Riassunto Libro Lestetica Musicale Dal 700 Ad Ogg e Fubini
Riassunto Libro Lestetica Musicale Dal 700 Ad Ogg e Fubini
I. Armonia e melodramma
L'invenzione del melodramma e l'invenzione dell'armonia sono due temi largamente trattati dai
letterati, musicisti e musicologi del Seicento e Settecento. La tradizione polifonica fu superata,
perchè non sufficiente a reggere l'andamento del melodramma. Proprio durante questi due
secoli assistiamo ad una rivoluzione linguistica che riscatta la posizione della musica nella
gerarchia delle arti. Uno dei primi teorici che contirbuì al superamento della polifonia era
Zarlino (1517-1590), studioso di impostazione razionalista; egli ricondusse il mondo plurimodale
della polifonia ai soli due modi minore e maggiore, anzi al solo maggiore, essendo per lui il minore
solo una variazione del maggiore. L'esemplificazione dei suoni è mirata a provocare il maggior
effetto possibile sull'ascoltatore. "Muovere gli affetti", dalla seconda metà del Cinquecento in
poi la musica acquista questa nuova finalità, tutta direzionata verso il pubblico. In questa
meccanica degli affetti nasce il melodramma e nasce anche più in là la musica strumentale. Sul
piano teorico sono state aperte molte dispute circa la musica strumentale, spesso accusata di
essere troppo "asemantica" e di non trasmettere nulla di vero all'ascoltatore.
Esistevano quindi due grossi filoni di pensiero: uno che portava avanti studi sull'armonia per
fondare l'autonomia della musica come linguaggio degli affetti (Zarlino etc...), e un altro invece
che rivendicava il carattere puramente melodico della musica , e che in questo modo la legava
indissolubilmente alla parola (Caccini, Peri, Monteverdi..). Assai complicato risulta il rapporto
tra musica e parola nel melodramma; le posizioni dei critici sono dunque assai e varie e infatti
tra il 1600 e il 1700 assisteremo a molte querelles. Cartesio condusse uno dei primi studi sulla
musica che fu un potente stimolo allo sviluppo di studi scientifici sul suono e sull'armonia. Nel
suo Compendium Musicae spiega il meccanismo acustico e fisiologico grazie al quale la musica
prudce effetti su di noi, concentrandosi molto sui vari tipi di intervalli e i corrispondenti
effetti. Marino Marsenne con la sua Harmonie Universelle proseguì le ricerche empiriche di
Cartesio sulla fisica acustica e sull'armonia e concependo insieme a Keplero un nuovo
fondamento naturale; nel programma seicentesco natura e spirito sono sotto una comune legge e
sembra che la musica sia il loro punto di convergenza più efficace.
La teoria degli affetti fu elaborata per la prima volta da Kircher, il quale la definì come la
Retorica del nuovo linguaggio armonico melodico. Vi è dunque una precisa relazione tra ogni
stato d'animo e la corrispondente armonia o stile musicale. Nome della teoria
:"Affekstenlebre". Individua tre stili fondamentali nella musica che chiama rispettivamente
individuale, azionale, funzionale.
Il recitar cantando fu uno stile di canto del XVII secolo che abbe breve vita, prende origine da
un ideale umanistico di recupero del modello del teatro greco. In questa prospettiva la musica
aveva solo il compito di riconoscere la musicalità intrinseca del linguaggio per sottolinearla più
che inventare un proprio linguaggio. Questa dottrina avrebbe originariamente dovuto
ricongiungere la musica e la poesia, e invece aprì di fatto la strada a una delle più aspre
querelle. Già pochi anni dopo la sua nascita, questo nuovo stile trovava letterati che lo
condannavano. Nel 1628 Giustiniani nel suo Discorso sopra la musica dei suoi tempi afferma che
si era progredito e andati bel oltre il vecchio e logoro recitar cantando. Della stessa opinione è
Doni che nel suo Trattato sulla musica scenica definirà il recitar cantando "noioso e
stucchevole" e sottolineerà anche la nascita di un nuovo tipo di spettacolo che sta avendo
origine da una degenerazione di questo stile seicentesco: uno spettacolo tipicamente barocco,
ben lontano dalla compostezza affettiva del rinascimento. Quasi paradossalmente la musica
ritrova una sua dimensione autonoma, elabora un nuovo linguaggio degli affetti, sganciandosi
dalla poesia.
La questione del congiungimento di due linguaggi così diversi come la musica e la poesia ha
influenzato il XVII e il XVIII secolo, in particolar modo è stata oggetto di molte querelle in
Italia e in Francia. Nonostante molti studiosi e teorici condannassero l'incontro di musica e
poesia, il melodramma continuava imperterrito lungo il suo cammino, acquisendo anche molto
successo. Alla base di questa condanna c'è il fatto che per lo spirito razionalistico cartesiano
l'arte e il sentimento rappresentano solo forme inferiori di conoscenza. La musica si rivolge ai
sensi, la poesia alla ragioe, questa è la questione. E il problema che ne consegue è che nel
melodramma la musica dovrebbe servire solo da accompagnamento al sublime messaggio delle
parole, invece tende a sovrapporsi al ibretto, che deve adattarsi allo spirito della musica.
Gravina, Maffei, Baretti, Milizia, addirittura Alfieri erano concordi in questa condanna al teatro
musicale.
La locuzione "Imitazione della natura" è stata ampiamente utilizzata nel corso dei secoli, e ha
sempre acquisito vari significati a seconda dell'epoca di cui si parla. Nel Seicento il termine
natura è per lo più usato come sinonimo di ragione e verità, e il termine imitazione per indicare
il procedimento che abbellirà e renderà più accetta e piacevole la verità di ragione. Nella
seconda metà del Settecento natura sarà sinonimo di sentimento, di spontaneità e il termine
imitazione per indicare la coerenza e la verità drammatica, il legame dell'arte con la realtà. Tale
principio, che dapprima viene utilizzato per giustificare il gusto aulico calssicheggiante
francese, se svolto fino in fondo porterà alla condanna dell'arte e alla negazione della sua
autonomia., poichè alla luce di questa concezione di arte come poacevole imitazione solo la
poesia è ammessa al regno delle arti, mentre la musica ne viene esclusa.
Una delle più grandi polemiche del panorama musicale di questo secolo fu proprio quella tra il
melodramma francese e quello italiano. Il melodramma francese, sulla scia di Lulli, si è
sviluppato secondo una tradizione di serietà, conformato ad un gusto aulico e classicheggiante.
Il melodramma italiano ha permesso invece alla musica di estendere i propri limiti, si è
sviluppato più come uno spettacolo popolare, profumato di libertà. L'abate francese Raguenet
nel 1698 commì un viaggio a Roma per venire in contatto con la musica italiana e il melodramma e
4 anni dopo pubblicò un volume nel quale disse che secondo un criterio razionalistico il primato
sarebbe dovuto andare al melodramma francese, ma il melodramma italiano aveva qualcosa in
più: la musicalità, che rendeva senz'altro più piacevole lo spettacolo. Due anni dopo, nel 1704,
Lecerf, grande ammiratore di Lulli, pubblicò un volume sulla musica italiana e francese
delineando le regole per quello che lui definiva il buon gusto; queste regole erano la naturalezza,
la semplicità,evitare gli eccessi e abolire il superfluo. Sembra scontato dire che condannasse la
musica italiana seguendo le regole sopra enunciate. Egli tuttavia dovette riconoscere che la
musica si rivolge all'udito per rallegralo e lusingarlo, ma allo stesso tempo riconosce anche che
l'arte è inferiore alla conoscenza e che quindi bisognava ridurre al minimo l'effetto che qquesta
aveva sullo spettacolo. L'arte andava sottomessa alla ragione per Lecerf.
Il secondo tentativo di conferire autonomia e dignità alla musica arriva nel 1719 dall'abate Du
Bos nel suo testo "Reflexions critiques sur la peinture et la poèsie", nel quale assegna alla
musica un posto all'interno delle arti imitative. Ma le passioni che ci muovono le arti sono meno
serie di quelle che ci muovono gli oggetti che reali che vengono imitati, ecco perchè un elemento
essenziale per Du Bos è lo stile, cioè il modo con cui lo si è imitato; in questa prospettiva la
musica arriva pefino ad avere un legame più forte con i sentimenti della poesia. Du Bos non
rinnega il concetto di verità, solo che se per un classicista come Boileau parliamo di verità
razionalistica, per Du Bos parliamo di verità dei sentimenti. Il piacere dell'orecchio diventa il
pacere del cuore, la musica viene così riscattata dall'accusa di essere un mero stimolo sensibile.
Tuttavia tutte le tesi di Du Bos sono ancora parzialmente legate alla musica come integrazione
o potenziamento e completamento del linguaggio verbale. Egli tenta di giustificare anche la
musica strumentale riducendone il compito alla pura imitazione dei rumori della natura. La tesi
che ci illustra nel terzo libro sarà quello che nei ecenni successivi riscontrerrà più successo:
rivalutare la musica nei suoi stessi fondamenti ritornando alle sue origini storiche e mitiche. Il
Battuex riprenderà questi temi nel suo saggio "Les beux arts reduits a un meme principe", il cui
principio di cui parla è ovviamente quello di imitazione della natura, ma l'artista deve compiere
una scelta tra le parti più belle della natura, per formare un tutto squisito. Queste tesi vanno
bel oltre quelle di Du Bos, ma ciò che appare chiaro è che esiste già una netta frattura fra il
sentimento e la ragione e secondo Batteux "Il cuore è il regno della musica".
Solo il melodramma può riscattare la musica dalla sua condanna, mescolandola alla poesia. In
questa prospettiva molti filosofi o letterati sviluppano un'estetica che tende a relegare la
musica ai margini del Parnaso, accettandola nel minore dei suoi mali, la monotonia, concetto
presente già vari decenni prima in Lecerf. Crousaz è un forte sostenitore del principio di
monotonia, per lui la via maestra è quella della separazione fra forma e contenuto, quindi la
musica deve adempiere ai suoi compiti di forma senza inficiare il contenuto, rappresentato dalla
poesia. In questa scia, una figura importante è quella dell'abate Pluche, uno dei più radicati nella
condanna alla musica strumentale. Nel suo libro si parla di musica nel capitolo delle Professioni
istruttive. Egli presenta una significativa immagine del ruolo che la musica è da sola, un vestito
senza corpo. Egli crede che l'arte debba addirittura rinunciare a commuovere, e contrappone
alla musica barocca una musica che conscia della sua dipendenza, non si stacca, non si allontana
dalla voce umana, dalla parola che accompagna. Il classicismo, nonostante questi aggiustamenti
opportunistici si è dimostrato incapace di accettare e giustificare la musica tra le altre arti sul
piano estetico e filosofico. La loro concenzione della musica resta quella di un ornamento,
un'aggiunta.
Parallelamente alla via del cuore, è sempre esistita (fin daa Pitagora fino a Zarlino) una via più
matematico-razionalistica. In questo filone si rivela importante l'Essai sur le Beau del padre
gesuita Andrè. Quello su cui si concentra maggiormente è quel qualcosa di fisso nella musica fin
dai tempi della sua creazione, l'armonia. "la musica è la scienza dei suoni armonici e dei loro
accordi", ma la sua armonia agisce su due livelli, uno sull'orecchio e uno sulla ragione, che
presiede essenzialmente ai giudizi dell'orecchio. L'armonia della musica si può ben dire che è
fondamentalmente una, ma si rivela a noi a diversi livelli; si parla di due diversi mondi musicali,
uno inacessibile all'uomo, e l'altro creato dal'uomo per il suo piacere, soggetto alle mode e ai
cambiamenti. I diversi stili che si sono succeduti nei secoli non sono che lo sforzo di
adeguamento degli uomini all'eterna legge della musica. Andrè privilegia la voce umana rispetto
agli strumenti, e considera la musica un'arte superiore rispetto ad altre arte imitative, come
per esempio la pittura, che egli considera un'arte imitativa perfetta, ma che non ci dà la vita,
poichè i suoi mezzi sono limitati; al contrario, la musica, agendo attraverso mezzi più indiretti ,
o addirittura metaforici, scava fino in fondo nell'anima. Il suo è un tentativo di superamento
della dottrina matematica pitagorica, vuole trovare e mostrare a tutti il punto di incontro della
natura fisica e insieme spirituale della musica.
Capitolo secondo
Alla sua comparsa, Rameau, fu accusato di italianismi, di essere un rivoluzionario barocco che
voleva inficiare la perfezione della musica francese; ben presto, però, i suoi contemporanei si
accorsero che in realtà la sua teoria era più che tradizionalista e fu ben presto considerato il
difensore della grande opera francese. Egli affronta la questione musicale sotto il profilo
fisico-matematico, giungendo al superamento della barriera che limitava la musica all'ultimo
posto tra le arti imitative, poichè se nei suoi fondamenti la musica può essere ridotta a scienza,
e quindi razionalizzata nei suoi principi, non può più essere considerata un semplice stimolo
sensibile. Tutta la musica deve avere delle regole fisse e stabilite, che possono essere tutte
ricongiunte all'armonia perfetta che ne sta alla base. Rameau sostiene quindi che la musica,
oltre che sentita, debba essere resa intellegibile: esiste di fatto un supremo accordo tra
intelletto e sensibilità. Nonostante questa ultima affermazione, bisogna comunque rìdire che
Rameau fu accusato di essere un arido intellettualista, limitato al campo dell'armonia, che
esclude a priori il principio della melodia. In realtà il privilegiamento dell'armonia spalancò le
porte per lo studio e l'affermazione della musica strumentale come linguaggio autonomo, per
questo e per molti altri versi Rameau può essere considerato un precedente dei romantici, solo
ancora ancorato alla tradizione lullista.
Nella seconda metà del Settecento esistevano due grandi partiti: uno più numeroso, composto
dai ricchi, dai nobili e dagli amanti del gusto aulico che difendevano la tradizione classicista
francese, e l'altro, composto da persone più fiere, entusiaste, dai veri conoscitori e dalle
persone intelligenti che si schieravano dalla parte della musica italiana. Gli enciclopedisti furono
un gruppo di intellettuali di questo secolo che contribuirono a formare la futura concezione di
musica come espressione dei sentimenti. L'Enciclopedia è l'opera comune di questo gruppo di
intellettuali, un'opera vasta, multiforme e colma di concetti, talvolta eterogenei tra loro, dato il
numero di autori che cooperarono per la scrittura dell'opera. Per citarne alcuni: Rousseau,
Diderot, D'Alembert, De Jacourt ecc... L'intero pensiero di Rosseau circa la musica è racchiuso
in Dictionaire de musique: lui ama la musica italiana per la sua freschezza, naturalezza e
abbozzando. Il filosofo era uno sprovveduto in quanto a musica, infatti sviluppa due tesi diverse
e opposte: in una assegna l'ultimo posto alla musica tra le belle arti a causa della sua
asemanticità, nella seconda tesi afferma però che la musica può commuovere più da vicino la
spirito rispetto alle altre arti, e da questo punto di vista meriterebbe il primo posto accanto
alla poesia, nonostante il fatto che il piacere provocato dalla musica è solo passeggero. In
questo caso l'asemanticità della musica diventa un aspetto positivo. L'importanza della dottrina
estetica musicale di Kant non sta tanto nei suoi contenuti, quanto negli effetti che ha provocato
negli studiosi successivi, come sulla teoria del formalismo di Hanslick.
La questione musicale sviluppatasi in Francia fino ad ora, dalla seconda metà del Settecento in
poi diventa una questione europea. In Italia il melodramma è protagonista e la questione è
sempre quella del rapporto tra musica e poesia. C'era un partito più tradizionalista, intento a
ripristinare l'ordine eseguendo l'opera secondo le norme dell'opera francese, e un'altro che
invece sosteneva il melodramma all'italiana. Algarotti e Arteaga furono i più grandi
conservatori, secondo il loro pensiero l'orchestra aveva il dovere di accompagnare il recitato
per esaltarne i caratteri, e anche tutte le altre arti come la danza, i costumi, le scene dovevano
collaborare a mettere in primo piano lo splendore delle parole. L'Arteaga vede come un grande
difetto il diffondersi della musica strumentale, e infatti condanna Metastasio, artista il quale le
poesie avevano fatto intravedere agli uomini la possibilità di una musica strumentale data la loro
musicalità. Solo Eximeno e Manfredini in Italia si schierarono contro queste tesi
tradizionaliste, sostenendo pensieri di stampo enciclopedista, sotto l'influenza in particolare di
Rosseau. Eximeno cercava approvazione per una sua opera da un dotto bolognese di nome Padre
Martini, il quale però era molto legato al pensiero di Rameau quello di un fondamento eterno), e
quindi molto lontano da quello di Eximeno. Per Eximeno la musica ha l'origine in comune con il
linguaggio, pensiero in comune con Rosseau, e ha lo stesso scopo di parlare, ovvero esprimere i
sentimenti. Manfredini è ricordato per il suo spirito rivoluzionario e polemista, si schiera contro
il pensiero tradizionaliste, e seguendo la teoria del progresso , afferma che la musica
strumentale è un segno del progresso della musica e della poesia, poichè la loro separazione è
direttamente proporzionale al loro progredire autonomamente. Se l'armonia e il contrappunto
finora erano stati giudicati male dagli studiosi per il rischio che causassera una degenerazione
della musica, ora, con il primo avvento della musica strumentale non si può più immaginare il
concetto di musica escludendo quello di armonia, e di conseguenza non ha più senso una scelta
tra la melodia e l'armonia.
4. Estetica e storiografia
compilare una storia musicale risalgono alla seconda metà del settecento e i due nomi da tenere
d'occhio sono Hawkins e Burney. Burney conduce i suoi studi da una prospettiva "umanistica", e
mira ad una rivalutazione della musica sul piano della civiltà e della cultura; Hawkins è l'autore
dell'altra grande storia della musica, che è però fondata su principi ben diversi rispetto a quelli
di Burney. Hawkins è ancorato ad una concezione che si può definire "razionalistica", e di
conseguenza la sua opera risulta, nonstante i suoi notevoli pregi, chiusa e rivolta al passato,
mentre quella del Burney, con la sua fede nel progresso, ha restituito piena dignità d'arte alla
musica. (Hawkins voleva dimostrare che tutti i principi a cui è legata la musica sono principi
generali e universali)
5. Bach e l'illuminismo
Le accese discussioni in Italia sul melodramma, si ritrovano simili in Germania, a proposito della
superiorità del contrppunto sulla melodia o viceversa. I primi due protagonisti di questa disputa
furono Bach e Scheibe. Scheibe riconosce il grande talento e l'immensa maestria di Bach, ma ne
condanna la musica per eccessivo virtuosismo, per uno stile che da lui viene definito "ampolloso",
che rende il canto assolutamente inafferrabile. Il giudizio di Scheibe nega naturalezza e
melodiosità alle opere di Bach, che quasi disinteressato dalla questione, non risponde alla
provocazione. Così la discussione si andò spegnendo negli anni, spostandosi su altri temi: in
Germania la musica strumentale trovò un terreno molto fertile rispetto al resto d'Europa, e
questo lo si può capire già dall'importanza che gli studiosi tedeschi attribuivano al fattore
puramente acustico. Prima Matheson, e in seguito Quantz, formularono teorie in cui si parlava di
ragioni, di buon gusto, ma anche di esperienza diretta e conoscenza ella tecnica (attraverso
l'udito, ovviamente); di qui nasce anche la loro concezione soggettiva del giudizio estetico, che
costituisce il presupposto per liberarsi dal principio di autorità. Quantz rappresenta il trionfo
del buon gusto, la critica all'eccessiva audazia degli italiani e alla mancanza di varietà dei
francesi; riconosce a pieno il discorso sulla musica strumentale, poichè a suo parere la musica
strumentale possiede le leggi proprie del suo linguaggio.
Col tempo l'accesa discussione fra musica italiana e musica francese andò spegnendosi sempre
più, entrambe le parti avevano perso quei caratteri che le rendevano contrapposte e
inconciliabili, e si andava intravedendo uno sfondo comune, cioè quello della critica alla
frivolezza del melodramma. Per questi motivi l'ultima querelle di questo secolo che andiamo ad
analizzare, cioè quella fra Gluck e Piccinni, risulta più artificiosa delle altre. Gluck non è l'unico
ideatore della sua riforma, in collaborazione con lui c'era il suo che avevano trovato la loro
espressione all'interno della storie della musica italiana, francese e tedesca. Il teorico più
vicino al loro pensiero è senz'altro Algarotti, ma la sua era un'opinione troppo ancorata al
razionalismo (musica arte inferiore rispetto alla poesia), da considerare come punto di partenza
di Gluck più che come punto d'arrivo. La componente roussiana e diderottiana del suo pensiero
rappresentano il correttivo al rischio di una concezione letteraria del melodramma. Quella tra
Gluck e calzabigi librettista Calzabigi, che forse puù essere considerato più autore di Gluck
stesso dei principi della riforma; davanti alla loro grandezza, la figura di Piccinni aveva poche
possibilità. Loro si presentavano come i conciliatori di elementi sembra fosse una collaborazione
fondata sul presupposto di una musicalità originaria della poesia che si rivela nella stessa
declamazione; Gluck si rifà a Rameau, soprattutto per la prospettiva eclettica, che tende più
che ad aprire una nuova epoca nella storia della musica, a concludere gloriosamente il suo secolo.
Gluck non ebbe solo sostenitori a seguito della sua riforma, anzi si può dire che i trattei più
caratterizzanti la riforma stessa si notano se messi a paragone con gli oppositori del tedesco: la
Harpe e Marmontel. I due, entrambi di stampo classicista, erano forti sostenitori della musica
italiana. La Harpe affermò in un articolo che il suo ideale era quello di un'arte levigata,
commovente ma che non turbi l'animo (cosa che invece faceva il prodotto della riforma di
Gluck); i principi di difesa che utilizza la Harpe nei confronti della musica italiana sono quasi
analoghi a quelli che utilizzava Lecerf per difendere la musica francese il secolo prima.
Marmontel si esprime in modo simile al suo collega, riferendosi soprattutto alla dolce opera
napoletana, che con le sue languide arie e col da capo, rappresenterà il modello ideale per
questo gusto classicheggiante e razionalistico. Alla fine il conflitto tra tradizionalisti e
rinnovatori fu mediato e risolto da Gluck che riuscì a produrre un'opera che ha rappresentato il
punto di convergenza del gusto dell'illuminismo.
A differenza del melodramma, che è stato spesso tema di discussioni circa il suo sviluppo, la
forma sonata si è affermata silenziosamente all'interno del panorama musicale di fine
Settecento. Molti critici parlando della forma sonata come dell'incarnazione degli ideali
illuministici, poichè gli illuministi provavano disdegno nei confronti della musica strumentale,
prediligevano un tipo di arte più impegnata, che prendesse l'anima nel profondo. Pare che gli
illuministi provarono grande entusiasmo per la forma sonata e la sua articolazione più complessa,
erano alla ricerca di un nuovo teatro, di un teatro di massa. L'accusa che gli illuministi
rivolgevano alla musica strumentale, cioè di non riuscire a parlare, viene di fatto superata
nell'impianto linguistico e narrativo della forma sonata. E' necessario prestare molta attenzione
a parlare di "forma sonata", poichè non per tutti gli artisti il termine assumeva lo stesso
significato; possiamo trovare infatti grandi differenze tra la forma sonata di Haydn, di Mozart
o di Beethoven. La forma sonata che forse più si avvicina al concetto illuminista è quella di
Haydn, considerata come prima espressione sturmeriana che andava diffondendosi in Europa.
Haydn non è un musicista dialettico, i suoi temi non sono contrastanti, lo sviluppo non è un campo
di battaglia, è un racconto dove i temi si susseguono l'un l'altro seguendo un preciso e studiato
cammino; la sua struttura è finalizzata alla costruzione di un racconto denso, che va seguito con
estrema attenzione e dedizione. L'assenza di contrapposizione tra i temi ha portato alcuni
critici a definire la forma sonata haydniana come fondamentalmente monotematica. La forma
sonata quindi dotata di sua natura di duttilitdalla struttura sostanzialmente discorsiva di Haydn
e in fondo anche di Mozart, si passati ad una struttura drammatica e dialettica, con una
tematica sostituita dalla contrapposizione violenta.
La gnoseologia kantiana tendeva a creare una demarcazione tra quelli che erano i limiti e le
possibilità della conoscenza e dell'azione dell'uomo, ma ben presto i romantici hanno
interpretato la sua filosofia come un invito ad oltrepassare i limiti. Così nella forma sonata la
diversità tematica rappresentava la condizione di poter elaborare una ragionevole struttura
narrativa, articolata e sufficientemente complessa ; così la ripresa stava a significare, dopo lo
sviluppo, il felice scioglimento della vicenda narrata.
Il riconoscimento della nascosta affinità e profonda parentela fra i due temi è percepibile solo
al loro riapparire nella ripresa. Nonostante il forte parallelismo, bisogna comunuqe distinguere
le due cose poichè in Kant manca l'elemento dinamico, il senso del progresso e dell'evolversi
della situazione. La forma sonata rappresenta il passaggio dall'illuminismo al romanticismo.
Capitolo terzo
Il romanticismo
A fine secolo i sintomi della crisi della concezione illuministica si sentono ovunque: sia nella
posizione sociale della musica, che nella valorizzazione della musica strumentale, nel ritorno ai
grandi del passato come Bach e Palestrina; ciò che prima pareva essere una condanna ora è un
motivo di gloria. Per gli illuministi la musica era un'arte asemantica, e , i romantici non
rifiutarono questo presupposto, ma ne fecero un attributo di grande privilegio e valore.
L'asemanticità della musica la poneva al di sopra di qualunque mezzo di comunicazione. "La
poesia deve essere figlia obbidiente della musica" W.A. Mozart
La concezione romantica della musica trae indubbiamente origine dallo sviluppo del concetto
illuministico dell'origine comune di poesia e musica; il nuovo interesse dei romantici portò
l'attenzione sugli elementi originariamente musicali del linguagigo poetico. Herder, uno fra i
primi studiosi romantici, riconobbe nell'arte dei suoni il vertice delle possibilità estetiche
dell'uomo, e identificò il canto originario, quello in cui poesia e musica erano unite, come il
linguaggio proprio dell'uomo; era però necessario riscattare la musica dal suo istinto animalesco
e porla al centro di un linguaggio poetico. Per Herder, l'Opera, cioè l'unione di tutte le arti,
sarebe stata l'incarnazione del suo ideale (poesia, musica, azione e decorazione). Hamann, un
teorico contemporaneo a Herder, scrisse che la poesia possedeva una musicalità intrinseca, e
identificò la musica come via d'accesso a verità altrimenti inaccessibili.
Schlegel "la musica è tanto più significativa quanto più è lontana dal linguaggio verbale".
Wackenroder può essere considerato l'iniziatore del romanticismo tedesco, nonostante la sua
breve e fallimentare vita, dominata dall'ansia e dall'instabilità, entrambi tratti percepibili
all'interno delle sue opere. Nonostante questo alcune idee all'interno dei suoi scritti hanno
molto influenzato i pensieri delle prime generazioni romantiche. In "Fantasia sull'arte di un
monaco amante dell'arte" si parla di un giovano letterato che parla di pittura e di musica, ma
non come un critico, che inaridisce, analizza e seziona l'opera d'arte, bensì come un osservatore
passivo, che si lascia travolgere dall'essenza dell'opera, nella sua più profonda bellezza. Di
fronte all'arte è necessario un abbandono totale, un atteggiamento puramente contemplativo
che ci permetta di essere travolti dai sentimenti che la musica ci vuole trasmettere, perchè è
qui che risiede il vero privilegio della musica rispetto alle altre arti, il fatto che è il linguaggio
originario dei sentimenti. La musica è l'arte che concilia l'umano e il divino, assume quasi le
caratteristiche di un nirvana, ciò che più conta il contenuto ineffabile, l'anima, il sentimento.
La musica è il sentimento stesso. Se si vuole vedere una continuità storica nel pensiero di
Wackenroder, appare evidente che egli appartiene al filone che parte con Rameau, ma se ne
distacca in quanto allo studio analitico dell'elemento matematico, che è per lui superfluo.
L'elemento matematico diventa qualcosa di magico e irrazionale per Wackenroder; è
comprensibile come la musica religiosa esercitasse il più grande fascino sul giovane
Wackenroder, poichè essa ci riporta al Medioevo, in quella zona storica incerta e indefinita. (Fu
riscoperto anche l'italiano Palestrina) Per Wackenroder la musica che parla all'uomo più
direttamente delle cose del cielo è l'antichissimo gregoriano (musica medioevale).
Nel romanticismo cambia anche la concezione gerarchica per la divisione delle arti: le varie arti
sono poste in relazione dialettica l'una con l'altra, per cui si creano tensioni interne. Diventa
quindi sempre più difficile stabilire quale arte sia superiore all'altra, anche a causa
dell'ambiguo e vario metro di giudizio. L'arte, per Schelling, è la rappresentazione dell'infinito
nel finito, dell'universale nel particolare; esistono due tipi di arti: l'uno reale, l'altro ideale (arti
figurative e arti della parola). Schelling fa rientrare la musica fra le arti figurative (scelta
inusuale) a causa del suo forte legame alla materialità fisica del suono. Potrebbe sembrare così
che la musica sia posto al gradino più basso delle arti, ma Schlling conduce un esame più attento
cogliendo 3 elementi importanti nella musica: ritmo, modulazione e armonia, melodia. Il ritmo
rappresenta l'elemento reale, la modulazione quello ideale, e l'armonia insieme con la melodia la
sintesi dei due. La musica è in realtà l'arte più lontana dalla corporeità di tutte quante, poichè
rappresenta il movimento puro dell'universo attraverso l'unione dei suoi elementi.
Nell'Estetica (1835) Hegel stabilisce nello sviluppo dell'arte tre tappe fondamentali : arte
simbolica, classica e romantica. Le arti agiscono su due livelli: quello delle idee a cui si ispirano e
quello degli elementi delle proprie manifestazioni; secondo questa prospettiva all'arte simbolica
corrispondeva l'architettura, all'arte classica corrispondeva la scultura e all'arte romantica
corrispondevano la pittura, la musica e la poesia. L'elemento proprio della musica è l'interiorità
stessa, il sentimento invisibile, che può manifestarsi solamente per mezzo di un fenomeno
esteriore che scompare rapidamente e si autocancella. Al vertice di questa gerarchia delle arte
c'è la poesia, poichè manifesta lo spirito in quanto spirito, ma ciò che guadagna dal lato delle
idee, lo perde dal lato sensibile , dato che utilizza la parola. La musica riesce più di ogni altra a
esprimere l'interiorità nella forma del sentimento soggettivo, in una forma ancora sensibile, il
suono. Nonostante questa chiara distinzione tra le arti, si rivela una certa ambiguità
nell'estetica musicale hegeliana, per cui si pensa che abbiamo potuto avere origine due correnti
ottocentesche opposte: l'estetica del sentimento e il formalismo. In una parte del libro, sembra
che parli delle caratteristiche della musica come per quelle dell'architettura, ricordando però
in seguito la superiorità della musica in quanto arte temporale, a differenza dell'architettura
che è un'arte spaziale. Ed è proprio la temporalità della musica la sua più grande peculiarità,
piichè è interiore e non si riferisce ai fattori esterni, quindi risulta l'unica arte in cui non
avviene nessuna separazione tra i materiali esteriori e l'idea. Si tratta di rappresentare
l'interiorità come tale e non più dei precisi sentimenti.
L'opera di Schopenauer rappresenta forse la più compiuta sistemazione filosofica della musica
secondo gli ideali romantici; nella sua teoria tutte le arti (secondo una certa gerarchia)
rappresentano un'oggettivazione della volontà dai suoi gradi più bassi a quelli più alti. Per la
prima volta abbiamo un salto qualitativo, che privilegia la musica rispetto alle altre arti, poichè
considerata come oggettivazione diretta della volontà, quindi allo stesso livello delle idee. Il
problema, giunti a questo punto, è quello del rapporto tra la musica e i sentimenti...cosa significa
che la musica è espressiva? Per Schopenauer il dominio della musica è quello dei sentimenti,
dove sentimento è quindi contrapposto a concetto. La musica ci darà l'essenza, l'in sè, non il
fenomeno, ci darà l'universalità di semplice forma, senza la materia; in altre parola la musica è
forma pura del sentimento. Con questa teoria Schopenauer ribalta la tradizione secolare che
aveva visto il predominio della parola sulla musica; non ne condanna l'unione, ma la musica deve
condannarsi ogni proposito imitativo. La musica esprime il sentimento in abstracto. (Ci sono già
germi di formalismo in S., come l'autonomia del linguaggio musicale, che verrà ripresa in chiave
anti romantica da Hanslick pochi decenni più tardi).
Una caratteristica degli scritti romantici è il tono letterario, cioè il guardare alla musica come
un letterato e non come un musicista. La musica non si identifica con la sua tecnica la quale si
presenta come un fattore secondario. Con ciò non si intnde dire che non esistono scritti di
musicisti romantici, al contrario molti musicisti hanno meditato e scritto sulla loro arte, e fra
tutti quello che spicca di più è Beethoven. All'interno delle sue opere B. afferma che la musica
deve impegnare tutto l'uomo e la condizione dell'artista non può che essere l'assoluta libertà
da ogni vincolo morale o materiale. I suoi scritti testimoniano il senso prettamente romantico
della missione dell'artista e del musicista, del valore della propria opera e della individualità.
Hoffman è tra i più grandi romanzieri tedeschi del secolo, e fra i primi mitizzatori di
Beethoven, che per lui rappresenterebbe la piena realizzazione e concretizzazione del
romanticismo. Romanticismo equivale a musica pienamente dispiegata nella sua essenza che è
l'infinita nostalgia. Hoffmann insiste spesso nei suoi scritti sul potere della musica di farci
evadere dalle pene e dalle miserie del mondo terreno; essa appare quasi come una voce
consolatrice. Sorge qui però un dubbio: se , come altrove afferma Hoffmann, la musica è
incanto, è sogno, è nostalgia d'infinito, se comporre è puro esercizio religioso e la musica stessa
è culto religioso, ci si può stupire di trovare al vertice della triade (Haydn,Mozart,beethoven)
un musicista passionale come Beethoven. Evidentemente la personalità artistica di Hoffmann
oscillava tra la terrestrità portata fino alle sue estreme e drammatiche implicazioni e la
sublimità religiosa. La V sinfonia contiene questi due poli di cui si parla, e rappresentano un po'
anche i due misteriosi volti di Beethoven: la musica può definirsi come in bilico tra uno stato di
pura innocenza a uno stato di total immersione e compromissione con il mondo. Proprio per
questo doppio volto, quando si parla di un salto dialettico, tra i 3 lui sceglie Haydn, poichè non
poteva scegliere fra Beethoven e Mozart, che rappresentavano i poli entro cui oscillava la sua
personalità artistica, in bilico tra realismo e surrealismo.
Stendhal scrive di musica ma non è musicista, nè critico musicale nè storico della musica e il
fascino che conservano immutato ancora oggi i suoi scritti deriva proprio dal loro essere
inclassificabili. Questo particolare approccio alla musica è anche determinato da una certa
sofferenza nei confronti della personalità del critico, in quanto viene considerato come un
freddo analizzatore. Anche se non sempre coerenti i suoi giudizi esprimono qualcosa che va
oltre lo stato d'animo, e può emergere da essi un modo di concepire la musica che ci riporta ad
un'atmosfera culturale simile a quella del primo romanticismo. Qualcuno parlando di Stendhal ha
parlato di "musica della felicità" , e non sbaglia, ma l'autore non si dimostra assolutamente
chiuso alla sole musica "felice" e ammette che in momenti di tristezza bisognerebbe ascoltare
Mozart. Stendhal sostiene la parzialità nelle arti, la soggettività. Felicità o melanconica e
solitaria tristezza nella musica?
Capitolo quarto
Heine si ricollega idealmente più al filone degli illuministi francesi che dei romantici tedeschi,
anche se nei suoi scritti si ritrovano caratteristiche comuni a molti testi romantici. La figura di
Meyerbeer domina centrale nelle corrispondenze musicali di Heine, che, così sensibile a certe
valenze anche esteriori della musica, rimase affascinato dalla potente coralità di molte opere
del musicista tedesco. L'elemento spettacolare della musica di Meyerbeer che tanto affascina
Heine è il particolare rapporto di consonanza con il pubblico; Heine è perfettamente
consapevole che l'arte di Meyerbeer si basa soprattutto sull'effetto prodotto su un pubblico
tutto particolare, legato a precise contingenze storiche. Heine mette a confronto Meyerbeer
con la personalità di Rossini, due punti di vista antitetici ma compresenti nella personalità del
poeta: Rossini soddisfa e accarezza le sue inclinazioni intimistiche, liriche e sognanti, è l'uomo
della melodia e della musica individuale; Meyerbeer soddisfa la sua natura estroversa, facile
agli entusiasmi, sensibile al mondo che lo circonda, è l'uomo dell'armonia e della musica più
sociale che individuale. Sopravvive il vecchio conflitto settecentesco di melodia e armonia.
Heine intravvede questa profonda rivoluzione che si sta profilando nel mondo della musica e non
solo della musica, che passa anche attraverso l'instaurazione di un nuovo rapporto con un nuvo
pubblico; si parla di un pubblico di massa, non più di un pubblico elitario. Heine avverte con
realismo che i tempi nuovi non erano più favorevoli all'arte . Pochi anni dopo Wagner riprenderà
anche se in tutt'altra chiavi queste idee estetiche e sociali. L'accento posto da Heine sulla
valenza "sociale" della musica,l'attenzione dei rapporti con il pubblico, non è un fatto isolato, lo
si ritrova spesso sviluppato dopo gli anni 30'. Per esempio, in Italia, Mazzini pubblica il suo libro
La filosofia della musica, nel quale l'idea centrale è la socialità dell'arte, intesa non tanto come
dato di fatto, quanto come supremo dover essere. Fa da contrappunto a questa idea il principio,
questo davvero romantico, che l'arte è espressione di un ideale o meglio dell'Ideale. Egli apre
anche una polemica contro la frivolezza dell'opera; la polemica contro il melodramma come
spettacolo di pura evasione viene in realtà già ereditato dall'illuminismo, anche se qui si colora
di venature romantiche e misticheggianti. (la musica italiana isterilisce nel materialismo, la
musica tedesca si consuma inutilmente nel misticismo.)
2. La musica a programma
La questione del potere descrittivo della musica si pone come centrale nel pensiero di molti
romantici e acquista un rilievo particolare con lo sviluppo della musica a programma. Solo con il
romanticismo la musica a programma si costituisce come un vero e proprio genere a sè,
soprattutto nella forma del poema sinfonico. Gli scritti di Liszt del 1855 su Berlioz sono
illuminanti per quanto riguarda questo argomento: egli affronta il problema del rinnovamento
della forma e Berlioz è il simbolo di questa ribellione al passato, poichè ha sconvolto la
struttura della sinfonia classica. Tutta questa polemica è in realtà in difesa della musica a
programma, che per Liszt rappresenta 'incarnazione dell'ideale romantico della fusione delle
arti, mentre la musica strumentale difetta di comunicabilità. Solo il musicista-poeta, strano
paradosso, può allargare i confini della sua arte. Liszt è lontano dalla mentalità dei primi
romantici, non si accontenta più dell'espressività della musica. Si stanno ormai delineando due
grandi correnti nell'estetica musicale: l'estetica della forma e l'estetica del sentimento. Al
primo caso si giungerà insistendo sull'aspetto asemantico della musica, ritendendola al più un
analogo del sentimento, capace di riprodurne la forma astratta. Al secondo caso si giungerà
ponendo l'accento sul termine "espressione", considerando cioè la musica come il linguaggio del
sentimento, capace di esprimerlo e comunicarlo in tutte le sue gradazioni sfumature.
La concezione wagneriana dell'arte non si allontana molto da quella dei suoi contemporanei e
soprattutto da quella di Liszt, anche se si esprime attraverso una ben più complessa e a volte
macchinosa costruzione intellettuale. Il fondo su cui si muove tutto è ancora una volta il
concetto romantico di arte come espressione, assieme all'aspirazione della convergenza di tutte
le arti. Questo anelito è molto presente negli scrittori romantici (Beethoven, Weber...). Il
concetto di opera d'arte totale è vero che non è del tutto nuovo (si pensi alla musica a
programma), ma in Wagner questo concetto si lega intimamente all'idea di rivoluzione, idea
pervasiva di tutto il suo pensiero. Il Dramma è l'unica arte completa, vera, possibile; l'arte che
reintegrerà l'espressione artistica nella sua unità e comunicabilità. Per Wagner la musica da
sola non è autosufficiente; come già visto in Liszt, Wagner non si accontenta più
dell'espressività della musica, e quindi della musica strumentale. Il romanticismo ora aspira a
cose più grandiose, più complesse, più magniloquenti. E' evidente una vicinanza con l'ultimo
Beethoven; per Wagner la non sinfonia dischiude nuovi orizzonti, nuove possibilità, che egli
stesso presume di essere destinato a raccogliere e sviluppare. Ci deve essere un
ricongiungimento tra musica e poesia, è necessario. Infatti alla base del concetto di
Gesamtkunstwerk dominante nel pensiero di Wagner, come sua giustificazione teorica, vi è la
credenza nell'origine comune di parola e musica nel linguaggio primitivo, credenza ereditata
dall'illuminismo. La musica finora era stata concepita come autosufficiente, e questo era il suo
limite. Il pensiero di Wagner, da un punto di vista strettamente estetico non presenterebbe in
fondo novità di grande rilievo se non fosse messo in relazione al più ampio contesto ideologico e
filosofico in cui si inserisce. Il termine rivoluzione le pensiero filosofico ed estetico di Wagner
viene per lo più associato al concetto di rigenerazione. La rigenerazione dell'umanità dapprima,
del popolo tedesco poi, infatti è puramente estetica. Il nuovo mondo deve anzitutto essere
fatto in modo da accogliere e recepire la nuova arte. Spiritualismo estetizzante, ideali
vagamente umanitari, visioni apocalittiche, vaghi sentimento anarchico socialisti o comunisti,
tutto ciò va anche messo in relazione allo sfondo razzistico che si delinea in tutta l'opera di
Wagner. Per lui, la redenzione, è quella della società dall'oppressione ebraica. Inoltre attacca
anche il mondo cristiano, isolando però la figura di Gesù, che viene trasformato in un eore
solitario, accostato ad Apollo, si trasforma in mitica ed esemplare figura. In questa visione
l'arte e in particolare la nuova opera teatrale di Wagner, ha in vista proprio la redenzione del
popolo come comunità mistica e razziale, dotata di un inalterabile e astorico patrimonio di
sangue e di valori ad esso relativi (Gesù e Apollo sono i redentori). Gli elementi considerati
negativi della società del tempo sono tali in quanto avversi al libero sviluppo dell'arte. Un ultima
delucidazione sul termine "rivoluzione". Il termine assume chiaramente il colore e il contenuto e
la forma della regressione: paganesimo, germanismo, medioevo e razza sono per Wagner miti
che rappresentano una fuga dal presente e un rifugio in una presunta natura astorica e
primigenia.
Nietzsche per fondare il suo concetto di musica si ispira al mondo greco e alla tragedia attica.
"La nascita della tragedia" è la prima opera filosofica di N. ed è dedicata a Wagner, dati gli
stretti legami di pensiero estetico. L'estetica nietzschana è avversa ad ogni concezione
edonistica dell'arte: "sulle due divinità artistiche, Apollo è Dioniso, è fondata la nostra teoria,
tra l'arte figurativa, quella di Apollo, e l'arte non figurativa della musica, che è propriamente
quella di Dioniso". La tragedia attica rappresenta l'unione di apollineo e dionisiaco. La musica
non è una tra le arti, è una categoria dello spirito umano, rappresenta l'origine, il contatto o
meglio l'identificazione con le forze primordiali e istintive. La musica non deve assumere alcun
aspetto figurativo per mantenere il suo spirito dionisiaco. Nietzsche capoivolge qui i concetto
tradizionale secondo cui il melodramma, almeno alle origini, avrebbe fatto rivivere lo spirito
della tragedia antica. Dopo la caduta del melodramma fortunatamente lo spirito dionisiaco
tiaffiora nuovamente: con bach, Beethoven, Wagner... Già qui è evidente il germe del futuro
dissidio tra Wagner e Nietzsche: il rimprovero che essi muovono al melodramma è ben diverso,
poichè per Nietzsche la musica è autosufficiente, mentre per Wagnero non lo è. Pochi anni dopo
La nascita della tragedia, N. pubblica la sua ultima opera wagneriana, cioè "Wagner a Bayreuth";
in seguito lo accuserà di istrionismo, di teatralità, dell'uso di mezzi grossolani, insomma di un
abuso di una volgare retorica. Il compito dell'arte e della musica per Nietzsche è chiarissimo:
l'artista deve redimere l'uomo, demistificando la realtà e mostrandogli la verità originaria, ora
ricoperta e nascista dalle convenzioni, dal potere, dalle leggi, dalla tradizione. Qui si apre il
profondo dissidio con Wagner, poichè il grande musicista era venuto meno alla sua missione di
artista nel mondo moderno, alla sua promessa. L'offesa mortale di cui parla N. è il Parsifal.
"All'improvviso Richard Wagner si prosternò, derelitto e a brandelli, dinanzi alla croce
cristiana". Decadenza e cristianesimo, già accostati da Wagner nei suoi scritti, diventano
l'approdo del Wagner musicista nella sua ultima opera, il Parsifal. "La grande colpa di Wagner è
di aver fatto della musica e del teatro tragico uno strumento consolatorio, l'aver confuso il
senso tragico della redenzione, con la redenzione cristiana e con il senso della rinuncia".
L'ultimo Nietzshe scopre l'anti wagner, e si chiama Bizet, che conquista il filosofo con la sua
Carmen. La Carmen è in un crto senso l'anti Parsifal, la sua musica, afferma Nietzsche "è ricca.
E' precisa. Costruisce, organizza e porta a compimento". Vi è nell'ultimo Nietzsche l'esigenza
della riconquista della chiarezza intellettuale, del senso della forma: si potrebbe dire che c'è
l'esigenza della riconquista dell'apollineo di fronte alla precedente esaltazione del dionisiaco.
Ma nonostante questo improvviso cambiamento di rotta, alcune coordinate essenziali
dell'estetica wagneriana permangono. Uno dei concetti chiave, presenti in entrambi è pur
sempre quello di redenzione, permane l'idea che il compito della musica sia sempre quello di
redimere l'uomo. Il grande rimprovero che Nietzsche porta a Wagner è proprio quello di aver
traduto i prodonfi ideali del romanticismo e cioè il concetto di musica come principio metafisico
e conoscitivo.
Capitolo quinto
1. Hanslick e il formalismo
Nell'ambito del movimento romantico già in Hegel e in Schopenauer si possono individuare germi
tali che, sviluppati, avrebbero potuto condurre ad una concezione formalistica. Bisogna
aspettare però la metà dell'Ottocento e la personalità di Hanslick perchè la concezione
formalistica sia sviluppata in modo concreto. Hanslick sta a rappresentare l'anti Wagner per
eccelenza, la prima violenta reazione al romanticismo, alla concezione della musica come
espressione di sentimenti o ualsiasi altro contenuto. Già dal suo primo saggio, Il bello musicale,
è evidente che la prospettiva dalla quale si guarda la musica è cambiata: Hanslick parla da
competente e profondo conoscitore della musica e della sua tecnica. Il saggio rivela due fonti
d'ispirazione: Herbart, dal quale eredita che l'arte non è più espressione, bensì forma, e che il
suo valore consiste nelle relazioni formali presenti all'interno dell'opera (i contenuti emotivi o
sentimentali non devono influenzare); e Kant, in particolare alcuni principi tratti dalla Critica
del giudizio(la terorizzazione dell'asemanticità della musica; rifiuto di accettare come
fondamentale l'effetto emotivo, che ha un carattere patologico e non artistico). Fin dal titolo è
chiara la polemica contro l'intenzione dei romantici, che avevano aspirato all'unificazione di
tutte le arti. Hanslick ci dice subito che esiste una bellezza propria della musica, che si
identifica proprio con la sua tecnica; la tecnica musicale non è più un mezzo per esprimere i
sentimenti, ma è la musica stessa e nient'altro. Risulta così eliminata la volontà di una qualsiasi
gerarchizzazione delle arti poichè ognuna possiederà una propria peculiarità. Si sono gettate le
basi per una nuova estetica della forma e non più del sentimento. "Il porsi chiaramente di
fronte alla materia musicale come ad un bello particolare ed a sè stante è risultato finora per
l'estetica musicale uno sforzo troppo grave". Bisogna unire il piano teorico/grammatica a quello
lirico/sentimentale, si deve però rifiutare alla musica qualsiasi contenuto emotivo. La musica è
pura forma e non ha in quanto bellezza alcuno scopo, afferma kantiamente Hanslick. Alla luce di
queste precisazioni Hanslick può ora affrontare il problema fondamentale del contenuto e del
significato della musica. Le idee espresse dal compositore sono anzitutto e soprattutto
puramente musicali. Tuttavia si può dire che la musica può rappresentare la dinamica dei
sentimenti, ma sarebbe improprio chiamarla una relazione di rappresentazione; sarebbe più
giusto dire che la musica è in relazione simolica con i sentimenti (ricorda Schopenauer--->
rappresentazione del sentimento in abstracto). L'opera è sempre l'espressione di un conflitto
tra due principi, quello musicale e quello drammatico, che si intersecano senza potersi mai
fondere. Nel terzo capito de Il bello musicale, la parte più positiva e costruttiva, Hanslick ci dà
altre informazioni, come per esempio il fatto che il bello musicale è "specificatamente
musicale", nella musica c'è senso e logica, ma musicali. Non si può distinguere tra forma e
contenuto della musica, è tutto forma. La musica non rimanda mai ad altro da sè, tutto ciò che vi
è in essa si risolve in musica. La musica è dunque un'arte asemantica nel senso che è
intraducibile nel linguaggio ordinario. L'unica questione lasciata parzialmente irrisolta è quella
delle regole dell costruzione musicale, alla quale Hanslick risponde con una metafora tra musica
e natura: " La musica è come la natura, che ad ogni autunno fa imputridire un mondo pieno di
fiori, dal quale nascono nuovi germogli". E' un'interpretazione della storia della musica e della
sua evoluzione, considerata proprio come un progressivo consumarsi di forme e di procedimenti
tecnici, il che le impone un continuo rinnovamento e ringiovanimento. Hanslick ha liberato la
musica da ogni suo contenuto emotivo, sentimentale, descrittivo o letterario.
Gli studi musicali erano stati fino a questo momento sporadici, occasionali e privi di metodo,
spesso a causa di mancanza di strumenti d'indagine o per disinteresse degli studiosi. Giunti però
nell'Ottocento, lo sviluppo delle scienze e il diffondersi della filosofia positivistica
incoraggiarono i campi di ricerca e di indagine. Questo vale anche per la musica, per la prima
volta nel romanticismo nasce il desiderio di riascoltare, giudicare e riscoprire il patrimonio
musicale dimenticato; questo atteggiamento pose le basi per una grande ricerca storiografica
musicale. Nei primi decenni dell'Ottocento, accanto ai numerosi testi letterari che parlavano di
musica, nacquero le prime storgiografie musicali, monografie individuali; nacque il culto di Bach,
di Palestrina e soprattutto di Beethoven. Per la prima volta l'interesse degli studiosi incomincia
ad essere attirato dal dimenticato medioevo e dal rincascimento.
Durante la seconda metà dell'Ottocento nacque la musicologia, cioè lo studio scientifico della
musica, dal punto di vista tecnico e storiografico. Lo studio e la ricostruzione del passato
musicale richiedeva una fatica immane: la decifrazione di testi antichi richideva il lavoro di
specialisti. Questa importante opera di scientifizzazione degli studi musicali favorita dallo
sviluppo del positivismo e dall'esaltazione del metodo scientifico, contribuì a mutare
profondamente l'orizzonte delle ricerche nel campo dell'estetica musicale; gli studi si diressero
in parte verso l'archeologia, l'acustica, la fisiopsicologia dei suoni, la teoria musicale...
Uno dei problemi che appassionarono maggiormente i musicologi, e ancor più i filosofi, fu quello
dell'origine della musica. Le ricerche di Darwin, Spencer, Wallaschek, Combarieu ecc.. sono mal
poste proprio perchè non tengono conto della musica come fatto artistico.Tra il 1890 e il 1891
Spencer affermava , come già nel 1857 nel suo saggio Sulla origine e funzione della musica, che
la musica ha origine da una sovrabbondanza di energia vitale che deve essere espressa. La
musica rappresenta quindi l'espressione di ogni tipo di sentimenti. In un altro articolo, in
polemica con Wallasheck che affermava che il ritmo era l'elemento originario della musica,
riesumava ancora una volta la vecchia teoria del linguaggio. Anche l'evoluzione della musica
viene interpretata da Spencer applicando le stesse leggi generali dell'evoluzione; la sua
conclusione è che l'origine della musica come uno sviluppato linguaggio delle emozioni non è più
un'ipotesi, ma semplicemente una descrizione di fatti. Questa tesi tipicamente romantica è il
fondo comune di queste polemiche su cui concordano Spencer, Darwin, Gurney e Wallaschek. Le
sue teorie influenzeranno molto la storiografia dei decenni successivi, e queste tracce si
possono individuare in Parry, che si rifà alle teorie evoluzionistiche di Spencer e concepisce
tutta la storia della musica in una linea evoluzionistica come un continuo passaggio
dall'omogeneo all'eteogeneo, dalla semplicità alla varietà e così spiega la nascita e lo sviluppo
dell'armonia e di tutte le forme musicali.
Nell'ambito delle ricerche acustiche e fisiospicologiche fu ripreso il problema della natura e del
fondamento dell'armonia. Helmholtz, come già un secolo prima Rameau, vuole fondare l'armonia
sul fenomeno naturale degli armonici. E allora come giustificare l'esistenòza del modo minore,
che non si basa sugli armonici naturali? Si dovrà concludere che il modo minore ha diritto di
esistenza soltanto secondario nel regno della musica. Il modo minore non appartiene dunque alla
bellezza musicale. L'univoca e necessaria rispondenza tra ogni elemento musicale e la sua
percezione psicofisiologica è il concetto che guida le richerche di Helmholtz. Il suo pensiero è
un mix di formalismo , non sempre ben inteso, e la concezione romantica della musica come
linguaggio ed espressione dei sentimenti. Infatti, in linea generale, la musicologia positivista, è
rimasta largamente ancorata al romanticismo a cui vorrebbe invece contrapporsi per il suo
atteggiamento scientifico. Le contraddizioni implicite della musicologia si incarnano nella figura
di Riemann. Egli lascia presupporre una concezione formalistica secondo il suo metodo
rigorosamente scientifico; ma questa aspettativa resta del tutto deluso se si legge la sua
Capitolo sesto
Il formalismo è una costante del pensiero estetico, e lo è stata nel Novecento ancora più che
nell'Ottocento. Per quanto riguarda la musica, infatti, la fetta più cospicua del pensiero del
Novecento ha messo l'accento soprattutto sulla forma, sulla strutturazione interna e dallo
studio delle sue caratteristiche ne ha tratto le conseguenze e le implicazioni sul piano dei
significati, della fruizione e della comprensione. Una delle espressioni iù radicali e note è
quella di Strawinsky; lui vuole porsi nella posizione dell'artigiano medievale, il quale opera,
ordina, fabbrica con i materiali a sua disposizione, tutto preso dal fascino del materiali sonoro
che può maneggiare a suo piacere, non strumentalmente, ma come fine a sè stesso. Gli elementi
propri della musica sono due: il suono e il tempo. "La musica è dunque essenzialmente una certa
organizzazione del tempo", e la melodia ne è il simbolo per eccellenza. Comunque "un sistema
tonale o polare non ha altro scopo che raggiungere una forma quale risultato dello sforzo
creatore". E' scontato dire che Strawinsky non crede nel potere espressivo della musica, ma la
sua polemica antiromantica ha espressioni forse più felici nelle pagine in cui affronta il
problema della tecnica in relazione alla libertà dell'artista. La composizione musicale si
configura come un confronto attivo tra uomo e natura. Ciò che Strawinsky vuole affermare è il
lato fabbbrile, artigianale dell'attività artistica e nello stesso tempo i valori costruttivi più che
espressivi dell'opera musicale.
Nel pensiero di Gisele Brelet convergono due diverse correnti filosofiche: da una parte la
tradizione dell'estetica formalistica, dall'altra lo spiritualismo francese e in particolare la
filosofia di Bergson e Lavelle per quanto riguarda l'analisi della temporalità; il concetto di
"tempo musicale" risulterà infatti centrale nella sua estetica. La creazione musicale è frutto
di una scelta che si concreta anzitutto nele due attitudini creatrici fondamentali cui la Brelet
dà i nomi di empirismo e formalismo; è facile acccorgersi come si sia fin qui evitato l'argomento
dell'espressività della musica, poichè ,secondo la Brelet, l'espressione in quanto tale non
appartiene dunque al regno dell'arte, così sembra per lo meno nella prima parte
dell'esposizione. Tuttavia questa prospettiva rigidamente deterministica, di positivistica
memoria, sembra essere profondamente modificata nella seconda parte dello studio, quando la
Brelet affronta il problema che le sta più a cuore, cioè quello del tempo musicale. L'essenza
della musica è la sua forma temporale, la quale trova un'intima rispondenza con la temporalità
della coscienza: forma sonora equivale a forma temporale. Il tempo nella creazione musicale
assume quindi due direttive diverse: può riflettere l'in sè della coscienza creatrice oppure le
modalità con cui questa coscienza si esprime. La Brelet chiama questi due aspetti apollineo e
dionisiaco, oppure classico e romantico, sono intesi come ctegorie metastoriche dell'arte.
Espressiva la musica, ma espressiva non dei sentimenti, delle particolarità o delle modalità con
cui si esprime la coscienza, ma piuttosto rivelatrice della forma stessa in cui si costituisce la
coscienza. In questa concezione della musica la forma temporale si esprime nella stessa
struttura della tonalità, nel suo divenire di slanci e riposi, che non è che l'espressione di una
legge temporale che regge il divenire stesso della coscienza.
Boris de Schloezer fu un noto musicologo, il primo a portare l'analisi della musica su di un piano
rigorosamente linguistico, anticipando alcuni aspetti dello strutturalismo. La figura di Bach è
centrale per De Schloezer, reputata come rivelatrice della stessa essenza della musica, e del
segreto della struttura. "Nella musica il significato è immanente al significante; la musica è
una specie di linguaggio, ma formato di simboli tutti particolari, cioè ripiegati su sè stessi.
Comprendere la musica si gnifica penetrare nel sistema di multiple relazioni sonore in cui ogni
suono s'inserisce con una funzione precisa, acquistando qualità specifiche solo dalle relazioni,
con gli altri suoni." Egli intende il tempo qualitativamente e non quantitativamente: assume una
funzione strutturale, solo in quel particolare sistema intemporale il cui senso è immanente. Il
concetto è dunque che la musica è un linguaggio chiuso, un sistema organico, autosufficiente. E
con ciò non si intende dire che la musica non esprime nulla, ma piuttosto che è un linguaggio
ineffabile, il cui senso è immanente all'opera stessa. A questo punto ci si pone il solito
problema, ovvero quello del'espressività della musica. Nel dominio dell'espressione il significato
è diverso dal segno mentre nella musica il significato o meglio "il senso del sistema sonoro si
identifica col sistema stesso colto nella sua unità". Se l'opera è un istema chiuso anche
provvisto di senso spirituale, si pone il complesso problema del suo rapporto con l'autore. Non è
lo specchio dell'anima dell'autore, ma ha pur un certo rapporto con quest'ultimo. Il problema
non si risolve sul piano psicologico, ma sul piano della struttura, poichè l'opera in un certo senso
si presenta con un duplice volto, a seconda della prospettiva da cui è vista: da una parte incarna
globalmente, come si è detto, un senso di ordine spirituale; dall'altra può essere ascoltata come
segno di una realtà di ordine psicologico. L'opera rivela questo significato psicologico quando è
colta nel suo divenire, quando è temporalizzata. Il contenuto psicologico può essere così
definito: l'aspetto che assume il senso spirituale nel corso dell'atto di sintesi.
Il concetto per cui tutta l'attività umana si esprime mediante forme simboliche costituisce il
punto di partenza del pensiero della Langer. Il linguaggio comune o scientifico sarebbe
essenzialmente un sistema di simboli; fin qui sembra perfettamente in linea con i neopositivisti
odierni, ma, se ne discosta quando dice che anche l'arte, i sentimenti possono esprimersi in
maniera simbolica. Il suo intento vorrebbe essere di dimostrare che l'arte non appartiene ad un
ipotetico mondo ineffabile, privato, incomunicabile, ma che è un modo simbolico di espressione.
Due sono gli obiettivi che la Langer si pone: mostrare come la musica non ccostituisca un
linguaggio, e d'altra parte non sia espressione immediata di sentimenti. La musica è sprovvista
di vocabolario, non ha le caratteristiche proprie di un linguaggio, e tanto meno il suo significato
è quello di uno stimolo atto ad evocare emozioni e nepure di un segnale per annunciarle. La
Langer compie sull'arte la stessa analisi che i neopositivisti avevano condotto sul linguaggio
scientifico. La nuova chiave della Langer non è che il tentativo di riscattare tutta quella sfera
dell'attività umana non riconducibilee alla scienza da quel limbo in cui era stata ricacciata. Per
poter fare questo deve tener presente una distinzione tra espressione artistica ed espressione
scientifica, ambedue tipi di espressioni simboliche anche se di genere diverso. La musica è
l'arte in cui il simbolismo si presenta nel suo aspetto più puro poichè è più facile afferrarne il
significato propriamente artistico rispetto ad altre arti più legate ai modelli esterni.
L'esperienza emotiva è presentata dal simbolo musicale in una forma globale, indivisibile. Il
simbolo musicale è definito dalla Langer come auto presentazionale, ovvero non si esaurisce in
qualcosa di esterno ma in sè stesso; la sua caratteristica è l'espressività ma non l'espressione.
La Langer sviluppò ulteriormente le sue tesi sul simbolismo, giungendo a conclusioni a volte
contraddittorie con le sue premesse. Essa pone l'accento più che sul termine "simbolo"
precedentemente usato, sull'espressione "forma significante". Pare che la Langer si renda
conto che alla luce delle precedenti affermazioni solo in senso metaforico la musica si può
ancora dire "simbolo": si potrebbe meglio definire come una forma che presenta una diretta
analogia con la nostra vita interiore (Hanslick, Schopenauer). Le arti e la musica si distinguono
per l'"illusione primaria" che creano. Ma data la forma organica, indivisibile, dal significato non
convenzionale, del simbolo musicale, come potrà questo essere condiviso, comunicato? Per la
Langer ogni forma artistica, semplicemente, si intuisce. Alla luce di queste ultime frasi
andrebbe rivista e rivalutata la teoria del simbolo, che sembra perdere senso. Il simbolo
musicale non è più un simbolo dotato di una funzione comunicativa; la musica diventa un modello
del sentimento, della vita stessa che si potrà cogliere intuitivamente, direttamente.
Leonard Meyer fu noto per il suo utilizo della psicologia applicata all'arte, il problema
fondamentale del suo studio era senz'altro quello del significato della musica, ma strettamente
cinnesso con quello della sua comunicazione. Meyer divide i teorici dell'arte in due grandi
gruppi: gli absoloutists che sostenevano che si possa parlare solo di significato musicale, e i
Deryck Cooke è tra gli studiosi che mostrano una fiducia incrollabile nella capacità espressiva
della musica e il suo scopo è quello di verificare se i termini, cioè le varie figurazioni del
linguaggio armonico tonale possiedano un significato esprimibile nel vocabolario delle emozioni e
dei sentimenti. La musica costituisce un linguaggio, diverso da quello comune, che è il linguaggio
proprio dei sentimenti e delle emozioni; sembra un romantico che vive nel Novecento. Il
tentativo di Cooke riguarda la sttesura di un vero e proprio vocabolario musicale con dei
vocaboli dotati di un preciso significato; il problema di questo studio è il suo essere limitato alla
musica di tipo armonico-tonale dal Quattrocento ai giorni nostri. Scrive un'interpretazione di
tutti i possibili intervalli del sistema armonico con i loro corrispondenti significati, che alla fine
risultano essere divisi in grande linee così: al maggiore generamente corrisponde la gioia, la
felicità, l'entusiasmo, mentre al minore corrisponde la sofferenza, la pena, il dolore. Sembra
che esso in definitiva non possa esprimere che giia o dolore, cioè tensioni risolte o irrisolte, o in
attesa di risoluzione, tramite il meccanismo della cadenza. Il suo meccanico piano ha fallito.