Diritto Penale - Aperte
Diritto Penale - Aperte
Lezione 004
06. La riserva di legge:
Inserita nella costituzione, prevede che la disciplina di una determinata materia sia regolata soltanto dalla
legge primaria e non da fonti di tipo secondario. La riserva di legge ha una funzione di garanzia in quanto
vuole assicurare che in materie particolarmente delicate, come nel caso dei diritti fondamentali del
cittadino, le decisioni vengano prese dall'organo più rappresentativo del potere sovrano ovvero dal
parlamento come previsto dall'articolo.
Lezione 005
10. Tassatività e determinatezza nel diritto penale:
Con questo principio si mira ad evitare che il giudice possa farsi produttore di diritto penale nel corso dei
giudizi attingendo alle fonti sostanziali. La determinatezza concorre a chiudere l’insieme dei reati,
impedendo al giudice di crearne di nuovi in via interpretativa. La tassatività vieta al giudice di ricorrere a
strumenti che consentono l’applicazione delle norme penali al di fuori delle fattispecie astratte descritte
dalle stesse, ossia il divieto di analogia.
Lezione 006
12. L'analogia in materia penale:
L'analogia è il meccanismo con il quale determinate casistiche, non specificatamente disciplinate
normativamente, sono regolate secondo la normativa che disciplina casi simili (analogia legis) o in base ai
principi desumibili dall'ordinamento giuridico (analogia iuris). Nell'ambito del diritto penale il meccanismo
giuridico dell'analogia trova un ostacolo nel necessario rispetto del principio di legalità e del suo corollario
costituito dal principio di tassatività. L'esclusione dell'applicazione dell'analogia (sia legis che iuris) nel diritto
penale, si desume, poi, dagli artt. 1 e 199 del cp, a mente dei quali nessuno può essere sottoposto a pena o a
misura di sicurezza se non sulla base di una norma di legge e dall'art. 25 della Costituzione secondo cui: "nessuno
può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fato commesso" Nelle
disposizioni preliminari al codice civile, all’ articolo 14 delle c.d. preleggi, si legge espressamente che “ in materia
penale l’analogia è vietata in malam partem.
Lezione 007
04. Il principio di materialità.
Il principio di materialità (nullum crimen sine actione), può essere reato solo il comportamento umano
materialmente estrinsecantesi nel mondo esteriore, il quale, essendo munito di una sua corporeità, può essere
percepito attraverso i sensi. Tale principio rappresenta il cardine del liberalismo penale che, nella costante
preoccupazione di limitare la libertà individuale nella misura strettamente necessaria alla vita comune, riserva al
diritto penale sole le azioni esterne. Perché’ ci sia reato occorre che vi sia una condotta percepibile dai sensi. In
questa prospettiva, la materialità assume il significato che essa ha nel linguaggio comune, ossia di qualcosa che
sia suscettibile di verificazione empirica. Il riferimento costituzionale al principio di materialità si ricava
direttamente in costituzione, ove l’art. 25 comma 2 Cost. afferma che “nessuno può essere punito se non in
forza di un legge entrata in vigore prima del fatto commesso. Il principio di materialità svolge la prima funzione
di delimitazione dell’illecito penale, col triplice divieto di considerare reato, un atteggiamento volontario
criminoso meramente interno; un’intenzione meramente dichiarativa, dovendo questa materializzarsi nella
realtà sociale, un modo di essere della persona, consista essa in un carattere del soggetto o in uno stato di
pericolosità sociale. La materialità del fatto può andare dall’estrinsecazione minima dell’inizio dell’azione a
quella intermedia della realizzazione dell’intera azione, fino a quella massima della realizzazione dell’evento
materiale.
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05. Il principio di offensività.
Opera su due direttrici: 1.costituisce il parametro di legittimita’ costituzionale per le norme vigenti; 2 traccia il
limite costituzionale entro il quale il legislatore deve muoversi nella creazione di nuove figure di reato. Sotto il
primo versante l’offensivita’ costituisce lo strumento diretto all’interprete, il quale puo’ sollevare questioni di
legittimita’ costituzionale delle norme non conformi con il dettato costituzionale. Sotto il secondo versante,
quello diretto al legislatore, e’ compito di quest’ultimo individuare all’interno del catalogo costituzionale i beni
oggetto di tutela e dunque disporre delle incriminazioni che effettivamente ledono o mettono in pericolo tali
beni. e’ offensiva solo quella condotta in grado di ledere o mettere effettivamente in pericolo il bene protetto.
quindi in forza al principio di offensivita’, il reato deve sostanziarsi nell’offesa di un bene giuridico e non puo’
consistere in una mera disobbedienza alla legge.
Lezione 008
06. Il di colpevolezza.
Il principio di colpevolezza impone che la responsabilità penale di un soggetto sia fondata, oltre che dal nesso di
causalità materiale che lega la condotta all’evento, anche da un coefficiente soggettivo. La colpevolezza
ricomprende, quindi, l’insieme delle condizioni psicologiche necessarie per fondare una imputazione personale
del fatto al suo autore. Concetti distinti dalla colpevolezza sono la coscienza e la volontà con cui il soggetto
compie l’azione, che dimostrano l’appartenenza materiale della condotta allo stesso e l’imputabilità del reo, che
si basa sulla sua capacità di intendere e di volere nel momento in cui ha commesso il fatto.
Lezione 009
01. Il principio di umanizzazione.
art. 27 Cost., al comma 3, sancisce l'umanizzazione della pena, affermando che le pene non possono
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità ma devono tendere alla rieducazione del reo. E’
inoltre esclusa esplicitamente la pena di morte. Rientra nella direttiva dell’umanizzazione della pena anche
il favore verso sanzioni penali pecuniarie in luogo delle pene detentive per illeciti di lieve entità.
Lezione 010
05. La legge penale più favorevole.
l'art. 2 co. 2-3 c.p. prevedono il principio della retroattività
favorevole. Il co. 2 stabilisce l'efficacia retroattiva della c.d. abolitio criminis: qualora sopravvenga l'abrogazione
di una precedente norma incriminatrice sotto la cui vigenza è stato commesso il fatto, il suo autore non potrà
più essere condannato e, se è già intervenuta la condanna, ne cessano l'esecuzione e tutti gli effetti penali. Il co.
3 dispone che, nel caso di c.d. successione semplicemente modificativa, la legge sopravvenuta si applica
retroattivamente se più favorevole rispetto a quella sotto il cui vigore è stato commesso il fatto, con il limite,
però, che non sia ancora intervenuta condanna irrevocabile, nel qual caso la situazione si è consolidata in modo
definitivo. La retroattività della legge favorevole costituisce una deroga al principio ex art. 11 disp. prel.: deroga
assolutamente legittima dato il rango di legge ordinaria proprio di quel principio.
Lezione 011
04. La successione delle norme processuali penali.
Il regime adottato per disciplinare le misure cautelari, del fermo, dell'arresto e delle pene accessorie segue il
principio tempus regit actum. Secondo la Corte Costituzionale l'irretroattività di cui all'art.25 Cost. non
riguarderebbe le norme processuali, poiché’ esse sono ispirate ad esigenze strettamente processuali quali le
misure cautelari che l'art.27 Cost. tiene distinte dall'espiazione della pena.
Lezione 013
06. Il principio di territorialità nel diritto penale.
All'interno dell'ordinamento giuridico italiano, tale principio, si estrinseca tramite il dettato dell'art.6 del c. p., il
quale recita: "chiunque commette un reato nel territorio dello stato è punito secondo la legge italiana"; il
principio di territorialità, si estrinseca con la possibilità di punire una certa condotta criminosa purché, la stessa,
sia stata posta in essere nel territorio dello stato italiano. Non rileva, quindi, se il soggetto attivo del reato sia un
cittadino italiano, uno straniero oppure un apolide.
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07. L'estradizione.
L'art.13 c.p. disciplina l’istituto dell’estradizione, il quale mira ad assicurare la presenza del reo nel territorio
dello Stato che intenda procedere penalmente contro di lui. L'istituto si poggia sulla collaborazione
internazionale tra stati. La sua ammissibilità è subordinata alla doppia incriminabilità (fatto previsto come
reato sia per la legge straniera che per quella italiana). L’estradizione è esclusa se la richiesta riguarda la
commissione di reati politici commessi dallo straniero che gode dello status di rifugiato (art.10 Cost.) o dal
cittadino italiano (art.26 Cost.). L'estradizione è esclusa anche quando la sua concessione esporrebbe
l'estradato all'inflazione di pene non previste dall’ ordinamento penale italiano, come la pena di morte.
Lezione 015
05. La struttura delle norme incriminatrici.
Le norme incriminatrici sono le norme vere e proprie del diritto penale, contenenti precetto e sanzione, che
prevedono, cioè, un reato e la relativa pena. Accanto a questi tipi di norma penale, si innesta un altro
gruppo, chiamate norme integratrici, che mantengono il carattere imperativo ma non sono autonome, in
quanto la loro funzione è soltanto quella di precisare, limitare o disciplinare l'applicabilità di norme
preesistenti. Si dividono in: norme direttive: fissano i principi di una data materia; norme dichiarative:
spiegano il significato di alcune espressioni; norme interpretative: interpretano altre norme; norme di
attuazione: scindibili in norme di coordinamento e transitorie, regolano l'attuazione di altre norme; norme
estensive o limitative: fissano la portata di alcune norme; norme di rinvio: richiamano altre norme; norme
di collisione: risolvono i conflitti.
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07. Presunzione di conoscenza e ignoranza inevitabile.
In materia penale vige il principio di inescusabilità dell’ignoranza della legge penale (art. 5 c.p.), salvo che si
tratti di ignoranza inevitabile (sent. Cort. Cost. 364/1988). diverso è il caso dell’oggettiva impossibilità di
conoscere la legge penale. In tale caso, tale carenza, non può gravare al cittadino, nonostante
l’obbligatorietà della legge penale (ex art 73 comma 3 Cost). Ciò può verificarsi in casi di natura
esclusivamente oggettiva (Cort. Cost. 364/1988) come quelli di assoluta oscurità del testo legislativo,
caotico atteggiamento interpretativo degli organi giudiziari, ovvero nei casi di assicurazioni erronee da
parte di persone istituzionalmente destinate a giudicare su fatti da realizzare. In questi casi la condizione è
che chiunque al posto dell’agente sarebbe caduto nell’errore sul divieto (c.d. generalizzazione dell’errore).
Lezione 018
03. La modifica della legge penale.
L’art. 2 comma 4 stabilisce che "se la legge del tempo, in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si
applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza
irrevocabile”. Pertanto, se la nuova disposizione è più favorevole essa troverà applicazione in via retroattiva. In
questo caso si parla di retroattività della legge penale più favorevole. Se, invece, la nuova legge è più rigida e
peggiora la posizione del reo, allora si applicherà la legge precedente, seppure abrogata. In tal caso si parla di
ultrattività della legge penale più favorevole. Ad ogni modo vi è un limite invalicabile per l’applicazione dell’art. 2
comma 4 c.p., in ordine alla legge penale più favorevole, ossia il giudicato. La spiegazione si trova nel principio
della certezza del diritto.
Lezione 020
11. L'imputabilità.
In diritto penale si definisce imputabilità, o idoneità al reato, la condizione sufficiente ad attribuire a un
soggetto il fatto tipico e antigiuridico commesso e a mettere in conto le conseguenze giuridiche. Nessuno
può essere imputabile se al momento del reato non era in grado di intendere o di volere, ma l'incapacità
non esclude l'imputabilità quando è dovuta a colpa del soggetto (una persona che si è procurata
un'ubriacatura che pur non essendo in grado di intendere e di volere fracassa una vetrina è imputabile).
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Lezione 021
07. Imputabilità e minore età.
Dai 18 anni in poi un soggetto è pianamente imputabile. Al di sotto dei 18 anni abbiamo due fasce di età:
1) Al di sotto dei 14 anni, il soggetto è sempre, inimputabile; tuttavia, se il giudice accerta la sua
pericolosità sociale potrà assoggettarlo ad una misura di sicurezza (riformatorio); non vi è alcun
limite per l’applicabilità della misura di sicurezza che, in linea teorica potrebbe essere applicata
anche ad un bambino di cinque anni, e che, di fatto, è lasciato al buon senso del giudice;
2) Tra i 14 e i 18 anni, ai sensi dell’art. 98 sarà necessario un esame caso per caso onde accertare se il
soggetto aveva la capacità di intendere e di volere. Al minore imputabile la pena è irrogata in
misura ridotta, e se il giudice ritiene che sia il caso, possono applicarsi, una volta eseguita la pena,
le misure del riformatorio o della libertà vigilata.
Al fine di facilitare le redenzione morale dei minori delinquenti è stato consentito di concedere a costoro i
benefici del perdono giudiziale, della sospensione della pena, della liberazione condizionale e della
riabilitazione, in misura più larga rispetto al normale. La materia è stata rinnovata nel 1988, col D.P.R. 448
art 27 tale legge dispone che se il giudice lo ritiene necessario può emettersi sentenza di non luogo a
procedere per “irrilevanza del fatto”. E’ inoltre prevista la possibilità che il giudice sospenda il processo e
affidi in prova il minore ai servizi minorili dell’amministrazione penitenziaria per un periodo di osservazione
(massimo tre anni) al termine del quale può dichiararsi estinto il reato, se la prova ha avuto esito positivo.
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Lezione 022
03. Pericolosità sociale e capacità a delinquere.
L’art. 133 c.p. dispone che nel commisurare la gravità del fatto, il giudice deve tener conto della capacità a
delinquere del colpevole. Egli può desumerla dai: 1) i motivi a delinquere e il carattere del reo; 2) dai
precedenti giudiziari e, in generale, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; 3) dalla
condotta contemporanea o susseguente al reato; 4) dalle condizioni di vita individuale, famigliare e sociale
del reo. I criteri indicati per valutare la capacità a delinquere ex art. 133 c.p. possono validamente essere
presi in considerazione anche con riferimento alla pericolosità sociale, per verificare se sia probabile che il
soggetto commetta altri fatti preveduti dalla legge come reato.
Lezione 023
06. La struttura del reato.
Con il termine struttura del reato si intendono gli elementi essenziali presenti in qualsiasi reato. Ai fini della
configurazione di un reato occorre accertare se il fatto realizzato, tipico ed antigiuridico, sia stato il frutto di
una scelta liberà e consapevole di un determinato individuo. Affinché vi sia reato occorre che vi sia un fatto
storico che sia conforme al fatto astratto descritto nella fattispecie legale. Per affermare la responsabilità
del reo occorre verificare il fatto, la condotta, la non presenza di cause di giustificazione del reato e
l’elemento psicologico. Sulla struttura del reato vi sono due diverse teorie, la teoria della bipartizione e
della tripartizione. La teoria bipartita sembra quella che risponda meglio al nostro sistema penale. Secondo
la teoria tripartita il reato si compone di tre elementi: fatto tipico, antigiuridicità e colpevolezza,
quest’ultima intesa non solo come presenza di un coefficiente psichico nella condotta ma anche come
giudizio di rimprovero dell’autore. Secondo la teoria della bipartizione il reato si compone di 2 elementi: un
fatto tipico antigiuridico, che è costituito dall’aderenza della condotta alla norma incriminatrice e
contestualmente dalla sua antigiuridicità e della colpevolezza, quest’ultima intesa non solo come presenza
di un coefficiente psichico nella condotta ma anche come giudizio di rimprovero dell’autore.
Lezione 024
04. La teoria tripartita.
Per la teoria tripartita gli elementi essenziali del reato sono tre: il fatto tipico (in quanto fatto materiale)
costituito dai soli requisiti oggettivi, ovvero condotta evento e causalità; la colpevolezza cioè la volontà
riprovevole nelle forme di dolo e colpa; l'antigiuridicità cioè la contrarietà del fatto all'ordinamento
indipendentemente dall'elemento psicologico. Secondo tale teoria quindi una condotta che consti di fatto
materiale e colpevolezza ma sia carente di antigiuridicità, corrisponde alla fattispecie ma non potrà dirsi
penalmente illecita; per essere penalmente illecita occorre che non vi siano norme nell'ordinamento che
impongano o autorizzino il comportamento oggetto di reato.
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Lezione 025
08. I reati omissivi.
Il reato omissivo proprio, si configurano al mancato compimento di un'azione imposta dalla norma penale,
configurandosi come una disobbedienza. Tale tipo di reato è tipizzato espressamente dal legislatore. Il
reato omissivo improprio si configurano con il mancato impedimento di un evento dannoso. Gli elementi
costitutivi del reato omissivo proprio sono: situazione tipica- condotta omissiva - possibilità materiale per il
soggetto di attivarsi ed impedire l'evento.
Lezione 026
04. Il nesso causale nel nostro ordinamento.
Il nesso di causalità è quel rapporto tra l'evento dannoso e il comportamento del soggetto (autore del
fatto), astrattamente considerato. Il legame eziologico tra la condotta (commissiva o omissiva) e l'evento
rappresenta la condizione imprescindibile per l'attribuibilità del fatto illecito (e, conseguentemente, del
danno) al soggetto. In altre parole, la modificazione del mondo esterno (l'evento) può essere imputata ad
una persona solo se la stessa sia conseguenza della sua condotta.
Lezione 027
05. Cosa sono le scriminati.
La locuzione causa di giustificazione, (identificata anche come scriminante, o esimente), identifica
particolari situazioni il cui verificarsi rende lecito un fatto che integra una fattispecie di reato. Esse sono
stabilite per legge, da particolari norme dell'ordinamento giuridico, si pensi ad esempio alla legittima difesa.
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08. Il consenso dell'avente diritto.
Il consenso dell'avente diritto è una causa di giustificazione prevista nel codice penale italiano del 1930
all'art. 50: "non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può
validamente disporne. Per i reati colposi, la giurisprudenza nega l'ammissibilità del consenso perché questo
opererebbe non su una fattispecie criminosa bensì su una condotta negligente. Lo stesso discorso è da farsi
per l'omicidio preterintenzionale: se il consenso scrimina le lesioni ma non l'ulteriore evento aggravatore, il
soggetto risponderà di omicidio colposo.
Lezione 029
04. L'adempimento di un dovere.
Ai sensi dell’articolo 51 c.p. non è punibile chi commette il fatto nell’adempimento di un dovere. La fonte
da quale nasce il dovere deve essere riconosciuta dall’ordinamento giuridico italiano e può essere una
legge, un contratto, un ordine, un regolamento ecc.
Lezione 030
03. La legittima difesa.
E’ una causa di giustificazione. La legittima difesa implica necessariamente un'aggressione e una reazione,
sottoposte entrambe a determinate condizioni. L'aggressione deve avere le seguenti caratteristiche: deve
sussistere un "pericolo attuale": ciò significa che non basta la probabilità di un eventuale accadimento,
potendo in tal caso il soggetto leso invocare l'intervento dello Stato. Per quanto riguarda invece la reazione,
essa deve essere, ”necessaria" per salvare il diritto minacciato; "proporzionata" all'offesa. Perché operi in
modo pieno la presunzione di proporzione, è necessario che si verifichino contemporaneamente le
seguenti condizioni: ci si deve trovare in uno dei casi previsti dall'articolo 614, commi 1 e 2, c.p. (violazione
di domicilio); colui che pone in essere la legittima difesa deve avere il diritto di trovarsi in quel luogo; Vi
deve essere un pericolo per l'incolumità della persona; La legittima difesa deve essere operata attraverso
un'arma o un altro strumento di coercizione legittimamente detenuto da chi la adopera. In assenza di uno
di questi elementi è comunque possibile che sia accertata la proporzione fra mezzi di difesa e di offesa.
L'onere della prova spetta a chi invoca l'istituto, il quale deve dimostrare che la persona offesa si trovava
illegittimamente nella altrui proprietà, che metteva in atto un pericolo per l'incolumità della persona e che
non esistevano mezzi alternativi di difesa. La legittima difesa fa riferimento all’art. 52 c.p. afferma che non è
punibile “chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio
o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
L’aggressione che legittima la difesa deve essere rivolta contro un diritto individuale, personale o
patrimoniale.
Lezione 031
03. Lo stato di necessità.
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal
pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti
evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo". Lo stato di necessità è cosa diversa dalla
legittima difesa. Nel caso di legittima difesa il bene che viene leso dalla reazione dell'aggredito è un bene
dell'aggressore stesso, mentre nelle ipotesi di cui all'art. 54 l'azione lesiva è diretta nei confronti di un
soggetto che non ha nulla che vedere con l'azione posta in asso per stato di necessità. Non c'è quindi
un'aggressione da cui difendersi ma uno stato oggettivo di necessità.
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04. L'uso legittimo delle armi.
L’art. 53 c.p. stabilisce che: ferma la disciplina dell’esercizio di un diritto, dell’adempimento di un dovere e
della legittima difesa”, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere al dovere del proprio
ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica. Nell’ambito dei suoi
poteri decisori, il pubblico ufficiale non solo può utilizzare egli stesso le armi, ma può dare un tale ordine ai
propri sottoposti o anche a terzi. Ovviamente, non tutte le funzioni pubbliche hanno l’esigenza di ricorrere
all’uso di armi, ma deve trattarsi di doveri d’ufficio riguardanti la tutela dell’ordine pubblico, i compiti della
polizia di sicurezza, polizia giudiziaria ecc.
Lezione 032
03. La suitas.
La suitas è definita, all'art. 42 cp, come coscienza e volontà dell'azione o dell'omissione previste dalla legge
come reato. La coscienza e volontà della condotta è il requisito minimo per l’imputazione del fatto
all’autore. La suitas riguarda dunque la consapevolezza di porre in essere una azione od omissione.
Lezione 033
05. Il nesso psicologico.
Dolo e colpa sono incompatibili rispetto allo stesso fatto: mentre il dolo consiste nella rappresentazione e
volontà dell’intero fatto oggettivo tipico. Il legame psichico tra il fatto e il suo autore si manifesta in
un’unica forma (la rappresentazione e volontà del fatto tipico); la colpa presuppone necessariamente che la
rappresentazione e la volontà non abbiano investito l’intero fatto tipico. La colpa esibisce una pluralità di
forme di manifestazione del legame, tutte idonee a fondare la struttura psicologica di questa specie
dell’elemento soggettivo.
Lezione 034
04. La struttura del dolo.
L’art. 43 c.p. nella rubrica intitolata “l’elemento soggettivo del reato” definisce il dolo come segue: “il
delitto è doloso, o secondo intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione
od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come
conseguenza della propria azione od omissione”. Il dolo è dunque la volontà di produrre l’evento, in
conseguenza di una propria azione od omissione. Dunque, il dolo è composto da due componenti: quella
rappresentativa e quella volitiva.
Lezione 035
04. L'errore indotto.
L’articolo 48 c.p. prevede l’ipotesi del c.d. errore indotto. Si ha errore indotto quando il soggetto agente
viene tratto in inganno da un altro soggetto. In questo caso, ai sensi dell’art. 48 c.p., del fatto commesso
verrà punito il soggetto che ha determinato la persona ingannata a commettere il fatto previsto come
reato. Ciò si comprende nel fatto che al soggetto agente manca il dolo. Viceversa, l’ingannatore agisce con
coscienza e volontà di commettere il reato e utilizza l’ingannato quale strumento per compierlo. Pertanto,
l’autore materiale risponderà penalmente se il fatto è preveduto dalla legge anche come delitto colposo.
Trova applicazione la disciplina dell’errore inescusabile, nelle ipotesi in cui chiunque al posto del soggetto
agente sarebbe caduto nello stesso errore.
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05. L'errore su di un elemento specializzante.
L’errore sul fatto esclude sempre il dolo del fatto cui si riferisce; può però verificarsi che l’errore verta su un
elemento specializzante, e cioè su un requisito che caratterizza una figura criminosa rispetto ad un’altra, di
portata generale. In tale caso, come precisa l’art. 47.2 c.p., residua la responsabilità per il reato diverso, di
cui sussistano sia i requisiti obiettivi sia quelli soggettivi. Es. se tizio offende l’onore di un pubblico ufficiale
presente, ignorandone la qualifica, non risponderà di oltraggio (art. 341.1 c.p.), ma risponderà di ingiuria
(art. 594.1 c.p.). Rispetto alla quale l’agente versa senza dubbio in dolo. Se l’errore è determinato da colpa,
la responsabilità dell’agente sarà affermata a tale titolo, qualora il fatto sia previsto dalla lex come delitto
colposo (art. 47.1 c.p.). Se si tratta di contravvenzione, la punibilità consegue alla regola generale stabilita
all’art. 42.4 c.p.
Lezione 036
05. Il reato putativo.
Il c.d. reato putativo si fonda su una ipotesi di errore. Si tratta, infatti, del caso in cui un soggetto crede di
aver compiuto un reato, che non in realtà non si è verificato. La supposizione erronea che il fatto commesso
costituisca reato (articolo 49 comma 1 c.p.) può dipendere da un errore di fatto o da un errore in diritto. In
entrambi i casi però non si può parlare di reato commesso, poiché manca nella sua dimensione materiale o
giuridica. L’agente non sarà punito per il reato putativo (quello che crede di aver compiuto), ma per quelle
effettivamente a realizzato.
Lezione 038
08. Dolo d'impeto e dolo di proposito.
Dolo d’impeto => è quando la deliberazione criminosa eseguita immediatamente dall’esecuzione della
condotta. Dolo di proposito => è quando tra la formazione della decisione criminosa ed il passaggio all’atto
intercorra un consistente lasso di tempo.
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09. L'accertamento del dolo.
Ai fini dell’accertamento del dolo e della dosimetria della pena, il giudice, nell’applicare il criterio
dell’intensità del dolo ex art. 133, comma I, n. 3, c.p., deve considerare le varie forme di questo elemento
soggettivo del reato: il dolo è specifico se lo scopo del reato previsto dalla norma corrisponde a quello
rappresentato dal soggetto agente; è diretto se l’evento realizzato, pur essendo voluto, non costituisce lo
scopo principale della sua condotta; è eventuale se l’evento è rappresentato, ma non voluto dall’agente
che si limita ad accettare il rischio della sua verificazione; è alternativo quando tra la possibile verificazione
di due o più reati è per l'agente indifferente quale effettivamente avrà luogo.
Lezione 039
03. Gli elementi della colpa.
La definizione di colpa si ricava dal secondo capoverso dell'art. 43 c.p., che così dispone: "il reato è colposo,
o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di
negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per l'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline".
Lezione 040
03. Il grado della colpa.
L’articolo 133 c.p. nell’elencazione degli elementi utili per la valutazione della gravità del reato agli effetti
della commisurazione della pena, inserisce l’intensità del dolo e il grado della colpa. Nella graduazione della
risposta sanzionatoria ai fini della determinazione del grado della colpa il giudice dovrà tener conto del
livello di inosservanza tenuta dall’agente. Egli dovrà, in primis, stabilire se la condotta osservante avrebbe
potuto evitare l’evento. In secondo luogo, dovrà stabilire il livello di inosservanza tenuta dall’agente al fine
di graduare la colpa al caso concreto, riflettendola nella sanzione. Più sarà alto il grado della colpa più la
pena tenderà verso il massimo edittale e viceversa.
Lezione 043
06. La concezione psicologica della colpevolezza.
In dottrina si riscontrano varie teoria in ordine alla colpevolezza.
Ognuna di essa risente dell’impostazione metodologica e delle premesse di fondo da cui si muove. Una
prima teoria è quella nota sotto il nome di concezione formale (o psicologica) della colpevolezza. Secondo
tale teoria è la legge che determina quali sono i fatti penalmente rilevante. Quale accadimento esteriore, il
reato può essere commesso da chiunque, imputabile o non imputabile, sia sotto il profilo oggettivo sia
sotto il versante soggettivo.
La colpevolezza sta infatti nella fattispecie, cioè nella descrizione legale. E’ il legislatore che descrive il fatto,
così come è lo stesso legislatore a stabilire se, ai fini della sua configurazione, occorre il dolo o la colpa.
Pertanto, dolo e colpa devono sempre essere accertati attraverso una analisi obbiettiva del fatto, a
prescindere da chi è l’autore dello stesso (imputabile o non imputabile). Dal loro accertamento in relazione
a come si manifesta il fatto si può dire che l’autore ha agito con un minimo di colpevolezza.
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07. La concezione normativa della colpevolezza.
La colpevolezza viene vista come un rimprovero per il cattivo uso dell’imputabilità da un soggetto capace di
intendere e di volere, che commette un reato. A secondo dal grado di volontà con cui l’autore ha agito si
può determinare anche il grado della sua colpevolezza e dunque graduare il rimprovero nei suoi confronti
attraverso una adeguata commisurazione della pena. In questa prospettiva l’imputabilità rappresenta un
presupposto della colpevolezza. Pertanto, se la stessa manca, il soggetto non può essere rimproverato e
dunque non può essere punito.
Lezione 044
04. Il giudizio sulle circostanze.
Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, e le prime sono dal giudice
ritenute prevalenti, non si tiene conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si
fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti. Se le circostanze attenuanti
sono ritenute prevalenti sulle circostanze aggravanti, non si tiene conto degli aumenti di pena stabiliti per
queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti. Se fra le
circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza si applica la pena che
sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze. Le disposizioni precedenti si applicano
anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la
legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella
ordinaria del reato.
Lezione 045
04. I criteri di imputazione delle circostanze.
Le circostanze del reato non costituiscono elementi strutturali del reato in quanto accedono ad un reato già
perfetto sotto il profilo strutturale ed assolvono alla funzione di adeguare il trattamento punitivo alla reale
gravità del fatto commesso. Esse, infatti, producono l'effetto di flettere, in diminuzione o in aumento, la
cornice edittale sì da rendere la pena più aderente al caso di specie. Sotto il profilo della classificazione, si
distinguono: le circostanze aggravanti, le circostanze attenuanti; le circostanze comuni; le circostanze
speciali.
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Lezione 047
03. La recidiva.
In diritto penale, la recidiva, letteralmente ricaduta, è una circostanza aggravante che comporta un
aumento della pena per chi, dopo essere stato condannato per un reato, ne commette un altro. Codice,
all'art. 99 c.p., distingue tre forme, semplice, aggravata e reiterata.
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Lezione 050
07. Recesso attivo.
Un diversa ipotesi di tentativo è quella del delitto impedito (o recesso attivo), quando l’agente ha posto in
essere la condotta tipica, la quale è consumata, ma prima della verificazione dell’evento lo stesso si
ravvede. Egli interviene con una contro-condotta che annulla la precedente, evitando la realizzazione
dell’evento tipico. Quest’ultimo, non si verifica per una causa indipendente dalla volontà dell’agente, bensì
grazie al suo intervento positivo che scongiura la verificazione dell’evento certo. Nel caso del recesso, il
legislatore prevede una ulteriore diminuzione di pena che va ad incidere sulla pena già diminuita del
tentativo.
Lezione 051
03. Reato impossibile.
Ai sensi dell’articolo 49 c.p. si ha reato impossibile quando “per inidoneità dell’azione o per la inesistenza
dell’oggetto della stessa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso”. Ai sensi del comma 3, il giudice può
infliggere all’imputato prosciolto una misura si sicurezza. Nei casi di reato impossibile si usa solitamente il
termine di quasi delitto; terminologia questa che si usa anche in relazione alle ipotesi di cui all’articolo 115
c.p. Dalla lettura dell’articolo 49 c.p. si evincono due ipotesi di reato impossibile. La prima riguarda l’ipotesi
dell’inidoneità dell’azione. La seconda ipotesi invece riguarda l’inesistenza dell’oggetto. Tale requisito non
va valutato ex ante, bensì ex post. L’azione infatti può essere idonea in concreto per realizzare quell’evento,
ma manca il suo oggetto e dunque non è realizzabile.
Lezione 052
05. Principio di specialità e principio di consunzione.
Per risolvere eventuali problemi in ordine ad eventuali concorsi apparenti di norme soccorrono i criteri di
specialità e consunzione. Il criterio di specialità è stabilito dall’articolo 15 c.p. il quale prevede che “quando
più leggi o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la
disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che si sia stabilito
altrimenti”. Il criterio di consunzione (o assorbimento) non è esplicitato dalla legge, ma si ricava in via
implicita dall’articolo 84 c.p. il quale stabilisce che le disposizioni sul concorso di reati “...non si applicano
quando la legge considera come elementi costitutivi o circostanze aggravanti di un solo fatto, fatti che
costituirebbero, per se stessi, reato...”. In tale caso il reato componente non ha rilevanza ma si assorbe nel
reato complesso.
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Lezione 053
06. Reato continuato.
Il reato continuato è previsto dal secondo comma dell'articolo 81 c.p., ai sensi del quale è soggetto alla
pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino al triplo, "chi con una sola azione od omissione viola
diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge. "Ad
esempio per sequestrare caio, tizio picchia la guardia del corpo, ruba un’auto e trattiene caio per diversi
giorni; in tal caso commette il delitto di lesioni, sequestro di persona e furto. Si tratta di tre reati, ma
realizzati con l'unico scopo di sequestrare caio.
Lezione 054
01. Reato continuato e recidiva.
Il reato continuato rappresenta una disciplina particolare di concorso materiale di reati, quando sussistono i
presupposti della loro identificazioni in un unico disegno criminoso. La recidiva, invece, costituisce una
circostanza aggravante del reato. La legge 251/2005 ha inserito una nuova disposizione che costituisce il
quarto ed ultimo comma dell’articolo 81 c.p., in base al quale se i reati in continuazione sono commessi da
soggetti ai quali è stata applicata la recidiva reiterata, l’aumento di pena non può essere inferiore ad un
terzo della pena stabilita per il reato più grave.
Lezione 055
01. L'aberratio delicti mono e plurilesiva.
I reati aberranti sono quei reati che si realizzano per un errore nel mezzi di esecuzione. Vi sono due casi di
reati aberranti: l’aberratio ictus e l’aberratio delicti. L’articolo 83 comma 1 c.p. dispone che quando “...per
errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per altra causa, si cagiona un evento diverso da quello
voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell’evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla
legge come delitto colposo...”. La norma parla di “evento diverso da quello voluto”, elemento questo che
indica come la condotta deve riguardare l’oggetto del reato, il bene giuridico. L’articolo 83 comma 2 c.p.
prevede l’ipotesi dell’aberratio delicti plurilesiva, ossia quando l’agente, oltre a realizzare l’evento preso di
mira, ne cagiona un altro da lui non voluto. In tale caso, afferma la norma, si applicano le disposizioni in
materia di concorso di reati.
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02. L'aberratio ictus mono e plurilesiva.
In diritto penale, la locuzione latina aberratio ictus si riferisce a un ipotesi d’errore nella fase esecutiva di
reato, che si verifica quando il reo offende una persona diversa dalla vittima designata. Esempio: tizio
esplode un colpo d’arma da fuoco contro Caio, ma sbagliando la mira colpisce Sempronio; in questo caso
l’evento voluto dal reo (ferimento o uccisione) si realizza nei confronti di un soggetto diverso da quello al
quale era diretta l’offeso. Il codice penale Italiano disciplina l’aberratio ictus all’art. 82 (offesa di persona
diversa da quella alla quale l’offesa era diretta). Quando, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del
reato, o per altra causa, è cagionata offesa a persona che voleva offendere, salve, per quanto riguarda le
circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell’art. 60. Qualora, oltre alla persona diversa, sia
offesa anche quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato più
grave, aumentata fino alla metà. Dalla norma discende la distinzione tra due forme di aberratio ictus.
L’aberratio ictus monoffensiva o monolesiva, descritta dal primo comma, consiste nel cagionare offesa solo
alla persona diversa dalla vittima designata. Il reo risponde del fatto come se l’avesse commesso nei
confronti di quest’ultima. Nell’ esempio sopra citato, tizio risponderà dunque dell’micidio o della lesione
personale (dolosi) di Sempronio, salva solo l’applicazione dell’art. 60 c.p. (errore sulla persona dell’offesa),
più favorevole al reo, in tema di circostanze aggravanti e attenuanti. L’aberratio ictus plurioffensiva o
plurilesiva, descritta dal secondo comma, consiste nel cagionare offesa a una persona diversa oltre che alla
vittima designata. In questo caso il reo risponde del reato più grave, con un aumento di pena fino alla metà.
La dottrina discute se l’aberratio ictus dia luogo, o no, a un’ipotesi di responsabilità oggettiva. La risposta è
negativa se si considera che l’identità della persona offesa non è soggetto del dolo. In caso di aberratio
ictus, il reo realizzerebbe un’offesa “normativamente equivalente” a quella voluta: Tizio voleva uccidere un
uomo e ha appunto ucciso un uomo, anche se diverso della vittima designata. La risposta è invece
affermativa se si ritiene che il dolo riguardi non l’evento astratto (uccisione di un uomo), ma l’evento
concreto (uccisione di Caio). Tizio che voleva uccidere Caio, ha escluso o non si è neppure raffigurato la
possibilità di uccidere al suo posto Sempronio. Se l’art. 82 c.p. non esistesse, egli risponderebbe di tentato
omicidio nei confronti di Caio e di omicidio colposo nei confronti si Sempronio; dunque la norma,
punendolo per omicidio volontario, prevederebbe in realtà una responsabilità oggettiva.
Lezione 058
03. Il tentativo nel concorso di persone nel reato.
L’articolo 110. c.p. può trovare applicazione anche in ipotesi di delitto tentato ex art. 56 c.p. Se è possibile
configurare il tentativo nel concorso di persone non è possibile configurare un tentativo con concorso.
Lezione 060
04 Il concorso anomalo di persone nel reato.
Con il termine concorso anomalo, si indica la peculiare fattispecie contemplata e disciplinata dall'art. 116 cp
a mente del quale: "qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti anche
questi ne risponde se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione. Se il reato commesso è più
grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave”.
Lezione 064
03. Il mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti.
Se, per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti tra il colpevole e l’offeso, muta il
titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato. Non
dimeno, se questo è più grave, il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le
qualità o i rapporti predetti, diminuire la pena.
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Lezione 064
04. Le misure di sicurezza.
Le misure di sicurezza sono provvedimenti previsti dai vari sistemi penali, adottate per finalità terapeutiche,
rieducative e risocializzanti delle persone ritenute socialmente pericolose. Può essere promossa
l'educazione o la cura a seconda delle esigenze al fine di neutralizzare la pericolosità del soggetto. Vanno
distinte dalla pena e dalle misure di prevenzione. Le misure di sicurezza possono essere rinnovate, a seguito
di una valutazione in cui emerge che la pericolosità permane. Si può applicare la misura di sicurezza a
qualsiasi soggetto che, anche se non punibile o non imputabile, abbia commesso un delitto o un quasi
delitto (artt. 49 e 115 codice penale). Il soggetto è socialmente pericoloso perché si ritiene probabile che
commetta altri reati.
Lezione 065
05. La parte civile.
Quando si parla di parte civile si fa riferimento alla qualifica che assumono i soggetti danneggiati dal reato o
i loro successori universali quando si costituiscono nel processo penale introducendo al suo interno l’azione
civile volta ad ottenere dall’imputato e dal responsabile civile il risarcimento dei danni prodotti dal reato, il
rimborso delle spese di giudizio e la restituzione dei beni di cui siano stati eventualmente privati in seguito
al reato.
Lezione 066
04. L'azione civile nel processo penale.
L'esercizio dell’azione civile nel processo penale deve rispettare due regole non espresse: l’azione civile
resta ospite nel processo penale, ossia l’azione resta facoltativa e disponibile, nel senso che il danneggiato
in ogni momento del processo penale può revocare la costituzione di parte civile: ciò avviene, ad esempio,
quando la parte civile stipula con l’imputato una transazione sul risarcimento dovuto. In ogni caso il giudice
penale, nell’accertare i danni e nel condannarne al risarcimento l’imputato colpevole, non può andare oltre
i limiti della domanda; l’azione civile subisce la regolamentazione del processo penale, al di fuori di quanto
attiene alla natura civilistica dell’azione, i poteri e il comportamento processuale della parte civile sono
disciplinati dal codice di procedura penale.
Lezione 068
04. L'oblazione.
L'oblazione, nel diritto processuale penale italiano, è una causa di estinzione del reato limitata alle
contravvenzioni, prevista agli articoli 162 e 162-bis del codice penale italiano. Gli organi competenti sono il
giudice dibattimentale (monocratico o di pace) e il gip.
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05. La prescrizione.
La prescrizione è un istituto giuridico che concerne gli effetti giuridici del trascorrere del tempo.
Ha valenza in campo sia civile sia penale. Nel diritto civile indica quel fenomeno che porta all'estinzione di
un diritto soggettivo non esercitato dal titolare per un periodo di tempo indicato dalla legge. la ratio della
norma è individuabile nell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici. In diritto penale determina l'estinzione
di un reato a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo. La ratio della norma è che, a
distanza di molto tempo dal fatto, viene meno sia l'interesse dello stato a punire la relativa condotta, sia la
necessità di un processo di reinserimento sociale del reo.
Lezione 069
02. L'amnistia.
L'amnistia è una causa di estinzione del reato e consiste nella rinuncia, da parte dello Stato, a perseguire
determinati reati. Si tratta di un provvedimento generale di clemenza, ispirato, almeno originariamente, a
ragioni di opportunità politica e pacificazione sociale. Mentre l'amnistia estingue il reato, che quindi è come
non fosse mai stato commesso, l'indulto estingue solo la pena.
03. L'indulto.
E’ un atto di clemenza, adottato dal Parlamento, che condona la pena, in tutto o in parte, o la commuta in
una pena di specie diversa. Per l’applicazione dell’indulto è competente il Giudice dell’esecuzione, il quale
procede senza formalità, secondo la procedura prevista anche per l'amnistia. L’indulto non estingue le pene
accessorie. L'indulto è ispirato, in origine, a ragioni di opportunità politica e pacificazione sociale.
Lezione 071
04. I concetti di interesse e vantaggio nella responsabilità da reato degli enti.
In materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, gli elementi costitutivi dell'interesse e
del vantaggio dell'ente, contemplati nell'art. 5, d.lgs. 231/2001, quali criteri di ascrizione dell'illecito
amministrativo dipendente da reato, hanno valenza alternativa e significati diversi: l'interesse esprime la
direzione finalistica della condotta ed è apprezzabile in prospettiva soggettiva ex ante; mentre il vantaggio
è il risultato materiale dell'azione delittuosa. Inoltre, l'elemento costitutivo dell'interesse, in quanto
espressione della direzione finalistica dell'agire, deve essere riferito alla sola condotta. Per contro,
l'elemento costitutivo del vantaggio presuppone la verificazione dell'evento del reato.
Lezione 072
03. L'organismo di vigilanza.
L’organismo di vigilanza è un organo interno dotato di poteri autonomi di iniziativa e controllo, si presenta
di solito nella forma di un organo collegiale. Le caratteristiche fondamentali dell’organismo di vigilanza
sono l’autonomia e l’indipendenza, la professionalità e la continuità d’azione. L’organismo è necessario
nelle imprese medio-grandi, mentre invece in quelle piccole le sue funzioni spettano direttamente
all’organo dirigente.
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05. I modelli organizzativi.
I D.lgs. 231/2001 riguarda gli enti o le persone giuridiche, per l’ipotesi di reati commessi da soggetti
appartenenti alla loro struttura organizzativa, più precisamente l’art. 5 comma 1 lettera A stabilisce che “i
reati presupposto” devono essere commessi da soggetti in posizione di vertice, gli apicali, o da soggetti
sottoposti alla direzione/vigilanza dei primi.
Se il reato è stato commesso da un soggetto in posizione apicale, l’ente non ne risponde se prova i requisiti
previsti dall’art. 6 del citato D.lgs., ossia:
• Aver adottato u n efficace modello organizzativo;
• Aver attribuito la vigilanza sullo stesso, ad un organo interno autonomo con poteri di iniziativa e
controllo;
• Che il soggetto abbia eluso fraudolentemente il modello;
• Non si sia verificata ommessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organo preposto;
Il modello organizzativo opera come “esistente” della responsabilità dell’ente; svolge anche una funzione
“special-preventiva” tramite sanzioni pecuniarie ridotte e quelle interdittive evitate. In ogni caso è prevista
la confisca del profitto ottenuto dall’ente, anche se ha adottato un modello organizzativo efficace.
Caratteristica fondamentale del modello organizzativo è la “separazione dei ruoli” infatti autorizzazione –
esecuzione e controllo non possono essere svolte dalla stessa persona. Il modello organizzativo nasce da
una valutazione dei settori dell’azienda al fine di individuare le aree esposte al rischio della commissione di
reati e analizzare i sistemi di controllo funzionanti.
Da questo si evidenzia la “gap analysis”, ossia la differenza tra il modello richiesto dalla legge e quello
esistente nell’azienda; a questo punto si redigono dei protocolli – procedure atti ad assicurare l’efficacia del
modello, che chiarisca l’attribuzione dei poteri, dei compiti, delle responsabilità e un sistema di controllo
gestionale in grado di rilevare le situazioni più critiche.
Inoltre è richiesta una modalità di gestione delle risorse finanziarie, che assicuri principi di trasparenza,
verificabilità, e pertinenza.
L’ente o la persona giuridica deve dotarsi di un sistema disciplinare, che in caso di infrazione preveda una
corrispondente sanzione.
Il nucleo del modello organizzativo, è costituito dai protocolli, che programmano e attuano le misure di
prevenzione; questi protocolli vengono recepiti in ordini di servizio, emanati dalla direzione generale, che li
rende, ufficiali. Questi ordini di servizio di ogni area sono inseriti in “allegati al modello organizzativo”. Il
modello organizzativo, di solito, è diviso in due parti:
• Generale (contenente la disciplina del D.lgs. 231/2001)
• Speciale (contenente informazioni sensibili relativi ai protocolli, ordini di servizio e regolamenti di
spesa)
Le associazioni rappresentative degli enti (confindustria – confcommercio) possono redigere linee guida per
aiutare gli enti nell’adozione del modello organizzativo. Queste linee guida sono comunicate al ministero
della giustizia che entro 30 giorni può formulare osservazioni.
Lezione 075
04. L'omissione di referto.
Nel reato di omissione di referto, l'obbligo di riferire si configura per la semplice possibilità che il fatto
presenti i caratteri di un delitto perseguibile di ufficio, secondo un giudizio riferito al momento della
prestazione sanitaria in relazione al caso concreto, a differenza di quanto ricorre per la fattispecie di
omessa denuncia, dove rileva la sussistenza di elementi capaci di indurre una persona ragionevole a
ravvisare l'apprezzabile probabilità dell'avvenuta commissione di un reato, posto che, nell'illecito previsto
dall'art. 365 cod. pen., la comunicazione fornisce, per vicende riguardanti la persona, elementi tecnici di
giudizio a pochissima distanza dalla commissione del fatto, insostituibili ai fini di un efficace svolgimento
delle indagini e del rispetto dell'obbligo di esercitare l'azione penale; ne consegue che il sanitario è
esentato dall'obbligo di referto solo quando abbia la certezza tecnica dell'insussistenza del reato.
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06. L'omessa denuncia da parte del pubblico ufficiale e dell'incaricato di un pubblico servizio.
Nell’ambito dei delitti contro l’amministrazione sono previsti una serie di reati di natura omissiva,
attraverso i quali il legislatore punisce particolari categorie di soggetti che hanno un obbligo specifico di
attivarsi, sia per le qualità che rivesto sia nell’ambito dell’espletamento dei propri doveri professionali.
L'omessa denuncia di reato è un reato che viene punito dal codice penale e che può configurarsi in varianti
differenti a seconda di chi lo commette: si va dall'omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale
all'omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio, passando per l'omessa denuncia di reato
da parte del cittadino e l'omessa denuncia aggravata. L'omessa denuncia da parte di un pubblico ufficiale,
art.361cp si verifica nel momento in cui un pubblico ufficiale ha notizia di un reato a causa delle proprie
funzioni o nell'esercizio delle stesse, è punito con la multa da trenta euro a cinquecentosedici euro. La pena
è della reclusione fino ad un anno se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria. Un
'incaricato di un pubblico servizio, art 362 cp, commette il reato di omessa denuncia nel caso in cui non
denunci qualsiasi tipo di reato, di cui sia venuto a conoscenza a causa o nell'esercizio del proprio servizio, a
meno che non si tratti di reati punibili solo in conseguenza della presentazione di una querela da parte della
vittima. È punito con la multa fino a centotre euro. Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato
punibile a querela della persona offesa né si applica ai responsabili delle comunità terapeutiche socio
riabilitative per fatti commessi da persone tossicodipendenti affidate per l'esecuzione del programma
definito da un servizio pubblico. L'omessa denuncia aggravata, infine, è un'omessa denuncia di reato da
parte di un incaricato di pubblico servizio o di un pubblico ufficiale per un delitto contro la personalità dello
stato.
Lezione 077
07. I delitti di calunnia e simulazione di reato: contenuti, diversità e similitudini.
Il reato di calunnia trova la propria disciplina nell'articolo 368 del codice penale e si configura qualora un
soggetto, per mezzo di denuncia, querela, richiesta o istanza, incolpi di un reato una persona di cui conosce
l'innocenza o simuli a carico di quest'ultima le tracce di un reato. Occorre precisare che la calunnia deve
ritenersi configurabile sia quando il reato è stato effettivamente commesso da altri e l'accusatore ne sia
consapevole, sia quando il reato è solo il frutto della fantasia di quest’ultimo. La simulazione di reato, che si
ha quando taluno con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta
all’autorità giudiziaria o ad altra autorità, afferma falsamente che sia avvenuto un reato, o simula le tracce
di un reato, la cui credibilità è tale da far iniziare un procedimento penale volto ad accertarlo. E’ il caso di
chi denuncia di essere stato derubato del denaro incassato per conto del datore di lavoro. Si punisce con la
reclusione da 1 a 3 anni. La differenza fra calunnia e simulazione di reato sta nel fatto che, mentre con la
calunnia si accusa di un reato una persona che il calunniatore sa essere innocente, con la simulazione di
reato l’accusa è rivolta contro ignoti. La calunnia differisce dalla simulazione di reato perché implica
l’indicazione della persona incolpata. I reati omissivi: reato omissivo proprio, si configurano al mancato
compimento di un'azione imposta dalla norma penale, configurandosi come una disobbedienza. Tale tipo di
reato è tipizzato espressamente dal legislatore. Reato omissivo improprio si configurano con il mancato
impedimento di un evento dannoso. Gli elementi costitutivi del reato omissivo proprio sono: situazione
tipica- condotta omissiva - possibilità materiale per il soggetto di attivarsi ed impedire l'evento.
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09. Struttura del delitto di simulazione di reato e diversità rispetto al delitto di calunnia.
La simulazione di reato, che si ha quando (art. 367 c.p.) taluno, con denuncia, querela, richiesta o istanza,
anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’autorità giudiziaria o ad altra autorità che a quella abbia
obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto un reato, o simula le tracce di un reato, la cui
credibilità è tale da far iniziare un procedimento penale volto ad accertarlo. È il caso di chi denuncia di
essere stato derubato del denaro incassato per conto del datore di lavoro. Si punisce con la reclusione da 1
a 3 anni. La norma è finalizzata a punire le condotte volte a sviare il corretto funzionamento
dell’amministrazione della giustizia. Più in particolare si vuole evitare che la stessa venga messa in moto a
vuoto in relazione ad ipotesi di reati mai avvenute. La norma delinea due modalità esecutive del reato: la
simulazione formale o diretta realizzata mediante falsa affermazione all’autorità giudiziaria o altra autorità
che ha l’obbligo di riferire a quest’ultima dell’avvenuta consumazione di un reato, in realtà mai avvenuto.
La condotta può essere realizzata attraverso querela, istanza, denuncia, esposto ecc. La seconda ipotesi
invece è nota come simulazione di reato reale o indiretta realizzata mediante la creazione di false tracce di
reato. Si pensi ad esempio a tizio che mette trace ematiche all’interno di un edificio per lasciare l’idea che li
vi è stato un reato di sangue. Ne risponderà di simulazione di reato. E’ importante che il reato simulato non
sia attribuibile a qualcuno ne in via diretta che indiretta. Se così fosse, troverà applicazione il più grave
delitto di calunnia. La differenza fra calunnia e simulazione di reato sta nel fatto che, mentre con la calunnia
si accusa di un reato una persona che il calunniatore sa essere innocente, con la simulazione di reato
l’accusa è rivolta contro ignoti. La calunnia differisce dalla simulazione di reato perché implica l’indicazione
della persona incolpata.
10. Gli elementi essenziali del delitto di calunnia: il dolo di calunnia e relativi esempi.
Il reato di calunnia trova la propria disciplina nell'articolo 368 del codice penale e si configura qualora un
soggetto, per mezzo di denuncia, querela, richiesta o istanza incolpi di un reato una persona di cui conosce
l'innocenza o simuli a carico di quest'ultima le tracce di un reato. Occorre precisare che la calunnia deve
ritenersi configurabile sia quando il reato è stato effettivamente commesso da altri e l'accusatore ne sia
consapevole, sia quando il reato è solo il frutto della fantasia di quest’ultimo. Se tizio non agisce con il dolo
diretto di calunnia, indicando con certezza caio come autore del furto. Il suo coefficiente psicologico è
quello dolo eventuale, ma se tizio denuncia caio accettando il rischio che si potesse trattare di una persona
differente, in questo caso tizio non può essere punito per calunnia per mancanza del dolo diretto, come
anche se tizio dovesse vedere una sagoma simile a caio che sta perpetrando un furto e denuncia il fatto
all’autorità. Anche se tizio non è certo che sia effettivamente caio il colpevole ne fa il nome di quest’ultimo.
Il reato di calunnia deve considerarsi un reato plurioffensivo, in quanto l'oggetto della tutela apprestata
dall'articolo 368 c.p. dovrebbe essere ravvisato anche nella libertà dell'innocente incolpato e nel suo onore.
L'elemento soggettivo richiesto per la configurabilità della calunnia è il dolo generico. Devono esserci, la
coscienza e la volontà di incolpare un innocente. La pena edittale prevista dal codice penale per il reato di
calunnia è quella della reclusione compresa tra un minimo di due anni e un massimo di sei anni. L'articolo
368 c.p., tuttavia contempla anche delle ipotesi aggravate in cui la pena è aumentata. In particolare, si
tratta innanzitutto del caso in cui l'accusatore incolpi taluno di un reato per il quale la legge stabilisce la
pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni o un'altra pena più grave. Il reato di calunnia è un
reato procedibile d’ufficio.
21
Lezione 078
04. La struttura dei delitti di autocalunnia e falso giuramento.
Il reato di autocalunnia è il reato previsto è punito dall'articolo 369 codice penale chiunque, mediante
dichiarazione anche se fatta con scritto anonimo o sotto falso nome, ovvero mediante confessione innanzi
all'autorità giudiziaria, incolpa se stesso di un reato che egli sa non avvenuto, o di un reato commesso da
altri, è punito con la reclusione da uno a tre anni”. E’ la volontà di autoincolparsi per la commissione di un
reato mai consumato ovvero consumato da altri; trattasi, quindi, di dolo generico. Il falso giuramento è
punito dall’art 371 cp, la norma punisce, chiunque giura il falso dinanzi all’autorità giudiziaria. Si è dinanzi
ad un reato proprio di chi è chiamato dinanzi all’autorità giudiziaria a giurare. Solo costui infatti può
compiere il reato in esame. La norma può trovare applicazione solo in ipotesi di giudizi civili, quando il
giudice ha disposto il giuramento di taluna delle parte. Dolo richiesto è generico e consiste nella coscienza e
volontà di prestare il giuramento con la consapevolezza della sua falsità.
• la condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici.
Il legislatore prevede una causa di non punibilità, consistente nella ritrattazione del falso giuramento e ciò
se sussistono due condizioni:
• a) si deve trattare di giuramento deferito ex ufficio (e dunque non da una delle parti);
• b) non sia stata ancora pronunciata sentenza di merito, anche se non.
Ancora passatain giudicato.
Lezione 080
04. Falsa testimonianza e false informazioni al pubblico ministero: struttura delle fattispecie e
diversità trai due reati.
La falsa testimonianza ai sensi dell’art 372 cp è il reato commesso da chi, deponendo come testimone
innanzi all'autorità giudiziaria o alla corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace,
in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato. E’ punito con la reclusione da due a sei
anni”. Si tratta di un delitto contro l'amministrazione della giustizia posto a tutela del corretto
funzionamento dell'attività giudiziaria, che intende assicurare, in particolare, la veridicità e la completezza
della prova testimoniale quale mezzo idoneo a fondare il convincimento del giudice. Il reato di false
informazioni al pubblico ministero viene identificato dall'articolo 371 bis del codice penale. In esso si
specifica che tale reato si verifica nel momento in cui una persona dichiara il falso durante un procedimento
penale, davanti alla richiesta del pubblico ministero (In Italia) o del procuratore della corte penale
internazionale di fornire informazioni e dichiarazioni necessarie al proseguimento e allo sviluppo delle
indagini. Oltre alle dichiarazioni false, viene compreso in questo reato anche il tacere, in maniera parziale o
totale, ciò che si sa a proposito dei fatti per i quali viene richiesto l'intervento. La falsa testimonianza, si
tratta di una fattispecie criminosa diversa, dalle false informazioni al Pubblico Ministero. Infatti, nel caso di
falsa testimonianza, il momento consumativo rappresenta la fase del giudizio con le sue regole, mentre nel
caso di false informazioni al pubblico ministero non si è ancora arrivati alla fase del dibattimento, e quindi il
valore più importante che deve essere salvaguardato è costituito dalla tutela della legalità delle indagini e
della loro corretta esecuzione. I due reati sono diversi perché possono verificarsi unicamente in fasi diverse
di un procedimento penale, ma anche perché possono dare vita a conseguenze diverse. Le condotte che
hanno a che fare con la falsa testimonianza sono in grado di complicare gli accertamenti a proposito della
responsabilità penale del soggetto imputato; quelle che hanno a che fare con le false informazioni al
pubblico ministero, invece, riguardando in modo particolare le indagini sono in grado di influenzare
soprattutto l'esito delle verifiche delle indagini stesse. Non si tratta ancora di decidere se una persona è
colpevole o meno, ma solo se la persona deve essere sottoposta a processo.
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05. Il delitto di falsa testimonianza: struttura, dolo e concorso di persone nel reato.
La falsa testimonianza è il reato commesso da chi, deponendo come testimone innanzi all'autorità
giudiziaria o alla corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte,
ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato. Si tratta di un delitto contro l'amministrazione della
giustizia posto a tutela del corretto funzionamento dell'attività giudiziaria. Le forme con le quali la falsa
testimonianza può manifestarsi sono tre: affermazione del falso, negazione del vero, reticenza il delitto in
esame si può realizzare sia mediante condotte commissive che omissive. Nel primo caso il testimone narra
fatti non veri o né tace alcuni. Nel secondo invece quando il testimone non risponde, violando dunque
l’obbligo gravante su di lui. Le condotte sono equivalenti e dunque è sufficiente la realizzazione di una sola
di esse ai fini della configurazione della fattispecie. Il reato è punito a titolo di dolo e consiste nella
coscienza e volontà di negare il vero, affermare il falso, nascondere in tutto o in parte ciò che si sa ecc. Si
applica la causa di non punibilità di cui all’articolo 384 c.p., il reato può assumere anche forma concorsuale,
quando sono coinvolti più persone. Può assumere la qualità di concorrente anche il difensore nelle ipotesi
in cui induce taluno a fornire notizie false all’autorità giudiziaria. Il reato è unico quando la stessa falsa
testimonianza viene reiterata più volte nella stessa fase del processo, anche se rilasciata a giudici diversi
(es. nei casi di mutamento dei collegi). Integra, invece, una pluralità di reati la falsa testimonianza realizzata
dinanzi a più giudici in fasi diverse del giudizio (es. in primo grado e poi in secondo).
Lezione 083
08. La ritrattazione.
L’art 376 c.p. prevede l’applicabilità della ritrattazione ai reati di false infor. al p.m., false dichiarazioni al
difensore, false testimonianze, false perizie o interpretazione favoreggiamento. Il colpevole non chè
punibile, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio o reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso
o manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattito. La norma ha la funzione di esimere da pene per uno
dei reati indicati se il soggetto ritratta il falso e manifesta il vero. Essa inoltre comporta: - l’eliminazione di
un ostacolo costituito dalla prova falsa senza ulteriori attività processuali; - favorisce l’accertamento della
realtà dei fatti. La previsione è tassativa e dunque non può applicarsi oltre ai casi descritti, pena la
violazione del principio di tassatività in materia penale di cui all’art. 14 preleggi.ai fini della ritrattazione
occorre che il soggetto attivo abbia compiuto uno dei reati indicati; la ritrattazione deve essere cosciente e
volontaria; il teste deve smentire in modo chiaro la precedente deposizione ed affermare il vero su ciò che
sa. La ritrattazione e efficace solo se interviene nell’ambito dello stesso procedimento in cui si è verificata la
falsità.
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Lezione 085
06. Favoreggiamento personale: struttura della norma e casi esemplificativi
Il delitto di fav. Personale è previsto dall’art 378 cp. L’art in esame presenta due figure autonome di reato:
1) fav. Personale in relazione ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo o della reclusione;
2) fav. In occasione di reati di natura contranvenzionale. Viene riconosciuta dalla giurisprudenza la
punibilità a titolo di fav. Personale del mendacio alla polizia giudiziaria.
La norma tutela le attività di investigazione e ricerca dei colpevoli di reato. In particolare la norma mira ad
evitare comportamenti volti ad eludere le investigazioni e a favorire che le persone che hanno commesso
dei fatti penalmente rilevanti possano sfuggire alla giustizia penale. Il reato per cui si svolgono le
investigazioni e si chiede la collaborazione dei cittadini deve essere effettivamente compiuto e non solo
ipotizzato. Si tratta di un reato di pericolo, con la conseguenza che ai fini della sua integrazione non occorre
che le investigazioni da parte dell’autorità giudiziaria siano state effettivamente forviate. Per alcuni il
favoreggiamento si configura se il reato presupposto è stato realizzato in tutti i suoi elementi, per altri
invece è sufficiente che si tratti di un favoreggiamento di un fatto tipico a prescindere dall’esistenza o meno
di cause di giustificazione o dell’elemento psicologico. Per la giurisprudenza il reto di favoreggiamento è
escluso solo se il reato presupposto è escluso in virtù di cause obiettive ma non anche subiettive o da
condizioni procedibilità.
Lezione 086
04. Il delitto di favoreggiamento personale: struttura del reato e casi esemplificativi
Il delitto di favoreggiamento personale art 378 cp, punisce chiunque aiuti taluno ad eludere le
investigazione delle autorità. Trattasi di un reato di pericolo con la conseguenza che ai fini della sua
interpretazione non occorre che le investigazioni da parte dell’autorità giudiziaria siano state
effettivamente fuorviate. Trattasi di un reato comune che può essere commesso da chiunque; lo stesso
pero non può essere perpetrato dal reo, dall’indagato o dal concorrente nel reato. Secondo il principio di
inesigibilità non è punito l’autofavoreggiamento, non è punito neanche l’autofavoreggiamento mediato,
quando per favorire se stessi ed eludere le indagini si favoriscono soggetti terzi. Le cause di estinzione del
reato presupposto non fanno venir meno la responsabilità per il delitto di favoreggiamento se intervenuta
dopo la condotta favoreggiatrice, si invece se intervenuta prima. Il reato è punito a titolo di dolo generico; il
soggetto deve avere la coscienza e la volontà di portare aiuto ad una persona nei confronti della quale si
stiano svolgendo delle investigazioni o ricerche in quanto ha commesso un reato.
Lezione 088
05. Patricinio infedele e altre infedeltà del patrocinatore: struttura e diversità tra le due
fattispecie.
L’art 382 cp descrive un’ipotesi speciale di millantato credito corruttivo previsto dall’art 346 cp , che
punisce chi riceve, fa dare o promette per se o ad altri denaro o altra utilità col pretesto di dover comprare
il favore ovvero di pagare un pubblico ufficiale. Il soggetto attivo del delitto di cui all’art 382cp è il
patrocinatore e si tratto di un reato proprio di quest’ultimo. Per la configurazione del reato è necessario
che la millanteria sia orientata a comprare il favore di un giudice, un pm, che deve concludere un perito, un
testimone, un interprete. L’art 381 cp punisce il patrocinatore o il consulente tecnico che in un
procedimento dinanzi all’autorità giudiziaria, presta contemporaneamente, anche per interposta persona, il
suo patrocinio o la sua consulenza a favore di parti contrarie e qualora il fatto non costituisca più grave
reato. La norma configura due distinti reati: il patrocinio contemporaneo di parti contrarie e il patrocinio
successivo di parti avversarie. Si tratta di ipotesi di patrocinio infedele e punito autonomamente rispetto
all’art 380 cp. Al contrario di quest’ultimo non occorre che ciò abbia prodotto anche un danno ma si
punisce la mera condotta. Presupposto per l’applicazione è la realizzazione di un procedimento incorso
dinnanzi all’autorità giudiziaria. L’attività di patrocinio o consulente deve avvenire nell’ambito del
medesimo procedimento anche se viene estesa l’applicazione nei procedimenti connessi, ove si possono
identificare interessi contrapposti.
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Lezione 089
05. Ricostruisca il candidato le fondamenta dogmatico giuridiche della disciplina di cui
all'articolo 384 c.p.
L’art 384 cp rappresenta una delle norme più importanti in materia di delitti contro la p.a. e allo stesso
tempo uno degli istituti più dibattuti da parte della dottrina nell’ambito della teoria generale del reato. Il
comma 1 rappresenta una causa di non punibilità. Sotto il profilo dogmatico la stessa costituisce una causa
d’esigibilità, meglio conosciuta come scusante. Il reato compiuto dai soggetti è consumato, tuttavia il
legislatore ritiene di non punire l’autore del reato perché riconosce il valore preminente e insopprimibile
dell’onore, della libertà, della famiglia. Quindi l’istituto di tutela della famiglia è cosi preminente che scusa
la condotta delittuosa posta in essere, per questo motivo la norma si annovera nell’ambito delle scusanti.
Quindi l’art 384 comma 1 cp rappresenta una causa di esclusione della colpevolezza basata sulla rilevanza
che da il legislatore alla situazione in cui versa l’agente, che rende inescusabile un comportamento
conforme alla norma anche se il fatto di per se costituisce reato. Per quanto concerne l’ambito di
applicazione dell’articolo sopra citato (384 comma 1 cp) abbiamo una elencazione tassativa e quindi non
suscettibile di estensione analogica, pena la violazione del principio di tassatività e del divieto di analogia in
materia penale. Inoltre la norma pone un limite di misura soggettiva, cioè essa trova applicazione quando il
reato è stato commesso a vantaggio proprio o di un prossimo congiunto.
Lezione 091
02. Evasione propria e impropria: struttura delle fattispecie e casi esemplificativi.
Ai sensi dell’art 385 comma 1 cp è punito chiunque essendo legittimamente arrestato o detenuto per un
reato, evade con riferimento al 1° comma (nota come evasione propria) ai fini dell’applicazione della
norma, presupposto che il soggetto sia sottoposto ad un vincolo di restrizione individuato nell’arresto o
nella detenzione. Si tratta dunque di un reato proprio; occorre poiché il soggetto sia fisicamente sottoposto
in uno stato di restrizione e sorveglianza. Il reato si consuma nel momento in cui il soggetto si sottrae
completamente alla sfera di sorveglianza del soggetto pubblico. Si tratta di un reato istantaneo anche se la
giurisprudenza lo qualifica come reato istantaneo ad effetti permanenti che cessano solo con il ripristino in
vinculis dell’evaso. Il comma 2 prevede due circostanze aggravanti; la prima quando l’evaso usa minacce o
violenze non solo verso le guardie carcerarie ma anche verso soggetti terzi, l’altra aggravante e quella delle
più persone riunite e dell’uso delle armi. L’evasione impropria art 385 comma 3 prevede una ipotesi
particolare di evasione ossia quella dell’allontanamento dalla propria abitazione o da altro luogo di
restrizione personale designato dall’autorità giudiziaria. Anche tale evasione è un reato istantaneo ad
effetti permanenti i quali cessano con il rientro del reo nel luogo di detenzione domiciliare. Si è discusso per
l’applicazione dell’attenuante di cui al comma 4 inerente a questo tipo di reato. All’inizio fu esclusa, oggi si
ritiene che essa sia ammissibile se l’evaso si costituisce spontaneamente e si presenta all’autorità
giudiziaria che ha l’obbligo di condurlo in carcere.
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04 evasione: struttura delle singole fattispecie e diversità tra le stesse.
L’art 386 cp comma 1 punisce chiunque procura o agevola l’evasione di una persona legalmente arrestata o
detenuta per un reato. Il comma 2 prevede un aggravante speciale se il fatto è commesso in favore di un
condannato all’ergastolo. Si tratta di un reato comune a forma libera, presupposto del reato è che ci sia
un’evasione, se questa non avviene si potrà configurare il reato di tentativo. Il comma 1 dell’art 386
descrive due modalità di condotta:
1) La prima è la procurata evasione. Il reato deve assumere un ruolo determinante nella preparazione
immediata dell’esecuzione ossia ad esempio un agente di Polizia penitenziaria da le chiavi al
detenuto per uscire e gli indica il percorso da seguire, organizza con altri il suo prelievo fuori dal
carcere ecc.
2) L’altra condotta tipica è quella dell’agevolazione. Si ha quando si rende più facile la fuga,
assicurando i supporti necessari per la realizzazione.
Essa può essere commissiva (l’Agente di Polizia penitenziari dà le chiavi al detenuto), o omissiva (l’Agente
addetto di sentinella vede tizio scavalcare le mura del carcere ma non dà l’allarme agevolando la fuga). La
fattispecie è punita a titolo di dolo generico, per la cui configurazione è sufficiente la coscienza e la volontà
di agevolare o determinare l’evasione di un soggetto arrestato o detenuto. Dalla lettura della norma si
rilevano anche aggravanti di natura oggettiva e soggettiva.
Lezione 092
05. Mancata esecuzione dei provvedimenti del giudice: struttura e contenuti delle singole
fattispecie previste dall'articolo 388 c.p.
L’ art 388 cp prevede 5 diverse ipotesi delittuose. Tutte sono orientate a difendere il medesimo bene
giuridico ossia la tutela delle decisioni giudiziarie. Il comma 1 punisce coloro che sebbene destinatari di un
provvedimento emesso da un giudice civile, non lo adempiono. Si tratta di un reato proprio nel senso che
può essere commesso solo dai soggetti che sono destinatari del provvedimento e non da altri. Il comma
2 un’ipotesi di mancata esecuzione dei provvedimenti giudiziari. Vengono infatti punite le condotte di
elusione dei provvedimenti anche dei giudici contabili o amministrativi in materia proprietà, crediti e
possesso. La norma inoltre punisce l’elusione dei provvedimenti giurisdizionali d’affidamento di minori o
soggetti incapaci. La norma prevede dunque due fattispecie. Il comma 3 tutela i provvedimenti
giurisprudenziali in materia di esecuzione e vengono puniti coloro che sottraggono, distruggono,
disperdono o deteriorano, cose o oggetti di pignoramento ovvero di sequestro giudiziario o conservativo. Il
comma 4 nella sua prima parte prevede un’ipotesi aggravata della stessa enunciata pocanzi, quando essa
sia stata affidata alla custodia del proprietario. La seconda parte prevede una specifica ed assestante
ipotesi delittuosa, in particolare si punisce la condotta del custode non proprietario che agisce per favorire
quest’ultimo. Il comma 5 delinea una condotta prima prevista dall’art 328 cp. Trattasi dell’ipotesi di rifiuto
o ritardo degli atti d’ufficio, da parte del custode in occasione di un sequestro. Il reato rappresenta
un’ipotesi speciale dell’art 328 cp.
Lezione 095
01. L'inosservanza di pene accessorie: struttura e contenuti della fattispecie.
Ai sensi dell’art 389 del cp è punito chiunque avendo riportato una condanna da cui consegue una pena
accessoria, trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti a tale pena. Il comma 2 afferma che è punito nello
stesso modo chi trasgredisce agli obblighi o divieti inerenti ad una pena accessoria provvisoriamente
applicata. Si tratta di un reato proprio che può essere commesso solo da chi è stato condannato con
sentenza definitiva ad una pena accessoria. La norma mira a tutelare l’adempimento di tutte le pene
accessorie comminate in seguito ad un processo penale definito in via definitiva, ovvero le pene accessorie
inflitte in via cautelare ed in via provvisoria. Eventualmente l’intraneus può concorrere con un extraneus il
quale può aiutare il primo ad eludere la pena. (es. la pena accessoria che viene applicata automaticamente
nei casi di condanna ai delitti di bancarotta fraudolenta ossia quella del divieto di ricoprire incarichi
dirigenziali nelle persone giuridiche per 10 anni. Il condannato è obbligato a dimettersi immediatamente
dai suoi incarichi. Se pero per eluderlo nomina in sua vece un suo parente continuando di fatto a svolgere le
sue funzioni, vi sarà ipotesi di concorso di persona nel delitto di cui all’art 389cp.
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Lezione 096
01. Procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive: struttura e contenuti della
fattispecie.
Ai sensi dell’art. 391 cp chiunque procura o agevola l’evasione di una persona sottoposta a misure di
sicurezza detentiva, ovvero nasconde l’evaso o lo favorisce nel sottrarsi alle ricerche delle autorità è punito
con la reclusione. Si applicano le disposizioni del terzo capo dell’art 386 cp se l’evasione avviene per colpa
di chi per ragioni del suo ufficio ha la custodia anche temporanea della persona sottoposta a misure di
sicurezza è punito con la multa, si applica la disposizione del capoverso dell’art 387 cp. La norma prevede
due distinte ipotesi criminose. Una dolosa e una colposa dirette ad agevolare o procurare l’evasione di
persone sottoposte a misure di sicurezza detentiva. Si tratta di un reato comune che può essere realizzato
da chiunque pone in essere la condotta materiale descritta dall’art descritto. Con riferimento all’ipotesi
dolosa occorre che l’agente abbia la coscienza e la volontà di realizzare la condotta tipica, nella
consapevolezza delle condizioni del soggetto che aiuta o agevola l’evasione. Con riferimento all’ipotesi
colposa la condotta è identica ma sul versante dell’elemento psicologico la stessa è connotata da
negligenza o imprudenza; l’agente non sa per colpa della condizione di evaso.
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