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Lezione Sul Fantasy e LAttraversaspecchi

Lezione sul fantasy

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Il Fantasy e L’Attraversaspecchi

Chiara Falai
Il Fantastico
In un mondo che è sicuramente il nostro, quello che conosciamo, senza diavoli, né silfidi,
né vampiri, si verifica un avvenimento che, appunto, non si può spiegare con le leggi del
mondo che ci è familiare. Colui che percepisce l’avvenimento deve optare per una delle
due soluzioni possibili: o si tratta di un’illusione dei sensi, di un prodotto
dell’immaginazione, e in tal caso le leggi del mondo rimangono quelle che sono, oppure
l’avvenimento è realmente accaduto, è parte integrante della realtà, ma allora questa realtà
è governata da leggi a noi ignote. […]
Il fantastico occupa il lasso di tempo di questa incertezza; non appena si è scelta l’una o
l’altra risposta, si abbandona la sfera del fantastico per entrare in quella di un genere
simile, lo strano o il meraviglioso. Il fantastico è l’esitazione provata da un essere il quale
conosce soltanto le leggi naturali, di fronte a un avvenimento apparentemente
soprannaturale

T. Todorov, Introduction à la littérature fantastique, Paris, Seuil, 1970, trad. it. Introduzione alla letteratura fantastica,
Milano, Garzanti, 1977.
• strano puro la «letteratura dell’orrore», ovvero quelle opere in cui «si narrano avvenimenti che si possono
spiegare mediante le leggi della ragione, ma che in un modo o nell’altro sono incredibili, straordinari,
impressionanti, singolari, inquietanti, insoliti e che, per questa ragione, provocano nel personaggio e nel lettore
una reazione simile a quella che i testi fantastici ci hanno resa familiare».
• fantastico strano quegli «avvenimenti che sembrano soprannaturali nel corso della storia, [ma che] ricevono
alla fine una spiegazione razionale».
• fantastico meraviglioso quella serie di «racconti che si presentano come fantastici e che terminano con
un’accettazione del soprannaturale. Si tratta dei racconti più vicini al fantastico puro, giacché, proprio per il fatto
che resta non spiegato, non razionalizzato, questo ci suggerisce appunto l’esistenza del soprannaturale. Il limite
fra i due sarà quindi incerto; ciò nondimeno la presenza o l’assenza di certi particolari permetterà sempre di
decidere».
• meraviglioso puro in cui «gli elementi soprannaturali non provocano nessuna reazione particolare, né nei
personaggi, né nel lettore implicito. Non è un atteggiamento verso gli avvenimenti narrati a caratterizzare il
meraviglioso, bensì la natura stessa di quegli avvenimenti». Todorov prosegue affermando che la critica è solita
ricondurre il meraviglioso al “racconto di fate”, il quale in realtà «non è che una delle varietà del meraviglioso
[…] [dove] gli avvenimenti soprannaturali non vi destano alcuna sorpresa: né il sonno di cent’anni, né il lupo
che parla, né i doni magici delle fate (per non citare che alcuni elementi dei racconti di Perrault). Quel che
distingue il racconto di fate è un certo modo di scrivere, non lo statuto del soprannaturale».
Fiaba vs Fantastico
Il fiabesco è un universo meraviglioso che si affianca al mondo reale senza sconvolgerlo e
senza distruggerne la coerenza. Il fantastico invece rivela uno scandalo, una lacerazione,
una irruzione insolita, quasi insopportabile nel mondo reale. In altre parole, il mondo
fiabesco e il mondo reale si compenetrano senza urto né conflitto. […]
La fiaba si svolge in un mondo dove gli incantesimi sono naturali e dove la magia è la
regola. Nella fiaba il soprannaturale non spaventa e non sorprende poiché costituisce la
sostanza stessa dell’universo, la sua legge, il suo clima. Esso non infrange alcuna regola: è
nell’ordine delle cose; è l’ordine, o meglio, l’assenza di ordine delle cose. [...]
Al contrario, nel fantastico il soprannaturale si manifesta come rottura della coerenza
universale. Il prodigio diventa un’aggressione proibita, minacciosa, che infrange la stabilità
di un mondo le cui leggi erano fino ad allora giudicate rigorose e immutabili. È
l’impossibile che irrompe all’improvviso in un mondo da cui, per definizione, è bandito.

R. Caillois, Dalla fiaba alla fantascienza, Roma-Napoli, Edizioni Theoria, 1985, pp. 18-21.
Dibattito post-todoroviano

• Teorici inclusivi • Teorici esclusivi

Il fantastico è un fenomeno metastorico, le Il fantastico è un modo o genere letterario


cui caratteristiche si possono riscontrare in dalle radici storiche ben precise, le quali
opere appartenenti a diverse epoche. provengono dal romanzo gotico fiorito in
Inghilterra fra Sette e Ottocento e nella
Questi critici allargano la categoria del Francia prerivoluzionaria, i cui temi
fantastico fino a confonderlo col comprendono un vivace interesse per il
meraviglioso e non solo, fino a comprendere soprannaturale, in particolare per le
in esso generi come il fantasy, la
apparizioni di spiriti e di fantasmi e la
fantascienza, la fiaba, la distopia, il romanzo
parapsicologia.
utopico o horror, gotico ecc. Si deduce,
quindi, che il fantastico diventa un grande
calderone contenente al suo interno diversi R. Ceserani, Il fantastico, Bologna, Il Mulino,
sottogeneri e che viene più semplicemente 1996.
definito in contrapposizione al realistico.
Il Fantasy
Fantasy «in lingua inglese non significa tanto “immaginazione” o
“stravaganza”, resi invece dal vocabolo fancy, ma “capricciosa
invenzione” e “visione”. […] Forse influenzato da altri vocaboli dal
suono similare come faerie, faery = fatato, immaginario, paese o regno
delle fate; fairy tale = fiaba, il termine fantasy, talvolta integrato in
heroic fantasy, è diventato sinonimo di un genere letterario, così
denominato non prima degli anni Trenta del Ventesimo secolo, che è
figlio dell’epica unita alla fiaba».

F. Ressa, Il fantasy in Italia, Chieti, Edizioni Solfanelli, 2012.


I precursori del fantasy
George MacDonald William Morris

• Phantastes: A Faerie Romance for Men and • The Hollow Land (1856), trad. it. La Terra Cava (Editrice
Women (1858) trad. it. Anodos (1977); Le fate Nord, 1985) nell’antologia Fantasy: i migliori romanzi e
dell’ombra (1990) per la casa editrice Rusconi. racconti della narrativa fantasy di tutti i tempi curata da
Il romanzo racconta il viaggio onirico, di Sandro Pergameno. La storia presenta un «passaggio
introspezione e di esplorazione, del giovane graduale da un Medioevo reale, dove vige la legge del più
Anodos, in un misto tra realtà e mondo forte e della vendetta, ad una terra ideale, dove regnano la
fiabesco. pace e l’amore, alla quale il paladino accede attraverso un
incantesimo».
• The Princess and the Goblin (1872), trad. it.
col La principessa e il goblin (Mondadori, • The Wood Beyond the World (1894), trad. it. col titolo Il
1989). bosco oltre il mondo (Akropolis, 1980).

• Lilith: A Romance (1895), trad. it. Lilith • The Well at the World’s End (1896), trad. it. La fonte ai
(Philobilion, 2001). confini del mondo (Fanucci Editore, 2005).
Lord Dunsany

All’inizio del Novecento l’eredità di Morris


fu raccolta da Lord Dunsany, che adattò il
fantasy alla forma del racconto, in cui
prevale il tema del sogno e la creazione di
nuovi mondi per evadere dalla moderna
realtà tecnologica.
Il suo romanzo più famoso è The King of
Elfland’s Daughter (1924), tradotto in
italiano col titolo La figlia del re degli elfi
(Saga, 1977).
James Branch Cabell Eric Rucker Eddison
Romanziere statunitense, «sviluppò Portò il fantasy «all’apice stilistico» in un
l’elemento ironico [del fantasy] nella sua romanzo ricco «di fine e barocca narrativa»
scritto nel 1922, ovvero The Worm
elegante ed elaborata serie» di venticinque
Ouroboros, tradotto in italiano col titolo Il
volumi ambientata nel regno di Poictesme, serpente di Ouroboros (Fanucci Editore,
di cui fanno parte romanzi quali Jurgen A 1992), che precede la trilogia di
Comedy Of Justice (1919), tradotto in Zimiamvia.
italiano col titolo Jurgen (Mondadori,
1992), Domnei: A Comedy Of Woman- Nel 1923 il fantasy raggiunge
Worship (1920), Figures Of Earth: A la sua diffusione nella
Comedy Of Appearances (1921), tradotto letteratura popolare con la
in italiano col titolo Don Manuel di rivista pulp americana
Poictesme (Mondadori, 1990). «Weird Tales», dedicata al
fantastico e all’orrore.
Robert E. Howard

Robert E. Howard è concordemente considerato


l’iniziatore del racconto Sword & Sorcery. Il suo
personaggio, Conan, è un gigantesco barbaro con una
montagna di muscoli e una folta massa di capelli
corvini sempre alle prese con mostri e stregoni, re e
principesse, in un mondo fantastico e colorito che altro
non sarebbe, secondo l’autore, che una Terra
immaginaria del lontano passato […].
Il nuovo, essenziale elemento che Howard introdusse
nel genere fu l’enfasi sull’ambizione brutale ed eroica
del protagonista, che è visto senza la minima ironia ed
assomma in sé tutte le virtù fisiche esistenti (quasi mai
accompagnate dalle corrispondenti doti mentali).
Clark Ashton Smith

Clark Ashton Smith è il


creatore di Hyperborea «un
continente gelato ai tempi di
un’immaginaria preistoria».
1939 «Unknown»
È diretta da John Wood Campbell jr., il quale «voleva che gli autori ponessero maggiori enfasi sulla
logica delle storie più che sugli elementi magici e sovrannaturali».

Fritz Leiber, è stato uno dei maestri della fantasia eroica e della Sword & Sorcery, termine che egli stesso ha
coniato. Il suo nome è ormai indissolubilmente legato alla splendida saga avente a protagonista Fafhrd, il gigante
barbaro venuto dal Nord, e il Gray Mouser (noto anche come l’Acchiappatopi Grigio), il piccolo spadaccino
vestito di grigio e dall’astuzia machiavellica. Il ciclo dei due simpatici bricconi, ambientato nel fantastico mondo
di Newhon, è davvero unico per la raffinatezza dello stile di Leiber (uno degli autori più colti del genere
fantastico) e per la vivacità e il senso dell’umorismo che spesso traboccano dalle sue pagine.
Lyon Sprague de Camp, autore ormai classico del genere fantascientifico, è in realtà più un maestro dell’heroic
fantasy, genere che ha nobilitato con classici come il ciclo del Castello d’Acciaio e rinnovato in epoche più recenti
con una carica umoristica e sarcastica tutta sua, come si può notare nel divertente ciclo di Jorian di Iraz. Ka the
Appalling, composto negli anni cinquanta, quando De Camp sentiva crescere sempre più dentro di sé l’interesse
per Howard e l’heroic fantasy, testimonia come anche lui non fosse immune al fascino di Atlantide e della sua
leggenda.
Fletcher Pratt pubblicò nel 1948 The Well of the Unicorn, tradotto in italiano col titolo Il pozzo dell’unicorno
(Mondadori, 1988).
J.R.R. Tolkien
• The Hobbit (1937), trad. it. Lo Hobbit o la Riconquista del Tesoro (Adelphi, 1973).
• On Fairy-Stories, apparso prima in una conferenza nel 1939 e poi pubblicato nel 1947, trad. it.
Sulle fiabe e contenuto per la prima volta nel volume Albero e foglia del 1976 a cura della casa
editrice Rusconi.
• Lord of the rings, trad. it. Il signore degli anelli (Rusconi, 1970):
The Fellowship of the Ring (1954).
The Two Towers (1954).
The Return of the King (1955).
• The Silmarillion, trad. it. Il Silmarillion (Rusconi, 1978), a cui l’autore ha iniziato a lavorare
durante la Prima Guerra Mondiale e che è stato poi pubblicato postumo dal figlio Christopher
Tolkien nel 1977.
C.S. Lewis

• The Chronicles of Narnia, pubblicata in sette volumi tra il 1950 e il 1956 e


tradotta in italiano col titolo Le Cronache di Narnia da Mondadori (prima edizione
completa 1992-1993).
• Trilogia dello spazio, trattati di fanta-teologia:
Out of the Silent Planet (1938), trad. it. col titolo Lontano dal pianeta silenzioso
(Mondadori, 1951);
Perelandra (1943), trad. it. col titolo Perelandra (Mondadori, 1951);
That Hideous Strength (1946), trad. it. col titolo Questa orribile forza (Mondadori,
1953).
Michael Moorcock
Mentre negli altri cicli Moorcock
rimane di solito attaccato ai canoni
tradizionali, nel ciclo di Elric,
principe albino di un mondo in
piena decadenza fisica e morale,
egli crea una figura di eroe
completamente nuova, un
personaggio controverso e umano,
dalla personalità estremamente
complessa, con cui, in un certo
senso, l’autore tende a identificarsi.
La figura di Elric di Melnibonè e
l’atmosfera cupa e spettrale che
pervade l’intero ciclo […] rendono
questa saga davvero unica nel suo
genere.
Tanith Lee
Tanith Lee è stata la prima donna a
vincere il British Fantasy Award nel 1980
col suo romanzo Il Sovrano della Morte.
Autrice di tantissimi romanzi ha
sperimentato molti generi dalla
fantascienza allo sci-fi, dall’horror al
fantasy. Ha scritto anche dei retelling di
alcune fiabe come Red As Blood (1979),
trad. it. Rosso come sangue (Editrice
Nord, 1985), retelling di Biancaneve; e
Wolfland (1980), trad. it. La terra dei lupi
(Editrice Nord, 1985), retelling di
Cappuccetto Rosso. L’opera più
conosciuta di Tanith Lee è I racconti della
Terra Piatta (Tales of the Flat Earth).
Ursula K. Le Guin
Ursula K. Le Guin, figlia di un noto antropologo
e di una scrittrice, ha iniziato a inventare storie di
fantascienza fin da bambina; ha pubblicato il
primo racconto nel 1962, ma è divenuta famosa
nel 1969 vincendo sia il Premio Nebula che il
Premio Hugo per The Left Hand of Darkness
(1969), trad. it. La mano sinistra delle tenebre
(Libra Editrice, 1971), nuova edizione La mano
sinistra del buio (Mondadori, 2021). Anarchica e
femminista, è una delle rare esponenti della
fantascienza utopica contemporanea, ma
soprattutto una scrittrice capace di toccare temi
profondi e attuali, dai diritti civili al pacifismo,
all’ambiente. La sua saga più famosa è il Ciclo di
Terramare (Earthsea).
Terry Brooks
Nel 1977 il suo primo romanzo, The
Sword of Shannara, fu un clamoroso
successo e rimase per oltre cinque
mesi nella classifica dei libri più
venduti compilata dal “New York
Times”. È il primo della sua opera
più famosa, “La saga di Shannara”,
che si compone di più di trenta
romanzi, suddivisi in diversi cicli
narrativi. È interessante come
l’autore abbia mescolato gli elementi
classici del fantasy, con creature quali
nani, gnomi ecc., in un mondo
futuristico devastato da conflitti
nucleari. Nonostante sia ambientato
nel futuro è una digressione all’epoca
pre-industriale e pre-tecnologica, in
cui la magia regna sovrana.
Robert Jordan

Robert Jordan è autore della saga The Wheel of Time, pubblicata dal 1990 al 2005 e continuata postuma da Brandon
Sanderson come coautore, tradotta in italiano col titolo La ruota del tempo prima da Mondadori a partire dal 1992
fino al romanzo The Dragon Reborn (trad. it. Il drago rinato, 1995) e poi da Fanucci a partire dal 2002 fino alla sua
conclusione.
J.K. Rowling

Harry Potter and the Philosopher’s Stone (1997), trad. it. Harry Potter e la pietra filosofale (Salani, 1998).
George R.R. Martin

Il primo romanzo, A Game of Thrones, è stato pubblicato nel 1996. La saga (A Song of Ice and Fire) è stata
tradotta in italiano col titolo Cronache del ghiaccio e del fuoco mentre il primo romanzo, Il trono di spade,
è stato edito da Mondadori nel 1999 .
Gianluigi Zuddas, 1978
Like the Hyborian Age of Robert E. Howard’s books,
Zuddas’ novels are set in a distant past, in the Mediterranean
basin of 10,000 years ago. His works remained a case of
relative and somewhat isolated success, although some
exciting experiments were attempted. One of these were the
two books Le spade di Ausonia and I guerrieri di Ausonia,
both printed by Akropolis in 1982. These two volumes were
an attempt to lay the foundations for an Italian heroic fantasy
(L. Gambarini, F. Toniolo, Looking for an Italian Style
fantasy, in The Palgrave Handbook of Global Fantasy, a
cura di Elana Gomel e Danielle Gurevitch, Springer
Springer International Publishing AG, 2023).
Le spade di Ausonia contiene tre romanzi brevi di heroic
fanyasy, scritti da Adalberto Cersosimo, Alex Voglino e
Gianluigi Zuddas.
I guerrieri di Ausonia contiene i romanzi scritti da Luigi De
Pascalis, Adolfo Morganti e Benedetto Pizzorno.
Licia Troisi

• Cronache del Mondo Emerso:


1 – Nihal della Terra del Vento (2004).
2 – La missione di Sennar (2004).
3 – Il talismano del potere (2005).
• Guerre del Mondo Emerso (2006-2007).
• Leggende del Mondo Emerso (2008-2010).
• La ragazza drago (2008-2012).
• I Regni di Nashira (2011-2015).
• La saga del Dominio (2016-2018).
• Guerre del Multiverso (2022- ancora in corso).
Cecilia Randall

• Hyperversum (2006-2019).
• Gens Arcana (2010).
• Millennio di Fuoco (2013-2014).
• Artia di Camelot (2022).
Il Fantasy in Francia
• Mathieu Gaborit, Chroniques des Crépusculaires (1995), uno high fantasy che vede come protagonista
il figlio di un barone che non vuole seguire il destino impostogli dalla famiglia;
• Pierre Grimbert, Le Secret de Ji (1996), una serie di quattro romanzi, nel primo ciclo, dalle influenze
tolkeniane, considerati da molti il capolavoro del fantasy francese;
• Fabrice Colin, Arcadia (1998), un low fantasy a cavallo tra passato e presente, e la trilogia Winterheim
(1999) uno high fantasy sulla mitologia norrena;
• Laurent Kloetzer, La Voie du Cygne (1999) uno high fantasy ricco di intrighi e mistero;
• David Calvo, Délius une chanson d’été, (1997), un mystery fantasy vittoriano in cui i protagonisti
devono trovare un assassino che riveste di fiori gli stomaci dei suoi cadaveri.
• Pierre Pevel, trilogia Cycle de Wieldstadt (2001-2004, Grand Prix de l’Imaginaire 2002), trilogia Les
Lames du Cardinal (2007-2010), trad. it. Le lame del cardinale (Mondadori, 2017).
• Henri Loevenbruck, La Moïra (2001), trilogia ambientata in un’antica Irlanda rivisitata in chiave
fantasy, trilogia Gallica (2004-2005) un fantasy storico ambientato nella Francia medievale.
• Jean-Philippe Jaworski, Gagner la guerre (2009), trilogia Rois du monde (2013-2020), un fantasy
celtico intriso di lotte familiari e guerre tra tribù rivali.
Fantasy francesi in Italia
• Serge Brussolo, Pèlerins des ténèbres (2000) trad. it. I pellegrini delle tenebre (2005), La Captive
de l’hiver (2001) trad. it. La prigioniera dell’inverno (2006), Peggy Sue et les fantômes (2001-
2006), trad. it. Peggy Sue e gli invisibili (2002-2008).
• Luc Besson, Arthur et les Minimoys (2002-2005), trad. it. Arthur e il popolo dei Minimei (2004-
2007).
• Pierre Bottero, La quête d’Ewilan (2003), trad. it. Ewilan dei due Mondi (2007-2009).
• Alain Damasio, Horde du contrevent (2004), trad. it. L’orda del vento (Nord, 2009).
• Christelle Dabos, La Passe-miroir (2013-2019), trad. it. L’Attraversaspecchi (2018-2020).
• Victor Dixen, Vampyria. La cour des ténèbres (2020), trad. it. Vampyria. La corte delle tenebre
(2022).
• Guillaume Chamanadjian, Le sang de la cité. Capitale du sud (2021), trad. it. Il sangue della
città. Capitale del sud (2024).
• Philippe Lechermeier, Maldoror. Les enfants de la Légende (2022), trad. it. Maldoror. I ragazzi
della leggenda (2023).
Christelle Dabos
Classe 1980, è cresciuta a Cannes, in Costa Azzurra.
Ha frequentato la facoltà di Lettere all’Università di Nizza.
A 25 anni si trasferisce in Belgio.
Nel 2007 nasce la prima idea per la saga de L’Attraversaspecchi e
subito dopo le diagnosticano un cancro alla mascella.
Si rifugia nella piattaforma di scrittura amatoriale e di fanfiction
Plume d’argent, dove viene a conoscenza del concorso istituito da
Gallimard Jeunesse, in cui tra 1362 manoscritti pervenuti risulta
vincitrice.
Les Fiancés de l’hiver (2013) trad. it. Fidanzati dell’inverno
(2018); Les Disparus du Clairdelune (2015) trad. it. Gli scomparsi
di Chiardiluna (2019); La Mémoire de Babel (2017) trad. it. La
memoria di Babel (2019); La Tempête des échos (2019) trad. it.
Echi in tempesta (2020). I primi due romanzi hanno vinto nel 2016
il Grand Prix de l’Imaginaire nella categoria Roman jeunesse
francophone.
Et l’imagination prend feu (Le Robert, 2022).
Ici et seulement Ici (2023) trad. it. Qui, solo Qui (2023).
Nous (Gallimard Jeunesse, 2024).
Le sue fonti d’ispirazione
Il titolo della saga, La Passe-miroir, è un omaggio al racconto fantastico Le Passe-muraille di Marcel Aymé del 1941, che
racconta le sorprendenti avventure di Monsieur Dutilleul, un uomo con la capacità di passare attraverso i muri.
Harry Potter, Queste oscure materie di Philip Pullman, Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll, cartoni animati quali
Il castello errante di Howl di Hayao Miyazaki: «Marcel Aymé m’a donné le goût de la lecture, J.K. Rowling m’a transmis le
déclic de l’écriture, Philip Pullman m’a montré un horizon de possibilités, Hayao Miyazaki m’a ouvert les yeux en grand et
l’univers d’Alice au Pays des Merveilles me hante presque malgré moi».
Ispirazioni di natura francese: «Mon goût pour l’ambiance Belle Époque me vient probablement en bonne partie des Arsène
Lupin de Maurice Leblanc que j’ai dévorés pendant mon adolescence. La nuit des temps de Barjavel et La vie éternelle, roman
d’Attali m’ont chacun fait l’effet d’une claque: je me demande d’ailleurs si ma fascination pour le lointain passé et les
civilisations perdues n’a pas débuté avec eux. La saga littéraire L’esprit de famille de Janine Boissard m’a aussi laissé une
émotion indélébile. Et au-delà des romans, il y a aussi les mythologies, les contes, les récits bibliques, les bandes dessinées, les
mangas, les films, les films d’animation et les séries qui ont imprégné (et qui continuent encore d’imprégner) mon
imaginaire!».
Decisiva sarà la lettura dell’Antico Testamento: «Dieu est récurrent dans ce que j’écris. Cela provient sans doute d’un
questionnement que j’ai depuis très jeune. Au catéchisme, je prenais tout au premier degré et je n’avais aucun esprit critique.
J’ai trouvé la lecture de l’Ancien Testament traumatisante. Et finalement, cette entité, je n’y croyais plus. Ce n’était pas à ça
que je voulais croire. Quand je suis arrivée en Belgique, j’ai découvert A la croisée des mondes de Philip Pullman: ce fut une
claque, plus forte même qu’Harry Potter. Il abordait à travers ses thèmes des questionnements qui me parlaient de moi, de
nous. C’est ce que j’essaie de revivre à travers l’écriture. La figure de Dieu rejaillit dans l’histoire, comme un questionnement,
même si je ne suis plus du tout pratiquante. Mais c’est une figure très paternaliste dans une société qui a tendance à infantiliser
l’humanité».
Il worldbuilding I. Anima, l’Arca di Artemide (signora degli oggetti),
II. Il Polo, l’Arca di Faruk (signore delle menti),
III. Totem, l’Arca di Venere (signora degli animali),
IV. Cyclope, l’Arca di Urano (signore del magnetismo),
V. Flore, l’Arca di Belisama (signora del verde),
VI. Plombor, l’Arca di Mida (signore della trasmutazione),
VII. Pharos, l’Arca di Horus (signore dell’incanto),
VIII. La Serenissima, l’Arca di Fama (signora della divinazione),
IX. Heliopolis, l’Arca di Lucifer (signore della folgore),
X. Babel, l’Arca dei gemelli Helena e Polluce (signori dei
sensi),
XI. Il Deserto, l’Arca di Djinn (signore delle acque calde),
XII. Il Tartaro, l’Arca di Gaia (signora dei fenomeni tellurici),
XIII. Zefiro, l’Arca di Olimpio (signore dei venti),
XIV. Titan, l’Arca di Yin (signora della massa),
XV. Corpolis, l’Arca di Zeus (signore della metamorfosi),
XVI. Sidh, l’Arca di Persefone (signora della temperatura),
XVII. Selene, l’Arca di Morfeo (signore dell’onirismo),
XVIII. Vesperal, l’Arca di Viracocha (signore della
“Mappa delle Rose dei Venti e loro fantomizzazione),
destinazioni”, tratta da La memoria di Babel. XIX. Al-Ondaluz, l’Arca di Rê (signore dell’empatia),
XX. La Stella, Arca neutra (sede delle istituzioni interfamiliari).
Anima
Le vecchie dimore hanno un’anima, si sente spesso dire. Su Anima, l’arca in cui gli oggetti prendono vita, le vecchie
dimore avevano più che altro la tendenza a sviluppare un carattere orribile.
L’Archivio di famiglia, per esempio, era sempre di malumore. Per esprimere il suo malcontento non faceva che
scricchiolare, cigolare, sgocciolare e sbuffare. Non gli piacevano le correnti d’aria che d’estate facevano sbattere le porte
chiuse male. Non gli piacevano le piogge che d’autunno gli tappavano le grondaie. Non gli piaceva l’umidità che
d’inverno penetrava nei muri. Non gli piacevano le erbacce che ogni primavera tornavano a invadergli il cortile.
Ma la cosa che all’edificio dell’Archivio piaceva meno erano i visitatori che non rispettavano gli orari d’apertura.
È probabilmente il motivo per cui in quell’alba di settembre l’edificio scricchiolava, cigolava, sgocciolava e sbuffava
ancora più del solito: perché sentiva arrivare qualcuno ed era decisamente troppo presto per consultare gli schedari. Per
giunta il visitatore non era educatamente in attesa davanti al portone, no, stava penetrando nei luoghi come un ladro,
direttamente dal guardaroba dell’Archivio.
Nel bel mezzo della specchiera di un armadio emerse un naso.
Il naso venne avanti, subito seguito da un paio di occhiali, un’arcata sopraccigliare, una fronte, una bocca, un mento,
guance, occhi, capelli, collo e orecchie. Sospesa al centro dello specchio fino alle spalle, la faccia guardò a destra e a
sinistra. Poi, più in basso, affiorò la piega di un ginocchio portandosi dietro un corpo che si estrasse dal vetro tutto
insieme, come se uscisse da una vasca da bagno. La figura sbucata dallo specchio consisteva in un vecchio cappotto
logoro, un paio di occhiali grigi e una lunga sciarpa a tre colori.
Sotto quegli strati c’era Ofelia.
Ofelia
«Je suis allée dans le petit bois près de chez moi pour me changer
les idées et lâcher prise. Et là, j’ai eu cette image qui m’a tellement
plu que j’ai remisé l’autre histoire dans un tiroir. J’ai vu un visage
qui sortait d’un miroir avec son écharpe qui se débobinait
jusqu’au sol. Je suis tombée amoureuse de cette image. Tout
l’univers de la Passe-miroir en a découlé».
«Ophélie est mon reflet inversé en ce sens qu’elle est plus
courageuse que moi. Elle ne cherche pas à plaire alors que ce désir
était très inscrit en moi. Mais on partage aussi des choses: la
maladresse par exemple et aussi les problèmes de vue. Elle me
donne beaucoup de force.» […].
«On me dit souvent qu’Ophélie me ressemble beaucoup. Si elle est
un reflet de moi, alors c’est un reflet inversé: Ophélie est toute
frêle à l’extérieur et toute solide à l’intérieur; moi, je suis plutôt
bien charpentée au dehors et fragile à l’intérieur. Pourtant, ce n’est
pas tellement de moi que je me suis inspirée à l’origine pour la
créer, mais d’une amie qui m’a appris à rire de ma maladresse et à
composer avec sans faire de complexe».
Attraversare gli specchi

«[…] Gli Attraversaspecchi sono rari in famiglia, e sai perché?». […]


«Perché è una forma di lettura un po’ particolare?» azzardò. […]
«No, sono due cose ben diverse! Leggere un oggetto significa dimenticare un po’ se
stessi per fare posto al passato di un altro, mentre attraversare gli specchi significa
affrontare se stessi. Ci vuole fegato per guardarsi negli occhi, vedersi per ciò che si
è, immergersi nel proprio riflesso. Quelli che si mettono un velo davanti alla faccia,
che mentono a se stessi e si vedono migliori di ciò che sono non ce la faranno mai.
Credimi, non è cosa da tutti!».
Il Polo

L’autrice si è ispirata al Polo Nord, alla corte di Luigi


XIV e alla Costa Azzurra.
Nel secondo volume, infatti, Ofelia e la sua famiglia
raggiungono una stazione termale che si chiama
Sabbie d’Opale, ispirata a Les Sables-d’Olonne, una
località balneare situata sulla costa atlantica della
Francia.
Per gli abitanti del Polo si è ispirata alla Russia, alla
Scandinavia e agli antichi popoli germanici.
Città-cielo
Ofelia si stava storcendo il collo, tanto
7 Appartamenti di Faruk era incapace di distogliere lo sguardo
6 Gineceo dalla monumentale cittadella che si
5 Molo elevava fino alle stelle.
4 Opera di famiglia Inerpicato su un muraglione, un
3 Terme cammino di ronda avvolgeva la
2 Giardini sospesi fortezza a spirale serpeggiando fino in
1 Sala del Consiglio ministeriale cima. Città-cielo era molto più strana
0 Ambasciata di Chiardiluna che bella. Torrette dalle forme diverse,
alcune panciute, altre affusolate, altre
a Intendenza ancora sbilenche, sputavano fumo da
b Palazzo di polizia ogni comignolo. Le scale sospese
c Manifattura Ildegarda & Co scavalcavano maldestramente il vuoto
e non comunicavano alcuna voglia di
arrischiarvisi. Le finestre, a vetrate o a
riquadri, smaltavano la notte di una
gamma di colori mal assortiti.
“A bordo di Città-cielo”, tratta da Gli scomparsi di
Chiardiluna.
LA CORTE DI CITTÀ-CIELO: «UNA GROTTESCA SCENA
DI TEATRO IN CUI SI DISTRIBUISCONO PUGNALATE
DIETRO LE QUINTE»
Suo padre è uno specialista dell’enigma dell’uomo con la maschera di ferro.
Thorn è ispirato al sovrintendente alle finanze Nicolas Fouquet.
Berenilde è ispirata alle favorite di Luigi XIV «la douce et maternelle Madame de Maintenon d’un
côté, la sublime et redoutable Madame de Montespan de l’autre».
La corte è quella di Luigi XIV, traslata, però, nel XVIII e XIX secolo, come si dimostrano diverse
spie linguistiche sia nel vestiario che nella mobilia:
• Gibus, s. m. [dal cognome di un cappellaio parigino, che l’inventò intorno al 1830]. – Varietà di
cappello a cilindro, ormai in disuso, fornito di molle a scatto che permettevano di appiattirlo e di
collocarlo così sotto il braccio .
«Archibald sembrò esitare, poi dette una botta al gibus, che si appiattì e riallungò come una molla.
Balzò giù dal pozzo e offrì a Ofelia una mano galante nonché il suo più bel sorriso».
• Redingote, 〈rëdẽgòt〉 s. f., fr. [adattam. dell’ingl. riding coat, propr. «veste (coat) per cavalcare
(riding)», dalla destinazione originaria di questa foggia di abito]. – 1. Abito con giacca lunga fino al
ginocchio e falde aperte nella parte posteriore, usato in Europa dal sec. 18° per cavalcare e per la caccia a
cavallo, e dal sec. 19° al primo Novecento come abito maschile, sempre elegante, da passeggio: una r. di
panno grigio, una r. nera con alamari e bottoni d’oro […].
«Archibald non si pettinava mai, si radeva a stento, ostentava guanti bucati, redingote bucate e cappelli
bucati senza che ciò incidesse sulla sua serafica bellezza, una bellezza di cui faceva largo uso e abuso con le
dame».
• Pince-nez, 〈pẽs né〉 locuz. m., fr. (propr. «stringi-naso»). – Tipo di occhiali senza stanghette, in uso
nell’Ottocento e nel primo Novecento, in cui le due lenti erano unite da una molla che le teneva ferme sul
naso, stringendolo da una parte e dall’altra (detto anche, con termine ital., occhiali a molla): baffi
professorali, che accompagnava con occhiali a pince-nez sulla punta del naso (C. Levi).
«Era stato il diplomatico della prima fila a risponderle. Si reggeva il pince-nez con una mano mentre con
l’altra si sfregava vigorosamente le palpebre per tenersi sveglio».
• Secrétaire, 〈sëkretèer〉 s. m., fr. (propr. «segretario»). – Tipo di mobile in uso spec. nei secoli 18° e 19°,
che consta di un corpo inferiore a cassetti o sportelli, e di un corpo superiore costituito da un piano
ribaltabile (calatoio), per lo più usato come piano per scrivere, e da una serie di nicchie e cassetti intorno a
un motivo a edicola; viene indicata con lo stesso nome anche una piccola scrivania a gambe alte e sottili,
formata da un solo corpo apribile a ribalta.
«Ofelia si mise un dito sulla bocca per farle capire di parlare più piano. Si avvicinò al secrétaire e si rigirò tra
le mani la lettera della zia».
• Bergère, ‹berˇ∫èer› s. f., fr. (propr. «pastora»). – Tipo di poltrona entrato in uso alla corte di Luigi XV intorno al 1720,
elemento caratteristico dell’arredamento di quel secolo e del successivo; nella forma più comune è piuttosto bassa, con i
braccioli lievemente divaricati, comodamente imbottita per tutta l’estensione della spalliera e dei braccioli, spesso
fornita di un grande cuscino mobile .
«Berenilde si adagiò su una bergère del salotto con la grazia naturale che contrassegnava tutti i suoi gesti, e si rimise in
piedi con la stessa fluidità».
• Boudoir, ‹budu̯àar› s. m., fr. [der. di bouder «fare il broncio, essere ritroso»; cioè propr.: luogo dove ritirarsi, lontano
dagli altri, in ritrosa solitudine]. – Salottino da signora (per conversazione elegante e intima o per toletta), venuto di
moda nel sec. 18°.
«Un attacco di tosse le rimbombò nel petto. Aspettò che le fosse passato per spingere la porta di servizio che portava al
salottino bianco, un boudoir tutto al femminile che era il più comodo e delicato del castello, pieno di merletti, cuscini,
velluti e mollezze. Un’illusione poetica faceva cadere dal soffitto fiocchi di neve che non raggiungevano mai il
tappeto».
Vi sono, inoltre, altri termini tratti dalla storia della Francia, come i cahiers de doléances, i quali conservano la loro
funzione originaria di raccolta di lamentele e proposte da presentare al sovrano. In questo caso vengono presentate a
Faruk:
«Esatto» disse lo spirito di famiglia. «La vostra richiesta di riabilitazione è stata presa in considerazione e debitamente
trascritta nel cahier de…».
«Nel cahier de doléances, sire».
«Giusto. Sarà oggetto di una delibera a cui seguirà il voto dei… ehm…».
«Dei deputati, sire».
«Ecco. Adesso potete andare».
Dopo tutto erano misure comprensibili, visto che Archibald dava ospitalità a nobili che temevano per la
propria vita, ministri di rilievo e favorite invidiate. Ofelia si rese conto che in quel luogo nessuno
apprezzava davvero qualcun altro. I Miraggi mal sopportavano la presenza di Berenilde, ma diffidavano
anche di Archibald e delle sue sorelle, nelle cui mani rimettevano la propria vita. Si sorrideva molto, ma
gli sguardi erano equivoci, le frasi ambigue, l’aria avvelenata. Nessuno si fidava di nessuno, e tutti si
stordivano di feste per non pensare a quanto avessero paura gli uni degli altri.

ATTENTI AGLI SCARAFAGGI!


Sono dappertutto. Si infiltrano nelle nostre case, nelle nostre esistenze, nel cuore stesso del potere. Sono
la decadenza personificata. Il nostro intendente? Nobiltà bastarda. Sua zia? Una lugubre razza in via di
estinzione. E ora addirittura introducono a corte, nel sancta sanctorum, un’Animista senza educazione!
Non fidatevi della sua aria da sempliciotta, quell’intrigante aspetterà che guardiate da un’altra parte per
posare le sue mani ficcanaso sulle vostre cose. Gli stranieri, cari lettori, sono come gli scarafaggi.
Lasciatene entrare uno, e presto la casa ne sarà piena. E, come se l’invasione di questi esseri nocivi non
bastasse, i decaduti chiedono oggi di tornare fra noi! Dobbiamo pensare che quei clan degenerati
abbiano già dimenticato gli errori commessi dai loro genitori? Riprendiamoci, di grazia, e teniamo gli
scarafaggi alla larga dalla nostra prestigiosa Città-cielo. […] Non dimentichiamo che la madre del
signor intendente, oggi decaduta, era fino a ieri la più infame delle complottiste […]. Tale madre tale
figlio?
“I clan del Polo”, tratta da Gli scomparsi di Chiardiluna.
Babel La terza Arca in cui è ambientata la storia è quella di Babel,
famosa per il suo cosmopolitismo e per essere destinata a
conservare la memoria del loro Mondo. Per crearla l’autrice si
è ispirata all’India, all’isola La Riunione e all’antica
Babilonia. Uno dei luoghi chiave dell’Arca è il Memoriale,
ovvero un enorme biblioteca destinata alla conservazione della
memoria delle Arche e di tutta l’umanità. Per crearlo l’autrice
si è ispirata a una biblioteca realmente esistente con un globo
appeso al soffitto, il quale richiama il Secretarium, il globo
sospeso all’interno del Memoriale:

«Alzando ancora di più lo sguardo vide un gigantesco globo


del vecchio mondo galleggiare in assenza di gravità sotto la
cupola di vetro. Un mondo intatto. Un mondo dimenticato. Un
mondo al quale Ofelia era fermamente intenzionata a strappare
i suoi segreti».

Per la catalogazione dei vari documenti ha attinto dalla sua


formazione come bibliotecaria e si è ispirata ai primi modelli
di computer.
L’aspetto linguistico
«Dans mon esprit, l’accent des Animistes est proche du Wallon en Belgique. L’accent des habitants du
Pôle serait plutôt slave. L’accent des Arcadiens (Mère Hildegarde) hispanique. L’accent des Babéliens
(Lazarus) à la fois british et indien. L’accent des Devins (l’expert linguistique engagé par Archibald)
italien».

– Mediana, de la deuxième division de la compagnie des avant-coureurs, se présenta officiellement la


garçonne. Mais cela, tu le savais déjà, n’est-ce pas? Les prédictions de mes cousins provoquent presque
autant d’accidents qu’elles en préviennent. Méfie-toi, signorina, ils en profitent un peu.
Son accent lui faisait prononcer chaque mot avec un ronronnement de volupté. Ophélie récupéra son verre
d’un geste prudent.

«Sono Mediana, della seconda divisione della compagnia dei precorritori» si presentò ufficialmente la
maschietta. «Ma lo sapevi già, vero? Le predizioni dei miei cugini provocano quasi altrettanti incidenti di
quelli che prevengono. Stai accorta, mademoiselle, se ne approfittano un po’».
Aveva un accento che le faceva pronunciare ogni parola con un ronzio voluttuoso. Ofelia recuperò
prudentemente la lente.
“The Babel Memorial. It’s over there that the XXIInd Interfamilial Exhibition was held. That’s what you
were asking the guide about, isn’t it? Pardonnez-moi, mademoiselle, I couldn’t stop myself from listening to
you. My father says that curiosity is a ‘fine flaw,’ but I always tend to meddle in what’s none of my business.
And to talk too much, also,” he admitted, apologetically, “but I get that from my father as well. On the
subject of your bag, I’m sure you’ll find it again soon. Honesty is a civic duty on Babel.”

«Il Memoriale di Babel, dove si è svolta la XXII Esposizione interfamiliare. Stavate chiedendo questo alla
guida, no? Sorry, miss, non ho potuto fare a meno di ascoltarvi. Mio padre dice che la curiosità è un
“grazioso difetto”, ma io ho sempre la tendenza a ficcare il naso in affari che non mi riguardano. E anche a
parlare troppo» aggiunse in tono di scusa, «ma questo l’ho preso da lui. Quanto alla vostra borsa, sono
sicuro che la ritroverete presto. L’onestà è un dovere civico su Babel».

– Le Mémorial de Babel. C’est là-bas que s’est tenue la XXIIe Exposition interfamiliale. C’est bien ce que
vous demandiez au guide, n’est-ce pas ? Sorry, miss, je n’ai pas pu m’empêcher de vous écouter. Mon père
dit que la curiosité est un « joli défaut », mais j’ai toujours tendance à me mêler de ce qui ne me regarde pas.
Et à trop parler aussi, convint-il sur un ton d’excuse, mais je tiens cela aussi de mon père. Au sujet de votre
sac, je suis persuadé que vous le retrouverez bientôt. L’honnêteté est un devoir civique sur Babel.
La ricerca di identità di Ofelia
«Voi non sopravvivrete».
A Ofelia si fermò il cuore. Per evitare che la tisana le andasse di traverso non ebbe altra scelta che
risputarla nella tazza.
Thorn continuava ostinatamente a darle le spalle. Sarebbe stata disposta a pagare un bel po’ per
guardarlo in faccia e sincerarsi che non si stesse prendendo gioco di lei.
«A che cosa non dovrei sopravvivere?» domandò.
«Al Polo. Alla corte. A questo fidanzamento. Fareste bene a tornare fra le sottane di vostra madre
finché ne avete ancora la possibilità». […] «Più vi osservo e più la mia prima impressione trova
conferma» mugugnò. «Troppo gracile, troppo lenta, troppo coccolata... Non siete fatta per il luogo
in cui vi sto portando. Se mi venite dietro non supererete l’inverno. Fate voi».
Ofelia sostenne il suo sguardo insistito, uno sguardo di ferro, uno sguardo di sfida. Le tornarono in
mente le parole del prozio mentre gli rispondeva:
«Voi non mi conoscete, signore».
Indicò uno specchio della hall. Sentiva con tutto il suo essere che sarebbe
riuscita ad attraversarlo. Non era stata sincera con se stessa e ne stava capendo
la ragione, ma ormai la menzogna era finita. […]
Ignorando l’aria oltraggiata della Relatrice e gli sguardi sbigottiti del resto della
famiglia Ofelia si avvicinò allo specchio fino a riflettersi. Guardò bene in faccia
il volto determinato nonostante i graffi e le ecchimosi, finalmente pronta ad
affrontare quella verità che non aveva voluto vedere.
Non era Thorn ad avere bisogno di lei, ma lei ad avere bisogno di Thorn.
Poi si tuffò anima e corpo nello specchio.
Si guardò intorno alla ricerca di una scappatoia, già sapendo che non l’avrebbe
trovata. Le porte del treno davano sul vuoto e a bordo non c’erano specchi. Se
anche ci fossero stati, era ancora in grado di attraversarli? Da quando era
arrivata a Babel non aveva fatto che mentire a tutti sulla propria identità e sulle
proprie intenzioni, un’impostura molto più strutturata delle commedie
interpretate in passato: non si trattava di un travestimento, come era stato la
livrea di Mime, era proprio un’altra pelle diventata giorno dopo giorno un’altra
natura. A forza di vivere come Eulalia poteva ancora sostenere di essere
Ofelia?

«Oh, sì che ti conosco» insisté Mediana con dolcezza. «So quanta paura hai di
non ritrovare più la persona che ti manca. E so anche» aggiunse dopo un
silenzio eloquente, «quanta paura hai di riuscirci. Detesti essere trattata da
bambina, ma di fronte a un uomo sei e rimani una mocciosa senza esperienza».
Si trovava nello iato fra gli specchi.
«Perché siete venuta a Babel?».
La voce di Thorn vibrò su Ofelia come un diapason. Non era materialmente lì con lei, in quel luogo di
mezzo, ma la domanda aveva una consistenza reale. Erano le prime parole che le aveva detto la sera in
cui si erano rivisti. Quell’eco del passato tornava verso di lei con l’implacabilità di un pendolo.
Perché Thorn le aveva chiesto perché? Non era evidente che era lui l’unica risposta alla domanda?
Nell’istante in cui il pensiero prese forma capì la ragione del suo passaggio nel luogo di mezzo. Quello
spazio era il riflesso del suo stato interiore. Né bambina né adulta, né ragazza né donna, era rimasta
incastrata nella cerniera della propria vita. Aveva aspettato da Thorn parole e gesti che lei non
aveva mai avuto per lui. In nessun momento aveva detto “noi”. In nessun momento aveva fatto un
passo verso di lui. In nessun momento si era messa a nudo.
La verità, l’unica verità, è che era stata una vigliacca.
Quella presa di coscienza la attraversò come una breccia. Le sembrò che fosse l’intera superficie del
suo essere a creparsi da tutte le parti come un guscio d’uovo. Le fece male, ma sapeva che era un dolore
necessario. La sofferenza scoppiò quando la sua vecchia identità andò in frantumi.
Si sentì morire. Poteva finalmente cominciare a vivere.
Il suo eco è l’Attraversaspecchi che lei ha smesso di essere.
«Chi è io».
Ofelia non sa come faccia a parlare, visto che lei è capace di emettere solo suoni inarticolati. Forse è così
perché è nato da una domanda di cui sta aspettando la risposta. Molto bene. Con gesti lenti indica prima lui
poi se stessa.
Tu è io.
L’eco la osserva continuando a masticare.
Ofelia ripete lo stesso gesto al contrario, prima se stessa e poi lui.
Io è tu. […]
L’eco inghiotte il Corno dell’abbondanza come una pillola e, senza dare a Ofelia il tempo di reagire, la afferra
per la sciarpa e si tuffa con lei nello specchio della camera.
La sensazione è atroce.
Ofelia è come introdotta di forza in un’altra pelle. La coscienza individuale dell’eco si dissolve nella sua.
Formano di nuovo un tutto unico. Ha l’impressione contraddittoria di raddoppiare di volume e di appiattirsi
dalle dita dei piedi alla frangia della sciarpa. Non avendo più un davanti né un dietro lo spazio condanna
Ofelia all’immobilità, incastrata a metà strada tra il Dritto e il Rovescio. Il luogo di mezzo.
Una nuova generazione di eroi
«Non me la dai a bere, figlia. Ti nascondi dietro i capelli, dietro gli occhiali, dietro i tuoi mormorii.
Di tutta la nidiata di tua madre sei l’unica che non ha mai versato una lacrima, l’unica che non ha mai
urlato, eppure sei quella che ha fatto più sciocchezze, giuro».
«State esagerando, zio».
«Da quando sei nata non hai smesso un attimo di farti male, sbagliarti, spaccarti la faccia, schiacciarti
le dita, perderti…» proseguì con impeto e ampie gesticolazioni. «Non ti dico le preoccupazioni che ci
hai dato, per un pezzo abbiamo pensato che in una delle tue infinite sciocchezze ci avresti lasciato la
pelle! Ti chiamavano la “signorina che si butta contro il muro”. Ascoltami bene, figlia mia…». Il
prozio si inginocchiò a fatica ai piedi del letto sul quale Ofelia era accasciata con i piedi infilati negli
stivali slacciati, poi la prese per i gomiti e la scosse come per imprimere meglio ogni sillaba nella sua
memoria. «Sei la personalità più forte della famiglia, piccola. Dimentica quello che ti ho detto
l’ultima volta. Prevedo che la volontà di tuo marito si infrangerà contro la tua».
«Ho liberato l’Altro dallo specchio sapendo quello che facevo. Finalmente mi sono
ricordata quella famosa notte e soprattutto la sua voce, sempre che si possa chiamarla voce.
Era tristissima… L’Altro mi ha avvertito che sarei cambiata e che il mondo sarebbe
cambiato. Non sapevo quanto, ma resta il fatto che ho agito con cognizione di causa. In
fondo non vedevo l’ora che le cose cambiassero. Il motivo per cui le arche crollano, per cui
ci sono stati morti e ancora ce ne saranno, è solo che non volevo diventare come mia
madre». […]
«Per tutto questo tempo mi sono sentita guastata dall’intrusione dell’eco di Eulalia nel mio
corpo e nella mia mente. La consideravo la mia impurità. Quando abbiamo cominciato a
capire cos’era il Corno dell’abbondanza ho… diciamo che la mia motivazione era più
egoista della tua. La tua unica aspirazione è sempre stata liberare me e il mondo, hai subito
pensato a come il Corno dell’abbondanza avrebbe potuto riconvertire Eulalia e l’Altro in ciò
che erano all’origine, mentre io ho pensato soprattutto al modo in cui avrebbe potuto
riconvertire me in quella che sarei stata se non ci fossero stati loro. Sennonché adesso so
che il cambiamento è stato una mia scelta fin dall’inizio».
Restituire i dadi al mondo
«Ogni uomo dovrebbe avere il diritto di giocarsi la vita a dadi. I dadi generano risultati
aleatori e indeterminabili, ma la cosa non ha più senso se sono truccati. Tutta la corte
imbroglia, e non potrebbe essere diversamente visto che il nostro spirito di famiglia, il
modello stesso della nostra società, è un imbroglione. Faruk distribuisce favori e disgrazie
secondo l’umore, e non per far rispettare le regole. E ciò che trama il distruttore di mondi è
ancora peggio» sibilò tra i denti. «Ha rubato i dadi dell’umanità senza mai uscire
dall’ombra».
Ofelia era intimidita. Era la prima volta che Thorn si confidava con lei in quel modo.
Finalmente le parlava per davvero, guardandola negli occhi, da pari a pari.
«Quindi voi stavate indagando su Dio fin dall’inizio» disse. «E poi? Che pensavate di
fare?».
Thorn fece un’alzata di spalle, come se fosse evidente.
«Restituire i dadi al mondo. Quello che poi il mondo ci avrebbe fatto non era un mio
problema».
L’inchiostro crea la vita

«Eulalia Diyoh ha creato ventuno spiriti di famiglia immortali» disse Thorn. «Ha
descritto il funzionamento di ognuno di loro in un Libro inattaccabile dal tempo. Ha,
direttamente o indirettamente, provocato la Lacerazione. Ha propagato i poteri
familiari su tutte le arche. Infine» concluse con un disprezzo che gli alterò il tono di
voce, «ha elevato se stessa al rango di una divinità che oggi detiene il controllo su
tutte le famiglie. Eppure nessuno conosce il suo nome. Per i posteri è rimasta
un’autrice anonima di racconti per l’infanzia, per giunta mediocri. Se un’umana così
insignificante è stata in grado di compiere simili prodigi, è logico pensare che altri
possano fare la stessa cosa anche oggi».
Attraversa.
«Perché?».
Perché metà dell’umanità non sa di aver vissuto sul sacrificio dell’altra metà.
Perché ormai tutte le guerre spedite nel Rovescio sono finite. Perché milioni
di uomini e donne hanno finalmente deposto le armi e sono usciti dai loro
conflitti uno dopo l’altro. Perché Eulalia è l’unica a non conoscere la pace.
Perché l’Altro è sordo ai suoi richiami. Perché l’Altro non ha portato la
riconciliazione in nessun cuore e nessun focolare del Rovescio. Perché tutti e
due hanno fatto l’errore di credersi Dio. E perché, pensa Eulalia guardando il
giovane seduto sul letto di Agata, a Babel altre persone stanno commettendo
gli stessi errori in quello stesso momento.
Le contraddizioni di Babel
Trattenuti con difficoltà dalle guardie, uomini e donne si accalcavano tendendo braccia imploranti
verso gli spiriti di famiglia. Puntavano il dito su Ofelia per indicare che anche loro volevano avere il
diritto di perorare la propria causa. L’ombra del tendaggio metteva in risalto l’inchiostro luminoso
che avevano sulla fronte. Le suppliche erano così disperate o indignate che si udivano nonostante le
sirene.
Tutti dicevano la stessa cosa.
«Dateci un lavoro!». […]
Ma né Helena né Polluce reagirono, una chiusa nei suoi echi, l’altro prigioniero dell’indecisione.
«Io ho una soluzione, milord!» esclamò qualcuno. «Fammi lavorare al posto del tuo automa!».
«Un lavoro vero per persone vere!» aggiunse un altro.
La folla cominciò a spintonare Hugo scandendo a una sola voce «Ladro di lavoro! Ladro di lavoro!»
[…]
A terra, sull’imbarcadero, le guardie erano tutte munite di fucili a baionetta. Fucili
veri.
Solo vedendo i fucili Elizabeth si decise finalmente a sollevare lo sguardo, e per la
prima volta parve attraversata dal dubbio. Aprì la bocca esitante, ma fu Thorn a
pronunciare la parola proibita.
«Sono armi. È illegale».
Lady Septima arricciò il naso come se avesse detto una parolaccia.
«È materiale per la prevenzione della pace» lo corresse. «Siete rimasto chiuso in
quell’osservatorio troppo a lungo, sir Henry. Come ho detto, le circostanze sono
cambiate. E le leggi anche. Ciò non toglie che l’Index sia sempre in vigore».

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