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Relazione Sull Uso Agricolo Del Suolo Di Vitulazo

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Comune di Vitulazio

Provincia di Caserta

PIANO URBANISTICO COMUNALE

CARTA DELL’USO AGRICOLO DEL SUOLO


E DELLE ATTIVITÀ COLTURALI IN ATTO

RELAZIONE SULL’USO AGRICOLO DEL SUOLO


(LL.RR. n. 14/82, n. 2/87 e n. 16/04)

Progetto urbanistico RUP


Arch. Lidia Callone Arch. Lidia Callone
Geom. Franco De Cristofaro

Supporto scientifico
Dipartimento di Architettura Università Federico II di Napoli
Responsabile scientifico: Prof. F.D. Moccia

C.U.A.S.
Dott. agr. Francesco Scialdone
PIANO URBANISTICO COMUNALE VITULAZIO
Relazione sull’uso del suolo in atto ai fini agricoli e forestali
LL.RR. n. 14/82, n. 2/87 e n. 16/04

INDICE

1. PREMESSA Pag. 3

2. IL TERRITORIO Pag. 8

2.1. Cenni geografici – ambiente fisico Pag. 8

2.2. Viabilità e collegamenti Pag. 8

2.3. Sistema idrografico Pag. 9

2.4. Lineamenti geomorfologici e pedologici Pag. 9

2.5. Clima Pag. 11

2.6. Inquadramento fitoclimatico Pag. 12

3. ECONOMIA E POPOLAZIONE Pag. 13

3.1. La popolazione e la struttura agraria Pag. 13

3.2. Consistenza demografica ed occupazionale Pag. 13

3.3. Struttura aziendale Pag. 16

3.4. Consistenza zootecnica Pag. 21

4. USO AGRICOLO DEL SUOLO Pag. 22

5. PRODUZIONE LORDA VENDIBILE Pag. 27

6. CONSIDERAZIONI SOCIO-ECONOMICHE E

PROSPETTIVE DI SVILUPPO DEL TERRITORIO Pag. 30

7. CONCLUSIONI Pag. 34

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dott. agr. Francesco Scialdone
PIANO URBANISTICO COMUNALE VITULAZIO
Relazione sull’uso del suolo in atto ai fini agricoli e forestali
LL.RR. n. 14/82, n. 2/87 e n. 16/04

1. PREMESSA

Con la L.R. n. 16/04 “Norme sul Governo del Territorio” la Regione


Campania disciplina “la tutela, gli assetti, le trasformazioni e le utilizzazioni del
territorio al fine di garantire lo sviluppo, nel rispetto del principio della
sostenibilità, mediante un efficiente sistema di pianificazione territoriale e
urbanistica articolato a livello regionale, provinciale e comunale” (art.1, co. 1).

Al CAPO III - PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE – articolo 23, comma


1, definisce il Piano urbanistico comunale: “il Puc è lo strumento urbanistico
generale del Comune e disciplina la tutela ambientale, le trasformazioni
urbanistiche ed edilizie dell’intero territorio comunale, anche mediante
disposizioni a contenuto conformativo del diritto di proprietà”, mentre al comma
2 lettera a) recita: “individua gli obiettivi da perseguire nel governo del territorio
comunale e gli indirizzi per l’attuazione degli stessi”; alla lettera b): “definisce gli
elementi del territorio urbano ed extraurbano raccordando la previsione di
interventi di trasformazione con le esigenze di salvaguardia delle risorse naturali,
paesaggistico-ambientali, agro-silvo-pastorali e storico-culturali disponibili,
nonché i criteri per la valutazione degli effetti ambientali degli interventi stessi”
ed alla lettera h) “tutela e valorizza il paesaggio agrario attraverso la
classificazione dei terreni agricoli, anche vietando l’utilizzazione ai fini edilizi
delle aree agricole particolarmente produttive fatti salvi gli interventi realizzati
dai coltivatori diretti o dagli imprenditori agricoli”.

La suddetta Legge, con l’art. 49, abroga gli artt. 1-8 della L.R. 14/82
mentre, fra gli altri, restano vigenti:

- il punto 1.2 del Titolo II relativo alle direttive di pianificazione, allegate


alla L.R. n. 14/82, ove si prescrive che, tra gli elaborati costituenti il PRG (oggi
PUC) deve figurare “la carta dell’uso agricolo e delle attività colturali in atto
nelle zone non ancora urbanizzate redatta di concerto dal progettista del Piano e
da un agronomo” (art. 2, L.R. n. 2 del 2/1/87);

- il 2° comma del punto 1.3 del Titolo II delle stesse direttive in cui si
prevede che “le aree di espansione residenziale vanno preferibilmente localizzate
in terreni agricoli improduttivi o scarsamente produttivi sulla base della carta di

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cui al punto 1.2-3), lettera d)”, nonché le aree destinate ad impianti produttivi;

- il 1° comma del punto 1.8 del Titolo II delle stesse direttive in cui si
prescrive che “gli strumenti urbanistici generali devono individuare le destinazioni
colturali in atto per tutelare le aree agricole particolarmente produttive, evitando
che esse siano utilizzate ai fini edilizi”;

- il 2° e 3° comma inseriti dalla L.R. n. 2/87 che all’art. 1 recita: “La carta
dell’uso agricolo e delle attività colturali in atto individua il carattere prevalente
delle colture. Gli indici da applicare sono desunti da idonea certificazione da
allegare alla richiesta di concessione edilizia e relativa alla destinazione colturale
all’atto della richiesta medesima”.

Con deliberazione di G.R. n. 834 del 11 maggio 2007 veniva approvato


l’allegato avente ad oggetto le “Norme tecniche e direttive riguardanti gli
elaborati da allegare agli strumenti di pianificazione territoriale (PTCP) ed
urbanistica, generale ed attuativa (PUC e PUA).

Nell’allegato alla delibera, al punto 4.2 - Elaborati del PUC, si indica che ai
sensi dell’articolo 24, comma 1, la proposta di PUC, deve contenere fra gli allegati
tecnici alla relazione, al punto d) l’uso del suolo in atto ai fini agricoli e forestali,
e fra gli elaborati di analisi, al punto g) la carta dell’uso agricolo-forestale, nonché
delle attività colturali e silvo-pastorali in atto nelle zone non ancora urbanizzate e
nelle restanti parti del territorio comunale, con indicazione altresì delle colture
particolarmente produttive e delle relative aree.

La carta dell’uso agricolo e delle attività colturali in atto è, quindi, un


elaborato tecnico che riveste notevole rilevanza per la scelta delle aree da
destinare all’espansione residenziale e ad impianti produttivi, nonché per
l’individuazione delle aree agricole particolarmente produttive, tanto che la L.R.
16/04, con l’art. 23, introducendo il concetto di tutela e valorizzazione del
paesaggio agrario anche attraverso la classificazione dei terreni agricoli, ha
rafforzato la norma di tutela delle aree agricole particolarmente produttive
vietandone l’utilizzazione ai fini edilizi.

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Con determina n. 140 del 31/12/2014 il Funzionario Responsabile dell’Area


VI Territorio ed Urbanistica, arch. Lidia Callone, affidava al sottoscritto tecnico
dott. agr. Francesco Scialdone iscritto all’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori
Forestali della Provincia di Caserta al numero 186 di sigillo, l’incarico per la
redazione della carta dell’uso agricolo del suolo e delle attività colturali in atto
nelle zone non ancora urbanizzate.

Allo stato la carta dell’uso agricolo e delle attività colturali in atto si


inserisce nell’ambito più ampio degli studi ambientali, quali strumenti
indispensabili per una corretta pianificazione territoriale e per una oculata
gestione del territorio.

Oggi infatti, il punto di vista ambientale definisce l’ottica nuova e diversa


che la pianificazione territoriale deve assumere come ulteriore base di riferimento
delle sue analisi e delle sue scelte progettuali. Tale ottica è stata introdotta nella
legislazione italiana con due atti normativi: la legge 431/1985 e successivi decreti
applicativi ed i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M. n. 377 del
10.08.1988 e D.P.C.M. del 27.12.1988 con la normativa tecnica per la compatibilità
ambientale) che hanno recepito la direttiva 377/85 C.E.E. sulla V.I.A..

Tali atti hanno determinato ulteriori occasioni per la pianificazione


territoriale, in merito al perseguimento di obiettivi di governo e di gestione oculata
delle trasformazioni dei suoli agricoli ed urbani.

Il concetto che prevale nelle nuove norme in generale è quello che vede il
suolo quale risorsa, bene non rinnovabile, essenziale, che svolge molteplici funzioni
di cui è il caso di fare appena un cenno: è la base spaziale per le attività umane,
regolatore del ciclo idrologico, mezzo per la produzione di biomasse e di materiali,
riserva di acqua e di energia, filtro di potenziali inquinanti, fattore dell’equilibrio
ambientale e delle biodiversità.

Per rispettare un equilibrio accettabile tra le differenti funzioni del suolo il


legislatore ha evidenziato una politica globale per la gestione, la valutazione e la
conservazione di tale risorsa. L’uso sostenibile del suolo appare quindi un elemento
centrale dello sviluppo sostenibile.

Questa operazione impone di mettere a confronto due diverse istanze: da un

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lato l’individuazione di una linea di sviluppo locale, dall’altro la sua “sostenibilità”.


Il concetto di “sostenibilità” (o “durevolezza”, secondo l’espressione francese)
viene spesso limitato all’aspetto ambientale; non esiste però vero sviluppo
sostenibile che non coinvolga anche e in ugual misura l’aspetto sociale ed
economico. Per parlare di “sviluppo sostenibile” dobbiamo non solo fare un
bilancio tra risorse consumate e reddito prodotto, ma anche fra risorse consumate
e risorse riprodotte o nuove risorse. La sostenibilità riguarda la possibilità di durata
nel tempo, cioè la riproducibilità delle risorse o, dove esse non siano riproducibili,
evitarne l’usura.

Con la L.R. n.16/04 le norme di salvaguardia dei suoli sono tracciate e


queste vanno recepite negli strumenti urbanistici; è in tale contesto che diviene
dunque fondamentale lo strumento urbanistico a livello comunale quale è il P.U.C.,
affinché anch’esso acquisisca la cultura ambientale all’interno del proprio processo
di formazione, poiché, come è stato già evidenziato, il problema fondamentale
della pianificazione territoriale è quello della gestione razionale di tutte le risorse
ambientali, di cui il consumo dei suoli costituisce soltanto un aspetto.

Da ciò quindi, la necessità di una ridefinizione dei compiti della politica


territoriale che, oltre a ridurre sensibilmente lo spreco delle risorse, dovrà
governare i conflitti esistenti tra uso del territorio nel suo complesso e la tutela
come bene pubblico.

In questa nuova visione, dunque, diviene centrale il ruolo del settore


agricolo, il quale, più di ogni altro, detiene ed utilizza le risorse naturali, intesse
più stretti rapporti con il territorio e consente un uso delle risorse naturali
compatibilmente con la domanda di altri beni ambientali.

La norma nella sua interezza appare chiaramente finalizzata ad impedire


una indiscriminata utilizzazione delle aree agricole per la localizzazione di
insediamenti residenziali, industriali, artigianali o relativi al commercio e ai servizi
in genere.

La carta d’uso del suolo del territorio comunale di Vitulazio è stata elaborata
partendo dalla interpretazione delle relative ortofotocarte digitali, integrata da
successivi attenti sopralluoghi che hanno interessato tutta la superficie territoriale.

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Lo studio è stato quindi sviluppato, per quanto riguarda gli aspetti relativi
alle risorse agricolo-forestali-territoriali, considerando i due obiettivi principali:
rilevare i fenomeni di abbandono e sottoutilizzazione delle risorse agricolo-forestali
caratterizzanti il territorio comunale e analizzare il settore agricolo-forestale
relativamente ai problemi di gestione e pianificazione del territorio comunale alla
luce della normativa vigente.

I due obiettivi solo apparentemente rispondono a problematiche diverse. In


realtà essi convergono, se si considerano le interazioni esistenti fra territorio,
risorse e sviluppo socio-economico. Infatti, una pianificazione che consideri il
territorio come un sistema correlato con le dinamiche produttive, residenziali e di
servizio, non può ignorare i problemi di salvaguardia delle potenzialità agricole ed
anche quelli relativi ad un distorto uso delle risorse primarie.

Identificare i fenomeni di abbandono agricolo significa ipotizzare


implicitamente possibilità alternative all’attuale uso (o non uso) del territorio
extraurbano.

Per valutare queste alternative occorre riferirsi a parametri proiettati nel


futuro anche se le prospettive di recupero delle risorse si devono poter intravedere
già da oggi. Non si tratta certamente di ricercare definizioni che abbiano valore
assoluto, poiché il concetto stesso di risorsa non può che avere una dimensione
storica e spaziale ben definita, cioè relativa ad un sistema economico e sociale
determinato.

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2. IL TERRITORIO

2.1. Cenni geografici – ambiente fisico

Il comune di Vitulazio é situato nella porzione sub-centrale del territorio


della provincia di Caserta, e confina con i comuni di Bellona, Capua, Grazzanise,
Pignataro Maggiore, Pastorano e Camigliano.

Il territorio si estende su una superficie di 2.297 ettari (22,97 kmq), di cui


circa 69 ettari (3%) sono ubicati in collina ed i rimanenti 2.228 ettari (97%) in
pianura.

L'altimetria varia da un minimo di 13 metri s.l.m. raggiunti nella zona più


occidentale del comune (Torre Lupara-Parco del Pantano), fino a 242 metri s.l.m.
della porzione nord-orientale della dorsale del Monte Tutuli. Il centro abitato, sede
della casa comunale, si attesta sui 57 metri s.l.m..

Dal punto di vista clinometrico quindi il territorio si presenta essenzialmente


in piano con la sola eccezione della zona collinare posta a delimitazione della
porzione settentrionale. La pendenza media varia dallo 0,5% al 3% nella zona
pianeggiante, mentre nella zona collinare può arrivare fino al 30%.

2.2. Viabilità e collegamenti

Il comune di Vitulazio dista circa 20 Km dal capoluogo di provincia ed è


raggiungibile via Autostrada tramite la A1 Milano-Napoli, con uscita allo svincolo
autostradale di Capua distante circa 5 chilometri dal centro cittadino.

Il territorio comunale di Vitulazio è attraversato da tre arterie viarie


principali, e da una fitta rete di strade secondarie che servono l’intera superficie
comunale.

La Strada Statale 7 Appia attraversa tutto il territorio da sudest (comune di


Capua) a nordovest (comune di Pastorano); poco più a sud, parallelamente alla
Statale Appia, si dirama la linea ferroviaria Napoli-Roma (via Cassino) accessibile
dalle stazioni più prossime di Pignataro Maggiore e Capua, mentre più a nord, si
rileva l’arteria autostradale A1 Milano-Napoli. La S.P. 146 Capua-Vitulazio consente
l’attraversamento del territorio comunale secondo l’asse nord-sud

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Va inoltre ricordata la linea T.A.V. (Treno ad Alta Velocità), che passa


attraverso il territorio di Vitulazio e che collega Napoli a Roma.

Il collegamento con il capoluogo di provincia è garantito da un buon servizio


di trasporto pubblico, intensificato durante il periodo scolastico.

2.3. Sistema idrografico

Il comune di Vitulazio fa parte del Bacino Idrografico del Volturno e più


precisamente appartiene all’area del Bacino del basso Volturno. Il corso del fiume
Volturno attraversa il vicino comune di Capua, segnando per un breve tratto il
confine con il comune di Bellona.

Il territorio è direttamente attraversato dal torrente Agnena che nasce nel


comune di Vitulazio e sfocia nel tratto di Mar Tirreno del comune di Mondragone.

Nella zona di pianura le acque zenitali sono raccolte da alvei e fossi che le
recapitano nel torrente Agnena. Questo corso d’acqua ha da sempre rappresentato
un importante collettore di bonifica della piana dei Mazzoni ed in passato è stato
interessato da lavori di sistemazione e potenziamento, costituenti il canale Agnena
Nuova che rappresenta il principale asse di deflusso della bassa piana del Volturno.

In genere, la falda acquifera si localizza ad una profondità di circa 35 metri


dal piano di campagna, tale da garantire, in tutta la zona pianeggiante, una più
che sufficiente portata ai pozzi in essa presenti; tale falda raggiunge un massimo di
profondità, stimabile in circa 45 metri, presso la fascia pedecollinare.

2.4. Lineamenti geomorfologici e pedologici

Il territorio di Vitulazio può suddividersi in tre zone morfologiche omogenee:

- zona collinare, che risulta costituita da materiale carbonatico stratificato,


poggiante su rocce calcaree del Cretaceo e che costituisce, in pratica, la
dorsale del Monte Tutuli, posta al limite settentrionale del territorio comunale;
la litologia predominante che costituisce l’ossatura di questi modesti rilievi è
costituita da calcari detritici e calcari dolomitici stratificati.

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- zona di raccordo o pedecollinare, ben caratterizzata dalla presenza esclusiva di


terreni di origine vulcanica, derivanti dalle eruzioni verificatesi nell’area
Flegrea; il contatto fra tali zone ha originato una fascia pedecollinare costituita
da materiale detritico, diversamente cementato, con successiva disgregazione
operata degli agenti fisico-chimici, prevalentemente sui calcari; i processi
morfodinamici che si esplicano in questa zona sono principalmente quelli di
deposizione, che consentono un accumulo di materiali provenienti dallo
smantellamento dei versanti sovrastanti e trasportati sia dalle acque dilavanti
sia per processi legati alla forza della gravità.

- zona pianeggiante, caratterizzata da processi morfodinamici legati ai fenomeni


di alluvionamento. La litologia affiorante è ascrivibile ad alluvioni
relativamente recenti, costituita da argille sabbiose, limi sabbie scure con
lapilli e pomici dilavate, lenti ciottolose.

Per quanto riguarda l’aspetto della stabilità territoriale, si denota la quasi


totale assenza di fenomeni franosi in quanto i terreni di tipo pseudocoerente
(argillosi), a cui tali fenomeni sono maggiormente riconducibili, costituiscono una
percentuale assai modesta, rispetto ai terreni maggiormente diffusi nelle zone in
pendio, nonostante una discreta pendenza, una scarsa copertura vegetale,
conseguenza dei ripetuti incendi e la roccia affiorante che rende difficile
l’attecchimento delle giovani piantine, caratterizzanti tali aree.

I terreni della zona agricola, in relazione alla loro origine, possono


classificarsi come alloctoni (vulcanici e alluvionali) nella parte pianeggiante ed
autoctoni nei lembi collinari.

I primi sono costituiti prevalentemente da prodotti eruttivi, rimaneggiati


dalle acque; trattasi pertanto di terreni di medio impasto, tendenti allo sciolto,
silicei, non facili alla costipazione e dotati di attività capillare.

La loro costituzione fisico-chimica è abbastanza favorevole alle colture,


comunque facilmente migliorabile; scarso il tenore calcareo, ma notevole il calcio
scambiabile. Per quanto attiene i macroelementi, detti terreni sono ricchi in
potassio e sufficientemente dotati di fosforo lentamente assimilabile.

Trattasi, pertanto, di terreni alquanto fertili, ma comunque necessitanti di

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adeguate concimazioni ai fini di una intensificazione colturale e di una maggiore


produttività. La loro costituzione è ottima dal punto di vista della possibilità
irrigua, soprattutto in relazione alla loro accentuata capacità idrica.

I terreni autoctoni, poggianti su roccia madre calcarea, si presentano


scarsamente fertili, quasi privi di franco di coltivazione e ricchi di scheletro.

2.5. Clima

Di particolare importanza risulta lo studio dei valori dei parametri climatici


degli ultimi anni nel territorio oggetto del presente studio. Per fare alcune
considerazioni di tipo climatico si è fatto riferimento ai dati relativi agli anni 1999-
2012 pubblicati dal Servizio Agrometeorologico della Regione Campania e rilevati
nella stazione termo-pluviometrica di Vitulazio.

Stazione meteorologica di Vitulazio (Lat. N. 410835 Long. E. 141259 Alt. 25 m s.l.m.)


Periodo di osservazione: 14 anni

TEMPERATURE °C PRECIPITAZIONI
MESE
massime minime medie mm
Gennaio 12,0 4,0 8,0 94,2
Febbraio 12,7 3,7 8,2 75,9
Marzo 15,6 6,0 10,8 106,2
Aprile 20,3 8,8 14,5 82,0
Maggio 25,6 12,8 19,2 49,9
Giugno 29,5 16,5 23,0 50,4
Luglio 31,8 18,6 25,2 22,4
Agosto 32,2 18,9 25,5 22,1
Settembre 28,1 16,2 22,2 74,1
Ottobre 24,0 13,3 18,6 86,7
Novembre 18,4 9,3 13,8 161,4
Dicembre 14,1 5,8 9,9 123,0
TEMP. MEDIE ANNUALI 22,0 11,2 16,6
TOTALE PRECIPITAZIONI 948,3

Dall'esame dei dati delle temperature mensili risulta chiaro che il clima è
tipicamente meso-mediterraneo, caratterizzato da estati calde e siccitose e da
inverni miti e piovosi; mentre le precipitazioni medie annue, pari a circa 950 mm,
risultano scarse nel periodo estivo ed abbondanti e frequenti nel periodo autunno-
invernale con fenomeni temporaleschi, talvolta di notevole intensità.

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Le precipitazioni nevose si manifestano come evento eccezionale,


limitatamente ai rilievi collinari, essenzialmente nei mesi di gennaio e febbraio.

2.6. Inquadramento fitoclimatico

Dal confronto dei parametri termopluviometrici segnalati dalla stazione


meteorologica citata e dall’osservazione della vegetazione arbustiva ed arborea
che copre in prevalenza la parte pedecollinare del territorio di Vitulazio, la zona in
oggetto è compresa, secondo la classificazione Mayr-Pavari, nella fascia
fitoclimatica del: LAURETUM - II Tipo (clima con siccità estiva) sottozona calda e
media.

La vegetazione che domina in questa area è di tipo prettamente


mediterraneo. Si tratta in genere di boschi cedui di leccio, roverella, orniello,
cerro, olivastro e carpino, presenti insediamenti di conifere (pino domestico e pino
d’aleppo) mentre i cespugli possono ascriversi a lentisco, mirto, fillirea, ginestra,
ecc..

La vegetazione reale è quella delle sclerofille sempreverdi, come il leccio,


che è specie caratteristica della macchia mediterranea del piano basale collinare,
simile a tanti altri areali preappeninici su pendici calcaree, delimitate o frammiste
nella parte alta dal carpino nero. In ogni caso la vegetazione si presenta molto
eterogenea per sviluppo e densità, determinate da azioni antropiche, dalle varie
esposizioni e dai vari profili di terreno. La vegetazione arbustiva è prevalente
soprattutto lungo i versanti collinari, dove il soprassuolo arboreo è più rado, per la
scarsa fertilità di questa zona, a causa dei ripetuti incendi che nel corso degli anni
hanno contribuito alla mortificazione della vegetazione, con conseguente riduzione
dello strato di terreno per erosione ed affioramento della sottostante matrice
rocciosa.

Le specie arboree e arbustive prevalenti sono: Acer campestre L., Fraxinus


ornus L., Olea europea var. silvestris, Quercus cerris L., Quercus ilex L., Pinus
pinea L., Pinus pinaster A., Asparagus acutifolius L., Carpinus orientalis Miller,
Cistus salvifolius L., Cytisus scoparius L., Erica scoparia L., Hedera helix L., Laurus
nobilis L., Ligustrum vulgare L..

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3. ECONOMIA E POPOLAZIONE

3.1. La popolazione e la struttura agraria

La Provincia di Caserta si colloca in una delle regioni più densamente


popolate d’Italia e d’Europa, ma anche tra le più squilibrate in termini di
distribuzione territoriale sia della popolazione che delle strutture funzionali
connesse.

Secondo i dati del 15° Censimento della popolazione e delle abitazioni 2011
la popolazione residente nella Provincia è risultata essere di 904.921 abitanti, circa
il 16% della popolazione residente in Campania (5.766.810 ab.).

La densità demografica media della Provincia è piuttosto elevata (oltre 340


ab/kmq a fronte dei circa 197 ab/kmq della media italiana). L’analisi dei dati
riferiti alla popolazione comunale ed alla struttura aziendale sono riportati nei
paragrafi che seguono.

3.2. Consistenza demografica ed occupazionale

Il comune di Vitulazio si estende per una superficie di 2.297 ettari pari allo
0,87% della superficie provinciale. I dati censuari sulla popolazione dal 1861 al
2011, evidenziano una costante crescita dei residenti, più consistente negli ultimi
decenni 1971 - 2011 con una variazione positiva pari al 46,52%.

Anno Residenti Variazione Anno Residenti Variazione

1861 1.419 --- 1951 3.356 +13,3%

1871 1.539 +8,5% 1961 3.328 -0,8%

1881 2.025 +31,6% 1971 3.754 +12,8%

1901 2.465 +21,7% 1981 4.473 +19,2%

1911 2.607 +5,8% 1991 5.234 +17,0%

1921 2.441 -6,4% 2001 5.443 +4,0%

1931 2.786 +14,1% 2011 7.020 +29,0%

1936 2.962 +6,3%

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Andamento della Popolazione residente dal 1861 al 2011

7500
7000
6500
6000
5500
5000
4500
4000
3500
3000
2500
2000
1500
1000
1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011

La causa che ha generato l’incremento demografico è riconducibile


all’attrazione esercitata dal territorio che ha determinato un cospicuo processo
d'immigrazione, alimentato, negli ultimi anni, da un decongestionamento dell'area
napoletana che ha trovato in Vitulazio una sede ideale nelle immediate vicinanze
di Napoli.

La popolazione, al 2011, era di 7.020 abitanti con una densità di circa 306
abitanti per Kmq, di poco inferiore a quella provinciale, che si attesta a circa 343
ab/kmq, e più alta di quella nazionale, pari a 196,8 ab/kmq.

Un’analisi particolareggiata dei dati riferiti all'anno 2011 evidenzia che dei
7.020 abitanti, 3.454 sono maschi, pari al 49,2% della popolazione comunale, allo
0,78% di quella maschile provinciale ed allo 0,38% della popolazione totale della
provincia; e 3.566 sono femmine, pari al 50,8% del dato complessivo comunale, allo
0,77% della popolazione femminile provinciale ed allo 0,39% del totale provinciale.

Analizzando i dati relativi al tasso di occupazione negli ultimi censimenti, si


rileva che l’indice percentuale si attesta al 33% nei periodi 1991 e 2001, mentre si
assiste ad un leggero incremento al 38% nel 2011. Tale dato rispecchia la tendenza
provinciale, che è passata dal 30% al 35% nel medesimo periodo temporale
considerato. È interessante evidenziare il notevole divario esistente tra il grado di
occupazione maschile e femminile che, nel corso degli anni è rimasto pressoché

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invariato intorno al 50%, facendo registrare per il 2011 i valori percentuali di 51,5%
per il livello di occupazione maschile ed il 25,7% per quello femminile. Va infine
ricordato che la popolazione non attiva non è costituita quasi unicamente da
ritirati dal lavoro, come in altri casi, ma conteggia un discreto numero di studenti e
casalinghe.

Indubbiamente Vitulazio non è interessato da fenomeni migratori


determinanti un progressivo invecchiamento della popolazione, probabilmente
grazie alla sua buona condizione geografica ed all’efficiente rete infrastrutturale
che serve il comprensorio del quale fa parte. Esso rientra evidentemente nella
sfera dei centri minori che, collocati nelle vicinanze di zone produttive o comunque
a distanza limitata dai centri più attrezzati e dotati di più agevole accessibilità,
manifestano un’attrazione insediativa anche per nuclei familiari di nuova
formazione.

Popolazioneattiva per ramo di attività

12,60%
34,40%
1991
36,50%
16,50%

8,80% primario
28,60% secondario
2001
45,50% terziario
17,10% commercio

7,40%
21,90%
2011
53,00%
17,70%

L’attività agricola nel Comune manifesta una costante diminuzione nel corso
degli ultimi censimenti, passando dal 12,60% del 1991 al 7,40% del 2011. Il settore
secondario, sviluppatosi negli anni ’60, ha registrato un lento calo negli occupati, a
causa della congiuntura economica negativa che ha comportato la chiusura di
numerose fabbriche locali. Di contro, negli ultimi anni si è registrato un notevole
incremento di addetti nel settore terziario (da 36,5% a 53%) che ha assorbito, in
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parte, l’esodo dai due settori lavorativi sopra menzionati. Appare invece pressoché
costante negli anni (17%) il livello occupazionale nel settore del commercio, anche
se con una inevitabile evoluzione strutturale e logistica degli esercizi commerciali.

La bassa percentuale di addetti in agricoltura probabilmente è da imputare,


così come in tutta la provincia, alla forte concorrenzialità economica esercitata
dagli altri settori produttivi, al punto da determinare la fuoriuscita dal settore
primario di una consistente quota di forza lavoro, nonché a problematiche di
carattere socio economico in quanto il settore primario compensa poco il lavoro
impiegato e viene visto come settore in cui gli addetti sono socialmente inferiore
rispetto ad altri comparti.

3.3. Struttura aziendale

I dati degli ultimi due censimenti dell’agricoltura (2000 - 2010) offrono un


quadro abbastanza significativo sull’evoluzione della struttura aziendale di
Vitulazio.

I dati comunali del 2000 riportano un numero di 360 aziende, pari allo 0,96%
del totale provinciale, mentre la superficie agricola totale con i suoi 1.343,38
ettari, rappresenta lo 0,93% dello stesso dato provinciale e la SAU, pari a 1.284,75
ettari, risulta essere l’1,20% di quella provinciale.

Struttura produttiva (istat 2000)

% rispetto alla
Comune Provincia
Provincia
Numero aziende 360 37.469 0,96
Superficie totale (ha) 1.343,38 144.175,90 0,93
S.A.U. (ha) 1.284,75 106.860,73 1,20

Dimensione media totale 3,73 3,85 ----


Dimensione media S.A.U. 3,57 2,85 ----

I dati del censimento 2010 indicano una significativa flessione in atto nel
settore primario. Rispetto al rilevamento precedente, difatti, il numero delle
aziende è diminuito di quasi 160 unità, attestandosi allo 0,86% del totale
provinciale; la superficie agricola totale, con 1.179,52 ettari, arriva a

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rappresentare lo 0,90% di quella provinciale ed infine, la S.A.U., con 1.111,25


ettari passa all’1,04% dell’intera S.A.U. provinciale.

Struttura produttiva (istat 2010)

% rispetto alla
Comune Provincia
Provincia

Numero aziende 203 23.692 0,86

Superficie totale (ha) 1.179,52 130.388,29 0,90

S.A.U. (ha) 1.111,25 107.359,93 1,04

Dimensione media totale 5,81 5,50 ----

Dimensione media S.A.U. 5,47 4,53 ----

Relativamente alla superficie media aziendale dal 2000 al 2010, essa è


ovviamente aumentata, analogamente al resto della provincia, passando da Ha 3,73
ad Ha 5,81 in termini di superficie totale, con un aumento della SAU da Ha 3,57 ad
Ha 5,47.

A questo punto, prima di procedere ad una ulteriore analisi dei dati


statistici, è opportuno evidenziare due aspetti. In primo luogo è necessario far
notare che la S.A.U. (Superficie Agricola Utilizzata) definisce le aree
effettivamente investite con colture agrarie, al netto delle tare aziendali e delle
utilizzazioni non agricole.

In secondo luogo è da evidenziare che i dati ISTAT, relativi alla superficie


totale ed alla S.A.U. scaturiscono da un rilevamento a mezzo intervista, per la
compilazione della carta dell'uso del suolo queste stesse voci sono state
quantizzate dallo scrivente, previo il riscontro territoriale diretto ed elaborazione
a mezzo di apposito software. Gli elementi statistici, quindi, possono, al di là del
valore del singolo dato, aiutare ad individuare una tendenza in atto nel settore.

Confrontando i dati degli ultimi due censimenti, dal 2000 al 2010, il numero
delle aziende è diminuito, in termini percentuali, di circa il 44%, riduzione più
ampia rispetto a quella registrata a livello provinciale dove il calo si è attestato al
37%.

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Evoluzione della Struttura produttiva (istat 2000/2010)


Variazioni assolute Variazioni percentuali
Comune Provincia Comune Provincia

Numero aziende -157 -13.777 -43,61 -36,77

Superficie totale (ha) -163,86 -13.788 -12,20 -9,56

S.A.U. (ha) -173,50 499 -13,50 0,47

A questo primo elemento ha corrisposto, per il comune in studio, una forte


contrazione della superficie agricola totale del 12,20% ed una analoga riduzione
della S.A.U., pari al 13,50%, mentre il dato provinciale ha subito una flessione più
modesta della superficie totale, pari al 9,56 %, ed una invariazione della S.A.U..

I dati comunali di Vitulazio evidenziano, quindi, una diminuzione del numero


delle aziende e della superficie agricola, e conseguentemente della S.A.U. Questo
elemento sta a significare che probabilmente, oltre all’abbandono di aree
marginali la cui coltivazione è divenuta antieconomica e che ha interessato tutti i
comuni della provincia di Caserta, per il comune di Vitulazio la tendenza
all’abbandono della campagna è un fenomeno più marcato le cui cause vanno
ricercate soprattutto in fattori esogeni a quella che può essere definita la crisi del
settore agricolo che negli ultimi anni ha investito l’agricoltura italiana in genere ed
in misura maggiore quella delle regioni del mezzogiorno.

La sottrazione della superficie agricola alla coltivazione produttiva con


l’aumento di aree incolte potrebbe sortire, a lungo andare, effetti negativi legati
all’abbandono e al degrado. Dette aree potrebbero essere recuperate anche
utilizzando misure d’intervento a favore della forestazione con o senza
l’integrazione del reddito, il che determinerebbe effetti positivi sul territorio in
quanto, consentendo la permanenza di una struttura sociale, si garantirebbe la
conservazione della tipologia paesistica del territorio. La conservazione e la
valorizzazione di tali aspetti paesistici e culturali assume particolare importanza
per il comune di Vitulazio, in quanto esso è inserito in un contesto con ampie
potenzialità agrituristiche, se opportunamente valorizzato.

Il territorio di Vitulazio, così come rilevabile anche in altre aree della


provincia, evidenzia la consistente presenza di aziende agricole di modeste

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dimensioni, infatti al 2010 la classe d’ampiezza fino a 3 Ha ingloba quasi il 50%


delle aziende che interessano solo il 12% della superficie agricola del Comune,
mentre le aziende di ampiezza superiore ai 5 ha rappresentano il 34% del totale,
con il 76% della superficie agricola.

Numero di aziende e SAU per classi di SAU (istat 2000-2010)


Aziende SAU (ha)
Classi di SAU
Differ. Differ. Differ. Differ.
2000 2010 2000 2010
assol. perc. assol. perc.
< di 1 ha 136 39 97 - 71,32 65,30 23,02 42,28 - 64,75
da 1 a 2 ha 80 34 - 46 - 57,50 113,25 46,19 - 67,06 - 59,21
da 2 a 3 ha 37 27 - 10 - 27,03 90,24 66,93 - 23,31 - 25,83
da 3 a 5 ha 33 34 1 3,03 129,74 132,31 2,57 1,98
da 5 a 10 ha 49 35 - 14 - 28,57 336,21 240,80 - 95,41 - 28,38
da 10 a 20 ha 14 26 12 85,71 183,68 351,58 167,90 91,41
da 20 a 50 ha 10 8 -2 - 20,00 290,70 274,89 - 15,81 - 5,44
> di 50 ha 1 0 -1 - 100,0 75,63 0,00 - 75,63 - 100,0
TOTALI 360 203 1.284,75 1.135,72

Il dato più significativo riguarda comunque le classi d’ampiezza che vanno da


3 a 5 ha e da 10 a 20 ha che registrano un leggero incremento dal 2000 al 2010
analogamente alla tendenza provinciale.

A tal proposito è quindi opportuno osservare che per quanto attiene la


struttura complessiva del settore esso è costituito da piccole aziende che, in linea
con i dati provinciali, denunciano l’esiziale fenomeno della polverizzazione
aziendale anche se è possibile rilevare l’esistenza di un processo di accorpamento
aziendale seppure molto ridotto. Esiste quindi una coerenza fra i dati relativi alla
dimensione media e quelli concernenti la ripartizione delle aziende per classi di
ampiezza, ed emerge l'esigenza, anche qui, di una riforma fondiaria che, tutelando
gli interessi degli imprenditori, intervenga strutturalmente ad organizzare l’intero
tessuto produttivo su livelli di efficienza economica tali da garantire la permanenza
di queste aziende nel settore.

Per quanto attiene le forme di conduzione, i dati del 2010 indicano che ben
il 95% delle aziende sono a conduzione diretta. Il dato in se rappresenta
l’espressione più evidente di una tendenza in atto della affermazione delle aziende
a conduzione diretta del proprietario coltivatore che impiega solo manodopera
familiare rispetto a forme di conduzione che prevedono l’impiego di forza lavoro
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esterna all’azienda (5%). Ciò in effetti conferma complessivamente quanto già


emerso con il censimento del 2000 (79%), ma è possibile rilevare alcune modifiche
nella struttura interna del dato.

Numero di aziende e relativa superficie per forma di conduzione (istat 2000-2010)


Aziende SAU (ha) SAT (ha)
Forma di
conduzione Differ. Differ. Differ.
2000 2010 2000 2010 2000 2010
perc. perc. perc.
Conduzione
diretta del 285 193 - 32,28 991,83 990,45 - 0,14 1034,40 1045,00 1,02
coltivatore
Conduzione
75 9 - 88,00 292,92 119,70 - 59,14 308,98 133,40 - 56,83
con salariati
Altra forma
di 0 1 100,00 0,00 1,10 100,00 0,00 1,12 100,00
conduzione
TOTALI 360 203 1.284,75 1.111,25 1.343,38 1.179,52

Infatti, sebbene dal 2000 al 2010, la riduzione ha interessato sia le aziende


solo con manodopera familiare che quelle con salariati, il secondo dato, che
percentualmente è pari ad una diminuzione di - 88%, è nettamente superiore al
dato che riguarda le aziende in cui è impiegata solo manodopera familiare (- 32%).

Se lo stesso dato viene analizzato in termini di superficie totale, si rileva un


diverso andamento nella variazione, caratterizzato da un incremento dell’1% nella
superficie delle aziende che utilizzano solo manodopera familiare e da una
diminuzione del 57% per le aziende che utilizzano salariati. Si registra, infine, la
timida comparsa di aziende a conduzione capitalistica, associata alle maggiori
classi di superficie che, come detto, derivano da un lento processo di
accorpamento aziendale.

Confrontando questi ultimi dati è possibile rilevare due diverse tendenze: il


graduale passaggio dell’azienda contadina da una gestione full-time ad una part-
time e il passaggio dalla conduzione contadine a quella capitalistica per le aziende
di dimensioni medio-grandi. Questi graduali passaggi da un sistema di gestione ad
un altro sono anche da riferire alle opportunità occupazionali offerte da altri
settori economici a quei componenti della famiglia contadina che tradizionalmente
lavoravano esclusivamente in azienda.

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3.4. Consistenza zootecnica

Da una prima analisi dei dati Istat che riguardano le variazioni nel settore
zootecnico nel decennio 2000-2010 emerge una analoga riduzione nel numero di
aziende bovine e nel numero di capi allevati nella zona (- 9 unità).

Se invece analizziamo i dati riguardanti l’allevamento bufalino, ci


accorgiamo come, nel periodo in esame, pur restando invariato il numero di
aziende che allevano bufale, il numero di capi in esse allevato è più che
raddoppiato (2.735 nel 2010 contro 1.136 nel 2000).

Allevamenti per principali categorie di bestiame (istat 2000-2010)


Numero aziende Numero di capi N. medio di capi per azienda
Categorie di
bestiame Differ. Differ.
2000 2010 2000 2010 2000 2010
assol. assol.
Bovini 16 7 -9 312 303 - 9 19,50 43,29
Bufalini 13 13 0 1.136 2.735 1.599 87,38 210,38
Equini 3 2 -1 3 53 50 1,00 26,50
Avicoli 11 0 -11 5.318 0 -5.318 483,45 0,00
Ovini 0 2 2 0 120 120 0,00 60,00
Suini 11 0 -11 34 0 - 34 3,09 0,00

Difatti l’allevamento bufalino ha dimostrato di poter essere elemento


trainante dell’economia zootecnica provinciale e regionale, grazie alla notevole
richiesta di mercato del formaggio mozzarella di bufala che, con il riconoscimento
della DOP, sta attraversando una fase di incremento nei consumi.

Per quanto riguarda il comune di Vitulazio la pianura occidentale è stata


storicamente interessata dalla presenza dell’allevamento bufalino e la successiva
bonifica idraulica, guadagnando all’agricoltura questi terreni, ha comportato una
flessione nell’allevamento bufalino a favore dell’alternativa ortofrutticola. Oggi
che quest’ultimo settore, unitamente a quello tabacchicolo, presenta un periodo di
stasi economica, l’allevamento bufalino, liberato dal concetto di marginalità a cui
esso era associato, può rappresentare una valida alternativa economica nell’area in
esame.

Dall’analisi dei dati appena riportati, appare evidente come nel decennio si
sia avuta una forte “industrializzazione” del settore zootecnico che ha riguardato
soprattutto l’allevamento bufalino; infatti, a fronte di una riduzione nel numero di

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aziende bovine si registra una significativa affermazione dell’allevamento bufalino,


il cui dato più interessante si legge nel numero medio di capi per azienda che è
passato da 87,38 a ben 210,38 capi per azienda; ciò dimostra la tendenza in atto
dell’ammodernamento strutturale degli allevamenti zootecnici particolarmente
sentito nel settore bufalino, sospinto anche dalla sempre maggiore espansione
delle quote di mercato conquistate dalla mozzarella e dalla forte limitazione alla
crescita nel settore imposta dalle quote latte per il gli allevamenti bovini.

La ridotta dimensione aziendale potrebbe rappresentare il principale


elemento d’ostacolo per un ulteriore sviluppo del settore zootecnico nel territorio
comunale di Vitulazio, in quanto, l’ambiente nel suo complesso ed il buon livello di
produttività delle foraggere, potrebbero, invece, consentire un’ottima
affermazione del settore, anche rispetto ad altri indirizzi produttivi.

Risultano economicamente poco significative o a carattere familiare le altre


categorie di allevamento rilevate.

4. USO AGRICOLO DEL SUOLO

Il territorio comunale, come già precedentemente detto, ha una superficie


territoriale di 2.297 ettari. L’allegata planimetria, costituita da tre tavole in scala
1:5.000, mostra la ripartizione del territorio di Vitulazio; essa è stata redatta
partendo dalla C.T.R. territoriale ed effettuando, in prima battuta, una
fotointerpretazione delle ortofoto satellitari, con successive puntuali verifiche a
terra che hanno interessato l’intero territorio comunale al fine di accertare la
classe di coltura e contestualmente rilevare la tipologia colturale internamente alla
classe stessa. Una volta terminate le verifiche di campagna si è proceduto alla fase
di calcolo con la determinazione dell’estensione superficiale di ogni singola coltura
individuata, che risulta essere reale da riscontro analitico, a differenza dei dati
statistici che, come già detto, scaturiscono da interviste. I risultati di tale lavoro
sono riportati di seguito.

Le grandi tare costituite dal centro abitato, dalle strade, dai fossi, dai
canali, dalla ferrovia, dalle aree industriali, ecc., coprono una superficie di 374
ettari, pari al 16,3% della superficie territoriale.

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RIPARTIZIONE DEL TERRITORIO

%
Superficie (ha) %
S.A.U.
SUPERFICIE TERRITORIALE 2.297 --- ---

- GRANDI TARE (aree urbane, strade, ferrovie, ecc.) 374 16,3 ---

- Cave 23 1,0 ---

- Aree collinari cespugliose e rocciose 69 3,0

- SUPERFICIE AGRICOLA TOTALE (S.A.T.) 1.831 79,7 ---

a) Tare aziendali (6% della S.A.T.) 110 --- ---

b) Superficie Agricola Utilizzata (S.A.U.) 1.721 --- ---

1) Frutteti 437 --- 25,40

2) Seminativi irrigui 288 --- 16,71

3) Seminativi e seminativi arborati 632 --- 36,70

4) Oliveti 26 --- 1,53

5) Vigneti 18 --- 1,04

6) Prati e pascoli 316 --- 18,35

7) Colture protette 5 --- 0,27

La parte settentrionale del comune è rappresentata dalla superficie collinare


che è coperta da specie arbustive ed erbacee per un totale di 69 ettari, pari al 3%
della superficie territoriale; pertanto la superficie territoriale al netto della zona
collinare è pari ad ettari 2.228.

Nel territorio di Vitulazio sono poi presenti delle cave di estrazione in roccia,
ormai dismesse, localizzate ai piedi della collina; l’estensione di queste cave è di
circa 23 ettari, corrispondenti all’1% della superficie comunale.

Pertanto, la superficie agricola totale, data dalla differenza fra la superficie


territoriale e le tre zone più sopra indicate (grandi tare, collina e cave), si estende
per 1.831 ettari pari al 79,7% della superficie territoriale. La suddetta superficie
agricola totale è pari alla superficie agricola aziendale.

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Detraendo dalla superficie agricola totale le tare aziendali, costituite da


fabbricati rurali, strade poderali, scoline, capifossi, ecc., stimate intorno al 6%
della stessa, per un totale di ettari 110, si perviene alla superficie agricola
utilizzata (S.A.U.) pari a 1.721 ettari.

La superficie agricola aziendale si estende per lo più nella zona pianeggiante


e pedecollinare del territorio comunale, così come evidenziato nelle tavole
allegate.

Per un esame più particolareggiato, si ritiene opportuno fare alcune


considerazioni sulle singole zone individuate e differenziabili per le tipologie
colturali adottate.

RIPARTIZIONE DELLA S.A.U. PER COLTURE RISCONTRATE

% Rispetto alla
%
COLTURE Superficie (Ha) Superficie
S.A.U.
Territoriale

1) Frutteti 437 25,40 19,03

2) Seminativi irrigui 288 16,71 12,52

3) Seminativi e seminativi arborati 632 36,70 27,50

4) Oliveti 26 1,53 1,15

5) Vigneti 18 1,04 0,78

6) Prati e pascoli 316 18,35 13,75

7) Colture protette 5 0,27 0,20

TOTALE S.A.U. 1.721 100,00 74,93

a) I frutteti occupano una superficie di ettari 437 pari al 25,40% della S.A.U..
Detta superficie corrisponde al 19% della superficie territoriale. Tale area è
caratterizzata prevalentemente dalla presenza di frutteti specializzati con sesti
d’impianto regolari, coetaneità delle piante e ciò indica il ricorso ad una tecnica
colturale adeguata alle esigenze di una frutticoltura moderna. Le specie prevalenti
sono essenzialmente il pesco, seguito poi da melo, albicocco, susino, ciliegio e
actinidia.

b) I seminativi irrigui occupano una superficie complessiva di 288 ettari, pari


a circa il 17% della S.A.U. ed al 12,52% della superficie territoriale. Questo

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indirizzo produttivo, è caratterizzato essenzialmente da foraggere pluriennali quali


erba medica e da foraggere estive quale il mais sia da granella che da insilato; in
misura minore seguono colture intensive da industria quali possono essere il
tabacco, il pomodoro ed ortive da mensa.

c) I seminativi asciutti ed i seminativi arborati si estendono su 632 ettari pari


a quasi il 37% della S.A.U. ed al 27,50% della superficie territoriale. Questo
indirizzo produttivo è generalmente caratterizzato dalla presenza di colture a ciclo
autunno–vernino quali il frumento e l’avena che possono essere intercalate con
brassicacee. Come da antica tradizione, gli appezzamenti di terreno a seminativo
sono circondati lungo il perimetro da colture arboree agrarie, quasi esclusivamente
costituite da olivi annosi ed in misura minore dal noce, posti a coronamento della
proprietà. Sfruttando gli ampi spazi di coltivazione di tecniche agrarie del passato
possono così coesistere ancora sullo stesso terreno due diverse coltivazioni,
costituenti i seminativi arborati, oggi non più praticati da una agricoltura razionale
ed intensiva.

d) Gli oliveti occupano una superficie di 26 ettari pari all’1,53% della S.A.U.
ed all’1,15% della superficie territoriale. In detta tipologia colturale riscontriamo
sia gli oliveti di vecchio impianto che quelli di recente piantagione. I primi, molto
vigorosi, a sesto largo ed irregolare, solo negli ultimi anni, hanno avuto delle
potature di formazione per abbassare la chioma e far fronte alla problematica della
raccolta; gli oliveti di nuovo impianto a sesto più stretto e con piante a vigoria
contenuta, talvolta irrigui, rispettano le nuove tecniche colturali per far fronte alla
riduzione dei costi di manodopera per la raccolta e la potatura.

e) I vigneti occupano una superficie di 18 ettari pari all’1,04% della S.A.U. ed


allo 0,78% della superficie territoriale. Si tratta per lo più di vigneti di moderna
concezione con varietà pregiate innestate su portinnesti brachizzanti che meglio si
adattano alle forme di allevamento in filari che consentono la massima
meccanizzazione in questo settore; tra queste forme di allevamento va ricordato il
tipo a cordone speronato che consente vantaggi agronomici quali il massimo
arieggiamento ed insolazione per ridurre i rischi dello sviluppo di patologie fungine
(peronospora e botritis) e vantaggi economici con riduzione dei costi di
coltivazione.

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f) I prati e pascoli occupano una superficie di 316 ettari pari al 18,35% della
S.A.U. ed al 13,75% della superficie territoriale. Sono prevalentemente localizzati
nella porzione sud e sud-occidentale dell’area territoriale, nei pressi delle aziende
zootecniche, caratterizzati da terreni su cui viene esercitato solo saltuariamente il
pascolo. La maggior parte dell’uso del suolo di questa categoria colturale è
destinata a prati polifiti per la produzione foraggera, sia fresca che insilata,
riutilizzata in azienda per l’alimentazione del bestiame allevato.

g) Si rilevano infine 5 ettari destinati a colture protette, costituenti lo 0,27%


della S.A.U. e lo 0,20% della superficie comunale, caratterizzati da strutture più o
meno specializzate, destinate in prevalenza alla coltivazione di ortaggi a ciclo
intensivo.

Alcuni degli indirizzi produttivi interessanti la S.A.U. di Vitulazio sono


caratterizzati da un’alta richiesta di manodopera. In tal senso si fa riferimento ai
frutteti ed ai vigneti. Per quanto riguarda le colture intensive di pieno campo,
queste pur avendo un’elevata esigenza in manodopera, trattandosi di una
superficie percentualmente bassa rispetto ai seminativi irrigui, sono state
classificate unitamente ai seminativi irrigui.

GRADO DI ATTIVITA'

Grado di Grado di
Superficie
COLTURE % attività/Ha attività totale %
(Ha)
Giornate/Ha Giornate totali

1) Frutteti 437 25,40 70 30.597 61,01

2) Seminativi irrigui 288 16,71 40 11.506 22,94

3) Seminativi e seminativi arborati 632 36,70 6 3.790 7,56

4) Oliveti 26 1,53 40 1.053 2,10

5) Vigneti 18 1,04 60 1.072 2,14

6) Prati e pascoli 316 18,35 6 1.895 3,78

7) Colture protette 5 0,27 50 235 0,47

TOTALE 1.721 100,00 29,14 50.147 100,00

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Come risulta evidente, queste due colture richiedono un numero di giornate


ad ettaro molto più alto rispetto a quanto richiesto dalle altre produzioni: 70
giornate per i frutteti, 60 giornate per i vigneti a fronte di 40 giornate per i
seminativi irrigui ed oliveti, a distanza si collocano i seminativi asciutti con appena
6 giornate ad ettaro.

Complessivamente la stima del grado di attività richiesto dagli indirizzi


produttivi in atto ammonta a n. 50.147 giornate/anno, mentre per ettaro, essa è
pari a circa 29 giornate/anno (media ponderata).

Questi dati lasciano comprendere quante persone sono impegnate


nell’attività del settore primario, benché molto spesso si tratta di manodopera non
specializzata, di impiego part-time o di lavoro svolto in subordine all’impiego
principale.

5. PRODUZIONE LORDA VENDIBILE

La Produzione Lorda Vendibile (P.L.V.) costituisce la produzione che


l’imprenditore può immettere sul mercato senza alterare il normale funzionamento
dell’azienda agraria. Viene detta lorda in quanto al lordo dei costi di produzione;
viene detta vendibile e non venduta in quanto sono compresi anche quei prodotti
che non sono venduti poiché consumati in azienda dall’imprenditore e dalla sua
famiglia.

Ai fini della presente relazione la P.L.V. è importante in quanto la normativa


urbanistica, come indicato in premessa, mira a proteggere e salvaguardare i suoli
particolarmente produttivi. Molto interessante, dal punto di vista socio-economico
è quindi la valutazione per le singole colture della P.L.V., in quanto essa indica il
livello del reddito agricolo del Comune. Solo per memoria si ricorda che la P.L.V.
viene espressa in €/Ha ed indica in termini economici il valore del prodotto
realizzato su un ettaro di superficie per il suo prezzo di mercato al lordo dei costi.

La determinazione del reddito agricolo pone diverse difficoltà, non solo per
le fonti di dati disponibili, ma anche dal punto di vista metodologico. Ciò
nonostante si è cercato, attraverso l’esame e l’elaborazione di tutti i dati
disponibili, di valutare un risultato quanto più obiettivo possibile.

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Il livello di reddito realizzabile in agricoltura è l’elemento discriminante, ed


oggi ancora più di ieri, nella scelta fra la permanenza e l’abbandono del settore da
parte degli agricoltori. Logicamente accanto a tale motivazione esiste anche quella
dovuta alle carenti condizioni di vita, in cui operano gli addetti in agricoltura,
molte volte ancora lontane dal soddisfare le moderne esigenze sociali.

PRODUZIONE LORDA VENDIBILE

Superficie P.L.V./Ha P.L.V. Totale


COLTURE %
(Ha) € €

1) Frutteti 437 6.185,00 2.703.463,50 55,83

2) Seminativi irrigui 288 3.350,00 963.594,00 19,90

3) Seminativi e seminativi arborati 632 1.500,00 947.520,00 19,57

4) Oliveti 26 3.000,00 78.960,00 1,63

5) Vigneti 18 4.400,00 78.584,00 1,62

6) Prati e pascoli 316 150,00 47.376,00 0,98

7) Colture protette 5 4.850,00 22.795,00 0,47

TOTALE 1.721 2.813,42 4.842.292,50 100,00

La produzione vendibile totale del territorio comunale nell’anno in corso è


stata pari ad € 4.842.292,50. Nella tabella precedente sono riportate le produzioni
lordo-vendibili per coltura con la P.L.V. totale per zone omogenee.

In rapporto alla superficie, la media ponderata, data dal rapporto tra la


P.L.V. agraria e la S.A.U., risulta pari ad € 2.813,42 per ettaro di superficie
produttiva, con punte nelle zone a frutteti di oltre € 6.000,00/Ha, seguita dai
vigneti e dalle colture protette. A breve distanza si posizionano i seminativi irrigui
e gli oliveti con valori vicini ad € 3.000,00/Ha.

Più specificatamente si rileva quanto segue:

a) I frutteti hanno una produzione lorda vendibile totale di € 2.703.463,50

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pari ad una P.L.V./Ha di € 6.185,00. Questo tipo di coltivazione contribuisce alla


formazione del reddito lordo andando ad incidere per il 55,83% sull’intera
produzione lorda vendibile comunale. La P.L.V. dei frutteti è determinata
prevalentemente dalle coltivazioni di pesco e melo.

b) I seminativi irrigui presentano una produzione lorda vendibile totale di €


963.594,00 pari ad una P.L.V./Ha di € 3.350,00. In termini percentuali con circa il
20% della P.L.V. rappresentano la seconda voce dell’intera superficie agraria. Va
considerato che in detta classe rientrano sia le foraggere che notoriamente hanno
una P.L.V. più bassa che ortive da industria e da mensa che spuntano una P.L.V.
molto più alta.

c) I seminativi asciutti ed arborati presentano una incidenza percentuale


nella formazione della produzione lorda vendibile analoga a quella dei seminativi
irrigui, non tanto per il dato unitario (€/Ha 1.500,00) quanto per la maggiore
estensione superficiale destinata a questo tipo di coltura (P.L.V. totale €
947.520,00).

d) Gli oliveti raggiungono una produzione lorda vendibile totale di €


78.960,00 prodotta su circa 26 ettari con una media, quindi, di € 3.000,00 per
ettaro. In termini percentuali la produzione degli oliveti costituisce circa l’1,63%
dell’intera P.L.V.

e) I vigneti costituiscono circa l’1,62% della P.L.V. totale con un valore di €


78.584,00, occupano circa 18 ettari dell’intera S.A.U., presentando una produzione
di € 4.400,00 ad ettaro.

f) I prati e pascoli rappresentano una quota di 316 Ha della S.A.U. con una
produzione lorda vendibile fornita non significativa. Infatti partecipano alla
formazione della P.L.V. totale del territorio soltanto per lo 0,98%, pari ad €
47.376,00, con una produzione ad ettaro di € 150,00.

g) Le colture protette, con una superficie di 5 ettari incidono nella


formazione della P.L.V. totale per € 22.795,00, pari ad € 4.850,00 per ettaro.
Trattasi di coltivazioni superficialmente marginali, che di conseguenza incidono
solo per lo 0,47% alla formazione della P.L.V. comunale.

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6. CONSIDERAZIONI SOCIO-ECONOMICHE E PROSPETTIVE DI SVILUPPO DEL


TERRITORIO

In un’ottica di sviluppo socio-economico di un territorio è necessario, prima


dell'individuazione delle specifiche ipotesi d'intervento, fissare metodologicamente
gli obiettivi che si intendono perseguire.

Obiettivo principale di sviluppo del settore primario è quello della


valorizzazione delle vocazioni produttive del territorio soprattutto in un sistema
agrario, quale quello di Vitulazio, dove, nonostante la forte competizione
esercitata dagli altri settori economici, sono presenti numerosi elementi vitali di
sviluppo su cui fondare una sua reale evoluzione. Tale azione, innanzitutto
programmatoria e pianificatoria, diventerebbe a sua volta strumento capace di
esercitare positivi effetti socio-economici sia in termini di tutela del territorio che,
infine, di recupero funzionale e paesaggistico del patrimonio edilizio esistente.

Territorio e patrimonio edilizio, rappresentano infatti due variabili


strettamente correlate e ad un'ottica di semplice tutela fisica, va sostituito,
quindi, un approccio metodologico integrato che consenta l'individuazione di tutte
le attività produttive presenti, caratterizzanti il territorio. I dati esposti nell'analisi
statistica, così come verificabile in molti altri ambienti agrari campani, soprattutto
laddove più alta è la densità demografica e più importanti sono gli insediamenti
industriali, evidenziano come nella struttura economica agraria di Vitulazio sia
presente la tendenza alla frammentazione aziendale (diminuzione della dimensione
media aziendale), spesso associata alla polverizzazione aziendale (riduzione
dell'azienda agraria in più corpi fondiari a volte distanti l'uno dall'altro), proprio
laddove la produttività è più alta.

Immediate conseguenze di tale fenomeno, anche per la mancanza di una


accorta politica fondiaria, sono le maggiori difficoltà dell'impresa ad adeguarsi alle
esigenze di mercato, i più alti costi di produzione, da essa registrati, per
l'impossibilità di raggiungere adeguate economie di scala e quindi una più bassa
produttività dei fattori impiegati.

In attesa di un ampio e coerente riordino fondiario, è comunque opportuno


operare affinché la sottrazione dei suoli agricoli e la continua loro destinazione ad

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altri usi, non avvenga più in forma indiscriminata. Il perdurare di un tale stato di
cose, infatti, potrebbe comportare la riduzione del potenziale economico del
settore agrario nel suo complesso, sia esso visto sotto l'aspetto produttivo ed
occupazionale (ordinamenti e tecniche colturali) che sotto quello paesaggistico.

Ora, nel momento in cui vengono ipotizzati degli interventi territoriali, è


necessario far riferimento ad un modello di sviluppo sostenibile che, partendo dalla
piena conoscenza del territorio, giunga alla corretta valorizzazione delle risorse
umane ed ambientali presenti. E' in questo contesto tecnico conoscitivo, che la
carta dell'uso del suolo assume un ruolo discriminante nelle scelte di pianificazione
territoriale e nell’individuazione delle ipotesi di sviluppo di un’area.

Numerose sono le funzioni socio-economiche svolte dal settore agricolo.


Prima fra tutte è quella economica direttamente collegata alla produzione di beni,
di occupazione e quindi di reddito, ed indirettamente attivante un interessante
indotto nei settori a monte (produzione dei fattori di produzione) ed a valle
(commercializzazione e/o trasformazione del prodotto fresco o trasformato).

Il notevole progresso tecnologico, (meccanico, chimico, informatico),


registrato dal comparto agricolo dal dopoguerra ad oggi, associato alla crescente
domanda di prodotti con un alto valore aggiunto, approfondendo ed allargando i
rapporti intersettoriali fra l'agricoltura e gli altri settori economico-produttivi,
attiva un notevole indotto economico ogni qual volta vengono realizzati
investimenti in agricoltura.

Ogni intervento nelle aree rurali deve, quindi, cogliere quella funzione
globale che il settore agricolo possiede. In un'area, quale quella di Vitulazio, dove
elevate sono le caratteristiche di fertilità chimico-fisica del terreno, una variazione
nell'uso del suolo, fermo restando i necessari investimenti infrastrutturali,
comporta alti costi di sottrazione sia in termini di definitiva perdita produttiva, che
di maggiori costi di produzione a seguito dei più alti oneri di gestione connessi alla
frammentazione aziendale, sia, infine, in termini di maggiore impatto ambientale
che i settori extragricoli hanno sulle risorse acqua, aria e sottosuolo.

Alla luce di queste considerazioni, e sulla scorta delle risultanze emerse


dalla compilazione della carta dell’uso del suolo appare alquanto complessa la

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proposizione di future linee di sviluppo del settore primario nel territorio in esame.

All’elevata fertilità dei suoli si contrappone difatti un elevato livello di


polverizzazione aziendale associato ad un ampio ricorso al part-time.

Una prima soluzione potrebbe essere rappresentata dalla diffusione e


razionalizzazione dei nuovi impianti frutticoli, indirizzati soprattutto verso le
tipologie melo e kiwi che non risentono delle criticità economiche legate alla
sovraproduzione, caratterizzante altre specie fruttifere.

Pur di evitare le basse rese economiche di alcuni comparti agricoli, sarebbe


auspicabile la messa a riposo dei terreni che nella fattispecie potrebbe associarsi
alla coltivazione di foraggere miglioratrici. Un maggiore sviluppo della
foraggicoltura potrebbe associarsi a nuovi investimenti nel settore zootecnico,
particolarmente bufalino ed ovino. Anche in questo caso la fase produttiva
dovrebbe essere collegata secondo una logica di filiera con i settori a valle della
trasformazione e commercializzazione, e la produzione lattiero casearia indirizzata
particolarmente all’esportazione verso i mercati europei.

In associazione alle coltivazioni agrarie, sarebbe interessante vedere lo


sviluppo di attività collaterali come l’agriturismo o più in generale la ricettività
turistica rurale.

Tale attività, collegata a quella principale della coltivazione agraria,


potrebbe innescare una sinergia positiva data dal recupero e dalla valorizzazione di
alcune interessanti tipologie costruttive rurali della prima metà del secolo scorso e
dalla integrazione del reddito per l’attrazione di flussi turistici cittadini che, nelle
zone rurali cercano un’oasi di salubrità e di tranquillità oltre che di bellezza del
paesaggio e di ricerca di prodotti tipici locali.

Ultima proposizione per lo sviluppo del settore primario nel territorio in


esame, proprio in considerazione delle caratteristiche strutturali delle aziende,
potrebbe essere l’arboricoltura da legno. Tale attività non deve essere vista come
un’alternativa valida esclusivamente in terreni poveri e marginali bensì in una
pianura fertile può evidenziare tutte le sue potenzialità produttive.

In un ambiente agrario quale quello di Vitulazio dove la monocoltura si è


ripetuta a sé stessa per troppi anni il ricorso all’arboricoltura da legno potrebbe

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garantire un intelligente sfruttamento delle risorse naturali soprattutto in termini


di conservazione della fertilità dei suoli. I livelli di produttività degli impianti
realizzati in terreni fertili pianeggianti ed irrigui possono raggiungere adeguati
livelli di convenienza economica in quanto presentano una minore incidenza dei
costi di taglio ed esbosco. Incentivare infine il ricorso all’arboricoltura da legno in
aree di pianura migliora il paesaggio e l’ambiente anche per la capacità di tali
sistemi di immagazzinare l’anidride carbonica dell’atmosfera, riducendo l’impatto
dell’effetto serra.

Appare interessante ricordare che sono di imminente pubblicazione le misure


di finanziamento del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 da parte della
Regione Campania, rappresentanti un importante strumento di programmazione ed
una vera e propria linfa per le imprese agricole che necessitano di effettuare
investimenti strutturali per aumentare la loro competitività aziendale.

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7. CONCLUSIONI

La legge regionale n. 16/04 sul governo del territorio campano ha tra i suoi
punti essenziali la chiara definizione dei livelli di pianificazione territoriale ed
urbanistica.

Con questa legge, la carta dell’uso agricolo del suolo diviene un elaborato
tecnico a livello comunale, che acquisisce una grande rilevanza per la scelta delle
aree da destinare all’espansione residenziale e agli impianti produttivi, nonché per
l’individuazione delle aree agricole particolarmente produttive; attraverso il
vincolo di inedificabilità introdotto dall’art. 23, viene rafforzata la norma di tutela
delle aree agricole particolarmente produttive. Detto strumento per il comune di
Vitulazio, appare, sulla scorta delle risultanze verificate, un’esigenza tecnico-
politica di primaria importanza.

L’agricoltura nel territorio di Vitulazio attualmente costituisce un settore


produttivo che potremmo definire secondario in ordine all’incidenza sul sistema
economico sociale dell’intera città. Sotto il profilo occupazionale infatti la forza
lavoro nel settore primario incide marginalmente sul totale della popolazione
attiva. Da questi dati, meglio analizzati nei precedenti capitoli è evidente che il
settore agricolo di Vitulazio, se da un lato è caratterizzato da una rilevanza
limitata per l’economia, rispetto alla media degli altri comuni della provincia di
Caserta, dall’altro non va trascurato l’aspetto occupazionale e l’indotto, nei settori
a monte e a valle dell’agricoltura, che porta tutto il complesso delle attività ad
incidere in modo significativo sul totale degli occupati.

Nel tempo, per effetto soprattutto della notevole perdita di superficie


agricola nelle zone più fertili del territorio, il settore agricolo ha subito una
flessione anche in considerazione del richiamo esercitato sugli impiegati in
agricoltura dall’affermarsi, negli anni ‘70, di nuove alternative occupazionali
nell’industria e nel settore terziario, mentre è oggi in fase di stabilizzazione.

Al suo interno comparti tradizionali come la frutticoltura si sono


ridimensionati, mentre sono cresciuti comparti dinamici come la zootecnia.

In campo zootecnico l’espansione degli allevamenti bufalini, con tutta la sua


filiera, ha compensato il calo di quelli bovini.

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Le risorse impiegate nel settore agricolo, in linea con quanto avvenuto per
l’intera regione Campania, hanno fatto registrare negli anni ‘90 una performance,
in termini di redditività, decisamente negativa, dovuta soprattutto all’andamento
della produzione che in termini reali è calata in maniera sostanziale.

Ciò in netta controtendenza con i risultati produttivi delle altre agricolture


del Mezzogiorno e di quella nazionale. A determinare tale situazione sono state
soprattutto le performance negative delle colture industriali, della frutta e, sia
pure in misura più contenuta, delle patate e ortaggi; risultati negativi che non sono
stati compensati pienamente dall’ottima tendenza delle produzioni zootecniche.

In relazione ai fenomeni appena richiamati, la struttura dell’offerta agricola


risulta profondamente modificata. Le produzioni zootecniche, ed in particolare
l’allevamento bufalino, hanno fatto registrare una rilevante affermazione sui
settori tradizionali dell’agricoltura locale quali frutticoltura e colture intensive, in
prevalenza tabacco.

Tale dinamica appare ancora più interessante se si guarda alla posizione e ai


cambiamenti relativi alle singole produzioni per le quali l’agricoltura di Vitulazio
risulta essere maggiormente specializzata, quali frutta e piante industriali, mentre
migliorano la loro posizione il latte e la mozzarella.

Gli andamenti produttivi dei vari comparti possono essere spiegati come
segue:

- la buona performance delle produzioni zootecniche è dovuta


essenzialmente al comparto bufalino;

- il ridimensionamento delle colture industriali è attribuibile soprattutto al


calo delle coltivazioni di tabacco;

- la crisi del comparto frutticolo può in parte collegarsi al


ridimensionamento del sostegno dei prezzi che ha portato all’abbandono della
produzione da parte delle aziende meno competitive.

- il comparto della trasformazione dei prodotti agricoli è caratterizzato da


una forte stagionalità, da strutture produttive generalmente di modeste o di medie
dimensioni, ed è dominato dall’industria che opera nella trasformazione dei

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prodotti.

La perdita di importanza del settore agricolo è rappresentata altresì dal


processo di urbanizzazione e dalla mancanza di una politica territoriale che hanno
eroso la superficie agricola del territorio, soprattutto nelle aree migliori.

La superficie agricola è stata, nel tempo, ridimensionata da vari fenomeni


quali, anzitutto, l’urbanizzazione e la destinazione di ampie aree ad attività
produttive facenti parte dei settori secondario e terziario.

Come abbiamo avuto modo di constatare dall’analisi dei dati statistici, le


unità produttive hanno fatto registrare, nell’ultimo decennio, un calo che, essendo
stato mediamente di entità maggiore rispetto a quello osservato per la superficie,
si è tradotto in un aumento della dimensione media aziendale. Si tratta quindi di
un meccanismo automatico che ha comportato una selezione delle aziende più
competitive e vitali che, soprattutto grazie alla loro dimensione possono realizzare
nel processo produttivo delle economie tali da consentire margini soddisfacenti.

In definitiva, l’agricoltura di Vitulazio, in conseguenza di una pronunciata


differenziazione negli ordinamenti colturali attuati e della delicata fase di
transizione che sta caratterizzando questo settore anche a livello regionale e
nazionale, si presenta in modo molto articolato per quanto riguarda sia gli aspetti
produttivi e le funzioni espresse nei confronti del sistema economico-sociale e
territoriale nel suo insieme.

Scaturisce da ciò l’esigenza di interventi quanto più correlati possibile


rispetto, sia alle necessità espresse dal mondo agricolo, che all’obiettivo di
contribuire al riequilibrio del sistema.

Dall’analisi effettuata nel capitolo relativo alle considerazioni


socioeconomiche si può evincere che le linee di intervento vanno dalla
riqualificazione degli attuali processi produttivi alla possibilità di incentivare la
diffusione di aziende operanti nei settori più competitivi; da azioni di
manutenzione e valorizzazione delle aree protette, alla creazione di strutture e
servizi che concentrino l’offerta agricola e garantiscano i collegamenti con i
mercati fino ad una diversificazione dell’attuale indirizzo turistico con lo
sfruttamento congiunto di risorse complementari come accade per l’agriturismo.

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In conclusione nel territorio oggetto della presente relazione, è opportuno


che siano attivati tutti i canali possibili affinchè vengano realizzati quegli
interventi di tipo verticale che associano all’ammodernamento dei comparti con
funzione trainante dell’economia agricola locale (zootecnia e frutticoltura), il
potenziamento delle filiere agro-alimentari relative ad essi, affinchè l’integrazione
fra i diversi settori interessati possa sinergicamente dare maggiore competitività
alle produzioni.

A questi interventi di più ampio respiro vanno comunque associate azioni di


tipo orizzontale che fortifichino la base produttiva in quanto dirette ad
imprenditori agricoli e ad aree rurali complessivamente considerate.

A conclusione dell’indagine svolta si rappresenta che l’elaborato grafico


allegato individua, da una parte, i terreni del Comune indicandone l’attuale
destinazione, ovvero l’uso agricolo del suolo, e dall’altra, evidenzia elementi sulla
produttività delle singole zone individuate nonché dell’intero territorio,
suggerendo ai progettisti del PUC eventuali possibili sviluppi ed ogni altro elemento
utile per una razionale espansione urbanistica.

L’innovazione apportata dall’art. 23, lettera h della legge 16/04, impone la


definizione e l’indicazione di quelle che sono le aree agricole particolarmente
produttive.

Come più sopra riportato, si sono descritte le tipologie di colture individuate


sul territorio, indicando per ciascuna tipologia gli elementi che hanno poi concorso
alla determinazione della P.L.V.. Con l’analisi economica delle diverse tipologie
colturali e dall’esame delle stesse si evince che le tipologie più produttive sono i
frutteti con una P.L.V. ad ettaro di € 6.185,00.

Seguono i vigneti (€/Ha 4.400) ed i seminativi irrigui (€/Ha 3.350).

Pertanto ne deriva che le aree agricole “particolarmente produttive” sono


quelle ascrivibili ai frutteti, cui la normativa suggerisce l’imposizione di vincoli di
inedificabilità, salvo le deroghe previste dallo stesso art. 23, lettera h.

Il lavoro ha portato alla stesura della presente relazione ed alla redazione


delle tavole allegate, in cui sono state individuate, con distinte campiture, 10
diverse aree. In esse è possibile distinguere le aree antropizzate, le aree collinari e

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le cave, mentre nell’ambito delle superfici agricole sono individuate 7 diverse


classi di colture.

Fra queste si è data una scala di valori sulla produttività di ogni singola area
con l’individuazione delle “aree agricole particolarmente produttive” nei frutteti.

Relativamente ai terreni particolarmente frazionati posti nelle immediate


vicinanze dei centri urbani, il suggerimento che si può dare ai progettisti del piano
è quello di indirizzare la loro attenzione verso queste aree che certamente sono a
più bassa produttività dal punto di vista economico in quanto scontano, per
problematiche legate a diseconomie di scala, costi di produzione più elevati.

In definitiva, l’esigenza di conciliare la pianificazione urbanistica con la


tutela e salvaguardia delle “aree agricole particolarmente produttive”, come
impone la norma, viene soddisfatta attraverso il perseguimento di quell’equilibrio
territoriale divenuto oggi elemento fondamentale per uno sviluppo eco-
compatibile.

Vitulazio, febbraio 2016

dott. agr. Francesco Scialdone

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dott. agr. Francesco Scialdone

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