Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
34 visualizzazioni61 pagine

Filologia Germanica

La filologia germanica studia e interpreta i testi scritti delle civiltà di origine germanica, con particolare attenzione al gotico come lingua madre. Le lingue germaniche, divise in gruppi occidentale, settentrionale e orientale, presentano caratteristiche uniche e sono influenzate da fenomeni storici e culturali, come la cristianizzazione. Tacito offre una visione parziale delle popolazioni germaniche, descrivendo una tripartizione che non coincide con la classificazione linguistica moderna.

Caricato da

Cuono Ferrante
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
34 visualizzazioni61 pagine

Filologia Germanica

La filologia germanica studia e interpreta i testi scritti delle civiltà di origine germanica, con particolare attenzione al gotico come lingua madre. Le lingue germaniche, divise in gruppi occidentale, settentrionale e orientale, presentano caratteristiche uniche e sono influenzate da fenomeni storici e culturali, come la cristianizzazione. Tacito offre una visione parziale delle popolazioni germaniche, descrivendo una tripartizione che non coincide con la classificazione linguistica moderna.

Caricato da

Cuono Ferrante
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Sei sulla pagina 1/ 61

Filologia

germanica
Cos’è la filologia?
La filologia è lo studio del testo, è una scienza che studia e interpreta le testimonianze scritte di civiltà
che hanno avuto comune origine nel mondo germanico antico. Ci basiamo ovviamente su fonti scritte,
su ciò che è arrivato a noi, quindi ciò non vuol dire che non sono esistiti altri prima. Il gotico, seppur
estinto, è fondamentale perché è la più antica e si pensa che sia la lingua madre di un’intera famiglia.
La parola filologia è costituita da due parti, philos e logos, e significa amante della parola, del discorso,
del testo scritto. È una disciplina sviluppatasi insieme ad altre discipline linguistiche che possono
essere definite storiche, perché cercano di ricostruire le fasi precedenti. La filologia vera e propria
tende alla ricostruzione del testo, alla restitutio textus e fornisce la correttezza dell’interpretazione dei
testi.
Il germanico è una lingua ricostruita, che si differenzia da una lingua storica, cioè una lingua che ha
lasciato dei testi scritti. Una lingua ricostruita invece è una lingua creata in astratto e alla base ci sono
fattori comuni alle altre lingue.
I testi che ci sono arrivati in germanico sono quasi tutti anonimi e salvati per caso; l’area anglosassone
invece ci restituisce una documentazione molto compatta, cioè in codici. Fin quando non è arrivata la
cristianizzazione le testimonianze scritte erano solo epigrafiche. Poi, con la diffusione
dell’alfabetizzazione si è passato a trasmettere per iscritto ciò che era solo orale.
La cristianizzazione è avvenuta in modo abbastanza tranquillo nell’area anglosassone e ciò ha fatto sì
che ci fosse una certa convivenza con il paganesimo. Il Beowulf, ad esempio, è un’opera che è riuscita
a passare perché la cristianizzazione non è stata violenta. Nel testo ogni tanto si legge “Dio
onnipotente”, cosa non tipica dei germani poiché gli dèi venivano rappresentati come quelli della
mitologia greca, capaci di essere presi in giro. Visto che spesso i racconti venivano scritti nei
monasteri, forse è stato modificato da qualche monaco che ogni qual volta veniva menzionato un dio
pagano come Odino, lo sostituiva con il “Dio Onnipotente” dei cristiani.
L’area tedesca ha avuto un’imposizione del nuovo credo cristiano, quasi sempre per fini politici, e ciò
ha fatto sì che non ci pervenisse niente di pagano. Qualcosa che è riuscito a sopravvivere è
l’Ildebrando, unico canto eroico pagano, salvatosi grazie ad un codice di teologia.
L’area scandinava è stata tra le più lente a darci una testimonianza manoscritta, ad avere
un’alfabetizzazione poiché è anche la più distante dal papato. Lì il paganesimo abbonda, infatti la
conoscenza della mitologia germanica è in gran parte legata alla tradizione norrena.

1
Stammbaum
Questo è l’albero genealogico delle famiglie linguistiche.

Il tronco è la lingua madre per eccellenza:


l’indoeuropeo. Poi ci sono delle ramificazioni
massicce, cioè il lato indo-iranico, e l’europeo-
occidentale, che a sua volta ha delle singole
ramificazioni. Sotto c’è il gruppo finno-ungrico, con
una ramificazione del finnico, fino ad arrivare al
finlandese e l’ungherese.

L’area attuale del gruppo germanico occidentale è


costituita da Tedesco, Inglese e Nederlandese,
che viene chiamato basso-francone e comprende
Nederlandese, Fiammingo e Afrikaans.

Mentre il gruppo romanzo ha una madrelingua attestata (cioè che ha una documentazione scritta, in
latino) da cui deriva, le lingue germaniche invece non hanno un punto di arrivo storico, non hanno
attestazioni. Il germanico non si può considerare una lingua storica, è una lingua astratta, ricostruita
sulla base delle somiglianze delle altre lingue, che dimostrano di derivare da quella lingua. Il gotico si
differenzia perché ha delle cose differenti rispetto alle altre lingue germaniche, cioè può non avere dei
fenomeni che invece tutte le altre lingue hanno, oppure può conservare dei fenomeni così antichi che
nelle altre lingue non compariranno (per questioni cronologiche).

La lingua è dotata di caratteristiche biologiche, quindi è


capace di evolversi secondo determinati momenti. Pur
❕ Per stabilire se una lingua
germanica è occidentale e non
essendo sorelle (perché hanno la stessa origine presunta,
settentrionale, bisogna vedere le
del germanico comune), si nota una grande
affinità che ha con le altre lingue
differenziazione tra le attestazioni del gotico e quelle che sono già state valutate come
dell’inglese antico. Le prime attestazioni in lingua occidentali, oppure per stabilire
germanica dopo quelle del gotico sono quelle in delle affinità tra famiglia e famiglia.
anglosassone, ma passano almeno due secoli dall’ultima in
gotico. Questo significa che alcuni fenomeni sono spariti in
quell’arco di tempo, oppure sono stati conservati e poi non si sono manifestati più nelle altre lingue.

isoglosse
La suddivisione linguistica viene sempre fatta sulla base delle cosiddette isoglosse. Le isoglosse sono
caratteristiche comuni, affinità linguistiche. È un termine ricavato dalla geografia linguistica e indica la
linea di confine che possiamo tracciare intorno ad un’area in cui si è verificato un dato fenomeno, è
una linea immaginaria che unisce tutti i punti di un territorio in cui si è verificato lo stesso fenomeno
linguistico.

Questo schema, utilizzato da Schmidt, ha il nome di


teoria delle onde e delinea le possibili isoglosse tra le
lingue germaniche. Ci sono delle isoglosse comuni tra i
germani del Mare del Nord e il nordico; oppure tra
nordico e gotico. Queste partono dall’idea che il territorio
di origine di tutte le popolazioni germaniche è la
2
Germania settentrionale e la Scandinavia meridionale. Le isoglosse goto-nordiche possono essere
dovute al periodo di vicinanza nella zona che poi dà origine a tutti i germani. Anche il gruppo
occidentale presenta delle isoglosse con altri: per esempio i germani dell’Elba presentano un lessico
comune al gotico ma non dipende dalle origini, perché il gotico ha rappresentato per i tedeschi il
modello da emulare per la tradizione scritta di tipo cristiano. Quindi anziché stare ad inventare nuove
parole per il credo cristiano, c’era già la Bibbia tradotta in gotico, che, per quanto differente come
lingua rispetto al tedesco, era comprensibile.

Nel caso delle lingue una determinata caratteristica non è mai propria di una lingua e basta: se non c’è
nelle altre, è solo perché le altre hanno avuto un esito diverso a causa del tempo trascorso, che incide
moltissimo sui fenomeni linguistici. Altri fenomeni possono nascere anche per contatto con un’altra
popolazione o fra famiglie linguistiche; si possono non verificare o non verificare alla stessa maniera
per tutti: dipende tutto da fattori temporali, culturali, storici, geografici.

Le lingue germaniche
Grazie al fatto che le lingue indoeuropee presentavano (e presentano tuttora) una serie di radici in
comune, si è stabilito che sono famiglie indoeuropee. Rispetto al testo latino, le lingue germaniche con
la conversione al cristianesimo hanno tradotto utilizzando la stessa radice, però c’è una differenza
consonantica. La prima mutazione consonantica è un fenomeno che vediamo quando confrontiamo
una radice indoeuropea in una lingua romanza con una lingua germanica. Questa prima mutazione è
tipica di tutte le lingue germaniche e ci permette di riconoscere il gruppo germanico rispetto a quello
romanzo. Prima della prima mutazione consonantica c’era un altro fenomeno, ritenuto meno
importante perché non veniva segnalato per iscritto ed è il cosiddetto accento rizotonico, o accento
radicale. È un fenomeno molto marcato ed è una delle caratteristiche che hanno tutte le lingue
germaniche, che costituirà la fonte di una serie di cambiamenti che si vedranno solo dopo.

I primi testi antichi germanici erano scritti seguendo la scriptio continua, cioè la scrittura senza
separazione tra le parole o tra un rigo e l’altro, tant’è che la fine di una parola può sembrare l’inizio di
un’altra. Quando si fissa l’accento sulla sillaba radicale diamo la maggiore forza espressiva, mentre
tutte le altre sono atone e si indeboliscono. La più debole sarà la parte finale, la desinenza, quella che
contiene le informazioni grammaticali di una parola; questo provocherà una serie di cambiamenti da
lingua flessiva a lingua analitica. L’accento radicale non è distintivo, non è con quell'accento che si
riconosce il tempo diverso oppure un’accezione semantica differente. Quello indoeuropeo invece ha
funzione distintiva, nel senso che dove cade ha un suo peso nel riconoscere un tempo verbale o una
parola diversa. (es. àncora/ancóra).

Ci sono anche fenomeni interni alla parola che sono creati perché la potenza espressiva sulla sillaba
radicale fa sì che si indebolisca la parte successiva. Questo crea una vicinanza tra le sillabe atone e si
creano fenomeni di assimilazione, la metafonia in primis.

Il gruppo germanico occidentale ha rappresentato delle grandi difficoltà per gli studiosi, perché le
lingue germaniche occidentali sono state messe lì per esclusione, nel senso che non erano orientali né
settentrionali; all’interno del gruppo germanico occidentale ci sono delle affinità ma anche delle
grandissime differenze: una fra tutte esiste tra due parti del tedesco, che distinguiamo tra basso-
tedesco e alto-tedesco. Alto-tedesco e basso-tedesco sono due definizioni legate all’orografia della
terra tedesca (Deutschland): la parte meridionale della Germania è montuosa, quella più settentrionale
(vicina ai Paesi Bassi) è letteralmente piatta. Infatti, basso-tedesco, in tedesco è plattdeutsch, oppure
niederdeutsch come Nederlands. Il basso-tedesco ha per un certo periodo più caratteristiche comuni
con l’anglosassone che con il tedesco.

Il gruppo germanico settentrionale è sempre stato molto compatto e comprende danese, svedese,
norvegese e islandese. Quest’ultimo alle origini non c’era, ma nasce da una costola del norvegese,
3
poiché i norvegesi vanno in una terra, detta dei ghiacci, e creano una sorta di Norvegia in miniatura. Il
corso del tempo porterà queste lingue a differenziarsi, poiché il norvegese d’Islanda tenderà a
cristallizzarsi, dato che non ha tanti contatti con l’esterno, ed è la meno soggetta ad obbedire a
determinate cose quando ci sarà il cristianesimo.

Il gruppo germanico orientale è estinto ed è composto da gotico,


burgundo e vandalico. ❕ Vandali e Burgundi hanno
lasciato nomi di luoghi (es.
Per quanto riguarda il gruppo germanico occidentale, da un lato Andalusia, Borgogna)
abbiamo un gruppo che comprende gli Angli, i Sassoni e i Frisoni
che si spostano dalle coste del Mare del Nord alla Britannia, che è di
origine celtica, non germanica; gli Angli e i Sassoni sono molti vicini e vengono considerati dagli storici
del tempo come rappresentanti della lingua germanica che si diffonde in Britannia, mentre le origini
celtiche restano a livello dialettale in Scozia, Galles e Irlanda.

Anglosassone come nome deriva dal fatto che le due etnie maggiori, agli occhi degli storici della
Britannia, erano gli Angli e i Sassoni; in particolare il nome England nasce dal fatto che il primo storico
che ne ha parlato (Beda) abitava nella terra maggiormente
❕ Differenza anglofono e
“anglica”, quindi ha parlato delle genti angliche: attraverso varie
anglosassone: anglofono
evoluzioni è diventata la “terra degli Angli”, cioè “Engla land” fino a
significa che parla l’inglese,
diventare “England”. All’interno di quest’area ci sono isoglosse
che non è detto che sia di
molto massicce e poi un gruppo a sé stante, quello dell’alto-tedesco
cultura anglosassone;
che ha un ulteriore cambiamento consonantico, cioè la seconda
anglosassone è tutto quello
mutazione consonantica. Quest’ultima differenzia nettamente l’alto-
che si è sviluppato
tedesco dal basso-tedesco, che somiglia di più all’anglosassone per
nell’Inghilterra degli angli.
molti aspetti. Esiste un vero e proprio confine linguistico, chiamato
Linea di Benrath, al di sotto del quale si è verificata questa seconda
mutazione.

Tripartizione di tacito
La tripartizione non è stata inventata dagli studiosi, ma è ricavata da un libro di Tacito, “De origine et
situ Germanorum”, o anche “La Germania”. Si tratta di una fonte imprescindibile per la conoscenza
delle popolazioni germaniche antiche, tuttavia bisogna ricordare che Tacito descrive l’area
continentale della Germania intorno al II secolo d.C attraverso i racconti dei soldati romani. I soldati
possono anche aver modificato alcune notizie sulla base della loro valutazione, del loro punto di vista.
L’immagine dei germani elaborata da Tacito è positiva, vengono descritti come popolazioni ancora
molto vicina alla natura, poco corrotte e fa anche un paragone con i romani del tempo.

Tuttavia, la sua è una visione parziale: i goti si erano già spostati quindi non vengono mai citati, e così
agli occhi dei romani non compaiono mai gli Scandinavi. Delle notizie fornite da Tacito sono
confermate da testi diretti, che derivano dalle popolazioni germaniche. Tacito dice, nel secondo
capitolo, che i germani sono soliti intonare dei canti, ed è un’informazione importante anche dal punto
di vista poetico. I germani solitamente nei loro testi lodano delle divinità che risalgono a un Dio, Tuisto,
che avrebbe generato Manno (Manno è uomo, è il dio che si fa carne) che a sua volta ha tre figli: Ing,
Ist ed Irm (o Erm). Queste tre persone hanno dato origine a tre stirpi diverse di germani: Istevoni,
Ingevoni ed Erminoni.

Lo schema tripartito non coincide con la tripartizione di Tacito, perché parliamo degli orientali, dei
settentrionali e degli occidentali; invece, Tacito descrive solo le popolazioni della terra dei tedeschi,
Deutschland. Ci dice che gli ingevoni sono quelli proximi oceano, cioè vicini al mare; gli istevoni, che
sono situati tra il fiume Weser e il Reno; e infine gli erminoni, cioè i germani dell’Elba, come i bavaresi e
gli alemanni. Questa sua suddivisione tripartita rientra nel gruppo del germanico occidentale, ma
4
esclude tutti gli scandinavi, il gruppo germanico settentrionale, i goti e così via. Gli Ingevoni si
sposteranno in Britannia dando luogo all’anglosassone. Ci saranno delle isoglosse chiamate “ingevoni”
o “ingevonismi” che riguarderanno queste popolazioni in Britannia, ma anche quelle popolazioni che
rimasero nella loro terra, che continuarono a sviluppare sia dal punto di vista linguistico che da quello
culturale gli stessi fenomeni.

Il sassone rimasto nella terra di origine - detto sassone antico - sarà basso-tedesco. Quindi da un lato
partecipa alle isoglosse ingevoni (come l’inglese, il frisone e così via) dall’altro lato, avrà delle isoglosse
con il tedesco, tranne il consonantismo, perché il basso tedesco non ha la seconda mutazione
consonantica.

Gli Istevoni sono quelli che costituiranno il ceppo tedesco così com’è conosciuto adesso, il ceppo dei
franchi. Già dalla radice si comprende che il dialetto francone è simile alla lingua dei francesi, perché
nella ripartizione delle terre della dinastia di origine franca, le terre vengono divise tra due fratelli. Le
aree di appartenenza sono diverse rispetto a quelle attuali, l’alemanno esiste ancora come variante del
tedesco, il bavarese e il francone anche, però sono in confini leggermente differenti, perché bisogna
considerare che il tedesco si parla anche in Austria, in Svizzera e in parti della Valle d’Aosta.

Nella valutazione delle isoglosse va tenuta presente anche la differenza cronologica: le testimonianze
del gruppo germanico orientale (gotico) iniziano alla metà del IV secolo. Le testimonianze del gruppo
germanico settentrionale si situano intorno alla fine del 1200 e si estendono lungo un lasso di quasi un
millennio. Il medio, per definizione, coincide con il medievale (per noi è dal 1100 in poi), che però per i
settentrionali è la fase antica: l’antico nordico, la lingua norrena inizia per iscritto in quella che è la fase
media delle altre lingue.

Tacito ci fa capire che l’usanza dell’allitterazione è molto diffusa nella società germanica. In un verso
deve tornare, per almeno due volte, lo stesso suono iniziale. Nella poesia germanica ci si focalizza
sulla rima iniziale, cioè il peso è dato alla stessa parte della parola dove cade l’accento rizotonico,
quindi è doppiamente importante. Lì, il fonema iniziale deve essere sempre identico almeno per due
volte, normalmente tre. La parola che porta l’allitterazione è detta arsi e si individua soprattutto se c’è
la cosiddetta arsi principale: di queste parole allitteranti, due sono solitamente nel primo semiverso e
una nel secondo. Quella del secondo permette di capire qual è l’allitterazione del verso, se c’è nel
secondo semiverso una parola che inizia con lo stesso fonema di almeno altre due del primo
semiverso, è quella l’allitterazione. Se le arsi sono due, una deve essere nel primo semiverso e una nel
secondo, quindi l’arsi principale è sempre nel secondo semiverso.

Il futhark e futhork
Il Futhark (Fuþark) antico è la forma di scrittura più
antica che incontriamo presso le popolazioni
germaniche. Viene usata dal II secolo d.C. fino al
VII, per poi mutare a seconda dell’area geografica e
linguistica di riferimento. È composto da 24 segni
divisi in tre gruppi. All’interno di questo alfabeto
runico ogni runa ha una funzione fonetica oltre che
un valore ideografico. ᚠ, ad esempio, vale come
fonema F, ma significa fehu, cioè ricchezza.
La pietra di Kylver è la più antica sequenza runica
testimoniata, datata intorno al 400 d.C. e prende il

5
nome del posto in cui è stata trovata, che si trova in Svezia, la nazione in cui sono state
ritrovate il maggior numero di incisioni runiche su pietra.
La parola runa può avere vari significati. Oltre ad indicare il simbolo scritto, indica anche
qualcosa di misterioso, di segreto.
In germanico abbiamo runo, che diventa in gotico → runa, traducibile con runa, mistero e
consiglio.
In norreno abbiamo rùn, → segreto, mistero, runa;
In anglosassone run → segreto, mistero, runa, sussurro;
In alto-tedesco antico e sassone è runa, → mistero, bisbiglio.
Tra le varie teorie abbiamo quella che sostiene che le rune abbiamo origini celtiche, ma quella
più accreditata è quella secondo cui l’origine provenga dalla scrittura italica-antica, cioè quella
retica. Quindi le rune avrebbero origine dall’Italia settentrionale, in quanto troviamo numerose
somiglianze tra i segni.
Le rune, a loro volta, influenzano l’alfabeto gotico coniato da Wulfila. Questo alfabeto nasce
nel IV secolo, quando si usa ancora il Futhark, e s’ispira anche all’alfabeto greco e latino. Così
come nel greco, l’alfabeto gotico oltre ad avere un valore fonetico ne ha anche uno numerico
(es. il primo grafema corrisponde al numero uno e al suono A), ma a differenza del Futhark
non ha valore ideografico. Però dire che il Wufila ha inventato l’alfabeto gotico è
un’affermazione esagerata, in quanto Wulfila ha preso solo qualche segno runico, poiché per
la società germanica, erano molto importanti i concetti e i valori che questi segni avevano.
Wulfila con questo alfabeto traduce la Bibbia, ma c’è un limite, non dal punto di vista letterario
ma spirituale: la versione del cristianesimo accettato da Wulfila e i visigoti non era ortodossa o
cattolica, ma ariana (che considera le tre parti della trinità non come identiche ma simili) e
questa visione era considerata eretica. Per questo i visigoti furono sempre perseguitati, ed è
anche per questo motivo che la lingua gotica si è estinta in Italia.
In Inghilterra si sviluppa invece il Futhork
(Fuþork), in cui il suono A del Futhark diventa O,
perché si sviluppano dei suoni che non possono
essere rappresentati con le rune del Futhark. Di
conseguenza abbiamo un incremento nel
numero di segni, che varia da 26 a 33. L’alfabeto
Futhork viene utilizzato in un contesto cristiano. È
una sorta di eredità della cultura pagana e
probabilmente è proprio la violenza culturale
della cristianizzazione il motivo della scarsità di
testimonianze nell’area continentale. In
Inghilterra si mantengono alcune figure
mitologiche della tradizione pagana nei testi, ad
esempio la runa ᚦ nel Futhark indica una razza di
giganti, mentre nel Futhork diventa “thorn”. Quindi vediamo come si tende ad eliminare gli
elementi pagani.
La facciata del cofanetto Frank è simbolo della coesistenza tra cristianesimo e paganesimo. A
destra abbiamo i re magi che portano i doni al bambino, mentre a sinistra c’è una scena di un
mito norreno in cui è raffigurata una vendetta. Entrambi gli episodi sono legati alla dimensione
6
del dono ma in modo contrapposto, perché nell’episodio norreno c’è uno stupro, quindi
qualcosa di brutale e violento.
Mentre in area anglosassone si usava il Futhork, nell’area norrena, a partire dall’età vichinga
(VII, VIII secolo in poi) si usa il Futhark recente. In questo sistema ci sono solo 16 segni e le
testimonianze continuano fino alla modernità, arrivando addirittura al XVI, XVII, XVIII secolo.
(es. troviamo delle rune nel romanzo di Verne “Viaggio al centro della terra” come un
messaggio criptico).
Le rune sono utilizzate anche con uno scopo magico, oltre che comunicativo, e ciò è
testimoniato da Tacito, che racconta di come i germani incidevano dei segni su dei bastoncini
che venivano lanciati in aria per prevedere il futuro.

Spesso le rune hanno anche un referente astratto, oltre che concreto. La runa ᚢ ad esempio
significa uro, ma sta ad indicare anche il coraggio, la fedeltà e la fiducia. ᛏ invece indica il dio
Tyr, oltre che a rimandare alla fama e alla gloria, immagini che si associavano proprio a
questa divinità.
In tutte le lingue antiche germaniche del Medioevo troviamo il fenomeno della metafonia, fatta
eccezione per il gotico, perché si sviluppa molto prima del fenomeno. A causa della
metafonia, le vocali palatali influenzano la vocale della sillaba precedente facendo sì che
tendino alla palatizzazione. Ciò è conosciuto anche col nome di umlat.
Gli antroponimi sono generalmente composti da due parole del lessico quotidiano. Di solito,
quando si parla di membri della stessa famiglia, si usano parole attinenti a una determinata
sfera semantica.

Il Ramo germanico

Il norvegese di Norvegia ha mostrato dei cambiamenti rispetto alle sue origini a causa della
dominazione danese. Abbiamo infatti due tipi di norvegese: il bokmål, quello dettato dal governo, dal

7
regno danese, e il norvegese nuovo, detto nynorsk, che è la lingua dei norvegesi che volevano tornare
a una lingua propria, libera dalle influenze danesi.

Ciò che noi chiamiamo norreno rappresenta la fase più antica scritta in lingua scandinava ed è
esclusivamente il gruppo occidentale. Con norreno o nordico antico si intende, dal punto di vista della
documentazione scritta, il gruppo norvegio-islandese.

Il sassone antico è chiamato così perché una parte dei sassoni si è trasferita insieme agli ingevoni in
Britannia e insieme diedero vita ad una variante nella lingua inglese. Il sassone è prevalente per un
determinato periodo ed è una variante dialettale. Del sassone antico si ha una buona documentazione
già cristianizzata, ma subito dopo la fase “antica” non c’è più niente. Il sassone antico non solo non ha
la seconda mutazione consonantica ma ha anche tutte le caratteristiche ingevoni;

Il basso tedesco dal punto di vista di lingua nazionale non esiste, perché si è ridotto ad essere un
insieme di dialetti. Nella Germania centro settentrionale si possono notare le differenze consonantiche
solo nel parlato.

Il tedesco si è esteso anche altrove, in zone molto lontane dalla Germania, come in Argentina e
Brasile, dove si formò una colonia di lingua tedesca. Esso ha una anche un’importante letteratura di
matrice ebraica che sarebbe lo jiddish, cioè la lingua dei ghetti.

Lo sviluppo del basso francone non lascia niente di scritto ed è il cosiddetto nederlandese; quindi, è
come se non esistesse un nederlandese antico. Le testimonianze partono già nell’epoca media del
nederlandese, intorno al XII secolo.

Dei burgundi non si ha molto, sono attestati nel 407 sui confini che vanno dalla Germania attuale e la
Francia. Sono un popolo raccontato nell’epica germanica sia in lingua germanica settentrionale, sia in
lingua tedesca (tedesco medio-della fase medievale).

I vandali si impadronirono di una parte dell’Africa del nord creando un impero con capitale Cartagine.
A tale impero appartenevano una serie di isole del Mediterraneo, fra cui le Baleari, Sardegna, Corsica.
I vandali hanno lasciato traccia di sé nel nome dell’Andalusia (regione iberica). A tale popolazione
corrisponde un’idea negativa perché tentarono di tornare verso la Spagna risalendo dall’Italia,
saccheggiarono Roma; quindi, il ricordo degli italiani è negativo.

I goti si dividono in visigoti e ostrogoti.


I visigoti avevano un capo spirituale, che diventò anche capo politico, ovvero Wulfila.
Wulfila parlava sia greco che gotico e favorisce, attraverso il contatto con i greci già cristianizzati da
molto tempo, la conversione al cristianesimo dei goti. Decide di tradurre la Bibbia e si dice che abbia
inventato un alfabeto, una scrittura. Una buona parte dei visigoti si è spostata anche verso Occidente,
creando due regni diversi: uno francese con capitale Tolosa e uno spagnolo con capitale Toledo. Il
regno di Tolosa finirà presto, ma quello di Toledo durerà finché non verranno sconfitti dai saraceni.

Gli ostrogoti vengono mandati in Italia da Costantinopoli, dall’imperatore Bisanzio. Sotto la guida di
Teodorico nasce un regno molto importante, che ha come capitale Ravenna. Teodorico favorisce la
rinascita culturale, monumentale, architettonica e soprattutto ricopia i testi in visigoto.

Goti e longobardi parlavano lingue germaniche molto simili, aldilà delle piccole differenze che ci
potevano essere tra un popolo e l’altro. C’è un lessico comune che testimonia la capacità di parlarsi
aldilà delle barriere dialettali.

La lingua gotica è un punto di riferimento per comprendere le varie caratteristiche di tutte le lingue
germaniche, sia perché è più conservativa, sia perché è la lingua attestata più vicina al germanico
comune.

8
Tradizione manoscritta gotica
Quando di un testo è presente una sola copia viene chiamato Codex Unicus (maggior parte dei
documenti), mentre si chiama Codices Plurimi o traduzione plurima, quando ci sono prevenute almeno
due copie. La tradizione manoscritta gotica è caratterizzata da testimonianze della tradizione di
Wulfila, che viene definita come il principale codice che ci trasmette; principale per estensione e per
caratteristiche materiali. Abbiamo un codice è chiamato Codex Argenteus: è caratterizzato da una
pergamena purpurea e dall’inchiostro mescolato ad una polverina d’oro o d’argento. Probabilmente è
stato composto a Ravenna e ha 187 fogli, a cui poi si aggiunge uno ritrovato in un reliquiario in
Germania.

Un altro documento è il foglio di Spira, trovato in Germania in un reliquiario nel 1970. Gli studiosi,
avendo notato delle somiglianze con la scrittura gotica hanno chiesto un parere a colui che è
considerato il padre della filologia germanica in Italia: Giuseppe Scardigli.
La ricostruzione del testo ha permesso di vedere che faceva parte della Bibbia di Wulfila e che era in
realtà il 188esimo foglio, che completava il Codex Argenteus.

Poi abbiamo il Codex Carolinus, che è un codex rescriptus, poiché il foglio viene raschiato e riscritto.
Anche in questo caso, come succede spesso, la scrittura precedente non è scomparsa del tutto. C’è
quindi una sovrapposizione di una scrittura più antica e una più recente. Il Codex è caratterizzato da
due versioni della Bibbia: una gotica, che parte dal modello greco, e l’altra latina.

Un altro frammento è il Codex Gissensis, un codice ambrosiano → conservato nella Biblioteca


Ambrosiana di Milano, tranne il Codice E che si trova a Roma. Contengono la Skeireins, la quale non è
una vera e propria traduzione della Bibbia ma una sorta di parafrasi, di traduzione commentata del
vangelo di Giovanni, composto da 8 fogli di papiro. Il titolo è stato dato dal primo editore e significa
“spiegazione”.

Abbiamo anche dei documenti che non sono legati alla Bibbia ma comunque all’ambiente
ecclesiastico e sono documenti amministrativi; sono un unicum nella tradizione germanica ed erano
tramandati su papiro. Sono degli atti di compravendita che hanno dei testi con delle formule scritte in
latino e c’è una frase in gotico in cui quattro firmatari dicono i loro nomi. Un esempio è il papiro
ravennate di Arezzo, che è stato smarrito. C’è poi il papiro ravennate di Napoli.

Eptarchia anglosassone
La tradizione manoscritta è detta anche trasmissione manoscritta e indica tutta la documentazione
giuntaci di una determinata area linguistica. Nel caso dei Goti è unicamente di contenuto religioso e
quasi esclusivamente legata all’opera di Wulfila. Essi sono i primi a convertirsi al cristianesimo,
attraverso il contatto con la cultura greca, e a passare alla cultura scritta strettamente collegata con il
greco, quindi abbandonano la scrittura runica.

I Visigoti hanno scritto e tradotto; degli Ostrogoti ci sono pervenuti dei codici e la maggior parte sono
legati al loro regno in Italia.

Gli ingevoni sono quasi tutti gli angli, i frisi, gli juti e parte dei sassoni: si spostano ed entrano nella
storia della Britannia. Entrando in contatto con popolazioni di origine celtiche pacificamente e non da
conquistatori, non vengono ostacolati durante il loro ingresso.
Si insediano ed arrivano a costituire una serie di regni che non entreranno mai in contrasto l'uno con
l'altro → Sono sette regni e l’unione è chiamata eptarchia anglosassone. I regni sono la Northumbria,
la Mercia, l’East Anglia, il Kent e i tre regni sassoni: Wessex, Sussex, Essex. Nonostante le differenze,
queste popolazioni hanno un’unica lingua, che è la prima fase dell’inglese. Nella fase antica vi è il
9
cosiddetto inglese antico o anglosassone. La variante linguistica più importante di quest’ultimo è quella
del sassone occidentale (nato in Wessex). Il sassone antico è una lingua germanica, non è un dialetto
o una variante linguistica.
Le varianti sono tre: occidentale (il Wessex), anglico (merciano e northumbrese) e kentiano.

La prima testimonianza storica che abbiamo di queste popolazioni è fornita da Beda, detto il
venerabile, che scrive “Storia ecclesiastica delle genti angliche”. Da lui poi si è diffuso il toponimo
engla e l'aggettivo di nazione inglese “ingl”, che deriva dalla radice della popolazione anglica. In
contemporanea possiamo ritrovare dei manoscritti in anglico o in kentiano, solo che è numericamente
maggiore quella in sassone occidentale. Ciò che ha reso possibile una maggiore produttività nel caso
del Wessex, rispetto ad altre aree, è stata la conversione al cristianesimo, avvenuta in modo pacifico.
Fu il re Etelberto del Kent a volere una conversione al cristianesimo anche per la sua popolazione.

L’unico “problema” che vivono queste popolazioni non è interno, l’eptarchia è pacifica. I problemi
arrivano con le invasioni dei vichinghi: genti nordiche-scandinave, -ing è il suffisso con il quale si
riconosce tuttora qualcosa in movimento che, unito alla parola ‘Vic’ (vix- baia), dà l’idea di pirata. Sono
coloro che vanno di porto in porto e che, normalmente, non hanno nessun desiderio di stanzialità.
Vi sono due ondate importanti nella nascente Inghilterra:
1. i norvegesi che, provenendo dal Nord, depredano e distruggono molti monasteri, quindi centri di
cultura (tutto quello che riguarda la tradizione manoscritta ha a che fare con ambienti ecclesiastici). I
vichinghi, inoltre, sono ancora pagani e c’è un rischio di ritorno al paganesimo di queste genti che, per
quanto tranquille e invogliate a diventare cristiane, vengono richiamate dalle loro origini.
2. la seconda ondata è rappresentata dai vichinghi danesi. Ma, questa volta, il re del Wessex, Re
Alfredo, riesce fermare l’invasione, che tendeva a scendere anche verso il sud, lasciando loro la parte
centro-settentrionale attraverso un contratto compromesso che viene ricordato come ‘Danelaw’
(codice di legge danese). I vichinghi danesi, in questo caso, tendevano a risiedere lasciando i
cosiddetti ‘Earl’ (conti, governatori).

I vichinghi li ritroviamo anche in area francese dove, a furia di insistere, un gruppo di danesi-norvegesi-
svedesi hanno avuto in feudo una regione della Francia che da loro prendono il nome, da “uomini del
Nord”, di Normandia.

Re Alfredo riesce a frenare e riesce ad avere, per il suo regno ma anche per quelli limitrofi, un periodo
di tranquillità e si ripropone una rinascita culturale.
Ad Alfredo stesso sono attribuite delle traduzioni. Anche se, in una pseudo-biografia del re, fatta da un
suo fedele servitore (Asser), viene detto che è analfabeta e che a stento sa mettere la sua firma.
Tuttavia, al re sono attribuite, o sono state commissionate da lui, delle traduzioni importanti come la
‘Cura Pastoralis’ (la cura delle anime) di Gregorio Magno. Se non tradotte da lui, egli le ha
commissionate. È probabile che avesse solo commissionato e si ponesse come capo di una scuola
che traduceva per lui. I codici che vedremo di quest’epoca sono quasi tutti di epoca Alfrediana e in
sassone occidentale.

La fonetica anglosassone mostra di aver bisogno di svariati altri grafemi che vengono inventati: si parla
del Futhork anglosassone proprio perché ci sarà una ‘A’ che, a causa di determinati cambiamenti,
diventa ‘O’ e quindi bisognerà creare un nuovo segno per la nuova ‘A’. Viene utilizzata una scrittura
che viene detta quasi nazionale dell’Inghilterra “minuscola anglosassone”, epoca nata con re Alfredo, il
quale avvia un programma intenzionale di scrittura, non solo copiatura, ma edizione di testi: ai copisti
verrà chiesto di copiare tutto quello che arriva anche dalle altre aree. Per questo è più massiccia la
produzione in sassone occidentale, perché poi spesso ci rimangono solo le copie in sassone
occidentale anche di quello che era stato scritto in kentiano o anglico.

10
Ricordiamo la Battaglia di Hastings, un momento storico importante, ma lo è ancora di più dal punto di
vista linguistico. I normanni, una popolazione francesizzata con a capo Guglielmo detto il
conquistatore, arrivano e con la battaglia ottengono di governare una terra germanica. Riducono
l’inglese antico (anglosassone) a una lingua orale, utilizzata solo quotidianamente. Si usa il francese e
latino, pochi documenti sono stati scritti in lingua inglese.

Con l’arrivo dei Normanni e di Guglielmo il Conquistatore, l’Inglese velocizza quello che è un normale
processo di cambiamento. Tutte le lingue sono passate dalle origini di lingua flessiva o sintetica a una
lingua analitica.
Quando quasi tutta l’energia della fonazione viene usata per pronunciare la radice, tutto il resto si
indebolisce e le sillabe più lontane da quella radicale si indeboliscono e cadono. La prima a cadere è
l’ultima sillaba della parola, cioè quella che contiene le informazioni (numero, genere, caso), e questo
corrode la natura flessiva delle parole perché cominciano a svilupparsi degli espedienti che anticipano,
che stanno prima della parola. Quindi da flessiva/sintetica la lingua diventa analitica: è un processo
che si riscontra in qualunque lingua moderna.
Tra altre lingue germaniche, l’inglese ha avuto un processo di cambiamento rapido, velocizzato dal
contatto con altre lingue e dal sostrato celtico:
• è la prima lingua a perdere le sillabe finali, a cambiare la desinenza: il cosiddetto indebolimento
vocalico che porta tutte le desinenze a una sola -E muta, costringendo l’inglese a basarsi quasi
esclusivamente sull’ordine delle parole. Dunque, l’inglese velocizza tutto quello che altrove succede in
maniera più lenta.
• ha perso la natura polisillabica ed è quasi esclusivamente monosillabico. Se troviamo più sillabe in
una parola questa è di origine romanza.

La croce di Ruthwell è particolare per l’uso delle rune, simbolo del paganesimo per
eccellenza, su un simbolo cristiano per eccellenza, la croce. La croce era all’esterno
di questa chiesa ma a seguito di atti vandalici, dovuti agli Iconoclasti che hanno
distrutto qualsiasi simbolo della religione cristiana, sono rimasti soltanto i pezzi.
Quest’ultimi sono stati ritrovati integri e la croce è stata ricostruita all’interno.

L’importanza di questa croce, oltre al fatto di rappresentare un esempio di armoniosità


di paganesimo e cristianesimo, sta nel fatto che una volta traslitterata (traslitterare
significa che da una scrittura si passa a quella nostra), questa iscrizione runica ha
rivelato dei versi di una poesia che si chiama ‘il sogno della croce’ che è attestata
anche in un manoscritto. Quindi abbiamo una tradizione plurima, tradizione binaria di
due copie, però una è epigrafica e l’altra è in pergamena.
La tradizione manoscritta è molto ampia, questi quattro sono tra i codici più importanti
perché rappresentano una sorta di volontà di produrre quasi delle enciclopedie della
letteratura inglese antica. Vanno per generi, sono quattro codici piuttosto corposi.

Tradizione manoscritta anglosassone


La tradizione manoscritta anglosassone è molto compatta, nel senso che i codici sembrano delle
piccole antologie. Ci focalizziamo su quattro codici, scritti in epoca alfrediana, quindi intorno all’anno
mille. I codici solitamente prendono il nome dal luogo in cui sono stati trovati o dal collezionista a cui
appartenevano.

Tra i codici più compatti e rappresentativi della letteratura in inglese antico troviamo il Codex Junius,
appartenente ad un collezionista olandese. Oggi si trova ad Oxford e trasmette i testi poetici che sono
considerati tra i più antichi, tutti legati alla conversione al cristianesimo. Tra i testi più antichi e
11
importanti troviamo l’Inno di Caedmon, scritto in anglosassone. Caedmon è considerato il primo poeta
ed è un personaggio inventato citato da Beda, autore di Storia ecclesiastica delle genti angliche, in cui
vengono raccontate le abitudini dei germani. È un personaggio che serve a Beda per narrare
un’importante tradizione che c’era nei monasteri, cioè quella di cantare prima della cena: i monaci si
passavano uno strumento chiamato earpa, simile alla lira, e cantavano delle poesie in versi. Quando
arriva il turno di Caedmon, che era analfabeta, egli scappava. Tuttavia una notte gli appare Dio in
sogno e come per miracolo compone un inno sulla creazione del mondo. L’inno è di nove versi, tutti in
stile germanico – cioè nominale (con tanti sostantivi e pochi verbi/aggettivi e così via) – e con
allitterazione.

Sempre nell’opera di Beda c’è un inno in anglosassone attribuibile proprio a Beda. L’opera di Beda è
scritta in latino e non è un codex unicum: abbiamo infatti 17 manoscritti dell’Inno di Caedmon e 29
dell’Inno di Beda. L’edizione critica che ricostruisce il testo prevede due varianti, cioè troviamo l’Inno di
Caedmon in sassone occidentale e in northumbrese.

Il codice contiene anche i poemi caedmoniani, una specie di genere in anglosassone, che tratta di
cose precedenti all’avvento di Cristo. Abbiamo quindi la Genesi, l’Esodo, Daniele, Cristo e Satana. In
tutto sono 5000 versi.

Abbiamo poi l’Exeter book, conservato nella Cattedrale di Exeter e composto da 8 mila versi. È
strutturato come un’antologia, può essere considerato come il paradigma della letteratura
anglosassone, poiché contiene esempi di tutti i generi noti in quell’aerea. Abbiamo ad esempio l’epica
germanica classica, pagana, ma visto che la scrittura era affidata ai monaci può essere che i testi
siano stati cambiati. In questo caso abbiamo dei versi ma non la segnalazione dell’andamento metrico.
Compaiono come testi in prosa e non si segnala quando si va a capo, ma le parole sono suddivise tra
loro. In altri casi, come il Canto di Ildebrando, troviamo una scriptio continua.

Nel Codex Exoviensis vengono conservati testi dell’epica antica: poemetti come quelli di Deor o
Widsith, due soldati e poeti vaganti che narrano con pochi versi la storia di un intero popolo. Il poeta
rappresenta un cantastorie che racconta quello che è avvenuto.
Anche se fanno parte dell’epica, questi testi fanno parte anche del genere elegiaco. L’elegia è una
lamentatio, un lamento per qualcosa che c’era ma ora non più, è un confronto tra il passato
splendente di una civiltà e le sue rovine che si vedono in quel momento.

Troviamo su una pagina la parola Widsith, che è il nome del poeta errante ed è anche una metafora,
perché significa colui che ha viaggiato ampiamente. Una sua poesia appare come un elenco di nomi di
regni e di re che il poeta ha visitato. È una sorta di genealogia, sono elenchi di nomi che si susseguono
con poco altro in mezzo.

I titoli vengono scelti dagli studiosi in base al nome del protagonista. Quando in un codice inizia un
nuovo poema, si usano le lettere che definiamo maiuscole.

Deor, ad esempio, fa un confronto tra una grande vicenda di Teodorico con il suo momento personale,
quello di un poeta vecchio mandato via per far spazio ad uno giovane. Questo è l’unico poema di quel
periodo che ha un refrain, un ritornello.
Compaiono anche due dei quattro poemi di Cynewulf, monaco che ha messo in poesia testi religiosi.
Abbiamo “Cristo” e “La Giuliana”, storie della Bibbia e dei Vangeli messe in versi germanici
(anglosassoni in questo caso specifico). Sappiamo che questi poemi sono suoi perché pone una
specie di firma all’interno. Verso la parte finale troviamo dei segni runici, quindi ci troviamo davanti a
delle opere cristiane con segni runici che appartengono alla cultura pre-cristiana. In alcuni versi della
Giuliana ci sono delle rune che sostituiscono una parola, che crea allitterazione con le altre del verso.
Quindi Cynewulf è consapevole sia dell’uso che delle rune che delle abitudini poetiche dei Germani.

12
Gli altri due poemi di Cynewulf (“La Sant’Elena” e “Fato degli apostoli”) sono contenuti nel Vercelli
Book, giunto fino in Italia grazie ai pellegrinaggi (Italia → sede del papato). È considerato un omeliario,
ma contiene anche opere poetiche, come il poemetto “Il sogno della Croce” (Croce di Ruthwell).

Un altro codice è conservato nel British Museum ed è il Cotton Vitellius AXV, anche detto Nowell
Codex, dal nome di un proprietario. Il codice si chiama così perché si trovava nella biblioteca di Sir
Cotton, che suddivideva i libri in scaffali dedicati a vari imperatori (vi era anche il busto) e in questo
caso il codice si trovava sullo scaffale di Vitellio. La lettera A invece indica il ripiano, mentre il numero
XV il libro. Questo codice, di 3000 versi, è fondamentale soprattutto perché al suo interno troviamo
delle storie che hanno un filo conduttore: Beowulf.

Beowulf è l’eroe germanico che lotta contro i mostri a mani nude non a beneficio di sé, ma per aiutare
un re. Sono state individuate tre parti del poema, che sono tutte state sicuramente trasmesse
oralmente e poi trascritte tutte insieme. Normalmente i nomi dei protagonisti di un’opera germanica
sono legato da allitterazione, ci sono formule che fanno capire che c’è una parentela tra i personaggi.
In questo caso però vediamo che l’unico nome che non allittera con nessun altro è proprio quello del
protagonista. In un verso viene citato suo padre, ma visto che il suo nome non allittera gli studiosi
hanno pensato che il Beowulf in realtà è un personaggio mitologico con capacità sovraumane. Il
codice che contiene il Beowulf è chiamato “Liber Monstruorum” perché anche gli altri testi contengono
racconti ambientati in mondi fantastici ricchi di mostri. Questo testo non ha nulla a che fare con
l’Inghilterra, ma anzi la storia narrata è tutta scandinava. Il materiale è arrivato in Inghilterra grazie alla
tradizione orale degli ingevoni.

Il margine destro è bruciato a causa di un incendio, quindi si sono perse alcune sillabe.
Fortunatamente, prima dell’incendio, c’era stata una trascrizione da parte di uno studioso islandese,
quindi ciò che manca si è potuto confrontare con la sua trascrizione.

Per quanto riguarda l’area del Sassone, abbiamo una documentazione molto ampia che ha a che fare
soprattutto con la cristianizzazione, quasi come se questo popolo dal punto di vista letterario non
avesse nulla prima della conversione al cristianesimo. Ciò accade perché la conversione fu molto
violenta e repressiva, quindi sono state soppresse tutte le opere pagane e sopravvissute solo quelle
cristiane.

Un esempio è Heliand. Il titolo è tratto dal participio presente del verbo helian, che significa salvare,
guarire. Si traduce quindi in “il salvante”, cioè Cristo. I versi sono sei mila e sono trasmessi da almeno
quattro codici, in cui viene narrata la vita di Cristo come se fosse il Beowulf. Viene rappresentato come
un soldato, ha tutte le caratteristiche che vengono solitamente attribuite agli eroi germanici. La poesia
nel lessico, nel metro, nel ritmo segue un poema germanico epico pagano, ma è cristianizzato. La
perfezione ha fatto pensare che ci fosse una scuola che tramandava l’epica germanica, di cui è
sopravvissuto solo un testo cristiano (sempre per via della cristianizzazione violenta).

Poi c’è la Genesi sassone, che si trova nella Biblioteca Vaticana. Sono tre piccoli frammenti (uno di
questi coincide con la Genesi Ags.) che in totale danno 337 versi. Analizzando la Genesi
anglosassone, gli studiosi si sono ritrovati dinanzi a 26/27 versi che avevano un lessico differente, che
fa pensare a un’originale in Sassone antico, come se il copista si fosse ritrovato dinanzi a una lacuna e
ha inserito i versi in sassone antico nel testo anglosassone. Ciò dimostra che i rapporti fra le due parti
della popolazione ingevone continuano per un po’ e garantiscono lo sviluppo delle caratteristiche
fonetiche e della relazione culturale che esiste tra Britannia e la terraferma.

Il Tedesco
Il termine tedesco deriva da Theodiscus.

13
Theodisca Lingua indicava prima la lingua del popolo, poi diventerà un termine per intendere il popolo
stesso. Carlo Magno voleva che i libri di preghiera fossero quanto più possibile vicini al popolo, quindi
dovevano essere tradotti in Theodisca Lingua. Di conseguenza è nato anche il toponimo þiudiskland
che oggi è Deutschland (þiudisk, "che è del popolo, del volgo") → teodiscus (in latino medievale) →
teodisco prima dell'evoluzione fonetica della lingua italiana, tedesco dopo.

Il tedesco dal punto di vista fonetico ha un’evoluzione consonantica in più rispetto alle altre lingue
germaniche: condivide con esse la prima mutazione consonantica e dopodiché mostra un ulteriore
sviluppo delle consonanti già cambiate. Oltre alle altre lingue germaniche, si troverà ad essere diverso
anche dal basso tedesco che si differenzia. Esiste, infatti, la linea di Benrath che sottolinea la
differenza tra l’area del basso tedesco, senza la seconda mutazione consonantica, e l’area dell’alto
tedesco, con la seconda mutazione consonantica.
Il fenomeno della seconda mutazione consonantica è molto diverso dal primo, che è sistematico,
procede in maniera identica in tutte le lingue germaniche. La seconda mutazione è più frammentaria,
soprattutto nel modo in cui è stata codificata e sembra aver avuto come centro di propulsione il
tedesco superiore, quindi nell’area alemanna e quella bavarese. Da qui si è diffusa poi verso nord.

In quest’area il sassone antico, oltre a due testi, non lascerà nulla: si scriverà inizialmente in Latino.
Successivamente l’alto tedesco antico diventerà lingua nazionale per abbondanza di letteratura, per
una maggiore consapevolezza linguistica e letteraria e si estenderà anche al di sopra del confine.
Quindi si iniziano a produrre testi in tedesco Medio e nascerà una vera e propria letteratura nazionale.
A questo punto, quella lingua di quella letteratura verrà utilizzata anche al Nord. Per quanto riguarda il
parlato, ancora oggi, è nettamente differente dal punto di vista consonantico rispetto al Tedesco del
sud o Alto Tedesco. Ci sono dei dialetti, Plattdeutsch o Niederdeutsch, che significano basso tedesco.
Nieder fa pensare a Netherlandese: quest’area è del basso tedesco, quindi Sassone Antico da un lato
e Basso Francone dall’altro.
Il Sassone Antico ha avuto successo con la Lega Anseatica: è un raggruppamento tra alcune città del
nord Europa che si associano per degli scambi commerciali marittimi; si sviluppa un lessico comune
per scambi di questi tipi e ci sono documenti che mostrano tracce di Sassone Medio. Ma è
caratterizzato anche da un’ampia documentazione religiosa: sostanzialmente sono solo due opere ma
numerosi manoscritti. Un esempio è il CGM, il Codex Germanicus Monacensis, che è uno dei più
completi. Ce ne sono poi altri quattro, e uno dei manoscritti che trasmettono quest’opera è cottoniano.
uesto manoscritto sta a testimoniare ancora lo scambio che c'è fra i sassoni rimasti sulle coste del
mare del Nord, quindi nella loro terra madre, rispetto ai sassoni che costituiranno l'anglosassone. E i si
crea la differenza tra sassone occidentale e sassone antico. Il sassone occidentale è la variante
dell’anglosassone, quella più importante per la fase antica, e il sassone antico è invece una lingua.

Il Basso Francone non lascia nulla.

L’alto tedesco è diviso a sua volta in due grandi aree che sono quelle del Tedesco Centrale e Tedesco
Superiore, rappresentati da Alemanno e Bavarese che, oltre alla seconda mutazione consonantica,
prevedono un fenomeno tipicamente tedesco che è la desonorizzazione, quindi le sonore “B”, “D”, “G”
passano a “P”, “T”, “C”.

Questa frammentarietà è legata anche a motivi storici ovvero la conversione al cristianesimo. Qui ci
sono state due ondate differenti: una è quella insulare (con questo termine si fa riferimento all'area
della Gran Bretagna) con i monaci irlandesi e anglosassoni, e l'altra è di tipo latino, ed è più che altro
di provenienza meridionale (imposta da Carlo Magno).
Questo ha comportato, inizialmente, l'assunzione di metodi scrittori e di educazione proprio della
scrittoria insulare, quindi tra i manoscritti più antichi noi troviamo molte tracce di grafia cosiddetta
“minuscola insulare” → L’alfabetizzazione in Inghilterra si è avuta grazie all’assunzione dell’alfabeto
latino, l’uso di alcune rune e l’invenzione di rune nuove e il tutto si è assestato in una scrittura che
viene detta minuscola, prima insulare (comune all’Irlanda) e poi anglosassone con Alfredo il Grande.
14
Questa grafia viene assunta dai monaci tedeschi: utilizzano le caratteristiche proprie della scrittura
insulare, anche con i grafemi che indicano una fonetica che il tedesco non ha. Viene utilizzata, ad
esempio, la Þorn per rappresentare la fricativa interdentale sorda θ, cioè il “th” dell’inglese moderno, e
dall'altro lato c'è la fricativa interdentale sonora ð.
Ci si rende conto però, che nella fonetica non c’è nessuna lettera o suono corrispondente ad θ, infatti
verrà sostituì con –d in tedesco, come appunto l’articolo determinativo.
Quindi c’è una frammentarietà dialettale, che è anche linguistica e grafica, che si riverbera anche nella
situazione letteraria.

Tradizione manoscritta tedesca


antica

Il canto di ildebrando
In area tedesca non troviamo nulla di pagano. L’unico poema epico germanico pre-cristianizzazione è
il Canto di Ildebrando. È una scriptio continua che si è conservata per caso, poiché qualcuno l’aveva
trascritta nelle pagine bianche di un testo di teologia: il Codex Theologicus, manoscritto 54. È un testo
molto importante perché esemplifica i problemi che un filologo può trovare quando deve ricostruire un
testo. Si tratta inoltre di un codex unicus, salvato durante la Seconda guerra mondiale e
successivamente il secondo foglio finì a Philadelfia, per poi essere restituito. Il testo non è completo:
sappiamo come finisce perché abbiamo anche altri testi appartenenti alla Saga di Teodorico, in
particolare nella letteratura ostrogotica.

Questo canto ha delle caratteristiche linguistiche che hanno fatto pensare che non fosse propriamente
tedesco, in particolare il lessico e le caratteristiche fonetiche fanno pensare a una lingua
sovraregionale, a un linguaggio poetico comune, che fa parte della sfera orale. Gli studiosi inoltre
hanno trovato molte hapax legomena, cioè delle parole che compaiono una sola volta, e molte di
queste non si trovano nel tedesco.
Ci sono dei punti oscuri nel testo che possono essere risolti solo ricorrendo alle letterature delle altre
popolazioni → quando un editore non riesce a comprendere un pezzo, la chiama luogo oscuro, e se si
tratta di qualcosa di irrisolvibile viene messa una croce per segnalarlo, la crux desperationis, cioè la
croce della disperazione dello studioso che non sa che mettere in quel punto; quindi, la ricopia così
com’è ma non riesce a fare altro.

Il testo dovrebbe essere in alto tedesco antico, ma alcune cose non tornano: innanzitutto abbiamo
l’incipit, che inizia con “ik”, che non presenta la seconda mutazione consonantica, così come il “dat”
invece di “daz”. Quasi tutti i versi della prima pagina presentano queste oscillazioni tra basso tedesco
15
e alto tedesco.
La frase che ritroviamo all’inizio è “io sentii raccontare questo”: è un espediente, una formula poetica
tipica della poesia orale che serviva al poeta per scrollarsi di dosso ogni responsabilità rispetto a ciò
che si raccontava. Spesso si usava anche “degli uomini mi dissero”.

Ci sono molte parole che si possono capire solo perché ci si riferisce all’area anglosassone. Ad
esempio, tra gli ingevonismi ne troviamo uno che prevede la caduta della nasale N davanti alla fricativa
sorda TH. Queste caratteristiche hanno fatto pensare che ci fossero dei copisti tedeschi che si
trovavano di fronte a un modello insulare e provavano ad avvicinare quella pronuncia alla propria,
mentre altri pensavano si trattasse di una poesia di tipo orale.

Un altro esempio è “icheitu”, dove è presente la seconda mutazione consonantica. Quest’espressione


significa “io mi chiamo” e notiamo che per dire io nel primo verso viene usato ik, mentre qui abbiamo
ich. Altre teorie sostengono che si tratti di un esercizio di scrittura di un discepolo poiché i primi righi
sembrano scritti da un’altra mano, probabilmente il maestro.

Il testo fa parte della leggenda di Teodorico, che parla del suo ritorno in patria e del suo esercito, che
si scontra con quello del posto. I due capi decidono però, per evitare ulteriori spargimenti di sangue, a
decidere il vincitore facendo duellare i due soldati più bravi nella singolar tenzone. Caso vuole che i
due soldati migliori siano padre e figlio. Il figlio non lo sa e si oppone in maniera fiera a questo soldato
più grande, chiamato “heroro mann”, che significa “colui con i capelli più grigi”. Da qui deriva Herr,
cioè signore.
Il poeta ci fa capire che i due sono parenti attraverso l’allitterazione – abbiamo Hildebrand,
Haldubrand, Heribrand. Ildebrando si insospettisce subito, perché l’abbigliamento del giovane gli fa
ricordare cose del passato.

Questo duello viene portato avanti non dai due personaggi, perché Ildebrando si ferma, ma dalle armi,
o meglio dal materiale delle armi: lo scudo ad esempio viene chiamato “tiglio”. La poesia finisce senza
che ci viene svelato il vincitore del duello, ma lo sappiamo comunque perché, sia in area tedesca che
in quella norrena, il racconto fa parte della Saga di Teodorico, che ci racconta che a morire sarà il figlio
Haldubrand.

Un’altra cosa che caratterizza questo canto è che all’inizio si usa la formula “Ildebrando disse, il figlio di
Eribrando”, che serve sia ad introdurre il discorso diretto che a capire la discendenza, cosa che non è
possibile nel Beowulf. Ad un certo punto le battute non sono più attribuite all’uno e all’altro, c’è un
discorso diretto tra i due personaggi e spesso non si sa chi ha detto cosa.

In questo caso abbiamo gimahalta nella frase “parlò il figlio di Ildebrando”. Si tratta di una formula
poetica della poesia germanica antica. Ad un certo punto non ci viene più data questa formula, ma
viene inserito un quad, che significa parlò. Quad è un elemento spurio, non fa parte del lessico poetico
ma della prosa.

Giuramento di Strasburgo: Avvenuto tra Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico → Carlo giura in Alto
Tedesco Antico e Ludovico in Francese Antico, in modo tale che i due eserciti comprendano senza
problemi il giuramento. Esso risulta essere il documento più antico in francese ed è come se sancisse
la nascita della variante Francone del tedesco centrale: è il base francone.

In “tedeschia” (Deutschland) non abbiamo niente di epica germanica pagana, tranne questi pochi
versi (78) del canto di Ildebrando, o Carme dei Nibelunghi.

Nibelungenlied
Questo grande poema del è in rima finale, però i contenuti sono germanici per eccellenza. Troviamo
personaggi citati nel canto di Ildebrando, personaggi della storia dei Goti che ancora sopravvivono nel

16
loro prestigio presso le popolazioni germaniche, troviamo poi la saga del Volsunghi, presente già
nell’Edda norrena.
Questo materiale che rappresenta l’epica germanica precristiana è riuscito a sopravvivere,
probabilmente attraverso la forma orale o attraverso testi non pervenuti.
Anche il fatto di aver assunto la rima finale e di essere passato attraverso centri scrittori di tipo
cristiano, ha variato la visione delle cose, ma si tratta sempre di storia germanica prima della
conversione al cristianesimo.

Glosse e Glossari
In area tedesca c’è la volontà di scrivere in tedesco (scola palatina). La lingua degli inizi è povera, si ha
la necessità di un lessico nuovo e per questo si va incontro a due vie:

• il prestito: la presa in prestino di parole prese dal latino; una parola viene presa da una lingua e
inserita nella lingua d’arrivo con minime varianti di tipo morfologico, come l’aggiunta di una
desinenza.
• i calchi: è un ricalcare sul modello della lingua di partenza un concetto. Abbiamo due tipi di calco:
o Calco semantico, la parola rimane identica però assume un significato diverso. Cosa
tipica della conversione al cristianesimo in quanto le parole vennero riadattate in senso più
spirituale.
o Calco strutturale, un tentativo della lingua di arrivo di ricreare la parola della lingua
modello con il proprio materiale linguistico.

La prima fase di scrittura in tedesco è legata ad un tipo di creazioni chiamati glossari.


Le glosse sono commenti, e ci fu una vera e propria educazione alla glossatura.
A seconda del posto in cui è inserita la glossa si chiamerà:

• marginale
• interlineare sono quelle traduzioni di un contesto che è quello religioso in particolare, in cui
leggendo la traduzione tedesca si riconosce la fonte (anche se non c’è) e il modello.
o interlineare continua: prevede una traduzione molto letterale, parola per parola. Infatti, la
lingua tedesca è, in qualche modo, snaturata come lingua germanica perché segue
l’ordine delle parole della frase latina. (Regola Benedettina, Sancti Galli)
• contestuale, che riguarda solo una parola di tanto in tanto.

C’è un’attività di glossatura molto marcata: c’è Abrogans, il Vocabularius Sancti Galli, un dizionario
tematico, ma c’è anche la Regola Benedettina, uno dei codici che Carlo Magno fece arrivare da
Montecassino, che regola per l’appunto la vita dei monaci benedettini.

Abrogans
Si ricorda il codice Abrogans, che si trova nel manoscritto Codex Sangalensis 911. È dizionario
bilingue, latino e tedesco.
Abrogans è una parola latina (ab-rogans: non arrogante) e prende il nome dalla prima parola con cui si
apre il manoscritto. Il sinonimo è umile. La traduzione di abrogans è dheomodi mentre la traduzione di
umilis è saft moati. Poi c’è la parola abba (padre) e viene tradotta non con il sostantivo ma con
l’aggettivo “faterlih” (paterno), poi c’è “pater” che è sinonimo di “abba” in latino, poi scrive “fater”.
Nella prima pagina vuota dello stesso manoscritto è stato tradotto il Padre Nostro. Nonostante la
presenza di buchi sulla pagina, non manca niente perché è una delle prime versioni in tedesco del
Padre Nostro.

17
Taziano Altotedesco Antico
Lo chiamiamo così per identificare la traduzione dell’armonia evangelica di Taziano, un monaco
siriano, autore del diatessaron (il Vangelo dei quattro) in cui combinò i 4 racconti evangelici, ha creato
una sinossi.
Si ha una traduzione in tedesco di tipo interlineare: si riconosce qual è la fonte, tradotta parola per
parola e scritta in due colonne, testo latino da un lato e testo tedesco dall’altro.

Otfried von Weissenburg


Otfried von Weissenburg introduce la rima finale in un’opera molto ampia, liber evangelorium, cioè
un'armonia evangelica, una parafrasi poetica che parte da Taziano con “Il Vangelo dei Quattro”,
riprendendo la sua visione sinottica ma mettendola in poesia con rima.
La rima finale calcola i cosiddetti “piedi”: deve vedere quanti accenti ci sono nel verso, e per farli
ritornare spesso crea dei dittonghi in più che il suo dialetto non aveva → è il tedesco accentuato.
Questo è uno dei pochi casi in cui si conosce anche il nome dell'autore e, inoltre, ci sono almeno
quattro manoscritti completi, dove una delle copie è quella corretta dallo stesso autore, quindi una
copia autografa.

Ci sono testi di epica germanica antica, testi pagani e quasi non ci sono testi allitteranti, se si fa
l’eccezione di Canto di Ildebrando e La Preghiera di Wessobrun e Muspilli.

Preghiera di Wessobrunn
È un testo poetico.
Molto simile al Cedmon (soprattutto nella prima parte, anche se la preghiera è più lunga): è composto
da elementi legati alla mitologia germanica pagana: com’è nato il mondo (testi cosmogonici), ma è
tutta una descrizione basata sull’assenza, sull’elenco in negativo (non c'era questo o non c'era
quest'altro), che ritroviamo nel primo canto dell'Edda, La Profezia della vegente, con una prima parte
cosmogonica e una seconda escatologica (indagine del destino ultimo dell’uomo e univerno), che
culmina con il cosiddetto Ragnarok.
Presenta ancora caratteristiche di allitterazione, con una scrittura insulare in tedesco, già
cristianizzato, sono le prime testimonianze di questo tipo di scrittura. Il segno simile all’asterisco è una
runa che si ritrova solo in anglosassone. Viene utilizzata per il prefisso o participi passati, è germanico
come prefisso, per quei verbi che iniziano per –ga, -ghe, -ghi. Essendo il copista non era abituato, la
usa passivamente come altri tratti.

Questo non è il titolo ma si chiama “preghiera” perché alla fine di questi versi è stata aggiunta una
preghiera a Dio, che chiama “Allmächtig”, ovvero “onnipotente”.

Muspilli
A parte la preghiera di Wessobrunn abbiamo un poema di nome Muspilli, che è il suo opposto, nel
senso che è sulla fine del mondo, quindi di tipo escatologico. Descrive il giorno del giudizio come un
tribunale, davanti al quale l’anima della persona defunta viene giudicata secondo ciò che ha fatto sulla
Terra. I termini, i versi, l’allitterazione sono tipici della poesia germanica antica e del lessico giuridico
antico, ma la poesia parla del giudizio universale e quindi della visione dell’aldilà da un punto di vista
cristiano.

18
Canto di Ludovico
È un canto eroico in rima finale. L’eroe è il re che viene scelto dal Signore per combatte i cosiddetti
saraceni, gli arabi, che avrebbero ricondotto il suo popolo al paganesimo.

Notker Lebeone o Teutonico


Il periodo cosiddetto alto tedesco antico in genere si suole far concludere con la figura di Notker,
chiamato anche “Labeone”, o “Teutonico”, a cui dobbiamo anche l'invenzione di molti sostantivi.
Come sempre succede in questa fase, il lessico si arricchisce di prestiti e calchi, molti dei quali
riguardano la sfera spirituale, la religione cristiana. Alcuni sono scomparsi, molti sono rimasti nel testo
moderno.
Lui è un insegnante, quindi si ritrova ad insegnare anche in latino ai suoi discepoli, mescola latino e
tedesco e cerca, appunto, di stare al passo con il testo latino, creando dei calchi, soprattutto quelli
cosiddetti “strutturali”.
Le sue non sono vere e proprie traduzioni, bensì sono delle parafrasi.

Gli scandinavi
I popoli della Scandinavia sono i danesi, i norvegesi e gli svedesi.

All’interno del gruppo germanico settentrionale c’è una differenza tra il gruppo orientale e quello
occidentale: il primo fa riferimento al danese e allo svedese, mentre quello occidentale all’islandese e
al norvegese. Durante la fase più antica ci si basa maggiormente sul gruppo germanico settentrionale
occidentale. Con norreno si identifica la fase dell’islandese e norvegese.

Il primo spostamento si ha nell’VIII secolo. Si tratta di spostamenti rapidi, cioè quelli di pirateria, legati
ai vichinghi e il primo movimento dei vichinghi è quello dei norvegesi in Britannia. Nella maggior parte
dei casi, questi tornano in patria, lasciando dei governatori o jarl nei luoghi invasi.
Il secondo grande spostamento è dell’874 e riguarda un gruppo di norvegesi, che per sfuggire
all’assolutismo di Araldo Bellachioma si trasferiscono nella terra dei ghiacci o dei ghiacciai, cioè
l’Islanda. Qui viene ricostruita la società, la propria vita, le tradizioni esattamente sul modello
norvegese. Inizialmente le due cose andavano parallelamente, ma poi cominciano a differenziarsi dal
momento che l’Islanda è isolata e meno soggetta a cambiamenti.

Nel frattempo in Norvegia vigeva un governo danese, che influenzerà tantissimo soprattutto la lingua,
che si distingue in nynorsk e bokmål. Questa suddivisione tra norvegese di Norvegia e di Islanda è
legata alla tradizione manoscritta dell’area scandinava, chiamata norrena. La lega norreno-islandese
viene chiamata anche di norreno o nordico antico e corrisponde alla produzione della fase più antica
dell’area. L’unione era così stretta che i primi manoscritti sono impossibili da collocare.

L’Islanda resterà per molto tempo governata da un’assemblea generale, guidata da una figura
principale, come il pater familias o il sacerdote. L’assemblea si chiama “all tinghi”, cioè “la cosa di
tutti”.

Un altro spostamento è quello verso la Groenlandia, cioè la terra verde. Dalla Groenlandia pare siano
partiti gli islandesi e norvegesi. Dal Wessex invece ci sarà un’altra ondata di vichinghi danesi, fermati
da re Alfredo. L’ultimo gruppo è un gruppo misto di vichinghi, diretti verso la parte settentrionale della
Francia. Quella zona gli sarà data come feudo e prenderà il nome di Normandia, proprio dal fatto che
questi uomini venivano chiamati “Nord mannr”. Questa volta i vichinghi si stanzieranno lì, e come
francesi andranno in Inghilterra nel 1066 con Guglielmo il Conquistatore. Abbiamo anche notizie di
19
spostamenti svedesi in Russia: abbiamo i cosiddetti empori commerciali. Altri svedesi vennero usati
anche come guardie (varieghi) dall’imperatore Bisanzio.

L’epoca che viene chiamata vichinga si concluse nel XI secolo e prevede tre regni e una repubblica:
Danimarca, Norvegia, Svezia e la repubblica islandese, finché non cadrà sotto il dominio danese.

Il nordico antico
Solitamente il nordico antico viene diviso in tre fasi all’interno del periodo antico:

• Il periodo runico → dal V al IX secolo, costituito da 24 segni runici (futhark più antico);
• Il periodo vichingo → dal IX al XI secolo, costituito dai 16 segni del futhark recente; non si trova in
altre aree germaniche e in questo periodo si pensa che si sia composto oralmente il nucleo della
poesia eddica;
• Il periodo nordico classico o norreno → è il periodo della tradizione manoscritta, in cui c’è la
conversione al cristianesimo (più tardi rispetto ad altri posti); la prima fase di conversione è arrivata
dall’area basso-tedesca nel periodo tra il XI e il XIV secolo, in cui si comincia a scrivere.

Inizia così la tradizione manoscritta islandese e norvegese (nordico antico occidentale) e ci saranno le
prime testimonianze della poesia eddica, scaldica e delle saghe. Danese e svedese verranno
testimoniati dal XIII-XIV secolo, con dei testi pratici, funzionali e giuridici.

La letteratura scandinava dei germani settentrionali è l’ultima che si attesta quasi un millennio dopo la
prima attestazione letteraria, quella dei goti.
In questa zona la conversione al cristianesimo è molto tranquilla e lenta, e comporta, come vantaggio,
l’alfabetizzazione. La Scandinavia passerà, infatti, all’alfabeto latino tramite queste due popolazioni. In
un primo momento, la grafia somiglia molto a quella insulare, però è molto blanda, ancora di più in
Islanda.
Con Norreno intendiamo principalmente le attestazioni più antiche, provenienti solo dal gruppo
norvegese ed islandese. Il periodo norreno o nordico classico è il periodo in cui si mettono per iscritto
testi che fino a quel momento vagavano per tradizione orale. Durante la fase media, quella più antica
per la documentazione germanica settentrionale secondo le altre lingue, si vedono le prime
testimonianze scritte, quindi c’è l’alfabetizzazione.
Quindi, vi è una fioritura di una letteratura tipicamente scandinava che ha sì le caratteristiche delle
altre letterature germaniche (epica, personaggi), ma anche una connotazione propria.
Si produce una letteratura che si può classificare tipologicamente in generi: poesia eddica, poesia
scaldica, saghe.
A differenza delle altre documentazioni letterarie in tedesco antico e in anglosassone, in questa area,
dove c’è una certa maturità, si producono ben presto testi scientifici, con questo termine ci si riferisce
alle sette arti e una di esse è la grammatica.

La poesia eddica
Ha la caratteristica di rappresentare anche la letteratura germanica, non solo quella scandinava,
nonostante sia propria di questa area. I contenuti di questo tipo di poesia sono mediati dalla Chiesa
perché gli scrittori sono stati legati ad essa fin dalla nascita dell’università. Sono, dunque, copisti che
appartengono all’ordine ecclesiastico.
La poesia eddica rappresenta il patrimonio collettivo, specchio della società germanica e della cultura.

20
L’edda rappresenta un riferimento per la letteratura germanica, perché contiene tutte le informazioni,
come una sorta di enciclopedia, anche della religione germanica. È conservato nel codex regius.
Regius perché è stato conservato per molto tempo nella biblioteca reale di Copenaghen.
Il manoscritto è stato recuperato da un sacerdote che sapeva di essere di fronte ad uno dei testi più
importanti della letteratura scandinava e germanica in generale, ma lo confuse per un altro testo,
sempre scritto in lingua scandinava, ma norvegese che si chiama Edda di Snorri Sturlusson. È una
sorta di manuale per i poeti, per esemplificare la tecnica della poesia germanica, le caratteristiche, lo
stile, le figure retoriche della poesia germanica.
La definizione dell’Edda poetica è diversa da quella di Snorri: il codex regius contiene la poesia da cui
Snorri stesso, nel comporre il suo manuale, trova esempi. Inoltre la sua opera è in prosa. L’Edda
poetica, invece, è composto da 29 canti, di cui 10 mitologici e 19 epici.

• I 10 mitologici si aprono con un primo canto importantissimo chiamato “Vǫluspá” ovvero la


profezia della veggente, diviso in una descrizione cosmogonica, quindi delle origini del mondo,
e in una descrizione escatologica, sulla fine del mondo. Qui troviamo anche delle conferme di
altre poesie sull’origine del mondo come con la preghiera di Wessobrunn.
• Nella parte finale ritroviamo il famosissimo Ragnarok: come i germani immaginavano la fine del
mondo. Questo termine secondo gli studiosi ha una doppia valenza: indica sia il crepuscolo
degli dei sia la fine del mondo che abbiamo anche noi cristiani, come immagine del giudizio
universale. I primi canti sono dedicati ad ogni divinità germanica, rappresentati come esseri
umani, come gli dei greci: con le loro debolezze, dei che possono innamorarsi, ingannarsi,
entrare in gelosia. È importante ricordare questi 10 canti rappresentano un’enciclopedia della
mitologia germanica, e che a volte comprendono quello che ci viene dato da altre letterature o
aggiungono ad esse ulteriori elementi.
• La seconda parte contiene 19 canti di tipo epico, eroico, compresa una parte che è possibile
ritrovare anche nell’epica germanica. Nella maggior parte dei casi, in questi canti ritroviamo
sempre personaggi della Germania orientale, in particolare degli Ostrogoti, confermando o
anticipando quello che ci verrà dato dai poemi medievali tedeschi.

All’interno dei 29 canti ci sono anche alcuni inneggiati ai personaggi più tipici dell’area scandinava.

La poesia scaldica
L’Edda in prosa di Snorri era un manuale diviso in tre parti di cui una è solo mitologica, uguale a quella
dell’ Edda poetica; questo manuale era rivolto ai poeti scaldici. La poesia scaldica è sempre dedicata a
qualcuno ed è esclusivamente scritta da cantori, i cosiddetti poeti di corte, che hanno tutto l’interesse
per essere riconosciuti e, infatti, questo tipo di poesia non è mai anonimo.

Per quanto riguarda il linguaggio poetico, c’è una figura poetica nella poesia germanica che è legata
all’area scandinava e si chiama kenning: riconoscere qualcosa con qualcosa di noto, come dice Snorri
nel suo manuale.
Kenningar: plural. di kenning, a differenza di quest’ultimo, formato solo da due membri, il Kenningar
può essere anche di otto o nove membri.

Le poesie scaldiche sono considerate ottime fonti storiche, attendibili per conoscere determinati
personaggi come re o signori: il poeta scaldico doveva lodare il signore presso quale prestava servizio,
ma non poteva esagerare con il modificare le sue capacità, perché il signore stesso sapeva quando
mentiva in ciò che scriveva. Pertanto, il poeta era tenuto a scrivere la verità dei fatti.

21
Le saghe
Ci troviamo nel XII-XIII secolo, nell’aria scandinava c’è anche una letteratura in prosa, più matura: sono
testi che avranno avuto sicuramente dei loro precedenti orali e questi tipi di racconti vengono detti
saghe (etimologicamente viene dal verbo sagen ovvero ‘dire’).
Le prime saghe sono legate ancora ad un’atmosfera di tradizione orale, sono molto brevi e cominciano
con “io ho sentito dire, noi abbiamo udito, io ho appreso”, espressioni utilizzate perché lo storico non
voleva prendersi la responsabilità di quelle creazioni.
Il ciclo più antico di saghe si chiama Landnamabòk che significa “il libro della presa della terra”; agg.
Land=terra, nam=prendere, bòk=libro.
Questo ciclo di saghe si sviluppa anche come fonti storiche e riguardano lo spostamento dei norvegesi
in Islanda, terra deserta ovvero la terra dei ghiacci in cui non c’era niente da conquistare. Quindi si
parla di come sia stata portata avanti questa migrazione e di come si sono ricostruite lì le stesse
abitudini, le stesse istituzioni che si avevano in Norvegia.
Ci sono inoltre trattati grammaticali i quali rappresentano una sorta di unicum per la letteratura antica;
anche l’Inghilterra ha avuto delle opere grammaticali ma sono traduzioni delle fonti latine. Qui invece
nascono delle opere grammaticali scandinave che usano le fonti latine ma il riferimento è la lingua
scandinava. C’è un volume quasi esclusivamente fonetico con riferimenti ai suoni della natura, ad
esempio le onomatopee.

Caratteristiche ereditate dall’Indoeuropeo


Si riconoscono nelle lingue germaniche, nelle lingue romanze e nel latino, delle parole in comune.
Il germanico somiglia da tanti punti di vista al latino, ma anche al greco, e si può̀ notare questa
somiglianza soprattutto sulla base delle parole, sostantivi, aggettivi, verbi.
Questa famiglia germanica ha delle caratteristiche che consentono di dire che appartiene
all’indoeuropeo. Fra le caratteristiche ereditate da esso c’è la cosiddetta struttura flessiva della parola:
si esprimono delle funzioni grammaticali con determinati mezzi, i quali si trovano nella stessa parola.
Queste lingue vengono chiamate lingue flessive o sintetiche, le quali riescono a indicare le funzioni
grammaticali attraverso suffissi e desinenze e aggiungono alla radice, che contiene il sema della
parola, il caso il numero e il genere.
Il suffisso è una particella variabile che modifica la funzione della parola. Esso è all’interno della parola
stessa, si unisce alla radice e crea il tema nominale.
L’indoeuropeo è riconosciuto anche nel germanico, esso è capace di variare il significato della parola,
quindi anche alcune funzioni grammaticali, attraverso un cambiamento di vocale della stessa radice.
Questo fenomeno si chiama apofonia o alternanza vocalica. La stessa radice cambia di significato e
talvolta di funzione a seconda della presenza di una E o di una O.
L’esempio classico è quello di tegola e toga che condividono la stessa radice, in cui la vocale che
cambia crea un uso semantico differente.
Una variazione vocalica provoca un cambiamento semantico, ossia questa doppia possibilità della
radice di indicare un oggetto o qualcosa di simile in un altro contesto. Questo viene ereditato anche
dal germanico che lo utilizza specificamente per l’ambito verbale, in cui la variazione può comportare
una variazione di tempo. Es: in to speak e spoke la radice è la stessa e attraverso il cambiamento
vocalico si ottengono due tempi differenti.
L’evoluzione della lingua flessiva o sintetica a lingua analitica è un cambiamento che riguarda tutte le
lingue, però il germanico è molto legato all’accento, che indebolisce le parti finali della parola che sono
atone e si perderà la desinenza e si avrà bisogno di altri mezzi.

22
Le consonanti
Si ereditano dall’indoeuropeo le tre serie di consonanti che si trovano in una lingua, ovvero occlusive,
fricative e sonanti, presenti anche nel germanico.
Nel passaggio da indoeuropeo a germanico, le serie sono mantenute, non spariscono, ma quelle del
germanico non corrispondono a quelle dell’indoeuropeo. C’è uno slittamento consonantico nel
germanico legato alla prima mutazione consonantica. Le tre serie di consonanti sono conservate,
mentre lo slittamento fonetico è delle occlusive che cambieranno poi in altri suoni nel germanico, così
come le sonanti.

Non tutte le fricative sono anche sibilanti. Nel mondo delle sibilanti esistono solo la S e la Z, che sono
anche fricative e spiranti; la F è solo fricativa, ma non sibilante.

Le lingue germaniche storiche (gotico, anglosassone, norreno, tedesco, sassone) avevano un sistema
verbale tale da riconoscere ben 7 classi di verbi forti, con qualche differenza tra gruppo nord-
occidentale rispetto al gotico. La lingua più antica, l’anglosassone è collocata almeno due secoli e
mezzo dopo. In quel lasso di tempo qualcosa è cambiato nella struttura germanica delle lingue
attestate.
Il germanico continua ad usare l’alternanza vocalica sistematicamente per verbi irregolari, ossia i verbi
forti del germanico. È una categoria non più produttiva, nel senso che quello che c’era è rimasto,
oppure si è semplificato e si è trasformato in verbo regolare. È una categoria importante, se non ci
fosse stata quest’eredità il confronto con l’indoeuropeo sarebbe stato impossibile.

Ereditato è anche tutto il sistema pronominale, ossia tutti i pronomi personali. Sono la stessa cosa con
slittamenti consonantici: da /g/ si passa a /k/, e dall’occlusiva /t/ si passa alla /Þ/ (thorn), che è la runa
corrispondente alla /t/ dell’indoeuropeo. È proprio questa la prima mutazione consonantica.

Caratteristiche tipiche ed esclusive del germanico


La trasformazione dell’accento
Le lingue indoeuropee, indipendentemente dalla famiglia di appartenenza procedono alla stessa
maniera per quanto riguarda l’arricchire il lessico. Al di là dei prestiti e dei calchi, la Wortbildung
mostra che una lingua germanica ricorre o alla composizione nominale per creare nuovo lessico,
oppure alla derivazione, cioè si creano nuove parole a partire da una preesistente tramite l’ausilio di
suffissi, prefissi etc. Se non ci fossero queste coincidenze lessicali e somiglianze non si potrebbe fare
nessun confronto tra le lingue indoeuropee. Il lessico germanico è di origine indoeuropea, poi ci sono
delle specificità germaniche che sono caratteristiche dell’habitat e delle istituzioni culturali/sociali.

Fra le caratteristiche tipiche ed esclusive del germanico c’è in primis la trasformazione dell’accento.
L’accento germanico è sempre sulla sillaba radicale, che non è sempre la prima sillaba, talvolta può
essere il prefisso. Questo è un primo dato di fatto rispetto all’indoeuropeo nel quale l’accento è libero e
musicale e può cadere su qualsiasi sillaba, ed ogni volta specifica qualcosa di diverso, esempio:
ancòra/àncora.
Nel germanico l’accento cade sempre ed unicamente sulla sillaba radicale e non ha nessuna funzione
morfologica, cioè non ha carattere distintive. Le lingue germaniche hanno tuttora questo fenomeno,
detto di rizotonia: l’accento sulla radice. L'accento rizotonico è la prima vera caratteristica non
ereditata dall'indoeuropeo. Può cadere sulla sillaba radicale ma anche sulla prima sillaba, quindi
spesso si creano confusioni se questa è un prefisso che non è più riconosciuto come tale. Il prefisso

23
non viene più visto come entità autonoma, ma fa di quella radice e quindi l'accento retrocede
ulteriormente.
Qualche lingua germanica ha recuperato un doppio accento, soprattutto l’inglese: se c’è la presenza
di una parola originariamente germanica viene ridotta ad un monosillabo, quindi non si può trovare
l’accento in un’altra posizione, se ha un altro accento è perché si tratta di una parola polisillabica, la
quale ha origine straniera e romanza.
Esempi: óutput e ínput nell’inglese. In questi casi, entrambe le parole sono separabili e possono
funzionare anche autonomamente, ma una volta che out e put vengono unite, l’accento retrocede sul
prefisso, che è la prima sillaba della parola.

Il danese ha recuperato un altro accento, il cosiddetto colpo di glottide: parole identiche che mostrano
una differenza nella pronuncia. Quindi c’è una parola normale germanica e un’altra parola con una
sospensione del suono prima della pronuncia.
Anche nel germanico ci sono accenti secondari se una parola è bimembre (composta), si avrà
l’accento germanico radicale sia sulla prima che sulla seconda parola, su quest’ultima sarà detto
secondario.
In tedesco le parole con prefissi inseparabili hanno retrocesso l’accento sul prefisso, che si è
agglutinato alla radice e non viene più riconosciuto come prefisso, ma è un tutt’uno. Si hanno anche
nel germanico, a poco a poco, degli spostamenti di accento, però dove il prefisso viene ancora
riconosciuto come ente autonomo con la sua antica funzione preposizionale, si ha una separazione
delle due forme, tant’è che questi prefissi sono detti separabili, però hanno un accento sulla sillaba
radicale e il è prefisso atono.
Le lingue germaniche hanno agevolato il processo naturale della lingua da flessiva a sintetica a causa
dell’accento, perché se esso cade sulla sillaba radicale, le altre sono atone. Le parti atone sono
diverse a seconda della propria vicinanza alla parte tonica: quanto più lontane sono dalla sillaba
radicale, più sono deboli e la più debole è quella che contiene le desinenze, che cadono. In questo
caso, ci sarà la necessità di affidare a qualcos’altro l’espressione di quelle funzioni grammaticali
concentrate prima sulla parte finale della parola, quindi nasceranno: l’articolo, i sintagmi preposizionali.
Si parlerà di metafonia e di frangimento ciò significa che la radice riceve il colpo principale nella
fonazione e il resto diventa più debole.
Un’altra caratteristica è la riduzione dei 10 fonemi vocalici dell’ie ad 8. I germani, come tutti gli
indoeuropei, hanno le palatali e le velari. Nel passaggio da indoeuropeo a germanico c’è stata una
riduzione delle vocali, inizialmente per il germanico ce n’erano 8 in un confronto con l’indoeuropeo.
C’è poi l’evoluzione delle liquide e nasali.
Tutte le lingue indoeuropee, anche il latino, mostrano di aver sviluppato un elemento vocalico davanti
alle sonanti, nel germanico questo elemento è la /u/.

vocalismo
Nel passaggio dall'indoeuropeo al germanico, le lingue germaniche hanno avuto una riduzione
vocalica. L'indoeuropeo ha dieci fonemi vocalici, cinque brevi e cinque lunghi, cioè AEIOU; sono tutte
velari, fatta eccezione per E ed I che sono palatali. Questi dieci fonemi vocalici sono ridotti a otto nel
germanico in fase di ricostruzione. La A breve e O breve dell'indoeuropeo danno come esito nel
germanico una sola vocale: la A breve. Dall'altro lato, per le lunghe, tra la A e la O sopravvive la O
lunga.
BREVI = A
LUNGHE= O
Questo riguarda ovviamente anche i dittonghi che sono formati con quelle vocali; solitamente sono
formati da vocali brevi. Nel germanico essi sono formati da due vocali che possono subire un
fenomeno in maniera autonoma, pur facendo parte ancora di quella coppia. Due vocali che
24
costituiscono un dittongo, se sono coinvolte tra A e O, subiranno la stessa sorte: troveremo dittonghi
partiti con la O nell'indoeuropeo ma saranno con la A nel germanico. Quindi anche il numero dei
dittonghi diminuisce in fase di ricostruzione: da sei dittonghi ricostruiti per l'indoeuropeo ne abbiamo
tre nel germanico.

Un interessante fenomeno germanico prevede la caduta della nasale davanti alla fricativa velare
sorda: la H, è fortemente consonantica, non è muta. Si è visto che la N davanti al nesso di
A+nasale+H cade e la A si allunga. Capita anche alle altre vocali ma, in questo caso, la A lunga non
c'è e viene subito ricostruita.

Ci sono dei suoni nell'indoeuropeo che vengono detti sonanti, sono le due nasali e le due liquide = Ṃ Ṇ
- Ṛ Ḷ, con l'asterisco perché́ sono stati ricostruiti. Quel cerchietto indica questi fonemi sono capaci di
comportarsi come consonanti in ambito vocalico e intervocalico, e sviluppano una natura
consonantica oppure vocalica se si trovano fra due consonanti.
Queste sonanti sono ereditate, passano in tutte le lingue indoeuropee, quindi anche in quelle
neolatine, e sviluppano un elemento vocalico, davanti a quel suono (che esso sia nasale o liquido). Nel
caso del germanico, questo elemento vocalico è una U. Per esempio, il prefisso negativizzante "in",
(come indimenticabile) che troviamo in tutte le lingue romanze, nel latino si poteva avere anche con E,
e si sviluppa in realtà da una N. Lo stesso di indimenticabile è unforgettable, ed è praticamente
quell'elemento in U che si sviluppa davanti alla stessa sonante che in latino ha sviluppato la E. Quindi
tutte le lingue indoeuropee conservano le sonanti, solo che hanno sviluppato un elemento vocalico
che nel germanico è U.
E latina = U germanica.

Le lingue flessive si possono basare sulle desinenze per esprimere una funzione grammaticale, ma
anche con le variazioni apofoniche.

All'interno delle stesse radici, quelle imparentate, c'è un gioco vocalico chiamato alternanza vocalica
(o apofonia): ci può̀ essere una vocale anziché́ un'altra e a seconda della vocale cambia l'accezione
semantica di quella parola. La radice contiene il sema della parola, il suo significato e la presenza di
una vocale o dell'altra determina un cambiamento di significato della radice che rimane identica.
L'apofonia può̀ essere un'alternanza vocalica di tipo:
• Qualitativo significa che è la vocale che cambia, quindi una E rispetto ad O, una A rispetto a O.
Cambia il timbro vocalico, è la qualità̀ della vocale che cambia.
• Quantitativo riguarda solo la lunghezza vocalica, per cui si può̀ alternare anche una A breve con
una A lunga nell'indoeuropeo.
Nel germanico ci saranno entrambe alternanze.
L'alternanza vocalica serve a contrapporre il tempo. Lo si può̀ notare con qualsiasi verbo irregolare, in
particolare in inglese: tell/told, inizialmente era un verbo regolare, però adesso ha proprio come vocali
la E e la O che sono le vocali di base dell'apofonia. C'è ancora la D, perché́ in inglese può̀ essere
anche la fine della radice, come in find ma non per questo è regolare.

Il germanico dimostra di aver ereditato questo fenomeno, ma di averlo sistematicamente utilizzato per
la formazione della categoria dei verbi forti, gli irregolari, che sono tutti ereditati dall'indoeuropeo. Essi
si differenziano in sette classi, 6+1, dove l'apofonia non è la caratteristica principale. Questa categoria
è chiusa, non si producono altre forme verbali.
Le prime cinque classi sono basate sull'alternanza qualitativa, la sesta era nell'indoeuropeo di tipo
quantitativo, e diventa anche qualitativa perché́ deriva da quell'alternanza A-O che si perde però nel
germanico.

25
Nel caso si dovesse creare un nuovo verbo, lo si fa sulla base del verbo più̀ semplice, cioè̀ su un verbo
debole (regolare). Si parte da una parola romanza, ma la coniugazione avviene secondo la base del
verbo regolare; es: l'inglese aggiunge l'elemento -ed.

La settima classe, così come ce la consegna il gotico, è caratterizzata dall'apofonia ma anche dalla
reduplicazione della sillaba radicale. Infatti, questi verbi sono definiti reduplicativi o a raddoppiamento.
Il primo fonema della radice + la vocale radicale si reduplicano, per cui memo/memini.
Il principio di base è che l'infinito ha una radice e si raddoppia il fonema iniziale di essa, più̀ la vocale
radicale. Un esempio è il verbo haitan, che significa ordinare, chiedere, desiderare e anche
comandare. Questo verbo è passato nel tedesco diventando heißen (haissen) cioè̀ chiamarsi. È
attestato con la reduplicazione solo in gotico, o meglio il presente deriva le sue forme dall'infinito.
Il paradigma del verbo germanico prevede, nel verbo forte in particolare, quattro forme: un infinito, un
preterito singolare, uno plurale e il participio passato.
Le forme che ci interessano sono haihait e haihaitun, perché́ nel preterito singolare e plurale si ha
questo raddoppiamento. In alcuni casi può̀ anche avere l'apofonia, quindi il raddoppio della sillaba
radicale.

Le altre lingue germaniche hanno evidenziato un vocalismo differente rispetto al gotico e alle altre sei
classi; il gotico ci dimostra uno stadio di cose più̀ antico. Siccome la reduplicazione viene testimoniata
da altre lingue indoeuropee, è certo che sia stato il lasso di tempo intercorso fra il gotico e le altre
lingue germaniche a creare cambiamenti di tipo fonetico, creando un nuovo fonema vocalico:
l’indebolirsi della sillaba radicale reduplicata, perché́ atona → la sillaba di reduplicazione si è indebolita
e contratta con la sillaba radicale originaria. Ciò ha modificato l'assetto vocalico della radice, creando
quindi quella vocale che è lunga 2, perché́ fino ad un certo momento la E lunga già̀ c'è nelle lingue
germaniche.
Quindi c’è sia il raddoppiamento sia l’apofonia, in particolare alcuni gradi sono proprio ereditati
dall’indoeuropeo, però poi tutto dipende da come sono state utilizzate nel germanico.

Sistema verbale
Ci sono anche delle riduzioni nell’ambito del sistema verbale. Il sistema verbale è sostanzialmente più
semplice rispetto a quello del latino. Abbiamo una contrapposizione netta tra presente e passato: nel
latino non c’era un passato prossimo o trapassato, tantomeno un futuro. C'è una netta
contrapposizione tra presente e passato: significa che si hanno i tempi dell’infinito che creano il
presente, e che hanno due forme preteritali, ma che sono dello stesso preterito, singolari e plurali. C’è
un solo presente e un passato e i modi sono tre: indicativo, ottativo e imperativo.

Inizialmente il germanico ha avuto una contrapposizione tra presente e passato, e pare che i prefissi
servissero fino a quando non si sono inventate ed emulate le perifrasi verbali. Ci sono dei prefissi,
come il ge, che sono conclusivi, danno un significato di azione compiuta al verbo, mentre ce ne sono
altri durativi; quindi, se aggiungiamo un “ge” o un altro prefisso si dà una specificazione diversa, che
può essere di durata o conclusione. Il ge conclusivo oggi lo ritroviamo nel participio passato come
prefisso nel tedesco e nell’olandese.

Il germanico non ha un passivo suo, si utilizzerà o il verbo essere + participio o il verbo venire. Nel
caso delle lingue germaniche si usa o il verbo essere o divenire (es. werden in tedesco/worden in
olandese), mentre in inglese è stato perso è mantenuto solo il passivo + verbo essere.

Come caratteristica esclusiva c’è la formazione dei verbi deboli. È un’innovazione del germanico, i
verbi forti sono tutti ereditati e sono una categoria chiusa. Molti verbi forti si sono però semplificati
passando ad una nuova struttura che prevede solo la radice identica tra presente e passato, più
26
l’aggiunta di un suffisso e una desinenza dentale (-ed per l’inglese, -te per il tedesco, -te/-de in
olandese).
Nel verbo debole la caratteristica di base è la stessa vocale radicale fra presente e passato, più
l’elemento in dentale per il passato.

Il gotico ha uno stadio linguistico, che non mostra determinati fenomeni assimilatori che le altre lingue
hanno dopo, tipo la metafonia. Si viene a creare una situazione vocalica che sembra simile a quella dei
verbi forti, però il principio di base è che la categoria dei verbi deboli non ha apofonia; quindi, la vocale
dovrebbe essere sempre la stessa; la vocale radicale dovrebbe mantenersi sempre la stessa e in più
per il passato c'è l'elemento in dentale. È una categoria innovativa: non si riscontra nell’indoeuropeo, è
tipica dal germanico ed è estremamente produttiva.

Gran parte del lessico è ereditato dall’indoeuropeo nel germanico, però è ovvio che nel germanico per
abitudini culturali si sviluppi un lessico proprio. Ci sono quindi delle sfere lessicali, delle classi
semantiche, tipiche del germanico.

Si è notato che la stessa evoluzione di A breve ed O breve in A breve la mostra la schwa (ə). Lo schwa
è un fonema ricostruito per l’indoeuropeo, una sorta di E muta. Lo schwa dimostra nel passaggio alla
radice corrispondente nel germanico di essersi sviluppato in A breve. Inizialmente dall’indoeuropeo
abbiamo solo la A breve.

Per le vocali lunghe abbiamo lo sviluppo di


• A lunga, O lunga solo in O lunga;
• E lunga che deriva direttamente dall’indoeuropeo, ed è detta E lunga 1, ma solo se si fa il discorso
dei verbi reduplicativi. Quindi quella ereditata verrà detta E lunga 1, perché poi i linguisti sanno che ci
sarà la E lunga 2. Quindi E lunga resta ereditata dall'indoeuropeo, di timbro un po' più aperto rispetto a
quella che sarà le E lunga 2;
• I lunga che viene anche dalla monottongazione;
• U lunga

Nella ricostruzione si è visto che in alcuni contesti quando la A si trova dinanzi a una nasale+fricative
velare sorda (caratteristica germanica comune verificatasi in tutte le lingue), la nasale cade e abbiamo
un allungamento di compenso. È un fenomeno tipico: quando la nasale cade davanti a determinati
suoni, c’è l'allungamento di compenso della vocale precedente. Per cui se c’è bisogno di una vocale
lunga, questa viene ricostruita.

schematicamente
o Da A lunga a O lunga abbiamo O lunga;
o le vocali E lunga, I lunga, U lunga inizialmente restano identiche. Le singole lingue possono avere
delle evoluzioni differenti. A volte le cose combaciano, altre volte sono nettamente differenti. Poi vi
è il fonema vocalico (A lunga) che si è creato dopo la sua perdita.

Quanto ai dittonghi, nel germanico comune ne risultano solo tre.


Quindi ci sarà una riduzione di tutti i dittonghi, che sono costituiti dalle vocali coinvolte nella confluenza
vocalica; sono formati da O e da A e possono cambiare solo con la A, perché i dittonghi sono formati
da vocali brevi. Poi c'è il monottongo: da due dittonghi se ne ha solo uno (AI-OI → AI), mentre EU
rimane identico inizialmente. Il monottongo EI invece passa a I lunga. Ovviamente con il monottongo si
crea da due vocali una vocale lunga.

27
Fonetica combinatoria e articolatoria
Il vocalismo è il fenomeno più ricostruito a tavolino perché le prime attestazioni storiche dimostrano
una realtà differente da quella ricostruita, dimostrano di aver già sviluppato fenomeni vocalici laddove
per un momento svaniscono.

La fonetica può essere combinatoria o articolatoria. La fonetica combinatoria dimostra un


cambiamento soprattutto per le lingue nord-occidentali, mentre quella articolatoria studia i fenomeni
spontanei, incondizionati, non causati da un ambiente fonetico particolare ma si verificano in vari
ambienti. Con i verbi irregolari del tedesco, svedese o anche dell’inglese stesso, si può notare che si
verifica un cambiamento vocalico per apofonia, il quale può essere lo stesso sia che sia nel verbo to
speak, sia che sia nel verbo to find, verbi che hanno una costituzione fonetica diversa però il
cambiamento vocalico si verifica comunque. Fonetica articolatoria e fenomeni di fonetica articolatoria
sono quelli che non hanno nessun condizionamento interno o esterno, si verificano e basta. Ad
esempio, la prima mutazione consonantica nel 99% dei casi è articolatoria, cioè si verifica in qualsiasi
condizione.

Ci sono poi casi di fonetica combinatoria: spiega fenomeni che si vengono a creare in determinate
condizioni, in determinati ambienti fonetici. Un esempio è una maggiore chiusura di una vocale se si
trova vicino a una nasale (restringimento). Per esempio benda, una parola dell’indoeuropeo, ha come
radice ricostruita bendh; i germani hanno bindan come verbo che poi è passato a indicare legare, però
prima i legacci erano fatti appunto di nastri, bende. È presente una I, è presente sin dal germanico ed
è di tutte le lingue germaniche. Una vocale davanti ad una nasale prevede un restringimento e questa
chiusura della vocale, da una più aperta a una più chiusa, da E a I si verifica in tutte le lingue
germaniche e si vede anche nel gotico.

Una delle principali isoglosse nord-occidentali è la cosiddetta metafonia, un fenomeno di fonetica


combinatoria, condizionato da dei suoni. Si chiama anche fonetica assimilatoria perché è un fenomeno
che si verifica per assimilazione. È uno dei fatti conseguenti al posizionamento dell’accento. L’accento
indebolisce tutte le sillabe atone e queste non segnano più una netta demarcazione fra le sillabe e si
dice che vengono abbattuti i confini sillabici. Questo rende possibile anche un’assimilazione fra il
suono delle varie sillabe e spesso, una vocale presente in una sillaba successiva a quella radicale
cambia la vocale radicale.

La metafonia
Il termine metafonia è quello coniato sulla base della definizione tedesca, cioè umlaut → la presenza
dei due puntini su determinate vocali ä, ë. È un espediente per specificare sin dal medioevo che quella
vocale, anche se scritta a viene pronunciata e, perché mutata dal punto di vista fonetico. Questo
espediente è stato introdotto in Germania nel periodo medio-tardo poiché inizialmente gli scribi
tedeschi erano soliti mettere una e su queste vocali per indicare l’avvenuta palatizzazione.

La metafonia è quindi un calco strutturale ed è un fenomeno assimilatorio, i suoni si assimilano ad altri


in determinate condizioni. Il timbro vocalico della vocale radicale subisce un cambiamento e si assimila
fonema vocalico della sillaba successiva.

La metafonia può essere essenzialmente di due tipi e la prima è germanica. La più diffusa delle
metafonie è quella palatale, causata da una i o i lunga della sillaba successiva. È una metafonia
palatale perché la causa del cambiamento è una vocale palatale, la I è più chiusa possibile ed è l’unica
che non metaforizzerà perché è già la più stretta e la metafonia palatale è un fenomeno di chiusura. La
metafonia può rientrare fra i fenomeni di restringimento come, ad esempio, la chiusura di una vocale
28
più aperta davanti a una nasale che segue. Però, mentre il restringimento ha come causa un suono
proprio attaccato, la vocale davanti alla nasale, la metafonia è un’assimilazione a distanza, cioè ci
possono essere anche altri suoni.

I primi esempi di metafonia palatale si riscontrano in area anglosassone verso la fine del VI e inizio del
VII secolo ed è molto probabile che sia stato proprio quello il punto di partenza: prima in Inghilterra
(Anglossassonia), poi nel nordico antico (Scandinavia) e poi nell’area continentale, quindi nel tedesco.
In queste tre arie si è realizzata un suddivisione/diversificazione cronologica della metafonia palatale
non a livello di fonetica ma a livello di registrazione grafica.

L’area continentale è molto esitante dal punto di vista della grafia. È una grafia molto ambigua, spesso
non rispecchia la fonetica e questo ci fa avere una serie di dubbi sulla effettiva presenza dei fenomeni
in quell’area.

La fase immediatamente successiva all’alto tedesco, quella del medio, ci mostra invece che queste
cose si erano verificate, solo che dal punto di vista grafico non sono registrate. Quindi l’umlaut viene
registrata molto spesso solo in una fase successiva. Questo non significa che quei suoni non venissero
pronunciati già come suoni metafonizzati nell’area alto tedesca. Nell’ambito della metafonia palatale,
nell’area continentale tedesca si mostra nella fase tedesca antica esclusivamente il cambiamento di A
in E dal punto di vista della registrazione grafica.

La metafonia primaria e secondaria


Questa distinzione tra primaria e secondaria riguarda solo l’area tedesca, e non è di gerarchia, di
graduatoria, ma semplicemente una suddivisione che gli studiosi hanno notato.

La metafonia primaria riguarda la A che passa ad E, mentre la secondaria riguarda tutte le vocali che
subiscono una metafonia palatale ma questo cambiamento viene evidenziato solo nella fase media del
tedesco. Metafonia primaria e secondaria non sono differenti, è una distinzione che si applica solo
nell’area tedesca, e colpisce le vocali sia che siano lunghe sia che siano brevi.

Nella fase successiva, quella che chiamiamo media, si assiste all’inserimento di una E sopra le vocali
mutate e si dimostra quindi che anche la O e la U sono state metafonizzate e anche le E.
La metafonia secondaria è solo una dimostrazione che anche le vocali diverse dalla A sono state
mutate per metafonia. Si tratta di una registrazione di questi cambiamenti per iscritto. Probabilmente
anche le altre vocali erano state già cambiate per metafonia, solo che il cambiamento ci viene
dimostrato nella seconda fase del tedesco, quella media, quando gli scribi, forse per maggiore
sicurezza, inventano delle modalità per mostrare questi cambiamenti.

Le vocali che subiscono metafonia sono le vocali velari che tendono a chiudersi rispetto alla pronuncia
più aperta, assumono un tono per assimilazione, un timbro più chiuso, tendono ad essere pronunciate
come le palatali. Queste ultime sono sempre due, E ed I, in qualsiasi lingua indoeuropea.
Le vocali velari A O U passano a vocali palatali; la E può stringersi ulteriormente e diventare I, ma ciò
si verificava anche con il restringimento puro e semplice; la I non passa a nessun altro, perché è già
chiusa.

A passa ad E, che viene pronunciata in maniera abbastanza aperta. La O passa ad Ø. La U passa a Y.


Nei manoscritti, soprattutto quelli anglosassoni, viene scritto con Y, così come la Ø, che è più tipica
delle zone settentrionali e della Scandinavia, viene scritta per un po’ di tempo anche nell’aria

29
anglosassone come OE, ma nella maggior parte dei casi passa, dal punto di vista grafico,
immediatamente ad E.

La metafonia può colpire, come tutti i fenomeni, anche i dittonghi: se la A passa ad E, passerà ad E
anche se è insieme ad U. L’esito finale sarà l’insieme delle vocali metafonizzate e in questo caso c’è
una precisa corrispondenza anche se poi la grafia potrà cambiare da lingua a lingua.

Il germanico avrà sempre una vocale non metafonizzata, a meno che non si parli di un germanico
nord-occidentale che arriva dagli esempi delle lingue nord-occidentali.

Namnjan → Nominare. Verbo debole prima classe, è uno di quei verbi innovativi. Il verbo debole di
prima classe presenterà sempre la metafonia, perché una sua caratteristica è proprio il suffisso J, la
quale provoca la chiusura. Addirittura, in questa parola è preceduta da due nasali, quindi riesce ad
influenzare la vocale radicale che si chiude e che, per esempio, in anglosassone diventa nemnan.
* in norreno nefna-> per dissimilazione o assimilazione regressiva: -mn > -fn, la nasale viene resa con
f.

La causa della metafonia (I o J) è spesso scomparsa, ricostruiamo il cambiamento grazie al gotico che
questo cambiamento non ha e dove il verbo è lo stesso che immaginiamo per il germanico: namnjan.

Satjan → mettere, porre. Verbo debole, transitivo. Diventa sezzan, il cambiamento da t > z è la
seconda mutazione consonantica. Quindi, si passa da un verbo che è già mutato come consonante: la
t già deriva da un altro suono → in italiano abbiamo sedere: la D dell’indoeuropeo passa a T nel
germanico, che diventa Z nel tedesco. Satjan germanico, identico nel gotico, anglosassone settan
(geminazione consonantica) > to set nell’inglese.

Insieme alla metafonia palatale, spesso, è presente un raddoppiamento consonantico.

Geminazione consonantica
La geminazione consonantica è un altro fenomeno nord-occidentale e si ritrova nella maggior parte dei
casi con la metafonia perché causato dalla J. È un’altra isoglossa nord-occidentale.
Satjan è un esempio di verbi regolari nell’inglese: abbiamo un verbo debole in cui la vocale rimane la
stessa e dato che al passato si aggiunge -ed, dovrebbe essere setted. La vocale cade, viene diminuito
sempre di più la consistenza della parola e si ridurrà alla semplice radice.

Si è verificata una metafonia, abbiamo il cambiamento di A che passa ad E, in questo caso, per il
verbo setjan > sedersi, di E che passa ad I. Quindi sempre J che causa geminazione consonantica
(raddoppiamento di t in sittan). Questo è un verbo forte, quindi irregolare, possiamo verificarlo anche
con il paradigma: to sit -sat -sat per l’inglese e l’altro per il tedesco [sitzen saß gesessen]

Le cose cominciano a complicarsi per il tedesco perché non rivela un cambiamento vocalico, cosa che
si verifica nel tedesco moderno. Lo notiamo facilmente se facciamo un esempio corrispondente con la
lingua moderna o con i singoli passaggi all’interno delle fasi del tedesco stesso.

g*ᚦunkjan > significa sembrare. Qui il gotico cambia, ma solo per questioni consonantiche sue, nel
senso che quando c’è il nesso consonantico -nk- si verifica una doppia velare ma non c’entra con la
vocale che rimane identica.
In norreno diventa *ᚦykkja. In questo caso si assiste molto spesso a questo fenomeno
dell'assimilazione, cioè due fonemi consonantici che sono messi insieme (come in questo caso –nk)

30
possono assimilarsi (Qui: -nk > -kk) o al contrario dissimilarsi (*namnjan in norreno diventa nefna per
dissimilazione o assimilazione regressiva: -mn > -fn, la nasale viene resa con f).
La causa della metafonia è sempre presente, si tratta sempre di un verbo debole di prima classe dove
il suffisso tematico è sempre la ‘’i’’ lunga. Quindi tutti i verbi deboli di prima classe prevederanno la
metafonia e, quando è possibile, la geminazione. Nell’anglosassone (in realtà ovunque ma solo
l’anglosassone lo scrive), la ‘’u’’ che viene metaforizzata viene resa con la ‘’y’’, a poco a poco
l’evoluzione di questa ‘’y’’ è una ‘’i’’ normale dal punto di vista grafico. Sassone antico e il tedesco non
rivelano ancora la metafonia, il sassone antico in questo caso risente molto della vicinanza del
tedesco. Il germanico per questo verbo prevede una thorn (fricativa dentale sorda).
Dato che il latino non ha la fricativa, sotto la sua influenza viene espressa con “th” che rimarrà
nell’inglese moderno.

Nel tedesco la thorn > d, ma quest’ultimo non è un fenomeno fonetico.


In aria tedesca, la conversione al cristianesimo era da un lato di origine insulare e dall’altro di origine
latino. L’educazione scrittoria inizialmente è basata su quella insulare e di conseguenza da esso
vengono ereditati alcuni metodi scrittori, tra i quali l’uso della runa thorn. Ma il problema sta nel fatto
che nella linguistica tedesca non esiste la fricativa dentale, quindi la thorn viene sostituita con la D.
Laddove l’inglese ha il th, il tedesco ha la D.

g*sōkjan > cercare.


La J è un suffisso tematico caratteristico di questi verbi.
Un suffisso tematico è quello che insieme alla radice crea il tema; quest’ultimo indica l’appartenenza
ad una declinazione o ad una coniugazione.
Il suffisso tematico, in questo caso, è causa della metafonia, quindi la O che viene metaforizzata:
O > O chiusa (molto raramente scritta come oe) che nell’anglosassone viene registrata solo come E.
In g*sōkjan (cercare) c’è una O lunga: la vocale mantiene la lunghezza e quindi ci sarà una E lunga
Il great vowel shift (il grande mutamento vocalico) porterà tutte le vocali lunghe ad essere scritte come
doppie. Lo vediamo in “to see” → dalla O di partenza, si passa alla E lunga, la quale verrà poi scritta
doppia.
Le alte lingue non hanno il cambiamento:
• il sassone antico sokian che sempre di area tedesca non mostra il cambiamento fonetico
per metafonia palatale
• il tedesco ata suohhen è un caso particolare perché c'è una dittongazione della vocale
originaria, tipica di quest'aria ed è come se frenasse il cambiamento successivo. Infatti, questo
verbo, che tutt'oggi è presente nel tedesco moderno “suchen”, non ha vissuto la metafonia né
primaria ne secondaria.
• Il norreno søkja in cui abbiamo sempre l'assenza della n perché il norreno non ha l'infinito.
mostra invece il cambiamento di chiusura della o originaria presente anche nel gotico
Se una vocale è lunga subisce ugualmente la metafonia, poi ogni lingua graficamente realizzerà dei
cambiamenti
• Ags sēcan [to seek].
la –e è l’esito finale di un passaggio che era stato registrato in maniera grafica con il digramma –
oe, perché si tende alla semplificazione ->questo suono è stato reso con una –e lunga. Le vocali
lunghe, l'inglese, da un certo momento in poi, le scriverà come doppie -> quindi da sēcan
abbiamo poi il raddoppiamento della –e e la –c che verrà scritta di nuovo come –k, quindi sēcan >
to seek dell’inglese moderno.
Se si guarda il paradigma moderno di questo verbo: “to seek, sought”, si nota che è
completamente differente rispetto alla regolarità che ci si aspetta. La spiegazione di ciò si ritrova
nei verbi di un gruppo a parte: i verbi deboli con un vocalismo particolare. Normalmente è il verbo
forte ad avere l’apofonia, quindi il cambiamento vocalico, il verbo debole è regolare, mantiene la
vocale radicale. Nel caso di to seek la vocale non dovrebbe cambiare, ci vorrebbe solo l'elemento
31
dentale per segnare il passato; eppure, ci troviamo di fronte a qualcosa di completamente
differente, sembra quasi un verbo irregolare: cambia del tutto nel passaggio dal presente al
passato. In teoria fa parte dei di verbi regolari ma ha le sue irregolarità.

g*hauzjan > sentire


Ha a che fare con la stessa radice –aus che noi abbiamo per –auscŭltare, e poi senza la –u per –
ascoltare, è la stessa radice indoeuropea. Tra l’altro, per motivi diversi ma con rotacismo, è la stessa
radice che noi abbiamo per –orecchio e –origliare.
Il cambiamento metafonico si verifica sulle vocali singole e in un dittongo secondo le stesse modalità:
La A diventa E, la U diventa Y.
 Per il basso tedesco (sassone antico) horian e l'alto-tedesco antico hōren si esclude la metafonia.
Il tedesco moderno hören, già dalla fase media, ha l’umlaut. Questo verbo è molto presente nella
poesia medievale tedesca, fa riferimento alla tradizione orale che dice “io ho sentito
narrare/ascoltare”. Già la fase media mostra la E sulla U, si tratta quindi di una metafonia
secondaria.
 In norreno heyra la A > E, la U > Y; è quello più vicino al cambiamento metafonico.
▪ Il gotico hausjan prevede la stessa composizione vocalica del germanico. Per quanto riguarda
la S, il gotico non mostra almeno a livello grafico una differenza tra le due sibilanti la sorda S e la
sonora Z; non sappiamo come veniva pronunciata, a noi è rimasta solo questa scrittura.
Non abbiamo nessuna prova di rotacismo nel gotico, quindi non sappiamo se quella –s fosse un
elemento grafico ambivalente (esattamente come la –c per l’anglosassone, capace di comportarsi
foneticamente come sorda o sonora a seconda della posizione -> allofono di posizione). In questo
caso specifico, avendo la grafia gotica solo questo segno (mai la –z) non siamo sicuri che avesse, a
livello di pronuncia, questa possibilità di variare.
La sonora Z viene messa per il germanico perché le lingue germaniche tranne il gotico prevedono
un'ulteriore cambiamento: Z > R. per il gotico la sibilante sonora Z diventa R per
rotacismo/rotacizzazione: il fenomeno che vuole la Z in un contesto fonetico sonoro cambiare in R;
questo fenomeno esiste anche nelle altre lingue germaniche. (in napoletano “cos’è” >”kré” per
rotacismo, si parte da una sibilante e si arriva ad una liquida r)
▪ Per quanto riguarda l'anglosassone hieran, c'è un problema.
I conti non tornano: hauzjan > hieran → una A non potrà mai diventare I, così come la U > E, almeno
non direttamente. L'infinito hieran si crea dalla forma hearjan, che è ricostruita. la forma di
ricostruzione sta a giustificare una serie di eventi fonetici:
• Il dittongo /au/ germanico, in anglosassone ha un passaggio
spontaneo ad /ae/.
Quindi, hauzjan > haezjan.
• la Z diventa R per rotacismo
Quindi, heazjan > hearjan.
La radice -hear rimane nell’inglese moderno, è già compiuta. Il problema
è che essa si ritrova ad essere composta nel verbo debole di prima
classe, anche dal suffisso tematico I, e che provoca metafonia e il verbo
cambia. L'inglese semplifica le cose: adesso ha un'unica parola sia per il verbo sia per il sostantivo →
quando la radice diventa una radice verbale, in questo caso di un verbo debole di prima classe, è la I
lunga a causare metafonia. quindi su /ae/ agisce la metafonia :
ae > ie → hearjan > hieran
la e diventa i, la a diventa e la quale può subire un ulteriore restringimento e diventare i.

32
Plurali Irregolari per effetto della metafonia germanica
(in ted. e ingl.)
La metafonia causa anche i plurali che oggi vengono chiamati irregolari.

g*mann > uomo


è un sostantivo radicale.
Il plurale germanico in origine è costruito con l'aggiunta della desinenza -iz
La parola sostanzialmente è costituita da tre parti: una radice, che contiene il significato della parola,
una desinenza, che contiene le informazioni grammaticali, e un suffisso che dà la natura alla parola e
costituisce con la radice il suo tema → suffisso tematico per i verbi deboli di prima classe: la I lunga
crea metafonia. Questo accade in generale, le parole dell'indoeuropeo sono sostanzialmente
tematiche, hanno una flessione tematica. Ci sono, però, residui di flessioni atematiche: è il caso in cui
non c'è il tema perché manca il suffisso, sono di parole che uniscono la radice direttamente alla
desinenza → g*mann al plurale, essendo atematico, unisce la desinenza tipica del plurale al
nominativo plurale: *mann + -iz = *manniz

▪ In inglese (di solito si agg. una -s alla radice per ottenere il plurale) le
desinenze cadono abbastanza velocemente e quindi si crea una
contrapposizione tra singolare plurale basata unicamente sulla vocale,
unica marca distintiva di questa parola: la i influenza la a che diventa e
= man (sing) – men (plr). C’è una semplificazione.

▪ In tedesco è più evidente l'origine di determinati fenomeni perché non ha semplificato alcune
parole, plurali irregolari che hanno una spiegazione germanica che risale
alla storia della parola.
in questo caso la desinenza -iz del plurale, successivamente caduta, ha
creato la metafonia. Quindi l'unica contrapposizione è la variazione di a in
e, che non è apofonia. La metafonia è presente con con l’umlat, la -iz i
indebolita e rotacizzata diventa er : mann (sing) – männer (plur).

g*fōt – fōtiz > piede - piedi


 In inglese: c’è il cambiamento grafico che prevede che la ō venga scritta con de vocali > foot.
Per il plurale, c’è la metafonia → in fōtiz la i metafonizza la vocale
precedente: o > oe > e;
la i lunga > e. Quindi fōtiz > feet
Si tratta di un plurare spiegato etimologicamente, quindi preciso
anche se con dei cambiamenti.

 In tedesco:
per il singolare: a partire dal verbo germanico la ō sì monotona, c'è
la presenza della seconda mutazione consonantica per cui la t > z,
e c'è una dittongazione, quindi: fōt > fuoz Che può anche essere
scritto fuz, poi la Z viene scritta con una doppia S, che in tedesco
viene scritto con ß = Fuß (fuss).
Al plurale: La -iz che si aggiunge direttamente alla radice influenza
metaforicamente il dittongo, la U > ü e la o > e, si ottiene quindi
fuozi che semplificandosi diventa Füße.
33
g*mūs (sg.) - *mūsiz’’(pl.) > topo - topi
È un plurale irregolare che comporta qualcosa di differente a causa dell'influenza della lingua
francese. Il sostantivo germanico di questa parola, che significa topo, è un sostantivo radicale, quindi
si ottiene il plurale aggiungendo -iz direttamente alla radice.
 In inglese:
la ū si dittonga, mūs > mous ; si crea quindi quella difficoltà e differenziazione tra
la pronuncia e la grafia.
(è la stessa cosa che accade per house che deriva da hūs)

Al plurale:
si crea metafonia palatale per la ū; l'anglosassone rende la
U metaforizzata con una Y, la quale viene scritta come ī [ai]. → mīs : in questo
caso abbiamo l'influenza francese, in quanto, la S viene scritta come C ma
pronunciata [s] per influsso della grafia francese → mīce. La E viene aggiunta
dopo perché altrimenti sarebbe [mik].

 In tedesco:
È più regolare. Al singolare è maus.
al plurale viene aggiunto -iz = mausiz
si sfugge alla metafonia, in un primo momento, con la dittongazione: ū > au. Su queso dittongo agirà
la metafonia (complicata nella pronuncia), creata dalla i che agisce sulla a: la A diventa E, quindi /eu/
che in tedesco vengono letti [ɔɪ] quindi Mäuse viene letto [mɔɪze].

frangimento
Il termine anticamente era quello di frattura. Successivamente è stato sostituito da un altro termine
più tecnico, cioè frangimento. Con il frangimento si va a creare uno pseudo dittongo.
Il frangimento, a differenza della metafonia (che è nord occidentale), è una sorta di isoglossa fra
ambito insulare e Scandinavia, quindi si tratta di germanico settentrionale. Si riscontra questa
somiglianza solo negli esiti, cioè ci ritroviamo di fronte a quelli che sembrano dei dittonghi sia in
anglosassone sia in norreno, però le cause che provocano questa pseudo dittongazione sono
diverse.

Si parla di pseudo dittongazione perché non è una dittongazione, una rottura della stessa vocale, del
monottongo in due e c’è l’aggiunta di un elemento vocalico alla vocale originaria, perché questo
fenomeno si verifica se la vocale è palatale ed è seguita da suoni di natura velare. Sembra quasi che
la vocale palatale in questi casi abbia difficoltà, essendo palatale, ad avvicinarsi ai suoni di natura
velare, come se avesse un’esitazione. Nasce quindi una vocale di appoggio, che è una vocale velare
(può essere una -a e una -o) che aiuterebbe la vocale palatale ad avvicinarsi alla pronuncia velare
dei suoni che seguono. Questa vocale di appoggio è tecnicamente definita glide, termine inglese
utilizzato anche in linguistica per indicare una sorta di scivolo, un aiuto.

Quindi, a seconda che sia in anglosassone o in nordico antico, le cause e i suoni del frangimento
sono diversi, mentre gli esiti sono più o meno gli stessi. Nel nordico antico una –e che si trova una –a
nella sillaba successiva può diventare –ia. In questo caso abbiamo un glide, che è la –a, aldilà della
grafia; la –e muta in –ia, scritta anche con la –j, se c’è –a nella sillaba successiva; oppure può
diventare –io se c’è una –u nella sillaba successiva.

34
Nell’anglosassone non c’è una vocale velare, ma quello che condiziona il cambiamento è una liquida
più consonante oppure una /h/ da sola o /h/ più consonante. La liquida può essere –l o –r più
consonante, oppure fricativa velare sorda (h), che può stare da sola e creare frangimento oppure
può essere accompagnata da consonante;

hertō, nel germanico → ritroveremo la stessa radice per ben due casi di mutazione consonantica.
hairto, nel gotico → graficamente ha ‘ai’ per la –e, ma si legge “herto”
hiarta, in norreno → con pseudo dittongazione dovuta alla ‘a’ della sillaba successiva.

Le altre lingue non sono coinvolte nel frangimento, e in questo caso anche il gotico. Il tedesco
cambia solo per la consonante soggetta alla seconda mutazione consonantica. Nell'anglosassone
quella -e palatale si trovava davanti a liquida più consonante, quindi la stessa parola, lo stesso
esempio, mostra il frangimento in anglosassone per cause differenti. La -e rimane quella originaria,
sorge la -o come elemento di appoggio; -e perché c'è la liquida più consonante.

Stesso discorso per la parola terra, nella ricostruzione si prevedeva una -u, il gotico sempre in questo
caso la -a la segna come-ai. Gotico, sassone antico e alto tedesco antico mantengono la -e
originaria. Nel gotico si segna solo con -ai ma è la -e. Nel norreno abbiamo iǫrđu, nell'anglosassone
ma per motivi differenti (liquida più consonante), abbiamo eorđe. Sia questo che il caso precedente,
con variazione della -o in –a, restano fino all'inglese moderno: eorđe → variazione della –o in –a →
earth.

Molti casi di frangimenti in anglosassone "tornano indietro", perché questo fenomeno si verifica in
determinate aree dell'anglosassone ma non in tutte. Nel periodo del sassone occidentale ci sono
delle caratteristiche che tendono a rimanere, alcune che invece tendono poi a sparire. Per questo si
parla spesso di pseudo dittongazione, perché sembra in molti casi un dittongo momentaneo. Spesso
la vocale ritorna alla forma originaria, quindi ritornerà per esempio anche la parola all cioè” tutto”,
che ha una -a che però viene pronunciata come –o, però inizialmente questa -a era una –a piena;
dopo una fase intermedia ha subito frangimento, e diventava -eal, però adesso c’è la -a quindi è
rientrata. La -a spesso sarà coinvolta perché in anglosassone la -a germanica, in monosillabi (o in
sillaba chiusa), quindi nelle parole non ulteriormente scomponibili, si innalza; il cosiddetto
innalzamento vocalico in anglosassone è una palatalizzazione.

35
Altri esempi con la -e sono le parole nath e stern. Naht rimane identico nel gotico e diventa neaht
nell'anglosassone. In night la -g è semplicemente grafica ed è stata aggiunta man mano che si
perdeva la consistenza fonetica dell'h; spesso ritroviamo una -g con -h ma non viene pronunciata,
sembra quasi voler indicare che inizialmente quell’-h. La forma neaht deriva da una forma ricostruita
che non abbiamo, sono ipotesi che giustificano l'esito finale anche nel confronto con le altre lingue, in
primis con la radice germanica; quindi è passata per la fase di palatalizzazione o innalzamento
vocalico che ha portato questa vocale velare in germanico -a a diventare –e, e trovandosi questo
nuovo fonema vocalico palatale davanti ad -h più consonante si è fratto, si è pseudo dittongato.

Stern significa stella, con radice indoeuropea che corrisponde al nostro stella. Nel gotico la -e rimane
anche se scritta –ai; in ags steorra abbiamo nella radice germanica una -r più consonante; nel
germanico sterna è -n più consonante, il gotico mantiene quella -e davanti alla –r + nasale;
nell'anglosassone la -r più nasale si sono assimilate (fenomeno di assimilazione), fra -r e -n vince la -r
e quindi si raddoppia. Infine c'è la pseudo dittongazione per frangimento.

palatizzazione
La palatalizzazione è un fenomeno che porta un suono di natura velare ad essere pronunciato come
palatale. Nel caso specifico dell'anglosassone, in parte per caratteristiche ingevoni, c’è una tendenza
alla palatizzazione: nel caso specifico, in sillaba chiusa abbiamo una -a germanica che si innalza. Si
parla di innalzamento sempre considerando il trapezio vocalico. La -a è la vocale centrale bassa,
quindi se si innalza va verso la -e, tende a chiudersi rispetto alla sua originaria apertura e a
pronunciarsi come palatale. C'è una fase di transizione in cui l'anglosassone grazie a questo
cambiamento avrà tre fonemi palatali : la -e, la -i e questa -e cambiata; La -a cambiata ha bisogno di
una resa grafica, che non è né -a né -e che era già presente, quindi sarà segnalata dal digramma -
ae; digramma si riferisce solo alla scrittura ed è pronunciato come -e aperta. In una fase intermedia
questa -e verrà scritta molto spesso come -a che verrà pronunciata ancora oggi come -e (es. day),
tranne in determinate condizioni come la -a davanti a -l.

Fra le isoglosse ingevoni ce ne sono alcune più ingevoni di altre e sono soprattutto l’anglosassone e
frisone ad avere questo sviluppo. Il frisone porta da subito la palatizzazione alle estreme
conseguenze, diventa una -e per il frisone; nell'anglosassone abbiamo tre fonemi scritti: una -e, una -
e ed il digramma per -e aperta, quindi tre fonemi palatalici.

Sulla parola pastore insistono entrambi i fenomeni (metafonia e frangimento), ovviamente


verifichiamo queste due cose nell'anglosassone. Ha nella radice ricostruita per il germanico una serie
di fonemi suffissali: la "j" lunga e la "i"; nel gotico abbiamo hairdeis, "i" viene letto come -e ed –ei viene
letto come "i", eppure il gotico mostrerà sempre questa parola senza metafonia, tantomeno
frangimento. La forma che abbiamo attestata in anglosassone è hierde, che confrontata con la
parola gotica e con la forma ricostruita non torna, perché se parliamo di frangimento la -e dovrebbe
diventare –eo, se parliamo di metafonia immediata, senza passaggi ulteriori, quella -e dovrebbe
diventare -i e basta.

I passaggi che portano il germanico herdijaz a diventare hierde nell'anglosassone sono questi: da
herđijaz abbiamo hirđjaz per metafonia, che pare si sia verificato prima come fenomeno; da hirđjaz la
36
"i" che è vocale palatale si trova davanti ad -r più consonante e si provoca il frangimento. Si può
riconoscere se la forma è passata per un innalzamento vocalico perché l'esito di -a innalzata che
diventa -e sarà -ea e non -eo, la vocale originaria -e e la vocale originaria -i hanno come glide la –o.
Nel caso specifico del passaggio prima con la fase di palatalizzazione, l'esito è sempre una -a
accanto alla -e ed è già un modo per capire che quella -a si è prima palatizzata e che l'esito è
differente, e infatti -e diventa -eo, -i diventa -io e questa nuova vocale palatale diventa –ea, quindi il
glide è differente e questo ci può aiutare a riconoscere i passaggi. Abbiamo prima la metafonia a
causa di uno dei due: la -i o la -j, poi si indebolisce la forma e ne abbiamo solo uno. La -i si trova
davanti a liquida più consonante, è soggetta a frangimento e diventerà hiordi, però abbiamo ancora
una -i che continua nella sua efficacia assimilatoria e metafonizza a questo punto la -o perché la -i
non è ulteriormente restringibile; quindi abbiamo come esito finale di una -o metafonizzata una –e, e
quindi abbiamo hierde.

consonantismo
Il consonantismo germanico non si riduce solo alla prima mutazione consonantica (verificatasi dal 400
al 200 a.C.), ma anche ad altri aspetti. La caratteristica più importante del consonantismo germanico
rispetto all’indoeuropeo è lo slittamento delle consonanti mantenendo il luogo di articolazione: a
cambiare non è il luogo di articolazione ma il modo. Si tratta di una serie di cambiamenti studiati da
Rasmus Rask, che però non li ha sistematizzati come ha fatto Grimm. Grimm nota che ci sono questi
cambiamenti sistematici, secondo quella che i neogrammatici tedeschi chiamano ineccepibilità delle
leggi fonetiche, quindi un cambiamento generale dell'assetto consonantico notando che queste
consonanti sono spostate rispetto a quelle indoeuropee.

La mutazione consonantica per l'alto tedesco antico dà un secondo spostamento che riguarda però le
consonanti del tedesco antico meridionale e centro meridionale.

prestiti
Ogni singola parola in una lingua ha la sua importanza. I prestiti in particolare non servono solo a
colmare dei vuoti che esistono nel mondo concettuale (creati ad esempio dal passaggio dal
paganesimo al cristianesimo), ma ci danno anche una serie di riferimenti per valutare la lingua in cui
sono stati inseriti. i prestiti entrano in una lingua di arrivo e restano identici, al massimo possono avere
un aggiustamento morfologico, possono subire dei cambiamenti fonetici se quella lingua in quel
momento o subito dopo ne subirà.

I primi prestiti che gli studiosi hanno analizzato sono di origine celtica e mostrano la prima mutazione
consonantica. Sono prestiti verificati intorno al sesto quinto secolo a.C. È un esempio è la parola
ambaktos, che significa delegato, ambasciatore e poi assume il significato di servo. Del nesso kt,
l’occlusiva velare sorda /K/ diventa una fricativa velare sorda, quindi abbiamo ambaht-.
Un altro esempio è rig- che diventa reiks; in questo caso l’occlusiva velare sonora /g/ diventa sorda
(quindi /K/). Un’altra parola è Hadubrando (figlio di Ildebrando): il primo membro di questa parola è
Katu- (che significa battaglia, lotta, anche lite) e cambiano due fonemi, cioè l’occlusiva sorda e la
dentale /T/, che cambiano in fricative sorde. Entrambe le occlusive sorde passano a fricative sorde,
una segnata con /H/ e l’altra segnata con la thorn (fricativa dentale sorda).

Una seconda ondata di prestiti è dovuta al contatto con i latini, a partire dal I secolo d.C. e vengono
testimoniati prima dall’opera di Cesare, poi di Tacito. In quest’ultima mostrano un’assenza di
cambiamento rispetto al prestito, quindi la prima mutazione consonantica aveva perso la sua efficacia.

Se consideriamo la pronuncia del latino Cellarium come Kellarium (così come ma Kaesar e non
Cesare), vediamo che Cellarium resta in alto tedesco antico come Kellari e Keller adesso, mentre la
parola Kaiser, che deriva esattamente dal nome di Cesare, è presente nel tedesco odierno. La /K/ non
37
è cambiata nemmeno in tedesco, che invece la dovrebbe cambiare, quindi non c’è stata né la prima
mutazione consonantica, né la seconda. Un’altra questione è la circolarità degli eventi fonetici, quindi
quale sia partito prima, se le sorde sono diventate fricative sorde, oppure le sonore che hanno perso il
tratto di sonorità e sono diventate occlusive sorde, perché ricostruite a tavolino mostrano una certa
circolarità, tant’è che dei suoni rimpiazzano quelli persi e così via.

I tre cambiamenti sono:


• Dalle occlusive sorde dell’indoeuropeo alle fricative sorde nel germanico → /P/ diventa /F/;
l’occlusiva dentale /T/ diventa fricativa interdentale sorda segnata per molto tempo da una thorn.
L’occlusiva velare /K/ dell’indoeuropeo diventa fricativa velare sorda, quindi /H/ con valore
consonantico. Infine, abbiamo il fonema velare con la semivocale w in apice, la labiovelare Kw,
che è paragonabile alla nostra Q e che non esiste senza la u, essendo un nesso inscindibile di
labiovelare.
Dal nesso che deriva da Kw, visto che la w non è coinvolta nella prima mutazione consonantica,
diventa Hw. Questo nesso può manifestarti nelle singole lingue storiche o solo con la velare o la
labiale, quindi ha un esito oscillante.
Un esempio è il paradigma di see: to see, saw, seen. Perché abbiamo la w?
Il verbo era sehan, risale ad una radice indoeuropea, cioè sekw, che corrisponde al verbo
sequor in latino. Tra tutte le lingue germaniche, il gotico ha mantenuto la labiovelare, mentre le
altre lingue hanno semplificato il nesso di labiovelare. L’anglosassone parte sicuramente dalla
stessa radice, però le forme con H la perdono, dal momento che si è contratta così tanto
all’infinito come una S ed una E lunga, che si è poi scritta come doppia. Saw risale alla forma
antica con la W, mentre seen ritorna alla forma semplificata senza H. Il tedesco ha sehe, sah,
gesehen e mantiene invece al contrario l’H ovunque, ma non ha più la labiale W, quindi ogni
lingua mostra esiti diversi.

• Da questo passaggio, il germanico ha perso delle occlusive sorde e in questa ricostruzione gli
studiosi hanno notato che delle occlusive sorde effettivamente c’erano, ma facendo il confronto
con le lingue indoeuropee, si nota che derivano da occlusive sonore dell’indoeuropeo, per cui si
tratta del secondo passaggio non in ordine cronologico ma di enunciazione.
Questo prevede che le occlusive sonore dell’indoeuropeo B, D, G e Gw passano a occlusive
sorde (quindi si recuperano quelle che avevamo perso). Abbiamo quindi P, T, K, Kw.

• Allo stesso modo verranno recuperate le occlusive sonore che si sono perse poiché sono
passate ad occlusive sorde. Gli studiosi hanno notato una corrispondenza delle occlusive sonore
nelle lingue germaniche, con dei suoni dell’indoeuropeo chiamati sonore aspirate. Ci sono suoni
che hanno una realizzazione completamente differente in base alla lingua, quindi hanno stabilito
che c’erano questi suoni che sono delle sonore con l’H, che prendono il nome di aspirate sonore
indoeuropee. Sono dei suoni quanto più astratti possibili da immaginare, però giustificano tutte le
varianti che si hanno nelle singole lingue dell’indoeuropeo. Per il germanico da questi suoni si
passa alle occlusive sonore e un esempio è la parola fratello. Essa deriva da brother, ha una bh
che perdendo l’H rimane B e in latino invece abbiamo F. Si sono identificate le cause dei
cambiamenti nelle famiglie linguistiche proprio nelle aspirate sonore. Nel terzo passaggio della
mutazione consonantica abbiamo quindi un passaggio da sonore aspirate (indoeuropeo) a
occlusive sonore semplici (germanico).
A questo punto le tre serie consonantiche sono ripristinate. Ci sono dei casi in cui non si verifica
la prima mutazione consonantica e vengono trattati da Grimm stesso. Questi cambiamenti non
si verificano se davanti a P, T e K si presenta una sibilante sorda (S). Quando queste occlusive
sorde sono precedute dalla /s/ il cambiamento viene impedito, è come se fosse impedito dal
fatto che c’è già una fricativa sorda che assorbe il cambiamento. In parole come sposa, con
S+P, presenta un ostacolo totale poiché non c’è il cambiamento consonantico. Nel caso di
parole come noktis o ambakt, sono le occlusive a trovarsi insieme e quindi il primo fonema
subirà la prima mutazione consonantica, mentre il secondo (generalmente una /T/) resta
identico. Abbiamo così un ostacolo parziale.

38
La prima mutazione consonantica o legge di Grimm
La prima mutazione consonantica di tutte le lingue germaniche verifica e studia come ci sia una sorta
di slittamento fra i fonemi consonantici del germanico e quelli corrispondenti dell'indoeuropeo.
Lo slittamento non riguarda il luogo di articolazione (velare, palatale…) ma si verifica un cambiamento
nel modo di articolazione (es: una fricativa anziché un'occlusiva, una sorda anziché una sonora).
Questa legge è una ricostruzione teorica ricavata dai dati arrivati dalla fase storica, quindi dalle prime
attestazioni.
Questi cambiamenti sembrano creare un’idea di circolarità: si parte da dei suoni che sono
successivamente persi, per poi essere recuperati nel passaggio enunciato per secondo e poi appunto
anche in ultimo; quello che si è perso all'inizio si recupera, così il cerchio sembra chiudersi. E tutto dà
l'impressione di uno slittamento e Grimm codifica delle regole nella Prima Legge di Grimm ('prima'
allude al fatto che ce n'è una seconda ma essa è esclusiva solo dell'alto tedesco antico).
È una legge che comprende tre passaggi:

Tutti i manuali partono da: ❕ I suoni finali – con la w -


rappresentano il nesso della
A) Occlusive sorde > fricative sorde
labiovelare. Le lingue
P T K Kw > F P H Hw
1) P > F germaniche e storiche, di
ie *piskos (lat. Piscis) > g* fiskaz —> got. Fisks, norr. Fiskr, ata/ags fisc, questo nesso, mantengono o
[ingl. Fish, ted. Fish]. l'elemento labiale o quello
La parola ricostruita del germatico è fiskaz = fisk + az (suffisso velare.
tematico); notiamo come tale passaggio sia testimoniato ovunque e
resta nelle lingue moderne

2) T > Þ
Ie *vert- > g*werÞ
(lat. Vertere)
la radice ha la /T/ nella parte finale e darà luogo al verbo, così come ai sostantivi, che hanno a che fare
con “diventare” quindi quel verter: cambiare. Si tratta del verbo che viene poi utilizzato per il passivo: il
germanico lo possiede inizialmente, e verrà utilizzato questo verbo + participio passato per renderlo.
Questo verbo esiste ancora in tedesco, werden, e, oltre che per il passivo (+ partpass.) viene utilizzato
anche per il futuro (werden + infinito).
▪ got. wairÞan ha la I al posto della È, ma non è un dittongo.
▪ Norr. VerÞa conferma il passaggio (ricordiamo che per l’infinito non c’è la n)
▪ ags. WeorÞan qui rispetto al germanico c’è il frangimento: -e germanica (vocale palatale) che si
trova davanti a una liquida + consonante, quindi c’è la vocale di appoggio (glide). Gli studiosi hanno
identificato queste pseudo-dittongazioni sulla base del fatto che una lingua con una vocale palatale
che si trova davanti a liquida + consonante, abbia una difficoltà a pronunciare i suoni e quindi ha
prodotto un elemento di appoggio sul quale scivola la pronuncia palatale e si avvicina a quella velare.
Quindi, la -e è la stessa del germanico ed è la stessa che notiamo nel tedesco.
▪ ata. Werdan, ted. Werden mantiene la -e del germanico e non ha il frangimento, ma verifica un
altro cambiamento: non c’è la Þ, in quanto è una linguache non ha dentali sorde e quindi Þ > d

3) K > H
ie *kerd-/*kord- > g *hert
(Lat. Cor, cordis - radice per la nostra parola cuore)
In questo caso, ci sono due cambiamenti: il passaggio da occlusiva sorda a fricativa sorda e quello da
occlusiva sonora a occlusiva sorda.

39
Vediamo che per l'indoeuropeo abbiamo due radici: una con la -e kerd, una con la -o kord. È un
caso di apofonia, un caso classico di alternanza vocalica, ed è per questo che vanno conservate
entrambe dato che poi entrambe giustificano i cambiamenti.
La H germanica ha perso consistenza fonetica e quindi è aspirata quando non totalmente muta.
Come possiamo notare il germanico tra le due radici ha scelto quella con la e: hert, in cui la d della
stessa radice si è desonorizzata.
Il tedesco herz mantiene la stessa vocale, ma ha la seconda mutazione consonantica che partirà dalle
occlusive sorde: quindi la d > t > z

ie *peku > g *fehu


Anche qui cambiano due fonemi: sono due occlusive sorde che passano a fricative sord.
Fehu (bestiame, ricchezza) è il nome della prima runa ed è la prima anche della serie che dà il nome a
futhark.
Deriva quindi da Peku dell’indoeuropeo, radice che si ritrova nella parola pecora, ma anche pecunia
che significa appunto denaro, in quanto nell’antichità era il bestiame a portare ricchezza.
▪ In ted. vieh (bestiame in generale), la -p > -f (occlusiva sorda - fricativa sorda), l'occlusiva velare
sorda diventa fricativa velare sorda, è la /k/ che diventa /h/.
▪ il norreno semplifica: fe’.
▪ ags.. Feoh abbiamo un altro frangimento, in questo caso l'elemento che lo crea è la h, perchè il
frangimento può essere creato, in anglosassone, da liquida + consonante oppure una fricativa velare
sorda + consonante o semplice come in questo caso.

4) Kw > hw
ie *kwod > g *hwat

(Lat. Quod, pronome)

Questo caso mostra il passaggio solo della velare, la labiale resta.

Notiamo un cambiamento già nel germanico per la vocale: abbiamo una -o da un lato e una -a
dall’altro -> hwat (ricordiamo che fra la a breve e la o breve il germanico mantiene la a breve).

▪ got ƕa ha una sua grafia per rendere questo l’evento di labiovelare


▪ norr. Hvat conserva la forma
▪ ata. Hwaz, ma in realtà già il Canto di Ildebrando mostra la forma che c’è tuttora in tedesco:
▪ Ted. Was, con la caduta della h davanti la labiale. Può essere usato anche in maniera interrogativa
indiretta e corrisponde precisamente, anche se non sembra, al ‘what’ dell’inglese.
▪ Ags hwæt ha i due fonemi, che esistono tuttora, che hanno cambiato posizione; questa cosa,
mostra la cosiddetta metatesi: il cambiamento di posizione in nessi consonantici consueti (in questo
caso h-w, l’-h si sposterà dopo la labiale, il nesso è conservato anche se mutato). Questo si verifica
abbastanza presto nell’anglosassone.
Rispetto alla -a germanica c’è il diagramma æ unita: per un periodo l’anglosassone avrà tre vocali
palatali: -e, -i, come tutte le lingue dell’indoeuropeo, in più questo fonema di transizione che è una -e
molto aperta dovuta all’innalzamento vocalico perché una -a velare si innalza verso la -e che è un
suono palatale. Si parla di palatalizzazione perché è una vocale velare che diventa palatale; è una -e
molto aperta che gli anglosassoni segneranno con questo digramma æ. In n questo caso è scritta, ma
in altri casi quella e entra in gioco nel frangimento.

Questo fenomeno di innalzamento o palatalizzazione si verifica in sillaba chiusa: monosillabo, una


parola non ulteriormente scomponibile

Nel secondo passaggio abbiamo il recupero di quei suoni persi nel primo. Ciò comporta, quindi, la
perdita di sonotità:

B) Occlusive sonore > Occlusive sorde


B D G Gw > P T K Kw
40
1) B > P
ie *dheub > g *duep > got diups, norr. diupr, ags deop, ata tiof

[ingl. deep, ted. tief]

significa profondo

Si verificano due cambiamenti: dh > d, b > p.

la -b si desonorizza. Il cambiamento è legato agli esiti del dittongo eu del germanico che è un po’
variabile, può essere: -eu -iu -eo ecc.

(La parte iniziale è un’anticipazione sull’ultimo passaggio, sonore aspirate che diventano sonore
semplici).

Quindi, da g *deup:

▪ Nel tedesco tief in cui s può notare una seconda mutazione consonantica, in quanto: b > p > f.
Inoltre, la d > t. La d viene desonorizzata e la desonorizzazione è un fenomeno dell’alto-tedesco che si
associa, ma non è collegato direttamente, alla seconda mutazione consonantica, è un fenomeno in
più.

2) D > T
ie *pēd-/pōd- > g *fōt. > got. fōtus, norr. fōtr, ags fōt, ata fuoz

(lat. pēs, pēdis) [ingl. foot, ted. Fuß]

Ci sono due cambiamenti: il primo è relativo al passaggio precedente da p > f, e il secondo è


l’occlusiva sonora che diventa occlusiva sorda d > t.

Abbiamo la doppia radice nell’indoeuropeo. Sono radici che, negli esiti delle singole lingue, hanno
mostrato che con una vocale differente cambiava anche la funzione o l’accezione semantica della
parola. Il germanico ne ‘sceglie’ una e quindi abbiamo *fōt: un sostantivo atematico che ha solo la
radice e la desinenza, non ha il suffisso tematico.

Notiamo che che la p > f, la -d perde la sonorità e diventa sorda,

▪ ata fuoz , la t subisce la seconda mutazione consonantica.


Nell’inglese il plurale irregolare ‘feet’ sarà legato al fatto che la stessa forma *fōt rimane nel plurale
germanico e si aggiunge -iz e la -i crea metafonia

3) G > K
ie *egom > g *ek(an). > got ik, norr. ek, ags ic, ata ih

(lat. ego) [ingl. I, ted. ich]

I pronomi personali del germanico vengono ereditati dall’indoeuropeo, anche se subiranno


cambiamenti. Le forme più antiche, come con il norreno, mantengano anche la e: si ricostruisce la
forma di *ek da ego.

Tutte le lingue indistintamente passeranno a i:

▪ Ags ic, vicino alle vocali palatali, le velari vengono pronunciate come palatali. Un unico grafema
verrà utilizzato in anglosassone sia che abbia un suono velare (‘ic’) sia che abbia un suono palatale
(‘ich’). Quindi ic viene pronunciato /ich/ -> la c si vocalizza fino a contrarsi con la i, la quale viene

41
allungata; la -c finale cade e rimane solo la -i che, per distinguersi da tutte le altre, si scriverà da un
certo momento in poi come -i maiuscola: I presente tuttora nell’inglese moderno.
ik’ del gotico, ‘ek’ del norreno e ‘ih’ del tedesco per seconda mutazione consonantica.

4) Gw > Kw
ie *gwem > g *kwem -> got. qiman, nor. koma, ags cuman, ata queman

[ingl. to come, ted. Kommen

Nel terzo passaggio si recuperano i suoni del secondo. Ma, si tratta di suoni abbastanza complicati da
pronunciare.

Non c'è una corrispondenza precisa fra le lingue indoeuropee per essi, per cui sono stati studiati e
spiegati come sonore aspirate: è uno studio di ricostruzione, sulla base dello studio comparativo fatto
fra le singole lingue germaniche e poi rispetto alle altre lingue indoeuropee. Quindi, si è arrivati a
considerare la differenza che c'è tra il consonantismo indoeuropeo e quello germanico.

Sonore aspirate significa che le sonore aggiungono questo elemento di h che dà un’aspirazione al
suono e mostrano un passaggio a occlusiva sonora semplice, nel caso delle lingue storiche.

C) Sonore Aspirate > Occlusive Sonore


BH DH GH GwH >. g *[ƀ đ ǥ ǥw] > * B D G Gw

1) /bh/ > /ƀ/


ie *bhrāter > g *brōþar > got. brōþar, nor. brođir, ags brođor, ata bruoder

(lat. frāter). [ingl. brother, ted. Bruder]

Si può notare che già il latino (frater) sostituisce bh > f.

Il germanico ha *brōþar in cui oltre al cambiamento tipico della prima vocale a lunga > -o lunga,
abbiamo anche: l’aspirata sonora perde il tratto di aspirazione h e diventa occlusiva sonora semplice; il
cambiamento del suono da occlusiva sorda a fricativa sorda: t > þ; la vocale finale e > a;

▪ Il gotico brōþar dal punto di vista grafico, consonantico, è quello più vicino al germanico ricostruito.
Le altre lingue germaniche oltre al gotico producono dei cambiamenti a livello di grafia:

▪ L’anglosassone brođor in cui si crea una sorta di regola: viene utilizzata la þ, in genere in posizione
iniziale, e la cosiddetta đ che corrisponde alla fricativa sonora dentale, utilizzata in posizione centrale e
finale.
▪ Nel tedesco bruoder, a parte la dittongazione della -o lunga, notiamo la þ > d.
Quest’ultimo passaggio ci dimostra che, effettivamente, c’era la þ e che quindi la đ dell’ anglosassone
è solo una variante grafica. Il tedesco spesso ci dà conferma di alcuni cambiamenti grafici
dell’anglosassone.

2) /dh/ > /đ/


ie *dhol. > g *dal -> got. dal, norr. dalr, ags dœl, ata tal

[ingl. dale, ted. Tal]

42
La sonora aspirata dentale /dh/ perderà la sonorità e verrà resa con una d semplice.

Notiamo l’innalzamento vocalico nell’anglosassona: la a germanica si innalza e verrà ad essere una


terza vocale palatale œ; a palatalizzazione viene resa con questo digramma.

3) /gh/ > /ǥ/


ie *steigh- > g *stig-> got. steigan, norr. stiga, ags/ata stigan

[ted. steigen]

Il verbo significa anche camminare, è un verbo di movimento.

L’inglese moderno l’ha perso, però è testimoniato in inglese antico.

Il gotico mette ei > i.

Per quanto riguarda st iniziale, quella -t resta dall’indoeuropeo in poi, non viene mutata.

4) /gwh/ > /ǥw/


ie *sengwh > g *senǥwan > got. siggwan, norr. syngva, ata/ags singan

[ingl. to sing, ted. singen]

Oggi, il verbo ha a che fare con il cantare ma, in precedenza, quel canto aveva a che fare con la
recitazione orale, non era necessariamente legato alla musica.

Quindi abbiamo *sengwan ricostruito per il germanico e ci saranno esiti diversi a seconda che una
lingua mantenga la -w oppure la velare del nesso di labiovelare:

o il gotico siggwan scrive graficamente così quando trova il nesso -ngw;


o il norreno syngva perde la -n finale, semplifica. Inoltre, ha ancora la w che viene semplificata dalla v.
o il tedesco e l’inglese sono simili nella fase antica stigan. Hanno perso la labiovelare mantenendo la
velare.

Le lingue, perdendo la labiale del nesso di labiovelare, mantengono solo la velare.

Ostacoli alla Prima Mutazione Consonantica


La prima mutazione consonantica si verifica ovunque e in qualsiasi condizione, a differenza di quella di
Verner. In realtà, però, già Grimm aveva notato la presenza di casi in cui essa non si verifica; non sono
eccezioni, ma altrettante regole chiamate ostacoli.

Per la prima mutazione, gli ostacoli sono di due tipi:

▪ Ostacolo TOTALE
ie */ST, SP, SK/ = g */ST, SP, SK/
Riguarda la situazione in cui S + occlusiva sorda ≠ fricativa sorda, con la s si blocca del tutto il
cambiamento.
ie *ster- > g *stern-> got. stairno, nor. stiarna, ags steorra, ata sterro
[ingl. star, ted. Stern]
È la radice per la parola stella, che rimane in tutte le lingue germaniche anche se modificata, ma in
tutte la t rimane.

43
▪ Ostacolo PARZIALE perché la prima mutazione consonantica c’è ma solo per il primo dei due
fonemi
ie */KT/ > g */HT/
ie *nokt- > g *naht -> got. nahts, norr. nott, ags neaht, ata naht
(lat. nox, noctis) [ingl. night, ted. Nacht]
Il nesso kt dimostra un passaggio parziale, cambia solo il primo fonema consonantico: entrambe sono
occlusive sorde però si trasforma solo la prima e diventerà quindi HT; è come se proteggesse la
dentale e non la fa trasformare.
Inoltre, cambia la vocale o > a, perché è una vocale breve (se non c’è una segnalazione di lunghezza
vocalica vuol dire che è breve).
- In ags, dal germanico naht la a di si innalza in sillaba chiusa e diventa e (è una fase di
ricostruzione). Poi c’è direttamente la forma con il frangimento, però è una ea (vuol dire che c’è stata
la palatalizzazione).

Grimm ad un certo punto si rende anche conto che non sempre le occlusive sorde diventano fricative
sorde, però pensa che siano delle semplici eccezioni.

Legge di Verner
Lo studioso danese Karl Verner studiò quei casi che per Grimm sono eccezioni, e nota che ci sono
delle leggi precise, delle regole, per le quali quelle occlusive sorde dell’indoeuropeo non diventino
fricative sorde ma fricative sonore. Codifica quindi una legge fonetica che va sotto il suo nome la
legge di Verner. Ha una validità a livello morfologico, quindi di grammatica, non solo a livello fonetico,
come quella di Grimm. Comporta delle conseguenze grammaticali chiamate alternanza
grammaticale.

MA il passaggio da sorde a sonore non si verifica mai, quindi c’è stato un passaggio intermedio, che
non è sempre registrato, non lo vediamo mai provato dalle lingue storiche.
Quando l’occlusiva sorda, che sia una P T K o Kw, si trova in ambiente fonetico sonoro (un fonema si
trova o posizione intervocalica o fra liquida e vocale) e l'accento cade immediatamente dopo (queste
due condizioni valgono insieme, non o l'una o l'altra), l’occlusiva sorda si trasforma nel suo allofono di
posizione, ovvero in fricativa sonora.
L'accento di cui parla Verner è ancora quello antico, quello indoeuropeo: un accento non rizotonico
ma musicale, libero, quindi non sulla sillaba radicale ma su quella immediatamente successiva.
Data la presenza dell’accento antico si può capire che questo cambiamento non è cronologicamente
successivo alla prima legge di Grimm, ma le due le cose vanno di pari passo nell'evoluzione di una
lingua.

Legge di Verner
occlusive sorde > fricative sonore (e non sorde, come per Grimm)
* P T K Kw g *ƀ đ ǥ ǥw (e non g */F þ H Hw/,come per Grimm)
[poi > * B D G Gw]

il rotacismo
La legge di Verner coinvolge anche le sibilanti:
La sibilante sorda (S) non veniva menzionata dalla legge di Grimm se non come ostacolo. Non
faceva parte di quei cambiamenti enunciati dalla legge. In Verner invece rientra nel cambiamento, da
sola, singola, non come ostacolo.
Mentre le sibilanti sordi esonore, la S e Z, possono essere anche ficative o spiranzi,
il contrario non può avvenire: una F, così come th, non possono essere sibilanti.
44
La sibilante sorda S quando è in ambiente sonoro e con accento successivo diventa Z → da sibilante
sorda diventa sibilante sonora, la quale passerà ad una liquida.
Questo è un ulteriore passaggio, un’isoglossa nord-occidentale, chiamato rotacismo (o
rotacizzazione): il fenomeno per il quale la sibilante sonora passa a liquida. S > Z > R

È un’isoglossa germanica occidentale e settentrionale, quindi esclude il gotico perché esso a livello
grafico non evidenzia una differenziazione fra la sibilante sorda e la sibilante sonora, è come se
avesse usato solo il simbolo S per la sorda, ma non sappiamo se veniva pronunciava come sonora in
determinati contesti.
La legge di Verner non sembra essere presente nel gotico, non ne abbiamo le prove scritte; dove
dovrebbe esserci un grafema che indica la fricativa sonora, generalmente il gotico usa sempre il
simbolo della sorda.

La sibilante sonora è verificata a livello di ricostruzione, quindi per il germanico. Le lingue occidentali
hanno la R. Se c'è una R rispetto ad una S vuol dire che prima c'era una Z, quindi una sibilante
sonora.

Alternanza Grammaticale (consonantica)


Dato che la legge di Verner, oltre che come legge fonetica, funziona anche a livello morfologico, essa
dà luogo ad un'altra regola che è collegata a questo cambiamento che si chiama alternanza
grammaticale. Ha una funzione distintiva e tutto quello che è una funzione distintiva è una regola
grammaticale.
L’indoeuropeo non è compreso in questo discorso, in quanto si parte da dei suoni già ricostruiti
quindi germanici.

PARTE SINISTRA DELLA SLIDE


La prima colonna verticale mostra le PARTE DESTRA DELLA SLIDE
fricative sorde → gli esiti della legge di La prima colonna indica le singole lingue
Grimm: P T K Kw dell’indoeuropeo già germaniche, che partendo da Grimm non
mutati in F Þ H +Hw. La S passa subiscono cambiamento.
inosservata. Nella seconda colonna ci sono gli esiti della
La seconda colonna mostra le fricative legge di Verner, quindi il modo in cui le
sonore della legge di Verner, in cui tutti fricative sonore diventano occlusive sonore
questi grafemi di ricostruzione hanno tutti il → ƀ đ ǥ ǥw z > b d g gw r
taglietto. Il taglietto sui suoni consonantici
indica sempre una fricativa sonora.

45
Quindi nelle singole lingue germaniche noi abbiamo gli esiti di Grimm quindi f Þ h hw e la S, dall’altro
lato le occlusive sorde che non sono diventate fricative sorde ma fricative sonore, vengono verificate
come occlusive sonore. La prima colonna è lo ‘specchietto’ degli esiti, quindi è puramente teorica, la
seconda colonna a destra è meno teorica perché sono suoni non si ritrovano nelle lingue storiche.
Per le lingue antiche, Grimm resta identico. Già̀ nella parte media delle lingue iniziano ad esserci dei
cambiamenti, delle semplificazioni: il cosiddetto livellamento analogico che comporta l’abbattimento
delle differenze per una lingua (per economia, come l’inglese) e questi cambiamenti che si alternano,
non verranno più notati.
Dunque, questo segno ( ~ ) all’interno delle due colonne è il segno che si usa per indicare
l'alternanza. Alternanza non vuol dire che abbia torto Grimm e ragione Verner, ma funzionano
entrambe, si alternano gli esiti a seconda delle condizioni che sono quelle dette da Verner.
È quasi possibile dire che la legge di Verner è una legge fonetica che ha a che fare con la fonetica
combinatoria, perché quel suono cambia se ci sono determinate condizioni. Mentre normalmente
quella di Grimm verifica che un suono (in questo caso di occlusiva sorda) diventa fricativa sorda, sia
che si trovi all'inizio, al centro o alla fine.

La legge di Verner è alla base anche di un cambiamento grammaticale, è una legge che a che fare
con una combinazione di eventi.

Labiovelare: le singole lingue mostrano di aver mantenuto o la labiale o la velare che fanno parte di
quel nesso. Questa cosa è messa ancora di più evidenza quando in una in una determinata
categoria grammaticale sono presenti sia Grimm che Verner, noteremo che di quel nesso di
labiovelare alcune volte viene mantenuto l'esito secondo Grimm (quindi c’è una H) e altre volte quello
di Verner.
È nel paradigma dei verbi forti, in particolare, che si trovano entrambi Grimm e Verner.
L'alternanza finale solitamente è questa: /h/ ~ /w/. Si verifica ancora in alcuni verbi irregolari delle
lingue germaniche, meno rispetto a prima, perché́ la lingua provvede ad appianare le differenze. In
inglese di più̀, però l'inglese nonostante questo poi mantiene delle antichità̀ germaniche.
Ad esempio, il paradigma di to see è see saw seen: la w proviene da una radice germanica che
aveva h e ancora prima aveva Hw. Nell’inglese la H si contrae, si svuota completamente, tranne in
posizione iniziale. Questo infinito ha solo s ed e, niente altro, non c'è la desinenza n degli antichi
infiniti che il tedesco mantiene. Poi, improvvisamente, nel monosillabo per il preterito ,che si chiama
ormai semplicemente passato, abbiamo la w. Se non facessimo questo discorso non si spiegherebbe
la w. La w appartiene alla radice. Quindi l'elemento di labiovelare Kw è diventato Hw per Grimm.
Quindi in un verbo come questo, che ha ancora la labiovelare per il Germanico, se c'è Grimm e
Verner, alternano nella radice ricostruita in /hw/~ /gw/, ma poi le lingue storiche possono mantenere
o l'uno o l'altro perché́ appianano le differenze.

Quindi il tedesco mantiene l'elemento della velare, abbatte la differenza e mantiene solo la velare:
sehen sah gesehen.

L’ultima alternanza è quella che si verifica tra /s/ ~ r, ma il passaggio non è diretto: la S da sibilante
sorda passa a sonora, in Z, poi avviene la rotacizzazione e quindi diviene R.

Esempio di alternanza grammaticale


g. *finþ- *fanþ- *funđ- *funđ- ‘trovare’
ata. findan fand funtum gifuntan
ags. findan fand fundon funden (liv. analog.) Verbo forte, III classe.
Nel germanico notiamo alternanza sia vocalica (apofonia) che consonantica, ovvero le prime due forme
paradigmatiche seguono la legge di Grimm, le altre due quella di Verner. Tale alternanza diviene poi
grammaticale perché serve a distinguere le forme del preterito plurale e participio passato.
46
L’inglese ha perso questa alternanza per livellamento analogico; avrebbe dovuto avere, infatti, la thorn
per le prime due forme verbali, cosa che non avviene appunto per livellamento analogico.

desonorizzazione
La desonorizzazione è un fenomeno oscillante e puramente tedesco che porta alla perdita del tratto di
sonorità in finale di parola: quindi porta a pronunciare sistematicamente le consonanti come sorde in
finale di parola. Dal punto di vista della fonetica articolatoria, il fenomeno si spiega a causa di
un’interruzione anticipata della vibrazione delle corde vocali alla fine di un enunciato.
Nel caso delle lingue germaniche, ed in particolare del tedesco, possiamo affermare con certezza che
un’iscrizione runica risalente all’inizio del V secolo Iscrizione di Bergakker mostra già la desonorizzazione,
portandoci a pensare che possa essersi originata su influsso franco.
Le occlusive sonore /b/, /d/, /g/ perdendo la loro sonorità, diventano o dovrebbero diventare /p/, /t/, /k/ ma
non c'entra con la 1MC.
Già per il bavarese nella velare /g/ si hanno sia casi di desonorizzazione che casi con la /g/ che resta
uguale. Si tratta di un fenomeno intrecciato all’alternanza grammaticale.

ISOGLOSSE GERMANICO OCCIDENTALE


- geminazione consonantica davanti a /j/ (presente anche nel germanico settentrionale), che di solito
si accompagna alla metafonia causata da j.
eg. got. bidjan, mentre > ags. biddan ata. bittan sass.ant. biddian

- rotacismo (comune anche al germanico settentrionale)

- perdita della desinenza del nominativo */-z/;


Il gotico non marca la differenza grafica tra /s/e /z/, quindi la s del gotico corrisponde alla z del
germanico però é già caduta la "a" nel gotico, da daydaz abbiamo "dags" che si indebolisce
ulteriormente con la forma di rotacismo nel norreno. Gotico e norreno conservano il segnacaso del
nominativo, quindi la desinenza che nel germanico è originariamente ricostruita come -z. C’è anche
l'innalzamento vocalico in inglese quando si tratta di monosillabo dove la ‘a’ germanica diventa una
sorta di terzo fonema vocalico palatale, quindi per un periodo l'inglese antico avrà ‘e’, ‘i’ e poi questa
nuova vocale che viene scritta come ‘ae’ e poi vedremo che è una caratteristica ingevone che in altre
lingue va verso la ‘e’ mentre in inglese torna graficamente la ‘a’ ma pronunciata come ‘e’ (day- /dey/)

- sviluppo di un infinito declinabile;


eg. ata. nemannes (gen) zinemanne (dat) ags. to nimenne sass.ant. te nemanne

Ci sono delle forme nominali nella coniugazione, quindi il verbo germanico ha la possibilità di utilizzare
delle forme come sostantivo e come aggettivo che si può sostantivizzare. Si può dunque utilizzare
l'infinito come sostantivo e fin quando ci sono state le declinazioni queste forme di infinito venivano
declinate anche nelle lingue germaniche: nemannes è il genitivo, to nimenne era il dativo (da qui si è
sviluppato l’infinito in inglese con il ‘to’ davanti).
Le altre due forme che possono essere usate come aggettivi o aggettivi sostantivati sono le forme del
participio passato e presente.

ISOGLOSSE INGEVONI
- palatalizzazione di */a/ > /æ/ in sillaba chiusa (tranne davanti a nasale). La ‘a’ è una vocale velare
che si innalza considerando il triangolo vocalico; da centrale bassa diventa medio alta e tende ad
essere una ‘e’ ma non è ancora una ‘e’, è una vocale intermedia, quindi viene segnata con ae in
sillaba chiusa (sillaba non ulteriormente scomponibile, monosillabo) tranne davanti a nasale, perché
47
spesso intervengono casi di livellamento analogico, per cui anche quando non è un monosillabo
spesso troviamo per iscritto il diagramma. Un esempio è father, che era scritto con il digramma ae,
anche se non è un monosillabo, ma il copista procede per analogia.

got. dags, ata. tag à ags. dæg

Rispetto al gotico dags e il tedesco tag, in ags abbiamo daeg (pronunciato /day/) con innalzamento di
‘a’. Lo stesso vale per la forma del preterito singolare del verbo essere derivata da wesan, che per il
preterito diventa waes (pronunciato /wes/).

- Un'altra caratteristica ingevone è quello che normalmente potremmo chiamare restringimento cioè
una chiusura vocalica. Anche la metafonia palatale ha a che fare con fenomeni di restringimento però
per il restringimento vero e proprio la vocale deve essere a contatto con il suono che crea
restringimento (le nasali), invece la metafonia può anche agire a distanza.
Nel caso del verbo prendere (nemen), le vocali germaniche ‘a’, ‘e’ ed ‘u’ si modificano davanti a
nasale, dunque nell'ata abbiamo neman, in ags e frisone abbiamo niman.

- caduta delle nasali /n, m/ davanti a fricativa velare sorda quindi h. Nel nesso a+n+h cadendo la n
davanti a fricativa velare sorda e quindi c'è l'allungamento di compenso. Nelle lingue ingevoni questo
allungamento vocalico di compenso si verifica davanti a tutte le fricative sorde, non solo davanti alla
fricativa velare sorda.
Partendo dal germanico anÞar (fricativa dentale sorda segnata con thorn), nel tedesco la thorn
diventa d, mentre il gotico la mantiene. Nell'ags la n cade e ciò provoca allungamento vocalico quindi
quel fonema sarà lungo. Prima di cadere la a passa ad o davanti alla nasale quindi abbiamo la O
lunga. Quindi abbiamo in ags oÞer, che tuttora é scritto 'other' con il th e nel sassone antico é scritto
come 'aÞar'.
Per 'cinque' abbiamo nel germanico "fimf", nel gotico fimf, nell'ata finf, nell'ags e nel frisone abbiamo
fif. Nell'inglese moderno abbiamo aggiunto una e che fa in modo che quella f verrà pronunciata come
v 'five'.

- metatesi del nesso /hw/. Nelle lingue ingevoni si dimostra un cambiamento di posizione per cui HW
che caratterizza le radici di tutta una serie di lessemi, di pronomi interrogativi ma anche relativi, sarà
alla base di tutti quelli con WH (what, where, who). La metatesi si verifica anche in casi in cui si ha
una consonante, una liquida (in particolare la R) e una vocale. Esempio: brennan che significa
incendiare ma anche risplendere per l’effetto della luce delle fiamme. In tedesco è tuttora brennen,
mentre in inglese è diventato to burn attraverso un altro passaggio. C’è stato un cambiamento di
posizione della liquida rispetto alla vocale. Da brennen abbiamo bernnan.

- unica persona del plurale del verbo in -āþ/-ōþ. Si verifica davanti alla fricativa sorda e la caduta della
nasale provoca l’allungamento di compenso.

Poi abbiamo la caduta delle consonanti finali nei pronomi personali. Prendiamo ad esempio ME nell’inglese
moderno. Se non abbiamo il senso del caso richiesto da un determinato verbo o se non lo deduciamo dal
contesto non sappiamo se quel ME è dativo o accusativo. Ciò è sempre stato così, infatti tutti i pronomi
personali nelle lingue ingevoni perdono la desinenza. I casi obliqui dei pronomi personali non si
distingueranno più e se troviamo un mi o un me è solo una variante grafica. Se in una regione scrivono mi o
me sarà sia per l’accusativo che per il dativo, non sono distinzioni di casi ma varianti grafiche.

morfologia
La parola indoeuropea è costituita di tre parti:
48
- radice;
- suffisso tematico, che nella maggior parte dei casi è vocalico. Questo suffisso si aggiunge alla radice e
insieme formano il tema;
- desinenza, che serve a darci informazioni circa il verbo in questione (modo, tempo, genere, numero,
caso ecc.)

I numeri nel germanico sono due: singolare e plurale, ma vi sono ancora tracce di duale, soprattutto nei
pronomi personali (plurale che riguarda l’unione di due persone, a livello di ‘noi’ e ‘voi’).
I casi si sono ridotti a quattro (nominativo, genitivo, dativo, accusativo), in quanto due di essi (vocativo e
ablativo) sono confluiti rispettivamente in nominativo e dativo e accusativo + varie preposizioni.
Ci sono forme atematiche, ereditate dall’indoeuropeo, che tendono a sparire, in quanto non più
produttive, e tendono a passare alla forma tradizionale o vengono semplificati. [eg. Man – Men]
Aggiungono la desinenza direttamente alla radice, senza l’aggiunta della vocale intermedia.
Per quanto concerne la coniugazione del verbo, abbiamo una riduzione dei tempi (contrapposizione tra
presente e passato, eventuali sfumature sono raggiunte mediante prefissi o sfumature semantiche di un
verbo. Le forme del presente dipendono dall’infinito, quelle del passato hanno invece preterito singolare e
plurale e participio passato. Le forme dei verbi forti si distinguono per alternanza vocalica e/o
consonantica, a seconda dei contesti in cui si trovano) e la totale assenza della diatesi passiva (solo il
gotico mostra forme passive, ma il modello di base è il gotico, e che la maggior parte dei testi tradotti
sono greci). Non esiste il futuro nel germanico, al punto tale che anche nelle lingue storiche il tempo si
forma con delle perifrasi particolari (will/ shalll + forma base/going to + forma base).
Si mantengono come modi l’indicativo, il congiuntivo con valore di ottativo (esprime desiderio) e
l’imperativo; abbiamo anche la possibilità di usare il verbo come sostantivo.

Verbi forti
Tutti i verbi ereditati dall’indoeuropeo sono racchiusi nelle categorie dei verbi forti, le quali sono 7, e a
queste si sono poi aggiunte altre 7 categorie dei verbi deboli, che hanno un rapporto di derivazione
rispetto ai verbi forti.

I verbi forti sono caratterizzati dall’apofonia (alternanza vocalica nella radice di due vocali, che può essere
qualitativa, in caso /e/ ~ /o/, o quantitativa, in caso /ē/ > /e/). L'alternanza vocalica è stata utilizzata
sistematicamente nel germanico per creare sei classi di verbi forti + una settima che ha la particolarità di
raddoppiare la radice radicale
La settima classe è presente anche nelle lingue occidentali, senza reduplicazione, ma con vocalismi
particolari.

Le singole lingue germaniche hanno subito vari cambiamenti nel corso del tempo, quindi la maggior parte
del carattere distintivo delle varie classi è andato perso. Le prime classi si basano sull’alternanza vocalica.
Alcune sono riconoscibili (III-IV) per la conformazione stessa della radice, altre un po’ meno. In tutte le
categorie c’è un sottogruppo che contiene tutti i verbi che, oltre ad avere l’alternanza vocalica, hanno
anche alternanza grammaticale.

I CLASSE
infinito pret. singolare pret. plurale part. passato
ie. *ei *oi *i *i
g. *ī *ai *i *i

Già nella prima classe, che è quella dei verbi più semplici, ci sono grandi cambiamenti.

49
Ogni classe di verbo forte ha una sezione con casi di alternanza grammaticale, che troviamo se la radice
del verbo è costituita da elementi consonantici che avevano la legge di Grimm e creavano i presupposti
per la legge di Verner.
Il verbo sneiþ prevede una þ (thorn), quindi i casi di preterito plurale e participio passato mostrano,
rispetto ai primi due, la legge di Verner con una fricativa sonora al posto di una sorda, in questo caso þ
contrapposta alla Ð. La fricativa sonora tende ad essere occlusiva sonora, quindi una D semplice e nel
tedesco si capovolgono le cose perchè la þ verrà scritta sempre con la D e dell’altro lato quella che è
diventata occlusiva nell’inglese lo è diventata anche nell’alto tedesco antico e poi troviamo la T perché si
è desonorizzata.

II CLASSE
La seconda classe è unita alla semivocale velare e si registrano le medesime alternanze della prima
classe. È però caratterizzata dalla vocale radicale -e.
infinito pret. singolare pret. plurale part. passato
ie. *eu *ou *u *u
g. *eu* *au *u *u

Il dittongo “au” del germanico diventa “ea”, senza ragioni, non vi è spiegazione. Lo troviamo sempre
attestato: in corrispondenza di una parola germanica, gotica, eventualmente anche tedesca con “au”, in
anglosassone diventa “ea”. Dal che si desume che, per caratteristica sua, l’anglosassone cambia il
dittongo germanico “au” in “ea”. Poi, ovviamente, sarà quello a subire altri cambiamenti.

III CLASSE
Riconoscibile perché la radice è in liquida /l, r/ o nasale /n, m/ + Consonante. La vocale che sicuramente
alterna e l’apofonia può essere modificata proprio dal fatto che c’è una nasale o una liquida +
consonante.
ie. *en, el *an, al *un, ul *un, ul
g. *en, el *on, ol *n/l cerchio *un/l cerchio

Verbo molto importante di terza classe, che ha una vocale che alterna è il verbo diventare, che nella
radice ha una liquida + consonante. La vocale di partenza è sempre quella per l’indoeuropeo, ma nelle
lingue germaniche le cose cambiano, perché appunto abbiamo una L+C che in ags crea frangimento,
quindi avremo “EO”.
In tedesco resta uguale, ma poi abbiamo una seconda mutazione consonantica.
Per il preterito si è creato un dittongo nell’anglosassone perché c’è stata una palatalizzazione. La vocale
palatale si trova davanti a liquida + consonante e avviene lo stesso frangimento come se fosse una “E”
normale, ma l’esito è diverso. Per la “E” normale, il frangimento è “EO”, mentre la “A” si è palatizzata e
diventa “EA”.

IV CLASSE
Radice con liquida /l, r/ o nasale /n, m/. È l’unica classe a non avere alternanza grammaticale, dal
momento che non vi è la consonante (che è quella che la determina). Quindi non prevedono le occlusive
sorde dell’indoeuropeo, che poi diventano fricative sorde e poi possono alternarsi con le fricative sonore.
Siccome abbiamo la nasale, la vocale tende a chiudersi danti ad essa.

V CLASSE
Anch’essa abbastanza riconoscibile, poiché ha una radice che ha l’alternanza vocalica + un’occlusiva o
fricativa. Però potrebbe essere anche confusa con un caso di prima classe perché dipende da cosa
diventa la vocale nelle lingue storiche.

Eg.
50
g. *SEHW- *SAHW- *SAǤW- *SEǤW-
ags. SĒON SEAH SĀWON SAWEN
ata. SEHAN SAH SAHUN GISEHAN

Questo verbo parte da una Kw dell’indoeuropeo e quindi nasce dallo stesso verbo che conosciamo come
“SEQUOR” del latino, che significa seguire con lo sguardo, quindi guardare, vedere.
C'è passaggio da kw ad hw per la prima legge di Grimm, così come abbiamo Verner negli altri due casi.
Nel preterito plurale abbiamo un caso di livellamento, ma abbiamo anche un caso raro delle forme con la
“W”. L’anglosassone arriva a delle forme contratte che partono con almeno una “H” nell’infinito. Questa
può provocare frangimento, quindi abbiamo una “E” con “O” di appoggio, ma anche la “A” dell’infinito, la
“H” si trova in mezzo e tendono a contrarla, a soffocarla e quindi la “H” cade e le vocali cambiano perché
si contattano tra di loro, quindi abbiamo un unico dittongo “eon”.
Da seon cade “on” e abbiamo una “E” lunga, che nella scrittura raddoppia e avremo “see”. Per quanto
riguarda il preterito singolare, c’è un frangimento davanti alla semplice “H”. In “sah” abbiamo una “A”
germanica e non dovrebbe avere frangimento, però essendo un elemento monosillabo si crea il
passaggio “S” con il digramma “E” che indica la vocale palatizzata e quindi a quel punto si frange.

VI CLASSE
Classe un po’ particolare dal punto di vista vocalico; essa parte da un’alternanza che anche
nell’indoeuropeo era di tipo quantitativa, in quanto aveva delle vocali /a/ e /o/ che alternavano solo a
livello di lunghezza con le altre. Nel germanico, invece, per via della confluenza di (a, o) > a e (ā, ō) > ō,
diventa un’alternanza di tipo qualitativa, in quanto /a/ alterna con /ō/.
infinito pret. singolare pret. plurale part. passato
ie. *a, o *ō, ā *ō, ā *a, o
g. a + conson *ō + conson *ō + conson *a + conson

VII CLASSE
È una classe totalmente differente dalle altre perché per differenziare i tempi da presente a passato usa la
reduplicazione. Viene ripetuto il fonema iniziale e la vocale radicale del verbo .
In gotico, dove la sillaba di raddoppiamento è costituita con ai [ĕ], i verbi della settima classe possono
presentare o meno alternanza apofonica della vocale radicale, tra le forme del presente/participio
preterito rispetto a quelle del preterito. Nelle altre lingue non si conosce più raddoppiamento, che
sopravvive solo in forme isolate. Poiché taluni di questi verbi settentrionali e occidentali presentano, al
preterito, la ē², l’origine di questa vocale lunga è stata spiegata, tra l’altro, come risultato di contrazione
tra la vocale radicale e quella di raddoppiamento, dopo l’assimilazione di quest’ultimo alla radice.
got. HAITAN HAI-HAIT HAI-HAITUM HAITANS
Se un verbo comincia per vocale, si reduplica solo quella e ci sono dei casi in settima classe con
raddoppiamento e apofonia.
Ci sono verbi che in gotico hanno sia reduplicazione che apofonia.
got. LĒTAN LAI-LŌT LAI-LŌTUM LĒTANS “lasciare”

VERBI DEBOLI
I verbi deboli sono una categoria verbale molto semplice dal punto di vista strutturale, oltre ad essere una
categoria aperta. Sono inoltre caratterizzati dall’assenza di apofonia, infatti la differenziazione tra presente
e passato si basa sull’aggiunta di un elemento dentale alla radice (d o t).
I verbi deboli vengono solitamente suddivisi, a livello di germanico, in quattro classi sulla base del suffisso
tematico, cioè quel suffisso che si unisce alla radice e crea il tema. Questo suffisso ha la funzione di
indicare il carattere grammaticale di una parola: ci indica se è un sostantivo e, all’interno della classe
51
nominale, a quale declinazione può appartenere. I verbi deboli sono tutti derivati, nascono sempre da
qualcosa, derivano sempre da qualcosa. Per questo si chiamano “derivati” e possono essere o derivati da
un nome (e con nome si intende sia il sostantivo che l’aggettivo), oppure da un verbo forte.
Possono essere, rispettivamente:

· Denominativi, se derivano da un nome;


· deverbativi, se derivano da un verbo (questo è uno dei tre casi in cui si crea alternanza
grammaticale)

L’alternanza grammaticale si crea, nell’ambito dei verbi forti, fra un sostantivo ed un aggettivo che si
derivi da quello. Un altro caso è quando da un verbo forte ne ricaviamo uno debole: in genere, quello
debole mostra, se ci sono le consonanti giuste, di essere in rapporto di alternanza grammaticale con il
verbo forte da cui deriva.
Ciò che cambia, qualche volte, sono i verbi irregolari, che per altri motivi si sono evoluti in maniera
diversa rispetto a tutti gli altri verbi deboli. Per questo motivo, il loro paradigma può essere erroneamente
collegato ai verbi forti, ma sarebbe appunto un errore, perché non si tratta di quella categoria verbale (es.
to tell, told, told è un verbo debole che si è evoluto in maniera diversa rispetto a to love, loved, loved).

I CLASSE
I verbi deboli di prima classe hanno come suffisso tematico la /j/+(an), e la /j/ è una delle cause, insieme
alla /i/, di metafonia palatale. In queste classi, dunque, si verifica spesso e volentieri la metafonia; si tratta
però di un fenomeno che non va quasi mai da solo, perché accompagnato dalla geminazione, ovvero dal
raddoppiamento consonantico.
*HAUZJAN
Ags. Hauzjan à heazjan (/au/ dittonga in /ea/) à hierjan (/e/ metafonizza in /i/ su influsso di /j/; /a/
metafonizza in /e/ su influsso di /j/) à hiezan (/j/ cade) à hieran (/z/ rotacizza in /r/).
Nell’alto tedesco antico non possiamo verificare l’avvenuta metafonia, ma sappiamo già che dalla fase
successiva, cioè dal tedesco medio, abbiamo l’umlaut, quindi la metafonia.

II CLASSE
Mentre nella prima classe ci sono soprattutto deverbativi, nella seconda ci sono soprattutto denominativi.
Ciò non vuol dire che nella prima classe vi siano solo deverbativi o che nella seconda vi siano solo
denominativi.

g. *fiskōn < fisk, sostantivo.


g. fiskōn got. fiskōn ags. fiscian ata. fiskon nor. fiska

Fiskon diventa fiscian in ags. Palatalizzare le antiche velari del germanico, ovvero “k” e “g” che diventano
/t̠ʃ/ e /d̠ʒ/, oppure in questo caso “s+k” > /ʃ/ è un tratto tipico dell’ags. Lo stesso discorso vale per il
tedesco, ma non è una caratteristica così fissa come per l’anglosassone. Quando troviamo ancora una
“sk” nell’anglosassone, tipo “sky” è per influenza scandinava. Questo perché l’inglese in generale è
attraversato da varie influenze linguistiche che si riversano nella fonetica qualche volta, in altri casi un po’
di più sul lessico.

III CLASSE
La terza classe è composta prevalentemente da verbi terminanti in -ē(n), ma vi appartengono solo 3-4
radici a seconda delle lingue, in quanto tutti gli altri verbi che prima componevano questa classe sono
passati successivamente alla I e alla II.

IV CLASSE

52
è presente in questa maniera solo in gotico e ha un suffisso in -n(an/ōn). Si definiscono verbi incoativi e
hanno un significato quasi riflessivo.
Eg.
g. *fullnan got. fullnan nor. fullna

VERBI DEBOLI CON VOCALISMI PARTICOLARI


Il vocalismo nei verbi deboli resta lo stesso, non ci sono cambiamenti sostanziali.
Ci sono dei casi in cui dei verbi deboli hanno esiti finali differenti nell’inglese moderno, tant'è che a primo
impatto sembrano verbi forti. (es. to buy, to think)
Questo cambiamento vocalico non è dovuto all’apofonia, ma a caratteristiche fonetiche di determinate
forme verbali.
In molti casi si tratta di una i, e questo può essere spiegato col fatto che il preterito dei verbi deboli si
forma aggiungendo la desinenza -ida. La vocale dovrebbe rimanere identica.
1. To buy > bought
2. To seek> sought
3. To tell> told
“e > o è il passaggio base dell’alternanza vocalica, che troviamo in “tegola> toga”. In questa categoria ci
sono verbi forti che sembreranno deboli solo perché vi è un “d” nella radice ma quella fa parte della
radice, solo che si è così accorciata la parola in inglese: “findan” del germanico diventa “to find” ma
quella “d” è della radice, non del verbo al passato.
Tutti i verbi che hanno una “j” che crea metafonia all’infinito poi hanno una “i” che crea metafonia al
preterito. Quindi, quella vocale che è cambiata nell’infinito continuerà a cambiare ogniqualvolta si
presenta questa “j” o “i”.

Per cui, “bugjan”, che significa “comprare” ma anche “ricevere” senza compenso, in anglosassone, per
una serie di palatalizzazioni, la “u” metafonizza per quella “j” e diventa quindi palatale. Stretta fra le
palatali, la /g/ germanica palatalizza e quindi diventa /d̠ʒ/, un’affricata palatale che viene segnata
generalmente da “cg” oppure, in altri casi, dall’aggiunta di una “e” dopo la “a” (diventerebbe in questo
caso “bygean”).

La forma che si può ricostruire, a partire da una radice “bug” è “bug”+ l’elemento in dentale= “bugda”.
Nell’anglosassone l’incontro tra la velare /g/ e la dentale /d/ provoca un cambiamento a catena, c’è la
spirantizzazione della velare e una sua desonorizzazione; quindi, diventa da /g/ > /k/ e poi /h/.
La “u” verrà poi pronunciata come “ou” dopo il great vowel shift, lo spostamento delle vocali e, come
capita in altre parole, quando /h/ perde completamente di sonorità viene introdotta una “g” che la rende
un po’ più corposa à “bought”.
Stesso discorso per “to seek- sought”. È un verbo che dovrebbe essere regolare, come tutti i verbi deboli,
che però diventa completamente irregolare.
- to seek, sought, sought
g. *skōjan > *sok(i)da > *sokda
ags. sēcan > sōhte > ingl. Sought

Sōkjan del germanico, diventa sēcan. La radice sōk se c’è la J diventa sēc. La J poi si raddoppierà nella
grafia, fino a diventare con il cambiamento vocalico, una i nella pronuncia. Nel preterito dovrebbe essere
la stessa radice essendo un verbo debole con la i, dovrebbe metafonizzare e quindi diventa sekida ma ciò
non succede perchè non c’è la i tematica. C’è quindi l’incontro tra una velare K e una dentale, che porta
immediatamente ad una spirantizzazione di K germanica e una desonorizzazione di t. Quindi abbiamo da
sōkda che per il germanico, in inglese diventa sōhte.
g. *bringan (verbo forte, III classe)
53
Dato che è un verbo forte, avremmo dovuto avere per il passato brang, ma, nonostante l’apofonia
avvenga comunque, assume la desinenza del verbo debole. La /i/ non c’è, altrimenti il verbo avrebbe
subito anche la metafonia; /g/ e /d/ si influenzano a vicenda: /d/ > /t/ per desonorizzazione; /g/ > /h/
desonorizza e spirantizza. Abbiamo dunque branhta.
Nell’anglosassone prima ancora della caduta della nasale /n/ la /a/> /o/ perché si trova appunto davanti
alla nasale. Si sarebbe dovuto avere dunque brohte. Con la caduta della nasale /n/ davanti alla fricativa,
troviamo brōhte. Questo verbo potrebbe essere definito parzialmente forte.

Il verbo essere nel germanico


Il verbo essere è caratterizzato come in tutte le lingue indoeuropee da radici suppletive, cioè l’intera
coniugazione del verbo essere non è fatta sulla base di un’unica radice ma ne sono tre: es-, bheu- e poi
per il passato viene utilizzato wes-, verbo di quinta classe con alternanza grammaticale (perché abbiamo
la S fino al preterito singolare e la Z per il preterito plurale e quella Z poi rotacizzerà come si verifica
anche nell’inglese was/were).
Le lingue ie sono partite tutte da queste radici differenti. Infatti abbiamo bheu per tutte le forme in f per il
latino e in italiano (fu, foste) e le forme in es-, si ritrovano in essere, sono.
per l'inglese è stata privilegiata la forma in bheu, che perde il tratto di aspirazione, infatti to be non ha un
"h". Queste forme vengono usate generalmente per il presente. In germanico qualcuno ha intravisto nella
forma di bheu- un’accezione più intenzionale, una sorta di futuro annunciato, un qualcosa che sta lì lì per
verificare e qualcuno giustifica poi la forma di "to be going to"
L’inglese presenta to be per l’infinito, been per il participio passato, che derivano entrambe da behu; am e
are dipendono però da es- in vari gradi differenti; was/were dipende invece da wesan.
Anche per il tedesco avviene la stessa cosa, con l’unica differenza che c’è la 3° persona singolare ist fa
riferimento alla radice atematica s-

LE FORME DEL PRESENTE


Le forme del presente si formano nel germanico con le radici atematiche es-/s- e con behu; in particolare,
l’anglosassone sembra preferire le radici atematiche, mentre il tedesco il behu.
Singolare es-s Singolare behu
1. eom 1. beo
2. eart 2. bist
3. is 3. biþ

plurale
Plurale beoþ/bioþ
sint/sindon

Le forme del plurale inglese sono tutte uguali e hanno uso intercambiabile (come il moderno ‘are’).
Da queste stesse forme si formano l’ottativo, l’imperativo e il participio.

LE FORME DEL PASSATO


Per le forme del passato si fa riferimento invece a g. *wesan.
VERBO FORTE DI 5 CLASSE, caratterizzato da Fricativa/Occlusiva.
g. WESAN WAS WEZUM WEZANAZ
ags. Wesan Wæs Wæron Weren
ing. Be Was Were Been
mod. (am, are, is)
Il preterito plurale wæron ha rotacizzazione (avrebbe dovuto essere wæson).

54
VERBI preterito-presenti
Si tratta di una categoria di verbi chiusa caratterizzata dalla particolarità di derivare dalle forme di perfetto
indoeuropeo. Ciò vuol dire che si prende una forma perfetta dell’indoeuropeo e da questa radice si fa il
presente del verbo germanico.
Il perfetto di questo tipo di verbi è formato con la radice dell’infinito + dentale (come un verbo debole) e si
dividono in classi.

II CLASSE
Non ricostruibile.

III CLASSE (Nasale/Liquida + consonante)


I verbi di terza classe sono più riconoscibili, soprattutto nel tedesco, in quanto corrispondono ai modali.
La differenza tra la forma di gotico e tedesco e inglese è costituita dalla perdita della nasale nel preterito.
g *kann *kunnum *kunþō “potere, sapere”
got. kann kunnum kunþa
ags. cann cunnoncūđe
ata. kann kunnum konda

La ū diventerà ou nell’inglese moderno. Oggi abbiamo una parola corrispondente, couth, però si usa
quasi esclusivamente in senso negativo. Se consideriamo il verbo, è qualcosa che si può fare, quindi
anche qualcosa che si sa fare, qualcosa che si sa in generale. Il verbo can infatti può anche indicare il
sapere, quindi tutta questa sfera di abilità acquisite, per questo è anche detto perfetto-presente, deriva
da una forma che ha ancora il suo valore, l’accezione di validità è effettuata ancora nel presente, però
questa forma originaria di cūðe diventa couth, in negativo è uncouth per indicare una persona poco abile,
ma è un aggettivo obsoleto. Arriviamo alla forma di passato e participio passato per could, che però
prevede questa L che non è etimologica, ma procede per analogia, infatti stessa would, should e così via.

IV CLASSE
Abbiamo una liquida o una nasale senza consonante.

V CLASSE
La quinta classe dei verbi forti preterito-presenti è un po’ incerta, prevede un’occlusiva oppure una
fricativa, semplici.
Il verbo mag porterà a may= ‘’potere’’ nel senso di ‘’poter fare’’ come permesso. Nell’anglosassone si
verifica ulteriormente il frangimento ea, perché abbiamo non solo una fricativa velare sorda, ma anche
una consonante. Abbiamo un innalzamento vocalico nel caso specifico del presente, infatti la a diventa e.
Se pronunciamo la parola mæg esattamente come la parola dæg (che significa giorno) come dovrebbe
essere pronunciato in anglosassone, questo monosillabo è may, esattamente come adesso, perché
abbiamo già una a che è diventata e (adesso verrà pronunciata come e anche se è scritta a) e una g che
si palatalizza in prossimità di una vocale palatale, quindi y.

g *mag *magnum *muhtō “potere”


got. mag magum mahta
ags. mæg magon meahte(may/might)
ata. mag mugum mahta/mohta möchten/mochte

ANALISI DEL TESTO – SANT’ELENA, CYNEWULF

55
Il poeta Cynewulf sembra essere stato un monaco, le sue opere sono tutte religiose e cerca di rispondere
Cal pensiero cristiano, ricorrendo ai mezzi ai quali è ancora abituato il popolo anglosassone, ovvero al
verso germanico con allitterazione, le rune e così via. Le utilizza per firmare le sue opere così come sono
nei versi e non indicano un verso ma una parola; sostituisce una parola nel verso e per di più allittera. Il
gioco di Cynewulf è utilizzare in maniera multifunzionale la runa nella sua funzione primaria di lessema, che
all’interno di un verso diventa una parola di quel verso, ma nella maggior parte dei casi quelle parole
identificate dalla runa allitterano e costituiscono l’arsi principale. Nel verso germanico ce n’è una che viene
detta principale, che compare nel secondo semiverso, perché dà la chiave di soluzione e ci fa capire qual è
l’allitterazione di quel verso. Solitamente le allitterazioni sono tre: due nel primo semiverso e una nel
secondo. Qualche volta il poeta si arrende e ne può usare solo due: una nel primo semiverso e la seconda
(la principale) è nel secondo semiverso. È principale perché ci dà la soluzione, perché anche le allitterazioni
nel primo semiverso possono essere occasionali. Ci può essere anche una consonante che coincide per
caso con quella scelta come allitterazione.
In base alla testimonianza di tre opere su quattro notiamo che quella sequenza runica dà un nome ed è
Cynewulf, che è un antroponimo germanico documentato. Cynewulf sarebbe il lupo di razza, il lupo della
gente àcyne è popolo, razza e wulf è lupo.
In una delle quattro opere abbiamo le stesse rune ma mischiate.
Le quattro opere di Cynewulf si ritrovano due nell’Exter Book, nel codex Exoniensis e altre due nel
Vercellesis detto anche libro di Vercelli.
La serie runica è contenuta nel foglio 133 recto e troviamo le rune all’interno della Sant’Elena. Elena era la
madre di Costantino, l’imperatore, che pare aver avuto una visione, in sogno, di rivelazione della croce di
Cristo di dove è stato crocifisso. Nel Vercelli book c’è un altro poemetto frammentario che è detto “il sogno
della croce”, che ha dei versi che coincidono in rune sulla croce di Ruthwell. Questo sogno della croce è
un’altra versione che ci parla del ritrovamento della vera croce di Cristo.

ᚳ = ken = torcia

ᚣ = iur = arco

ᚾ = niud = bisogno, necessità

ᛖ = eoh = cavallo

ᚹ = wiunn = gioia, letizia, pace, armonia

ᚢ = uur = uro, nostro

ᛚ = lagu = acqua

ᚠ = feoh = bestiame, ricchezza

A wes secg oth that kniussed kerwelmum, ᚳ (ken) drusende = sempre fu il poeta sin da quel momento
attraversato da emozioni dolorose

A = avverbio di tempo, ie. Ew; E lunga come isoglossa nord-occidentale diventa A lunga in germ.
Settentrionale e occidentale

Wes = verbo essere preterito singolare, in ags innalzamento vocalico di a in ae. In questo caso il verbo è
wesan, verbo forte di 5 classe, che ha la vocale alternante + la radice che esce in fricativa o occlusiva
semplice. In wesan abbiamo il passaggio di s a z perché in posizione intervocalica, che diventa poi r e ciò si
evince dalla voce were che troviamo oggi nell'inglese

Secg = uomo o variazione soldato; in alcune occasioni, come durante i banchetti per celebrare una vittoria,
secg canta determinati eventi, quindi è un soldato-poeta;

56
Ci vorrebbe digramma ae perché monosillabo e innalzamento A provoca palatizzazione, ma sempre scritto
con E, quindi errore tramandato.

Oth that = that è il neutro dei dimostrativi e oggi lo troviamo in tedesco come articolo neutro; in origine non
esistevano articoli ma con evoluzione antichi dimostrativi si svuotano della funzione originaria e diventano
articoli; all'inizio andrebbe usata thorn e non d con taglietto ma non la troviamo; in inglese oggi abbiamo
solo the per maschile e femminile, that per il neutro che però non esiste più, quindi oggi è usato come "ciò",
sarebbe a dire l'accusativo dell'antico dimostrativo. La forma originaria è se, seo, thaet, che viene poi
legato alla forma se e crea il nuovo dimostrativo che conosciamo oggi come those, these, this ecc.

Kniussed = part. Pass che dipende da wes; non si tratta di passivo ma costruito allo stesso modo.
All'interno troviamo la radice di knee, ginocchio, che dà l'idea di qualcuno che ha avuto un colpo e cade
sofferente in ginocchio. Alcuni pensano ci sia un valore onomatopeico - knak = suono ossa che si rompono
-
Il verbo è formato con -ed alla fine, quindi come verbo debole; è di 1° classe perché infinito = knussjan.
Avendo il suffisso tematico in i lunga abbiamo metafonia, da u a y. In ags non compare la k ma solo c, che
è sia velare che palatale.

Cearwelmum = indica dolori interiori, intimi. Nel manoscritto erano due parole separate e welm indica un
ingorgo o le paludi che dovevano essere attraversate in battaglia. A dare il senso dei dolori interni è la
parola precedente, cear, che significa anche prendersi cura; in origine la parola era caru e non c'è
palatizzazione. Quando aggiunto a welm perde la u; poi c'è l'innalzamento di a> ae ed avendo r+w,
frangimento = ae>ea = cear. Welm invece sfugge al frangimento nonostante abbiamo l+m.

Ken = 1° runa che troviamo nella sequenza, appartiene al futhorc ed è velare, ma a causa di palatizzazione
viene usata per indicare palatale. È il suono che dà allitterazione.

Drusende = part. Presente di drusan/druson perché -nd; abbiamo due varianti del verbo perché la a
davanti a nasale diventa o per la nasalizzazione. VD di II C ma che non presenta cambiamenti nella vocale
perché non c'è suffisso tematico che genera metafonia. La radice è la stessa che troviamo in dry, drowsy
(sofferente) e passaggio da piano fisico a spirituale.

thea he in medohealle madmas theye, aeplede gold ᚣ (iur) gnornode = nonostante nella sala del banchetto
ricevesse tesori, oro a forma di mela, arrotondata;

Thea = nonostante, sebbene, forma originaria = thah, che è un monosillabo e quindi si innalza la A
diventando E, ma c'è la fricativa velare sorda che crea frangimento > thea.

He = pronome personale III persona, maschile, singolare. I pronomi personali derivano dall'indoeuropeo e
rispetto alle altre lingue germaniche quelle ingevoni presentano la -h, che ritroviamo ancora in her ad
esempio, mentre she potrebbe derivare da seo/sio

In medohealle = composto da medo e hall, formata con frangimento di heal che è dovuto a innalzamento
vocalico di A, che diventa palatale; visto che si trova davanti a L si crea frangimento. Ancora oggi indica
una sala d'ingresso o di intrattentimento. Per quanto riguarda medo indica il sidro, l'idromele e deriva da
meduz.
Hall invece deriva da indoeuropeo kel, che cambia la K in H con la IMC ed indica una casa, un luogo
protetto e nascosto, mentre in latino indica la cella. Il significato di luogo nascosto a causa della
conversione al cristianesimo va ad indicare l'inferno, infnatti oggi abbiamo la parola hell e ritroviamo la
stessa radice anche in wahlhalla

Madmas = accusativo plurale di madma = tesori. In ing moderno non esiste + perché sostituito da termine
di origine francese

57
Theye = III persona congiuntivo di thiyean, verbo forte 5 classe, poiché ha affricata palatale. La e alla fine
serve proprio ad indicare che g è palatale. Significa ricevere, partecipare e la radice potrebbe avere a che
fare con un tipo di ruolo nella gerarchia militare ags, indicando un uomo che riceve gli ordini

Aeplede gold = oro a forma di mela, arrotondata. Si tratta di un participio in forma aggettivale del verbo
aepplian, cioè arrotondare; è un verbo debole di II classe; apple viene da ie. Abel > IMC > appel;
gold significa oro e la radice da cui deriva, cioè geltho, la troviamo come suffisso usato per creare
sostantivi e aggettivi. Senza -to abbiamo ghel, radice che troviamo in sostantivi che indicano cose che
splendono, come glass, glitter, glamour oltre che yellow > vediamo che la g della radice verrà pronunciata
come i davanti ad una vocale velare e verrà scritta come y. Visto che non c'è la segnalazione del
nominativo questo cade, essendo un'isoglossa nord occidentale. Probabilmente gold crea allitterazione con
gnornode

ᚣ = iur = arco; la runa è la metafonizzazione della U germanica indicata da runa uro nel futhark, infatti
sembra U + segno dentro. Se leggiamo il verso notiamo che la prima parola comincia per vocale, che
abbiamo anche nella runa anche se metafonizzata; quest'ultima infatti sarebbe proprio l'arsi principale.

Gnornode = significa lamentarsi e deriva da gnornian, forse un'onomatopea per indicare lamento; è un
preterito singolare di questo verbo debole di II classe infatti notiamo il suffisso tematico in O.

ᚾ (niud) gefera, nearusorge dreah=il compagno di sventura sopportava pene atroci

ᚾ= niud corrisponde alla N, che nel futhark antico era naudiz > nied per metafonia. Però si tratta di una
metafonia strana, nel senso che se a diventa e, la u dovrebbe diventare y e dovrebbe essere ney, ma non
accade perché il dittongo au per fonentica articolatoria diventa ea in ags. Ea può restare tale oppure
cambiare se troviamo una i che porta metafonia, diventando i e y, dando come risultato nied.
Dalla pronuncia è facile intuire che significa bisogno, need.

Gefera = parola composta, prefisso germanico ge che in ing scompare; è un calco di cum panis, cioè colui
con cui si mangia il pane, ovvero il compagno. In questo case indica il compagno di viaggio perché
abbiamo fera deriva da feran, un verbo debole che significa viaggiare e deriva da farjan. = oggi abbiamo
fellow in ing

Nearusorge = preoccupazione asfissiante; nearu significa vicino, indica qualcosa che è molto prossimo a
noi, intimo; viene dal germanico nah e diventa neah in ags per frangimento dopo palatizzazione della a.
near è in realtà già un comparativo, però in ing moderno usiamo nearer/nearest, ma abbiamo anche next
che viene da niehst, che è il superlativo con metafonia da ie ad ea. Sorge è ansia, dolore; è un termine che
ha subito pesantemente l'influenza del cristianesimo perché c'è slittamento semantico, indicherà infatti un
dolore spirituale; in tedesco abbiamo sorgen che è la preoccupazione x il futuro e besorgen che indica il
provvedere a qualcosa, mentre in inglese to sorrow indica il provare ansia, dolore.

Dreah = è il preterito singolare del verbo dreogan/dreohan (con livellamento analogico), verbo forte di II
classe; significa sopportare, fare.

Enye rune ther him ᛖ (eoh) fore, milpathas met, modig thregde = pene segrete, mentre davanti a lui il
cavallo misurava le grandi strade, correva coraggioso

Enye rune = ansie segrete, misteri opprimenti;


Eng = stretto, da cui deriva il sostantivo angst, cioè ansia; la radice è la stessa di angoscia
Run = segreto, mistero, bisbiglio

Ther = avverbio di luogo e di tempo che significa "lì, in quel momento, mentre" ed appartiene alla stessa
famiglia di here/there

58
Him = dativo, pronome personale III pers. Singolare, che è in -h per caratteristica ingevone

ᛖ = eh, cavallo; indoeurop. Ekw > eh (1mc); frangimento in ags = eoh

Fore = preposizione, avverbio = davanti, anche temporale, infatti è simile a before/voor

Mil-path = sentiero misurato a miglia (cioè con la pietra milare) e viene dal latino milia = miglia + path

Maet = verbo forte di 5 classe perché hanno radice con occlusiva sorda/sonora o fricativa sorda/sonora =
metan, misurare; 3 persona del preterito singolare viene da mat (innalzamento in ags) e ora si usa to mete
ma solo con out.

Modig= coraggioso, mod+ig (suffisso per formare aggettivi)

Thregde= pret.III sg di þrægan = correre, percorrere [di un cavallo]; deriva da *dragan, trainare,
trasportare. Oggi abbiamo to drag, che significa anche spegnere la siga con il piede perché lo trasciniamo.

wirum yewlenked. ᚹ (wiun) is yeswithrad, gomen efter yearum, yeogoth is yekiurred, ald onmedla. = adorno
di fili lucenti. La gioia è indebolita, la letizia dopo anni, la gioventù è mutata, il vecchio orgoglio.

Wirum= filo d'acciaio intrecciato, oggi abbiamo wire(less) e to wire per indicare il comunicare, il collegarsi
tramite cavi

Gewlenced = part. Passato di gewlencan, verbo debole di 1 classe e significa decorato, ornato.

ᚹ = wiun = gioia, letizia, armonia; porta allitterazione in W

Is geswithrad = si è indebolita, abbiamo is + participio passato di yeswithrian, verbo deb. 2 classe, quindi è
un denominativo, che significa distruggere e indebolire.

Gomen = gioia, letizia; in inglese abbiamo game, che deriva da gaman nel germanico, che indica una
collettività di uomini, la gioia. Abbiamo a>o in ags per nasalizzazione

Efter = dopo, dietro + dativo

Yearum = dativo plurale di year che significa anni, stagioni. In ags e ata si usava anche winter per indicare
gli anni.

Yeogoth = gioventù, persone giovani; radice in germanico è jugunth, vediamo che cade la nasale e c'è
l'allungamento di compenso e richiama il latino juventus.

Is yekiurred = is è la terza persona del verbo essere derivante da ie "ES", che può essere anche di grado 0,
quindi con la sola s che ritroviamo in synt.
Yekiurred è p. passato di yekierran/yekiurran, v debole di 1 classe e siginfica tradurre, cambiare. Notiamo
che è un participio da ge (ye) e deriva da ceosan, che diventa keusan = scegliere, che è soggetto a
metafonia, conseguente geminazione e al rotacismo

Ald = vecchio, antico, in inglese lo troviamo con la o per la nasalizzazione; deriva da ie al


(crescere+suffisso to= cresciuto, invecchiato. Spesso troviamo eald a causa del frangimento causato da
l+cons. La a di ald può subire metafonia davanti a *-iz del comparativo e *-ist del superlativo e il sostantivo
che nasce da ald+iz (che diventa ir x rotacismo - ags elder) indica i gentiori, ma in ing si usa il prestito
romanzo

Onmēdla = orgoglio, fama, gloria. Formata da om+medla, che sarebbe la misura, quindi la traduzione è
orgoglio oltre misura.
59
ᚢ (uro) wes yeara, yeogothades glem. Nu siunt yeardagas efter fiurstmearke forth yewitene = nostro era un
tempo lo splendore della gioventù. Ora sono i giorni del passato, dopo il tempo stabilito, completamente
andati

ᚢ = uur, uro, ma secondo alcuni nostro (nel futhorc ags). Significa anche animale primogenio e quindi
diventa un prefisso per indicare le origini (es. un tempo) e lo troviamo anche in altre opere di Cynewulf.
La forma germanica è unsar: la n però cade davanti alla s a causa di ingevonismi e si allunga la u per
compenso. La sibilante diventa poi z perché è in una posizione intervocalica e andrà a diventare r per
rotacismo. La a si indebolisce e abbiamo uure. La u lunga diventa poi un dittongo, au, quando si passa
all'inglese proto moderno

Wes = verbo essere preterito singolare, in ags innalzamento vocalico di a in ae. In questo caso il verbo è
wesan, verbo forte di 5 classe, che ha la vocale alternante + la radice che esce in fricativa o occlusiva
semplice. In wesan abbiamo il passaggio di s a z perché in posizione intervocalica, che diventa poi r e ciò si
evince dalla voce were che troviamo oggi nell'inglese

Yeogođhādes =genitivo di yeogođhād, formato da yeogođ+ hād = ruolo, funzione; inizialmente era
sostantivo autonomo che indicava la funzione di qualcosa. Poi più avanti viene usato per formare nomi
astratti femminili: che terminano in hood/heid
Glem = proviene dalla stessa radice di gold, quindi ghel, che troviamo in sostantivi che indicano cose che
splendono, come glass, glitter, glamour oltre che yellow > vediamo che la g della radice verrà pronunciata
come i davanti ad una vocale velare e verrà scritta come y.

Nu = avverbio di tempo che corrisponde a now, mentre in olandese rimane uguale; in tedesco abbiamo
nun.
Siunt = è un'altra forma del verbo essere, cioè quella della radice es. in questo caso ha grado 0, con la s,
che ritroviamo soprattutto nel tedesco come in sein.

Yeardagas = giorni dell'anno; anche se nel manoscritto è scritto separato in realtà è un composto formato
da year e dagas, quindi letteralmente è giorni dell'anno ma non avrebbe senso, quindi è usato come
rafforzativo per indicare quel momento.

Efter = dopo, regge il dativo che segue

Fiurstmeark= composto nominale formato da fiurst, che è termine, scadenza e meark, che è un prestito
latino e infatti significa marca. Questo prestito subisce un innalzamento e successivamente un frangimento
perché abbiamo r+consonante, e da ae > ea. Si parte da una radice che è pr con un cerchietto sotto la
liquida, che indica il suo essere sonante e quindi sviluppa una u nel germanico, quindi pur. Poi c'è la 1mc
da occlusiva p a f= fur. La radice è la stessa di primus nel latino, e da qui nasce first, il primo.
A fur si aggiunge il superlativo ist e abbiamo furist, che diventa fyrest per la metafonia, che si contrae e
subisce metatesi diventando frist = scadenza.

Forth= avverbio, significa ulteriormente, avanti; in queste caso è un prefisso separabile che accompagna il
verbo che segue. È formato dalla radice fur+tha, che è la stessa che si usa per forth e anche fyrst, cioè pr.
con un cerchietto sotto la liquida, che indica il suo essere sonante e quindi sviluppa una u nel germanico,
quindi pur. Poi c'è la 1mc da occlusiva p a f= fur. In inglese diventa for. Abbiamo anche il prefisso ge (o ye),
che rafforza l'idea del prefisso separabile

Yewitene = p.passato di witan vb forte di prima classe «andare via,


allontanarsi, viaggiare»; coincide con wican, che è un preterito presente.
Lifwiunne yeliden, swa ᛚ (lagu) toglideth, flodas yefiusde = fuggite le gioie della vita, così come l'acqua
scivola via, le onde veloci.

60
Lifwiunne= le gioie della vita allontanata, è un composto formato da lif+wiunne, parola rappresentata dalla
runa a forma di P (gioia, letizia). Lif viene da leib, in inglese abbiamo live, perché quando la fricativa si trova
alla fine si aggiunge una e.
Yeliden= v. forte di 5 classe che oggi in tedesco ha un significato del tutto diverso, cioè soffrire. Viene da
leithan che è viaggiare, e significa allontanarsi, indica movimento. Da questo verbo deriva anche to lead
solo che abbiamo l'alternanza consonantica, infatti dalla thorn abbiamo una sonora. Lo slittamento
semantico in tedesco si ha a causa della conveersione al cristianesimo perché si ricorreva a termini già
presenti nella lingua per indicare concetti nuovi. Forse diventa soffrire perché la vita viene vista come un
viaggio nella sofferenza nell'attesa della salvezza eterna.
Swa= così
ᛚ= lagu, mare; è un prestito latino, viene da lacus. Oggi è contrapposto a sea, che inizialmente indicava
uno specchio d'acqua mentre oggi è il mare, e lagu invece è lake. In ags c'era anche lagu dal norreno ma è
stata superata dalla versione francese.
Toglideth= è un verbo forte di i classe e significa scivolare, infatti dalla pronuncia sembra glide. La radice è
la stessa di ghel, che indica il luccichio, giallo, ma passa ad indicare una superfice liscia e quindi scivolare.
Flodas= da flod, che oggi conosciamo come flood; si può tradurre con onde ma oggi significa flusso,
inondazione.
Yefiusde= è un aggettivo che non abbiamo oggi in inglese, deriva dal verbo debole di I classe yefyiusan,
che significa affrettarsi, quindi indica l'essere veloce.

ᚠ feoh eghwam bith lene under liufte = la ricchezza è per ognuno transitoria sotto al cielo

ᚠ = ie peku, = bestiame, pecora, denaro; 1MC = p>f / k> h = fehu. H causa frangimento in ags = feoh. Oggi
abbiamo fee che ha mantenuto l'accezione economica.

Eghwam = formato da eg+hwam. Eg viene unito a vari pronomi interrogativi e hwam invece deriva da ie
kwo > 1mc = hwo > metatesi; si potrebbe anche scrivere hwom perché la A si trova davanti a nasale; in
questo caso infica chiunque, ciascuno

Bith = terza persona del verbo beoth che parte da bheu, cioè il vebro essere

Lene = aggettivo che indica qualcosa che non dura, quindi transitorio; in inglese abbiamo to lean, che vuol
dire appoggiarsi, mentre l'aggettivo indica qualcosa di sottile

Under = regge liufte

Liufte= viene da lyft = aria, atmosfera; in tedesco luft indica il cielo (anche luftansa); in inglese invece
abbiamo anche loft, mentre è omofona a lift.

61

Potrebbero piacerti anche