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Lezione 6 2024

Il documento esplora la classificazione delle lingue del mondo, evidenziando la distinzione tra classificazione genealogica e areale. Viene discusso il metodo comparativo della linguistica storica, utilizzato per ricostruire le relazioni tra lingue, in particolare all'interno della famiglia indoeuropea. Infine, si menzionano altre famiglie linguistiche e le sfide nella loro classificazione.

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Lezione 6 2024

Il documento esplora la classificazione delle lingue del mondo, evidenziando la distinzione tra classificazione genealogica e areale. Viene discusso il metodo comparativo della linguistica storica, utilizzato per ricostruire le relazioni tra lingue, in particolare all'interno della famiglia indoeuropea. Infine, si menzionano altre famiglie linguistiche e le sfide nella loro classificazione.

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Traccia della lezione

• Le lingue del mondo: classificazione


genealogica e classificazione areale
• La linguistica storica e il metodo
comparativo
Le lingue del
mondo
Quante sono le lingue del mondo?

• Circa 6000: il numero dipende dal criterio scelto


per contarle; se si considerano anche i dialetti, il
numero è destinato a salire!
• Disparità nel numero di parlanti: lingue con più
di un milione di parlanti (inglese, cinese
mandarino), lingue con poche centinaia o decine
di parlanti (lingue in via d’estinzione, endangered
languages)
Le lingue più parlate

https://www.ethnologue.com/guides/ethnologue200
La classificazione genealogica

Due lingue fanno parte dello stesso raggruppamento


genealogico se derivano da una stessa lingua
originaria
Come si fa a stabilire la parentela tra lingue?
Caso più semplice: esiste una lingua storicamente
attestata da cui altre lingue derivano. È il caso delle
lingue romanze (italiano, francese, spagnolo,
portoghese, catalano, rumeno, sardo, ecc.), che
derivano dal latino.
Ma non sempre la lingua originaria è attestata
storicamente. Come ci si comporta in questi casi?
Linguistica storica
La riflessione sul divenire delle lingue è antichissima
(mito dell’unica lingua originaria e della torre di
Babele). Sin dal Cinquecento sono state elaborate
ipotesi alternative (tra le più importanti quella di
Leibniz che ipotizzò l’esistenza di una famiglia
linguistica giapetica, che univa lingue dell’Asia e
dell’Europa, prefigurando quella che verrà più tardi
chiamata famiglia linguistica indoeuropea), ma lo
studio scientifico del divenire delle lingue ha inizio
soltanto nell’Ottocento.
Linguistica storica

Il problema centrale di tutta la linguistica


storico-comparativa dell’Ottocento è stato la
ricostruzione linguistica di fasi linguistiche
precedenti sulla base delle lingue attestate e la
ricostruzione della genealogia delle lingue.
Le lingue indoeuropee
La famiglia linguistica più studiata nelle sue relazioni
genetiche e nel suo sviluppo storico è quella
indoeuropea, sulla quale si è formato il metodo
comparativo, tipico della linguistica storica.
In breve, tale metodo può essere illustrato nel modo
seguente: se consideriamo che il segno linguistico è
arbitrario, e troviamo delle somiglianze tra lingue
superiori a quelle che potrebbero essere frutto solo
del caso (somiglianze lessicali, fonologiche,
grammaticali, si veda più avanti), allora la
spiegazione non potrà che essere di tipo storico (cioè,
una spiegazione in termini di relazione genetica tra le
lingue).
Il metodo storico-comparativo

Il cosiddetto metodo storico-comparativo nasce


nell’Ottocento per dare fondamento scientifico al
confronto tra lingue per mostrare che due o più
lingue sono imparentate. Esso non si basa sulla
semplice somiglianza fra le parole, perché la
semplice somiglianza è un criterio fallace.
Il metodo storico-comparativo
Se si considerassero le parole seguenti si
concluderebbe che italiano e turco sono
imparentate, mentre italiano e tedesco no, mentre
è vero l’esatto contrario
Italiano tedesco turco
Stazione Bahnhof istasyon
Biglietto Fahrkarte bilet
Bagaglio Gepäck bagaj
Treno Zug tren
Il metodo storico-comparativo
La somiglianza tra italiano e turco è dovuta semplicemente a
fenomeni di prestito. Per evitare di incorrere in questi abbagli,
si può prendere in considerazione quella parte del lessico che
più difficilmente è soggetta a prestito, ad esempio i numerali e
i nomi di parentela. Se lo facciamo con le stesse tre lingue, il
risultato è molto diverso da quello precedente
italiano tedesco turco
uno ein bir
due zwei iki
tre drei üç
padre Vater baba
Il metodo storico-comparativo
Anche in questo caso tuttavia la semplice somiglianza
è un criterio difficilmente definibile. In che senso tre e
drei sono simili? La corretta applicazione del metodo
comparativo consiste nell’individuare una serie di
corrispondenze sistematiche tra fonemi e morfemi di
determinate lingue. Questo significa che due parole
corrispondenti in due lingue diverse possono essere
formate da fonemi tutti diversi, eppure avere la stessa
origine. Ma come si fa a dimostrare l’esistenza di
queste corrispondenze sistematiche? Anzitutto
mostrando che esse non si limitano ad una parola sola,
ma si estendono ad altre parole…
Il metodo storico-comparativo

Ovviamente il metodo storico-comparativo


presenta delle difficoltà. Se dobbiamo confrontare
l’italiano, il francese e lo spagnolo, abbiamo a
disposizione un numero enorme di testimonianze
dell’antenato comune di queste lingue (latino). Se
invece confrontiamo inglese, tedesco e svedese, ci
manca l’antenato comune (detto germanico
comune) e possiamo soltanto ricostruirlo.
Il metodo storico-comparativo

Un esempio di comparazione in ambito romanzo:


italiano spagnolo francese romeno
fatto hecho fait fapt
latte leche lait lapt
notte noche nuit noapte
Il metodo storico-comparativo
La comparazione non si effettua fra parole, ma fra
fonemi. In questo caso a una sequenza -tt- dell’italiano
vediamo che corrisponde una sequenza -ch- in spagnolo,
-it- in francese e -pt- in romeno. Il latino ci fornisce
l’antenato comune di questa sequenza, che è -kt-
(factum, lactem, noctem). In francese moderno la
sequenza -it- dopo a- si è monottongata, e la –t finale
non si pronuncia (la grafia mantiene traccia di uno stadio
precedente). Le parole latine sono date all’accusativo
perché è dall’accusativo che derivano le parole delle
lingue romanze moderne (NB: l’accusativo lactem,
maschile, è del latino tardo, mentre in latino classico il
nome era neutro e l’accusativo era lac)
Il metodo storico-comparativo
Un esempio di comparazione in ambito
germanico:
inglese tedesco olandese danese
house Haus huis hus
mouse Maus muis mus
brown braun bruin brun
Il metodo storico-comparativo
In questo caso a una sequenza [aw] dell’inglese e
del tedesco corrisponde una sequenza [øy] in
olandese e [u:] in danese. In mancanza di una
protolingua attestata, ci si chiede quale potrebbe
essere il suono originario da cui questi suoni sono
derivati. In questo caso ci soccorre l’ampia
documentazione di fasi precedenti di queste lingue,
per cui sappiamo che in testi antico inglesi e antico
tedeschi le parole in questione contenevano una –u
lunga, per cui possiamo ipotizzare che l’originaria
forma protogermanica fosse [u:].
Le lingue indoeuropee
Sir William Jones (1746-1794), discorso alla Asiatick
Society di calcutta (2 febbraio 1786):
La lingua sanscrita, quale che sia la sua antichità, è una
lingua di struttura meravigliosa, più perfetta del greco,
più copiosa del latino, e più squisitamente raffinata di
ambedue, nonostante essa abbia con entrambe una
affinità più forte, sia nelle radici dei verbi sia nelle
forme della grammatica, di quanto probabilmente non
sarebbe potuto accadere per puro caso.
 Inizio dell’indoeuropeistica e della linguistica
moderna 
Le lingue indoeuropee: la comparazione

latino pater
greco patēr
sanscrito pitā
gotico fadar
armeno hayr
avestico ptā ecc.
Le lingue indoeuropee: la comparazione

latino pēs (accusativo pēdem)


greco pous (genitivo podos)
sanscrito pad-
gotico fōtus
Le lingue indoeuropee: la comparazione

Sanscrito Greco Latino Gotico


classico
Io porto bhár-āmi phér-ō fer-ō bair-a
Tu porti bhár-asi phér-eis fer-s bair-is
Egli porta bhár-ati phér-ei fer-tbair-i
Noi portiamo bhár-āmas phér-omen fer-imus bair-am
Voi portate bhár-atha phér-ete fer-tis bair-i
Essi portano bhár-anti phér-ousi fer-unt bair-and
Le lingue indoeuropee: i rami principali
Anatolico: ittito; anatolico occidentale: lidio,
luvio e palaico (lingue estinte, parlate in
Anatolia - regione storica compresa
nell’attuale Turchia - nel secondo e primo
millennio a.C.).
Lingue indiane: vedico (lingua letteraria dei
veda); sanscrito (lingua della letteratura
classica: Ramayana, Mahabharata ecc.);
pracriti (lingue attestate dal 300 a.C al 200
d.C.); lingue indiane moderne (hindi,
marathi, gujarati, bengali, ecc).
Le lingue indoeuropee: i rami principali
Lingue iraniche: avestico (lingua dei testi dello
zoroastrismo); antico persiano; persiano moderno,
pashto; ossetico, ecc. (lingue parlate oggi in un’area
che comprende la totalità dell’Iran, dell’Afghanistan
e del Tagikistan, oltre che alcune aree nelle
repubbliche sovietiche meridionali, in Pakistan, Iraq,
Turchia e Siria).
Lingue tocarie: tocario A e tocario B (lingue
attestate dal 500 al 1000 circa d.C., in un’area
corrispondente alla regione cinese dello Xinjiang).
Armeno: lingua ufficiale dell’Armenia.
Le lingue indoeuropee: i rami principali
Greco: lingua della Grecia e delle colonie greche in
Italia meridionale e in Asia Minore in tempi storici;
attestata fin dal XV secolo a.C.
Lingue italiche: latino; osco-umbro; sudpiceno e
altre lingue dell’Italia antica preromana (attestazioni
molto scarse, a parte per il latino). N.B.: l’etrusco
NON fa parte di questo gruppo, non essendo una
lingua indoeuropea.
 Lingue romanze: lingue derivate dal latino e
parlate in un’ampia area dell’Europa odierna
(portoghese, spagnolo [castigliano], catalano,
provenzale, francese, italiano, sardo, ladino, rumeno).
Le lingue indoeuropee: i rami principali

Lingue celtiche: le lingue celtiche superstiti si


suddividono in due gruppi (gaelico: irlandese,
gaelico di Scozia, mannese, estinto nel XX
secolo; britannico: gallese, bretone, cornico,
estinto nel XVIII secolo).
Lingue germaniche: germanico settentrionale
(danese, norvegese, svedese, islandese,
feringio); germanico occidentale (inglese,
frisone, neerlandese, afrikaans, tedesco).
Le lingue indoeuropee: i rami principali

Lingue slave: slavo orientale (russo, bielorusso,


ucraino); slavo meridionale (bulgaro, macedone,
serbo-croato, sloveno); slavo occidentale
(slovacco, ceco, polacco).
Lingue baltiche: baltico orientale (lituano,
lettone); baltico occidentale (antico prussiano, e
altre lingue, tutte estinte).
Albanese: parlato in Albania (due varietà: ghego
e tosco).
Le lingue indoeuropee moderne:
distribuzione geografica
Altre famiglie linguistiche
Famiglia uralica (comprende numerose lingue
parlate in Europa orientale e nell’Asia centrale;
tre lingue uraliche sono lingue ufficiali di
altrettanti stati europei: finlandese, ungherese,
estone)
Famiglia altaica (comprende lingue originarie
dell’Asia centrale, come il mongolo e il turco, il
tataro, il tunguso, secondo alcuni studiosi anche
il giapponese e il coreano; l’esistenza della
famiglia altaica è stata recentemente messa in
discussione)
Famiglie uralica e altaica
Altre famiglie linguistiche
Famiglia afro-asiatica (o camito-semitica):
comprende lingue parlate o estinte appartenenti
all’area che va dal Marocco al Medio Oriente;
comprende l’egiziano antico, l’arabo e l’ebraico.
Famiglia dravidica (comprende lingue non
indoeuropee parlate nel subcontinente indiano: tamil,
malayalam, kannada, ecc.)
Famiglia niger-congo (comprende la maggioranza
delle lingue africane parlate a sud del Sahara: tra
queste la più importante, con circa 60 milioni di
parlanti, è lo swahili, diffuso in Kenya, Tanzania,
Uganda, ecc.)
Famiglie afro-asiatica, dravidica e niger-congo
Altre famiglie linguistiche
Lingue amerindiane (sono le lingue
aborigene d’America, la cui classificazione è
ancora incerta; secondo Edward Sapir
l’enorme varietà linguistica del continente
americano può essere ricondotta a sei
famiglie; secondo Joseph Greenberg, il
numero di famiglie può essere ridotto a tre)
Lingue australiane (vale lo stesso discorso
fatto per le lingue amerindiane, cioè esistono
diverse proposte di classificazione interna)
Lingue amerindiane e lingue australiane
Altre famiglie linguistiche
Famiglia sino-tibetana (cinese mandarino,
cantonese, tibetano, birmano, ecc.)
Famiglia austroasiatica (vietnamita,
khmer, ecc.)
Famiglia austronesiana (comprende le
lingue dell’Indonesia – il bahasa è la più
diffusa – e del Pacifico orientale, ma anche
il malgascio, parlato in Madagascar)
Famiglie sino-tibetana, austro-asiatica e
austronesiana
Famiglie linguistiche: problemi e macro-
classificazioni

Mentre l’esistenza di alcune famiglie si può dire


assodata, in altri casi possono esistere relazioni
genealogiche ancora non individuate
• Per alcuni studiosi le lingue sino-tibetane, austro-
asiatiche e austronesiane apparterrebbero a un’unica
macro-famiglia, denominata sino-austrica
• Secondo lo studioso danese Holger Pedersen, le
famiglie indoeuropea, afro-asiatica, niger-congo e
uralica farebbero parte di un’unica grande famiglia,
detta nostratica
La classificazione tipologica

Due lingue sono tipologicamente simili se


manifestano una o più caratteristiche comuni,
indipendentemente dalla loro origine genealogica
Tipologia morfologica: classificazione delle lingue
sulla base della struttura delle parole
Tipologia sintattica: classificazione delle lingue
sulla base del modo di costruire le frasi
 Abbiamo già parlato della tipologia morfologica.
La tipologia sintattica sarà ripresa nella parte del
corso dedicata alla sintassi.
La classificazione areale
Le lingue hanno anche contatti “orizzontali”:
può accadere che lingue parlate in aree
contigue sviluppino dei tratti comuni per
contatto
Caso emblematico: lega linguistica (o
Sprachbund) balcanica (albanese, greco
moderno, bulgaro, macedone, serbo-croato,
rumeno, lingue legate geneticamente –
indoeuropee – ma non appartenenti a un’unica
sotto-famiglia).
La lega linguistica balcanica

Caratteristiche comuni alle lingue della lega


balcanica:
- Scomparsa dell’infinito (sostituito da frasi
subordinate)
Greco: thelo na grapso (lett.: voglio che scrivo)
Rumeno: vreau să scriu (lett. voglio che scrivo;
più rara la forma con l’infinito vreau a scrie)
Serbo-Croato želim da pišem (lett. voglio che
scrivo)
La lega linguistica balcanica

Caratteristiche comuni alle lingue della lega


balcanica:
- Articolo definito posposto
Albanese: shtëpi / shtëpia
Rumeno: muiere/muierea; bărbat/bărbatul
Elementi di
sociolinguistica
Linguistica e sociolinguistica
La linguistica teorica e la sociolinguistica hanno domini
diversi. La linguistica teorica si basa su idealizzazioni ed ha
come oggetto principale il linguaggio umano come capacità.
La sociolinguistica tiene invece conto di dati più vicini alla
realtà ed ha come oggetto principale l’uso effettivo della
lingua.
Linguistica Sociolinguistica
parlante nativo idealizzato parlante reale
competenza linguistica competenza comunicativa
comunità linguistica omogenea comunità stratificata
identità diversità
Linguistica e sociolinguistica
La competenza comunicativa è la conoscenza delle
regole per utilizzare le frasi in modo appropriato nelle
varie situazioni comunicative. Questa competenza
affianca la competenza sintattica, ossia le regole per
costruire frasi ben formate.
La sociolinguistica contemporanea nasce dall’ipotesi
semplice che la variazione libera non esiste. Prendiamo
le varianti uvulare e dentale della r. La linguistica
teorica dice che queste sono varianti libere. Secondo la
sociolinguistica, tale scelta può essere correlata a fattori
sociali, e pertanto non è libera.
Sociolinguistica
Studi pionieristici di William Labov su Martha’s
Vineyard, isola nei pressi di New York.
L’isola, nel 1962, era abitata da pescatori anglofoni,
da immigrati portoghesi, e si registravano presenze
vacanziere stagionali. Il fenomeno osservato da
Labov era la centralizzazione di /a/: invece di [haus]
si cominciava a sentire sull’isola una pronuncia di
house come [həus]. Registrata la variazione tra
[haus] e [həus], Labov volle stabilire se si trattava di
una variazione occasionale o se era legata a fattori
sociali.
Sociolinguistica
Labov somministrò alcuni questionari a un campione di
parlanti, e fece alcune interviste cercando di provocare
risposte di tipo spontaneo (chiedendo ad esempio di
raccontare situazioni di rischio e pericolo, che producono
negli intervistati racconti concitati e spontanei).
Labov si accorse che alcuni contesti fonetici favoriscono la
centralizzazione di /a/: la centralizzazione è più forte nel
caso in cui il suono sia seguito da [t], [h], [l], [r]. Un suono
seguente come [m] sfavorisce la centralizzazione.
Labov scoprì anche che i portatori del massimo grado di
centralizzazione erano i pescatori maschi di circa 35 anni.
Sociolinguistica

Questo gruppo condivideva un giudizio di


valore positivo nei confronti dell’isola, non
riteneva di dover cambiare vita, e esprimeva
un’attitudine negativa contro i vacanzieri che
stravolgevano la vita dell’isola. La
centralizzazione può pertanto essere un tratto
di identificazione del gruppo dei nativi
dell’isola in contrapposizione agli estranei.
Sociolinguistica
Una definizione intuitivamente semplice della
sociolinguistica è quella di comunità linguistica,
ossia l’insieme di tutte le persone che parlano
una stessa lingua. Da un punto di vista
sociolinguistico la comunità linguistica non è
omogenea. La diversità all’interno di una
comunità:
- può segnalare gli atteggiamenti dei parlanti
- può fornire informazioni sull’identità dei
parlanti.
Sociolinguistica
Un’altra nozione di base è quella di repertorio
linguistico. Il repertorio linguistico è l’insieme dei
codici e delle varietà che un parlante è in grado di
padroneggiare all’interno del repertorio linguistico
più ampio della comunità cui appartiene. Classi
sociali diverse hanno ovviamente repertori diversi, e
persone con repertori linguistici più ampi hanno
accesso ad un maggior numero di funzioni sociali. I
passaggi da un codice a un altro sono chiamati
commutazioni di codice (code-switching). Ad es.:
stanno per closing down lo store in Charing Cross
Bilinguismo e diglossia
In una stessa area possono essere presenti
due varietà linguistiche. A seconda del
rapporto tra queste due varietà si parlerà di
bilinguismo o di diglossia. Si ha una
situazione di bilinguismo quando tutti i
parlanti padroneggiano le due varietà. Si ha
diglossia quando le due varietà sono usate in
modo complementare e una varietà ha uno
statuto socioculturale più alto e l’altra uno
statuto più basso.
Bilinguismo e diglossia
Casi di diglossia marcata:
Grecia: differenziazione funzionale che porta a
distinguere tra varietà diastratica alta (katharévusa) e
bassa (dimotikì)
Paesi arabi: diglossia tra una varietà alta, utilizzata
per gli scambi linguistici sovranazionali (arabo
moderno standard) e le diverse varietà nazionali e
locali, alcune delle quali (arabo egiziano, nella sua
varietà cairota) hanno status di lingua franca (sono
cioè comprese e parlate ben oltre l’area in cui sono
indigene).
Bilinguismo e diglossia
Casi più complessi:
Nord Italia
comunità linguistica dei valdesi, sottogruppo della
comunità linguistica occitana: i parlanti hanno nel loro
repertorio almeno tre codici linguistici “altri”: italiano
standard, piemontese “alto” (varietà regionale basata
sul torinese, ma comprensibile in tutto il Piemonte),
francese. Da una situazione di bilinguismo italiano-
francese (entrambe lingue di cultura) si è passati a una
situazione di diglossia, essendo il francese oggi limitato
alla sfera liturgica.
Bilinguismo e diglossia

Il bilinguismo è un fenomeno costante nelle aree


di frontiera, laddove i confini di stato non
corrispondono ai confini d’uso delle lingue
nazionali. Si distinguono un bilinguismo primario
(o naturale) in cui i codici sono appresi in età
precoce (1-3 anni) come lingue materne e un
bilinguismo secondario, in cui la conoscenza di
una o più lingue si sommerebbe alla lingua
materna in un secondo momento.
Bilinguismo e diglossia
La situazione dell’Italia:
• bilinguismo con diglossia: competenza sia
dell’italiano che del dialetto ma divisione degli
ambiti funzionali di italiano e dialetto (Veneto)
• diglossia senza bilinguismo: competenza
dell’italiano limitata alle classi sociali alte e per il
resto diffusione generalizzata del dialetto
(situazione tipica dell’Italia post-unitaria e ancora
oggi di zone depresse)
Bilinguismo e diglossia
La situazione dell’Italia:
• bilinguismo senza diglossia: competenza di
italiano e dialetto senza che gli ambiti funzionali
delle due varietà siano del tutto differenziati (aree
metropolitane, meta di grandi correnti di
immigrazione)
• né bilinguismo né diglossia: situazione non
attestata in Italia, ma facile da immaginare in via
teorica in comunità molto piccole in cui siano
stigmatizzati e progressivamente annullati tutti i
dialetti
Bilinguismo e diglossia
L’eccezionalità è costituita dal monolinguismo: non
è raro che le competenze plurilingui siano
sottovalutate dai parlanti stessi, specie se riguardano
lingue minoritarie, dotate di scarso prestigio o solo
parlate. I dialetti parlati in Italia sono
sufficientemente diversi dall’italiano per essere
ritenuti lingue a sé, per cui chi parla un dialetto oltre
all’italiano è di fatto un bilingue
Dialetti in Italia
In Italia si distingue tra dialetti settentrionali, toscani e
centro-meridionali. I dialetti settentrionali
comprendono i dialetti gallo-italici (piemontesi,
lombardi, liguri, emiliano-romagnoli, estesi fino a San
Marino e a buona parte del pesarese) e i dialetti veneti.
Ha una posizione a sé il toscano. I dialetti centro-
meridionali sono l’umbro-marchigiano, l’abruzzese-
molisano, il romanesco e l’aquilano, il pugliese
settentrionale e il materano, il campano, il calabrese
settentrionale e il potentino; i dialetti meridionali
estremi sono il salentino (provincia di Lecce), il
calabrese meridionale e il siciliano.
Dialetti in Italia

La linea di demarcazione tra i dialetti


settentrionali da una parte e il toscano e i
dialetti centro-meridionali dall’altra è nota
come linea La Spezia-Rimini (anche se la
linea di demarcazione tende a spostarsi verso il
basso, e quindi sarebbe più giusto parlare di
una linea Massa-Senigallia)
Dialetti in Italia

Fenomeni linguistici che si trovano solo a nord


della linea La Spezia-Rimini:
• scempiamento delle consonanti doppie
• passaggio del nesso latino CL a c- palatale
• sonorizzazione delle sorde intervocaliche
Dialetti in Italia

• presenza di vocali anteriori arrotondate


• palatalizzazione di a in e
• caduta delle vocali finali
Dialetti in Italia

Fenomeni linguistici che si trovano solo a sud


della linea La Spezia-Rimini:
• raddoppiamento sintattico (a casa  a ccasa)
• pronuncia sorda della sibilante intervocalica
• la metafonesi
• assimilazione di ND in NN
• posposizione del possessivo con nomi di
parentela
Dialetti in Italia

In Italia si parlano anche un certo numero di


lingue straniere minoritarie: francese e franco-
provenzale (in Valle d’Aosta e Piemonte);
catalano (Alghero); sloveno (Friuli orientale);
croato (Molise); tedesco (Alto Adige e altre
località lungo l’arco alpino); albanese (Italia
centro-meridionale); greco (Puglia e Calabria)
Quando finisce una lingua e
comincia un dialetto?
Siamo abituati a pensare ai dialetti come varietà piccole (se
confrontate con le lingue), orali, un po’ casuali, senza una vera
grammatica. Ma:
1) Non esiste nessuna varietà linguistica – sia essa
etichettata come lingua o dialetto – che non abbia una
grammatica, e una grammatica perfettamente
funzionante. La grammatica non coincide con il «libro» di
grammatica, ma con l’insieme di regole e convenzioni che
permettono a una varietà di servire come mezzo di
comunicazione fra le persone.
2) I dialetti non sono varietà minori o corrotte delle lingue,
ma lingue vere a tutti gli effetti, con una loro grammatica e
un lessico autonomi.
Quando finisce una lingua e
comincia un dialetto?
3) Ci sono «lingue» parlate da pochissime persone e
«dialetti» utilizzati da milioni di parlanti: il dialetto
hakka del sud della Cina ha circa 30 milioni di parlanti; il
dialetto siciliano ha 5 milioni di parlanti; il lèttone non
arriva a due milioni.
4) Il grado di diversità di un dialetto rispetto alla sua «lingua
di riferimento» può essere molto più ampio di quello che
separa la lingua di riferimento da altre «lingue»:
Spagnolo: La experiencia acumulada con la introduccion de
los datos ecc.
Bergamasco: G èr œna ólta œn òm kë l g ja du sc’éc
Quando finisce una lingua e
comincia un dialetto?
Un linguista del secolo scorso, Max Weinreich, ha condensato
la distinzione tra lingua e dialetto in uno slogan che è diventato
molto famoso:
«la lingua è un dialetto con un esercito e una marina»
 Le lingue sono quelle varietà che hanno, per ragioni
storiche, politiche o geografiche, raggiunto una posizione
ufficiale all’interno di una compagine statale e dunque
accedono a tutta una serie di funzioni che ai dialetti sono
precluse: la pubblica amministrazione, la giustizia, la scuola;
con le lingue si fanno cose che con i dialetti non si fanno e la
terminologia tecnica, burocratica e legale è appannaggio solo
delle varietà che chiamiamo lingue
Dialetti  Italiani regionali

I dialetti dell’italiano sono vere e proprie lingue


diverse rispetto all’italiano, ossia evoluzioni
autonome del latino nei diversi luoghi dove sono
parlati; diverso è il caso dei cosiddetti italiani
regionali, ossia varietà dell’italiano parlate nelle
diverse zone della penisola: sono quelli che
chiamiamo ‘accento torinese’, ‘accento
napoletano’ e così via.
Da studiare:

Da «Tutto ciò che hai sempre voluto sapere sul linguaggio e


sulle lingue»: cap. 5 (Quando le lingue sono parenti); cap. 12
(Quando finisce una lingua e comincia un dialetto?); cap. 18
(Quando le lingue sono più d’una); cap. 20 (Quando una lingua
è di minoranza)
Da «La linguistica. Un corso introduttivo»: Cap. 6 (Le lingue
del mondo); Cap. 7, paragrafo 7.2.3 (Repertori linguistici) e
paragrafo 7.2.4 (Il contatto linguistico)

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