APPUNTI PER UNA CRONOLOGIA DEL FUMETTO DI SUPEREROI – parte 2 –
SILVER AGE
Se grazie alla Golden Age abbiamo trovato uno scusa per rimettere mano ai libri di
letteratura, oggi vi faccio ripassare latino. Esiodo diceva che agli albori dell’umanità c’era
stata un’Età dell’Oro, in cui gli uomini vivevano nella prosperità senza conflitti né odio, al
punto di non aver bisogno di leggi. L’idea che il passato sia un tempo ideale e che il
presente sia in qualche modo meno puro e perfetto è il motivo per cui facciamo il
paragone tra il passare del tempo e materiali sempre meno preziosi, come l’argento e il
bronzo. D’altronde, anche la nostra memoria individuale ci inganna facendoci credere che
quello che appartiene alla nostra infanzia sia bello, puro ed immacolato: un po’ come è
successo a te, che solo perché sono passati 35 anni dalla prima messa in onda di Ken il
Guerriero, credi che sia un cartone più educativo di Peppa Pig e costringi tuo figlio di 5
anni a guardare le persone che esplodono sotto i colpi di Hokuto. Cosa che gli insegnerà i
valori della verità e della giustizia e non gli procurerà neeeeessun trauma. Almeno hai
avuto il buon gusto di non chiamarlo Raoul.
Il ritorno di Flash
Ottobre 1956: sul numero 4 della rivista Showcase debutta un nuovo Flash: il Velocista
Scarlatto ha cambiato costume, l’identità sotto la maschera è diversa, nuove sono le
origini del personaggio, ma il nome è lo stesso di un supereroe che aveva esordito 16 anni
prima. La copertina stessa della rivista, con l’eroe che buca una pellicola e sembra saltar
fuori dalla pagina, è segno della volontà di una nuova generazione di autori di rinnovare il
genere dei supereroi con storie più audaci dal punto di vista grafico ma soprattutto più
profonde e coerenti, ricche di spiegazioni dei loro poteri più ancorare alla scienza. Il
rilancio di Flash si deve a Robert Kanigher, Carmine Infantino e Joe Kubert; a questi
autori, nomi di riferimento ancora adesso, si unirà poi un’intera nuova leva formata da
talenti come Gardner Fox, John Broome, Curt Swan, Jack Kirby, Gil Kane, Steve Ditko,
Gene Colan, John Buscema, John Romita, Sr. e Stan Lee Nella prima fase, mentre Denny
O'Neil, Gary Friedrich, Roy Thomas, Archie Goodwin, Neal Adams, Herb Trimpe, Jim
Steranko e Barry Windsor-Smith innescheranno la seconda metà del processo di
trasformazione, che porterà alla fine di quest’epoca.
Nel 1956 Superman, Batman e Wonder Woman non erano spariti, ma le loro storie
avevano perso mordente; ora, accanto a loro, tornavano ad agire uno dopo l’altro tutti i
supereroi dell’Età dell’Oro, rivitalizzati come accaduto per Flash.
Nel 1960 i più importanti tra questi personaggi appaiono insieme in un fumetto intitolato
“Justice League of America”; poco tempo dopo viene stabilito che i loro equivalenti
dell’epoca precedente sono gli abitanti di una realtà alternativa. Il concetto di supergruppo
e quello di realtà alternative resteranno determinanti per gran parte della storia del fumetto
americano, ma ora concentriamoci sul primo dei due. Del secondo parleremo di più
nell’epoca successiva a questa.
Marvel way to comics
Alla Atlas Comics di Archie Goodwin (già Timely) tra pubblicazioni come “Millie la Modella”
e “Tales of Suspence” non se la passano altrettanto bene. Bisogna cavalcare la cresta
dell’onda, e nel 1961 l’editore chiede a un autore che si era già fatto le ossa tanti anni
prima scrivendo qualche storia per i disegni di Joe Simon, di ideare un nuovo gruppo di
supereroi per controbattere al successo della League. Stan Lee, così si chiama lo
scrittore, con l’aiuto del disegnatore Jack Kirby, rielabora l’idea di una serie che lo stesso
Kirby aveva disegnato per la DC nel 1957, Challengers of the Unknown. Gli sfidanti
dell’Ignoto erano una squadra di esploratori e indagatori del mistero, ma ora bisogna
aggiungere l’elemento super: nascono i Fantastici Quattro. Il loro primo fumetto, del 1961,
presenta in copertina il nuovo nome della casa editrice: Marvel Comics. I poteri del
quartetto non sono originalissimi: uno dei quattro non è altro che la Torcia Umana, vecchio
personaggio della Golden Age rielaborato com’era avvenuto per Flash in DC; un altro,
Mister Fantastic, sembra Plastic Man. L’elemento innovativo di questa serie è che per la
prima volta i supereroi mostrano il loro lato umano: possono essere vanitosi o scostanti,
tristi e arrabbiati, litigare fra loro o fare cose sciocche per impressionare l’altro sesso. Stan
Lee inventa una generazione di eroi, molti dei quali nuovi, alcuni ripresi dal passato come
Capitan America, che sono in grado di mostrare tutta la gamma dei sentimenti umani, ma
ancora di più di esibirne i difetti. I “supereroi con superproblemi” non sembrano infallibili
come i loro equivalenti della Distinta Concorrenza, e per una nuova generazione di lettori
adolescenti o studenti universitari è facile immedesimarsi in loro.
Quasi tutti sono frutto della fantasia degli stessi due autori. Ogni tanto, al posto di Kirby si
cimenta Steve Ditko, al quale dobbiamo il disegno di colui che è forse la creatura più
ispirata della fantasia di Stan: Spider-Man.
Per produrre una mole così grande di storie (ben presto vedono la luce tutti i personaggi
più amati ancora adesso: gli X-Men, Doctor Strange, Iron Man, Thor, Hulk, gli Avengers…)
bisogna trovare un modo più veloce di organizzare il lavoro: Stan Lee comincia a scrivere
solo dei soggetti, sarà compito del disegnatore elaborarli in storie e poi lui ci rimetterà
mano, dopo i disegni, per aggiungere i dialoghi. Questo modo di lavorare prende il nome
di Marvel Way to Comics, e negli anni a venire produrrà un sacco di dubbi e liti sulla
paternità di questa o quell’altra idea vincente.
La fine dell’innocenza
Attorno al 1970 l’adolescenza del fumetto di supereroi sta finendo. Proprio in quell’anno, in
casa DC, Denny O’Neil trasforma “Green Lantern” in una testata che ospita con due
protagonisti aggiungendo Green Arrow: nella loro prima avventura in coppia, i due
riflettono sulla povertà e su come la società abbia problemi di fronte ai quali i supereroi
sono impotenti. Quello stesso anno, Mort Weisinger lascia la supervisione di Superman a
Julius Schwartz, il quale ridimensiona sia il ruolo della Kryptonite nelle avventure
dell’Azzurrone che i suoi incontenibili poteri, mentre sul numero 133 di Superman’s Pal
Jimmy Olsen Jack Kirby, che ha appena lasciato la Marvel per incompatibilità creative
(che si sia rotto di competere con Lee per la paternità di alcuni dei personaggi più amati,
come Silver Surfer?), pone le basi per la saga del Quarto Mondo, la sua grande epopea
cosmica dai toni mitologici (beccati questa, Esiodo).
In Marvel, inizia la pubblicazione di Conan il Barbaro, segnale che l’editoria a fumetti vuole
sperimentare cose diverse dai soliti supereroi. E’ però l’anno dopo il vero punto di svolta:
Stan Lee, su sollecito del Dipartimento della Salute e dell’Educazione, scrive e pubblica,
contro il volere del comitato del Comics Code Authority, una storia dell’Uomo Ragno (The
Amazing Spider-Man #96, “Green Goblin Rinato!”) in cui viene rappresentato l’uso di
droghe come un comportamento autodistruttivo. Il Comics Code incassa il colpo e decide
di rivedere le sue regole, e fra le tante concessioni viene sospeso il “ban” ai mostri: in
Marvel appaiono perciò serie a tinte horror come Ghost Rider o la Tomba di Dracula. La
DC non rimane al palo, e pubblica Swamp Thing per seguire il filone dei mostri, ma
soprattutto i celeberrimi numeri 85 e 86 di Green Lantern & Green Arrow, in cui i due
supereroi scoprono che Roy Harper in arte Speedy, la giovane spalla dell’Arciere di
Smeraldo, fa uso di eroina.
E’ in Marvel però che si verifica l’evento traumatico che gli storici del fumetto scelgono
come data-simbolo della perdita dell’innocenza: nel giugno-luglio 1973, nei numeri 121 e
122 di The Amazing Spider-Man di Gerry Conway, Gil Kane e John Romita Sr., Gwen
Stacy, la fidanzata del protagonista, muore senza che lui riesca a salvarla.
Questo fumetto viene scelto come simbolo della fine di un’era: tutti i fumetti che verranno
dopo, dovranno confrontarsi con il mondo reale in maniera più spietata e dolorosa. E’
l’inizio dell’Età del Bronzo.