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Genocidio Nativi Americani 2022

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LA FRONTIERA E IL GENOCIDIO DEI NATIVI AMERICANI1

Crescita demografica territoriale

Gli Stati Uniti furono il primo Paese a prevedere l’organizzazione periodica (ogni dieci anni) del
censimento: 1790: 109.000 coloni “americani” (il 2,8%) vivevano nei territori “pellerossa” (su 2
milioni e mezzo2).

Dopo quarant’anni la popolazione totale americana, degli ex-coloni, crebbe di oltre tre volte. Oltre
all’indipendenza gli Stati Uniti avevano ottenuto la sovranità sui territori indiani situati fra i monti
Allegheny e la Louisiana (700.000 kmq). Fra il 1792 e il 1819 furono costituiti sette nuovi Stati:
Kentucky, Tennessee, Ohio, Indiana, Illinois, Mississippi e Alabama, a cui si aggiunsero il Vermont
e il Maine annessi fra il 1801 e il 1820. Nel 1803 gli Stati uniti comprarono dalla Francia, che se
l’era fatta restituire dalla Spagna nel 1801, la Louisiana, per 15 milioni di dollari. Quest’ultimo stato
era piuttosto vasto, 2 milioni di kmq. Nel 1819 la Florida passò dalla Spagna agli USA.

Colonizzazione dell’Ovest

Le terre dell’Ovest erano di proprietà dello stato federale, o almeno il potere centrale3 “decideva”
anche per quei territori. Infatti fin dal 1796 veniva favorita la colonizzazione mettendo all’asta, a
due dollari per acro (0,4 ettari), con lotti di 640 acri (pari a 259 ettari), i territori dei nativi
americani. Simili lotti non erano alla portata dei “pionieri” che si indebitavano con finanzieri e
speculatori senza scrupoli; lotti inferiori avevano prezzi maggiori. Nel 1820 vennero ridotti sia i
prezzi per lotto sia la dimensione del singolo lotto. Importante riguardo alla demarcazione della
“wilderness” (“terre selvagge”), i pionieri avanzavano molto velocemente ma non impiegavano
pratiche di agricoltura intensiva. Essi si spostavano una volta che i terreni rendevano meno.

1
I presenti appunti rielaborano un materiale vario. Fra l’altro, un testo-manuale di riferimento è stato A. Bernardi, S.
Guerracino, I saperi della storia, Vol. 2A, Bruno Mondadori, Milano 2006, pp. 203-208.
2
E’ un calcolo induttivo e probabilistico, confermato da: D. Fiorentino, Popoli oppressi che non si fecero «civilizzare»,
in «La Lettura», domenica 9 dicembre 2018, p. 56. Altra informazione in: I. Longhin, I nativi americani e la resistenza
all’etnocidio, Tesi di Laurea, Università Ca’ Foscari di Venezia, A.A. 2012-13, p.115, in cui si dice che “alla nascita
degli Stati Uniti la popolazione indigena veniva calcolata in 800.000 unità”; il testo si trova online, in formato pdf, e in
libera consultazione.
3
I nativi americani all’arrivo degli europei, secondo calcoli probabilistici, pare fossero fra i 6 o 8 milioni. Come
ricorda, in un testo molto illuminante, D. Losurdo, Controstoria del liberalismo, Laterza, Roma-Bari 20104, p. 14, i
“padri fondatori degli Usa,” Geoge Washington, James Madison e Thomas Jefferson, erano “tutti e tre proprietari di
schiavi” e favorivano la colonizzazione dell’Ovest attraverso l’impiego di schiavi (pp. 60 e sgg; ma anche pp. 95 e
sgg.). Ma anche: D. Stannard, Olocausto americano, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pp. 48-49; e Longhin, I nativi
americani e la resistenza all’etnocidio cit., p. 5. Alla situazione di oppressione-genocidio dei “nativi americani”, si deve
pure aggiungere lo sfruttamento degli schiavi neri, soprattutto negli Stati del Sud.. Fra il 1525 e il 1807 furono circa 11
o 12 milioni gli individui strappati dalle loro terre africane e portati nelle Americhe per un lavoro coatto e senza alcun
diritto. Cfr.: https://ilbolive.unipd.it/index.php/it/news/tratte-schiavi-tratta-atlantica-verso-lamerica.
1
Le tribù native americane, chiamate dai “wasp”4, “pellerossa” o “indiani”, con basse densità
demografiche in territori vastissimi, non conoscevano né la ruota né l’aratro. Bisogna distinguere
diverse aree culturali:

1 – Regioni della California meridionale, del New Mexico, e del Messico sett. vivevano i
“pueblos” e altre tribù che praticavano un’agricoltura relativamente progredita fondata sul mais.

2 – Più a Nord, fra l’Arizona e l’Arkansas, si trovavano i “navajo”, allevatori stanziali, gli
“apache”, che univano alla caccia un’agricoltura primitiva.

3 – Nella grande regione che andava dall’Atlantico ai Grandi Laghi vivevano gli “indiani” dei
boschi che associavano la caccia, la pesca e la coltivazione del mais (con la pratica con il bastone da
scavo); degli irochesi e degli algonchini erano state le prime tribù che erano entrate in contatto con
inglesi e francesi. Queste popolazioni, per prime fecero l’esperienza dell’impatto micidiale delle
malattie infettive importate dall’Europa5.

4 – Ad occidente degli Allegheny, oltre alla caccia e all’agricoltura seminomade, veniva praticato
il nomadismo dei cacciatori. La caccia era riferita esclusivamente alle mandrie di bisonti.

5 – Caccia al bisonte era il sostentamento delle tribù della pianura del Mississippi e delle
Montagne Rocciose. I bisonti compivano ogni anno migrazioni dalle pianure sett., più fredde, alle
praterie meridionali, muovendosi a milioni di capi. I bisonti offrivano una risorsa illimitata a sioux,
comache, cheyenne. I nativi americani delle pianure dipendevano totalmente dalla risorsa del
“bisonte” (carne essiccata, grasso, pelle, tendini e corna come sostentamento, abitazione, abiti, armi,
utensili).

Dopo la conquista del Messico, gli spagnoli introdussero i cavalli nell’America sett. e alla fine del
‘500 c’erano mandrie di cavalli allo stato brado. Nel corso del XVII, i nativi americano riuscirono
ad addomesticare i cavalli, nella cavalcata a pelo (senza sella e senza staffe), come aiuto per la
caccia al bisonte. L’introduzione delle armi da fuoco non ruppe l’equilibrio fra le risorse della terra
e le risorse animali per le tribù delle pianure. Il cavallo e il fucile, fra Sette e Ottocento, produssero
una civiltà nomade legata alla caccia e all’allevamento. Il nomadismo dei nativi americani era
differente da quello asiatico (in Cina e Russia) per due motivi: 1 - i nativi americani era legati come
“parassiti” alla risorsa del bisonte; 2 – le tribù non erano incapaci a creare “federazione” per opporsi
ai bianchi. Il genocidio dei nativi americani oltre alle malattie (es. tifo e vaiolo) e alcol/rhum, alla
violenza organizzata dei bianchi, fu causato dalla distruzione dello habitat non solo materiale ma
anche a quello culturale. Le terre, milioni di ettari, furono conquistate con la violenza e con contratti
truffa6.

4
Come è noto, è l’acronimo di: “bianco, anglosassone. protestante”.
5
Cfr. A. Paleari, A sterminare i pellerossa furono i virus più che i fucili, in «Corriere della Sera», 4 novembre 2012, p.
44.
6
Cfr. Longhin, I nativi americani e la resistenza all’etnocidio cit., p. 54.
2
Alcune date importanti che segnano il genocidio dei nativi americani

1763-65: fallita rivolta guidata dal Capo ottawa Pontiac;

1811-12: guerra promossa dal Capo shawne Tucumseh che riuscì ad allearsi con i creek e altre
tribù dell’Ovest; la sconfitta dei creek accelerò l’imposizione di contratti di vendita e di trattati
fasulli anche ai cherokee e ad altre tribù.

1830: Indian Remove Act: già dal 1820 i trasferimenti, o meglio le deportazioni forzate, al di là del
Mississippi furono continui, ma tale pratica fu istituzionalizzata con la legge dell’Atto di rimozione
degli Indiani (28 maggio 1830) del presidente Andrew Jackson (Partito Democratico): la
deportazione, anche se prevedeva lo spostamento su “base volontari”, era attuata con ogni sorta di
pressione e di violenza. David Crockett si oppose all’approvazione di tale legge. Nel 1830 i
Choctaw cedettero le terre ad est del Mississippi in cambio di una somma di denaro.

1835: i Cherokee furono incamminati sul “sentiero delle lacrime” ne morirono circa 4.000 su
17.000.

Dal 5 dicembre 1848: corsa all’oro: avanzata verso Ovest, la California; ulteriori scontri con le
popolazioni indigene;

1861-65: Guerra di secessione degli Stati del Sud contro gli Stati del Nord: in gioco ci sono fattori
economico-politici (Nord: più dinamico e industriale; Sud: schiavista e legato all’agricoltura);
sconfitta degli Stati del Sud; Lincoln viene ucciso il 14 aprile 1865;

30 aprile 1866: uguaglianza formale fra bianchi e neri; ma le popolazioni native non vedono
riconosciuti i propri diritti;

1864: sterminio degli Cheyenne (Sand Creek);

1868: gen. Custer completa lo sterminio dei Cheyenne: i Sioux sottoscrivono il Trattato di Fort
Laranne, ossia s’impegnano a non attaccare le carovane dei coloni;

1874: Guerra per l’oro delle Black Hills: il territorio era sacro ai Sioux;

1876: Sioux, guidati da Toro Seduto, e Cheyenne vincono contro l’esercito USA guidato dal
gen. Crook e dal gen. Custer: famosa rimane la battagli di Little Big Horn;

1890: Toro Seduto e i Sioux vengono massacrati a Wounded Knee;

1924: i nativi americani ottengono finalmente la cittadinanza statunitense;

1934: F. D. Roosevelt: “inferiorità razziale” e l’”Indian Reorganization Act”7.

7
Il provvedimento legislativo “mise un freno alla lottizzazione e tentò di restituire agli indiani ciò che non era ancora
diviso in proprietà agricole. L’atto rivela un nuovo atteggiamento nei confronti degli indiani, sviluppato in sei punti: 1.
Riconoscimento delle società indiane e sussidi per procurare loro indipendenza economica, amministrativa e politica; 2.
Misure per un servizio professionale e amministrativo degli indiani; 3. Veto ad ogni ulteriore distribuzione delle terre
3
1949-50: il governo invitò gli indiani ad abbandonare le riserve per sistemarsi a Chicago, Denver e
Los Angeles8;

1959: Termination Policy: il congresso dichiarò la propria intenzione di porre fine alla supervisione
federale, ovvero all’assistenza alle tribù indiane9;

1968: Nasce “American Indian Movement”: un’ “organizzazione di difesa dei nativi americani10.

1980: gli Oglala (sioux) ottengono 100 milioni di dollari come indennizzo per perdita delle Black
Hills11:

2016: costruzione di un oleodotto nelle terre sacre che furono di varie tribù indiane, fra cui i
sioux12.

Ormai i “nativi americani” sono confinati nelle riserve, ”costretti” all’inedia e all’alcolismo o
all’assimilazione tout court. La loro storia è il segno che i “conquistatori” di formazione illuminista
e liberale hanno rivendicato per sé la libertà contro la schiavitù e il dispotismo, ma hanno realizzato,
con la violenza e la sopraffazione, solo la distruzione dei “pellerossa, indiani”, o meglio dei “nativi
americani”, ossia, come è stato detto, senza paura di esagerare, si è compiuto “ il più grande
genocidio della storia dell’umanità”13.

indiane; 4. Concessione di crediti agricoli ed industriali; 5. Perfezionamento della legislazione penale e civile; 6.
Restituzione delle terre lottizzate alle tribù; Il quinto e il sesto punto non furono accettati, i primi quattro divennero
legge effettiva; dato che l’accettazione delle misure dipendeva dalla volontà delle singole tribù, la risposta indiana fu
lenta e in molti casi negativa. L’Ufficio Indiano fu autorizzato a comprare terra agli indiani che avevano dovuto cederla,
vennero loro affidati incarichi d’ufficio e venne istituito un fondo prestiti per lo sviluppo economico”.
Cfr.: Longhin, I nativi americani e la resistenza all’etnocidio cit., p. 61.
8
Cfr. Ivi, p. 62.
9
Ivi, p. 69 e pp. 111 e sgg .
10
Cfr. Ivi, p. 70.
11
Cfr.: http://www.correre.org/Indiani%20d'America/IndianStory.html.
12
Cfr.: M. Bruna, 260 anni di promesse (non mantenute) ai nativi americani, in «La Lettura», Domenica 9 dicembre
2018, p. 57.
13
Cfr. Losurdo, Controstoria del liberalismo cit., p. 335, Losurdo riferisce il giudizio di “un eminente studioso”
Tzvetan Torodov. Conferma il giudizio dell’intellettuale bulgaro, naturalizzato francese, Longhin, I nativi americani e
la resistenza all’etnocidio cit., pp. 40-46. Anche se qualche storico fa dei paragoni azzardati, cfr. G. Olimpio, Ma
Geronimo era come Osama Bin Laden?, in «Corriere della Sera» 10 dicembre 2012, p. 19. Come valido antidoto alla
relativizzazione di ciò che subirono i nativi americani, si cfr.: J. Pictet, La grande storia degli indiani d’America,
Mondadori, Milano 2000, Voll. 1 e 2. Ma anche: Bruna, 260 anni di promesse (non mantenute) ai nativi americani cit.,
pp. 56-57.
4

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