V – Monachesimo
Il monachesimo sorge perché i cristiani aderiscono radicalmente al vangelo,
lasciando i loro beni, abbandonando il contatto con gli altri e vanno a vivere da doli
per amore a Cristo. La parola monacos vuol dire «colui che vive solo per Cristo.
I monachi sono quindi solitari, celibi, sono figure escatologiche, facendo
riferimento a Lc 20,34-36 (5.1). I celibi sono figure escatologiche perché vivono
qui in terra nel modo in cui vivremo nell’escatos. Inoltre Paolo gioca con la parola
preoccupazione (5.2). Gli anacoreti, αναχωρειν , andare in alto, salire dalla
popolosa città del Nilo, fino al deserto circostante. Quindi i primi monaci sono in
Egitto e sono quelli che lasciano la zona popolata per recarsi nel deserto, in Egitto.
Il primo monachesimo è dunque anacoretico.
Nel II secolo Claudius Galenus, nota che la comunità cristiana è formata anche
da uomini e donne, che vivevano la vita celibe, praticando l’ascetismo riguardo al
cibo e alle bevande. Questo ci mostra come già allora era abbastanza diffuso il
monachesimo anacoretico. Si nota un legame tra coloro che difendono l’identità di
Cristo e coloro che difendono il celibato nella Chiesa. Nella seconda metà del III
secolo in Egitto sorge questa forma di monachesimo, passa in Siria e nel IV secolo
è diffuso in varie zone del mondo.
Molti Padri della Chiesa (Atanasio, Cappadoci, Epifanio Costanza, Diodoro di
Tarso, Girolamo, Rufino, ecc…) vivono la vita monastica, e sono molto legati ad
essa. In questo periodo, la Chiesa cresce rapidamente.
Verso la fine del IV secolo è molto vantaggioso condividere la religione
dell’imperatore, perciò molti si convertono al cristianesimo. Grazie a questo rapida
crescita del cristianesimo, c’è un certo compromesso riguardo agli ideali della vita
cristiana, ci sono più perseguitati, ed entrano in questi monasteri. Diventano questi
i nuovi modelli di santità dei cristiani, che fino ad allora erano stati solo i martiri,
San Martino è il primo santo che non è martire.
Si comincia questa esperienza di monachesimo con la vita solitario, ma ben
presto si affaccia una nuova vita comunitaria, introducendo un monachesimo
cenobitico, che non sostituisce l’anacoretico. Le prime esperienze della vita
monastica cenobitica sono ancora in Egitto.
Nella seconda metà del IV secolo si espandono le comunità monastiche, anche in
centro città, con case nettamente separate dall’ambiente circostante e chiuse da
ogni influsso proveniente dall’esterno, il monaco solitario diventa un monaco in
comunità nelle città, ma in clausura, il clastrum. Con questa vita comunitaria, si
sentiva un bisogno di una regola, non sarebbe stato facile una vita comunitaria.
Quindi iniziano a scriversi le regole monastiche, leggiamo in (5.3) Drobner che il
primo genere di letteratura monastica sono regole. Questo vite agiografiche,
somigliano sempre più gli atti dei martiri, testi che raccontano il martirio.
Antonio il Grande di Egitto (251-356) d’Egitto, si parla di lui come il
fondatore del monachesimo, ma è meglio chiamarlo rinnovatore, quando egli si
introdusse alla vita anacoretica aveva un padre che lo seguiva, quindi era già
iniziato il monachesimo. Scrisse la sua biografia Atanasio, che fu di ispirazione per
molti, anche Agostino. Lui è benestante, i genitori muoio quando è giovane, e
eredita un grande campo e deve mantenere la sorella.
Dopo 6 mesi dalla morte dei suoi si convertì, egli stava meditando sugli Atti
degli Apostoli, quando i cristiani vendevano tutto o lo mettevano ai piedi degli
apostoli, entra in Chiesa e ascolta (Mt 19:21), vende tutto, inizialmente si tiene
quello che serve alla sorella, e poi da la sorella alle monache per essere libero. Va
da un monaco anziano del villaggio, che vive così da giovani, che sarà suo esempio.
Antonio vive in periferia del villaggio, quasi deserto, ma vicino al villaggio. Antonio
quindi sente il desiderio di spostarsi nel deserto profondo per combattere contro il
diavolo, vuole lottare in maniera più forte. Perché nel deserto abitavano i demonio
secondo il pensiero del tempo. Antonio pensava di andare nella casa del diavolo
per non avere vantaggi. Questa è l’innovazione di Antonio è questa vita isolata nel
deserto profondo, in una grotta. Fa delle ceste per mantenere la sua dieta di un
pezzo di pane e acqua, un pasto al giorno. Questo lavoro gli permette di rimanere
raccolto. Antonio non ha nessun libro, i monaci avevano bisogno di memorizzare
tutta la Bibbia, per ripetere i versetti nel combattimento. I libri erano un lusso,
costavano. Antonio era quindi un atleta che combatte il diavolo. Il combattimento
viene da dentro di sé. Nella solitudine, l’arena in cui combatte il diavolo, non ci
sono le tentazioni del mondo, ma quelle dentro di sé, l’accidia, la paura della
morte, ecc. Lui è arrivato alla tranquillità dell’anima attraverso questa vita di
solitudine, rimase nel suo castello per 20 anni, e solo in quel momento è in grado
di insegnare agli altri, Antonio muore all’età di 105 anni, nel 356. L’anno dopo
Atanasio scrive la Vita Antonii, che diventa best seller. Vediamo qualche brano di
questo testo (5.5), da notare che colui che lotta è il Signore in Antonio. “Lo aiutava
il Signore che si rivestì di carne per noi, e che concesse al corpo la vittoria contro il
diavolo; sicché ciascuno di quelli che sostennero una simile lotta poteva dire con
l’Apostolo: ‘Non io, ma la grazia di Dio che è con me.” (Atanasio, La Vita di Antonio
5.7).
Nei martiri è Cristo che soffre in lui, i monaci sono i nuovi martiri. (5.6) le
bestie elencate sono quelle che affrontavano i martiri nell’anfiteatro. “E subito il
luogo [nelle tombe] si riempì di immagini di leoni e di orsi, di leopardi, serpenti,
tori, aspidi, scorpioni e lupi.” (Atanasio, La Vita di Antonio 9.6). (5.7) dopo 20
anni di vita solitaria esce in ottima forma: equilibrio totale nella sua vita (5.8)
indica la tentazione che viene da un angelo buon, ma è il demonio travestito.
L’ascetismo e l’umanità ideale
“Passò in tal maniera circa vent’anni, conducendo da solo questa vita ascetica,
senza allontanarsi di là e senza essere veduto da alcuno se non raramente. Poi,
molti, tormentati da malattie, venivano a farsi curare, altri desideravano di imitare
la vita ascetica di Antonio, altri suoi conoscenti si recarono al castello, e forzato
l’ingresso, entrarono. Si fece loro innanzi Antonio, come un iniziato ai misteri che
esce dal sacro recesso, ispirato da Dio. Allora per la prima volta lo videro fuori dal
castello quelli che erano andati da lui. Si meravigliarono al vedere che le sue
condizioni fisiche erano sempre le stesse, non impinguato per la mancanza di moto,
né dimagrito dai digiuni e dalle lotte con i demoni: era come l’avevano visto prima
che si chiudesse nel suo ritiro.” (Atanasio, La Vita di Antonio 14.1-3).
Antonio muore 356
L’angelo di luce
“ ‘Sono astuti’ e pronti a trasfigurarsi. Talvolta, infatti, salmodiano cantando.
Fingono di cantare senza essere visibili e citano i detti delle Scritture. Accade che
quando noi leggiamo essi producono quasi un suono, come se leggessero ciò che
noi stiamo leggendo; e mentre dormiamo ci spingono a pregare, e fanno ciò
continuamente senza quasi permetterci di dormire. Spesso si trasformano in
eremiti, e sembrano parlare come persone devote e timorate, per sedurre con un
aspetto simile al nostro e trascinare dove vogliono coloro che hanno sedotto. Ma
non bisogna prestar loro attenzione, neanche se tentano di persuadervi a non
mangiare o se vi rimproverano per cose delle quali furono una volta, con noi, unici
testimoni. Non fanno questo per amore della religione e della verità, ma piuttosto
mirano a far cadere i semplici e a rendere senza profitto l’ascesi. Essi vogliono
produrre negli uomini una nausea, affinché reputino troppo grave la vita solitaria e
vengano impediti di vivere combattendo i demoni.” (Atanasio, La Vita di Antonio
25.1-5)
Passiamo alla figura di Pacomio (292-373), che è il cosiddetto fondatore, o
meglio il modello, del monachesimo cenobita (vita comunitaria). Pacomio è figlio di
un contadino pagano, era un militare, attirato dalla misericordia dei cristiani, e
dopo il congedo fu battezzato nel 314 e visse la vita solitaria ed eremitica per 7
anni sotto un altro monaco che lo dirige. Poi capisce che vuole vivere in comunità,
la vita cenobitica, all’inizio erano i solitario eh vivevano vicini, dopo si arriva ad
una vita comunitaria sotto un unico capo. Sulle rive del Nilo a Tabannesi fonda il
primo monastero (intorno al 320), poi ne fonda altri 8 maschili e 2 femminili, con
centinaia di monaci e monache totale, di cui Pacomio fa ‘abate generale, di dieci
monasteri. Da questa esperienza di vita comune sorge l’esigenza di una regola che
sta al di sopra di tutti, anche dell’abate. Nasce la prima regola monastica, sotto un
capo carismatico. Pacomio si rende conto del pericolo di una vita solitaria, perciò
cerca la vita comunitaria.
Pacomio scrisse una regola equilibrata, l’unica versione completa che abbiamo
di questa regola è una traduzione latina fatta da Girolamo, lui scrive questa regola,
e vive la vita cenobitica per evitare i pericoli di vivere l’anacoretismo. Questa vita
comunitaria rende possibile anche l’accesso alla vita monastica ai cristiani che non
sono adatti ad essere anacoreti, e vogliono farsi asceti. La fonte della regola è la
Scrittura. C’è un complesso di edifici e un unico muro che lo circonda, con
un'unica porta controllata da un monaco che è maestro dei novizi, lui doveva far
entrare i nuovi. Ognuno ha la sua cella, portano l’abito monastico, c’è la preghiera
in comune, ci si ala prima dell’aurora, si lavora tutto il giorno, e l’eucarestia si
celebra il mercoledì e la domenica. Il celibato è la continenza nella Chiesa, chi era
sposato prima non era sessualmente attivo, alcuni lasciavano la moglie. Il
monachesimo si diffonde nel mondo cristiano, nasce in Egitto, va in Siria, Armeni,
Asia minore, e così anche i Cappadoci conoscono questa forma di vita. Solitamente
i monaci non erano educati, era un movimento laicale, nessuno si faceva ordinare,
era quasi un tradimento della vita monastica, il sacerdote ha i suoi doveri
pastorale, esser sacerdote vuol dire uscire dalla cella. Sicuramente c’erano dei
sacerdoti nel monastero, o il sacerdote del villaggio veniva a dire l’eucarestia.
Basilio di Cesarea (330-379), venne da una famiglia cristianissima, tutti sono
salti, la nonna era figlia spirituale Gregorio il taumaturgo primo discepolo di
Origene. Un gruppo di amici con Basilio volle vivere la vita comuni, egli è dotto e
ben educato, propone una giustificazione teologica per la vita ascetica. Dice che la
vita monastica è vita filosofica, che viene dai detti di Gesù e dal suo insegnamento.
La vita monastica si nutre anche di pratiche stabilite nel mondo romano. La vita
monastica si dedica alla conversione, al formare nella gente la pratica della virtù,
gli esercizi morali dei filosofi diventano gli esercizi spirituali dei monaci. È un altro
modo di vita per crescere nella virtù.
Anche con Basilio la vita comunitaria riceve un orientamento verso la società, la
vita contemplativa riceve un servizio verso la vita attiva, stabilendo ospedali, ospizi
per i pellegrini. Anche donne, vergini, vedove e monache, donne ascetiche. Le
donne diventano figure importanti, pubbliche, ammirate per la loro educazione, la
loro virtù, pietà. Sorelle di santi diventate importanti prima o dopo di loro.
Continuano anche nel Medioevo (Santa Caterina, Brigida di Svezia, Giuliana di
Norwich). I pagani desprezzano la vita monastica. La vita monastica è una
caratteristica del cristianessimo. I monaci quindi sostituiscono i martiri come icone
viventi dei cristiani, Giovanni Cassino (360-435), monaco latino, che fa conferenze
molto influenti. Giovanni Crisostomo (349-407) era monaco, poi lasciò questa vita e
divenne sacerdote e poi vescovo, si lamenta per non esser più stato in cella,
solitario. Anche Sant’Agostino voleva vivere questa vita monastica e contemplativa
a Tagaste, ma quando va cercando le vocazione per il suo monastero andava dopo
c’era un vescovo, per non essere ordinato, era un personaggio famoso. Andò a
Ippona da un amico, ma il vescovo era greco, le omelie non si capiscono, videro
Agostino, e lo fecero ordinare subito sacerdote. Lui pianse all’ordinazione per la
perdita della sua vita contemplativa. Lui stabilì un monastero per i sacerdoti e non
più per i laici, essi vivono con il vescovo, e servì anche per preparazione al
vescovato. Il monachesimo nella forma originale emerge indipendente dai vescovi e
dal clero, i monaci si mantengono attraverso un lavoro molto semplice, ma i pagani
non capiscono il valore di questa vita. Gli stessi vescovi si oppongono perché la vita
monastica, come movimento indipendente dai vescovi, diventa quai una minacci
all’autorità episcopale, lo vediamo anche nei nostri tempi. Il monachesimo è
dunque diffuso sa in oriente che in occidente, è presto considerano vitale per la
vita cristiana, diventando una caratteristica classica per il cristianesimo, perché è
radicano nella Rivelazione di Gesù.
Benedetto da Norcia (480-547), circa nel 500 era studente a Roma, e si
scandalizzo della vita universitaria romana, vuole vivere una vita con Dio, va ad
Enfide, Affile, con altri, e fa un miracolo, si accende una tensione, lui scappa, e va a
Subiaco a vivere solo, va da un monaco, Romano, che gli dà l’abito e lo mantiene,
Benedetto vive tre anni solo al Sacro Speco. Dei monaci a cui muore l’abate lo
chiedono come abate, dice di essere severo, ma lo accettano, poi lo odiano e quasi
lo uccidono, fa 12 monasteri.
Benedetto però, desideroso più di ricevere patimenti dal mondo che non
ammirazione, e di consumarsi nella fatica per amore di Dio più che di acquistare
prestigio in questa vita, abbandonò di nascosto la nutrice e fuggì. Raggiunse una
grotta in un luogo deserto, chiamato Subiaco, distante da Roma circa 40 miglia (70
chilometri), ricco di fresche e limpide sorgenti che, dopo essersi raccolte a formare
un grande bacino, scorrono giù in torrente. Mentre fuggendo si dirigeva in quale
luogo, Benedetto incontrò un monaco di nome Romano, che gli chiese dove
andasse. Conosciuta l’intenzione del giovane, Romano non solo tenne riservata la
cosa, ma anche gli prestò aiuto; gli impose il santo abito monastico e, per quanto
gli fu possibile, provvide alle sue necessità. L’uomo di Dio, giunto a Subiaco, si
chiuse dunque in un’angustissima grotta, e per tre anni vi rimase ignorato da tutti,
tranne che dal monaco Romano.
Questi viveva in un monastero non lontano, sotto la Regola del padre Adeodato;
ma l’amore per l’osservanza monastica non gli impediva di allontanarsi
furtivamente di tanto in tanto dagli occhi del suo abate, per portare a Benedetto—
in giorni stabiliti—quel poco di pane che riusciva a sottrarre alla propria razione.
Non vi era però un sentiero che dal cenobio di Romano conducesse alla spelonca di
Benedetto, poiché su questa incombeva un’altissima rupe. Perciò Romano soleva
fare scendere il pane dalla rupe servendosi di una lunga fune, alla quale aveva
anche attaccato un piccolo campanello, perché l’uomo di Dio, avvertito dal suono,
uscisse a prendere il pane al momento in cui Romano glielo portava. (GREGORIO
MAGNO, Dialoghi 2.1.3-5)
Poi vede la difficoltà e va a Monte Cassino 530 AD e fa un solo monastero di cui
è abate, e fa la sua Regola. L’uomo vive una vita bimodale, un alternanza di sveglia
e di notte. Per questo l’ufficio notturno non era tanto drammatico. Il loro lavoro
primario era pregare, questa è l’unica esigenza per Benedetto. Il monachesimo si
era già stabilito in occidente, ad esempio con Giovanni Cassiano, Martino di Tours,
Honoratus, Cesario di Arles, questi scrissero altre regole. La regola di Benedetto
riceve l’appoggio reale nel 7-8 secolo, Carlo Magno e suo figlio Luigi il Pio
impongono la regola benedettina sui monasteri del loro impero, loro sono i veri
fondatori del monachesimo benedettino, insieme al monaco Benedetto d’Aniane. In
questo momento c’è la diffusione e la dominanza di questo tipo di monachesimo.
(5.9) Racconta l’inizio dell’essere eremita di Benedetto a Subiaco. Romano
scappava dal monastero per portare del cibo a Benedetto nella sua spelonca.
(5.10) Dopo i tre anni di vita a Subiaco, fa a Monte Cassino, in cui fondò il
monastero di cui era abate. Siamo nel VI secolo, ma anche ci sono contadini
pagani, la pratica del paganesimo ancora esiste, ci sono incontri tra i monaci che
distruggono i templi, che tagliano gli alberi del sacrificio e stabiliscono la religione
Cristiana, erigendo cappelle. Anche San Martino, a cui dedicò alcune di queste
cappelle, fece la stessa cosa, come quando abbatté il pino sacro, e stabilì il culto
cristiano.
Monte Cassino
La rocca chiamata Cassino è situata sul fianco di un monte elevato. Essa accoglie il
paese come in un’ampia insenatura; poi salendo ancora per circa tre miglia,
sembra protendere la sua cima fino a cielo. Lassù c’era un antichissimo tempio in
cui, secondo l’inveterata consuetudine dei pagani, la massa ignorante dei contadini
rendeva culto ad Apollo. Tutt’intorno crescevano boschi consacrati al culto dei
demoni; e ancora in quel tempo una stolta folla di infedeli vi si accalcava per offrire
numerosi empi sacrifici.
Appena vi giunse, l’uomo di Dio spezzò l’idolo, rovesciò l’altare, tagliò i boschi.
Proprio dove si ergeva il tempio di Apollo costruì un oratorio dedicato a san
Martino; e dov’era l’ara di Apollo, una cappella in onore di san Giovanni [Battista].
Inoltre con un’assidua predicazione attirava alla fede tutta la popolazione che
abitava nei dintorni. (GREGORIO MAGNO, Dialoghi 2.8.10-11)
La regola beneditina
La crescita della virtù era lo principale della sura regola
Il monachesimo nell’occidente
o Martino di Tours (morto 397) a Ligugé
o Honoratus (morto 430) all’isola di Lerino
o Giovanni Cassiano (morto 430) a Marsaglia
o Cesareo d’Arles (morto 541) ha scritto due regole
La Regola di San Benedetto
o Carlomagno e suo figlio Luigi il Pio
o Benedetto d’Aniane e i capi carolingi