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CLEMENS, Josef. Il Pensiero Teologico Omiletico Di Benedetto XVI Sulla Pentecoste e Sullo Spirito Santo

Il documento presenta una riflessione teologica di Benedetto XVI sulla Pentecoste e lo Spirito Santo, esplorando chi è lo Spirito, come si manifesta e quali effetti provoca. Viene sottolineata l'importanza della Pentecoste come evento fondante per la comunità cristiana e il ruolo dello Spirito Santo come creatore e vincolo di unità nella Trinità. La meditazione si conclude con un invito a vivere una rinnovata Pentecoste nelle comunità cristiane.

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CLEMENS, Josef. Il Pensiero Teologico Omiletico Di Benedetto XVI Sulla Pentecoste e Sullo Spirito Santo

Il documento presenta una riflessione teologica di Benedetto XVI sulla Pentecoste e lo Spirito Santo, esplorando chi è lo Spirito, come si manifesta e quali effetti provoca. Viene sottolineata l'importanza della Pentecoste come evento fondante per la comunità cristiana e il ruolo dello Spirito Santo come creatore e vincolo di unità nella Trinità. La meditazione si conclude con un invito a vivere una rinnovata Pentecoste nelle comunità cristiane.

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1

«Pentecoste a Gerusalemme
con Benedetto XVI»

Il pensiero teologico - omiletico


di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI
sulla Pentecoste e sullo Spirito Santo

Ritiro-Pellegrinaggio della «The Catholic Fraternity


of Charismatic Covenant Communities and Fellowships»
in collaborazione con la «Comunidade Obra de Maria» di Recife (Brasile)

Auditorium del Pontificio Istituto


«Notre Dame of Jerusalem Center», Gerusalemme,
Solennità di Pentecoste, 12 giugno 2001, ore 10.00

Carissimi fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,


Carissimo prof. Matteo Calisi e membri della «Catholic Fraternity»,
Carissimo Gilberto Gomes Barbosa
e membri della «Comunidade Obra de Maria»,
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo!

Questa mia conferenza non vuol essere un trattato teologico sul pensiero del
cardinale Ratzinger/Papa Benedetto XVI sullo Spirito Santo, ma piuttosto una
presentazione di alcuni elementi portanti della sua riflessione teologico - omile-
tica sull’avvenimento della Pentecoste e sullo Spirito Santo.1 A causa della con-
tinuità e coerenza interiore del suo pensiero non farò nessuna distinzione fra i
pronunciamenti del cardinale teologo Ratzinger e del nostro Santo Padre Bene-
detto XVI. Ho diviso la mia riflessione seguendo la traccia di tre interrogativi:

1. Chi è lo Spirito Santo?


2. Come si manifesta lo Spirito Santo?
3. Quali effetti provoca lo Spirito Santo?

1
Cfr. Joseph Ratzinger/Papa Benedetto XVI, Vieni, Spirito Creatore. Omelie sulla Pentecoste, Editore Lindau,
Torino ¹2006, 6: “I miei doveri di predicatore mi hanno … imposto la domanda su che cosa il predicatore di fede
cattolica possa dire di concreto, per iscritto e oralmente, sullo Spirito Santo - concreto soprattutto nel senso che
ciò che viene detto non rimanga una teoria teologica, ma acquisti significato anche per la vita cristiana reale …
Le (mie) omelie cercano … di illuminare alcuni aspetti della fede nello Spirito Santo e di metterlo in relazione
con la nostra vita.”
2

Vorrei premettere che per me è una grande gioia poter riflettere e meditare con
voi sulla venuta dello Spirito Santo proprio nel giorno della sua memoria liturgi-
ca e in quest’aula poco distante dal luogo storico dove quasi duemila anni fa si è
svolto questo evento fondante e così decisivo per la comunità cristiana nascente.
Inoltre, sono molto contento perché noi stessi - venuti in questa Città Santa da
molte parti del mondo e con lingue diverse - siamo un’immagine e una conti-
nuazione viva di quest’avvenimento che perdura fino ai nostri giorni. Quest’au-
la diventi per noi e anche per le nostre comunità e Chiese particolari di apparte-
nenza il luogo di una rinnovata Pentecoste.

Riflettendo sul pensiero del Papa costruiamo un ponte spirituale dalla Città San-
ta di Gerusalemme alla Città Eterna di Roma, che è divenuta nella storia della
Chiesa un altro punto di partenza per l’agire dello Spirito Santo, in quanto tanti
testimoni hanno obbedito al mandato missionario di Gesù di partire e di predica-
re il suo vangelo in tutto il mondo (cfr. Mt 28, 19 s.)

Nella prefazione all’edizione tedesca del libro del Padre Cappuccino Raniero
Cantalamessa «Vieni, Spirito Santo», pubblicato in Germania nel 1999, il cardi-
nale Ratzinger afferma: “Mentre da una parte un’ondata di razionalismo e di
nuovo illuminismo scuoteva la Chiesa cattolica e tante volte come una brina
scendeva sulla vita della fede, dall’altra si viveva nelle comunità del Rinnova-
mento carismatico come in altri movimenti che si andavano formando e che si
sapevano doni dello Spirito Santo alla Chiesa, si viveva la Pentecoste in un mo-
do nuovo e si sperimentava la presenza dello Spirito Santo in modo gioioso.”2

1. Chi è lo Spirito Santo?

a. Lo Spirito Creatore

2
Cfr. Joseph Ratzinger, Prefazione, in: Raniero Cantalamessa, Komm, Schöpfer Geist. Betrachtungen zum
Hymnus Veni Creator Spiritus. Editrice Herder, Freiburg im Breisgau 1999/2007, 11-14,12; cfr. anche Rapporto
sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con il Cardinale Joseph Ratzinger, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo
1985, 41 s: “Ciò che apre alla speranza a livello di Chiesa universale - e ciò avviene proprio nel cuore della crisi
della Chiesa nel mondo occidentale - è il sorgere di nuovi movimenti, che nessuno ha progettato, ma che sono
scaturiti spontaneamente dalla vitalità interiore della fede stessa. Si manifesta in essi - per quanto sommessamen-
te - qualcosa come una stagione di Pentecoste nella Chiesa … In numero crescente, mi capita ora di incontrare
gruppi di giovani, nei quali c’è una cordiale adesione a tutta la fede della Chiesa. Giovani che vogliono vivere
pienamente questa fede e che portano in loro un grande slancio missionario. Tutta l‘intensa vita di fede presente
in questi movimenti non implica una fuga nell’intimismo o un riflusso nel privato, ma semplicemente una piena
e integrale cattolicità. La gioia della fede che vi si sperimenta ha in sé qualcosa di contagioso. E qui crescono ora
in maniera spontanea nuove vocazioni al sacerdozio ministeriale e alla vita religiosa.”; J. Ratzinger, Democratiz-
zazione della Chiesa - trent’anni dopo, in: J. Ratzinger/H. Maier, Democratizzazione della Chiesa. Possibilità e
limiti, Coll.: Giornale di Teologia 312, Editrice Queriniana, Brescia 2005, 92-109, 107; Benedetto XVI, Discorso
ai partecipanti al Pellegrinaggio promosso da Comunione e Liberazione in occasione del XXV anniversario del
riconoscimento pontificio della Fraternità, 24.03.2007, in: Insegnamenti III/1, 556-558; cfr. J. Clemens, «Vi
chiedo di essere ancor di più, molto di più, collaboratori del ministero apostolico universale del Papa». Ministe-
ro petrino e movimenti ecclesiali nel pensiero di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI. Seminario internazionale di
studio per Vescovi, Rocca di Papa, 16 maggio 2008, in: Analecta Segermitana XLI, Città del Vaticano 2008.
3

Nell’indimenticabile incontro di Papa Benedetto XVI con i movimenti ecclesiali


e le nuove comunità nella vigilia di Pentecoste in Piazza San Pietro, il 3 giugno
2006, il Santo Padre inizia la sua meditazione proprio con due questioni fonda-
mentali: “Chi è o che cosa è lo Spirito Santo? Come possiamo riconoscerlo?”3

Il Papa nella sua risposta si basa sull’inno con il quale aveva iniziato la celebra-
zione dei primi Vespri di questa solennità: «Veni, Creator Spiritus!» - «Vieni,
Spirito Creatore!» Questo antico inno (IX sec.) accenna ai primi versetti della
Sacra Scrittura che parlano dello Spirito di Dio che aleggiava sopra il caos, sulle
acque dell’abisso (cfr. Gen 1, 2 b).4

E il Santo Padre confessa: “Il mondo in cui viviamo è opera dello Spirito Crea-
tore … Il mondo non esiste da sé; proviene dallo Spirito creativo di Dio, dalla
parola creativa di Dio.”5 E continua: “E per questo rispecchia anche la sapienza
di Dio. Essa, nella sua ampiezza e nella sua logica onnicomprensiva delle sue
leggi, lascia intravedere qualcosa dello Spirito Creatore di Dio.”6

Quest’affermazione ha delle conseguenze fondamentali per la concezione cri-


stiana dell’uomo, della sua etica e del suo rapporto con il creato.7 Benedetto
XVI, a riguardo dell’uso e della cura della creazione che chiama «il giardino di
Dio e dell’uomo», precisa: “Cari amici, noi vogliamo essere tali figli di Dio che
la creazione attende, e possiamo esserlo, perché nel battesimo il Signore ci ha
resi tali. Sì, la creazione e la storia - esse ci attendono, aspettano uomini e donne
che realmente siano figli di Dio e si comportino di conseguenza.”8

E al Papa rincresce che la bella e buona creazione di Dio sia stata ricoperta con
uno “strato massiccio di sporcizia” che rende difficile o impossibile riconoscere
in essa il riflesso del Creatore. Per questo lo Spirito Santo ci viene in aiuto, egli
è entrato nella storia e ci parla in un modo nuovo.

3
Benedetto XVI, Omelia in occasione della veglia di Pentecoste, Piazza San Pietro, 3 giugno 2006, in: Insegna-
menti di Benedetto XVI, II/1(2006), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007, 757-765 (= Benedetto
XVI, Omelia del Santo Padre, in: Pontificium Consilium pro Laicis (ed.), La bellezza di essere cristiani. I movi-
menti nella Chiesa. Atti del II Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, (Rocca di
Papa, 31 maggio - 2 giugno 2006). Incontro con il Santo Padre Benedetto XVI. Vespri della vigilia di Penteco-
ste, (Piazza San Pietro, 3 giugno 2006), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007, 187-195).
4
Cfr. Ratzinger, L’unico Spirito di Dio nella creazione e nella redenzione, in: Vieni 85-90.
5
Benedetto XVI, Omelia Veglia 2006, 758; cfr. J. Ratzinger, Predicazione di Dio oggi, in: Idem, Dogma e pre-
dicazione, Editrice Queriniana, Brescia 1973, 86-91; Ratzinger, Vieni 88: “Lo Spirito Santo è innanzitutto Spirito
Creatore e quindi la Pentecoste è la festa della creazione, e il cristianesimo religione della creazione ... Per noi il
mondo è creazione di cui Dio si rallegra e di cui anche noi, mediante la libertà costruttiva dell’amore, possiamo
rallegrarci.”
6
Benedetto XVI, Omelia Veglia 2006, 758.
7
cfr. Joseph Ratzinger, Il Dio di Gesù Cristo. Meditazioni sul Dio Uno e Trino, Editrice Queriniana, 4ª ed., Bre-
scia 2005, 38 s.
8
Benedetto XVI, Omelia Veglia 2006, 759.
4

b. Lo Spirito di Gesù

Il cardinale Ratzinger, come anche il Papa Benedetto XVI, parla in varie occa-
sioni della relazione fra Gesù e lo Spirito Santo, riferendosi al mistero della San-
tissima Trinità.9 Nell’omelia della Veglia di Pentecoste del 2006 presenta una
traccia in questa prospettiva: l’incarnazione del Figlio di Dio ci permette di co-
noscere l’intimo di Dio stesso.

“In Gesù Cristo Dio stesso si è fatto uomo e ci ha concesso, per cosi dire, di get-
tare uno sguardo nell’intimità di Dio stesso. E lì vediamo una cosa del tutto ina-
spettata: in Dio esiste un Io e un Tu. Il Dio misterioso non è un’infinita solitudi-
ne, egli è un evento di amore. Se dallo sguardo sulla creazione pensiamo di poter
intravedere la Spirito Creatore, Dio stesso … adesso veniamo a sapere: lo Spiri-
to Creatore ha un cuore. Egli è Amore. Esiste il Figlio che parla col Padre. E
ambedue sono una cosa sola nello Spirito che è, per così dire, l’atmosfera del
donare e dell’amare che fa di loro un unico Dio. Questa unità di amore, che è
Dio, è un’unità molto più sublime di quanto potrebbe essere l’unità di un’ultima
particella indivisibile. Proprio il Dio trino è il solo unico Dio.”10

Nella meditazione durante la veglia della GMG 2008 di Sydney il Santo Padre
entra in un profondo dialogo con il suo interlocutore teologico preferito, Sant’A-
gostino, che già da giovane sacerdote insegnante di teologia lo ha guidato ad ap-
profondire il mistero della Santissima Trinità. Il vescovo d’Ippona, dopo il supe-
ramento di alcune difficoltà, è giunto in modo graduale alla comprensione del
mistero dello Spirito Santo. L’esperienza dell’amore di Dio presente nella Chie-
sa lo portò a cercarne la fonte nella vita del Dio uno e trino. Così ebbe tre parti-
colari intuizioni sullo Spirito Santo come vincolo di unità all’interno della Trini-
tà: unità come comunione, unità come amore che permane e unità come dono.
Queste tre intuizioni non sono di tipo teorico ma aiutano a comprendere come lo
Spirito Santo opera.

Riferendosi alla prima intuizione il Papa dice: “Egli (S. Agostino) annota che le
due parole «Spirito» e «Santo» si riferiscono a ciò che appartiene alla natura di-
vina; in altre parole, a ciò che è condiviso dal Padre e dal Figlio, alla loro comu-
nione. Per cui, se la caratteristica propria dello Spirito è di essere ciò che è con-

9
Cfr. Ratzinger, Il Dio di Gesù Cristo 79-86; Benedetto XVI, Discorso durante la Veglia con i giovani in occa-
sione della GMG di Sydney, Ippodromo di Randwick, 19 luglio 2008, in: O. R., n. 169, 20 luglio 2008, 5 (= Il
testo originale in lingua inglese, in: Insegnamenti IV/2, 2008), 71-78, 74 s.); cfr. J. Ratzinger, Lo Spirito Santo
come Communio, in: C. Heitmann/H. Mühlen, La riscoperta dello spirito. Esperienza e teologia dello Spirito
Santo, Collana: Già e non ancora, Jaca Book, Milano 1977, 251-267.
10
Benedetto XVI, Omelia Veglia 2006, 759; cfr. anche: Ratzinger, Vieni 48: “E dunque lo Spirito Santo vive
solo nel circolo di quel triplice amore, che crea e insieme si fa creatura. Esso è solamente in questo grande mo-
vimento, nel farsi uno dentro l’altro e uno verso l’altro di Padre, Figlio e Spirito, nel loro trasfondersi nella Crea-
zione - e solo attraverso ciò noi presagiamo qualcosa del mistero della sua grandezza e della sua vicinanza.”
5

diviso dal Padre e dal Figlio, Agostino ne conclude che la qualità peculiare dello
Spirito è l’unità. Un’unità di comunione vissuta: un’ unità di persone in relazio-
ne vicendevole di costante dono; il Padre e il Figlio che si donano l’uno all’altro.
Cominciamo così ad intravedere, penso, quanto illuminante sia tale comprensio-
ne dello Spirito Santo come unità, come comunione.”11

Per spiegare la seconda intuizione, l’amore durevole, il Papa riferisce che Sant’
Agostino parte dall’affermazione «Dio è amore» della prima lettera di San Gio-
vanni (cfr. 1 Gv 4, 16): per il vescovo d’Ippona queste parole, che si riferiscono
alla Santissima Trinità nel suo insieme, esprimono una caratteristica particolare
dello Spirito Santo. Riflettendo sul carattere permanente dell’amore il grande
Padre della Chiesa si chiede: è l’amore o lo Spirito Santo che garantisce il dono
durevole?

E Sant’Agostino risponde: ”Lo Spirito Santo fa dimorare noi in Dio e Dio in noi;
ma è l’amore che causa ciò. Lo Spirito pertanto è Dio amore! (De Trinitate
15,17, 31).”12 Si tratta di una magnifica spiegazione per il Papa. “Dio condivide
se stesso come amore nello Spirito Santo … L’amore è il segno della presenza
dello Spirito Santo! … Di più: l’amore ha un tratto particolare; lungi dall’essere
indulgente o volubile, ha un compito o un fine da adempiere: quello di permane-
re. Per sua natura l’amore è durevole.”13

Il Santo Padre compie, nella veglia di Pentecoste del 2006, un ulteriore passo
nella descrizione dell’odierna solennità: “La Pentecoste è questo: Gesù, e me-
diante lui Dio stesso, viene a noi e ci attira dentro di sé. «Egli manda lo Spirito
Santo» - cosi si esprime la Scrittura.”14

Interpretando una frase del colloquio di Gesù con Nicodemo nel vangelo di Gio-
vanni «Lo Spirito soffia dove vuole» (cfr. Gv 3, 8), il cardinale Ratzinger sottoli-
nea fortemente la libertà dello Spirito Santo, della quale il Risorto partecipa. Il
Signore risorto entra nel cenacolo tramite le porte chiuse, - la sua parola non è in
catene -, e scaccia la paura e la pusillanimità. Però la libertà dello Spirito Santo
non legittima il disinteresse o l’arbitrio.

Lo Spirito Santo è il respiro di Gesù Cristo. Il Signore soffia sui discepoli do-
nando loro lo Spirito Santo (cfr. Gv 20, 22 s.). Lo Spirito Santo viene da Cristo,
perché lui è il modo della presenza della volontà di Dio. Poiché lo Spirito Santo
è il respiro di Cristo, noi ci troviamo nella sfera dello Spirito, se ci troviamo
nell’ambito del respiro di Gesù.15

11
Benedetto XVI, Discorso Veglia Sydney, 5.
12
Benedetto XVI, Discorso Veglia Sydney, 5.
13
Ibid.
14
Benedetto XVI, Omelia Veglia 2006, 760.
15
Cfr. Ratzinger, Vieni 53.
6

Dietro questa immagine del soffio traspare il mattino della creazione. Dio ha
formato l’uomo dal fango, ma l’uomo diventa un essere vivente solo dopo che
Dio ha soffiato “nelle sue narici un alito di vita” (cfr. Gen 2, 7). Ma la creazione
non è ancora perfetta: affinché l’uomo possa vivere come un essere spirituale,
non basta che funzionino i suoi organi e il suo intelletto. I polmoni servono solo
se c’è l’aria della quale hanno bisogno. E così l’uomo può vivere come un essere
spirituale solo quando c’è l’aria spirituale che gli permette di vivere in modo
spirituale e umano; solo se esiste una verità che abbia senso, che è buona, solo
se esiste un amore che sia vero.16

L’uomo viene redento solo in questa seconda creazione. “Solo la redenzione


giustifica la creazione e le dà un senso”.17 Solo quando esiste l’atmosfera della
verità che è buona e di un amore che è vero, l’uomo può accettare di esistere e
dire: si, è cosa buona che io viva e sono contento di poter vivere. Solo in questo
respiro della verità la creazione viene perfezionata e redenta. E’ solo il respiro di
Gesù Cristo crocifisso, nel quale ci viene incontro in modo definitivo la verità
che è buona, la nostra giustificazione e la nostra redenzione. Questa verità che è
buona è il vento fresco, è l’aria pura, della quale l’uomo ha bisogno per poter
respirare e vivere in modo spirituale e umano. Il Signore risorto fa sì che il respi-
ro della vita giunga a noi. Noi respiriamo l’aria della quale abbiamo bisogno se
siamo nel suo ambiente, se viviamo nella fede della resurrezione.18 E’ chiaro che
lo Spirito creatore e lo Spirito di Cristo sono uno: creazione e redenzione appar-
tengono l’una all’altra.19

Nei sacramenti del battesimo e della cresima, ma anche della penitenza, Dio sof-
fia nella nostra anima il nuovo alito di vita - lo Spirito Santo, la sua intima es-
senza, e ci accoglie nella famiglia di Dio. “Il soffio di Dio è vita”, cosi il cardi-
nale sintetizza l’agire dello Spirito Santo.20

c. Lo Spirito Santo nel Credo

Nell’omelia di Pentecoste del 1981 nella cattedrale di Frisinga, il cardinale Ra-


tzinger nella sua riflessione [sull’affermazione «Il Signore è lo Spirito» (cfr. 2
Cor 3,17)] muove dalla ricorrenza del 1600° anniversario del concilio di Costan-
tinopoli che, nel 381, aveva formulato nel Credo la confessione di fede nello
Spirito Santo.21

16
Cfr. Ratzinger, Vieni 32-33
17
Cfr. Ratzinger, Vieni 33
18
Ibid.
19
Cfr. Ratzinger, Vieni 85
20
Ratzinger, Vieni 90.
21
Ratzinger, «Il Signore è lo Spirito», in: Vieni 41-45; cfr. Idem, Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul Sim-
bolo apostolico, Editrice Queriniana, 11ª ed., Brescia 1996, 271-298.
7

Che cosa significano le parole: “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la
vita”? Il titolo «Signore» significa che l’uomo non può darsi da sé il fondamen-
to della sua vita. L’uomo non può decidere autonomamente quello che è buono e
quello che è male per lui, perché trova nella creazione e nella sua coscienza la
«lingua» del suo creatore, la «lingua» dello Spirito Creatore. “La sua libertà
consiste nell’essere chiamato a riconoscere con la sua ragione le tracce della ra-
gione del Creatore, a realizzare la ragione del Creatore nella sua propria ragio-
ne.”22

Neanche la Chiesa è in grado di darsi il proprio fondamento, essa lo può solo


custodire perché esso la precede e la sorregge. Dice San Paolo a riguardo nella
prima lettera ai Corinzi (cfr. 1 Cor 3, 11): “Nessuno può gettare un fondamento
diverso da quello già posto, che è Gesù Cristo.” E questo fondamento può darce-
lo sempre di nuovo solo lo Spirito Santo e non può esser costruito da noi stessi.

Nella seconda lettera ai Corinzi (cfr. 2 Cor 3, 17) l’apostolo delle genti afferma
con un più ampio respiro: «Il Signore è lo Spirito». Questa formula, osserva il
cardinale, rinvia alla professione del Credo: lo Spirito è il Signore. “Se la Chiesa
deve esistere, dobbiamo entrare nell’unità da lui creata e stabilita - nell’unità
della fede della Chiesa tutta.”23

Il cardinale afferma con soddisfazione che in tutto il mondo si nota una nuova
sensibilità per la forza dello Spirito Santo, come per esempio nei gruppi di pre-
ghiera.24 Mi sembra che il cardinale Ratzinger alluda qui anche al movimento
carismatico, particolarmente nella sua dimensione ecumenica. Il pastore di Mo-
naco parla di “un segno e una speranza per il nostro tempo”. E lui aggiunge: “Il
Signore non abbandona la Chiesa. Lo Spirito Santo non cessa di operare. Prega-
re insieme in unità con la Chiesa intera è la via più sicura verso l’unità e la vi-
ta.”25

Le successive parole del Credo «Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato»


portano al cuore della parte dedicata allo Spirito Santo, e significano che al cen-
tro sta l’adorazione. Il cardinale di fronte alle divisioni della cristianità sostiene
che: “Anche oggi l’adorazione comune del Dio trinitario dovrebbe ridiventare
elemento unificatore … Essa (la preghiera) non è importante solo come suppli-
ca, ma anche come tenace, semplice, umile adorazione di ciò che il Signore è, di
ciò che compie per la vita. Sì, Egli dà il fondamento per cui vivere e morire. Egli
è la forza che ci aiuta ad affrontare la morte.”26
22
Ratzinger, Vieni 42.
23
Ratzinger, Vieni 42 s.
24
Cfr. Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, Nuove irruzioni dello Spirito. I movimenti nella Chiesa, Edizioni San
Paolo, Cinisello Balsamo 2006, 13 s.
25
Ratzinger, Vieni 43.
26
Ratzinger, Vieni 43 s.
8

Il cardinale alla fine interpreta la frase del Credo «Egli ha parlato per mezzo dei
profeti» come espressione della forza unificatrice dello Spirito Santo che unisce
non solo i luoghi ma anche i tempi. Dice a riguardo: “Porta le generazioni una di
fronte all’altra, poiché Egli è lo Spirito dei profeti e lo Spirito della profezia, lo
Spirito della fede di allora e della speranza nel domani. Egli viene dal Padre e al
Padre ritorna.”27 Così veniamo liberati anche noi dalla chiusura in noi stessi. Lo
Spirito Santo non viene da se stesso e non parla a proprio nome. Egli conduce
l’uomo in questa libertà e apertura: solo chi si perde si ritrova!

2. Come si manifesta lo Spirito Santo?

Il Santo Padre, nel suo Messaggio per la XXIII Giornata Mondiale della Gioven-
tà di Sydney (2008), che aveva come tema «Avrete forza dallo Spirito Santo che
scenderà su di voi e mi sarete testimoni» (At 1, 8), descrive brevemente le varie
tappe della promessa e della presenza dello Spirito Santo nella Sacra Scrittura.28
Partendo dalle prime pagine della Sacra Scrittura arriva fino alla promessa di
Gesù di inviare un «Consolatore» che gli renderà testimonianza e assisterà i cre-
denti, insegnando loro tutta la Verità (cfr. Gv 14, 16-17.25-26; 15, 26; 16, 13).

In questo percorso dell’agire dello Spirito Santo, merita una particolare atten-
zione il momento della sua venuta nel Cenacolo, la «stanza al piano superiore»
(cfr. Atti 1, 13), perché si tratta di un avvenimento decisivo per la giovane co-
munità dei credenti nel Gesù Risorto. Per questo il racconto della Pentecoste di
San Luca, contenuto negli Atti degli Apostoli (cfr. Atti 2, 1-13), svolge un ruolo
importante nella riflessione del cardinale Ratzinger come di Papa Benedetto
XVI.29

a. La Pentecoste come il «Nuovo Sinai»

Il Santo Padre, nell’omelia della Celebrazione Eucaristica della Domenica di


Pentecoste del 2006, interpreta le due immagini del vento e del fuoco, che ri-
mandano alla teofania del Sinai, dove Dio ha stipulato l’alleanza con il suo po-
polo (cfr. Es 19, 3; Deut 4, 10-12.36).30
27
Ratzinger, Vieni 44.
28
Cfr. Benedetto XVI, Messaggio ai giovani del mondo in occasione della XXIII Giornata della Gioventù «Avre-
te forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni» (At 1,8), 20 luglio 2007, in: Insegna-
menti III/2 (2007), 38-47, 39 s.
29
Cfr. Joseph Ratzinger, Una meditazione sulla pentecoste, in: Idem, Dogma e predicazione, 299-303; Benedet-
to XVI, Omelia di Pentecoste, Basilica Vaticana, 11 maggio 2008, in: Insegnamenti IV/1 (2008), 763-767; Paro-
le prima della preghiera del «Regina Coeli», Piazza San Pietro, 11 maggio 2008, in: Insegnamenti IV/1 (2008),
768 s.; Omelia di Pentecoste, Basilica Vaticana, 31 maggio 2009, in: Insegnamenti V/1, 955-959.
30
Cfr. Benedetto XVI, Omelia durante la concelebrazione eucaristica nella Solennità di Pentecoste, 4 giugno
2006, Piazza San Pietro, in: Insegnamenti II/1 (2006), 766-768; cfr. anche Benedikt XVI./Joseph Ratzinger,
9

Il Papa ricorda che la Festa del Sinai si celebrava in Israele cinquanta giorni do-
po il Pesah, cioè la Pasqua ebraica, che era la festa del patto fra Dio e il suo po-
polo.31 Il racconto lucano vuole presentare la Pentecoste come un nuovo Sinai,
come la festa del nuovo Patto, che viene però allargato a tutti popoli della terra.

Il significato del patto sinaitico viene spiegato dal cardinale Ratzinger nell’ome-
lia della vigilia di Pentecoste (1996) nella sua chiesa parrocchiale «San Giovan-
ni» di Pentling.32 “Patto significa legame. Così l’avvenimento principale del
monte Sinai consiste nel fatto che Dio si rivolge agli uomini, si dà loro e con ciò
stabilisce in questo monte il potere del Bene; il che nello stesso tempo significa
che Egli lega a sé gli uomini, i quali, a loro volta legandosi a Lui, entrano nella
sua verità, lo conoscono e si accettano l’un l’altro, e cosi nasce la vera libertà.
Solo se c’è equilibrio tra le libertà - e solo Dio nostro creatore può darcelo - vi-
viamo insieme liberamente.”33

Come già esposto, nella Pentecoste il popolo di Dio si allarga a tutti popoli e
nazioni della terra, non conoscendo più alcuna frontiera né di razza, né di cultu-
ra, né di spazio né di tempo. Lo Spirito Santo con il dono delle lingue mostra
che la sua presenza unisce e forma la comunione, superando le barriere
dell’odio, della violenza e dell’indifferenza e delle debolezze umane che si gene-
rano dall’orgoglio e dall’egoismo dell’uomo. “Lo Spirito Santo, al contrario,
rende i cuori capaci di comprendere le lingue di tutti, perché ristabilisce il ponte
dell’autentica comunicazione fra la Terra e il Cielo. Lo Spirito Santo è Amo-
re.”34

b. I segni della tempesta e del fuoco

Nell’omelia della Pentecoste del 1978, tenuta nella Cattedrale di «Nostra Signo-
ra» a Monaco di Baviera, il giovane cardinale commenta i due elementi «fisici»
del racconto lucano degli Atti, quello della tempesta e quello del fuoco, partendo

Pfingsten I-III, in: Idem, Gottes Glanz in unserer Zeit. Meditationen zum Kirchenjahr, Herder Verlag, Freiburg
im Breisgau 2005, 108-127; cfr. anche Ratzinger, Vieni 91: „Luca rappresenta il tempo della Pentecoste come un
nuovo Sinai - come il dono di un Nuovo Patto in cui l’alleanza con Israele è estesa a tutti popoli della Terra, in
cui cadono tutti gli steccati della vecchia legge e appare il suo più semplice cuore: l’amore in cui consiste la
Spirito Santo, l’amore che abbraccia ogni cosa. Allo stesso tempo la Legge si amplia, si apre e diventa più sem-
plice: è il Nuovo Patto in cui lo Spirito compie il mistero di Gesù Cristo”
31
Cfr. Ratzinger, Vieni 77: “Sul Sinai venne comunicata la Legge di Dio, il contenuto del patto stretto tra Dio e
Israele.”
32
Cfr. Ratzinger, Spirito e libertà - Libertà e legame, in: Vieni 79-84.
33
Ratzinger, Vieni 79s.
34
Benedetto XVI, Omelia Pentecoste 2006, 767; cfr. Benedetto XVI, Omelia in occasione delle ordinazioni
prebiterali nella Domenica di Pentecoste, Basilica Vaticana, 15 maggio 2005, in: Insegnamenti I (2005), 101-
106; Omelia Pentecoste 2006, 766 s; Parole prima del Regina Caeli, Solennità di Pentecoste 2007, Piazza San
Pietro, 27 maggio 2007, in: Insegnamenti III/1 (2007), 932 s.; Omelia nella solennità di Pentecoste 2008, Basili-
ca Vaticana, 11 maggio 2008, in: Insegnamenti IV/1, (2008), 763-767; Omelia di Pentecoste, 31 maggio 2009,
Basilica Vaticana, 31 maggio 2009, in: Insegnamenti V/1 (2009), 960 s; Omelia di Pentecoste, Basilica Vaticana,
23 maggio 2010, in: O.R., n. 118, 24-25 maggio 2010, 7.
10

nella sua riflessione dalla fondamentale unità della comunità primitiva.35 Lo Spi-
rito Santo scese sui discepoli di Gesù quando si trovavano uniti nello stesso luo-
go e quest’unità rappresenta la condizione della sua venuta e insieme il segno
della sua vicinanza.36 Gesù aveva comandato ai suoi di non fare niente da soli,
ma di rimanere insieme e di aspettare il dono dello Spirito Santo (cfr. Atti 1, 4-5;
Lc 24, 49).

“Essi sapevano che il loro essere insieme, la loro concordia, era il presupposto
della Pentecoste. E sapevano che il presupposto della concordia era a sua volta
la preghiera … La concordia è condizione del dono dello Spirito e la preghiera è
condizione della concordia.”37 Ma c’è da aggiungere secondo il racconto lucano
una ulteriore condizione: la vigile attesa del Signore, che si dovrebbe tradurre
nella Chiesa di oggi, spesso troppo piena di attività, in un “silenzioso soffermar-
si sulla parola di Dio, in cui il nostro volere e il nostro agire si distendono, e
proprio in questo modo diventano liberi e fecondi”.38

Il cardinale interpreta di seguito le due immagini «pentecostali». La tempesta era


vista nelle antiche tradizioni come il segno del potere di Dio che fa girare il
mondo e muove le stelle come la sabbia del mare. La tempesta è descritta da Lu-
ca come «vento impetuoso», che nasconde ancora un altro significato, cioè
l’aria come uno dei quattro elementi fondamentali e la cui presenza distingue la
terra da tutti gli altri corpi celesti e la fa diventare il nostro pianeta, la stella del-
la vita. Quello che l’aria significa per la vita biologica lo Spirito Santo significa
per la vita spirituale.39 Come esiste un inquinamento atmosferico con le sue con-
seguenze velenose per la vita, così esiste un inquinamento del cuore e dello spi-
rito che corrompe l’esistenza spirituale.40 Questo urge i cristiani a impegnarsi
molto di più per immettere l’aria pura dello Spirito Santo e respingere la conta-
minazione spirituale e così creare nelle comunità dei credenti delle oasi di respi-
ro per il cuore e per l’anima.

Il fuoco è la seconda immagine dello Spirito Santo nel racconto della Penteco-
ste.41 Nelle antiche tradizioni l’aria era l’elemento base della vita e il fuoco
quello della civiltà, cioè il presupposto della coltivazione e della trasformazione

35
Cfr. Ratzinger, Lo Spirito Santo come tempesta e fuoco, in: Vieni 19-28.
36
Benedetto XVI, Omelia Pentecoste 2006, 766.
37
Ratzinger, Vieni 20 s.
38
Ratzinger, Vieni 21.
39
Ratzinger, Vieni 23: “Solo dove si respira può sussistere l’essere umano, l’umanità, e lo spirito vive davvero”
40
Cfr. Benedetto XVI, Omelia Pentecoste 2009, 957s.: “Allo stesso modo in cui non bisogna assuefarsi ai veleni
dell’aria …, altrettanto si dovrebbe fare per ciò che corrompe lo spirito. Sembra invece che a tanti prodotti in-
quinanti la mente e il cuore che circolano nelle nostre società - ad esempio immagini che spettacolarizzano il
piacere, la violenza o il disprezzo per l’uomo e la donna - a questo sembra che ci si abitui senza difficoltà. Anche
questo è libertà, si dice, senza riconscere che tutto inquina, intosssica l’animo soprattutto delle nuove generazio-
ni, e finisce poi per condizionarne la stessa libertà. La mefora del vento impetuoso di Pentecoste fa pensare a
quanto invece sia prezioso respirare aria pulita, sia con i polmoni, qualla fisica, sia con il cuore, quella spirituale,
l’aria salubre dello spirito che è l’amore!”
41
Cfr. Benedetto XVI, Omelia Pentecoste 2009, 955-959; Omelia Pentecoste 2010, 7.
11

della terra. Il fuoco è luce, è calore e movimento in grado di trasformare. Ma il


fuoco è anche l’elemento della distruzione e dello sfacelo quando sfugge al con-
trollo dell’uomo. Il mondo antico considerava il fuoco come un frammento del
sole, come un elemento delle divinità. E la somiglianza dell’uomo a Dio si basa,
in questa visione, sul suo potere di disporre del fuoco. Il mondo greco ha creato
il mito di Prometeo che combatte le divinità e porta il fuoco dal cielo sulla terra,
aprendo così un nuovo mondo.

Questo è divenuto il programma dell’età moderna: non voler più essere a imma-
gine di Dio, ma solo di se stessi; voler dare all’uomo il potere sul mondo, senza
rispettare più quello di Dio e senza aspettare più niente da lui. Ma dopo la rea-
lizzazione di questo piano insorge la domanda se con esso non si distrugga il
mondo, se l’elemento della cultura e della creatività non si trasformi nelle mani
dell’uomo in elemento di distruzione e annientamento.42

La Pentecoste ci dice che lo Spirito Santo è il fuoco e che Cristo è il vero Pro-
meteo che ha portato il fuoco sulla terra. Sì, l’uomo deve avere il fuoco, e non
deve vegetare nella noia. Sì, l’uomo è creato per essere simile a Dio, ma questo
fuoco come forza della salvezza non lo porta un titano che ha eliminato Dio, ma
il Figlio che si espone al fuoco dell’amore e che distrugge le mura dell’ini-
micizia e così fa diventare il fuoco forza di trasformazione e di amore che rinno-
va il mondo. La fede cristiana è fuoco, il cristianesimo è la passione della fede,
che si associa alla Passione di Cristo e così trasforma il mondo.43

Fuoco nel linguaggio di Cristo significa soprattutto una rappresentazione del


mistero della croce. E il cardinale commenta: “Ma il fuoco è anche un’imma-
gine d’amore. Anzi, in realtà queste due immagini coincidono perché la croce è
amore e l’amore è croce ... L’attimo di grande entusiasmo e di coinvolgimento
non basta, porta a promesse vuote e a delusioni, se non gli diamo continuità e
una forma pura attraverso il quotidiano sopportarsi reciproco e sorreggersi, ac-
cettarsi e darsi, maturando un amore reale.”44

Papa Benedetto XVI - nell’omelia della Pentecoste del 2010 - lega l’interpreta-
zione del fuoco di Pentecoste a un detto di Gesù stesso: «Sono venuto a gettare
fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (cfr. Lc 12,49). E il
Santo Padre commenta: “La sua fiamma è discesa sui discepoli riuniti, si è acce-
sa in essi e ha donato loro il nuovo ardore di Dio. Si realizza così ciò che aveva
predetto il Signore Gesù.”45

42
Cfr. Ratzinger, La professione di fede della Chiesa e lo Spirito Santo, in: Vieni 11-17, 12.
43
Ratzinger, Vieni 26.
44
Ratzinger, Vieni 75 s.
45
Benedetto XVI, Omelia Pentecoste 2010, 7.
12

Questo fuoco di Gesù è stato portato dagli Apostoli e dai suoi discepoli fino ai
confini della terra. Collaborando con Dio hanno tracciato una strada luminosa
per rinnovare la faccia della terra. E il Papa insiste sulla diversità di questo fuo-
co in paragone con il fuoco delle bombe e le fiamme dei dittatori che lasciano
dietro di sé solo terra bruciata.

La fiamma di Dio è diversa: “Il fuoco di Dio, il fuoco dello Spirito Santo, è
quello del roveto che divampa senza bruciare (cfr. Es 3,2). E’ una fiamma che
arde, ma non distrugge; che, anzi, divampando fa emergere la parte migliore e
più vera dell’uomo, come in una fusione fa emergere la sua forma interiore, la
sua vocazione alla verità e all’amore .”46

Il fuoco dello Spirito Santo è forza trasformante che consuma tutto ciò che cor-
rompe l’uomo e ostacola le sue relazioni con Dio e coll’altro.47 La forza dello
Spirito Santo cambia l’uomo alle sue radici! Ma l’uomo ha paura e si spaventa,
vorrebbe rimanere quello di prima, perché la sua vita è diretta molte volte dalla
logica dell’avere, del possedere e non del donarsi. Molti temono di dover rinun-
ciare nella sequela di Cristo a qualcosa di bello e di dover sacrificare la libertà
personale. “Da un lato vogliamo stare con Gesù, seguirlo da vicino, e dall’altro
abbiamo paura delle conseguenze che ciò comporta.”48

Il cardinale riprende l’immagine del fuoco ancora da un altro punto di vista. Nel-
la sua omelia della Pentecoste a Regensburg nel 1995 commenta l’annuncio di
Giovanni Battista sul futuro battesimo di Cristo: “Io vi battezzo in acqua perché
vi convertiate; ma colui che viene dopo di me è più forte di me … è lui che vi
battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (cfr. Mt 3, 11).49 E la Pentecoste è
l’adempimento della profezia del Battista: nel vento impetuoso della Pentecoste
è discesa la fiamma dello Spirito Santo e ha donato ai discepoli il nuovo fuoco
di Dio!

c. L’immagine dell’acqua

Richiamandosi al vangelo di Giovanni (Gv 7,37-39), nell’omelia della vigilia di


Pentecoste del 1996 a Pentling, il cardinale Ratzinger presenta un’altra immagi-
ne dello Spirito Santo piuttosto inusuale, cioè l’acqua.50 L’evangelista Giovanni
riferisce in questo brano il forte grido di Gesù: “«Chi ha sete venga a me e beva

46
Ibid.; cfr. Ratzinger, Vieni 68s, 73.
47
Cfr. Ratzinger, Vieni 69: “I confini si dissuggellano così, non distruggendo o usando un potere esterno, ma
con la fiamma dello Spirito Santo, che ha il potere di affratellarci. Questa fiamma di rinascita ha annullato i con-
fini e ci ha resi fratelli da questa come dall’altra parte; beninteso, non nel senso di Caino e Abele, ma in quello
nuovo di Gesù Cristo, iniziatosi a Pentecoste e del quale Luca dice: Essi avevano un cuore e un’anima sola e fra
loro tutto era in comune … La fiamma dello Spirito Santo attraversa tutti i secoli, nella Chiesa è sempre Pente-
coste.”
48
Benedetto XVI, Omelia Pentecoste 2010, 7; cfr. Ratzinger, Vieni 73s.
49
Ratzinger, Spirito e fuoco, in: Vieni 67-76, 67s.
50
Ratzinger, Vieni 81-83.
13

chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi d’acqua viva scorreranno dal suo
seno». Questo egli disse riferendosi alla Spirito che avrebbero ricevuto i cre-
denti in lui: infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato glori-
ficato.”

Oltre ai due elementi della tempesta e del fuoco figura anche l’acqua come im-
magine dello Spirito Santo. Per un popolo che ha familiarità con il deserto arido
l’acqua possiede un significato basilare, perché senza acqua non c’è vita. Per la
terra la prima condizione della vita è il sole, l’aria è la seconda, e come terza si
deve aggiungere l’acqua affinché ci sia vita.

E il cardinale commenta: “Con quel clima per il popolo di Israele l’acqua, la


fonte vitale, il pozzo che dà acqua buona, è diventata la rappresentazione anto-
nomastica della forza della vita, perciò Gesù può paragonare lo Spirito Santo
con l’acqua che porta la vita e rende fertile il deserto più profondo. L’uomo
colmo di Spirito Santo è per cosi dire un pozzo, un’oasi sgorgante acqua, intorno
a cui cresce la vita.”51

Nella veglia della GMG 2008 di Sydney il Papa ritorna all’immagine dell’acqua:
per spiegare il carattere dello Spirito Santo come dono che permane - si tratta
della sua terza intuizione sullo Spirito Santo -, richiamando Sant’Agostino, si
riferisce al colloquio di Gesù con la Samaritana presso il pozzo. “Qui Gesù si
rivela come il datore dell’acqua viva (cfr. Gv 4,10), che viene poi qualificata
come lo Spirito Santo (cfr. Gv 7, 39; 1 Cor 12, 13). Lo Spirito è «il dono di Dio»
(Gv 4, 10) - la sorgente interiore (cfr. Gv 4, 14) - che soddisfa davvero la nostra
sete più profonda e ci conduce al Padre.”52 E il Papa dice che Agostino conclude
da tale osservazione “che il Dio che si concede a noi come dono è lo Spirito
Santo (cfr. De Trinitate 15,18,32).” E aggiunge: “Cari amici, ancora una volta
gettiamo uno sguardo sulla Trinità all’opera: lo Spirito Santo è Dio che eterna-
mente si dona; al pari di una sorgente perenne. Egli offre niente di meno che se
stesso.”53

Conosciamo tutti delle persone che sono sorgenti di acqua viva e mi sembra che
il cardinale Ratzinger stia pensando in quest’ottica anche ai movimenti ecclesiali
e alle nuove comunità che offrono queste oasi di acqua viva, perché hanno nelle
loro file persone ricche di «acqua fresca». Il cardinale invita questi membri della
comunità dei credenti in Cristo a diventare sorgente e fonte per altri, distribuen-
do generosamente l’acqua viva dello Spirito Santo.

51
Ratzinger, Vieni 82-83.
52
Benedetto XVI, Discorso Veglia Sydney, 5
53
Ibid.
14

d. L’antimodello della Torre di Babele

Nell’omelia di Pentecoste del 1977, - era quella della sua prima celebrazione
eucaristica come nuovo arcivescovo di Monaco, il giorno successivo alla sua
consacrazione episcopale -, il cinquantenne pastore di Monaco interpreta questa
solennità come la festa dell’unione, della comprensione e della convivenza uma-
na.54

Da una parte viviamo in un’epoca in cui le distanze spariscono, ma nello stesso


tempo diventa sempre più difficile la comprensione tra gli uomini. Il primo, il
secondo e il terzo mondo e anche le varie generazioni di un unico paese si con-
trappongono. Si nota un aumento dell’aggressività, della difficoltà a condurre
una vita comune pacifica nella comprensione reciproca. Come può nascere una
maggiore unità di cui avvertiamo tanto il bisogno?

L’arcivescovo-teologo vede trasparire nel racconto lucano della Pentecoste l’an-


tica storia della costruzione della Torre di Babele (cfr. Gn 11, 1-9).55 I costrutto-
ri di Babele ritenevano superfluo l’aiuto di una «divinità lontana» e credevano di
poter loro stessi costruire una via verso il cielo, per diventare essi stessi dèi e
farsi da soli il paradiso. Però il risultato del loro sforzo fu qualcosa d’inaspettato.
“Mentre stavano costruendo insieme, si trovarono improvvisamente a costruire
uno contro l’altro. E mentre cercavano di diventare dèi corsero il rischio di non
essere più neanche uomini, poiché in essi andò distrutto ciò che c’è di più uma-
no, l’accordo e la capacità di comprendersi.”56

Quest’antico racconto biblico è diventato realtà nei nostri giorni, perché il potere
dell’uomo, con il progresso della scienza e della tecnica, è talmente cresciuto
che l’umanità è in grado di trasformare il mondo fino alle sue radici e di modifi-
care l’uomo stesso. Sembra che non ci sia più bisogno di Dio per costruire il
«mondo migliore» della completa libertà e di un piacere illimitato. E il giovane
arcivescovo commenta: “Ci troviamo così a rivivere la medesima esperienza:
mentre sempre più condivisi sono il linguaggio, l’informazione, gli stili di vita,
sempre meno ci comprendiamo. Tra gli uomini sorge una ferocia prima scono-
sciuta; sorge la diffidenza, il sospetto, il timore reciproco e diventiamo addirittu-
ra pericolosi uno per l’altro.”57

Allora, si pone con più urgenza la domanda: come può esserci unità? E il neoar-
civescovo dà la sua risposta con le Sacre Scritture: “Unità ci sarà solo se ci verrà

54
Cfr. Ratzinger, Vieni 11-17; cfr. P. Pfister (Hrsg.), Joseph Ratzinger und das Erzbistum München und Freising. Doku-
mente und Bilder aus kirchlichen Archiven, Beiträgen und Erinnerungen, in: Schriften des Archivs des Erzbistums München
und Freising, vol. 10, Editrice Schnell & Steiner, Regensburg 2006, 204.
55
Cfr. i riferimenti all’interpretazione di S. Agostino (Enarratio in ps. 147, 19, CChr 40, pp. 2155 s.), in: Joseph
Ratzinger, L’unità delle nazioni. Una visione dei Padri della Chiesa, Editrice Morcelliana, Brescia ²2009, 108 s.
56
Ratzinger, Vieni 12.
57
Ratzinger, Vieni 13.
15

dato un nuovo spirito, il quale ci doni un nuovo cuore e una nuova lingua.”58 E
pone la successiva domanda: da dove viene questo Spirito, come possiamo ac-
coglierlo e, prima ancora, riconoscerlo? E l’arcivescovo risponde con una sem-
plice e pratica risposta, presa dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi (cfr. 1
Cor 12, 3). “Dunque, Paolo ci dice che lo Spirito Santo non opera qualsiasi cosa.
La nuova parola che Esso pone sulla nostra lingua, la lingua infuocata che Esso
ci ha donato e che muta il nostro cuore, significa semplicemente Gesù è il Si-
gnore. Questa è la nuova parola che supera le divisioni e unisce gli uomini.”59

Solo l’uomo-Dio può creare quest’unità che rivela anche la relazione fra Cristo e
lo Spirito Santo. La Pentecoste rinvia alla Trinità. ”Lo Spirito Santo non opera
qualunque cosa: nella sua sobrietà ci pone sotto il comando di Gesù. Ma seguire
Gesù Cristo a sua volta non significa legarsi a un individuo, bensì significa en-
trare nella pienezza della verità. Seguirlo significa diventare davvero spiritual-
mente aperti e liberi in spirito: a immagine e somiglianza di Dio.”60

e. La nascita della Chiesa e della sua «cattolicità»

Il cardinale Ratzinger nell’omelia della Pentecoste 1990 a Spira, - era la celebra-


zione del bi-millenario di questa città del Palatinato -, lega la nascita della Chie-
sa all’avvenimento della Pentecoste, che mostra il “nuovo corso” dell’opera di
Dio nel mondo, iniziato con la risurrezione di Cristo.61 “Da Lui, dall’uomo Fi-
glio di Dio, spira ora con nuova forza sull’umanità il soffio divino, lo Spirito
Santo … Dov’era estraneità sono nate unità e comprensione. Le membra sparse
del corpo dell’umanità si riuniscono, gli individui toccati dallo Spirito Santo so-
no talmente coinvolti dalla comunione con Cristo che formano con Lui un nuovo
soggetto - una sola carne, dice Paolo: la Chiesa.”62

Il cardinale, nella già citata omelia di Pentling, mette in evidenza lo sfondo vete-
ro-testamentario del racconto lucano della fondazione della Chiesa. “Come solo
il patto del Sinai fondò davvero il popolo di Israele, così la Pentecoste è il fon-
damento della Chiesa. Lo Spirito Santo riunisce gli uomini che si erano allonta-
nati cosicché essi possano ora vivere insieme rettamente, assistersi l’un l’altro ed
essere, grazie a Dio, uno per l’altro. La nuova Legge e lo Spirito Santo stesso …
che dice coerentemente solo questo: vivere come Cristo ha vissuto. È la comu-

58
Ibid.
59
Ratzinger, Vieni 14.
60
Ratzinger, Vieni 17.
61
Ratzinger, Lo Spirito Santo - Potere di unione, in: Vieni 59-66, 60; cfr. Benedetto XVI, Omelia Pentecoste
2010, 7.
62
Ratzinger, Vieni 60; cfr. anche Ratzinger, Vieni 67: “Con la Pentecoste ha inizio la Chiesa, perché essa inizia
sempre dapprima negli individui che si rivolgono a Cristo”; J. Ratzinger, Dio e il mondo. Essere cristiani nel
nuovo millennio. In colloquio con Peter Seewald, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2001, 319 s.
16

nione con Cristo che ci è stata concessa dallo Spirito Santo a darci libertà, unità,
apertura e grandezza. Solo da essa e per essa la Chiesa sempre risorge.”63

Papa Benedetto XVI, nell’omelia della domenica di Pentecoste del 2010, inter-
preta la molteplicità dei popoli presenti il giorno di Pentecoste (cfr. Atti 2, 9-11)
come l’inizio dell’universalità e della cattolicità della Chiesa: “L’universalità
della Chiesa viene espressa dall’elenco dei popoli, secondo l’antica tradizione:
“Siamo Parti, Medi, Elamiti…”, eccetera. Si può osservare qui che san Luca va
oltre il numero 12, che già esprime sempre un’universalità. Egli guarda oltre gli
orizzonti dell’Asia e dell’Africa nord-occidentale, e aggiunge altri tre elementi: i
«Romani», cioè il mondo occidentale; i «Giudei e prosèliti», comprendendo in
modo nuovo l’unità tra Israele e il mondo; e infine «Cretesi e Arabi», che rap-
presentano Occidente e Oriente, isole e terra ferma. Questa apertura di orizzonti
conferma ulteriormente la novità di Cristo nella dimensione dello spazio umano,
della storia delle genti: lo Spirito Santo coinvolge uomini e popoli e, attraverso
di essi, supera muri e barriere … ”64

Nell’omelia di Spira il cardinale Ratzinger chiarisce anche la relazione fra Chie-


sa universale e chiese locali, una «quaestio maxime disputata» in quegli anni.65
E dice a riguardo: “Fin dal primo momento del suo sviluppo, essa parla tutte le
lingue: prima che esistessero le singole chiese, c’era la Chiesa universale, di cui
quelle sono figlie e che devono uniformarsi a un criterio di unità e universalità.
È proprio della Chiesa scavalcare ogni frontiera politica e culturale … Da ciò
deriva un criterio assai concreto della nostra vita cristiana: chiudersi nelle pro-
prie idee e opinioni è sempre segno di un allontanamento dallo Spirito Santo; le
vie proprie delle chiese particolari devono quindi sempre confluire nella via ma-
estra … Le forme particolari delle chiese locali non possono avere in sé nulla di
esclusivo, ma devono restare aperte all’universale.”66

63
Ratzinger, Vieni 80 s.
64
Benedetto XVI, Omelia Pentecoste 2010, 7; cfr. Ratzinger, Vieni 62: “Per esprimere con chiarezza
l’universalità della Chiesa, Luca enumera una serie di popoli tratti dalla tradizione giudaica ed ellenistica. Il
numero 12, il numero dei segni zodiacali, esprime sempre un’universalità, ma qui indica anche una cosa interes-
sante: l’orizzonte dell’area ellenica delineato dall’elenco si limita solo a parte dell’Asia e dell’Africa nord-
occidentale. È lo spazio originario della cristianità che ci viene presentato e all’inizio non aveva nulla di occiden-
tale. Ma Luca guarda oltre i confini di questa presunta universalità e vi aggiunge altri membri: come tredicesimi i
romani, ed estende poi lo sguardo a tutto il mondo occidentale, fino ai britanni e ai germani - in quella zona che
lentamente, secoli dopo, sarebbe diventata l’Europa. Egli parla inoltre di giudei e di proseliti, dunque di una
nuova unità tra Israele e il resto del mondo, nominando infine «cretesi e arabi». Cioè simbolicamente Occidente
e Oriente, isole e terra ferma, per testimoniare ancora una volta l’estensione dell’uomo nuovo, di Cristo intero”;
cfr. anche: Ratzinger, Vieni 92.
65
Cfr. Joseph Kardinal Ratzinger, Ortskirche und Universalkirche. Antwort auf Walter Kasper, in: Joseph Ra-
tzinger, Kirche - Zeichen unter den Völkern, Gesammelte Schriften 8/1, 597-604; W. Kasper, Das Verhältnis von
Universalkirche und Ortskirche. Freundschaftliche Auseinandersetzung mit der Kritik von Joseph Kardinal Rat-
zinger, in: StdZ 218 (2000), 795-804.
66
Ratzinger, Vieni 60-62; cfr. Joseph Cardinal Ratzinger, L’ecclesiologia della Costituzione «Lumen Gentium»,
in: O. R., n. 53, 4 marzo 2000, 6-8, 6 s.
17

3. Quali effetti provoca lo Spirito Santo?

Papa Benedetto XVI, nella sua indimenticabile omelia della veglia di Pentecoste
del 2006, presenta tre effetti della venuta dello Spirito Santo, sono tre doni “in-
separabili tra di loro”: la vita, la libertà e l’unità.

a. I doni della vita, della libertà e dell’unità

Innanzitutto, il Santo Padre afferma che Gesù stesso riassume la sua opera salvi-
fica con le parole: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbon-
danza” (cfr. Gv 10,10). Seguendo la questione «Che cosa è questa vita?», il
Santo Padre ricorda che molti nostri contemporanei condividono la concezione
di vita e di libertà del figliol prodigo nel vangelo di Luca (cfr. Lc 15, 11-32): egli
si sente totalmente libero con i suoi soldi ereditati e può fare finalmente quello
che vuole, lui può godersi la vita in pieno! Ma conosciamo tutti la sua fine come
un uomo affamato e custode dei porci, la sua vita era diventata vuota e vana, e
vana anche la sua libertà.67

La parola di Gesù sull’abbondanza della vita nel vangelo di Giovanni si trova


nel discorso del Buon Pastore in un duplice contesto: del Pastore Gesù dice che
dà la sua vita per le sue pecore. “La vita la si trova soltanto donandola; non si
trova volendo impossessarsene. È questo che dobbiamo imparare da Cristo; e
questo ci insegna lo Spirito Santo, che è puro dono, che è il donarsi di Dio. Più
uno dà la sua vita per gli altri, per il bene stesso, più abbondantemente scorre il
fiume della vita.”68

Come secondo aspetto il Signore ci dice che la vita si trova nell’andare insieme
con il Pastore che conosce il pascolo. “La vita la troviamo nella comunione con
Colui che è la vita in persona - nella comunione con il Dio vivente, una comu-
nione nella quale ci introduce lo Spirito Santo, chiamato nell’inno dei Vespri
«fons vivus, fonte vivente». Il pascolo, dove scorrono le fonti della vita, è la Pa-
rola di Dio, come la troviamo nella Scrittura, nella fede della Chiesa. Il pascolo
è Dio stesso che, nella comunione della fede, impariamo a conoscere mediante
la potenza dello Spirito Santo.”69

E il Santo Padre vede i movimenti ecclesiali e le nuove comunità come frutti


della sete di vita vera, li vede come “movimenti per la vita” sotto ogni aspetto e
arriva a una proposta molto concreta: “Se vogliamo proteggere la vita, allora
dobbiamo soprattutto ritrovare la fonte della vita: allora la vita stessa deve rie-

67
Benedetto XVI, Omelia Veglia 2006, 761.
68
Ibid.; cfr. Benedetto XVI, Omelia durante la solenne Concelebrazione Eucaristica per l’assunzione del Mini-
stero Petrino, in: Insegnamenti I (2005), 20-26, 24.
69
Benedetto XVI, Omelia Veglia 2006, 761.
18

mergere in tutta la sua bellezza e sublimità; allora dobbiamo lasciarci vivificare


dallo Spirito Santo, la fonte creativa della vita.”70

Il tema della libertà è stato già accennato nel riferimento al figliol prodigo che
chiedeva la vita e la libertà nella sua totalità. Una vita condotta in questo modo,
potendo fare quello che si vuole, senza limiti e costrizioni, si scontra presto con
la libertà dell’altro che vive nella stessa maniera. Di conseguenza nasce facil-
mente la violenza, avviene la distruzione vicendevole della vita e della libertà.71

La Sacra Scrittura, invece, lega il concetto di libertà a quello di figliolanza. Il


«figlio» (cfr. Rm 8, 15) si preoccupa, a differenza dello schiavo, della buona
amministrazione e conservazione dei beni affidatigli. “Libertà e responsabilità
vanno insieme. La vera libertà si dimostra nella responsabilità, in un modo di
agire che assume su di sé la corresponsabilità per il mondo, per sé stessi e per gli
altri.”72

Qui entra l’agire dello Spirito Santo: “Lo Spirito Santo … ci rende figli e figlie
di Dio. Egli ci coinvolge nella stessa responsabilità di Dio per il suo mondo, per
l’umanità intera. Ci insegna a guardare il mondo, l’altro e noi stessi con gli occhi
di Dio. Noi facciamo il bene non come schiavi che non sono liberi di fare diver-
samente, ma lo facciamo perché portiamo personalmente la responsabilità per il
mondo; perché amiamo la verità e il bene, perché amiamo Dio stesso e quindi
anche le sue creature. È questa la libertà vera, alla quale lo Spirito Santo vuole
condurci.”73

Il terzo dei tre doni dello Spirito Santo presentato dal Papa è l’unità. Riferendosi
al colloquio con Nicodemo il Papa ricorda che Gesù dice che «lo Spirito soffia
dove vuole» (cfr. Gv 3, 8). Ma la volontà dello Spirito non è arbitrio, ma volontà
della verità e del bene. “Il suo soffio non ci disperde ma ci raduna, perché la ve-
rità unisce e l’amore unisce. Lo Spirito Santo è lo Spirito di Gesù Cristo, lo Spi-
rito che unisce il Padre con Figlio nell’Amore che nell’unico Dio dona e acco-
glie.”74

E lo Spirito Santo ci spinge con il suo soffio verso Cristo e opera corporalmente,
come si vede nell’incontro del risorto con i discepoli. Il risorto non è un fanta-
sma, non è solo un «spirito», non è solo un’idea, ma continua a edificare il suo
corpo, lui fa di noi il suo corpo, che è la Chiesa. E questo corpo frutto dello Spi-
rito di Cristo è una realtà multiforme, ma nello Spirito molteplicità e unità sono

70
Ibid.
71
Cfr. Ratzinger, Vieni 79.
72
Benedetto XVI, Omelia Veglia 2006, 762.
73
Ibid.
74
Benedetto XVI, Omelia Veglia 2006, 763.
19

inseparabilmente congiunte. “Lo Spirito soffia dove vuole, e la sua volontà è


l’unità fatta corpo, l’unità che incontra il mondo e lo trasforma.”75

Anche se il Santo Padre nell’omelia della veglia del 2006 non vi accenna, vorrei
aggiungere un ulteriore aspetto che possiede un ruolo importante nel suo magi-
stero. Commentando una frase del vangelo di Pentecoste «Si rallegrarono i di-
scepoli, vedendo il Signore» (cfr. Gv 20,20), il Papa afferma che il ritorno
dell’amico «perduto», cioè Gesù risorto, che viene dalla «notte della morte» che
lui ha attraversato, provoca una gioia imparagonabile, cioè «la gioia stessa, dono
dello Spirito Santo». Perché Egli è l’amico e insieme colui che è la verità che fa
vivere gli uomini: «l’amore che irrevocabilmente Egli porta in sé e con sé».76

b. La confessione «Cristo è il Signore»

Nell’omelia pronunciata nel Duomo di Monaco - in occasione del venticinque-


simo di episcopato (19 maggio 2002) - il cardinale Ratzinger sottolinea il ruolo
dello Spirito Santo per il riconoscimento e la confessione di Cristo-Signore,77 lui
è il «Maestro interiore».78 “Lo Spirito Santo è ciò che ci fa riconoscere in Cristo
il Signore, e ci fa pronunciare la professione di fede della Chiesa: Gesù Cristo è
il Signore (1 Cor 12, 3).”79

Dobbiamo pesare bene queste parole per comprenderle in profondità, perché e-


sprimono la confessione di fede della Chiesa. L’apostolo Paolo ci vuole dire che
il cuore dell’agire dello Spirito Santo non è costituito da fenomeni straordinari,
ma da una realtà molto semplice. “La nuova parola che Esso ci dona consiste
nell’umiltà di confessarsi insieme con la fede della Chiesa; consiste in una sem-
plicità di cuore, che non è troppo grande per entrare nella fede comune che si
estende sopra i secoli e i continenti e in questo modo conduce gli uomini fuori di
sé gli uni verso gli altri. La voce dello Spirito Santo è la professione della fede
comune della vera Chiesa cattolica che abbraccia il mondo intero.”80

Il cardinale-teologo spiega il significato di questa grande confessione di fede


Gesù è il Signore come il vero fondamento della Chiesa.81 San Paolo ci offre
alcune regole per distinguere lo Spirito di Dio dal non-spirito, dallo spirito
dell’uomo. La prima regola è che nessuno può pronunciare questa professione
75
Ibid.
76
Ratzinger, Vieni 39.
77
Ratzinger, L’unico Spirito di Dio nella creazione e nella redenzione,in: Vieni 85-94, 89; cfr. anche 14-16.
78
Benedetto XVI, Messaggio per la GMG di Sydney, 42-43, 43: “Tuttavia non basta conoscerLo come guida;
occorre accoglierLo come guida delle nostre anime, come «Maestro interiore» che ci introduce nel Ministero
trinitario, perché Egli solo può aprirci alla fede e permetterci di viverla ogni giorno in pienezza. Egli ci spinge
verso gli altri, accende in noi il fuoco dell’amore, ci rende missionari della carità di Dio.”
79
Ratzinger, Vieni 88 s.;
80
Ratzinger, Vieni 15.
81
Cfr. Ratzinger, Vieni 49.
20

se non in virtù dello Spirito Santo (cfr. 1 Cor 12, 3). Queste parole sono la fon-
damentale professione di fede della Chiesa, esse sono la parola e l’opera dello
Spirito Santo. “Il Credo è per cosi dire la parola che Esso ha creato, in cui tro-
viamo la risposta al discorso di Dio; Egli abita in esso. Se vogliamo essere nello
Spirito Santo, dobbiamo aderire a questo Credo.”82

Confessando che Gesù e il Signore si confessa la verità che l’uomo Gesù è Dio,
una verità che coinvolge l’uomo interamente e cambia tutto.83 “Ed effettivamen-
te, se questo è vero, tutto cambia nel mondo come nella nostra vita. Se in Cristo
Dio è venuto nel mondo, allora cade l’eterna incertezza se Dio esiste, come esi-
ste, che cosa vuole da noi, se in generale il mondo e la vita hanno un senso e una
direzione … Ma questo significa anche: solo questo può dire colui che si rimette
al Regno di Gesù, colui che aderisce alla sua esemplarità, colui che si lascia pla-
smare nel proprio intimo da Lui, colui che è pronto a camminare al sua fianco e
a seguirlo.”84

Si deve tener conto che nell’Antico Testamento molto presto il nome di Dio di-
venne impronunciabile e fu sostituito con il termine «Signore». “«Signore» era
diventato il principale appellativo di Dio, anzi il suo nome. Che lo Spirito Santo
ci insegni a dire «Cristo è il Signore» è la professione della divinità di Cristo - la
professione dell’unità e identità di Cristo con quel Dio che si è rivelato
nell’antico patto con Israele, che solo lo Spirito può mostrarci e farci conosce-
re.”85

La riposta di Gesù alla confessione di Pietro (cfr. Mt 16,17) ci fa vedere che nes-
suna conoscenza accademica è sufficiente per la fede in Cristo. Solo se si pro-
fessa il Credo della Chiesa ci si aprono gli occhi e il cuore, e si può conoscere
veramente Cristo e affermare con tutto il cuore: «Si, Tu sei il Signore - il Figlio
del Dio vivente!».

E il cardinale conclude: “Se vogliamo essere nello Spirito Santo, dobbiamo ade-
rire a questo Credo. Abitando in esso, facendolo nostro, accettandolo come no-
stra parola, accediamo alla casa e all’opera dello Spirito Santo. Questo significa
che lo Spirito è per sua natura verità e che la verità è una sola.”86

Questa confessione è la regola e il metodo del mio esistere: essa richiede l’acce-
ttazione di tutto me stesso e non solo della lingua. In vista di quest’orientamento
nuovo è necessario rinunciare all’orgoglio del nostro Io e così diventa possibile
che gli uomini si avvicinino l’uno all’altro e comunichino tra loro. Qui emerge

82
Ratzinger, Vieni 49.
83
Cfr. Ratzinger, Vieni 89.
84
Ratzinger, Vieni 16.
85
Cfr. Ratzinger, Vieni 89
86
Ratzinger, Vieni 49-50.
21

la profonda differenza fra Babilonia e Pentecoste: “Laddove gli uomini vogliono


farsi dèi, possono solo mettersi uno contro l’altro. Laddove invece si pongono
nella verità del Signore, allora si pongono nello Spirito che sostiene tutti i loro
spiriti e veramente li unisce.”87

c. La vittoria sulla paura

Il racconto della Pentecoste degli Atti degli Apostoli ci fa vedere come lo Spirito
Santo vince la paura e motiva per una coraggiosa missione.88 I discepoli che si
erano prima nascosti dietro le porte chiuse escono fuori e proclamano il messag-
gio di Cristo crocifisso e risorto, perché si sanno nella mani di uno più potente.

La paura esistenziale è - secondo il cardinale Ratzinger - il segno specifico del


paganesimo, dove non è apparso l’unico Dio. Le tradizioni pagane temono gli
spiriti dei morti, gli spiriti sconosciuti e l’incertezza di quelli conosciuti. In que-
sto mondo pagano tutta la vita consiste in un calcolo per scampare alla paura, in
una convivenza con quelle forze terribili, alle quali l’uomo è esposto senza dife-
sa.89

Ma lo Spirito Santo vince la paura: il suo mondo non è pervaso da spiriti e forze
sconosciute ma da uno Spirito che è l’amore e come l’amore è onnipotenza. Per
questo la mancanza di paura è il segno dello Spirito Santo, che ci affida nelle
mani dell’amore onnipotente. Il cardinale rifiuta l’opinione secondo la quale un
mondo senza fede sarebbe un mondo senza paura, dove regnerebbe solo la ra-
gione audace. E lui commenta: “Dove la fede viene meno, l’uomo necessaria-
mente ricomincia a temere le forze sconosciute del destino, del futuro, della na-
tura, che non egli può scongiurare, ma solo Colui che le ha create e che le gui-
da.”90

Papa Benedetto XVI termina in questo senso la sua omelia della Pentecoste del
2009: “Sì, cari fratelli e sorelle, lo Spirito di Dio, dove entra, scaccia la paura; ci
fa conoscere e sentire che siamo nelle mani di una Onnipotenza d’amore: qua-
lunque cosa accada, il suo amore infinito non ci abbandona. Lo dimostra la te-
stimonianza dei martiri, il coraggio dei confessori della fede, l’intrepido slancio
dei missionari, la franchezza dei predicatori, l’esempio di tutti santi, alcuni per-

87
Ratzinger, Vieni 17.
88
Cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la GMG di Sydney, 40 s.; Discorso nella Festa di Accoglienza dei giovani,
Sydney, Molo di Barangaroo, 17 luglio 2008, in: O. R., n. 167, 18 luglio 2008, 8 (Il testo originale in lingua
inglese in: Insegnamenti IV/2 (2008), 44-50); Omelia durante la Celebrazione Eucaristica per la XXIII Giornata
Mondiale della gioventù, Sydney, Ippodromo di Randwick, 20 luglio 2008, in: O. R., n. 170, 21-22 luglio 2008,
4-5 ( Il testo originale in lingua inglese in: Insegnamenti IV/2 (2008), 81-86); Omelia Pentecoste 2009, 958 s;
Omelia Pentecoste 2010, 7.
89
Ratzinger, Vieni 27.
90
Ratzinger, Vieni 28.
22

sino adolescenti e bambini. Lo dimostra l’esistenza stessa della Chiesa che, mal-
grado i limiti e le colpe degli uomini, continua ad attraversare l’oceano della sto-
ria, sospinta dal soffio di Dio e animata dal suo fuoco purificatore.”91

d. Uno Spirito del perdono

Nel pensiero del cardinale teologo Ratzinger un «effetto» dello Spirito Santo
possiede particolare importanza, cioè lo Spirito Santo come Spirito di perdono.92
Riferendosi al vangelo della domenica di Pentecoste (Gv 20, 19-23) afferma che
il brano giovanneo spiega e approfondisce il racconto degli Atti, evidenziando
un altro significato che ci fa stupire: lo Spirito della Pentecoste che il Signore ci
da è il potere di perdonare (cfr. Gv 20, 23).93

In questo senso, nell’omelia di Pentecoste del 1980 nella Cattedrale di Monaco,


afferma: “Il frutto della croce è perdono, lo Spirito Santo è spirito di perdono. E
due sono i sacramenti legati al perdono, il battesimo e la penitenza, il vero fon-
damento della Chiesa, il dono e i sacramenti della Pentecoste attraverso i quali
lo Spirito Santo fonda e costruisce la Chiesa.”94

Sappiamo tutti che l’uomo di oggi ha difficoltà ad accettare il perdono, perché


questo richiede un’umiltà che non è facile perché si deve ammettere che esiste il
peccato, che io sono un peccatore. È più facile ammettere errori o mancanze tec-
niche che sono migliorabili o additare le colpe altrui, particolarmente delle gene-
razioni precedenti. Ma tutti questi sono «meccanismi di rimozione» attraverso i
quali la colpa viene allontanata. Esiste nel nostro tempo un’«illusione d’in-
nocenza»: nessuno è veramente colpevole di niente! E il cardinale afferma che
dovè sparisce la colpa e non c’è bisogno di perdono, l’uomo si trova nel pericolo
e nel rischio dell’autodistruzione. “Solo chi crede in Dio può credere nel perdo-
no. Solo chi crede nel perdono può confessare i propri peccati.”95

A causa dell’allontanamento da Dio non crediamo più nel perdono e non si rico-
noscono più i peccati e a lungo termine sparisce ogni norma di giudizio. Per
cancellare la colpa, l’uomo nega le norme e prende se stesso come metro. Così
non esistono più nessuna misura, nessuna meta, nessuna volontà sopra di noi e si

91
Benedetto XVI, Omelia Pentecoste 2009, 959.
92
Cfr. anche Ratzinger, Vieni 51s.
93
Cfr. Ratzinger, Vieni 51: “Il suo respiro, il suo soffio, è il respiro di Dio. Lo Spirito Santo e la sua parola, ciò
che con essi ci viene dato, è il perdono.”
94
Ratzinger, Lo Spirito del perdono, in: Vieni 29-39, 34; cfr. Joseph Ratzinger, Speranza del grano di senape.
Meditazioni per ogni mese dell’anno, Collana: Meditazioni 8, Editrice Queriniana, Brescia 1974, 31-35. 34 s.:
“Lo Spirito è frutto dell’ascensione trionfale di Cristo, della sua ‘ascensione al cielo’. Se si ascolta profondamen-
te, ciò significa nello stesso tempo: lo Spirito è il frutto della croce … è incontrovertibile. Essi viene dalla croce
di Cristo e non si può averlo e vederlo se non entrando in questa via: là egli ‘abita’, là egli ‘viene’.”
95
Ratzinger, Vieni 35.
23

arriva a un disprezzo di sé dal quale si cerca di sfuggire tramite la droga e altri


mezzi.

E il cardinale indica l’unica via d’uscita per l’uomo. “Solo la verità può liberar-
lo. Ma la verità - cioè la sua colpa - egli può accoglierla solo se c’è il perdono.
Perciò lo spirito del perdono è nello stesso tempo lo spirito della verità e lo spiri-
to della libertà. Esso ci dona la libertà di accogliere la verità e di diventare veri.
Il perdono è la vera liberazione … Lo spirito di Pentecoste ci fa vivere come
uomini.”96

Mi sembra che quest’ultimo aspetto sia la migliore sintesi delle nostre riflessio-
ni: lo Spirito Santo vuole portarci a una vita in pienezza (cfr. Gv 10, 10), «hic et
nunc», qui e adesso, a una vita nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spi-
rito Santo che non conosce più nessun tramonto!

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo!

Vorrei terminare il nostro lungo percorso sul pensiero teologico - omiletico del
cardinale Ratzinger e Papa Benedetto XVI sulla Pentecoste e sullo Spirito Santo
con una preghiera, quella con la quale lui stesso ha terminato l’omelia di Pente-
coste nel 2002, in occasione della celebrazione del suo venticinquesimo
d’episcopato nella Cattedrale di Monaco:

Preghiamo il Signore che ci aiuti a credere.


Preghiamolo che apra i nostri occhi sulla retta via.
Preghiamolo che ci insegni ad amare la Chiesa
e ci guidi affinché contribuiamo alla sua edificazione.
Preghiamolo che conceda la fede alla nostra terra,
che ci mandi sacerdoti e vescovi secondo il suo Spirito,
che chiami uomini e donne come suoi strumenti.
Signore, manda il tuo Spirito e rinnova la Terra.
Amen.97

α Mons. Josef Clemens,


Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici,
Città del Vaticano

96
Ratzinger, Vieni 36 s.
97
Ratzinger, Vieni 94.

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