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Cotogni - Discorso Corretto Carboni

Antonio Cotogni, nato a Roma nel 1831, si distinse come baritono grazie alla sua formazione musicale presso la scuola di musica dell'Ospizio di San Michele. Dopo un debutto di successo nel 1852, la sua carriera lo portò a esibirsi in importanti teatri europei, collaborando con grandi artisti e compositori come Verdi. Cotogni divenne anche un rinomato insegnante di canto, formando numerosi allievi fino alla sua morte nel 1918.
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Cotogni - Discorso Corretto Carboni

Antonio Cotogni, nato a Roma nel 1831, si distinse come baritono grazie alla sua formazione musicale presso la scuola di musica dell'Ospizio di San Michele. Dopo un debutto di successo nel 1852, la sua carriera lo portò a esibirsi in importanti teatri europei, collaborando con grandi artisti e compositori come Verdi. Cotogni divenne anche un rinomato insegnante di canto, formando numerosi allievi fino alla sua morte nel 1918.
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Antonio Cotogni, grande baritono, romano de Roma

Antonio Cotogni nacque il primo agosto 1831, nel cuore di Trastevere, in Via dei Genovesi numero
13, a pochi passi dalla Chiesa di Santa Cecilia, da Raffaele e da Agata Fazzini, secondo di quattro
figli. Il padre era ceramista e lavorava nella fabbrica di ceramiche di San Michele in Via di Ponte
rotto, non lontano da casa. Spesso portava con sé il figlio al lavoro nella speranza che potesse
imparare il suo mestiere. Antonio, Toto per gli amici e parenti, preferiva invece andare a giocare
con i ragazzi del vicinato. La passione del canto gli venne quando, dodicenne, passando sotto le
finestre dell’Ospizio di San Michele al Lungotevere Ripa, sentì il coro di voci bianche che si
esercitava per cantare nelle funzioni di chiesa. La scuola di musica dell’Ospizio, risalente al 1682,
aveva infatti il compito di preparare le voci bianche ecclesiastiche. La scuola del San Michele era
allora l’unica scuola di musica esistente a Roma. Fra gli alunni vi era un suo caro amico che non
faticò a convincerlo a frequentare il coro. Toto si distinse per le sue qualità musicali e vocali e fu
preso a ben volere dal maestro Scardovelli, direttore del coro, il quale gli impartì le prime nozioni
musica. La muta delle voce non gli impedì di continuare gli studi.

Nel giugno 1849 il diciasettenne ex allievo del coro prese il fucile e corse alla difesa di Roma
assediata dai francesi del Generale Oudinot. Nella Roma papalina le uniche istituzioni musicali
erano governate dal Papa ed erano la Cappella Sistina e la Congregazione e Accademia di Santa
Cecilia. Per il resto chi voleva studiare musica doveva rivolgersi alle lezioni private. Cotogni, avuta
in dono una bella voce da baritono, proseguì gli studi con il maestro Achille Faldi continuando a
cantare nelle funzioni delle chiese. Nel 1851 eseguì alla Chiesa Nuova l’oratorio “Sant’Eustachio”
di Gaetano Capocci in trio con Mustafà e Rosati ottenendo un enorme successo con incessanti
applausi e richieste pressanti di bis cosa proibita in chiesa, tanto che si dovette chiamare la forza
pubblica.

Il successo ottenuto lo spronò a volersi dedicare professionalmente al canto. Faldi lo preparò al


ruolo di Belcore dal momento che L’elisir d’amore era programmato al Teatro Metastasio di Roma.
Il maestro invitò l’impresario Gori a casa per un’audizione. Sentito cantare Cotogni l’impresario lo
scritturò sui due piedi. Il debutto avvenne il 26 dicembre 1852, con un tale successo che il giovane
baritono ricevette tantissime scritture. Nei successivi cinque anni Cotogni cantò in 11 teatri, italiani,
sia pure minori, per 17 titoli d’opera, compresi Lucia di Lammermour e Gemma di Vergy di
Donizetti a Roma. La prima scrittura per un’intera stagione la ebbe nel 1857 al Teatro Regio di
Torino e lì ebbe modo di fidanzarsi con la cantante Maria Ballerini che sposò nell’anno successivo.

Finalmente arrivò la scrittura dal Teatro alla Scala per la stagione 1858-59. Qui ebbe la prima
recensione importante nella Gazzetta Musicale di Milano:

«mostrò attitudini eminenti, messe ancora in rilievo dalla padronanza della persona, dalla vivace ed
espressiva motilità del volto, dal muoversi disinvolto e da un accento appassionato delle sua voce, che tanto
bene simula i singulti della passione e i fremiti dell’ira». (XVIII 1860, p.250)

A Madrid per La forza del destino fece la conoscenza di Verdi. Il 3 aprile 1867 debutta con il
Faust. Da allora fu sempre presente in quasi tutti gli anni fino al 1889 interpretando ben 41 opere
cantando con i più grandi artisti del tempo.

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Nel 1867 fu scelto da Verdi per interpretare la parte di Rodrigo marchese di Posa. Negli anni
seguenti si esibì prevalentemente a Londra e Pietroburgo, senza trascurare l’Italia, la Spagna e il
Portogallo.

Ma cosa succedeva a Roma nel frattempo quando Cotogni era impegnatissimo fra Londra (Covent
Gardner 23 stagioni e Pietroburgo (26 stagioni) senza contare le recite in Spagna, Portogallo e
Francia? Nel 1877 si inaugurava il Liceo Musicale di Santa Cecilia. Finalmente Roma aveva una
scuola di musica. 29 docenti assunti per concorso per tutte le materie dei conservatori. Maestro di
canto fu nominato Venceslao Persichini, compositore, pianista ma soprattutto insegnante di canto.
Era una vecchia conoscenza di Cotogni. Nel lontano 1858 il giovane Toto, agli inizi della carriera,
fu scelto dal maestro per interpretare la parte principale della sua opera buffa in due atti L’amante
sessuagenario: con tutta probabilità aveva preso lezioni da lui.

Persichini è ricordato per essere chiamato “maestro dei baritoni”: Mattia Battistini, Antonio Magini
Coletti e Giuseppe De Luca furono diplomati da lui al Liceo e così tanti altri. I primi due
raggiunsero Cotogni a Pietroburgo. Fra di loro vi fu un’amicizia cameratesca tanto che abitarono
per un certo periodo nella stessa stanza di albergo ma poi ognuno andò per la sua strada. Erano i
primi anni 90 e nel 94 Cotogni sorprese tutti quando in occasione di una recita di Don Pasquale
annunciò il ritiro dalle scene sebbene i suoi mezzi vocali fossero ancora completamente intatti.
All’uscita del Teatro Cotogni trovò una grande folla che lo voleva salutare e fu accolto da una
banda. Del suo addio alle scene ne approfittò subito il direttore del Conservatorio Anton Rubinštejn
per offrirgli la cattedra di canto e Cotogni accettò.

Nel 1897 morì Persichini e il Conte di San Martino, presidente del Liceo di Santa Cecilia ed il
direttore Marchetti si diedero da fare per avere Cotogni a Roma. Il maestro era disponibile ma sia lo
Zar che Rubinštejn non lo volevano lasciare andare. Si capisce da una lettera segreta fra lui e un
collega romano:

Carissimo amico, sarò in Roma il prossimo mese di maggio e combineremo l’affare del nostro Liceo,
felicissimo di essere fra voi tutti. Ringrazio profondamente il Conte di San Martino e il Maestro Marchetti
della loro stima per me. Prego per ora di non dire parola a chicchessia di questa mia accettazione perché
debbo in buona forma sciogliermi dal mio impegno al Conservatorio di Pietroburgo, riserbandomi di parlare
alla fine stagione alla Commissione Direzione del medesimo. Pietroburgo 4 dicembre 1897.

(Ringrazio la Signora Rodriguez per avermi dato una copia della lettera)

Cotogni fu molto bravo ad addurre motivi di salute per la rigidezza del clima eccetera e ottenne
l’annullamento del contratto.

Fresco di nomina al Liceo Musicale nel novembre 1899 Cotogni cantò alla Sala Accademica nel
Requiem tedesco di Brahms, presenti la Regina Margherita, Grieg, d’Annunzio e ricevette una
onorificenza accademica. Nel 1892 cantò il duetto del Don Giovani. Nel 1911 il Liceo viene eretto
a Ente morale autonomo. In una riunione plenaria dei soci dell’Accademia si festeggiò
l’avvenimento ma non ci si dimenticò dell’ottantesimo compleanno del Maestro che viene insignito
della Medaglia Accademica. Si legge nel verbale: Nel consegnare la medaglia il Presidente San
Martino illustra “le benemerenze artistiche e le qualità morali dell’illustre artista”.

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Ottantaduenne, in un saggio dei suoi allievi, presente la Regina Margherita, cantò la famosa
invettiva Non sei mia figlia dal terzo atto dell’Aida «con una voce così potente e liricamente
perfetta che tutto il pubblico scattò in piedi delirante, e la stessa regina, che fu la prima ad
applaudire, lo andò a prendere per farlo sedere vicino a lei. Erano tutti e due commossi» Così lo
racconta Andreina Malduri Cotogni nell’articolo di Mario Rinaldi Un «dì supremo» di un grande
baritono. Il Messaggero, 18 gennaio 1969.

Toto Cotogni si ammalò gravemente nel 1917 e dovette lasciare il Liceo. Morì il 15 ottobre 1918,
all’età di 87 anni.

Lunghissimo è l’elenco dei suoi allievi: tra questi: Luigi Ricci, Enrico Nani, Riccardo Stracciari.
Giuseppe De Luca, Carlo Galeffi, Mariano Stabile, Giacomo Lauri Volpi, Mario Basiola,
Benvenuto Franci. Giacomo, ancora semplicemente Volpi, fu allievo solo per un anno accademico
essendo stato chiamato alle armi e al suo ritorno apprese che il Maestro era deceduto da più di un
anno.

Un ricordo di Cotogni ce lo da Giacomo Lauri Volpi nel suo libro Voci parallele, edito nel 1960:

Si andava a Santa Cecilia ad ammirare quell’uomo che cantava brani famosi a piena voce, senza ripieghi o
lenocini. A quell’età sembrava un miracolo di Dio… ma la sua voce non è morta, qualcosa di noi vibra, che
non può, né deve morire…Dalle sue lezioni uscivamo tutti più ricchi di cognizioni e più nobili di
sentimenti… Lui non si stancava di ripeterci che l’arte è “sacerdozio”, che «la messa si dice sull’altare e non
in mezzo alla strada”, che il canto esige sacrifici, lavoro e studio indefessi. Molti gli credettero in quei tempi,
ma oggi? Chi gli darebbe retta?

Domenico Carboni

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