In Mesopotomia – dal greco mésos, ‘in
mezzo’, e potamòs, ‘fiume’ – si sono
avvicendate 4 grandi civiltà: sumerica,
accadica, babilonese e assira.
Dall’India giunsero i Sumeri, l’unico
popolo non semitico stanziatosi in
Mesopotamia. Essi occuparono la foce
del Tigri e dell’Eufrate (attuale Iraq
meridionale), dove svilupparono una
civiltà pacifica e fondarono, verso il
3500 a.C., le prime città-stato
indipendenti. I sumeri trasmisero alle
civiltà successive le loro conoscenze
astronomiche, la loro mitologia e la
loro scrittura, inventata per esigenze
commerciali e amministrative.
Nel 3500 a.C. compare ad
Uruk il primo alfabeto,
composto da pittogrammi e
ideogrammi incisi su tavolette
di argilla. Più tardi, verso il
3000 a.C., compare la scrittura
cuneiforme, che si compone di
700 fonogrammi con valore
sillabico. Poiché la scrittura
sumerica viene incisa nella
terracotta e non dipinta su
papiro come quella egizia, i
segni grafici sono molto più
elementari.
il PITTOGRAMMA è un disegno semplice, che indica l’oggetto raffigurato
l’IDEOGRAMMA è un disegno semplice, che esprime un concetto
il FONOGRAMMA è un disegno semplice, che corrisponde a un suono
(come le nostre lettere)
La città sumerica è molto più di un villaggio: è un insediamento organizzato
con strade, templi e un palazzo reale.
Al centro sorgeva il tempio a ziqqurat, una piramide tronca a 3, 5 o 7 piani
digradanti che simula il ‘monte sacro’, metafora del cosmo con 3 divinità, 5
pianeti e 7 stelle. Il secondo piano ospitava la scuola (edubba), dove i sacerdoti
insegnavano la scrittura, la matematica, le scienze naturali e la musica. All’ultimo
piano sorgeva la cella, dedicato al culto della divinità, che si distanziava
fisicamente e idealmente dal mondo terreno. Sopra la cella vi era una terrazza, da
cui i sacerdoti scrutavano gli astri per interpretare il volere degli dei.
Frontalmente, la ziqqurat era dotata di tre gradinate, di cui la centrale era riservata
ai sacerdoti. Alla base delle gradinate vi era un avancorpo ospitava i magazzini di
riserve alimentari. Le riserve, essenziali nei periodi di siccità, erano composte
dalle tasse ‘in natura’ versate dai contadini.
A differenza delle piramidi egizie, le ziqqurat mesopotamiche non erano costruite
in pietra, ma in mattoni di argilla. All’interno della ziqqurat i mattoni erano crudi,
appena essiccati al sole, mentre i mattoni esterni venivano cotti nei forni.
Una ziqqurat ben conservata è quella di Ur (la città del profeta Abramo),
dedicata al dio della luna Nannar.
A breve distanza da essa sorge il tempio di Dublamakh, cinto da una poderosa muraglia che
poggia su un alto basamento in mattoni. Vi si apre il più antico arco della storia umana, eretto
intorno al 2400 a.C., ma ricomposto mille anni più tardi. La costruzione dell’arco presuppone
l’invenzione della céntina, che serve a sostenere i conci durante la messa in opera.
Nella stessa città di Ur sorge
un’impressionante tomba reale,
costituita da un pozzo di nove metri
per otto. Al suo interno si rinvennero
i corpi del re, della regina e di tutta
la corte: numerosi soldati, dame e
ancelle senza tracce di violenza, ma
accompagnati ciascuno da una
ciotola. Si è supposto che la ciotola
contenesse il veleno col quale, nel
corso di un macabro rituale funebre,
l’intera corte si dovette suicidare. Le
dame esibiscono acconciature
elaborate ed abiti da cerimonia, con
suppellettili e gioielli preziosi.
Il corredo più ricco è, ovviamente,
quello della regina Puabi (oggi a
Philadelphia, University Museum),
che indossava un prezioso diadema
con foglie d’oro ed un collare da
cui pendevano decine di catene con
gemme.
La scultura sumerica annovera due
tipologie: le statue a tutto tondo ed
i rilievi a fasce.
Le statue a tutto tondo riproducono
l’immagine tipizzata del fedele in
adorazione perpetua, in posizione
rigida, frontale, ma ben caratteriz-
zata nella descrizione del volto.
Gli occhi sono spalancati perché
non guardano un oggetto ma lo
spazio infinito.
L’esemplare più noto è la statua di Ebih-Il,
proveniente dall’antica città di Mari, oggi al
museo del Louvre. La statua, scolpita in
alabastro con lapislazzuli nelle orbite,
presenta un’iscrizione sul retro, che lo
identifica come il sovrintendente Ebih-Il e
riporta una dedica alla dea Ishtar. Ebih-Il
indossa una gonna in pelle di capra, detta
kaunakes, con la coda che pende sul retro.
I rilievi a fasce, che narravano scene di guerra
e di vita quotidiana, si realizzavano facendo
rotolare dei sigilli cilindrici sull’argilla fresca.
Il carattere deperibile dell’argilla non ha
permesso la conservazione di questi manufatti.
La stessa composizione a fasce orizzontali è nello Stendardo di Ur, una cassa di legno del
2700-2500 a.C., custodita a Londra nel British Museum. I primi studiosi pensarono che
fosse uno stendardo da portare in processione, ma oggi si ritiene che fosse la cassa di uno
strumento musicale. I pannelli di legno sono rivestiti di bitume, in cui sono inserite schegge
di lapislazzuli (per il fondo) e di calcare estratto dalle conchiglie (per le figure).
La fronte anteriore della cassa raffigura – su tre fasce sovrapposte, leggibili dal
basso verso l’alto – la cavalleria, la fanteria e i nemici sconfitti in presenza del re,
che ha dimensioni maggiori.
La fronte posteriore raffigura un banchetto con musici e danzatori, in presenza dello
stesso re, e una processione di contadini, artigiani e mercanti che portano doni.
Carro da guerra
Suonatore di arpa
durante il banchetto
Capolavoro della scultura accadica è la Stele di
Naram-Sin (Louvre), che rappresenta il re vitto-
rioso sui Lullubiti, un popolo che abitava sui monti
Zagros. Gli Accadi sono raffigurati in marcia con le
armi alzate, mentre i Lullubiti precipitano al suolo.
Tutte le figure sono riprese in movimento, per
coinvolgere attivamente lo spettatore.
La narrazione si svolge in diagonale, superando il
rigido schema dei rilievi a fasce sumerici.
Stendardo di Ur, 2700-2500 a.C.
Per la prima volta in
Mesopotamia, l’occhio
è rappresentato
perfettamente di
profilo, mostrandone
la curvatura in
profondità.
La visione dell’occhio di profilo è un carattere peculiare dell’arte
accadica. Un altro esempio è la figura di Naram Sin scolpita nella
roccia a Darband-i-Gawr, nel Kurdistan iracheno.
Verso il 2000 a.C. il regno dei Sumeri, già in decadenza, fu invaso dai Babilonesi.
Il regno babilonese ebbe due epoche di splendore: la prima intorno al 1800 a.C.,
quando il re Hammurabi emanò il primo codice di leggi scritte, composto da 282
articoli; e la seconda intorno al 600 a.C., quando Nabucodònosor II ordinò la
distruzione di Gerusalemme e la dispersione del popolo ebraico.
Stele in basalto con il Codice di Hammurabi. Parigi, Louvre
La stele proviene da Susa, ma frammenti di stele analoghe
sono stati rinvenuti in diverse città babilonesi. Evidente-
mente, è un’opera seriale finalizzata a divulgare le leggi.
Nella parte superiore della
stele è scolpito a rilievo il
re che riceve le leggi da
Shimosh, dio del sole, che
siede in trono. Il dio è
raffigurato alla maniera
egizia con la testa e le
gambe di profilo, ma il
busto di prospetto, per
rendere la figura nella sua
totalità. La foggia del
copricapo rinvia alla
ziqqurat, per sottolineare la
sacralità della figura,
mentre le strisce ondulate
che fuoriescono dalle spalle
alludono ai raggi del sole.
Veduta della città di Babilonia nel VI secolo a.C.
A nord è la Porta di Ishtar, al centro è la ziqqurat dell’Etemenanki
Babilonia – una vera metropoli abitata da genti diverse per etnia, lingua e
religione – possedeva una doppia cinta muraria. Vi si apriva la magnifica Porta
di Ishtar, fondata nel 575 a.C. da Nabucodonosor II sulla via processionale che
conduceva all’Etemenanki, la ziqqurat di Babilonia. La fronte esterna della Porta,
oggi ricostruita al Pergamon Museum di Berlino, è tutta rivestita di mattoni
smaltati e ornata da bassorilievi raffiguranti tori (simbolo del dio Adad, dio della
pioggia), draghi (simbolo di Marduk, dio della creazione), leoni e rosette
(simboli di Ishtar, dea della guerra e dell’amore).
La fronte esterna della Porta di Ishtar, oggi a Berlino. Il fondo blu, usato ancor
oggi nelle moschee mediorientali come simbolo del divino, è dato dal lapislazzuli.
Porta di Ishtar, rappresentazione di Adad, dio della pioggia
Porta di Ishtar, rappresentazione di Marduk, dio della creazione
Porta di Ishtar, rappresentazione di Ishtar, dea della guerra e dell’amore
A sinistra, ricostruzione della
ziqqurat di Etemenanki
In alto, tracce della ziqqurat da
una fotografia aerea.
All’interno di Babilonia sorgevano: i giardini pensili della regina Semiramide, una
delle sette meraviglie del mondo antico; e la ziqqurat di Etemenanki, rivestita di
mattoni smaltati come la Porta di Ishtar. La ziqqurat, descritta dallo storico greco
Erodoto, era composta da sette gradoni collegati da una scala frontale rettilinea, di
cui gli archeologi hanno rinvenuto le tracce. Essa è identificata con la mitica Torre
di Babele, la cui leggenda nasce dal carattere multietnico della città.
Alla morte di Nabucodònosor II,
suo figlio Evil Merodach avviò la
crisi babilonese, che culminò con la
conquista persiana del 538 a.C.
Finiva così una delle più grandi
civiltà del mondo antico.
Ad Evil Merodach si attribuisce una
preghiera incisa su tavola d’argilla
(Londra, British Museum), in cui si
implora l’aiuto del dio Marduk.
Tra la prima e la seconda fase del regno babilonese si colloca la dominazione
degli Assiri, che occuparono la Mesopotamia dall’ 800 al 600 a.C., trasferendo
la capitale a Nord, presso l’attuale Mossul. Gli Assiri, popolo bellicoso e
spietato, edificarono grandiosi palazzi e robuste fortificazioni. Lo stato assiro
era retto da un’aristocrazia guerriera che deteneva gran parte delle terre. La
restante popolazione si divideva in contadini e artigiani, che conducevano una
vita miserabile. La cultura dell’oppressione si rifletteva anche in famiglia, dove
la donna era schiava del marito.
La società assira ruotava intorno alla figura del re, servo del dio Assur e capo
assoluto che governava le terre tramite i suoi funzionari. L’aspirazione dei re
assiri era la creazione di una monarchia universale sotto l’egida di Assur. La
guerra assumeva, quindi, una connotazione sacra.
Mappa dell’impero assiro nel periodo dell’apogeo
Nella capitale Khorsabad gli Assiri edificarono il Palazzo di Sargon II, cinto da
possenti mura turrite. Una solenne gradinata precede il portale, affiancato da due
lamassù, tori alati con testa umana posti a guardia del re (oggi a Parigi, Louvre).
I tori hanno cinque zampe, perché una delle zampe anteriori compare in due
posizioni diverse: ritta nel prospetto frontale, in cammino nel prospetto laterale.
L’interno del Palazzo era ornato da rilievi ‘narrativi’, che raccontavano in
sequenze di immagini le imprese di caccia e di guerra del re. Al Pergamon
Museum di Berlino è stata ricostruita una delle sale interne, con le pareti
dipinte di rosso, illuminate da fiaccole perché non avevano finestre.
Nella seconda capitale assira, Ninive, sorge il Palazzo di Assurbanipal,
da cui proviene la Leonessa morente del British Museum di Londra.
Capolavoro del realismo assiro, la Leonessa rappresenta sia la preda che il
predatore, che malgrado le ferite, trova il coraggio di rialzarsi.
Dallo stesso palazzo viene il rilievo in alabastro con Assurbanipal a caccia di leoni
(645-635 a.C.). Il re, che indossa soltanto una tunica, tende l’arco per scagliare una
freccia, mentre due uomini finiscono la preda con le lance. L’incolumità del re,
infatti, era assicurata da uomini armati di lancia che gli coprivano le spalle.
L’artista ha reso con cura i
ricami della tunica indossata
dal sovrano, i gioielli, la
corona, la fascia di rosette
sulla tiara e l’elsa decorata
del pugnale. Pregevoli sono i
gioielli: l’orecchino con sette
pendenti a forma di germogli e
i due bracciali spiraliformi che
fermavano le corte maniche
della tunica.
Il tipo di arco impugnato
da Assurbanipal, con
le teste di leone alle
estremità, era usato
esclusivamente dal re
in alternativa all’arco
comune con le testa
d’anatra.
Il re che caccia il leone rappresenta la civiltà che tiene testa alle
forze selvagge della natura, ma anche la ragione che frena l’istinto,
l’autocontrollo che ci rende uomini e ci distingue dalle bestie.