Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
7 visualizzazioni10 pagine

Tesina Riccardo Lo Verde (1) 2

Il documento analizza il periodo della violenza politica in Italia, noto come 'anni di piombo', evidenziando eventi chiave come la strage di Piazza Fontana e il sequestro di Aldo Moro. Viene esplorato il contesto storico e sociale che ha portato a tale violenza, inclusi i tentativi di prevenire l'affermazione del comunismo e le dinamiche tra i servizi segreti e i gruppi eversivi di destra. La narrazione sottolinea l'importanza di comprendere le motivazioni politiche e sociali dietro il terrorismo, piuttosto che limitarne l'analisi a una visione psichiatrica.

Caricato da

loverdericcardo
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Il 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
7 visualizzazioni10 pagine

Tesina Riccardo Lo Verde (1) 2

Il documento analizza il periodo della violenza politica in Italia, noto come 'anni di piombo', evidenziando eventi chiave come la strage di Piazza Fontana e il sequestro di Aldo Moro. Viene esplorato il contesto storico e sociale che ha portato a tale violenza, inclusi i tentativi di prevenire l'affermazione del comunismo e le dinamiche tra i servizi segreti e i gruppi eversivi di destra. La narrazione sottolinea l'importanza di comprendere le motivazioni politiche e sociali dietro il terrorismo, piuttosto che limitarne l'analisi a una visione psichiatrica.

Caricato da

loverdericcardo
Copyright
© © All Rights Reserved
Per noi i diritti sui contenuti sono una cosa seria. Se sospetti che questo contenuto sia tuo, rivendicalo qui.
Formati disponibili
Scarica in formato PDF, TXT o leggi online su Scribd
Sei sulla pagina 1/ 10

Università Alma Mater - Bologna

Riccardo Lo Verde

La stagione del piombo e del tritolo: dalla strage di Piazza Fontana all’omicidio Moro

Corso: violenza politica e terrorismo - Domenico Guzzo

SOMMARIO

Introduzione………………………………………………………………………..…1

Dalla transizione alla democrazia alla scomparsa delle lucciole………………..……2

Muoversi nel sottosuolo: prevenire l’affermazione dei partiti comunisti……………..3

Tritolo ed eversione nera: il patto occulto sleale al dettato costituzionale……………3

Perdere l’innocenza: la strage di Piazza Fontana………………………..…….………4

Obbedire ad ordini superiori: il mancato golpe Borghese………………………..……5

L’esaurirsi della prima fase della strategia della tensione e l’inizio della seconda…..5

La cesura del 1974 e l’escalation della violenza rossa……………………………….6

Un tentativo di apertura: il compromesso storico……………………………………7

Il sequestro Moro: un trauma nella memoria collettiva……………….………………..8

Introduzione

“Se fosse possibile dire saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a domani, credo che tutti
accetteremmo di farlo. Ma non è possibile. Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità.
Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato
vivere con tutte le sue difficoltà.’’

-Aldo Moro

Gli anni che hanno preceduto e accompagnato il rapimento di Aldo Moro sono stati tra i più violenti
della storia repubblicana. Tanta fu infatti la ferocia che caratterizzò quei tempi, che oggi
comunemente si fa riferimento a quel periodo come gli “anni di piombo”. Questo nome deriva dal
titolo italiano dato al film del 1981 di Margarethe von Trotta – Die Bleierne Zeit – vincitore quello
stesso anno del Leone d’Oro al Festival di Venezia. Il titolo originale del film – letteralmente «il
tempo di piombo» – faceva in realtà riferimento al peso della storia. Il piombo, infatti, rinviava sia
alla violenza, sia al senso di colpa di quella generazione coinvolta nella stagione terroristica per i
1
compromessi dei loro “padri” con il regime nazista (Musolino, 2018). Per capire davvero cosa
hanno rappresentato quegli anni bisogna però uscire dal contesto degli anni ‘70 e andare indietro nel
tempo. In primis, è necessario interrogarsi sulle cause che determinarono lo sviluppo del fenomeno
terroristico in Italia. Ciò bisogna farlo sottolineando un aspetto principale: può, infatti, essere
pericolosamente deviante definire “folle’’, un tipo di comportamento o di attività come il terrorismo
che, per le sue manifestazioni, può apparire irrazionale. L’obiettivo sarà quindi quello di fornire una
interpretazione che non sia solamente “psichiatrica’’ dei fenomeni terroristici tra gli anni Sessanta e
Ottanta del secolo scorso ma finalizzata anche all’analisi di quelle che sono state le motivazioni
politiche e sociali, le quali rivestono notevole peso. Tuttavia, non bisogna dimenticare che questo
arco temporale non esaurisce la storia e il tema della violenza politica nell’Italia repubblicana
sebbene vi si possa rinvenire una stagione di violenza che, per quantità di episodi e per intensità,
costituisce una pagina fondamentale della storia del terrorismo italiano del dopoguerra.

Dalla transizione alla democrazia alla scomparsa delle lucciole

La rapida transizione dalla dittatura fascista alla Repubblica democratica fu caratterizzata da culture
dominanti non univoche nell’Italia della ricostruzione.Per molti, la democrazia sembrò essere un
ideale imposto dallo scacchiere internazionale piuttosto che da una convinzione personale.
Il partito politico che in quegli anni guidò in prevalenza la ricostruzione fu la DC, la quale, agli
occhi di Pier Paolo Pasolini si caratterizzò per due fasi distinte: la prima fase di tale regime può
essere individuata dalla fine della guerra alla scomparsa delle cosiddette “lucciole’. La seconda,
invece, era quella che iniziava con la loro scomparsa.

“Nei primi anni Sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a causa
dell'inquinamento dell'acqua sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e
folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c'erano più’’ (Pasolini, 1975).

Quel fenomeno è inteso come uno spartiacque, una linea di divisione, tra due fasi della storia del
nostro Paese e del regime politico che vigeva. Inizialmente, prima della «scomparsa delle lucciole»
vi era secondo l’autore una continuità tra quello che definiva “fascismo fascista’’ e “fascismo
democristiano’’, secondo l’idea che quest’ultimo riaffermava in maniera astratta gli stessi valori del
regime di Mussolini, come ad esempio l’importanza della Chiesa, della famiglia, la disciplina e la
moralità. Tuttavia, secondo Pasolini è esistita anche una fase di transizione nel momento in cui le
lucciole sono scomparse, ovvero quando il “grande paese si stava formando dentro il Paese’’, con
l’avvento di un nuovo capitalismo che avrebbe cambiato in profondità la concezione di intendere la
vita. Sarà, infatti, tra il 1958 e il 1963 che l’Italia conoscerà una imponente crescita economica che
la renderà tra le nazioni più sviluppate. Tuttavia, è anche opportuno sottolineare come la rapida
crescita economica fu accompagnata da squilibri nella struttura sociale del paese, in particolare
dovuto al fatto che l’ampia disponibilità di manodopera al nord causò una spopolamento della
campagne al sud (Istituto Mattei, 2018). Per ciò che riguarda il sistema politico, a partire dal 1963 si
assisterà ad una prima apertura di centro sinistra, con l’ingresso dei socialisti nell’area di governo a
fianco della Democrazia Cristiana. Questa intesa, sebbene pose le basi del welfare italiano non
riuscì, con l’aumentare dei mutamenti sociali e della crisi economica, a interpretare le nuove
istanze e le proteste delle giovani generazioni del 1968.

2
Muoversi nel sottosuolo: prevenire l’affermazione dei partiti comunisti

Evitare la conquista del potere legale da parte del partito comunista fu, dall’inizio degli anni 50,
obiettivo di numerosi organismi paralleli allo Stato. Come viene evidenziato all’interno della
Commissione parlamentare d’Inchiesta del 1991 sul terrorismo, già all’inizio del 1952 i servizi
segreti statunitensi misero in atto un piano di offensiva anticomunista soprannominato “Piano
Demagnetize’’, indirizzato ai servizi segreti francesi e italiani.
Il Sifar, il Servizio Informazioni Forze Armate, sotto le direttive della CIA, si occupò di
minimizzare quella che era la forza dei partiti di ispirazione marxista scongiurando che il
comunismo potesse radicarsi in Italia minacciando gli interessi degli USA ( Commissione
parlamentare d’inchiesta, 1991). Si venne delineando così uno Stato parallelo che si muoveva nel
“sottosuolo” attraverso le direttive del generale Giovanni De Lorenzo, nuovo capo del SIFAR a
partire dal 1955. Quest’ultimo nel 1964, tent , da comandante dell’Arma dei Carabinieri, un colpo
di Stato che tuttavia rimase solamente al suo stadio embrionale . Quel piano, fu probabilmente
determinante in termini di interferenza politica. Infatti, sarà lo stesso Aldo Moro, rinchiuso nella
“prigione del popolo’’ nel 1978 , a scrivere quello che è passato alla storia come il suo “memoriale’’
in cui denunciava che una grave minaccia nel 1964 stava influenzando la politica italiana,
impegnata in una crisi di passaggio tra la fine del primo governo di centro sinistra e la costituzione
del secondo. Si venne a formare cos il Moro 2, con un programma che Moro defin “edulcorato”,
ossia, come voleva De Lorenzo, annullato in ogni sua proposta innovatrice (Grimaldi, 2004).
L’opinione pubblica, inconsapevole dell’esistenza del Piano Solo, ne viene a conoscenza tre anni
dopo, nel 1967, quando, in un contesto sia nazionale che internazionale mutato, una serie di
rivelazioni giornalistiche riscoprirono il presunto «tentativo di colpo di Stato» . “L’Espresso”, in
quel periodo diretto da Eugenio Scalfari, pubblicò un articolo di Lino Jannuzzi in cui la prima
pagina intitolava «Segni e de Lorenzo preparavano il colpo di Stato», mentre all’interno un articolo
intitolato “Complotto al Quirinale’’ si spiegavano le dinamiche del piano. De Lorenzo, nel
novembre del 1967, querelò Jannuzzi e Scalfari, condannati in primo grado a 15 e 14 mesi di
reclusione. 5 anni dopo, si concluse anche l’iter giudiziario relativo ai due giornalisti con la
remissione di querela del generale Giovanni de Lorenzo (Jannuzzi, 1964).

La quiete dell’eversione nera (1969-1974)

Tra il 1969 e il 1974 in Italia si assistette alla cosiddetta fase dell’eversione nera , una fase di
violenza politica rinominata come strategia della tensione, e che si caratterizzò da un rapporto
collusivo ed asimmetrico in termini di finalità politiche fra uomini dei servizi segreti e terroristi di
estrema destra. Un processo che, poiché eversivo, traeva la sua origine dall’interno del sistema
politico costituente, strumentalizzando quelli che erano i gruppi estremisti di destra, i quali,
congetturavano di ritornare ad un’epoca totalitaria, figlia del defunto regime nazista.
Al contrario, l’obiettivo dei servizi deviati, fu quello di mantenere lo status quo, relegando la
sinistra ad un ruolo marginale nel sistema politico, e mantenendo l’Italia all’interno di quelle che
era l’Alleanza Atlantica, orbitando così nell’area delle potenze occidentali. Non fu infatti un caso
che, a differenza dell’Argentina, dove il terrorismo ha portato ad unmutamento del sistema, aprendo
la strada all’involuzione autoritaria delle dittature militari, in Italia, al contrario, si è rimasti
all’interno di un perimetro democratico. Inizialmente la strategia della tensione si caratterizzò
attraverso la protezione di quei nuclei che miravano alla rottura del precario equilibrio che viveva il
paese. S’intendeva così alimentare un sentimento di dispersione e agitazione all’interno della
3



società mediante l’utilizzo di attentati dinamitardi, i quali, non venivano rivendicati ma piuttosto
fatti ricadere a sinistra. Tuttavia la fase di protezione dei gruppi di estrema destra, passerà il
testimone a quella fase in cui il cosiddetto “patto occulto’’ s’incrinerà.

Perdere l’innocenza: la strage di Piazza Fontana

Se la contestazione studentesca iniziata nel 1968, è figlia di un rifiuto di determinati obblighi e di


certe regole, in cui si assiste all’avvento di una generazione che si oppone alla claustrofobia
familiare che viene ben rappresentata nel film Pugni in tasca 1 (Keaton, 2018) del regista Marco
Bellocchio , al contrario il 1969 sarà l’anno in cui inizierà il cosiddetto “autunno caldo’’, in cui gli
operai divengono i veri protagonisti delle lotte sociali per i rinnovi contrattuali e la ricerca di un
migliore trattamento salariale. Scioperi e cortei non sono gli unici mezzi utilizzati, vi saranno le
cosiddette fermate “a gatto selvaggio’’, ovvero forme di lotta operaia che si caratterizzavano per
azioni improvvise col fine di paralizzare le linee di produzione nelle città del cosiddetto “triangolo
industriale’’, estendendosi nell’intera penisola. Sullo sfondo di queste contestazioni, a Milano il 12
dicembre 1969, alle ore 16,37 una bomba esplode nella sala centrale della Banca Nazionale
dell'Agricoltura, in Piazza Fontana. Inizialmente si pensa ad un incidente, ma col passare delle ore
si prende atto di un orribile attentato che provoca 17 vittime, e centinaia di feriti. Quel giorno si
materializza la criminalit dei gruppi eversivi paralleli allo stato, non sarà l’inizio della cosiddetta
«notte della repubblica», bensì un capitolo chiaro tramato ai vertici del potere, avente un messaggio
ben preciso: meglio i morti che un cambiamento.

Nel 51° anniversario dalla strage il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dichiarava:

«A Milano, in piazza Fontana, cinquantuno anni or sono, fu sferrato un attacco feroce al popolo italiano, alla
Repubblica, alla convivenza civile del Paese. Fu tappa di quella strategia della tensione di matrice
neofascista, alla quale si aggiunse ben presto il terrorismo sedicente rivoluzionario delle organizzazioni
brigatiste rosse. La strage di piazza Fontana ha interpellato in maniera esigente l’identità della Repubblica,
suscitando un’unità di popolo determinante per sconfiggere violenza, terrorismo, eversione.» ( Mattarella,
2020).

Tuttavia, sebbene oggi sia chiaro che l’attentato non fu organizzato da gruppi anarchici, nella stessa
sera del 12 dicembre del 1969, il prefetto di Milano, Libero Mazza, inviava al Presidente del
Consiglio Mariano Rumor, un fonogramma : «Ipotesi attendibile che indirizza indagini verso gruppi
anarcoidi aut comunque frange estremiste (Lanza, 2005). Le indagini, inizialmente si indirizzarono
verso gli ambienti anarchici, fra questi, venne accusato l’anarchico Pietro Valpreda di esser sceso da
un taxi con una valigetta, dirigendosi verso la Banca dell’Agricoltura e tornando indietro senza.
Insieme a Valpreda, verrà arrestato anche Giuseppe Pinelli che morirà la sera del 15 dicembre
precipitando da una finestra della Questura dopo tre giorni d’interrogatori. Le circostanze di quella
morte non verranno mai spiegate, sebbene l’unica fatto che realmente si chiarì fu che Giuseppe
Pinelli era estraneo a quella strage. Del tentativo di accusare un giovane attivista di sinistra e della
morte di quest’ultimo, ne parlò in quegli anni anche la letteratura cinematografica. Nel 1970 usciva
il film “Indagine su un contadino al di sopra di ogni sospetto’’ di Elio Petri, il quale aveva
collaborato nello stesso anno a "Documenti su Pinelli’’, un film-inchiesta sulla morte
dell’anarchico, nel quale si ipotizzava che ad aver ammazzato Pinelli fosse stata la polizia (Hjelde,
2018).

4

Obbedire ad ordini superiori: il mancato golpe Borghese
[…]il Fronte Nazionale, da circa tre mesi starebbe preparando un piano insurrezionale su scala nazionale.
Si è appreso […] che a seguito di una riunione cui avrebbero partecipato una ventina di elementi di estrema
destra, [...] sono stati fatti anche riferimenti ad altre personalità che sarebbero coinvolte con il colpo di
stato[…]

Questura di Roma, 17 novembre 1970

Così scriveva la Questura di Roma (Tonietto, 2016) a poche settimane dal golpe ideato da Julio
Borghese , comandante della Decima Mas durante la Repubblica Sociale Italiana. Nel settembre del
1968, a Roma, nasceva il Fronte Nazionale, una organizzazione di estrema destra sotto le direttive
di Borghese, il quale intendeva porre in atto un golpe che, come dichiarò Borghese in un’intervista
rilasciata a Giampaolo Panza, mirava a l’«esclusione dei partiti da ogni partecipazione all’attività
del governo».(Pansa, 1971). Il piano prevedeva, da un lato la collaborazione di uomini di estrema
destra di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, dall’altro, l’avallo del piano da parte di ambienti
economici e militari, oltre a contatti con esponenti mafiosi.
Infatti, anche Cosa Nostra sarebbe stata contatta da un emissario di Borghese, con la richiesta ai
boss Pippo Calderone e Giuseppe Di Cristina di mettere a disposizione uomini delle cosche
( Tonietto, 2016). Nei giorni antecedenti alla cosiddetta “notte di Tora Tora” si stabilì di occupare il
Ministero degli Interni e della Difesa e e sedi della RAI in cui Borghese avrebbe dovuto leggere
alla nazione l’annuncio del colpo di Stato. Stabiliti i punti strategici, nel pomeriggio del 7 dicembre
si insediarono alcuni golpisti vestiti da operai al Viminale. Alle 22,30 del 7 dicembre arrivarono
davanti al ministero una cinquantina di persone di Avanguardia nazionale entrando nell’armeria
dove asportarono i mitra che vi erano custoditi. Allo stesso tempo, uomini della Guardia forestale si
dirigevano verso la sede della Rai . Tuttavia, trenta minuti dopo la mezzanotte Borghese ricevette
una telefonata al termine della quale si rivolse ai suoi compagni informandoli che l’operazione era
stata annullata. Alle richieste di spiegazione, Borghese si mostrò reticente, limitandosi a dichiarare
di aver «obbedito ad ordini superiori».

Il punto di rottura: l’esaurirsi della prima fase della strategia della tensione e
l’inizio della seconda

Nel 1972 proseguivano gli attentati inaugurati nel 1969. Tuttavia è in questo periodo che, le
divergenze di vedute fra quelli che erano i gruppi fanatici neonazisti, e gli apparati deviati dello
Stato troveranno il loro culmine, comportando la fine della prima fase della strategia della tensione.
Sarà dalla strage di Peteano, che il cosiddetto “patto occulto’’ verrà compromesso.
Giovanni Pellegrino, presidente dal 27 settembre 1996 fino al maggio 2001 della Commissione
parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia scriveva di quella strage:

«Nei primi anni Settanta, gli strateghi della tensione abbandonano l’opzione militare. Ma i loro
soldati, la manovalanza delle reti clandestine, continuano ad aspettare una nuova chiamata alle armi
e nell’attesa si mantengono attivi. Quando per qualcuno comincia a capire che la chiamata non ci
sar pi , reagisce e uccide. quel che accade nella campagna di Peteano, vicino Gorizia, dove tre

5




carabinieri, richiamati sul posto da una telefonata anonima, muoiono nell’esplosione di una 500
imbottita di tritolo ( Bortolussi, 2013).

Gli autori della strage di Peteano appartenevano a Ordine Nuovo tra questi Vincenzo Vinciguerra e
Carlo Cicuttini. L’attacco ai carabinieri, fu un messaggio diretto a coloro i quali erano stati la mente
della strategia della tensione, colpevoli di non aver realizzato il sogno degli estremisti di destra:
riportare in vita il Terzo Reich.
A partire dal 1973 cambierà il contesto politico sia in Italia che all’estero. Le condizioni
dell’estremismo di destra si faranno sempre più difficili, mentre la sinistra extraparlamentare, con i
suoi movimenti rivoluzionari come Lotta Continua, Potere Operaio e Avanguardia Operaia si
dichiareranno in aperto contrasto col PCI che, dopo il golpe in Cile del settembre 1973, comincerà
ad avere un atteggiamento maggiormente moderato nei confronti della DC. Nel nuovo quadro
distensivo, sembrano chiudersi definitivamente gli spazi di appoggio per gli estremisti neonazisti da
parte degli strateghi della tensione. Tuttavia in questi anni gli attentati estremisti di destra non si
fermeranno: Il 17 maggio 1973 vi sarà la strage della questura di Milano, i morti saranno 4.
L’attentatore, Gianfranco Bertoli, sebbene si definiva un anarchico “stirneriano’’ ovvero fautore di
posizioni radicalmente anti-stataliste, fu sospettato di essere sostenuto dai servizi segreti e gruppi di
estrema destra. L'obiettivo dell'attentato sarebbe stato il presidente Mariano Rumor poiché nel
movimento ordinovista, dopo la strage di Piazza Fontana, si immaginava che Rumor avrebbe
dichiarato lo stato d’assedio aprendo la strada ad un governo militare sostenuto dall’estrema destra.
Un anno dopo, il 28 maggio 1974, in piazza della Loggia a Brescia, era prevista una manifestazione
contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista, manifestazione che
venne fermata da un ordigno esploso in un contenitore della spazzatura provocando otto morti e
circa cento feriti. Nell’intervista di Sergio Zavoli a Franco Castrezzati dirigente della Cisl che quel
giorno era stato designato a tenere il comizio, Castrezzati sosteneva che Brescia era “una città che
subiva da mesi attentati, anche se limitati alle cose. Quel giorno fu la prima volta che l’attentato
colpì tragicamente la gente’’. L’indomani, La Stampa, titolava “Un vile attentato contro la
democrazia” attentato che, dopo 15 anni e 6 processi, è ancora senza colpevoli, sebbene si sospetta
che la strage aveva un doppio obiettivo ovvero colpire i manifestanti e i Carabinieri, ritenuti
responsabili del tradimento del patto occulto (Zavoli, 2017). Dopo soli 68 giorni, il 4 agosto 1974,
un’altra strage insanguinava l’Italia: una bomba esplodeva sul treno Italicus nella galleria
ferroviaria di San Benedetto Val di Sambro lasciandosi dietro 12 morti e 44 feriti.

La cesura del 1974 e l’escalation della violenza rossa


La violenza sovversiva in Italia ha avuto una escalation graduale. Un percorso lento, che avrà flebili
istanze di lotta armata dall’inizio degli anni ’70, e che arriverà al superamento della soglia
dell’omicidio volontario con grande tormento. La violenza politica sovversiva, si differenziava da
quella eversiva poiché si caratterizzava per gruppi armati d’ispirazione marxista-leninista estranei al
sistema di potere e che intendevano abbattere frontalmente lo Stato borghese attraverso attacchi
paramilitari. L’idea era quella di abbattere il Sistema borghese-imperialista, risvegliando il popolo
che si trovava in una condizione di assuefazione. In “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri,
si manifestava per esempio il risveglio degli operai della fabbriche del nord da parte di attivisti, i
quali portavano con sé una scintilla rivoluzionaria, seconda la logica che, alla violenza padronale, si
sarebbe dovuto rispondere con la violenza operaia (Spagnoletti, 2012).
Tuttavia per parlare del terrorismo eversivo in Italia è necessario fare riferimento alle Brigate Rosse,
gruppo terroristico di cui non esiste un atto ufficiale della sua fondazione, ma che coincide con la
6
decisione di alcuni affiliati del Collettivo Politico Metropolino, fondato nel 1969, di passare alla
lotta armata andando in clandestinità. Tra questi Renato Curcio e Corrado Simioni.
Nel 1987 Mario Scialoja, giornalista dell’Espresso, incontrò Renato Curcio ormai recluso in
carcere. Curcio, nel rispondere alla domanda sul perchè si attribuì al gruppo terroristico il nome di
Brigate Rosse, affermò che nel settembre del 1970, tornando a casa in macchina con Margherita
Cagol, attraversando piazzale Loreto, si ricordò di come il corpo di Benito Mussolini e di Clara
Petacci vennero esposti nel piazzale da parte delle brigate partigiane. Se la scelta di chiamarle
brigate venne dettata da quell’episodio, Margherita Cagol propose l’aggettivo “rossa’’ritenendo che
la prima azione europea di guerriglia urbana fu la liberazione di Andreas Baader da parte della Rote
Armee Fraktion (Nicosia, 2014).

“Noi sapevamo bene di non essere dei banditi e ritenevamo di muoverci sia nella tradizione rivoluzionaria
marxista-leninista pi classica, sia nella nuova prospettiva di guerriglia urbana praticata dai gruppi latino-
americani e anche dai Black Panthers nelle grandi citt del Nord America. Comunque non avevamo altra
scelta, era un rischio da correre”

Renato Curcio

Sarà tra il febbraio e il marzo del 1974 che avviene il primo salto di qualit delle Brigate rosse
attraverso la decisione di indirizzare la sua forza al cuore dello Stato. Il 18 aprile 1974, a Genova,
veniva sequestrato il magistrato Mario Sossi. A differenza dei grandi gruppi extra-parlamentari
come Lotta Continua o Potere Operaio, i quali non erano pronti ad uno scontro militare con lo Stato,
le Brigate Rosse attraverso il rapimento del magistrato Sossi esprimevano definitivamente una
violenza politica a viso aperto, basata sulla disarticolazione dell’apparato statale. “Dentro Sossi,
fuori Rossi”, furono gli slogan di quei giorni. Tuttavia, l’8 giugno, le BR uccideranno il procuratore
generale Francesco Coco e i due militari della sua scorta Antioco Dejana e Giovanni Saponara
poiché Coco si era rifiutato di firmare la liberazione dei detenuti che le BR chiedevano.
Nel 1976, dopo che Curcio venne arrestato nuovamente, le Brigate Rosse ebbero una
trasformazione radicale che è possibile definire come una seconda fondazione delle Brigate Rosse
concentrata nel colpire il cuore dello stato. Il nuovo capo diverrà Mario Moretti.

Un tentativo di apertura: il compromesso storico

Sin dal 1968 Aldo Moro aveva indicato al suo partito una politica per i tempi nuovi. Moro, infatti,
aveva capito perfettamente che la societ necessitava di riformarsi, e che se così non fosse stato,
sarebbero continuate le proteste, gli scioperi nelle fabbriche, le occupazioni delle scuole e delle
università.

[…] il fatto che i giovani, sentendosi ad un punto nodale della storia non si riconoscano nella societ in cui
sono e la mettano in crisi, sono tutti segni di grandi cambiamenti e del travaglio doloroso nel quale nasce una
nuova umanit [...]

A seguito del golpe in Cile nel 1973, Berlinguer, preoccupato di mettere al riparo la democrazia da
una involuzione autoritaria come nel caso cileno, lanciò sulla rivista Rinascita la proposta di un
compromesso storico tra DC e PCI, eliminando la conventio ad excludendum, che non permetteva
di includere il partito comunista in una coalizione di governo ( Craveri, 2002). La strategia portata
avanti da Berlinguer trovò in Aldo Moro un suo sostenitore, ed ebbe una minima attuazione
attraverso l’appoggio esterno del PCI al governo di Giulio Andreotti nel 1976.

7






Il sequestro moro: un trauma nella memoria collettiva

Tuttavia l’idea del «compromesso storico», svanisce col rapimento di Aldo Moro e l’uccisione dei
cinque uomini della scorta in via Fani, il 16 marzo 1978. Due giorni dopo, venne fatto trovare il
primo “comunicato’’ delle Brigate Rosse insieme alla foto che ritraeva Moro seduto sotto una
bandiera con la stella a cinque punte. Nel comunicato si accusava Moro di essere il “gerarca più
autorevole, il teorico, lo stratega di quel regime indiscusso che da trent’anni opprime il
popolo’’ (Senato della Repubblica, 1996). Durante il suo sequestro vi furono, all’interno del sistema
partitico, posizioni differenti per iniziare una trattativa: il Psi venne chiamato “il partito della
trattativa”; il Pci invece venne soprannominato “il partito della fermezza”. La democrazia cristiana
era divisa tra una soluzione che salvasse la dignit dello Stato e la sopravvivenza di Moro (Di
Filippo, 2015).

“Dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva
dicendo, siamo ormai, credo, al momento decisivo’’

Aldo Moro, lettere dalla prigionia

Sebbene nel comunicato numero otto le BR furono disponibili a trovare un compromesso tra la
scarcerazione di Moro e quella di terroristi incarcerati, prevalse la linea della fermezza. Dopo
cinquantacinque giorni Moro venne ucciso il 9 maggio del 1978 e fatto ritrovare nel bagagliaio di
una Renault 4 in via Caetani.

Il 9 maggio 1978 costituì un trauma nello sviluppo e nella storia politica della comunità nazionale.
Fu lo stesso Moro a scrivere che una sua eventuale condanna avrebbe privato il paese “di un punto
di riferimento e di equilibrio’’ (Gotor, 2008). Il Ministro dell’Interno Francesco Cossiga, stretto
alleato di Moro, decise di dimettersi come Ministro dell’Interno quando la notizia dell’assassinio
divenne di pubblico dominio. Riguardo le BR, nell'aprile del 1981, i precari equilibri tra le diverse
posizioni politiche all'interno del gruppo terroristico precipitavano. A Milano, veniva arrestato
Mario Moretti. Due anni dopo, nel 1983, Patrizio Peci, appartenente alle BR, dopo la pubblicazione
del libro Io, l’infame testimonierà contro i suoi ex compagni, avendo un ruolo fondamentale nella
fine dell’organizzazione.

[…] Fino a quel giorno ero stato un brigatista, dopo di allora divenni il più feroce nemico delle Brigate
Rosse» […]

Patrizio Peci

Con la morte di Aldo Moro, il cuore pulsante della classe dirigente repubblicana necessariamente
veniva meno, segnando la memoria di un’ intera generazione. Si inaugurò così la notte della
Repubblica e l’inizio del declino di una stagione politica che per esasperazione e violenza fu unica
nel suo genere.

Bibliografia
8

1) Commissione parlamentare d’inchiesta (1991) ‘Sul terrorismo in Italia e sulle cause della macnata
individuazione dei responsabili delle stragi’. Available at: http://www.senato.it/service/PDF/
PDFServer/DF/256264.pdf.
2) Giampaolo Pansa (1971) Borghese mi ha detto. Milano: Palazzi.
3) Giovanni Spagnoletti (2012) ‘Una nota su La classe operai va in paradiso’. Available at: https://
core.ac.uk/download/pdf/53867237.pdf.
4) Giulia Di Filippo (2015) ‘Il compromesso storico: 1976- 1978’. Available at: https://tesi.luiss.it/
17569/1/073492_DI%20FILIPPO_GIULIA.pdf.
5) Grimaldi, L. (2004). Uno scandalo italiano: l'Espresso e il''caso Sifar’'
6) Hjelde,B. (2018) ‘Gli anni di piombo, visti attraverso i film. L’effetto della lotta armata e della
polarizzazione sul cinema italiano’. Available at: https://www.duo.uio.no/bitstream/handle/
10852/66761/Bjarne-Hjelde_x.pdf?sequence=1&isAllowed=y.
6) Istituto Mattei (2018) ‘Il miracolo economico’. Available at: http://www.istitutomattei.bo.it/wp-
content/uploads/2018/01/Il-miracolo-economico.pdf.
7) Keaton (2018) ‘I pugni in tasca’. Available at: https://keaton.eu/images/films/i_pugni_in_tasca/
PB_i_pugni_in_tasca.pdf.
8) Lino Jannuzzi (1964) ‘Complotto al Quirinale’. Available at: http://temi.repubblica.it/espresso-
il68/1967/05/14/complotto-al-quirinale/?refresh_ce.
9) Luciano Lanza (2005) ‘Bombe e segreti’. Available at: https://eleuthera.it/files/materiali/
Luciano_Lanza_Bombesegreti_NE.pdf.
10) Nicola Tonietto (2016) ‘Un colpo di stato mancato? Il golpe Borghese e l’eversione nera in Italia’.
Available at: https://www.researchgate.net/publication/
309161760_Un_colpo_di_stato_mancato_Il_golpe_Borghese_e_l%27eversione_nera_in_Italia
11) Miguel Gotor (2008) Lettera dalla prigionia.
12) Nicosia (2014) ‘Brigate Rosse.Rote Armee Fraktion’. Available at: http://archivia.unict.it/bitstream/
10761/1586/1/NCSRRT83D68C351Q-Brigate%20Rosse.%20Rote%20Armee%20Fraktion.
%20Una%20proposta%20di%20lettura%20dell%27estetica%20della%20politica.pdf.
13) Piero Craveri (2002) ‘L’ultimo Berlinguer e la "questione socialista’’’. Available at: https://
www.jstor.org/stable/43611861?seq=1#metadata_info_tab_contents.
14) Pier Paolo Pasolini (1975) ‘“Il vuoto del potere” ovvero “l’articolo delle lucciole”’.
15) Santina Musolino (2018) ‘Verso una memoria autocritica:ripensare i racconti e i ricordi degli "anni
di piombo’’’.
16) Senato della Repubblica (1996) ‘Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani’.
Available at: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/908918.pdf.
17) Sergio Mattarella (2020) ‘Dichiarazione del Presidente Mattarella per il 51° Anniversario della strage
di Piazza Fontana’. Available at: https://www.quirinale.it/elementi/51308.
18) Sergio Zavoli (2017) La notte della Repubblica.
19) Stefano D’Auria (2012) ‘PIAZZA FONTANA DOPO L’EVENTO PIÙ NERO, IL PROCESSO PIÙ
LUNGO NELLA STORIA DELLA REPUBBLICA ITALIANA’. Available at: http://
rassegnapenitenziaria.it/rassegnapenitenziaria/cop/126.pdf#page=45.
20) Veronica Bortolussi (2013) ‘La strage di Peteano e la strategia della tensione’. Available at: https://
guidosalvini.it/wp-content/uploads/2019/08/Veronica-Bortolussi-La-strage-di-Peteano-e-la-strategia-
della-tensione.pdf.

9
10

Potrebbero piacerti anche