I tipi tarantini erano probabilmente i tipi delle monete più cono-

(10) La leggenda in latino e l'imitazione dei tipi tarentini fanno pensare a una
datazione posteriore alla conclusione della guerra tarentina (ved. appresso). Nulla
vieta di supporre che le monete di bronzo con il toro campano e la leggenda in asco
siano contemporanee alle emissioni in argento, contrariamente a quanto ritenuto fi-
nora sulle orme dello Head (op. cit., p. 49). In tal caso Teate avrebbe fatto un
tentativo di penetrazione in doppia direzione, forse favorito dalla politica romana:
verso la Campania con le monete di bronzo, verso i mercati dell'Apulia finora do-
minati dalla moneta di Taranto con le emissioni in argento.

88
sciute nella regione e anche questo fatto dimostra l'intento di dare
un più ampio respiro alla nuova moneta d'argento. Circa il sistema
ponderale seguito dalla serie argentea di Teate lo scarso numero de-
gli esemplari finora conosciuti ci consiglia di non trarre per ora de-
duzioni azzardate, finché almeno non sarà stata fatta una ricognizio-
ne approfondita degli esemplari esistenti.
La terza serie di Teate è in bronzo coniata in sei nominali che
portano tutti il segno del valore oltre la leggenda in latino TIATI:
è questa una caratteristica propria della moneta romana repubbli-
cana che reca sempre il segno del valore; sono pochissime le altre
serie non romane, tra cui quelle etrusche e umbre, che presentano
questa caratteristica. Abbiamo così la romanizzazione della moneta-
zione di Teate indicata anche dal sistema ponderale di queste se-
rie enee, che a quanto ci è dato sapere si avvicina a quello sestan-
tario romano ma con divisione decimale. Debbo notare ancora che
queste monete di bronzo, che per certi aspetti mostrano un'influenza
romana, raffigurano per la maggior parte tipi che sono, come i pre-
cedenti, di derivazione tarentina: la civetta e il giovane su delfino.
L'altro tipo che troviamo sulla moneta di bronzo è l'aquila su ful-
mine, caratteristico della monetazione tolemaica. È probabile che Teate
abbia ripreso questo tipo di origine tolemaica, e prima che tole-
maica, macedone ed epirota ( 11 ), attraverso la mediazione di Roma,
nella cui moneta l'aquila su fulmine gioca un ruolo non di seconda-
ria importanza, essendo la figurazione che contraddistingue l'oro
sesterziario. Sono numerose le città del Lazio e dell'Italia meridio-
nale che principalmente nel III sec. a.C. pongono sulla loro moneta
soprattutto di bronzo il tipo dell'aquila su fulmine. Occorre tener
conto anche di una possibile derivazione da Taranto che adottò il
tipo per alcune emissioni di oro, sulle quali l'aquila è rivolta a destra
o a sinistra (1 2 ). Si è parlato anche di un'influenza di Pirro in rela-
zione al culto epirota di Zeus Bodoneo ( 13 ), ipotesi avvalorata dalla
presenza di Pirro in Italia durante la guerra tarentina. Ma Pirro non
usò mai nella sua monetazione sia in Epiro e in Macedonia sia in

(11) Cfr. MARTA SoRDI, La dracma di Aleuas e l'origine di un tipo monetario


di Alessandro Magno, << AIIN », 3, 1956, p. 9 ss.
(12) O. RAVEL, Descriptive Catalogue of the Collection of Tarentine Coins,
London, 1947, nn. 35-41, 45-59.
( l3) G. NENCI, Pirro, Aspirazioni egemoniche ed equilibrio mediterraneo, T o-
rino, 1953; cfr. le osservazioni numismatiche di L. BREGLIA, << AIIN >>, II, 1955,
p. 227 ss. Le monete d'oro di Taranto con la raffigurazione dell'aquila su fulmine
sono datate dal Ravel all'epoca di Pirro.

89
Italia il tipo dell'aquila su fulmine. Il problema non si può dibat-
tere ora in tutti i suoi aspetti, mi sembra però che non si possa
generalizzare e occorre esaminare il caso città per città. Comunque
l'una e l'altra ipotesi, derivazione da Roma o derivazione da Ta-
ranto, ci riportano ad un periodo posteriore alla guerra tarentina. Ab-
biamo quindi un termine cronologico post quem con il quale concor-
da anche il dato ponderale che fa accostare queste serie enee di Teate
al bronzo sestantario romano. Quest'ultimo, o si voglia accettare la
teoria tradizionale sulla data del denarius o quella ribassista, è cer-
tamente posteriore all'inizio della prima guerra punica o addirittura
contemporaneo ai primi anni della seconda. Ciò permette di preci-
sare meglio la cronologia delle serie teatine in un periodo che si col-
loca tra il 264 e l'ultimo decennio del III sec. e costituisce inoltre
un utile riferimento cronologico per le altre due serie. Queste non
possono che essere anteriori, in particolare il gruppo di emissioni
d'argento con l'imitazione dei tipi tarentini sembra indicare un in-
debolimento di Taranto e il proposito di sfruttare da parte di Teate,
forse approfittando dell'influenza romana, una situazione favorevole
a inserirsi nei mercati in cui circolava la moneta tarantina, il che ci
riporterebbe agli anni immediatamente seguenti la guerra di Pirro.
È probabile che tutte queste monetazioni argentee di città al-
leate di Roma o di colonie latine siano cessate dopo l'inizio del de-
narius e la sua diffusione anche nell'Italia meridionale: avendo una
sua valuta d'argento che poteva sopperire alle necessità del mercato
Roma non aveva più ragione di consentire che gli alleati coniassero
anch'essi monete d'argento. Logicamente ciò non sarà avvenuto im-
mediatamente dopo la coniazione del denario né contemporaneamente
per ogni città e neppure solamente per un'imposizione di Roma ma
anche per quei motivi economici cui ho già accennato. Con una mo-
neta d'argento coniata da Roma con abbondanza e continuità non
avevano più ragione di esistere, anche senza imposizioni politiche
dirette, le monetazioni argentee locali: esse si esaurivano da sole per-
ché non trovavano più la necessaria corrispondenza nella situazione
economica della regione, però, per le oscillazioni cui è soggetta la da-
tazione del denarius, quanto sopra non ci può essere di grande aiuto
dal punto di vista cronologico.
Scendiamo ancora più a sud nella Puglia, dove abbiamo un certo
e
numero di città che coniano moneta 4 ): mi soffermo su quelle più

(14) Sulla monetazione delle città apule ved. A. STAZIO, Medaglieri di Puglia
per la storia della regione, «Archivio Storico Pugliese », 1955, p. 38 ss.; IDEM,

90
v1cme alla costa. Quattro coniano argento oltre che bronzo: Arpi,
Canusium, Rubi e Caelia. Arpi ha la monetazione argentea che vanta
i nominali più forti: didramma ed emidramma, oltre dioboli e oboli.
Il didramma reca al diritto la testa di Persefone coronata di spighe e
al rovescio il cavallo libero al galoppo e la leggenda AAIOY, un nome
che ritorna anche nelle monete di bronzo di Salapia e di Rubi. Sul-
l'emidramma, i dioboli e gli oboli di Arpi troviamo vari tipi, tra i
quali da notare quello di Ercole e il leone sui dioboli. Lo stesso tipo
appare anche sui dioboli di Caelia e su quelli di Rubi, la quale ul-
tima presenta il maggior numero di nominali minori, dioboli ed
oboli, con tipi diversi: spiga di grano, lira, fulmine, due crescenti.
Alcuni di questi tipi si ritrovano anche negli oboli di Caelia e Ca-
nusium.
Si è fatta l'ipotesi per le serie di Arpi che siano state battute
secondo il piede campano di gr. 7,40-7,20, ma il materiale finora
noto è molto scarso e trarre delle conclusioni da esso sarebbe un po'
affrettato. Occorre anche in questo caso, come per Teate e per altre
zecche, un'indagine approfondita sugli esemplari esistenti nelle col-
lezioni in modo da poter avere una base più solida di discussione.
Circa queste serie argentee apule mi limiterò a due osservazioni:
Arpi era alleata di Roma già dal 326 a.C., segue Roma nelle guerre
sannitiche e nella I guerra punica, quindi una sua monetazione ar-
gentea concepita e attuata nel quadro di una più vasta influenza ro-
mana non può meravigliare. Il momento storico più probabile per
questa monetazione mi sembra quello dei primi decenni del III sec.
a.C., negli anni seguenti cioè alla battaglia di Sentinum e fino al-
l'inizio della I guerra punica. Per i tipi, il cavallo libero ci riporta
come precedente immediato al didramma romano-campano, mentre
la figura di Ercole che strozza il leone sui dioboli di Arpi e delle al-
tre città apule rivela ancora, come le serie argentee di Teate, l'imi-
tazione della moneta tarentina C5 ).
Abbiamo infine lungo la costa adriatica alcune città che coniano
solo bronzo: Bari con poche monete che portano il segno del valore,

Problemi monetali dell'antico Salento, «Centenario del Museo Provinciale Sigismondo


Castromediano di Lecce», Lecce, 1970, p. 105 ss.; IDEM, Per una storia della mo-
netazione dell'antica Puglia, «Archivio Storico Pugliese », 1972, pp. 39 ss.; IDEM,
Monetazione e circolazione monetale dell'antico Salento, « Annali dell'Università di
Lecce», 1969-71 [1973], pp. 71 ss.
(15) Il tipo di Ercole che lotta con il leone appare anche sui dioboli di Eraclea
probabilmente prima che a Taranto; questi dioboli si diffusero largamente e furono
molto imitati dalle zecche dell'Italia meridionale (A. STAZIO, La prima fase della mo-
netazione di H eraclea Lucaniae, « AIIN », XII-XIV, 1965-1967, p. 78 ss.).

91
Neapolis Apuliae, Salapia, dove compaiono anche i nomi dei magi-
strati, e in Calabria, Brundisium, che presenta una monetazione di
bronzo abbondante, articolata in tre riduzioni successive e che ar-
riva probabilmente fino all'89 a.C.; essa reca tutta il segno del va-
lore ed è contraddistinta dal tipo del giovane sul delfino di chiara
origine tarentina. Brundisium divenne colonia latina nel 245 a.C. e
senza dubbio la monetazione segue allo stabilirsi della colonia, come
avviene per altre colonie latine del III sec. a.C., e le sue varie fasi
sono parallele alle riduzioni ponderali del bronzo romano.
Quanto ho esposto rappresenta in sintesi il panorama della mo-
netazione lungo la costa adriatica da Ariminum a Brundisium. Una
prima osservazione emerge dai dati raccolti ed è che tutta la regione
presa in esame si può dividere in due zone: la prima a nord, che va
da Rimini al territorio dei Vestini, con moneta solo di bronzo con
prevalenza della moneta fusa; la seconda da Teate in giù nella quale
troviamo anche la moneta d'argento. Ciò corrisponde ad ambienti
economici diversi ampiamente noti: moneta enea nelle regioni del
centro della Penisola prima del denarius romano e con la sola ecce-
zione di certe zone dell'Etruria, eccezione d'altronde giustificata con
le relazioni dell'Etruria con il mondo greco e fenicio, e prevalere
della valuta argentea nell'Italia meridionale per la presenza delle co-
niazioni delle colonie greche, che inducono anche le città minori a
tentare, quando se ne presenti l'occasione, una monetazione d'ar-
gento. La seconda osservazione si riferisce all'influenza che l'espan-
sione romana ha avuto sull'inizio della monetazione di queste città
mentre dal punto di vista tipologico appare in luoghi diversi l'influenza
di Taranto.
Ancora debbo soffermarmi sulla circolazione monetaria nelle re-
gioni in esame, quale è testimoniata dai ritrovamenti monetari C6 ).
Un primo elemento in comune risalta subito: la presenza in tutta la
regione adriatica a sud di Rimini in quantità non trascurabile della

(16) Cfr. L. BREGLIA, Contributo allo studio della circolazione moneta/e in Ma-
gna Grecia, « Rendiconti della R. Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti >>,
1938-39, p. 141 ss., sulla base del repertorio dei ripostigli di monete greche di S. NoE,
Bibliography of Greek Coins Hoards, New York, 1937, passim; recentemente il re-
pertorio del Noe è stato aggiornato e completato da M. THOMPSON, O. MoRKHOLM,
C.M. KRAAY, An Inventory of Greek Coins Hoards, New York, 1973. Per la diffu-
sione della moneta romano-campana, si veda M.H. CRAWFORD, Roman Republican
Coin Hoards, London, 1969. Le mie osservazioni tengono conto anche dei ritrova-
menti pubblicati posteriormente specie sugli Annali dell'Istituto Italiano di Numisma-
tica, vol. I ss.; per le zone adriatiche a nord della Magna Grecia mi sono basato so-
prattutto su ricerche nelle collezioni pubbliche locali.

92
moneta romana-campana; altro elemento, la presenza nella regione
più a nord, cioè nel Piceno, anche se in misura ridotta, della mo-
neta tarentina, che invece non è fìnora documentata in Abruzzo, men-
tre è prevalente, come d'altra parte è ovvio, nella Puglia. Troviam0
in Abruzzo oltre le serie romano-campane monete delle zecche della
Campania, soprattutto di Neapolis, delle zecche del Sannio, Aeser-
nia, Alba Fucens, Ferentum, del Lazio (Aquinum), l'aes grave delle
serie latine in grande abbondanza, pezzi di Ariminum, di Arpi e per-
fino una moneta di bronzo di Panormus. Possiamo dire che una
parte notevole nella circolazione in Abruzzo è costituita dalla mo-
neta di Neapolis sia d'argento che di bronzo, che insieme alle serie
delle altre zecche campane costituisce la valuta più usata in Abruzzo
prima di quella romana C7 ). Nella Puglia la documentazione dei ritro-
vamenti è molto più abbondante che nelle altre regioni adriatiche
ed è stata studiata più in dettaglio. Abbiamo perciò a disposizione
un maggior numero di dati, dai quali sappiamo che insieme alla
moneta tarentina, che in maggiore o minore misura si trova in tutta
la regione, appaiono monete delle zecche della Campania e della Lu-
cania e monete di Corinto e delle sue colonie. Abbiamo cioè una cir-
colazione più ricca e più varia, con notevoli apporti di carattere in··
ternazionale, che riflette le vicende storiche della regione. Questa
risente l'influsso anche tipologico e ponderale della moneta di Ta-
ranto, ma è aperta da un lato alla moneta campana e del Sannio,
con la quale penetrano le serie romano-campane, dall'altro riceve la
moneta corinzia che si ritrova nella zona apula costiera fìno a Ta-
ranto senza però interessare il territorio della città.
Per concludere lungo la fascia adriatica ci si presenta una zona a
nord, da Ariminum ad Ancona, a valuta quasi interamente enea sia
nelle poche zecche che emettono moneta sia nella circolazione; in
questa regione l'Abruzzo rappresenta una zona intermedia con circo-
lazione anche argentea soprattutto di moneta napoletana. A sud nella
Puglia è presente in grande abbondanza la moneta d'argento, come in
tutte le regioni della Magna Grecia, anche se proprio nella Puglia
poche sono le zecche che hanno coniato argento.

(17) Quanto sopra è una breve anticipazione di uno studio in preparazione sui ri-
trovamenti monetari in Abruzzo, basato soprattutto su materiale inedito conservato
nel Museo Nazionale di Chieti e che spero di far apparire quanto prima.

93

Potrebbero piacerti anche