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Ermeneutica

Il documento discute l'ermeneutica biblica, la scienza dell'interpretazione della Bibbia, evidenziando la sua evoluzione storica attraverso tre periodi: dogmatico, apologetico ed ermeneutico. Viene analizzato il ruolo delle traduzioni antiche, come la Vetus Latina e la Vulgata, e l'importanza di approcci critici e contestuali nella comprensione dei testi sacri. Infine, si sottolinea la necessità dell'ermeneutica per superare letture acritiche e per affrontare la complessità della relazione tra il lettore e il testo biblico.
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Ermeneutica

Il documento discute l'ermeneutica biblica, la scienza dell'interpretazione della Bibbia, evidenziando la sua evoluzione storica attraverso tre periodi: dogmatico, apologetico ed ermeneutico. Viene analizzato il ruolo delle traduzioni antiche, come la Vetus Latina e la Vulgata, e l'importanza di approcci critici e contestuali nella comprensione dei testi sacri. Infine, si sottolinea la necessità dell'ermeneutica per superare letture acritiche e per affrontare la complessità della relazione tra il lettore e il testo biblico.
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In latino: la vetus latina e la Vulgata.

La traduzione moderne sono apartire dal ebraico (AT) e del greco (NT)

In Siriaco: la Peshitta (V secolo d.C.)

La settanta é stata revisata molte volte.

ERMENEUTICA BIBLICA

Il termine ermeneutica proviene dal greco ermeneuo nel significato di interpretare (anche se la
sua etimologia è abbastanza incerta) e nell’ambito biblico designa quella scienza che si occupa
dell’interpretazione della Bibbia elaborando regole e leggi sa rispettare per la sua comprensione,
senza questa scienza fondamentale di fatto la Bibbia risulterebbe incomprensibile.

L’uso dell’ermeneutica naturalmente non è limitato solo al contesto biblico in quanto essa
costituisce una necessità umana di comprendere il mondo e gli eventi: l’uomo utilizza
l’ermeneutica infatti per comprendere gli oggetti, per leggere i fatti, per capire le persone.

La Chiesa ha da sempre utilizzato l’ermeneutica per leggere e comprendere la Bibbia anche se,
non di rado, questa sua lettura l’ha indotta a cadere in errore. Il problema ermeneutico di fronte
all’intelligenza dei testi biblici dunque è eterno ma la sua configurazione a carattere
filosofico/riflessivo (riassumibile nelle domande: che cos’è l’ermeneutica? Cosa significa
leggere e interpretare un testo del passato? Perché comprendere? Cos’è il comprendere?) è
ufficialmente stata inaugurata all’inizio del 1800 con l’opera omonima di Schleiermacher
intitolata appunto Ermeneutica.

Processo storico

- All’interno dell’Antico Testamento


Inizia all'interno dell'AT. L'esegesi comincia all'interno. La Bibbia si interpreta così: Testi
sapienziali fanno riferimento al libro del Pentateuco: es. Geremia: "con la legge del
sabato". Cronache, interpretazione del libro di Samuele e dei Re. Era una questione
normale. ESSEGESI INTRABIBILICA.

- Nel periodo intertestamentario ( tra i due testamenti)

Cominciono le interpretazione

Svillupo di una lettura alegorica della Bibbia: testo dice una cosa, ma il vero senso é nascosto, si
deve scoprire sotto.

Il processo ermeneutico: Il processo ermeneutico è naturalmente un processo che non può


prescindere da quello storico, dunque per capire meglio la questione parleremo di tre periodi:

1. Periodo dogmatico: periodo che riguarda i primi sedici secoli successivi alla nascita di Cristo
fino all’Illuminismo. In questi anni l’autorità della Bibbia non è assolutamente messa in
discussione anzi, l’approccio che hanno con lei teologi, padri della Chiesa, esegeti e credenti è
sempre caratterizzato da una fiducia assoluta, illimitata, semplice e spontanea. Le critiche di
Celso e Porfirio, intellettuali antichi che cercano di mostrare alcune contraddizioni presenti nel
testo biblico non inficiano la risposta della cristianità secondo cui la Bibbia dice sempre e
comunque il vero. Anche i Padri della Chiesa riconoscono alla Bibbia la stessa autorità e la
questione diventa particolarmente problematica quando di fatto si incontrano delle incongruenze
testuali che per essere risolte portano necessariamente gli autori in questo periodo a sviluppare la
cosiddetta “soluzione concordista”. Nei secoli del “periodo dogmatico” la Bibbia non costituiva
certamente un oggetto di ricerca scientifica ma piuttosto rappresentava il libro al quale si
attingeva per la vita spirituale (i Padri della Chiesa parlano infatti di ruminatio= ruminare la
parola di Dio affinché diventi vita nel e per l’uomo) per questo motivo dunque non veniva messa
in discussione la sua criticità testuale, la Sacra Scrittura trasmetteva la verità per la salvezza
dell’uomo che doveva essere letta ed interpreta acriticamente (qualora infatti ci fosse stata
l’occasione di svilupparne un pensiero critico a riguardo, la soluzione – come mostrò Agostino –
doveva essere risolta nella maniera più semplice e concorde al testo).

2. Il periodo apologetico: periodo che riguarda il XVII, XVIII e XIX secolo e che vede il sorgere
dei primi conflitti intorno all’interpretazione biblica. Questo periodo viene infatti chiamato
apologetico proprio perché il tentativo di molti ecclesiastici è quello di difendere la Bibbia a tutti
i costi dagli attacchi esterni e preservarla dalla possibilità di contenere delle contraddizioni. In
questi secoli infatti il conflitto con le affermazioni bibliche è segnato soprattutto dalla ricerca
della scienza nascente di cui un vivo testimone diventa Galileo Galilei. Lo scienziato infatti
affermando la sua teoria eliocentrica rispetto al brano di Gs 10, 12-13 venne condannato dalla
Chiesa e riabilitato solamente nel 1992. In alcune lettere private (una destinata al benedettino
Castelli e un’altra all’amica Cristina di Lorena) Galilei confidava il suo pensiero secondo cui
l’obbiettivo della Scrittura è quello di insegnare cose sulla fede perché di fatto Essa non vuole
insegnare cos’è il cielo ma come lo si raggiunge. Di fronte all’attacco della scienza però la
Chiesa si chiuse in sé stessa e tentando di ribattere a quelle obiezioni che riguardavano la
creazione del mondo e la creazione dell’uomo ancora una volta con concordismo che tentava di
legare insieme la scienza e la fede.

3. Il periodo ermeneutico: questo terzo ed ultimo periodo, sicuramente il più recente, viene
inaugurato con l’enciclica di Pio XII del 1943 intitolata Divino afflante spiritu che precede di
circa una decina d’anni il Concilio Vaticano II che come vedremo più avanti parlando
dell’ermeneutica moderno/contemporanea segna un nuovo modo di comprendere la Bibbia. Pio
XII scrive la sua enciclica in seguito agli attacchi di alcuni ecclesiastici al Pontificio Istituto
Biblico (fondato da Pio X nel 1909 con lo scopo di controbattere l’influsso positivista del tempo)
che grazie al lavoro di alcuni professori cercava una soluzione diversa da quella apologetica e
piuttosto che forzare la Bibbia a fare dichiarazioni anche in campi che le erano totalmente
estranei si fece caposcuola di un approccio più critico (es. generi letterari) ed ermeneutico: la
Bibbia non va difesa piuttosto deve essere capita ed interpretata perché, seppur ispirata, come
qualsiasi opera scritta da uomini, deve essere appunto interpretata. Il Concilio Vaticano II
sottolineò ancora una volta il ruolo fondamentale dell’ermeneutica dichiarando appunto che
l’obbiettivo di un esegeta/interprete biblico non è quello di difendere il testo sacro ma di
comprenderlo ed intenderlo. Nell’enciclica Dei Verbum infatti piuttosto che parlare di verità
scientifica si intende parlare della Verità della Bibbia il cui oggetto è l’ordine salvifico, dal punto
di vista della salvezza dunque tutto quello che viene affermato nella Bibbia è vero.
Necessità e funzione dell’ermeneutica: L’ermeneutica dunque, come abbiamo visto, è
necessaria in quanto ci permette di superare una lettura acritica della Bibbia e ci interroga sul
testo proprio in ordine alla nostra salvezza e alla nostra vita di fede.

Un aspetto molto importante che dobbiamo sottolineare tra le funzioni dell’ermeneutica è la


questione della “circolarità ermeneutica” ovvero il rapporto che si stabilisce tra il soggetto che
interpreta il testo e l’oggetto interpretato. La Bibbia, essendo un libro – e per giunta un libro
sacro in quanto ispirato - non è un oggetto come gli altri ma è anche esso un soggetto, un Altro.
Parlare di ermeneutica quindi significa parlare di un rapporto che si stabilisce in qualche modo
tra due soggetti e che a mo’ di circolo è dinamizzato da domande e risposte reciproche tra il
lettore e il testo interroga l’uomo a partire da categorie e da un contesto storico, linguistico e
culturale diversi e che quindi nel caso della Bibbia costituisce l’Altro veramente in senso forte.
Questa distanza che dunque si crea tra il soggetto e l’opera è anche una benedizione poiché
solamente facendo distanza da qualcuno/qualcosa è possibile riconoscere nell’altro qualcosa di
diverso, qualcosa che è di fronte a me e dunque comprenderlo per ciò che davvero è (cfr. Levinas
e la sua filosofia sul volto). La Bibbia ha bisogno dell’ermeneutica perché ha bisogno di
qualcuno che gli stia davanti: l’ermeneutica è il tentativo infatti di superare questa distanza tra il
lettore e il testo non assimilandolo completamente ma riconoscendolo appunto come altro.

La questione ermeneutica nella Chiesa delle origini: nel periodo patristico l’ermeneutica si
sviluppa soprattutto in due scuole quella alessandrina e quella antiochena ma attraverso due
metodologie differenti:

1. La scuola alessandrina: è la scuola rappresentata da Origene, celebre esegeta biblico e


fondatore della prima scuola catechetico-teologica che nel leggere la Bibbia adottava il metodo
allegorico che, a differenza di quello tipologico, mette in relazione il testo con dei significati
composti a partire da dettagli soggettivi accumulati lungo la lettura di una sua sentenza piuttosto
prolungata. Questo metodo come possiamo ben capire dà certamente molto spazio
all’interpretazione del soggetto ma conserva il rischio di frantumare il racconto con un eccesso di
fantasia.

2. La scuola di Antiochia di Siria: differentemente da quella alessandrina, la scuola di Antiochia


(rappresentata da Teodoro di Mopsuestia) praticava esegesi che partiva dal testo detta anche
ermeneutica letterale. L’attenzione ermeneutica naturalmente era sempre posta sul messaggio
spirituale del brano ma comunque prescindeva comunque dal senso letterale del testo e di ciò che
affermava (in effetti nessun messaggio spirituale può essere colto senza un’adeguata attenzione
al testo). Il pericolo però di questo approccio letterale è che si possa cadere nel letteralismo: non
andando più oltre il testo è impossibile poi cogliere l’oltre (ovvero la parola dello Spirito).

La questione ermeneutica nel Medioevo: durante il Medioevo la Scolastica sviluppò una


lettura ermeneutica che potremo tematizzare nella “dottrina dei quattro sensi” (ovvero i quattro
stati di significato che vanno rintracciati nel testo biblico):

1. Senso letterale (littera gesta docet): è quello della scuola di Antiochia e consiste nel porre
l’attenzione su quanto effettivamente dice la Bibbia), insegna le cose avvenute;
2. Senso allegorico (quid credas allegoria): è quello della scuola di Alessandria, scopre nelle
parole e negli eventi raccontati dalla Bibbia un riferimento a Cristo e al piano di fede), quello che
devi credere;

3. Senso morale (moralis quid agas): è il senso che si scopre sul piano della prassi in quanto la
Bibbia ci indica come agire, cosa fare, cioé che devi compiere.

4. Senso escatologico (o anagogico/ quo tendas anagogia): è il piano della speranza, la


contemplazione futura a cui si tende.

Attraverso l’attribuzione di questi quattro sensi capiamo come la Bibbia avesse un ruolo
fondamentale in tutta la teologia scolastica anche se, questo tentativo ermeneutico incline a
trovare in essa un significato morale e dogmatico rischiava comunque di metterla a servizio di
alcuni argomenti quasi come se fosse un prontuario.

Un altro evento storico che si pone a confine tra il Medioevo e l’Età moderna fu sicuramente la
Riforma. Martin Lutero ribellandosi al periodo più critico della storia della Chiesa di Roma fatto
di soprusi e allontanamenti sempre più eclatanti dal Vangelo, affermò con forza il principio della
Sola Scriptura che centrava tutta la vita di fede nella Bibbia. I criteri ermeneutici di Lutero
fecero della sua lettura biblica una lettera cristocentrismo e indirizzata a cogliere l’esperienza
dello Spirito Santo da parte di ogni credente che legge la Scrittura. In quest’ermeneutica
mancava naturalmente il ruolo della mediazione ecclesiale esercitato dalla Chiesa e dunque
anche la Tradizione viene meno. La Controriforma da parte della Chiesa di Roma reagì alle
provocazioni di Lutero e con il Concilio di Trento approvò l’ispirazione della Sacra Scrittura
(anche riguardo ai libri deuterocanonici) riaffermando contro il principio Sola Scriptura il valore
della Tradizione: se infatti la Bibbia è nata nel popolo credente (=nella Chiesa) non può essere
interpretata senza di essa.

15/01/2021:

LA QUESTIONE ERMENEUTICA

NELL’EPOCA MODERNA E CONTEMPORANEA

L’ermeneutica nell’epoca moderna: Nell’epoca moderna la questione ermeneutica, come


abbiamo già accennato, inizia con Schleiermacher che considera l’interpretazione come un
processo dello spirito che l’uomo compie continuamente nella sua vita affrontando situazioni che
appunto vanno interpretate.

Dopo il Concilio di Trento e la forza dirompente di Schleiermacher l’atteggiamento ermeneutico


si sviluppò soprattutto in ambito protestante che - sostenendo il principio della Sola Scriptura –
diede appunto molta importanza alla lettura e alla interpretazione della Bibbia lasciando che il
mondo cattolico invece intervenisse e accentuasse il lato della Tradizione scartato appunto dalla
riforma di Lutero. La teologia cattolica post-tridentina accentuava maggiormente l’aspetto
intellettuale della fede piuttosto che quello esistenziale proponendo contro il razionalismo una
difesa della dogmatica (soprattutto riguardo alla scolastica e al pensiero di Tommaso) che
un’apertura emerneutica e di istanza filosofica.

Gli ermeneuti protestanti: I maggiori rappresentanti di questo primo movimento ermeneutico


nel panorama protestante furono: Bultmann, Moltmann e Cullmann.

1. Bultmann, sulla scorta di Heidegger, propose un’ermeneutica che potremo definire


“esistenziale”: la Sacra Scrittura infatti, secondo questa visione, è capace di parlare a tutti gli
uomini in quanto si rivolge alla loro esistenza, condizione che precede qualsiasi concretizzazione
storica e culturale ma parla appunto all’umanità di tutti i tempi. Secondo Bultmann dunque la
storicità dell’uomo non è solo culturale e storica ma è anche esistenziale e ciò consente che
anche il lettore più sprovveduto e spaesato possa porsi davanti al testo della Bibbia e sentire
riflessa nel testo la propria esistenza, in fondo l’esistenza di ogni uomo è agitata da sempre dagli
stessi problemi, a prescindere dall’epoca in cui si svolge la sua vita. La Bibbia in questo modo
restituisce ad ogni uomo l‘intelligenza autentica riguardo alla realtà e alla verità che in quanto
uomo egli vive e sperimenta. Il messaggio della Bibbia e soprattutto quello del Nuovo
Testamento (ricordiamo che nel mondo protestante è sempre stata attivo un certo tentativo si
svalorizzazione dell’AT) dunque si offrono all’uomo in un messaggio che, in quanto soggetto
alla mitizzazione per le immagini e le figure che offre, deve essere sempre secondo l’esegeta
demitizzato ed essere colto nel suo nucleo originario.

2. Moltmann entrando in una polemica costruttiva con Bultmann sottolinea che la Bibbia non
parla solo all’uomo singolo – come sostenuto dal suo collega- ma ad una comunità di uomini,
protagonisti della storia della salvezza. Inoltre Moltmann sostiene che oltre a parlare all’uomo
della propria esistenza ed aiutare a capirla, la Bibbia lo invita anche ad agire sulla realtà e per
questo gli dona particolari istruzioni d’azione. Il luogo ermeneutico biblico a questo punto non si
caratterizza più solamente come un evento interiore ma anche come uno sociale e storico,
animato dalla prassi ovvero dall’azione. Il pensiero di Moltmann negli anni successivi ha ispirato
la corrente della teologia della liberazione latino-americana secondo cui la Bibbia non deve
semplicemente essere capita per farci leggere la realtà umana e sociale che viviamo ma deve
anche invitarci a cambiarla per liberare l’uomo.

3. Anche Cullmann, entrando in dialettica con Bultmann, insisterà molto sulla questione della
sottolineando come essa non riguardi solo il singolo ma una storia: nelle Scritture infatti Dio si
presenta sempre come il Signore della storia e intervenendo è capace di cambiarla.

Le due dimensioni dell’ermeneutica: Dall’ermeneutica moderna possiamo soprattutto ricavare


la coesistenza di due dimensioni: quella oggettiva (la Bibbia è un testo fisico che possiede un
certo messaggio da comunicare e una precisa dimensione storico-critica) e quella soggettiva (il
soggetto che si pone di fronte a questo testo è chiamato ad interpretarlo con il proprio particolare
carisma ma, essendo un oggetto fisico incarnato in un certo contesto storico, culturale e
linguistico, il soggetto non può nella sua interpretazione disporre della Bibbia a proprio
piacimento). La compentrazione di queste due dimensioni si sintetizza nel concetto della
precomprensione: nonostante un uomo subisca come tale delle determinazioni storico-culturali è
comunque capace di aprirsi all’accoglienza positiva e necessaria dell’altro a cui prestare il suo
ascolto. La precomprensione di fatto si differenzia dal pregiudizio che invece è preclusione verso
l’altro.

Il metodo storico-critico: A partire dal 1700 (secolo XVIII) nel mondo dell’esegesi biblica si
sviluppa soprattutto il cosiddetto metodo storico-critico. Per capirlo più a fondo iniziano ad
interrogarci sulle diverse componenti del suo nome. Questo metodo è detto storico poiché è
focalizzato a ricostruire la storia che c’è dietro un determinato testo ponendo particolare
attenzione anche al processo storico che riguarda la nascita, la trasmissione e la successiva
redazione dei testi. A quest’aggettivo è unito anche il termine “critico” poiché per riuscire a
decifrare la storia e i processi che determinano un certo testo questo metodo si serve del supporto
di studi scientifici come la critica testuale, l’analisi morfosintattica e la critica letteraria.
Interrogandosi molto sulla storia che precede il testo (identità dell’autore, delle comunità e/o
delle fonti) il metodo storico-critico rischia di svilupparsi al punto da oscurare la dimensione
soggettiva dell’ermeneutica biblica privando il lettore dell’importanza del suo ruolo esercitata
non solo nel passato ma anche nell’oggi, nel presente.

Naascita del concetto moderno di storia. Applicare alla Bibbia i criteri analitici della ricerca
storica. Analisi di ordine diacronico.

La questione ermeneutica in epoca contemporanea: Con la pubblicazione della Dei Verbum


(specie al dodicesimo punto del documento) negli anni del Vaticano II l’ermeneutica biblico-
cattolica si è aperta ad una nuova e importante prospettiva. Con il Vaticano II la Chiese
finalmente ha compreso che la Bibbia non deve essere difesa nella sua letteralità ma deve
piuttosto essere interpretata in quanto la verità che propone è di fatto una verità interpretativa.

Al punto 12 del documento il Concilio ci pone di fronte ad un grande principio ermeneutico:

12. Poiché Dio nella sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana, l'interprete
della sacra Scrittura, per capir bene ciò che egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione
che cosa gli agiografi abbiano veramente voluto dire e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole.

La prima caratteristica della Bibbia dunque è che essa raccoglie la Parola di Dio, una parola che
salva e che è viva perché comunica all’uomo di ogni tempo il senso profondo della sua essenza
ovvero ciò che egli vuole e deve essere. Per comunicare questa parola Dio ha parlato per mezzo
dei profeti e, soprattutto “negli ultimi tempi” – come direbbe Paolo, nel Figlio alla maniera
umana. Per comprendere la Scrittura dunque è necessaria sia la fede che legge dietro allo scritto
la Parola di Dio ma anche la comprensione delle categorie umane nelle quali questo messaggio è
rivelato. A livello di uno studio letterario-storico dunque non si può prescindere nel voler
raggiungere una conoscenza di tutte quelle categorie storico, culturali e linguistiche in cui Dio si
è voluto rivelare e che costituiscono il contenuto della Bibbia.

Lo studio esegetico nella sua massima serietà deve guardarsi dal considerare il testo biblico
solamente dal suo punto di vista letterale ma d’altra parte deve contemporaneamente cercare di
non tradire le leggi del parlare in cui la Parola si è rivelata, tornando quindi a giocare tra il livello
oggettivo e soggettivo dell’opera. Proprio per questo motivo, sottolinea la Dei Verbum uno
studio critico e testuale dell’ambito letterario e storico della Scrittura che, esattamente come il
metodo storico-critico, sia attento alla sua forma letteraria.

I metodi critico-letterari: Sulla stessa linea del Vaticano II nel 1993 la Pontificia Commissione
Biblica ha pubblicato un documento intitolato L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa che
segna un ulteriore passo nell’ermeneutica biblica proponendo altri metodi che possono essere
sviluppati accanto a quello storico-critico. Questi metodi critico-letterari sono soprattutto tre:

1. Il metodo narrativo: è attento a comprendere i modi nei quali avviene una narrazione, i
protagonisti del racconto, la voce del narratore, la trama, i momenti cruciali dell’azione, le
complicazioni e le risoluzioni etc. Per quanto possa dare spazio al lettore questo metodo a volte
rischia di risultare fin troppo soggettivo ed emotivo mettendo un po’ in disparte la storia;

2. Il metodo retorico: nella sua definizione classica la retorico è uno studio antico (noto alla
filosofia di Aristotele) che si interessa all’arte della persuasione e per questo si serve di una certa
disposizione del testo che ne compone la struttura: la presentazione del mittente, un esordio con
l’introduzione del tema, la propositio ovvero la presentazione della tesi da provare, la provatio
ovvero l’argomentazione che la prova, una ricapitolazione detta anche peroratio e infine una
sessione conclusiva che è il post scriptum (un classico esempio di testo biblico in cui è visibile
questa struttura sono le lettere neotestamentarie, soprattutto quelle paoline);

3. La semiotica: (dal greco semeion, segno) è un metodo che si afferma soprattutto nel campo
della pragmatica disciplina che studia la relazione tra i segni e il contesto sociale-comunicativo
del loro uso. La semiotica cerca di comprendere il testo come un sistema di segni che sottostanno
alle regole della comunicazione di cui sicuramente l’aspetto più sviluppato è quello del
linguaggio verbale. Attraverso la pragmatica volta allo studio dell’azione capiamo bene come la
verità della Bibbia sull’esistenza umana non sia solo di tipo intellettuale ed informativo ma
soprattutto attivo in quando invita ad un’azione.

Il documento della Pontificia Commissione Biblica menziona anche altri tipi di approcci che
vanno nelle più varie direzioni e prospettive come quella liberazionista (accentua l’azione di Dio
che libera gli uomini/i popoli), quella psicanalitica, quella femminista, quella sociologica, quella
antropologica etc. La PCB parla di queste tendenze mettendo sempre in evidenza l’aspetto
positivo di una determinata lettura ma anche i suoi rischi, uno solo è il metodo assolutamente
condannato ed è quello fondamentalista. Il metodo fondamentalista è capace di uccidere il
pensiero in quanto non cerca di interpretare la Bibbia ma vuole solo proporre delle soluzioni
facili e categoriche per catturare degli adepti. La lettura fondamentalista infatti partendo dal
principio che la Bibbia è Parola di Dio ritiene che essa debba essere interpretata alla lettera,
escludendo così ogni sforzo/tentativo di comprensione.

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