LA TOMBA DI LEONE X
Posta su un basamento di marmo la tomba di Leone X
riproduce un arco di trionfo romano. Al centro, al di sotto
dell’arco maggiore, la statua di Leone X in trono. A sinistra
e a destra, al di sotto dei due archi minori San Pietro e San
Paolo.
I BASSORILIEVI?
Tre bassorilievi ornano poi la fascia superiore del
monumento funebre: l’Incontro tra Leone X e Francesco I
avvenuto nel 1515 e che disciplinò i rapporti tra Stato
Francese e Chiesa; il Battesimo di Gesù e il Miracolo di San
Giuliano, probabilmente in riferimento a Giuliano de’ Medici
padre di Clemente VII = baccio bandinelli
ARTISTI COINVOLTI
Baccio Bandinelli: realizza le due opere (sia Leone X che
Clemente VIII) l’artefice dei due monumenti funebri.
Afferma infatti “..Intanto, essendo tornato Baccio Bandinelli
da Roma, dove aveva finito le sepolture di Leone e
Clemente,..”. In effetti un contratto del 1536 affida la
realizzazione delle due tombe al Bandinelli individuando
quanto andasse realizzato. L’attività del cantiere vide poi il
coinvolgimento di diversi artisti fiorentini legati alla cerchia
dei Medici. Infatti, la statua di Leone X fu realizzata da
Raffaello da Montelupo (Firenze 1504 – Orvieto 1566) che
nei suoi anni romani collaborò strettamente con
Michelangelo Buonarroti. Viceversa, sono dovute a Baccio
Bandinelli le statue dei Santi Pietro e Paolo e i tre
bassorilievi dell’Incontro tra Leone X e Francesco I,
del Battesimo di Gesù e del Miracolo di San Giuliano.
I monumenti funebri dei due papi furono completati entro il
1541 ed a quel punto le spoglie di Leone X furono trasferite
in Santa Maria sopra Minerva.
Monumento a Pio V = domenico fontana
Approfondimento su fontana:
https://marcostucchi.com/articoli/cantieridomenicofontana/i
ndex.html = guarda cappella sistina in Santa Maria
maggiore
Nella stessa cappella troviamo anche il monumento a Sisto
V (cappella sistema a Santa Maria maggiore)
In santa Maria sopra minerva
del Monumento al cardinale Michele
BonelliAessandrino
-la prudenza di Maderno (1604)=
moderno come dice vasari nelle sue
vite, era uno degli scultori più
conosciuti a roma e anche attorno
in quel periodo.
Pagina della vita di Stefano materno
fatta da vasari
Nella cappella Paolina (Santa Maria
maggiore) : è suo il rilievo della
storia della battaglia come anche
alcuni puntini nel fregio intorno a
festoni di marmo.
-prende come ispirazione la storia di
papa libero e di Patrizio senatore
romano
-nella stessa basilica sopra la porta
della sagrestia ci sono due puttini di
marmo
-nella basilica di san giovanni in
laterono ai lati della croce che
attraversa la basilica in testa c’è un
angelo in marmo.
-nella chiesa di santa cecilia in
Trastevere ha fabbricato la santa in
marmo che sta sotto l’altar maggiore
coricata nell’atto appunto in cui fu
trovata, assai devota.
-suo è anche il San Pietro nel palazzo
pontificio di monte cavallo
-il san Carlo di marmo in san Lorenzo
in Damaso posto sopra l’altare
-madonna di Loreto e i due angeli=
anche essi suoi
-due angeli di marmo nella cappella
aldrobandini
-nella facciata fuori nella cappella di
Paolina in Santa Maria maggiore :
scultura del santo Efrem , discepolo
dell’apostolo paolo
-due statue di marmo della pace e
della giustizia, nell’altra maggior
della chiesa di santa pace (dove c’è
la madonna) sopra il frontespizio,
lavorò quei due marmi per il signor
Gasparo Riualdi (Gaspare Rinaldi,
che aveva in affido le cappelle di
roma) gli diede come incarico anche
la gabella di Ripetta, però non ci
lavorò alla fine, morì a roma a
sessant’anni.
Altre statue:
Stefano Maderno, Giacobbe e
l’Angelo, ante 1631, Roma, Galleria
Doria Pamphilj (già collezione
Gaspare Rivaldi)
-Stefano Maderno, Ercole e il leone
nemeo, Venezia, Ca’ d’Oro
Stefano Maderno, Laocoonte,
-
Venezia, Ca’ d’Oro= copia
-Stefano Maderno, L’esercito
pontificio soccorre l’imperatore
Rodolfo durante la spedizione
d’Ungheria contro i turchi, 1613-
1615, part. del Monumento a Paolo
V, Roma, Santa Maria Maggiore,
cappella paolina
BARTOLOMEO BRECCIOLI (di Urbino):
allievo di Carlo Maderno e di
Domenico Fontana
-lavora a Urbino e Pesaro (nel porto)
+ Mole di Fano + va a roma palazzo
degli eccellentissimi Gaetani al Corso
= ordine di Martino Lunghi realizza la
statua di un giovane sulla scala
-chiesa di sant’Ignazio di Loyola
-restuara il palazzo degli Amadori
(arco di portogallo)
-ornamento di alcune parti del
palazzo dei signori Nari (casa Pia)
-aggiunta al palazzo di Mario Matthei
il canto che guarda l’olmo
-edificio di abitazione delle monache
sotto l’istituto dell’ordine riformato
carmelitano
-dopo la morte di Carlo Maderno
Nicolas Cordier (italianizzato Nicolò
Cordieri) detto il franciosino
l’attività di Nicolas Cordier (1567-1612) nei primi dodici
anni del Seicento: diventa il primo scultore dell'Urbe in
quanto all'importanza dei cantieri (cappella
Aldobrandini e Paolina) e all'autorità dei committenti
(cardinale Baronio, Clemente VIII) e sviluppa un
rapporto singolare a Michelangelo, non dottrinale,
personalizzato, parziale, ma adatto alle attese ufficiali,
ben diverso da quello emulativo e promozionale di
Bernini dopo di lui= il suo michelangiolesco viene detto
anticortigiano. Questo periodo mostra invece una
vitalità notevole, dovuta in parte al nuovo ruolo
affidato ai marmi come segno di prestigio sociale e
allo sviluppo della pratica del restauro e della copia.
In quanto agli spartiacque cronologici, la morte di
Buonarroti non provoca nessuna cesura, poiché
dopo la conclusione della tomba di Giulio II (1545),
l’artista si consacrò in primo luogo all’architettura
ed eseguì disegni per se stesso o per terzi,
praticando la scultura soltanto marginalmente e a
titolo privato. Non volendo identificare le personalità
guida a Roma, e neppure il modo in
cui Michelangelo venne recepito dai vari artisti, mi
concentrerò sul caso, notevole
per brevità, intensità e originalità, di Nicolas Cordier
(Saint-Mihiel, 1567 -
Roma, 1612), scultore lorenese attivo nelle più
importanti commissioni ufficiali romane del primo
decennio del Seicento. Qualche commento
preliminare si può tuttavia spendere. A dominare la
scena nel terzo quarto del Cinquecento è
probabilmente Guglielmo Della Porta (Porlezza,
1510 ca. - Roma, 1577), la cui brillante carriera fu
lanciata proprio da Michelangelo negli anni
Quaranta. Della Porta mantenne un ruolo
predominante, come dimostrano l’elevato stato
sociale (un palazzo a Via Giulia), la capacità
produttiva della bottega (scriverà nel 1560 di
eseguire più opere di
qualsiasi atelier romano, una iattanza in parte
motivata), nonché le numerose prestazioni offerte,
dal restauro alla copia, dalla produzione
monumentale a quella minuta per oreficeria, dal
rilievo alla statuaria, impiegando per ciò il marmo, il
bronzo, il gesso o la cera = altro esempio
dell’eredità che lasciò michelangelo
-francese venne a roma da piccolo
-Nicolas Cordier, Paolo V, 1612-1613;
Rimini, piazza Cavour
-statua di san Gregorio magno,
inizialmente iniziato da michelangelo
e dopodiché seguito da lui e
completato (ora nella cappella di
santa barbara) (1602-1603) nella
chiesa di san Gregorio magno al
celio (roma) la figura del
papa(iconografia) viene ripresa da
-in comparazione con le statue della
vita attiva e vita contemplativa di
michelangelo (tomba di giulio II)
abbiamo la statua di Cordier della
santa silvia nell’oratorio di santa
silvia nella chiesa di san Gregorio al
celio 1602-1604, l’affresco sopra di
lei è dio padre e gli angeli in gloria
(con inserimenti musicali) attribuito
a Guido Reni 1608-1609 e a
Badalocchio Sisto
LA CAPPELLA ALDOBRANDINI (Santa
Maria sopra minerva)
Quando il cardinale Ippolito
Aldobrandini divenne papa con il
nome di Clemente VIII la cappella
venne rifatta da Giacomo della Porta
anche se i lavori furono terminati da
Carlo Maderno. Sull’altare della
cappella troviamo la tela della
Istituzione dell’Eucarestia di Federico
Fiori (1607) a destra viene affiancata
dalla figura di San Pietro (di Camillo
Mariani realizzata tra il 1600-1604) e
sotto troviamo il busto di un
esponente della famiglia
aldobrandini fatto da Ippolito Buzi
sempre in quegli anni, mentre
nell’altro lato troviamo San Paolo e
il busto di Silvestro Aldobrandini
fatto da Camillo Mariani
In quella cappella troviamo:
-il monumento funebre di Silvestro
aldobrandini (padre del pontefice)
realizzato da Nicolas Cordier ma
disegnato da Giacomo della Porta,
affiancato dalle due statue Carità di
Valsoldino e Prudenza di Ippolito
Buzio)1603-1608, Roma, Santa Maria
sopra Minerva, cappella Aldobrandini
e il Monumento a Lesa Deti
Aldobrandini (madre del pontefice),
1603-1608, Roma, Santa Maria sopra
Minerva, cappella Aldobrandini
realizzato da Cordier affiancata dalle
figure della carità e della religione
(realizzate da Camillo Mariani)
La statua di san Sebastiano (1603-
1608) invece è stata realizzata da
Cordier e si trova nella nicchia di
fondo mentre nella nicchia di destra
c’è Clemente VIII che è stato fatto da
Ippolito Buzzi (1600-1604)
Chiesa di Sant’Agnese sulla via
Nomentana, la statua (1605) della
santa Agnese, Statua poggiante su base
circolare in porfido; manto scolpito in alabastro
orientale; testa, mani e gambe in bronzo dorato.
su ordine di Leone XI nel 1605. La particolarità di questa statua è
che è una riutilizzazione più aggiunte di una statua classica (il
tronco) L'artista francese aggiunse gli arti inferiori, le mani, la testa
e l'agnello (la palma è stata aggiunta in epoca posteriore) ad un
tronco di statua classica in alabastro orientale agatizzato, replica
antica di una delle due figure femminili di Ercolano, ora al Museo di
Dresda. L'intervento del Cordier è condotto con gusto e raffinatezza,
secondo lo stile dello scultore lorenese, e ben si accorda alla
bellezza del tronco antico. Nel 1855, il cardinale Antonelli fece
ripulire la statua e dorare le parti bronzee; inoltre fece porre sul
capo della santa una corona d'oro con preziosi (Frutaz A. P., "Il
complesso monumentale di Sant'Agnese, 1976, p. 75)
Nicolas Cordier, Moro, Versailles,
Castello (già collezione Borghese)
Sullo stesso versante..
Nicolas Cordier, Zingarella, Roma,
Galleria Borghese
combinando un corpo antico, probabilmente raffigurante Diana
(probabilmente realizzata tra 1607-1612), un montaggio
moderno di un antico torso in marmo grigio e delle integrazioni
in marmo bianco e in bronzo del Cordier.
La giovane Zingarella sorride mentre predice il
futuro, leggendo le linee della mano con il dito
teso in avanti. Il volto è incorniciato da riccioli, che
fuoriescono da un elegante copricapo bordato
d’oro elegato sotto il mento. Il braccio sinistro è
completamente nascosto dal mantello, decorato
nella parte superiore con i simboli borghesiani
dell’aquila e del drago.
La scultura è stata eseguita a partire dal manto in
marmo grigio antico, di provenienza archeologica,
cui lo scultore Nicolas Cordier ha aggiunto la testa,
la mano destra e i piedi in bronzo e una veste in
marmo bianco. L’artista francese era
particolarmente abile nella rilavorazione di marmi
antichi, che integrava con materiali diversi dando
vita a raffinateopere polimateriche. Cordier ha
applicato tale tecnica anche nella realizzazione di
sculture di soggetto sacro, come la Sant'Agnese
per l’omonima basilica romana, la cui somiglianza
con la nostra statua è stata fondamentale per
attribuirgli la Zingarella, per la quale in passato è
stato proposto anche il nome del marchigiano
Tiburzio Vergelli.
L’esecuzione della scultura è da collocarsi
presumibilmente tra il 1607 e il 1612, periodo in
cui lo scultore fu attivo per il cardinale Scipione
Borghese.
ISPIRATO AI DIPINTI DELL’EPOCA
Nicolas Cordier, Zingarella,
Versailles, Castello (già collezione
Borghese) la citazione è a Caravaggio la Buona Ventura (1593-
1595) = il corpo è di una statua antica, ma le parti assemblate sono state
fatte da cordiera nel 1610-1611, le parti antiche si notano nelle zone
erose del marmo in particolare nelle parti basse, in cui ci sono zone
brune/scure danneggiate dal tempo.
Nicolas Cordier?, Morte di Seneca,
Parigi, Louvre (già collezione
Borghese) riprende Peter Paul Rubens,
Morte di Seneca
Francesco Mochi 1580-1654
(aretino)
Il gruppo
dell’annunciazione di Mochi
destinato al duomo di
Orvieto
L'Annunciazione è un gruppo scultoreo in marmo realizzato
tra il 1603 ed il 1608 da Francesco Mochi, destinato al Duomo
di Orvieto. L'importanza di quest'opera è duplice: da un lato si
tratta di una rara rappresentazione dell'Annunciazione in chiave
scultorea (specie con statue a tutto tondo); dall'altro queste due
statue sono considerate la prima espressione del Barocco nella
scultura. Attualmente sono conservate al Museo dell'Opera del
[1]
Duomo di Orvieto.
-opera realizzata per conto della famiglia Farnese, in
particolare del duca Mario Farnese, suo committente e
protettore. L'opera era destinata alla parte sinistra del
presbiterio della cattedrale di Santa Maria Assunta. I termini del
contratto per la sua realizzazione sono noti grazie a quattro
lettere, datate tra il 4 marzo e il 5 aprile 1603. Il 15 aprile Mochi
si recò personalmente a Carrara per scegliere i blocchi di
marmo da cui ricavare le due sculture, sebbene avesse
ricevuto l'incarico soltanto per l'Angelo annunciante;
ciononostante, non appena il materiale giunse ad Orvieto - il 27
agosto - cominciò a lavorare su entrambe.
-Innovativo nell'approccio estetico, lo scultore decise di
allontanarsi dalla rappresentazione tradizionale della scena
evangelica, si allontana dallo schema classico
dell’annunciazione come per esempio è stato nell’opera del
Maitani bassorilievo visibile nella facciata del duomo di Orvieto
-particolarità: L'Angelo fu il primo ad essere portato a termine,
tra il 1603 ed il 1605, in virtù della volontà del duca di valutare
l'abilità del giovane Mochi; il 30 luglio 1605 l'opera era ultimata
e lo scultore fu ricompensato per un totale di 600 scudi, divisi in
mensilità da 15 scudi l'una. La statua fu collocata nel coro della
cattedrale, mentre Mochi avrebbe preferito posizionarla sulla
balaustra. Bozzetti della Vergine erano riprodotti quasi in
maniera parallela all'Angelo, prevalentemente tra il 1605 e il
1608. L'opera tuttavia gli fu commissionata formalmente
soltanto nel gennaio 1608, per un pagamento di 525 scudi: la
somma minore è giustificata dal fatto che, all'epoca, questo
secondo soggetto si ritenne meno difficile da scolpire rispetto al
primo. Il gruppo, dopo essere stato collocato al di fuori della
cattedrale per più di due secoli, fu riposizionato vicino all'altare
nel 1856, per volere di Papa Pio IX, che ne volle anche il
restauro nel 1880; per sedici anni fu questa la sua collocazione,
finché non venne trasferito a Palazzo Soliano nel 1896
L'angelo, la cui geometria traccia una diagonale che discende
da destra a sinistra, è avvolto nel tessuto in un spirale vorticosa
esteticamente e tecnicamente degna di nota. In passato, la
figura teneva nella mano destra un giglio, poi staccatosi (così
come la punta del suo dito indice). L'espressività della scultura
è particolarmente marcata, sia nel movimento generale sia nel
viso dell'arcangelo, dove si mescolano dolcezza e un ghigno
quasi deforme, sardonico. La Vergine Annunciata è colta
dallo stupore e si irrigidisce, alzatasi bruscamente dalla sedia,
a sua volta trattenuta con una mano dal cadere, mentre con
l'altra Maria si copre con un mantello.
La differenza nelle dimensioni delle due opere implica
necessariamente una peculiare disposizione nello spazio, che
privilegia in altezza l'angelo in volo e lo sfalsa leggermente, in
modo da restituire prospettiva, scala di grandezza e
proporzioni. Questo effetto aggiunge un valore cinetico e
teatrale rilevante al gruppo, che comunque resta costituito di
due elementi differenti. L'opposizione tra le due sculture è
profonda, con l'Angelo caratterizzato da complessità tecnica e
movimento aereo, ispirato secondo taluni al Mercurio volante
del Giambologna, e dall'altro lato una Vergine compatta, dalle
forme generose e segnata da una sottile caratterizzazione
psicologica, che ricorda le antiche statue spartane.
-maria è spaventata, la sua reazione ricorda lo spavento del
san matteo e l’angelo di Caravaggio(1602) , denotando quindi
un certo realismo e cambiando lo schema dell’annunciazione
classico
STATUE EQUESTRI DI PIACENZA
Padre e figlio = RANUCCIO E IL PADRE ALESSANDRO FARNESE
-particolare dei putti reggistemma che si trovano alla base
-particolare con i bassorilievi = rappresentazione di Alessandro Farnese
che riceve gli ambasciatori della regina Elisabetta I di inghilterra nella
pianura tra Ostenda e Newport
-bassorilievo con una battaglia
l ponte fatto costruire da
-bassorilievo con paesaggio marino:
Alessandro Farnese sulla Schelda nelle Fiandre
LA SANTA VERONICA
RITRATTO EQUESTRE DI CARLO BARBERINI
PIETRO BERNINI
MADONNA COL BAMBINO E SAN GIOVANNINO(1606 CA), museo di san
martino a Napoli
La scultura era presente fino ai primi decenni del XIX secolo
nel cortile interno del Quarto del Priore, in una nicchia
progettata da Nicola Tagliacozzi Canale. Successivamente la
sua collocazione stabile fu in un'edicola sacra del cortile interno
alla certosa, di fronte all'ingresso della chiesa. Alla fine
dell'Ottocento, la scultura fu spostata negli ambienti museali e
nel 1947 trovò collocazione nella sala dov'è tutt'oggi esposta
In comparazione con l’incoronazione della vergine di Giuseppe Cesari =
per lo sguardo in basso della madonna, come anche il panneggio e i putti
sbilanciati verso il basso che ricordano il bambino gesù
-in quegli anni venne proposto Pietro, al pontefice grazie al Cavalier
Giuseppe Cesari (lo stesso che aveva fatto l’opera dell’incoronazione), per
il pontefice realizzò un’opera a roma nella cappella paolina a Santa Maria
maggiore a Napoli in cui fece un’assunta con gli apostoli, scultura di
marmo
-nella stessa chiesa realizza 4 figure di marmo che reggono una cornice e
nel mezzo la statua del papa con l’incoronazione
-lassunta di bernini ricorda Rubens
-allegoria della virtù vittoriosa sul vizio
-monumento funebre a papa clemente VIII aldobrandini
-particolare delle cariatidi fatte da Pietro Bernini poste ai lati del rilievo
fatto da lui con l’incoronazione del papa
Puzzi Ippolito papa Clemente VIII aldobrandini sancisce la pace tra Enrico
IV di Francia e Filippo II di Spagna
Statue che originariamente stavano a Villa Borghese realizzate per
Scipione Borghese
-primavera nei panni di Flora (MET)
-autunno nei panni di Priapo (MET)
Pietro e Gian Lorenzo Bernini, Satiro molestato da putti, New
York, Metropolitan Museum = ispirazione da parte della
sant’Elena di Rubens per i putti che si arrampicano sul satiro
(nella sant’Elena figura al lato) + disegno del Bernini
‘per la scala di detto appartamento
vi è una statua di un bacco di marmo
con diversi putti, che tengono diversi
rampazzi d’uva in mano’ Inventario
dei beni degli eredi di
Gian Lorenzo Bernini, 1706
-elementi principali per la sua ricerca
stilistica è che comincia con uno
studio del classico ma la sua
capacità innovativa risulta fin da
subito evidente ma sin dal primo
momento comunque s’innesta con il
padre, ma con esso ci sono varie
cose che non tornano in particolare
per la collaborazione, ad un certo
momento prevarica Gianlorenzo e
soprattutto anche per il fatto che
molti contratti erano stipulati dal
padre che riceveva i pagamenti
quando alcune volte era lui ad
eseguire il lavoro. Gli stessi
contemporanei creano una grande
confusione perché appunto
assegnavano le opere dell’uno
all’altro per sentito dire o per
giudizio personale
Slide:
-busto di antonio coppola 1612-1613
-busto di Giovanni battista santoni
(santa prassede 1610)
In comparazione con un’altra opera
(non la riconosco)
4 stagioni della villa aldobrandini:
Estate: a piedi ha un leone ed è
stilisticamente la più vicina a Pietro
-flora (primavera) con il segno del
toro: coronata di fiori e appoggiata a
un cespuglio fitto di rose
e priapo(autunno con il scorpione
alla base) = intervento di
gianlorenzo evidente alla fine
nonostante gli aspetti stilistici si
rifacciano molto di più a pietro,
sostiene un fardello orgoglioso con
uva e pomi
-inverno con acquario, si sporge per
scaladarsi al fuoco ed è tutto coperto
(è mostrato nella slide) = qui
emerge ancora una forte impronta
del padre c’è un appoggio all’antico
ma anche l’elemento bizzarro, la
natura morta dei cespugli accostata
alla vitalità di alcune parti del
modellato
-Fauno molestato da cupidi(gruppo
bacchico) al MET= opera di
collaborazione tra padre e figlio
(1616-1617)
-Pietro e Gian Lorenzo Bernini, Putto
con dragone, Los Angeles, J.Paul
Getty Museum
1 dicembre 1617‘scudi venti...pagati
a Maestro Pietro Bernino scultore per
prezzo di una statuetta di marmo
bianco di un putto sopra un drago
marino’ in comparazione ai putti che
si trovano sopra al satiro nell’opera
già citata
In questo periodo
-San Lorenzo sulla graticola
(collezione contini bonacossi a
Firenze) 1617
-Gian Lorenzo Bernini, San
Sebastiano, Madrid Museo Thyssen‘
A di 29 dicembre (1617) scudi
cinquanta moneta buona al sudetto
(Pietro Bernini)pagati al medesimo
per prezzo di una statua di marmo
bianco di un San Bastiano’ Archivio
Barberini, destinata probabilmente alla cappellina
privata di San Sebastiano attigua a quella dei Barberini nella
basilica di Sant'Andrea della Valle di Roma, sul luogo dove,
secondo l'agiografia, il corpo del santo fu ritrovato dentro la
Cloaca Maxima. L'opera rappresenta uno dei momenti di svolta
nella formazione dello scultore, verso un indirizzo autonomo del
suo stile rispetto a quello del padre.
-dettagli dell’opera:
La forma del corpo si abbandona in maniera piuttosto languida
al peso e all'agonia e mostra una certa somiglianza con le
immagini del Cristo in "Pietà" di derivazione michelangiolesca,
come nella Pietà Bandini, che diverranno nella seconda metà
del XVI secolo e nel successivo modelli abituali anche per la
pittura. Bernini era stato incaricato dal committente Vincenzo
Giustiniani di terminare una statua non finita di Michelangelo, e
negli anni della sua formazione oltre alla pittura contemporanea
e alla scultura ellenistica, l'arte di Michelangelo fu per lui una
fonte di ispirazione.
Il dramma del martirio del santo è attenuato dalla morbidezza
del modellato, che ricorda anche la pittura correggesca e quella
più recente di Rubens, da pochi anni comparsa a Roma, nel
modo attenuato con cui la luce si posa sulla superficie
esaltando anche l'anatomia, dona a quest'opera una qualità
chiaroscurale notevole. Per la prima volta una scultura di
Bernini privilegia la visione da un lato preciso, il destro, dal
quale si può osservare pienamente l'andamento cadente del
corpo del martire. Nel corso di tutta la sua carriera Bernini sia
nelle opere scultoree che architettoniche curerà con molta
precisione la qualità ottica delle sue creazioni che mostrano
sempre un punto di vista privilegiato.
Pietro e Gian Lorenzo Bernini, Due Putti, Roma, Sant’Andrea
della Valle, cappella Barberini ‘ (1618-1619)
Et a questo fine essendo da me già stato fatto li modelli di terra
di detti quattro putti, nudi con alcuni svolazzi di panni, di qui è
che io Pietro Bernini sudetto prometto di fare et fornire di mia
mano et di mano di Gio. Lorenzo mio figliolo per tutto giugno
1619 li detti quattro putti’ = come già detto i contratti venivano
stipulati e pagati al padre ma spesso le opere venivano
realizzate direttamente dal figlio
Roma 7 febbraio 1618, Pietro Bernini
Da denotare on questo è la somiglianza dei angeli che si
trovano nell’opera di Rubens (madonna della Vallicella) e i due
putti di Bernini a Sant’andrea della valle, troviamo la stessa
impostazione
PUTTO MORSO DA UN PESCE
ENEA E ANCHISE 1618-1619, galleria borghese = apre la serie
delle importanti sculture, l’artista segue la falsariga paterna
dell’intreccio dei gesti, non tanto opera manierista perché
manca di contrapposto e di esibizioni virtuosistiche, più formale
e narrativo, abbastanza descrittivo perchè si nota il passo
pesante di enea che deve trasportare il corpo di Anchise e dei
Penati che ha sulle spalle, l’eroe si mostra quasi impacciato si
mostra più preoccupato al tenersi vicino al figlioletto Ascanio
carico del mucchio di sacri arredi e del fuoco. In ogni caso ogni
gesto è funzionale ed è preciso, la schiena di Anchise secondo il
Wittkower si adatta molto bene al significato di stilizzazione ma
allo stesso tempo precisione. I personaggi trasmettono una
enorme verità umana, è come se ognuna avesse il suo compito
ovvero quello di mostrare i valori diversi con atteggiamenti
diversi che sono di stupore, tristezza e attenzione. Ci sono
moltissimi accorgimenti contenutistici e naturalistici ed è un
vero e proprio racconto poetico, il piccolo Ascanio è posteriore
al putto morso dal pesce, e ricorda quelli che sono gli amorini
già visti in Sant’Andrea della valle
“Fu questa la prima opera grande, ch’egli facesse, nella quale
quantunque alquanto della maniera di Pietro suo padre si
riconosca, non lasciò però di vedersi, per le belle avvertenze
che egli ebbe in condurla, un certo avvicinarsi al tenero e al
vero”. Baldinucci 1682
la composizione tra l’altro ricorda la madonna col bambino e il
san giovannino del padre Pietro (napoli) allo stesso tempo c’è
un collegamento con quello che poi sarà il ratto di Proserpina
(galleria borghese) = da collegarla al ratto delle sabine di
Giambologna per l’impostazione ad aspirale verso l’alto come
anche il rapimento in pittura di Deianira di Guido Reni e il ratto
delle sabine di Peter Paul Rubens
IL RATTO DI PROSERPINA (1621-1622) commissionata dal
cardinale Scipione borghese, parte della collezione
ludovisi,1622, lo stato acquista l’opera nel 1908 Il
pagamento di 300 scudi,registrato nel mese di
giugno di quell’anno, si riferisce infatti a un
acconto per “una statua di Plutone che rapisce
Proserpina et una testa con busto di Papa Paolo V
felice memoria che scolpisce in marmo per uso
nostro”.
L’opera venne completata poco più di un anno
dopo, dal momento che nel mese di settembre del
1622 poteva dirsi terminato il piedistallo in marmo
bianco, oggi perduto, ma che le fonti ci
documentano ornato da un distico di Maffeo
Barberini: Quisquis humi pronus flores legis,
inspice saevi/ me Ditis ad Domum rapi (O tu che
chino al suolo cogli fiori, guarda me che vengo
rapita nel regno del crudele Dite). La scelta dello
scarpellino, l’intagliatore di marmi cortonese
Agostino Radi, e, soprattutto, quella di
accompagnare la descrizione del mito
rappresentato dall’opera scultorea con i versi
scritti dallo stesso Maffeo Barberini avrebbero
caratterizzato anche l’Apollo e Dafne, l’altro
grande gruppo scultoreo eseguito da Bernini per il
cardinale Borghese di lì a pochi anni.
La stretta successione dei pagamenti indica che
nello stesso mese di settembre 1622 il gruppo
venne prelevato dallo studio di Bernini, situato
nella zona di Santa Maria Maggiore, e che entro il
seguente mese di ottobre l’opera, assicurata da
una complessa armatura lignea appositamente
progettata dal fidatissimo architetto Giovanni
Battista Soria, fu trasportata alla Villa Ludovisi
sotto la sua personale direzione.
Resta un margine di dubbio riguardo alla
determinazione dell’esatto importo versato a
Bernini per la realizzazione del Ratto di Proserpina
e del reale inizio della sua lavorazione, sia per
l’impossibilità di accertare il preciso momento di
acquisto del blocco di marmo sia perché il
pagamento finale dell’opera, effettuato solo
nell’anno 1624, è di fatto un saldo cumulativo
relativo alla completata esecuzione, oltre che del
gruppo in esame, anche dell’Enea e Anchise e del
David.
Il mutato e non favorevole contesto politico
seguito all’elezione di Gregorio XV Ludovisi,
assurto al soglio pontificio il 9 febbraio 1621, è
verosimilmente all’origine della tempestiva scelta
di Scipione Borghese di fare dono dello
straordinario capolavoro berniniano a Ludovico
Ludovisi, nuovo cardinal nepote e appassionato
collezionista.
il rapimento di Proserpina per mano di Plutone, dio
degli Inferi. Il mito, presente sia in Claudiano sia in
Ovidio, narra del rapimento della fanciulla sulle
rive del lago di Pergusa, nelle vicinanze di Enna. La
madre Cerere, dea delle messi, folle di dolore,
ridusse alla siccità la terra, costringendo Giove a
intercedere presso Plutone per consentire alla
giovane di tornare da lei per sei mesi l’anno.
Bernini rappresenta il momento culminante
dell’azione: il dio fiero e insensibile sta trascinando
Proserpina nell’Ade, i muscoli sono tesi nello sforzo
di sostenere il corpo che si sta divincolando, tanto
che le mani di Plutone affondano nella sua carne.
L’impianto della scultura è spinto fino ai limiti della
stabilità dalle due figure che si ritraggono l’una
dall’altra pur rimanendo frontali rispetto allo
spettatore. L’avvitamento della fanciulla richiama
il virtuosismo di gusto manierista, ma la potenza
della plastica, la tensione dei muscoli, la tenerezza
sensuale delle carni, l’intensità del sentimento
esprimono un nuovo linguaggio espressivo,
fondato su un naturalismo evidente nella
straordinaria resa materica delle superfici.
Attraverso lo studio costante della statuaria
classica e il recupero degli strumenti antichi
Bernini traduce nel marmo la poetica del racconto
mitologico, confrontandosi con le potenzialità della
stessa pittura.
-altre caratteristiche: Nella rappresentazione della
tradizionale iconografia del racconto mitologico
narrato da Claudiano (De raptu Proserpine) e
Ovidio (Metamorfosi, V, 385-424), Bernini attinge
agli elementi del virtuosismo di epoca manierista,
rapidamente superati da una sapienza tecnica
fatta propria attraverso lo studio costante della
statuaria classica e il recupero degli strumenti
antichi. Se il complesso impianto della struttura e
l’avvitamento della figura di Proserpina che si
ritrae con violenza traggono ispirazione da
precedenti esempi cinquecenteschi, la forza
plastica dei muscoli di Plutone che si oppone alla
torsione della fanciulla, la morbidezza delle carni e
il sentimento di dolorosa intensità non trovano
confronto nella statuaria contemporanea. Il nuovo
linguaggio espressivo guarda all’antico, di cui la
stessa collezione del cardinale Scipione poteva
offrire modelli straordinari, come il celebre
Gladiatore, riecheggiato nella postura possente e
dinamica delle gambe di Plutone. Ma Bernini
guarda anche a modelli contemporanei di
fondamentale importanza, come la decorazione
della volta della Galleria di Palazzo Farnese,
portata a termine da Annibale Carracci nel 1601,
dove il potente naturalismo rappresenta la sintesi
tra la suggestione dell’arte classica e lo studio
assiduo delle opere di Raffaello.
L’ideazione e l’assoluta padronanza della tecnica
con cui Bernini sfida i limiti fisici del marmo
conducono a un nuovo linguaggio espressivo,
mediante il quale il racconto del mito ci appare in
tutta la sua verosimiglianza e l’imitazione della
natura è raggiunta attraverso la straordinaria resa
materica delle diverse superfici in un confronto
diretto con le potenzialità della stessa pittura.
Demolita la Villa Ludovisi, in seguito alla
lottizzazione di fine Ottocento, il Ratto di
Proserpina fu trasferito nel nuovo palazzo
Boncompagni Ludovisi, poi residenza della regina
Margherita. Nel 1908 l’opera, acquistata dallo
Stato, venne spostata nella Galleria Borghese e
collocata al centro della Sala degli Imperatori. Il
basamento attuale, che sostituisce quello
originale, venne realizzato nel 1911 dallo scultore
Pietro Fortunati.
L’anima beata e l’anima dannata (palazzo di Spagna)= qui si
nota l’interesse fisionomico di Bernini, due espressioni
ugualmente forti ma in senso del tutto opposto
-la prima è la rappresentazione della beatitudine, la fanciulla
rivolge gli occhi al cielo esprime una infinita bellezza e
innocenza mentre l’anima dannata è urlante, riprende la
mimica della medusa caravakggesca ed è forse l’autoritratto
dello scultore = gli elementi che spiccano sono comunque il
senso vitale e il senso drammatico e in particolare questo
interesse che lui aveva per la ricerca fisionomica e il suo studio,
una sua curiosità, che porterà le sue opere ad avere un livello
superiore in questo, sempre più eccentrico fino ad arrivare al
teatrale, scenico.
LA CONCEZIONE SEICENTESCA DELLO SPAZIO: lo spazio in
bernini emergono in modo trasversale e ha un certo limite nelle
opere giovanili, acquista un valore diverso quasi di illusione che
sconfina poi nell’illusione
Il David o il gladiatore borghese
(perchè riprende quella che è la
figura realizzata da agasio di Efeso di
un lottatore) ora al louvre, carattere
di tipo ellenistico che si equilibra con
il corpo colto in uno scarto violento
con effetto di torsione e che riprende
quella che era la tradizione
donatellesca, di Leonardo e di
michelangelo, l’energia si sprigiona
con la sua stessa torsione. Viene
rappresentato nel momento di
massima tensione , quando sta
lanciando il sasso a Golia rivelando
così anche il suo sforzo fisico
nell’espressione sul volto, è u
autoritratto di bernini in cui la
forzatura è presa dal vero.
Inoltre sempre riguardo al discorso
dello spazio, c’è un’invasione di esso
che va a creare un’illusione
amplificando lo stupore scenico della
scultura, invadendo lo spazio dello
spettatore lo coinvolge= studio di
equilibri difficili, l’artista utilizzerà
anche testi che aveva scritto galileo,
che utilizzerà anche in realizzazioni
più ardite (fatte più avanti nel tempo
-la torsione che è poi la causa
scatenante della sua presa dello
spazio così invadente e nuova, viene
ripresa anche da Annibale carracci
nella torsione di Polifemo nel ciclo di
Polifemo che attacca Acis e Galatea
Gian Lorenzo Bernini, Nettuno e tritone per la peschiera di
Villa Neuroni, Londra, Victoria and Albert Museum (122-1623)
Il gruppo scultoreo fu originariamente commissionato dal
cardinale Alessandro Damasceni Peretti nel 1620, e scolpito
dal marzo del 1622 al febbraio dell'anno successivo; fu
adoperato come fontana per decorare la peschiera (anche nota
come Peschierone) progettata da Domenico Fontana tra il
1579 e il 1581, già presente all'interno dei giardini della villa
Montalto Peretti, sul Viminale.
-Nel 1786 fu acquistato da Thomas Jenkins, dal quale fu a sua
volta acquisito dal pittore Joshua Reynolds, lo stesso anno.
-altro tema ovidiano delle metamorfosi: l soggetto pare far
riferimento a Nettuno e Tritone intenti ad assistere le navi
troiane, così come riportato da Virgilio, Ovidio o entrambi (oltre
a fonti aggiuntive). Nettuno ordina a Tritone di soffiare nella sua
conchiglia per calmare le onde; nell'Eneide, Nettuno placa le
acque ed in seguito la nereide Cimotoe e Tritone spostano le
navi di Enea, aiutati anche da Nettuno con il tuo tridente. Ma
nessuno dei due episodi è fedelmente rappresentato nella
scultore: si può ipotizzare, quindi, che Bernini abbia deciso di
fonderlo ed integrarli con altre fonti.
Iconografia: La composizione del Nettuno e Tritone vede il
primo troneggiare - in piedi, a cavalcioni - sul secondo; Tritone
è steso in una posa quasi accovacciata. Le due figure si ergono
su di un mezzo guscio, che per l'occasione funge da
zoccolo.Nettuno punta il tridente verso il mare, mentre Tritone
soffia nella conchiglia, originariamente concepita per far
sgorgare da essa l'acqua, in virtù dell'utilizzo della scultura
come fontana. Importante il fatto che fu la prima opera in cui la
sagoma è spezzata e di pieno raggiungimento di libertà
barocca secondo Wittkower anche se riconosce il fatto che a
bernini in quest’opera manca di dinamismo e del movimento
travolgente che anima e contraddistingue il david o Plutone e
Dafne nei suoi lavori successivi.
Nettuno è rappresentato come un uomo "maturo barbuto", dalla
muscolatura pronunciata: elementi, questi, che rimandano ad
un'autorevolezza mascolina. La divinità torce il busto, mentre
sta per spingere il tridente verso l'acqua; ad eccezione di un
mantello, si presenta nuda. La "barba e i capelli arruffati"
evidenziano il tumulto di questa scena + drappeggio di Nettuno,
che pare rassomigliare alla testa di un delfino. Questo dettaglio
sarebbe un omaggio alle Metamorfosi ovidiane, sia in
riferimento a un brano in cui è presente Nettuno con dei delfini
(ma non con Tritone), sia al tema della trasformazione,
trasversale nell'intero poema. Rosemary Barrow lo ha invece
ricondotto alla spensieratezza del tocco artistico, "evocativa
dello spirito del Rococò ellenistico".
Tritone, figlio di Nettuno, si trova tra le gambe del padre,
mentre si protrae in avanti per soffiare all'interno della
conchiglia. È notevolmente più giovane, probabilmente un
ragazzo, ma la sua muscolatura è già ben definita. Nel soffiare,
annuncia che il re della terra e degli oceani si sta avvicinando.
Tritone afferra la gamba di Nettuno e infila la spalla sinistra tra
le sue cosce.
-ll naturalismo delle figure suggerisce l'intenzione dell'artista di
suscitare un'immediata risposta emotiva nello spettatore. Lo
sguardo accigliato di Nettuno trasmette un senso di forza
feroce. La sua posa è fiera, scolpita nella pietra, e consolida il
suo potere divino. Al contrario, Tritone si presenta come
sottomesso, mentre si aggrappa alla coscia del padre. Il suo
volto è carico di tensione, come se sapesse di dover obbedire
qualunque cosa Nettuno gli ordini di fare. La sua natura timida
e la presenza dominante di Nettuno mostrano la realtà delle
emozioni umane e riconduce all'idea del Bernini di conferire
vita ai miti.
APOLLO E DAFNE 1622-1625
(galleria borghese)
-riferimento per la fuga: Atalanta e
ippomene di Guido Reni
-impressionanti i dettagli della figura
di di Dafne che si sta trasformando
in un albero (nel pieno della
trasformazione e quindi come per il
David esattamente nell’atomo più
vivo e intenso di emozioni)
mollia cingitur tenui precordi libro..= da Ovidio (passo delle metamorfosi)
il morbido petto è circondato da una sottile corteccia
-la nuova sensualità del secolo
-Apollo e Dafne fu commissionata dal cardinale Scipione
Caffarelli-Borghese allo scultore Gian Lorenzo Bernini,
all'epoca poco più che ventenne. L'esecuzione fu iniziata
nell'agosto del 1622, ma fu interrotta nell'estate del 1623. A
giugno morì infatti il cardinale Alessandro Peretti, committente
originale del David, e la commissione fu rilevata dallo stesso
[1]
cardinale Borghese. Bernini si dedicò quindi alla conclusione di
quell'opera.
Terminato il David nel 1624, Bernini poté riprendere il lavoro
nell'aprile dello stesso anno, avvalendosi della collaborazione
di uno dei componenti della sua bottega, lo scultore carrarese
Giuliano Finelli, che intervenne nelle parti più delicate
dell'opera, eseguendo il fogliame e le radici
-come già avvenne per il Ratto di Proserpina, scultura
berniniana del 1622, alla base dell'Apollo e Dafne venne
apposto un cartiglio dove è riportato un distico moraleggiante di
Maffeo Barberini: attribuendo un significato morale cristiano a
un soggetto pagano (come quello, per l'appunto, di Apollo e
Dafne) si poteva ben giustificare la presenza del gruppo
scultoreo a villa Borghese. Riportiamo il distico di seguito:
nella base: Chiunque insegue il
piacere di una forma fugace, resta
con un pugno di foglie in mano, o al
massimo coglie delle bacche amare.
Maffeo Barberini = il rimprovero da parte del papa, come a
ricordare
-DESCRIZIONE DELL’AZIONE/ATTO CATTURATO DA BERNINI:
La scena rappresenta un tentativo di avvicinamento, ed è
spettacolare e terribile al tempo stesso. Apollo è colto
nell'istante in cui sta terminando la sua corsa, resa con un
dinamismo sino ad allora sconosciuto alla tradizione scultorea;
nel marmo, infatti, il dio è appena riuscito a raggiungere Dafne,
e la sfiora leggermente con la mano sinistra, forse con l'intento
di ghermirla. Apollo, il cui corpo è trattato mettendo
anatomicamente in evidenza i muscoli e i tendini tesi per lo
sforzo, incede poggiando tutto il peso sul piede destro,
saldamente ancorato al suolo, mentre la gamba sinistra è
sollevata in alto. Il mantello gli sta scivolando via ed è gonfiato
dal vento alle sue spalle; i capelli, organizzati in chiome
ondulate e come annodate, sono mossi all'indietro per via
dell'impeto della corsa e il suo sguardo presenta una vitalità
erompente, suggerita dallo spessore delle palpebre, dall'iride
incavato e dalla pupilla in rilievo (che, in questo modo, è l'unica
ad essere colpita dalla luce).
La ninfa Dafne, per sottrarsi al rapporto forzato, ostenta la sua
nudità contro il suo volere, e lotta per la sua verginità: per
sfuggire alla violenza di Apollo, infatti, la ninfa frena
all'improvviso e inarca il busto verso avanti, così da
controbilanciare la spinta del dio e proseguire la fuga. La parte
inferiore del busto di Dafne, tuttavia, non risponde più alla sua
volontà. La metamorfosi, infatti, è appena iniziata: il piede
sinistro ha già perso ogni aspetto umano, divenendo radice, e
altrettanto sta avvenendo al destro, che la sventurata ninfa
tenta invano di sollevare ma che è invece ancorato al suolo da
alcune appendici cilindriche che crescono dalle unghie e che
formeranno in seguito l'apparato radicale della pianta di alloro.
Per il medesimo processo, la corteccia sta progressivamente
avvolgendo il suo leggiadro corpo, mentre le sue mani, rivolte
al cielo con i palmi aperti, stanno già diventando ramoscelli
d'alloro. Il volto di Dafne, caratterizzato dalle labbra semiaperte,
rivela emozioni contrastanti: terrore, per esser stata appena
raggiunta da Apollo, ma anche sollievo, perché è consapevole
della metamorfosi appena iniziata e che, pertanto, il padre
Peneo è riuscito a esaudire il suo desiderio. Lo sguardo di
Apollo, invece, manifesta una dolente, stupefatta delusione
-il fattore pathos: enfatizzato non solo dal
dinamismo sia fisico che psicologico di Apollo e Dafne, ma
anche dall'alternanza di pieni e vuoti, dai giochi di luce e di
ombra, e dall'attenzione alla resa delle superfici diversamente
trattate, così da poter imitare nella stessa materia marmorea la
scabrosità della corteccia, la consistenza rocciosa del terreno,
la morbidezza del volto di Dafne e l'aspra freschezza del
fogliame. Notevole anche il perfetto equilibrio delle parti
dell'opera, che si estendono nello spazio senza compromettere
l'equilibrio, secondo un gioco di avvicinamenti e distacchi. È
così che l'opera, impostata sui due archi descritti da Apollo e
Dafne, dà all'osservatore una sensazione di armonia, dovuta
anche al confronto che Bernini effettuò con la statuaria
ellenistica, soprattutto con l'Apollo del Belvedere.
la capra Amaltea (galleria borghese,
Roma)= si nota qui appunto la sua
prima ispirazione al classico e allo
stile ellenistico, importante il fattore
di mimesi (quindi della vicinanza al
naturalismo): n episodio dell'infanzia di Giove
quando, salvato dalla minaccia del padre Saturno, fu allevato
dalle Ninfe presso il monte Ida col miele e col latte della capra
Amaltea.
Secondo alcune fonti l'artista, assistito dal padre, cominciò ad
eseguire le prime sculture già verso i dieci anni di età e questa,
per alcune incertezze come il modo grossolano di
rappresentare i capelli, sembra un'opera di una mano incerta
ma che già mostra le doti che lo renderanno celebre. Per lo
stile che imita la vivacità e il naturalismo dell'arte ellenistica, la
scultura fu anche ritenuta un originale antico ed è considerata
da molti la prima opera in assoluto di Bernini, databile entro il
1615.
Il marmo è trattato in maniera diversa nelle varie zone per
rendere sia la sensazione tattile della superficie dei corpi, come
il pelo della capra e la pelle morbida dei bambini, ma anche per
avere una diversa luminosità, una resa addirittura cromatica,
per esempio il latte bianchissimo che sta bevendo il satiretto.
Questa ricerca di effetti espressivi e realistici e di imitazione
della materia e delle sue varianti sono indicativi di come l'artista
fin da giovane volesse cimentarsi sul tema della Mimesi, ovvero
dell'imitazione della natura, con l'intento addirittura di superarla
come avverrà nelle opere successive e di trovare grazie al
virtuosismo dell'esecuzione la via per superare i limiti materici
della scultura.
un'allegoria dei quattro sensi evocati da gesti e azioni: la vista
con il gioco di sguardi, il tatto con la mungitura del piccolo
Giove, il gusto con il satiretto che beve dalla conchiglia e infine
l'udito con il suono che pare di sentire nel belato della capra e
dalla campanella che porta sul collo.
RITRATTISTICA
BUSTO DI PAPA PAOLO V prima versione (1619-1620)
pontefice Paolo V Borghese indossa il manto
papale, un tipo di piviale di prerogativa pontificia,
ricamato con le immagini degli apostoli Pietro e
Paolo e chiuso da un prezioso fermaglio sul petto,
sopra il ricco camice, o alba, orlato di pizzo e
l’amitto attorno al collo. L’abito formale, insieme
all’espressione severa, ne fanno un ritratto
dall’impostazione ufficiale, nonostante le ridotte
dimensioni. Il piccolo busto è stato a lungo
considerato un’opera giovanile di Gian Lorenzo
Bernini, eseguita tra il 1617 e il 1618 su
commissione di Scipione Borghese, nipote del
papa. Successivamente, in seguito alla rilettura di
alcuni documenti di pagamento, è stato proposto
di spostarne l’esecuzione poco più avanti,
immediatamente dopo la morte del pontefice, tra il
1622 e il 1623, ma la questione rimane tuttora
discussa.
Grazie alla diversificata lavorazione del marmo ad
opera dello scultore, l’osservatore riceve dal busto
sensazioni tattili, come se con la mano potesse
accarezzare la pelle e le stoffe degli abiti di
Camillo Borghese, riuscendo a coglierne
pienamente l’espressività del volto.
Il modello di riferimento per quest’opera di Bernini
è stato identificato in un ritratto del pontefice
eseguito da Nicolas Cordier e conservato oggi in
collezione privata.
CAMILLA BARBADORI (1627)Realizzata nel 1619, raffigura l'allora
già defunta madre di Maffeo Barberini. Camilla, infatti, era
deceduta nel 1609. Barberini sarebbe divenuto papa con il
nome di Urbano VIII nel 1623
Ciò che risalta in quest'opera è il gioco del chiaroscuro, in
particolare è evidente nel contrasto tra il viso liscio e luminoso
della donna e le ombre che il mantello crea all'altezza del collo,
così come negli occhi che, visti da lontano, appaiono pieni di
vita. Questo perché Bernini ha scavato dei solchi piuttosto
profondi attorno alle pupille, creando un'ombra profonda alla
quale lo spettatore può dare la propria interpretazione.
BUSTO DI PEDO DE FOIX MONTOYA
“Assai cardinali e altri prelati vi si portarono apposta per vedere
sì bell’opera, tra questi uno ve ne fu che disse: “questo è il
Montoia petrificato” Né ebbe egli appena proferite queste
parole, che quivi sopraggiunse lo stesso Montoia. Il cardinal
Maffeo Barberino, che pure anch’esso era con quei cardinali, si
portò ad incontrarlo, e toccandolo disse: “Questo è il ritratto di
monsignor Montoia – e voltosi alla statua: e questo è monsignor
Montoia”
BUSTO DEL CARDINALE ALESSANDRO PEDRETTI
BUSTO DI FRANCESCO BARBERINI
conservata nella National Gallery of Art di Washington D.C..
L'opera è stata realizzata nel 1623 ed è stata commissionata
da Papa Urbano VIII, nipote di Francesco Barberini,
protonotario apostolico.
IL FAUNO BARBERINI (1623)
BUSTO DI MARIA DUGLIOLI BARBERINI (1627), realizzato da un
collaboratore inizialmente molto stretto di Bernini che poi
venne rimpiazzato da Bolgi, ovvero Giuliano Finelli
-Le tecniche di scultura progredite permettevano nel
XVII° secolo una maggiore lavorabilità dei marmi al
punto da poter ottenere sfoglie sottili, forature
finissime, elaborazioni al pari dei ricami sulle stoffe dei
cortigiani.
-si è pensato per lungo tempo che il progetto fosse di
Gian Lorenzo Bernini, di cui il Finelli era allievo e che
addirittura fosse frutto di una collaborazione in cui il
maestro posò la mano se non nel busto, nel viso della
giovane ritratta. Tutto questo è dovuto anche al fatto
che in principio, si pensava che il Bernini fosse l’autore
dell’altro busto celebrativo della giovane Maria
Barberini Duglioli, molto simile tranne che per i ricami,
conservato nella Certosa di Bologna.
-Teorie più azzardate arrivano a sostenere che il Finelli
avesse collaborato con il Bernini in altre sue opere più
famose e che il maestro avesse richiesta la sua
maniacale opera di cesello perfino nei capelli e nei
rametti che spuntano dalle dita della ninfa nell’opera
“Apollo E Dafne” del 1625.
-Il busto è quindi un monumento funebre alla giovane,
commissionato dai ricchi coniugi Barberini originari di
Barberino Val D’Elsa di cui si vede bellissima l’effige:
una gigantesca ape scolpita magnificamente sul petto
come fosse la decorazione in rilievo di una spilla. L’ape
era stata presa ad effige in sostituzione dell’originario
simbolo: il tafano. Il casato Tafani infatti mutò il nome
in quello del paese, appunto “Barberini”, dopo aver
acquistato grande agiatezza
-Finelli si esalta nello scolpire i dettagli più minuscoli,
ma soprattutto, riesce a distaccare le decorazioni dal
corpo marmoreo principale, a descrivere collane dai
chicchi rotondi che sembrano toccare appena la pelle, a
coronare le vesti con bottoni in marmo che
completamente decorati, sfidano le leggi della fisica
tanto sono minuscoli e tondamente in rilievo.
-bellissimi i capelli della giovane, descritti uno ad uno
fin dall’attaccatura sulla fronte, come lo è la trina a
coronamento del petto e come lo sono gli orecchini, ma
il colletto così aggraziato, così ricco, così imponente
non ha paragoni nella difficoltà del dosare, con una
sensibilità inarrivabile, i colpi di scalpello.
GIULIANO FINELLI
Ritratto di Michelangelo Buonarroti il giovane = spettacolare
(1629/1630)
Michelangelo il giovane fu ospite a Roma (1629-1630) di
Carlo Barberini, fratello di Urbano VIII, dove ebbe modo di
apprezzare l’abilità ritrattistica di Giuliano Finelli. Nel corso
di quel soggiorno Michelangelo il giovane verosimilmente
commissionò questo suo ritratto, che fu eseguito a Roma,
dal vivo. Qui Finelli rivaleggia apertamente con i massimi
risultati della ritrattistica berniniana.
BUSTO DI URBANO VIII (1632-1633)
Osservando quest’opera è immediatamente percepibile la
straordinaria capacità di Gian Lorenzo Bernini nel tirar fuori
dalla materia inerte un respiro vitale. Un risultato ottenuto
attraverso piccoli dettagli apparentemente secondari: le
labbra che sembrano sul punto di dischiudersi, la barba
non rasata sulle guance, un bottone della mozzetta non
del tutto allacciato, le iridi degli occhi incise con la punta
del trapano. Dettagli che fermano nella pietra il momento
fugace del presente, colgono l’attimo, infondono al
ritratto grande immediatezza e individualità psicologica.
Tutti questi elementi testimoniano l’eccezionale maestria
tecnica con cui Bernini riusciva a ottenere dal marmo
effetti particolari, non per virtuosismo fine a sé stesso, ma
per conferire al ritratto una naturalezza tale da far sembrare
all’osservatore di trovarsi realmente al cospetto del papa. Come
osservava il letterato Lelio Guidiccioni nel 1633, basta il
movimento sapientemente accennato della testa e della
spalla per darci l’impressione di trovarci in ginocchio di
fronte a un “ritratto parlante” del pontefice, che con un
benevolo gesto di benedizione ci fa cenno di alzarci= il
ritratto PARLANTE (definizione del Wittkower)
BUSTO DEL CARDINALE SCIPIONE BORGHESE (versione di
giuliano tinelli 1632 e quella di bernini che è questa, realizzata
nello stesso anno 1632 )
-la versione di Bernini il speaking likeness di wittkower si ritrova
anche qui: figlio di Francesco Caffarelli, nobile ma
spiantato, e Ortensia Borghese, sorella del pontefice
Paolo V. Braccio destro dello zio papa, insaziabile
collezionista, non fu un intellettuale, ma un uomo di
grande curiosità, dotato di occhio e gusto impeccabile
per l’arte e di interessi che spaziavano dalla musica alla
botanica alla politica.
Gian Lorenzo Bernini lavorò lunghi anni per lui e questa
frequentazione portò a una profonda conoscenza fra i
due. Tutto quello che Bernini sapeva del carattere del
Cardinale è magistralmente condensato nel busto che
lo ritrae.
Bernini è stato un ritrattista fenomenale. Le sue prime
prove risalgono all’adolescenza, quando era allievo di
suo padre Pietro. Nei ritratti Bernini non si accontenta
mai di rappresentare il sembiante del committente,
vuole coglierne l’indole e l’anima. Vuole infondere vita
alla pietra. Per far questo sa che deve superare il
problema dell’assenza di colore del marmo: il bianco
priva i personaggi di quegli elementi cromatici che sono
così distintivi. Ma la lavorazione del marmo di Bernini è
così sensibile, che riesce a conferire alla pietra effetti
tattili, a trasformarla in pelle cadente o ciglia o seta o
barba mal rasata e a suggerire il colore.
Il Busto di Scipione è uno dei vertici della ritrattistica
berniniana. Lo scultore riteneva che per cogliere la
verità di una persona bisognasse osservarla in
movimento: così anche in questo caso eseguì numerosi
disegni del cardinale, mentre parlava e si muoveva, da
diverse angolazioni. Ne restano un paio, un disegno di
profilo e una caricatura che testimonia anche lo spirito
irriverente dell’artista, oltre alla sua fulminea capacità
di sintesi.
Rudolph Wittkover ha parlato a proposito dei ritratti di
Bernini di “speaking likeness”, somiglianze parlanti. È
evidente in questo ritratto, in cui il cardinale è colto nel
momento in cui sta per parlare, le labbra appena
schiuse, gli angoli ancora incollati. Un attimo di
sospensione, mentre gira lievemente testa ed occhi
come attratto da qualcosa, sintomo della sua avida
curiosità, dei suoi mille interessi; le carni flosce delle
guance, la pappagorgia ci rivelano invece il suo amore
per la buona tavola e in generale si percepisce la
volitiva voracità del personaggio. Con assoluta capacità
mimetica, Bernini ha graffiato il marmo con la raspa e è
riuscito a trasformarlo nella vera pelle del cardinale,
segnata dal tempo.
Ma tutta questa meraviglia venne tradita dal marmo
stesso. Un “pelo” nel blocco si aprì fino a spaccare la
scultura tutto intorno alla testa. Bernini riparò il danno
con un tassello e un perno nascosto all’interno. Ma la
frattura era comunque visibile e il busto rovinato. Allora
decise di scolpirne uno nuovo in tempi rapidissimi: in
tre giorni, secondo il figlio Domenico. O “nel corso di
quindici notti”, come scrisse il biografo Baldinucci. In
ogni caso un’impresa, che testimonia una volta di più la
disinvoltura di Bernini nel maneggiare il marmo. Le due
versioni, a prima vista identiche, si differenziano per
alcuni dettagli: le pieghe della mozzetta cardinalizia, la
levigatura, più uniforme nella seconda versione ma
meno “mimetica”.
Entrambi i busti sono sempre stati esposti nella Villa, il
primo era nella Sala degli Imperatori, il secondo al
primo piano in una galleria di ritratti. Ora sono insieme
a confronto nella Sala XIV.
-Filippo Baldinucci nella biografia del maestro ha fornito
una spiegazione di come è apparsa la seconda statua.
Quando lo scultore ha terminato il lavoro sul primo
busto, ha notato una crepa nel blocco di marmo, situata
sulla fronte del ritratto. Si può vedere questo difetto pure
oggi. Bernini ha deciso di creare una copia esatta e ha
fatto segretamente un altro busto. Ci sono voluti solo tre
giorni per lavorare sulla seconda versione. Nel 1892,
quando furono messe in vendita per la prima volta le
opere d’arte appartenenti alla famiglia principesca dei
Borghese, il governo italiano acquistò entrambe le
sculture. Nel 1908 i busti entrarono a far parte
dell’esposizione della Galleria
- cosa indossa: un mantello e una birretta (cappello
quadrangolare), come si addice al suo titolo di cardinale
della Chiesa cattolica romana.
-sensazione di vivacità e realismo
-esiste un busto che venne realizzato in terracotta
(modello per il progetto in bronzo che è sopravvissuto)
-I busti furono acquistati dal governo italiano nel 1892,
quando per la prima volta furono messi in vendita dalla
famiglia Borghese
+ disegno preparatorio del bernini ora a NY alla pierpont
Morgan library = progetto quindi realizzato con particolare
attenzione
BUSTO DI COSTANZA BONARELLI 1630 (bargello) da dietro
sembra riprendere una sibilla di Diego Velazquez (sibilla con
tabula rasa del 1648)
Il busto proviene dalla Galleria degli Uffizi, dove era esposto fin
dal 1645 nel primo corridoio accanto al busto di Bruto di
Michelangelo Buonarroti. realizzato da Bernini come opera
"privata", cioè fatta con ogni probabilità per se stesso e non per
un committente, ritraendo la donna che per un periodo fu sua
amante. Lo lascia pensare anche la circostanza che il busto-
ritratto rimase a lungo nell'abitazione dello scultore.figlia di uno
stalliere e moglie di Matteo Bonarelli o Bonucelli , uno scultore,
[3]
allievo del Bernini. Secondo recenti studi proveniva da una
famiglia legata al ramo viterbese dei Piccolomini. Era una
donna dall'animo imprenditoriale: aiutava suo marito in bottega,
occupandosi delle vendite e dei clienti. Secondo la biografia
scritta da Domenico Bernini, figlio di Gian Lorenzo, la donna
era amante del padre e un documento anonimo sostiene che
[5]
anche il fratello dello scultore, Luigi, frequentasse la donna =
litigio con il fratello, quando un giorno all’alba lo vide in casa di
costanza lo picchiò fino a rompergli le costole.
Caratteristiche: Ritrae la donna come sarebbe apparsa
nell'intimità quotidiana, con i capelli spettinati e la camicia
aperta sul seno: lo sguardo è fiero, leggermente sorpreso, e le
labbra carnose appena dischiuse. Il collo è robusto. i capelli
sono lievemente scomposti, gettati indietro per dar luce
all'ampia fronte ( qui ricorda la sibilla di Velazquez) , e
l'acconciatura allentata di trecce raccolte dietro la nuca della
donna, colgono la donna in un'acuta indagine introspettiva. La
veste è leggera e presenta un semplice nastro che segue la
scollatura aperta sino a far intravedere il florido seno
-la straordinaria vivezza che è riscontrabile solo nel busto del
cardinale Scipione borghese è l’esatta prova dei sentimenti che
lo legavano alla donna
SANTA BIBIANA (ricostruzione e
riforma affidata a Bernini)
Gian Lorenzo Bernini, facciata di
Santa Bibiana, 1624-1626=
inizialmente costruita con il papa
simplicio e consacrata nel 467 venne
poi restaurata da papa Onorio IIInel
1224 e successivamente bernini ci
mise mano per ordine di Urbano VIII
tra il 1624-1626 (disegnato e
realizzato da lui in 26 anni), nella
parte esteriore le colonne di
rivestimento della navata sono del
secolo V
Santa bibiana dentro: altare, la santa al centro incastonata nella nicchia in
un’edicola con 4 colonne che ricorda un tempio all’antica, ai lati ci sono
affreschi di Pietro da Cortona a sinistra e Agostino Ciampelli a destra : La
santa bibiana ha una foglia di palma in mano, il vero corpo di Bibiana e
quello di sua madre Dafrosa e sua sorella Demetria riposano in una urna
di alabastro nell’altare maggiore
-statua di santa bibiana di bernini nella nicchia al centro dell’altare : Fu
commissionata da papa Urbano VIII, che lo aveva inoltre
incaricato di ricostruire l'omonima chiesa dedicata alla santa.
Nel 2018, durante un trasloco, è stato danneggiato l'anulare
della mano destra , poi ripristinato pochi mesi dopo.
[1]
La statua di santa Bibiana è la prima di una lunga
-obiettivo far meditare sul martirio:
serie di opere a tema sacro commissionata al Bernini con
l'intento di far meditare i fedeli sul significato del martirio. La
scultura si trova, infatti, all'interno di una nicchia posta
nell'altare centrale, contenente le reliquie della santa titolare,
della madre Drafusa e della sorella Demetria, anche loro
martirizzate.
IMPORTANTE la drammatica agitazione di Bibiana: Bernini
rappresenta Bibiana nell'attimo precedente al martirio, dando
massimo rilievo alla sua tensione psicologica. A differenza però
di altre opere dello scultore, in questo caso il turbamento
interiore della donna non è reso con accentuate torsioni o pose
dinamiche, in quanto la figura appare statica, dritta in piedi
appoggiata alla colonna del martirio, con una leggera torsione
del busto rispetto alle gambe, una mano aperta verso l'esterno
e l'altra a tenere la palma del martirio, la testa e lo sguardo
(simile a quello delle sante di Guido Reni) rivolti in alto, nella
cui direzione, sul soffitto, è affrescata l'immagine di Dio Padre.
La sua trepidazione è ravvisabile increspature delle vesti
scosse dal suo incontenibile sgomento, magnifico esempio di
virtuosismo barocco, che in parte contrastano con la relativa
compostezza della figura. La complessità dell'esperienza
spirituale vissuta dalla santa è evidente anche dal suo volto,
rapito in espressione mistica, che rende perfettamente il
trasporto interiore della protagonista.
-la statua posta nella nicchia: risalta di più
Infine la scelta di inserire la statua di marmo bianco dentro una
piccola nicchia scura consente di distinguere l'immagine della
santa collocandola in un ambiente distinto dal resto della
chiesa, avvolto in una luce più tenue, che crea un gioco di
penombre in grado di dare maggiore risalto alle sinuose pieghe
dei panneggi.
-per l’iconografia riprende Rubens nella santa Domitilla in
Achille,nereo e santa Domitilla (1608) nella chiesa nuova a
roma
LE OPERE DI BERNINI MATURO
SAN PIETRO
-la cattedra:
-il baldacchino:
Origine
Progetto/I:
Le colonne tortili:
Lo stemma papale con le api = i Barberini
In cima nella sommità: il globo + ape
-Gian Lorenzo Bernini e collaboratori,
Decorazione dei pilastri della cupola
di San Pietro
-gli stemmi con le api
LE VARIE PARTI IN SAN PIETRO
-il velo della veronica
-santa veronica (in una nicchia) di francesco mochi realizzata
tra 1629-1639= all’antica, mostra il velo con il volto
ipnotizzato, anche qui c’è la tipica presa dello spazio berniniana
-rappresentazione della lancia di Longino (slide)
-il san Longino (in una nicchia)
-rappresentazione della santa croce di cristo = con modello in
legno della croce
-sant’andrea fatto da Duquesnoy = regge la croce in maniera
obliqua 8sempre nel discorso dell’invasione dello spazio) e
guarda verso l’alto, la posa ricorda quella del San Longino,
nonostante se si guarda più da vicino si nota una certa
differenza tra il panneggio di Bernini e quello di Duquesnoy
ovvero in fatto che Bernini rende il panneggio più gonfio e
affusolato e increspato, più voluminoso rispetto a Duquesnoy
-vari schizzi per la realizzazione del San Longino + modello in
terracotta che poi fu coperto di stucco e dorato, una versione
ridotta della statua in marmo che si trova i piazza san pietro
-i dettagli ai piedi
-Rappresentazione della croce di sant’andrea
-statua di sant’Elena di Andrea Bolgi, uno dei seguaci di Bernini
Francesco Mochi: BUSTO DI CARLO BARBERINI (1630)
l busto, eseguito da Francesco Mochi, raffigura Carlo Barberini
(1562-1630) fratello maggiore di Maffeo, che diverrà papa con
il nome di Urbano VIII nel 1623. Amministratore dei beni della
famiglia, Carlo venne nominato proprio nel 1623 Generale di
Santa Romana Chiesa, ossia comandante supremo delle truppe
pontificie. Il ritratto che lo ricorda in tale carica fu realizzato
nell’anno della sua morte, quando gli furono dedicati anche il
sepolcro realizzato da Gian Lorenzo Bernini nella chiesa di
Santa Maria in Aracoeli e la statua commemorativa nel palazzo
dei Conservatori in Campidoglio.
BUSTO DEL CARDINALE ALESSANDRO PERETTI (bernini) in
comparazione con il busto di Antonio Barberini (francesco
Mochi)
SAN GIOVANNI BATTISTA (francesco Mochi) = a Dresda
Hofkirche confronto con il san giovanni battista di pietro Bernini
(1614-1615), la statua è inserita dentro una nicchia delimitata
da una cornice mistilinea. In basso, al centro è una mensola
aggettante a voluta e , al di sopra, fastigio con due piccole
volute ai lati di un piccolo festone a nastro sorretto da fiocchi.
La scultura inizialmente doveva essere eseguita da Nicolas
Cordier ma in seguito dato che morì fu eseguita da Pietro
Bernini con il blocco di marmo già sbozzato dello scultore
francese.
-molto simile alla statua di primavera della villa
SAN PAOLO APOSTOLO e SAN PIETRO (porta del popolo a
Roma) FRANCESCO MOCHI
FRANCESCO MOCHI, SAN GIOVANNI BATTISTA (prima a ponte
Milvio, Roma oggi al museo di Roma)
Gesù, Francesco Mochi
Cappella borghese (santa maria maggiore monumento a Paolo
V)
Bernini Papa Urbano VIII(1627-1647) a san pietro
-a dura prova qui l’abilità di Bernini
-in questo monumento: cattiva scelta di pieghe, una maniera di
comporre esclusivamente sua e impaziente nel riempire il
vuoto a confronto con Guglielmo della porta con il monumento
a Paolo III lui si scosta dalla severa purità dello stile qui sembra
a confronto castigatissimo. Il potefice in bernini porta
un’eleganza disarmante in particolare per la veste, maestà e
naturalezza
Sotto di lui: la giustizia( in abbandono e riposo manca di
espressione) e la carità ((i vestiti sono scolpiti con poco garbo,
preme il seno sulla guancia del fanciullo, lasciandone la sua
compressione e deformandone il viso con la sua abbondanza e
floscezza.
-la morte o scheletro in bronzo(dettaglio slide) scrive sul libro
il nome del pontefice, il libro non rappresenta la storia di cui è
nemica e non certamente custode la morte, non può essere il
registro di immortalità a cui è affidata la penna alla fama,
questa allegoria esprime più il trionfo della morte che del papa,
colui che non guarda in faccia a nessuno. La morte dimostra il
papa estinto
+ stemma dei Barberini
-statua in marmo (1635-1640) bernini + aiuti musei capitolini
(campidoglio) realizzata prima di quella di san pietro
A sua volta in comparazione con la tomba di Paolo III di
guglielmo dalla porta
-stessa composizione a piramide
Il basso rilievo del Pasce oves meas (san pietro)
FONTANA DEI 4 FIUMI (bernini sotto il pontificato di Innocenzo X
pamphilij)
-novità spettacolosa e ardimento della costruzione
-massimo ingegno
PROGETTI PER I CAMPANILI DI SAN PIETRO (1636-1644)
-bozzetti
-opera (affresco nei musei vaticani) che mostra san pietro e il
campanile di bernini
LA VERITà SVELATA DAL TEMPO (1646-1652) = galleria
borghese a Roma
-la verità mostrata allegoricamente come una giovane donna
nuda che viene privata dei veli dalla figura del Tempo sopra di
lei, anche se questa seconda allegoria non è mai stata eseguita
Bernini voleva aggiungere la figura nel 1665 (esprime questa
sua volontà). La verità è raffigurata come una giovane donna
seduta su una roccia: tiene il piede sinistro sopra un globo e
nella mano destra tiene il sole. I veli che la coprono solo in
minima parte sono tratti in alto. L'iconografia con la Verità che
tiene il sole nella mano e poggia il piede sulla terra è presente
nell'opera di Cesare Ripa, Iconologia
-Secondo il figlio Domenico, la motivazione che spinse Bernini
a creare l'opera fu l'intenzione di dare una risposta scultorea
agli attacchi degli avversari, che ne avevano criticato il fallito
progetto di costruire due torri sulla facciata della basilica
vaticana. Sulla facciata erano apparse delle crepe a causa
dell'incapacità delle fondamenta di sostenere le torri e la colpa
fu data all'espansione architettonica del Bernini, anche se gli
storici non sono sicuri della validità di questa leggenda.
-Bernini iniziò i lavori preparatori per La verità nel 1645,
durante un periodo critico che seguì la morte del suo patrono
principale papa Urbano VIII; la figura della Verità fu in gran
parte completata nel 1652. Nonostante la figura del Tempo non
sia mai stata completata, Bernini, nelle sue volontà, lasciò la
scultura in perpetuo al primo nato della sua famiglia, e
nonostante anche il fatto che Bernini abbia cercato di vendere
l'opera al Cardinale Mazarino.
-stata scolpita era nello studio di Bernini a via della Mercede;
nel 1852 fu trasferita nel palazzo dei discendenti di Bernini di
via del Corso , dove era esposta sopra un blocco di stucco
[1]
inclinato.
È rimasta lì fino al 1924, in seguito è passata alla Galleria
Borghese e nel 1956 è stata acquistata a titolo definitivo dallo
Stato italiano; è esposta nella sala VIII della Galleria
[1]
Borghese.
-Dalla pagina della Galleria Borghese si può leggere inoltre:
"Del gruppo scultoreo sono noti numerosi disegni autografi;
nella figura della Verità si possono riconoscere dei legami con
l’incompiuta Allegoria della Virtù di Correggio (Antonio
Allegri) conservata presso la Galleria Doria Pamphilj di Roma"
LA CATTEDRA (LA CATHEDRA PETRI)
La Cattedra di San Pietro è una reliquia, un trono ligneo antico che,
secondo la tradizione, sarebbe appartenuto a San Pietro, il primo papa e
uno dei dodici apostoli di Gesù. Questo trono è conservato all'interno di
una monumentale opera scultorea realizzata dal grande artista barocco
Gian Lorenzo Bernini tra il 1657 e il 1666.
Il Monumento di Bernini
L'opera si trova nell'abside della basilica ed è composta da una sontuosa
struttura in bronzo dorato e decorazioni ricche che simboleggiano la gloria
della Chiesa. Ecco alcuni dettagli significativi:
• La Cattedra: È racchiusa in una struttura di bronzo, sospesa sopra
l'altare.
• I Dottori della Chiesa: Alla base, vi sono quattro statue colossali che
rappresentano i Padri della Chiesa: due latini (Sant'Agostino e San
Gregorio Magno) e due greci (Sant'Atanasio e San Giovanni Crisostomo).
Essi sostengono simbolicamente la cattedra, indicando la tradizione
dottrinale e la comunione tra Oriente e Occidente.
• La Gloria Celeste: Sopra la cattedra si apre una raggiera dorata con
angeli, al centro della quale si trova una finestra in alabastro raffigurante
una colomba, simbolo dello Spirito Santo.
Funzione e Importanza
La Cattedra di San Pietro simboleggia l'autorità del Papa come successore
di San Pietro e guida della Chiesa universale. Il trono rappresenta il
ministero dell'insegnamento e la responsabilità pastorale. È un punto
focale nelle celebrazioni liturgiche, specialmente il 22 febbraio, durante la
festa della Cattedra di San Pietro.
Un Capolavoro Barocco
Il monumento di Bernini è un esempio sublime del Barocco, unendo
teatralità, luce e movimento per creare un'atmosfera di trionfo e
trascendenza. La combinazione di materiali preziosi e la grandiosità della
composizione riflettono la centralità della figura del Papa nella Chiesa
cattolica.
Descrizione della Parte Superiore
1 La Raggiera Dorata:La parte superiore del monumento è occupata da
una grande raggiera dorata, simbolo della luce divina e della presenza
dello Spirito Santo. La raggiera è formata da fasci di luce che si irradiano
verso l'esterno, coinvolgendo tutto lo spazio circostante in un movimento
ascendente e teatrale. Questo effetto amplifica l'impressione di
un'apertura verso il cielo.
2 La Finestra in Alabastro:Al centro della raggiera si trova una finestra
circolare realizzata in alabastro giallo, un materiale che permette alla
luce naturale di filtrare dolcemente, creando un effetto mistico. Al centro
della finestra è raffigurata una colomba, simbolo dello Spirito Santo.
Questo dettaglio sottolinea il ruolo dello Spirito come guida della Chiesa e
fonte di ispirazione per il Papa e i fedeli.
3 Gli Angeli e le Nuvole:Intorno alla finestra e alla raggiera, Bernini ha
scolpito una moltitudine di angeli in bronzo dorato, che sembrano
fluttuare tra nuvole vaporose. Gli angeli, alcuni con espressioni adoranti,
altri in movimento, conferiscono alla scena un senso di dinamismo
celestiale. Queste figure contribuiscono a creare un'atmosfera di estasi e
trascendenza.
4 Dettagli Teologici:
◦ La colomba dello Spirito Santo è circondata da un'aureola che la evidenzia
come sorgente della luce divina.
◦ Le nuvole e gli angeli si integrano perfettamente nella raggiera, creando
un'immagine di unità tra il cielo e la terra.
◦ La luce che entra dalla finestra non è solo un elemento decorativo, ma un
simbolo della divina illuminazione che guida la Chiesa e il suo
magistero.
Funzione e Simbologia
La parte superiore della Cattedra, con la colomba dello Spirito Santo,
rappresenta il legame tra il Papa (simbolizzato dalla cattedra) e la guida
divina. La luce che penetra dalla finestra simboleggia la sapienza e
l'infallibilità derivanti dallo Spirito Santo, garantendo che il magistero della
Chiesa sia ispirato e protetto.
L'effetto Barocco
La maestria di Bernini risiede nella capacità di integrare architettura,
scultura e luce naturale per creare un'opera totale. L'illuminazione reale,
combinata con i dettagli dorati e la disposizione delle figure, dà vita a una
visione che trascende il materiale, invitando il fedele a meditare sul
mistero della fede e sull'autorità spirituale del Papa.
Questa parte superiore è considerata una delle manifestazioni più alte del
teatro barocco, capace di coinvolgere emotivamente e spiritualmente
chi osserva.
A lato troviamo il monumento di Urbano VIII
-Santi Gregorio I, Mauro e Papias (1608), Chiesa Nuova (Peter
Paul Rubens) ripreso per la figura di Sant’Agostino (a
Cattedra di San Pietro del Bernini è alta 7
metri, sormontata da due putti con in mano le
insegne papali. La struttura principale è
costituita da quattro grandi statue di bronzo
che sostengono una piattaforma su cui è posata
la Cattedra stessa. Le statue raffigurano i
quattro dottori della Chiesa greca e latina:
Sant’Agostino, Sant’Ambrogio, Sant’Anastasio e
San Giovanni Crisostomo).
In realtà la Cattedra sembra fluttuare nell’aria
su un letto di nuvole d’oro, grazie alla maestria
dello scultore. Il bassorilievo dorato che
costituisce lo schienale della Cattedra è opera
dello scultore Giovanni Paolo Schor su disegni
del Bernini. Raffigura l’episodio del Pasce oves
meas, “Pasci le mie pecorelle”, quando Gesù
Risorto apparve agli apostoli sulle sponde del
lago di Tiberiade, e affidò a Pietro il Suo gregge
da custodire e guidare. Sui lati del sedile sono
invece rappresentati la Lavanda dei piedi e la
Consegna delle chiavi (traditio clavium), uno dei
temi più ricorrenti nell’arte paleocristiana: Gesù
consegna a Pietro le chiavi e lo investe così
del Primato papale.
-dettaglio della cattedra, disegno del bernini
-la cattedra in realtà il trono che Carlo il calvo regalo a pap
Giovanni VIII, dove lui poi fu coronato imperatore nel giorno di
natale del 875, Carlo il calvo era il nipote di Carlo Magno, per
molti anni fu utilizzato dai suoi successori durante la cerimonia
liturgica finché non fu incorporato come altare da bernini nel
1666
Dettaglio con il Costantino davanti alla visione della croce
ALTARE DEL SANTISSIMO SACRAMENTO (bernini), piazza
San Pietro= la posizione degli angeli deve essere comparata
all’opera della pala d’altare di guido reni con la trinità dei
pellegrini (piazza della trinità dei pellegrini
-oro, marmo policromo
-L’impianto architettonico della Cappella del Santissimo
Sacramento è di Carlo Maderno mentre le decorazioni in
stucco dorato furono realizzate da Giovanni Battista Ricci
che, fra il 1623 e il 1627, realizzò i bassorilievi con le scene
tratte dal Vecchio Testamento per la volta e quelle con le
storie del Nuovo Testamento per decorare le pareti.
-Al di sopra della Confessione, sollevato da 7 gradini in marmo greco
imetto, si eleva l'Altare papale, edificato in continuità verticale con i
precedenti altari di Gregorio Magno e Callisto II, non al centro della
cupola ma spostato verso l'abside. Rivolto verso oriente (est),
incontro al sole nascente come era d'uso nelle basiliche
paleocristiane, questo altare è riservato unicamente al Sommo
Pontefice o a persona da lui delegata. Fu voluto da Clemente VIII
Aldobrandini nel 1594 per completare con una mensa stabile la
parte già ultimata della nuova basilica. Prima della attuale
sistemazione berniniana, nel 1606 Paolo V Borghese aveva fatto
collocare al di sopra dell'altare un baldacchino in legno del tipo
processionale, alto 9 metri, sostenuto da quattro angeli, opera di
Ambrogio Buonvicino e Camillo Mariani. Si trattava di una soluzione
modesta, di aspetto provvisorio e certamente non intonata alla
grandiosità della basilica. Sin dalla sua elezione, nel 1623, il
problema fu avvertito da papa Urbano VIII Barberini il quale, già il 12
luglio dell'anno successivo, incaricò Bernini di ideare un prestigioso
ciborio, non lesinando mezzi perché l'opera riuscisse degna del
luogo e della sua funzione.
TOMBA/sepolcro DI ALESSANDRO VII CHIGI
l pontefice è insolitamente inginocchiato, in un momento di
preghiera e raccoglimento. Al di sotto della statua le allegorie della
Carità, della Verità, della Giustizia e della Prudenza si appoggiano
con leggerezza su un ampio drappo rosso, da cui emerge a fatica lo
scheletro della Morte, che stringe in pugno una clessidra dorata.
Le allegorie: La verità con un piede posato sopra un globo; si
ritiene che sotto l'alluce, in corrispondenza dell'Inghilterra, vi sia
una spina che rappresenterebbe la sofferenza causata al papa
dall'espansione dell'anglicanesimo. In secondo piano,
rispettivamente a sinistra e a destra, si trovano Giustizia e
Prudenza; le statue sono in marmo bianco, in netto contrasto
cromatico con il rosso del panneggio realizzato in diaspro
siciliano, e il verde e il nero dei marmi utilizzati per le parti
architettoniche del monumento, come il basamento su cui
prega Alessandro. Al centro, da sotto il drappo marmoreo
emerge, con il capo ancora parzialmente celato come a
volersene liberare, uno scheletro che impugna, sollevandola
nella mano destra, una clessidra in bronzo dorato,
simboleggiante lo scorrere lento, ma continuo, della vita; si
tratta di un tema caro all'iconografia del periodo barocco, che si
richiama alla «vanitas vanitatum».
-viene commissionata, come era solito fare, ancora quando il
papa era in vita: soltanto dopo molti anni e variazioni al
progetto, il nipote del papa, Flavio Chigi, si caricò dell'onere
finanziario. Sono noti solo tre disegni (non considerati veri e
propri studi fatti da Bernini in preparazione) e tutti prevedono
l'utilizzo della porta: in origine infatti il muro era stato
predisposto e considerato ad ospitare solo dipinti, ma nel 1606
Cigoli autorizza l'uso della zona per tombe papali e pensa di
smantellare la porta. Nel primo disegno noto; Bernini sembra
alquanto in difficoltà con la porta e tenta di coinvolgerla
facendovi appoggiare un braccio di una Virtù, anche se è
un'azione priva di utilità, cioè è solo un espediente per inserire
la porta nella composizione. La "porta" viene così a
rappresentare sempre più la porta-passaggio dell'aldilà, ma
non conduce al sepolcro di Alessandro VII, nascosto sotto il
diaspro rosso siciliano.
+ dettaglio allegoria della verità:Originariamente nuda, la Verità
viene coperta da un pezzo di bronzo dipinto di bianco (come a
vestirla) per ordine di papa Innocenzo XI. Non è una Virtù
paragonabile alle altre tre, ma piuttosto l'obiettivo di una Virtù.
La sua inclusione è stata di notevole importanza per
Alessandro VII negli ultimi anni della sua vita: aveva quasi
perso il controllo religioso della Francia di re Luigi XIV e non
aveva avuto successo nel tentativo di unirsi ai paesi europei in
una lotta contro i turchi. Simili insuccessi portarono umiliazione
negli ultimi giorni di papa Alessandro VII . Proprio come Bernini
[2]
si sentì sconfitto quando i suoi campanili furono demoliti dalla
facciata della Basilica di San Pietro e usò la sua Verità svelata
dal Tempo come espressione della sua ingiusta vergogna,
Alessandro VII sperò che Bernini potesse rettificare la sua
immagine pubblica con un'altra Verità. Il suo piede poggia su
un globo, in particolare sull'Inghilterra, in riferimento ai tentativi
di Alessandro VII di correggere le differenze religiose con
l'inglese governato dai protestanti [
+ modello in terracotta
BERNINI DA INNOCENZO X A INNOCENZO XI
CAPPELLA CORNARO, 1647,1653, santa maria della Vittoria
Altare: estasi di Santa Teresa d’Avila (1647-1652) + rilievo
destro e sinistro, la famiglia corrano assiste all’estasi di santa
Teresa
-i dettagli = dipinti
“Piacque a Dio che vedessi questo angelo nel modo seguente. Non era
alto, ma basso, e bellissimo, il volto così ardente che sembrava
appartenere alle più alte gerarchie angeliche....Nelle sue mani vidi una
lunga lancia d’oro e in cima alla punta di ferro mi parve di scorgere una
lingua di fuoco. Con questa parve trapassarmi il cuore più volte così che
mi penetrò nelle viscere. Quando estrasse la lancia, sentii come se con
essa me le strappasse e mi lasciò tutta infiammata da un grande amore
di Dio. Il dolore era così acuto che mi fece gemere più volte; e così
straripante era la dolcezza provocata in me da quella pena intensa che
non si vorrebbe mai perderla né l’anima potrebbe accontentarsi di meno
che di Dio. Non è una pena fisica, ma spirituale, anche se il corpo vi ha
parte – anzi una grande parte.”
Santa Teresa
Descrizione dell’opera:
-dettagli: panneggio, l’appoggio del piede, il sorriso dell’angelo nell’atto
di far entrare i raggi all’interno del cuore della santa, il volto in totale
beatitudine della santa
Per l’impostazione spaziale scenica: riferimento ad Alessandro Algardi, il
gruppo della decollazione di San Paolo (San Paolo Maggiore a
Bologna) = commissione da parte della famiglia Spada (1633-1647) =
ma bernini molto più spettacolare, il piano di appoggio per algardi è una
base normale obliqua, mentre Bernini appoggia il corpo di Santa Teresa
steso su una nuvola sul quale si appoggia anche l’angelo, sembrano
fluttuare nel vuoto+ i raggi che trafiggono il cuore della santa
Le statue furono realizzate a Roma e spedite per nave
a Bologna. Furono realizzate per ornare l'altar
maggiore della chiesa barnabita di S. Paolo Maggiore,
sostenuta dalla famiglia Spada e per ricordare il padre
di Virgilio, Paolo, che morendo nel 1631 aveva lasciato
6000 scudi per la costruzione di una cappella.
Nel 1634, quando gli Spada si trasferirono da Roma a
Bologna, Virgilio ottenne dal papa il permesso di
costruire la sua cappella di famiglia qui e non a Roma.
Dopo alcuni mesi gli Spada fecero un accordo con i
padri barnabiti di Bologna. Avrebbero costruito la
facciata della chiesa e l'altar maggiore, con il suo
gruppo in marmo e l'ancona. Gian Lorenzo Bernini
progettò l'altare e il gruppo marmoreo fu
commissionato nel 1634 ad Alessandro Algardi. L'altare
fu inaugurato ufficialmente nel 1647. Nel 1648 Virgilio
Spada commissionò ad Algardi un bassorilievo in
bronzo per il paliotto dello stesso altare, raffigurante La
Decollazione di S. Paolo.Il magnifico gruppo mostra il
carnefice pronto a tagliare il capo a S. Paolo con la sua
spada. Il santo guarda in basso e offre il capo al colpo
mortale. C'è un forte contrasto tra il movimento
impresso al corpo del carnefice e la posa statica del
santo. Il basso rilievo mostra la scena successiva alla
decapitazione secondo la leggenda: la testa del santo
rimbalzò tre volte a terra, facendo sgorgare tre
sorgenti.
Fontana dei 4 Fiumi, 1648-1651, Roma, Piazza Navona
al centro di piazza Navona, davanti alla chiesa di Sant'Agnese
in Agone, progettata dallo scultore e architetto Gian Lorenzo
Bernini e realizzata da un gruppo di scultori, tra cui figurano
Giovan Maria Franchi, Giacomo Antonio Fancelli, Claude
Poussin, Antonio Raggi e Francesco Baratta, tra il 1648 e il
1651.
-ritrae i quattro fiumi principali della Terra, uno per ogni
continente allora conosciuto: il Danubio, il Gange, il Nilo e il Rio
de la Plata ed è sovrastata dall'obelisco Agonale, proveniente
dal circo di Massenzio sull'Appia Antica (quindi utilizzazione di
una parte antica)
-commissionata da papa Innocenzo X per decorare piazza
Navona, sulla quale si stavano portando avanti i lavori di
realizzazione di palazzo Pamphilj. Nel 1647 il pontefice aveva
commissionato a Francesco Borromini la progettazione di una
conduttura che portasse l'acqua dell'Aqua Virgo a piazza
Navona e aveva bandito un concorso per la progettazione della
fontana presso la piazza. Inoltre il papa manifestò la volontà di
recuperare l'obelisco, poi detto Agonale, che giaceva in rovina
nel circo di Massenzio sull'Appia Antica.
-il concorso ovviamente venne vinto da Bernini ma come? Il
concorso fu vinto da Gian Lorenzo Bernini che per ottenere
l'incarico realizzò un modellino argenteo in scala, alto circa un
metro e mezzo, e lo regalò a Olimpia Maidalchini, cognata del
pontefice nonché personaggio di grande influenza nella Roma
papalina. Un altro progetto fu presentato da Borromini, che
prevedeva un obelisco alla cui base quattro grosse conchiglie
con mascheroni gettavano acqua in una vasca.
-un’opera odiata? per la realizzazione e finanziamento della
fontana in questione: il papa ricorse ad una tassazione sul
pane, con contemporanea riduzione del peso standard della
pagnotta. Il fatto scatenò l'odio del popolo di Roma non tanto
sul pontefice quanto sulla cognata, ritenuta responsabile
indiretta del sopruso e già invisa ai romani.
-DESCRIZIONE: La fontana sorge al centro della piazza, nel
punto in cui fino ad allora si trovava un "beveratore", una
semplice vasca quadrata per l'abbeveraggio dei cavalli. Si
compone di una base formata da una grande vasca ellittica a
livello della pavimentazione stradale, sormontata da un grande
gruppo marmoreo sulla cui sommità si eleva l'obelisco Agonale
(epoca Domizianea che era rinvenuto nel 1647 nel circo di
Massenzio sulla via Appia), l’obelisco doveva stare sul gruppo
scultoreo, già l’aveva compiuto bernini nel 1643 con la fontana
del tritone in piazza Barberini
-la particolarità di quest’opera è sicuramente che non va a
racchiudersi nello schema architettonico tradizionale
dell’epoca, il monolite non poggiava infatti su un gruppo
centrale compatto, ma su una struttura cava, che lasciava cioè
un vuoto al centro e sulla quale erano poggiati solo gli spigoli
della base dell'obelisco.
-Le statue (nudi) in marmo bianco che caratterizzano la fontana
hanno una dimensione maggiore di quella reale: il Nilo
(scolpito da Giacomo Antonio Fancelli nel 1650), il Gange
(opera del 1651 di Claude Poussin), il Danubio (di Antonio
Raggi nel 1650) e il Rio de la Plata(di Francesco Baratta, del
1651).
-in cima all’obelisco, lo stemma dei pamphilij
-tra i 4 colossi: disseminati attorno a tutta la fontana ed in
stretta relazione, insieme alle piante, con le personificazioni dei
fiumi: sul lato occidentale un cavallo esce dalla cavità delle
rocce con le zampe anteriori sollevate nell'atto di slanciarsi in
un galoppo sfrenato sulle pianure danubiane coperte di fiori che
incoronano la testa del fiume; un gruppo di fichi d'India e un
coccodrillo (o un armadillo) che sembra uscito fuori da un
bestiario medievale e spunta dall'angolo settentrionale, vicino
[6]
al Rio della Plata; un leone sul lato orientale che sbuca, come il
cavallo, dalla cavità delle rocce per abbeverarsi ai piedi di una
palma africana (realizzata da Giobatta Palombo nel 1650) che
si innalza fino alla base dell'obelisco; un dragone che si
avvolge intorno al remo tenuto dal Gange; e poi un serpente di
terra striscia nella parte più alta, vicino alla base dell'obelisco, e
infine un serpente di mare e un delfino (o un grosso pesce)
nuotano nella vasca con le bocche aperte, avendo entrambi la
funzione di inghiottitoio delle acque (un originale espediente).-il
disegno dei 4 colossi risale dall’antico
Gli alberi e le piante che emergono dall'acqua
-il paesaggio attorno è pittorico:
e che si trovano tra le rocce sono anch'esse tutte rappresentate
in scala più elevata. Le creature animali e vegetali, generate da
una natura buona e utile, appartengono a razze e a stirpi grandi
e potenti. Lo spettatore, girando intorno all'imponente fontana,
può scoprire nuove forme o particolari che da un'altra visuale
erano nascosti o quasi del tutto coperti dalla massa rocciosa. Il
Bernini vuole suscitare meraviglia in chi ammira la fontana,
componendo un piccolo universo in movimento ad imitazione
dello spazio della realtà naturale.
Si tratta di un paesaggio in cui l'elemento pittorico tende a
prevalere, con lo scoglio, con l'anfratto da cui esce un animale
selvatico o su cui c'è una pianta rampicante. Il Bernini riesce
anche ad ottenere vive sensazioni atmosferiche: infatti un vento
impetuoso colpisce la palma e ne scuote la chioma che urta
contro la roccia, scompigliando anche la criniera del cavallo e
dando l'impressione di sibilare tra gli anfratti della rupe.
-la mano del Río de la Plata sembrerebbe alzarsi verso la
chiesa di sant’agnese
Busto di Francesco I d’Este, 1650-
1651, Modena, Galleria Estense
-Nell'agosto 1650 Francesco I d'Este, duca di Modena e
Reggio, commissionò un suo ritratto in marmo al Bernini, dopo
aver scartato l'idea iniziale di commissionarlo al rivale di questi
Alessandro Algardi.
ASSIEME AL BUSTO DI CARLO I DI INGHILTERRA E AL
BUSTO DEL CARDINALE RICHELIEU: venne realizzato senza
vedere i personaggi dal vivo, quindi senza basarsi sulla visione
diretta del soggetto ritratto ma bensì grazie a ritratti e opere
pittoriche. Bernini si sentì messo in difficoltà, scrivendo a
Francesco d'Este che realizzare un busto senza aver mai
potuto vedere il modello era un'impresa "quasi impossibile" e
riferendo in un colloquio al cardinale Rinaldo d'Este, fratello del
duca e colui il quale si stava occupando delle trattative per
l'opera, del suo "voto solenne" di non operare più in tal modo. Il
cardinale riuscì a vincere le resistenze dell'artista, il quale
accettò a condizione che gli venissero forniti un maggior
numero di ritratti del duca e le esatte misure dell'altezza e della
larghezza delle spalle dello stesso.
L'opera fu completata nel settembre del 1651 e trasportata in
una cassa a bordo di un carro a Modena, dove giunse nel
novembre successivo. Malgrado le lettere in cui Bernini si
scusava anticipatamente con i due Este committenti
dell'eventuale non somiglianza del ritratto
, il duca Francesco rimase tanto colpito dal busto che pagò
[1]
all'artista tremila scudi, la medesima somma che aveva ricevuto
da papa Innocenzo X per l'allora da poco ultimata fontana dei
Quattro Fiumi di Roma.
non potendo riportare in marmo i tratti maggiormente
caratteristici del soggetto in movimento che riusciva a cogliere
solo in presenza dello stesso, si concentrò sulla costruzione del
busto, rappresentando il duca nell'atto di voltarsi verso destra e
mettendo in maggior risalto elementi secondari come la
parrucca, la gorgiera e più ancora il mantello, il quale cela il
taglio del torace e delle braccia e conferisce alla massa
marmorea un'apparenza di leggerezza= il busto sembra
fluttuare nell’aria (Jerome Lalande in Voyage d’un Français en
Italie) gli stessi dettagli su cui si focalizza per questo vennero
ripresi per la realizzazione del busto di Luigi XIV di francia (oggi
a Versailles).
-già all’epoca ebbe una enorme fortuna
-ritratto di Velzquez del duca Francesco I d’este (di Modena)
1638
-‘Far che un marmo bianco pigli la somiglianza di una
persona, che sia colore, spirito, e vita, ancorché sia lì
presente, che si possa imitare in tutte le sue parti, e
proportioni, è cosa difficilissima. Creder poi di poter farlo
somigliare con haver sol davanti una pittura, senza vedere, né
haver mai visto il naturale, è quasi impossibile, e chi a tale
impresa si mette più temerario che valente si potrebbe
chiamare’
Gian Lorenzo Bernini a Francesco I, 20 ottobre 1651
IL PROGETTO PER IL LOUVE (storia dell’architettura del XVII
secolo)
Nel 1664, il re di Francia Luigi XIV, desideroso di conferire un’aura di
magnificenza al proprio regno, invitò Bernini a progettare la nuova
facciata orientale del Louvre, noto come la Colonnade del Louvre.
Bernini, già celebre per le sue opere a Roma (come il Baldacchino di San
Pietro e il Colonnato di Piazza San Pietro), rappresentava la massima
espressione dell’architettura barocca.
L’arrivo di Bernini a Parigi nel 1665 fu un evento sensazionale. Tuttavia, il
progetto si inserì in un contesto politico e culturale complesso: la Francia
stava sviluppando uno stile nazionale, il classicismo francese, e c’era
una forte resistenza a importare il linguaggio barocco italiano.
-Primo progetto per la facciata orientale del Louvre, 1664,
Paris, cabinet des dessins, Musée du Louvre = rifiutato infine
per le sue connotazioni troppo barocche che in quel periodo
non venivano accettate dalla francia che stava attraversando la
sua epoca classicista, venne considerato un barocco troppo
esuberante per il dinamismo e l’ornamentazione che non si
adattavano allo stile francese, che preferiva sobrietà ed
equilibrio, inoltre venne reputato troppo complesso per la
realizzazione effettiva
Dopo alcune modifiche, il progetto fu definitivamente
accantonato. La facciata del Louvre venne realizzata da un
gruppo di architetti francesi, tra cui Perrault stesso, che
progettò la celebre Colonnade del Louvre (1667-1674),
esempio emblematico del classicismo francese.
l Progetto di Bernini
Bernini propose un’interpretazione grandiosa e dinamica, fedele al suo
stile barocco:
1 Forma Complessiva:
◦ La facciata immaginata da Bernini era caratterizzata da un avanzamento
centrale curvilineo, un elemento tipico del barocco, che rompeva la
rigidità lineare tipica del classicismo.
◦ Questo corpo centrale avrebbe ospitato una monumentale scala
d’accesso, enfatizzando l’idea di teatralità e movimento.
2 Uso delle Colonne:
◦ Bernini progettò colonne monumentali che salivano a più piani, creando
un effetto di verticalità e imponenza.
◦ Il portico centrale doveva avere colonne libere, creando giochi di luci e
ombre, in contrasto con la tendenza francese di mantenere le facciate
rigorosamente piatte.
3 Decorazione Scultorea:
◦ La facciata sarebbe stata arricchita da una decorazione plastica, con
statue, rilievi e fregi che avrebbero celebrato il potere di Luigi XIV.
◦ L’idea di Bernini era di trasformare l’edificio in un palcoscenico che
esprimesse la gloria del re.
Si nota infatti una abissale differenza tra il primo progetto di Bernini e il
terzo che poi fu quello definitivo realizzato da architetti francesi : Terzo
progetto per la facciata orientale del Louvre, 1665, nello stesso
anno: Busto di Luigi XIV, 1665, Versailles, Musée
National du Chateau
Abissale differenza rispetto al busto realizzato da Jean Warin,
Busto di Luigi XIV: dato che per Bernini fu un ritratto visto non
dal vivo ma da una ritrattistica lontana, si focalizza su quelli
che sono i dettagli, ovvero, la folta chioma di Luigi XIV e l’abito
che seguiva la moda dell’epoca, per la parte inferiore si inspira
al modello fluttuante che aveva eseguito per il busto di
Francesco I d’este (duca di Modena) nel 1650-1651, sembra
infatti mosso dal vento. Mentre l’opera di Warin è un busto con
un Luigi XIV vestito all’antica, con la corazza da imperatore,
rispetto a Bernini molto più tradizionale e meno barocco, più
classicista e moderato.
STATUA EQUESTRE DI LUIGI XIV al louvre (giardini
dell’orangerie) realizzato da Bernini modificata poi François
Girardon e alterata per farne una statua equestre all’eroe
romano antico Marco Curzio
-Il primo progetto per la statua Bernini lo abbozzò in Francia
alla metà degli anni sessanta del Seicento, ma iniziò a lavorarvi
solo nel decennio successivo quando fece ritorno a Roma.
L'opera venne completata solo nel 1684 e poi spedita a Parigi
nel 1685. Luigi XIV di Francia si dimostrò totalmente
insoddisfatto del risultato finale, tanto che la fece porre in un
angolo remoto dei giardini di Versailles.
-in molte delle immagini che riguardano Luigi XIV, il tema
ricorrente è quello del sole come metafora del suo regno,
conforme alla tradizione dell'oriens augusti, termine che
sembrava identificare appunto un sovrano con l'emblema del
sole= in questo caso doveva rappresentare il possente Ercole,
forte e imperioso, gli mette infatti l’iscrizione “per ardua”= ha
quindi un intento celebrativo ben dimostrato anche in quelle
che sono le proporzioni:
la figura del re è, in proporzione, molto più grande di quella del
cavallo
-per la realizzazione si servì di una sua stessa statua di Roma,
la visione dell’imperatore Costantino (1654-1669): ella
realizzazione della statua equestre per Luigi XIV, Bernini si
servì anche di un modello già consolidato anni prima nella
Visione dell'imperatore Costantino che, commissionatagli
dal papa, lo scultore iniziò a realizzare nel 1654 e terminò nel
1669.
I cavalli di entrambe le sculture hanno la medesima posa, ma
se la figura di Costantino pone il viso in alto nell'atto della
visione della Santa Croce e di Dio posti al di sopra di lui,
mentre il Re Sole ha un gesto più mondano ad evidenziare la
sua natura non divina ma di maestà e di comando
-A differenza della statua di Roma, quella di Parigi è stata
ricavata da un singolo blocco di pietra, "il più grande mai visto a
Roma" secondo i primi biografi dello scultore
IL COLONNATO DI SAN PIETRO 1657-1673
Il progetto fu commissionato da Papa Alessandro VII (Fabio Chigi), che
desiderava trasformare Piazza San Pietro in uno spazio monumentale e
funzionale, in grado di:
1 Accogliere grandi folle di fedeli durante le cerimonie papali = il colonnato
come due braccia aggancia la piazza e quindi anche i fedeli che si
addentrano a san Pietro in vaticano
Struttura Generale:
• La piazza è suddivisa in due aree principali:
◦ La piazza ovale: al centro, la parte più iconica, di forma ellittica.
◦ La piazza trapezoidale: situata più vicina alla facciata della Basilica.
• La forma ellittica rappresenta simbolicamente un abbraccio aperto verso i
fedeli, accentuando il senso di accoglienza.
Le Colonnate:
• Sono costituite da 284 colonne disposte su quattro file, realizzate in
travertino.
• Lo stile architettonico è il dorico toscano, scelto per la sua semplicità e
forza.
• Le colonne creano un portico continuo che avvolge la piazza con un
diametro massimo di 240 metri.
• L’effetto visivo cambia a seconda del punto di osservazione: Bernini
progettò un punto centrale (marcato da dischi in pietra sul terreno) dal
quale le quattro file di colonne sembrano perfettamente allineate, creando
un effetto prospettico magistrale.
Le Statue:
• Sulla sommità delle colonnate si trovano 140 statue di santi, alte circa 3
metri, scolpite dagli allievi di Bernini.
• Le statue raffigurano santi, martiri, e figure bibliche, sottolineando l’idea
di una Chiesa trionfante e universale.
L’Obelisco e le Fontane:
• Al centro della piazza ovale si trova l’obelisco egizio, risalente al I secolo
d.C., trasportato a Roma sotto l'imperatore Caligola e collocato nella
piazza da Papa Sisto V nel 1586.
• Ai lati dell’obelisco, due fontane simmetriche, una progettata da Carlo
Maderno e l’altra da Bernini stesso, completano la simmetria della
composizione.
Un abbraccio universale: Le colonnate simboleggiano le braccia aperte
della Chiesa, che accolgono i fedeli e li guidano verso il cuore della
cristianità, rappresentato dalla Basilica di San Pietro.
Unione tra cielo e terra: Le linee curve del colonnato sembrano
sollevare l’intera piazza verso il cielo, enfatizzando la trascendenza divina.
Continuità tra fede e mondo: La piazza funge da ponte tra la città e il
sacro, invitando tutti a entrare.
1 Collegare simbolicamente la Basilica di San Pietro alla città e al mondo,
enfatizzandone il ruolo universale.
2 Superare i problemi urbanistici legati alla disomogeneità dell’area
antistante la Basilica.
Bernini concepì il colonnato come un gesto simbolico di abbraccio della
Chiesa nei confronti dell'umanità.
Il Colonnato di San Pietro, progettato da Gian Lorenzo Bernini tra il
1656 e il 1667, è uno dei capolavori assoluti dell'architettura barocca e un
simbolo iconico della Basilica di San Pietro in Vaticano. L'opera è una
straordinaria sintesi di architettura, urbanistica e teologia, creata per
esaltare la maestosità della Chiesa Cattolica e accogliere i fedeli con un
gesto simbolico.
Contesto e Obiettivi del Progetto
Il progetto fu commissionato da Papa Alessandro VII (Fabio Chigi), che
desiderava trasformare Piazza San Pietro in uno spazio monumentale e
funzionale, in grado di:
1 Accogliere grandi folle di fedeli durante le cerimonie papali.
2 Collegare simbolicamente la Basilica di San Pietro alla città e al mondo,
enfatizzandone il ruolo universale.
3 Superare i problemi urbanistici legati alla disomogeneità dell’area
antistante la Basilica.
Bernini concepì il colonnato come un gesto simbolico di abbraccio della
Chiesa nei confronti dell'umanità.
Descrizione del Progetto
1 Struttura Generale:
◦ La piazza è suddivisa in due aree principali:
La piazza ovale: al centro, la parte più iconica, di forma ellittica.
La piazza trapezoidale: situata più vicina alla facciata della Basilica.
◦ La forma ellittica rappresenta simbolicamente un abbraccio aperto verso i
fedeli, accentuando il senso di accoglienza.
2 Le Colonnate:
◦ Sono costituite da 284 colonne disposte su quattro file, realizzate in
travertino.
◦ Lo stile architettonico è il dorico toscano, scelto per la sua semplicità e
forza.
◦ Le colonne creano un portico continuo che avvolge la piazza con un
diametro massimo di 240 metri.
◦ L’effetto visivo cambia a seconda del punto di osservazione: Bernini
progettò un punto centrale (marcato da dischi in pietra sul terreno) dal
quale le quattro file di colonne sembrano perfettamente allineate, creando
un effetto prospettico magistrale.
3 Le Statue:
◦ Sulla sommità delle colonnate si trovano 140 statue di santi (40 statue
dei santi fondatori: Alcuni di questi importanti santi sono San
Pietro d'Alcantara, San Giovanni di Dio, San Guglielmo, San
Domenico, San Paolo della Croce, San Vincenzo de' Paoli,
Santa Teresa di Gesù e San Giovanni Eudes.) , alte circa 3
metri, scolpite dagli allievi di Bernini. Nella facciata ci sono statue di
Cristo, San giovanni battista e undici degli apostoli.
◦ Le statue raffigurano santi, martiri, e figure bibliche, sottolineando l’idea
di una Chiesa trionfante e universale.
4 L’Obelisco e le Fontane:
◦ Al centro della piazza ovale si trova l’obelisco egizio, risalente al I secolo
d.C., trasportato a Roma sotto l'imperatore Caligola e collocato nella
piazza da Papa Sisto V nel 1586.
◦ Ai lati dell’obelisco, due fontane simmetriche, una progettata da Carlo
Maderno e l’altra da Bernini stesso, completano la simmetria della
composizione.
Simbologia
• Un abbraccio universale: Le colonnate simboleggiano le braccia aperte
della Chiesa, che accolgono i fedeli e li guidano verso il cuore della
cristianità, rappresentato dalla Basilica di San Pietro.
• Unione tra cielo e terra: Le linee curve del colonnato sembrano
sollevare l’intera piazza verso il cielo, enfatizzando la trascendenza divina.
• Continuità tra fede e mondo: La piazza funge da ponte tra la città e il
sacro, invitando tutti a entrare.
Innovazione Urbanistica
Il progetto del colonnato fu rivoluzionario per il suo tempo:
• Bernini combinò con maestria architettura e urbanistica, creando un’opera
che non solo si integra perfettamente con la Basilica, ma che organizza lo
spazio circostante in modo funzionale e simbolico.
• L’uso della prospettiva e della geometria, particolarmente evidente
nell’effetto ottico delle colonne, è un esempio della genialità tecnica
dell’artista. È una testimonianza dell’abilità di Bernini di combinare
estetica, funzionalità e simbolismo per creare un’opera senza tempo.
Video spiegazione:
Angeli con i simboli della Passione di Cristo, 1667-1671 = ponte
SANT’ANGELO
-come percorrere una sorta cammino che fa pensare a Dio
e alla Redenzione. Un modo per invitare i pellegrini alla
penitenza prima di arrivare alla basilica di San Pietro dove
da lungi riposano le spoglie dell’apostolo Pietro.
-Nel 1667 papa Clemente IX Rospigliosi chiese a Gian
Lorenzo Bernini di scolpire dieci angeli per posizionare su
Ponte Sant’Angelo. Il papa nel frattempo si era già
procurato tutti i blocchi di marmo necessari per
quell’importante lavoro.
-Gli angeli fatti dal Bernini erano talmente belli che parve
un peccato metterli lassù in cima così l’angelo col
cartiglio e quello con la corona di spine furono
affidati a un cardinale e sostituite con due copie,
oggi si trovano nella chiesa di Sant’Andrea delle
Fratte.
-oltre agli angeli all’inizio del ponte si trova anche San Pietro
con le chiavi del regno (scolpito da Lorenzetto nel 1534) con
San Paolo
-ovviamente per la realizzazione del tutto venne aiutato anche
da quelli che furono i suoi aiutanti, primo fra tutti, il più
conosciuto ANTONIO RAGGI, che esegue l’angelo con la colonna
nella prima coppia di angeli con Morelli che esegue l’angelo con
in mano i flagelli con cui venne frustato gesù
-seconda coppia di angeli: angelo con la corona di spine di
bernini e quello con il velo della veronica con impresso il
sangue di cristo (scolpito da cosimo Fancelli.
-terza coppia: realizzata da Naldini e Lucenti
-quarta coppia: angelo della croce e la scritta Inri apposta
sopra, l’opera venne spostata assieme all’angelo con la corona
di spine in sant’andrea delle fratte, quella sul ponte è di Cartari,
l’altro angelo con la croce è stato fatto da ercole ferrata
-angelo con la spugna (Giorgetti), angelo con la lancia
(Domenico Guidi)
Busto di Gabriele Fonseca, 1670 circa, Roma, San Lorenzo in
Lucina
-1668-1674, ritrae il medico (arquiatra) di papa Innocenzo X ,
ed è nella cappella Fonseca
-particolare del rosario che tiene in mano, l'artista progettò
per la famiglia Fonseca in età già avanzata, nella quale
si conserva un busto del medico Gabriele Fonseca (1670
c.ca) scolpito dallo stesso autore nell'atto di sporgersi
da una finestra, una tipica disposizione berniniana dei
soggetti, quasi fossero elementi di una scenografia
teatrale.
Beata Ludovica Albertoni o
estasi della beata Ludovica
Albertoni , 1671- 1675,
Roma, San Francesco a
Ripa, cappella Altieri (pala
con la Vergine, il Bambino e
Sant’Anna di Giovan
Battista Gaulli
- terziaria francescana che
venne beatificata nel 1671, anche per le esperienze
delle visioni mistiche, dimensione di trascendenza rivalutata e
incentivata dalla chiesa romana nel Seicento. Nello stesso
anno, la famiglia Altieri decise di dedicarle un altare nella
cappella privata in San Francesco: l'opera venne affidata
all'ormai settantenne Gian Lorenzo Bernini.
-affronta con forme più semplici e sobrie il tema dell'estasi
cristiana, già toccato nell'Estasi di santa Teresa d'Avila del
1652
-la figura della beata è stesa su un letto finemente ricamato nel
marmo e poggiato su di un blocco di diaspro lavorato come
fosse un drappeggio, il quale è posto in maniera non
convenzionale sull'altare della cappella
-o spazio della cappella è molto ridotto, ma Bernini riesce
comunque a creare un effetto scenografico quale aveva già
sperimentato nella cappella Cornaro, i che modo dà
l’impressione di ingrandire lo spazio?
Crea due pareti molto inclinate che fanno da quinta allo spazio
dove è inserito il sarcofago della beata. La parete di fondo
viene arretrata, così Bernini può nascondere due piccole
finestre verticali, che danno direttamente all'esterno, creando
una illuminazione radente che rischiara la bianca statua
rendendola più visibile nella penombra della cappella. Entrando
dalla navata principale, la cappella tutta si presenta in maniera
improvvisa, in una fitta penombra spezzata solo da un raggio di
luce proveniente da una finestrella nascosta; la beata è
idealmente elevata grazie alla stretta forma della composizione
architettonica
Inoltre, sullo sfondo troviamo una tela di Giovan Battista Gaulli
(il baciccio), pensata perché le due opere fossero in evidente
contrasto: oltre all'ovvia differenza di materiali, il bianco marmo
e i colori più cupi del dipinto, è forte la discordanza tra l'agitarsi
convulso della figura distesa e la delicata visione paradisiaca
alle sue spalle, quasi la pittura fosse la visione stessa della
beata.
Gian Lorenzo Bernini, Busto di Cristo (il Salvator mundi) , Roma,
San Sebastiano fuori le mura:
Bernini scolpì il Cristo a mezzo busto più grande del
naturale, raffigurato nell’atto di benedire con la mano
destra levata. Ha una lunga e fluente capigliatura (che
ricorda quella di una delle allegorie di un’altra opera di
Bernini) , scolpita con maestria nel marmo di Carrara ed è
abbigliato con un panneggio che movimenta l’opera
conferendogli una certa dose di dinamismo.
-l'ultima scultura di mano dello scultore barocco Gian Lorenzo
Bernini, eseguita a Roma nel 1679, quando l'artista aveva
ormai ottant'anni, e da lui lasciata in testamento all'amica e
committente, la regina Cristina di Svezia.
-dallo scritto di Rudolf Wittwoker : Un busto di marmo, che
rappresenta il Salvatore con una mano, e panneggiamento scolpito
dal Bernini; alto palmi di passetto 4 e due terzi, il suo piedistallo è
diaspro di Sicilia, alto palmo uno et un quarto, largo di sotto due
palmi et un quarto qual busto vien sostenuto con ambo le mani da
due angioli, che sono in ginocchio sopra un gran piede il tutto di
legno dorato, quali assieme col zoccolo son alti palmi nove di
passetto» Wittkower (1713 citato in un inventario di Palazzo degli
Odescalchi
-Bernini chiamava questo suo lavoro il suo beniamino e
dedicò anima e cuore per scolpirlo, è custodita all’interno
della Basilica di San Sebastiano fuori le Mura, a Roma.
Passato agli Odescalchi, se ne persero le tracce negli inventari
dalla fine del Settecento. È stato a lungo considerato perduto,
ma dal 1972 si sono susseguite alcune proposte attributive
variamente discusse. La maggioranza della critica