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fo
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11
TAC
1367-716
/
STORIA
1367, of 18
ECCLESIASTICA
DI GENOVA E DELLA LIGURIA
DAI TEMPI APOSTOLICI
SINO
ALL'ANNO 1838 .
سکسسسس :
ازمراسم از ایران اور عمل کیا
TORINO 1838
DALLA TIPOGRAFIA E LIBRERIA CANFARI.
Con permissione.
1
L'Autore avendo adempito a quanto è prescritto dalla legge
28 febbrajo , 1826 , intende di godere del privilegio con
ceduto colla medesima.
.
43 .
v
12 .
a
325.
AL NOBILISSIMO E PRESTANTISSIMO
SIGNOR MARCHESE
TOMMASO BALBI
PATRIZIO GENOVESE
Giovanni B. Serneria Prete,
L'offerire a grandi ed eruditi uomini una
produzione , qualunque siasi dell' umano sapere ,
fu sempre , come ne' secoli più vetusti, così an
cora ne' moderni , un omaggio di stima e di
rispetto , alle volte in atto di gratitudine e di
giustizia , e per certi scrittori fu anche un pro
cacciarsi la benevola grazia di uno splendido
mecenate. Mal certamente non mi appongo ,
signor Marchese gentilissimo , se avendo io cer
cato di fregiare questo mio libro del di Lei nome
1
IV
onorevolissimo , paleso a tutto il mondo che ciò
faceva e per ossequio di una particolare estima
zione , che giustamente professo alla sua per
sònia , e per un dovere di riconoscenza e di
giustizia alla di lei munificenza. Questa storia
ecclesiastica di Genova e della Liguria , di qua
lunque esito riuscir possa per essere trattata da
me , utilissima e pregevolissima per le cose re
ligiose e nazionali che contiene , sarebbe stata
seppellita nelle tenebre , se Ella per effetto di
bontà sua propria non accorreva a mio soccorso ,
per darla alla pubblica luce : la cosa è così, nè
deggio arrossare a dirlo , abbenchè la modestia
di Lei non abbia consentito che il manifesti. Per
altro non voglio tacere che , avendo Ella 'meco
usato di tanta liberalità , non ha operato cose
insolite o sconosciute a' suoi avi , letterati in
ogni tempo e generosissimi con ogni amatore
de' buoni studii . E qui mi sia lecito rammen .
tare quel ser Ansaldo Balbi , che col senno
e col valore operò tante belle imprese nelle
due nostre riviere alla pacificazione e alla di
fesa della patria , sul finire del secolo decimo
terzo ( Giustin . all' an . 1270 e 1273 ) . E quel
ser Giovanni , di Ansaldo fratello o nipote che
fosse , il quale in età virile entrò nell'ordine di
san Domenico , e di cui il nostro cronista Giu
stiniani ( all' anno 1288 ) scrive queste brevi ,
ma rilevanti parole. « Fioritle ancora Giovanni
« Balbi Genovese , dell'ordine de' Predicatori ,
« del quale sono escite molte opere letterarie e
<< utili agli studiosi; e massimamente in quelli
« « tempi, ch'era penuria e gran carestia di let
« tere . » Addottrinato di molte scienze egli era
in casa propria , prima che del sacro abito si
rivestisse : personaggio , non saprei dire , se più
commendevole o per aver distribuito a' poverelli
le pingui sue sostanze , o per la profonda e vasta
sua erudizione che gli meritò gli elogi di tutti
gli uomini dotti , o per la santità de' costumi
che in alcun tempo gli conciliò, nelle chiese
del suo ordine la venerazione degli altari. Negli
ultimi anni del secolo XIII e ne primi del
seguente godeva di gloriosissima fama messer Gian
Francesco Balbi , che con giusta lode ci viene
ricordato dal Muratori ( Rer . Ital. XX pag .
1010 ) fisico insigne , il quale aveva mante
nuto , sano e salvo Filippo Maria Visconti duca
di Milano. E nell' accademia de' poeti Proven
zali , stabilita innanzi al 1340 , presso alla badia
di Tondoret , e governata un tempo dal dolcis
simo poeta genovese Folchetto di Marsiglia ( Spo
VI
torno tom . 1 , pag. 275 ) , era pur un illustre
socio Emanuele Balbi. Scendendo a' secoli a noi
vicini non deve pretermettersi quel padre Paolo
Balbi della compagnia di Gesù che , nell'anno
1631 , fondò in Genova il collegio delle pub
bliche scuole diretto dalla stessa insigne società
ad ammaestrare la gioventù , nè quel Francesco
Maria , nè quel Costantino, preclarissimi fratelli
Balbi , che ambidue la suprema dignità ducale
conseguirono in Genova , l' uno nel 1730 , e
l'altro nel 1738 , della patria e della repubblica
sommamente benemeriti. Agli esempi luminosi
de' suoi maggiori Ella , signor Marchese urbanis
simo , non mostrasi mai inferiore nella piissima
religione dell'animo suo, nell'amore alle scienze,
nella soavità de' costumi e nelle opere di cri
stiana beneficenza . Che se a tutto ciò io gran
demente applaudo , sono certo che gli altri no
stri nazionali meco acconsentono ; e non disap
provazione dagli stranieri , ma ben anche lode
riporterò da' posteri, i quali leggeranno che una
storia ecclesiastica fu pubblicata sotto gli auspizi
del chiarissimo suo nome ad utilità della chiesa
e al decoro di nostra patria.
I
Protesta
DELL AUTORE .
Abbenchè , scrivendo questa storia , io abbia
usato di grandissima diligenza , non meno per
investigare la verità delle cose , che per esporla
con tutta candidezza , giusta le mémorie di au
tori sinceri e per giusto credito riputatissimi , e
soprattutto non adulatori della nazione nostrà ,
nondimeno posso aver errato , sia nel formare il
carattere dei personaggi de' quali ho compilato le
notizie , sia nel narrare le circostanze di un qual
che avvenimento , sia più ancora nell'assegnare le
epoche de' fatti e degli uomini . Anche gli storici
di gran nome presero abbagli, e dimenticarono
talvolta di far ben conoscere certi successi , degni
di perpetua memoria. Non farebbe quindi mara
viglia , se altrettanto fosse avvenuto a me , che
VIII
degl' illustri scrittori pon so nemmeno essere buon
discepolo ; e somiglievoli errori potrebbero essere
stati anche più facilmente avvenuti nel comporre
molte cose fipora inedite , per le quali d'altronde
ho io ricercato carte sicure e i lumi di persone
instrutte e giudiziosissime. Dichiaro io pertanto
che , se il lettore trovando nella mia opera qual
che cosa meritevole di esser tolta ed aggiunta ,
vorrà officiosamente mandarmene avviso , sono
dispostissimo a profittare delle cognizioni altrui
in una seconda edizione , o altrimenti , con darne
di più giusta lode a' miei ammonitori . Spero io
d'altronde che non troverassi alcun tanto indi
screto che voglia condannarmi, senza aver veduto
da prima: accuratamente: le pure sorgenti alle quali
questa storia è attinta ; e nelle cose , in cui di
scordano gli autori, vorrà lasciarmi seguitare
senza taccia quella opinione che dopo lunga di
samina ho giudicato più > accertata , siccome da
parte mia lascio ad altri il proprio pensare in
tutto ciò che non offende la riputazione delle
persone ecclesiastiche, nè il merito religioso degli
scritti altrui. U toho isisi shes
ps:2 dimulai keld's large any op 6575 Pag
i
CAPITOLO I.
I. Predicazione e stabilimento della cristiana religione in
Genova ed in Liguria a' tempi apostolici. II. La cri
stiana religione in Genova ed in Liguria non mai perse
guitata . III. I martiri san Secondo e san Callocero fuori
della Liguria condannati a morte. IV . Più santi martiri
Genovesi e Liguri uccisi fuori di patria .
1. PREDICAZIONE E STABILIMENTO DELLA CRISTIANA RELIGIONE
IN GENOVA ED IN LIGURIA A' TEMPI APOSTOLICI,
Ala sola cristiana religione , non agl' insegnamenti della
filosofia , non a' saggi di Atene e di Roma, sono debitori gli
uomini , se , abbandonato il culto idolatra e superstizioso delle
genti , vennero alla cognizione e all'adorazione del vero Dio .
Questo massimo beneficio , ossia questo cangiamento d'idee ,
di principii , di credenza e di tempii , ebbe cominciamento in
tutta la terra dalla predicazione evangelica de' santi Apostoli ;
ed appunto à tempi loro Genova , lasciando le false divinità.
che aveva sino allora adorate, Venere Ercinia , Pen il Giove
de' Liguri, Borman il Nettuno , Mar il primo loro condottiero ,
Giano re degli Aborigeni , si convertì alla cognizione e al culto
di tutti i misterii della Croce . In qual anno e per qual uomo
apostolico sia ciò avvenuto , non è cosa facile a decidersi, anzi
molto incerta ed oscura ; ma ben si sa che altre chiese ragguar
devolissime e celebratissime, ogni qual volta vogliono risalire
alla prima loro origine , trovansi avvolte in somiglianti dub
biezze : noi però qui investighiamo il tempo ed il modo più
verosimile.
2
Certissima cosa è che in circa alla metà del secolo primo
dell ' era volgare i cristiani erano già sparsi in diverse provincie
del romano impero e nelle primarie città d'Italia. L'imperatore
Claudio , confondendo i cristiani co' giudei, ed attribuendo
a quelli ciò ch'era proprio di questi , aveva cominciato a sban
dire gli uni e gli altri da Roma , sotto colore che inquieti tu
multuavano per la citta : Claudius iudaeos, impulsore Chresto,
( Christo ), assidue tumultuantes Roma expulit: così Svetonio;
e da Roma espulsi , si propagarono particolarmente in diverse
regioni d'Italia. Nella loro dispersione , come ben osserva Eu
sebio di Cesarea , i primitivi cristiani non giacevano neghittosi,
nè timidi stavano della santa religione che professavano , anzi
della medesima caldamente animati , facevano da per tutto
l'uffizio di evangelista. Nerone cominciò a perseguitarli l'anno
64 , come dimostra il Pagi , non solamente in Roma nelle più
barbare forme e con le più atroci calunnie , ma ben ancora in
tutte le provincie del suo impero : Primus scilicet Nero Ro
mae christianos suppliciis et mortibus affecit , ac per omnes
provincias pari persecutione excruciari imperavit ( 1 ) Que
sto ci assicura Paolo Orosio , con cui concorda Lattanzio , per
tacere degli altri : cum animadverteret Nero , non modo Ro
mae , sed ubique quotidie magnam multitudinem deficere a
cultu idolorum et ad religionem novam ( christianam ) da
mnata vetustate transire ... prosilivit ad escindendum cae
leste templum (2) . Dalle quali testimonianze essendo cosa ma
nifesta che sino dalla metà del primo secolo i cristiani erano
sparsi nelle provincie , ed in ogni luogo si moltiplicavano ( spe
cialmente in Italia , centro dell'impero, per lo zelo de'santi apo
stoli Pietro e Paolo ) chi potrà ragionevolmente asserire che
Genova fosse priva de' nuovi fedeli, quella città che per la sua
situazione topografica , per la moltitudine de' suoi abitanti, per
(1) Paulus Orosius lib . 7 cap. 5 , apud Pagi tom . I pag. 49 et 51 , ad an.
64 edit. Antuerp.
(2) De mort. Pers. c. 2 .
3
la ragione di suo commercio , era riguardata al dire di Stra
bone , che viveva in quel secolo , come l emporio di tutta la
Liguria ?
Il venerabile cardinale Baronio , ad un'antica e continuata
tradizione appoggiandosi , è di parere essere stato san Bar
naba il primo fondatore e vescovo della città di Milano ed il
primo evangelista de' Genovesi e de' Liguri : « Ipsum ( Bar
« nabam ) in Italiam venisse et in Liguria praedicasse evange
« lium , nobilissimamque Mediolanensium ecclesiam rexisse ,
« firmae traditiones , eiusdemque ecclesiae monumenta , com
plurium scriptorum testimonio comprobata fidem certam
« atque indubitatam faciunt ( 1 ) . » La opinione del Baronio è
rischiarita con molta erudizione e confermata dal Sassi, accu
rato scrittore nel secolo passato degli arcivescovi di Milano (2) .
Di contrario avviso mostrasi Ughelli , il quale liberamente af
ferma essere non più che una congettura il viaggio e la pre
dicazione di san Barnaba in Genova ; e per verità nell' avviso
di lui molti altri valorosi scrittori concordano . Io non devo
insistere nel sentimento de primi , nè sopra quello de' se
condi ; è concedendo che san Barnaba non sia mai venuto in
Italia , non potrassi con ciò dimostrare che altri uomini apo
stolici sin dal primo secolo non siano venuti in Liguria ad ap
portarvi la luce evangelica ? E chi vorrà negare il viaggio e la
predicazione di san Luca in Italia , e segnatamente nel paese
che più da vicino ci riguarda ? Sant' Epifanio (3) chiaramen
te asserisce avere questo santo evangelista percorso la Dal
mazia , la Gallia Cisalpina , ossia Lombardia , spiega Tille
mont , l'Italia e la Macedonia ; e sebbene ne' fatti storici
l'autorità di sant' Epifanio presso taluni non sia di gran peso ,
tuttavia Fleury su di questo particolare non osa contraddirla ,
( 1 ) Ad annum 46.
(2) loseph Antonii Saxii Archiep. Mediol. series hist. chron . tom. 1 .
(3) Haeres, lib , 51 .
anzi la riporta come d'un avvenimento non dubbioso ( 1 ) . Non
nomina espressamente Genova , ma abbastanza si comprende
in un'apostolica pellegrinazione di questa natura .
Non devo per ultimo tacere l' avviso di quasi tutti gli storici
nostri , che sopra molte ed antiche memorie fondati , scrissero
essere venuti a Genova i santi martiri Nazario e Celso , aver
ivi per alcun tempo dimorato , e nel loro soggiorno per li
primi avere sgombrato le tenebre del gentilesimo ; la qual cosa
anche il Baronio poco anzi lodato ammette per verissima. Ri
porterò altrove le precise sue parole. Ma siccome l' amor della
patria non ci deve far credere facilmente le cose nostre glo
riose ; così io dirò che gli eruditissimi Bollandisti tengono per
cosa non abbastanza provata la venuta in Genova di questi due
santi martiri : « Verum quod de sancti Nazarii ad Genuenses
« peregrinatione dicebamus , vellemus melioribus antiquitatis
« monumentis roborari , ut magis secure credi posset id quod
« habet Ubertus Folieta : historiae libro primo : religionem et
« doctrinam christianam civitas nostra a Nazario et Celso
<< accepit (2) .
Un insigne apostolo della Liguria noi troviamo nel secolo
secondo , voglio dire , san Callimero , vescovo di Milano. Re
gnando l'imperator Comodo portossi in Liguria ; e quì , in
franta l' idolatria e sbandito ogni culto superstizioso , con la
sua predicazione e co' suoi miracoli, trasse quasi tutta la gente
nostra alla cognizione di Dio e all' adorazione di Cristo croci
fisso. Di queste conversioni informato il prefetto di Milano ,
scriveva al romano imperatore trovarsi in Insubria un certo
Callimero , capo di tutti i malefizii , delle divinità nazionali
nemico e bestemmiatore , che il debito culto loro aveva abolito
e distrutto , non solamente nel distretto di Milano , ma di più
in quasi tutta la Liguria , maleficiorum omnium principem ,
Deos per plateas temerarie blasphemantem , et totam pene
( 1 ) Stor. ec. al fine del lib . I pag. 62 , edizione di Olzati,
(2) Acta Ss. ad diem 28 jul, num . 129.
5
Liguriam ab eorum debito cultu avertentem (1 ) . Mandò
Cesare un rescritto , in cui Callimero era punito di morte; e così
l' apostolo de' Liguri , dopo aver retto santamente la chiesa di
Milano dall'anno 138 sino al 191 , coronò con un glorioso
martirio la fede che aveva insegnato. Andavasi vie più propa
gando e radicando nelle nostre contrade la cristiana religione ;
ma con tutto ciò rimanevano al principio del secolo quarto al
cune popolazioni , che questo massimo beneficio non avevano
ricevuto . Però Iddio nella sua misericordia volle in questo
tempo trarre anch'esse dalle tenebre in cui giacevano ad una nuo
va luce, mediante il ministerio di alcuni egregi sacerdoti. Furono
questi Marcellino , che fu poi vescovo di Embrun nel Delfinato ,
Vincenzo e Donnino che , mossi da speciale divino impulso ,
partiti dall'Africa , approdarono a Nizza , ossia alle spiaggie
de’ Cemelii , regnando Costantino che aveva dato la pace alla
Chiesa . Rampicandosi alle falde e sulle vette delle alpi maritti
me , cominciarono infiammati di zelo a dirozzare la ignoranza
di quei montanari , e a diffondere la dottrina evangelica. La
divina loro predicazione avvalorata da stupendi miracoli , pro
dusse l'effetto che intendevano ; e presto i liguri alpigiani a
somiglianza de' marittimi conobbero e professarono la fede
cristiana. Di tanto ci assicurano i più antichi ed autorevoli mar
tirologi : Ebreduni in Galliis sancti Marcellini , primi eius
dem civitatis episcopi , qui divino iussu cum sanctis sociis
Vincentio et Domnino ex Africa veniens , maximam partem
alpium maritimarum verbo et signis admirandis ad fidem
Christi convertit (2) . Potrebbe qui nascere il dubbio quale
tratto di paese debbasi intendere sotto il nome di alpi maritti
me , e segnatamente se debbanvisi comprendere quelle che
sorgono elevate alle spalle degli Intemelii e degli Ingauni. Alla
quale ricerca il Foglietta , sotto la scorta di Strabone, risponde,
( 1 ) Bolland . ad diem 31 jul. ex antiquiss. cod. MS. amb. Saxii vol, 1 , pag. 24.
Ughelli assegna il martirio di san Callimero all'anno 189.
(2] Usuard. Mart. Rom. , Bolland . Acta Ss. ad diem 20 aprilis.
6
per alpi marittime intendersi quella catena di monti che dal
Varo protendono sino a Savona : Alpes Sabatio oppido , quod
postea Saona- appellatum est , oriuntur , ac per totam ma
ritimae orae longitudinem ad Varum flumen pertinent ; to
tusque ille orae tractus ligures alpini appellati sunt ( 1) .
Quindi non solo i Vedianzi che abitavano nelle montagne di
Lantosca e di Sospello , fra il Varo e il Rutuba, oggidì detto
il Roia ; ma anche gli Esparterii , ossia i montani di Triora e
della Pieve di Teico , fra il Roia ed il Centa , gli Statielli fra
le sorgenti del Centa sino a’gioghi che sovrastano a Vada Sa
batia , devon dirsi alpigiani marittimi, in gran parte evange
lizzati da san Marcellino .
· II. LA CRISTIANA RELIGIONE IN GENOVA ED IN LIGURIA
NON MAI PERSEGUITATA DA' GENTILI.
Scriveva nel secolo ultimo scorso uno storico delle cose no
stre , che « in Genova la cristiana religione ebbe un pacifico
» possesso , nè fu per alcun , benchè breve , tempo persegui
jj tata ..... che sin da' tempi di Augusto, di Tiberio e di Nerone
v e da'primi Cesari , Genova , emporio di tutta la Liguria , non
» aveva proconsole , pretore , preside , giudice o prefetto ro
» mano pel suo governo » (2) . È conforme a questa l'asserzione
di un altro erudito e recentissimo storico, ma non Genovese,
il quale scrive così : « È certo che i Liguri piuttosto in conto
j di emuli e di alleati , che in quello di nemici e di sudditi
» sieno stati da'Romani riguardati » (3) . Al sentimento di am
bidue e di più altri ancora appoggiandomi , io reputo cosa cer
tissima , che l'esercizio della cristiana religione ne' popoli liguri
( 1 ) Genuens, Hist. lib . 1.
(2) Compendio delle storie di Genova dalla sua fondazione sino all'anno 1950 ,
Lipsia 1750 , tom. 1 ,
(3) Storia della Repub, di Genova dalla sua origine sino al 1814 , scritta da
Carlo Varese , tom . I , pag. 2. Genova , presso Yves Gravier 1835,
marittimi non fu mai vessato o impedito da'romani Cesari per
secutori. Per la maggiore dilucidazione della cosa gioverà vol
gere un rapido sguardo alla storia delle prime persecuzioni.
I popoli della Liguria marittima espugnati per la prima volta
da Ottaviano , passarono dalle ostilità e dall'indipendenza alla
sottomissione e all'alleanza de' romani. Le conquiste del vin
citore si ricordano anche oggidì nel monumento , che sta eretto
sul colle di Turbia presso alla città di Nizza , chiamato il tro
feo d'Augusto 7 il quale abbenchè non sussista più in tutta
l'antica sua mole , tuttavia grandiose ed elevate ne sono le sue
perstiti rovine. Non cangiarono sorte i Liguri sotto Tiberio ,
Claudio e Caligola , che di Ottaviano furono gl' immediati suc
cessori. Cominciò indi l'imperio di Nerone , che avendo da
principio animo buono , donò a ' popoli delle alpi marittime gli
antichi privilegi , nè li ritrattò giammai , sebbene col crescere
degli anni diventato orridissimo mostro di natura , cominciasse
pel primo a tormentare con le più barbare forme la Chiesa na
scente ; onde non suddita , ma alleata la nazione Ligure ri
guardavasi da Roma. In questo stato durarono le cose anche
all'anno 'sessanta nove dell'era volgare , in cui la guerra civile
si accese tra gli aderenti di Ottone e quelli di Vitellio , due
pretendenti al Romano impero. Di questa guerra ne fu quasi
teatro la Liguria, e di fatto moltissimo sangue romano si verso
tra noi , e molte nostre città soggiacquero all' esterminio. Una
delle quali fu Ventimiglia , detta dagli antichi Intemelium . Nel
sacco datole dagli Ottoniani perì una egregia donna , Giulia
Procilla , madre di Giulio Agricola , gran capitano , e suocero
del celebratissimo storico , Cornelio Tacito ; ed un'altra donna
Intemeliese volendo salvare dalle spade Ottoniane un suo fi
gliuolino , fuggiva per nasconderlo ; la inseguono gli avidi sol
dati, e credendo lei aver col pargoletto celati i denari , la do
mandavano co' più crudeli tormenti ove avesse appiattato il
bambino. Ella mostrando il ventre , gridava : qua entro ; nè
strazio , nè morte presente le strappò altre parole. Donna e
8
madre eroina , martire di filiale amore (1 ) . Vespasiano e Do
miziano non fecero alcun male alla Liguria , e beneficenze vi
apportò Traiano . Sotto Lucio Vero , Marco Aurelio , Antonino
Pio , principi di mite ingegno e di cuore benefico , ebbe la re
ligione molti martiri; ed investigando come sotto Cesari tanto
amici dell'umanità , e de' proprii sudditi più padri amorevoli
che duri sovrani , potesse spargersi l' innocente cristiano san
gue , risponde il Muratori , che la persecuzione era l'effetto
non del cuore de' Cesari , ma delle leggi dello stato allora
vigenti ( 2 ). La romana legislazione severamente proibiva l'in
trodurre nell'impero un nuovo culto senza un espresso
supremo placito : queste leggi religiose anche dagli ottimi
principi si lasciavano intatte , non volendo urtare col senato
in tutta la forza ; e però i proconsoli ed i prefetti supersti
ziosi osservatori delle medesime , inferocivano contro a chiun
que le violava , a misura dell'esteso potere ch'esercitavano ,
e del maggior o minor odio che concepivano contro alla
società cristiana. Ma non troviamo alcun proconsole di questa
indole abitatore delle spiaggie ligustiche.
Regnò indi Comodo voluttuoso del pari e disumano , giacchè
i ministri di sue crudeltà e le vittime de' suoi piaceri entra
vano egualmente nelle sue proscrizioni , adulato in trono fin
chè visse , dichiarato dopo morte il nemico del genere umano.
Appresso a questo mostro sorse il miglior imperatore , che sia
mai stato sulla terra fra le tenebre del gentilesimo. Tale fu
Publio Elvio Pertinace , nativo di Vado presso a Savona. Dopo
avere studiato ed insegnato in patria la grammatica , la quale
aveva in quel tempo ampi confini, avendo dimandato un grado
( 1 ) Storia di Genova del marehese Girolamo Serra , tom . i cap. 3 .
[ 2] Chi trattd egregiamente più di tutti come sotto ottimi principi la Chiesa
soffrisse delle persecuzioni , fu l'eruditissimo Fra Vincenzo Airenti , dappoi vescovo
di Savona , e indi arcivescovo di Genova nella sua opera intitolata ; Ricerche
storico -critiche intorno alla tolleranza religiosa degli antichi romani. Genova presso il
Bonaudo 1814.
9
nella milizia , fu nominato centurione , o avesse già imparato
il mestiere delle arme , o questo fosse allora più facile che ora
non sembra. Creato in seguito con rapidi e grandi avanzamenti
prefetto di una coorte , tribuno militare della prima legione
nella Rezia e nel Norico , consolo , e luogotenente di Marco
Aurelio in Asia, capo di esercito presso il Danubio , in Misia e in
altre provincie , proconsole in Africa , prefetto in Roma , non
saprei dire se più grande fosse il suo valore contro ai nemici ,
o la sua giustizia verso i cittadini , o il suo amore verso i sud
diti. Bellissima è la sentenza di Adriano : Nessuno entrò al
» governo di più provincie , e nessuno ne uscì più povero di
» Pertinacé. » Cessò di vivere il ventotto di marzo dell'anno
193 , ed era nato il primo di agosto del 126. Alla notizia di
sua morte il pianto di Roma fu incomparabile , e ne abbiamo
la viva espressione in un marmo di Albenga , che sembra vera
mente uscita dall'amore de'popoli. » Finchè Pertinace era vivo ,
» noi stavamo sicuri, non temevamo persona. Salve , o padre
» pio , o padre della patria , o dolce amico di tutti gli uomini
dabbene ! » Chi vorrà trovare in questi tempi nella patria di
Pertinace un persecutore ?
Neppure possiamo trovarvene sotto il governo di Severo , di
Caracalla e di Eliogabalo. In quanto a Marco Severo Alessandro ,
fu principe buono e valoroso in tempi cattivi, e la Liguria non
ebbe a dolersi di lui. Massimino fu rifatto imperatore , e dalle
gelide rive del Danubio che aveva eletto a suo soggiorno , or
dinava confiscazioni ed ammazzamenti per tutto l'impero , ma
non si eseguirono sulle spiaggie ligustiche. Molto più sangui
nario fu Decio , e la Chiesa dovette piangere grandemente sotto
di lui , non solo perchè usò di ogni spietato supplizio a tor
mentare i cristiani di tutti i luoghi e di tutte le condizioni , nè
soltanto perchè l'acerbissima sua persecuzione fu a molti anni
prolungata , ma particolarmente perchè fra gl' innumerabili
campioni che col sangue glorificarono la Chiesa ,, molti la ol
traggiarono con l'apostasia ; nè martire nè apostata videro
10
le nostre contrade. Gallo e Valeriano. 'conseguirono dopo di
lui la corona imperiale , e indi a pochi mesi ne vennero spo 1
gliati, uccisi a tradimento dai proprii soldati . Gallieno , figliuolo
snaturato e pessimo principe, fu trucidato in Milano l'anno 268:
avvennero dopo la sua morte varie elevazioni e cadute , che
non influirono punto nel nostro paese. Governò il vacillante
impero Tito Evio Proculo , ligure come Pertinace, ed Albenga,
ne fu la patria . Uno storico contemporaneo , niente interessato
a corteggiarlo , il disse fortissimo guerriero ed ottimo principe,
nè tale può dirsi se non chi vincendo i nemici , sa pur vincere se
stesso . I suoi discendenti vivevano strettissimamente in Albenga
rammentando con più dispiacere che vanità le belliche imprese
ed i politici onori del loro antenato ; nè la società, né la Chiesa
ebbero a soffrire sotto il dolce suo governo. Probo , suo suc
cessore , nelle guerre esteriori fu senza macchia , e più saggio
ancora mostrossi nell'interna amministrazione della repubblica.
La dignità imperiale passò a Diocleziano nell'anno 284, ed egli
divise il governo in quattro parti. Pose egli sede a Nicomedia
nella Bitinia , Gallerio alle rive del Danubio ,« Costanzo Cloro
nelle Gallie , e Massimiano Erculeo a Milano , e sotto di questo
Cesare segnalossi sovra i monti di Agauno nella Vallesia la
santissima legione Tebea. Il Piemonte e non la Liguria ebbe
diverse palme di quei soldati , assai più prodi ed insigni per
aver trionfato di quel disumano principe idolatra , che di avere
disperso in Egitto la ribellione di Achille.
A’tempi di Diocleziano avvenne nella nostra patria un note
vole cangiamento . A ben conoscerne i rapporti bisogna risalire
ad Augusto che aveva distinto l'Italia , questa ottima madre e
maestra delle nazioni , giusta l'espressione di Plinio , in undici
regioni , nome proprio de' quartieri di Roma, ma ciò non ebbe
allora altro effetto che agevolarne la topografia , e forse signi
ficare che i diversi popoli conquistati formar dovrebbero , al
meno nelle opinioni, una sola città . Una nuova divisione in
trodusse Diocleziano, per la quale ogni divario fra la culla
11
dell' imperio e gli ultimi acquisti , doveva scomparire intiera
mente. La Liguria, ch'era la nona regione , diventò una pro
vincia consolare , e i suoi confini , che nella descrizione di Au
gusto terminavano al Po da una parte , e al mar ligustico dall'
altra , si estesero da Diocleziano fino alle alpi Cozie e all'Adda.
Rinnovaronsi in questo secondo partimento i nomi di Liguria
piana, e di alpestre o marittima , già usati avanti l'unione. Milano
appartenne alla prima, Genova alla seconda. Non ostante questa
divisione , la Liguria marittima non ebbe sotto di lui procon
soli o prefetti , che indagassero i cristiani , e ne facessero
uccisione .
Figliuolo di Massimiano Erculeo fu Massenzio, che dopo una
terribile perdita ritiratosi nell'Illirico , creò a nuovo imperatore
Licinio suo amico. Sotto il comando di costoro terminò la de
eima persecuzione de' gentili contro alla Chiesa , perchè trionfò
di ambidue Costantino magno con duplice insigne vittoria .
Riconoscendone dall'onnipotenza della Croce , che gli era ap
parsa nelle vicinanze di Susa , il vantaggioso successo , costi
tuito capo di tutto l'impero , annunziò alla società cristiana la
tanto sospirata pace ed il libero esercizio di suo culto . Ed in
questa maniera la Croce che sino allora era stata lo scandalo
a’giudei , l'obbrobrio a ' gentili , ed a ' credenti scudo di difesa
e di salute , si elevò gloriosa sul campidoglio per esser adorata
da tutti i principi e popoli della terra. Rinnovò Costantino l'or
dine di Diocleziano , che la Liguria fosse la nona provincia
consolare , ed allora esercitarono i romani qualche giurisdi
zione nel nostro paese , quando data la pace alla Chiesa , ces
savano le persecuzioni de' gentili.
12
111. I MARTIRI SAN SECONDO E SAN CALLOCERO
FUORI DELLA LIGURIA, CONDANNATI A MORTE .
Il nome del martire Tebeo san Secondo trovasi inscritto nei
fasti de' martiri presso il Baronio , il romano martirologio ed
i Bollandisti , i quali assegnano la sua morte al giorno ventisei
di agosto in Ventimiglia sul lido del mare ligustico. L'autorità
di tutti questi autori certamente è grandissima , ed io la rico
nosco , anzi la rispetto al pari di ogni altro ; tuttavia trattan
dosi di un fatto , qual è il luogo del martirio , credo potermi
scostare dalla loro opinione , persuaso che siano eglino incorsi
in errore . E come mai uomini sommi di ingegno, di erudizione
e di critica hanno errato su di questo particolare ? Eccone la ra
gione e lo sviluppamento. San Secondo pel consenso unanime
di tutti gli storici antichi e de’moderni apparteneva alla celebra
tissima legione Tebea , così appellata , perchè in Egitto aveva
fatto lungo soggiorno , e presso la città di Tebe aveva eroica
mente sconfitto la fazione di Achille, che contro al romano im
pero.erasi ribellata. Nel tempo del riposo che dopo la pugna e
la vittoria a' vincitori si suole concedere , i soldati Tebei per
l'opera singolarmente di san Maurizio primario lor duce , di
santo Esuperio , di san Candido e di san Secondo , uffiziali
della legione , instrutti della divinità della religione cristiana ,
ricevettero il battesimo al Giordano da Imeneo , o come altri
vogliono da Zamba vescovo di Gerusalemme (1 ) . Intanto Massi
miano Erculeo , che de'Tebei conosceva la somma fedeltà ed il
valore imperterrito , li richiamò dall'oriente per mandarli nelle
Gallie ad abbattere la rivolta di alcuni popoli , che contro al suo
stato erano insorti. E partirono difatti e vennero a Roma , ove
dal pontefice san Caio col sacramento della confirmazione e con
sante esortazioni furono tutti nella fede cristiana avvalorati.
Mossi quindi , traversando il Piemonte e la valle di Aosta, en
(1) Tillemont, la légion Thébée.
13
trarono nel Vallese , facendo stazione militare in Agauno , og
gidì Martignac , alle sorgenti del Rodano . Questo fu precisa
mente il luogo dell'insigne loro martirio , di cui presento un
cenno rapidissimo , ma che può vedersi presso santo Eucherio
vescovo di Lione ed altri , con altissime lodi descritto. Non
tutti però i commilitoni trovavansi al corpo in tempo della bar
bara decimazione ordinata dal Cesare Erculeo , anzi molti ne
erano assenti , fra li quali un santo Antonino , un santo Ales
sandro ed il nostro san Secondo , diverso da quello che fu in
strutto della fede da san Callocero , ed in Asti particolarmente
è venerato . Ed in quale città o terra trovavasi dunque san Se
condo uffiziale ? Ove consumò egli il glorioso suo martirio ?
Nel castello di Victumulo : tal è la precisa denominazione usata
dalle memorie più vetuste , che manoscritte si conservano nell'
archivio della chiesa di Vercelli e dagli storici più antichi. Ed
appunto dalla parola Victumulo derivò l'errore di coloro che
opinarono avvenuto il martirio del santo Tebeo nella Ligure
Ventimiglia , non osservando che questa città ne' tempi romani
era propriamente detta Album Intemelium e Albintemelium ,
come appunto è nominata da Tullio , Strabone , Plinio , Tolo
meo ed Antonino , e non mai Victumulo . Il quale errore fu
tanto più facile in quanto che evvi somiglianza di desinenza , e
ne’secoli posteriori l'antichissimo castello Victumulo più non
sussisteva. Ma rimontando più innanzi , si sarebbe trovato in
Piemonte , nella diocesi di Vercelli , ed ora di Biella : il qual
luogo o borgo chiamasi oggidì Salussola , ove tre anni fa mi
sono portato. Plinio e Strabone scrivendo delle miniere d'oro
di Vercelli nominano Victumulo : lo dice il primo Ictimulum ,
e l'altro con la sola variazione di una lettera , Ictomulum ; anzi
in antichissimo codice di Plinio leggesi : Vici l'ictumuliarum ,
ed in altro manoscritto pur assai antico , come osservano i di
lui editori , trovasi Victimiliarum (1 ). E così finalmente trovasi
(1 ) Plin . Natur. Hist. lib. XXXIII , cap. III, edit. Lugdun. ann . MDCVI.
12
III. I MARTIRI SAN SECONDO E SAN CALLOCERO
FUORI DELLA LIGURIA, CONDANNATI A MORTE .
Il nome del martire Tebeo san Secondo trovasi inscritto nei
fasti de' martiri presso il Baronio , il romano martirologio ed
i Bollandisti , i quali assegnano la sua morte al giorno ventisei
di agosto in Ventimiglia sul lido del mare ligustico. L'autorità
di tutti questi autori certamente è grandissima , ed io la rico
nosco , anzi la rispetto al pari di ogni altro ; tuttavia trattan
dosi di un fatto , qual è il luogo del martirio , credo potermi
scostare dalla loro opinione , persuaso che siano eglino incorsi
in errore. E come mai uomini sommi di ingegno, di erudizione
e di critica hanno errato su di questo particolare ? Eccone la ra
gione e lo sviluppamento. San Secondo pel consenso unanime
di tutti gli storici antichi e de’moderni apparteneva alla celebra
tissima legione Tebea , così appellata , perchè in Egitto aveva
fatto lungo soggiorno , e presso la città di Tebe aveva eroica
mente sconfitto la fazione di Achille, che contro al romano im
pero.erasi ribellata. Nel tempo del riposo che dopo la pugna e |
la vittoria a' vincitori si suole concedere , i soldati Tebei per
l'opera singolarmente di san Maurizio primario lor duce , di
santo Esuperio , di san Candido e di san Secondo , ufficiali
della legione , instrutti della divinità della religione cristiana ,
ricevettero il battesimo al Giordano da Imeneo , o come altri
vogliono da Zamba vescovo di Gerusalemme (1 ) . Intanto Massi
miano Erculeo , che de’Tebei conosceva la somma fedeltà ed il
valore imperterrito , li richiamò dall'oriente per mandarli nelle
Gallie ad abbattere la rivolta di alcuni popoli , che contro al suo
stato erano insorti. E partirono difatti e vennero a Roma , ove
dal pontefice san Caio col sacramento della confirmazione e con
sante esortazioni furono tutti nella fede cristiana avvalorati.
Mossi quindi , traversando il Piemonte e la valle di Aosta, en
( 1) Tillemont , la légion Thébée.
13
trarono nel Vallese , facendo stazione militare in Agauno , og
gidì Martignac , alle sorgenti del Rodano. Questo fu precisa
mente il luogo dell'insigne loro martirio , di cui presento un
cenno rapidissimo , ma che può vedersi presso santo Eucherio
vescovo di Lione ed altri , con altissime lodi descritto . Non
tutti però i commilitoni trovavansi al corpo in tempo della bar
bara decimazione ordinata dal Cesare Erculeo , anzi molti ne
erano assenti , fra li quali un santo Antonino , un santo Ales
sandro ed il nostro san Secondo , diverso da quello che fu in
strutto della fede da san Callocero , ed in Asti particolarmente
è venerato. Ed in quale città o terra trovavasi dunque san Se
condo ufficiale ? Ove consumò egli il glorioso suo martirio ?
Nel castello di Victumulo : tal è la precisa denominazione usata
dalle memorie più vetuste , che manoscritte si conservano nell'
archivio della chiesa di Vercelli e dagli storici più antichi. Ed
appunto dalla parola Victumulo derivò l'errore di coloro che
opinarono avvenuto il martirio del santo Tebeo nella Ligure
Ventimiglia , non osservando che questa città ne' tempi romani
era propriamente detta Album Intemelium e Albintemelium ,
come appunto è nominata da Tulio , Strabone , Plinio , Tolo
meo ed Antonino , e non mai Victumulo . Il quale errore fu
tanto più facile in quanto che evvi somiglianza di desinenza , e
ne' secoli posteriori l'antichissimo castello Victumulo più non
sussisteva. Ma rimontando più innanzi , si sarebbe trovato in
Piemonte , nella diocesi di Vercelli , ed ora di Biella : il qual
luogo o borgo chiamasi oggidì Salussola , ove tre anni fa mi
sono portato . Plinio e Strabone scrivendo delle miniere d'oro
di Vercelli nominano Victumulo : lo dice il primo Ictimulum ,
e l'altro con la sola variazione di una lettera , Ictomulum ; anzi
in antichissimo codice di Plinio leggesi : Vici l'ictumuliarum ,
ed in altro manoscritto pur assai antico , come osservano i di
lui editori , trovasi Victimiliarum (1 ). E così finalmente trovasi
(1) Plin. Natur. Hist. lib . XXXIII , cap. III, edit. Lugdun, ann . MDCVI.
14
espresso da Ottone III in un diploma di sue concessioni fatte
a’ Vercellesi l'anno 999 ( 1 ). Di questo castello rimangono og
gidì alcune poche rovine ܕ, e la chiesa antichissima del luogo
aveva , siccome il tiene la moderna , il titolo ed il culto di san
Secondo martire , essendo sempre ivi stato in continuata vene
razione dall'epoca di suo martirio . Le sacre sue reliquie da
tempo immemorabile furono traslate da Victumulo al mona
stero della Novalesa che non è molto distante, e di là , nel co
minciamento del secolo decimo , ala chiesa cattedrale di Torino ;
della quale seconda traslazione ne rende sicura fede il Mabil
lon in questi termini : Novaliciense monasterium hoc anno 906
direptum a Saracenis ac pervastatum legitur. Id contigit sub
Willelmo episcopo , qui sancti Secundi martyris Thebanae
legionis reliquias in templum sancti Joannis Baptistae trans
tulit (2). Il che parimente viene confermato dalla crònica di
Novalesa , hoc tempore , cioè nel tempo in cui i monaci per la
incursione de' Saraceni espulsi dal monastero si rifugiarono a
Torino , in Taurinensi civitate translatio facta est sancti
Secundi martyris , infra civitatem , qui fuit dux Thebaeo
rum legionis , facta a domino Willelmo, anno incarnationis
Domini DCCCCIV . Però il capo di san Secondo fu riservato ;
e nella circostanza , in cui l'anno 990 era legato apostolico in
Piemonte un vescovo di Ventimiglia , e andato a Susa , con
sagrò alcuni altari della ristorata chiesa di Novalesa , ottenne
da’monaci quella sacra testa , e seco portolla alla sua cattedrale,
ove tuttora con venerazione si conserva , e la festa del santo
annualmente si celebra con religiosa solennità (3) .
(1) Sancti Eusebii Vercellen, episcop. et mart. res gest, a Joan. Steph. Ferrer, epise
collectae. Vercellis , an. MDCIX .
(2) Mabillon , Annal. Benedict. ad an. 906 , tom. 3 , pag. 327 , Chronicon Nova
liciense , lib . 4 .
(3) Questo vescovo di Ventimiglia , delegato apostolico in Piemonte , ci viene
ricordato dalle scritture della prepositura di Oulx , senza dirci il suo nome . V. Giof
fredo , Storia delle alpi marittime MS. sulla fine del libro secondo , all'anno di
Cristo 297 , e all'anno 1004. Questo prezioso manoscritto conservavasi finora nei
15
Neppure la persecuzione di san Callocero appartiene alla Li
guria. Vero è che il martirologio romano ed il Baronio ne as
segnano il martirio a Brescia , e sull’autorità di questi scrittori
io potrei fondarmi con asserire che i nostri Liguri non ebbero
mai con questo santo alcun rapporto . Ma dovendo essere in
genuo , io mi dichiaro dalla parte dei Bollandisti , i quali mi
persuadono contro il parere del dottissimo e rispettabilissimo
annalista , che san Callocero non in Brescia, ma in Albenga ab
bia per la fede versato il sangue . E tutte le più certe memorie
che tengono gli Albinganesi vanno perfettamente d'accordo
co' Bollandisti. Tutto ciò ammesso come verissimo , sostengo
tuttavia che la persecuzione sofferta dal santo martire non
venne da' Liguri , ossia che nella Liguria non fu intimato
il martirio di lui , ed i suoi tiranni o giudici dalle nostre spiag
gie erano assai distanti. Chi era san Callocero ? un ufficiale
pagano addetto alla corte dell'imperatore Adriano . Trovavasi
al suo seguito quando Cesare faceva viaggio verso le Gallie, ed
arrivato a Brescia , fu spettatore de'crudelissimi tormenti, che
per la causa cristiana soffrivano i due santi fratelli Faustino e
Giovita . La eroica pazienza con cui questi due campioni tolle
ravano le pene loro atrocissime , fece una profonda sensazione
nell'animo di lui , onde conobbe in essi una virtù sovrannatu
rale , errore superstizioso negl'idolatri, e barbara ingiustizia
nel principe suo padrone. Da questa celeste cognizione illustrato
Callocero passò incontanente a farsi difensore degli innocenti ,
e finì con farsi cristiano . Questa gloriosa confessione bastò
perchè dalla grazia dell'imperatore cadesse nella sua nimicizia ,
dalla corte in carcere , e dal grado di ufficiale cesareo al con
sorzio de'martiri. Insieme con essi venne tradotto a Milano, ove
sospeso all’eculeo , abbruciato nei fianchi, e da tori indomiti
strascinato in vie scabrose, finalmente fu separato da' suoi com
pagni per essere deportato in Asti. Quì, dopo essere stato con
regii archivii di Torino ; ma dicesi oggidì , che sarà quanto prima dato alla pnb.
blica luce per decreto della regia deputazione agli studi di storia patria.
16
nuove crudeltà sperimentato , senza punto cedere di sua fer
mezza , riceve sentenza di decapitazione. La pronunziò Sapri
zio elevato ministro di Adriano, da eseguirsi contro a Callocero
nella città di Albenga : Sapricius , qui militabat in palatio ,
eratque princeps Candidatorum , in eo dedit sententiam , ut
mox quo Albingaunium fuisset perductus , decollaretur ( 1 ) .
Ed ivi appunto la pena si esegul. Tal è la storia compendiosa
di san Callocero , dalla quale abbastanza risulta che la perse
cuzione di lui non appartiene alla Liguria. Adriano per la via
delle alpi erasi incamminato da Milano verso le Gallie; Saprizio
non era Ligure , nè per la nascita nè pel domicilio ; la pena di
morte fu dettata in Asti , dunque tutto al più potrà conchiu
dersi , che in Albenga trovossi un manigoldo che uccise un
cristiano innocente , non un tiranno che stanziando in Liguria
perseguitasse la religione.
IV. PIU' SANTI GENOVESI E LIGURI MARTIRIZZATI
FUORI DELLA PATRIA .
Essendosi sempre esercitata nella Liguria la cristiana reli 1
gione con pacifico possesso , non mai molestata in verun tempo
dai persecutori , doveva necessariamente la patria nostra rima 1
ner priva nel proprio suolo delle palme de' martiri , dela qual
gloria vanno ilustri tutte le altre nazioni della terra. Tuttavia
non mancò a' Liguri il trionfo del martirio fuori del proprio
paese , sia ne' secoli antichi che ne' moderni , avendo voluto
Iddio cavare come dagli altri popoli , così da'nostri,una illustre
confessione del suo adorabile nome e la difesa di sua santa
religione. E quanti di fatto non furono , che in Genova ed in
Liguria ebbero la nascita , o l'educazione , o un lungo domi
cilio , e poi altrove andarono intrepidi, nelle Gallie, nell'Illirico ,
(1 ) Boll. Acta $ S . ad diem 18 april. ex MS. Archimonast. Cisterc. num . 11 et 1a.
Baron . ad eandem diem et ad 15 febr, in adnot. Martyrol. Rom.
17
nella Tracia , e sino alle spiaggie più remote dell'oriente ad
incoronarsi di quella laurea che tanto bramavano ? Chi potrà
rapirci un santo Eutichiano papa, nativo della Lunigiana, mar
tirizzato in Roma, san Desiderio nato nelle adiacenze di Genova,
vescovo di Langres , da’Vandali ucciso per la fede al comin
ciamento del secolo quinto ; il padre Carlo Spinola gesuita ,
trucidato in odio della religione l'anno 1622 nel Giappone ; il
padre Ferdinando Isola di Albisola per la stessa causa morto
in Scutari nel secolo decimosettimo ; il nobilissimo stuolo dei
giovanetti Giustiniani l'anno 1566 , uccisi in Costantinopoli ( 1 );
ed a' giorni nostri , cioè nel 1816 , fra Giovanni da’ Mo
lini-di Triora , in Chang -Xa , nell'impero della Cina , ov’ era
missionario apostolico ? Nella sua adolescenza portatosi a Ro
ma a vestir l'abito de’minori osservanti , coltivò grandemente
gli studi di filosofia e della sacra facoltà , ed amò la perfezione
religiosa con gli esercizi dell'instituto . Ordinato sacerdote , sen
tendo in se un vivo desiderio di predicare la fede agl' infedeli ,
i superiori del suo ordine secondarono il pio suo desiderio , e
la sacra congregazione di Propaganda ben sicura delle ottime
sue disposizioni , lo mandò nel 1800 alla Cina con altri egregi
sacerdóti : apostolato difficilissimo. Di là scriveva al reveren
dissimo padre generale dell'ordine , il giorno trenta settembre
1810 in questi termini : « ... Non ho mai mancato , nè manco
» di porgere le mie deboli preghiere all'Altissimo, acciò voglia
» soccorrere alle tante agitazioni ed inveterati sconvolgimenti
» di Europa , e finalmente dar pace alla cattolica ed apostolica
» chiesa, comune madre, ed in conseguenza alle religiose fami
glie contro le quali sento esser più fiera la persecuzione.
Qui grazie al Signore la santa religione è in perfetta quiete ;
« ma le conversioni sono rare , perchè i cristiani godendo la
” pace, a poco a poco si raffreddano, e mancando il buon esem
pio , non è in istima presso de' gentili la santa religione. In
(1 ) Palme Genovesi di Agostino Calcagnino , Genova MDCLV presso Benedetto
Guasco ,
2
$
18
► dieci anni che indegnamente esercito l'apostolico ministero ,
» non ho avuto alcun riposo per la scarsezza de' missionarii in
» una missione di sette mila anime, quasi sempre solo ed infer
« miccio , con debolezza di stomaco , per cui le forze si sono in
» debolite , ed in età di cinquant' anni sono assai invecchiato . »
La pace di cui godevano i Cinesi cristiani , .e di cui scrive il
fervido missionario non fu di lunga durata , perocchè nell'anno
1815 essendosi suscitata una fiera persecuzione , egli stesso ne
cadde illustre vittima. Mentre stava evangelizzando nella città
di Lay -yang , sorpreso da satelliti, fu condotto in carcere
e poco dopo al supplizio , volgarmente detto Chang -tong , il
quale consiste in un bastone di ferro alto poco più di un cubito ,
ad una estremità del quale vien legato con ferrea catena il collo
del condannato , e all'altra estremità si lega con simile ritorta
la mano destra ; i piedi sono stretti con vincoli pur di ferro :
nel quale supplizio rimase più giorni il venerevole sacerdote .
Ne venne indi sciolto per essere tormentato di una compres
sione di tutto il corpo dolorosissima, per cui le mani ed i piedi
premuti fra due legni, il paziente non può muovere alcun
membro. Cavato da questo supplizio lo fecero i barbari ritor
nare al primo. Finalmente condotto a Chang -Xa, capitale della
provincia , lo presentarono al giudice , da cui più e più volte
gli fu intimato di calpestare la croce : lo spingevano intanto i
manigoldi , e con forza i piedi gli tiravano , finchè li potesse
porre sopra il legno adorabile . No , gridava egli imperterrito ,
non calpesto la croce , siete voi che mi violentate. Come lo
videro così risoluto , lo condannarono ad essere soffocato ad
un patibolo fatto a forma di croce . Qui legato fra Giovanni con
corde nelle braccia , nelle mani , nel petto e nelle gambe , con
altra fune gli stringevano il collo , e dalla parte posteriore
dell'asta perpendicolare stringendo la corda , moriva soffocato
affisso alla croce , l'anno 1816 , il giorno sette di febbraio. Con
molto denaro i cristiani Cinesi ne ottennero il sacro cadavere ;
e la sacra Congregazione di Propaganda , mandando l'anno
19
1832 alle missioni della China monsignore Alfonso De-Donatis ,
vescovo in partibus, dell'ordine de’minori osservanti , lo dele
gò a formare il processo per la causa del servo di Dio . In que
sta maniera la cristiana religione fu glorificata ne' tempi antichi
e ne'recenti da illustri testimonianze, e quelle deGenovesi e dei
Liguri saranno pur segnate ne' suoi fasti immortali ( 1 ).
CAPITOLO II .
v. La cristiana religione in Genova ed in Liguria non mai
. alterata da eretiche o perverse dottrine. VI. In tempo
dell'Arianesimo Genova rifugio de'vescovi cattolici. VII .
Lettera di san Prospero di Aquitania a'sacerdoti Genovesi
contro agli errori semipelagiani. VII. Lettera di san
Bernardo in lode de' Genovesi. IX. L'ufficio dell'Inquisi
zione stabilito in Genova contro agli eretici. X. Legisla
zione religiosa della repubblica di Genova contro alle ul
fime eresie.
V. LA CRISTIANA RELIGIONE IN GENOVA ED IN LIGURIA
MAI NON STATA ALTERATA DA ERETICHE
E PERVERSE DOTTRINE .
È questa una proposizione già stabilita dal beato Giacomo di
Varazze , arcivescovo di Genova , alla parte quarta , e capitolo
secondo della sua cronaca ; e l'incomparabile Muratori ponde
randola con somma attenzione, non la seppe smentire , dichia
rando anzi che non potrassi da chicchessia dimostrare falsa: ne
(1) lo tengo presso di me copia autentica della lettera e degli atti del martirio
del Servo di Dio , cavata per mio fratello prete Giacomo , dagli archivi della segre
teria provinciale dell'ordine in Roma.
20
contrarium quidem facile quisquam ostendat ( 1 ) , abbenchè
a farne conoscere chiaramente la veracità , neppure sia cosa
agevole . Se pertanto uno scrittore di tanta erudizione , qual fu
l'immortale annalista , certamente il più dotto e versato delle
cose d'Italia che vi sia stato giammai , lasciò l'asserzione del
beato Jacopo senza taccia di errore o di soverchia credulità ,
speriamo che neppure altri vorranno contraddirla , o annotarla
di eccessivo affetto alla propria nazione. Che poi si possa far
la conoscere vera qual è in ogni parte , qui appunto impren
desi a recarne le più sicure ragioni.
Per vedere se abbia mai serpeggiato l'eresia in Genova ed in
Liguria , siccome trattasi di cose di fatto , così la storia della
Chiesa congiunta a quella della patria , è quella che ne deve
spargere chiarissima luce. I primi eretici venuti ad alterare i
libri santi e le divine apostoliche tradizioni , furono i Nicolasti,
gli Ebioniti, i discepoli di Cerinto e di Saturnino , e poste
riormente i Gnostici , i Valentiniani ed i Marcioniti che , nati
nell'oriente , assurde favole insegnarono, e pochissimi proseliti
ottennero nell' occidente. In Roma venne Marcione ; ma con
fuso da san Policarpo qual primogenito del diavolo , disparve.
I Novaziani , gli Origenisti , i Manichei del secolo terzo , si
propagarono più rapidamente, e menarono il più grande furore
nelle Chiese Africane : anche in qualche parte d'Italia si dila
tarono posteriormente , ma in Liguria non trovarono accesso .
Quasi la cosa stessa può dirsi de' Donatisti , scismatici da prin
cipio , e poi eretici , condannati in Cartagine , in Roma , ed in
Arles nel cominciamento del secolo quinto. I Circoncellioni ,
fanatici furiosissimi , sanguinarii non meno di ogni più crudo
tiranno , devastarono molti templi, e profanarono i santi mi
sterii della religione con inaudita empietà.
Dilatavasi largamente in questi tempi l' eresia di Ario , che
certamente fu di tutte la più ingiuriosa alla divinità del Verbo
(1 ) Rerum Ital. Scriptores , tom. IX , pag. 9. adnot.
21
eterno , consostanziale al Padre , la più artifiziosa ne' suoi
raggiri , e nel suo odio a' cattolici la più implacabile. Esigli ,
proscrizioni , carceri , tormenti , supplizii d'ogni più barbara
invenzione , usarono gl' imperatori ed i principi ariani a danno
de' sacri pastori e all'oltraggio de' fedeli ; nè ciò soltanto nel
secolo quarto , in cui nacque l'idra tartarea , ma più ancora
ne'secoli consecutivi , nè in una sola regione della terra , ma
nell'oriente , nell'occidente , sotto la zona torrida e sotto la
gelata. Nella generale persecuzione , mentre Roma piangeva il
suo Liberio , non prevaricatore , ma sedotto , Milano il suo
Dionisio relegato , Vercelli il suo Eusebio scampato in Scito
poli , e nelle proprie mura ucciso , la Francia il suo Ilario , da
Bézier bandito in Frigia , e la Spagna il suo gran luminare
Osio ecclissato , solamente Genova e la Liguria io trovo immuni
dalle proscrizioni e dalla morte , dall’eresia e da'suoi fautori :
così precisamente asserisce Papenbrochio .
Appunto nel centro della Liguria cercò e rinvenne un sicuro
asilo il gloriosissimo san Martino , che fu dappoi insigne ve
scovo di Tours , e di tutte le Gallie il più ammirando splen
dore. Dalla Pannonia , ove aveva convertito sua madre , ma
non il padre, essendo ritornato in Italia , si fermò alcun poco
presso a Milano a menare vita solitaria ; ma qui avendo perin
teso che santo Ilario vescovo di Poitiers suo maestro era stato
esiliato per le frodi di Ausenzio , acerrimo promotore della fa
zione ariana , fuggendo pur egli dalle insidie vicine , credette
non potersi meglio assicurare , che ricoverandosi nell'isola
Gallinaria , vicinissima alla spiaggia di Albenga. Qui di fatto
per alquanto di tempo soggiorno con un santo sacerdote , ali
mentandosi ambidue di radici ed erbaggi silvestri. Un giorno
mangiarono dell' elleboro , ma senza nocumento (1 ). Prova evi
dente che nelle spiaggie Ligustiche non imbaldanzivano gli
eretici.
(1) Sev. Sulpit. in vita s. Mart. pag. 13, edit. Veron .
22
VI . IN TEMPO DELL' ARIANESIMO GENOVA RIFUGIO
A' VESCOVI CATTOLICI ,
· Città di ampio e sicuro asilo fu Genova sotto il regno dei
primi principi Longobardi, che della fede ortodossa erano ne
mici , e dell'ariana eresia caldi protettori. Presi singolarmente
a mira , e continuamente esposti alle loro vessazioni i vescovi
di Milano , erano costretti ad abbandonare la loro sede per
cercare , ad esempio del grande santo Atanasio , in una terra
straniera quella tranquillità , che nella propria chiesa non po
tevano conseguire. Il primo di questi vescovi , che ricoverossi
in Genova, fu santo Onorato , assunto all'episcopato nel comin
ciamento dell'anno 568 : della quale sua venuta ci fa sicuris
sima fede Paolo diacono : Honoratus archiepiscopus Medio
lanum deserens , ad Genuensem urbem confugit , ibique per
mansit securus (1 ). Vennero con lui molti sacerdoti del suo
elero e molti patrizii Milanesi , Sedaldo vescovo di Acqui con
altri del suo gregge ; e tutti furono accolti con quella generosa
ospitalità che meritava la santissima loro causa. Nè qui devesi
tacere di san Verano , dappoi vescovo di Cavaillon , che ritor
nando da Roma passò a Milano a visitare santo Onorato , ed
indi a sua insinuazione portossi in Albenga , ove più miracoli
operò , come già parecchi ne aveva fatto in Milano . Veranus ,
scrivono i continuatori di Bollando , Mediolanum usque per
venit , Roma nimirum revertens ... deinde petente sanctis
simo viro Honorato ipsius civitatis episcopo , ad civitatem ,
cui nomen Albingauno profectus , recessit (2). Che san Vera
no abbia cessato di vivere in Albenga è tradizione antichissima,
come immemorabile è il religioso culto , con cui si venera da
quella diocesi , ma di lui ci converrà ragionare in altro luogo.
(2) Paul. Diac. lib. 2 , de gest. Longob. c. 25 .
( 1) Bolland . ad diem 8 febr. , in vita sancti Honorati,
23
Ritornando alla serie de’vescovi Milanesi profughi nella ca •
pitale della Liguria , santo Onorato passò alla gloria del cielo
dopo un triennio non compiuto di episcopato. Il suo succes
sore , Lorenzo II , eletto l'anno 573 , resse la chiesa di Milano
per anni diciannove e mesi sette . La virtù di lui fu altamente
commendata da san Gregorio magno , come appare dalla sua
lettera LXXXII . Finì di vivere in Genova , ove fu seppellito
nella chiesa di san Siro . Venne promosso alla sua dignità Co
stanzo , l'anno 593 , ed è parimente lodato da san Gregorio ,
che più lettere gli scrisse per consolarlo nel suo esilio. Esşen
do morto dopo otto anni di governo , fu tumulato nella chiesa
di santo Ambrogio , che a' Milanesi era stata assegnata per
l'esercizio dell'ecclesiastiche funzioni e per chiesa titolare di
loro residenza. Deusdedit fu consecrato l'anno 601 , e dopo
anni ventotto riposando nel Signore , ebbe sepoltura nella
chiesa di san Siro . Qui pure giacque Asterio , ch'era stato
promosso alla cattedra episcopale l'anno 630. Forto di lui suc
cessore terminò pure i giorni suoi nell'esilio . Finalmente san
Giovanni Bono , Genovese di nascita , dopo più anni di sog
giorno in patria , cessando la persecuzione ariana , potè ritor
nare alla sua sede vescovile a cui era stato elevato l'anno 645 ,
ed ivi passò agli eterni riposi , chiaro per li miracoli , e più
ancora per le virtù che gli acquistarono il soprannome di Bono.
La sua morte certamente non avvenne prima dell'anno 649. In
questa maniera Genová preservata dall'arianesimo potè salvare
quasi per lo spazio di un secolo i sacri pastori delle altre
chiese (1 ) ; e questi tempi , se bene si ponderano le cose , e si
combinano le diverse epoche , devono tenersi per Genova i più
gloriosi di quanti ne conta ne' suoi fasti religiosi . Imperocchè
nel secolo sesto e settimo , oltre alla piissima ospitalità che
(1 ) Saxii archiep. Mediol. series hist. chron. tom. I. Non ho dato a questi ve
scovi il titolo di arcivescovo perchè non si trova che i vescovi Milanesi , benchè
metropolitani della più insigne provincia di occidente l'usassero prima dell'anno 777.
24
esercitò verso molti santi prelati di altre chiese , la sede sua
propria risplendeva luminosamente per altri vescovi di santità
non meno insigne.
Fra tutti gli spettatissimi vescovi di Milano , quello che esule
in Genova trovossi più di ogni altro esposto alla perfidia eretica,
fu certamente Asterio , giacchè negli ultimi suoi tempi , ossia
l'anno seicento quaranta uno , Rotari , detto con altro nome
Rotario , settimo re di quella schiatta , volendo togliere la Li
guria dall'impero Greco -romano , radunato un esercito in gran
parte composto di Ariani , varcò di forza l'Appennino , e da
Lunigiana a Francia corse , devastò e mise a sacco orribil
mente città e campagne. Siccome le più ragguardevoli erano
Genova , Luni, Savona , Albenga , Ventimiglia e Varigotti , che
oggidì sì picciolo , aveva allora comodo e sicuro porto , così
furono le più danneggiate negli abitanti e nelle sostanze. Tut
tavia in tanta devastazione di paese e in tanta strage di gente ,
Asterio non fu cercato a morte ; prova manifesta , che quella
incursione in Liguria era più avida di rapina e di bottino ,
che infestante alle opinioni religiose , se pur non voglia dirsi,
che Gundeberga , consorte di Rotari , piissima cattolica regi
na , uscita già dalla prigione di Pavia , sapesse inspirare all'
animo del marito sentimenti più dolci verso la chiesa. Anche
san Romolo , dagli Ariani odiatissimo per le tante virtù e per
li molti miracoli che il popolo ne raccontava , sia che alla
sua sede in Genova risiedesse , sia che nella villa Matuziana
si fosse rifugiato , andò esente da ogni molestia .
25
VII . LETTERA DI SAN PROSPERO DI AQUITANIA
AL SACERDOTI GENOVESI
CONTRO GLI ERRORI SEMIPELAGIANI.
Non avendo voluto interrompere la storia dell'arianesimo,
per mostrare quasi in un colpo d'occhio i rapporti consecu
tivi che quella setta ebbe in Liguria , si sono lasciate da
parte l' eresie insorte ne' tempi anteriori, delle quali però
devesi ora ordinatamente riprendere il succinto racconto , e
vedere quale influenza alla nostra gente ne sia derivata. Fa
moso eresiarca fu Pelagio ' , monaco inglese , che negava la
necessità della grazia del divin Redentore , ed altri errori
gravissimi sosteneva ; giustamente quindi condannato in Car
tagine , al cui sinodo intervenne santo Agostino , in Diospoli
nella Palestina , in Roma da s. Innocenzo I e da san Cele
stino I , e finalmeute da un generale concilio . Sulle infrante
rovine del Pelagianesimo si alzarono i Semipelagiani, che
ammettendo la necessità di una grazia interiore per conse
guire la eterna salvezza , insegnavano che l'uomo poteva con
le proprie forze meritare la fede, ed il principio della grazia
a ben pregare ed a santamente vivere. Altre perverse dot
trine difendevano conseguenti alle prime , e tutte trovansi
distinte , e vittoriosamente confutate ne' libri : De praede
stinatione sanctorum , De dono perseverantiae , De cor
reptione et gratia , composti da santo Agostino , che dell'
efficacia della divina grazia essendo stato dopo l'apostolo san
Paolo il più grande trionfo , ne diventò il più grande dot
tore e maestro , e ne morì il più insigne apologista. Ora ,
siccome trattavasi di materie che la Chiesa aveva bensì sem
pre creduto , ma non mai solennemente discusso , ed altronde
santo Agostino in ribattere i sottilissimi errori semipelagiani
spiegavasi con tanta profondità di raziocinio , che da tutti
non era facilmente capito , i sacerdoti Genovesi , in leggere
26
gli scritti di lui , e nello studiare le sue ragioni, temevano
fortemente che , confutando un errore , andasse a cadere in
quell' altro che fu poi detto de' Predestinaziani , e lede il li
bero arbitrio dell'uomo , ed insieme offende la bontà di Dio.
Mossi da siffatto timore per una parte , bramosi per l'altra
di schiarire limpidamente la verità , fecero un fedele estratto
delle ultime di lui opere , e producendone le precise parole ,
scrissero una ragionata lettera a san Prospero di Aquitania ,
cire di tutti i discepoli e compagni di santo Agostino era ri
putato il più fedele e dotto interprete. A. nome del clero di
1
Genova fu compilata questa lettera da Camillo e Teodoro ,
preti ambidue di esso clero ; e pervenuta a Prospero , li
riscontro con una molto prolissa e sapiente risposta , il di
cui principio qui solamente riportasi , come un monumento
importante di ecclesiastica storia , un sicuro argomento della
dottrina e saviezza de' sacerdoti Genovesi , e molto più ancora
come una certissima prova del loro attaccamento alla fede cat
tolica , e dell'abborrimento loro ad ogni eresia . Questa lettera
fu scritta intorno all'anno 440.
A venerevoli Sacerdoti Camillo e Teodoro
PROSPERO (1)
« Ne' libri del vescovo Agostino di beata memoria , che
hanno per titolo : della Predestinazione de Santi, incontrando
(1) Camillo et Teodoro venerabilibus presbiteris
PROSPER
In libris beatae memoriae Augustini episcopi, quorum titulus est , de praedestina
tione sanctorum , quaedam sanctitatem vestram vel insolita aut minus clara move
funt , quae ad humilitatem meam de contextu disputationis excerpta misistis ; ut
quo intellectu , quove iudicio ea acciperem , nosceretis : quasi plus in me , quam
in vobis ad haec introspicienda esset ingenii; ac non magis in hoc examine ve
strae facultatis debueritis exercere mensuram , et si aliqua vos morabatur obscu
ritas decurrere ad patrem luminum , a quo descendit omne datum optimum , et
omné donum perfectum , et a quo datur spiritus sapientiae et intellectus. Verum
tamen praeceptis vestris obsequium ineum non subtraham , et adiuvante Domino ,
27
la santità vostra alcuni insegnamenti o inusitati o alquanto
oscuri, ne avete estratto diversi testi, e all' umile mia perso
na gli avete mandati, per sapere da me in qual senso e con
quale discernimento io gl' intendeva , quasi che maggiore in
me e minore in voi fosse l'ingegno a ben conoscere queste
cose , e quasi non aveste potuto per voi medesimi in questa
disamina esercitare l'acutezza del vostro intendimento . Che
se ciò aveste voi fatto , e nondimeno fosse rimasta in voi qual
che oscurità , certamente l'avreste dilucidata con ricorrere al
padre de lumi , da cui discende sopra gli uomini ogni ottimo
benefizio ed ogni dono perfetto , e concedesi lo spirito della
sapienza e dell'intelletto . Tuttavia io non voglio a' coman
damenti vostri negare il mio ossequio , e , con l'ajuto di quel
Signore che infonde la sapienza a ' bamboli, procurerò d ' in
dicarvi brevemente su le proposte questioni non solo il sen
timento mio , ma quello ancora de' santi e dotti miei confra
telli , pregandovi però di non attribuire a presunzione di sa
pere ciò che è semplice omaggio di obbedienza. Ecco pertanto
la prima difficoltà che cavata ed espressa dalle parole del santo
vescovo Agostino voi mi avete proposto » estratto 1. » E qui
nove sono gli estratti che formano altrettante questioni, alle
quali tutte san Prospero risponde con pari solidità e chiarez
za , nè qui estesamente riportansi, perchè troppo lunghe sa
rebbero ed inopportune al nostro soggetto , bastando il dire
che , spiegata ogni cosa e svanita ogni dubbiezza, il clero di
Genova sempre nemico delle false dottrine mostrossi in tutti
i tempi seguace di quelle di santo Agostino che sono quelle
della chiesa.
qui sapientiam praestat parvulis , de capitulis istis , quid cum sanctis et eruditis
fratribus sentiam , breviter indicabo ; petens , ne abi est simplicitas obedientiae ,
praesumtionem putetis esse doctrinae. De excerptis itaque haec prima propusuistis ,
in quibus verba sunt sancti Augustini episcopi.
Excerptum I. c.
Prosperi aquit. pro Augustino responsiones ad escerpta quae de Genuensi civitate sunt
misse : liber unus, Inter oper. s. Aug. edit. Maur. tom . X in fine.
28
Passerò di volo l'eresie di Nestorio e di Eutiche, perchè
nate e diffuse in oriente ed ivi solennemente proscritte da e
cumenici celeberrimi concilii , non si diramarono che poco o
nulla in Italia . Non meno rumore fecero gli Iconoclasti, che
essendo difesi e con aperta tirannia protetti dagli imperatori
di Costantinopoli, conturbarono tutto l'impero , e la chiesa
desolarono terribilmente col sangue di moltissimi martiri. Un
empio loro seguace si svegliò presso a noi , e fu Claudio ve
scovo di Torino nel nono secolo ; nè solamente come icono
clasta attentò di abolire il debito culto alle sacre immagini,
ma rinnovando gli errori di Vigilanzio e di Aerio , voleva sop-..
primere la religiosa invocazione de' santi , e la pia venerazio
ne delle loro reliquie. Queste eretiche dottrine si spensero
prestamente con la morte dell' iniquo loro autore , non tro
vandosi in Piemonte e nel Genovesato chi le volesse adottare .
Un'altra setta comparve posteriormente nel paese subalpino ,
ed ebbe e conserva tuttora una certa tal quale consistenza ,
che alla chiesa cattolica riesce sempre funesta. Parlo de' Val
desi , dal nome di Pietro Valdo loro capo e maestro al prin
cipio del secolo duodecimo. Dopo essere usciti da Lione , di
ramati nel Delfinato , espulsi dalla patria loro , s'insinuarono
nelle montagne che sovrastano a Pinerolo , tra i confini di
Francia e d'Italia , dalla parte di ponente. Carlo Botta nella
sua storia d'Italia all'anno 1541-42 con solenne menzogna
ed intollerabile impudenza ne solleva la origine a' primi
secoli della chiesa , ma non rimontano certissimamente
all'anno 1160 , come dimostrano i più critici e dotti scritto
ri (1 ). Piantò radici in quelle valli l'empia zizzania , ma non
(1) Fleury all'anno 1184 , lib. 73 , num . 55. scrive così « ipoveri di Lione sono
più conosciuti sotto il nome di Valdesi e cominciò la loro setta del 1160. Furono
chiamati Valdesi dal nome del loro maestro Pietro Valdo , o Leonisti dalla città
di Lione . » V. Bossuet variaz. lib. undec. Moreri Dizion. Recherches Historiques
sur la véritable origine des Vaudois et sur le caractère de leurs doctrines primi
tives. Paris, Perisse freres , 1836. Quest'opera che, fondatamente credesi di monsig.
29
potè mai germogliare nelle altre terre del Piemonte , e alla
Liguria non si estese giammai. San Vincenzo Ferrero nel co
minciare del secolo decimo quinto , 'e il beato Sebastiano Valfrè
sulla fine del secolo decimo settimo si adoperarono ad illumi
nare gli erranti , ma la resistenza alla grazia gl' indurava.
VIII . LETTERA DI SAN BERNARDO IN LODE
DELLA RELIGIONE DE' GENOVESI,
:: Ed eccoci al secolo del dottore melifluo ed ultimo padre
della chiesa , il santo abate di Chiaravalle. Impugnò la penna
e col suo stile soavissimo , con una logica robusta e con una
profonda dottrina confutò la dialettica prestigiosa di Abailar
do , le novità di Arnaldo di Brescia , di Enrico e di tutti i
settarii de' tempi suoi . Chiamato più volte in Italia da Inno
cenzo II ad estinguere lo scisma di Pier di Leone , detto A
nacleto , venne in Genova l'anno 1131 , ove conchiusa singo
larmente per opera sua la pace tra le due rivali repubbliche,
Genovese e Pisana , fu poi acclamato con somma esultazione
al vescovato . Ma amante egli più della cocolla monastica che
di tutte le mitre episcopali , ricusa la dignità offertagli da'Ge
novesi, ed invece lega loro il perpetuo suo affetto e la conti
nua sua protezione con una bellissima lettera , capace a de
stare gelosia in tutti gli altri popoli d'Italia , salvo i Pisani.
« In eterno , così il santo dottore, mi rammenterò di te , 0
popolazione religiosa , gente onorevole , illustre città . Sul
« mattino , sul mezzodì e sull'occaso del giorno a somiglianza
« del profeta io predicava a voi, e tale e tanta era '' 1? avidità
« vostra di ascoltarmi, quanto grande era la vostra carità . Io
a vi annunziava parole di pace , e siccome figliuoli pacifici io
Chervaz, attuale vescovo di Pinerolo, è pregevolissima per l'erudizione, per la forza
di raziocinio , é per li monumenti a cui appoggiasi, tradotta in italiano dall'egre.
gio professore Muratori.
30
« vi trovai, così la pace mia riposò sopra tutti voi ( 1) » Tan
ta lode certamente non avrebbero meritata i Genovesi da san
Bernardo , se di qualche prava dottrina gli avesse trovati
infetti.
ix . IL SACRO UFFICIO D'INQUISIZIONE
STABILITO IN GENOVA CONTRA GLI ERETICI.
Nel secolo successivo comparvero in Linguadocca gli Albi
gesi, i Patareni in Italia , ed altri di vario nome in diverse
provincie , ma gli uni e gli altri in sostanza non erano che
Manichei coperti, i quali ammettevano due opposti principii,
l'uno autore di ogni bene , ed il secondo autore di tutti i
mali. Contro agli Albigesi spiegò ardentissimo zelo san Do
menico , grandemente coadiuvato da Folchetto di Genova. E
rasi dato costui in sua gioventù agli amori e alle poesie pro
venzali, e per vivere intieramente a genio suo , lasciando la
Liguria e la mercatura che esercitava suo padre , erasi stan
ziato in Marsiglia, detto perciò da'Francesi Foulques di Mar
siglia. Tocco dalla divina grazia , rinunziò alle vanità del se-,
colo per rendersi con la moglie e co'due suoi figliuoli nell'or
dine di Cistello , ove crescendo in pietà e dottrina, fu fatto
vescovo di Tolosa l' anno 1205. Diventò amico intrinseco di
san Domenico , ed ambidue andarono a Roma per l'appro
vazione del nuovo instituto ; indi autorizzati dalla santa sede
bandirono la crociata in Provenza contro a’nuovi settarii. Fol
chetto desiderava che una colonia de' nuovi religiosi si stabi
lisse in sua patria per mettere argine alla propagazione dell'
eresia : il governo della repubblica li richiedeva, e san Dome
nico poco prima di sua morte prometteva di mandarli. N'eb
be quindi principio il sacro uffizio dell' inquisizione, di quel
(1) In aeternum non obliviscar tui , plebs devota , honorabilis gens , civitas illa
stris etc. Ad Ianuen. Epist. CXXXIX Edit. Mabil.
51
tribunale che alcuni governi cattolici per una sinistra preven
zione non vollero mai ricevere nel proprio dominio , e che
molti procaci scrittori calunniarono come il più brutto male
fizio della terra , abbenchè in sostanza non era che una dili
gente sollecitudine di mezzi esterni à tenere sgombro il cam
po evangelico dalla zizzania . Il primo inquisitore mandato a
Genova da Innocenzo IV fu il padre Anselmo , uno di quei
dotti biliosi , dice il marchese G. Serra , che non sanno tol
lerare opinioni contrarie alle sue (1 ) . Avendo compilato le co
stituzioni del santo uffizio di Genova , presentolle al governo
l'anno 1256 con ingiunzione di farle trascrivere negli statuti
della città . Ma qui le costituzioni trovarono forti ostacoli ; e
l'inquisitore fulminò una scomunica. Si fece appellazione al
pontefice allora regnante , Alessandro IV , il quale annullò la
censura , ma volle la trascrizione , e fu ubbidito . Il primo a
comparire dinanzi al santo ufficio dopo quel convegno fu cer
to maestro Luchino sospetto o convinto di società coi Pate
reni , ch'era la ridicola eresia de' due supremi ed eterni prin
cipii , l'uno all'altro contrario . Non tortura , nè morte ebbe il
reo , ma bando e confisca de' beni. Dopo di lui non troviamo
memoria di altre confische, e ne' tempiposteriori richiedevasi il
voto di due senatori per l'esecuzione delle condanne. Una
singolare controversia fra il senato e gl' inquisitori si suscitò
all anno 1666 in proposito di un decreto della sacra congre
gazione dell'indice , ed il racconto può leggersi presso altri
autori, bastando al mio scopo il dire che questo tribunale
in Genova non fu mai maledetto nè abolito , anzi protetto
ed appoggiato , perchè in Genova gli eretici non allignavano.
E continuò di fatti sino al 1797 , in cui cessò l'antica re
pubblica ; in tal'epoca io vidi l'ultimo inquisitore, che appar
teneva in qualche modo alla mia patria : e chiamavasi sieco
me il primo di quell' uffizio padre Anselmi.
(2) Storia di Genova tom. IV, discorso primo, pag. 92 .
32
Vengo agli Ussiti e · Viclefiti , che nella Boemia singolar
mente e ne' regni attigui furono tanto formidabili, che venuti
alle armi contra l'imperatore Sigismondo , due volte misero in
rotta il suo esercito. Chiamati poi al soccorso di lui Alberto duca
ď Austria ed il conte di Rossamonte nella città di Piosonia
l'anno 1434 , gli Ussiti n'ebbero la peggio , restandone morti
tredici mila sul campo di battaglia. « Per questa rotta data
a da' Cattolici agli Eretici, in Genova fu fatta la processione
« di tre giorni , e furono rese le debite grazie a Dio onni
« potente » ( 1 ) .
1
X. LEGISLAZIONE RELIGIOSA DELLA REPUBB. DI GENOVA
CONTRO ALLE ULTIME ERESIE .
Gli ultimi due eresiarchi che spogliarono la chiesa di mol
te floride provincie sono Lutero e Calvino : Arrigo VIII di
Inghilterra detestò da principio le novità Luterane, e le con
futò con tanta forza di ragioni , che meritossi il nome di
difensore della chiesa . Principe infelice ! che presto perde
un sì glorioso titolo. La incontinenza a cui si abbandono
gli pervertì il cuore e presto gli affascinò V intelletto : dall 1
impudicizia passò all'apostasia , giacchè come ben osservò
sin da’suoi tempi san Girolamo , gli eresiarchi furono sem 1
pre sensuali, e finì collo scisma del suo regno , col costi
tuirsi capo di una nuova setta . Da questi tre maestri di e
resia uscirono tali scolari, che aprirono poi anche essi inse
gnamento di perverse dottrine, ma variati in tante forme, in
tali e tante stranezze divisi, e propagati, che vi volle la gran
mente di Bossuet a tutte distinguerle e la robustissima sua
penna a tutte confutarle. La chiesa cattolica' sempre combat
tuta e sempre trionfante, nel Concilio di Trento radunata ,
fulminò tutte le teste dell'idra, in modo che sotto qualun
(1) Giustiniani all'anno 143.4.
33
que forma vogliano riprodursi, trováno già pronto un terri
bile anatema , che perpetuamente le percuote , e condanna .
L'alito pestifero di queste dottrine s'insinuò di soppiatto an
che in Italia, e non pochi furono , che pervertiti non tanto
da' sofismi dell'errore , quanto dalle passioni di un cuor la
scivo , trasmigrarono ne' paesi oltramontani a vivere e scrivere
lieenziosamente. Firenze vide Pietro Martire Vermigli , An
tonio Brucioli , Pietro Carnesecchi sotto il nome di Antonio
Paleario , ed Antonio Francesco Boni', prevaricare dalla retta
fede per abbandonarsi alle novità Luterane. Napoli ebbe un
simile scandalo in Pietro Giovanni Valdes , di origine spa
gnuolo , ed altre città ebbero pure i particolari loro apostati.
Se in tutta l'Italia eravi una popolazione numerosa , esposta
agl' intrighi e alla corruzione degli eretici , certamente era
quella di Genova , sia per le frequenti guerre che la mette
vano in contatto delle truppe pervertite , sia per la ragione
del commercio , che obbligava i cittadini suoi a navigare ora
in Inghilterra , ora in Olanda , ora nel Baltico . Tuttavia le
severe e vigilantissime premure di quella religiosa repubblica
furono tanto efficaci , che riuscirono sempre ad impedire non
meno la comunicazione dell'errore , che l'introduzione e lo
smercio de libri cattivi , i quali si esploravano più che una
mercanzia appestata , e si bandivano più che ogni micidiale
coltello . Nel secolo di tante eresie il governo della repubblica
ordinò una nuova legislazione , della quale io qui riporto il
primo capitolo , fondamento degli altri tutti , e perpetuo mo
numento dell'attaccamento che Genova conservava alla cat
tolica religione , e del suo orrore a tutte le novità. » Admo
» nent nos et sacrosanctae leges , et prudentum responsa ,ut
antequam-de humanis legibus condendis cogitemus , ad
» christianae religionis cultum respiciamus. Addueimur etiam
« exemplo nonnullarum provinciarum , quae statim atque a
religione christiana deviarunt, ipsae etiam declinare, ac de
mum ruere coeperunt. Propterea prospicientes Rempublicam
84
»i Genuensem semper , et omni tempore christianae religionis
» cultricem fuisse , existimamus illud tantum esse providen
» dum , ut illustris dux et gubernatores statim atque petitum
» fuerit a reverendissimo antistite in causis , quae ad forum
» suum spectant , et a reverendo inquisitore pro coërcendis
» et castigandis haereticis et suspectis , brachium et auxilium
» suum prompte concedere debeant. Insuper advertent , et
« cavebunt ne aliquid contra clericorum personas ; bonave
» ecclesiastica , eorumve immunitates aut adversus ecclesia
» sticam libertatem aliquid committant , aut a magistratibus
>> committi permittant.... ut cultus divinus principaliter ob
» servețur , hortamur excellentissimum ducem , magnificos
« gubernatores , et procuratores , caeterosque in civitate ma
» gistratus , ut diebus saltem Paschatis et Nativitatis Domini
» in ecclesia archiepiscopali a reverendissimo praesule eucha
» ristiam publice ac reverenter sumant : diebus solemnibus in
p ecelesia maiori mane conveniant , ibi divina , verbumque
► Dei audiant , et tempore quadragesimae praedicationibus
>> frequenter intersint » ( 1 ). bersamaag stitaski SSRO2
Vengo per ultimo agiansenisti. Per indole versipelli, con
túrbarono lungo tempo la Francia , che li vide nascerernek
suo seno , sì nell'ordine ecclesiastico , che nel civile. Volendo
sottrarsi con la distinzione del diritto e del fatto dalle censure
della santa apostolica sede, vennero colpiti e dall'uno e dall'al
tro canto . Parevano estinti i forti loro clamori , quando sulla
fine del secolo scaduto sisvegliò nel centro d'Italia, in Pistoia ,
una turba di novatori, i quali , abbenchè del vescovo d'Ipri non
insegnassero apertamente le cinque riprovate dottrine, tuttavia
de difensori suoi riproducevano non pochi gravissimi errori ,
tanto più insidiosi, quanto più specioso era il colore di rifor
mare con un sinodo gli abusi dell' ecclesiastica disciplina , e
soupls miste osupstration muslo S. »
(2) Leges$ novae reip. Genuen. Ca
is Summi Pontificis, Caesaris, et regis
tholici, in quos per rempub. collata fuerat auctoritas , conditae. Genuae die XVII
martii MDLXXVI publicatae. 2011 69191qort 99909 SONT IS
35
tanto più da temersi in quanto che da una protezione autore
vole venivano corroborati. Pio VI alle novità si oppose , con
dannando con la dommatica sua bolla Auctorem fidei le pro
posizioni eretiche , erronee e scandalose ; e Pio VII nel suo ri
torno da Parigi , l'anno 1805 , provò una consolazione dolcis
sima in Firenze, in veggendo a'piedi suoi disingannato e com
punto il capo de' Pistoiesi , monsignore Scipione di Ricci, alla
chiesa riconciliarsi e al successore di san Pietro .
Aderente non solo al conciliabolo di Pistoia , ma inoltre ai
vescovi costituzionali ed intrusi della Francia , fu monsignore
Benedetto Solaró , vescovo di Noli , di cui converrà più a lungo
ragionare in altro capitolo di questa storia , e partigiano dei
Pistoiesi fu similmente un rinomato sacerdote Genovese ;
contuttociò ambidue morirono nella pace cristiana , nè mai
dall'unità della Chiesa vennero separati ..
Dopo tutto ciò che di essi e degli altri lo amore della verità
e della religione ci ha spinto a scrivere in questo capo , senza
che lo amore della patria ci abbia condotto ad eccedere, po
trassi giustamente conchiudere che dall'origine del cristianesi
mo sino a giorni nostri non alligno mai nella Ligure nazione un
eresiarca, o perversa dottrina, sebbene per la ragione del vastis
simo nostro commercio , e delle moltissime guerre intraprese
nell'occidente , e massime nell' oriente in tempo delle crociate,
i Genovesi più d'ogni altra popolazione fossero esposti al peri
colo della perversione, cosa che ad una singolarissima grazia
del cielo devesi particolarmente attribuire, e di fulgidissima glo V
ria ricuopre i Genovesi ed i Liguri, quantunque non rare volte
con le contumeliose parole di Dante vengano proverbiati.
36
CAPITOLO III .
XI. Prima chiesa di Genova. — XI. L'episcopato in Genova
a ' tempi apostolici , e serie cronologica de primi vescovi.
XIII. San Salomonio . XIV . San Valentino. XV . San
Felice. XVI. San Siro . - XVII . San Romolo ,
XI . PRIMA CHIESA DI GENOVA,
Rimane ora a vedere quale sia in Genova la chiesa , in cui
radunavansi i primitivi fedeli , ed ove i sacri pastori celebra
vano i divini misterii : ricerca veramente difficile ed oscuris
sima. Se la regione più antica della città pel consenso degli
antiquarii è quella di Castello , devesi conchiudere che qui ab
biano abitato i primi credenti , e qui il cristianesimo abbia fon
dato il suo cominciamento , ed aperto le sue sacre adunanze.
Una casa di qualche fervoroso cristiano ed agiato cittadino na
turalmente servir doveva di tempio, e di fatto non ebbero altro
principio le chiese cristiane. I fedeli di Gerusalemme , dice il
venerabile Baronio , anzi gli apostoli medesimi fecero del ce
nacolo una chiesa ; i cristiani di Gioppe per attestazione di san
Gerolamo , in una chiesa pure trasmutarono la casa di Corne
lio ; e gli stessi romani pontefici radunavano il loro gregge
nell'abitazione di una santa matrona, o di un pio cittadino.
Similmente doveva ayvenire in Genova. In progresso di tempo
si edificarono le chiese , e probabilmente col crescere il numero
de' credenti, qualche tempio gentile dalle conventicole super
stiziose passò ad essere tempio del vero Dio. Siccome le per
secuzioni pagane in Genova non inferocivano , nè molestavano
il culto evangelico , così può ragionevolmente credersi, che
anche prima della permissione data da Costantino , l' anno
37
324 (1), i sacri templi ivi fossero eretti ed aperti all'esercizio della
religione. Senza voler contendere in vane dispute , io dirò che
le prime quattro chiese edificate in Genova furono quelle di
santa Maria di Castello , nel luogo ove ora giace la sacristia
ossia ove or sono i sotterranei, giacchè la presente fu edificata
nel 1000., quella de' santi apostoli , di cui trovasi menzione
nelle più vetuste memorie ; quella di san Lorenzo , il quale
subito dopo il suo martirio ebbe nella città una particolare ve
nerazione ; e quella di san Michele arcangelo , incorporata
dappoi a santo Stefano degli archi.
Questo è tutto ciò che di più certo può dirsi intorno alle
prime chiese di Genova , e presso altri nostri scrittori leggere
se ne possono le particolari illustrazioni.
xil. L'EPISCOPATO IN GENOVA A TEMPI APOSTOLICI
E SERIE CRONOLOGÍCA DE' PRIMI VESCOVI.
Quelle medesime ragioni, che accennate nel primo capitolo
di quest' opera ci hanno indotto a credere che sin dal primo
secolo la cristiana religione sia stata da uomini apostolici an
nunziata in Genova , ci persuadono che sin da quel comincia
mento vi sia stato instituito l' episcopato , ossia che un vescovo
abbia avuto in Genova una fissa e continuata permanenza . Tale
appunto è l'asserzione di Baronio ( 2) Genuensis episcopatus ,
nemini cedens antiquitate , sicut Mediolanensis sanctorum
martyrum Nazarii et Celsi consuetudine gloriatur. Però è
d'uopo confessare che uno storico , il quale cerca di accurata :
mente conoscere e scrivere la vita de' primi vescovi Genovesi ,
che in maniera speciale iHustrarono la cristiana religione , di
(2) Ut ecclesiarum aedificia sedulo accurentur , vel ea quae remanent reficiantar,
vel ubi necessitas postulavit, ex integro exaedificentur. Litterae Constant, apud
Baron . ad 324.
(2) Baron , ad annum 451 .
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qualunque diligenza voglia usare per esporre le gesta loro con
integrità e con ordine , trovasi talmente inviluppato nel buio ,
che non sa mai quale di loro debba preferire più antico , ně
quale mettere in tempo posteriore , nè quanto intervallo dall'
uno all' altro possa fissarsi. E queste oscurità non solamente
incontransi da chi ha poche cognizioni , ma ben ancora da uo
mini di doviziosa erudizione forniti , chiari per ingegno e pa
zienti di molto studio . In tali dubbiezze ecco lo spediente a
cui mi appiglio : andrò raccogliendo tutto ciò che hanno scrit
to dottissimi autori, e lascierò poi al leggitore il formarne ret
to giudizio.
Il beato Jacopo di Varazze, o a Varagine, nella sua cro
naca data alla luce per la prima volta dall' incomparabile Mu
ratori ( 1 ) , e non già secondo la citazione erronea che usa di
farne il Ferrari nelle vite de' santi d'Italia , al capitolo primo
della parte undecima , comincia a dire che non ha mai potuto
sapere il nome de’vescovi Genovesi anteriori a san Valentino :
Nomina illorum episcoporum primitivorum , qui fuerunt ànte
Valentinum , ad nostram notitiam minime pervenerunt. Che
però assegna pel primo di tutti esso san Valentino, supponendo
che abbia cominciato circa l' anno 540 a reggere la cattedra
episcopale .' Indi discende a san Felice , e ponendo il princi
pio di sua ordinazione nel 560 , gli attribuisce una vita di
anni 67, anzi , secondo un codice ambrosiano, anni 77. A suo
successore mette san Siro circa il 570 , e dopo lui san Ro
molo promosso all' episcopato intorno al 600. Giusto e dotto
critico il.Muratori soppresse nell'edizione della cronaca tutte
le storielle che non riguardavano le cose Genovesi , annotò gli
errori di tempo e di luogo che vi erano incorsi; ma trattandosi
del tempo della promozione e della morte di questi vescovi ,
non oppone una parola in contrario . Vero però è che il beato
Jacopo non afferma per certa una tale successione , ma quasi
( 1 ) Tom . IX , Rerum Italic. Script.
39
per conghiettura .Il marchese Gerolamo Serra nella sua storia
di Genova ( 1 ) inserisce un brevissimo tratto della vita di san
Romolo , nè guari allontanasi dal parere di Jacopo , scrivendo
all'anno 641 , che san Romolo portossi alla villa Matussiana
per sottrarsi dal furore di Rotari ariano , settimo re Longo
bardo ; e le parole di questo storico sono per me di grandissi
ma autorità , e lo saranno a chiunque voglia giustamente giu
dicare delle di lui opere. La cosa che mi sorprendė si è , che il
beato cronista non menziona san Salomonio , che per altro è ri
conosciuto uno de'primi santi vescovidiGenova. Infatti Ughelli
nella serie de'vescovi e degli arcivescovi di quella città prepone
a tutti per l'antichità san Salomonio , opinando che sia vissuto
illis priscis temporibus', quibus fides christiana in Januen
sibus, tamquam in bene subacto solo , altiores coepit radices
agere ; ma se quei tempi vetusti si debbano credere il primo o
il secondo ' , o li posteriori secoli , è cosa che lascia indecisa.
Dopo san Salomonio numera per ordine di successione gli altri
quattro santi vescovi di sopra menzionati , senza fissare il cod
minciamento del loro episcopato o il termine della loro vita ,
descrivendone però tutte le notizie che aveva potuto acquistare.
Colloca indi al numero sesto il vescovo Diogene , che l'anno
381 intervenne con sant'Ambrogio ad un concilio di Aquileia :
Papebrochio , uno de' dottissimi continuatori di Bollando ,
nella vita di san Valentino (2) ; assegnò il principio di san Sa
lomonio all'anno 325 , dopo due anni san Valentino al 327 ,
dopo anni tredici san Felice che arriva al 340 : in appresso
colloca san Siro e poi san Romolo suo successore circa l' anno
367 , e finalmente Diogene prima del 380 , così che secondo il
computo dell'illustre Bollandista cinque santi vescovi di Ge
nova sarebbero vissuti nel secolo quarto della Chiesa . Sopra
questa cronologia potremo noi fondarci tranquillamente ? No ,
( 1 ) Tom . I , lib. 3 , cap. 1 .
(2) Acta Sanct. mense maio , tom. 7, appendix 11 maii pro sancto Valentino.
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giacchè Papebrochio medesimo nella vita di san Siro ( 1) , in
seguito a nuovi studii , e perciò dopo ulteriori cognizioni , si
è creduto obbligato ( pene cogor dicere ) di allontanarsene al
meno in una parte, e segnatamente con anticipare la ordina
zione di san Siro , successore di san Felice , all' anno 323 , e
fissarne la morte al 330. Il motivo che adduce in cangiare di
sua prima opinione appoggiasi ad un concilio tenuto in Roma,
sotto il pontificato di san Silvestro nel 324 , alla prima azione
del quale concilio dice trovarsi sottoscritto con gli altri vescovi
il nome di Siro ( 2 ). A san Siro fa succedere immediatamente
san Romolo ; e qui non ne capisco il perchè ; e poi san Va.
lentino per una ragione dedotta dal computo delle indizioni ro
mane : il quale computo rimontando ad un epitafio , rimetto
ad altri l' indagare se sia fondato sopra un vero o falso sup
posto. In questa maniera san Valentino , che dal b. Jacopo è
noverato il primo , da Ughelli il secondo , giusta il parere di
Papebrochio , viene ad essere il quinto de santi vescovi di
Genova. Sia come si voglia dell'epoca precisa , in cui ciasche
duno di essi cominciò l'episcopato e cessò di vivere , mi basta ,
dopo di avere indicato i diversi pareri , il conchiudere con
tutta sicurezza che cinque santi vescovi illustrarono ne' primi
secoli la cristiana religione , e lasciando poi nell'incertezza il
tempo che vissero e l'intervallo che dall'uno all'altro trascorse,
sieguo l'ordine di successione che col beato Jacopo ha tenuto
Ughelli.it
(1) Acta Sanct. ad diem 29 iunii.
(2 ) Se è vero , como afferma Papebrochio , che san Siro siasi trovato ad un
concilio romano , l'anno 324 , noi abbiamo certissima la data di tre antichissimi
vescovi di Genova , cioè esso san Siro nell'anno indicato ; Diogene nel 381 , in.
tervenuto ad un concilio di Aquileia ; e Pascasio che nel 450 sottoscrisse ad una
lettera a san Leone inagno. erine
XIII. SAN SALOMONIO .
Che san Salomonio sia stato vescovo di Genova è oramai
cosa tanto certa , che non puossi rivocare in dubbio , trovan
dosi espressa menzione di lui nel martirologio romano , al
giorno 28 di settembre. Osserva però - il venerabile cardinale
Baronio , che in qualche altro catalogo di santi viene chiamato
col nome di Salonio o di Salone , variazione che non importa ,
perchè il nome di Salomonio è stato il più generalmente rice
vuto . Non mancarono illustri scrittori , che a Ginevra attribui
rono questo santo vescovo , togliendolo da Genova , ma i Bol
landisti , dopo di avere indagato con moltissima erudizione
l'origine di questo errore , e consultato antichissimi e prege
volissimi codici, pronunziano con sicurezza contro al parere di
Tillemont , che san Salomonio appartiene a' Genovesi : Con
stanter in vetustis fastibus tribuitur Genuae et nun
quam Genevae cultus , aut catalogis episcoporum insertus
(1). Alla metà del secolo quinto viveva un vescovo detto Sa.
lonio , il quale era figliuolo di sant' Eucherio vescovo di
Lione , fratello di san Verano vescovo di Vence , educato sotto
ottimi maestri nel famoso monastero di Lerino , intervenuto
l'anno 441 ad un concilio di Orange , indi ad altro sinodo in
Arles , e sottoscritto con san Verano , Ceresio , e con più altri
vescovi, il 450, ad una epistola sinodica , mandata al pontefice
san Leone magno. Che questo Salonio sia il medesimo che il
nostro san Salomonio , molte ragioni lo danno a credere ;
però i Bollandisti inclinano all'opinione contraria , principal
mente perchè l'anno 452 era vescovo di Genova Paseasio , uno
di coloro che hanno sottoscritto ad una lettera del concilio di
Milano al lodato santo pontefice. Ma qual ripugnanza vi sa
rebbe a dire che l'anno 450 in Genova fioriva san Salomonio
ossia Salonio , e che due anni appresso reggeva quella chiesa
(1) Acta Sanct. ad diem 28 septemb.
1
1
un suo successore di nome Pascasio ? Del resto , intorno alle
azioni di lui non ci consta niente di particolare. In Francia ,
scrive un autore a questo proposito , vi sono stati seicento ve
scovi santi, de'quali non se ne conosce altro di più che il nome.
XIV. SAN VALENTINO.
Di questo santo vescovo noi abbiamo un antichissimo pane
girico , il quale soleva far parte dell' officio divino in Genova ,
e di cui trascrivo il compendio. (1 ) . Passò san Valentino la
fanciullezza negli esercizi della religione , alieno da tutto ciò
che poteva corrompere la illibatezza del costume, e fargli per
dere la innocenza del battesimo. Assunto suo malgrado alla
dignità vescovile , principale sua cura fu lo . ammaestramento
del suo gregge che coltivava non solo con evangeliche istru
zioni , ma con perfettissimi esempi di virtù . Padre de' poveri ,
li proteggeva costantemente contro agli oppressori , e li sov
veniva con limosine copiose. Mortificato ne' suoi sensi , studio
sissimo dell' orazione , inflessibile nelle vie della giustizia ,
provvido a santi consigli , forte di animo nelle fortune prospe
re ed avverse , il suo vivere altro non era che un continuo
combattimento contro alle massime del secolo ed una assidua
unione con Dio : in adversis et prosperis perstabat fortis, in
viis iustitiae rectus, in consiliis providus ... totus vitae eius
excursus cum principe mundi fuit conflictus... Christum in
ore , Christum in mente semper commemorabat... atque in
omni opere Dei strenuus. Adorno di tante virtù , amatissimo
dal suo popolo e chiaro per li molti prodigii, lasciò la terra per
salire al possesso della gloria del cielo , il giorno secondo di
maggio. Le mortali sue spoglie giacquero nella chiesa de' santi
apostoli sino al 985. Nel qual anno Gioanni II vescovo di Ge
nova volendo ristorare quella chiesa che minacciava a rovina ,
(1) Ughelli , Ital. sacra , Bolland. Acta Sanct. mense maio > tom . 7 , appendix
ad diem 2 pro s. Valentino.
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non senza un celeste impulso , ritrovò entro una cassa di piom
bo il corpo di san Valentino , intiero nella naturale sua forma
ed incorrotto de' sacri abiti , de' quali defunto era stato rive
stito .. Dopo che la chiesa fu restaurata , lo ripose in luogo più
decoroso della medesima che portava il titolo di san Siro , con
somma venerazione del clero e de cittadini. In progresso di
tempo , cioè l' anno 1240 Gioanni di Cotorno o di Gogorno ,
arcivescovo della città , staccata una porzione di quelle sacre
reliquie , ne fece la solenne traslazione alla chiesa di san Lo .
renzo , la quale dal vescovo Gioanni intorno al 985 era stata
designata a cattedrale.
XV . SAN FELICE .
Nacque in Genova questo santo vescovo , ed avendo dato
sicure prove di pietà e di molte cognizioni, fu promosso all'or:
dine del diaconato , ed indi , perfezionato nell'esercizio del
santo ministerio , al grado episcopale. La santità de' suoi co .
stumi fu manifestata da Dio con un segno ammirabile ; impe
rocchè celebrando un giorno i santi misteri, un raggio bril
lante di celeste luce venne a posarsi sul suo capo , e certamente
infiammò il suo cuore di purissimi affetti, con grande maravi.
glia de' circostanti e particolarmente di Siro suo discepolo e
ministro all'altare nell' officio del diaconato. Pieno di anni e
di meriti san Felice, passò agli eterni riposi nel giorno nove di
luglio ( 1 ) e le sue reliquie per qualche tempo furono onorate
nella chiesa de' santi apostoli , dalla quale poi vennero traslate
a quella di san Lorenzo , come si vedrà in appresso . 1
: (1) Bolland . Acta Sanct. ad diem 9 iulii. Ughelli.
i
44
XVI. SAN SIRO.
Oriondo. questo santo vescovo di Morasana, ossia di Strope
pa , poco distante da Genova , e figliuolo di Emiliano ,
piissimo uomo , fu consegnato da giovinetto al magistero di
san Felice , e presto ne diventò non solamente ottimo disce
polo nelle sacre dottrine, ma emulatore e seguace, delle
virtù , onde di buon ' ora meritò di essere ascritto al clero
e promosso al sacro ordine de' Leviti. Mandato dal suo pasto
re nella terra di Matuto , oggidà città di Sanremo, per la istru
zione di quel popolo, si adoperò con le virtù proprie di un san
to ministro alla spirituale coltura sì della gente Matussiana che
delle terre circonvicine. La predicazione del santo Vangelo era
in lui bene spesso avvalorata da Dio col dono de' miracoli, che
Siro operava alla guarigione degl' infermi e al sollievo degl'in
felici. Essendo andato a Taggia , dalla spiaggia di Matuto di
scosta non più di cinque miglia , risanò una figliuola di Gallio
ne , la quale con tutti gli umani rimedii non era potuta guarire.
Ella era energumena , ed essendo stata sciolta per evidente fa .
vore del cielo , il padre suó ch'era un ricco esattoré de' pub •
blici tributi', riconoscente al beneficio , assegnò al vescovo di
Genova nella regione di Taggia diversi poderi , il frutto dei
quali a vantaggio de' poveri fosse distribuito . Molti altri beni
in Ceriana e nella terra di Matuto si donarono al pio sovveni.
mento de bisognosi in grazia di Siro , a cui nel grado di primo
diacono apparteneva secondo le leggi della Chiesa ripartire le
limosine , sotto la ispezione del vescovo , alle vedove ed ai
miserabili di ogni specie. Come poi siano stati distratti questi
poderi , lo vedremo nella vita del beato Jacopo di Varazze .
Intanto cessò di vivere il santo vescovo Felice , ' e Siro fu
tosto richiamato a Genova , ove appena giunto , con voce una
nime del clero e del popolo , fu eletto a sedere nella cattedra
episcopale. Il solo che di questa ordinazione fosse scontento ,
era il novello pastore , che accettò la dignità , per non
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ripugnare al volere di Dio che lo aveva chiamato. Alla sua
sublime vocazione , in cui sentiva sempre un formidabile peso ,
corrispose con la integrità delle azioni , e con la sapienza
della dottrina. Eresse ad onore de santi apostoli una chiesa ,
e continue piissime opere promoveva al maggior culto di Dio ,
alla pace delle famiglie e alla salvezza del gregge. Chia
mato da san Silvestro in Roma l'anno 324 ( così afferma un
dottissimo scrittore ) , assistè con molti altri vescovi d'Italia
ad un concilio , alla prima azione del quale il nome di Siro
trovasi sottoscritto . Fu tolto a ' mortali nel giorno del martirio
de' santi apostoli Pietro e Paolo , per riunirsi alla loro gloria
in cielo . Il suo culto in Genova fu sempre celebratissimo (1 ), e
per lui il tempio de' santi apostoli cangiò di denominazione,
onde d' allora in poi si disse la chiesa di san Siro, o sia perchè
da lui fu dalle fondamenta fabbricata , o sia perchè il suo
corpo per più secoli ivi giacque seppellito , o sia ancora perchè
tutti ivi accorrevano ad onorarlo come gran santo e ad invo
carlo come insigne protettore .
Vennero indi traslate le sue reliquie da Landolfo vescovo di
Genova circa l'anno 987 nella chiesa di san Lorenzo , e da due
ragioni fu mosso ad eseguire questa traslazione : primiera
mente perchè in allora la chiesa di san Siro trovandosi fuori
le mura della città , restava facilmente esposta alle frequenti
incursioni de'Saraceni ; ed in secondo luogo pareva conve
niente che la nuova chiesa cattedrale possedesse quelle sacre
spoglie. Qui poi vennero scoperte e riconosciute dall'arcivescos
vo Bonifazioܕ, nel 1198 , sotto l'altare di san Lorenzo , entro
di un'urna di pietra marmorea , sopra il cui coperchio era
scolpito il seguente epitafio : 1
Hic recubat Syrus sacro baptismate dictus
Cuius terra levis florida membra premit,
(1) Acta Sanct. ad diem 29 iunii.
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L1 Aperta la cassa , si trovò con ' le sacre ossá un pezzo del
bastone pastorale , ed intiero l'anello vescovile . Erano presenti
a questa invenzione, l'arcivescovo Bonifazio che contava il
primo anno di sua consecrazione , il canonico preposito della
metropolitana , gli altri sacerdoti del capitolo , gli abati ed i
monaci del convento annesso alla chiesa di san Siro , i consoli
della città , e finalmente il legato della santa Sede , Pietro
cardinale del titolo di santa Cecilia , che fu poi vescovo di
Verona. Esposte sopra l'altare le reliquie , intorniate da un
numero quanto si poteva maggiore di luminose faci , accor
sero alla religiosa venerazione i magistrati ed i cittadini , be
nedicendo il Signore col festevole canto di sacri inni e di sal
meggiamenti divotissimi (1 ). Accanto alle ossa di san Siro si
trovarono separate anche quelle di san Felice e di san Romolo,
e si poterono riconoscere da un altro epitafio inciso in una
lamina di piombo. In autentica forma quindi racchiuse , e
nuovamente distinte , vennero collocate sotto l'altare in deco
roso e sicurissimo ripostiglio. Ne furono dappoi estratte per
brevissimo tempo dal beato arcivescovo Jacopo di Varazze ,
come testifica egli stesso nella sua cronaca , per l'occasione
del concilio provinciale che tenne in Genova, l'anno 1293.237
irout inabastoni ona ifa il sagiib el doble si silang alte
ineupsti sils SEOK XVII, SAN ROMOLO . job .
-371109 siis 02011 obnova mi be in toh joizmai
s til beato Jacopo nella sua cronaca formò l'elogio di san
Romolo con queste poche , ma significanti parole : Iste homo
1
fuit magnae sanctitatis quoad Deum , magnae honestatis
quoad se ipsum , et magnae pietatis quoad pauperes. Queste
virtù brillarono vie più col dono de miracoli che operò. A
somiglianza di san Siro suo predecessore andò per la riviera
di ponente a dimorare nella terra Matussiana , ossia perchè
volesse sottrarsi da qualche particolare persecuzione in tempo
( 1, Caffari , Annal . Gen. lih. 3 , ad annum 1198.
47
che Rotari settimo re Longobardo entrò in Liguria a devastare
tutta la costa marittima , come altrove si è detto ; ossia perchè,
come opinano altri , da buono e vigilantissimo pastore desi
derasse di visitare una parte del suo gregge. E non sarà im
probabile conghiettura lo asserire che ambedue queste cagioni
lo muovessero a quel viaggio. Fatto innegabile è che, arrivato
a quella terra , scostandosi quattro miglia dal lido ove l'an
tichissimo castello ergevasi , andò a nascondersi in una foresta ,
dalla parte di settentrione , entro di una spelonica.così orrida,
che covacciolo si direbbe di rettili e di ' fiere . Essendovi io ene
trato in mia giovinezza , mi pare che lunga non sia più di
una trentina di piedi , e larga un poco più della metà , sotto
una rupe che la cuopre da ogni parte , salvo che porge un
ingresso assai comodo. Da tempo antichissimo, fu convertità
in una cappella ove un altare si eresse , ed upa bellissima
statua di marmo si pose sulla fine del secolo passato , ed
il santo sagrifizio vi si celebra specialmente nella festa del
santo che ricorre nel mese di ottobre. In ridurre quellantró
a stato di chiesuola , i patrizii di Sanremo ebbero l'avvedu
tezza di lasciarlo , per quanto era possibile , nella naturale
şua forma , umido per lo continuo stillicidiorg orrido , intora
niato di alberi frondosi, e dentro e fuori ricoperto di silvestre
erbetta . Alquanto sopra la rupe edificarono una chiesa medios
cremente capace a contenere gli accorrenti nel giorno della
festa , con un convento che per qualche tempo fu abitato dai
frati minori osservanti. Di quale virtù abbisogni un uomo per
rintanarsi nel deserto e convivere , per usare una espressione
di san Girolamo , in compagnia delle fiere e degli scorpioni ,
sotto il rigore di tutte l'intemperie dell' atmosfera , nella pri
vazione delle cose più necessarie alla vita umana , è un'idea
facile a pensarsi e a scriversi , ma non così a farne brevissi
mo esperimento . Tanta virtù fu quella di san Romolo , che
ivi abitò per qualche tempo , in un continuo raccoglimento
con Dio , morto a se stesso , ed ivi poi morto anche natu
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ralmente. La morte sua preziosa agli occhi di Dio diventò
presto venerevole agli uomini , tanto che tutti correvano a
stormi gli abitanti delle spiaggie e delle alpi Ligustiche a pre
stargli religioso culto : Andiamo a san Romolo ; Veniamo da
san Romolo , era la voce comune : e vi andavano di fatto ,
e vi ritornavano sicuramente , perchè l' opinione di sua san
tità era massima , e la protezione che ne ricevevano glac
correnti , conforme alla loro fiducia era perenne. Da qui ebbe
origine che la terra di Matuto perdè insensibimente l'antica
sua denominazione, ed invece acquistò quella di Sanremo ,
oggidì non più terra , ma città la più popolosa della riviera di
ponente. Così dal luogo ov'è stato martirizzato san Maurizio
nel Vallesc prese sussistenza il borgo di san Maurizio , e non
fu piu detto Agauno , così nella Provenza chiamasi san Gile ,
santo Egidio , una popolazione presso cui abitò e morì questo
santo abate.
Giacquero in Sanremo le reliquie del santo sino quasi alla
fine del secolo nono. In questo tempo i Saraceni infestavano
le spiaggie della Liguria non solo , ma anche quelle del me
diterraneo , ed essendo sbarcati su diversi punti in numerose
squadre , si innoltrarono alla devastazione del continentc .
Frassineto , situato già presso a Villafranca , e precisamente
nel promontorio ove in oggi sta eretta la chiesuola di sant'O
spizio , era un bastione di validissima fortificazione , e di qui
sbucavano i barbari a predare i naviganti in mare , ed a sac
cheggiare i paesi circonvicini del continente . La popolazione
di Sanremo n'era di frequente invasa , e le cose sue religiose
stavano in continuo pericolo di essere profanate. Per questa
ragione Sabatino vescovo di Genova deliberò di levare le
reliquie di san Romolo dál luogo di sua morte , e farne la
traslazione nella capitale, ove meglio sarebbero state custodite
(1) . Gli stava inoltre sommamente a cuore di acquistare quek
(1) Ugbelke.
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sacro tesoro in cui riconosceva una sorgente di benedizioni, e
di possederlo come in propria sede nella stessa chiesa , di cui
il santo era stato suo predecessore. Manifestato questo, suo
divisamento , tanto ardore si concepì nell' animo di tutti, che
preparate le galere , s'imbarcavano col vescovo non i soli
uomini volgari , ma i patrizii , i fanciulli , e sino le donne in
quantità : e tutti , spiegate le vele al vento , festosi ed impa
zienti più che se viaggiassero alla conquista d'un impero , ap
prodarono in Sanremo , correndo l'anno 877. L'urna delle
sacre reliquie riconosciuta , fu tolta e presto imbarcata nella
capitana , sotto la custodia del clero. Navigando le barche pro
speramente , entravano nel porto gloriose dell'acquisto , ed in
segno di letizia inalberate sventolavano larghe bandiere. Al
loro incontro venivano sul molo affollati i cittadini , ed all' a
spetto del sacro deposito s’inginocchiavano gli uni pel rispetto,
alzavano gli altri per divozione le mani al cielo , e precedendo
molti , e seguitando moltissimi in disordinata processione ,
giunsero alla chiesa di san Siro , ove Sabatino fece la solenne
esposizione delle ottenute reliquie , ed appagato il pio desi
derio , e riscosso il religioso omaggio , le racchiuse , ponen
dole distinte accanto a quelle di san Felice e di san Siro.
2
50
CAPITOLO IV .
XVIII. La chiesa cattedrale di san Lorenzo consecrata da
papa Gelasio II. XIX. Contese civili ed ecclesiastiche
per la erezione dell'arcivescovadoin Genova . XX . In
nocenzo II in Genova instituisce la chiesa cattedrale a
metropolitana. XXI. Forma delle elezioni canoniche ,
episcopali ed arcivescovili.
mos
XVIII, LA CHIESA , CATTEDRALE DI SAN LORENZO
CONSECRATA DA PAPA GELASIO II.
L'antica chiesa de' santi Apostoli , posteriormente detta di
san Siro , era la cattedrale di Genova , e continuò ad essere
così sino all'anno 985 , nel qual tempo essendosi ristorato e di
molto ingrandito il tempio pur antichissimo di san Lorenzo ,
in esso e non più nella prima si continuò la celebrazione delle
solenni funzioni episcopali , e degli altri ecclesiastici ufficii.
Un nuovo splendore acquistò la chiesa di san Lorenzo nella
circostanza in cui papa Gelasio II , costretto a fuggire di
Roma per le discordie civili , era venuto in Genova , l'anno
1118 ; imperocchè secondando le istanze del clero e de' ma
gistrati , ne fece la solenne consecrazione nel giorno dieci di
ottobre , con dedicarla ad onore del santo martire , e del glo
rioso san Siro. Alla quale solennità trovavansi presenti Ottone
vescovo della città , Aldonc vescovo di Piacenza , Landolfo
vescovo di Asti , ed Azone vescovo di Aquino, con moltissimi
altri prelati della curia Romana e d'Italia . Si cavarono in
questa funzione dal ripostiglio in cui erano state rinchiuse , le
sacre ceneri di san Giovanni Batista , ne approvò il papa l'au
tenticità , e dopo averle portate egli stesso con religioso ap
51
parato , ed esposte alla pubblica venerazione, le elevò ad un
altare più decoroso . Indulgenza plenaria egli concesse a tutti
i fedeli da seppellirsi nel cimitero di essa chiesa ; la quale
concessione , come osserva il biografo di papa Gelasio , fu
dalle persone religiose commendata moltissimo : Cum laude
omnium virorum religiosorum concessit remissionem omnium
peccatorum his qui mortui sunt in vera confessione , et se
pulti in coemeterio eiusdem ecclesiae , et sepelientur usque
ad finem saeculi ( 1) . Questa indulgenza è il primo esempio
di simili grazie al sollievo de’defunti. Partito da Genova il
pontefice , portossi col seguito di tutta la sua corte a Pisa ,
ove pur consecrò con rito solennissimo la chiesa cattedrale :
quello che vale ancora moltissimo, ascoltando le calde istanze
de' Pisani , eresse quell'episcopato all'onore e al grado di arcia
vescovado , con assegnargli suffraganei i vescovi dell'isola di
Corsica , i quali nel governo politico dipendevano dalla repub
blica di Genova.
XIX. CONTESE CIVILI ED ECCLESIASTICHE
PER LA EREZIONE DELL' ARCIVESCOVADO IN GENOVA .
Non sì tosto intesero i Genovesi che papa Celasio II , sog ,
giornando in Pisa , aveva elevato quella chiesa cattedrale alla
dignità metropolitana , che mossi da gelosia o da ragione di
stato , altamente se ne offesero , e direi che si sdegnarono ,
riputando quel favore troppa lesione de'proprii diritti. La prima
protestazione che quindi fecero fu di non permettere in verun
modo a’ vescovi della Corsica di andare a consacrarsi , come
i suffraganei solevano , in Pisa. Così fatta contesa partorì una
(1) Oldoini apud Ciacon. Due altri esempi d'indulgenza in suffragio de'defunti,
anteriori a Gelasio II , reca Amort : Pars secunda , sectio V I et II , ma non so
no abbastanza dimostrativi. Al num . IV scrive egli così: id unice mihi proban
dum video , indulgentias pro defunctis ante finem saeculi XV vix ullas fuisse ,
» aut certe singulares , ac prorsus rarissimas... et hoc fieri non potest per moduin
· absolutionis , seu solutionis , sed per modum deprecationis ».
52
guerra di tredici anni. Da principio gli apparecchi furono de
boli , e l'esito infelice , ma , come è natura de'Genovesi len
tamente eccitarsi , e levar poi un incendio , così l' armata ,
che dopo una grave sconfitta sofferta a Porto Venere misero
in punto , occupò Bocca d'Arno , atterrò a levante le torri del
picciol Livorno , e su per lo fiume salendo co' legni leggieri ,
mandò le forze di terra a manomettere quel fertile piano che
divide Arno dal Serchio . Era questa armata di ottanta galee ,
quattro gran navi , sessanta navilii minori , e ventidue mila
combattenti , fra' quali cinque mila portavano elmi e loriche
di ferro . Forse molti di questi marinari e soldati erano fora
stieri , o condotti a gran prezzo , e tutti allettati dalla speranza
del bottino. Non eravi allora regno in Europa , che far potesse
ciò che faceva per lievi cagioni una sola città. Vinti i Pisani ,
chiesero tregua , e la ottennero da’ vincitori , convenendo gli
uni e gli altri d'implorare per la consacrazione de’vescovi Corsi
un giudizio definitivo di Roma. Reggeva in quel tempo la ro
mana chiesa Callisto II , e teneva per avventura l'anno 1123 con
cilio in Laterano. Era quel venerabile sinodo, ove le lunghe ed
amare contese intorno alle investiture de' vescovati germanici
dovevano comporsi. Non ostante la grandezza dell'argomento ,
gli ambasciatori delle due repubbliche ebbero pronta udienza .
Sedevano in quel consesso i cardinali , molti arcivescovi e ve
scovi dallo stesso pontefice presieduti , onde non mancava a
quella sacra adunanza nè la maestà , nè la forma. Parlava primo
Roggiero arcivescovo di Pisa , e rappresentava : « Essere sem
» pre stata Pisa fedelissima fra tutte le città d'Italia alla Sede
>> apostolica ; aver in ogni tempo impugnato le armi a difesa
» della religione , di Roma e de' pontefici. Benedetto VIII aver
» invitato i Pisani a liberarlo da Saraceni di Corsica , ed i Pi
» sani esser volati obbedienti al cenno del gran gerarca ; avergli
» stimolati a cacciar via di Sardegna Musetto , e Musetto an
» darne tosto prigioniero in Germania . Per tali ed altri ser
» vigii avere il riconoscente ed ottimo papa conceduto alla
53
» diletta città dominii e privilegii. I successori di quel muni
» fico pontefice riconoscere queste concessioni valide e meri
» tate .... Urbano II , sommo fra tutti in saviezza e giustizia,
» concedere alla chiesa Pisana Corsica intiera in perpetua do
>> nazione. Gelasio II sanzionare le giustissime concessioni ,
» premio del valore , della fede , dell' obbedienza della repub
» blica. Badassero i romani pontefici a non dar esempio di
» subdoli patti stessero ben in guardia contro alle melliflue
» parole di certuni , che sotto mansuete apparenze celano su
» perbissimi pensieri .... » E tali dipingeva Roggiero i Genovesi
con lunga e risentita orazione.
Non meno caldo ed eloquente in seguito a lui si alzò in
concilio l'ambasciatore Genovese , l'illustre Caffaro , e dopo
un rispettoso preambolo diceva così : « Lungi da noi il pen
» siero di sminuire i meriti della repubblica Pisana : certo ella
» è sempre stata fedelissima alla Chiesa degli Apostoli ; certo
» il nome suo suonò terribile alle orecchie de' nemici della no
» stra santa fede . Le spade de' suoi guerrieri si piantarono
» ne' fianchi de'Saraceni, i suoi vessili sventolarono sulle torri
» di Corsica e di Sardegna. Ben disse il venerando prelato : ma
» come i Genovesi andassero i primi a quelle imprese , i Pi
» sani i secondi , nol disse ; come il re Musetto venisse in ferri
» a Genova e non a Pisa , nol disse. E parlando di puntellare
» la fede , non disse Roggiero come la nostra gloriosa repub
» blica abbia inalberata la rossa croce del pontefice Urbano
» sulle mura di Antiochia , di Gerusalemme , di Cesarea , di
» Laodicea . di Tolomaide , e di tante e tante altre città della
» Siria e della Palestina. Tacque che Genova , non Pisa , è la
» figliuola primogenita di Roma ; dissimulò che le coste d'Italia
» furono purgate de' Saraceni più che dalle armi sue , dal ter
» rore del nostro nome. Ora , che dire de'privilegii che Pisa
» pretende esclusivi sull' isole di Corsica e di Sardegna ? Se le
» concessioni dell'ottavo Benedetto sono valide , chi meglio
» de' Genovesi le ha meritate ? ..... Già comprovammo come
?
54
» l'ottavo Benedetto ed il settimo Gregorio non accordassero
» diritto di dominio a ' Pisani che a noi non fosse comune.
» Che Urbano II fosse a più particolari concessioni da molte e
» gravissime necessità concitato , già lo ha chiarito il senno
» del gloriosissimo Gerarca , al cospetto della cui maestà siamo
» osi di parlarc, che quel piissimo pontefice le revocasse, niuno
» è che nol sappia ; che il secondo Pasquale ricusasse di nuo
» vamente sancirle , benchè più d'una volta per ottenerle lo
» inchinassero i Pisani , lo ha pure testè pubblicato la stessa
» santità di sua beatitudine; e che finalmente l'ottimo Gelasio
» le richiamasse a mezza bocca in vigore , noi non vogliamo
» négarlo ... Ma come e perchè lo facesse , salvo il profondo
» rispetto che a' sommi gerarchi deve l'universo , rispetto da
» cui tolga Iddio che noi ci allontaniamo mai , siaci per
» messo il dirlo. Carità di patria , importunità , destrezza nel
» far suonare ben alto un recente tenue servigio , strapparono
» al fuggiasco pontefice le non eque concessioni che accordate
>> appena rivocava , siecome quelle che fatte fuor di Roma , e
» col parere di pochi non potevano essere legali ecc . »
Udiva con animo perplesso Callisto II , udivano con varie
inclinazioni i cardinali e i vescovi seduti a concilio , e quinci
e quindi se ne ventilavano le ragioni con discordi pareri. Il pa
pa , volendo dilucidare con più maturità le agitate domande ,
e forse avvisando a favorire i Genovesi , nominava un conci
/ storio di dodici arcivescovi e di altrettanti vescovi , cui impo
neva di decidere la gran lite. Era capo di questa congregazio
ne lo arcivescovo di Ravenna , che dopo un segreto 'discutere
pronunziava così. « Signori , signori , il nostro concilio annulla
« qualunque diritto della Chiesa di Pisa su quella di Corsica ;
« l'arcivescovo Pisano non s'intrometta mai più nelle consa
« crazioni di quell'isola ». Ed io lodo e confermo tal decisio
ne , soggiunse il papa . Alle quali parole, grave tumulto e
scandalo manifestavasi nel concilio. L'ardito Roggiero di Pisa ,
avanzavasi verso il trono del Pontefice, e 'togliendosi di capo
55
la mitra e di dito l'anello , gettava sdegnoso e l'una e l'altro
sui piedi di lui , dicendo : non sarò mai più tuo arcivescovo e
vescovo. A quella insolente proposta rispondea il papa , rimo
vendo col piede anello e mitra: male operi fratello ed io te
ne farò pentire. Al dimane pubblicava la bolla che toglieva
alla chiesa di Pisa i contrastati diritti, e imponevale perpetuo
silenzio sotto vincolo di scomunica (1 ) . Partivano altamente
sdegnati i Pisani, mormorando , senza prender commiato dalla
curia romana. Rimanevano i Genovesi umili nella loro gloria ,
ma esultanti nell'animo dell' ottenuto trionfo , ricevevano con
gedo , baciavano al pontefice il piede , poi tornavano gloriosi
in patria più contenti che se avessero acquistato mezzo mon
do. Intanto i Pisani già correvano alle armi , e nuovi oltraggi ,
e più sanguinosa guerra riscaldavano le due rivali repubbliche.
Si combattè lungamente con varia fortuna in Corsica , in Pro
venza e nel mar di Sicilia ; ma poscia i Genovesi rimasero al
di sopra , tanto che alcuni rapportano all'anno 1128 l'assedio
di Pisa , e quella strana condizione in levarlo , che tutte le
case si dovessero spianare fino al primo solaio . Comunque ne
sia dell' esito della guerra , certo è che i Pisani riacquistarono
maggiori diritti su le contese ecclesiastiche , dacchè Onorio II
successore di papa Callisto li favorì di nuovi privilegi, e rivo
cò a'Genovesi una porzione delle grazie anteriormente concesse .
(1 ) V. Storia della repub. di Genova di Carlo Varese tom. e lib. 1 pag. 44 e
seg. Storia di Genova del marchese G. Serra tom . 1 lib, 3 cap. 4 pag. 340 e seg ,
56
XX. INNOCENZO II IN GENOVA INSTITUISCE LA CHIESA
CATTEDRALE A METROPOLITANA .
Ad Innocenzo II , e più ancora al soavissimo ed insupera
bile zelo del santo abate di Chiaravalle Bernardo era riserbata
la gloria di comporre le civili e le ecclesiastiche discordie delle
due rivali potentissime repubbliche. Vennero ambidue questi
personaggi a Genova l'anno 1133 , andarono a Pisa , seguitati
dalla romana curia ; e co' loro consigli gli animi da lungo tem
po inaspriti si pacificarono con piena soddisfazione. Pisa rieb
be la sua chiesa metropolitana, e Genova acquistò la sua : ot
timo spediente. « Il vescovo di Genova , disse papa Innocenzo,
sarà come quel di Pisa esente da ogni giurisdizione superiore,
salvo la preeminenza della santa sede apostolica ; ambidue a
vranno titolo di arcivescovo e autorità di metropolitano sopra
egual numero di vescovi in Corsica ; le diocesi di Mariana , di
Nebbio e di Accia spetteranno all' arcivescovo di Genova ; quel
le di Almeria , Aiaccio e di Sagone all' arcivescovo di Pisa ; u
seranno il sacro pallio nelle feste più solenni , una bianca chi- ,
nea nelle processioni e per vessillo una croce ( rarissimo privi
legio in allora fra gli stessi arcivescovi ). Se l'uno verrà con
secrato da' suoi suffraganei, l' altro potrà esserlo ancora. All'
arcivescovo di Genova si assegnano in terra ferma le chiese di
Brugnato e di Bobbio ( venne indi aggiunta quella di Albenga ):
a quello di Pisa la sede di Popolonia ; e avrà oltre a questo la
dignità di primate in Sardegna » . Tal è il ristretto della bolla
Innocenziana (1 ). Queste grazie congiunte all'annunzio di Cività
vecchia espugnata dalle flotte Genovese e Pisana rallegrarono
tanto i due popoli che, soffocata la nazionale gelosia , strinsero
una faustissima pace. Soddisfattissimo ne restò più di tutti il
( 1) Trovasi presso Ughelli la bolla d'instituzione dell'arcivescovado di Genova
e di Pisa , ed io mi sono giovato della compendiosa traduzione che ne ha fatto
il m. G. Serra .
57
santo abate di Chiaravalle ; e per meglio confermare l'una e
l'altra città nella vicendevole unione e nell' ossequio costante
verso il pontefice e l'imperatore, sì a' Genovesi che a' Pisani
scrisse due compitissime lettere , nelle quali ringrazia gli uni
e gli altri delle ricevute accoglienze , e sommamente commen
da la gloria e la virtù loro .
Il primo della dignità arcivescovile rivestito in Genova fu
Siro II , che a quella sede episcopale da tre anni era stato e
letto , degnissimo prelato : homo sanctissimus, detto da U.
ghelli, qui adeo pie sancteque sibi creditum munus admini
stravit , ut inter præcipuos eius ecclesiæ præsules merito ad
numeratus sit. Nè solamente da Ughelli, ma da tutti gli sto
rici e dallo stesso pontefice Alessandro III vien grandemente
lodato per le moltissime liberalità da lui fatte alla sua chiesa
metropolitana e al -senato de' canonici , per la vigilanza al suo
gregge, per la soavità de' suoi costumi , e per la gloria di
tante opere pie e benefiche da lui intraprese e compiute. Le
coronò tutte con una santa morte che incontrò nel giorno trent
uno dicembre l' anno 1163 , dopo aver governato la sua chie
sa per anni trentatre.
Nell' anno antecedente il lodato pontefice Alessandro III ,
era venuto a Genova , ove dimorò dal giorno ventuno di gen
naio sino al principio di aprile. Seguitò indi il viaggio verso
la Francia , per ivi celebrare un concilio contro l' imperatore
Federico.
XXI. FORMA DELLE ELEZIONI CANONICHE ,
EPISCOPALI ED ARCIVESCOVILI.
Mi pare qui il luogo più opportuno a dire qual forma si te
nesse nell'eleggere i vescovi e gli arcivescovi di Genova e della
Liguria : sul qual proposito è cosa certa che la ecclesiastica
disciplina delle nostre diocesi ne' primi secoli, era quella che
costantemente osservavasi dalla Chiesa universale. Dopo l'ese
58
quie del vescovo defunto radunavasi' il clero , che si disse dap
poi il senato o il capitolo della chiesa , consultavasi il popolo ,
ossia il magistrato della città , e venivasi all'elezione, ora per
una generale acclamazione , od ora per la pluralità de' suf
fragi. Quando posteriormente il capitolo assunse una forma
regolare , ad esso apparteneva esclusivamente la nomina del
nuovo pastore ', la quale soleva cadere sopra l'arcidiacono. Ri
cevuta la sacra ordinazione dal metropolitano, ch' era quello
í di Milano , veniva l'eletto costituito dal clero e dal popolo nella
sedia pontificale , che era in Genova anticamente in san Siro.
All'uscir di chiesa il prelato montava a cavallo ; gli elettori
seguitati da foltissima turba lo accompagnavano all' episcopio ,
é un gentiluomo della famiglia de' Borgari per immemorabile
consuetudine guidavagli il palafreno. Nella sua residenza tene
vano i primi consoli le loro adunanze ; nella canonica del duo .
mo convocavano il consiglio de' savi o de'seniori; nella chiesa
stessa o sulla piazza il parlamento . Giuravano i consoli l'uti
lità del vescovato come giuravano quella del comune ; è i pub
blici archivi contenevano più lettere indirizzaté a' consoli e al
vescovo congiuntamente , più convenzioni sottoscritte dalla ec
clesiastica e dalla civile autorità . Le più vetuste convenzioni
sono quelle della città di Savona , Noli , Albenga e Ventimiglia.
Al vescovo appartenevano le decime del grano e del sale con
sumati in città , ' un diritto su li bastimenti ch'entravano ' in
porto , e molti censi , livelli , canoni e omaggi nelle due valli
della Polcevera e del Bisagno ; oltre ch'era signore del castello
di Ceriana e dell' amenissima villa Matussiana , oggidì San
Remo , ove avea casa propria , Ma non fu sempre così. Le
instanze de' poveri , i bisogni della città , l' avvilimento della
moneta espresso ne' censi , ed alcuni contratti inavveduti , ri
dussero la mensa vescovile , e poi arcivescovile , ad un pic
ciol valore. E similmente povere potevano dirsi tutte le altre
mense episcopali della Liguria : cosa che per verità ridonda
a confusione dell'antica nostra repubblica , la quale anche
59
me' tempi dėl suo floridissimo commercio , non si curò di
migliorare la sorte de' suoi sacri pastori , onde non rare volte
erano astretti a far fronte a' bisogni della propria diocesi con
lo spogliarsi del proprio patrimonio.
Dopo la morte del primo arcivescovo , la elezione del
successore si fece per via di compromesso , ossia il capitolo
metropolitano , di consenso de' consoli , nominò gli elettori
che furono undici, cioè , gli abati di san Benigno , di san
Siro , e di santo Stefano , i preposti di santa Maria delle
Vigne e di san Donato , i parrochi di santa Maria di Ca
stello di san Damiano e di sant'Ambrogio , con tre cano
nici del duomo , lo arciprete Rubaldo , il teologo Ancelino
e il suddiacono Dodone. L'uno dopo l' altro pigliarono il
giuramento nella forma seguente : « La grazia dello Spirito
» Santo ci assista . Io co' colleghi assegnatimi , senza dolo o
» fraude , non inpedito nè indotto da amore nè odio , da
» timore nè obbligo alcuno , eleggerò ad arcivescovo della
ý presente città quella persona che io conoscerò , o senza
» fraude crederò per costumi e per dottrina più idonea a
» questo , più onesta e più giovevole , sì veramente che ac
« consenta a questa nostra pubblica elezione ». Dopo il giu
ramento si appressarono tutti all'altare di san Lorenzo a dar
il voto ; e fattosi lo scrutinio da' canonici , trovossi eletto
l'arcidiacono Ugo della Volta , il quale nel medesimo giorno
vennè collocato sulla sedia pontificale dal clero e dal popolo
insieme. In un modo consimile si elesse dopo la sua morte ,
il successore . Il clero , i consoli , co' nobili del senato e gli
uffiziali della città, dopo aver celebrate le esequie del defunto,
si radunarono il medesimo giorno , e concordemente secondo
gli statuti de' canoni , e le consuete forme , commisero la
elezione a'venerevoli personaggi nominati dinanzi. I quali
adunatisi tosto nel palazzo arcivescovile , alla presenza di
Pietro Diani , cardinale prete del titolo di santa Cecilia , le
gato a latere per la pace tra Genova e Pisa , e vescovo poi
60
di Verona , pronunziarono tutti la formola dell' anzidetto giu
ramento ; quindi , riveduta la lista de' canonici di san Lo
renzo , unitamente nominarono l' arcidiacono Bonifazio , il
giorno trenta di giugno , l'anno 1188. E fu questo il terzo
arcivescovo . Siccome i metropolitani solevano essere conse
crati da' suffraganei , è probabilissimo che gli arcivescovi Ugo
e Bonifazio , immediati successori di Siro , fossero consecrati
in tal guisa , massimamente perchè la bolla di erezione com
provava in qualche modo l'antica consuetudine.
Verso l'anno 1203 fu eletto Ottone di Alessandria , trasfe
rito dal vescovado di Bobbio : ab Januensi capitulo expostu
latus , scrive Ughelli,, ab Innocentio III peculiari epistola
confirmatus. Successegli nel 1239 Giovanni di Cogorno , il
quale fu il primo che andasse a consecrarsi a Roma. Una
galea ben armata il condusse, due ambasciatori della repub
blica lo accompagnarono , e, come suole avvenire a chi dà
un gradito esempio , l'accoglienza che ricevette fu lieta oltre
modo e graziosa , tanto che il giorno dopo il suo arrivo ebbe
l'esame , il secondo la consecrazione , il terzo la grazia del
pallio dal papa Gregorio IX. L'ultimo arcivescovo eletto dal
capitolo metropolitano è stato il beato Jacopo di Varazze ,
unanimiter a sacro Januensi senatu archiepiscopus electus,
dice Ughelli , consecrato però in Roma l'ottava di Pasqua,
nel 1292. Da quindi innanzi gli arcivescovi di Genova furono
creati da' sommi pontefici , e così ebbero fine gl' indugi e le
gare che solevano insorgere nel collegio degli elettori capi
tolari , non solo in Genova , ma similmente in altre pro
vincie. Ne vennero quindi diversi concordati tra la santa
sede e li principi più potenti della cristianità . Quanto a Ge
nova per una specie di tacito concordato fu stabilita la con
suetudine , che il governo presentava per mezzo di persona
confidente una terna, e il primo de' tre era eletto quando
idoneo veniva riconosciuto . Nè altrimenti facevasi per gli
altri vescovi della repubblica.
!
61
Due documenti diligentemente osservati dall'illustre storico ,
marchese G. Serra (1 ) danno a conoscere che il capitolo ve
scovile di Genova si componeva nel decimo secolo di due di
gnità , l'arciprete e l'arcidiacono , di due preti e due diaconi,
a' quali nel secolo XII si trova aggiunto il maestro teologo : ol
tre a questi la chiesa di Genova aveva due suddiaconi e due
accoliti , nominati , ma non sottoscritti nell'atto . In una do
nazione del vescovo Teodulfo l' anno 952 , i diaconi si sotto
scrivono de cardine s. Ecclesiæ lanuen . In un'altra del 995
egli chiama tutti i suoi chieriçi nostri cardinali ; e questa era
veramente la formola più antica ; e da questa trassero propria
mente il nome i cardinali della s . Chiesa romana. Ne' tempi
posteriori ebbero il nome di canonici i chierici delle altre chieșe.
(1) Annotazione III al libro terzo del tom . 1 .
1
62
CAPITOLO V.
XXII . Serie deprimi arcivescovi di Genova . XXIII. II
beato Iacopo di Varazze . XXIV. Continuazione degli
arcivescovi Genovesi dall'anno 1300 sino al 1452..- XXV.
Paolo di Campo Fregoso arcivescovo , cardinale , e doge
della repubblica . = XXVI. Successione degli arcivescovi
di Genova sino all'anno 1635. XXVII. Il cardinale
Stefano Durazzo arcivescovo . - XXVIII. Successione degli
arcivescovi sino all'anno 1746. XXIX. Monsignor Giu
seppe Maria Saporiti. XXX . Monsignor Giovanni Ler
cari. XXXI. Il cardinale Giuseppe Spina arcivescovo .
XXXII . Memorie dellabate Bartolomeo Maggiolo.
XXII . SERIE DE' PRIMI ARCIVESCOVI DI GENOVA .
Il secondo arcivescovo di Genova , eletto a questa dignità ,
subito che celebrate furono le esequie dėl suo antecessore , fu
Ugo , o Ugone che voglia dirsi, patrizio Genovese , il quale
assai lodevolmente resse la sua chiesa per le qualità pastorali
che lo ornavano. A suoi tempi le fazioni laceravano il cuore
della repubblica , e minacciavano condurla ad estrema rovina ,
cosa che non avevano potuto fare nè i Saraceni , nè i Pisani ,
nè il terribile Federigo Barbarossa . Era spirato il tempo in cui
i consoli cessavano dal potere, e dovevano convocare il parla
mento per eleggere i successori; ma intanto le civili discordie
impedivano questa convocazione , e la città rimaneva perciò
priva di reggimento a' più gravi disordini abbandonata. Non e
ravi chi osasse parlare autorevolmente , perchè tutti temevano
di essere presi a sospetto o di uno o di altro partito. In que
sto generale sovvertimento lo arcivescovo Ugone affidato all'in
violabilità del suo ministero , sebbene con animo tremebondo ,
63
fa suonare la campana maggiore, raduna la plebe, e con effi
caci parole mostra il pericolo di nessun governo , la necessità
di nominare sul fatto novelli magistrati , il dovere cristiano di
sopire i puntigli e perdonare le offese. Lo ascoltano i cittadini
con rispetto , ed egli lasciando le solite formalità , col parere
del suo clero elegge ed installa i magistrati al loro ufficio . Que
sta mirabile vittoria più gloriosa di quelle de' guerrieri conqui
statori seguì nell'anno 1166 ; e con essa ricondusse la pace
nelle famiglie ed il buon ordine nella città. Un pio monumento
egli lasciò morendo , vale a dire un monastero di Cisterciensi ,
che aveva edificato l'anno 1184 sopra Chiavari, nel luogo di
Borsone ad onore di sant'Andrea , e che assoggettò all' abazia
di casa di Dio in Francia .
Bonifazio arcidiacono della metropolitana fu di lui successo
re l'anno 1188. Il suo pontificato divenne celebre per la solen
ne traslazione delle reliquie de' santi Felice , Siro , e Romolo ,
e per le gravissime contese ch'egli ebbe col suo clero , a com
porre le quali furono delegati da Roma il vescovo di Vercelli
e l'abate di Lucedio. Udite le reciproche pretensioni , i giudici
pronunziarono la sentenza l'anno 1201 , nel giorno trenta di
maggio ; e così svanirono le differenze e gli animi si riconci
liarono. Alla morte di Bonifazio nell'anno 1203 venne proposto
dal capitolo metropolitano il vescovo di Bobbio , di nome Otto
ne , di patria Alessandrino , e da Innocenzo III egli ebbe con
particolar lettera la conferma e la instituzione. Prelato assai dot
to nel diritto civile ed ecclesiastico , compose un'opera sulle cau
se matrimoniali , che dedicò al medesimo pontefice. Per trenta
tre anni governò la chiesa Genovese , ebbe pel primo a suffraga
neo il vescovado di Albenga , e fondò l'anno 1231 un mona
stero in Genova sotto il titolo di santa Catterina vergine e mar
tire. Un'altra insigne fondazione ebbe il primo cominciamento
a' tempi suoi , quella de' frati predicatori. Essendo passato per
Genova l'anno 1220 il santo patriarca Domenico , già celebre
in tutto il mondo per la santità de' suoi costumi, e per lo
64
splendore de' suoi miracoli, i magistrati della città gli offeri
rono la chiesa di santo Egidio , la quale era un ' antichissima
collegiata , consecrata nel 1132 da Siro , primo arcivescovo di
Genova , alla presenza di papa Innocenzo II . Gli alunni di san
Domenico' diedero principio a questa fondazione l'anno se
guente 1221 ( così afferma Ughelli ) vale a dire l'anno mede
simo della morte del santo institutore, nè saprei ben asseverare
se poco prima o poco dopo il di lui decesso . Certo è che nel
1250 quivi cominciarono una nuova chiesa , dilatata da' mede
simi l'anno 1431 sotto il titolo di san Domenico . L'odierno
grandioso teatro di Genova sorge pertanto sul suolo di due
nobilissime chiese, Egidiana e Domenicana ( 1 ). OH
Giovanni di Cogorno , pur egli arcidiacono della metropoli
tana , e nelle scienze mediche uomo dottissimo, come il dice
Giustiniani , fu eletto l'anno 1239. Ricevuta la nomina , partù
immediatamente per Roma , e la sua navigazione fu così ra
pida che nello spazio di ventiquattro ore arrivò all' alma città ,
ove pel primo de' prelati Genovesi ebbe da papa Gregorio IX
la consecrazione. Nel decorso di suo governo la pia munifi
cenza di Andrea del Fiesco fabbricò in Genova il primo con
vento de' frati minori , che di recente erano stati instituiti da
san Francesco ; Innocenzo IV venne a Genova , da dove poi si
trasferì a Lione alla celebrazione del concilio generale. Nel
glorioso ritorno di questo gran pontefice , l'arcivescovo Gio
vanni avendo divisato di fare la traslazione delle ceneri del
(1) Non solo assegnarono i Genovesi al santo patriarca Domenico un'
un'insigne fon .
dazione , ma di più gli diedero molti successori maestri generali , che di tutto
I ordine furo no grandementebenemeritied osservantissimi , cioè Alberto Clavero,
urono
maestro generale X eletto l'anno 7300 nel capitolo generale tenuto in Marsiglia ;
Stefano Usomare summo omnium consensu et gratulatione assumptus ad magisterium ore
dinis, factusque generalis XLVI l'anno 1553 nel capitolo generale celebrato in Ro
ma ; Vincenzo Giustiniani di lui successore immediato eletto parimente in Roma
nel 1558 , figlio del convento di Castello e priino fondatore della biblioteca Casa
natense e poi cardinale creato da s. Pio V ; Giovanni Battista De Marini eletto pur
in Roma nel 1650 a maestro generale LVII di tutto l'ordine.
| 65
santo precursore Battista , invitò alla solenne funzione i vescovi.
di Toscana e di Lombardia , e molti di fatto v intervennero .
Coll' accompagnamento di questi prelati e di tutti gli altri della
romana curia solennissima fu la traslazione che si celebrò nella
domenica fra l'ottava dell'ascensione del Signore. Il papa che
la fece , lasciò all'altare delle sacre ceneri il dono di molte
lampadi di argento .
Innocenzo Gualtiero , nativo di Vezzano nella Lunigiana , ar- '
cidiacono della cattedrale di Luni- Sarzana , cappellano ed a
mico d'Innocenzo IV , fu eletto all'arcivescovado di Genova
l'anno 1253 , e cessò di vivere dopo diciannove anni di un go
verno vigilante , prudente e piissimo: insigni pietate rexit Ec
clesiam , scrive Ughelli. Alla pietà univa somma dottrina. Pro
vò afflizione grandissima, quando vide la sua chiesa e tutta
la città sottoposta da Urbano IV ad un generale interdetto l'an
no 1262. Nella pubblica desolazione, civile ed ecclesiastica , si
adoperò istancabilmente , per riconciliare i cittadini al governo
che troppo era agitato dal doge Boccanegra , e gli amati suoi
figli al romano pontefice. « Gli anziani della città andarono a
trovarlo , pregandolo che a imitazione de' suoi antecessori vo-'.
lesse interporre la sua autorità , la sola che nella mancanza
d'ogni civile governo fosse ancor rispettata. L'arcivescovo a
dunque pubblicò armistizio , tenne parlamento , persuase il ca
pitano di rinunziare al suo grado , i nobili di essere contenti
a sei anziani, il popolo a due ; e poichè faceva mestieri di un
capo imparziale in una repubblica così disunita, ridusse a me
moria il governo de' podestà forestieri, e confortò a rinno
varlo . Ciò fatto , ottenne ancora da Roma che l'interdetto fos
se levato con indicibile sua consolazione. E per mostrarsi pa
store non meno liberale che paciere amorevole, rinunziò per
cinquanta mine di sale e cento lire l'anno , alle antiche decime
della sua chiesa sopra gli utili della navigazione (1 ) ». La me
( 2) Storia dell'antica Liguria e di Genova del march . G. Serra tom. II lib . IV
cap. VIII .
5
66
moria d' Innocenzo Gualtiero resterà quindi in perpetua bene.
dizione.
Bernardo di Parma, cappellano pontificio , e già arcidiacono
di Narbona, fu promosso alla sede arcivescovile di Genova l'an
no 1276 : summæ integritatis archiepiscopus, dice Ughelli ,
vir doctus, et prudentia singulari præditus. Negl'undici anni
del suo pontificato ristorò il palazzo arcivescovile, ed un nuo
vo ne costrusse nella villeggiatura di Morozana.
Alla morte di lui , entrata la divisione nel capitolo metropo
litano , restò per alcun tempo sospesa la successione ; ma final
mente amministratore dell'arcivescovado e nel 1288 arcivesco
vo'effettivo fu Obizzone del Fiesco , già patriarca di Antio
chia , costretto a fuggire dall'oriente per le incursioni de'Sa
raceni , nipote d'Innocenzo IV e di Adriano V , e carissimo
per le sue belle doti a Nicolò IV.
XXIII. IL BEATO GIACOMO DA VARAGINE.
Così è appellato questo santo arcivescovo dalla terra di Va
razze , situata alla marina , venti circa miglia all' occidente
di Genova. Di qual famiglia ed in qual anno si debba asse
gnare la sua nascita , sono due particolari avvolti nelle tene
bre de' tempi ( 1 ). Certo è che venne alla luce innanzi al 1230
e vestì l'abito de' frati predicatori in Genova nel 1244 , ove
fece assai tosto risplendere la sua prudenza , la dottrina ed
una osservanza perfetta. Dottore in teologia e predicatore fa
moso ebbe del 1267 il governo della provincia di Lombardia
per anni quindici ed il titolo di definitore. Zelantissimo della
fede cattolica ne combattè vivamente gli oppugnatori, nemi
(1) Per tutto ciò che qui si riporta del B. Giacomo , può vedersi il padre Spo •
torno , storia letter. tom . I , pag. 183 e seg. , la storia di Genova del m. G. Ser. ,
ra , tom. II , lib. 4 cap. V e XII. Fleury all'anno 1291 , Muratori an. 1295 96 ,
Ughelli, il padre maestro Anfossi, il quale è stato il primo a scrivere la vita
del B. G. con diligenza.
67
co del vizio si adoperò in molte cospicue città d'Italia con
animate ed assidue predicazioni a trarre i popoli alla peni
tenza e all'osservanza del vangelo. L'egregie sue qualità mos
sero i romani pontefici ad impiegarlo a diverse difficili lega
zioni , ch' egli sostenne con onore , ed il clero ed il senato
di Genova a nominarlo all' arcivescovado : unanimiter a sacro
Januensi senatu archiepiscopus electus , come leggesi presso
Ughelli. Ricevuta la solenne consecrazione in Roma dalle
mani del cardinale Latino Orsini , ch'era del suo ordine ,
nell'ottava di Pasqua , che cadde il giorno tredici di aprile,
l'anno 1292 , s'incamminò alla sua chiesa , non saprei dire
se più qual esperto medico sollecito alla cura de' suoi infer
mi , o qual padre amorevole al sollievo de’ bisognosi suoi
figli , o qual angiolo di pace a riunire gli animi discordi.
Certa cosa è , che il beato Jacopo adempiè assiduamente ed
in perfettissima maniera tutti questi uffizii. Il primo pen
siero voltò egli all' estirpazione del vizio , a promuovere in
tutti i ceti l'esercizio costante della religione, nè ciò sola
mente in Genova e nella propria diocesi , ma in tutta la pro
vincia di cui era metropolitano. Per riuscirvi , si appigliò a
quel mezzo che dalla Chiesa fu sempre riconosciuto il più
utile ed efficace , al concilio provinciale. Convocò egli dun
que dalla Corsica e dalla terra ferma i vescovi , gli abati ,
i pastori delle chiese principali suoi suffraganei, nella chiesa
di san Lorenzo ( 1) ; e qui Jacopo aprì il suo cuore , comu
nicando la vasta sua dottrina, e proponendo que' saggi re
golamenti che dagl' illuminati e santi pastori sogliono giu
(2).Intervennero al sinodo provinciale del B. Iacopo i vescovi di Albenga, 'di
Brugnato , di Noli , di Mariana , di Nebbio. Il vescovo di Bobbio si scusò.gravato
da infermità e vecchiaia , ed il vescovato di Aiaccio allora era vacante . Interven
nero ancora moltissimi abati mitrati , l'abate di san Siro , di santo Stefano , di
san Fruttuoso , di Tiglietto ; quelli di Borsone e dell'isola Gallinaria si scusavono
per cagione d'infermità ; ma deputarono i loro procuratori e sindaci. V'interven
Dero ancora prevosii, arcipreti e ministri della Chiesa in grandissimo numero .
68
dicarsi i più opportuni alla santificazione del sacerdozio ed
alla riforma del gregge. Applaudirono i padri del sinodo alla
saviezza de' canoni ; e volendone egli impetrare da Dio la
piena osservanza , cavo di sotto l'altare di san Lorenzo le
reliquie de' santi vescovi suoi predecessori , ed esponendole
alla venerazione de' prelati suoi confratelli , de'sacerdoti , e
de' fedeli di tutta la città , implorò sopra di tutti con ferventi
voti la celeste protezione. Questo concilio și celebrò nel mese
di giugno dell'anno 1293 , e lo indica egli stesso Jacopo
nella sua cronica.
Largo soccorritore de' poveri, riputava sue proprie le mi
serie del gregge. Per cessare da ogni cagione di contesa col
governo , si compose colla repubblica riguardo al dazio che
riscuoteva la mensa arcivescovile sopra tutti i bastimenti che
entravano in porto : vendette ancora nel gennaio del 1297 ,
ad Oberto D'Oria , ed a Giorgio De Mari le ragioni di sua
chiesa sopra Sanremo e Ceriana , ricevendone in cambio due
case poste in Genova , un orto nel Bisagno ed una somma in
contanti da impiegare sopra fondi fruttiferi , come ordinava
il pontificio rescritto ottenuto per quella alienazione.
Ma di tutte le opere intraprese dall'industre carità del beato
Giacomo , la più scabrosa fu certamente la pacificazione delle
civili e domestiche discordie. Genova a somiglianza delle altre
città d'Italia era divisa ed agitata continuamente da più partiti,
conosciuti da principio col nome di Mascherati e Rampini, indi
di Ghibellini e Guelfi , ed infine di Bianchi e Neri , di maniera
che il corpo della repubblica ebbe sei sorta di fazioni, o come
i Genovesi dicevano , sei colori che comprendevano i nobili ,
gli artefici ed i plebei. Lo scopo principale n'era il governo su
premo , in cui volevano aver ingerenza sì gli uni che gli altri.
Epperciò in un tempo il maneggio de' pubblici affari stava in
potere de' nazionali , ed in altra stagione si sostituivano i fore
stieri. Poco dopo tornavano al comando i cittadini , ma non
potevano reggersi fermi , perchè or l'una or l' altra famiglia
69
potente , secondata da' congiunti , sbalzava i governanti per
ascendere essa medesima al pubblico regime. Elevati i nuovi
pretendenti , dopo una spedizione , o per mare o per terra ,
prospera o avversa che riuscisse , restavano soppiantati. Dura
rono queste vicende non pochi lustri , ma secoli intieri : ed
intanto menzogne , rivalità e brighe infinite , che sotto il velo
di salvare la patria nascondevano le private vendette , l'invidia
della gloria altrui, cupidigia delle ricchezze , e la insaziabile
ambizione del comando. Sebbene le discordie Genovesi, giusta
l'osservazione del Muratori (1 ) , fossero più moderate che
quelle delle altre città Italiane , nè in Genovà come altrove
inferocissero nella barbarie e nel sangue , tuttavia pel tempo
lunghissimo che fermentarono , e per la esplosione violenta
che concepivano da un impensato accidente , riuscivano bene
spesso tumultuarie ed anche micidiali. Sopra tante turbolenze
piangeva il beato Jacopo , come un padre amorevolissimo il
quale vede i figliuoli suoi di armata mano percuotersi e ferirsi,
e come pastore che guarda al proprio gregge dilaniato dalle
fiere. Più non potendo resistere allo scempio , chiama a gene
rale parlamento i capi di famiglia , e tutti di fatto radunansi
ad ascoltarlo . Era egli ornato degli abiti pontificali, in sem
biante maestoso ed insieme pieno di grazia e di dolcezza.
Entrando nelle particolarità più fastidiose de' dissidii , si di
quelli suscitati nel reggimento della città , sì degli altri avve
nuti nel comando delle flotte , e finalmente de privati , che
fermentavano nel seno delle famiglie , dimostra con veementi
parole crollare la repubblica , cadere la patria , e perdersi la
religione. Compatisce gli uni senza dar loro baldanza , scusa
gli altri per non inasprirli , si volge a' più vicini e li prega a
dimenticare le ingiurie , parla a protervi che ancora resistono,
ed in nome di Dio intima di perdonare ogni offesa , se pur
!
(1) Annali 1414 antichità Ital. dissert. 51 ,
70
non vogliono incorrere nelle vendette del cielo (1 ). Tutti si
arrendono a queste minaccie, cessano le ire , si addolcisce il
cuore ; e pace , esclamano , pace con tutti. In così dire , si
affollano indistintamente intorno al santo - pastore , e sollevan
dolo su di una chinea , lo conducono in processione per le vie
della città , esultando e cantando inni festosi , accompagnan
dolo numerosi sacerdoti e quattro mitrati , seguitandolo una
moltitudine , che per la novità e per l'allegrezza pareva fuori
di se. Rientrati nel duomo , il beato Jacopo intuona l'inno di
ringraziamento , che a stento. poteva cantarsi fra le lagrime di
consolazione ; e per ultimo a tutto il popolo volgendosi , pro
nunzia le seguenti parole : Pregate per la repubblica nostra .
« L'ardore celeste , con cui gli vennero dette , la pausa so
» lenne che le seguitò , la compunzione degli stessi faziosi ,
» intenerirono tutti per tal modo , che solo può figurarsi chi
k sa quanto sia vedere la patria perduta, e sperare di riaverla »
Genova non meritò di possedere più a lungo un sì santo
arcivescovo. Cessò di vivere in luglio del 1298 , e fu seppellito
nella chiesa del suo ordine. La sua memoria e la sua tomba
furono sempre onorate dal clero' e dal popolo ; e Pio VII nel
1816 ne confermò il culto ed il titolo di beato , con solenne
decreto. Molte opere egli scrisse ad illustrare la religione , la
più celebre delle quali è il leggendario de santi , a cui i co
pisti e gli stampatori diedero il titolo di Leggenda aurea ,
titolo che davasi allora ad ogni libro di qualche pregio . Fu
impresso le migliaia di volte , e trasportato in tutte le lingue.
Cominciò poi a provare la critica degli eruditi , alcuni de quali
furono moderati ed altri troppo ardimentosi e mordaci. Tali
sono il Baillet , il Dupin ed il Pagánetti nella storia ecclesia
(2) Qua in re opera et officium seduli pastoris Iacobi Varaginensis archiepi..
scopi , viri pii ac sancti, constitit: qui hortando , monendo , rogando , divini na.
minis discordias abominantis metum injiciendo , non prius abstitit incepto , quam
inchoata consilia ad effectum perduxit. -- Ubert Foliet. Gen. Hist. lib. VI p. 112.
71
stica della Liguria. È cosa veramente indegna che questo no
stro storico non abbia usato all'opera del beato Giacomo al
meno quel rispetto che gli usò Fleury , il quale dice , che :
« si deve aćcusare più che l'autore della leggenda aurea il
» cattivo gusto del suo secolo , in cui non cercavasi altro che
» il maraviglioso » . Meglio poi di tutti fu giustificato Jacopo
dal chiarissimo nostro padre Giovanni B. Spotorno in una sua
particolare operetta , nella quale contro le accuse de critici
intemperanti « espone le molte e sciocche aggiunte o interpo
» lazioni fatte al testo sì da copisti , come dagli editori , e
» dimostra che il beato Jacopo conobbe i canoni dell'arte
» critica , avendo saputo distinguere gli scritti apocrifi da' ge
» nuini , e gli atti sinceri de'martiri dalle insulse leggende ,
w avendo sempre anteposto l'autorità degli antichi alle cronache
» de' secoli oscuri; e fatto alcune scoperte, delle quali si danno
» il vanto il Baillet ed altri moderni ; che seppe correggere
» molti errori di cronologia , notati negli autori de'bassi tempi;
» che alle cose incerte premette sempre la clausula come si
» dice ; che infine in molti luoghi del suo lavoro , come nella
» leggenda di san Barnaba , della santa Croce, di san Silvestro ,
egli ebbe il discernimento di conoscere certi errori , ed il
>> coraggio di pubblicare certe verità che potrebbero essere di
v onore ad un critico de' secoli recenti ». Finquì il padre Spo
torno . Un'altra difesa del nostro beato arcivescovo ha assunto
ultimamente monsignor Stefano Rossi , dottissimo prelato della
sacra romana consulta. Egli ebbe il vantaggio di trovare tre
leggende MS . sfuggite alle diligenti indagini del padre Spotor
no , quella della natività di san Giovanni Batista , quella di
san Jacopo maggiore e quella di san Stefano protomartire.
Avendole mandate alla prima luce in Firenze con la tipografia
dell'accademia della Crusca , le illustrò con un ragionamento
critico , in cui gareggia la forza del retto raziocinio con una
vasta erudizione , in modo da far ammutolire e confondere
perpetuamente tutti gl' indiscreti censori dell'aurea leggenda.
XXIV . SUCCESSIONE DEGLI ARCIVESCOVI DI GENOVA
DALL'ANNO 1300 , SINO AL 1452 .
Successore al beato Iacopo di Varazze fu Porchetto Spinola
( nome che oggidi farebbe ridere ) dell'ordine de' frati minori ,
per la nobiltà della famiglia e per la sua dottrina assai ripu
tato . « Porchetto Spinola , dice il Giustiniani, uomo di suf
« ficiente letteratura ed acutissimo di naturale ingegno e di
« gran consiglio . » Da varie vicende agitato andò per giusti
ficarsi ad ossequiare papa Bonifazio VIII , il quale faceva guer
ra acerrima a' Ghibellini; ma il pontefice anzi che ascoltare
le difese dell' accusato , scrissero alcuni che nel primo giorno
di quaresima presentandosi l'arcivescovo a ricevere le sacre
ceneri, il papa gliene gittò sugli occhi, dicendogli: memento
homo quia Gibellinus es , et cum Gibellinis in pulverem re
verteris. Questo fatto è assolutamente falso , inventato a
moteggiare ed il pontefice e l'arcivescovo. Ritornato alla sua
sede, meglio si conobbero in lui quelle virtù , che lui presente
non eransi avvertite. Celebrò un sinodo diocesano l'anno 1310 ,
che , cavato dalle tenebre per opera dell' erudito Sbertoli, vi
de la luce la prima volta nel 1833. In questi tempi il deside
rio di riacquistare la terra santa si accese di un nuovo fervore ,
mediante le predicazioni de' frati minori. Essendosi eglino in
şinụati in Persia , trovarono un principe tartaro , valoroso é
giusto , disposto all'impresa , purchè fosse secondato con ar
mi e con gente. Chiamarono adunque i frati un valido soc
corso in Italia ed altrove ; e venuto a Genova fra Filippo da
Savona , eloquente dicitore , sì fattamente commosse le donne
Genovesi che venderono gioie ed argenti per armarne una squa
dra in aiuto dell'eroe della Persia , e per combattere esse
stesse al suo fianco , se il papa ciò approvasse . In capo di li
sta si leggevano i nomi delle pie e nobili donne , Anna di Car
mandino , Giovanna de' Ghisolfi , Catterina de Franchi, Anna
Doria , Sabina Spinola , Maria Grimaldi , Paola de' Carli , Sa
73
bina e Paola di Cybo. La risposta che il papa Bonifazio VIII 1
diè loro era visibile a tutti sino all'anno 1797 nella pubblica
armeria della repubblica fra le lance e gli usberghi lavorati
per esse , ed era la seguente. « O miracoli, o prodigi! I regi
« e i principi della terra , invitati al racquisto del santo sepol
« cro , ricusano di mandarvi lor forze : e femmine imbelli offro
« no spontaneamente se stesse. Acciocchè non resti tanta vir
« tù sotto il moggio , ma posta sul candelabro illumini la vera
« casa di Dio , vogliamo, che davanti il clero e il popolo Ge
« novese adunato in parlamento , si pubblichino i nomi di co
« teste eroine ». E così fu eseguito. Ma la cosa eccitò negli
uni un sorriso , negli altri una sterile ammirazione , e il go
verno persuaso , che la crociata delle donne non porterebbe
più frutto , che quella de' fanciulli Francesi e Tedeschi che ap
parvero un secolo addietro , sospese i cominciati armamenti (1).
L'arcivescovo Porchetto Spinola fu anche memorabile per
la fondazione in Genova de' monaci Basiliani, venuti per o
pera di lui dall' Armenia , alla quale fondazione molto contri
buì la pia liberalità di Oberto Pupurerio : oggidi questo mona
stero coll'annessa chiesa di san Bartolommeo appartiene ai
chierici regolari Barnabiti. Cessò di vivere l'arcivescovo Spi
nola in Sestri , nel 1321 , ma fu traslato il suo cadavere in
Genova nella chiesa del suo ordine.
Furono suoi immediati successori, Bartolommeo di Regio ,
canonico della metropolitana , trapassato nel 1336 ; Dino de'
conti di Radicofani, già patriarca di Grado; Giacomo di santa
Vittoria nella diocesi di Alba in Piemonte , vir doctus et pru
dentia clarus detto da Ughelli, la cui morte fu in giugno nel
1343 ; Bernardo Besauduri Francese ; Guido Scetten che cer
tamente merita una speciale menzione. Questo prelato era na
tivo della Lunigiana ; ed in tempo che i romani pontefici risie
devano in Avignone, recossi egli in quella città per attendere
(1) Stor. di Genova del m, G. Serra tom . Il lib. V. c. I.
agli studii, in compagnia di Petrarca che pur in Provenza in
camminavasi allo stesso fine. Ambidue della medesima età , e ,
quello ch'è più , dell' istessa indole , contrassero da giovinotti
una dolce e soda amicizia , che non doveva snodarsi che alla
morte. Ambidue per quattro anni frequentarono la scuola di
grammatica , ossia il corso intiero di letteratura in Carpentras ,
ambo per quattro anni si applicarono in Mompellieri alla giu
risprudenza. Restituiti in Italia , si disgiunsero di soggiorno e
di domicilio , senza cessar mai di amarsi e scriversi dolcissi
mamente. Guido Scetten o Settimo , come altri il dicono ,
divenuto arcidiacono e poi metropolitano di Genova nel
1359 , sei anni innanzi al suo grande amico cessò di vivere
nel 1368 , lasciando i suoi beni alla mensa vescovile di Luni ,
ed il suo cadavere alla chiesa di san Girolamo del monastero
di Cervara da lui stesso fondato a Portofino . Ad una vastissi
ma dottrina aveva congiunta una somma pietà , perfetta vigi
lanza al suo gregge, ottimi esempi al suo clero : fuit vir doc
tus , ecclesiasticae disciplinae severus prosecutor, cleri lu
men , omnibus virtutibus insignis praesul, aeternaque me
moria dignus. Questo elogio di Ughelli non è certamente e
sagerato .
Un degnissimo suo successore fu frate Andrea Milanese , dell'
ordine de' predicatori, già penitenziere di Urbano V , e da que
sto pontefice elevato alla sede di Genova : vir mitis , castus ,
doctus, ecclesiae suae amplificator , omnibusque virtutibus
praesule dignis ornatus. Così il medesimo scrittore. Per con
servare accuratamente nel clero e nel popolo vigorosa la ec
clesiastica disciplina , celebrò nel 1375 il sinodo , e dopo due
anni passò a miglior vita.
Un arcivescovo infelice, morto del più tragico modo, fu Bar
tolommeo di Cotorno o Cogorno , che dir si debba , nativo di
Chiavari , frate dell'ordine de' minori , e nel proprio instituto
teologo insigne e predicatore riputatissimo. Da Urbano VI fu
promosso all'arcivescovado di Genova , e poco dopo creato
cardinale e legato apostolico con la commissione di assoivere
€ dalle censure i Genovesi , i Milanesi ed i Piacentini che aveva
ti no portato mercanzie al sultano di Egitto. Restò arcivescovo
lla di Genova sino all'anno 1383 , nel qual tempo cadde nell' in
dignazione del pontefice , per essere creduto complice di una
is, congiura ordita dall'antipapa Clemente . Per questo supposto
delitto Bartolommeo si rifugiò a Napoli ; e qui il re Carlo in.
terponendosi , potè l'accusato cardinale ritornare a Roma. Ma
questa riconciliazione fu di breve durata . Arrestato e rinchiuso
1 in orrida prigione , ne fu poi cavato per essere messo alla più
crudele tortura , ed indi gittato in fondo del mare. Non po
trebbesi usare di peggio col più iniquo ribaldo. Sarà forse sta
to tale l'arcivescovo cardina ". Cogorno ? Io non oserò mai
asserirlo , e neppure giustificarlo ; e meglio sarà sì di lui
che del papa , il quale certamente era duro ed inesorabile , la
sciarne il giudizio a Dio .
Giacomo del Fiesco , già vicario di Urbano VI nel patrimo
nio di san Pietro , conseguì la dignità arcivescovile l'anno
1388. Fu egli il primo che espose alla pubblica venerazione
-nella chiesa di san Bartolommeo la celebre immagine del Sal
vatore , che il doge Leonardo Montalto aveva in premio de'suoi
militari servigi ottenuto in oriente dall'imperatore di Costan
tinopoli ; del qual ritratto ci converrà altrove trattare alquanto
diffusamente . A' tempi di questo prelato fuggiti dalle Spagne
18 per cagione di persecuzione alcuni frati Agostiniani con un ve
01 scovo di nome Alfonso , vennero nelle vicinanze di Genova ,
ec ove con le limosine proprie e con molti soccorsi de' fedeli edi
due ficarono nel luogo di Quarto il monastero di san Girolamo',
che di licenza del romano pontefice fu poi assegnato a' monaci
1 Bar olivetani. Il pio vescovo fondatore vi ebbe il sepolcro.
ive di Pileo de Marini , nobile patrizio , fu creato arcivescovo di
tituto Genova da Bonifazio IX l'anno 1400 , nel qual tempo reggeva
Tf · le cose pubbliche di Genova in nome del re di Francia un cer
cato to Giovanni le Mengle , più conosciuto sotto il nome di Buci
76
caldo , già famoso nelle imprese dell'oriente e più ancora ce
lebre da poi nelle vicende di occidente . Questo maresciallo
francese , governatore di Genova , volendo occuparsi di cose
ecclesiastiche , sebbene da capitoli Genovesi fosse ciò vietato ,
cominciò a ridurre in minor numero i giorni festivi, allegando
esser questi tanto cresciuti che un quarto dell' anno toglievasi
all'industria . Ma l'arcivescovo anzi che prestarsi a' suoi ordini,
o lasciarsi intimorire dalle sue minacce , nuove feste prescris
se ; e la città secondando gli avvisi del suo pastore , volle os
servare anche le antiche. Un'altra novità volle indurre il Bu
cicaldo , rimuovere cioè i Genovesi dall'obbedienza del papa
residente in Roma , per farli aderire all' antipapa che dimora
va in Avignone a divozione della Francia. Si sa che questo era
il tempo del gran scisma di occidente, che vide tre preten
denti al pontificato nel tempo istesso . Resisteva anche a ciò
intrepidamente l'arcivescovo , persuaso che il papa dimorante
in Roma fosse il vero e il legittimo successore di san Pietro .
Però il governatore tenne modo che il padre Vincenzo Ferre
ro , Dominicano Spagnuolo , venisse a predicare in Genova .
Vincenzo celebratissimo per sacra eloquenza e di vita così pro
digiosa , che dalla chiesa è venerato sugli altari, era pur uo
mo , ed in buona fede andò errato , affezionandosi a Pietro di
Luna , detto Benedetto XIII.
La opinione del santo predicatore seco trasse quella dell' ar
civescovo. Ciò ottenuto , Bucicaldo convocò nel 1405 gli ordini
della città , da' quali sebbene non potè conseguire che si mo
strassero tutti favorevoli all'antipapa , ebbe nondimeno l'in
tento che nessuno si dichiarasse contrario. Guadagnati così gli
animi, sei galee da lui comandate navigarono a Nizza , sog
giorno temporaneo diBenedetto , e felicemente il condussero a
Genova , con sei cardinali rimastigli fedeli. Il ricevimento fu
molto solenne. Fecesi un magnifico ponte fino alla porta mag
giore della città ; l'arcivescovo Pileo venne alla scala della ga
lea capitana con tutto il clero avente in mano le sacre reli
77
quie; seguivano dugensessanta cittadini principali, vestiti di
scarlato . I cardinali, passato il ponte , salirono a cavallo , ve
nivano appresso sei palafreni coperti di velluto senz'alcun ca
valcante ; dopo alquanto spazio il tabernacolo con entrovi la
sacra pisside , intorniato da dodici fiaccole , e posto sopra una
mula riccamente bardata ; finalmente Benedetto XIII su bianca
chinea , di cui tenevan le redini a destra il maresciallo gover
natore , e alla sinistra il podestà conte Feretti Anconitano : la
processione era chiusa da cinquanta consiglieri, e altri gra
duati in toga bianca . Olezzavano di fiori le strade, le case e
rano ornate con verdi rami di ulivo ; e mentre alcuni fuggi
vano la sospetta solennità , il popolo illuso dalla conformità
de' nomi , gridava a tutta voce : Benedictus, benedictus qui
venit in nomine Domini.
Ma l'augurio non si avverò . Una di quelle pesti frequenti in
Italia , finchè si commerciò coll'Egitto senza le giuste cautele,
afflisse Genova nel 1406 in modo , che in una sola settimana
fra la città e i sobborghi si numerarono dugento quindici mor
ti. Indarno san Vincenzo con le parole e l'esempio predicò pe
nitenza , consigliò processioni , e di acqua benedetta asperse le
contrade. L'annalista Giorgio Stella , che certo non era uomo
irreligioso , osservò (1 ) come dopo quelle pie ceremonie il mor
bo contagioso anzi di estinguersi infierì a cagione del numero
grande di popolo che vi concorse. Abitava il pontefice nell'arioso
convento di san Francesco , e le sue guardie occupavano insieme
co ' Francesi l' eminente fortezza. L'epidemia vi salì , e tolse
gli un amico costante , nel cardinale Pietro Serra vice- cancel
liere del regno d'Aragona, Benedetto si ritirò a Savona , a Mo
naco , a Nizza , e infine a Marsiglia. Il governatore nol vi la
sciò lungamente ; l'indusse a proporre un concilio generale in
Savona , e a trasferirsi in quella città al debito tempo ; e poi
chè il suo avversario non si moveva , a ripigliare la sua stanza
(1) Stella III 1913 Storia di Genova del m. G. Serra tom . lib. VI cap. II.
78
in Genova, ove il morbo dopo un anno di intensità andava
scemando.
Per opera singolarmente dell'imperatore Sigismondo il con
cilio generale si celebrò in Costanza , ove deposto Benedetto ,
e gli altri contendenti avendo rinunziato , finalmente fu data la
pace alla Chiesa universale con la elezione di Martino V. AI
concilio intervenne l'arcivescovo De -Marini, e fu egli uno dei
procuratori della nazione italiana, ed uno de' più zelanti pro
motori della riforma ecclesiastica , come può vedersi negli atti
di quel concilio ove trovasi l'orazione che a questo intendi.
mento indirizzò all'imperator Sigismondo (1 ) .
In Genova san Vincenzo Ferrero fra le altre esortazioni rac
comandò questa , che le femmine, giusta il precetto dell’apo
stolo , andassero sempre in chiesa col velo sul capo. Fu ubbi
dito ; ed appunto da' tempi suoi si ripigliò la lodevole costu
manza che le donne Genovesi , siano o nobilissime di famiglia ,
o ricchissime di sostanze , o serve di condizione , cuoprono la
testa con bianco velo , più o meno elegante , quando escono al
pubblico e particolarmente ogni qual volta alle funzioni della
chiesa intervengono. Questa virtuosa consuetudine si conserva
decorosamente dopo tante vicende anche oggi giorno ; e solo
rincresce che certe dame seguaci delle mode oltramontane, in
cambio di adattarsi come devono all'antichissimo uso della
patria , pare che vogliano introdurre altra forma che giudica
no più fastosa. La beata Margarita di Savoia , moglie di Teo
doro II duca di Monferrato , non fece così. Essendo venuta
a dimorare a Genova ( 1 ) , discepola com'era stata del Ferre
ro , ne seguitò sempre gli avvisi. Il marito suo , discacciati i
Francesi dal governo della città , venne eletto ed acclamato
nel 1409 a presidente e capitano della repubblica con le 0
norificenze de' dogi ; ed essa poco dopo lo raggiunse , accom
( 1) Labbeus appendix concilii Constantien . tom. XXVIII pag. 527.
(2) Georgius Stella Ital. rerum script. tom . XVII.
79
kara pagnata da diciannove,rispettabili matrone e dal vescovo di
Feltre monsignore di Searampi. L'arcivescovo Pileo la onorò
non tanto per la dignità , quanto per le virtù santissime che
u. la distinguevano.
la Non devo per ultimo tacere che dall'arcivescovo De -Marini
AL ebbe principio in Genova una instituzione, che si è resa som
mamente benemerita per l' egregie opere di carità , che eser
citò in tutti i tempi. Egli era l' assoluto dispensatore delle li
mosine e de' lasciti pii della città , ed i suoi predecessori gli
1 avevano sempre amministrati liberamente , senza concorso di
altri. Mosso egli da singolare disinteresse e modestia associò
alla pia distribuzione alcuni piissimi cittadini, che delle par
ticolari bisogna delle famiglie fossero ben istrutti : riserbò a
se stesso della propria mensa il puro e semplice necessario ,
ed il resto consegnava nelle mani di questi benefici suoi coo
peratori. Di qui nacque il nobilissimo magistrato della Mi
sericordia , composto degli arcivescovi pro tempore e di quat
tro togati. Alle profuse liberalità univa il prelato uno zelo
grandissimo per la riforma de costumi, per l'osservanza dell?
ecclesiastica disciplina, e singolarmente per decoro del sacer
dozio : prelato , conchiude il Foglietta , veramente commende
vole nella memoria di molti secoli : unici profecto exempli
virum ex multorum saeculorum memoria fuisse Pileum Ma
A rinum , omnes ad quos fama pervenerit , fatebuntur.
Flo Giorgio del Fiesco , figliuolo di Ettore , de'conti di Lavagna ,
da prima vescovo di Mariana in Corsica , fu poscia metropo
terre litano di Genova nel 1436 , nella quale dignità continuò sola
icciati i mente tre anni. Decorato nell'anno seguente della sacra por
Pamate pora da Eugenio IV, amministrò le diocesi di Noli e di Alben
in leo ga , la quale indi resignò a Napoleone suo nipote. Essendo
, 2006 divenuto decano del sacro collegio , fu traslato da Nicolò v
alle diocesi di Ostia e di Velletri. Alla sua morte ivi avvenuta
nel 1461 , le sue spoglie trasferite a Genova ebbero sepolcro
nella metropolitana.
80
Giacomo Imperiale , nobile patrizio , abate del monastero
di santo Stefano , con applauso universale fu di lui successore
nel 1439 ; e la buona opinione che si ebbe di lui nella sua
elezione, non che smentirsi, fu confermata dall'esercizio con
tinuo delle virtù pastorali. Il convento de' frati predicatori in
Castello fu edificato a' tempi suoi. A questi religiosi, essendo
stata soppressa l'antichissima chiesa collegiata e parrocchiale ,
fu devoluta la cura della parrocchia da Eugenio IV nel 1441.
Sopravvisse l'arcivescovo Imperiale sino all'anno 1452 .
XXV . PAOLO DA CAMPO FREGOSO ARCIVESCOVO , CARDINALE
E DOGE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA.
Questo personaggio è stato la chimera del suo secolo , il
primo e solo ( e sarà anche l'ultimo ) che abbia riunito in se
il governo spirituale della diocesi ed il temporale della repub
blica , arcivescovo di Genova, cardinale di santa romana Chie
sa , e doge nel tempo stesso . Se un pittore lo avesse dipinto
in aria fiera anzi che maestosa ., di occhio vivace ed iracondo ,
in sul capo la mitra e a' piedi suoi un fascio di verghe , col
pastorale a destra e collo scettro a sinistra , il pallio pendente
al collo , ed armato al fianco di scimitarra , stante in mezzo 1
di una cattedra episcopale , intorniata di sacerdoti pallidi per
la mestizia , e di un trono ducale circondato de soldati di Ca
tilina , questo pittore avrebbe formato un quadro eccellente ,
somigliante all' originale , non a quello di Battista Fregoso suo
nipote che ne scrisse troppo male , e niente di bene , ma bensì 1
a quello del Foglietta , che credeva alcune cose e sapeva ri
gettare le altre non vere o dubbiose e più ancora del Giusti
niani e del Casoni , storici imparziali e giudiziosi. Questi au
tori serviranno a me di scorta nel poco che sono per raccon 1
tarne .
Paolo Fregoso eletto arcivescovo di Genova , l' anno 1453 ,
81
apparteneva ad una famiglia , non saprei dire se più ragguar
re devole per la nobiltà , o feconda per gli uomini illustri, o for
8 midabile per la potenza , o intrigante per le fazioni domesti
che e pubbliche, Divisa in più rami , tutte le propagini ger
mogliavano dell'istesso umore , ch'era discordia ed ambizione,
e tutti i germogli crebbero tanto che pervennero al supremo
1 comando della repubblica , chi una e chi più volte nel decorso
del secolo decimoquinto ; vincitori delle rivali famiglie stavano
poco tempo al regime delle cose pubbliche, e cadevano per
rialzarsi. Tredici Fregosi in un solo giorno furono impiccati
in Genova per la vendetta di Prospero Adorno (1 ) nel 1478 , e
ne risorsero subito altri che soppiantarono Adorno ed i suoi
aderenti. Il peggio è che i Fregosi di un ramo facevano guerra
a 'Fregosi dell'altro , fratelli contro fratelli, cugini contro cu
gini , i nepoti allo zio. Paolo arcivescovo impastato di questo
sangue , perspicace , astuto ed intraprendente ancora più de’
suoi, parendogli non abbastanza elevata la dignità sacra , cercò
la suprema civile che vedeva più luminosa ; la cercò con arti
inique e la ottenne , la prima volta nel giorno quattordici di
maggio del 1462 ; ma non era ancor terminato il mese , che
della dignità ducale veniva spogliato . Senza smarrirsi di animo,
anzi con maggior ingordigia tentò prestamente di riacquistarla ,
1 e la conseguiva di fatto nell' anno seguente 1463. Paolo pensò
questa volta a ripararsi sotto lo scudo della religione , notifi
cando la sua esaltazione a Pio II , successore di Calisto , e
supplicandolo a benedirla . La risposta del pontefice è degna di
ate,
speciale menzione , e conviene intieramente a questa storia :
SELO
bensi qui la riporto quale trovasi tradotta dal Giustiniani , presso a
cui può leggersi anche in latino (2) :« Tu ne scrivi che per
eya ni
» libera elezione de'cittadini fosti fatto doge della tua patria ,
Giusti
» e domandi che ci piaccia confermare colla nostra benedizione
esti 24
» alla fraternità tua il decreto della elezione . Non ti dissimu
(1) Giustiniani 1. V all'anno 1478.
(2) Libro V all'an . 1463.
6
82
» liamo come ci siamo maravigliati che tu abbi accettato l'ar
» bitrio di una città la quale , meglio d'ogni altra d'Italia , di
» cose nuove si diletta , del che tu stesso hai fatto prova
» l' anno passato , quando assunto a codesta dignità ducale ,
» ti vedesti costretto ad abbandonarla non appena ne avesti
» rivestite le insegne , sì che a noi giunse ad un tempo la
» nuova di tua elezione , e quella della tua deposizione. Ciò
« che al presente debba seguire , nol sappiamo : bisogna cre
» dere sia intervenuto un qualche grave accidente che te ,
» addetto al pacifico ministero del santuario , abbia ricondotto
» all' inquieto governo delle cose cittadine. Forse che i tuoi
» Genovesi, sperimentato le troppe volte esoso ed ingiusto il
» reggimento de secolari, sperano maggior mansuetudine ed
u equità trovare nella signoria sacerdotale. Se così fosse , a
» grandi obbligazioni ti astringerebbe questa pia risoluzione.
» Di forza saresti costretto al ben fare , oye regnar ti piaccia :
» perchè, se non darai bando alle violenze , se non ti saran
» cari il riposo e la pace , se non tempererai i cattivi desiderii,
» se il freno dell'onesto romperai ,* o se il romperanno i tuoi
» ministri , lascia che noi tel diciamo , non solo durerai poco
» sul tuo seggio ducale , ma ne sarai scacciato con vergogna
» di te e del sacerdozio , semprecchè non ti accada di peg
» gio : quello che il popol tuo sa fare , tu tel sai , e il sa
» la tua famiglia. Bada altresì che sei in impegno scabroso
» per ciò che altra è la regola del sacerdote , altra quella
» del doge. Il reggimento del primo debbe essere tutto di
» pace , di mansuetudine , di clemenza ; reggimento di padre
» .co ' suoi figli , per niun verso deve aver del tirannico . Più
« cose poi comportansi a'principi secolari , e si abborriscono
>> negli ecclesiastici ; e quello che è giudicato leggier peccato
» in un mondano , è riputato gravissimo in un chierico , il
» quale non solamente deve dalle cattive cose astenersi , ma
» eziandio fin le apparenze delle cattive evitare e fuggire.
» Se tu ti senti da tanto , se questo doppio governo puoi e
83
» vuoi esercitare giustamente , se intendi di frenare non so
» lamente i tuoi sudditi , ma te stesso ; se il principato ac
» cettasti , perchè la virtù prevalga al vizio , e piuttosto per
v utilità del pubblico , che per soddisfare a' disordinati ap
petiti ; se sei ben risoluto di farne uso in favor della religio
>> ne, ed a'danni degl'infedeli; e se per ultimo al governo giun
gesti drittamente , e secondo le leggi del tuo paese , come
» confidiamo che sia , noi di ogni impedimento ti sciogliamo
» ed in nome della santa Trinità benediciamo te , i tuoi
» cittadini , ed a tutta la cristianità la tua repubblica racco .
» mandiamo ».
I sentimenti di questo papa non potevano essere più giusti,
nè più opportune potevano darsi le esortazioni a Paolo ,
prelato, e doge . Ma l'uomo accecato dall'ambizione non sa
peva trarne profitto , ed intanto malamente trascurava gli af
fari della chiesa e gl'interessi della repubblica. Questo secondo
suo governo toccò appena tre anni , ma pose il colmo alle
passate calamità . Dicono gli annali del vescovo di Nebbio
che i legittimi magistrati erano pubblicamente vilipesi, ogni
sedizioso , ogni temerario rispettato ; la virtù non trovava
loco , nè l'innocenza asilo , le cose tutte civili ed ecclesia
stiche stavano nella massima confusione ; la diffidenza e la
disperazione erano giunte a segno che i luoghi di san Gior .
gio valevano appena ventitrè lire ; le intiere, famiglie fuggi
vano via , ed andavano a popolare lo stato milanese. In que
sto ducato aveva cominciato a regnare l'anno 1450 Francesco
Sforza , il quale altro più non bramava che di dominare
a'Genovesi , non con la forza delle armi , le quali fatto duca
abborriya , ma con alimentar fazioni. Nel pessimo principato
dell'arcivescovo Fregoso le speranze del duca si moltiplica
rono , e crebbero perciò i suoi artifizii. Unitosi segretamente
a' nemici del doge mitrato , con promesse e con doni gli
andava lusingando , tanto che la rivolta si accese furiosamente.
Essendo venuti alle mani i faziosi dell'uno e dell'altro , tanto
84
sangue si sparse , ch'è cosa di orrore il leggerne la descrie
zione. Asserisce il Ciaconio , che l'arcivescovo Paolo impugnò
di propria mano le armi, occisis propria manu quindecim
audacibus viris ( 1 ) , ma alla fine dovette soccombere alla
forza e fuggire , lasciando e trono ducale e cattedra: vesco
vile nel 1464. Un' altra luminosa elevazione stava intanto
aspettandolo in Roma. Sisto IV, che vedeva nell'arcivescovo
Paolo delle belle qualità , e sicuramente non gli mancava per
spicacia d'ingegno , grazia nel dire e destrezza negli affari ,
si determinò a crearlo cardinale nel 1480 del titolo di santa
Anastasia , e di più legato apostolico e generale di santa
Chiesa , per comandare ad una grossa armata che passava
nel golfo Adriatico contro de' Turchi , i quali avevano occu
pato Otranto nel regno di Napoli. Sebbene il nuovo cardinale
legato non avesse la sorte di venire a battaglia co' nemici ,
certo è che adempì a tutte - le parti di egregio capitano di
quella spedizione. Pareva così a Paolo Fregoso , che delle
dignità perdute in Genova fosse luminosamente risarcito in
Roma. E l'infelice non accorgevasi che l'uomo ambizioso in
elevarsi va scavando alla propria rovina. Sisto IV venne a co
noscere le malvagità di lui , e volle punirle. Radunato il sacro
collegio in pubblico concistoro , privò il Fregoso della dignità
cardinalizia e di tutte le altre ecclesiastiche cariche delle quali
lo avea rivestito . Mortificazione ben umiliante , che per altro
presto doveva sparire. E di fatto fu in appresso dal medesimo
pontefice redintegrato di tutti gli onori e di tutti i benefizi.
Non si sa comprendere come dopo tante vicende il Fregoso
non imparasse a moderare i suoi desiderii , con limitarsi ad
un vivere posato. Ed appunto niente profittando di sue strane
sperienze , anzi fatto più inquieto , cercò di ricuperare per la
terza volta la sede ducale di sua patria. Avendosi guadagnato
il suffragio di trecento cittadini , ritornò a Genova nel 1483 ,
( 1) Ciacon. tom . III in vita Sixti IV.
85
acclamato doge , quasi che arrivasse un nuovo liberatore. Non
Um mi estendo di più a descrivere qual fosse il terzo suo governo
principesco , e mi restringo a dire , che vi stette sino al 1488 ,
lka sempre agitato e sempre oppressore. Insorta una nuova con
giura, dovette per la terza volta lasciare il ducato ed abban
nto donare la patria per non rivederla mai più. Imbarcavasi su
OVO due galee da lui fatte allestire , e prendeva la via per Roma.
ber Presso alla Corsica lo coglieva una tempesta con tanta furia ,
ari. che una di quelle barche affondava con tutto il carico , e l'altra
che lui stesso portava , perduti gli attrezzi, come se il mare
Int3 rifiutasse quella peste , dice Carlo Varese , approdava miraco
losamente a Civitavecchia : di là recavasi a Roma , dove poi
el rimaneva sino a che Dio lo chiamava a rendimento di conti ;
ale ciò che avvenne il due di marzo del 1498 , « Così finiva , con
ei, » chiude il Casoni , in vita privata colui che dianzi per ambi
d » zione di comandare aveva sovvertito tutte le leggi divine ed
» umane. Fu uomo di una incredibile grandezza di animo do
1 » tato 7 e di una abilità straordinaria nel maneggiare così gli
» affari ecclesiastici che secolari, così politici come guerrieri...
» insomma Paolo Fregoso arcivescovo , cardinale e doge , fu
» tale che si può mettere in dubbio , se in lui prevalessero le
» virtù od i vizii ; e siccome da quelle fu molto iliustrata la
i » sua persona , così da questi non fu talmente oscurata la
» fama sua , sicchè non meritasse appresso tutte le nazioni ,
» anco per confessione de' suoi nemici , nome chiarissimo ».
XXVI. SUCCESSIONE DEGLI ARCIVESCOVI DI GENOVA
ad
SINO ALL'ANNO 1635 .
ane
ato Giovanni Maria Sforza , figliuolo naturale di Francesco duca
di Milano , resse l' arcivescovado di Genova dall'anno 1498
sino al 1513 , e nel suo governo cessò di vivere in terra per
andare al cielo santa Catterina .
86
Venne eletto a suo successore Innocenzo Cibo , figliuolo del
conte Francesco di Anguillara e di Maddalena De' Medici ,
sorella di Leone X. Dallo zio pontefice fu creato cardinale
nell' età troppo giovanile di venti due anni , e nella di lui crea
zione papa Leone disse : Quod ab Innocentio accepi , Inno
centio restituo : ossia , come da Innocenzo VIII ho io rice
vuto la porpora , così ad Innocenzo suo nipote io la rimetto.
Fu investito dell'amministrazione di molte , anzi di troppe
chiese vescovili , di quella di Marsiglia , di Torino , di Ven
timiglia , di Savona , di Mariana e di Accia in Corsica , e di
altre ancora : fu arcivescovo di Genova , di Messina, di Bé
ziers , legato in Bologna , e governatore di più città. Di qua
lunque vasto ingegno si voglia supporre , e del maggiore zelo
fornito , non si può mai comprendere come valesse a sorve
gliare a tante chiese , vivendo da tutte lontano . Mentre Cle
mente VII dall'esercito di Carlo V era rinchiuso in Castel
sant'Angelo , il cardinale arcivescovo tenne soggette alla santa
sede molte città dello stato ecclesiastico , sicchè non cedessero
al dominio degli Austriaci , e di più tenne fermi in Italia tutti
i cardinali , i quali nella massima parte erano decisi di trasfe
rire la cattedra pontificia , come già altra volta , in Avignone.
Innocenzo tutti li dissuase con eloquente discorso , anzi con
fortolli a sperare la liberazione del papa contro ogni appa
renza di speranza , onde tutta l'Italia , anzi la Chiesa fu rico
noscente alla sua fermezza , se la cattedra pontificia non si
mosse di Roma. Un grande eroismo mostrò egli ancora, quando
andato a Firenze a sedare i civili tumulti per l'ammazzamento
di Alessandro De'Medici , composte le discordie , fu offerto a
lui ed alla sua famiglia il ducato Fiorentino. Innocenzo lo
ricusò costantemente per se e per li suoi , e si adoperò anzi ,
che alla famiglia Medicea fosse restituito con la sola condi
zione che osservasse , ed insieme dagli altri facesse osservare
la giustizia. Moriva il cardinale Innocenzo Cibo , arcivescovo
di Genova , in età di anni cinquantanove , al giorno tredici
87
di aprile del 1550 , e nella chiesa di santa Maria sopraMinerva
fu seppellito con questa iscrizione :
D.O.M
Innocentio Cybo Ianuensi, diacono Cardinali
Bonifacii IX Thomacelli Pontificis maximi agnato
Innocentii VIII Pontificis maximi nepoti
Leonis X Pontificis maximi sororis germanae filio
Clementis VII Pontificis maximi sororis patruelis filio
Vixit an. LVIII men . VII die. XIX
Cardinalis XXXVII ann. fuit
Decessit idib . april. an. MDL sui posuere
vivite ut morituri
Gerolamo Sauli dall'arcivescovato di Bari trasferito a quello
di Genova nel 1550 , dopo nove anni cessò di vivere con fama
di pio e vigilante pastore. Fu anche memorabile il suo nome
per aver coadiuvata la fondazione de'Gesuiti in Genova , a
formare specialmente la gioventù nelle lettere e nella pietà.
Frate Agostino Salvago dell'ordine di san Domenico dal
vescovato di Accia in Corsica fu traslato alla chiesa metro
politana di Genova da Paolo IV. Intervenne al concilio di
Trento , fu amatissimo dal suo gregge , e alla sua morte av
venuta nel 1567 lasciò un grande desiderio di se : mortuus
omnium bonorum luctu , dice l' Ughelli. 1
Cipriano Pallavicino erasi applicato agli studii delle umane e
divine lettere con ottimo riuscimento , sì per la naturale acu
tezza dell'ingegno , sì per l'assidua volontà di ben istruirsi.
Elevato alla dignità arcivescovile, la sua massima premura fu
di mettere in esecuzione la ecclesiastica disciplina dal concilio
di Trento insegnata e stabilita. Da' sacerdoti della città e della
diocesi esigeva un'esatta osservanza ; e , quello ch'è più , af
finchè non opponessero alcuna scusa , li precedeva tutti con
un vivere edificante e severo , con la santità de' costumi e con
88
la sana dottrina. Veggendo che per se stesso non poteva estir
pare tutti i gravi disordini della città e della diocesi , sia per
causa della loro moltitudine , sia per essere profondamente
radicati , sia più ancora perchè i viziosi altamente si rivolta
vano , ricorse alla santa sede domandando un visitatore apo
stolico , munito di ampie facoltà , e sovrattutto di fortezza di
animo inespugnabile. Tale appunto il concedeva nel 1582 Gre
gorio XIII nella persona di monsignor Francesco Bosio , ve
scovo di Novara , prelato veramente pio , dotto ed imperter
rito . Avendo costui intrapreso la visita apostolica , procedeva
indistintamente secondo la riforma del Tridentino contro i luo
ghi e contro le persone ; gli ecclesiastici castigava con la so
spensione , privazione de' beneficii ed altre pene pecuniarie .
Per la sola metropolitana di san Lorenzo , che fu la prima
chiesa che visitò , fece cento quarantacinque decreti registrati
nel libro intitolato « liber visitationum et decretorum Ill.mi et
« Rev.mi D. Francisci Bosii visitatoris apostol. civitatis et
« dioecesis Genuae an . 1582 » , custodito nell'archivio de' no
tai . Moltissimi altri decreti egli fece , che non vennero pubbli
cati , se non se in parte ed anche succintamente nella nuova
ristampa del 1833 , perchè farebbero poco onore a molte chie
se e a molti parrochi. Un procedere così risoluto e severo gli
concitò l'odio presso che universale. La repubblica fece sen
tire nell'anno successivo 1583 al romano pontefice gli aggravi
ricevuti dalla visita del vescovo di Novara , ed altre querele
produsse sull'amministrazione della giustizia dell'inquisitore
del sant' officio . Prese in considerazione il santo padre queste
doglianze , con sue lettere del 24 marzo e del sette di aprile
manifestava all'arcivescovo le sovrane sue risoluzioni. Con fe
deltà e con zelo le eseguiva monsignore Cipriano Pallavicino ,
e nel costante adempimento de' suoi doveri continuò sino alla
morte . Compiva l' anno settantesimo di sua vita , quando ces
sò di vivere nel 1586 : al suo sepolcro aveva preparata questa
iscrizione :
89
it. C. P. A. G.
par Mortem prae oculis semper habens
nte vivens sibi posuit.
tao
Antonio Sauli figliuolo di Ottaviano e di madre Giustiniani ,
di coltivò diligentemente le scienze umane e divine in Firenze ,
in Bologna ed in Padova sotto eccellenti maestri. Pio IV, co
nosciuta la sua abilità e saviezza, lo fece referendario dell'una
e dell'altra segnatura : Gregorio XII lo mandò legato a Na
poli , ove dimorò cinque anni con fama di prudente e giusto
difensore dell'immunità ecclesiastica. Benemerito di questa
ambasceria , due altre ragguardevoli ne sostenne onorevolmen
te , l'una in Portogallo , ove alla morte del re e cardinale En
rico si adoperò vivamente ad impedire le discordie private e
pubbliche , che minacciavano a quel regno , l'altra nelle Spa
gne a Filippo II ; presso cui ebbe pur molto da operare per la
causa della giustizia e della pace. Ritornato a Roma nella mor
te di papa Gregorio , fu carissimo a Sisto V , il quale da prima
lo nominò arcivescovo coadiutore al metropolitano di Genova
ed indi nel 1587 lo creò prete cardinale del titolo di san Vitale
e di più ammiraglio della flotta pontificia armata contro ai
Turchi, che le spiaggie romane continuamente infestavano.
Anche in questo ufficio segnalò il suo valore. Sotto i succes
sori di Sisto V il cardinale Sauli seppe mantenere con decoro
e con merito le dignità e le cariche di cui era rivestito . Il pe
so però che sentiva dell'arcivescovado di Genova ed il timore
di non amministrarlo come doveva , per essere ordinariamente
ile fuori della residenza, lo indussero a rinunciarvi nel 1591 , dopo
averlo retto cinque anni. Che cosa abbia operato nel governo
ܕܝܠܐܐ
della diocesi , rilevasi da una lapida che fu affissa nel palazzo
ino ,
arcivescovile , l'anno stesso in cui della sacra porpora fu de
corato , ed è come siegue : « Ill.mus ac Rev.mus Antonius
BESTE Saulius, universa dioecesi procurata , culto Dei aucto , sa
a cris caeremoniis restitutis , cleri controversiis sedatis, legi
90
« bus ad religionem ac tranquillitatem sacris virginibus confra
« tribusque compositis , harum quoque aedium pavimenta ,
porticus , parietesque decorandos curavit ».
Sciolto dalla cura pastorale si applicò indefessamente agli
affari di tutte le romane congregazioni , giacchè in tutte , ove
più ove meno , aveva ingerenza e speciale commissione : tanta
era la stima che tenevasi di sua dottrina e del saggio suo di
scernimento . Per diritto di anzianità fu gradatamente vescovo
di tutte le chiese suburbicarie , e finalmente decano del sacro
collegio . Otto volte intervenne al conclave , e l' ultimo fu
quello in cui venne esaltato al sommo pontificato Urbano VIII.
Quasi subito dopo passò egli ad altra vita , essendo ottuage
nario , totius romanae aulae dolore , quae singularis pruden
tiae cardinalem se amisisse querebatur. Così Ughelli , che
giustifica il Sauli dall' accusa datagli da più scrittori, di aver
cospirato contro papa Giulio II . Non lascia tuttavia il Foglietta
di commendar moltissimo questo porporato sul conto della
letteratura e delle scienze , dicendolo fornito di vivace ed ec
cellente ingegno : « vivido et praestanti ingenio , neque po
a litiorum literarum rudis , quas in aliis quoque amavit et am
« plexus est , quippe qui literatos homines in familiaritatem
a
acceptos aluerit et foverit, inter quos Paulus Jovius etc. ».
Alessandro Centurione , eletto arcivescovo della sua patria
nel 1591 , tenne la sede in continui dispareri col governo in
materia di criminale e di cerimoniale. Avendo scomunicato per
giuste ragioni la rota criminale , i collegi in odio dell'arcive
scovo ne presero difesa e protezione. Deputarono a questo ef
fetto tre senatori, che invigilassero acciò la giurisdizione della
repubblica non ricevesse dagli ecclesiastici detrimento ; e que
sta deputazione fu detta la Giunta Ecclesiastica , tribunale
terribile , continuo martello de' vescovi dello stato . Cominciò
nel 1592 a formar decreti sul ricevimento degli arcivescovi e
su le preeminenze del doge e de' governatori: queste determi
nazioni nel progresso degli anni si andarono ampliando sem
:
91
pre più su le immunità de' luoghi sagri e delle persone eccle
siastiche. Stanco di tante contrarietà l'arcivescovo Centurione,
dopo cinque anni, fece la rinuncia alla sua sede , e andossene
a Roma , ove eletto dal papa a governatore di questa città ,
ed indi mandato vicelegato a Ferrara , sì nell'uno che nell' al
tro ufficio fu un chiarissimo prelato .
Nella rinunzia di lui dovè occupare la sede arcivescovile in
precetto di obbedicnza intimatogli dal romano pontefice Mat
teo Rivarola abate d'insigne abazia in Parma , ove ritornò poi
a terminare i giorni suoi nel 1600 , colmo di fatiche e di sante
operazioni. La sua memoria in tavola di marmo fu posta nella
cattedrale di Genova , presso alla cappella di san Giovanni
Batista .
Nell'anno della morte di lui fu promosso Orazio figliuolo
di Giovanni Spinola e di Gerolama Doria , sorella del valoro
sissimo doge Andrea Doria padre della patria. Ancora fan
ciullo applicossi Orazio alle umane lettere nel collegio roma
no , indi alla giurisprudenza nelle università di Pavia e di Pa
dova. Conseguita la laurea dottorale e per le rare sue cogni
zioni ascritto a più accademie , portossi a Napoli , ove i pa
renti suoi godevano la grazia della corte reale , e per elevate
dignità erano illustri. Siccome Orazio agli esercizi della pietà
aveva l ' animo inclinato , così volle ascriversi alla confrater
nita de' pellegrini e de' convalescenti che in essa città erasi
di recente instituita , nè ciò come confratello di semplice ap
parenza o per fasto di titolo onorevole , ma col reale servizio
che delle proprie mani prestava a' miserabili , coll'esempio del
le più umili virtù , e con la generosità di sue limosine che fu
rono moltissime. Essendo ritornato a Roma volle continuare
quei medesimi ufficii di misericordia , facendosi ascrivere all
arciconfraternita de' pellegrini, che da san Filippo Neri aveva
avuto il primo cominciamento ; e nelle ferie autunnali tornan
do a Napoli , ripigliava con nuovo ardore la frequenza amo
revole all' ospedale, parendo che di altro non sapesse meglio
92
occuparsi. Nella pratica di queste opere piissime fu di molto
avvalorato dalla voce e dagli esempi di due preclarissimi uo
mini , Francesco Maria Tarugi di poi arcivescovo di Avignone ,
e il venerabile Giovenale Ancina indi vescovo di Saluzzo , tutti
e due figliuoli carissimi di san Filippo , ammaestrati alla santa
sua scuola , e del suo spirito investiti. Unito di dolce vincolo
di amicizia Orazio Spinola con questi uomini veramente apo
stolici , si congiunse anche di affetto e di cooperazione al pa
dre Araldo Gesuita , che tutto intento alla conversione delle
anime con la predicazione evangelica , e a promuovere il bene
della confraternita , sapeva eccitare in simili opere anche il
nostro Orazio .
Tante virtù di lui non potevano rimanere nascoste. Sisto V
essendone ben informato , lo destinò in Roma referendario
dell'una e dell'altra segnatura é protettore dell'ospedale degli
incurabili, il qual ufficio andava tutto a cuore del nuovo pre
lato . Clemente VIII lo mandò vicelegato a Bologna , ove fu
rono ammirate la vigilanza , la modestia , la dolcezza , la pru
denza del suo governo , e nel 1600 lo nominò all'arcivescova
do di Genova. Alla morte di Clemente fu eletto dal sacro col
legio a custode del conclave , ed essendo stato assunto al som
mo pontificato Paolo V , Orazio Spinola fu comandato dal
nuovo papa ad accettare l'ufficio di vicelegato di Ferrara , e
poco dopo fu creato cardinale e legato a latere di tutto il
ducato Ferrarese : dignità cospicua ed insieme assai scabrosa ,
tanto più che quella legazione da poco tempo riunita alla santa
Sede , aveva cagionato non lievi nè pochi fastidii all' ultimo
pontefice defunto. Tale però fu il suo governo , che i Ferra
resi tutti sommamente lo rispettavano ed amavano , conciliando
egli così bene i diritti pontificii e le pretensioni de' sudditi ,
che potè reggere dieci anni continui a quella dignità con
la massima soddisfazione di tutte le parti. Proteggeva le belle
arti , animava i letterati , alle cose civili , militari e politiche
sorvegliava da eccellente ministro di stato . Due nuove porte
93
fece aprire in Ferrara , dal nome e cognome del pontefice ,
chiamando l'una porta Paula , e l'altra porta Borghesia. Fece
inoltre costruire una fortezza di qualche importanza , ed in
fine ne riportò lode ed esaltazione .
Nella moltitudine degli affari non dimenticava mai i doveri
pastorali di sua diocesi. Sebbene assente dalla residenza , sa
peva gli abusi e li riformava ; conosceva i particolari ed i pub
blici bisogni , e vi poneva provvedimento. La morigeratezza
degli ecclesiastici stavagli a cuore particolarmente , e dalla sua
legazione mandava ordini risoluti a'chierici , a' parrochi , ai
semplici sacerdoti. Tanta di lui esattezza non potevano tollerare
i viziosi, a segno che non volendo sottomettersi ai suoi decreti,
e temendo d'altronde d'incorrere nelle censure che aveva in
timato a’violatori, amarono meglio , incorreggibili come erano ,
di uscire dalla diocesi. Andavano dunque via borbottando , e
qualificando il governo dell'arcivescovo Orazio come severo di
troppo ed insopportabile. Ma avrebbero dovuto osservare questi
ecclesiastici rilassati , che il loro prelato praticava per se
stesso nel privato e pubblico suo , vivere quella medesima ca
stigatezza di costume, che secondo i sacri canoni esigeva da
gli altri.
Il vivo desiderio del cardinale Spinola essendo di venire in
Genova a farvi residenza , finalmente potè rivedere la sua pa
tria ed il suo dilettissimo gregge che tanto lo amava. Ma la
consolazione del pastore e de' diocesani fu troppo breve. Col
pito dalla morte nel giorno ventiquattro di giugno del 1616 ,
fu compianto universalmente in Genova ed in Napoli , ove i
suoi antichi confratelli ricordavano i suoi benefizii ; prelato ,
che potrà proporsi per tutti i secoli a modello di tutte le pa
storali virtù . Per un singolare privilegio conceduto dal senato
della repubblica, il suo corpo fu seppellito nella cappella di
san Giovanni Battista nella chiesa metropolitana.
Domenico De-Marini , chiaro per la nobiltà della famiglia e
più ancora per le sue virtù , fu prima vescovo di Albenga, indi
94
traslato alla sede arcivescovile di Genova da Paolo V nel 1616 .
Urbano VIII lo tenne lungamente al governo di Roma e di
altre città dello stato ecclesiastico , ed indi lo decorò del titolo
di patriarca Gerosolimitano . Genova restò priva di lui e della
sua diligentissima vigilanza nel 1630. A’tempi suoi essendo
insorta la guerra in Europa , teinevano i Genovesi , non senza
ragione , di averne a soffrire la peggio. Scossi da questo ti
more , fondarono le speranze non tanto nelle forze degli al
leati o nel valore delle proprie truppe , quanto negli aiuti del
cielo , che combatte e vince sì co ' molti che co’pochi. Ram
mentavansi che san Bernardo aveva loro promesso , ancor
mortale, il perpetuo suo patrocinio ; a lui dunque , che vi
vendo amava tanto la Genovese nazione , fecero ricorso i se
natori ed i governatori della Repubblica. Essendosi radunati in
forma solenne , il giorno ventisette di aprile dell'anno 1625
elessero il santo abate a particolare patrono , e questa religiosa
elezione accompagnarono col dono di una lampada del peso di
quattro mila seudi di argento , che ardere dovesse perpetua
mente al sepolcro del santo . Il senatore Agostino Centurione ,
religiosissimo patrizio , venne quindi deputato a portare al
monastero di Chiaravalle il dono ed il voto della Repubblica.
Arrivato colà , fu accolto con quella religiosa cortesia , che
meritava la sua legazione. L'abate Claudio di Argentiere radunò
a capitolo i monaci, ed annunziò l'oggetto di quella missione.
Udito il parere di ognuno , tutti convennero che la repubblica
di Genova , la quale conservava tanta devozione al santo loro
abate e fondatore , era ben degna di una distinta reliquia del
gran santo loro padre. Avendo perciò aperto il suo sepolcro ,
cosa ne' passati tempi non mai avvenuta , cavarono dal corpo
di lui una costa , la quale in debita forma consegnarono al
Centurione. La riportò egli in Genova , e non si tosto ivi per
venne ed annunziò il sacro pegno di cui era stato regalato ,
che , riposto entro di un reliquiario preziosissimo , lo arcive
scovo De Marini coll'accompagnamento del capitolo metropo
95
litano , di tutte le collegiate , degli ecclesiastici d'ogni ordine,
del senato , del doge , de'collegii e de' cittadini di ogni ceto ,
portò la sacra reliquia in processione solennissima , alla pub
blica venerazione, la espose , e gelosamente custodita nel duo
mo di san Lorenzo volle doversi conservare , perenne me
moria della protezione del santo e della pietà del popolo e
della repubblica di Genova.
XXVIII. IL CARDINALE STEFANO DURAZZO
ARCIVESCOVO DI GENOVA.
Il cardinale Stefano Durazzo nacque in Genova il primo
di agosto dell'anno 1595 di Pietro e di Aurelia Saluzzo. Studiò
in patria le umane lettere e la filosofia ; quindi passò a Roma,
e vi compiè gli studii opportuni allo stato ecclesiastico cui vo
leva abbracciare. Amò sopra gli altri studii quelli della ragione
civile e delle canoniche discipline. Percorse con onore gli ufficii
della carriera prelatizia, che abbracciò non ancor compiuto il
trentesimo anno . Da Urbano VIII venne promosso alla carica
di tesoriere generale , e sotto Gregorio XV fu referendario
dell’una e dell'altra segnatura , e prefetto all'annona ; il quale
impiego esercitò in tempi difficili con soddisfazione di tutti,
Decorato della sacra porpora dal medesimo Urbano , fu indi
nominato legato a Ferrara. Quivi adempieva alle parti sue
qual padre amoroso de' popoli, quando il pontefice , non ancor
finito il solito termine del triennio di legazione , lo eleggeva ,
l'anno 1635 , al cinque di marzo , arcivescovo di Genova , del
che forte si dolsero i Ferraresi che , malgrado ogni ufficio
usato per conservarlo presso di loro , non poterono decli
narne la perdita. Nè meno se ne dolse , e vivo dispiacere
ne provò il cardinale legato , che invano adoperò ogni ma
niera di ufficii , onde esimersi dal gravissimo peso . Il pon
tefice accompagnando colle sue lettere a’reggitori della repub
blica il nuovo pastore , così esprimevasi a suo riguardo :
96
« La devozione de'Genovesi alla Sedia apostolica , gli aiuti a
» quella in ogni tempo prestati, sono le ragioni , per cui ab
» biamo disposto di affidare il governo di questa chiesa ar
» civescovile ad un tanto uomo , il quale sebbene nato tra
» voi , pure da lungo tempo è nostro ; ma e pel candore
» dell' animo , e per la prudenza e per la gravità , merita
» che a voi sia dato in dono , come colui che saprà adem-:
piere ad un tempo a doveri di sua missione , e farvi in
» sieme palesi i sentimenti dell'animo nostro : a vostro ri
>> guardo ».
Ben corrispose il cardinale Stefano Durazzo all' idea che di
lui dava il pontefice. Egli veniva alla sua sede in tempo che ,
per la testimonianza di un gravissimo nostro storico, disordi
natissime e confuse erano le cose della religione, così per l'igno
ranza ed ignavia del clero , come per la fierezza e la malvagità
del popolo , squallide e ridotte ad inopia le chiese , e il sagro
culto quasi annichilato in alcune parti della diocesi. Ma il car
dinale Durazzo , quando colla dolcezza , e all'opportunità col
rigore, tolse gli abusi , e ristorò le pratiche e la severità dell'ec
clesiastica disciplina. Così a norma delle canoniche istituzioni
ripigliarono gli ecclesiastici le vesti convenienti al lor caratte
re , furono ritornate alla loro destinazione e rivendicate le
rendite delle chiese e le dotazioni, i lasciti pii furono adem
piuti, tolte di mezzo le ire e le dissensioni, ristorati i tempii,
i monasteri costituiti giusta le disposizioni del sagro concilio
Tridentino ; e colla voce poi, così da' pergami come in private
concioni, ammaestraya e correggeva i popoli. Le quali provvi
denze più specialmente ottenne colle visite pastorali della dio
cesi, che non mai pretermise o per la difficoltà del cammino o
per la rigidezza delle stagioni che si parasse ad impedirnelo. E
perchè stabile fosse il frutto delle apostoliche sue fatiche, in
timò un concilio diocesano , e quivi radunati gli ecclesiastici
più autorevoli , sia per l'illibato costume che per la pro
fonda dottrina, promulgò savie leggi, per cui tolto ogui abu
97
so , non avessero più a ripullulare gli spenti disordini. Volle
pure provvedere all'educazione del clero , e sebbene per opera
de' suoi predecessori e singolarmente dell'arcivescovo Sauli già
fosse in Genova un seminario per li chierici , pure in picciol
numero erano questi in case non loro. Di che mal soffren
do l'animo del Durazzo , a proprie spese comperò il terreno ,
ed alzò in quello la magnifica fabbrica del seminario , quale
oggi si ammira : monumento perenne di suo zelo e di sua ma
gnificenza. Quivi raccolti i giovani leviti, li provvide con am
pio stipendio di ottimi maestri e di reggitori per lo spirito.
Venne pure in pensiero suo di acquistare e donar al seminario
da se fondato una splendida librería , e già ne trattava l'ac
quisto a Lione , ma non fu comecchesia conchiuso il negozio.
Era riserbata quest'opera ad un altro arcivescovo e cardinale
suo successore de' giorni nostri , di cui parleremo al fine di
questo capitolo .
La congregazione de' missionarii di san Vincenzo De' Paoli
riconosce nel cardinale Durazzo un insigne e benemerito pro
tettore. Un sacerdote di quella , reduce da Roma verso la Fran
cia , passando per Genova , fu dall'arcivescovo chiamato pres
so di se ; ed informatosi degli esercizii di quel nuovo' instituto ,
e fattane prima esperienza in alcumi suoi ecclesiastici, l' esi
to così degnamente corrispose , che determinò di fabbricare
una casa per la congregazione de' missionarii. Fassuolo , sob
borgo della città alla parte occidentale , vide innalzare questa
fabbrica a spese del cardinale , edificio veramente ben ordi
nato e magnifico (1 ), Quivi ogni anno soleva egli ritirarsi coi
suoi camerieri e con gli ecclesiastici di sua curia per rinno
varsi nello spirito di suo sublime ministero. Della qual fonda
(1) Nella casa della missione di Fassuolo in grata memoria del benefizio fu ap
posta la seguente inscrizione : « Stephano Cardinali Duratio Archiepiscopo vi
« gilantissimo quod Domum hanc aedificaverit Romanam auxerit Ba .
a stiensem promoverit- Totam congregationem - perpetua charitate dilexerit ...
u anno 1657 ».
ng
98
zione scrivendo Pietro Collet, asserisce che di tutti i prelati
italiani il cardinale Stefano Durazzo era per avventura quello
che più rassomigliava a san Vincenzo 'nella dolcezza del ca
rattere , nell' ardore dello zelo e nella santità de' costumi : la
quale testimonianza per essere di uno scrittore francese cer
tamente non sarà presa in sospetto. Nè può dirsi altrimenti ,
se si riflette che non alla sola patria , nè alla propria diocesi
ristringeva questo grand' uomo le sue sollecitndini e le sue be .
neficenze. Però nella città di Bastia fondava una nuova casa
di missionarii, ben comprendendo che la religione e la civiliz
zazione più che la forza avrebbero potuto tener sottoposta alla
repubblica quell'isola. Beneficava quella di Roma, mandava
sacerdoti a Mingraglia , città presso Trebisonda, onde le co
lonie Genovesi colà avessero aiuti opportuni a mantener la
fede e la religione. La devozione detta delle quarant' ore fu
da lui instituita. Dal cardinale di Richelieu arcivescovo di Lio
ne ottenne la reliquia di san Desiderio vescovo di Langres ,
nativo di valle di Bisagno. Suoi doni furono il vaso de' santi
crismi e l'ostensorio prezioso e tutta la sua credenza dorata.
E finalmente scelti i migliori sacerdoti del clero secolare , ne
formò una società col nome di missionarii urbani. Fu egli vero
padre de' poveri , tenendo presso di se nota delle sventurate
famiglie , che abbondantemente soccorreya , senzachè avessero
ad arrossire in ricevere. Fu il primo che introdusse nella sua
curia il costume di far difendere gratuitamente il povero contro
al potente oppressore. E travagliata poi la città dalla pesti
lenza del 1656 , non fu cura e pericolo ch' egli non incon
trasse volonteroso , ad imitazione di san Carlo in Milano, per
prestare soccorsi spirituali e corporali al suo popolo. Animava
il coraggio e lo zelo de' sacerdoti , chiamava con larghi sti
pendii e accorsero dalle provincie anche lontane medici e
chirurghi , pensava a far seppellire i morti accatastati nelle
piazze e ne' cortili , teneva pubbliche udienze per provvedere
a'bisogni gravissimi : insomma sprezzò la propria vita per
99
esporsi ad ogni pericolo . Giulio Sauli , doge della repubblica ,
emulava in tutto le sollecitudini del cardinale arcivescovo :
bella gara di zelo in tanta desolazione ! Nè qui so compren
dere come siansi trovate penne , che abbiano osato scri
vere diversamente sul conto dell'incomparabile prelato : ac
cusa maligna , smentita abbastanza dal Casoni con più altri
dei nostri , e recentemente da un erudito storico non sospet
to ( 1 ). Cessata la pestilenza , ripigliò l'infaticabile prelato tutti
gli altri doveri della carità e vigilanza pastorale, caldo promo
tore , come si disse , della pace delle famiglie, giunto perfino
a cadere a' piedi di un uomo vilissimo che non voleva dar la
pace all'avversario ; , intrepido difensore de’diritti della Chiesa
e nel farne osservare le discipline , modesto operatore di ogni
benefizio che versava in seno altrui, onde non volle mai per
mettere che le sue imprese fossero con inscrizioni memorate .
E finalmente essendo egli giusto , e correndo nella via dei
santi , doveva pur bere al calice delle tribolazioni, che i giu
sti ed i santi appunto per esser tali , sperimentarono in o
gni tempo.
Ricusò di far l'incoronazione del doge Agostino Pallavicino,
che fu il primo de' dogi incoronati , dicendo che ad un prin
cipe di santa Chiesa non era cosa conveniente incoronare un
patrizio , che dopo due anni ( i dogi di Genova non rimane
vano in ufficio che un biennio ) è tenuto a lasciar dominio ,
scettro e corona. Questa funzione si eseguì invece nella chiesa
di santa Catterina dall'abate della medesima, l'anno 1638.
Intanto da questo rifiuto ebbe principio la poco buona intelli
genza del cardinale col governo.
Molte e gravi contrarietà ebbe però da soffrire dalla parte
de' potenti , é ne fu sostenitore paziente ed intrepido. È co
stante tradizione che negò pubblicamente la eucaristica comu
nione a due senatori che non la meritavano : all'intiero senato
(1) Carlo Varese tom . VI lib . 24 p. 385.
100
della repubblica si oppose virilmente , quando volle essa eri
gere nel luogo digniore del presbiterio un baldacchino al doge;
e qui ne nacque una contesa di diritto lungamente agitata.
Ben voleva il savissimo prelato dare a Cesare quello che gli
apparteneva , ma fermo più di una rocca non voleva toglie
re da Dio un grano d'incenso per darlo a Cesare. La cau
sa si portò a Roma , e ne venne la risposta che dal senato
non fu lungamente osservata . Ma di questa questione mi ri
serbo a trattarne più a lungo in altro articolo. Intanto , sia
per queste , sia anche per altre opposizioni , che il cardinale
Durazzo vide suscitarsi al libero esercizio del suo ministero
dalla parte del governo , credè cosa più spediente lasciare la
patria , e rinunciare all' arcivescovato , in cui trovò sempre un
peso formidabile , non mai un titolo di onore. Fatta la rinun
cia , ritirossi a Roma , ove visse ancora venti anni somma
mente caro a' pontefici , amato da' cardinali , venerato da
chiunque pregiava le opere virtuose e la santità della vita.
Da Roma non cessò di amar la diocesi di Genova , e darle
prove frequentissime di sue beneficenze. Il suo testamento
pose la corona a tutta la sua vita benefica , avendo disposto
di quel poco che erasi riserbato ad usi di religione e di carità .
La sua morte avvenuta nel giorno ventidue di luglio dell'anno
1667 , come fu preziosa agli occhi di Dio , così fu universal
mente compianta dagli uomini , da ' poveri singolarmente che
perdevano un generoso soccorritore , dagli ecclesiastici che
ebbero sempre in lui un modello di virtù apostoliche. Il suo
cuore portato a Genova , fu posto nella tomba di sua nobi
lissima famiglia in santa Maria di consolazione.
101
XXVIII. SUCCESSIONE DEGLI ARCIVESCOVI
SINO AL 1746 .
Giovanni Batista Spinola , detto il cardinale di santa Cecilia ,
Genovese di patria , nacque in Madrid l'anno 1615 nel giorno
ventuno di settembre , trovandosi i suoi genitori alla corte di
Spagna per ragguardevoli impieghi. In Madrid ebbe il loro fi
gliuolo una colta e religiosa educazione , ed avendo abbracciato
lo stato sacerdotale , quel monarca che lo riguardava come suo
suddito e nazionale , lo colmò di pingui benefizi ecclesiastici ,
e di più nominar lo fece ad un arcivescovato . Venne indi tra-,
slato a quello di Genova , ove applicossi con diligenza a' do
veri della diocesi e della patria : strenuam navavit operam ,
ecclesiae inserviens et patriae, dice il Guarnacci continuatore
del Ciaconio ; ed appunto per la sua vigilanza pastorale e la
difesa de' suoi diritti ebbe ad incontrare delle moleste oppo-,
sizioni dalla parte de' senatori, i quali pretendevano nella chie
sa preeminenza del trono ducale e pubblici inchini, che il pre
lato giudicava non giusti , nè convenevoli alla loro dignità .
Questi puntigli del senato , inflessibile in quello ch ' esigeva ,
mossero l'arcivescovo dopo diciassette anni di possesso a ri
nunziare alla sua sede, come già aveva fatto il suo predeces
sore per simil cagione. La quale rinunzia non senza difficoltà
fu accettata da Clemente X , che ben conosceva le buone qua
lità di lui. Innocenzo XI lo pose a governatore di Roma , uf
ficio critico che lodevolmente sostenne. Rimosso da questa ca
rica, fu dal medesimo pontefice creato cardinale il giorno pri
mo di settembre , l'anno 1681, ed addetto a più congregazioni
romane , mostrandosi in tutte valoroso e prudente. Mandato
legato a latere in Bologna , osservò sempre i doveri di un go
verno moderato dalla dolcezza e dalla severità , e sempre retto
dalla giustizia. Pieno di anni e di meriti finì i giorni suoi il
cardinale Spinola di santa Cecilia il giorno quattro di gennaro
1704 .
102
Giulio Vincenzo Gentile , chiamato nella sua adolescenza
allo stato religioso , abbracciò quello de' frati predicatori, ove
fece progressi mirabili , sì nelle osservanze dell' instituto come
nella scuola di filosofia e della teologia. Questa sacra facoltà
insegnò poi egli pel corso di tredici anni in diverse cattedre ,
riportando giustamente la fama di dotto maestro e di giudi
zioso critico. Conobbe l' egregie sue doti Innocenzo XI di sem
pre venerabile memoria , e lo nominò a metropolitano di Ge
nova ; nella qual sede adempiè intieramente a ' doveri suoi
verso il clero e verso il popolo . Sovvenne alle povere vergini
nel bombardamento di Genova fatto da' Francesi nel 1684. Vi
sitò diligenza tutta la diocesi , convocò indi il sinodo nel
1683 , e, stabiliti in esso ottimi regolamenti, ne volle la piena
osservanza . Maneggiò destramente le differenze circa la posposi
zione della sede arcivescovile , ed ottenne decreto che dovesse
questa tenersi a cornu evangelii. Passato a miglior vita nel
1694 , venne seppellito nella chiesa del suo ordine con onore
vole lapida in santa Maria di Castello .
Giovanni Batista Spinola era già estenuato dagli anni e dalle
fatiche , quando da Innocenzo XII nel 1694 fu traslato dalla
sede vescovile di Sarzana alla metropolitana di sua patria . Cir
ca due anni potè reggere la nuova dignità ; ed in questo
brevissimo spazio mostrossi qual era , costante , intrepido e
tenacissimo difensore della giurisdizione ecclesiastica contra i
magistrati della repubblica, che osavano a contenderne i diritti.
Consunto dalla vecchiaia , passò al Signore nel giorno sette di
gennaio nel 1705.
Lorenzo Fiesco di quella famiglia , che tutto il mondo sa
essere nobilissima , nato in patria sua il giorno ventuno di
maggio dell'anno 1642 , educato da prima da' padri Gesuiti nel
collegio di Parma , indi in Bologna nel collegio gentilizio di
sua prosapia , chiamato a Roma dal cardinale Giacomo Fran
soni , il quale in linea di affinità era stretto suo parente , fu
annoverato con merito a' prelati della romana curia ; e come
103
uomo dotto e prudente egli mostravasi, fu presto impiegato
al governo di più città nello stato ecclesiastico . Chiamato a
Roma , fu segretario della sacra congregazione de'Riti, e sulla
fine del pontificato di Alessandro VIII nel 1691 si mandava
prolegato del contado di Avignone , della quale città poco do
po fu eletto arcivescovo. Ei resse questa chiesa per lo spazio di
quindici anni ; dovè però assentarsi alquanto dalla sua residen
za per ordine di Clemente XI , che lo mandava straordinario le
gato a Parigi presso a Luigi XIV , con intendimento di inter
porsi nella pace de principi cattolici belligeranti. Traslato allar
civescovado di Genova sua patria , venne a Roma , ove dall' i.
stesso pontefice l'anno 1706 era decorato della sacra porpora ,
ed in rilevanti uffizii delle sacre congregazioni occupato. Aven
do chiesto ed ottenuto di venire alla residenza pastorale , si
applicò con zelo e con prudenza a' doveri del proprio ministe
ro per lo spazio di quattro lustri. Nell' età decrepita di ottanta
quattro anni finiva una carriera luminosa e lodevolmente pro
seguita : fu solenne la sua sepoltura , accompagnata con pom
pa dal senato e da tutti gli ordini de' cittadini ( 1).
Fra Nicolò De- Franchi dell'ordine de' predicatori fu eletto
arcivescovo di Genova da papa Benedetto XIII con sue lettere
dell'undici di maggio dell'anno 1726. Mandò questo papa la
rosa d'oro al nostro arcivescovo , per attestare la grata rico
noscenza che professava a Giulio Vincenzo Gentile di lui zio ,
che dato aveva l'abito di san Domenico in Bologna ad esso
Benedetto . Morì ottuagenario nel 1746. Due memorabili avve
nimenti avvennero in tempo di monsignor De-Franchi, la ri
bellione di Corsica nel 1721 , essendo governatore dell'isola
Felice Pinello , alla quale ribellione venne in seguito quella dei
Finalini e de' Sanremaschi, e la invasione de' Tedeschi nello
stato della repubblica.
3 (1) Guarnacci contin . del Ciaconio tom . I.
104
XXIX. GIUSEPPE MARIA SAPORITI.
Giuseppe Maria Saporiti acquistò una vasta coltura di spirito
in Roma , dove fu prelato carissimo a Benedetto XIV , addetto
a più sacre congregazioni che ammiravano in lui una mente
perspicacissima, un retto discernimento , ed una profonda dot
trina. Fu destinato dal senato di Genova ad agente della re
pubblica presso la santa sede , e proposto ad arcivescovo coad
iutore di monsignor De-Franchi, nel 1743. Il papa , che lo
aveva già fatto arcivescovo di Anazardo in partibus , gli con
cesse di buon grado le bolle della coadiutoria , e dopo tre anni,
passato a miglior vita l'antecessore , venne al possesso dell'ar
civescovato . Il suo ingresso ed accoglimento in Genova fu re
golato secondo le più minute formalità , delle quali io penso qui
estenderne la descrizione , conforme in tutto ad una copia au
tentica .
« 1746. 10 marzo . Monsignor arcivescovo Giuseppe Maria
Saporiti mandò il suo maestro di camera a notificare al sere
nissimo doge del suo arrivo e residenza nel palazzo arcivesco
vile ; ed al 13 detto fu eletta da’ serenissimi collegi la deputa
zione di due eccellentissimi camerali , cioè l'eccellentissimo
Lorenzo De -Mari e Domenico Maria Torre , acciò si portassero
a congratularsi in nome del serenissimo governo coll'eletto
monsignor arcivescovo. Verso le ore ventidue si portarono
detti eccellentissimi deputati da monsignor arcivescovo , serviti
dal magnifico maestro di cerimonie , dal Traglietta e sei sol
dati senza allabarda. Gli eccellentissimi furono ricevuti al por
tone arcivescovile , cioè a quello di strada , da preti dall'an
ticamera , dal capitolo delle Vigne e da quello di Carignano , i
quali formavano due ale alle scale : il capitolo della metropoli
tana stava alla seconda camera servendo a monsignore unita
mente a quattro cavalieri confidenti dell' istesso prelato , i quali
eransi esibiti di fare invito della nobiltà nella di lui pubblica
105
entrata , e furono i magnifici Gianagostino Pinello , Carlo De
Fornari, Ottavio Mari e Marcello Durazzo del fu Gianluca.
« Scese monsignore ad incontrare gli eccellentissimi, calan
do sei gradini dando loro la mano diritta , e furono introdotti
nell'ultimo salotto , sedendo colla precedenza e dopo la vicen
devole parlata. Nell'uscire dalla visita , furono accompagnati
da tutta l'anticamera , da' tre capitoli e da monsignore con li
predetti quattro cavalieri sino al gradino del portone di strada:
da dove licenziati gli eccellentissimi, monsignore si restituì alle
sue stanze .
« Al giorno trenta dell'istesso mese fu avvisato monsignore
per la pubblica entrata e comparsa innanzi i serenissimi per le
ore ventidue e mezza dell' istesso giorno ; il che inteso notificò
i quattro magnifici deputati perchè facessero l'invito de'pa
renti , che radunaronsi nel palazzo arcivescovile. Venuta l'ora
determinata , il maestro delle cerimonie di monsignore fece in
camminare al palazzo ducale l'accompagnamento per ordine ,
cioè tutte le livree di monsignore , i due aiutanti dell'antica
mera , indi i preti , i parrochi , i preti della missione e li capi
toli , dopo de' quali seguiva la croce con monsignore e li quat
tro magnifici cavalieri , vestito con rochetto , mozzetta e ber
retta , seguitando la nobiltà accorsavi, e per ultimo la sua
portantina.
« In capo di guardia gli furono presentate le armi, e nella
piazza interna del ducale palazzo vi erano schierate le solite
due ale di Tedeschi senza fucile.
« Alla porta del cortile fu incontrato dal magnifico maestro
di cerimonie , da un ufficiale con dodici alabardieri ; al capo
delle scale fu ricevuto dal magnifico segretario , il quale non
potè essere così pronto per la calca della gente , onde s'in
contrarono a mezzo cortile , ed introdotto monsignore nella
sala del minor consiglio , lasciando la croce al di dentro della
porta della sala medesima secondo il solito.
« Giunto monsignore a’piedi del trono , salutò il serenis
106
simo doge ed i serenissimi collegi , e nel salire il trono si
alzarono in piedi con levarsi la berretta al nuovo inchino
che fece monsignore , senza levarsi egli il coppolino , su di
cui non si fece maggior osservazione.
« Seduto che fu monsignore nella prima sedia presso il sêre
nissimo doge alla parte sinistra , dopo seduti i serenissimi
collegi , fece la sua parlata , stando tutti colla berretta in
capo , levandosela però tutti nel nominare il papa ,il serenis
simo governo e la serenissima repubblica.
« Terminato ch ' ebbe monsignore il suo discorso , a cui fu
risposto dal serenissimo doge , fu licenziato , alzandosi in
piedi i serenissimi collegi con la berretta alla mano , ren
dendo il saluto a monsignor arcivescovo .
« Sceso il trono , sederono i serenissimi collegi e ricevettero
il nuovo saluto , ed a mezzo della scala si rivoltò ancora il pre
lato e fece nuovo inchino al serenissimo trono .
« Dal magnifico segretario fu accompagnato sino al capo
delle scale , e dal magnifico maestro di cerimonie sino a mez
zo del cortile di sotto , ove monsignore si fermò per ringra
ziare la nobiltà che lo aveva accompagnato . Indi si pose in
portantina , e lo stesso fecero i quattro magnifici deputati , i
quali lo accompagnarono al palazzo arcivescovile , e restò così
terminata la funzione. Al giorno quattro di aprile monsignore
si portò dal serenissimo doge secondo il solito ». Se in tutto
questo cerimoniale vi appaia un'etichetta troppo misurata , od
inchini eccedenti, io lascio ad altri il giudicarlo : il fatto è che
in una riverenza vi si metteva tanta importanza , come se si
fosse trattato di tutto il decoro della repubblica o di tutta la
salvezza dello stato : tanta era la gelosia in pretenderne il go
verno la osservanza dagli arcivescovi. E quello che esigevasi
dal senato per se , in proporzione voleva che gli arcivescovi
ed i vescovi della repubblica lo prestassero sempre con qual
che loro umiliazione a' governatori o capitani delle città del
dominio . Una prova ne abbiamo nel 1750 appunto in monsi
107
gnor Saporiti. Essendo egli andato in Rapallo in forma pub ,
blica per la occasione della visita pastorale , pretendeva che il
capitano del luogo andasse ad accompagnarlo sino alla porta
della strada : si rifiutava il capitano ; ne insorse perciò una
qualche disputa . Il governo di Genova di tutto ciò informato ,
diede fuori la seguente istruzione al capitano di Chiavari, par
tecipata anche in Genova al cancelliere arcivescovile.
* « Arrrivato in Chiavari monsignor arcivescovo , l'illustre ca
« pitano per quel mezzo che stimerà proprio , gli faccia sape
« re esser egli pronto a visitarlo , quando sia assicurato da
« monsignore ch'egli sarà pronto a trattarlo del pari tanto al
« ricevimento quanto nell'accompagnamento : cioè desso illu
« stre capitano sarà pronto a visitarlo in abito di funzione ,
« e monsignore mandi la sua corte ad incontrarlo alla porta
« di strada , e venga a riceverlo in rocchetto , scendendo cinque
« o sei scalini della prima scala , dandogli la mano ossia pre
« cedenza tanto nell'accompagnamento quanto nel sedere , e
« nel partire accompagnandolo sino alla porta di strada con
« lasciarlo partire prima di retrocedere ( umiliante servitù della
dignità episcopale ! ) Che qualora monsignore sia disposto a
« così praticare , l' illustre capitano mandi i di lui ufficiali ,
* nella restituzione della visita , alla porta di strada e si porti
« ad incontrarlo in abito di funzione, scendendo cinque o sei
« scalini, dargli la mano ossia la precedenza tanto nell' an
« dare che nel sedere , e nel partire accompagnandolo sino
alla porta di piazza , lasciandolo partire prima di retroce
« dere ». Sopra di che i serenissimi collegi decretarono nel
giorno quindici di luglio 1750 che se ne dia copia al maestro
delle cerimonie , ad effetto ne faccia annotazione al suo libro,
affinchè in ogni tempo possa constare del convenuto riguardo
la detta visita .
La più rilevante opposizione che incontrò monsignor Sapo
riti nel governo di Genova fu quella del baldacchino del doge
nel duomo di san Lorenzo . Già vi erano state delle acri ver
108
tenze sopra questo particolare nel tempo de' suoi predecessori,
( come abbiamo accennato e più diffusamente ancora ne scri
veremo ) si rinnovarono però e crebbero al maggior grado ai
tempi suoi. Ordinò dunque il senato che il baldacchino ducale
nel presbiterio della metropolitana fosse eretto e stabilito nella
parte del vangelo , nel luogo digniore , cioè più vicino a' gra
dini dell'altare , ed inferiore fosse dalla parte istessa la catte
dra arcivescovile . Riclamò monsignore Saporiti sopra questa
novità , ingiuriosa alla dignità episcopale , contraria agli anti
chi canoni, riprovata dal cerimoniale de’vescovi (1) ; ma la ra
gione si sa che contra la forza non prevale. Tuttavia il fermo
prelato non si lasciò mai sbigottire : da quel punto in poi si
astenne dal celebrare i pontificali alla presenza del doge e del
senato .
Mancava in Genova una processione solennissima nella festa
del Corpus Domini : e monsignor Saporiti la prescrisse e la
ordinò con un editto pastorale , intimando a tutti i sacerdoti
che dovessero intervenirvi con cereo acceso . Anche per questa
processione sorsero delle dispute di preminenza. Nondimeno si
eseguì la sacra funzione col maggior decoro , coll'accompagna
mento divoto de' fedeli di ogni ceto . V'intervenne egli stesso
in abito pontificale preceduto da' canonici della metropolitana
innanzi la macchina , ossia l' arca in cui da' sacerdoti portavasi
il santissimo sacramento : al solito suo posto , cioè dopo l'arca
medesima seguitava il doge accompagnato da' collegi. E per
animare negli anni successivi il clero ed il popolo al prosegui
mento di questa sì solenne e religiosa funzione , fece dipingere
in fondo della sala arcivescovile la forma della processione, ove
appariva egli stesso in abiti pontificali , preceduto e seguitato
da ' diversi corpi , ecclesiastici e civili. Questa dipintura non
(1 ) Ferrar. Biblioth . tom. 3 , verbo ecclesia , artic. V , num. 28 et 29. Cerem ,
epis. , lib. 1 , cap. XIII , n. 13. Catalanisull'istesso luogo. Gardellini tom. III , pag.
143 ec. tom. VI , par. VII , pag. 44. B. Alphon . de Ligorio : Homo apostol. vol. 1
tract. IV , cap. III , de primo praecepto dec. , edit. Taur. 1829.
109
piacque al governo , e da che cessò il prelato di vivere, per
ordine supremo fu cancellata.
Del resto monsignor Saporiti fu certamente un vescovo dot
tissimo e vigilantissimo, che riuniva zelo e fermezza di animo
apostolico. Visse in tempi già molto critici : vide la sua diocesi
invasa dalle truppe austrosarde , i tedeschi impadronirsi della
città , cadere la repubblica e quindi risorgere , discacciato il
famoso generale Botta colla sua armata. Riconoscente il go
verno della sua liberazione al patrocinio della santissima Ver
gine , fece voto del digiuno perpetuo nella vigilia di sua imma
colata Concezione ; e questo voto scritto in forma solenne si
consegnò nelle mani di monsignor Saporiti.
Alla disciplina del clero sorvegliava con la massima diligenza,
a ' parochi, a' confessori , a tutti i sacerdoti scrivendo avvisi ,
instruzioni pastorali , regole di morale , de' sagri riti , e di sa
gre cerimonie ; tutte opere lavorate con isquisita prudenza e
dottrina , che saranno sempre utilissime a chi voglia ben i
struirsi de' doveri del santo ministero. Nè prima , nè dopo di
lui fuvvi altro arcivescovo , che abbia lasciato alle stampe tanti
libri, tesoro perenne di sua scienza e di suo zelo. Eccone il
titolo - Notificazione instruttiva diretta a' parochi della città e
diocesi per l'amministrazione del santo battesimo. - Pastorali
avvertimenti proposti al clero in Genova , impressi del 1746.
Raccolta di alcune notificazioni , editti , ed instruzioni pasto
rali divisa in tre tomi, impressi in Roma pel Salomoni . Pasto
rali proposte a'confessori della città e diocesi colla spiegazione
de'casi riservati, impressa nel 1749 in Genova per lo Scionico .
- Lettera di risposta sopra due dubbii che riguardano il natu
rale ecclesiastico digiuno - Via ad sacram poenitentieriam
confessariis aperta a Josepho Maria Saporiti. • Tralascio al
tre operette .
Lasciò morendo diversi pii legati , e segnatamente il reddito
di una novena e festa solenne nella metropolitana ad onore di
san Giuseppe : la sua morte accadde nella notte del quattro
110
dici di aprile 1767 , dopo aver governato la diocesi anni ven
tuno , un mese , e giorni ventitrè , seppellito come aveva ore
dinato nella chiesa di sant Ambrogio , ed al suo catafalco fu
apposto il seguente epitafio che rammenta le sue gesta e le
sue virtù :
Josephus M. de Saporitis Archiep . Gen.
ad Lateranense Concilium a Benedicto XIII adscitus
Romanae Dioecesi ac Bononiensi perlustrandae.
a Clemente XII et Benedicto XIV praefectus
In romanis congregationibus a tribus summis Pontificibus
consiliorum arbiter adhibitus
Anazarbonum dictus antistes
Tandem Ecclesiae Gen. donatus ecclesiastici ordinis
dignitatem sacrarum Virginum civium religionem
populi pietatem praeceptis scriptis institutis
exemplis auxit firmavit rem sacram sapienter ,
administravit publicum prudenter iuvit
amplitudine mentis fortitudine animi
dexteritate consilii. Vixit naturae et gloriae satis
Ecclesiae commodo patriae desiderio parum .
XXX . MONSIGNOR GIOVANNI LERCARI.
Questo prelato nacque in Taggia nel ventidue di ottobre del
1722 , ed era cugino germano del cardinale Niccolò Maria
Lercari, natiyo pur di Taggia , e morto nel 1757 in Roma, ove
fu segretario di stato sotto Benedetto XIII. A Roma fu chia
mato monsignor Giovanni Lercari , perchè oltre al cardinale
suo cugino , vi aveva un fratello di nome pur Niccolò , il quale
percorreva con sommo onore la carriera prelatizia . Arcive
scovo di Rodi , vice -legato in Avignone e segretario della con
gregazione di Propaganda , carissimo a Benedetto XIV , morì
111
in Roma monsignor Niccolò nel 1757 in età di cinquantadue
anni , tre giorni prima del cardinale suo cugino , in medio
annorum atque honorum cursu , come dice la sua lapide .
sepolcrale in san Giovanni Laterano . Sotto la direzione e
protezione di un cugino cardinale e di un fratello prelato
riputatissimi educato agli studii dellc umane e divine scienze
monsignor Giovanni Lercari , dotato naturalmente di svelto
ingegno , e più ancora di saviezza di costumi , riuscì
dotto , pio , gentilissimo e grazioso sacerdote di ottime spe
ranze. Fregiato del carattere episcopale col titolo di arcivescovo
di Adrianopoli in partibus , ebbe di tempo in tempo gradi
onorevoli e importantissimi impieghi , ne' quali presto si co
nobbe il fervido suo impegno pel decoro della chiesa ed una
somma ed inviolabile rettitudine. Trascelto in Roma alla dire
zione de' più rispettabili monasterii delle sacre vergini , ne
promosse vigorosamente la regolare osservanza : prestò una
indefessa assistenza a ' moribondi nell' occasione specialmente
di amministrar loro , giusta l'ufficio a lui affidato , la cresima;
dimostrò una tenera infaticabile carità nel provvedere alle in
digenze spirituali e temporali del prossimo ; ristorò da fonda
menti e adornò di marmi finissimi la cappella dedicata alle
sante Ruffina e Seconda in san Giovanni Laterano , cedutagli
da quel capitolo nell'anno 1757 ; ed essendosi , nel cavarsi
le fondamenta , ritrovati li corpi delle dette sante titolari , li
collocò dentro di un'urna di marmo greco con intorno ad essa
altri sei corpi di santi martiri disposti in varii spartimenti
sotto del nuovo altare. Opera pure di monsignore Lercari
sono i due depositi in marmo , che veggonsi fuori della ba
laustrata , del cardinale Niccolò Maria e monsignor Niccolò .
Alla morte di monsignor Saporiti il senato della repub
blica consapevole dell' egregie doti che in Roma distingue
vano l'arcivescovo di Adrianopoli, domandò la di lui trasla
zione all'arcivescovado di Genova ; ed il papa Clemente XIII
esaudiva questa richiesta nel 1767 , e ne scriveva al capi
112
tolo metropolitano ne' seguenti termini : « Coeterum , tantam ,
a quam fecistis iacturam ( cioè del precedente arcivescovo
(
Saporiti ) sarcire voluit misericordissimus Deus, qui nobis
« dedit mentem , ut illi ( metropolitanae ecclesiae ) ven. fra
« trem Joannem Lercarium archiepiscopum Hadrianopolita
u num successorem destinaremus. Qua in re non modo no
« strum sed omnium commune sequuti sumus iudicium et
« voluntatem : eius enim virtutis splendor in hac Romanae
« Curiae luce nunc maxime omnium oculos in se convertit ,
a et hominem illum nobis propemodum commonstrare vide
« batur , quem digne praeficiendum nobilissimae ecclesiae ve
« strae sollicita cura et diligentia quaerebamus. Cogitantibus
« autem nobis de illius doctrina , . probitate , suavitate mo
« rum , caeteribusque virtutibus , quas in eius animum in
« didit tum natura , tum gratia , magna nobis spes est , fu
« turum illi gubernationis suae secundissimum cursum , vos
« que causam habituros , quamobrem Deo , qui talem vobis
» antistitem dedit , magnopere gratulemini. »
All' elogio e alle speranze che di monsignor Giovanni Ler
cari formava Clemente XIII , corrisposero sempre le sue virtù
pastorali. Arrivò in Genova mese di ottobre , e per evitare
sì le acclamazioni de' cittadini, che le controversie cerimoniali ,
il suo ingresso fu verso la sera nella qualità d'incognito e
senza accompagnamento. Il giorno appresso venne compli
mentato per la parte del governo da due senatori con un segre
tario della repubblica. Tollerò il trono del doge nel luogo di
gniore , perchè vedeva cosa inutile il riclamare , ed avrebbe
anzi indispettito gli animi. La prima commissione di riguardo
che dovè sostenere nel suo ufficio arcivescovile fu quella di e
seguire nel 1773 la bolla Dominus ac Redemptor noster di
Clemente XIV , il quale sopprimeva la compagnia de' Gesuiti.
In questa esecuzione diportossi con quella massima venera
zione , con cui ascoltar si deggiono gli oracoli del Vaticano
ed insieme con quella paterna benevolenza , che un vescova
113
particolarmente mostrar deve alle persone religiose , senza in
terpretar sinistramente i giudizi irrefragabili della santa sede
e senza amareggiare quegli individui che nel loro corpo erano
dalla bolla colpiti. Di questa soppressione trionfavano i nemici
dell'ordine ; e certamente non presagivano che , cambiate le
11 circostanze de'tempi , l'instituto sarebbe stato restituito a nuovo
splendore per la stessa autorità che allora umiliavalo : ed i buoni
fedeli piangevano sulle cause gravissime , che avevano mosso il
etit, retto ed illuminato pontefice ad un'amputazione sì clamorosa.
de Un altro gravissimo fastidio di monsignor Giovanni Lercari
TE fu quello di mantenere fra il clero regolare e secolare una buo
na intelligenza di opinioni ed un reciproco rispetto delle per
sone. E qui non può tacersi , senza mancare ad un articolo
importante di storia , che particolarmente negli ultimi tempi si
facevano sentire in Genova troppo calde certe opinioni di scuo
la , tanto intorno alla morale quanto alla speculativa , e certe
qualificazioni ingiuste le quali laceravano la necessaria unità
del sacerdozio , offendevano gravemente la carità religiosa , e
gli spiriti s' inasprivano con lo scandalo de' secolari. Si sa che
in materia di dottrina bisogna tenere nelle cose certe la unità ,
nelle non decise dalla chiesa nè riprovate dalla santa sede la
libertà , e la carità osservarsi in tutte. Da questa aurea regola
1,
di santo Agostino allontanandosi taluni sì del clero secolare
li che regolare osavano a' tempi del nostro arcivescovo qualifi
care or l'uno o l'altro sacerdote , or questa or quella comunità
religiosa col titolo ingiurioso di giansenista. E costoro vedeva
no formicolare il giansenismo da per tutto , e scrivendo la vita
di santo Antonio , e facendo un discorso di vestizione religiosa
guardo
alle monache , declamavano contra i giansenisti , ed andando
a die
in casa de' nobili e de'facoltosi , alla presenza delle dame , stre
ster di
Gesuit. pitavano in tuono di zelo e di magistero contro al giansenismo
renera. ora di un confessore , ora di qualche parroco , ed ora di un
claustrale ; e così screditando l'altrui ministero , presumevano
Vaticam
VESOTO di parlare per la salute delle anime e per l'attacamento alla
8
114
santa sede : tanto erano fanatici. Giunse il disordine a segno
che dalle loro dicerie imparò anche la plebe a deridere e disi
stimare i migliori operai del Signore , onde passando alcu
no di costoro per le strade, veste talare , in portamento com
posto : v'è , dicevasi , il giansenista che passa. Nè di ciò con
tenti i censori indiscreti importunavano monsignor arcivesco
vo , facendogli acerbe doglianze che nella città serpeggiavano
di soppiatto eretiche dottrine, e che nella diocesi ancora il tri
ste fermento andavasi insinuando ; esser però necessario ve
gliare su di questo e su di colui che giansenisti erano per cer
to , l'uno non meritar più la patente di confessore , doversi
rimuovere dalla cattedra quel maestro , nè conferirsi al tale
soggetto l'ecclesiastico beneficio ; che altrimenti operando ,
tutto il gregge restava presto infetto . Certamente vegliava
monsignor Lercari alla sana dottrina, e sapeva benissimo tro
varsi alcuni del suo clero , sebbene pochissimi, aderenti ai
Pistoiesi, ed erasi ben egli adoperato a ridurli alla verità e
alla debita obbedienza alla santa sede. Ma sapeva egualmente
che molti ottimi suoi sacerdoti erano incolpati ingiustamente
per ignoranza e più ancora per malizia , il che molto lo
amareggiava, e però rispondeva che, siccome sono rei co
loro che qualificano di qualche nota ingiuriosa la dottrina di
Molina intorno alla grazia , perchè la santa apostolica sede
a cui sola spetta pronunziare di essa il giudizio , non ne a
veva mai dato alcuno , così egualmente e più ancora sono
colpevoli coloro , che intaccapo di giansenismo le scuole di
san Tommaso e di santo Agostino ; che dare il vituperevole
titolo di giansenista a chi non seguita gli errori e le eresie
del libro del vescovo d'Ipri , era assolutamente cosa indegna,
peccaminosa , ed apertamente più volte condannata da’ som
mi pontefici, dal venerabile Innocenzo XI , da Innocenzo XII,
da Clemente XI e XII (1) . Giudiziosa era la risposta dell'ar
( 1) S.mus noster Innocentius XI an. 1679 die secunda martii « omnibus in virtute
1
115
civescovo , che in Genova specialmente meritava riguardo , per
essere quel clero in diritto e in possesso antichissimo di pre
ferire in materie teologiche la dottrina di santo Agostino ,
essendo stati ammaestrati i sacerdoti Genovesi direttamente
da san Prospero di Aquitania , il quale del santo dottore della
divina grazia è sempre stato riconosciuto il più intelligente
discepolo ed il più fedele interprete. Alla risposta del prela
to soggiungevano gli accusatori che rispettavano pur eglino
gl' insegnamenti di santo Agostino , ma che sotto il velo della
dottrina Agostiniana nascondevasi il blando veleno ; e persi
stendo tenaci nella propria prevenzione, nè trovando credulo
V arcivescovo a' loro susurri, perchè ben egli sapeva che que
+ sto appunto era stato il linguaggio degli accusatori malevoli
del Noris e del Berti, tacevano forse eglino ? No ; scriveva
no anzi artifiziose denunzie , e continuavano a strepitare ama
ramente contra la sana morale de' buoni operai e contra gli
insegnamenti ortodossi e contra i decreti pontificii, che proi
biscono ogni qualificazione ingiuriosa.
Tanto può lo spirito di partito ; se oggidì sian ancora in uso
queste censure , io nol dirò , perchè non devo oltrepassare i
giusti miei limiti.
Io vengo alla fine dell'arcivescovado e della vita di monsi
gnor Lercari , fine veramente glorioso e memorabile. Egli fu
testimonio della rovina di sua patria e della distruzione dell'an
tica repubblica. Mentre col suo capitolo trovavasi in proces
ed sanctae obedientiae praecepit , ut tam in libris imprimendis ac MS. , quam in
erole thesibus , disputationibus ac praedicationibus , caveant ab omni censura et nota,
erest nec non a quibuscumque conviciis contra eas propositiones , quae adhuc inter
catholicos hinc inde controvertuntur , donec a S. Sede re cognita super iisdem
degna propositionibus proferatur. » Innocentius XII decreto emanato die sezta febr. an.
1694 , « praecepit ne quis traducatur invidioso nomine Jansenismi , nisi prius
suspectum esse legitime constiterit , aliquam ex quinque propositionibus docuisse ,
deler aut tenuisse. » Clemens XI in constitut. quae incipit : Pastoralis , edita Romae an.
1918. Clemens XII in apostolicis litteris , quarum initium est : Apostolicae provi.
ml dentiae sub die secunda oct, an . 1723.
1
116
sione delle rogazioni minori, il giorno ventidue di maggio, del
1797 , scoppiò una terribile rivoluzione , che di nascosto an
dava da lungo tempo fermentando : a ' rivoluzionarii fortemen
te si oppose il minacciato governo , e fu da prima vittorioso ;
ma secondati dappoi da’ Francesi già padroni di quasi tutto
il Piemonte , e , soprattutto attizzati dal Generale Bonaparte ,
che teneva il suo quartiere militare in Milano , sbalzarono doge,
senatori , legislazione e repubblica ; e tutte le cose civili , mi
litari , politiche e religiose profondarono disordinatamente. Si
creò un governo detto provvisorio composto di cittadini del
moderno pensare , e nuovi magistrati si elessero , che confor
mavano tutti gli affari di Genova e della Liguria al sistema
Francese.
Io mi trovai in Genova nel bollore della rivoluzione , e
ritornava dagli studii del convitto de' Missionarii di Sarzana:
sbarcai al ponte reale a un'ora dopo il mezzodì, ed era il
giorno tredici o quattordici di luglio dell'anno suddetto , lan
guido dal viaggio e digiuno dal giorno antecedente. Entrando
in città per cercar albergo , trovai tutte le case e botteghe
chiuse , le vie deserte , ed inoltrandomi al suono e rumore
che sentiva , un soldato mi prese per la mano e mi pose ad
dentro una processione profana, che mi si disse diretta alla
piazza di Fontana - verde a piantare l' albero della libertà .
Assisa sopra di un carro trionfante io vidi una donzella ,
vestita a foggia della dea della guerra , che mi si diceva la
rappresentante della libertà , circondata da caldi democra
tici , preceduta e seguitata da immensa turba, meno che da
donne , poveri , ricchi , nobili , plebei , preti e frati in con
fusione : e tutti , mi si diceva , or siamo cittadini eguali.
Tutti cantavano ; ed io che per la debolezza non poteva
reggermi , insieme cogli altri cantava più per dolore , che
per voglia :
117
Un dolce amor di patria
Si pianti in questi lidi ;
Ognun s'allegri e gridi :
Viva la libertà :
Che cosa presagiva questa libertà ? Una totale sovversione
dell'ordine politico e religioso , il pervertimento della mo
rale , la dilapidazione de' beni ecclesiastici. Monsignor Gio
vanni Lercari volendo sostenere i giusti suoi diritti, fu cac
ciato in esilio a Novi ; molti suoi parrochi furono espulsi
dalla propria cura , molti conventi di frati soppressi , e più
monasteri di sacre vergini profanati ; e tutti i loro beni ap
plicati alla nazione , ossia per dire l'equivalente , usurpati
da uomini iniqui ed irreligiosi. A tanta desolazione volendo
opporsi alcune popolazioni della Liguria , presero le armi,
e fu in ciò famosa quella di Fontanabuona : se questa re
sistenza era lodevole nelle sue cagioni , diventava inutile ,
anzi fatale ne' suoi effetti. L'arcivescovo con una dolce e
robusta pastorale esortava que' popoli a deporre le armi e a
sottomettersi pacificamente al novello governo ; e questa let
tera pervenuta alle mani di Bonaparte in Milano , congra
tulavasene con monsignor Lercari , scrivendogli che così ap
punto dettavano ed operavano i Bossuet ed i Fénélon . L'ap
provazione del generale francese fece sì , che il prelato dopo
tre mesi di esilio venisse rimandato alla sua residenza in
Genova.
Un nuovo attentato si voleva commettere contra la sua
persona e la sua chiesa ; consecrare un vescovo coadiutore ,
o dirò meglio , un intruso . Giovanni Calleri ambiva di esserlo ;
i democratici lo avevano nominato , e già erasi eretto un
altare nella sala del palazzo nazionale per la funzione da e
seguirsi. A questo divisamento furono chiamati in Genova
tre vescovi , quello di Brugnato , quel di Savona , e mons
signor Benedetto Solaro di Noli . Credevasi certo il consenso
118
di costui e sicura la imposizione di sue mani ; ma furono
delusi. Rispose egli pertanto con lodevole intrepidezza non
potersi mai consecrare un vescovo , senza la volontaria ri
nuncia , o la canonica deposizione del vivente ; nel caso at
tuale mancare l'una e l'altra , non voler però violare la ec
clesiastica giurisdizione , nè giammai concorrere ad uno sci
sma : parlò risoluto , e fu ascoltato .
Monsignor Lercari da canto suo avrebbe rinunziato di buon
grado alla sua dignità ; il peso degli anni , e l'amarezza
delle afflizioni lo spingevano ; ma per non esporsi ad un
passo falso , consultossi col romano pontefice, nel 1798 ; e
Pio VI , espulso da Roma e trattenuto in Siena , gli rispon
deva confortandolo alla sofferenza , e a non abbandonare la
sua sede. Sull' esempio , e sulle instruzioni del capo della
chiesa conformandosi il buon arcivescovo , stette fermo a
tutti gli assalti de' suoi nemici, opponendovi orazione e pa
zienza. Una dolcissima consolazione egli provò , allorchè in
tese la elezione avvenuta in Venezia di Pio VII , e di li a
poco vide passare per Genova monsignor Spina , che da Va
lenza trasferiva a Roma le spoglie mortali di Pio VI. Ma
oramai monsignor Lercari era maturo pel cielo, e incontrava
la morte con la calma dell'uomo giusto , il giorno diciotto
del mese di marzo 1802. Solenni esequie si celebrarono in
Genova , ed in Taggia sua patria , ove il mio amico canonico
don Vincenzo Lotti appose alla tomba eleganti inscrizioni ,
degne di un prelato di sempre gloriosa ricordanza.
XXXI. L'ARCIVESCOVO CARDINALE GIUSEPPE SPINA ,
Questo personaggio era nato da nobili genitori in Sarzana
al ventidue di maggio dell'anno 1756 , e portatosi Roma
nell' età sua giovanile si applicò agli studii legali. Fu uditore
del maggiordomo , e quindi prelato domestico , e votante di
119
2009 segnatura . Nel 1796 , venne a Sarzana , ove da monsignor
Maggiolo suo vescovo ebbe gli ordini sacri , ed il sacerdozio
nella casa della missione. Mi rammento , essendomi io trovato
150 at presente cogli altri convittori alla di lui ordinazione , che
la et tutti rimasero grandemente edificati della vivissima sua pietà e
modestia . Negli sconvolgimenti funestissimi del 1798 recossi a
trovare la santa memoria di Pio VI in Toscana, è qui fu dal me
22.01 desimo aggiunto al suo picciolo seguito e creato vescovo di Co
221 rinto . Vedeva chiaramente monsignore qual orrenda tempesta
stava imminente sul capo della chiesa , ed egli intrepido volle
esporsi a partecipare con lui di tutte le sventure , a dar pur la
vita in ossequio della religione e della santa sede. Passò adunque
coll’esule pontefice in Francia , sempre immobile al suo fianco,
2 e nelle sue ore estreme gli amministrò i santi sacramenti. Dal
2 medesimo lasciato esecutore testamentario gli prestò in Valenza
i funebri onori. Ritornato poscia in Roma , fu da Pio VII di s .
ricordanza spedito a Parigi nell' agosto del 1800 coll' importan
tissima missione di trattare il famoso concordato con il governo
francese , già diretto da Bonaparte primo console . Sottoscrisse
a quest' atto unitamente agli altri plenipotenziarii pontificii nel
dì quindici luglio del 1801. Ritornando in Roma nel febbrajo
del 1802, ebbe il pietoso onore di accompagnarvi il cadavere di
Pio VỊ. Il viaggio in parte fu per la via di mare , ed una
onio furiosa tempesta imperversò , quando la felucca era in vici
cioni nanza di Monaco . E qui dovette sbarcare per salvarsi dal nau
fragio , o dirò meglio , perchè la divina provvidenza , sempre
ammirabile ne' suoi consigli , voleva che gli abitanti di quella
picciola città riparassero all'ingiuria già fatta a Pio VI vi
A. vente . Nel 1792-93 , in Monaco alcuni empi ed iniquissimi uo
mini avevano fatto una figura di paglia rappresentante quel
Sarzana papa : dopo averla portata girando per le contrade co' più
Roma brutali insulti , e con le più ingiuriose bestemmie , giunti in
ditore piazza diedero fuoco alla paglia , e la figura del papa fu ab
bruciata nell'esultazione degli scellerati. Sbarcando adunque
120
monsignor Spina in Monaco la funebre cassa di Pio VI, fu
portata in chiesa , ove solennissima messa si cantò dal clero ,
e dal popolo in suffragio dell'estinto pontefice. E cosi l'espia
zione del delitto era giusta : era quella la prima funzione so
lenne e religiosa , che Pio VI defunto riceveva in luogo d'I
talia , ove vivente aveva sofferto il maggior affronto . In Ge
nova il sacro cadavere fu portato nella chiesa di Santa Ma
ria di Castello : il padre Dania domenicano , e poi vescovo
di Albenga, domandò questa grazia , e monsignor Spina l’ac
cordò : vi si cantarono l'esequie solennissime , e tutto quel
giorno il clero genovese vi andava a celebrare il santo sagrifizio .
Illustre pertanto monsignor Spina per li varii officii usati
a questo pontefice , e per li servigi resi alla chiesa nel trat
tare il concordato di Francia , Pio VII nel concistoro del ven
titre di febbraio 1801 lo nominò cardinale riservato in petto,
e poi pubblicato del ventinove marzo 1802 col titolo di santa
Agnese fuori le mura. Nel dì ventiquattro di maggio dello
stesso anno fu traslatato dall'arcivescovato di Corinto a quello
di Genova. Trovossi in tempi difficilissimi , e nelle più dolo
rose circostanze dell'usurpazione che fece Napoleone di Ge
nova e della Liguria , nella prigionia di Pio VII in Savona ,
nella soppressione generale di tutti gli ordini monastici , nelle
calamità della chiesa e della diocesi ; ed in tutte queste lut
tuose vicende , se egli disse ed operò qualche cosa da dover
sene dappoi pentire , non tralasciò però mai di mostrare zelo
e fermezza per la difesa della chiesa , e per la liberazione del
sommo pontefice. Recatosi a Parigi nel 1811 , intervenne al
concilio nazionale , che l'imperatore Napoleone aveva convo
cato per far decidere sopra la canonica instituzione de’vescovi
dell'impero , senza l'intervento della santa sede. Trattando di
questa questione i prelati , proposero di mandare all'impera
tore una lettera o indirizzo , come dicevasi : se ne lesse il di
segno in pubblica adunanza il giorno ventisei di giugno , la
qual lettura finita , Gasparo Massimiliano Droste di Vischering
121
vescovo di Gerico , e suffraganeo di Munster , propose a'pa
dri d'inserire in quella carta « che il concilio reclamava la li- .
bertà del papa detenuto in Savona . » Inserirvi questa domanda
parve ad alcuni cosa importuna ; ma altri vescovi generosa
mente l'appoggiarono ; si eccitò quindi tra gli uni e gli altri
qualche rumore ; ma ritornata la calma , e proposta dal car
dinale Fesch la cosa al comune giudizio , la maggiorità de'
voti fu doversi differire ad altro tempo la domanda della li
berazione del pontefice. Il cardinale Spina però, veggendo che
altro di più non potevasi per allora conseguire, fece instanza
che « fosse inserito nel processo verbale che la proposizione
» era stata fatta , ma che l'esecuzione ne fosse differita sin
» ad un tempo favorevole : » ciò che appunto fu da tutti a
dottato . Accorto e savissimo espediente fu questo del cardi
nale ; imperocchè il processo verbale venendo poi a leggersi
dall' imperatore, necessariamente gli si dava ad intendere che
il voto de' padri prima di trattare altre questioni , era quello
della liberazione di Pio VII.
Sciolto il concilio come altrove diremo, fece ritorno il car
dinale arcivescovo a Genova , ove seguitò ad occuparsi inces
santemente di tutto il suo gregge. Vinto Napoleone dalle
truppe alleate , ed espulso dalla Francia , si proclamò nel 1814
la pace generale , ed allora ebbe Genova nel suo amatissimo
pastore un nuovo luminoso esempio di virtù .
Ricorrendo la festa dell'immacolata Concezione della santis
sima Vergine , pronunziò dalla sua cattedra nel duomo di san
Lorenzo una omelia , nella quale dichiara « essere trascorso sot
to il passato governo francese fuori i giusti limiti del proprio
dovere in molti incontri , e segnatamente nell' estensione di al
cune sue lettere pastorali, per aver in esse troppo efficacemente 1
inculcato alla patria gioventù di ubbidire a chi ( Napoleone
Bonaparte ) esigeva con inesorabile durezza tante odiose ed ini
que coscrizioni militari. Io non poteva , dice , che piangere e
sospirare amaramente innanzi all’ Altissimo sopra la strage
122
desolatrice che si faceva del fiore de' cari miei figli, strage non
solo di corpi , ma quello ch'è più delle anime , che sotto l'ir
religioso sistema di allora andavano presso che ad una mani
festa perdizione. Vedeva io l'oggetto al quale miravano tante
guerre sanguinosissime ; e questo motivo mi avrebbe dovuto
ritrarre dall' aderire alle quanto insidiose, altrettanto imperiose
domande di chi allora per gl' imperscrutabili giudizi di Dio te
neva sotto il giogo della più dura servitù il mondo intiero ; ma
l' amor mio per voi mi rappresentava per una parte l' inutilità
della mia opposizione , e per l'altra mi dipingeva all'agitata
immaginazione i tanti funestissimi mali , che ne sarebbero piom
bati sopra di voi : se ho dunque qualche volta trascorso in
qualche tratto di soverchia indulgenza , in verità posso dirvi
che non fu per alcun riguardo a me ; ma piuttosto per forza
di quell' amore che a voi mi lega , nè vi dico tali cose per
mendicare da voi approvazioni Ora però mi sono ben
convinto che avrei meglio provveduto all' edificazione de' fedeli,
se rimettendo alla divina provvidenza le conseguenze , atte
nuto mi fossi ad un costante sistema fortezza , di cui spe
rimentati aveva in molti altri incontri i più felici successi. »
Queste cose , ed altre bellissime diceva l' eminentissimo Spina
con viva effusione di cuore , e dicendole , contener non po
teva per la tenerezza le lagrime.
Nel settembre del 1816 rinunciò all' arcivescovado per andar
sene a Roma ; ed allora meglio si seppero le tante limosine
che dispensava segretamente alle sacre vergini espulse da' mo
nasteri e disperse in case private , alle famiglie indigenti , a
tanti bisognosi di ogni specie . Certo è che tra li proventi suoi
propri , quelli del benefizio , e quelli di limosiniere della prin
cipessa Paolina sorella di Bonaparte , aveva la rendita annua
di cinquanta e più mila lire ; ed i poveri e le chiese la consu
mavano quasi intieramente ; anzi per soccorrere a tutti , s' in
dusse a vendere porzione del suo stesso patrimonio . Ritornato
a Roma , sostenne uffizii della più alta importanza : fu legato
123
in Forlì e poscia in Bologna , ed in tempi difficilissimi man
tenne in queste provincie la quiete e il buon ordine con pari
moderazione ed energia. Nel concistoro del ventuno febbraro
1820 fu preconizzato vescovo di Palestrina , e nel 1824 fu no
minato prefetto della segnatura di giustizia . Esercito tante ca
riche con eguale zelo , prudenza ed accorgimento. Infermiccio
da molto tempo , nel giorno sei di novembre del 1828 , fu assa
lito da gagliarda febbre perniciosa gastrica, e la sera del giorno
tredici, munito di tutti i conforti di nostra santa religione , coi
sentimenti di cristiana rassegnazione rese lo spirito a Dio . La
sua morte fu compianta generalmente , ed il suo nome resta
per tutti li secoli avvenire gloriosamente segnato negli annali
della chiesa universale , e di quella di sua diocesi , in modo
speciale . Il suo testamento sarà una prova perenne delle libe
ralità che esercitò vivente . Al seminario arcivescovile di Genova
lasciò la numerosa e scelta sua biblioteca , al capitolo metropo
litano la così detta cassa della cappella , con tutti i vasi sacri,
pastorale ed altri pezzi di argento dorato , mille lire ai poveri
della parrocchia di s. Andrea di Borsone , ed insieme ad essa
chiesa molte suppellettili preziose , al santuario di Monte -al
legro di Rapallo la pianeta di tela di argento ricamata in oro ,
alla chiesa cattedrale di Palestrina , a quella di Sarzana , a
quella di Brugnato altri sacri arredi in tela d'argento e d'oro ,
e finalmente nella morte di suo nipote di casa Amati tutti i
suoi beni , che sommano ancora a circa dodici mila lire di ren
dita , saranno impiegati ad erigere in Sarzana sua patria un
conservatorio di sacre vergini per la pubblica educazione ed 4
instruzione delle fanciulle , ed instituire il pubblico insegna
mento de' fratelli delle scuole cristiane.
Dopo la rinuncia all'arcivescovado di Genova fatta dall'emi
nentissimo Spina fu eletto il padre Luigi Lambruschini della
congregazione de' chierici regolari di san Paolo , amico e con
fratello dei cardinali Gerdil e Fontana , come ognun sa , per
124
sonaggi chiarissimi ne' fasti della religione e delle scienze ; e
gli era nato in Sestri di Levante nel 1776.
Leone papa XII lo mandò alla legazione della corte di
Francia , ove trovossi da prima presso a Carlo X , indi al re
gnante Luigi Filippo. In tempo di sua legazione rinunciò all'
arcivescovado , che personalmente non poteva più governare ;
e Gregorio XVI sul fine della medesima lo decorava della sa
cra porpora , il giorno trenta settembre 1831 , ed indi lo desti
nava ad altissimi uffici , che cuopre oggi giorno in Roma con
quel merito , che a tutto il mondo è palese. Gli succedeva
nell'arcivescovado genovese , monsignor Giuseppe Airenti , ve
scovo di Savona , già dell'ordine de' predicatori , personaggio di
vastissima erudizione e di quella soavità di costumi, che il face
va da'savonesi e da' genovesi amatissimo. Neppur un anno potè
reggere la chiesa metropolitana ; perchè , colpito di accidente
apopletico , cessava di vivere nel giorno quattro di settembre
del 1831 , in Dolcedo sua patria. Sollecitò gli studii dei semi
naristi , e volle che ogni anno ne dessero prova con gli oppor
tuni esami : provvedimento utilissimo che si continua dal suo
1 successore. Fu questo monsignor Placido Maria Tadini , ve
scovo di Biella , nato in Moncalvo , diocesi di Casale , il giorno
undici ottobre 1759 , già dell'ordine della B. V. del Carmine
dell'antica osservanza , per li singolarissimi suoi meriti deco
rato della sacra porpora dal regnante sommo pontefice Gre
gorio XVI , il dì sei di aprile , l' anno 1835.
XXXII. MEMORIE DELL' ABATE BARTOLOMMEO MAGGIOLO.
Un avvenimento di genere affatto straordinario , che molti
di quelli che leggeranno questa storia riputeranno forse incre
dibile ed immaginario , ma che tuttavia è certissimo e fu già
manifesto a quanti volevano assicurarsene, e di cui anche og
gidì vivono testimoni non sospetti, i quali personalmente io
125
conosco , succedeva in Genova nel mese di agosto dell'anno
1778 , nella persona di un sacerdote del clero secolare , di
nobile e ragguardevole famiglia . Era costui l'abate Bartolom
meo Maggiolo , fratello del padre Vincenzo Domenicano , il
quale fu da prima vescovo di Sarzana sulla fine del secolo
scaduto , e poi sul principio del presente traslato all' episco
pato di Savona. Ora questo abate cominciò a parlare di un
linguaggio , di cui alle volte non se ne capiva nè l'espressione
nè il senso , ad operare certe stranezze che tutti ne stordi
vano . Si chiamarono più medici , e giudicarono che il suo
male altro non poteva essere che pazzia. Come pazzo adun
que, nell' indicato mese di agosto , venne condotto allo spedale
de' pazzarelli , ove restò sino al giorno diciassette di settembre
di quell'anno ; nel quale intervallo tutti i rimedii si usarono
soliti a sperimentarsi verso gl' infelici che hanno il cervello
stravolto. Ma presto disingannati i dottori delle scienze me
diche ebbero a confessare che le stranezze del sacerdote Mag
giolo erano di un genere affatto singolare e superiore , e pe
rò cessarono da ogni cura . Venne quindi il supposto pazzo
restituito a' suoi parenti , che possedendo un'amena villeggia
tura alla Chiapetta , là il condussero. Intanto , divolgatasi la
cosa , l'abate Maggiolo , il suo linguaggio e le sue operazioni
facevano l'oggetto quasi solo delle pubbliche dicerie , e chi
una e chi l' altra congettura , e chi una cagione e chi altra
ne assegnava. In questa diversità di opinioni si trovarono
dotti ecclesiastici , i quali, premesse le più diligenti osserva
zioni , furono di avviso che l'abate era invasato dal demonio .
Ed ecco le ragioni, sopra le quali fondavano il loro giudi
zio . Questo sacerdote certamente non era letterato , non poe
ta , non istrutto delle lingue: sapeva solo di teologia specu
lativa e morale quanto basta a' propri doveri, e nulla di più .
Nondimeno cominciò a verseggiare all'improvviso in lingua
italiana e molto più nella latina , e dettava estemporanea
mente composizioni che un'improvvisatore famoso non avreb
1
126
be mai fatto le simili , sopra di argomenti morali , politici e
tanto elevati che avevano del misterioso , così che il più acuto
ingegno era costretto a tacere ed ammirare. Mostrò anche
perizia della lingua ebrea , greca , germanica e francese , che
certamente non aveva mai imparato : obbediva a' precetti ta
citi : rilevava con le più minute circostanze cose segretissime
e distanti , ed affatto impenetrabili nel commercio della vita ,
e certe operazioni intraprendeva superiori alle umane forze ,
non possibili al più esperto giocoliere.
Da questi effetti si venne a conchiudere per cosa certissi
ma che l'abate non era affetto da verun morbo fisico , come
da principio erasi di lui sospettato , non illuso , non simula
tore , come altri con somma ingiuria blateravano di lui , ma
bensì un vero energumeno , in cui concorrevano tutti glin
dizi dal rituale romano espressi. Sopra queste sicurissime pro
ve monsignore arcivescovo Giovanni Lercari delegò alcuni sa
cerdoti che , fedelmente attenendosi alle forme dalla chiesa
prescritte, usassero sopra l'ossesso i sacri esorcismi. E real
mente mostrò l'abate di sentirne tutta la forza e di provarne
tutte quelle agitazioni di spirito , che in casi simili sogliono
avvenire. Interrogato lo spirito maligno come avesse osato di
prendere possesso del corpo di un cristiano e molto più di un
sacerdote , rispose : essere questa una pena che avevasi egli
meritato , per avere violato il voto di farsi frate cappuccino.
Per verità aveva l'abate nella sua adolescenza promesso a Dio
con voto di abbracciare quel rigido instituto ; ma , stante la
cagionevole sua salute , fatto ricorso alla santa sede , aveva
ottenuto la opportuna dispensa. Caduto ammalato , rinnovo
il medesimo voto ; ed allora fu che Iddio per li suoi inscru
tabili giudizii lo abbandonò al potere del demonio . Bisogna
d'altronde convenire che voleva Iddio servirsi della voce di
questo energumeno per far intendere a ' governatori della re
pubblica certe verità ed alcune ammonizioni che gli uomini
non avrebbero mai osato annunziare, per correggere alcu
127
ne famiglie patrizie che della loro grandezza ed opulenza 2
rano troppo fastose , per confondere la miscredenza di coloro
che sedotti più dalle passioni , che da pessime dottrine , ne
gavano l'esistenza degli spiriti infernali , per far conoscere a
tutti esservi una Provvidenza divina e suprema che , come ve
de il passato ', così sa l'avvenire, e la sorte de principi e la
caduta de' troni e le vicende de' regni deprime , cangia ed e
salta. E questi propriamente sono gli argomenti di sue poesie.
Continuandosi gli esorcismi , fu interrogato il demonio as
sediatore qual fosse il suo nome , e se altri seco lui trova
vansi. Asmodeo , rispose , io sono, e tengo con me altri spi
riti. E perchè , addimandò l'esorcista , resisti tu a ' precetti e
agli scongiuri di santa chiesa e non lasci sgombra questa crea
tura consecrata a Dio ? . Ubi vir imperat , soggiunse , sponsa
tacet ; e con ciò dir volle che dove è l'opposta assoluta vo
lontà di Dio , le orazioni della chiesa non sono esaudite.
Quando tu dunque , spirito maledetto , abbandonerai questo
Ossesso ? In illa die , quae noctem non habet : risposta e
nimmatica , che diede a studiare , senza potersene compren
dere il significato , se non dopo che la liberazione riuscì.
Stavano assistenti più testimoni agli esorcismi con timore
insieme e con cautela , nè facilmente si arrischiavano di scher
zare intorno , ben consapevoli che il demonio confondeva e
motteggiava apertamente i curiosi e i temerarii , e quelli par
ticolarmente che a lui si avvicinavano imbrattati di grave pec
cato . Avvenne che un frate , munito dall'arcivescovo dell'op
portuna facoltà , si presentò per esorcizzarlo ; l'ossesso guar
dandolo con riso sardonico : ah scopa senza manico , gli dis
se : il religioso pensò a se stesso e conobbe di essere stato
dileggiato , perchè mancavagli la permissione del suo provin
ciale : andò a chiederla e ritornò , fece gli esorcismi , nè più
venne proverbiato . Un altro religioso del medesimo ordine ,
il quale vive anche oggigiorno , e da venticinque anni a que
sta parte pienamente io conosco , approssimatosi all' energu
128
meno , sentì dirsi: va , frate , a legare le scarpette alle si
gnore ; perchè nel giorno medesimo o antecedente erasi abbas
sato a questo servigio verso di una sua cognata. Un certo Gre
gorio R. , che intorno alla religione aveva molti dubbii, e po
chissimo o nulla credeva che potessero darsi gli ossessi dal de
monio , venne dall'abate per farne prova sicura , senza dir a
veruno la sua intenzione. Prima di suo arrivo , rivolto a' cir
costanti il Maggiolo : eh viene , sclamò , il signor Gregorio R.
pieno di mille curiosità ; ma vir videns non vuole che veg
ga niente. E di fatto entrato in camera , l'energumeno am
mutolì ; e l'uomo curioso informato dagli astanti delle parole
antecedenti , se ne tornò via confuso , Vir videns, soggiunge
va l'ossesso , non vult evidentiam , sed credentiam . Tra gli
accorrenti vi fu pure un certo Bernardo : appena entrò ove a
bitava l'abate , sel vide venire incontro tutto allegro e come
volando ricevendone carezze , ed il seguente complimento : 0
Bernardino che sei il mio carino. Essere carezzato ed amato
da un energumeno , fu cosa che non piacque a Bernardo. An
dò a confessarsi, e ritornò : 0 Bernardino , sente a dirsi la
seconda volta , che sei ancora il mio carino. Pensa meglio a
se stesso , nuovamente presentasi al tribunale di penitenza a
discolparsi con sincerità e dolore . Viene la terza volta dall’in
demoniato , e lo vede bruscamente nell'ingresso voltargli il
dorso ; e Bernardo fu ben contento di non essere più caro
al diavolo .
Per queste e simili rivelazioni che confondevano chicchesiasi
senza accettazione di persone, erano circospetti gli esorcisti non
meno che i testimoni e gli accorrenti , temendo giustamente di
essere rinfacciati e derisi di qualche occulto delitto all' altrui
presenza. Pareva oramai che non potesse trovarsi alcun sacer
dote , li cui scongiuri avessero la virtù di liberare l'infelice ,
quando finalmente permise Iddio che fosse conosciuto quel
suo ministro , di cui in tanto emergente voleva servirsi per la
sua gloria. Disse pertanto un giorno l' indemoniato : io non
129
temo che un Becco : parole , siccome le altre, tanto ambigue.
che l'interpretazione giusta non si seppe così presto in
dovinare. Dopo molte conghietture vennesi a conchiudere
che il Becco temuto dall'abate Maggiolo , ossia dallo spirito
maligno che lo aveva invalso , altri non poteva essere che il
padre Becco , nativo di Savona , dell'ordine de' minori con
ventuali , del convento della Chiappetta , religioso di merito
sommo per la sacra dottrina e più ancora per le religiose virtù .
Monsignor Giovanni Lercari mandò pertanto a chiamare que
sto osservantissimo claustrale , intimandogli di esorcizzare in
solenne forma l'energumeno Maggiolo. Quando vide l'umile
religioso che le sue scuse per sottrarsi da questa commissione
non erano accette , chinò il capo all' obbedienza del prelato ,
e soltanto addimandò quaranta giorni di tempo a ben disporsi
a quel tremendo uffizio . Diffatti cominciò un rigoroso digiuno,
un raccoglimento perfetto , un esercizio presso che assiduo di
orazione , e così continuando per un'intiera quaresima , or
dinò in fine la esposizione del santissimo sagramento. Fremeva
l'ossesso in questo tempo , ben conoscendo che, munito l'ot
timo sacerdote di queste armi spirituali, lo avrebbe vinto e di
scacciato dal suo possesso , fremeva e dileggiava con dire :
venit custos caprarum . Si fecero adunque nella chiesa de'frati
conventuali del convento della Chiappetta gli esorcisini , nei
quali agitavasi con estrema violenza lo spirito infernale , e sa
rebbesi detto un leone inferocito , o una vipera irritata che or
si serra in cerchi , ora si schiude , e senza posa si divincola .
Le forze dell'abate vennero meno a tante smanje , e languente
e semimorto cadde sul pavimento , stralunando gli occhi , di
grignando i denti, e spumando salive. Pensarono taluni in ciò
che lo spirito fosse già uscito via ; ma l'esorcista ben esperto
de' diabolici inganni fu d ' altro avviso . Però continuando le
sacre preci e replicando in nome di Dio l'assoluta intimazione,
conseguì la piena vittoria nell' anno 1779 , il giorno ottavo di
9
130
settembre, dedicato alla natività della santissima Vergine, cioè
appunto in illa die , quae noctem non habet.
Liberato l'abate Bartolommeo Maggiolo dalla sofferta infe
stazione , continuò sino alla morte nel suo stato naturale , ap
plicato all' esercizio de' suoi doveri e nella illibatezza de' suoi
costumi. Essendo da molti interrogato delle poesie che aveva
dettato e delle spiegazioni opportune a ben capirle , rispondeva
di non ricordarsi per nulla nè di quanto aveva detto , nè di
quanto operato avea in tempo di quegli accessi. E che cosa po
teva sapere di quelle composizioni , che non egli , ma altra
mente in lui aveva inspirato ? Che poteva rispondere di poesia ,
se mai non aveva saputo verseggiare ? Si ebbe però l'avvertenza
di scrivere i suoi dettati nel momento stesso che andava im
provvisandoli ; anzi di più per l'intelligenza di alcuni disse
ne' suoi estri alcune chiose ; e queste noi riportiamo in nota
distinta , indicate con lettere alfabetiche, nel carattere del testo ,
onde non si possano confondere con le altre che si sono ag
giunte. Tuttavia rimangono anche oggidì assai oscure alcune
sue composizioni , però in gran parte dilucidate cogli av
Venimenti posteriori. Chi poteva mai presagire del 1778 il
senso di que' versi : libertas communis erit : nam agricola ,
pauper imperium totum ipse sibi subripiet , ed il significato
di quegli altri : Gallia genuensis, Genua galla gemet ? I can
giamenti politici successi in Genova dopo il 1797 aprirono gli
occhi anche a quelli che più pertinaci vedevano nell'abate Mag
giolo non un vero ossesso ma un fanatico illuso . Nell'espri
mere il nome di Dio e di Cristo Signore usò sempre una cir
cumlocuzione , onde non si udì mai pronunziare questi nomi
adorabili; diceva però l' equivalente : vir qui imperat , cui
praesto sunt omnia , vir videns , virginis propago , e simili .
Il senato della repubblica delegò espressamente un notaro , il
quale con esattezza andasse scrivendo tutto ciò che in tempo
dell' agitazione diabolica dettava il Maggiolo : ed egli stesso fu
quello che disse esser assoluta volontà di Dio che il governo
131
mandasse uno scrittore di pubblica fede a mettere in carta i
suoi versi . Diversi altri scrittori ne fecero copia ; ed io ne ho
veduto una quantità. Quì riportansi soltanto alcuni che riguar
dano ad argomenti politici , pubblici o morali, quanti bastano
per oggetto della storia , e si prescinde da certi particolari ,
che a me non convengono.
Poesie improvvisate dallabate Bartolommeo Maggiolo
nel giorno 16 dicembre 1778.
Dicevano non pochi che l'abate Maggiolo era un simulatore,
non energumeno : ora a costoro improvvisò la seguente elegia :
« Est adhuc insipiens , vestrum qui fingere dicit
Istum ? ergo ablatum nunc ego reddo decus.
Est omnino mihi a musis concessa facultas ,
Ut dilungare , ac abbreviare queam .
Omnia verba , omnesque modos variare facultas
Plena mihi est data ; quid lubet , est licitum :
Nulla etenim prosodiae sum lege coactus ;
A me ulli versus danda nec est ratio .
Sum vates , sum missus ego , sum spiritus , abbas
Sum quoque ; diversa haec , sunt modo mixta simul.
Fingere enim valeo mores , hominumque loquelam ;
En comedo , et plango , rido , biboque simul.
Sicut homo promptus sum respondere vocanti ,
Et loquor , et sileo , quando mihi hoc placitum est.
Si Tholomaei natum fortasse vocatis ,
Quid quaeris ? possum dicere ; quidve petis ? )
Dopo aleuni altri versi l'ossesso volge il suo parlare alla
città di Genova , e dice così :
« Audi , et ausculta , attente mea percipe verba
Infelix urbs , quae tota cremanda manes.
132
Ad vos , o ' electi (A ) , genuit quos Janua , cives ,
Nunc ego sermonem dirigo praecipue.
Percussit fulmen tectum , fecitque foramen
Et fecit cinerem , quod fuit ante decus (B) .
Spiritus aetherei mihi nunc subduntur et ipsi :
Vastator vestras destruet ignis opes.
Contra hominis conari ictum nolite potentis (1 ) ;
Omne quod est in plano , fluminis unda rapit.
Ille monet clemens vos nunc , mediantibus illis ( c ) ,
A vobis spretam conspicit esse suam ( D ).
Uxorem : illius zelat , zelabit honorem .
Continuo verax ipse vir eius erit.
Illicitum est vobis illam contemnere , natos
Vos ablactavit , pascua amoena dedit. semua orang pertanyaan
Ille vir omnipotens , cui subsunt omnia , clemens
Vos monet, ut cesset vestra superfluitas ( E ). version
Ad vos nunc electi isthaec mea dirigo verba ;
Multitudo petet , quid sibi pertineat (2).
Libertas communis erit : nam agricola , pauper
Imperium totum ipse sibi subripiet
... ?
Nobilitas , populus , diversa haec nomina , posthac
Confusa omnino ; solus erit populus. de las plante
( A ) Electi , idest , optimates reipub.
( B) Et fecit cinerem , quod fuit ante etc. , idest , cremavit
picturas ; ( queste pitture erano opera del Carloni , le quali
rappresentavano le più insigni imprese de' Genovesi ).
(c) Mediantibus illis , idest , spiritibus.
(D) A vobis spretam conspicit esse suam , idest , ecclesiam .
( E ) Superfluitas, idest , superabundantia potestatis arrogatae .
(1) Cioè di Cristo onnipotente , detto nel vangelo Figliuolo dell' uomo.
(2) In questi versi scorgesi chiaramente predelta e descritta la libertà demo
cratica , che scoppiò in Genova nel 1997 .
133
Qui non recte utitur , bene stat , spolietur honore ,
Et donetur ei , qui bene usurus erit.
Nunc ego conspicio quaedam praeludia belli :
Qui loquitur vobis , arma parata videt.
Regimen est vobis concessum : regimen , inquam ,
Quod tenet intra aedem ; qui regit ille domum ( F ).
Non estis domini , non reges , sive potestas :
Dumtaxat vobis est patris officium .
Nunc cecinit vates , varia et modulamina fecit (G ) :
Credite , si vultis , si lubet haud date mihi ,
Verbis atque meis assensum : credere dicam
Nunquam debetis : spiritus ipse vocat
Marte suo , et monet ad trutinam revocare , quod ipse
Vobis praedicit , quaequae futura videt.
Nunc ergo cessat , limen debetque redire
Quod proprium est, versus deficientque sui.
Non ego sponte egi, sed dura lege coactus
Dura lege , inquam , viribus , imperio .
Namque viri illius, cuius mens limite nullo
Circumscripta jacet , vis vocat , atque abjicit.
Ergo redire opus est : ad pristina abibo , dolensque >
Et gaudens ; doleo , et gaudeo ; causa mihi.est
Nota , etiam et vobis : versus manifesto canendo :
Causa est laetitiae , causa doloris erit.
Si moror usque nihil sum lucraturus ab isto ( 8 )
Maxima sed reliqui lucra dedere mihi (1).
( F) Quod tenet intra aedem , qui regit ille domum , idest
paterfamilias.
( ) Nunc cecinit vates, varia et modulamina fecit : idest alia
quae dictavit versu italico .
( A) Nihil sum lucraturus ab illo , idest , Bartholomaeo .
(1) Maxima sed reliqui lucra dedere mihi , idest , qui male
sentiunt de Bartholomaeo.
134
Nunc deserta peto loca , nunc obscura per antra
Curro , et si forsan cras rediturus ero .
Pronunziati questi versi, tacque l'abate Maggiolo e parve
svanire la sua agitazione , nè poterono i circostanti indurlo a
parlare. Nel giorno 17 dell'indicato mese di dicembre ricom
parve agitato nuovamente dallo spirito , e ripigliò come segue:
Dixi heri, redeo : redeo nunc dico : libenter 2
Sum progressurus: nunc redit imperio ( K )
Nunc praestans insigne datum clare explico vobis ( 1 )
Quod vos distinguit, quod dedit omne decus.
Griphones scribis : sumpsistis fraude coronam :
Est data libertas sola satellitibus ( 2 ).
Signum unus medium populus portabit. et onus,
Et solum solvet plebs data pedagia ?
Libertas communis erit , communis et omnis
Lex ; subjectus ei est agnus , eritque lupus (L)
Iustitia hoc poscit , poscit placitumque perenne (M)
Hoc poscit Radians (3) , Angelus , omnis homo.
Vir , qui ex progenie miserae est viraginis ortus,
Ipse solus rex ; quod lubet, ipse potest.
( K ) Nunc redit imperio ; scilicet Omnipotentis.
(1) Agnus, eritque lupus ; scilicet, agnus, plebs; lupus, eleeti.
( M ) Placitumque perenne , idest , lex ( queste chiose latine
furono dettate dall'energumeno ).
De
( 1) Allude allo stemma della Repubblica , ch'era una Croce ' rossa in campo
d'argento con due grifoni raspanti alle parti, La corona ed i grifoni furono ag
giunti allo stemma nel secolo XVII , quando dal governo furono esclusi i popolari .
(2) Gli sbirri in tempo della Repub. erano audaci , insolenti , impuniti , come
già i soldati pretoriani al tempo del romano impero.si este Dona
( 3 ) Luminoso o sfolgoreggiante di luce inaccessibile non è che Dio.it
135
Excipiat versus omnes Babylonia vestra :
Hoc jubet , hoc poscit , cui omnia praesto parent.
Regalista monet reges ; monet atque papista :
Regalista ultro , vique papista facit.
Qui uxorem ( 1 ) spernit caram , spernitque maritum ,
Iste amat uxorem ? diligit iste virum ?
« Uxor contempta est ? et vos contemnet : amica
Ipsa est nunc vobis ? forsitan hostis erit.
Vastator vestram communem percutit aedem ( 2 ) :
Unam percussit ? percutiet reliquas.
Vos estis cives ; urbs est commissa regenda :
Urbem dirigite : et vos regat illa (N) ; potest.
Illa est immediata , et vos estis mediati :
Tellurem coelum dirigit : orbis ita est.
A coelo pendet tellus : tellure nequaquam
Coelum pendet : ita est : vult vir , ita statuit.
Inspectoris erat sedes in fronte locata (3) :
Frons victa a tergo est ; terga dedit mulier.
Dicta viri mulier vobis quid posse coacta (4)
Concessit ? totum non dedit ; ille fur est .
1
(N) Vos regat illa ecclesia .
( 1) Chi disprezza la chiesa , disprezza pure Cristo Signore.
(2) Il palazzo ducale percosso e in parte incendiato dal fulmine.
(3) Episcopus : vocabolo greco è lo stesso che speculator ; onde l'ossesso dice
quì: inspectoris erat sedes in fronte locata : frons victa a tergo est , terga dedit mu
lier : allude quì al baldacchino del doge che monsignore Saporiti arcivescovo di
Genova fece togliere dalla parte digniore del duomo , e quindi se ne fuggì
Massa di Carrara , temendo lo sdegno del governo che volle elevare il trono du
cale sopra la catledra arcivescovile.
(4) Quid posse coacta concessit : aliquantulam iurisdictionem concessit.
136
Qui prius inquirit , vult ipse inquirere solus (1 ) ;
Intrusa ergo sinat vestra superfluitas. ( 2) »
Ad summum ( Pontificem ) .
« Te dicunt homines summum ; quoque dicere cogit
Me hoc vir cuncta poténs : nunc iubet , et pareo .
Grande tibi nomen , tua magna potentia constat :
Maxima conveniunt magno ; erit et par opus.
Absque ullo medio tibi vis dedit omne , tibique
Quod dare non potuit , providus ipse tenet.
Summum posse tibi est : cognoscent posse potentes :
Aurea tunc aetas : tempus et adveniet.
Non hoc mens agitata parit , non pectus amicum :
Hoc hostis dicit : vir iubet asserere hoc.
Te , magis at tua 'multi homines venerantur iniqui ;
Hi tua quaerunt , non te : scio (0) , dico ; vir est .
Quod retines proprium , non hoc donare libenter
Debes : posce tuum : vir tibi ( P ) , non alius.
Non dominus tu es ( Q ) , solum oeconomus ; ergo
Poscenda ratio a te ; dabis ergo mihi (3) .
Nil valet adversus te rex , dux , nulla potestas ;
Tu solus potis es": vir tibi regna dedit.
(0) Scio quod dico ; vir est, nempe Christus est , qui loquitur.
(P) Christus tibi dedit , non alius.
(b) Non dominus tu es , dicit , solum oeconomus.
beb * z 1920.
( 1) Vult inquirere per suos ministros.
(a) Cioè secondo le parole del canone : superflui , ed ancora superfluitas intrusa
equivale al dire : usurpazione arrogante ed ingiusta.
(3) Allorchè Napoleone esigeva da Pio VII la rinuncia formale del dominio tem
porale , ripeteva il papa che il romano pontefice erane soltanto amministratore
ed economo.
1
" 137
Nunc tu es totius mundi moderator : operta
Sunt revelanda tibi : tu regis , atque doces.
Regibus imperium cunctis dedit ille pavendus ,
Plebe volente , tibi non dedit ista ; vir hoc ( R )
Ne timeas (s) : noli expavescere reges :
Me paveant reges : sic volo , sic iubeo.
Ad me illud spectat : stat pro ratione voluntas :
Subiectiva mea est ; terminus ipsa sibi est. »
Qui finisce ed è intiera affatto .
Carmen alphabeticum .
Nil insulsa iuvat problemata scribere vobis :
Scribite : scribetis ; deficiet calamus.
Vertitur in tenebras omnis sapientia vestra ,
Cum scrutari audet , quod latitare decet.
En problemata dat ( 1 ) cui sunt problemata cuncta :
Nota : haec est facile solvere ; sunt rudia
A Taceo , quoniam nunc Asmodaeus ( 2) apertus
B Pro Tolomaei pignore (3) B sileo
с Caeruleus ( 4) cantat : cantavit carmina cantor ;
Cantabit coniux Castalius comicus.
Conventum captum conabor copta coactus :
Conspicio coptum congero congeriem
( R ) Vir , Christus hoc dedit.
(s) Ne timeas , dicit : noli etc.
( 1) Problemi dati da Dio .
(2) Asmodeo nome proprio di un demonio a cui era data da Dio la facoltà di
invadere il Maggiolo è parlare per lui.
(3) Tolomaei pignore cioè Tolomaei filio : allude al nome dell' ossesso Bar - To
loineo : Bar in ebraico Filius in latino.
+ (4) Caeruleus turehino : la coccarda del Piemonte di color turchino , e quindi
il re Caeruleus.
138
Propter vos caecos quatuor C carmina feci :
Qui non est caecus C cecinit C cadat
D Dixit dominus D ad me pertinet omne ,
Deque dedi vobis , pars data tota ? Nihil.
E Qui est, dixit mihi : praecipio tibi , tangere noli E
Quod tibi donavi , quod tibi detinui .
F Flos fueram factus ( 1 ) : florem fortuna fefellit :
Florentem florem florida Flora fleat. pa ne idur
Qui cecinit dictos versus est dicta furatus ?
غداری از1
Non hoc fecit , non indiget auxilio .
G Genua Genuenses generavit, gloria gentis :
Gallia Genuensis ( 2) , Genua Galla gemet.
Genuensis Gallos generat , gallina gemitque isto TV
Genuensis , Gallus gemitque globus. ; idin .
Propter G feci versus G : Geque (3) recessituationen
Vertitur ( 4 ) in q . Ge . locum et accipiet 73 12993 ;
I Insipiens iste insipientibus inquit inquiens termes
Insipiens , instans inspicit inscitiam .Per
Florida Flora fleat.
(1) Flos fueram factus florem fortuna fefellit : florentem florem florida
Questi due versi trovansi scritti in Taggia sin dall' anno 1759 in un libro della
confraternita della Morte , per la mano del priore Giuseppe Fiormaggio , o come
scrivevano gli antichi , Fior - di · maggio , il quale aprì il nuovo libro de' con
fratelli in detto anno 1759 , alludendo al suo stemma , che è un braccio che
stringe in mano un mazzolino di fiori, essendo maggio il mese de' fiori. Dice qui
dunque il demonio : ho io forse rubato questi versi che trovansi nel libro scritto
del 1759 ? Qui cecinit dictos versus est dicta furatus ? non già , perchè chi li pro
nunziò , non abbisogna dell'altrui aiuto : non hoc fecit : non indiget auxilio.
(2) Gallia Genuensis, Genua Galla gemet. Chi poteva mai prevedere del 1778 che
la repubblica di Genova sarebbe stata ingoiata dall' impero francese ; cbe Genova
e l' Europa in gran parte divenute francesi avrebbero pianto di dolore e di de.
solazione ? Non altri che Dio poteva così chiaramente rivelare l' avvenire.
(3) Geque recessit , equivale al dire : Genua recessit. Genova ha finito di essere
sovrana .
(4) Vertitur in q. Ge ; ossia Genua vertitur in quondam ; ossia dirassi : la già ,
la fu repubblica di Genova.
139
L Lux legem lugeat , libertatemque ligatam (1 ) :
Lusuris legem lucida lux lateat .
M Maxima mala magnis : maior maiora minatur :
Mercator mactet maxima magnanimus :
N. Nostraque nostrates nobiscum nota notabunt :
Nos nostrum nobis noscere nota nutet.
0 Dicitur O zerum ; zerum , zeroque reliqui ;
Zerum non loquitur ; pertinet O reliquis.
P Par patriae Patribus poscit , pergitque petendo
Porciferae patrem (2) , pascua prata pavent
( Q. silet poeta quoniam superius iam expressit )
R Rex rabies , rector , reputor , recte rubicundus
Rex rabiem retinet , rex rapta regna reget (3) .
S Sum sine spe solis , sum sol , sapientia , signum :
Signati signent signa , sonata sonant.
T Tenui tetigi tactu , tangenda tenebo
Quanta tibi tenui : Thau tetigisse tenet .
V Vos vultum vidistis ? Vidit vidua vestra :
Vir videat , vincat viduitas : video .
Nil Itaca significat : nil dicendum ergo minatur.
X Ic se postrema mihi littera , ego sileo.
'Z Zita zitam zerat zerum zittamque zilabit
Zerum zilatum zita zilat zileat
Vir videns voluit : vota volunt viri .
Haec prolata enigmata
Sint vobis tamquam stigmata.
(1) Libertatemque ligatam : sullo stemma della repubblica stava già scritto : Li
bertas.
( 2) Porciferae patrem : il padre di Polcevera , o si voglia intendere il doge , o
quell'abate che di uso antichissimo solevasi eleggere annualmente dagli abitanti
di Polçevera.
(3) Rex rabies , rector , rapta regna reget ?. Sarebbe per arventura Napoleone ,
quasi sempre di maligno amore , nativo di Ajaccio , il cui stemma era una vacca
rossa , recte rubicundus. A chi meglio di lui conviene quel rapta regna reget ? lo
dero al canonico V. Lotti queste annotazioni.
140
Alcun non porta far decisione
Che non vi sia l' obiezione.
Caro signor secolo illuminato
Non avete ancor bene studiato.
Vi lascio con questo bel saluto ,
Perchè fra poco diventerò muto .
A chi mi chiama e mi dice finto
Ecco che del tutto mi do per vinto .
CAPITOLO VI.
Episcopato della Liguria XXXIII vescovi di Ventimiglia.
XXXIV . Vescovi di Albenga : san Verano . XXXV . San
Benedetto Revello . XXXVI. Suoi successori. XXXVII .
Monsignor Angelo Vincenzo Dania. XXXVIII. Monsi
gnore Carmine Cordiviola . XXXIX. Vescovi di Noli.
XL. Monsignor Benedetto Solaro . XLI. Vescovi di Savo
na : il beato Ottaviano . XLII. Continuazione de' vescovi
di Savona . XLIII . Vescovi di Brugnato. XLIV . Ve
scovi di Luni - Sarzana .
XXXIII. VESCOVI DI VENTIMIGLIA .
Abbondano le civili e politiche notizie della città di Venti
miglia , siccome abbiamo già osservato nel capitolo primo di
questa storia . Colonia romana è detta da Tacito ; città antichis
sima col nome.d'Intemelium da Strabone e da Plinio ; e Cice
rone nelle sue lettere scrive di alcuni particolari avvenimenti
ivi seguiti. Scarseggiano invece le memorie ecclesiastiche, in
forma tale che non si sa il tempo , in cui la cristiana religione
siavi stata annunziata , e de'primi vescovi intemeliensi non tro
141
vasi veruna menzione , dice Ughelli: de illis priscis episcopis
nulla reperitur mentio ; oscurità per altro comune a moltissi
me altre chiese antichissime. Un moderno autore ha scritto
che un vescovo di Ventimiglia di nome Lattanzio intervenne
al concilio Calcedonese , numeroso di seicento trenta vescovi ,
radunato da s. Leone magno circa l'anno 451. Per assicurarmi
della verità di questa asserzione , ho letto presso il Labbeo e
l' Arduini il nome di tutti i padri di quel sinodo, ma io non
ho saputo trovarvi quello di Lattanzio . Onde , finattantochè un
altro abbia la vista migliore della mia , e possa leggere ciò che
io non potei vedere, dirò con Ughelli che Giovanni , il quale
l' anno 680 sotto il papa s. Agatone intervenne al sesto conci
lio generale , è il primo vescovo di Ventimiglia , di cui sicura
memoria sia a noi pervenuta . Certa pur è la notizia di un altro
vescovo di questa diocesi, che nel 700 consacrò la picciola
chiesa di san Lazzaro in Tenda : questo picciol tempio io vidi
l'anno scorso , ma senza tetto , in compagnia del parroco e ca
nonico Mollineri, da molti anni mio buon amico.
Mildo si sottoscrisse in un istromento di Attone vescovo di
Vercelli nel 950. Un vescovo di Ventimiglia , legato apostolico
nel Piemonte , consacrò alcuni altari nella chiesa monastica di
Novalesa l'anno 990. In questa sua legazione ebbe in dono il
capo del martire san Secondo , e lo riportò alla sua chiesa cat
tedrale , ove d'allora in poi si è venerato solennemente. Il cor
po del santo martire , nel principio del medesimo secolo , era
stato trasferito alla cattedrale di Torino , come nel capitolo pri
mo si è già dimostrato . Il vescovo Stefano sottoscrisse al ter
zo concilio Lateranense nel 1179 , e dopo di lui trovasi senza
lacune la serie de' suoi successori; ma noi qui accenneremo
quelli soltanto , che furono assai rinomati, anche fuori della
propria sede .
Non per la virtù , ma per li demeriti fu troppo famoso il ve
scovo di Ventimiglia Niccolò , eletto secondo la consuetudine
antica dal capitolo cattedrale nel 1234 , già canonico di santa
142
Klaria delle Vigne in Genova, e confermato da Gregorio IX.
Accusato presso la sede apostolica di essersi con simonia in
truso nel vescovato , di permettere con denari l'impunità di
qualsivoglia delitto ; contra le disposizioni de' sacri canoni di
lasciar contrarre matrimonii illegittimi e disciorre i legittima
mente contratti; di aggravare gli ecclesiastici d'indebite estor
sioni , esigendo da’ medesimi le usure ; di ammettere a' sagri
ordini persone irregolari; senza l'autorità della santa sede di
assolvere dalle censure ad essa riservate ; di proferire proposi
zioni ereticali; sopra tante accuse papa Gregorio aveva dele
gato il vescovo di Sabina e l'abate di Tiglieto ad assumere
giuste e sicure informazioni. Dopo un anno e mezzo, il vescovo
Nicolò non essendosi discolpato , anzi fattosi reo di maggiori
delitti, il papa commise al vescovo di Nizza di sospenderlo da
ogni ufficio pastorale , ed intimargli che fra tre mesi si pre
sentasse alla santa sede. Innocenzo IV con sue lettere date in
Laterano , il giorno diciotto di marzo 1245 , sostituì al ve
scovo Nicolò un frate dell'ordine de' predicatori , nativo di
Castelquarto nel Piacentino.
Ottone , figliuolo di Guglielmo Pietro de' conti di Ventimi
glia e di Eudossia Lascaris sua consorte , nominato dal capi
tolo di Ventimiglia nel 1304 , instituito da Benedetto XI , fu
l' ultimo de' vescovi" eletti da' canonici della cattedrale ; i suoi
successori vennero immediatamente promossi da ' romani pon
tefici (1 ).
(1) Ottone e Corrado fratelli sono i primi conti di Ventimiglia , di cui si hanno
certe notizie, all'anno 1041 , Discendente da questi conti fu quel Guglielmo Pietro,
che andato a Costantinopoli su le galere di Genova a recar soccorso à quella
corte , be a sposa nel 1261 Eudossia , da alcuni detta Irene , figlia di Teo .
doro Lascaris II , imperatore de' Greci. Da questo matrimonio i conti di Venti
miglia assunsero il cognome di Lascaris , famiglia nobilissima e diramnata in di
versi tempi nella Francia , nella Spagna e nella Sicilia . L'unico superstite , che
rive oggidì di questa si antica ed illustre prosapia , è il marchese Agostino La
scaris , presidente della reale Accademia delle scienze di Torino : ed in questo
personaggio la linca maschile si estingue.
143
Giacomo Feo , nativo di Savona, fu un prelato di sommo
merito sì per la molta sua dottrina , che per le commissioni
apostoliche , alle quali fu delegato da papa Pio II. Nelle let
tere di questo pontefice trovasene una diretta al vescovo di
Ventimiglia , che era appunto il Giacomo Feo , il quale fiori
va nel 1460. Mandato dal papa a Perugia a riscuotere le im
posizioni ecclesiastiche, ordinate per le spese della guerra
contra i Turchi, non solamente in Perugia , ma in tutta la
Romagna dovette percorrere , usando prudenza per non ren
dersi odioso ed energia per non mancare all'ufficio imposto
gli. Nel suo testamento del 1467 legò la sua biblioteca alla
basilica di san Paolo in Roma.
Battista Giudici nativo di Finale , meritossi con le sue virtù
e con la sua scienza il vescovato di Ventimiglia , a cui fu pro
mosso da Paolo II nel 1469. Nella sua adolescenza aveva ab
bracciato l'ordine de' frati predicatori , nel quale praticava e
sattamente tutte le religiose osservanze ; ed il tempo che gli ri
maneva libero dalle medesime , occupava studiosamente allo
acquisto delle umane e divine lettere : così appunto scrisse egli
di se stesso : me siquidem iam diu institui : ut quidquid su
perest temporis a religionis exercitiis , quibus me ab ineunte
adolescentia dedicavi , id in sacrae scripturae rimandis
quaestionibus , et gravioribus studiis libenter impertiar. Pel
savissimo uso del tempo , di cui sapeva egli sì bene profittare,
potè scrivere anche da vescovo più opere lodatissime , i com
mentari sopra i quattro evangelisti , un dialogo sopra la narra
zione evangelica de’due discepoli che andavano in Emmaus, un
commentario sopra i quattro libri delle sentenze , ed un bel
lissimo trialogo de contemptu mundi, di cui trovasi presso di
me un esemplare di antica edizione : Venetiis per Joannem
Emericum de Spira , anno incarnationis MCCCCXCV sesto
kal. maii in carattere semigotico , e da cui ho cavato l'addotto
testo . Sisto IV il traslatò all' arcivescovado di Amalfi , e final
mente a quello di Patrasso nel 1484. Mancò di vita in Roma ,
144
ed ebbe sepoltura presso i suoi religiosi alla Minerva . Il cardi
nale della Roverc , ( poi Giulio II ) pose all' amico prelato Giu
dici il seguente epitafio , riferito dall'Oldoini, e dallo Spotorno.
Baptistae de Judicibus
humanae
divinaequae doctrinae professori
pontifici Intemeliensi
post Patracensi
qui vixit an. Ly .
Julianus Card . S. Petri ad vincula
familiari optimo B. M.
Antoniotto Pallavicino nato in Genova , l'anno 1441 , chiaro
per la nobiltà della famiglia , e più assai per le virtuosissime
sue doti, delle quali apparve ornato sin da fanciullo , maximus
virtutibus quas ab infantia coluerat , ebbe il vescovato di
Ventimiglia da Sisto IV , da cui era amatissimo. Non meno
caro fu ad Innocenzo VIII , che volendolo ritenere presso di se,
lo decorò della sacra porpora. Di questa dignità altissima mo
stravasi degno il Pallavicino per la grazia del parlare , per la
amabilità del carattere , e per la profonda dottrina. Queste e
gregie sue qualità lo fecero similmente accetto ad Alessandro
VI , che si valse di lui in rilevanti ufficii , a Giulio II, il quale
lo promosse al vescovato di Palestrina , e mandollo legato ad
una difficilissima conferenza di Luigi XII , e di Ferdinando
re di Spagna in Savona , ove questi due principi convennero di
far guerra a' Veneziani e dividersi il regno di Napoli. In Roma
cessò di vivere il cardinale Pallavicino , e fu seppellito in san
Pietro in Vaticano ; ma per le ristorazioni della basilica venne
indi trasferito in santa Maria del popolo ove giace nella cappella
Ghigi con onorevole epitafio. Filippo del Mare ," genovese , e
letto vescovo di Ventimiglia , nel 1519, resse questa chiesa per
145
lo spazio di trentacinque anni , lasciando certe memorie di sua
dottrina e di sue pastorali virtù , commendato dall' Oldoini .
Carlo Visconti milanese, già, senatore illustre di súa patria ,
fu mandato oratore a Filippo II , a cui Milano era soggetta . A
vendo abbracciato lo stato ecclesiastico , Pio IV lo fece proto
notario apostolico , ed indi lo promosse al vescovado di Ven
timiglia nel 1561. Intervenne al concilio di Trento , ove fece
conoscere la molta sua dottrina e la rara sua prudenza. Da’
cardinali legati presidenti del concilio fu mandato a Roma a
trattare con Pio IV di questioni ragguardevolissime apparte
nenti al sinodo > e nella sessione vigesima seconda recitò una
applaudita orazione. Le sue virtù gli meritarono lo splendore
della porpora nel 1565 ; e la morte , che lo rapì pochi mesi
dopo, diede una nuova prova della fugacità delle umane gran
dezze. Fu seppellito non in santa Maria del popolo , come dice
Ughelli , ma nella chiesa del suo titolo de' santi Vito e Mo
desto con onorevole epitafio .
Monsignor Gerolamo Curlo di Taggia fu in prima auditore
di monsignor Costa nunzio in Torino , alla morte del quale vi
restò in qualità effettiva d'internunzio, l'anno 1613, con aggra
dimento universale di questa corte . Successivamente , cioè nel
1614 , venne da Paolo V creato vescovo di Ventimiglia, e poco
dopo visitatore e commissario apostolico in tutto il regno di
Corsica , per unanime consenso della repubblica di Genova e
del suddetto pontefice. Erano insorti in quell'isola forti tumulti
popolari contra i vescovi del regno per lo più Genovesi , e
contra i governatori e giusdicenti , che vi mandava la repub
blica , e riuscì al Curlo colle dolci sue maniere di sedare i tu
multi , e di ridurre i ribelli all'ubbidienza. Mentre stava aspet
tando da Roma e dalla repubblica gli ordini pel suo ritorno ,
occupavasi con diligente , e giudiziosa sollecitudine della rifor
ma del clero' e del popolo ; già aveva ricevuto dal cardinale
nipote lettera di sua prossima promozione, quando assalito da
dolori di viscere , e non senza sospetto di veleno , se ne morì in
10
146
Bastia , il giorno tredici di novembre del 1616. I di lui precordi,
secondo ciò che aveva ordinato , furono deposti nella chiesa de?
Gesuiti , ed il di lui cadavere trasportato a Taggia sua patria per
ordine del magnifico Giovanni suo fratello ; fu seppellito in un
marmoreo monumento nella chiesa de'padri Domenicani , con
busto in marmo , e con la seguente inscrizione, che ancora sus
siste.
Hieronymo Curlo Baptistae filio legum doctrina clarissimo
rerum gerundarum peritissimo et morum suavitate omnibus
charissimo qui ex Tabiensi Ecclesiae Praeposito Nuncii
Apostolici apud G. E. Sabaudiae ducem auditor factus
per octo annorum spatium tale doctrinae et prudentiae
in eo munere obeundo specimen dedit ut Romam
a Paulo V. P. M. ultro accersitus fere uno tempore
Intimilii Episcopus et Regni Corsicae Visitator Apostolicus
Genuensi republica postulante creatus sit. Ubi dum cultum
Dei augere sacras caeremonias restituere cleri et populi
controversias sedare studet immatura morte praeventus
auctoritatis prudentiae doctrinae et bonitatis suae
triste desiderium reipublicae patriae propinquis et extraneis
relinquens obiit anno a partu Virginis MDCXVI
idibus novemb. aetatis suae XXXXII Joannes
fratri dulcissimo amoris et doloris sui monumentum
hoc moestissimus posuit.
Fra Domenico Maria Clavarini, nobile genovese, dell'ordine
de' predicatori , fu creato vescovo di Ventimiglia da Pio VI , il
dodici di marzo l'anno 1775. Nel suo instituto erasi distinto
per un ' esattissima osservanza religiosa e per una somma dot
trina ecclesiastica : accettò il vescovado con grande ripugnanza,
indotto dall' obbedienza . Consultò di presenza monsignor ,
ed ora beato Alfonso Maria de Liguori intorno alla condotta
pastorale , e sicuramente venne alla sua diocesi, in aprile dell'
147
anno suddetto, con decisa volontà di mettere in esecuzione gli
ottimi avvisi , che ne aveva ricevuto , ed i santi esempi , che
di lui aveva veduto. Così di fatto operò monsignore Clavarini
con l'evangelica predicazione , col fervido suo zelo , con lo
studio di formare buoni pastori , di migliorare i viziosi , e col
costante esercizio di tutte le episcopali virtù . Con estremo do
lore trovò la fabbrica del seminario così mal concia, che nep
pure quattro chierici potevano alloggiarvi. Il casamento ri
stretto e mal composto , le poche stanze senza porte e senza
finestre , le officine anguste e spogliate di utensili e di lingeria ,
il seminario di Ventimiglia pareva un casone svaligiato da sol
dati. Fu pertanto la prima sollecitudine del prelato il ristorare
ed ingrandire questo edificio , e sin dal primo anno potè al
loggiarvi sette seminaristi. Continuò il lavoro fidandosi nella
divina provvidenza , ed in principio di novembre del 1777 , l'e
difiziò era già capace di trenta chierici , oltre ad un numero
proporzionato di ordinandi per gli spirituali esercizj. Per que
sta nuova costruzione , oltre a ciò che contribuirono i benefi
ciati e le oblazioni de' benefattori , vi spese del proprio circa
undici mila lire ( 1 ) , somma rilevante per un vescovo che della
propria mensa aveva pochissimo. Cercò buoni maestri , ed ot
timo lettore di teologia era egli stesso lo zelantissimo pastore,
compose i suoi giovani alla modestia e alla virtù , onde così
di buoni sacerdoti riparare alle parrocchie.
Molte critiche ed amare contraddizioni ebbe a tollerare mon
signor Clavarini nel suo ufficio pastorale , massimamente da
quelli che dovevano più di tutti secondare le sue cure aposto
liche : e queste amarezze lo angosciarono poi estremamente
pochi mesi prima di morire. Scoppiata in Genova nel 1797 la
rivoluzione , piantato l' albero della libertà , gli spiriti immo
rali ed irreligiosi applauditi da per tutto menavano il trionfo
sopra tutti gli onesti uomini , e singolarmente sopra i virtuosi
(1 ) Libro economico ms- del seminario di Ventimiglia pag. 4 .
148
pastori, che per disprezzo venivano detti aristocratici. A Ven
timiglia venne deputato dal governo Provvisorio a commissario
organizzatore un certo Biagino , strano ed acceso al pari di
un vulcano , che non era mai sì contento , che quando poteva
umiliare il clero ed il monachismo. Prese a mira particolare
il vescovo Clavarini , gli pose alla porta dell'episcopio le guar
die sì che non potesse fuggire , e divisava di farlo condurre a
Genova come una preda aristocratica , degna di prigionia o di
morte . Il buon prelato infermiccio per natura , già logoro da
gli anni e dalle fatiche , dovette soccombere al peso enorme
degli affronti e de' disgusti. Nella prima domenica di ottobre,
che cadde in quell' anno nel primo giorno del mese , festa del
Rosario , di cui era sempre stato divotissimo , potè ancor ce
lebrare la santa messa , comunicò di sua mano i domestici di
suo servizio , recitò alla sera con essi la corona , diede gli
ultimi ricordi , ed entrando nel giorno seguente , stanco di
vedersi più in terra e desideroso del cielo , andò a ricevere il
premio di sue virtù e de' suoi patimenti. Con la morte di
monsignore Clavarini la diocesi di Ventimiglia cessò per sem
pre di essere suffraganea di Milano , ed era rimasta la sola ed
unica in tutta la Liguria , che dalla sua origine sino a quel
tempo non aveva mai cambiato di chiesa metropolitana.
Chiunque leggerà queste memorie non potrà non maravi
gliarsi che una diocesi sì antica e ragguardevole non abbia mai
avuto un seminario sufficientemente vasto , ricco e ben ordi
nato ; che i vescovi antecessori a monsignor Clavarini , o la
città medesima non abbiano mai dato su di questo particolare
un provvedimento nobile e grandioso ; che neppure al giorno
d'oggi trovisi un liberale benefattore , il quale abbia assegnato
un pingue fondo per la pensione de' poveri chierici, e di quelli
che nella scienza e nella pietà si distinguono. Eppure certis
sima cosa è che in Ventimiglia vi furono sempre molte fami
glie nobilissime e doviziosissime , che molti de' suoi cittadini
furono insigni fondatori di pii legati e benefattori di conventi
149
e monasteri. E come dunque si poche provvidenze al semina
rio vescovile ? Forse che que’ prelati non ebbero zelo ? Anzi
n'ebbero grandissimo ; ma devesi riflettere che in se il vesco
vato era povero , e le proprie sostanze de' vescovi sovente
scarseggiavano. Il peggio era che le sante loro intenzioni, in
vece di trovare cooperazione e soccorsi , incontravano degli
ostacoli ; onde il seminario restava sempre misero e negletto.
Al giorno d'oggi però si ripara al passato disordine , fab
bricandosi un edificio che per la forma e per l ampiezza
corrisponderà certamente al bisogno della diocesi , al decoro
della città , e al massimo vantaggio del clero.
Alla morte di monsignor Clavarini circa un lustro restò va
cante la sede vescovile , ed appunto in questo tempo avvenne
una variazione importante. Era questa diocesi composta di
trenta sei parrocchie , due delle quali , Mentone e Roccabruna
nel principato diMonaco , diciannove negli antichi stati della
real casa di Savoja , e quindici nel genovesato. Ora l'anno
1802 il cardinale Caprara legato a latere in Francia presso
Napoleone Bonaparte , scrisse al capitolo di Ventimiglia , che
volesse rinunziare a tutte le parrocchie che erano fuori del ge
novesato cadute in potere della Francia , ed i capitolari di Ven
timiglia sponte ac libere ad conservandam ecclesiae pacem et
unitatem , partem illam ecclesiarum parochialium dioecesis
Vintimiliensis in temporali subiectam reip. Gallicanae do
minationi (erano queste le accennate due del principato di
Monaco , e le diciannove degli antichi Stati Sardi ) , curamque
earumdem regiminis , cui sibi melius libuerit committendi
in manibus sanctitatis suae unanimiter dimiserunt ac resi
gnarunt.
Essendo pertanto ridotta la diocesi a sole quindici picciolis
sime parrocchie , nel 1802 fu proposto dal governo ligure a
governarla il padre Paolo Gerolamo Orengo delle scuole pie ,
patrizio intemeliese, e Pio VII lo nominò, ed instituì a pastore
1
150
del picciolo gregge ; ma brevissimo tempo ei visse , essendo
stato creato vescovo in età cadente , ed in tempi infelici. Per
quattro anni, dal 1820 sino al 1824, la resse monsignor Lepreri,
già vigilantissimo parroco di san Marco in Genova , il primo
da che la Liguria era riunita all' augustissima reale casa di
Savoja.
L'anno 1831 nel giorno quindici di maggio fu consecrato
vescovo di Ventimiglia monsignor Giovanni Battista De- Alber
tis , e nel 1836 rinunziò di propria elezione alla sua sede , a
mando meglio di condurre i giorni suoi in vita privata.
Il vescovado di monsignor De - Albertis sarà sempre memo
rabile per l'ampliazione di trenta due parrochie , otto delle
quali furono separate dalla diocesi di Nizza , e ventiquattro da
quella di Albenga , in forza di una bolla del regnante sommo
pontefice Gregorio XVI, in data del diciannove giugno 1831 , che
comincia: cx iniuncto nobis coelitus, etc. monsignor Airenti ar
civescovo di Genova incaricato dalla santa sede all'esecuzione
di questa bolla , venne a parteciparla al capitolo di Albenga ,
indi al vescovo di Nizza , e finalmente nel giorno ventidue a
gosto al vescovo e capitolo di Ventimiglia ; e così la nuova
ampliazione fu canonicamente stabilita,
Di un nuovo pastore è stata provveduta la diocesi di Venti
miglia nel concistoro del diciannove maggio 1837 nella persona
di monsignor Lorenzo Giovanni Batista Biale , sommamente
commendevole pel vasto sapere , per esquisita prudenza e per
le sacerdotali virtù .
XXXIV. VESCOVI DI ALBENGA . SAN VERANO.
In qual secolo gli antichissimi popoli Ingauni abbiano co
minciato a conoscere la cristiana religione, e quali siano sta
ti i primi vescovi, che vi hanno stabilito la sede , si può con
ghietturare fondatamente , ma non asserire con certezza .
151
Ughelli scrive : statim a plantata christiana fide praesules Al
bingaunenses esse coeperunt ; ma queste parole non 'provano
nulla. Essendo cosa certissima che san Callemero vescovo di
Milano intorno al 160 è venuto ad evangelizzare alla Liguria
marittima , come altrove da noi si è dimostrato , può riputarsi
cosa sicura che almeno nel secolo secondo gl’Ingauni , Liguri
rinomatissimi, della cristiana religione siano stati instrutti. Nè
ripugno ad opinare che anche prima di san Callemero un qual
che discepolo degli apostoli passando nelle spiaggie ligustiche
abbiavi portato la luce evangelica . Con qual ragione poi abbia
scritto Ughelli che il primo vescovo di Albenga è stato un cer
to Onorato , qui sanctum Veranum , dum Roma reverteretur ,
excepit hospitio anno 377 , è cosa che io non so intendere ,
anzi vi scorgo un doppio manifesto errore. Santo Onorato ve
scovo di Milano fioriva non l' anno 377 , ma bensì intorno al
568 : accolse non in Albenga, ma in Milano san Verano che ri
tornava da Roma , come appunto affermano i Bollandisti: Ve
ranus ( Roma revertens ) Mediolanum pervenit : deinde pe
tente sanctissimo viro Honorato ipsius civitatis episcopo ad
civitatem cui nomen Albingauno profectus recessit (1 ). Dopo
averlo trattenuto breve tempo presso di se , lo esortò a por
tarsi in Albenga , o sia perchè sapeva essere gl'Ingauni dei
quali era metropolitano , bisognosi d'instruzione, o sia che la
via delle spiaggie ligustiche era meno soggetta a' pericoli.
Comunque ne sia , questo viaggio e soggiorno di san Verano
in Albenga fu dimenticato o non creduto da' dottissimi Sam
martani nella famosa loro opera : Gallia Christiana (2) . Im•
perocchè scrivendo eglino di questo santo vescovo , dicono co
sì : « Sanctus Veranus ex pago Gabalitano ( di Geraudan in
« Linguadoca ) ortus , clero urbis adscriptus est. Sed declinan
« dae gloriae causa , in pago Cabellicensi ( di Cavaillon ) ali
(1 ) Acta Ss. ad diem 8 februarii tom . 2.
(2) Gallia christ. editio regia. Paris . tom . I , pag. 941,
4
152
quandiu latitavit. Inde Romam profectus, iterum suum Cao
« bellicensem secessum petit; ( ecco il luogo opportuno a par
« lare del viaggio di san Verano per Milano e per Albenga )
« Vacabat tum sedes episcopalis, mortuo episcopo , cui unani
« mi cleri populique consensu suffectus est Veranus... Ad
« Christum migravit die XI novembris , anno 589... Sancti Ve
« rani corpus ad Iargoliensem ( di Gergeau ) ecclesiam dioece
« sis Aurelianensis ( di Orleans ) allatum esse auctor est Saus
« saius, cuius translationis dies festus recolitur decima nona
« octobris ». Del soggiorno adunque di s. Verano in Albenga
non dicono neppure una sillaba i Sammartani: argomento ne
gativo è vero , ma assai forte trattandosi di scrittori tanto eru
diti ed esatti. Però a questo silenzio mi pare da preferirsi la
notizia positiva che di lui abbiamo presso gli altri scrittori
ragguardevoli. Si aggiunge la costante tradizione di Albenga
che di san Verano vescovo di Cavaillon ha sempre recitato l'of
ficio , e ne ha conservato finora certissime memorie . L'antica
antifona solita a recitarsi ne' vespri del santo vescovo era con
cepita secondo il gusto de' secoli barbari in questi termini: 0
Verane sanctissime, Albinganae laetitia , ipsam sicam tu
linisti optata sane pluvia , montanosque convertisti miracu
lis et gratia , draconemque expulisti e patria , hic sepulcrum
elegisti: sic tenet ecclesia . Ne’ primi anni del mio sacerdozio
io la recitava , tanto che fu soppressa da monsignor Dania. E
veramente la chiesa di Albenga è sempre stata persuasa esse
re ivi morto san Verano , e possederne le sacre reliquie : cosa
affatto contraria a' Sammartani che asseriscono in Francia la
morte del santo vescovo e la traslazione delle sue spoglie nella
diocesi di Orleans . Come combinare queste due opposte asser
zioni storiche ? In cosa tanto oscura giudico meglio confessare
apertamente di non saper sciogliere il nodo , che progettare
gratuite supposizioni che non appagano mai una mente ragio
nevole. Una precauzione necessaria è quella di non confondere
san Verano di Cavaillon con san Verano vescovo di Vence , il
153
quale scriveva con altri vescovi nel 451 a san Leone magno e
fioriva a' tempi di lui.
Rischiarita nel miglior modo che mi è stato possibile la me
moria di san Verano , e rigettato dalla sede episcopale di Al
benga il supposto Onorato , puossi assegnare a primo vescovo
quello che Ughelli nomina al secondo numero, Quirito o Quin
to , che intervenne al concilio provinciale di Milano, celebrato
l'anno 451 , e di cui scrive Sigonio nel libro secondo , de Re
gno Italiae. I successori suoi, de' quali è cognito il nome e
. nulla più, furono Gaudenzio, Salvio, e Bono, che trovaronsi a
diversi concilii , ed indi san Benedetto Revello , che merita cer
tamente una più diffusa e particolare illustrazione.
XXXV . S. BENEDETTO REVELLO VESCOVO DI ALBENGA.
. Pochissime notizie di san Benedetto Revello aveva scritto
Ferdinando Ughelli, quando don Filippo Malabaila chiarissimo
monaco Cisterciese , visitatore generale della congregazione dei
Fogliesi, intraprese a scriverne la vita , che da' Bollandisti , al
giorno dodici di febbraio , fu inserita nell'immensa loro rac
colta . Prima di giovarmi di questa produzione , volendo ricer
care se vi era incorso un qualche storico errore , m'indirizzai
al canonico don Vincenzo Lotti, da trenta e più anni mio
buon amico , ed erudito indagatore delle cose di Taggia sua
patria , come giustamente vien detto dal padre Spotorno nella
sua storia letteraria. Mi risponde adunque questo graziosissi
mo amico aver errato il padre Malabaila in asserire che la ter
ra di Tavole, nel principato di Oneglia , sia la patria di san Be
nedetto . « Secondo il Malabaila , le ragioni che adducono i Ta
« volesi per provare la loro pretensione, sono queste : 1. La
a casa de' progenitori del santo : 2. La pestilenza che dalle Ta
« vole li fece fuggire a Tagĝia : 3. L'antichità della famiglia
« Revello in Tavole , e quindi la di lei diramazione in altri pae
154
« si : 4. Il pallio di altare con una iscrizione: 5. Finalmente
« le parole dell' annalista Schiaffino , autore Genovese. Rispon
« do al primo : anche in Taggia esiste la casa di santo Anto
« nio , di san Gerolamo ec . e nessuno ha mai preteso che vi ab
« biano abitato . Noi pure mostriamo un'antichissima casa , in
« cui è fama costante abbia abitato la famiglia Revello consan
« guinea del santo : evvi inoltre dipinta la di lui effigie con que
a sta iscrizione : S. Benedictus Revellus Tabien . episc. Albing.
CC infirmorumque salutaris patronus , ab anno DCCCCLX .
« Al secondo : nessun autore , specialmente il Muratori, non
« fa menzione di quella pestilenza , e dato anche che fosse av
« venuta , per se stessa non proverebbe niente . Non è poi vero
« che Taggia fosse all'epoca della nascita di san Benedetto mu
« ro cincta ac bene custodita , come scrive il Malabaila , es
« sendo le mura di Taggia state costrutte all'anno 1540 e se
« guenti. Cade perciò la causa del rifugio cercato in Taggia
« da' genitori del santo . Al terzo : questa antichità e successiva
a diramazione come si prova ? Con una gratuita asserzione.
« Noi altri di Taggia al contrario possiamo mostrare atti au
à tentici ed alcuno in pergamena del 1358 , ne' quali sono no
« minati alcuni cospicui Revello di Taggia. Inoltre , Marco Au
« relio Rossi in quella sua opera , ove tratta espressamente :
« dell'origine delle famiglie nobili di Genova , dice , che la
famiglia Revello trae la sua origine da Tabia in riviera
« di ponente.Finalmente, nel sinodo di monsignor Landinelli ,
a vescovo di Albenga , celebrato nel 1618 , esiste sulla fine il
« catalogo de' vescovi di quella chiesa ; e all' anno 900 sta
« scritto : D. Benedictus , patritius Tabiensis , ex familia
« Revellorum . Al quarto : dicendo il Malabaila : sub ipsius
« sancti assuta imagine, dà a conoscere che questo pallio era
« di seta o di lana , ossia opus textrile ; e siccome vestimen
« tum comeditur a tinea , questo pallio non può essere mol
« to antico , se non è assai antico , prova poco o niente. Se
« si ammettono queste prove , noi altri possiamo addurre , non
155
« una , ma più di venti inscrizioni pubbliche le quali dicono :
« Sanct. Benedictus Tab. Patrit. principalisque patronus.
« Al quinto : le parole anfibologiche dello Schiaffino dicono
« che san Benedetto Revello è oriundo da Taggia e che è o
« riundo dalla villa delle Tavole ; per conseguenza dice , e
« disdice. Potrei addurre altre testimonianze per provare che
* il Malabaila o non fu abbastanza accurato , o pure dissimulò
« alcune cose che contrariavano le pretensioni de' Tavolesi;
« ma i confini tr .ppo angusti di una lettera famigliare non mi
« permettono di maggiormente diffondermi. Solamente aggiun
« go che nella raccolta Rerum Italic. del Muratori ( tom . X
« dissert. corograph. medii aevi , sect. 13 , num. 55 ) si hanno
« le seguenti precise : Tabia fuit patria s. Benedicti episcopi
« Albingauni , qui floruit saeculoIX . Ma non vogliamo con
« tristare onninamente i Tavolesi , e loro concediamo che , se
a condo un'antica e costante tradizione de' nostri maggiori la
« madre di san Benedetto Revello era nativa delle Tavole. Pro
« babilmente ella possedeva colassù beni stabili , e questo è
« forse il motivo , per cui tornando col marito al domicilio di
« Taggia ( sia anche per pestilenza ) lo partorì in quella casa
« campestre vicina a Taggia , nella quale è anche tradizione
« fra noi sia venuto alla luce. Di questa casa costrutta di pie
« tre quadre si vedono ancora molto bene le fondamenta. Io
prevedo una obbiezione per causa del cognome Revello , pre
« tendendo alcuni che nel secolo nono in cui fiorì il nostro
« santo , i cognomi non fossero ancora in uso. A questa ob
« biezione risponderò brevemente in altra mia lettera ».
E di fatto tal risposta mi è pervenuta in questo mese di di
cembre 1836 , non breve , ma lungamente ragionata , in cui il
canonico Lotti scioglie con erudizione la difficoltà ; ma io mi
astengo dal riportarla , perchè troppo mi allontana dal mio
scopo .
Senza ulteriori osservazioni comincio la brevissima vita di
san Benedetto Revello , cavata in gran parte da quella di Ma
156
labaila , ed arricchita di altre notizie. È questa un MS . compi
lato da don Alizeri , già parroco di santa Maria in Fontibus 7
una copia della quale monsignor A. Vincenzo Dania vescovo di
Albenga mandò a Roma alla sacra congregazione de' Riti , per
ottenere l' officio proprio del santo vescovo suo predecessore.
Nacque san Benedetto l'anno 829 al nove di marzo in Tag
gia, luogo de' più cospicui di tutta l ' occidentale Liguria : suo
padre chiamavasi Giacomo Revello e sua madre Benedetta ,
i quali ebbero un tal figlio dopo più anni del loro matrimonio.
Ancora infante di quattro mesi articolò la parola per esor
tare la madre a far limosina ad un poverello che la dimandava .
Fanciullo di pochi anni amava il digiuno , più che non com
portava l' età sua : fatto adulto e dando molti indizi di perspi
cace ingegno e di soda virtù , fu mandato da' suoi genitori a
proseguire i suoi studii in una colta città d'Italia ( 1 ) , ove fu
di ammirazione a quanti il conobbero pel suo avanzamento
nelle scienze ed insieme di edificazione per gli esercizi della re
ligione. Dopo sì rapidi progressi i suoi parenti lo richiamarono
in patria , oye lo andavano spingendo ad onorevoli ufficii ; e
così lo sollecitavano ancora gli amici e quanti erano rapiti
delle sue belle qualità . Ma i suoi lumi superiori all'età gli fa
cevano vedere che volendo correre alle grandezze terrene espo
nevasi a grandi pericoli ; però disgustato del secolo prima di
sperimentarne le fallacie si risolvè di ritirarsi nell'oscurità del
monastero : rifugio in quei tempi non infrequente anche ad
elevati personaggi. Questo suo intendimento fu appagato in
(1) Questa città ( secondo il celebre capitolare di Lollario, figliuolo di Lodovico
Pio , per l'erezione di nuove scuole ) doveva esser Torino : In Taurinis conveniant de
Vighintimilio , de Albegano , de Vadis , de Alba. Questo capitolare può vedersi
presso il Muratori : Rerum Ital. tom . II , part. 1. Nella dissertaz. 43 sulle anti
chità italiane, negli annali al 829 , in cui lo crede emanato . Però il padre Spo
torno nella Storia letteraria della Liguria tom. I , num . 41 lo attribuisce all'anno
821. Si può anche riscontrare nella storia della letteratura italiana del Tiraboschi
tom. 3 , lib . 3 , cap. 1 , quu, 17 e 18.
157
Albenga fra gli allievi e figli del patriarca san Benedetto ch'era
l'unico instituito dell'occidente ; e quì fra le claustrali osservanze
trovò le sue delizie. Se non che di maggior raccoglimento dive
nuto ancora più avido, domandò ed ottenne di ricoverarsi nella
adiacente isoletta Gallinaria , ove un monistero sussisteva dedi
cato a santa Maria e a san Martino che in quella medesima
isola per alcun tempo aveva abitato. Viveva ivi Benedetto morto
al mondo , fra le più crude austerità anche più morto a se
stesso , nè pensava più di uscirne , tanta era la calma del suo
cuore ; se non che essendo rimasta vacante la sede episcopale
di Albenga , e pensandosi all'elezione di un nuovo pastore, co
minciossi a vociferare che l' ottimo sarebbe stato il romito
dell'isola. Questa voce ingagliardita dal clero e dal popolo ,
neppure da' perversi contrariata , si tenne per una ispirazione
del cielo. Si cavò dunque dalla solitudine Benedetto Revello e
secondo le regole della chiesa si sacrò all' episcopato. Le virtù
che aveva fino allora nascoste presero una nuova forma ; non
più romito , ma uomo apostolico comparve , di affabilità coi
rozzi , di vigilanza a tutto il gregge , di prudenza nel governo,
forte nel ministero e dolce con tutti. Per questa sua soavità
riuscì a sedare le pubbliche e private dissensioni , onde la città
di Albenga , a preferenza di tante altre d'Italia , godeva di
una pace singolare. Fu anche dotato del dono della curazione
agl' infermi di qualunque specie , e oltre al risanarne moltis
simi , due defunti richiamò alla vita. In tempo di una ostinata
siccità , avendo a lui fatto ricorso gli Albinganesi , portossi
alla cappella della santissima Vergine , che soleva divotamente
frequentare , pregandola instantemente a pro del suo popolo .
Eravi intorno alla chiesuola una pietra , e facendovi sopra il
segno della croce , ne fece scaturire un' acqua salutare ; pel
quale miracolo la cappella notabilmente accresciuta venne de
nominata santa Maria in Fontibus : titolo che tuttora conserva.
Allontanatosi dalla diocesi pel bisogno del suo gregge , Iddio
lo chiamò al premio de' giusti il giorno 16 di febbrajo l'anno
158
900 , in una città o terra , che non si sa precisare , presso a
Genova. Si affrettarono i cittadini di Albenga di accorrere a
prendersi le spoglie del santo loro vescovo , ed imbarcate , fa
cevano vela verso la cattedrale. Intesi del fatto i genovesi, ar
marono presto uua galea per raggiungere il bastimento che
portava via quelle sacre reliquie ; ma fu cosa mirabile che, non
ostante il forzoso remigare , non poterono mai pervenire al
rapimento di quel tesoro . Sbarcandolo sul lido , congiunsero a
due buoi un carro , e ripostovi in trionfo il sacro corpo , ac
compagnato da tutti gli ordini della chiesa e della città, s'incam
minarono alla cattedrale con festosi cantici. Ma la tomba del
santo vescovo altrimenti era determinata dal cielo . Era giunto
il carro avanti la porta della chiesa , ove san Benedetto aveva
vestito l'abito monastico ; e qui cigolando incagliasi immobile.
Sferzati i due giovenchi, anzi che correre , si prostrano e chi
nano il capo ossequiosi. La cosa era troppo mirabile per non
conoscervi palese la volontà di Dio. Crescendo la comune ve
nerazione e letizia , le sacre reliquie s'introdussero nella chiesa
della SS. Vergine ove tuttora con particolare culto sono onorate,
dall'anno 1409 erette a un decoroso altare , ed indi nel 1614,
ingrandita e ristorata la chiesa , in autentica forma ripostevi.
Angelus Vincentius Dania
Dei et apostolicae sedis gratia episcopus Albingaunensis.
Universis et singulis fidem facimus et testamur, retroscriptam
vitam sancti Benedicti Revelli episcopi Albingaunensis opus
esse ad R. D. Antonii Alizeri olim praepositi sanctae Mariae in
fontibus , ubi asservantur eius reliquiae ; et memorias et facta
quae ibi recensentur, desumpta esse ex bollandistis die duode
cima februarii , et ex aliis scriptoribus fide dignis . Id unice
velut dubium , si non rejicimus saltem suspicamur, insigni or
dini sancti Benedicti adscriptum fuisse , cum nec Mabillonius ,
diligentissimus ac eruditissimus scriptor vitarum oinnium san
159
ctorum Benedictinorum , nec acta eorumdem sanctorum ullam
mentionem faciant sancti Benedicti Revelli .
In quorum fidem Datum Albingauni die 29 maii 1815 .
# A. V. Episcopus Albingaunensis.
Intorno al dubbio che qui muove monsignor Dania devesi
osservare , che nella chiesa parrocchiale e collegiata di Taggia ,
demolita nel 1676 , allorchè il patrizio cardinale Gerolamo Ga
staldi intraprese a edificare a proprie spese la chiesa nuova, si
veneravano due antichissime immagini di san Benedetto , che
rappresentavano i due prodigiosi avvenimenti della galera im
pedita a correre , e del carro incagliato , al quale uscivano in
contro dalla chiesa di santa Maria i monaci neri Benedittini , e
ciò farebbe qualche prova positiva contro il silenzio di Mabillon .
XXXVI. SUCCESSORI DI SAN BENEDETTO NEL VESCOVATO
DI ALBENGA.
De' successori di san Benedetto dovendo ora scrivere , da
remo un sufficiente ragguaglio di quelli solamente , de'quali
la storia ci ha tramandato una speciale illustre memoria , ri
mettendo all'Ughelli ed altri scrittori , chi oltre alle geste dei
vescovi desidera di sapere anche il nome degli altri.
Sulla fine del secolo in cui morì san Benedetto , vien ricor
dato dal Mabillon (1) un vescovo di Albenga , il quale nel 998
rinunziando alla dignità, e al peso della cura pastorale, ritirossi
nel monasterio Reomense , ossia di Moutiers s. Jean nella Bor.
gogna , che allora era governato dal celebre abate san Gugliel
mo di Digione. Nelle penitenze , e nelle religiose osservanze
(1) Mabillon tom . I acta Ss. ordin. s. Benedicti all' anno 539 : tom. 4 de' secoli
Bened. all' an. 998.
160
claustrali finì santamente i giorni suoi questo vescovo Albin
ganese , ma il nome suo non è pervenuto a nostra notizia .
Aldeberto è inscritto nel mortuario antico del famosissimo
monastero Lerinese , ossia d' Hieres , sotto il giorno due di di
cembre l' anno 1102 come un insigne benefattore dell'ordine ,
per aver egli col consenso de' suoi canonici donato a quella ba
dia , nel tempo ch'era governata dall'abate Ponzio de Fortis ,
molte chiese di sua diocesi, cioè quella di san Maurizio , di
Porto Maurizio , quella di santa Maria, di san Giovanni Bat
tista , di san Giorgio , di san Tommaso , e di san Gregorio ,
situate come leggesi nella carta di donazione del giorno sedici
di giugno dell'anno indicato , infra curiam Pradairoli.
Simili donazioni fece pure il vescovo Ottone assegnando ai
monaci Lerinesi nel giorno ventotto agosto 1127 il convento di
san Lorenzo di Varigotti , e a' monaci di santo Stefano di Ge
nova nel 1142 due priorati , quello di santo Stefano in San
remo , e quello pur eretto ad onore del medesimo santo pro
tomartire, che dicevasi di Villareggia nelle adjacenze di Taggia.
Lanterio fu un prelato di ottime prerogative. Intervenne nel
1179 al concilio Lateranense , aumentò alla sua chiesa molti
redditi , ed avvampando la guerra tra gl' Ingauni ed i Pisani ,
onde per mare venivano soventi alle armi e al sangue , s'in
terpose con singolar prudenza a riconciliare gli uni con gli al
tri : e la pace veramente si stipulò nel 1178.
Sinibaldo Fiesco , creato vescovo di Albenga nel 1235 , fu
quel papa celebratissimo che resse la chiesa col nome di Inno
cenzo IV , di cui altrove daremo una lunga notizia .
Lanfranco , patrizio albinganese , della famiglia di Negro ,
avendo abbracciato in sua adolescenza l'ordine de' frati minori ,
si segnalò nell'osservanza religiosa non meno che nello studio
delle sacre dottrine ; per le quali sue doti fu eletto alla sede
vescovile di sua patria. Molte opere pie il fecero assai com
mendevole , ed il suo nome diventò particolarmente memo
rabile per aver cavato da luogo sotterraneo e negletto le sacre
161
reliquie del martire san Calocero , e fatte deporre decorosa
mente sovr’ un altare , eretto alla venerazione di lui . Vi appose
un'inscrizione in versi , scolpita sopra di una lapida , ed è
riportata da Ughelli ed altri.
Alla morte del vescovo Lanfranco , avvenuta l'anno 1291 , il
capitolo della cattedrale , secondo l'antica consuetudine e di
sciplina della chiesa , si radunò per la elezione del successore;
ma i suffragi furono cosi discordi , e della discordia così te
naci mostravansi i canonici, che quattro furono i nominati alla
sede vescovile. Papa Niccolò IV con la pienezza di sua auto
rità rigettò tutti gli eletti dal capitolo , sostituendovi nel prin
cipio dell'anno 1291 un certo frate dell'ordine de' minori , di
nome Niccolò , che apparteneva alla nobilissima famiglia dei
marchesi di Ceva. Questo prelato volendo sottrarsi dalle gravi
vessazioni , che frequentemente tollerava per parte de' conti di
Ventimiglia e de' marchesi di Clavesana sul possesso di molte
castella e ville nella valle di Oneglia , divisò di vendere questi
beni feudali a' fratelli Niccolò e Federico Doria , nobili patrizi .
genovesi. Ottenuta la permissione di Bonifacio VIII , stipulossi
questa vendita il giorno 30 di gennajo , l'anno 1298 , al prezzo
di undici mila lire ; e la famiglia Doria ebbe da questa compra
la signoria della valle di Oneglia quasi per lo spazio di tre se
coli , sinchè trapassò questo principato nella reale casa di Sa
voia a' tempi del duca Emanuele Filiberto.
Al vescovo Niccolò successe nella cattedra vescovile Ema
nuele Spinola nel 1320 ; ed a questi il vescovo Giovanni , pur
frate minore , alla morte del quale nel 1328 , i vescovi di Al
benga , indipendentemente dal capitolo cattedrale , furono no
minati dalla santa sede.
Matteo del Carretto , eletto al vescovado nel 1429, intervenne
al sinodo di Basilea. Dopo che questo concilio fu disciolto e
trasferito altrove da papa Eugenio IV , Matteo con molti altri
padri restò tuttavia in Basilea ; però anzi che secondare gli at
tentati degli scismatici che osavano deporre Eugenio e favorire
11
162
le perverse loro dottrine, stette immobile, e nella sessione tren
tesima fece per iscritto una contraria protesta ( 1 ) . Dopo aver
retto la sede di Albenga diciannove anni , ebbe a successore
Giorgio del Fiesco , che fu dappoi arcivescovo di Genova e
cardinale , e di cui altrove abbiamo ragionato. Nella sua trasla
zione a Genova , rinunziò la sede episcopale albinganese , nel
1459 , a Napoleone suo nipote , ch'era vescovo di Noli . Napo
leone elevò le reliquie di san Verano dall' ignobile sepolcro in
cui giacevano presso al campanile , o la torre della chiesa che
dirsi voglia , per riporle ad un sontuoso altare che a proprie
spese aveva fatto costrurre. Il palazzo vescovile riconobbe da
lui una nuova e vantaggiosa ampliazione , come leggesi in una
lapida affissa a di lui onore in esso palazzo : finì i giorni suoi
nel 1467.
Girolamo Basso della Rovere e nativo di Albisola , figliuolo
di una sorella di Sisto IV, fu vescovo di Albenga nel 1472.
Dopo quattro anni fu traşlato all episcopato di Recanati , ed
indi decorato della sacra porpora dal romano pontefice suo zio.
Diverse altre chiese amministrò , ed in tutte le sue dignità ed
in ogni suo officio acquistò una grande riputazione : cuius
perpetuae vitae cursus constantissime actae et morum can
dor , et integritas , ac singulare religionis studium una
omnium voce laudatur : così precisamente il Ciaconio , nè
saprei che cosa di meglio possa dirsi ( 2 ). Finì di vivere l'anno
1507 , e fu seppellito in santa Maria del popolo.
Leonardo Marchesi , o Marchisio , come altri lo voglion dire,
nobile patrizio albinganese , era canonico di quella cattedrale ,
quando nella rinunzia che fece , l'anno 1476 , alla sede episco
pale il cardinale Basso , fu eletto vescovo da Sisto IV . Fu il
Marchesi vir nobilioribus disciplinis nobiliter excultus, dice
Ughelli , et praefuit summa cum laude prudentiae per an
( 1) Fleury lib. 108 , LXIX .
( 2) Tom . III , pag. 64.
163
nos 37. La sacristia della cattedrale per lui fu provveduta di
moltissime preziose paramenta , la chiesa decorosamente ri,
storata , il coro de' canonici arricchito di elegantissimi codici
de' sacri cantici , per lui l' ecclesiastiche funzioni acquistarono
maestà , ordine e splendore ; degno prelato in tutti gli altri
doveri del suo ministero .
Bendinelli Sauli decorato da Giulio II della romana porpora,
fu da Leone X rivestito di più vescovadi , e segnatamente di
quello di Albenga. Da principio fu carissimo a questo ponte
fice , ma in appresso cadde nella massima di lui disgrazia , a
segno tale che spogliato della sacra porpora , fu rinchiuso in
Castel -Sant' Angelo. Se Bendinelli fosse veramente complice
di quella orribile congiura che il cardinale Petruccio Sanese
avea ordito contra il papa , io non oso dirlo ; se Leone X
- sia stato troppo credulo e precipitoso in dar orecchio agli ac
cusatori del Sauli, e troppo severo a punirlo , neppur presumo
asseverarlo ; se in quella accusa abbia avuto molta parte l'in
vidia , il Foglietta ed altri lo accertano. Innocente o colpevole
che fosse l'illustre prigioniero , fu restituito in grazia e in di
gnità con impegni e non senza danari, con grande consola
zione de' congiunti e degli amici ; ma la sua liberazione non
potè più superare la profonda afflizione che aveva sentito acer
bamente , e può dirsi che uscito con gloria dal carcere , quasi
subito passò allo squallore del sepolcro nel 1517.
Giulio cardinale de Medici esaltato alla sede apostolica col
nome di Clemente VII era stato vescovo di Albenga dal 1517
all'anno seguente.
Giovanni Giacomo Gambarana , di Pavia , avendo ottenuto
il vescovado di Albenga da Leone X fece la traslazione so
lenne delle reliquie di san Calocero ad un nuovo altare , mo
strossi egregio pastore , riparò con zelo agli abusi della dio
cesi , ed essendo andato alla sua patria , cessò ivi di vivere
nel 1538 .
Gerolamo Grimaldo , patrizio genovese , da prima si col
164
locò in matrimonio con una nobilissima damigella , della quale
dopo breve tempo essendo rimasto vedovo , rinunziò intiera
mente allo stato secolare per consacrarsi all' ecclesiastico . E
parve questa vocazione inspirata dal cielo , perocchè vi cor
rispose con lo studio delle scienze, con amore alle funzioni sa
cre , e con una soda pietà. Per rispetto alle sue virtù Clemente
VII lo fece cardinale , ed a più sedi episcopali lo nominò , a
quella di Albenga , a quella di Brugnato , ed indi all'arcive
scovile di Bari : his sacerdotiis dictatus , scrive il Ciaconio ,
non solum auctoritate in S. R. E. praefuit, vero multo magis
doctrina et exemplo usque ad extremum suae vitae illi pro
fuit. Fu mandato ad una straordinaria legazione in Liguria ,
nella quale promosse grandemente le pubbliche cose cristiane.
Applicandosi alla medesima , vide arrivare il termine de' suoi
!
giorni in Genova , l'anno 1543 , sotto il pontificato di Paolo III.
Gioanni Battista Cicada , patrizio genovese , nato nel 1510 ,
profondamente addottrinato nella giurisprudenza , e coltissimo
di morali e religiose virtù , fu referendario dell'una e dell'altra
segnatura sotto Paolo III , indi auditore della camera apostolica,
e poi vescovo di Albenga l'anno 1544 , la quale sede ei tenne
sino al 1460. Fu uno de'padri del concilio di Trento . Giulio III
lo decorò della sacra porpora ; Pio IV lo destino ad esaminare
i decreti che si emanavano da quel concilio : tanta era la stima
che avevasi in Roma di sua dottrina, e di più lo nominò a pre
fetto della sacra inquisizione. Molti offici e legazioni diverse ei
sostenne , e sempre con somma lode. Finì di vivere nel 1570 ,
essendo vescovo di Sabina , ed in santa Maria del popolo ebbe
sepoltura : virum hunc admirabili doctrina et rerum civilium
cognitione praestantem , miserorum defensorem , amicorum
et reipublicae praesidium Antonius Vacca commendat , così
presso al Ciaconio. Tot tamque eximiae virtutes nomen tuum
commendant , Joannes Baptista Cicada , ut difficilius sit in
tuis laudibus exitum , quam principium invenire. Così il
Foglieta, serving oistetista obisks me
165
Carlo Cicada nipote è successore del cardinale , résse il ve
scovado di Albenga dall' anno 1560 sino al 1572 , e pur egli
intervenne al concilio di Trento .
Carlo Grimaldi fu noininato da prima alla sede vescovile di
Savona , indi á quella di Ventimiglia , e finalmente a quella di
Albenga , ove lasciò una degna memoria di se, per essere stato
il primo ad erigere il seminario de' chierici , giusta la forma
del sinodo Tridentino , ch'erasi allora finito di celebrare.
· Vincenzo Landinelli, nobile patrizio di Sarzana, fu da Paolo
V mandato nel regno di Portogallo all'ufficio di collettore degli
spogli ecclesiastici, e nel suo ritorno fu instituito al vescovado
di Albenga , nel 1613. Il nome di questo prelato vive tuttora
gloriosamente , per avere visitato tutta la diocesi con somma
accuratezza , per aver estirpato gli abusi che vi si erano insi
nuati , celebrato il sinodo diocesano con savissimi decreti, e
tutte le parti aver adempito di un vigilantissimo pastore , su
perando disagi , contraddizioni , e molestie assai nojose. Pub
blicò egli il catalogo de' vescovi suoi predecessori con quella
maggior esattezza , che di quei giorni poteva desiderarsi. De
pose il peso' e la dignità con la rinunzia che fece , l'anno 1624.
Dopo il sinodo diocesano di monsignor Landinelli trascorse
l'intervallo di quasi un secolo , che i vescovi di Albenga non
ne celebrarono più altro. Però monsignor Giorgio Spinola , e
letto l'anno 1691 in età assai florida , credette necessario di
radunarne un altro in cui diversi provvedimenti volle stabilire
per la riforma sì de' pastori , che del gregge. Tenne la sede
sino all'anno 1714 , e nella perdita di lui parve che Albenga
cadesse nel desolamento : tanto aveva saputo conciliarsi l'amore
ed il rispetto di tutti.
· Nella metà del secolo XVIII fioriva monsignor Costantino
Serra , che può stare a fianco di qualunque siasi suo pre- >
decessore per la santità della vita , per la fortezza di animo ,
per la fondazione della congregazione de'missionarii diocesani,
per la dotazione del seminario , e per la generosità di sue li
166
mosine. Cessò di vivere in Sanremo , nel 1763 ; e di lui dovrò
nuovamente ragionare al cap. XII.
L'immediato suo successore fu un vescovo debole , che
lasciavasi troppo dominare da un suo segretario artifizioso e
sospetto di avarizia. Avvennero da ciò molti disordini , de
quali ebbe poi il prelato a soffrire non pochi gravissimi di
sgusti. In Sanremo pur egli morì ; ed era voce pubblica , che
le afflizioni avessero abbreviato i giorni suoi. A' seguiti abusi
cercò di riparare monsignor Stefano Giustiniani , pieno di zelo
pel decoro del sacerdozio e della salute del gregge : ravvivò la
decaduta disciplina del seminario , ne aumentò l' edificio , lo
provvide di dotti maestri , ed invigilava pur anche sul refettorio ,
odiando quella severa frugalità della mensa, che sotto colore di
non impoverire i fondi del seminario, alle volte arricchisce l'e
conomo , ed i chierici non abbastanza alimentati immagriscono.
Ben regolato il seminario nelle cose spirituali , nel temporale ;
e nello studio , vide formarsi ottimi sacerdoti , che furono la
sua gloria e la salute delle parrocchie : morì nel 1791. Monsi
gnor Paolo Maggiolo suo successore visse in tempi infelici nella
proclamazione della libertà Ligure -Francese. Nel primo furore
della democrazia la sua sede fu tolta con sacrilega violenza
dalla chiesa cattedrale, e la sua persona dalle autorità civili
non qualificavasi più con altro titolo che di cittadino vescovo .
Temendo di altre maggiori ingiurie , andò a rifugiarsi nella
poverissima e rustica casa del parroco di Bardino , ove finì i
suoi giorni da negletto romito .
XXXVII. MONSIGNORÉ ANGELO VINCENZO DANIA .
Più anni dopo la sua morte restò vacante la diocesi : e final
mente comparve a reggerla un pio , dotto ed amabile dome
nicano proposto a Pio VII dal governo Ligure chc , cessato il
primo bollore democratico, era composto di uomini giudiziosi.
Tal era il padre Angelo. Vincenzo Dania nativo di civilissima
167
famiglia di Ovada , educato agli studii del suo ordine in Bolo
gna sotto egregi maestri , e pel vasto suo sapere maestro poi
egli stesso ed ascritto al collegio de' dottori di san Tommaso ,
oratore facondo e robustissimo , e però ricercato a tutti i più
cospicui pulpiti d'Italia , a Genova , a Torino , a Napoli , al
Vaticano. Reggeva la parrochia di santa Maria di Castello ,
quando fu eletto e consacrato vescovo , il giorno ventuno di
cembre dell'anno 1802. Conosceva tutti i doveri pastorali , e
venne in diocesi pieno di zelo per adempierli ; sapeva gli abusi
e cercò di ripararli con forza temperata dalla soavità , e dalla
buona grazia. Uscito dall' ordine de' predicatori , e perfettis
simo predicatore egli stesso , animò vivamente i sacerdoti della
congregazione diocesana a correre in tutta la diocesi all'instru
zione e santificazione de' popoli, e per quanto gli permettevano
le altre sue obbligazioni , in compagnia de' missionarii voleva
trovarsi egli medesimo , onde renderne più efficace il profitto.
Andò a Cisano , in Erli , ad Alassio ; io lo vidi in Garlenda ,
Lusignano, in Moglio ; e da per tutto faceva sentire la sua voce
sonora , e più ancora la dolcissima unzione de' suoi affetti ,
che penetravano il cuore , e cavavano il pianto dagli uditori.
Come egli era veemente nel dire , ed il suo petto dal lungo e
sercizio cominciava a troppo patire nella declamazione, fu co
stretto ad astenersi dalla predicazione. Non lasciava però mai
in riposo i prediletti suoi sacerdoti , mandandoli e dove le po
polazioni li richiedevano , e dove ancora i parrochi li ricusa
vano , persuaso appunto da ciò che il bisogno fosse maggiore.
Anche una picciolissima e miserabilissima parrocchia aveva la
particolare sua missione, nè contentavasi che si predicasse nella
città o borgo del centro , per diffonderne il vantaggio alle terre
circonvicine. Quindi non gli bastò che la missione si facesse in
Pieve di Teco , punto di mezzo di una popolata valle , ma
di più esigeva che Calderara , Armo, Trovasta , Acquetico ,
Pornassio , benchè a Pieve vicinissime, avessero nel proprio
luogo i missionarii , nè già per brevi giorni , ma fino a che
168
tutto il corso delle istruzioni sul decalogo , e sulli sacramenti
fosse ultimato , e tutti gli abitanti avessero avuto agio a confes
sarsi , se pur volevano, da’missionarii. Metodo eccellente , che
monsignor Dania aveva imparato dal beato Alfonso de Liguori,
il quale precisamente insegna così : « Ne' luoghi grandi come
« di quattro o cinque mila anime la missione dee seguitarsi per
« quanto tempo fa di bisogno. Da noi si è praticato di farla
« durare sino a diciotto , ed a ventiquattro ed anche trentasei
« giorni ... Dee in somma il superiore far che la missione si
« stenda , sino che prudentemente può giudicare , che la gente
« del paese sia giunta tutta a confessarsi. » Ed altrove sog
giunge : « tocca al prelato di supplire al difetto de' parrochi ,
« mandando le missioni ne' luoghi specialmente dove sa che
« il parroco è trascurato senz' aspettare la richiesta sua o dell'
« università , e maggiormente allora che il parroco non desi
« dera la missione . ... Il vescovo faccia far la missione per
« ciascun luogo , benchè picciolo della sua diocesi ogni tre
« anni : dico ciò perchè sogliono praticare alle volte alcuni
« missionarii , in certe parti dove si trovano più paesi piccioli
« dispersi d'intorno , per isbrigarsene con una sola missione ,
« farla in un luogo di mezzo. Io venero il loro buon zelo , ma
« non approvo la loro condotta ...Pregherei i vescovi a non
« contentarsi di tali missioni affasciate ... Io parlo per espe
« rienza : oh in quanti paesi si diceva esservi stata la missione,
« e poi , perchè si è fatta la missione in luogo di mezzo , o per
« chè la missione si è fatta in troppo breve tempo, gli abbiamo
« trovati bisognosi come non vi fosse stata mai » (1 ). La con
dotta prescritta dall'illuminatissimo e sperimentatissimo beato
Alfonso de Liguori era appunto quella che osservava monsi
gnor Dania per la santificazione del suo gregge , nè si videro
(1) Opere del B. Alfonso M. de Liguori , classe prima opere ascetiche , VO
lume XIII , pag. 236 ; Instruzione pratica degli esercizi della missione e due let
tere relative. Torino per Giacinto Marietti 1826. Volume XXI , pag. 38 , 39 , edi
ziene citata .
169
mai , come a giorni suoi , tante missioni nella diocesi di Al
benga.
Non minore sollecitudine usava nell'educare in seminario i
chierici, per formarne pii e dotti sacerdoti: li voleva perso
nalmente tutti conoscere , e di ognuno ponderava accurata
mente la saviezza ed il progresso nelle scienze , li correggeva
all' uopo con forza , gli accarezzava secondo il merito , e gli
amava sempre da padre. Venuto il tempo della sacra ordina
zione , raddoppiava la sua vigilanza per non ingannarsi nella
loro vocazione; ed ordinati ch'erano , subito dopo la funzio
ne , radunavali nel suo palazzo , ove con calde e forti parole
gli esortava ad essere fedeli al proprio ministero , di aiuto,
non di contesa a' rispettivi parochi, applicati all'instruzione
massimamente de' fanciulli , e alla continuazione de' loro stu
dii , per rendersi abili al sacramento della penitenza , e alla
cura delle anime. Li licenziava commosso sino alle lagrime ,
deplorando sempre lo scandalo di coloro che invece di essere
l'edificazione de' popoli, ne diventano la perdizione, e sono
il continuo rimorso de' vescovi , per lo strettissimo conto , che
deggiono dare al giudizio di Dio della imposizione delle ma
ni. E questa apprensione della morte e del giudizio di Dio
era per monsignor Dania un continuo pensiero che lo pe
netrava.
Intraprese la visita pastorale e la percorse ne' luoghi più
difficili; nè mi ricordo se l' abbia finita. Però conosceva di
stintamente tutti i suoi parochi , ed erano duecento ottanta e
più , e sapeva chi di essi era dotto e chi negligente , chi vizio
so , chi imprudente , e chi fervoroso del proprio dovere : a tutti
scriveva di propria mano , nè volle quasi mai far uso di segre
tario nel carteggio epistolare , e nelle sue lettere ammoniva e
minacciava , secondo il bisogno di ciascheduno . Così conti
nuarono egregiamente le cose sino al 1806 , epoca , in cui la
Liguria per le usurpazioni ambiziose di Napoleone Bonaparte ,
fu unita alla Francia; ed allora a molti scapito la riputazione
170
di monsignor Dania. Volendo adattarsi alle insinuazioni del
così detto ministro de culti di Parigi , ordinò al lettore di teo-,
logia del suo seminario , don Ramoini della valle di Oneglia ,
che insegnasse le ragioni alle quali sono appoggiate le così
dette quattro proposizioni gallicane. A questo insegnamento ri
pugnava moltissimo il lettore , ma pur vinto , le spiegò . In
quanto a' seminaristi , delle nuove dottrine restarono poco per
suasi e meno colpiti, giacchè vedevano apertamente venir el
leno da Parigi ; e come detestavano Napoleone che ogni anno
mieteva la gioventù con le sue leve militari, così anche gl' in
segnamenti , che di suo ordine partivano , rigettavano interior
mente.
Intanto esso Bonaparte sempre più imperversava a danno
della chiesa. Tolto violentemente di Roma Pio VII e con mas
simo oltraggio condotto a Savona , monsignor Dania grande
mente addolorato della dura prigionia del capo della chiesa ,
andava a' piedi suoi ad esprimergli i particolari suoi sentimenti
di condoglienza e di filiale ossequio. Voleva Napoleone , per
far senza del papa nella nomina ed instituzione de'vescovi , che
il capitolo di ogni chiesa cattedrale , in tempo di sede vacante ,
avesse il diritto di eleggere ed instituire il proprio pastore ; e
questa nuova dottrina cominciossi a seguire dal capitolo me
tropolitano di Parigi, accettando ad arcivescovo il famoso car
dinale Mauri , che Bonaparte aveva nominato . Più vescovi e
capitoli cattedrali dell'impero francese adottavano questa ille
gittima istituzione , e monsignor Dania fra gli altri, nel 1811 ,
conformandosi alla medesima, mandava al capitolo di Parigi
per mezzo del principe Borghese , governatore generale in To
rino , una dichiarazione in cui diceva : « subito che l'epoca
fortunata della riunione della Liguria all'impero francese fu
seguitata dalla sommissione della sua chiesa di Albenga al re
gime delle diocesi francesi , egli credette di conformarsi ai
principii e alle dottrine della chiesa gallicana ... Che questo
dovere di già sì sacro , gli divenne più urgente a motivo del
171
decreto imperiale del 25 febbraio 1810 , col quale l'impera
tore aveva dichiarato legge generale dell'impero l' editto di
Luigi XIV del 1682 relativo alla dichiarazione del clero di
Francia : la dottrina gallicana cominciò allora a propagarsi
nella diocesi di Albenga e a dissipar le nubi , che una di
fettosa o imperfetta instruzione aveva sparse sopra queste
proposizioni. E qui fatta l'apologia della dottrina gallicana ,
dichiara di aderire solennemente a' principii e alle massime
del capitolo di Parigi. Entra quindi a stabilire che la giuris
dizione episcopale non muore mai e che il ritardarne le or
perazioni, o impedirle, è un turbar la chiesa e tradire i fe
deli ; che, morto il vescovo , il governo della diocesi e l'autorità
episcopale passano al capitolo ; e qui cita la lettera del clero
di Roma in ocrasione della morte del papa san Fabiano , in
serita nell' epistole di san Cipriano ... Discende dappoi al di
ritto de' metropolitani sull'elezione e sulla consecrazione dei
vescovi, dicendo che l' istoria ci dice l' epoche e le cause dei
cambiamenti di tal disciplina , e che nell' uno é nell'altro si
stema vi furono degli abusi. Viene, in seguito allelogio di
Napoleone , e dichiara che il capitolo della cattedrale di Al .
benga aderisce solennemente a' di lui sentimenti, e che cona
serva una rispettosa memoria per monsignor Girberto Fieschi (1 )
suo predecessore che intervenne al concilio di Costanza , e
alle sessioni quarta e quinta , e che riconobbe per legittimo
il concilio di Basilea , riconosciuto ecumenico da Eugenio IV ,
quando confermò le sessioni suddette »... ( allegazioni che non
sono vere ) . Questo indirizzo di monsignor Dania fu stam
pato in Milano nel 1811 , e vedremo in appresso come l'ab
bia révocato ,
Intanto Napoleone radunava un sinodo nazionale che si
apriva in Parigi il giorno diciassette di giugno dell'anno indi
(1) Monsignor Fieschi si assentò dalla sessione quinta del concilio di Costanza,
onde dissero alcuni nel concilio essere uscito dalla città , ed altri essere indisposto
di salute . V. il Labbeo : sess. 5 .
172
cato , 1811 , ed il vescovo di Albenga v' interveniva siccome gli
altri di Francia e di gran parte d'Italia , e l'ufficio vi sostenne
di sottosegretario ed interprete di quei prelati italiani che o
non bene conoscevano la lingua francese , o in questa lingua
non sapevano esprimere i loro sentimenti, per esser egli pe
ritissimo ed eloquente a parlare l'una e l'altra speditamente.
Io conservo presso di me una lettera , che da Parigi mi scri
veva , nella quale mi notificava che Napoleone aveva fatto ar
restare e tradurre nel forte di Vincennes i tre venerevoli ve
scovi, di Tournay , di Trojes e di Gand ( per essere stati
egregi difensori delle prerogative della santa sede ) . In questo
concilio venne incaricato il vescovo di Nantes a comporre in
nome de' padri un' allocuzione da presentarsi a Napoleone :
ora monsignor Dania scrisse una privata lettera a quel pre
lato , caldamente raccomandandogli che in essa allocuzione
non lasciasse di esprimere il voto de' padri per la liberazione
di Pio VII : la lettera è del tenore seguente :
« D. D. episcopo Nannetensi. – Nihil iucundius, nihilque
a optabilius patribus concilii accidere poterat, quam te, pro
« ea doctrinae, prudentiae , pietatis laude , qua praestas , suf
« fragiorum multitudine et quasi unanimitate deligere ad com
« ponendam allocutionem , quam suae maiestati imperatoris
« nostri coram dicere sapienter decrevit concilium illa auspi
« catissima die , qua nobis datum erit obsequentis et grati ani
« mi sensa ipsi solemniter profiteri. Quamvis tamen certa no
« bis spes effulgeat, nibil te omissurum ex iis , quae a nobis
« et Deus et Ecclesia et Fideles omnes alte postulant, et iure
(Cpraestolantur; ne pigeat, privatam monitionem excipere ,
« quam signare omnes patres nedum cuperent, .sed ad pa
« candos agitatae et periclitantis conscientiae tumultus vehe
« menter gestirent. »
« Nemo nostrum ignorat, tuque oculiśmet tuis , non sine
« lacrimis , nuper vidisti , quibus in angustiis detineatur caput
« ecclesiae pater noster amantissimus , romanus pontifex , vere
173
a Pius hoc nomine septimus. Possumus ne ergo sine maximo
« nedum a Deo , sed nec a fidelibus nostrae curae commissis
« parcendo crimine , patris nostri, supremi ecclesiae pastoris
a ita oblivisci, ut in tam propitia occasione preces et lacrimas
« genuflexi coram imperatore non fundamus , ut libertati , et
a decori , et ecclesiae , et fidelibus ipsum tandem restituat ?
« Praeclara ecclesiasticae historiae exempla , et praesertim san
« cti Leonis Magni , totiusque romani concilii ad Valentinia
« num III apta et victrix peroratio , verba, actus , preces no
« bis abunde suggerit , prostratisque animis faustissimum
« exitum vaticinantur.... » ( e dopo alcuni brevi elogi di Napo
leone pel ristabilimento della religione cattolica operato in
Francia , conchiude ). « Age ergo , sapientissime et pientis
« sime praesul. Coelum , religio , orbis catholicus intentos ocu
« los in nos habent. Pro pudor ! Pro crimen ! Și hac occasione
a quae semper calva est , neglecta , et Deo , et ecclesiae , et
« fidelibus, et nobis defecisse iudicabimur ! Quod Deus opti
« mus avertat. Datum Parisiis etc.
A. Vincentius episcopus .
Questa lettera sebbene non abbia avuto buon effetto , sarà
una perpetua prova de' sentimenti che animavano monsignor
Dania .
Sciolto il concilio , ritornò alla sua diocesi, e nell' entrare in
suo territorio sul ponte delle Fate , tra Bordighera ed Ospita
letti , cominciò con tenerezza a recitare il Tedeum . Non so , se
mai altro vescovo al pari di lui ritornando dopo un lungo viag
gio alla sua sede , sia stato accolto con maggior esultanza dai
suoi diocesani: g'i andarono incontro gli Albinganesi , e la sera
del suo arrivo vennero a congratularsi seco fra musicali stro
menti. Un secondo viaggio a Parigi dovette intraprendere suo
malgrado , quando Pio VII detenuto a Fontainebleau sotto
scrisse al malaugurato concordato del venticinque gennaio ,
l' anno 1813. Esultante il prepotente imperatore di questa car
174
pita sottoscrizione, mandò a chiamare da varie parti della
Francia e dell'Italia alcuni arcivescovi e vescovi, per concer
tare col papa e co' cardinali l'esecuzione del concordato me
desimo ( 1 ) . Ma l'immortale pontefice presto riconobbe l'errore ,
e di proprio carattere lo ritrattò ; della qual cosa irritato a
guisa di leone l'altiero principe mandava alcuni cardinali con
siglieri del papa in diverse prigioni, ed i vescovi dovettero
ritornare alle loro diocesi , afflittissimi delle cose avvenute ,
- Dopo tante dolorose vicende ebbe monsignor Dania un gior
no di massima consolazione : Pio VII , ricondotto da Fontaine
bleau a Savona , entrò nella diocesi di Albenga in febbraio del
1814 , ed alloggiò nel palazzo episcopale. Quante lagrime di
tenerezza non versò l' ottimo prelato in accogliere l' esule
pontefice ? Quanta non fu là letizia ed insieme la venerazione
dell'animo suo ? Non puossi ciò meglio scorgere che dalla let
tera di ritrattazione e di filiale attaccamento , che nell'anno
medesimo indirizzò ad esso pontefice , dopo il trionfante di
lui ritorno a Roma. Degno monumento da non pretermettersi
in una storia ecclesiastica :
Beatissime Pater
Quod erat maxime in votis , animumque meum graviter
« angebat ad tuos pedes prostratum , sinceram et humilem re
« tractationem offerre Beatitudini túaė, adhaesionis meae prae
« sertim propositionibus gallicanis ; Tibique capiti visibili totius
ecclesiae , centro catholicae unitatis , Patrique sanctissimo
« et amantissimo veram et numquam filialem obedientiam im
« minutam devotissime declarare ; id laetitia et gaudio poene
« absorpto exequi haud licuit , cum redux e Fonte Blaudi, ubi
« per immanem iniuriam detentus diu fueras , in meo episco
( 1) Memorie storiche del ministero de'dae viaggi in Francia del card. Bartol.
Pacca , tom. II , parte III , cap. 1 .
175
« patu hospitare et pernoctare ipsumque tua maiestate implere
« non es dedignatus. Quod ergo tunc festiva perturbatio di
stulit , nunc perficere festino. Ad tuos igitur pedes provo
« lutus etc. » E quì professa monsignor Dania che la podestà
civile non ha diritto di decretare cosa alcuna sulla disciplina
ecclesiastica , sulla divisione e sul regime delle diocesi , e sull'
uffizio de' santi ; e che ciò compete unicamente alla chiesa , al
papa supremo pastore.
Ritratta quindi la sua adesione alle proposizioni gallicane
incompetentemente richiesta e incompetentemente prestata ,
e le lodi prodigate a ' riprovati comizii, e sottoscrive a' brevi
de' romani pontefici, Innocenzo XI , Alessandro VII , Inno
cenzo XII e Pio VI . Si duole però , che non fu nè fedelmente ,
nè intieramente stampato il suo indirizzo al capitolo metro ,
politano di Parigi, ma specialmente essere stato ommesso quel
periodo , in cui adottando la dottrina di Simmaco papa nell'e
pistola ad Avito , ribatteva la falsa asserzione di quel capitolo ,
la quale dice , che non evvi nella chiesa podestà alcuna su
periore a' canoni. Dichiara e confessa che nulla evvi più degno
di un vescovo , quanto il non deviare giammai dalla dottrina
de' romani pontefici, e di ubbidir loro sinceramente , allorchè
in virtù del loro primato definiscono qualche cosa da credersi
o da condannarsi in materia di fede « Oh ! avessi io imitato
i vostri esempi d'invitta costanza e di eroica virtù , che mo
straste all' attonito mondo nella vostra quinquennale cattività ,
allorachè mi veniva impedito di chiedere i vostri oracoli , coi
quali per divina instituzione voi siete incaricato di confermare
i vostri fratelli ! Io revoco pertanto la mia adesione alla dichia
razione del capitolo di Parigi, del giorno sei gennaro 1811 ,
tale e quale voi la rivocaste ne' brevi diretti al detto capitolo
di Parigi e a quello di Firenze , specialmente in ciò , che ri
guarda l' elezione , ossia nominazione del vicario capitolare ,
o l'amministrazione delle chiese fatta dalla podestà laicale ,
come pure quel mio viglietto , con cui fui costretto di soppri
176
mere l'uffizio di san Gregorio VII , e di riconoscere l'ag
gregazione alla chiesa gallicana. . »
Termina col dichiarare che questa dichiarazione viene a
dottata e sottoscritta dal capitolo di sua cattedrale, che già
concorse nell'opinione e sentenza del suo vescovo , e ne im
plora perdono ; protestando tutti concordemente quella fede ,
che professa la chiesa romana , ad quam propter suam prin
cipalitatem necesse est omnes ecclesias convenire (1 ) .
Albenga , 12 ottobre , 1814.
Angelo V. dell'ordine de' predic. vescovo .
Alcune brevi osservazioni ci permetteremo ancora su la con
dotta di monsignor Dania in tempo dell'impero francese . E
primieramente egli salvò dalla coscrizione militare , che è quan
to il dire dalla morte , moltissimi giovani che vestito l'abito
ecclesiastico rifugiaronsi in seminario agli studii della teologia ,
e dettero prove della sacra loro vocazione. Salvò pure dalla
oppressione generale i monasteri di Sanremo e di Taggia , che
erano soggette al dipartimento delle alpi marittime, consiglian
do quelle monache a vestire l'abito di Orsoline , ed aprire una
pubblica scuola alle fanciulle. Esse gli obbedirono ; e con que
sto mezzo termine , scrivendo a Parigi e al prefetto del dipar
timento , ne ottenne la conservazione : unico esempio forse d '
Italia in quella generale catastrofe che le religiose non siano
uscite da’loro chiostri. E finalmente Bonaparte avendo proibito
le sacre missioni , il buon prelato non desisteva mai dal pro
muoverle sotto il titolo di spirituali esercizi in ajuto de' parro
chi . Finalmente logoro dagli anni e dalle fatiche , con la calma
dell' uomo giusto vide avvicinarsi al suo termine : domandò i
sacramenti della religione con li più vivi sensi di pietà , e li ri
( 1) Dichiarazioni e ritrattazioni degli indirizzi stampati in Milano l' anno 1813
da Giuseppe Maspero ec : ; tomi 2 , Roma 1816 , presso il Lazzarini.
177
eevette pienamente consapevole dell' imminente suo passaggio
all' altra vita , a cui andò pieno di fiducia nel giorno sei di set
tembre , l' anno 1818. « Di lui , così mi scrive il mio amico ,
& canonico Lotti, di lui si parla sempre onorificamente in que
« ste parti , e se ne deplora la perdita ; e potete dirlo e stam
a parlo francamente : nessun elogio sarà maggiore del sud me
« rito. Non si spera di aver giammai un uomo dotto , zelante
e disinteressato come monsignor Dania. »
>
XXXVIII. MONSIGNORE CARMINE CORDIVIOLA .
Monsignor Carmine Cordiviola , nato in Catania , il 19 8bre .
1774 era canonico della metropolitana di Genova , quando fu
eletto al vescovado di Albenga il giorno due di ottobre l'anno
1820. Nella sua prima lettera pastorale applicava a se stesso
quel versetto del salmo : pauper sum ego , et in laboribus' à
iuventute mea , exaltatus autem , humiliatus súm et contur
batus. E diceva con ciò non esser egli di ragguardevole fami
glia, nè per la nobiltà degli avi, nè per la copia delle ricchezze,
tuttavia essendo stato chiamato al servizio degli altari, aver la
vorato nella vigna del Signore sin dalla prima sua gioventù ; e
di fatto era così. Dotato di acuto ingegno , di scienza , di fa
condia , di piacevoli maniere, di una tromba di voce dolce e
robusta , erasi distinto nelle sacre missioni , è nelle evangeliche
sue omelie da tutti ascoltate con plauso. Venne alla sua diocesi
con ottime intenzioni ed insieme con sinistre prevenzioni , che
sotto il suo antecessore avesse préso voga inggran parte dei
sacri ministri il giansenismo. Cominciò il suo governo , per usare
le parole di Carlo Denina sul carattere di un gran personaggio ,
con volere far troppo , troppo presto , e da se solo . Pochi
giorni dopo il suo arrivo , rimuove dalla direzione del semina
rio un vecchio canonico e penitenziere della cattedrale con ma:
niere sì poco cortesi , che subito dispiacquero anche a coloro ,
12
178
che giudicavano doversi concedere a quel vice - rettore il riposo :
aliena dalla sua confidenza il vicario generale, uomo di sommo
merito , e di savissima e consumata prudenza, e ne sostituisce
un altro , e poco dopo un terzo in brevissimo spazio : pubblica
colla stampa nuove regole a' seminaristi , e poco dopo tro
vasi costretto a variarle in gran parte. Procedimenti tutti pre
cipitosi ed irregolari, che gli conciliarono la generale disappro
vazione. Credendo di trovare il giansenismo accovacciato in se:
minario , visita improvvisamente tutte le stanze de' chierici , e,
dopo le più minute diligenze non vi trova neppur un solo libro
proibito : sorprende tutti i manoscritti del maestro di teologia ,
e vi riconosce una dottrina immacolata. Disingannato su di
questo particolare , poco per volta si accerto che il supposto
giansenismo della diocesi di Albenga non era che una larva :
richiamò presso di se i missionari diocesani , e li provò buoni
operarii , conobbe che i parrochi ed i confessori più sospetti
ordinariamente seguitavano la teologia morale dell' Antoine ;
sperimentò in fine sul proprio conto , che non bisogna credere
a tutto , nè credere così presto , e non essere veloce ad operare,
per non aversi poi a pentire inutilmente. Utilissima massima ,
raccomandata specialmente dal beato Alfonso de Liguori , il
quale insegna che « un vescovo al suo arrivo in diocesi non
« cominci subito a far novità , ma lasci trascorrere cinque o
« sei mesi , senza operare cosa di rilievo , sia per disporre gli
« animi , sia per assicurarsi con gli occhi propri dello stato
« delle cose , »
Monsignor Cordiviola intraprese la visita pastorale di tutta
la diocesi , la qual visita potrebbe anzi chiamarsi una marcia
sforzata : tanto fu precipitosa ; e la sua sanità se ne risentì ir
reparabilmente. Dopo quella scorsa celebrò il sinodo in ottobre
nel 1824 , la cui maggior fatica cadde sopra il dotto e pruden
tissimo lettor teologo del seminario , che ne fu il promotore ;
molti utilissimi decreti vi furono stabiliti. Dispiacquero però
a certuni le troppe pene pecuniarie che a' sacerdoti e ai par
179
rochi trasgressori degli ordini sinodali venivano imposte ; ma il
vescovo fu tenace del proprio sentimento , persuaso com'egli era
chela più efficace maniera di esigerne la osservanza , era appunto
quella di multare con la pecunia i violatori della legge. E certa
mente, se monsignor Carmine fosse vissuto più a lungo , avrebbe
inesorabilmenre fatto eseguire i suoi provvedimenti , e la dio
cesi avrebbe migliorato . Non minor fatica gli costò l'impresa di
fondare un secondo seminario in Alassio , per trattenere in esso
i chierici nel tempo delle vacanze. Ammaestrato di certa spe
rienza, conosceva che i seminaristi , finito il corso annuo delle
scuole , ritornando alle lor case in seno a' parenti, perdono nel:
l'oziosità e nel divertimento quel poco di bene che a stento hanno
acquistato nel corso dell'anno scolastico ; e sul principio di no
vembre ritornando in seminario , penano a sottoporsi nuova
mente al giogo e a guarire delle segrete piaghe in cui erano
ricaduti. Il peggio è , che i parochi e i vicarii foranei , a ' quali
specialmente incombe di sorvegliare alla condotta de' chierici ,
rilasciano indistintamente , agli studiosi e a' pigri , a' morige
2 rati ed a viziosi , certificati di saviezza , di frequenza a ' sacra
menti ecc . ; ed in questa maniera concorrono ad ingannare il
vescovo sul punto essenziale della vocazione de’giovani allo stato
ecclesiastico . Volendo riparare monsignor Cordiviola ad un di
sordine così grave , e togliere il pretesto dell' aria malsana del
locale di Lusignano, domandò ed ottenne dal governo un ampio
convento derelitto della città di Alassio, per formarne un picciol
seminario ed un ameno soggiorno di tutti i chierici ne’ mesi au
tunnali. Certamente l'intendimento di questa impresa era lode
volissimo; ma forse maneggiata la cosa con poca grazia gli costo
gravissimi disgusti. La sua sanità ebbe tanto a risentirsene, che
6 di un uomo prosperoso e robusto qual egli era , videsi ridotto
ad una totale emaciazione. Spero di trovare miglioramento in
Genova , ma subito dopo del suo arrivo vi trovò la morte ed il
sepolcro , nel giorno 29 di agosto del 1827 ; perdita gravissima
al suo seminario , che lasciò erede di sua biblioteca. OOK
180
Al giorno d'oggi regge la diocesi di Albenga con forza e soa
vità monsignor Tommaso Pirattoni , già dell'ordine dei pre
dicatori , eletto nel 1832.
XXXIX . VESCOVATO DI NOLI .
L'attuale diocesi di Noli formava anticamente una parte di
quella di Savona . Reggendo questa diocesi nel principio del se
colo decimoterzo il vescovo Alberto , a cui per l' egregie sue
virtù da molti scrittori e dalla voce de' popoli fu attribuito il
titolo di beato ; avvenne che gli abitanti di Noli per una pro
pria loro pretensione occuparono il castello di Spotorno , che
nello spirituale ed insieme nel temporale dipendeva da vescovi
savonesi; s'impadronirono inoltre de' beni che alla mensa epi
scopale appartenevano. Di questa usurpazione non volendo ri
conoscere nè il proprio errore , nè le altrui ragioni , il vescovo
Alberto , nel 1227 , fulminava l' interdetto a quegli abitanti ;
pena terribile , che ancor più gļ irritava é indispettiva contra
il proprio pastore. Di tal cosa fu altamente commossa la re
pubblica di Genova , giacchè i Nolesi avevano prestato nelle in
traprese delle crociate molti segnalati servigi , e per gli arma
menti e pel valore eransi bravamente distinti. Non minor dispia
cere ne provava papa Gregorio IX , il quale sapeva che Noli ,
picciolo borgo , aveva resistito intrepidamente al gran nemico
della chiesa e della santa sede Federigo II , senza che gli esempi
delle terre circonvicine che all'imperatore eransi soggettate , e
le esortazioni di Cesare e le sue minacce fortissime valessero
punto a smuovere la fede e la costanza che al papa avevano
promesso. Essendo pertanto così benemeriti del governo di
Genova e della chiesa i Nolesi , il pontefice Gregorio , calda
mente pregato dalla repubblica , consentiva nel 1239 a decorare
quel borgo col nome e con tutti i privilegi di città , e ad eri
gervi una sede vescovile , affatto indipendente da quella di Sa
vona.
181
Questa erezione si fece da Giacomo di Pecorara , nativo di
Pavia , cardinal vescovo di Palestrina , coll' occasione che
mandato dal papa legato in Francia , passò per Genova e per la
riviera . Di quì nacque quel verso : urbs meruit dici , mutato
nomine vici. Il primo vescovo di Noli fu Guglielmo che inoltre
reggeva la sede di Brugnato , vescovo perciò di due chiese cat
tedrali, come appunto oggidì un solo prelato governa la dio
cesi di Savona e quella di Noli. Però per breve tempo la cosa
fu così , giacchè Innocenzo IV , nel 1245 , volle che ciasche
duna delle due chiese avesse il proprio vescovo residente ; e
soppresso in Noli l' antichissimo monastero di santo Eugenio ,
le rendite ne assegnò alla mensa vescovile.
Molti furono i vescovi di Noli pel vasto sapere e per la bontà
della vita assai rinomati , ma per la maggior parte venivano
traslati ad altre sedi più cospicue , o promossi ad altre dignità
ecclesiastiche , sia pel raro loro merito , sia anche perchè la
mensa episcopale dava troppo scarse rendite , e la diocesi a
pochissime miserabili parocchie era ristretta. Tali furono fra
gli altri il cardinale Giorgio del Fiesco , di cui altrove abbiamo
dato le opportune notizie ; Antonio Ferrero savonese vescovo
di Noli , nel 1504 , pur creato cardinale , di cui scrivono con
lode l’Oldoini e il Ciaconio ; il cardinale Gerolamo Doria , che
per ordine di Paolo III amministrò la chiesa di Noli , dal 1540
al 1548 , commendato similmente da due or notati autori e
più ancora dal Foglieta , negli elogi de' liguri illustri. Sino a
questi tempi la chiesa cattedrale , dedicata ad onore di san
Paragorio , sussisteva fuori le mura ; ma sul finir del secolo
il vescovo Leonardo Turco , collassenso del pontefice Gre
gorio XIII , la trasferì entro la città , nella chiesa di s. Pietro .
Timoteo Berardi , genovese , procuratore generale de car
melitani , letterato insigne , aveva insegnato filosofia in Pa
dova , teologia in Roma , quando , nel 1588 , fu eletto al ve
scovato di Noli , che governò con sapienza e pietà sino al 1616.
Fu suo successore , nell'anno stesso , Angelo Mascardi di
182
ragguardevole famiglia di Sarzana , e resse quella chiesa sino
al 1645 .
Stefano Martini , di nobile famiglia di Alassio , referendario
dell'una e dell'altra segnatura , da Innocenzo X fu creato
vescovo di Noli , la quale sede lodevolmente egli tenne per lo
spazio di anni quaranta .
Fu eletto , nel 1687 , il suo successore Giacomo Porrata ,
dottore di ambedue le leggi, rettore da prima della chiesa par
rochiale di san Marco in Genova , ed indi canonico arcidia
cono della metropolitana , ma sol due anni ei visse in quella
sede.
Paolo Andrea Borello , genovese , de' chierici regolari bar
nabiti , maestro di filosofia e di teologia , consultore in Roma
della sacra congregazione dell'Indice , promosso alla sede ve
scovile di Noli nel 1700 , la resse per un decennio.
Giuseppe Sauli - Bargagli , genovese , assistente generale dei
chierici regolari minori , per due soli anni fu vescovo di Noli.
Nominato il suo successore , nel 1713 , Marco Giacinto Gan
dolfo , già sindaco e rettore dell'insigne collegio de' teologi in
Genova , deputato alla congregazione della carità e dello spe
dale degli incurabili , esaminatore sinodale degli ordinandi e
de' confessori , censore de' libri nell' officio della sacra inqui
sizione , fu dottissimo e piissimo prelato , modello di virtù e
padre de' suoi diocesani.
XL . MONSIGNOR BENEDETTO SOLARO .
Di tutti i vescovi di ' Noli non vi sarà pel tempo avvenire al
cun per avventura più celebre di monsignor Benedetto Solaro ,
del quale però non puossi quì pretermettere un imparziale e
distinto ragguaglio . Benedetto Solaro , di onestissima e civilis
sima famiglia genovese , essendo entrato in sua adolescenza
nell'ordine de' predicatori , aveva dato certissime e moltiplici
prove di vasta scienza e d'irreprensibile religiosa osservanza .
183
Per queste ottime sue qualità , sulla proposta del governo di
Genova, Pio VI lo promosse nel 1778 al vescovato di Noli , ove
subitamente si fece conoscere pel suo zelo , per la sollecitu
dine ed amorevolezza pastorale. Faceva gli uffizi di paroco , di
sacerdote , ed abbisognando , anche di sagrestano ; padre dei
poveri era sempre spogliato di roba e di danaro ; e dopo che
tutte le obbligazioni episcopali aveva adempiuto , l' orazione e
la lettura dividevano quasi tutte le ore di suo vivere , sì di
giorno che di notte , giacchè dormiva pochissimo , ed era san
tamente sobrio e severo con se stesso . Le opere de santi padri
e de' concilii teneva sempre fra le mani , e degli autori mo
derni preferiva nelle cose teologiche e controverse il Bossuet ,
e nel dritto canonico il Van-espen. Diventò in conseguenza un
uomo versatissimo nella storia ecclesiastica , nelle questioni
scolastiche , nelle cose disciplinari antiche e moderne. Riser
vato a 'se , a' suoi libri ed a' suoi doveri, monsignor Benedetto
Solaro godeva meritevolmente di una giusta riputazione, quan
do nel 1794 Pio VI di sempre gloriosa rimembranza emanò la
bolla dommatica Auctorem Fidei , nella quale condannava il
conciliabolo di Pistoia. Questa bolla per ordine dell'inquisitore
di Genova , il padre Gio. Stefano Anselmi , venne affissa alle
porte della chiesa cattedrale di Noli , e non si tosto lo seppe il
vescovo , che altamente se ne offese. Se ciò con ragione o a
torto , se la pubblicazione siasi fatta in seguito ad una privata
resistenza di monsignore , se di qualche maniera sia stato im
prudente quell' inquisitore , io nol dirò ; perchè non posso a
verne sicure prove. Il fatto è che monsignore se ne dolse , di
staccò incontanente dalle porte di sua chiesa la pontificia con
danna , nè vole annunziarla al sup clero. Di questa sua op
posizione scrisse subito al governo della repubblica una al
quanto lunga dissertazione , nella quale volendo spiegare i mo
tivi che lo avevano indotto a così regolarsi, dice che ciò era sì
pel merito della bolla in cui scorgeva ingiuste condanne , Sì
per la forma della pubblicazione che , secondo lui , era illegale
184 :
per non avere il visis del senato , sì ancora perchè offende
vansi i diritti de' sovrani . Non si tosto questa scrittura ms. fu
conosciuta , che ognuno ne cercava avidamente una copia ; e
passata nelle mani di tutti , piacque a pochi , e dispiacque a
moltissimi , veggendosi chiaramente in essa che un vescovo
erigevasi censore della santa sede. Ne venne quindi un rumore
gravissimo , disapprovazione e scandalo , nè poteva essere al
trimenti , non solamente in Liguria ed in Italia , ma ben an
che oltremonti, ove l'autorità della santa sede , come meritasi,
è rispettata. La quale disapprovazione conobbe egli stesso mon
signor Solaro , ed espresse in quella lettera che mandò a ' co
mizi de' vescovi costituzionali radunati in Parigi , nella quale
dice così : « ex quo parva quadam lucubratiuncula Pii VI iu
« dicium oppugnavi , quo contra fas moremque maiorum Pi
« stoiensis concilii acta et decreta damnavit , et illamet do
« ctrinae capita quibus nostri ordinis libertas stat , et reipu
« blicae salus ac dignitas in tuto sunt , labefactare ausus fuit,
« magnam non apud romanos modo , sed apud italos caete
« ros , ipsosque ligures meos eo nomine conflatam sustineo
« invidiam , tamquam si ( quod absit ) romanae ecclesiae au
« ctoritatem parvi faciam et a pontificis maximi obsequio fi
« deque discedam etc. ( 1 ) >> bote
Se per l'aperta confessione di monsignor Solaro la sua op
posizione alla bolla Auctorem Fidei veniva riprovata non dai
soli romani , non da’ liguri soltanto , ma da tutta l'Italia , e
perchè non diffidare de' lumi suoi particolari , e conoscere e
ritrattare il proprio errore ? Aveva egli dunque più buona 0
pinione di se stesso che di tutto l' episcopato , che della santa
sede medesima ? Tal è l'accecamento dell'uomo sedotto da
perniciose dottrine . Non è quindi meraviglia , se a quei falsi
suoi principii abozzati nel ms. diede poi uno sviluppamento
( 1) P. Benedictus Solarius Naulensium episcopus reverendis. episcopis Gallicani
concilii Lutetiae Parisiorum Procuratoribus S. D. ... Naulis in Liguria A. D. X
cal. jun. MDCCCI. Iobtengapeach sidesses su
185
esteso e corredato di testi de' padri e de' concilii mal a propo
sito , formandone due piccioli volumi che mandò alla pubblica
luce. Ma non si atterriva nè dell erudizione , nè delle fallacie
del raziocinio del vescovo di Noli il dottissimo cardinale Gia
cinto Gerdil , che intraprese a confutarlo egregiamente nella
sua apologia , stampata in Roma nel 1802 , e dedicata a.
Pio VII.
Di errore in errore precipitava monsignor Solaro , e ne è
una prova la sua lettera di attaccamento e di comunione che
mandava a' vescovi costituzionali scismatici , radunati a conci
liabolo in Parigi nel 1797 , ed indi la lettera seconda inviata
a' procuratori de’ medesimi congregati , nel 1801. Da quali es
sendo egli invitato a intervenire alla loro assemblea , rispon
deva essere ben grande ed ardente il suo desiderio di portarsi
a Parigi ed unirsi a loro , per la qual cosa non avrebbe per
donato a disagi , nè a spese ; ma solo sottrarsene per lo do
vere di assistere alla diocesi propria : ecco le precise sue es
pressioni « quam cuperem magno episcoporum conventui, qui
« isthic A. D. M. Cal . Iul. indictus est, interesse... Non vi
giliis , non laboribus parcerem , peregrinationis incommoda
a susque deque haberem , rei familiaris dispendia quaestum
« uberrimum reputarem . Sed ne desiderio nostri vestro , stu
( C dioque in vos nostro satisfiat, impedimento est huius eccle
« siae , cui me potissimum addictum divina providentia vo
« luit , defensio et procuratio » (1 ) . Non mancò per altro di
andare a Parigi e di unirsi a quegl' intrusi un grande amico
di monsignor Solaro , don Eustachio Degola genovese , por
tando seco la sottoscrizione di otto altri sacerdoti e di due
avvocati : e questa fu riputata dagli scismatici una onorevole
e grata deputazione delle chiese d'Italia , che concordava
colle massime gallicane (2) .
(1) Initium epistolae ut supra cit.
( 2) « Eustache Degola , ce prêtre de Gênes , qui vint au concile de la part de
186
Fu pure chiamato monsignor di Noli da Napoleone Bona
parte a portarsi a Parigi nel 1811 alla radunanza de' vescovi
d'Italia e della Francia sotto il nome di concilio nazionale ,
ma si scusò con addurre motivi dell'età e della salute ; però
ad un suo amico scrisse in confidenza : io non vengo al con
cilio nazionale , perchè non ne spero niente di bene.
Non devo per ultimo tacere la circolare che , dopo essere
stata usurpata la Liguria da Napoleone ed incorporata alla
Francia , scrisse monsignor Solaro l'anno 1810 , al capitolo
di sua cattedrale e al clero di sua diocesi , sopprimendo l'of
ficio e la messa del pontefice san Gregorio VII . Circolare
piena d'ingiurie e di calunnie alla santa sede , alla romana
congregazione de' sacri riti , alla memoria anche ed al culto
di un tanto pontefice, che , dopo aver combattuto intrepida
mente contra tutte l' eresie e tutti i vizi del suo secolo , di
fesa la chiesa dagli assalti di principi prepotenti ed irreligiosi ,
fu illustrato da Dio di molti gloriosissimi miracoli. Io tengo
sotto gli occhi miei questa circolare, mentre ora sto scriven
do : sono stato meco stesso alquanto dubbioso , se per l'eru
dizione della storia era bene qui inserirla ; ma credo meglio
accennarla che trascriverla , riputandola del pari indegna di
un vescovo che meritevole di 'tenebre perpetue.
Tenace delle sue illusioni monsignor Solaro non meno che
de' suoi illibati costumi, non volle mai dar a conoscere di aver
errato , e per questa ragione credesi che non abbia mai fatto
una visita di rispetto a Pio VII relegato a Savona , onde così
non si congetturasse di sua, ritrattazione. Del resto era ad
dolorato della di lui prigionia : appena ne vide la liberazione,
che cessava di vivere sulla fine di aprile 1814 , soggiornando
in Genova.
« huit ecclésiastiques et de deux avocats et qui y fut reçu avec admiration ,
« comme député des eglises d'Italie ; Solari évêque de Noli etc. » Dictionnaire des
Conciles par l'abbé Filsjean chanoine de la cathédrale de Saint- Claude. A Paris
MDCCCXXIX ches Gauthier frères.
187
XLI, VESCOVI DI SAVONA : IL BEATO OTTAVIANO .
Vado , oggidì picciola terra , famoso a' tempi della romana
repubblica per accampamenti militari, patria di sommi per
sonaggi , aveva sede episcopale ne' primi secoli della chiesa .
Vescovo di Vado , episcopus Vadensis , è chiamato quel Be
nedetto che l'anno 680 intervenne al sesto concilio generale
celebrato in Costantinopoli sotto il papa Agatone contra i Mo
noteliti. Da Vado venne traslocata la sede episcopale a Savona,
l' anno 994 , per opera singolarmente del vescovo Bernardo . In
questa diocesi comprendevasi quasi sino alla metà del decimo
terzo secolo il borgo di Noli coll' insigne monasterio di santo
Eugenio , come altrove abbiamo narrato .
Quattro sono i vescovi di Savona , illustri per lo splendore
di santità , che alla loro morte furono decorati del titolo glo.
rioso di beati dall'unanime consenso del clero e del popolo
e dalla penna di molti scrittori: il beato Amico , eletto l'anno
1049 , il beato Ottaviano nel 1119 , il beato Vidone che sotto
Alessandro III intervenne al concilio Lateranense nel 1179 , il
beato Alberto di Novara che fioriva , nel 1221 , a' tempi di Ono
rio III . Solo il beato Ottaviano è quello, le cui reliquie si sono
sempre onorate con una particolare venerazione , riposte entro
di una cassa ornata di varie figure , per la ragione che vivente
e defunto veniva da Dio illustrato di molti miracoli: tum vi
vens , tum mortuus miraculis claruit , come leggesi presso
Ughelli. Nel suo ingresso all' episcopato trovò motivi digrande
disgusto. Imperocchè il beato Amico suo antecessore aveva
dotato di molti beni i canonici della cattedrale , ed il diritto
delle decime aveva loro conceduto nel territorio di Noli , con
la condizione che vivessero riuniti in società , a guisa di reli
giosa famiglia. Ma questa condizione non osservossi per lungo
tempo. Godevano intanto i canonici de' proventi loro assegnati
e si dividevano le decime, e ciascheduno faceva la sua casa
188
particolare, restando così disciolto il comune convitto . A que
sto abuso costantemente si oppose il beato Ottaviano , sollecito
di ridurre l'osservanza alla prima instituzione, e naturalmente
incontrar doveva non poche difficoltà e fastidi non leggeri.
Non isgomentossi egli perciò , anzi fermo nella buona sua ri
soluzione , intimò a' trasgressori la privazione delle comuni
rendite canonicali ; e ne restarono spogliati effettivamente per
tre anni consecutivi, quando alla fine secondando lo zelo del
santo pastore , ripigliarono il vivere comune. Ella è questa la
sola azione che la storia di que' tempi ci ha conservato del
beato Ottaviano ; ma benchè l'unica venuta a nostra notizia , se
giustamente ponderasi nelle circostanze di allora , equivale ad
un compiuto elogio .
Mancandoci le memorie stampate , mi sono diretto al genti
lissimo don Giuseppe Belloro , canonico arcidiacono della cat
tedrale di Savona , assai chiaro per la dottrina e pel merito di
religiose virtù , pregandolo a favorirmi di qualche notizia ine
dita , se pur ve n'era ; ed egli avendo avuto la bontà di com
piacermi , riporto per intiero la sua lettera : cosa in vero che
rincrescerà alla di lui modestia , ma io sono persuaso che
puossi talvolta dispiacere agli amici , per trasfondere al pub
blico notizie utili .
UNE
4.
Savona 11 novembre 1836. ER
« Poco e nulla versato nella cognizione delle cose patrie ,
ma disposto a servire gli amici , cercherò quanto posso di sod
disfare alle sue istanze . Nulla fino a questo giorno , ch'io sap
pia , fu dato alla luce riguardante la storia del beato Ottaviano ;
notizie manoscritte ne esistono , ma sparse di errori e prive di
critica. BAT
« L'anno in cui nacque non si conosce , quello della morte è
il 1128. La patria è ignota , come pure la famiglia. Ciò che sap
piamo di certo riguardo a questo beato , lo abbiamo nell'officio
189
de' santi particolari alla nostra diocesi , e le lezioni dello stesso
beato approvate da Roma : le recitiamo nel giorno di sua festa,
fissata nella prima domenica di agosto. Da queste consta — Che
Ottaviano facendo i suoi studii in Pavia , acceso dal desiderio
dell'eterna vita , si consacrò a Dio nel monastero di s. Pietro in
Cielo Aureo dell'ordine di s. Benedetto nella medesima città ,
dove tanto profitto che la fama della di lui santità si sparse in
lontani paesi. La chiesa di Savona , vedova in quel tempo di suo
pastore per la morte di Guglielmo, elesse Ottaviano per vesco
vo , mossa da divino consiglio . Sebbene governato abbia per
pochi anni ( e questi anni non ben si conoscono ) questa chiesa ,
pure diede tali prove di vigilanza pastorale e di perfezione evan
gelica , chè niun'altra dote necessaria ad un vescovo poteva in
lui bramarsi , rimanendo ancora in Savona per costante tradi
zione la memoria di alcuni fatti riguardanti la di lui accesa e
vivissima carità , e venendo anche dalle antiche imagini questo
beato rappresentato sempre in atto di porgere l'elemosina ai po
verelli. Morì in Savona pieno di anni, nel 1128. Morto appena,
fu proclamato santo da tutta la città e da' paesi circonvicini , i
quali accorsero in folla a venerare la sua spoglia , che per varii
giorni convenne lasciare esposta nell'antica cattedrale ( situata
dove ora è il forte ) onde soddisfare alla comune pietà e divo -
zione. Da questo tempo venne sempre venerato qual santo . Tra
scorsi qualche anni dalla di lui morte , il clero ed il popolo di
Savona collocarono il suo corpo in un'urna decente a particolare
cappella . Ma nel secolo decimosesto essendo stata demolita e get
tata a terra l'antichissima e sontuosa cattedrale da'Genovesi per
edificarvi il presente castello , affinché quel sacro pegno non ri
manesse privo del dovuto onore, venne trasportato nella chiesa
parrochiale di san Pietro , e riposto sopra uno degli altari della
stessa chiesa , dove i Savonesi accorrevano in folla a venerare
l'amatissimo patrono . Finalmente edificata la nuova cattedrale ,
in questa fu con gran pompa portato nell'anno 1605 , e posto
nella cappella di santo Stefano , dove presentemente con grande
190
pietà è serbato e venerato ( e dove nell'anno trascorso 1835 es
sendo miracolosamente preservate dalla peste a noi vicina questa
città e diocesi , i devoti Savonesi appesero una lampada di ar
gento in onore del santo ed in memoria dell'ottenuto beneficio,
avendolo invocato assieme alla beata Vergine della Misericordia ).
I vescovi Savonesi nelle loro visite pastorali sempre con pietà
e tenerezza osservarono e venerarono il corpo di questo beato
2
( e ne trovarono anche a' nostri dì alcune parti quasi intatte ,
specialmente il petto con cartilagine flessibile , il capo poi è
quello che sofferse l' ingiuria dei tempi , essendo sempre stato
scoperto , specialmente ne' giorni di sua morte , e toccato da’fe
deli con immagini e panni ) . Tutti quanti invocarono con de
vozione il di lui patrocinio , ben ne provarono il salutare ef
fetto , in ispecial modo quando, imperversando la pestilenza nel
1657 , per placare l'ira dell'Altissimo fu portato quel sacro pe
gno in giro alla città con pubblica processione del clero , dei
eittadini , e di tutti gli ordini. Ed in tutte le calamità di nostra
patria , dopo la Vergine della Misericordia , i Savonesi rimasero
salvi ed incolumi, muniti di questo presidio. Pertanto in atte
stato di riconoscenza e di amore verso del liberalissimo loro pa
trono e pastore cercarono i Savonesi di ottenere dall'Apostolica
Sede la facoltà di recitare in di lui onore la messa e l'officio ; e
eavati ed estratti dall'ingiuria del tempo i monumenti che fanno
fede della venerazione ch'egli ebbe in ogni età , nell'anno 1783,
ottennero delle loro preci il felice conseguimento. Questo è quan
to io posso inviarle di certo e sicuro intorno al nostro santo :
soprattutto la prego per carità a non nominarmi nella sua sto
ria , non meritandolo io in alcun modo , e tanto meno le no
tizie che così malamente scritte fanno fede del poco ingegno di
chi le raccolse. Se valgo in altra cosa ecc. » tib store
Si 013avU125 Zenada i acolye Baaide de
22,1 g 2 gifs Arcidiacono Giuseppe Belloro.
191
XLII. CONTINUAZIONE DEI VESCOVI DI SAVONA .
Dopo avere scritto de' vescovi Savonesi per la santità della
vita venerevoli , ragion vuole accennare quelli che si segnala
rono nella scienza , o in utili e religiose imprese. E fra costoro
non deve passarsi sotto silenzio il vescovo Ambrogio della no-.
bilissima famiglia del Carretto , che assunto alla cattedra epi
scopale l' anno 1183 , fu delegato da Urbano III a ridurre a
miglior osservanza il rilassato monastero di san Quintino , nel
luogo di Spigno : la quale abbazia posteriormente soppressa ,
ne vennero applicati i proventi alla mensa vescovile , con di
verse obbligazioni alle parocchie adiacenti al monastero. Degno
è similmente di particolare memoria Paolo di Gherardo de'Va
sconi da Bergamo , dell'ordine di santo Agostino , il quale dopo
essere stato per più anni lettore di teologia nell' università di
Parigi , fu eletto vescovo di Savona nel luglio del 1342 , e con
secrato vescovo di Avignone . Giovò non poco alla sua chiesa
ed al popolo Savonese , specialmente nell' orribile pestilenza del
1348. Egli trasse dalle solitudini di san Bartolomeo del Bosco
i romiti agostiniani, collocandoli a santo Stefano presso la città
di Savona fuori la porta della Guarda. Gherardo non meno
glorioso per dottrina che per santi costumi pose fine a' giorni
suoi, l'anno 1355, secondo il Verzellino , o l'anno 1356 , giusta
le notizie del Tiraboschi e dell' Ughelli , il quale aggiunge che
Gherardo aveva scritto la storia de vescovi suoi antecessori.
Egli aveva ordinato di essere sepolto in Bergamo , dove erasi
fatto preparare il sepolcro , ma venne deposto presso i suoi re
ligiosi in s . Stefano , e dappoichè gli agostiniani verso il 1365
passarono a fabbricarsi il convento nell'interno della città ,
trasportarono nella nuova chiesa di santo Agostino il corpo di
Gherardo , come puossi leggere più minutamente nelle memo
rie Savonesi del citato Verzellino (1 ) .
(1) Spotorno storia letter. tom . 2 , pag. 89 e seg.
192
Giovanni Valerio Calderina , di patria genovese ovvero savo
nese , se pure non fu di Calderina , picciolissima parrocchia di
Albenga , nel territorio di Diano , come conghiettura il padre
Spotorno , era un dottissimo giureconsulto del secolo decimo
quinto , ed onorato giusdicente in parecchie città dello stato
ecclesiastico . Dopo aver difeso con gli scritti suoi i diritti del
comune di Todi , ottenne il vescovato di Ajaccio , indi di Sa
gona in Corsica: Fu indi traslato da Eugenio IV , nel 1443 , alla
sede episcopale di Savona , ed infine a quella di Albenga nel
1467 : per la sua erudizione commendato dall' Oldoini e da
Ferdinando Ughelli.23981 BÉCSI TAVLA antiq ၊
Il suo successore , nel 1467, fu un prelato di sommo merito ,
Gioanni Batista Cibo , che venne poi assunto alla cattedra di
san Pietro col nome di Innocenzo VIII , del quale nella vita
de' pontefici genovesi ci riserbiamo a ragionare estesamente .
Così egualmente dovremo tessere lunga memoria di Giuliano
della Rovere che , dopo di Pietro Gara immediato successore
del Cibo , fu pur vescovo di Savona , e creato sommo ponte
fice col nome di Giulio II . igida vista
Galeotto della Rovere , nativo di Lucca , figliuolo di una so 1
rella di Giulio II , amatissimo non solo dal pontefice suo zio ,
ma ancora dalla romana curia , e dallo stesso romano popolo
sì per la soavità delle sue maniere, che per lo splendore di suo
vivere, fu investito de vescovadi di Noli e di Savona, nel 1502 ,
ed inoltre di Cremona , di Lucca, di Pavia , dell'arcivescovato
di Benevento e di altre chiese ancora , le quali tutte reggeva
per mezzo de'suoi vicarii . Decorato , nel 1505, della sacra por
pora , brevissimo tempo potè godere di tanti onori e beneficii ,
avendo la morte dato fine a' floridi suoi giorni nel giorno un
dici di settembre del 1508. La profusa sua liberalità fece a
tutti disgustosa e deplorata la sua morte : quem populus roma
nus ex animo lurit, scrive il Ciaconio . Non potrebbe formarsi
in brevi parole un più compiuto elogio. Giace ora seppellito
Hoy le gustest sinon bastja 4
193
nella chiesa di san Pietro in Vincoli, già suo titolo cardinali
zio , nel sepolcro di Sisto IV .
Agostino , figliuolo di Giovanni Spinola , nato in Savona , fu
il primo che illustrò la nobilissima sua famiglia dello splendore
della sacra porpora nel 1527. Nell'anno medesimo fu pro
mosso al vescovado di Savona, che resse un decennio per mez
zo di un vicario. La ordinaria sua residenza era in Roma ,
dov'era camerlengo di S. R. C. a cui competeva di que'tempi
provvedere la città di annona . In questo ufficio , così difficile a
procurarsi la sofferenza pubblica , ebbe egli tanta abilità che
guadagnossi la comune stima e benevolenza , per la ragione
che ne apporta il Ciaconio : « quod illo aevo sacri ordinis ne
a minem Roma senserit magis munificum , atque in egenos ,
« clientes , contubernales , atque amicos benignum magis ac
profusum ; cum alioqui a luxu ipse domestico ac fastu ex
« terno quam maxime abhorreret. » Con questo elogio concorda
perfettamente quello che di lui formò il Foglietta , scrivendo.
che « a tutto il mondo fu chiarissimo il nome del cardinale A
gostino Spinola per la perizia degli affari , massime della que
storia , per la grazia somma che godeva presso il romano pon
tefice , pel suo disinteresse , per la dolcezza de' suoi costumi >
nè altre vie che queste egli conobbe per ascendere alla sacra
porpora » . In Roma cessò di vivere, nel giorno diciotto di otto
bre l'anno 1537 , ed a Savona trasferito il suo corpo , giace
sepolto nella tomba di sua famiglia. Sarà particolarmente me
morabile il suo episcopato per la duplice apparizione della SS.
Vergine al contadinello Antonio Botta , avvenuta la prima il
giorno diciotto di marzo , la seconda , addì otto di aprile nel
1536 , nella valle di san Bernardo in viciñanza di Savona ; e
da qui ebbe origine il santuario di nostra Signora della Mise
ricordia , non alla sola Italia , ma alle più remote regioni
veneratissimo.
Ettore Fieschi famoso giureconsulto , gravissimo cittadino,
ed onoratissimo legato della repubblica nella fine del secolo
13
}
194
decimo quinto , fu il padre di tre vescovi di Savona che, l'uno
consecutivo all'altro , ressero quella sede con dottrina e con
merito. Giacomo , il primo di questi tre fratelli, fu rivestito
dell' episcopato , nel 1537. A' tempi suoi la cattedrale antica
fu rovinata per edificarvi il forte , che ordinava la repubblica.
Niccolò gli fu successore , nel 1546 ; e questi ottenne da Paolo
IV la chiesa de conventuali di san Francesco , la quale per
alcun tempo servì di cattedrale. Giovanni Ambrosio fu vesco
vo , dal 1564 sino al 1576.
Domenico Grimaldi il seniore , dovendosi distinguere da un
suo pronipote dell'istesso nome , fu creato vescovo di Savona
da Gregorio XIII , nell'anno 1581. Venne indi traslato alla
chiesa di Cavaillon , e finalmente all'arcivescovado di Avignone,
ove morì nel 1592. Tutti gli storici scrivono di lui con molta
lode , Ughelli nell'Italia sacra , i Sammartani nella Gallia cri
stiana , il padre Oldoini nell' Ateneo ligustico , é noi per sua
giusta commendazione riporteremo l'onorevole epitafio che
al suo sepolcro fu apposto , dal quale e le sue gesta e le sue
virtù luminosamente si conoscono.
with single mit der House
195
D. 0. M.
Dominica Grimaldo Patritio Genuen .
Avenion . Archiep .
qui in pontificia classe
in celeberrimo illo ad Echinades praelio
summus quaestor
in patriae civilibus discordiis optimatum
ad Maximianum Caesarem orator
Gregorii XIII Pont. Max. in Avenion . ditione
cum imperio prolegatus
Minerbia aliisque munitissimis oppidis
quae Heretici occupaverant expugnatis
a Sixto V in agrum Picenum
cum copiis ad magnos motus
ut fecit sedandos missus
summa sibi integritatis prudentiae religionis
ac fortitudinis laudem comparavit.
Franciscus et Iacobus Grimaldi
fratri optimo poni curaverunt an. sal. MDXCII.
Giovanni Batista Centurioni nell'età di anni trentadue non
ancora compiti fu nominato da san Pio V vescovo di Mariana
e di Accia in Corsica , le quali chiese avendo santamente dia
retto , fu traslato nel 1584 alla sede di Savona. Dopo un trien
nio però ne fece rinunzia , lasciando in tutte queste diocesi fa
ma di vigilantissimo pastore . Celebrò sinodi, emanò decreti, e
lettere pastorali utilissime ad estirpare gli abusi , e a pro
muovere la disciplina del clero .
Pietro Francesco Costa, patrizio Albinganese, e già referen
dario dell'una e dell'altra segnatura in Roma, fu promosso da
- Sisto V alla sede episcopale di Savona , nel 1587. Per opera
sua il palazzo episcopale disagiato e rovinoso si riparò deco
rosamente ; e dalli suoi efficaci impulsi mossi i Savonesi prin
cipiarono da' fondamenti la nuova chiesa cattedrale. Dava moto
196
e vigore a tutte le più utili e sante imprese, e le sue virtù pa ,
storali congiunte a graziosissime e dolci maniere lo facevano
padrone di tutti gli animi. Paolo V , che conosceva queste sue
belle qualità ed i suoi talenti, lo mandò , nel 1624 , ad una
legazione al duca di Savoia , finita la quale nell'istesso anno
fu traslato alla sede episcopale di sua patria. Qui ancora re
staurò il palazzo vescovile , ed altre pie opere egli promosse ,
onde Albenga non meno che Savona conservano memoria di
lui , come di prelato sommamente benemerito .
Francesco Maria Spinola , dell'ordine de'Teatini , eletto da
Urbano VIII il giorno primo di aprile , 1624 , al vescovado di
Savona per la resignazione fatta dal suo predecessore, incon
trò sin da' primi giorni del suo governo gravi dissapori e ver
tenze con gli ordini della città e col governatore della mede
sima, per le onoranze e preeminenze rispettive nelle pubbliche
sacre funzioni. La più fastidiosa fu quella ch ' ebbe , nel 1641,
col governatore medesimo ch'era in quell' anno il marchese
Bartolommeo di Passano. Pretendeva questi che venisse collo
cata la sua sedia nel presbiterio della cattedrale in faccia alla
cattedra vescovile 7 e di altezza eguale alla medesima . Oppo
nevasi virilmente il vescovo , ben sapendo che dal cerimoniale
de’vescovi e da più decreti della sacra congregazione veniva ciò
espressamente proibito : ciò non pertanto il governatore ve la
fece porre di violenza. Per questo fatto , il vescovo imperter
rito e superiore a tutti gli umani riguardi interdisse il coro e
l'altar maggiore della cattedrale, il quale interdetto perseverò
fino alla morte di lui , avvenuta nel 1664. In seguito di questa
interdizione gli venne intimato in gennaio , del 1642 , un or
dine di uscire della città. Si ritirò a principio nella chiesa par
rocchiale di Celle , ma poco dopo elesse a sua dimora il luogo
di Albisola superiore , nella di cui chiesa parrocchiale fece eri
gere la sua cattedra , che per memoria dell'avvenimento an
cora oggidì vi si conserva . Richiamato dall' esilio il giorno sei
di aprile , del 1653 , fece il suo ingresso in Savona sull'appros
197
simarsi della sera , in mezzo alle universali acclamazioni , al
suono festevole di tutte le campane , e all'illuminazione gene
rale della città . Governò santamente la sua chiesa anni qua
ranta e mesi quattro.
Stefano Spinola de ' chierici regolari Somaschi, nel giorno
undici di novembre , 1664 , fu promosso al vescovado di Sa
vona , già colmo di meriti e di fatiche. Era stato maestro di
sacra teologia in diversi collegi , e segretario generale di sua
congregazione , preposito del collegio di san Biaggio in Roma ,
consultore della sacra congregazione dell'Indice, e qualifica
tore di quella del santo officio dell'Inquisizione , prefetto degli
studii nel collegio di Propaganda Fide, e teologo del cardi
nale Ghigi era andato in Francia con esso lui per una impor
tantissima legazione. In tutti questi uffizi si conobbe il padre
Stefano Spinola per un ecclesiastico che riuniva in sè profonda
dottrina , squisita prudenza , acuto discernimento , soavità di
maniere , e virtuosa modestia. Tutte queste egregie qualità ap
parvero ancor più luminosamente in lui , da che fatto vescovo
governò la sua chiesa sino al 1682 , in cui passò agli eterni
riposi .
Monsignor Vincenzo Maria Durazzo , de' chierici regolari
Teatini , dopo essere stato professore di teologia , ed avere
esercitato con somma lode diversi uffizi nel suo instituto , di
una vita perfettamente religiosa ed irreprensibile , fu promosso
al vescovato di Savona , di cui prese possesso nel giorno un
dici di marzo 1684 : così appunto mi scrive il canonico arci
diacono di quella cattedrale , don Giuseppe Belloro , con gra
ziosissima sua lettera del ventisei di giugno di quest'anno 1837.
Alla gentilezza di questo degnissimo ecclesiastico , siccome di
altre memorie inedite di questa storia , così ancora sono debi
tore delle notizie di tutti i vescovi di Savona che occuparono
quella sede da monsignor Durazzo sino al giorno d'oggi. Que
sto esimio prelato celebrò il sinodo in novembre del 1699 , il
quale è tuttora in vigore , e cessò di vivere nel giorno tre giu
198
gno , 1722 , ma non ho potuto rinvenire l' età sua ; dice Bel
loro .
A monsignor Durazzo succedette nel governo della chiesa
Savonese Agostino Maria Spinola , patrizio genovese , Somasco,
prima vescovo di Ajacciò in Corsica, uomo per dottrina, pietà,
zelo e saggi regolamenti lasciati a questa diocesi celebratissimo.
Ha un busto in marmo con analoga iscriziona in questa cat
tedrale nella cappella di san Giovanni Nepomuceno.
Parlo ora di monsignor Mari , succeduto allo Spinola , di cui
posso dare più particolari notizie. Ottavio Maria De -Mari , pa
trizio genovese , religioso nella congregazione de' chierici rego
lari Somaschi , come l'immediato suo predecessore , dotto
nelle sacre lettere è nell'ebraica e greca lingua erudito , rettore
del collegio Clementino in Roma , ove aveva per più anni eser
citato la carica di maestro di teologia , fu a questo vescovato
degnamente eletto l'anno 1755. Prelato insigne oltremodo per
la modestia , pietà e predicazione della divina parola , ma spe
cialmente per la intensa carità verso de poveri, a' quali e di
spirituali e di temporali sussidii incessantemente provvide. Basti
il dire a sua gloria , che arricchito di larghi mezzi , il tutto con
šumò volonteroso al benefizio degl' indigenti , vestiva miserabil
mente per ricoprirli ; frugalissima, anzi povera poteva dirsi la
sua mensa ; provveduto dai suoi parenti, a' quali parea che non
vivesse con dignità episcopale , di preziosi arredi e di car
rozza , dopo pochi mesi vendè il tutto , dicendo che queste
cose non gli erano necessarie , che il ritenerle per sè sarebbe
un insultare a' suoi poverelli, che Dio gli porgeva così mag
giori mezzi per soccorrerli ; e l'elogio più magnifico fu che alla
sua morte non lasciò che il misero letto , in cui giaceva. Mori
santamente qual visse, nel 1775 , dopo diciannove anni di vesco
vato . All'annunzio dell'ultima sua infermità rimasero costernati
tutti i Savonesi ; ed i poverelli accorsero processionalmente al
santuario della Vergine della Misericordia, per implorare da Dio
la conservazione dell'amatissimo loro padre. Ma Iddio lo vo
199
leva in cielo al premio di sue fatiche. Fu sepolto in questa cat
tedrale , nella cappella di san Pietro , in faccia alla porta della
sacristia , con mausoleo consistente nel busto in marmo e in
- uma lapida , ove è scritto l'elogio di sue virtù . La memoria di
Ottavio Mari è sempre cara , e dopo sessanta e più anni tra
scorsi dalla sua morte ei sempre vive nel cuore de' Savonesi.
Dopo il Mari monsignor Domenico Maria Gentile , patrizio
genovese , prese possesso di questa chiesa , nel 1776 , la quale
governò saggiamente ; e fu benemerito di Savona per avere
ristorato sontuosamente l' episcopio , e rifatto quasi il semina
rio , riducendolo ad uno stato spazioso ed elegante.
Nel 1804 , per la rinunzia antecedente di monsignor Gentile,
prese possesso del vescovato monsignor Vincenzo Maria Mag
giolo , patrizio genovese , dell'ordine de' Predicatori, che era
già stato vescovo di Şarzana. Durante il suo governo avvenne
la cattività di Pio VII ed il vescovato di Noli fu assegnato all'
amministrazione del vescovo di Savona , che s'intitola : ve
scovo di Savona e Noli. Morì il Maggiolo nel 1820, al dician.
nove di gennaio
Monsignor Vincenzo Airenti , nativo di civilissima famiglia
di Dolcedo in Liguria , dell'ordine de' Predicatori e bibliote
cario alla Minerva , fece il suo solenne ingresso in Savona in
febbraio del 1821 , e rinunziò a questa chiesa per la sua trasla
zione all'arcivescovado di Genova, nel 1830. Non avendo il suo
antecessore lasciato alcun monumento nell'episcopio che ricor
dasse la dimora in esso di Pio VII , egli fece a proprie spese
nel primo salotto ( dove ogni giorno il sommo pontefice cele
brava la santa messa ) un busto in marmo rappresentante il
santo padre , opera del Gaggini genovese, allievo del Canova ;
e nel piedestallo si legge un'iscrizione , fatta dal degno pre
lato , ed analoga agli avvenimenti nel lnogo successi. 1
Regge oggidà la chiesa di Savona monsignor Agostino De
Mari per le chiare sue virtù amatissimo dal clero e dal popolo ,
consecrato il dodici maggio , 1833.
200
XLIII. VESCOVI DI BRUGNATO.
Esisteva in Brugnato un antichissimo e nobilissimo mona
stero di Benedettini , dedicato ad onore de santi Pietro apo
stolo , Lorenzo martire, e Colombano abate, largamente arric
chito di doni , beni e privilegi dalla munificenza de' re Longo
bardi, Liutprando , Rachis e Desiderio , e dagli imperatori di
occidente , Carlo Magno , Lodovico Pio , Clotario ec. Questa
abazia celeberrima essendo stata soppressa, nel 1133 , dal pon
tefice Innocenzo II , ne instituiva un vescovado suffraganeo di
Genova , con preporvi a primo vescovo un monaco ed abate
Vallombrosano , di nome Ildeprando. Gregorio IX , avendo
confermato l'erezione che del vescovado di Noli aveva insti .
tuito il suo legato , il cardinale Pecoraia , ordinò che un solo
pastore reggesse e la chiesa di Brugnato e quella di Noli; ma
Innocenzo IV . , nel 1245 , volle disciogliere questa unione di
due corpi in un sol capo , e però che Noli avesse il suo ' ve
scovo indipendente , e Brugnato il suo proprio. I primi vescovi
di questa sede erano eletti dal capitolo cattedrale , giusta la
disciplina di que' tempi , la quale continuò in vigore sino a
Gherardo , già dell'ordine de'Minori , che proposto dal capi
tolo fu eletto da Giovanni XXII , nel 1312.
Di specialissima menzione è meritevole Filippo Sauli , patri
zio genovese , cugino germano del cardinale Bendinelli Sauli ,
il quale contava appena l'età di anni ventuno , quando da Giu
lio II fu promosso al vescovato di Brugnato. La troppo giova
nile sua età era copiosamente compensata dalle sue preroga
tive , nobiltà di prosapia , scienza di tutte le facoltà sacre e pro
fane , perizia di tutte le lingue antiche, facondia del discorso
e sodezza di costumi. Tanti suoi pregi lo facevano carissimo ai
romani pontefici, Giulio II, Leone X, Clemente VII . Mandato
oratore a Carlo V per la pace della repubblica di Genova, e ad
altri rilevanti ufficii promosso , in tutti fece conoscere abilità ,
201
prudenza e buona grazia: Antistes 'laudatissimus , soggiunge
Ughelli , qui suae ecclesiae praeesse summo studio adnicus
est. Per lui ebbe decoro il culto del Signore , e magnificenza la
sua chiesa cattedrale , soccorso abbondante ebbero i poveri ,,
ed il capitolo acquistò più beneficii e canonicati di buona dote
provveduti. Siccome la diocesi di Brugnato è situata in luoghi
alpestri , disparata in terre sterili , e per vie allora quasi im
praticabili, così egli studiò di accrescervi qualche borgo ame
no e salubre. A questo fine entrò in trattativa con Giovanni
Sforza Visconti arcivescovo di Genova , e , cedendogli la terra
di Castiglione con alcune altre , acquistò il borgo ragguarde
vole di Sestri di levante con altri territorii, ove poi i suoi suc
cessori solevano avere l'ordinaria loro residenza, in tempo d’in
verno . Tutto ciò ebbe effetto mediante l'approvazione di Leo
ne X. Avendo rinunziato al vescovado , nel 1521 , ritirossi ad
un viver privato in Genova , ove dopo tre anni venne a morire ,
legando allo spedale degl' incurabili la scelta sua biblioteca ,
composta , oltre agli altri libri, di trecento volumi greci MS.
Giace sepolto nella chiesa gentilizia di sua famiglia , di santa
Maria in Carignano ; e di lui fanno onorata menzione il Fo
glietta e l'Oldoini . Fu suo successore , nel 1528 , ed ammini
stratore del vescovado il cardinale Gerolamo Grimaldi , di cui
altrove abbiamo ragionato ; e dopo di lui ne fu investito il car
dinale Agostino Triulzio , di patria Milanese , che aveva due
fratelli, Pietro e Filippo , l' uno arcivescovo di Reggio e l'altro
di Ragusi. Tenne il vescovado di Brugnato il cardinale Triul
zio sino all'anno 1548 , e secondo l'abuso di que' secoli, ebbe
l' amministrazione di più altri ancora . Multa erant in eo de
cora , scrive il Ciaconio , patriae nobilitas, splendor generis ,
oris venustas , ingenii acumen , iudicii praestantia , elo
quentia , eruditio , prudentia , gravitas, principum gratia ,
opes et auctoritas. Il Bembo, il Sadoleto ed il Panvinio lo a
mavano grandemente , e lodano moltissimo la protezione che
a' letterati e agli uomini di merito concedeva generosamente.
202
Dopo il cardinale Triulzio fu promosso al vescovato Brugna
tese , nel 1548 , frate Antonio dell'ordine de' Predicatori, é
della nobil famiglia de' conti Lucurro . Resse la diocesi con vi
gilanza e zelo veramente pastorale per lo spazio di anni dicias
sette : intervenne al concilio di Trento , ed essendo giunto ad
età decrepita , rinunziò al peso episcopale, per ritirarsi co' suoi
religiosi in Sestri , ove finiva i suoi giorni, nel 1579 .
Nell'anno medesimo moriva il suo successore frate. Antonio
Moniliano , dell'ordine de' minori conventuali , che alla chiesa
di Brugnato era stato assunto nel 1570, per la rinunzia dell'an
tecessore. Il vescovo Moniliano era stato procuratore generale
del suo ordine, uomo dottissimo e piissimo, per le egregie
sue qualità altamente lodato da san Pio V in pubblico con ,
cistoro .
Niccolò Mascardo , patrizio sarzanese , fu eletto. vescovo di
Brugnato , nel 1579 , dopo tre anni vescovo di Mariana in Cor .
şica. Nel 1589 pubblicò colle stampe di Genova una versione
in lingua italiana del catechismo romano : alcuni suoi sacri
componimenti si conservano. MS. nella biblioteca del collegio
romano : scrivono di lui con lode lo Schiaffini , il Landinelli ,
il Soprani ed il padre Oldoini.
i Francesco Durazzo , figliuolo del doge Gio. Batista Durazzo ,
e nipote del cardinale Stefano di questo cognome, arcivescovo
di Genova , essendo stato promosso da Urbano VIII nel 1640 ,
alla chiesa di Brugnato , la governò con merito , celebrò il sie
nodo diocesano , ed emanò diverse costituzioni utilissime.
Gli succedeva in quella sede frate Tommaso Gastaldo , dell?
ordine de' Predicatori , nativo di Albenga , secondo alcuni, má
piuttosto di Alassio , eletto da Innocenzo X , nel 1652. Per
triennium illi ecclesiae sanctissime praefuit, dice il padre
Oldoini; e non minore della santità de' suoi costumi era la pro
fonda sua dottrina. Cessava di vivere in Sestri, ove presso i
suoi religiosi ebbe il sepolcro.it ,
Giovanni B. Poggio, o Paggio , figliuolo di un nobilissimo pite
1
203
tore genovese, già Barnabita , era maestro di rettorica e bandi
tore egregio della parola di Dio . Si dalla cattedra della scuola,
che dal pulpito evangelico procurò sempre di formare li suoi di
scepoli ed uditori alla virtù e alla religione. Governò con osser
vanza e prudenza più provincie del suo instituto , e queste virtù
esercitò ancor più luminosamente , essendo stato promosso al
vescovato di Brugnato , nel 1655 , la quale sede ei tenne sino
alla morte , nel 1663.
Giovanni B. Dadecio , o Dadece , de' chierici regolari Tea
tini , lettore di teologia , e predicatore insigne nelle più cospi
cue città d'Italia , che lo ascoltavano con frutto e con plauso ,
già visitatore dei conventi del suo ordine in Francia , in Lom
bardia e nella Romagna , qualificatore del santo officio , fu e
letto da Alessandro VII a vescovo di Brugnato , nel 1663:
Governò questa chiesa sino al 1696 con molta lode , applicate
a ' doveri pastorali e a scrivere libri. L'Oldoini , facendo il cas
talogo delle opere da lui date alla luce, ne trovò sin al numero
di venti, una gran parte di materie predicabili. Io non so qual
merito abbiano ; se dal titolo si potesse talvolta congetturare del
valore de' libri , io direi che queste sue produzioni sanno del
gusto depravato del secolo : ecco il titolo di alcune : Coelum
Philosophicum - Paradisus Rationalis Armentarium Spi
rituale Aquila Iustiniana . Ma delle sue produzioni lascio
ad altri il giudicarne ; solamente dirò con certezza , che fu ot
timo prelato e vigilante pastore del suo gregge. Noi abbiamo
una prova del suo zelo nel sinodo diocesano che celebrò ed
anche oggidì si osserva , non essendosene più tenuto alcuno
dopo di lui in quella diocesi.
Nel 1754 fu eletto alla sede vescovile di Brugnato don Do
menico latis , abate olivetano di Genova , il quale confermò il
sinodo di monsignor Dadece con alcune aggiunte. Morì in Le
vanto , nel giorno ventinove di ottobre , 1765 ; ed il suo corpo
trasportato in Sestri di levante , giace in quella chiesa colle :
giata. Lasciò sul banco di san Giorgio un'annua rendita di
204
lire duecento a' maestri del seminario , la quale anche oggi
giorno , sebbene non intieramente , si riscuote.
Il suo successore , monsignor Francesco Maria Gentile , no
bile genovese , eletto nel 1767 , dopo aver ristorato una parte
dell' episcopio , fu trasferito l'anno 1791 alla sede di Luni
Sarzana .
Giovanni Luca Solaro , nativo di Chiavari , vicario generale
della curia arcivescovile di Genova , prevosto della collegiata
delle Vigne , fu promosso al vescovado di Brugnato nel 1792.
Fu pastore pieno di zelo , di dottrina, e versatissimo nel giure
canonico . Ingrandì l'edifizio del seminario , e di molti altri
vantaggi lo beneficò ; e più assai ancora divisava d'intrapren
dere ; ma la perdita del lume degli occhi troncò tutte le saggie
sue intenzioni. Passò agli eterni riposi in Chiavari , da dove la
sua spoglia mortale fu trasferita alla chiesa cattedrale. Lasciò
alla medesima molti preziosi arredi , ed al seminario un capi
tale di quattro mila lire.
L'eminentissimo cardinale Spina , arcivescovo di Genova ,
fu eletto amministratore apostolico di Brugnato nel 1814 , nella
quale amministrazione continuò sino al 1820. Tutte le rendite
della mensa episcopale egli distribuì generosamente a vantag
gio del seminario , al decoro della cattedrale , al soccorso de
poveri di tutta la diocesi ; e veramente sostegno de' miserabili
fu acclamato , massime nella carestia del 1817. Di tutto ciò
non contento , donò in sua morte , sebbene non più fosse am
ministratore di Brugnato , preziosissime sacre paramenta alla
chiesa cattedrale . In riconoscenza ad un benefattore sì pio e
generoso , quel capitolo ordinò ché in perpetuo sia celebrato a
riposo dell'anima di lui un solenne -anniversario.
Pio Luigi Scarabelli, nato in Castelnovo di Scrivia , della
congregazione della Missione , fu il primo , nell'anno 1820 ,
eletto a reggere le due chiese di Brugnato e di Luni- Sarzana.
Tali e tante ristaurazioni egli ha fatto al seminario vescovile ;
tale ecclesiastica disciplina havvi ordinato , e tale impegno de
1
205
stò ne' chierici per gli studii sacri, che in realtà può dirsi es
sere egli stato di quel seminario un ottimo fondatore . Ma di
questo prelato dovremo più a lungo ragionare nell'articolo se
guente.
La chiesa di Brugnato è retta oggidì da monsignor France
sco Maria Agnini.
XLV . VESCOVI DI LUNI-SARZANA .
Senza timore di essere tacciato del vizio di quelli antiquarii,
che alle cose patrie attribuiscono un' origine non solo vetusta ,
ma favolosa , io dirò con Ughelli che la chiesa episcopale di
Luni, oggidì di Sarzana , è stata fondata a ' tempi degli apostoli:
Christiana sacra Lunam excepisse primis Apostolorum tem
poribus fert inconcussa traditio . Questa diocesi è cospicua di
moltissimi personaggi benemeriti della chiesa , della patria , e
delle lettere . Riserbandomi a scrivere in altro capitolo de' ro
mani pontefici, ch'ebbero ivi i natali, devo qui indicare le prin
cipali memorie de' vescovi che la illustrarono.
Il primo, che con titolo di venerazione trovasi inscritto negli
scrittori ecclesiastici è santo Ebbedio , o come altri lo nominano
Habetdeus , ed anche Habetdeum , il qual nome secondo la os
servazione de' Bollandisti, pare piuttosto affricano che latino.
Vien onorato come martire dalla chiesa di Sarzana nel giorno
diciassette di febbraio , per essere stato relegato in esilio e poi
ucciso dagli ariani in tempo della persecuzione vandalica , sul
finire del secolo V : in tempore vandalicae persecutionis in
Italia passus est. Ma in qual terra o città italiana sia ciò av
venuto , li continuatori di Bollando non osano pronunziare fer
ma sentenza (1 ) .
Anche san Terenzio vescovo della medesima sede cadde vit.
tima di un nemico furore , per la barbarie di certi ladroni , i
(1) Acta ss. ad diem 17 febr.
206
quali dopo di averlo spogliato delle poche sostanze che posse
deva , lo privarono di vita . Il suo corpo fu traslato nel golfo
Lunense, in un luogo vicino alla spiaggia, alla parte destra ( se
pur ivi non ebbe la morte ) , che d'allora in poi acquistò il nome
di san Terenzo , in memoria del santissimo vescovo ch'ebbe
ivi sepoltura e particolare venerazione.
Una simil morte incontrò san Ceccardo vescovo pur di Luni,
del quale scrissero il Ferrari nel catalogo de' santi italiani, U
ghelli, e meglio ancora i Bollandisti (1 ) . In qual secolo sia egli
morto , non seppero assicurarlo , stante la difficoltà di combi
nare diverse date ; però tutti convengono essere stato ucciso a
cagione del fervido zelo con cui correggeva uomini perversi.
L' illustre suo martirio avvenne in Carrara , ed ivi nella chiesa
maggiore giace anche oggidì, entro di una marmorea urna di
elegante lavoro , invocato con religioso culto , specialmente da
che , pochissimi anni sono , monsignor Zoppi , primo vescovo
di Massa - Ducale , ne ha ottenuto dalla santa sede festa ed of
ficio proprio .
San Venanzio fioriva certamente sul finire del sesto secolo e
sul cominciare del settimo , a ' tempi del santissimo pontefice
Gregorio Magno . Corrispondevansi questi due santi con un fre
quente carteggio , sia per gli uffici del sacro loro ministero , sia
pel vincolo di amicizia che dolcemente gli stringeva. L'epistole
del santo romano pontefice a Venanzio sono pervenute sino
a noi, e trovansi nelle di lui opere , monumenti preziosi di ec
clesiastica disciplina ( 2 ). Aveva fondato san Venanzio in Luni
un ritiro di sacre vergini , alle quali desiderando di preporre
una badessa di sommo merito , ne ricercò il papa e la ottenne;
e questo è l'oggetto della lettera XLIII nel libro decimo.
(1) Acta Ss. ad diem 16 jul.
(2) Le lettere di san Gregorio Magno a san Venanzio troyansi nell'edizione
de' Maurini coll' ordine seguente : lib . IV , epist. XXI ; lib. V , epist, III et VII ;
lib . VIII , epist. IV ; lib. IX , epist, XXIX et XXXIV ; lib . X , .epist. XLIII et
XLIV .
207
Successore di sạn Venanzio è noverato da Ughelli s. Basilio
( se con giusta cronologia non oso affermarlo , giacchè i Bola
landisti ne dubitano ), il quale fu di tale e tanta santità luminoso,
che la chiesa cattedrale , in cui dopo morte fu seppellito , di
menticato l' antico suo titolo , venne dappoi denominata chiesa
di san Basilio . Cessò di vivere nel giorno ventinove di ottobre.
In questo stesso mese , nel dì vigesimo secondo , ricorre la
memoria del vescovo e martire san Salario , al cui onore
stava già eretta una chiesa tra il castello di san Terenzo ed il
borgo di Lerici, nel qual luogo scrivono alcuni storici che abbia
versato il sangue, non per la persecuzione degl'infedeli, nè pel
furore degli eretici , ma per la difesa de' dritti ecclesiastici . La
città di Luni, secondo il Muratori , essendo stata rovinata dai
Saracini , nel 849 , ed indi da Arnolfo re di Germania , l'anno
895 , devesi conchiudere che tutti i santi pastori Lunesi , i
quali abbiamo nominato , fiorissero avanti questa distruzione .
Dalle rovine di Luni sorse , o piuttosto ampliossi più po
polosa la città di Sarzana , e quì cominciarono a risiedere i
vescovi diocesani , elevando il tempio di sant' Andrea a chiesa
cattedrale : la quale traslocazione però non ebbe un pieno vi
gore canonico , se non dopo il decreto d' Innocenzo III l'anno
1204 , confermato in appresso ed ampliato da Niccolò v , che
volle si dicesse ; episcopato Lunense - Sarzanense.
A ' tempi d'Innocenzo III era vescovo di Luni Gualtero , 0 ,
come altri dicono , Waltero , e fu questo il primo che coll’au
1 torità di quel pontefice fissò la cattedra episcopale nella chiesa
di sant' Andrea. Scrivono di lui con somma lode il padre Ol
doini e l'Ughelli , il quale lo dice : praesul aeterna memoria
dignus , sia per la santità de ' costumi, che per le costituzioni
savissime che pubblicò all' ottimo regime di sua chiesa.
Il vescovo Buttafava fu il primo promosso alla sede di Sar
7 zana dal romano pontefice Onorio III , nel 1224 ; e prima di
lui costumavano i canonici , secondo la comune antica disci
plina , di nominare il prelato della diocesi.
208
Un vescovo di particolare memoriafu EnricodiFucecchio ,
toscano , eletto nel 1273 , dal beato Gregorio X. Trovò nel suo
ingresso al vescovato che moltissimi beni della sua mensa e le
migliori donazioni fatte alla sua chiesa da principi e da’romani
pontefici , possedevansi tranquillamente da uomini facoltosi e
prepotenti ; e da ciò ne derivava che il culto di Dio era negletto ,
ed i poveri ne pativano penuria. Armatodi santo zelo entrò in
contesa con gl' ingiusti possessori, e tanto fece che gli spogliò
tutti de'beni ecclesiastici che avevansi usurpato. E temendo che
alla sua morte avessero a suscitare nuove molestie e pretensioni
a'suoi successori, che cosa fece ? Raccolse diligentemente tutte
le carte e i diplomi antichi , e ne formò un volume autentico ,
con cui assicurava alla sua chiesa un sicuro titolo per l'avve
nire. Colmo di meriti e consunto dalle fatiche passò a miglior
vita , nel 1296. , auche
Alla morte di lui fu eletto da Bonifacio VIII un vescovo An
tonio , che visse sino al 1312. Restando la sede vacante, si ra
dunò in sacristia una porzione del capitolo , e venne all'ele
zione di Gerardino de' marchesi Malaspina : gli altri canonici
elessero frate Guglielmo de' minori. Clemente V approvando
la prima nomina , rigettò la seconda .
Simone Pasqua , vescovo di Sarzana e poi cardinale di santa
chiesa , era di una nobile famiglia di Taggia , figliuolo di Ga
leazzo e di Pellegrina Stella ; fu ascritto alla nobilissima fami
glia di Negro per una legge emanata dal governo di Genova ,
nel 1528 , nella quale ordinava che le famiglie da cui dovevansi
prendere i supremi magistrati fossero ridotte a sole ventotto ,
e che tutte quelle famiglie le quali non avessero in Genova ven
totto fuochi ossia case , dovessero lasciare il proprio cognome
ed assumerne uno delle ventotto famiglie conservate . In con
seguenza di questa legge i Pasqua si ascrissero alla famiglia dei
Negri , e questa è la ragione per cui Simone Pasqua trovasi ta
lora qualificato col cognome del Negro , e l'Oldoini non osser
vando a questa legge , di un solo personaggio ne fece due, di
209
cendo l'uno Simone del Negro , e l'altro Simone Pasqua . Non
essendovi pertanto che il solo Simone Pasqua, patrizio Tabien
se, io diro col padre Spotorno, ch'egli era molto versato nella
filosofia e nella medicina , nelle lettere greche e nelle latine.
Egli andò in Inghilterra , mandatovi dal governo di Genova a
congratularsi con Filippo II re di Spagna , che aveva sposato
Maria , figliuola di Enrico VII e di Caterina di Aragona , e
rede di quel regno, e lasciò ms. la relazione di questa sua am
basceria . Fatto vescovo di Sarzana da Pio IV , l'anno 1561 , e
recatosi al concilio di Trento , scrisse un' istruzione a'padri di
quel sinodo. Stese pure un consiglio sopra la Concezione im
macolata di Maria Santissima , confermata coll' autorità dei
greci e de' latini. Confutò gli errori de’greci con altra operetta
che stava presso il cardinale Sirletti. Onorato della sacra por
pora dal pontefice sopraccitato , nel 1565 ( non già nel 1561 ,
# come si legge in un moderno esimio scrittore ) , potè goderne
pochi mesi, essendo morto in Roma , di anni settantatrè non
compiuti, colla stima di molta dottrina , pietà e zelo per la re
ligione , alle quali virtù accoppiava una straordinaria piacevo
lezza nel parlare , una leggiadra presenza di aspetto , per cui
si rendeva a tutti più caro , ed una costante sobrietà . Fu sep
pellito in s. Sabina , chiesa del suo titolo. La di lui effigie si
scorge tuttavia dipinta ad una finestra della casa Pasqua in
Taggia , nella strada principale , denominata il Pantano , in
atto di affacciarsi alla finestra, colle proprie insegne cardina
lizie : la qual casa avendo il cornicione merlato e i ferri ar
eati a varie finestre , fa fede , che l'antica famiglia Pasqua te
neva in mare a sue spese una galea , come afferma il marchese
Gerolamo Serra (1). Del cardinale Pasqua noi abbiamo un ec
cellente elogio presso il Foglietta, nè qui lo riporto se non per
chè alquanto prolisso , mi svierebbe di troppo dal corso isto
rico ; non devo però pretermettere il suo epitafio.19 699sis
EN ob sloupablolost shade slobosso siena
(1) Storia tom . iv , discorso I , pag. 69. order as 40 anni Quia
14
210
Simoni Galeatii F. Pasqua theologo pbilosopho
romana graecaque facundia clarissimo
S. R. E.presb. cardin. S. Sabinae
qui cum praeclare domi forisque
de Repub . meritus esset,
Romam a Pio IV Pontif. Max, accitus
Lunensis primum episcopus factus
ac post egregie navatam Dei Ecclesiae
Tridentino in concilio operam
in amplissimum ordinem est cooptatus
viro integerrimo et in summa gravitate iucundissimo
Sthephanus frater germanus moerens posuit.
Vixit an. LXXII mens. X dies XVII
obiit Romae pridie non . septemb .
MDLXV.
Giovanni Batista Bracello , essendo protonotario apostolico e
chiaro per ingegno , pietà e prudenza , fu mandato nunzio, nel
1570 , a Giovanni d'Austria ; e disimpegnato con lode di questa
legazione , fu fatto pretore della Campagna romana. Promosso
alla sede episcopale di Sarzana , la governo sino al 1590 , la .
sciando alla pubblica luce molti decreti , che ne' sinodi dioce
sani aveva emanato , e fama di dotto e vigilante pastore.
Giovanni Batista Salvago , patrizio genovese , essendo an
dato agli studii in Roma , abbracciò lo stato ecclesiastico , ed
entrò nella romana prelatura. Conosciuta la sua abilità negli
affari e la molta sua dottrina , fu mandato nunzio apostolico
all'imperatore Rodolfo. Nella morte di monsignor Bracello ,
l'anno 1590 , Sisto V lo elesse a vescovo di Sarzana , la qual
sede ei tenne sino al 1631 , termine di suo vivere . Deve com
putarsi tra li vescovi più insigni e benemeriti di quella diocesi,
giacchè eresse da' fondamenti il seminario per li chierici , in
stituì nella cattedrale la prebenda teologale e quella del cano
nico penitenziere , celebrò tre sinodi, e diede alla luce diverse
1
211
constituzioni pastorali , nelle quali scorgesi fervido zelo dell'ec
clesiastica disciplina , decoro del sacerdozio , sollecitudine e
forza d'animo per la riforma de' costumi.
Giovanni Dom . Spinola fu applicato da Paolo V all'ufficio
dell'erario ecclesiastico ed indi a quello di auditore generale
della camera apostolica , con fama costante di un uomo di giu
stizia incorruttibile. Urbano VIII lo promosse al ceto de' car
dinali , e all'arcivescovato di Acerenza nel regno di Napoli ,
nel 1626. Dopo cinque anni fu traslato all episcopato di Sar
zana , quem per aliquot annos , scrive il Ciaconio , prudentia
singulari pastor vigil rexit. Il re di Spagna , sovrano delle due
Sicilie , che conosceva i molti meriti del cardinale Spinola ,
fece istanza alla santa sede per rivestirlo nel proprio dominio
della dignità arcivescovile . Gli fu conferita in Sicilia quella di
Mazara , ove l'egregio prelato ebbe , nel 1649 , la morte ed il
sepolcro , nell'età di anni sessantasei.
Prospero Spinola era insigne dottore dell'una e dell'altra
1 legge , maestro di sacra teologia , e di ambedue le segnature
referendario , quando , nel 1637 , da Urbano VIII fu promosso
alla sede episcopale di Luni -Sarzana. La governò per lo spazio
di anni ventotto , con l'esercizio assiduo di tutte le virtù pasto
rali: praefuit plurimos in annos maximo cum sui gregis pro
ventu dignissimus antistes: attestato non dubbioso del conti
17 nuatore di Ughelli.collator 15 290369802
GiovanniBatista Spinola , referendario in Roma dell' una e
dell'altra segnatura , dopo aver sostenuto con somma pru
denza ed integrità l'ufficio di vicelegato della Romagna , fu
promosso al vescovato di Sarzanaana,, nell'anno 1665. Egli mo
strossi nell' episcopato , qual era veramente , commendevole
nell'esercizio di tutte le virtù pastorali : omnium virtutum
M praerogativa commendabilis. Così asserisce il continuatore di
Ughelli, ed aggiungere qualche cosa di più a questo elogio ,
sarebbe un moltiplicare le parole , ma non accrescere i meriti.
Per questi però crebbe la sua dignità , nel 1694 , quando fu
212
traslato alla sede arcivescovile di Genova , ove col maggiore
splendore ebbe a tollerare i più forti fastidii , siccome altrove
abbiamo accennato (1 ) .
Giovanni Gerolamo Naselli , di nobile famiglia di Savona ,
governava santamente la chiesa episcopale di Ventimiglia ,
quando da Innocenzo XII , nel 1695 , fu surrogato alvescovo
Spinola per reggere la chiesa di Sarzana, che resse di fatti sino
all'anno 1708 , con integrità di costumi, con sana dottrina e .
pastorale sollecitudine. Sopra la porta della sagristia della cat
tedrale fu eretta a suo onore la inscrizione che segue:
D. 0. M.
1o . Hieronimus Naselli Episcopus Lun -Sarzan .
cuius vitae sanctitati et zelo
disciplinae ecclesiasticae et morum
reformationem debent clerus et populus
Iacob . Mar. Nasellus patritius savonensis
eius ex fratre nep. et haeres
monumentum
hoc posuit
gloriosae memoriae
obiit anno 1708 X augusti
Fu suo successore , nel 1710 , monsignor Ambrogio Spinola ,
parimenti traslato da Ventimiglia . A sua gloria basta il dire
(1) Jo non saprei , se in tutto il mondo potrà trovarsi un casato , che nel se
colo decimosettimo abbia dato alla chiesa tanti prelati ( non computando ora
quelli de' tempi anteriori e posteriori ) quanti ne diede la nobilissima famiglia
Spinola. In Genova fu arcivescovo , nel 1600 , Orazio Spinola e poi cardinale ;
Giovanni Batista Spinola , successore del cardinale Durazzo , arcivescovo nel 1643,
e poi cardinale ; altro Giovanni B. Spinola , successore di monsignor Gentile e
già vescovo di Sarzana , métropolitano di Genova , nel 1694. Niccolò Spinola ve
scovo di Ventimiglia , nel 1617 ; Giorgio Spinola vescovo di Albenga ', nel 1691 ;
Francesco Maria Spinola vescovo di Savona , nel 1624 ; Stefano Spinola vescovo
213
che , visitata la diocesi , celebrò , nel 1717 , il sinodo dioce
sano , che ancora oggidì è in vigore : passò agli eterni riposi',
l'anno 1726 .
Di tutti i vescovi che ressero la chiesa Sarzanese , nel secolo
decimottavo, quello che a nostro parere merita una speciale ed
onorevolissima menzione è monsig. Giulio Cesare Lomellini.
Così insigne prelato , che si solea dire a suo tempo « monsignor
Saporiti di Genova , monsignor Lomellini di Sarzana. » Fece
tre volte tutta intiera la visita della diocesi , che allora era va
stissima , e di luoghi difficilissimi. Promosse le classi della
dottrina cristiana nelle parrocchie , con frequenti notificazioni
pastorali e omelie istruiva il suo popolo . Fece fiorire il se
minario , gli studii, gli esami e le classi del clero mensuali di
morale e storia ecclesiastica . Amava grandemente i poveri, e
benigna e facile udienza dava anche a' più rozzi. A tempi suoi
la diocesi di Sarzana perdè cento ventitrè parrocchie della Lu
nigiana toscana , le quali furono assegnate al nuovo vescovado
di Pontremoli , che si eresse con bolla di Pio VI , data il quat
tro di luglio 1787. E siccome monsignor Lomellini era giusto,
così dovette sperimentare non poche di quelle amarezze che Id
dio riserva a'suoi eletti , e noi le accenneremo al capitolo XII .
Logoro dagli anni e dalle fatiche apostoliche , andò a ricever
ne il premio nell'altra vita , il giorno ventiquattro di febbraio
1791. Si conserva nella sala dell' episcopio il suo ritratto , a
cui da monsignor Scarabelli fu apposta meritevolmente la se
guente inscrizione: Pastor bonus, pauperum pater , libertatis
ecclesiasticae acerrimus vindex .
della medesima sede , nel 1664 ; Gian Domenico Spinola vescovo di Sarzana, net
1631 , indi arcivescovo in Sicilia , da Urbano VIII promosso alla sacra porpora ;
Prospero Spinola vescovo pur di Sarzana , nel 1637 ; Agostino Spinola , cardinale
sotto Paolo V all' anno 1621 ; Giulio Spinola , pur cardinale sotto Alessandro VII,
l' anno 1666 ; e quello che più importa , tutti prelati insigni per pietà e dot
trina. Della nobilissima famiglia Fieschi sono usciti in diversi tempi per lo meno
trecento prelati , sette cardinali , due sommi pontefici..
214
Al principio di questo secolo reggeva la chiesa di Sarzana
monsignor Giulio Cesare Pallavicini , ed alla sua morte , prov
veduta la sede vacante di un nuovo pastore , Pio VII , con
bolla del diciotto di febbrajo 1821 , separò dal vescovato di
Şarzana cento dodici parrocchie , per costituirle alla nuova
diocesi di Massa - Ducale. Rimanendo notevolmente diminuito
il vescovado Sarzanese per questa seconda separazione , ordinò
il sommo pontefice , a compensarne in qualche modo la per
dita , che la chiesa vescovile di Brugnato fosse concatte
drale di Sarzana , ed un solo prelato réggesse l'una e l'al
tra diocesi..
Il primo vescovo a queste due sedi eletto fu monsignor
Luigi Scarabelli , della congregazione della missione , assi
duamente esercitato da' primi anni di suo sacerdozio nell'e
vangelizzare ai popoli ed in tutte le apostoliche funzioni del
benemerito suo instituto , consecrato in dicembre del 1820 .
Lo apostolico zelo , di cui era animato per la instruzione e
la santificazione sì del clero che del popolo , gli concitò
molti oppositori, e quelli particolarmente che pel sacro loro
carattere e per la loro dignità dovevano a preferenza degli al
tri secondare le sante sue sollecitudini. Una sola parrocchia
sussiste nella città di Sarzana , la cura abituale della quale
risiede presso il capitolo cattedrale , e la cura attuale presso
due preti , col titolo di vicarii , che rimangono in ufficio a
beneplacito del capitolo medesimo. Siccome da tempo immemo
rabile non solevasi mai negiorni festivi far la spiegazione del
vangelo da coloro che reggevano la parrocchia , monsignor
Scarabelli credette suo stretto dovere di togliere l' inveterato
abuso. Usando perciò dolcissime maniere , esortò i vicarii all'
omelia domenicale ; ma punto non si prestarono a'suoi avvisi:
venne alle minacce , e furono disprezzate come prive di fon
damento . « Nec adhortationes , nec praecepta quidquam pro
« fuerunt : opus mihi fuit , così precisamente scrisse l'ottimo
prelato , mandare curatis sub poena exercitiorum in reli
215
« giosa domo, ut pabulum illud salutare intra missam a me
« per litteras iussum populo praestarent omnino , quod per
« duas dominicas aliquo modo fecerunt, et post modum non
« sunt prosecuti. Huius rei principes fuerunt ipsimet cathe
« dralis ecclesiae canonici , qui putantes , vicarios suos nullo
« pacto adigi posse ad evangelii explicationem , ipsis inhibue ,
i runt, ne episcopi monitis parerent. Quamquam enim onus
« explicandi evangelii parochis , incumbere non inficientur ca.
a nonici , nihilominus munus illud in ecclesia cathedrali ita
a solius episcopi proprium esse arbitrantur , ut vicarii curati
plane immunes sint... Hinc factum est , ut canonici ab epi
u scopi decretis appellationem interponerent , et ad sacram
& congregationem confugerent » ( 1 ) . La sacra congregazione
del concilio , dopo aver udito e ponderato le ragioni dell'una
e dell'altra parte , dopo aver accordato a' canonicil'indugio che
addimandavano , onde meglio , come dicevano , dilucidare ed
appoggiare la loro causa , decise tutte le controversie, nel giore
no_venti di settembre , 1828 , in favore di monsignor Scara
belli , restando percio l'obbligo a' reggitori della parrocchia di
Sarzana della spiegazione del vangelo , senza che possano più
esentarsene con la scusa che nelle parrocchie delle cattedrali
deve esclusivamente il vescovo sermoneggiare.
Nè solamente l'omelia dominicale egli promosse costante
mente , ma di più l'instruzione agli adulti ed il catechismo ai
fanciulli , sì nella città cattedrale , che in tutta la diocesi. Anzi
per animare i sacerdoti all'importantissimo uffizio di catechiz
zare i rozzi ed i piccioli , ne diede egli stesso l'esempio , ra
dunandone una moltitudine intorno a sè nella chiesa ; e con
somma chiarezza e soavità loro spiegando i primi misterii della
(1) 11 decreto della sacra congregazione del concilio trovasi per intiero ripor
tato dal giornale ecclesiastico d'Alessandria , stampato dal Capriolo , all'anno
1830 , num. 8 , 9 e 10 , da cui abbiamo cavato questa memoria , e può consul.
tarsi da chi desidera ulteriori notizie di ciò , che abbiamo poi qui inserito.
216
religione : ufficio , che gli dovea conciliare maggioré stima e
venerazione , e da cui invece ne riportò biasimo da taluni. Sic
come non esisteva un catechismo uniforme per la diocesi , ne
stampò uno , cui presentando all'approvazione della sacra con
gregazione del concilio nella lettera di relazione triennale ad
limina apostolica , dal cardinale prefetto riportò in rispo
sta : opus numeris omnibus absolutum . Egli vi aggiunse per
la classe più alta il catechismo di monsignor Casati , cui ri
stampò ad uso della diocesi.
Ristaurò parimente le classi mensuali de' casi di morale e di
rubrica in tutte le vicarie della diocesi , colla visita in ognuna
di esse classi della chiesa ( facendole fare per torno in ognuna
di esse classi della vicaria ) e colla confessione de'parrocchiani,
e un discorso dal pulpito agli ecclesiastici. Egli ha rimesso in
miglior forma gli esami degli ordinandi e de' parrochi , gli e
sercizi spirituali degli uni e degli altri nella casa della missio
ne , ed ha provveduto perchè continuassero quei de' parrochi,
anche dopo la sua morte . Non essendosi da un secolo cele
brato il sinodo diocesano , erasene presso molti quasi dimen
ticata non solo l'osservanza , ma la memoria ; egli pertanto
gradatamente ne riprodusse i decreti e gli articoli più impor
tanti nel calendario liturgico della diocesi , con qualche pic
ciola modificazione , massime rispetto alle penalità , per attem
perarle alla differenza de' tempi. Così pian piano e senza stre
pito ha rimesso in vigore quel buon sinodo di monsignor Am
brogio Spinola .
Il seminario de' chierici era mal concio e' troppo ristretto ;
monsignor Scarabelli lo ha ingrandito e ristaurato sino a quel
segno che il suolo permetteva. Pochi chierici v'intervenivano ,
allegando che le spese del convitto in seminario superavano le
facoltà delle loro famiglie ; ed anche a ciò egli pose provvedi
mento , minorando la spesa , e facilitandola con mezzi sì di
screti che anche i chierici più poveri non ne sentivano gravezza.
Gli animava allo studio , li coltivò nella pietà , ed un ' esatta
217
disciplina facea osservare vigorosamente da tutti. Per tenere
in soggezione e i superiori e i maestri e gli alunni, andava il
vigilantissimo vescovo a far delle visite non aspettate , in quelle
ore che poteva scorgere con gli occhi propri la verità delle cose.
Prudentissimo nell' operare , tardo a decidere , imperturba
bile e costante contra gli ostacoli che si frapponevano alle sue
risoluzioni , circospetto a credere a coloro , che per lettere o
a viva voce di un qualche disordine, e più se di un sacerdote ,
venivano ad informarlo , assumeva le più giuste notizie con
tale segretezza e discernimento che , dovendo poi dopo inti
mare qualche forte provvedimento , non potevasi sospettare
del luogo , da cui informazioni traevan l'origine. Savissima
condotta , tanto più ammirabile in monsignor Scarabelli , in
quanto che per la paralisia sofferta da' primi anni di suo vesco
vado , era quasi sempre costretto dalla sua stanza e dal suo
tavolino a conoscere e regolare gli affari delle due diocesi. Ha
fatto egli in somma quanto bene era possibile di fare nelle
sue circostanze ; e quando già ottuagenario e di coscienza
delicata , come egli è , ha creduto di non poter più fare tutto
quello che credea necessario , egli che già prima aveva solle
citato dal re Carlo Felice , non che da Roma la licenza di ri
nunziare , ha insistito tanto che in fine l'ha ottenuta , nel 1836 .
Ritiratosi presso i suoi misssionarii , l'orazione e la pia lettura
formano le assidue sue delizie , di due cose particolarmente
contento nella sua solitudine ; l' una , di sentirsi alleggerito di
un peso , che , come diceva di se stesso il beato Alfonso dei
Liguori, fatta la sua abdicazione, gli gravitava sul dorso come
una montagna ; la seconda , di aver veduto un ottimo suo suc
cessore , nell' ora scaduto 1837 , in monsignor Francesco A
gnini , già zelantissimo e dottissimo parroco nell' insigne col
legiata di nostra Signora delle Vigne in Genova.
218
CAPITOLO VII .
Santi e venerabili servi di Dio Genovesi e Liguri. xLv . San .
ta Caterina Fieschi-Adorno. XLVI. La ven . M. Batista
Vernazza . XLVII . Il beato Alessandro Sauli. XLVIII.
Santo Ampelio . - XLIX . San Venerio . L. Il beato Leo
nardo da Porto -Maurizio . - LI. Il ven . Giovanni B. ca
nonico De - Rossi. LII. Altre memorie di santi e venere
voli servi di Dio .
XLV. SANTA CATERINA FIESCHI- ADORNO .
La gloria incomparabile de'Genovesi è s. Caterina Fieschi
Adorno. Nacque in Genova , l'anno 1447 , da Giacomo Fieschi
che morì vicerè di Napoli e discendeva da Roberto , fratello di
papa Innocenzo IV , e da Francesca di Negro figliuola a Si
gismondo . Questi onestissimi coniugi ebbero tre figliuoli, Gia
como , Lorenzo e Giovanni , e due figlie , di nome Limbania
l'una , e l'altra Caterina , soggetto di queste notizie, chiamata
con vezzo usitatissimo Caterinetta , ch' era bellissima di viso
e delicatissima di temperamento. Cominciò da pargoletta ad
avere in pregio l'umiltà e la penitenza : semplice e pura null'
altro conosceva che l'ubbidienza a' maggiori e il soave con
forto delle religiose virtù . Bramò di farsi monaca nel mona
stero delle Grazie , ov'erasi già rinchiusa la sorella Limbania ;
ma l'età di tredici anni , e forse una segreta opposizione dei
genitori , le vietò di adempiere a quel suo divisamento. Giu
liano Adorno, giovane di possente famiglia ducale , cercò di
ottenerla in isposa ; e sì l' ebbe , perchè la vergine che nulla
sapeva del mondo , pensò , noverando forse l'anno sedici di
suo vivere, che bene fa chi si lascia guidare a ' buoni e pru
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denti congiunti. Lo Adorno , giovane dissoluto , aspro , risen
tito e dissipatore , colmò di amarezza quella sposa ch' egli
non meritava ; e si ridusse a povertà vergognosa . Caterina ,
perduto il padre prima delle nozze , e trovatasi in balìa
di tal uomo qual era lo Adorno , durò cinque anni divo
rando il proprio affanno: di poi si volse a quelle vanità e de
lizie, nelle quali ripongono il più delle femmine la parte migliore
di loro felicità . Ma in mezzo a ' divertimenti , in vece di miti
garsi la sua malinconia , vie più s' irritava , tanto che , conce
pita un ' intima avversione verso tutte le cose del mondo, fug .
giva la compagnia delle persone, in tale e tanta tristezza rica .
duta ch'era insopportabile , non che ad altri , a se medesima.
Così erano già passati circa dieci anni , quando al ventidue di
marzo del 1473 , recatasi al monastero delle Grazie per favel
lare colla sorella Limbania , e da questa indotta a presentarsi
al confessore delle monache , di subito che si fu inginocchiata
appiè del buon sacerdotë , ebbe una sì fatta illustrazione di
mente , e sentissi nel cuore tal vampa d'immenso amor di Dio ,
che fu quasi per cascarne a terra . Stette alquanto come alie
nata da' sensi, senza che il confessore si avvedesse dell'occorso ,
ma poi usandosi violenza , al meglio che potè , gli disse: « pa
dre , se vi piacesse , lascierei volentieri questa confessione per
un altro tempo. » E cosi fu fatto . Ritornò altra volta, e fece la
sua confessione generale con tanta cognizione delle sue colpe ,
con sì profonda contrizione di cuore per le offese fatte alla
bontà di Dio , che se non fosse stata miracolosamente sosten :
tata , le sarebbe crepato il cuore dal pentimento. E da quel
punto in poi tutto il viver di lei non fu che un prodigio.
Datasi a frequentare lo spedale grande per occuparsi nel
l'umile servizio degl' infermi, tirovvi pure il marito , ch'ella
aveva condotto a più degni pensieri : ed ambidue , presa una
casa contigua allo spedale , si deliberarono di consacrare
a quel pietoso ufficio tutti i loro giorni. E Caterina , l'an
no 1489 , ne fu eletta Priora ( dicono oggidì Rettora ) per
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quella parte ove si accolgono le donne : ma volle spesarsi del
proprio, perchè un purissimo affetto guidavala in qual che siasi.
operazione. Usava essa di comunicarsi ogni giorno con un ar
dore di spirito che non puosși immaginare , ed accadde, che,
di ciò ragionando con un religioso spirituale, questi le dicesse ,
che in quel suo comunicarsi poteva essere difetto ; e la beata
matrona temendo di errore , si asteneva di partecipare alla sa
cra mensa , restandone con grandissima pena ; sino a che il re
ligioso le mandò a dire, che sopra di sè, non mancasse di ri
cevere ognidì la santa Eucaristia . Questo pio sacerdote , di cui
si tace il nome nell'antica vita , credesi con molto fondamento
essere il beato Angelo da Chivasso , minore osservante, che in
Genova aveva fatto il noviziato, e predicato più volte ; ed era
personaggio di somma virtù e di rara dottrina , specialmente
nelle cose morali. E il b. Bernardino da Feltre , celebratissimo
religioso nell'ordine citato degli osservanti, a Caterina affidò
una giovinetta ebrea da lui convertita in Genova, l'anno 1492 , la
quale poi si fece monaca nelle Grazie, ov'era Limbania . Marco
del Sale , abitante al molo, malato di un cancro al naso , dopo
avere sperimentato tutti i possibili rimedii dell'arte , vedendo
di non poter guarire , venne in tanta impazienza , ch'era come
disperato. Afflittissima sua moglie, chiamata Argentina, por
tossi all'ospedale, pregando Caterina di visitare suo marito in
fermo. Obbedientissima com' ella era , subito vi andò , e per
venuta nella stanza di lui , con umili , divote e poche parole
lo andava confortando , e licenziatasi, esce via con Argentina .
Facendo strada ambedue verso l'ospedale , entrano in una
chiesa detta santa Maria delle Grazie la vecchia , e quivi ingi
nocchiate , Caterina comincia a raccomandare a Dio quell'in
felice. Partite di chiesa , si congeda Argentina per ritornare al
consorte. Entrando in camera, con estrema sua maraviglia di
buon umore lo ritrova , in tal modo mutato come se di un ser
pente fosse diventato un agnello. Non m'importa più niente il
cancro che mi rode, dice Marco , non m'incresce più il morire,
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altro non voglio che riconciliarmi con Dio . Chiamato un sacer
dote , confessa le sue peccata , dispone delle cose sue , ricono
scendo da madonna Caterina la spirituale sua salvezza , a lei
raccomanda per sempre Argentina , che lascia vedova , ed egli
ieessa spira con la pace di un angelo. Simile morte incontrò , l'anno
1494 , Giuliano Adorno , che negli ultimi anni di suo vivere
erasi ascritto al terzo ordine di san Francesco , sotto la dire
zione degli osservanti del monte , che avevano un ospizio alla
Nunziata di Portoria , e le regole ne praticava con edificante
dia pietà . Lo stato vedovile in cui trovossi Caterina per circa tre
lustri non variò di un punto il tenore di vita sua , lo spirito
avendo sempre unito a Dio con l'amore de' serafini, ed i suoi
61 esercizii esteriori assiduamente rivolti al servizio degli amma
lati; nè sapevasi mai comprendere come una donna tutta ce
leste potesse por mente alla cura delle cose temporali con una
tale precisione ,che nel rendimento de conti non faceva mai er
rore di un danaro , e nella direzione dello spedale non avveniva
mai il minimo mancamento . Si aggiunga ch'ella stessa era con
ope tinuamente travagliata da moltissimi mali , complicati per modo ,
che i medici più valenti furono costretti loro malgrado a rico
noscere e dichiarare , che le infermità di madonna Caterinetta
erano di un ordine soprannaturale. Ed erano tali per verità ,
perchè cagionate da un incendio di carità che disseccò tutti i
suoi umori , ed arse tutte le sue viscere , a somiglianza di un
pezzo di legno consunto dalle fiamme. Avvicinandosi finalmente
questa grand' anima a volarsene disciolta dal corpo in seno
di quel Dio , a cui ella sospirava a guisa delle anime penanti
in purgatorio , fece l'ultimo suo testamento , al diciotto di
'in marzo 1509 , rogato dal notaro Batista Strata , ordinando
di essere seppellita in val di Polcevera a san Niccolò del Bo
schetto . Spiaceva a protettori dello spedale di perdere le reli
quie di tal donna , di cui prevedevano la gloria ; e però tenuto
ej consiglio , ebbero determinato di persuaderla a rimettere l'ele
I zione del sepolcro a due sacerdoti da lei ottimamente cono
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sciuti , Giacomo Carenzio di Diano e Cattaneo Marabotto , che
reggeva nelle cose spirituali ed economiche la serva di Dio.
Ond' ella con peculiare codicillo , del giorno 12 settembre 1510,
dichiarò di rimettersi al loro arbitrio . E spirata che fu , addi
quindici del mese citato , i due esecutori dichiararono che il
corpo di Caterina chiuso in una cassa di legno avesse sepol
tura nella Nunziata di Portoria ; e non già nell' arca ove gia
ceva il marito , sì in un deposito a parte. His
Fu Caterina di statura piuttosto grande , di capo proporzio
nato , di volto alquanto lungo , ma di singolare proporzione e
bellezza , di colore candido e rubicondo nel fior dell'età ;
di naso decentemente lungo , di occhi negri e vivaci , di
ciglia ragionevolmente grandi, di fronte spaziosa. Negli ultimi
anni essendosi consumata la carne , e restando solo la pelle e
le ossa , sembrava una mummia ed un vivente cadavere. Ma
perchè il luogo troppo umido in cui fu seppellita parve poco
decente , e la gloria della santa matrona facevasi maggiore ,
dopo diciotto mesi , le onorande reliquie tratte dal primo avel
lo , vennero collocate in un sepolcro ornato di marmi e dipit
ture. Nell'aprire del deposito molta gente concorse per vedere
quel santo corpo , che trovaron intiero da capo a piedi , senza
lesione alcuna , sebbene per lo stillicidio di un acquedotto che
passava nel muro attiguo al sepolcro , dovesse naturalmente
infracidirsi. E putridite trovaronsi di fatti le tele che fasciavano
quelle sante membra , e tutta guasta la cassa che le conteneva ,
con estrema maraviglia di tutti , che il corpo si fosse conser
vato incorrotto e senza macchia la pelle , la quale dalla parte
del cuore era ancor rossa , in segno e per effetto dell'infuocato
amore che in quello aveva sentito. Per ottogiorni continui bi
sognò lasciare esposte quelle sacre spoglie ad appagare la pia
devozione di tutti, ma ben riparate da uno steccato , e rin
chiuse in una cappella per salvarle da quelli che sarebbero stati
troppo indiscreti.sibomnes odds
Illustrò il Signore l'ammirabile sua santa di molti miracoli ,
1
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ed il suo culto si dilatò non alla sola Liguria , ma all' Italia e
a tutto l' orbe cattolico , tanto più da che venne approvato da
Clemente X. La solennissima canonizzazione fu poi celebrata da
Clemente XII , l' anno 1737 , e nel momento che io scrivo
queste memorie ( 1837 tre di maggio ) , Genova ne ha cele
brato il secolare anniversario con religiosissima magnificenza ,
col concorso di moltissima gente delle terre vicine e di fore
stieri. Il tempio e il sovrapposto santuario recentemente dipinti,
erano addobbati con ricchissima pompa . La nuova urna della
santa , lavorata di marmo prezioso e contesta di bronzo , ar
gento ed oro , come eccitava alla devozione , cosi era oggetto
di universale maraviglia. Incominciò la festa a' primi vespri del
giorno ventitrè, or ora scaduto aprile. La città fu quella sera
splendida di un'illuminazione , unica a memoria di uomini : il
giorno ventitrè sua eminenza il cardinale Tadini , arcivescovo
di Genova , pontificò : intervenivano le primarie podestà , li
più distinti personaggi della città , una folla grandissima di fe
deli. Continuò la funzione per un ottavario , ed ebbe poi ter
mine il giorno trenta , quinta domenica dopo Pasqua , col
pontificale nella metropolitana di sua em. il cardinale Giusti
niani , e con la generalissima processione, che riportò l' urna
della santa al suo santuario .
Santa Caterina Fieschi-Adorno fu non meno ammirabile per
la celeste sua sapienza. Ella scrisse le altissime dottrine teolo
giche con tanta precisione e chiarezza , da persuadere a tutti i
savii lei averle ricevute nell' intelletto vive ed espresse per
divin lume , come egregiamente osservò quel gran lume delle
lettere italiane , il padre Antonio Cesari dell'oratorio di Ve
rona (1 ). Gravissime e sublimi opere sono chiamati dal dotto
e pio sacerdote Gaetano Volpi tutti gli scritti di Caterina , fra
quali specialmente distinguesi il suo trattato del Purgatorio.
« Non si troverà , egli dice , altro libro , in cui tanto altamente
(1) Bellezze della divin. comm . Vedi pare nella sposiz. del cant. 34 dell' inf.
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a si parli dell'eccellenza del puro amor di Dio , dėlla bruttezza
a di ogni benchè minimo peccato , della malignità dell' amor
« proprio , del purgatorio , e dell' inferno » legga lo spirito di
san Francesco di Sales chi vuol conoscere il sommo pregio di
questo trattato . Ma serva per tutti gli elogi quel nobilissimo at
testato , che sei dottori di Sorbona ne fecero colle stampe di
Parigi , nel 1666 , dopo avere per ordine dell'arcivescovo di
quella metropoli , Arduino Perefisse , posto ad esame il trat
tato del purgatorio , che tradotto in francese si voleva stam
pare nella raccolta intitolata: la pietà cristiana verso de'morti.
Ecco le parole de’ Sorbonici. « Per coronare la presente rac
« colta con un'opera altrettanto utile ed edificante, quanto su
« blime e sollevata in se stessa , si pone in fine una nuova tra
« duzione del purgatorio della b. Caterina da Genova , il quale
« è una rara effusione dello spirito di Dio sopra quest' anima
« così pura ed amorosa , ed un contrassegno maraviglioso della
a cura che Iddio ha sempre preso del governo di sua chiesa per
« illuminarla e soccorrerla secondo i bisogni ... Iddio si è ser
en vito di questa donna per sostenere le verità della fede contra
« gli eretici di questi ultimi tempi e per insegnare a ' cattolici
« le regole e le massime della vera pietà sopra la materia del
a purgatorio . »
« Or qui mi sia permesso di aprire una volta il mio cuore ,
« conchiude il padre Spotorno , chiarissimo lume della ligure
« letteratura ( da cui ho cavato tutto ciò che mi conveniva per
« questo compendio ). Egli è certo che molte cose predicate e
* scritte nel secolo XV intorno al purgatorio da persone , che
a avevano un fervore non regolato dalla prudenza , nè purifi
« cato per la dottrina , crebbero la baldanza a Lutero ed ai
« suoi seguaci, e diedero pretesto di mettere in canzone presso
« il volgo germanico la credenza cattolica del purgatorio. Certo
a è similmente che a dì nostri ancora e si odono e si leggono
a in questo argomento alcuni tratti de' quali abusa la malizia
« de’ libertini a porre in derisione la vera dottrina della chiesa,
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« Certo èin fine che noi abbiamo nel trattato della nostra santa
« principii e massime le più sublimi e le più sicure , che im
« maginar si possano su tal proposito. Perchè adunque e gli
« oratori , e coloro specialmente che leggono teologia nelle
« scuole de chierici , non attingono a questa fonte salutare ?
« Temerebbero forse i maestri in divinità , che dovesse tornar
« a disonore il confessarsi discepoli di santa Caterina ? ( 1 ) ►
XLVI. LA VENERABILE BATISTA VERNAZZA.
La vener. Batista Vernazza nacque in Genova, il dì 15 aprile
dell'anno 1497 , da un padre il di cui solo nome, vale in Ge
nova un elogio , Ettore Vernazza, e da una madre che alla san
tità ed alle più pure virtù domestiche univa una straordinaria
avvenenza , Bartolommea Risso o Rizzo . Fu tenuta al sacro
fonte da santa Caterina e dal dottore Tommaso del Moro . Gli
esempi di somma edificazioneche la fanciulla ebbe nella sua
famiglia sone descritti in una lettera da lei diretta al padre
Gaspare Scotto , e vi sono narrati con aureo e semplice stile
degno de' toscani prosatori del 1300. Ella era di già negli anni
più teneri , cioè, dal sei fino al tredici, un modello di saviezza ,
di docilità e di sapere. I suoi studii furono soprammodo pre.
coci e rapidissimi. Si narra che all' età di anni dieci ella com
pose una lode o canzone a Maria Vergine. Il padre Scotto l'ha
conservata in una sua lettera che va stampata nella collezione
(i) Spotorno tom. 3 , pag. 93 e seg .
La prima vita di santa Caterina fu scritta e pubblicata da Cattaneo Mara
botto , sacerdote d ' incorrotta vita , rettore dello spedale grande di Genova e di
rettore spirituale di Caterina , e da Ettore Vernazza , degno d' immortale memo
ria e figliuolo spirituale della santa . La edizione che ne ha fatto il Comino in
Padova , nel MDCCXLIII , è la migliore di tutte. Chi desidera ulteriori notizie
intorno al culto e alla canonizzazionc della santa , le troverà compiute presso i
Bollandisti , al giorno quindici di settembre . 1
15
226
rarissima delle sue lettere in Verona', 1602; e ne citiamo la
seguente strofa a meraviglia d'ognuno :
Santissima mia diva , Insin d'allor fei voto ,
Questo mio cor ricevi, Con animo devoto ,
1 Non mai Madre adorata ,
Che , quando al sole apriva
Le luci al giorni brevi, Esser da 'te sviata .
Nè cantava la pudica verginella con labbro menzognero , im
perocchè all'età di anni tredici compiuti , per valersi di sue
espressioni , dedicò allegramente se stessa a sua divina Maestà ,
nel giorno della natività di s. Giovanni Battista , in cui entrò
qual novizia nel monastero delle Grazie , dell'ordine di Latera
no . Non valsero a ritrarla da questo stato di perfezione gli agi e
l'albergo paterno , nè le perfide sirene del senso , comºella
cantò in un sonetto (1 ) :
Or coll' esca d'amore , or coll' infido
Pianto che a figlia son dolci catene .
Ma però ella ubbidi alla madre cui pesava vederla scegliere
una vita da lei dilungata , e infinchè donna Bartolommea Risso
risse , la sacra vergine non ebbe cuore di abbandonarla , chiu
dendosi in monastero . Ella seppe cosi conciliare insieme il suo
zelo religioso e le tenere cure di una figliuola amorevole .
Il suo ingresso nel monistero fu il principio di tutti i beni ,
che il cielo si compiacque di versare in quei santi luoghi. Et
tore Vernazza di lei padre avevala dotata assaj splendidamente
per non essere ritrosa alle beneficenze. Cotesto virtuoso suo
(1) Sonetti della v. Bat. Vernazza ... 3.a edizione, arricchita . Genova. Pagano
in 8.0 ( 1822 ) . Tutte le poesie di questa insigne letterata e serva di Dio ven
nero insieme raccolte ed illustrate dal caval. avv. G. Ronco , e dedicate a mons.
L. Lambruschini arciv. di Genova , or cardinale. Questo chiar. cav. ha scritto pure
l'elogio della ven , vergine ; ed è appunto suo quello che qui io produco.
127
talento ebbe novello spazio , quando venne creata abbadessa
e si trovò al governo di quella numerosa comunità . Le di lei
virtù eransi sparse fuori del suo chiostro e rese conte a tutta
Genova ed a tutta l' Italia. Innumerevoli e distinti personaggi ,
non eccettuato il sommo pontefice , si valevano di lei per la
condotta delle cose più importanti , e ne domandavano l ' ap
provazione e l' avviso . Lo stesso Ettore Vernazza suo padre ,
uomo cotanto illuminato e pio , e della patria cotanto bene
merito , non osava imprendere o menar alcuna cosa a fine , se
dianzi non aveane il parere e il regolamento. Ad una santità
di massime e di affetti accoppiava tutta la perspicacia di una
donna vissuta fuori del chiostro , come ne fan fede infiniti e
sempi. Ci è a grado di riferire il seguente , che noi troviamo
marcato in uno zibaldone o quaderno scritto della mano della
venerabile: « Angiola Solari giovinetta di anni quindici entrò in
« questo monasterio , addì sette agosto di quest'anno ( 1571 ) ;
« essa mostrava gran voglia di dedicarsi a sua divina Maestà ,
« servendola in questo sacro luogo . Il di lei fervore nel novi
« ziato eccedeva ogni idea ed ogni umano pensiere ; ma però
« lessi nel suo cuore , che questa giovane non era fatta pel
( chiostro , mirabilis facta est scientia tua ex me. Io scoprii
« che ad altro non men santo , se ben meno perfetto stato ,
« era chiamata ; nè credei per avventura di essermi ingannata.
« . Ella non mi sgannò în fatti , e tutto versando in me il suo
« cuore , lacrimosa mel rese palese. Io le divenni amica e pro
« tettrice , ed avendola al padre raccomandata , fui lieta di ve
« derla impalmata ad un onesto e virtuoso signore. » La let
tera ch' ella scrisse al dottor Tommaso del Moro suo padrino è
un' altra prova di ciò che veniamo dicendo. Tommaso Moro
seguì sventuratamente gli errori di Calvino ed abiurò la cattolica
religione de' suoi padri. Quanto una tal notizia corrucciasse la
venerabile sua figliocciat, non è cosa agevole a spiegare : ella
proposesi di ricondurlo qual pecora svagata all'ovile , e a tal
uopo gl' indirizzò quella celebre pistola , addi dieci settembre
228
1559 , in cui tutta la più fina dialettica , la scienza più profonda
delle sacrc pagine , e la persuasione la più commovente e soave
si rinvengono in un modo maraviglioso . Tommaso Moro rice
vendo questa lettera fece un cotal ghigno , come volesse espri
mere la incapacità , a suo avviso , di una donna a rimuoverlo
da quella credenza , che aveva di fresco abbracciata ; maei non
ebbe letto appena la metà del foglio che un turbamento visibile
si manifestò nel suo volto. Un fremito universale lo colse in
tutte le membra , e invano tentò di ritenere una lagrima , che
per la prima volta gli spuntò sul ciglio . Testimonio di questa
' commozione un perfido di lui amico e compagno , anzi fautore
de' suoi errori, cercò di distorlo dalla lettura di quello scritto ,
o di confutarne le ragioni e le dimostrazioni. Ma non gli venne
fatto di riuscire nell' uno o nell'altro impegno. Tommaso Moro
non seppe resistere alla evidenza delle prove della vera reli
gione esposte da una sacra vergine con quella semplicità , che
è il primo argomento del vero : abbandonato il mondo , prese
l'abito della santa religione , dove santamente vivendo , finì i.
giorni della vita sua , sempre però memore e riconoscente della
grazia di sua conversione alla venerabile donna, a cui aveva
egli contribuito nel battesimo a dare la vita cristiana.
Frattanto suor Batista Vernazza occupava le poche ore di
sollievo dalle cure e dal governo di sua casa componendo su
blimi trattati spirituali e leggiadrissime rime : il più puro stile
italiano si rinviene in tutti i suoi scritti, e non ha esempio in
essi d' un solo errore di elocuzione e di sentimento. Il di lei
modo di comporre era ordinariamente quello di scegliere un
versetto della sacra scrittura sovra cui ella tesseva un discorso ,
ed il di cui oggetto principale era lo sviluppo d' una qualche
virtù cristiana, o di un qualche dovere a seguire. Questi discorsi
sono talora succeduti da un capitolo in terzine più o meno
lungo giusta il subbietto. Ella ha però tre componimenti esclu
sivamente in verso , i quattro cantici cioè intitolati del divino
Amore , i dodici Cantici spirituali, e i cinque Sonetti. Tutte le
1
229
opere sue furono , essa vivente, ma non consapevole, stampate
per la cura del predetto Gaspare Scotto, eccettuati i sonetti che
erano inediti, e che vennero ultimamente pubblicati con note del
caval. Avv . G. Ronco ... La venerabile era nodrita de' più buoni
studii ed aveva necessariamente attinto alle più caste sorgenti
del nostro bello idioma. Infatti ella impiega di sovente le espres
sioni e i bei modi di dire de' prosatori del secolo decimoterzo ,
nè pare le fossero ignote le opere de' primi padri della volgare
poesia. Sembra eziandio accertato ch'ella tenesse corrispondenza
con alcuni di quegli uomini insigni nell'aureo secolo in cui viveva.
Di fatto ritrovasi ne'suoi manoscritti una copia di lettera scritta
al celebre Luigi Alamanni in tempo ch'egli soggiornava in Ge
nova , nel 1528 , in qualità di deputato per gli affari di sua pa
tria. In quella lettera la venerabile gli raccomanda una sua so
rella ( supponiamo monaca ) in Firenze , e gl' invia una lettera
a recapito. In detta lettera mostrasi dolente per le traversie che
il papa , Clemente VII , ebbe a sostenere per causa in parte dei
fiorentini.
La venerabile aveva in quel torno l'età di anni ventinove ai
trenta , e il suo nome erasi già divulgato al punto di venir
conta ad uno dei più eleganti scrittori che vanti l'Italia . Come
era in fatti possibile che questa santa vergine potesse allora
viver celata ? Ella si trovò conosciuta , ammirata, lodata senza
essersene avveduta , e senza aver a ciò convitato. Per ogni dove
suonò il suo nome : e persone di alto legnaggio si attribuirono
a somma ventura di aver seco lei qualche relazione , sì per le
loro bisogne spirituali , che per le temporali. Egli è di quindi
che ebbero origine le lettere dalla Vernazza scritte a varii per
sonaggi distinti sì nelle scienze che nelle dignità.
Durante però che la venerabile spendeva se stessa a pro dei
bisognosi , andavasi logorando nei lavori e nelle penitenze. La
gracilezza di sua costituzione , accompagnata dall' età matura ,
accelerava il suo fine. Una malattia di consunzione, ilmarasmo,
faceva nel suo prezioso corpo de' rapidi e perniciosi progressi.
230
Ella si mori alle quattro pomeridiane del giorno nove di maggio ,
1587 , nell'età di anni novanta e ventisei giorni; e la sua morte
fu il dolce sonno de' giusti , che forma il rapido varco all’im
mortalità beata . Poco prima di morire riconobbe tutte le sue
figlie , ed una di esse avendole chiesto la benedizione , la mo
ribonda vergine stese la mano e sorridendo pose un dito sulla
bocca di lei , quasi che avesse chiesto una cosa stravagante , e
che la umiltà non permetteva , e levato lo sguardo, che brillava,
tuttavia benchè morente, fuor dell'usato , le indicò il crocifisso .
Noi abbiamo citato questo tratto d'insigne umiltà per dimo
strare quali erano fino all'estremo le virtù della nostra vergine.
Un modestissimo sepolcro racchiuse la sua spoglia mortale ,
dopo che rimase sopra terra sei giorni esposta al pio concorso .
« In questo tempo ( sono parole dell'amica sua donna Dinegro )
è stata un'infinità di persone con gran divozione e sentimento
a vederla dalla inferriata della chiesa . Elle volevano pur darci
le loro corone , perchè le toccassero , e bisognò compiacerle .
Ognun vorrebbe le cose sue per divozione . Si diedero a quelle
persone cui si teneva più obbligo alcune sue immagini devote ,
che aveva in cella , ma vorrebbono fino i panni di dosso . Però
noi non ci attentiamo consentir ancor a questo , benchè molti
prieghi abbiamo. »
Colla soppressione di suo monistero non esiste più il suo se
polcro ; ma senza questo , il nome di donna Batista . Vernazza
sarà sempre immortale nei fasti della più bella letteratura ita
liana , e più ancora nei fasti della religione , illustre e venere
vole per le sue virtù che furono quelle dei santi.
XLVII. IL BEATO ALESSANDRO SAULI,
La congregazione dei chierici regolari di san Paolo , detti
con altro nome Barnabiti , perchè nella chiesa di san Barnaba
in Milano ebbero incremento , instituita verso l'anno 1530 , ri.
conosce a suo principale fondatore il venerabile Antonio Maria
231
Zaccaria che nacque in Cremona, nel 1500 , da genitori delle più
illustri famiglie di quella città . Intese questo servo di Dio , che
la principal cura dell'instituto che fondava , fosse lo ammini
strare il sagramento della penitenza , il predicare , instruire la
gioventù , dirigere i seminarii , fare delle missioni , ed appli
carsi a tutti quegli ufficii , a cui verrebbero dai vescovi desti
nati. Esteso ed utilissimo intendimento a cui corrisposero, egli
finchè visse , ed i suoi socii in santissimo modo : motivo per
cui da diversi sommi pontefici la congregazione de' chierici re
golari fu solennemente approvata , e di moltissime grazie e
grandi privilegi favorita.
Un validissimo sostegno , un santo propagatore , ed un or
namento splendidissimo trovò quasi nel suo nascere questo sa
cro ordine , nella persona di un sacerdote genovese. Tal è il b .
Alessandro Sauli , nato in Milano , ai 15 di febbraio 1535 , da
Domenico Sauli , e da Tommasina Spinola , patrizii di Genova.
Studiò nella casa paterna sotto dóttissimi maestri , dai quali
apprese il greco ed il latino , la storia e la filosofia. Mandato
da suo padre , che allora era presidente del senato di Milano ,
ad imparare la giurisprudenza nello studio di Pavia , si distinse
sopra moltissimi suoi condiscepoli per l' acutezza dell'ingegno
e per la facilità della memoria , e tutti ,li superava per la rara
sua modestia , e per la soda sua pietà. Essendo ritornato a Mi
lano , frequentava la chiesa di san Barnaba , e qui , ascoltando
i fervidi ragionamenti che vi si tenevano , e soprattutto spec
chiandosi ne' santi esempi di quei venerevoli sacerdoti , deli
barò di essere ammesso nell'ordine loro : ne vestì l'abito dif
fatti, nel 1551 , e professò il giorno diciannove di settembre, 2
1554. Nel suo noviziato manifestò una esattezza puntuale alle
più minute osservanze dell instituto , ed una intensa applica
zione alle scienze , nè saprebbesi quasi dire , se le prime o le
seconde fossero meglio da lui coltivate , giacchè studiava non
per la vanità di sapere e di esaltarsi , ma per essere utile alla
religione. Destinato da' suoi superiori a suonare il segno della
232
campana per gli ufficii della congregazione e della chiesa , fu
trovato un giorno che di una mano impugnava la corda per
suonare al battere preciso dell'orologio , e con l' altra teneva
un libro aperto , e leggeva ; e così senza perdere la minima
particella di tempo addestravasi tutto insieme a divenire e san
to e dotto .
Ricevuto colla imposizione delle mani il carattere sacerdo
tale , nel 1556 , voltò la forza di suo dire alla correzione dei co
stumi . « Il suo favellare tal fu sempre qual si addiceva alla san
tità del luogo , ed al fine ch'egli erasi proposto : non vane pa
role , non sottigliezze di scuola , non gestir dissoluto : i santi
libri , i padri , e i dottori più gravi a lui fornivano la materia :
e le voci e le figure non mancavano mai ad un uomo nudrito
nel secolo di Leone X da esimii precettori. Non curava il plau
so , che viene le più volte da torto giudizio , ma vedeva gli as
coltatori sospirare a' suoi ragionamenti , e partire dal tempio
taciti e pensosi. Udillo un giorno Maria Piantanida , vedova in
età giovanile , fornita di beni, ed ornata di rara beltà, che null'
altro curava se non se di compiacere ai mondani. Le parole del
beato Alessandro le scesero profondamente nel cuore ; comin
ciò a sentire il diletto della virtù , raccolse in sua casa molte
fanciulle , le ammaestrò alla pudicizia , e con queste si racchiu
se poscia in un chiostro , ricevendo il sacro velo dalle mani
di s. Carlo . Tal principio si ebbe l'illustre monastero di santa
Prassede in Milano. »
- Non fu da meno nell'insegnamento delle scuole. Mandato
da' suoi superiori, nel 1557 , a Pavia ad ammaestrare i chie
rici di sua congregazione nelle filosofiche e teologiche facoltà ,
cominciò a ben formarli nella cognizione dell' idioma greco ,
compilando ad uso de' medesimi un compendio di precetti
grammaticali. Appresso metteva loro nelle mani la logica di
Aristotile : uno de' giovani ne leggeva il testo , un altro il tra
sportava in latino : il santo maestro dichiarava loro i principii
e facevane vedere la connessione ; nè permetteva che cercas
233
sero il testo del greco filosofo negli scolastici commentatori
che in vece di rischiarirlo , il più delle volte lo avevano invi
luppato. Alla metafisica unì la geometria , per avvezzare i gio
vani con questo studio all'ordine , a tener in freno la fan
tasia , e condurli praticamente all' esercizio di un retto razio
cinare. Lesse indi teologia , spiegando la somma di san Tom
maso che egli aveva imparato così bene e meditato con tale
attenzione che dicevasi in Pavia , quasi a maniera di proverbio :.
« se la somma dell' Angelico si smarrisse , don Alessandro po
trebbe dettarla parola per parola. » Non è però maraviglia che
un maestro di tanto merito fosse addottorato in quella univer
sità , eletto a degano del collegio de' teologi , e la cattedra gli
fosse due volte offerta in quello celebratissimo studio . Il quale
magistero egli rifiutò costantemente , sia per l'umile sentire di
se stesso , sia per attendere più da presso alla spirituale col
tura de' suoi prossimi. Il vescovo di Pavia lo occupava di fatto
in tutti gli ufficii del santo ministero , nell'esame del clero ,
nelle visite della diocesi, nelle conferenze di morale per for
mare ottimi ministri del sagramento della penitenza. E molto
di più ancora si giovò di lui san Carlo Borromeo , venuto nella
sua chiesa di Milano , chiamandovi il beato Alessandro a diret
tore di sua coscienza , a teologo nel primo concilio provinciale,
a suo intimo consultore nella riforma di tutto il suo gregge.
Come lo stesso spirito li muoveva alla santificazione propria
ed altrui , così la medesima virtù uni queste due anime con
un nodo di santa amicizia che doveva poi essere eterna. Ed
ambidue poi trovandosi in Roma, frequentavano la camera di
san Filippo , conversavano con quel dolcissimo santo vecchio ,
come oracolo di sapienza celeste lo udivano , e di accordo lo
seguitavano come perfettissimo modello di ogni virtù . In Ro
ma trovavasi allora Alessandro , per reggere l'ufficio di pre
posito generale di sua congregazione , a cui era stato promos
so , sebbene non maggiore di anni 32 ; ma la religione, la pru
denza e la dottrina certamente superavano l' età.
234
Ma la provvidenza preparava intanto al preposito de' chie
rici regolari di san Paolo un'altra famiglia . Il santo pontefice
Pio V vedeva in Corsica una diocesi, vasta , pingue , e abban
donata già da un « colo da' suoi neghittosi pastori. Della cat
tedrale di Aleria si vedevano le rovine ; il generale Sampiero
aveva spiantato il palazzo vescovile , arso e desolato i contorni.
L'idioma latino era ignoto a quegli ecclesiastici, che non sa
pevano nulla di scuole o di seminario : nelle chiese si riparava
l'armento , e talvolta si afforzavano i sediziosi. Le leggi eccle
siastiche non avevano ubbidienza , e si praticavano le supersti
zioni degl' idolatri e degli arabi. I migliori di que' popolani
ricevevano a Pasqua la eucaristica comunione; e molti degli
altri non sapevano formar il segno della croce : poveri, incolti,
riottosi si vivevano spersi per le ville , senza strade agevoli ,
lontani dal lido pel timore de' pirati, senza altro diletto che
dell'ozio e della sensualità . Questo è il breve ritratto della
chiesa , che san Pio V volle affidare al beato Alessandro. Egli
ricevette la consecrazione in Milano , al 12 marzo 1570 , dalle
mani del suo amico e figlio spirituale s. Carlo Borromeo , nè ad
altro più tenne il pensiero che recarsi prestamente al suo gregge ,
Passando per Pavia , si prostrò a'piedi del vecchio padre, e ne
volle la benedizione. In Genova, ossequiò il doge e il senato , vi
sitò i congiunti, e portato di poi da un brigantino, approdò nell
isola sul finir di aprile. Visitò tutta la diocesi non una sol volta ,
rampicandosi su quei greppi e mangiando alla parca mensa
de' più meschini isolani. Celebrò sinodi, compose un catechi
smo che san Francesco di Sales preferiva ad ogni altro , e fece
poche leggi ; ma volle che fossero esattamente osservate. Chia
mò dal continente d'Italia alcuni precettori , ristorò la catte
drale , elesse tra i fanciulli i più composti ed ingegnosi, e ne
formò il seminario ; accrebbe il numero de' canonici ; istituì la
congregazione della dottrina cristiana ; ammaestrò gli ecclesia
stici coll' esempio , con la voce , e con varii libri composti in
maniera proporzionata al bisogno di quel popolo infelice.
235
Trasse più volte dall'Italia gran copia di vettovaglie a risto
rare i suoifigliuoli ( così egli chiamava i suoi diocesani ) trava
gliati dalla carestia, somministrò vitto , abiti e denaro ad una
turba di Corsi liberati dalla catena nella battaglia di Lepanto ,
e venuti in patria , spogliati d'ogni bene. Non pensò mai a
mutar la sua sede in altra più doviziosa ; e sì n'ebbe non po
che occasioni e frequenti inviti ; specialmente a Genova , dove
molti il bramavano a coadiutore di Cipriano Pallavicini. Final
mente Gregorio XIV , già spirituale discepolo di Alessandro ,
di proprio movimento lo trasferì alla chiesa di Pavia . Ubbidi
il santo prelato alla yoce del pontefice ; e lasciando in profon
da mestizia non solo la diocesi di Aleria , ma tutta la Corsica ,
che aveva egli ricreato colla virtù e colla beneficenza , si con
dusse al novello soggiorno. Ed avendo cominciato il suo mi
nistero con la visita pastorale , giunto a Calosso , nella provin
cia d'Asti, quivi nel castello del conte Ercole Roero , signore
del luogo , terminò i suoi giorni nella pace de' giusti, al 11 di
ottobre , 1592. » La gloria che gode in cielo fu manifestata da
Dio con moltissimi miracoli, comprovati da gravi testimoni, e
al maggior segno luminosi, ora di epilettici, ora di paralitici ,
ora di febbricitanti già ridotti alle agonie , altri da frattura di
membra , ed altri per ulcere incancherite, senza veruna spe
ranza di più vivere. Li quali tutti invocando il suo aiuto , ricu
perarono perfetta ed istantanea la grazia addimandata. Appro
vate le sue virtù dalla sacra congregazione de' riti, e , previe
le solite indagini , approvati alcuni de' suoi prodigi, il sommo
pontefice Benedetto XIV decretò al venerabile Alessandro Sauli
l'onore e la invocazione de' beati, l'anno 1741 , nel giorno
ventitre di aprile. Diversi scrittori italiani ne produssero alle
stampe la sua vita , e possono vedersi presso i continuatori di
Bollando al undici di ottobre , i quali 'tradussero in latino
quella del Gabuzio ; e finalmente a giorni nostri la scrisse in
francese il piissimo e dottissimo cardinale G. Gerdil, uno degli
insigni ornamenti della congregazione di san Paolo , e poi del
236
sacro porporato collegio , che del beato Alessandro Sauli era
divotissimo : bellissimi tratti ne ha pure scritto il padre Spo
torno , di cui mi sono giovato .
XLVIII. SANTO AMPELIO .
L'unica vita che noi abbiamo dell'anacoreta santo Ampelio
è quella che fu scritta da un monaco Olivetano dell'antico mo
nastero di santo Stefano di Genova, da cui la copiarono i Bol
landisti per inserirla nella grandiosa loro opera. Deve dividersi
in due parti, la prima delle quali comprende tutto quel tempo
in cui il santo uomo dimorò in Egitto , e la seconda narra la
venuta di lui nella spiaggia ligustica di occidente in sul capo
di Bordighera , la sua morte , i subi miracoli e la traslazione
delle sue reliquie. In quanto alla prima parte sono pochissime
le notizie che di lui ci hanno conservato gli scrittori, però si
cure ed indubitabili, essendo appoggiate a Sozomeno e all'au
tore del libro secondo delle vite de' padri dell'Eremo, che
credesi Palladio , tradotto dal greco in latino per opera di Ruf
fino, sì famoso per le sue contese con san Girolamo. Nella par
te seconda incontransi manifeste falsità , avendo il monaco oli
vetano con buona fede attribuito a santo Ampelio tanti fatti
maravigliosi che sono proprii di un altro santo solitario ., chia
mato Giovanni , come può chiarirsi ognuno , leggendo il pre
fato scrittore del libro secondo delle vite de' padri , presso il
Rosveido . Ciò che mi sorprende non è che l'Olivetano abbia
applicato ad un santo ciò che appartiene ad un altro ; ma bensì
che i Bollandisti, avendo adottata da lui e trascritta la vita
di santo Ampelio , non abbiano rilevato un errore così rimar
chevole , tanto più che citano il Rosveido , da cui la verità a
pertamente risulta . Che però volendo accuratamente discernere
il vero dal falso , le cose certe dalle dubbiose , mi attengo a
quel poco che del santo anacoreta ci hanno tramandato gli
237
storici antichi per ogni credito riputatissimi, e delle cose po
steriori dirò soltanto quelle che reggono alla severa critica. tų
Tutto l'Egitto nel quarto e quinto secolo della chiesa era
ripieno di santi abitatori: gli uni chiamavansi cenobiti , perchè
vivevano in comunità e formavano una religiosa famiglia sotto
un superiore che distinguevasi col nome di padre : gli altri di
cevansi anacoreti ed abitavano solitari ne' deserti. Il numero
degli uni e degli altri era grandissimo a segno tale , che pare
incredibile a giorni nostri. Nella sola città di Ossirinco , situata
nella Tebaide , racconta Evagrio testimonio oculare , riportato
dal ven. cardinale Baronio , che vi erano dodici mila monaci.
Santo Apollonio nella Nitria era padre di cinque mila ceno
biti (1): quanti populi habentur in urbibus , tantae poene
habentur in desertis multitudines monachorum . Institutore
primario sì de' cenobiti che degli anacoreti , prosiegue a dire
Baronio , deve riputarsi santo Antonio abate , il quale praticò
e promosse la osservanza de'primi e de' secondi, a buona ra
gione quindi considerato il patriarca di tutti. isottolis poenit
Il monastero , ossia la Laura ( giacchè tale propriamente in
allora chiamavasi il luogo , ove abitavano e convivevano i ce
nobiti ) a cui apparteneva santo Ampelio sul finire del quarto
e cominciare del quinto secolo , era vicino alla città di Acori ;
ed il mestiere ch'egli esercitava, tutti occupar dovendosi in
qualcheduno , era di fabbro -ferraio : faber erat ferri , et quae
necessaria erant fratribus operabatur ( 2). I ferramenti che
egli fabbricava con fina industria e puliva con somma diligenza
servivano per tutti gli usi ed utensili , ne' quali questo metallo
si adopera ,sempre necessarii ad una numerosa comunità. Le
sue morali e religiose virtù furono di tanta perfezione, che il
nome di Ampelio diventò famosissimo presso quei santi abita
tori: percelebris erat ; così precisamente ci assicura Sozome
5 naginst cinemass - 15 Suyi bilog mai
on noso Jigsootasis
( 1) All' anno 316.
(7) Rosv, lib. 2 , c. VII.
1
238
no ; la quale espressione , se bene si valuta , equivale ad ogni
più compiuto elogio . Palladio , che insieme con altri andò alla
Tebaide per imparare dalla conversazione di que' santi cenobiti
gl'insegnamenti della vita spirituale , e vederne in pratica gli
esempi singolari, racconta , che essendosi presentato ad Am
pelio , ne fu accolto con somma buona grazia ed amorevolez
za : cum humanissime suscepisset nos. lo gli addimandai, se
gue lo stesso scrittore , qualche racconto di edificazione, o di
ciò ch' era succeduto a lui , o di ciò che aveva osservato in al
tri ; ed egli mi appago con espansione di cuore , informandomi
di molte azioni maravigliose del santo monaco Giovanni, delle
ardue di lui penitenze , delle molte tentazioni diaboliche che
aveva superato , delle varie grazie che dal cielo aveva ricevuto,
e di molti prodigii operati. Molte altre cose ammirabili mi co
municò Ampelio , avvenute a quei santi cenobiti, così che io
me ne ritornai soddisfattissimo de' suoi dolci ed edificanti ra
gionamenti. Iddio lo illustrò inoltre del dono de ' miracoli , ed
un solo , riferitoci da Palladio e da Sozomeno , basta per mol
tissimi altri, perchè fu a tutti visibile , costante e stupendissi
mo . Egli maneggiava i ferri che cavava dal fuoco arroventati,
colle mani ignude , senza sentirne la minima lesione : In usu
habuit ferrum cadens manu nuda tenere, nec laedi (1). Ma
perchè Iddio operava in lui un prodigio così patente e conti
nuo ? Ciò fu in premio di una segnalata vittoria che ei riportò
contro di una tentazione pericolosissima di oscenità . Lavorava
egli di notte tempo nella sua officina; ed ecco improvvisamente
apparirgli innanzi e farglisi vicina la figura di una donna vaga,
che con parole lusinghiere e atteggiamento incompostolo tenta
listo Suoise au stabib duotakuin panas
(1) Cam in fabrili opere teneretur oecupatus, spectrum daemonis noctu , ha
bita malieris formosae, quum continens esset , tentare coepit. Qui ferro , quod
iam polierat , ex igne extracto , daemonis faciem exussit : daemon autem cum
fremitu et ejulatione aufugit. Sozomeno lib . Vi hist. eccles. c. 28. Palladio rac
conta il fatto con quelle più minute particolarità che sono state da noi descritte.
Rosveido , lib . 2 , cap. XV.
239
al peccato. Inorridisce il santo uomo al turpe assalto : grida ,
ributta e minaccia la seduttrice ; ma indarno , perchè anzi ella
persiste a sollecitarlo. Armasi egli di un maggior coraggio ; e
volendo presto discacciare da se la perfida , dà subito di piglio
colle mani ignude al ferro che stava in quel momento arro .
ventando , e lo scaglia a forza di braccio contro la mentita per
sona. Confusa e disperata fugge via precipitosamente , man
dando urli sì furiosi, che ne fu inteso il rumore dagli altri
cenobiti.
Non ci rimane altra sicura notizia delle cose grandi operate
da sant' Ampelio nell'Egitto. Gli dava assai pena la celebrità
del proprio nome , motivo per cui risolvette di andarsene in
lontanissimo paese , a vivere nella solitudine. E partito di fatti
dall’Oriente , la provvidenza lo condusse alle spiaggie ligusti
che , nel territorio Intemeliese, in sul capo di Bordighera , ove
trovò il romitaggio che lo nascondeva agli uomini , come bra
mava. Ma per poco potè godere di sua solitudine, giacchè pre
stamente divolgossi anche in Liguria la fama di uomo santis
simo ch'egli era , col massimo spirituale vantaggio di que'po
poli. Una casupola avevasi formato sul lido del mare , e alla
sua morte , ridotta a tempietto , cominciossi a frequentare re
ligiosamente, per dare al santo anacoreta quella venerazione
che gli si doveva , ed implorarne la possente protezione. Que
sto culto nel lungo giro de’ secoli non mai interrotto fu auto
rizzato dalla sacra congregazione de'Riti , presso cui essendosi
fatta istanza dal clero e dai magistrati di Bordighera , udito
anche il voto del vescovo di Ventimiglia, si ottenne di celebrare
la festa del santo , l'officio di prima classe e il titolo di patrono
principale. Questo decreto della sacra congregazione è in data
del nove di aprile , 1791..
Non fu però fatto agli abitanti di Bordighera di conservare
le preziose reliquie di sant' Ampelio nella loro integrità. In
sorta la guerra , Vanno 1140 , tra il governo di Genova e la
città di Ventimiglia , furono prese quelle saere spoglie da ge
240
novesi e traslate a Sanremo nella chiesa di santo Stefano , la
quale era soggetta nello spirituale e nel temporale al mona
stero di santo Stefano di Genova. Si custodirono in Sanremo
col debito culto sino al 1258 , in cui, previa la permissione di
papa Alessandro IV , seguì una permuta tra Gualtero arcive
scovo di Genova ed i monaci di santo Stefano della stessa città,
colla rinunzia di questi al loro priorato di santo Stefano di
Sanremo , e coll' acquisto in vece di san Martino di Bisagnó ,
ceduto dall'arcivescovo. Stipulandosi la permuta , riserbaronsi
i monaci le reliquie di sant' Ampelio per trasferirle in Genova
nella chiesa del loro monastero ; la quale traslazione di fatto
seguì nel giorno dodici di maggio del medesimo anno. Ivi si
riposero , e tuttora decorosamente si venerano , il braccio in
cassato in un reliquiario di argento , all' altare del santo , alla
parte del vangelo , ed una grande porzione del corpo in urna
di marmo , sotto l'altare maggiore.
XLIX . SAN VENERIO .
San Venerio , monaco, od eremita che debba dirsi, il cui no
me sta inscritto nel martirologio romano , al giorno 13 di set
tembre , nacque intorno al 560 , d'illustri genitori, nell'isola
Palmaria , una delle tre picciole isole adiacenti al golfo di Spe
zia , che Lunense allora dicevasi , coetaneo perciò di san Gre .
gorio magno e del santo vescovo Venanzio . Applicatosi agli
studii , vi riuscì maravigliosamente ; ma il progresso suo mi
gliore deve porsi nella virtù , per cui disingannato di buon' ora
delle fallacie del secolo , si ritirò nelle osservanze monastiche
che fiorivano nell'isola sua patria. Che molto si avanzasse nella
pietà e nella dottrina , può rilevarsi da ciò che quei cenobiti ,
dopo qualche tempo , lo elessero a superiore , ed indi lo pro
mossero al sacerdozio . L ' egregie sue qualità e molto più i
grandi miracoli che operava , gli attiravano un frequente con
corso di gente dalvicin continente ; ed egli, che di niuna cosa
241
tanto temeva quanto della celebrità del proprio nome, deliberossi
con una segreta fuga di ricoverarsi in un luogo , che a tutti
fosse incognito . Andò pertanto a nascondersi in Corsica , ove
non può dirsi se rimanesse per breve o lunga dimora, come pure
non possiamo accertare la ragione che lo indusse a ritornare nel
proprio paese. Non è mal fondata conghiettura il dire , che
lo stesso motivo , che in Corsica avevalo condotto , lo spingesse
ad uscirne , scoperta che fu la sua virtù prodigiosa . E di fatto ,
subito che ritornò , si elesse non più l'isola Palmaria a vivere
come per l'addietro in forma di cenobita , ma in quella degli
anacoreti nell'isola seconda, chiamata Tiro maggiore, e detta poi
dalla fama di suo nome isola di san Venerio. Qui consumato
dalle austerità e dagli anni cessò di vivere , giusta il parere dei
Bollandisti , intorno all'anno 630 , nel mese di settembre , se
nel giorno undici o nel tredici , lascio ad altri il precisarlo . Fra
li tanti prodigi che di lui raccontansi , i più celebri sono due
morti richiamati per esso a nuova vita. In quanto alla storiella
del mostruoso dragone, che nel territorio di Luni infestaya del
pari alle genti di terra che a'naviganti in mare , i continuatori
di Bollando la qualificano troppo favolosa . E sotto la figura o
l'emblema di un drago non potrebbe essere intesa una squadra
di assassini, i quali rintanati il giorno sotto di una rupe, uscis
sero poi la notte alla rapina e alla pirateria ? La cosa certissima
è il breve , ma grandissimo elogio che leggesi di san Venerio
nel martirologio romano , ove è detto : admirandae sanctitatis
viri. La sua venerazione si estese molto più in là di sua patria
ed ebbe principio da Lucio vescovo di Luni , il quale , dopo la
morte del santo eremita , venuto nell'isola , fece erigere a suo
onore un picciolo tempio in cui ripose quel sacro cadavere , e
di più fabbricare un alloggio a’monaci che vi celebrassero i di
vini ufficii. Pochissimo tempo potè conservarsi in quel romi
taggio la spoglia di san Venerio ; imperocchè essendo frequen
tissime le incursioni dei barbari sulle spiaggie marittime, il ve
scovo Leotecario , per sottrarla dal loro furore , circa l'anno
16
242
700 , ne fece la traslazione nel territorio Lunense , in una chie.
suola situata sulla sponda del Macra , tra Vezzano e Sarzana:
la quale traslazione ricordavasi nell'antichissimo officio ec
clesiastico recitato dal clero Sarzanese , nell'inno delle lodi ,
con questi due versi , se pur versi posson dirsi.
Sarzanam ossa transtulit praesul Leothecarius
ibique curat languidos Deus per hunc assiduus.
Finalmente , non più tardi del secolo decimo, le reliquie di
san Venerio vennero trasportate da Sarzana a Reggio , nel du-,
cato di Modena, ove di presente con religiosissimo culto si
custodiscono e si onorano. Ecco una strofa dell'inno de’vespri
che ne fa perpetua memoria :
Regii cuius venerantur ossa
Vecta Sarzana , tumulata quondam ,
Illa ne tactu maculare posset
Barbara turba.
Se nel secolo nono o nel decimo sia avvenuta questa ultima,
traslazione ; come i Sarzanesi siaŋsi lasciati spogliare delle
reliquie di un loro Santo ; quale sia stato il vescovo che abbia
a ciò consentito ; e quali controversie siansi agitate in Reggio
nel possesso di quel sacro corpo ; tutte queste ed altre simili
ricerche sono discusse eruditamente da' Bollandisti : non es
sendomi io potuto accertare di nulla di più ; il mio scopo non
mi permette il dilungarmi ( 1 ) .
( 1) Acta ss . , ad diem 13 septemb.
243
L. IL B. LEONARDO DA PORTO - MAURIZIO .
Sebbene non sia mai stato intendimento mio lo scrivere le
memorie di tutti quei santi, che dopo aver avuto in Genova
o nelle due sue riviere i natali , uscirono poi dalla patria ed o
perarono in paesi stranieri preclarissime e prodigiosissime cose ,
nondimeno non mi regge l'animo a tacere affatto del b. Leo
nardo da Porto-Maurizio , sia perchè in Liguria ebbe comin
ciamento e lungo esercizio il suo apostolato , sia perchè il di
lui nome sarà per tutti i secoli indiviso dalla città ligure , che
gli diede la nascita. Questa città è Porto -Maurizio , ove venne
alla luce Paolo Gerolamo Casanova ( tal era il nome del padre
Leonardo prima dello stato suo religioso ) da onesti e pii ge
nitori che attendevano alla mercatura , il giorno venti di di
cembre , l' anno 1676. Ancora giovinetto portossi a Roma ,
ove soggiornava un suo zio paterno , sotto la direzione del quale
applicossi agli studii con ottimo successo > e più ancora a tutti
gli esercizi di pietà con tanta edificazione de' suoi condiscepoli
e tale ammirazione de' di lui maestri , che dagli uni e dagli
altri era volgarmente qualificato per un altro beato Luigi Gon
zaga. Fornito di scienza e d'ogni virtù , l' anno vigesimo primo
di sua età , vestì l'abito de' frati minori riformati del ritiro di
san Bonaventura di Roma ; ed ammesso al noviziato , si pro
pose d'imitare le austerità di san Pietro di Alcantara , la di
vozione al santissimo nome di Gesù di san Bernardino da
Siena , la povertà del suo santo padre , il patriarca di Assisi ;
nella quale perfetta imitazione riuscì per l'intiero corso di sua
vita . Le grandi speranze che di lui concepiva il suo instituto
stavano quasi perdute , subito che ordinato sacerdote ed eletto
a maestro nel suo ordine , fu attaccato di morbo pulmo
pare. Venne perciò mandato alla patria a respirare l' aria na
tiva; ma era già così emaciato che pareva uno scheletro coperto
di pelle. E qui veggendosi senza miglioramento , ripose nella
244
protezione della santissima Vergine madre di Dio la sua sorte.
Andato un giorno a pregarla nella vicina chiesa de' Piani , ove
di antico culto si venera una sua immagine ; « Maria santissima,
« disse il ſerventissimo Leonardo , se voi mi ottenete dal di
« vin vostro figlio Gesù la sanità , vi prometto d ' impiegarla a
« gloria sua e vostra nell'esercizio delle sacre missioni. »
Esaudì incontanente la Madre di Dio questa preghiera , e Leo
nardo mantenne la promessa . Non si tosto sentissi ritornare le
forze che , con le debite facoltà di monsignor Giorgio Spinola
vescovo di Albenga , cominciò ad evangelizzare quella diocesi;
e l'udirono tutte le amene terre adiacenti a Porto -Maurizio ,
l’ubertoso Ortovero e l'alpigiano Rezzo ed altri luoghi cospi
cui , camminando sempre egli a piedi nudi , alimentandosi di
magrissimo ed insipido cibo , macerandosi sul pulpito con or
ride discipline a sangue , ed annunziando la parola di Dio con
una tromba di voce sonora e soavissima , con semplici sì, ma
stringenti e patetici ragionamenti. E così dappoi lo sperimen
tarono tutte le più colte città d'Italia , Genova , Lucca , Fi.
renze , Bologna , Ferrara e Roma , e gustavano di lui i sa
pienti e gl' idioti, i principi e la plebe , con tale concorso che
appena le piazze più vaste contenere potevano la moltitudine
degli uditori , con tanta compunzione che muovevansi anche
i peccatori familiarizzati col delitto , non a lagrime effimere ,
ma a conversione sincera , edificante e durevole.
Porto - Maurizio dopo trentaquattro anni che non aveva più
veduto il suo Leonardo , lo domandava istantemente per una
missione , e finalmente l' ottenne , l' anno 1743. La cominciò
egli nel mese di luglio in una vastissima piazza , ove pochi anni
appresso alla sua morte si cominciò a fabbricare la chiesa più
vasta e bella che trovisi in tutta la Liguria ; e sparsasi la fama
che il padre Leonardo predicava , accorsero a torme i popoli
marittimi ed alpigiani dalle valli di Sanremo , di Oneglia e di
Diano ; ed io ho ancora conosciuto più persone che in tale oc
casione l'udirono , e furono testimoni di cose maravigliose.
245
Altre missioni egli compiè nella riviera di ponente ; ma la più
strepitosa di tutte fu quella che intraprese presso alle mura
di Genova , nella chiesa del convento della Pace . Erasi eretto
nella piazza il palco per profittare di maggiore spazio ; ma non
bastando quel sito a contenere la gente , fu d'uopo alcune
volte predicare nella pianura di Bisagno , ove si giudicò senza
esagerare esservi accorsi cento mila ascoltanti. Sembrava cosa
impossibile tener quieta sì gran moltitudine , eppure alla prima
apparizione dello zelantissimo missionario , ad un semplice suo
cenno non udivasi più una parola , se non che il rigoroso si
lenzio era poi rotto dal veemente pianto universale.
Intanto la serenissima repubblica di Genova aveva ottenuto
dal romano pontefice che il padre Leonardo fosse mandato alla
santificazione della Corsica. Arduissima impresa ! il missiona
rio era suddito del governo Genovese ; e quegli isolani che vo
levano essere indipendenti , sbuffando dalla collera , a voce
alta protestavano in questi termini : « ancora questa ci vogliono
« far i Genovesi , di mandarci missionarii per far a modo loro ;
« e noi assolutamente non vogliamo più Genovesi in casa no
« stra . » Era dunque preso a pessimo sospetto il ministero
del venerando sacerdote . La guerra civile ardeva in vasto in
cendio : trucidare un uomo era omai la cosa stessa che ucci
dere un volatile ; all' ammazzamento di un individuo insorge
vano tutti i suoi congiunti ad assumerne la vendetta , e giu
rando la morte dell' uccisore , ne andavano in cerca , e non
trovandolo , scannavano quelli di sua famiglia innocenti. Non
uscivano mai di casa , se non armati di schioppo , di pistole e
di coltelli ; e con questo apparato andavano anche alla chiesa
ai divini ufficii. Nè solo la discordia inferociva tra famiglia e
famiglia , ma tra l'una e l'altra parrocchia , onde le intiere po
polazioni imbestialite non agognavano che sangue. Tanta gente
nemica che a vicenda perseguitavasi furiosamente a morte ,
come riunirsi ed intervenire alla predicazione evangelica ?
1 Il prudentissimo missionario cominciava , arrivando in un
246
luogo , a far sapere a'capi delle opposte fazioni , di voler
cessare dalle ostilità pel solo tempo che durava la missione.
Ottenuta la parola , della quale i Corsi sono molto gelosi osser
vatori , sospendevano per l'indicato intervallo le reciproche
offese ; e frequentavano gli uni e gli altri ed accorrevano in
sieme ad udir la parola di Dio . Ma che spettacolo ! Sembrava
la chiesa non so dire se un campo di battaglia o uno steccato
di assassini ; dalla parte del vangelo stava una delle fazioni
con centinaia d'uomini sotto il proprio capitano , tutti armati
di schiopetta appesa alla spalla e di pugnali alla cintura : dalla
parte dell' epistola era schierato il partito contrario , agguer
rito alle armi al pari deprimi : il missionario in mezzo degli
uni e degli altri a predicare sul palco . Quanta cautela gli fosse
necessaria nel sermoneggiare per non irritare neppur di una
parola quella gente ferocissima ; quale paura gli battesse al
cuore che in vedersi que' nemici uno incontro all'altro venis
sero con un cenno , con una occhiata, alla zuffa e al macello ;
chiunque legge potrà immaginarselo . L'argomento della pre
dica soleva essere il perdono delle ingiurie ; e quì d' ogni ra
gione fortissima usava il padre Leonardo per ammollire la du
rezza di que' cuori ostinati ; ma le lagrime che versava , il san
gue che spargeva disciplinandosi , le preghiere al Crocifisso ,
la presenza di quell'adorata immagine, non penetravano quelle
anime di macigno , giacchè aggiustata una parte , si faceva op
posizione dall'altra . Nella continuazione di queste animosità si
avvicinava l'ultimo giorno della missione , in cui cessava la
parola data di non offendersi ; per lo che ne stava il venerando
sacerdote trafitto dal più profondo dolore , piangendo immi
nente un lagrimevole esterminio. Sale sul palco a cominciare
l'ultima predica , non potendo dissimulare nel conturbato
sembiante il vivissimo suo cordoglio : e la pace , ei dice , il
« perdono ancor per l'ultima volta vi raccomando o miei cari
« fedeli : la missione è finita , domani io parto via. Non ci ve
« dremo mai più : ah qual profondo dolore mi lacera per yoi- in
247
« lasciarvi ostinati ! » quando all'improvviso il numeroso po
polo dell'una e dell'altra fazione prorompe in alte voci :
si , padre santo , la pace sia fatta : pace , pace : eccoci tutti
nelle vostre mani . Si affollano alla rinfusa intorno a lui , pro
stransi a' piedi suoi , e baciandolo , e piangendo e gridando ,
sottoscrivono gli articoli della pace. Rinnova fervide parole
l' uomo apostolico , e tutti li benedice . Cantato l'inno di rin
graziamento , escono nella piazza della chiesa , ove sparano per
esultanza quelle armi da fuoco che avevano preparate agli am
mazzamenti , e ritornano alle case proprie contenti e riconci
liati . Questo avvenimento seguì in Casteldacqua , nella diocesi
di Mariana , e di fatti consimili la sola Corsica ne potrebbe
scrivere un volume."
Altri trionfi sul cuor umano riportò il beato Leonardo nella
metropoli del mondo cristiano . Approssimavasi il giubileo uni
versale dell'anno 1750 ; e Benedetto XIV d'immortale memo
ria volendo prepararvi i Romani e gli stranieri che nell'alma
città concorrono ', destinò il padre Leonardo a predicare la pe
nitenza col ministero delle sacre missioni . Tre ne intraprese
egli e conchiuse con ottimo successo , in piazza Navona , in
piazza di santa Maria in Trastevere , e la terza nella chiesa di
santa Maria sopra Minerva. Durò la prima quindici giorni, ed
il concorso fu sì numeroso , specialmente nell'ultima predica ,
che non solo era zeppa di gente quella vastissima piazza, ma
anche-ridondanti ne erano le strade che a quella conducono ,
ed occupate dalla nobiltà romana le finestre de' palazzi adia
centi. Era il mese di agosto e dardeggiava un sole cocentissimo
nella piazza scoperta ; e nondimeno sin dal mattino prende
vansi i posti per udir più da vicino la predica. Sebbene per la
gran lontananza la voce del missionario a tutti non potesse
pervenire , pure in solo vederlo muovevansi alla compunzione
e al pianto . Non ti credere che ciò fosse soltanto della plebe
volgare che ammira ciò che non intende; anche i letterati, i
sacerdoti, i prelati , i predicatori medesimi che sanno l ' arte
1
248
di maneggiare gli affetti ( e fra questi io conto l'insigne pre
dicatore apostolico , fra Bonaventura da Ferrara cappuccino ,
poi arcivescovo e cardinale ) non potevano resistere alla forza
dello spirito , con cui annunziava la divina parola questo ban
ditore evangelico. Il papa che lo amava teneramente , e come
santo vivente lo riteneva presso di se , intervenne più volte in
gran treno ad udirlo , benedicendo il Signore che non cessa in
tutti i tempi di mandare buoni operai nella mistica vigna. E
da operaio indefesso continuò veramente il padre Leonardo a
faticare nel santo ministero sino all'ultima vecchiaia , anzi può
dirsi qual guerriero che non lascia mai le armi sino all'ultimo
respiro ; giacchè egli morì in Roma, l'anno 1751 , nella notte
del ventisei di novembre , essendo ritornato la sera precedente
dalle missioni della diocesi di Bologna. Benedetto XIV all'u
dire l'annunzio della morte di lui non potè contenere le lagri.
me , ed abbiamo perduto assai , disse , ma abbiamo guada
gnato un protettore in cielo . In quaranta quattro anni di apo
stolato aveva scorso il santo uomo ottantotto diocesi, predicato
in settanta quattro città ed in duecento sedici terre , compiute
trecento venti sei missioni , cinque delle quali in Lucca , dieci
In Firenze , diciotto in Roma. In mezzo a sì gravose ed assidue
fatiche trovò tempo di scrivere eccellenti operette , nelle quali
le persone religiose ed i direttori delle coscienze troveranno
sempre utilissimi ammaestramenti. La continua sua giaculato
ria era la seguente : Gesù mio misericordia , con cui intendeva
di diffidare delle proprie forze, e confidare in Dio ; e non farà
lieve profitto nella vita spirituale chi la vorrà ripetere frequen
temente a suo esempio. Pio Vi gli pronunziò , nel 1795 , il
culto degli altari, dichiarando nel suo breve apostolico di aver
egli medesimo nel fiore dell' età conosciuto questo gran servo
di Dio , e perfettissimo ministro evangelico : nos ipsi cum flo
rentiori essemus aetate novimus (1 ) .
( 1 ) La vita più diffusa del h. Leonardo è quella che si stampò in Roma l'anno
249
LI. IL VENEREVOLE GIOVANNI B. DE - ROSSI DI VOLTAGGIO
CANONICO IN ROMA.
1
Allora quando cessava di vivere nella metropoli del mondo
cristiano il più grande uomo apostolico , che negli ultimi secoli
ha dato la Liguria alla chiesa , il padre Leonardo da Porto
Maurizio , sorgeva a farsi celebre nella stessa capitale un altro
ligure sacerdote , decoro del clero secolare , evangelizzatore
de' popoli di campagna , e modello di tutte l' ecclesiastiche vir
tù . Tal è il venerabile Giovanni Batista De Rossi , nato in Vol
taggio , già territorio della repubblica di Genova , l'anno 1698 ,
il giorno ventidue di febbraio , delle più distinte e civili fami
glie del luogo , e di poi canonico in Roma della basilica di san
ta Maria in Cosmedin. Non contava che tredici anni , quando
da' suoi genitori fu mandato a Roma sotto la custodia ed edu
cazione di don Lorenzo De- Rossi loro cugino e canonico della
stessa basilica. Applicatosi alle scuole nel collegio romano , non
eravi in quel tempo chi fosse di miglior talento di lui in tutta
quella scolaresca , nè chi più di lui lo trafficasse. Le pubbliche
conclusioni di filosofia che sostenne gli conciliarono una stima
universale , e la illibatezza de' suoi costumi non era inferiore
al suo ingegno : modestissimo , esemplarissimo e puntualissi
mo in tutte le funzioni della pietà. Dal collegio romano passò
C
ad udire la spiegazione del testo di san Tommaso presso i pa
dri Domenicani alla Minerva , che facevasi dal celebre padre
maestro Bourdon , ove , sebbene di gracilissima ed infermiccia
sanità ne cavò tal profitto che in un'accademia di morale , di
dommatica e di scrittura , alla quale era assiduo , distinguevasi
per la sacra dottrina con alta maraviglia di tutti. Ponderata
sulle bilance del santuario la propria vocazione, abbracciò lo
MDCCLIV , presso gli eredi di Giov. Lorenzo Barbiellini , scritta dal p. fra Rao
faele da Roma.
250
stato ecclesiastico in qualità di prete secolare ; e dacchè al sa
cerdozio fu promosso , non ostante che studiasse di vivere sco
nosciuto , apparve un uomo celeste , sia per la propria santi
ficazione a cui stava continuamente intento , sia per l'esercizio
di tutte le opere di misericordia , nelle quali trovava la sua de
lizia . Nel centro di Roma si propose d'imitare san Filippo
Neri , di cui era divotissimo, ritirando specialmente la gioventù
studiosa da' pericoli di pervertirsi , ed incitandola con modi
soavissimi all' amore della pietà , motivo per cui era chiamato
lo apostolo del collegio romano . Siccome da ogni parte del
mondo accorrono a Roma preti secolari per trovare , come di
cono , qualche buona fortuna , con rischio di grande dissipa
zione e di vilissimo mercimonio , a questi rivolse le sue cure
particolari ; e riuscì di fatto a ravvivare in più di essi lo spirito
della vocazione loro , premura de' sacri studii , la instruzione
de' poveri , il servizio agli ospedali , e la visita delle sette chie
se. Mercè di queste sue insinuazioni , e più ancora de' suoi e
sempi , comparve in Roma un ceto di perfetti sacerdoti , utilis
simi operarii nella vigna del Signore.
Queste virtù brillarono assai più luminose nel prete don Gio
vanni Batista , da che, vinti i forti contrasti che opponeva la
profonda sua umiltà , l'anno 1735 , fu fatto coadiutore di suo
cugino don Lorenzo De-Rossi, canonico di santa Maria di Cos
medin , alla morte del quale diventò suo successore nel bene
ficio ed erede delle sostanze. Non sì tosto ebbe l'acquisto del
denaro e della roba lasciatagli , che di ogni cosa si spogliò
con eroico distacco , per distribuirla a' bisognosi , ch'erano i
suoi figliuoli amatissimi. Il concetto universale , che avevasi di
lui , tirò in brieve tempo a quella basilica una infinità di gente ,
non solo dalle vicine , ma anche dalle più rimote contrade della
città , de' contadini delle adiacenti campagne , e de' pellegrini
che ogni anno recansi a visitare le basiliche apostoliche ; e tut
ti , particolarmente i miserabili , trovavano in lui un confessore
di sempre dolce ed amorevole accoglienza. Una dama, delle
1
251
più nobili e ragguardevoli famiglie romane , ben intesa di
tanta di lui carità , lo domandò istantemente a suo direttore ;
ed il canonico , senza rifiutarla apertamente , le rispose di pen
sarvi bene innanzi ; perchè essendo egli l'ordinario confessore.
della moglie del boia , si sarebbe detto per Roma ch'essa a-,
veva comune il confessionale con la donna del pubblico car-,
nefice: la qual diceria le avrebbe apportato qualche avvilimento.
E così presa da questo timore la nobilissima dama , lasciò di
avere per se un confessore di santa vita. Se all'opposto tratta
vasi di ascoltare sagramentalmente peccatoracci di ogni colore,
e poveri cenciosi di ogni specie , mostravasi sempre col cuore
aperto , anzi desideroso di raccoglierli tutti, chiamandoli il
suo popolo eletto e di sua propria pertinenza. Interrogato
una volta da un sacerdote perchè tanto si affaticasse intorno a
quella ciurmaglia , « per liberarli , rispose , da un inferno che
« provano internamente , e perchè quando hanno aggiustato
« le cose dell'anima , sopportano anche ' volentieri le pene
« del corpo , ed ottengono da Dio la pazienza ne' loro trava
CC gli ... Le persone ricche possono aver mille confessori che
« s'intéressino per la loro coscienza ; al contrario le persone
« vili e eglette appena ne trovano uno » . Fedele a queste
massime il piissimo canonico , godeva sommamente di vedere
il suo confessionale intorniato da gente schifosa , ed ignobile ,
che pareva il rifiuto di tutte le classi ; e come presto si divolgò
la fama di tanta sua carità , i birri , le figlie pericolanti, le
donne traviate, i vagabondi che vivevano da molti anni in ab
bominevoli concubinati con molta prole che facevano passare
per legittima a fine di ottenere limosine , i facchini, gli storpi
ed altri simili , venivano da lui e trovavano in esso il catechi
sta , il direttore, il rifugio universale. Prima di essere cano
nico , la mattina di buon'ora portavasi ad instruire i contadini
nella piazza di Ponte Sisto , e di là trasferivasi all'istesso og
getto in piazza Colonna : sulle ore diciannove correva pel cate
chismo a' campagnuoli di piazza Montanara , ed alle ore ventu
252
na trovavasi puntuale nella chiesa del Buon -viaggio a Ripa
grande per evangelizzare a ' marinari: chiudeva finalmente la
giornata nell' ospizio di santa Galla per tutte le funzioni del
santo ministero ; al quale ospizio assiduamente frequentò , an
che dopo di essere canonico , per lo spazio di quaranta più an
ni . Oltre a ciò accorreva a consolare e confessare i prigionieri
delle diverse carceri di Roma , gl'infermi sì de' pubblici ospe
dali che delle case private ; così che pare cosa incredibile che
un uomo solo , e sempre malaticcio , potesse assistere e prov
vedere con gli spirituali e temporali soccorsi a tanti luoghi ri
moti e disparati, e a tante persone per condizione e pel biso
gno diverse. Alcune volte fra l’anno usciva di Roma per poche
settimane , indotto dalla necessità di sua salute ; il qual tempo,
che dicevasi di suo riposo , era occupato negli spirituali eser
cizi e nelle sacre missioni delle circonvicine diocesi.
Al suo fervido zelo non mancarono gravissime contraddizioni
e forti travagli , solita porzione degli uomini apostolici , e di
tutti i giusti : ed egli non vi oppose mai altra difesa , che una
dolce tolleranza , ed un nuovo ardore per la salvezza de' suoi
prossimi , con la ferma fiducia di riceverne il premio in cielo.
Lo andò a conseguirc con una santa morte , il giorno ventitre
di maggio , l'anno 1764. Numerosissimo concorso intervenne
alle sue esequie , nelle quali pontificò monsignor Giovanni Ler
cari , vescovo allora di Adrianopoli , e poi arcivescovo di Ge
nova ; ed ebbe sepoltura il suo cadavere nella chiesa della Tri
nità de' Pellegrini , come aveva egli stesso disposto. Sul co
perchio della cassa che lo racchiudeva fu posta la seguente sem
plicissima iscrizione,
253
D. 0. M.
Io. Baptista De- Rubeis
Sacerdos Januensis
E. S. M. in Cosmedin
Canonicus
Obiit die XXIII Maji
MDCCLXIV .
Le esimie virtù del canonico G. B. De-Rossi furono illustrate
da Dio di molte grazie prodigiose ; motivo per cui si è intro
dotta presso la sacra congregazione de' Riti la causa di sua
beatificazione, di cui sperasi non lontano un favorevole risul
tamento (1)
LII. MEMORIE DI ALTRI SANTI E VENEREVOLI
SERVI DI DIO.
S. Bonoso monaco ed eremita , nato in Sestri di Liguria ,
visse nella solitudine dell'isola di Capraia , amico e condisce
polo di san Gerolamo . Di lui scrisse il santo dottore , e ne e
spresse al vivo l'effigie in una sua lettera . A Ruffino, che è
l'undecima del libro secondo.
San Vicinio vescovo di Sarsina, nato in Liguria.
Santo Ursicino martire.
Beato Andrea monaco di Vallombrosa.
Beato Anonimo Genovese dell'ordine di san Francesco , il
quale fiori nel convento di santa Maria del Monte ; trovasi com
memorazione di lui nel martirologio Francescano sotto il gior
no dodici di agosto .
B. Baldassarre Ravaschiero minorita , il cui sacro corpo sta
(1) La vita del ven . servo di Dio G. B. canonico De-Rossi fu scritta da don
Giovanni Maria Toietti beneficiato di san Pietro e pubblicata in Roma dalla stam
peria Ermatenea , MDCCLXVIII.
254
esposto alla pubblica venerazione in santa Maria di Binasco ,
inscritto nel martirologio Francescano sotto il giorno diciasette
di ottobre.
Beato Baldassarre da Vigone nella riviera occidentale di Ge
nova , dell'ordine de' minori , e di cui il martirologio France
scano fa menzione.
Beato Benigno Peri eremitano di santo Agostino , del quale
scrissero Agostino Schiaffino negli annali della Liguria, e Luigi
Torrelli ne' secoli Agostiniani.
Beato Berlengerio dell'ordine de' minori , morto in san Fran
cesco di Genova , l'anno 1300 : di lui il martirologio France
scano sotto il giorno trentuno gennaro : in vita stupendis pro
digiis , post mortem miraculis claruit.
Beato Bonifacio da Riparolo , morto nel medesimo anno e
nell'istesso convento , ed il martirologio dell'ordine ne fa men
zione sotto il giorno dieci di giugno .
Beato Bonifacio Fiesco arcivescovo di Ravenna , dell'ordine
di san Domenico : scrissero di lui Bzovio negli annali ecclesia
stici all'anno 1288 , e Rossi nelle istorie di Ravenna .
Beata Caterina di Calzi , villa di Finale , della quale può ve
dersi lo Schiaffino all'anno 1359 .
Beato Damiano Forcherio dell'ordine de' predicatori, nato
nel castello di Finale , di cui scrissero Michele Pio ed Andrea
Rovetta negli uomini illustri di san Domenico .
Beato Domenico dell'ordine de' minori , di cui il martirolo
gio Francescano sotto il giorno quattro di agosto. La sua effigie
trovavasi nella cappella del reale palazzo.
Beato Francesco da Novi , monaco benedittino nel convento
del Boschetto : può vedersi Benedetto Bobiense nella cronica
de' santi e beati monaci .
Beato Fulcone monaco cisterciense , conosciuto sotto il no
me di Folchetto da Marsiglia , amico di san Domenico , vescovo
di Tolosa , ( di cui in questa storia abbiamo dato qualche
cenno ).
255
Beato Gerolamo Curlo dell'ordine di san Domenico , di cui
scrisse lo Schiaffino sotto l'anno 1596.
Beato Giovanni eremita , che fu seppellito nella sommità del
monte di Portofino con lapida di marmo sino al tempo di Co
stantino Magno , e miracolosamente manifestato ne' tempi più
moderni ; il suo sacro corpo si venera nella chiesa parrochiale
di san Michele di Rua.
Beato Giovanni Balbi , patrizio genovese , dell'ordine di :
san Domenico , di cui scrissero il Soprani , l'Oldoini , ed il
Giustiniani.
Beato Giovanni monaco e poi abate , prima del monastero
di santo Andrea , presso a Sestri, e poi per enta sette anni di
santo Stefano di Genova , dove morì nel 1166 , e nel 1282 fu
trovato il di lui corpo così incorrotto e bello , che pareva ap
punto allora spirato. Di lui lo Schiaffino nel tom. 1 .
Beato Giovanni Batista Tagliacarne dell'ordine de' minori ,
del quale il martirologio Francescano sotto il giorno venticin
que novembre.
Beato Guglielmo de' minori , del quale il martirologio del
suo ordine sotto il primo giorno di gennaro .
Beato Lanfranchino dell'ordine di san Domenico , figlio del
convento di Genova , del quale scrisse il Bzovio nel tredicesimo
tomo degli annali sotto l'anno 1237 .
Beato Luca eremita genovese morto in Napoli l'anno 1375 ,
come da lapida apposta al suo deposito. Ne scrisse Francesco
de Magistris alla pag. 276 del suo libro intitolato : status eccle
siae Neapolitanae.
Beata Maria Sauli Bargagli , del terzo ordine , de Serviti , ce
1 lebre per li miracoli. Di essa può leggersi Cristoforo Rivaria
cronista di quell'ordine , all'anno 1461 .
Beato Onofrio dell'ordine de' minori, e di lui il martirologio
Francescano sotto il giorno venti sei di febbraio .
Beato Pietro Formica dell'ordine della Mercede , morto
nelle Spagne, generale dell'ordine medesimo , l'anno 1308.
256
B. Rainero frate converso dell'ordine degli umiliati del con
vento di san Germano ( e poi di santa Marta ) di Genova , do .
ve rimangono di esso e de' suoi miracoli molte memorie. Ivi
morì il ventitre novembre del 1428. Negli antichi breviari di
quell'ordine leggesi la sua memoria con queste parole. Beatus
Raynerius a Genua.
Beato Vincenzo dell'ordine di san Domenico nato nel ca
stello di Finale , di cui scrisse Michele Pio negli uomini illustri
del medesimo ordine.
Santo Ugone morto nel 1233 presso san Giovanni di Prè in
Genova (1 )
(1) Ho tratto queste memorie dall' Accinelli ; e quali da lui furono scritte și
lasciano alla critica degli eruditi.
Si potrebbe aggiungere il beato Antonino di Castellaro , presso a Taggia ,laico
de' cisterciensi in Palermo , ed ivi morto e venerato ; il beato Sebastiano Maggi ,
morto in Genova , nel 1496 , e venerato nella chiesa di santa Maria di Castello ,
che ho pretermesso per essere bresciano di patria , il cui culto fu approvato da
Clemente XIII ; Filippo Brusserio , nobile savonese, francescano, carissimo a Cle
mente V e a Giovanni XXII , già lettore in Parigi , poi nuncio apostolica al sul
tano di Babilonia ; il beato Arcangelo pur di Savona e francescano che cessò di
vivere nel 1600 ; il venerabile fra Felice da Marola , laico cappuccino , morto nel
convento della Ss. Concezione di Genova , non ben mi ricordo , se sul finir del
secolo ultimamente scorso , o sal principio del presente ; ed a'giorni nostri fra
Giovanni Antonio di Pompeiana , francescano , fatto vescovo presso gl'infedeli,
ove è morto assai chiaro di virtù ; e di cui uoll' archivio di Propaganda trovasi
ouorevole menzione.
257
CAPITOLO VIII.
Institutori di ordini regolari , Genovesi e Liguri. LII. Il
venerabile Alberto Spinola , ristauratore de' Canonici re
golari. LIV . Il beato Batista Poggio , ristauratore degli
Agostiniani. - lv. Giovanni Agostino Adorno , fondatore
de Chierici regolari minori. LVI. La beata Maria Vit
toria Fornari -Strata , fondatrice delle monache della SS .
Nunziata . LVII . La venerab . Maria Batista Solimani ,
fondatrice delle monache Romite. LVIII . Il venerab. pa
dre Paolo della Croce , fondatore de' Passionisti.
LIII. IL VENERAB. ALBERTO SPINOLA SACERDOTE GENOVESE
RISTAURATORE DE' CANONICI REGOLARI DI SAN MARCO
DI MANTOVA,
La congregazione de' canonici regolari di san Marco di Man- .
tova ebbe a suo institutore un santo sacerdote di Genova , no.
mato Alberto Spinola , il quale pel luogo di sua fondazione ot
tenne una vigna dall'abate di sant' Andrea di Mantova. Fatti
consapevoli di questo pio suo intendimento alcuni illustri be
nefattori della città , gli cederono una cappella ch'era attigua
a quella vigna , e gli donarono inoltre alcune terre , tanto per
la fabbrica della chiesa e del monastero , quanto pel manteni
mento de canonici. Questa donazione fu confermata da Cele
stino III , nel 1194. Una delle principali condizioni apposte
nello stromento da cittadini di Mantova fu , che la nuova
chiesa non dipendesse da verun ' altra , e fosse capo di un or ,
dine col titolo di san Marco . Essendosi pertanto radunati al.
cuni chierici , nominarono a loro superiore Alberto Spinola ,
17
258
il quale loro prescrisse una regola , che fu approvata da Inno
cenzo III , nel 1204 ; e con qualche variazione confermata da
Onorio III e posteriormente da più altri romani pontefici. Una
vita austerissima menavano questi canonici nel principio del
loro instituto . Il silenzio che osservavano era rigoroso , ed il
digiuno quasi continuo, poichè, oltre alle astinenze dalla chiesa
prescritte , digiunavano dalla domenica in albis sino al mese
di settembre , nel tempo dell'avvento , ed in tutti i venerdì
dell'anno. Si aggiungeva il lavoro delle mani , che non doveva
essere meno di due ore per giorno. L'abito era composto di
una sottana di saia bianca e di un rocchetto : di lana erano
pur le lenzuola di cui si coprivano la notte , prendendo scarso
riposo sopra un povero pagliariccio. Quando andavano in coro ,
avevano una mozzetta con picciol capuccio ed una beretta qua
drata di color bianco , con un'altra mozzetta pur bianca che
portavano sul braccio. Di tutte queste osservanze dava perfet
tissimo esempio il santo fondatore , e la vita mortificata e rac
colta che introdusse fiorì pel corso di quattrocento anni. Mol.
tiplicossi in diciaotto famiglie , la maggior parte di uomini ed
alcune di donne , tanto che , secondo il solito volgere delle
umane cose , venne a cadere nella rilassatezza. Cessò questa
congregazione di esistere , nel 1584 , quando Guglielmo duca
di Mantova assegnò il monastero di san Marco a' monaci ca
maldolesi , di consenso del romano pontefice Gregorio XIII.
LIV. IL B. BATISTA POGGIO
FONDATORE DI UNA CONGREGAZIONE DI AGOSTINIANI.
La memoria che di questo servo di Dio ci ha lasciato il Giu
stiniani, accuratissimo annalista genovese , cade così accon
ciamente al mio proposito , che io non so far meglio che tra
scrivere per intiero quel testo originale , persuaso che anche
il leggitore sentirà una grandissima soddisfazione nella chia
259
rezza e nel candore di questo nostro pregiatissimo storico.
Ecco pertanto le sue precise parole secondo lo stile di quel
secolo . « In questo tempo ( cioè , l'anno 1472 ) fiorite il molto
venerando padre frate Batista da Genova della casata del Pog
gio , dell'ordine di Sant'Agostino , religioso certamente da
Dio ben dotato , et de integrità di vita , et di conveniente dot
trina , siccome per le sue molto degne opere , si può chiara
mente conoscere , perchè come molto desideroso del religioso,
et reformato vivere , per opera di Dio sotto il titolo di santa
Maria della consolazione ha instituito et fondato una degna
congregazione de' frati osservanti di sant' Agostino , che por
tano li zoccoli con maggiore strettezza e povertà di molte altre
osservanze , et abbenchè a questa santa opera , siccome alle
volte è solito , da molti frati gli fosse fatta grande resistenza
appresso la santità del papa ( Sisto IV ) , nondimanco, conosciuto
il santo proposito et la singolare integrità di questo venera
bile religioso , dal papa gli fu data piena et libera facoltà di ve
stire frati , et in ogni luogo fondare monasterii et pigliare qua
lunque siasi offerta con altri molti et grandi privilegii,siccome
per breve apostolico appare ,,et così esso per opera di Dio: ha
fondato dieci monasteri, uno fuora delle mura di Genova in
Bisagno , intitolato santa Maria della consolazione , al quale
non per essere stato il primo di tempo , ma per onore della
città è stato dato il titolo e principalità di tutta quella congne .
gazione: un altro monastero ha fondato in Rapallo , un altro
nelle montagne chiamato santa Maria di. monte Bruno , un al.
tro in Savona , un altro alla Pieve di Teico , un altro in One
glia , un altro in Ventimiglia , un altro a Ceva , un altro a:Mon
dovì, et il decimo in Alba città del Monferrato , oltra li quali
monasteri , ne prese duoi già fondati , uno in Nizza di Pro
venza , et l'altro nelle montagne presso a Tenda ( questo luogo
è or detto di san Dalmazzo , fra Briga e Tenda , e in questo
convento morì il letteratissimo e piissimo padre Ceva nel secolo
scaduto ). Vestà conseguentemente l'habito a molti uomini
260
dabbene , tirati alla sua religione per la divozione et buon 0
dore della sua santità ; era molto humile et affabile nel suo
parlare , et in tutta la Italia gratissimo et molto salutifero in
predicare il verbo di Dio , et in ogni sua azione pieno di singu
lare carità , per la qual cosa appresso molte persone grandi si
spargeva la fama sua et buono odore delle sue opere , per le
quali a tutti si rendeva gratissimo ; specialmente fu grato a
Carlo re di Francia et a Galeazzo duca di Milano , et singular
mente amato da loro , et così perseverando esso nel ministerio
del verbo di Dio , et in molte altre buone et sante opere , final
mente si riposò in pace. La sua congregazione in questi nostri
tempi persevera nel religioso et reformato vivere , et è grande
mente ampliata , et di numero di frati et di monasteri (1 ) » .
LV . GIOVANNI AGOSTINO ADORNO.
FONDATORE DE' CHIERICI REGOLARI MINORI.
Dell'antichissima e nobilissima prosapia degli Adorni fu
Giovanni Agostino , fondatore della congregazione de' chierici
regolari minori , nato in Genova , intorno all'anno 1550. La
sciata la patria nella sua adolescenza , portossi al servizio della
corte di Spagna , ove si trattenne sino al 1585. Nel suo ritorno
passò per Valenza in abito di cavaliere, non avendo mai
avuto sino a quel tempo pensiero di abbracciare lo stato eccle
siastico ; ma san Ludovico Bertrando dell'ordine de' predica
tori appena lo vide, inginocchiossi a' di lui piedi, con grande
meraviglia de' circostanti, dicendo : che Giovanni Agostino
sarebbe stato il fondatore di un ordine religioso alla chiesa
utilissimo. La predizione verificossi prestamente. Disposto
dalla divina grazia il cuore di lui all'abborrimento delle vanità
(1) Storia degli ordini monastici , religiosi e militari , tom. 2 pag . 327 e seg .
edizione di Lucca,
261
del secolo , cominciò una vita mortificata e penitente , appli
candosi intieramente al divino servizio e alla salute de' pros
simi. Dopo le solite prove , che in lui furono perfettissime, sì
per la scienza sacra che per gli esercizi della pietà , ordinato
sacerdote , sentissi inspirato da Dio a fondare un nuovo ordi
ne religioso , il cui principale scopo fosse di unire la vita at
tiva alla contemplativa. Per meglio assicurarsi del volere di
Dio , ritirossi nel deserto di Vallombrosa in Toscana , ove
per quaranta giorni si dispose all'esecuzione di questa impresa
con digiuni continui , austerità e macerazioni straordinarie.
Passò indi a Napoli , ove pregando un giorno fervorosamente
Iddio nella chiesa degl' incurabili , acciò gli facesse in una ma
niera più particolare conoscere la sua destinazione , provò in
se una tale illustrazione di mente e sì forte impulso , che par
vegli intimato da Dio il comando , e prescritto ogni mezzo per
la esecuzione del suo disegno . Più non dubitò che questa fosse
la volontà del Signore , allora che due piissimi sacerdoti delle
più ragguardevoli famiglie di Napoli , Francesco ed Agostino
Caracciolo , si unirono a lui per coadiuvarlo in questa impresa :
andò egli a Roma in compagnia di Francesco , per ottenere da
Sisto V la licenza di fondare la congregazione; ed avvicinan
dosi ambidue all'alma città , molti prelati ed alcuni de’ loro
conoscenti informati della loro venuta , mandarono le proprie
carrozze ad incontrarli e riceverli , ma essi per sottrarsi da que
sto onore , deviarono dalla strada comunemente battuta , ed en
trarono in Roma per un'altra porta. Incogniti andarono al
convento de' frati cappuccini, e qui confusi nella calca de' po
verelli, che alla porta del monastero addimandavano la limosi
na , riceverono pur essi la distribuzione , mangiandola insieme
cogli altri con molta loro soddisfazione. Il credito che avevano
in Roma i loro congiunti ed amici fece sì che ottenessero dal
sommo pontefice quanto bramavano , onde loro accordò nel
giorno primo di luglio , dell'anno 1588 , un breve con cui per
metteva ad essi di erigere una congregazione di chierici rego
262
lari , di far voti solenni , e prescrivere regole pel mantenimento
della medesima. Muniti di queste facoltà , tornarono a Napoli ,
ove l'anno istesso nella chiesa di santa Agnese gettarono le
fondamenta di quest'ordine , che venne poi confermato da Gre
gorio XI, da Clemente VIII e da Paolo V.
Praticò Giovanni Agostino Adorno dopo lo stabilimento di
sua congregazione tutte le virtù in grado sublime. Asprissime
erano le sue penitenze , profonda l'umiltà , quasi continua la
sua orazione , impiegando ordinariamente sette in otto ore del
giorno in preghiera mentale. La divozione sua appariva , più
che in ogni altro tempo , quando celebrava il santissimo sagri
fizio dell'altare , premettendovi una lunghissima e fervorosis
parazione ; e compiuti ch'erano i santi misteri, molto
tempo occupava in rendere al divin Salvatore che aveva rice
vuto affettuosissime grazie. Passò in Spagna per farvi delle fon
dazioni, ma inutilmente , stante le molte e gravissime con
traddizioni che vincontrò . Dopo la morte di lui , essendo ces
sate queste contrarietà , poterono i suoi religiosi , e particolar
mente il santo suo compagno Francesco Caracciolo , entrarvi
ed instituire molte case , divise poi in due provincie. Viaggiava
lo Adorno sempre a piedi , e dimandando la limosina , onde
le sue fatiche congiunte alle moltiplici sue austerità gli abbre
viarono la vita. Non toccava ancora l'anno quarantesimo ,
quando la terminò santamente in Napoli , il giorno vigesimo
primo di settembre del 1591 , dopo essere vissuto due anni e
mezzo nella congregazione da lui instituita (1 ) .
(1 ) Storia degli ordini religiosi , tom. 4 , chierici regolari minori , edizione
di Lueca.
263
LVI. LA BEATA MARIA VITTORIA FORNARI- STRATA
FONDATRICE DELLE MONACHE DELLA SANTISSIMA NUNZIATA.
Due matrone genovesi saranno la perpetua gloria , non solo
della loro patria per le opere santissime con cui la illustrarono
e per la integrità prodigiosa de' loro corpi che ivi religiosa
mente si, venerano , ma di più il decoro della cristiana religio
ne , per essere state ambedue della chiesa universale somma
mente benemerite ; la prima con la celeste sua sapienza ; la
seconda col religioso instituto che da essa fondato si propaga
con perenne edificazione. Di quella abbiamo già scritto nel cam
pitolo antecedente ; e di questa cade ora in acconcio una breve
notizia. Maria Vittoria Fornari , nata in Genova , l'anno 1562 ,
di genitori chiarissimi per la nobiltà del sangue e molto più
per l'esercizio delle virtù cristiane , dopo aver passato la pue
rizia e la prima giovinezza in tutta la innocenza de' costumi ,
fu destinata sposa , nel 1579 , ad Angelo Strata , patrizio geno
vese , il quale era veramente meritevole di questa consorte
per l'amabilità del suo carattere , per la coltura dello spirito ,
e soprattutto, per la saviezza del virtuoso suo vivere. Otto anni
ed otto mesi durò questo santo legame; ed in questo tempo tale
era la reciproca concordia di questi due coniugi, che parevano
forniti di una mente sola e di un solo volere. Interrogato un
giorno Angelo Strata , perchè sua consorte non vedevasi mai
a' divertimenti e alle conversazioni, potè asserire con tutta ve
rità : mia moglie non è buona ad altro che a pregare ed in
vigilare sopra la sua famiglia . Sei figliuoli, quattro maschi
e due femmine, ricevette da Dio , ed appena venuti alla luce li
prendeva tra le sue braccia , a Dio medesimo gli offeriva , e
sotto la protezione di Maria santissima riponevali come a pro
pria loro madre. Fatti grandicelli, non volle mai affidare ad
altri la cura di ammaestrarli della santa divina legge e di tutti
i doveri della religione, procurando però sempre d'indurli
1
264
all'osservanza con modi soavissimi. Per togliere loro , ogni
noia , alternava il lavoro con lo studio delle lettere , lo studio
con l' innocente divertimento , ed il sollazzo con gli esercizi
della pietà. Alessandro , ch'era il più picciolo di questi figli
uoli , morì nell'età di dieci anni, e poco prima di spirare vide
venirsi incontro Maria Ss. col coro degli angeli per condurlo
al paradiso. La sua sorella maggiore , nel 1597 , vestì l'abito
di canonichessa regolare nel monastero delle Grazie , e poco
dopo ne seguì l'esempio e la perfezione Barbara , ch'era la
minore. Gli altri tre non meno alieni dallé vanità e cure del
secolo entrarono nell'ordine de' minimi, ove finirono con una
vita religiosissima . Beata madre di sì santa prole, e degni
frutti delle sue instruzioni e de' suoi esempi . Ella era vedova ,
quando tutti li collocò nel sacro chiostro , giacchè · Angelo
Strata nell'anno nono di suo matrimonio aveva cessato di vi
vere con la preziosa morte de' giusti , lasciandola madre di un
portato che venne alla luce dopo due mesi . Indicibile fu l'af
flizione di questa donna , ma l'eccesso di suo dolore fu tal
mente moderato dalla divina grazia che in lei dominava , che
taluni attribuivano ad insensibilità di cuore ciò che era in lei
effetto di eroica rassegnazione al divin volere. Nel colmo di
sua amarezza non cercò altro consolatore che Iddio , partico
lare padre delle vedove che in lui confidano , nè altro appoggio
che Maria vergine. Questa divina madre , consolatrice degli af
flitti, apparsale un giorno , con voce sensibile le fece inten
dere le seguenti parole. « Vittoria non temere , lascia ogni
« inquietudine di tua famiglia , poichè voglio mettere i figli
« uoli e la madre sotto la mia protezione » . E così fu .
Cominciò la santa vedova a legarsi a Dio con tre voti : 1 di
non far più uso negli abiti di oro e di argento : 2 di non com
parire mai nelle veglie e conversazioni notturne : 3 di osser
vare una perpetua castità . Ridotta così ad uno stato di vita
nascosta , addetta agli uffici di carità , e sempre occupata dei
doveri di sua famiglia , non usciva che raramente di casa e
265
sempre accompagnata da un uomo assai vecchio e povero , ma
onorato . La scelta di questa compagnia presso alcuni riportò
della stima , e da molti ne veniva dileggiata . Dicevano gli uni
che con tanta sua ritiratezza voleva presto perdere la salute ,
ed altri la condannavano di troppa scrupolosità. Sprezzando
ella tutti gli umani giudizi , nè volendo abbandonarsi al pro
prio parere , si sottopose alla direzione di un ottimo maestro
di spirito , e col suo indirizzo andò perfezionandosi nel conti
nuo esercizio di tutte le virtù . Intanto la Regina del cielo le
fece comprendere, per via d'una interna illustrazione , che do
veva instituire una nuova congregazione di vergini, il cui sco
po speciale fosse di adorare il mistero dell'incarnazione del
divin Verbo , per tanti secoli ascoso al mondo , ed onorare
la Vergine che di questo divin Verbo incarnato fu la madre.
Chinò il capo la inspirata donna agli ordini del cielo ; ma
quando le umane ragioni la spingevano ad esaminare tutto ciò
ch'era necessario per gettare le fondamenta di questo instituto,
vedeva tante difficoltà che le parevano insuperabili: mi sem
brava , disse poi ella medesima , dover fabbricare un castello
in aria . I suoi capitali erano già stati in gran parte versati in
seno a' poveri, nè altri mezzi sapeva immaginare. Aperto l'ar
cano al suo confessore , temevà egli in lei di una qualche gran
de illusione ; monsignor Orazio Spinola arcivescovo di Genova
le fece intendere che per allora non era tempo di pensarvi ; si
cercassero prima gli aiuti temporali, e ritornasse in altro tem
po. Ritornò di fatti , ed il savissimo prelato per più di un'ora
la trattenne nelle più diligenti inquisizioni del proposto dise
gno : rispose Vittoria alle molte obbiezioni con tanta prudenza,
che in fine ne riportò il consenso e la benedizione.
All' intendimento della santa vedova unissi Vincentina Lo
mellini e suo marito Stefano Centurioni , che privi di prole di
visavano di spendere in opere pie le molte loro sostanze. Altre
tre donzelle si aggiunsero di pari nobiltà e religione , ed essen
do in numero di cinque , ottennero la suprema approvazione
266
del senato , nella primavera dell'anno 1603 pel cominciamento
della fondazione. Vero è , che se prosperava da una parte il
nuovo stabilimento , non mancavano dall'altra forti contraddis
zioni . Vittoria , dicevano , fa del bene infinito nel mondo , essa
è l'occhio del cieco , il piede allo zoppo , la consolazione all'af
flitto. Quali beni dunque potrà essa fare in un chiostro , che
eguaglino a questi ? Impresa di poca durata , soggiungevano
altri; perocchè di cinque donne che sono , due penano abitual
mente infermiccie, e Vincentina langue paralitica. Ferme tut
tavia nel santo proposito, entrarono nella disagiata abitazione,
con vivo ardore di affetto. Scrisse le costituzioni del nuovo in
stituto il padre Bernardino Zannoni, della compagnia di Ge
sù , confessore della beata Vittoria , esimio promotore dell'o
pera , e uomo illuminatissimo nelle vie del Signore. Con quale
sapienza fossero dettate, può rilevarsi da ciò che maturamente
ponderate dall'arcivescovo in un consiglio di dotti eoclesia
stici, indi trasmesse a Roma e discusse da una sacra congre
gazione di cardinali, ottennero non solo approvazione , ma
somma lode. Clemente VIII , il giorno 15 marzo dell'anno
1604 , vi appose la suprema sanzione; e Paolo V , dopo avere
richiamato a nuovo scrutinio queste regole , emanò una bolla ,
il 6 di agosto 1613 , in cui dichiarava che al giudizio della sa
cra congregazione erano così saviamente composte , che non
dovevasi aggiungere o cambiare cosa alcuna ; che però con au
torità apostolica approvava l'instituto della Ss. Nunziata. La
regola specialissima , che da molti altri ordini regolari lo di
stingue , esige che le monache non possano mai parlare ad al
cuna persona straniera , qualunque siasi , salvo il padre, la
madre , i fratelli e le sorelle delle monache vergini ed i figli .
uoli delle vedove; per li quali soli consanguinei possano le re
ligiose tre sole volte all' anno venire alle grøte aperte. Del re
sto un vitto frugalissimo, un vestiario semplice , un manto
turchino , un lavoro assiduo , celle anguste , una chiesa pove
ramente adornata , in cui non vi può essere altro di seta che il
267
padiglione del tabernacolo ; il più rigoroso silenzio , molti di
giuni, l'ufficio ecclesiastico formano l'osservanza delle costi
tuzioni . E queste appunto furono praticate dalla venerabile
fondatrice pel corso intiero di sua vita sino all'apice della per
fezione , e come súddita e come prima eletta priora del nuovo
instituto .
Mentre le cose andavano prosperamente inoltrandosi, per
mise Iddio che insorgessero tribolazioni grandissime a raffi
nare la fiducia e la costanza della santa madre. Aveva ella co
minciato il suo fervorosissimo noviziato , quando , sorpresa da
violentissima febbre , nel giro di pochi giorni videsi ridotta
agli ultimi estremi. Tuttavia migliorò contra la comune spe
ranza ; ma non era ancor pienamente ristabilita , che dovette
piangere la morte della prima sua compagna , Vincentina Lo
mellini. Essendo trapassata nel decimo mese di suo noviziato ,
il monastero che sussisteva in gran parte per le sue limosine ,
pareva rimanere abbandonato . Non mancava di mezzi e di buo
na volontà il marito superstite , ma la sua prima idea erasi al
terata . Studiando egli sempre al miglior bene dell'instituto ,
dopo molte riflessioni, giudicò che una picciola comunità , co
me quella di suor Maria Vittoria , non potrebbe mai consoli
darsi nell'osservanza regolare , se non chiamava in aiuto delle
religiose professe di un altro ordine , che fosse già stabilmente
radicato . Su questo principio non potevasi far altro di meglio
che unire la nuova fondatrice e le sue alunne alle carmelitane
di santa Teresa , formandone un sol corpo . Fissatosi in capo
questo disegno , lo espose alla medesima, adornandolo di tutte
quelle ragioni che lo spirito e lo zelo potevano suggerirgli.
Questa novità fu un colpo al cuore di Vittoria , tanto più sen
sibile , quanto meno preveduto. Stefano Centurioni era un ca
valiere di sante intenzioni, un perfetto cristiano , un amico
sincero , un insigne benefattore. Arrendersi alle sue idee , era
lo stesso che distruggere il nascente instituto : rifiutarne il pro
posto divisamento , pareva cosa imprudente, tanto più che
268
quasi tutte quelle fervorose novizie lo adottavano di buon gra
do . Combattuta interiormente da opposti motivi, se ne stava
perplessa in un mare di angosce , senza sapere qual migliore
scampo la ricoverasse. Il poco conto , che faceva del proprio
giudizio , la retta stima che aveva dell'illuminato gentiluomo,
la sicura persuasione in cui era che le sue figlie non cercavano
altro che la gloria di Dio , erano tutte ragioni che la spinge
vano a cedere ; ma appena pendeva a dare il consenso , che
un' interna ripugnanza la distoglieva. Incagliata a guisa di car
ro , che nè avanti nè indietro può procedere, prostrasi genu
flessa in orazione , volgendo gli occhi molli di pianto ad una
immagine di Maria SS. In questo punto riceve un nuovo lu
me , e sentesi crescere vigore. Così interiormente incoraggita ,
entra a combattere col suo innocente tentatore e lo disinganna
e se lo rende sempre più benevolo. Sopraggiunge il padre Ber
nardino Zannoni ed avvalora le ragioni di Vittoria . Le novizie
conoscono la propria illusione e ne addimandano perdono . La
serva di Dio vide allora rinascere la serenità nel monastero e
ne restò colmata di gioia ; ma seppe ben ella attribuirne il fe
lice riuscimento alla gran madre di Dio , nè cessò mai , finchè
visse , di esserlene riconoscente.
Rassodata la fondazione , fatti i voti solenni , il religioso or
dine si aumento e di numero di sacre vergini , e di copiosi
soccorsi , e di una rapida propagazione. Da Genova si sparse
per tutta l'Italia , e passò ancora di là de' monti. Era ancora
in vita suor Maria Vittoria , e già aveva tre monasteri in Fran
cia . Nel 1632 , cioè quindici anni dopo la sua morte , conta
vansi già ventisette fondazioni in molte città di Francia , di
Alemagna , e nel Belgio. In qualunque provincia se ne istitui
vano , e da tutte le parti i monasteri di quest' ordine mantene
vano una fedele comunicazione con quello di Genova , onde
lo spirito della beata fondatrice meglio da tutte le monache si
conoscesse , e tutte diventassero diligenti emulatrici delle sue
virtù . L'unica cosa che rimaneva a desiderarsi era il culto di
269
lei sugli altari. Sebbene molte grazie prodigiose avesse operato
Iddio per la sua intercessione, tuttavia non vi concorrevano
tutti quei caratteri che la giustissima e diligentissima congre
gazione de sacri Riti santamente richiede , per dichiarare ed
approvare due veri miracoli. Stavano così le cose in aspetta
zione , quando finalmente , previe le solite radunanze, la san
tità di Leone XII , nel 1828 , il giorno diciannove di marzo ,
decretò in solenne forma che due istantanee guarigioni , ope
rate da Dio per la intercessione della vener. suor Maria Vitto
ria , erano due veri miracoli ; e quindi nel giorno ventisei di
maggio del medesimo anno pronunziò, che sicuramente poteva
procedersi alla solenne beatificazione. La quale di fatto si ce
lebrò da prima nella basilica vaticana , e indi in Genova con
tutta magnificenza (1) .
LVII . LA VENERABILE SUOR GIOVANNA MARIA BATISTA
SOLIMANI , FONDATRICE DELLE MONACHE ROMITE ,
E DELLA CONGREGAZIONE DE' MISSIONARII
DI SAN GIOVANNI BATISTA .
Di civile ed onorato lignaggio furono i genitori di Maria
Antonia Solimani che , fatta religiosa, cambiò il nome in quello
di Giovanna Batista : Gian Giuseppe Solimani , cittadino geno
vese , dicevasi suo padre , ed Angela Maria Belandi la madre ,
nativa di Voltri, luogo dieci miglia distante da Genova , nella
costa occidentale : venne alla luce il giorno dodici di maggio ,
l'anno 1688 , nella parrochia di san Martino di Albaro , amena
villeggiatura al levante di quella città . Il padre Paolo Segneri
seniore , dopo aver fatto le sacre missioni nelle pianure di
Quinto , incontratosi con la madre , poco prima che desse alla
(1) Scrisse della b. Vittoria Fornari l' autore della storia degli ordini religiosi ;
e più volte si è stampata la sua vita in Genova.
270
luce questa figlia , le raccomandò la cura di quel portato , co
me di cara cosa che sarebbe stata un giorno di molta gloria
a Dio e di profitto alla chiesa . La predizione cominciò presto
ad avverarsi , imperocchè poco più di un anno di età aveva la
bambina , quando con singolar privilegio le furono rivelati da
Dio i principali misteri di nostra santa fede. Ne fecero prova
illuminati sacerdoti , e ne stupirono altamente . Non contava
che dieci anni, ed ebbe rivelazione che un dì sarebbe stata
fondatrice di un monastero ; sopra della qual cosa la comincia
rono a sgridare i suoi genitori , ed altri a deriderla , ma tac
quero confusi in vederla operare un subitaneo prodigio in con
ferma di sua asserzione. Le virtù sublimi che in sua adole
scenza andava praticando , siccome le grazie singolarissime di
cui il Signore la ricolmava , trovarono de' molesti e gravissimi
contraddittori; ma le forti opposizioni fecero ancor meglio co
noscere che la virtù sua era appunto quella de' santi, e che
non erano illusioni , come dicevasi , i doni ammirabili dei
quali era favorita. Intanto, radunato uno stuolo di fanciulle, le
addestrava al lavoro , instruivale del catechismo, e con ottimi
esempi le santificava raccolte nella propria casa .
Un giorno dopo la santa comunione , rapita in ispirito , vide
la Regina del cielo col bambino Gesù fra le braccia , allato a
cui stava san Giovanni Batista , il quale al divin pargoletto ri
volto disse , come lagnandosi , sussistere nella chiesa tanti or,
dini religiosi , niuno però non esservi sotto il suo nome : « que
« sta donzella, rispose il Salvatore , ho io trascelto per una nuo :
« va fondazione, la quale porterà il nome e professerà la regola
« di te, mio precursore. » In quello istante una divina illumi
nazione le penetrò la mente , in guisa che impresso restolle il
tenore della regola e lo spirito dell'osservanza. Disparve la vi
sione , ed ella manifestolla al proprio confessore ch' era uomo
illuminatissimo e prudentissimo ; ed egli mostrando di non
farne alcun conto , la consigliò a deporne il pensiero . Se non
che passato un anno , di spontaneo movimento comandolle di
271
far una copia di quella regola , ed essa ubbidiente senza aver
mai saputo scrivere , la scrisse di propria mano prontamente
e recogliela. La comunicò il direttore al vicario generale arci
vescovile , il quale dopo averla attentamente considerata ,
mandò a dirle che aveva abbruciato quel foglio : st è vero ,
rispose incontanente Maria Antonia , lo ha dato alle fiamme,
ma però ne ha ritenuto una copia , e così era realmente, cosa
che per umana voce non poteva sapere. Trattando posterior
mente di questa fondazione, le fu detto ch'essa niente possedeva,
che il suo direttore ( l'abate Fransoni ) , avvegnachè dovizioso,
non voleva contribuirvi niente del suo, che neppur altri avreb
bero favorite le calde sue fantasie : la mia fidanza , soggiunse
essa , è riposta in Dio : egli ha calcina , ferramenta , pietre
e mattoni , ed oltre a ciò è ricchissimo : io son certa di tro
var danaro per questa fondazione, più che se avessi già mi
gliaia di scudi su i banchi di san Giorgio . Quanto più cre
sceva la sua fiducia in Dio , altrettanto moltiplicavansi contro
lei le dicerie , le opposizioni , le beffe. La motteggiavano
non solo gli stranieri e i domestici , ma gli stessi suoi fratelli,
e le sue sorelle , come già i fratelli di Giuseppe , la chiama
vano visionaria . E dalle parole vennero a'fatti. Avendola sor
presa un giorno soletta in camera , alienata da' sensi , ra
pita in aria , si sforzavano di tirarla giù per li panni , ma non
riuscendovi, si miséro a percuoterla, e le percosse non furono
nè poche , nè leggere. Non si dolse perciò l'umile e paziente
donzella , anzi pregolli , se mai la trovassero altra volta in
quell' atto , a non cessare di batterla .
Ma non vi è forza , non consiglio , non politica contra il Si
gnore. Egli aveva inspirato a questa sua ancella l'idea di una
fondazione religiosa , e nell' ora opportuna ne aprì i mezzi al
sicuro riuscimento . Chiamato nella parrocchia di san Martino
di Albaro lo arciprete di Moneglia , Domenico Francesco Oli
vieri , a dettare gli spirituali esercizi a quella popolazione ,
Maria Antonia sentissi mossa interiormente a consultarsi con
272
esso e dipendere intieramente dalla sua direzione. Il nuovo diret
tore, riservato e prudente , perchè veramente illuminato e piisa
simo, dopo aver ben provato lo spirito di lei e dopo molte con
siderazioni le diede questa savissima risposta: sè essere parro
co , e dover necessariamente ritornare alla sua residenza, laonde
se a lei non fosse grave da Albaro trasferirsi a Moneglia , con
ottenere prima le debite licenze da monsignor arcivescovo , 0
dal suo vicario generale , dal suo direttore di spirito l' abate
Fransoni, e soprattutto dalla madre , egli non avrebbe ricusato
l'impresa. Tutte queste licenze si ottennero , e Maria Antonia
in compagnia di onestissima matrona e due venerandi sacer
doti s'imbarcò per Moneglia , nella riviera di levante , ove
perveniva il giorno sette di giugno , 1730. Quì cominciò ad 1
abitare una picciola casa con tutte le cautele monastiche , qui
venivansi aggregando nuove compagne attirate in poco tempo
dall'odore di santità , che usciva da quel angusto ritiro , qui
crebbero gli umani aiuti , e di tanto in tanto si vedevano quelli
del cielo con aperti miracoli . Divolgandosi in Genova sì buoni
progressi , cominciarono gli avversari non solo a deporre l'an
tica prevenzione , ma a favorire il pio stabilimento ; in maniera
tale che , dopo sei anni , venuta la Solimani in Genova , giudi
carono che il luogo di Moneglia , siccome ristretto , non fosse
acconcio a fondarvi un monastero , che però ella e le sue com
pagne in Genova si stabilissero . Tale fu il parere di esimii
personaggi e segnatamente quello di monsignor Niccolò Maria
De- Franchi, arcivescovo. Accettò ella incontanente sì rispet
tabile consiglio , e partita per Moneglia , manifestato il supe
riore suggerimento alle sue consorelle , tutte di buon accordo,
con rincrescimento bensì degli abitanti di quella terra , ritor
nava a Genova , ove pii sacerdoti e generosi benefattori gli a
vevano preparato un sufficiente alloggio. Lo arciprete Olivieri,.
rinunziata la parrochia , venne pure a stabilire la sua dimora
nella città , per applicarsi intieramente allo spirituale governo
del nascente instituto . Cominciossi adunque una perfetta clau
273
sura , una osservanza esattissima , il lavoro assiduo delle mani,
il salmeggiamento in coro , la celebrazione delle principali so
lennità , e particolarmente quella di san Giovanni Batista , e
l'aggregazione delle nuove postulanti andava crescendo . Tut
tavia questa comunità non era che un semplice convitto , ed
altro di più divisava Maria Antonia. Da lungo tempo una voce
interna le parlava continuamente al cuore , stimolandola di an
dar a Roma a gittarsi a' piedi del sommo pontefice. Ma partire
non doveva , nè voleva , senza l'espresso consentimento de'suoi
direttori, e massime dell'arcivescovo ; e sopra questo punto
sorger dovevano difficoltà grandissime. Gli avvisi erano dispa
rati , e quasi tutti contrarii in sul principio che se ne parlò . Il
padre Alessio carmelitano , teologo della serenissima repub
blica , dicevale non doversi muovere la fondatrice , adducendo
l'esempio di santa Teresa che dalla Spagna non erasi mai al
lontanata e tutto aveva conchiuso , senza forse riflettere che
non tutti i santi guida il Signore per la medesima via .
Partì dunque Maria Antonia insieme con una sua compagna
e con un onorato gentiluomo , e giunta a Roma sulla fine di
giugno nel 1742 , fu accolta amorevolmente dalla principessa
di Piombino, chè di ogni cosa informata , volle interessarsi per
essa ; e steso il memoriale , fu presentato da monsignore Pro
spero Colonna al pontefice ch'era Benedetto XIV d'immortale
memoria . Il papa rimandò la supplica e l'oratrice al giudizio
del proprio suo confessore , il padre Mario Maccabei, soggetto
di massima intelligenza e virtù . Correva voce comune che que
sto personaggio fosse molto severo , tanto più da temersi ,
quanto che da poco tempo aveva rigettato le istanze di una
principessa romana , la quale cercava d'introdurre la riforma
di un ordine religioso. Ma la Solimani non che temere di lui ,
confidava moltissimo ; ed egli con difficili e lunghissime prove
la sperimento , tanto che fu certo non esservi in essa ombra
d'ipocrisia , nè fulgore d'illusione. Contento di trovarla po
vera , docilissima , sempre eguale in tutti gli eventi , non ri
18
274
cercare umani appoggi , non raccomandazioni de' grandi, ri
cusare anzi gl' inviti delle primarie dame romane che la chie
devano , si disponeva a dar di lei un favorevole ragguaglio. Per
vie meglio assicurarsi scrisse a Genova , onde sapere positiva
mente il tenore intiero di sua condotta , il principio ed il pro
gresso di sua divisata fondazione ; e finalmente stesa una rela
zione al papa , fra le altre cose esprimevasi così: « non ho po
« tuto scoprire in essa che siavi minima ombra di ambizione , o
vanagloria , conservando una somma abbiezione di se stessa ,
« pronta a ritornare alla patria e desistere dal far passi ulteriori,
quando per comando di V. Santità le sia ordinato ... molte
« altre cose fanno una veemente prova d ' esser quesť ani
« ma prescelta da Dio per qualche cosa singolare in di lui ser
« vizio . » In seguito a questo rapporto si mosse il santo padre
a darle particolare udienza , nè già una sola , ma più volte la
fece ritornare da lui, per verificarne lo spirito da per se stesso ,
ed esaminare le regole che intendeva proporre all'instituto .
Assunto questo scrutinio , il dì venticinque di gennajo , 1744 ,
deliberò di compiacerla , ed intanto diede ordine che si esten
desse il breve di approvazione. Prima però di farle sentire la
lieta nuova , si tentarono le ultime prove , per meglio esplo
rarne la costanza e la sommissione. Monsignor Giuseppe Maria
Saporiti , prelato di sua santità ed agente della serenissima re
pubblica , che fu poco dopo arcivescovo di Genova , avendo già
presso di se il breve pontificio , disse alla Solimani con vero ,
ma ambiguo senso, che non accadeva più aspettare che si ap
provassero le regole ; poter ella oggimai ritornarsene alla
patria. A questo parlare che aveva tutta l'apparenza di una
dichiarata ripulsa , non si commosse punto ; ma così nel volto
serena , come tranquilla nell'animo rispose , sè essere del pari
contenta a partire col ributtamento , come colla grazia , non es
sendosi per altro colà recata , che per intendere ed eseguire la
divina volontà . Lo stesso fece il padre Maccabei , il quale ,
mandatala a chiamare, com ' ebbe con lei in disparte ragionato
275
alquanto, presente la compagna, così seguì : diceste voi tante
volte , che sol far volete la volontà di Dio, e che presta siete,
se si gli piace , anche senza l'approvazione a ritornarvene a
Genova . Or la volontà di Dio per lo papa si è già dichia ,
rata : andate dunque alla patria , e licenziate le vostre com
pagne : siete voi contenta ? « anzi contentissima , rispose ,
« non avendo giammai voluto quel che Dio non vuole. » Al
lora il Maccabei le diede commiato ed ella andossene in chiesa,
e coll' inno Te Deum cominciò a render grazie a Dio. Poco
dopo venne dal medesimo richiamata in sagristia e con più
lieto viso ripigliò « consolatevi omai , perchè il papa ha ordi
nato che si appresti il breve dell'approvazione , e presto lo a
vrete. » E di fatto il giorno sette di febbraio , nella sagristia di
san Carlo de Catenari tre brevi le consegnò , l'uno per la fon
dazione del monistero in Genova , il secondo per l'approva
zione delle regole , il terzo per le dichiarazioni sopra le mede
sime. Il dovere della serva di Dio esigeva che andasse a' piedi
di S. S. in omaggio di venerazione e di gratitudine ; andò essa
dunque , così diretta dal padre Maccabei , con la sua compa
gna nel nobilissimo monastero di Torre di Specchi , nel giorno
nono di marzo , ove il santo padre per essere la festa di santa
Francesca Romana soleva recarsi a celebrare la santa messa :
dopo la celebrazione la ricevette con somma benignità , mo
strando di gradire moltissimo quell'atto di rispettosa ricono
scenza e quel favellare di lei all'uso de' servi di Dio , tanto più
. sincero e candido, quanto men ricercato ; e fatti poi ritirare i cir
costanti, trattennesi con lei in segreto ragionamento per lo spazio
di un'ora. Narrò dappoi il pontefice al p : Maccabei che , non
tanto per la relazione di lui , quanto per quel segreto ragionare
conceputo ne aveva stima grandissima, e che teneva per fermo
dover ella esser un dì una gran santa , e che tra gli altri
doni avea scoperto in essa la penetrazione de' cuori , aven
dogli palesato un suo interno travaglio, da cui gli avea pro
messo che sarebbe stato da Dio liberato . Questo giudizio di
276
un Benedetto XIV vale per ogni miglior elogio che possa for
marsene , ed il giudizio medesimo fu anche confermato dal
padre , ora beato Leonardo da Porto -Maurizio .
Si affrettò Maria Antonia di ritornare a Genova e vi per
venne il giorno venti di maggio del medesimo anno 1744. Dopo
due giorni andò con la compagna di viaggio e con due sacer
deti a presentare i brevi pontificii a monsignor arcivescovo , il
quale con molta allegrezza li ricevè , accordando ogni più am
pia sua licenza per la nuova fondazione, ed esprimendo spia
cergli solo che , per la grave sua età non avrebbe forse avuto
la contentezza di vederla eseguita. E realmente cosi fu , perchè
in febbraio dell'anno seguente , monsignor De- Franchi cessò
di vivere. Portossi indi Maria Antonia a supplicare il serenis
simo doge Lorenzo De-Mari, il quale provò in se stesso , par
lando con la serva di Dio , una subitanea mutazione ammira
bile ; imperocchè essendo per l'innanzi fermamente risoluto a
non più permettere nuove fondazioni religiose senza stabili
rendite , per non aggravare la città di ulteriori ordini mendi
canti , mentre favellava con essa, cangiò d'idea , e divenne
tosto condiscendente con favorevole rescritto. Superati gli osta
coli maggiori , si agevolarono le altre difficoltà di minor conto :
pii benefattori contribuirono , chi col danaro , chi con l'opera
alla costruzione del monastero , sicchè , il giorno dieci di mar
zo 1746 , poterono alloggiarvi tutte le aspiranti, ch'erano , ol
tre alla fondatrice , in numero di dodici, tra coriste e converse.
E finalmente la vestizione di tutte ebbe il compimento nel gior- .
no venti di aprile per mano del nuovo arcivescovo monsignor
Giuseppe Saporiti , che impose a tutte il nuovo nome , animan
dole all'osservanza , e tutte lasciandole ebbrie di celeste con
solazione. Maria Antonia acquistò il nome di Maria Giovanna
Batista , e come ben meritavasi, fu eletta a prima superiora ,
e tale mostrossi con santissimi esempi sino al termine di sua
vita .
Tutto ciò compiuto , altro divisamento ella manifestò all'en
277
gregio sacerdote Domenico Francesco Olivieri, il quale non
era mai mancato nella direzione spirituale e temporale dello
stabilimento , anzi in tutti i negozi del medesimo erasi sempre
adoperato con massimo zelo : il divisamento era d' instituire
una congregazione di religiosi sotto la medesima regola di san
Giovanni Batista , i quali avessero particolar dovere il portarsi
ne' paesi infedeli , ed ivi adoperarsi alla loro conversione. Ani
mato da' medesimi sentimenti il piissimo sacerdote e simil
mente mosso da superna illustrazione , acconsentì alla propo
sta , e con le debite licenze andò a Roma . Qui la dimanda fu
devoluta dal papa alla sagra congregazione di propaganda ; e ,
fatte le più diligenti ponderazioni, ne usci il voto favorevole ;
dopo di che , il giorno ventidue settembre 1755 , la nuova con
gregazione de' missionarii nelle parti degli infedeli fu canoni
camente approvata . Le fatiche ed i disagi che incontrò per
quest'opera il venerando sacerdote sono indicibili : le continuò
egli sino alla morte che fu quella de' giusti , il giorno tredici
di giugno, 1766. La venerabile fondatrice lo aveva preceduto
alla gloria del cielo , nel giorno ottavo di aprile 1758 : le spo
glie mortali sì di essa che di quegli riposano nella chiesa del
monastero (1 ) .
LVIII. IL PADRE PAOLO DELLA CROCE
FONDATORE DELLA CONGREGAZIONE DE' PASSIONISTI.
Ovada, borgo tra Alessandria ed Acqui , alle falde de' monti
liguri che sovrastano a Voltri , già soggetto alla floridissima
repubblica di Genova , sarà sempre ragguardevole per essere
la patria di due fratelli uomini apostolici , il primo de' quali fu
(1) La vita della ven. Giovanna M. Batista Solimani scritta con purità di lin .
gua e con sommo buon criterio dal sacrdote genovese don Lorenzo Canepa fu
pubblicata in Genova dal Casamara nel MDCCLXXXVII.
278
il padre Paolo della Croce , di cui or daremo brevi, ma cer
tissime notizie. Venne alla luce , il giorno tre di gennaio l'an
no 1694 , della nobile prosapia De-Daneo , la quale negli ultimi
tempi era decaduta a segno che Luca suo padre per sostenere
il peso della famiglia , numerosa di sedici figliuoli, attendeva
à qualche picciolo traffico. Piissimo uomo egli era , e savis
sima era pure la sua moglie che chiamavasi Anna Maria , ed il
nome che nel battesimo imposero a questo loro figliuolo fu di
Paolo Francesco . Un minore suo fratello dicevasi Giovanni
Batista , ed ambidue questi giovinetti germani passarono la
puerizia e l'adolescenza non solo con la saviezza di uomini
giudiziosi , ma con le virtù di monaci perfettissimi. La mattina
delle feste sorgendo Paolo di buonissima ora , portavasi agli
esercizi di una pia confraternita a cui era ascritto , e di qui
recavasi alla chiesa parrocchiale , ove nell' adorazione del san
tissimo sagramento rimaneva almeno cinque ore genuflesso.
Dopo uno scarso ristoro andava a’vespri, finiti i quali insieme
con altri compagni usciva alquanto a prendere aria , ragionando
co' medesimi della vanità delle cose terrene con tal efficacia ,
che la massima parte abbracciarono di poi la vita religiosa .
Ritornando a casa , attendeva per un'altra ora all'orazione
mentale , senza dimenticare lo studio delle lettere , nelle quali
per altro fece progresso , più per la naturale acutezza dell'in
gegno che per la molta applicazione . Dormiva pochissimo , ri
gorosissime erano le sue astinenze ed orribili le discipline a
sangue con cui macerava l'innocente suo corpo . Nelle sue me
ditazioni, che ordinariamente versavano sopra la passione del
divin Redentore , lo illustrava Iddio di chiarissimo lume in
torno alle verità della fede, di un amore ardentissimo , di un
eccessivo desiderio di patire , e di uno zelo tale che non po
teva contenersi, senza impedire il peccato e tirare anime sulla
retta via. Nel fervore di queste sue orazioni, elevato un giorno
fuori sensi , sentì una locuzione interna che lo chiamava a con
socrarsi intieramente al servizio di Dio , con separarsi da' suoi
279
parenti, e fondare una congregazione di uomini, che in modo
speciale fossero seguaci della povertà , divoti alla passione di
Gesù , e cooperatori alla salvezza delle anime .
Fortemente ripetuta questa interiore manifestazione , temen
do come giustamente far doveva , di qualche illusione , andò
in Alessandria a mettersi a' piedi di monsignor Arboreo di
Gattinara suo vescovo , a cui fece da prima una confessione
generale , e svelò di poi l'arcano della ricevuta inspirazione. Il
prelato , ch'era pio , dotto e prudente ( e fu indi per le sue
virtù traslato alla sede arcivescovile di Torino ) conobbe bensì
in questo giovane qualche cosa di straordinario , ma tenendo
sospeso ogni giudizio , lo rimandò ad altro tempo. Intanto con
diverse maniere provato lo spirito del giovane Paolo , crede
per certa la vocazione di lui , e ne venne al primo incammi
namento. Tosatigli i capelli, lo vestì di una tonaca di arbagio
nero , con l'emblema delle lettere della divina passione , cor
rendo il giorno 22 di novembre , che cadde in venerdì, l'anno
1720. Giubilando di consolazione il nuovo romito , ritirossi ad
insinuazione del suo vescovo nella terra di Castellazzo , di
stante cinque miglia da Alessandria , per abitare una ignuda
cameretta che gli venne assegnata sotto una scala , vicina alla
sagrestia parrocchiale di san Carlo . Qui scalzo restò quaranta
giorni intanato , ed in questo tempo il suo alimento era di
scarso pane , ricevuto per limosina , il suo letto poca quantità
di paglia gettata sul pavimento. Levavasi a mezza notte per
recitare il mattutino ed attendere quietamente all' orazione in
teriore. Da questa solamente imparò la scienza di comporre le
regole della congregazione che Iddio gli aveva inspirato ; e
scrivendole , sentivasi venire le parole dal cuore per vergarle
in carta con tale ordine ed affluenza che gli pareva di essere
sotto la cattedra di un maestro che detta la composizione . Gui
dandogli la mano quel Signore che infonde la sapienza a ' pic
cioli e fa eloquenti le lingue de bamboli , non è meraviglia che
un giovane di ventisei anni, senza aver mai letto le costituzioni
280
di altri ordini religiosi , dal giorno due di dicembre al giorno
settimo , potesse formare e connettere le basi sulle quali do
veva erigere e costrurre un grande edificio . Di questo lavoro
restò sorpreso monsignor Gattinara , allorachè dopo quaranta
giorni rivide il fervido romito , che gli presentò scritta l'idea
e la norma dell'instituto , nè volendo fidarsi de' proprii lumi ,
indirizzò Paolo a Genova a consultare illuminatissimi e speri
mentati maestri di spirito. Intraprese subito il viaggio il doci
lissimo uomo, e ne ritornò ben soddisfatto. In quella strana
foggia di vestire alcuni sì per la via che nella città lo dileggia
rono da matto , altri ben consapevoli che Iddio suole eleggere
gli stolti del mondo a grandi imprese, ne ammirarono la su
blime sapienza. Meglio di tutti la vedeva crescere il suo vesco
vo , il quale avendolo destinato da prima al catechismo de' fan
ciulli, indi alla instruzione del popolo , e finalmente con nuovo
esempio alla predicazione delle verità più grandi della religio
ne , era testimone che la parola di Dio nella bocca di lui era
annunziata con grazia , con forza e profitto , senza rilassatezza
e senza rigore di dottrina. Il vizioso costume di quelli che ac
correvano ad ascoltarlo migliorò di tal maniera che esperti 0
perari evangelici non potevano ottenere di più .
In mezzo a sì fruttuose oecupazioni di Paolo , proseguiva Id
dio a dargli continui impulsi, affinchè , abbandonata la patria ,
eseguisse i suoi sovrani disegni. Risoluto pertanto di partire
per Roma , il suo vescovo non solo approvò questa determina
zione , ma di più l'accompagnò con ampie lettere testimoniali.
Imbarcatosi in Genova sul principio del mese di settembre ,
nel 1721 , ed arrivato in Roma , alloggiò alla Trinità de' pelle
grini, ove gli furono lavati i piedi dal gran cardinale Tolomei,
che gli offerse la limosina di un testone ; ma la ricusò Paolo ,
pregando quel porporato a farne benefizio ad altri più poveri
di se. La mattina seguente andò al Vaticano , e richiese udien
za presso il sommo pontefice , ch' era Innocenzo XIII ; ma
uno de' paladini guardandolo con disprezzo , gli rispose: sa
281
pete quanti birbi capitano tutto giorno ? Andate via : Chinato
il capo, ricevè Paolo il complimento senza turbarsi , persuaso
non esser ancor giunta l'ora da Dio determinata . Su questo ri
flesso partì di Roma con animo di recarsi al monte Argenta
rio , che è una penisola del mare di Toscana. Navigando il
servo di Dio in poca distanza di quel monte , avevavi osservato
alcune grotte incavate nel sasso dalla parte di mezzogiorno, e
adocchiandole , erasi sentito un interno impulso di fissarvi
un giorno la sua dimora . Colà dunque recatosi, trovò che il
luogo inospite da per tutto spirava silenzio e raccoglimento ,
confacevole alle sue idee . Presentatosi a tal effetto a monsignor
Fulvio Salvi, vescovo di Soana , domandò e ricevette la per
missione di soggiornarvi. Nè solo volendo ivi essere , riprese il
viaggio alla Liguria a chiamare seco Giovanni Batista suo fra
tello , che di non minore desiderio ardeva per la solitudine.
Vennero i due germani con infinito disagio , ed usato ambidue
verso il vescovo filiale ossequio , confermata loro la data fa
coltà , cominciarono a riparare quel meschinissimo romitaggio ,
di tana di rettili formandone un santo abituro. Tal era il loro
divisamento , che per altro andò presto fallito , per esser corsa
ad Orbitello la fama de' due anacoreti Di lì si diffuse a Gaeta ,
e monsignor Pignatelli che n'era vescovo s’ invogliò di averli
in propria diocesi. Non ismentirono mai il loro carattere i po
veri due fratelli : sempre docili alla voce de' prelati , spogliati
sempre della propria volontà , amanti del disprezzo e di ogni
mortificazione, accettarono un romitorio che loro assegnò , a
bitato ne 'passati tempi dall'abate san Nilo . Da questo deserto
venivano chiamati ne' giorni festivi nella città , ove all'istru
zione de' giovinetti si applicavano con ottimo successo , e di
simpegnati di questo ufficio rimanevano per lunghissimo tratto
in chiesa all'adorazione della santissima Eucaristia . Da questa
diocesi passarono in quella di Troia nella Puglia , non per va
ghezza di migliorare sorte , ma per ubbidire all'invito di quel
vescovo , monsignor Emiliano Cavalieri, che d'intelligenza del
282
vescovo in Gaeta li voleva alquanto di tempo ritenere pres
so di se. Era questo prelato un uomo santo , di profonda dot
trina , di penitenza ammirabile, e di uno zelo fervidissimo.
Paolo volle subito sottomettersi in ogni cosa al di lui parere ,
manifestandogli perciò la passata sua condotta , i lumi che cre
deva di aver ricevuto da Dio per una nuova congregazione , e
le regole che aveva formato per tale instituto . Pigliò tempo il
savissimo vescovo a decidere , ma finalmente accertatosi che
non eravi illusione , gli animò all'impresa , li consigliò alla
promozione del sacerdozio , ed a Roma li rimandò con lettere
premurose a molti cardinali , e diversi ragguardevoli perso
naggi, assicurandoli nella partenza che il loro disegno sarebbe
riuscito per vie incognite e mirabili.
Queste parole parvero una profezia. Venuti a Roma l'anno
santo del 1725 ed entrati nella chiesa san Pietro , mentre
con sommo raccoglimento stavano amendue in orazione, mon
signor Marcello Crescenzi , canonico di quella basilica e di poi
cardinale , al vederli ne fu sorpreso a segno che vago di cono
scerli , li chiamò in disparte. Vide in essi lo spirito di Dio , o
divenne protettore caldissimo di loro e dell'opera che divisa
vano. Al giudizio del Crescenzi fu presto conforme quello del
cardinale Marcellino Corradini , che ne informò Benedetto
XIII . Approvò questo pontefice vivae vocis oraculo quanto
chiedevano i due fratelli, ed intanto li destinò all'assistenza
degl'infermi nello spedale di san Gallicano. Sotto il titolo di
ospitalità li volle promuovere al sacerdozio , imponendo egli
stesso le mani nella sacra ordinazione , il giorno sette di giu .
gno l'anno 1727 , con sensibile consolazione del suo spirito :
il quale titolo dappoi egli cangiò in quello delle sante mis
sioni . Ed essi lasciato allora col consenso superiore il servizio
dello spedale si rifugiarono nella solitudine di monte Argen
tario nel principio di marzo , del 1728 , ove nell'orazione , nell'
austerità , nel silenzio e nella coltura delle anime occupandosi
incessantemente, col soccorso di spontanee limosine diedero
283
principio all' instituto . Le prime loro fatiche furono impiegate
nella diocesi di Soana , indi in quelle di Massa e di Acquapen
dente , e dappoi nelle Maremme, nel patrimonio di san Pietro ,
nella Toscana , nelle isole dell'Elba , del Giglio e di Capraia.
Dio sa quanto penose fossero queste sacre campagne , special
mente in que'tempi che le Maremme erano infestate di ladroni,
di banditi , di gente turpissima che viveva bestialmente. Tuttavia
la evangelica predicazione di questi due poveri sacerdoti fu
sempre accompagnata e favorita da grandissimo concorso , da
non ordinaria compunzione , e di più illustrata da Dio con
evidenti miracoli , alcuni de' quali non furono passaggieri , ma
permanenti con indicibile stupore di chi ne voleva essere testi
mone.
Aperta la prima casa di sua congregazione , fu sollecito il
venerabile fondatore di ottenerne la più valida consistenza da
Benedetto XIV che di recente era stato assunto a reggere la
chiesa universale. Dopo essere state sottoposte a diligente e
same le costituzioni, parve necessaria in alcuni punti una pic
eola mitigazione , in seguito alla quale uscì favorevole l' apo
stolico rescritto , il sedici di maggio 1741. Siccome il quarto
voto dell'instituto s' impegnava a risvegliare ne' fedeli la me
moria della passione di nostro signor G. Cristo , il romano ge
rarca approvandolo ebbe a dire : « questa congregazione è ve
nuta al mondo per ultimo , quando sembra che dovesse essere
la prima. »
Con un secondo esame furono per lungo tempo discusse le
regole da una speciale congregazione di cardinali , e fatte di
nuovo alcune moderazioni , il medesimo papa emanò il breve
di approvazione, sottoscritto il giorno ventotto di marzo 1746,
dichiarando il padre Paolo preposito generale : nel quale uffi
cio venne posteriormente confermato. Moltiplicavansi intanto i
soggetti che addimandavano di essere ammessi al recente in
stituto , ed il venerabile fondatore, aperto il noviziato, di tutti
ne andava provando lo spirito e la scienza con tale discerni
284
mento , che uscirono dalla sua scuola moltissimi per dottrina e
santità insigni. Col numero de' buoni operai crescevano del
pari le nuove fondazioni : le limosine de'benefattori erano il fondo
per costruire gli edifizi , una stretta povertà era il patrimonio
degl' individui , il frutto immenso delle missioni era il titolo
autorevole che li proteggeva e propagava. Non è possibile enar
rare il numero di queste sacre imprese , atteso che d'ordina
rio sette in otto mesi dell'anno impiegavansi dal padre Paolo
in questo ministero : si sa che, oltre a'luoghi accennati, coltivo
le diocesi di Porto , Sabina , Viterbo e Toscanella , Sutri e
Nepi , Montefiascone e Corneto , Orvieto , Acquapendente ,
Bagnorea , Orte e Civita castellana , città della Pieve , Perugia,
Todi , Camerino , Ferentino , Segni , Terracina , Piperno e
Sezze , e più volte fece le missioni in Roma. Le anime più
perdute , i facinorosi di prima sfera , i disperati incanutiti nel
vizio sembrava che fossero doni da Dio riservati al suo servo .
Gli accoglieva tutti , trattandoli con amorevolezza più che ma
terna , e ne otteneva il ravvedimento che mostravasi sincero e
stabile con la riconciliazione d'inveterate discordie , con la re
stituzione della roba altrui , con la separazione di colpevoli a
micizie , e con la riforma del perverso costume . Tanto profitto
derivava singolarmente da’ frequentissimi sermoni sopra la pas
sione del divin Redentore.
Ad un bene così grande non dovevano mancare fiere contrad
dizioni . Si mandarono alla santa sede memoriali pieni di enor
mi calunnie , colorite in modo così artificioso chc apparivano
di piena luce veridiche , dirette non solo contra la persona del
fondatore , ma contra l'intiera sua comunità , all'oggetto di
sterminarla. Con la più squisita diligenza esplorò Roma gli an
damenti , la dottrina , il modo di predicare del venerabile in
stitutore e de' suoi figli , e dopo le più segrete e giudiziose in
dagini la calunnia giacque confusa , e la turbolenza si dissipò.
Clemente XIV , a cui il padre Paolo chiaramente aveva pre
detto il papato , amando la di lui congregazione e divisando di
285
largamente favorirla, ordinò che nuovi esami si formassero so
pra le costituzioni , santamente persuaso che quanto più au
stere appaiono da principio le regole di un ordine , tanto più
presto e facilmente se ne rilassa l'osservanza. Per questa ra
gione egli volle che il rigore de' digiuni praticati da' Pas
sionisti fossero addolciti e il loro riposo prolungato. Emanò
in seguito la bolla di approvazione , in data del sedici di no
vembre 1769 , con molte grazie e più speciali privilegi. Ne di ciò
pago il generoso suo favore, diede la sovrana sua sanzione
alla fondazione delle sacre vergini Passioniste : il quale insti
tuto ebbe cominciamento in Corneto , il giorno tre di maggio
nel 1771 , con la massima consolazione del servo di Dio , che
da lunghi anni aveva a questo fine rivolti i suoi studii e i fer
vidissimi suoi voti.
Stabilite le monache , pensò il pontefice a provvedere il ve
nerabile padre e la religiosa sua famiglia di agiata casa in Ro
ma . Avendo un giorno interrogato il procuratore generale dell'
ordine , se il padre Paolo aveva avuto un fratello , compagno
nel vivere religioso chiamato Giovanni , come che intese di sì ,
ripigliò subito : Ioannes et Paulus , senza di più spiegarsi.
Trasferiti poco dopo i signori della missione a Sant Andrea
nel Quirinale , volle che al padre Paolo fosse assegnata la ba
silica de' santi Giovanni e Paolo con la casa annessa . Cin
quanta anni prima esso servo di Dio passando un giorno in vi
cinanza di quella casa e chiesa abitata da' missionarii di san
Vincenzo , fuori di se elevato , cominciò a dire : « oh ! Dio ,
oh ! casa mia , casa mia : quì ho da venire a star io. » Di que
ste parole non seppe alcun indovinarne il significato , se non
quando la sera del nove di dicembre , 1773 , egli con la sua
comunità passò ad abitarvi. Poco tempo durò il pontificato di
Clemente XIV ; ed avendo Iddio per la santa morte di lui tras
portato in ispirito il b . Alfonso de Liguori ad assistergli nelle
lunghe agonie , ben deve credersi che abbia accettato le mole :
tissime orazioni che il v. Paolo per lui offriva , sia quando esso .
286
pontefice penava moribondo , sia dopo che cessò di vivere.
Pianse amaramente la di lui morte , ne moderò il suo dolore ,
se non quando vide esaltato a reggere la chiesa Pio VI . Anche
da questo papa riceve il venerabile fondatore particolarissimi
contrassegni di paterna benevolenza , abbenchè non potesse
lungamente goderne per avere già compiuto di sua età l'anno
ottantesimo , e trovarsi sfinito di forze e logoro dalle fatiche .
Ridotto all'estrema malattia, domandò un giorno notizie del
santo Padre , ed avendole intese buonissime , all'improvviso
s'infiammò in volto , e cambiò di voce , con prorompere in
queste precise parole : « Io mi chiamo Paolo della Croce , ma
« sono soltanto tale di nome. Con più ragione può dirsi della
« Croce il santo Padre : ditegli voi da parte mia che ben si
« stenda sopra la croce che vi deve stare un pezzo .... Ah ! po
« vera chiesa , oh ! povera religione cattolica. Signore ! date
« voi forza al vostro vicario , dategli coraggio e lume per tutto
« ciò che conviene , in adempimento della santissima vostra
« volontà. » In così dire scorrevano dagli occhi del venerevole
infermo copiose lagrime : le quali parole ed altre simili dolenti
replicò egli più volte , non ben intese allora , correndo l'anno
1775 in cui la chiesa godeva tranquilla pace. Chi ha veduto ,
siccome vidi io stesso , i dolorosi avvenimenti che seguirono
negli ultimi anni del pontificato di Pio VI , non ha bisogno di
interpretazione nè di lettura , per comprendere con evidenza
con quanto lume di profezia abbia parlato il venerando uomo
in quella occasione. Cessò egli di vivere in quell' anno mede
simo 1775 , alle ore ventidue e mezza , del giorno diciotto di
ottobre. Egli è morto in un bel giorno , disse Pio VI , appena
ne seppe la notizia , perchè di san Luca si legge: crucis mor
tificationem iugiter in suo corpore portavit , ed il servo di
Dio , lo ha saputo imitare . Intrapresi i processi per la sua bea
tificazione , furono le sue virtù riconosciute in grado eroico
dalla sacra congregazione de' Riti , e tali indi dichiarate dalla
santa sede nel giorno diciotto di febbrajo , l' anno 1821. la
287
quanto a' miracoli operati dal servo di Dio rimangono sotto
l'esame della sacra congregazione de' Riti. Sparge il Signore
continuamente la sua benedizione sopra questo benemerito in
stituto : dodici conventi o ritiri , come volgarmente si dicono,
fondò in vita sua il venerabile padre , oltre a quello delle mo
nache , e dopo il suo passaggio al cielo , altri dodici si sono
moltiplicati in diverse diocesi d'Italia, con somma edificazione
della vita religiosa , e con massimo spirituale vantaggio dei
popoli (1 ) .
Il corpo del padre Giambatista di san Michele Arcangelo ,
fratello germano del ven . padre Paolo , riposa nel ritiro di san
Michele Arcangelo , presso Vetralla , nella diocesi di Viterbo ,
ove passò a miglior vita il giorno undici di settembre 1765 , in
età 'settuagenaria , chiarissimo per le virtù non meno che per
la dovizia de' doni celesti.
(1) La vita del v. p. Paolo della Croce estratta da' processi ordinari fu scritta
dal P Vincenzo Maria di san Paolo , dedicata a papa Pio VI , e pubblicata iu
Roma nel MDCCLXXXVI colle stampe de' Lazzarini.
288
CAPITOLO IX.
LIX. Abbadie le più antiche ed illustri. Lx . Ettore Ver
nazza fondatore del conservatorio di san Giuseppe. LXI.
Il ritiro delle donne penitenti. LXII. Le Interiane.
LXIII . Virgilia Centurioni Bracelli , fondatrice delle Bri
gnoline. LXIV . Le Filippine e le Medee. LXV . L'a
bate Paolo Gerolamo Fransoni , fondatore degli operari
evangelici e delle madri pie. LXVI . Le Fieschine
LXVII . Le congregazioni de' missionari urbani e forensi.
LXVIII. L'abate Francesco Maria riale - Lercari
fondatore in Roma di una congregazione di missionari.
nim
LIX. ABBADIE LE PIU' ANTICHE ED ILLUSTRI.
La Liguria , tanto nelle sue picciole isole adiacenti , quanto
nel suo continente , negli alpestri suoi monti non meno che
nelle marittime sue spiaggie , era popolatissima ne' secoli anti
chi ed in quelli del medio evo di fondazioni religiose. Delle
badie monastiche nelle isolette ligustiche noi abbiamo chiaris
sima menzione in diverse lettere di san Gregorio Magno , il
quale scrivendo ad Antimo suddiacono , dopo avergli racco
mandato che ne' monasteri delle isole del mare di Toscana non
si ricevano i postulanti prima del diciottesimo anno di età , gli
inculca di praticare questa osservanza anche nelle isolette di
Capraia e di Palmaria : hoc et in Palmaria aliisque insulis te
per omnia volumus custodire (1 ) . Nel vicino continente , all'
ingresso del golfo di Spezia , o Lunense , come allora dicevasi,
(1) Lib. 1 epist. L.
289
e precisamente nel luogo di Porto - Venere esisteva a'tempi del
medesimo santo pontefice un altro monastero , di cui era su
periore un certo diacono , nominato lobino , che abbandonossi
all'incontinenza , con gravissimo scandalo di sua religiosa fa
miglia e de' popoli circonvicini. Informato san Gregorio di
questo disordine da Venanzio , vescovo di Luni , intimò la
perpetua sospensione de' sagri ordini al delinquente abate ; che
se , pentito del commesso delitto , vorrà questo intrapren
dere e continuare una condegna penitenza , dice il santo dot
tore , venga benissimo ripristinato al primo suo officio mo
nastico , ma non promosso mai in verun tempo all' ordine del
sacerdozio : la quale disciplina sia pur osservata riguardo ai
suddiaconi incontinenti. In quanto poi al sacerdote Saturnino ,
di simil vizio deturpato , resti privato per sempre dell'eserci
zio delle sagre funzioni : « Statuimus diaconum et abbatem de
« Portu Veneris , quem indicas cecidisse , ad sacrum ordinem
« non debere vel posse ullo modo revocari , quem quidem sa
« cro ordine privatum in poenitentia deputare te convenit.
« Cuius si postea actus conversatisque meruerit , priorem in
« ter alios monachos , ubi tu tamen decreveris , stando locum
« obtineat. Subdiaconi quoque, quos similis culpa constringit,
« ab officio suo irrevocabiliter depositi , inter laicos commu
a nionem accipiant etc. ( 1 ) »
Nel circuito del golfo di Spezia altre badie sussistevano " , e
tutto il territorio Lunense ne fu popolato , da che i Saraceni
nel secolo ottavo, e nono cominciarono ad infestare le isole e le
spiaggie ligustiche , ritirandosi i monaci più addentro terra
per non soggiacere al pericolo di essere depredati . Uno di
questi monasteri venne poi assegnato agli Olivetani , che per
qualche tempo vi fiorirono religiosamente. Sul promontorio
del monte Corvo altra badia erasi costrutta , e quì per alcun
tempo albergò l' esule Dante , come ne fa testimonianza frate
(1 ) Ad Venantium episcop. Lunen. lib. V epist. III.
19
290
Ilario ad Uguccione della Faggiuola in una sua lettera , ove
dice così : « Quì recossi l' Alighieri ( intorno al 1307. ) pas
« sando per la diocesi di Luni : o lui muovesse la religione
« del loco o altro qualsiasi affetto . Ed avendo io scorto co
« stui , mentre era pure incognito a me il richiesi del suo
« volere e del suo cercare . Egli non fece motto ; ma stavasi
« muto a contemplare le colonne e le travi del chiostro , lo di
« nuovo il richiedo che si voglia e che si cerchi. Allora egli
« girando lentamente il capo , e guardando i frati e me , ri
( C sponde , pace ! .. Lo trassi in disparte , e fatte seco alcune
« parole , il conobbi Quando egli vide che lo ascoltava con
« raro affetto , ei si trasse dal seno un libro , con gentilezza lo
« schiuse e sì me l offerse dicendo frate , ecco parte dell?
« opera mia , forse da te non vista : questa ricordanza ti la
« scio : non obbliarmi ec. »
Un monastero di sacre vergini instituì nella propria casa il
vescovo di Luni ș . Venanzio , circa l'anno 600, sotto le regole
che san Benedetto aveva assegnato a santa Scolastica sua som
rella e alle di lei alunne. Questa nuova fondazione aveva bi
sogno di una badessa che riunisse cognizione della regola, zelo
di osservanza , e sperienza di saggio governo. Per ottenere una
monaca adorna di queste qualità , il santo vescovo ricorse a
Roma al pontefice san Gregorio magno , il quale commendò
il divisamento di Venanzio , e promise di mandare la sacra
vergine , valevole a ben reggere la religiosa comunità : Fra
ternitatis vestrae insinuatione didicimus ... intra civitatem
Lunensem in domo te propria monasterium ancillarum Dei
pro vestra devotione fundasse ( 1 ) . Io non ho potuto trovare
monastero di sacre vergini più antico di questo nè in Genova,
nè in tutta la Liguria.
Ringmatissima ed antichissima badia era quella di Brugnato ,
eretta ad onore de' santi Lorenzo e Colombano , di moltissimi
( 1) Lib. V epist. VIII ad Venantium .
291
poderi e privilegi arricchita da Liutprando , Rachis e Deside
rio re longobardi , e poi da Carlo magno , Ludovico Pio e
Clotario. Fu soppressa l' anno 1133 da Innocenzo II , con ap
plicarne le copiose rendite alla erezione di una diocesi , primo
vescovo della quale fu Ildeprando.
Sopra Chiavari era insigne la badia di Borsone, dedicata all'
apostolo s . Andrea , eretta nel 1184 da Ugone , secondo arci
vescovo di Genova.
Il monastero della Cervara in Porto - fino, pochissimi an .
ni ſa distrutto , riconosceva la sua fondazione da un pre
lato degno di eterna memoria , come appunto lo dice
Ughelli , ed insieme uno de' più dotti e modesti letterati del
secolo XIV. Tal era Guido Settimo o Scetten , arcivescovo di
Genova. Qual religiosa osservanza fosse in vigore in questa ba
dia , non può meglio sapersi che da papa Gregorio XI , il
quale per alcuni giorni vi soggiornò , nell' occasione che da
Avignone riportando in Roma l' apostolica sede, spinto da una
tempesta di mare , dovè approdare in Porto - fino. « Noi allog
giammo , scrive il pontefice , nel monastero di Cervara , cor
rendo la festività di tutti i Santi ( l'anno 1377 ) , e ben ve
demmo con gli occhi nostri la devozione esimia ed il religioso
vivere di que' cenobiti . Per la qual cosa noi accordiamo per
ogni anno a tutti i fedeli , che nella festa indicata di tutti i
Santi visiteranno divotamente quella chiesa ( dedicata al dot
tore san Gerolamo ) , premessa una sincera confessione ed un
vero pentimento , un anno e quaranta giorni ( e non era pic
ciola grazia in que' secoli ) di sacra indulgenza , spinti a ciò
concedere da speciale sentimento di gratitudine : » « vere poe
« nitentibus et confessis qui in dicta celebritate omnium San
« ctorum ecclesiam ipsam devote visitaverint annuatim , unum
« annum et quadraginta dies de iniunctis eis poenitentiis mi
« sericorditer relaxamus. » Cervara fu illustre ancora per altre
pregevolissime memorie .
292
In Genova più monasteri eransi eretti innanzi al mille, quello
di s. Benigno, in una delle più belle vedute del mondo , quello
di san Siro , quello di san Matteo , e quello di santo Stefano ,
ove nel secolo XIII morì il santo abate Giovanni.
A Feggino in Polcevera erasi instituita una hadia da' mo
naci di Bòbbio , sotto la regola di san Benedetto , col nome
di san Niccolò del Boschetto .
Il monastero di san Girolamo di Quarto , fondato l'anno
1283 da certi romiti Spagnuoli', merita anche oggidì l'at
tenzione del viaggiatore , singolarmente per le eleganti
sculture.
Nel progredire alla riviera di ponente trovavasi presso a Se
stri la badia di sant' Andrea , fondata da una colonia di mo
naci , che all'istanza de' Genovesi mandò dalla Francia san
Bernardo « Quod nobile coenobium , dice Ughelli, per plures
« annos protulit aluitque viros doctos , atque insigni sancti
« moniae vita praestantes, in quibus sanctus Albertus enituit . »
Di questo sant' Alberto i Bollandisti cercarono particolari no
tizie in Genova dal padre Fieschi gesuita , con intendimento
di scriverne la vita , ma le diligenti loro perquisizioni furono
senza effetto . Innocenzo IV nel suo viaggio per la Francia al
loggiò in questa badia : san Pio V la assegnò a' frati inquisi
tori di san Domenico di Genova.
Sopra Varazze sorgeva la badia del Tilieto , i di cui abati
erano in alta considerazione, e più volte dalla santa sede fu
rono delegati a difficili e rilevanti commissioni . Essendosi dato
il guasto dal potestà di Genova alle terre e alle case , che da
tempi antichissimi la mensa episcopale di Genova possedeva
in Sanremo , il papa destinava , nel 1213 , Bernardo vescovo
di Parma e l'abate di Tilieto a conoscere la causa e
quindi a pronunziare sopra la riparazione de’danni e delle
ingiurie. E Gregorio IX l'anno 1241 scriveva all'abate di Ti
lieto di prendere informazioni intorno alla condotta di Niccolò
vescovo di Ventimiglia e riferirne alla santa sede. Da questa
293
badia sul cominciar del secolo XIII uscì quel famoso Gerardo
di Sezza , che fatto prima vescovo di Novara , indi cardinale
di santa chiesa , morì arcivescovo di Milano.
Non lungi da Varazze , al settentrione di Savona , in angui
sta ed erma valle , bagnata da un ramo del Bormida , tra il
territorio delle Carcare e quello del Cairo , giaceva l' abbadia
di Ferrania dedicata alla beatissima Vergine e a san Pietro a-.
postolo ed a san Niccolò , fondata nel dicembre del 1096 dal
marchese di Savona Bonifacio e dal suo nipote Enrico , fi
gliuolo di suo fratello il marchese Manfredi. Primo superiore
di questa badia con titolo di preposito fu Grossolano , di na
zione ligure , famosissimo nella storia civile ed ecclesiastica di
quel secolo . Fu consecrato vescovo di Savona , prima che sca
dessero due anni della sua investitura abaziale , e circa il fine
di agosto dell'anno 1102 fu promosso all'arcivescovado di Mi
lano . Da questo punto principiò una serie di guai dolorosis
simi e di strane vicende , che presso il Muratori e il continua
tore del cardinale Orsi si posson leggere estesamente . Accu
sato a Roma di simonia e di violazione de' sacri canoni , andò
a giustificarsi nella romana curia , e ritornò a Milano ; ma
presto fu costretto ad uscirne. Andò pertanto a Gerusalemme
a visitare i luoghi santi , e nel viaggio passando per Costanti
nopoli , disputò con molta forza di raziocinio e vasto sapere
alla presenza dell' imperatore Alessio contro agli errori dei
Greci . Ritornò a Milano per occupare la sua sede , ma dove
pur cedere alla forza de' suoi nemici e prendere la fuga. In
camminatosi nuovamente a Roma , perorò la propria causa
per quattro giorni avanti a Pasquale II . La sua giustificazione
restando priva di effetto , ritirossi tra i monaci greci di san
Saba sull'Aventino , e quì condusse nella calma degli studii
e degli esercizi monastici i giorni suoi , finchè la morte il tolse
a tutte le vicende.
5 La badia di Ferrania fu inoltre molto celebre per essere
stata abitata da Agnese di Poitiers vedova del marchese Pietro
294
di Savoia. Morto egli nel giorno ventisette di giugno , l'anno
1084 , la principessa sua moglie fece nell'anno seguente la
donazione di molti suoi beni alla chiesa di Asti unitamente ad
Adelaide sua suocera , marchesa di Susa , donna assai illustre
nelle storie del Piemonte , e ritirossi a Ferrania a condurre
una vita religiosa , separata dalle cure del secolo . Qui Agnese
nel 1095, ebbe fine al suo vivere e sepoltura al suo corpo , co
me appare anche oggidì dalla lapida che si conserva murata
in quella chiesa , ove in versi leonini leggesi la seguente i
scrizione :
Hac recubant fossa matris venerabilis ossa
Cuius erat patulum vita boni speculum .
Haec Pictavorum comitum stirps nobiliorum
Pulcra fuit facie nurus Athalasiae.
Defunctoque viro longe post ordine miro
Mundum deseruit hicque sepulta fuit.
Attuale possessore di Ferrania è il nobilissimo marchese Mar
cello Durazzo .
Da Ferrania scendendo verso la spiaggia marittima dalla
parte di ponente e procedendo da Savona a Noli , merita com
memorazione l'abbazia da rimoti tempi dedicata a santo Eu
genio , uno degli illustri confessori banditi dall' Affrica in tem
ро della persecuzione Vandalica , e morto nell' isoletta di Ber
zezio . Opinano alcuni che questo santo sia il medesimo che il
famoso vescovo di Cartagine di questo nome , perseguitato dal
barbaro Unerico , il quale, nel principio dell'anno 477 , succe
dette a Genserico suo padre , non meno nel regno che nell'o
dio contro alla cristiana religione; ma questa opinione vien
riprovata dal Ruinart nel suo commentario sopra la persecu
zione Vandalica , nè piace a’Bollandisti , i quali concedono che
due santi confessori del clero affricano finissero in quella iso
295
letta la relegazione e la vita , uno de' quali Eugenio chiama
vasi , ma diverso da santo Eugenio vescovo di Cartagine (1 ) .
Ne' contorni di Varigotti da vetusti tempi sussisteva un mo
nastero dedicato ad onore di san Lorenzo . Ottone vescovo di
Albenga , a cui in allora apparteneva quel luogo , ne fece do
nazione a' Monaci lerinesi , il giorno ventotto di agosto , l'anno
1127 , la qual donazione nello stesso anno fu confermata dal
marchese Bonifacio e dalla contessa Agnese sua moglie .
Non meno antica era la badia di Varatella ne' monti di Toi
rano , presso ad Albenga , dedicata all'apostolo san Pietro.
Essendo poi decaduta dall'antica osservanza , e diminuita di
redditi temporali e di numero di religiosi , il vescovo di Al
benga divisò che potevansi le cose e le persone riordinarsi , se
il monastero fosse stato devoluto alla certosa di Casotto . Que
sta cessione realmente ebbe il suo effetto nel giorno cinque di
aprile , 1315 , di consenso dell'abate e de' pochi monaci che
vi erano rimasti ; ed i.Certosini pigliandone possesso , vi per
severarono sino a' giorni nostri.
Da tempi immemorabili sussisteva nell'isola Gallinaria una
badia dedicata ad onore di santa Maria e di san Martino , il
quale , fuggendo di Milano per la persecuzione degli Ariani ,
ebbe ivi per alquanto tempo solitario soggiorno . Alunno di
questo monastero nel nono secolo fu san Benedetto di Taggia ,
chiamato alla sede vescovile di Albenga . Essendo poi i monaci
frequentemente esposti alle incursioni de' barbari, divisarono
per sottrarsi da ogni vessazione di abbandonare il soggiorno
dell'isola e stabilirsi nella vicina terra ferma , entro le mura
della città . E così fecero , perseverando nella regolare osser
vanza sotto il culto e la denominazione di s . Maria e del santo
vescovo di Tours . Questa badia fu dimezzata de' suoi beni ,
l'anno 1028 , da Manfredo marchese di Susa e Berta sua mo
glie . Imperocchè avendo essi fondato un monastero di sacre
(1 ) Acta ss, ad diem 13 jul,
296
vergini in Caramagna , diocesi di Torino , lo dotarono di molti
poderi , una parte de' quali apparteneva a 'monaci dell'isola
Gallinaria : « inter ea censetur media pars de monasterio bea
« tae Mariae sanctique Martini constructo in insula , quae vo
« cata est Gallinaria » (1 ) .
Alla foce del fiume di Taggia , in quella regione che ancora
oggidì si denomina la Grangia, era rinomata ne'vetusti tempi
una badia ( forse la stessa che da certi scrittori è distinta col
nome di Villaregia dedicata al protomartire santo Stefano ) .
Io mi ricordo di aver osservato , nel 1812 , mentre in qualità
di economo reggeva la cura di Riva Tabiense , un tratto di
muro di quell'antico monastero ; e queste vestigia precisa
mente giacciono ne' beni appartenenti alla mensa parrochiale.
Sono state ivi ritrovate alcune picciole monete d'oro , colla
leggenda : D. N. ZENO ( imperator d'oriente ) da una parte ,
e dall'altra l'insegna di monte Casino . A questa badia appar
teneva l'antichissima chiesa di Caneto suburbana di Taggia ,
già dedicata alla natività di Maria santissima , ed oggigiorno
cimiterio della città. Risiedevano pur ivi i monaci , ufficiandola
giusta il proprio instituto . Innocenzo papa IV , sotto il giorno
12 di dicembre 1246 , risiedendo in Lione , assegnò la chiesa
di santa Maria di Caneto Tabiense al celebratissimo monastero
di Pedona , situato già alle falde del colle di Tenda , in vici
nanza di Cuneo , ossia ove ora è il borgo di s . Dalmazzo. Papa
Leone X , nel 1516 , la concesse a' Domenicani di Taggia ,
come vacante e abbandonata , e nel diploma di concessione ,
letto e copiato dal mio amicissimo , il canonico don Vincenzo
Lotti , si asserisce ecclesia olim monachorum ordinis sancti
Benedicti.
In Sanremo sussistea altra badia , dedicata pure al proto
martire santo Stefano ; ed Ottone vescovo di Albenga , nel
1142 , la donò unitamente a quella di Villaregia a' monaci di
(1) Mabillon , secoli Bened. ; tom. 4 , all'anno 1028.
297
santo Stefano di Genova , i quali continuarono a possedere
quella di Sanremo sino all'anno 1268. In questo tempo , pre
via la permissione di papa Alessandro IV , si fece una per.
muta tra Innocenzo Gualtero arcivescovo di Genova ed essi
monaci , rinunziando questi ad ogni diritto del loro priorato
K di s. Stefano di Sanremo in favore dell'arcivescovo , il quale
in contraccambio cedeva a' medesimi i suoi diritti sopra di san
Martino di Bisagno ( 1 ) .
La badia di san Michele in Ventimiglia merita siccome le
le altre una particolare menzione , sì perchè di una fondazione
grandissima, sì per essere stata largamente beneficata da' no .
bilissimi conti di quella città. I primi di essi , de' quali la sto
ria ci ha conservato il nome , sono due fratelli, Ottone e Con
rado ; ed ambidue donarono , l'anno 1041 , il monastero di
san Michele a' celebratissimi monaci lerinesi , che di quel
tempo erano retti dall'abate Aldeberto I. Concorsero a questa
donazione Adalasia loro madre e la contessa Armilina , la
quale credesi moglie di uno di essi.
Sebbene di tutte queste badie per le vicende de' tempi siensi
smarrite in gran parte le particolari memorie , a segno che di
alcune ritiensi appena il nome , di altre abbiansi notizie trop
po incerte e confuse , e di molte non veggansi oggidì che le
rovine, tuttavia la gratitudine ci obbliga sempre a riconoscere
che da quelle religiose colonie ne derivò a ' popoli liguri, sic
come in ogni altro paese per beneficio de' monastici instituti ,
la civilizzazione de' costumi, la coltura delle più orride e de
serte boscaglie , il perpetuo insegnamento delle lettere e della
religione.
Dagli ordini regolari e monastici che osservano una
stretta clausura , e con voti solenni professano una regola dai
sommi pontefici approvata , noi or qui faremo passaggio alle
* (1) Ughelli , tom . IV Bolland. Acta SS. ad diem 14 maii. Gioffredo M. S. all'an .
1140.
298
semplici congregazioni , o religiosi stabilimenti , il cui scopo ,
oltre alla propria santificazione, è rivolto o al soccorso de' po
veri, o al servizio degli infermi, o all'educazione della gio
ventù , e specialmente delle fanciulle esposte a' maggiori peri
coli. Di questi pii e religiosi fondatori molti in ogni tempo ne
hanno dato alla chiesa e alla società Genova e la Liguria.
LX. ETTORE VERNAZZA
FONDATORE DEL CONSERVATORIO DI SAN GIUSEPPE.
Il conservatorio di san Giuseppe in Genova , instituito per
l'onesto e religioso collocamento delle fanciulle orfane e po
vere , ma di civile condizione , ed addetto anche oggidì alla
distribuzione delle limosine in danaro , in vestimenta ed in
medicinali a' poveri sani ed infermi della città , ebbe a suo fon
datore un tal gentiluomo , il cui nome supera ogni elogio e
sarà in perpetua benedizione , Ettore Vernazza . Egli nacque
circa il 1450 , ed ebbe ad unica sua figliuola Tommasina , che
fu religiosa col nome di suor Batista nel monistero delle Gra
zie , della quale altrove abbiamo scritto. Amico e figliuolo spi
rituale di santa Caterina , la coadiuvò egregiamente in tutte le
santissime sue opere , e dopo la morte sua ne scrisse la vita
unitamente al Marabotto . Caldo di amore verso i pove
relli , operò cose tanto segnalate , che a gran pena trovereb
bero credito , ove non fossero confermate con indubitati mo
numenti. Possedeva un ricchissimo patrimonio , e non ne fece
mai altr’ uso che di soccorrere alle persone indigenti di ogni
specie , parco d'altronde e severo con se medesimo . Diede
principio ed incremento allo spedale degl' incurabili , al lazza
retto della foce in Bisagno, al ritiro delle penitenti in Prè, alla
venerabile compagnia della misericordia che assiste i condan
nati all'ultimo supplizio , oltre a quello delle povere e abban
donate zitelle in s . Giuseppe. Lasciò molti luoghi in s . Giorgio
299
per dotare le figliuole de'notai , per insegnare i primi elementi
a ' fanciulli, per dettare filosofia e teologia ne' conventi di san
Domenico e di san Francesco . All'albergo de' poveri fu pur
liberale , come dimostra la inscrizione posta sotto la statua di
lui ; e non contento a' benefizi versati in grembo alla sua pa
tria , andò a Roma, ove coll'aiuto di casa Sauli e l'assistenza
del protonotario Carafa , che fu Paolo IV , fondò uno spedale
per gl' incurabili , ed un pio ritiro alle femmine perdute. Da
Roma portatosi a Napoli , altre simili fondazioni instituì , da
per tutto santo operaio istancabile e benefattore generoso ,
sprezzatore di se stesso e della propria gloria. Ritornando a
Genova , consumò la sua vita , l' anno 1524 , in assistere agli
appestati del lazzaretto , vittima di quella carità ardentissima ,
che lo aveva sempre infiammato e di cui solo in cielo sperava
la ricompensa .
LXI. IL RITIRO DELLE DONNE PENITENTI.
Il conservatorio , o asilo delle donne penitenti, destinato a
raccogliere quelle femmine, sieno zitelle o maritate , che da
tesi primamente a mala vita , quindi deliberano di mutarla ,
deve il suo cominciamento nella metà del secolo XVI alla
pietà di alcune divote matrone genovesi . Dotate di giudizioso
accorgimento, videro che il ricondurre sul retto sentiero le per
sone traviate era impresa non meno pregevole che il tenerle
sempre immuni dall’inciampo ; che molti chiostri eransi for
mati nella città a preservare da' pericoli la innocenza , e nep
pur uno aperto a riparare l'onestà perduta. Questo male senza
rimedio toccò vivamente il loro cuore , e vi applicarono tosto
la loro industria e le loro sostanze. La magnifica Mariola , così
detta secondo l'uso di quel secolo , moglie del magnifico Gio
vanni Batista di Negro , divenne la principale motrice dell'o
pera , ed unissi poscia ad essa donna Maria Sauli , ambedue
/
300
della primaria nobiltà . Tale fu il loro zelo , e tanta la soavità
delle loro maniere , che molte donne, le quali da principio giu
dicavansi incorreggibili, disingannate dall'errore e dal liberti
naggio , si ricoverarono nel pio ospizio componendosi ad una
vita veramente cristiana e penitente. Un generoso benefattore
ritrovarono , Ettore Vernazza , che caldamente con l'opera e
col consiglio le dirigeva in ogni passo . Ricorsero quindi le
piissime matrone al doge e al senato , per ottenere all'eretta
società una permanente sanzione, e conseguirono l'intento
col favorevole decreto che ne emanò , l'anno 1551 , nel giorno
venti di febbraio . Giudicando però saviamente il senato che
un'opera di questa natura , se regolata fosse unicamente da
donne , poteva andar soggetta a strane. vicende , ordinò che
fossero eletti alcuni ragguardevoli protettori, i quali avessero
la direzione della casa e l'amministrazione de' beni ad essa ,
appartenenti. Questi protettori furono indi assegnati in nume
ro di dodici , e tutti delle nobili famiglie della città. Di questi
dodici gentiluomini nominati nelle antiche forme essendo su
perstiti, nel 1828 , i marchesi Lorenzo Centurione , Giovanni
Stefano Spinola , e Benedetto De-Franchi , animati dallo spi
rito della prima instituzione , ricorsero al re Carlo Felice ,
affinchè di sovrana sua autorità nominar volesse il defi
ciente numero , e l'antico regolamento fosse in qualche
parte riformato. Si ottenne la grazia sovrana nell'anno indi
cato , sotto il giorno ventiquattro settembre ; ed in questo mo
do è da sperarsi che anche per le future generazioni, giacchè
la corruzione del sesso debole non manca , sussisterà lodevol
mente un'opera , la quale per una lunga serie di anni ha tanto
contribuito al miglioramento de' costumi , al bene della società
e della religione.
301
LXII. CONSERVATORIO DELLE INTERIANE.
Il ritiro delle Interiane, ossia delle povere orfanelle. Que
sto sol nome indica senza che mi dilunghi in molte parole ,
quale ne sia il fine, l'oggetto ed il vantaggio grandissimo. Paolo
Batista Interiano con istromento rogato dal notaro Ambrogio
Rapallo , il giorno ventotto di giugno , l' anno 1609 , fu della
pia opera il primo fondatore e benefattore . Sussiste tuttora
questa benefica sua instituzione , amministrata da egregi pa
trizi , e diretta con saggi regolamenti. Il re Carlo Felice vi ap
pose la suprema sua sanzione , il giorno venti di giugno dell '
anno 1823.
LXIII. VIRGINIA CENTURIONE BRACELLI FONDATRICE
DELLE BRIGNOLINE.
Il conservatorio delle Brignoline , ossia delle figlie di nostra
Signora del Rifugio in monte Calvario , ebbe cominciamento
nel 1630 , in occasione di una grandissima calamità . Molte fa
miglie , specialmente dalle parti di Savona e di Cornigliano ,
non sapendo più come sostentarsi , lasciavano andar raminghe
ed abbandonate nelle strade a chiedere limosina le proprie figli
uole già grandicelle ed altre già nubili , con quel gravissimo
pericolo , che può ognuno immaginarsi. Accorse alla loro in
digenza e più ancora al loro rischio una piissima e nobilissima
donna , il cui nome presso i Genovesi ed i Liguri si conserverà
in perpetua benedizione. Chiamavasi costei Virginia Bracelli ,
nata in Genova , nel 1587 , da Giorgio Centurione che fu doge
della repubblica e per le sue virtù detto padre della patria ,
da Lelia Spinola. Data in matrimonio a Gaspare Grimaldi Bra
celli, uomo intemperante , fu trattata alla peggio ; ed imparò
così dalla sperienza propria ad essere compassionevole agl' in
302
felici:
1 : non ignara mali miseris sucurrere disco. Rimasta ve
dova nel fiore dell'età , abbandonando tutte le speranze di un
secondo maritaggio , si applicò a tutti gli esercizi della carità
cristiana , ed allora si conobbero le esimie virtù che aveva ac
quistato nell'educazione, e praticate eroicamente nello stato
coniugale. Imperocchè sciolta da ogni vincolo , non sapeva oc
cuparsi d'altro che di cercare , provvedere e consolare le per
sone afflitte e miserabili . Speciale sua sollecitudine fu di rac
cogliere in casa propria tutte le fanciulle derelitte e pericolanti,
come una madre amorevolissima raccoglierebbe nel seno le
figlie proprie. A tale effetto Virginia usciva di casa nel giorno
e nella notte per andarne in cerca ; ed in tanto numero ne ri
coverò che , non bastando il suo casamento a contenerle , prese
in affitto il convento detto del monte Calvario , situato in Bre
gara. Sotto il magistero e gli esempi di donna Virginia , si
educarono trecento di queste zitelle con tale senno e pietà ,
che molte di esse deliberarono di rinunziare al secolo e dedi
carsi intieramente a Dio nello stato celibe. Con questo fine ,
tagliate le chiome vestirono l'abito di terziarie di san France
sco . Veneravano tutte la vedova Bracelli , come loro madre ;
imparavano da lei e norma di vivere , ed abilità di ogni lavoro
con tale profitto , che poterono poi sollevarla nell'enorme in
carico e coadiuvarla moltissimo nell'educazione delle altre
fanciulle , che venivansi di giorno in giorno ricoverando . All'
incremento di questa santa opera contribuirono grandemente
i nobilissimi , Giovanni Francesco Lomellino , Giacomo Filippo
Durazzo e Giovanni Francesco Granello , 'autorizzati, sulle
instanze di donna Virginia , con decreto del senato ad ammi
nistrare i beni e le limosine dell'instituto. Acquistarono eglino
una nuova casa in Carignano , assai più vasta ed opportuna
per li diversi lavori propri del conservatorio ; ed in questa ma
niera dilatandosi la carità dei benefattori, lo stabilimento pren
deya nuova forma , più soda ed utile amplificazione.
Così di fatto avverossi nell'anno 1644 , allorachè i protettori
303
dell'ospedale di Pammatone entrarono in pensiero di richie
dere un qualche numero delle suore di Bregara per destinarle
al servizio degl' infermi. Osservata la diligenza , la pulitezza ,
il buon ordine con cui i malati erano da queste virtuose suore
assistiti , vollero i protettori assegnare alla loro cura tutta la
lingeria , le provvigioni della cucina, l'assistenza alle visite
de' medici , le note de medicinali , ed in tutte queste incum
benze riuscirono maravigliosamente. Con pari zelo adempi
rono un altro ufficio , che venne loro ingiunto dal magistrato
della misericordia. Questo antico magistrato , sempre compo
sto di personaggi per nobiltà e sapienza ragguardevoli, alimen
tava nel lazzaretto un grandissimo numero di mendicanti e di
persone vagabonde , e sicuramente tanta moltitudine di gente
incolta e per lo più viziosa aveva bisogno di freno e d'instru
zione. Affidato questo difficile incarico alle discepole della Bra
celli , entrarono nel lazzaretto ; e quì, usando di una vigilanza
giudiziosa e di una sofferenza eroica , separarono affatto la
comunicazione de' due sessi , instruirono l'ignoranza e corres
sero il costume . Restituito poi il lazzaretto al magistrato della
sanità , gli uomini sì giovani che vecchi furono raccolti in un
ospizio alle Rochette , le fanciulle e le donne nel ritiro della
.
Bracelli , sino a che furono traslate nella nuova fabbrica dell'
Albergo . E quì le suore ebbero sempre l'interno governo del
quartiere delle donne.
Un nuovo eroismo mostrarono elleno negli anni che la peste
desolò Genova e la Liguria . Essendosi eretti in diverse parti
molti lazzaretti per ricoverare gli appestati , senza ritrosia si
prestarono all'assistenza spirituale e temporale de' medesimi ,
e moltissime in questo ufficio vi lasciarono la vita , ben in
strutte che non vi è carità maggiore di quella che si usa ai
prossimi col sagrifizio della propria persona . La fama di tanta
loro virtù si diffuse prestamente fuori della Liguria , a segno
che le più cospicue città d'Italia addimandarono una colonia
di queste terziarie , per fondare simili conservatorii sì nella di
304
rezione degli ospizi de'poveri che nel servizio degl' in
fermia Furono richieste in Milano , nel 1658 , in Roma da
Innocenzo XII , ma per dover restar così lontane dalla so
praintendenza e non subordinate alla deputazione dei protet
tori , fu stimato bene di non mandarle . Furono però con
cesse , nel 1690 , alla direzione dell'ospedale di nostra Signora
della Misericordia in Savona , ov’ erano state caldamente ri
chieste , ed alcune poche furono pure inviate , nel 1695 , a di
rigere la casa delle donne penitenti.
Virginia Centurione Bracelli era passata a miglior vita , nel
1651 , modello di tutte le virtù , matrona perpetuamente com
mendevole per le singolari doti dell'animo e del cuore , fon
datrice benemerita di un conservatorio decoroso alla patria ,
utilissimo alla società e alla religione. Anche altri pii stabili
menti ebbero da essa sussidio , sostegno ed incremento , per
chè la sua carità era inesausta. Le sue discepole acquistarono
il nome di Brignoline , perchè sin dalla loro fondazione , la
patrizia gente de' Brignole mostrossi sempre di esse beneme
ritissima per ampia e continuata munificenza.
LXIV. FILIPPINE E MEDEE.
Il conservatorio , o società che debba dirsi delle Filippine ,
riconosce a suo fondatore il padre Antonio Maria Salata della
congregazione dell'oratorio di Genova , uomo di gran pietà e
prudenza , destro ad ogni impresa per la gloria di Dio , passato
a miglior vita il dodici di marzo 1712. Nel 1707 instituì una
congregazione di zitelle sotto il titolo di nostra' Signora della
Misericordia : vestono un abito nero di lana , e cuopronsi il
capo di una specie di cuffia bianca , e di un bianco fazzoletto
il collo , come comunemente usavasi all'epoca della loro in
stituzione. Non hanno nè chiesa , nè convento , abitando in una
casa vicina al Portello ove tengono una cappella privata.
305
Escono e vanno alla chiesa parrocchiale ad assistere ne'giorni
festivi a' divini uffizii , seco conducendo una moltitudine di
picciole fanciulle ( e ciò forma l'oggetto del loro instituto ) ,
che instruiscono ne' doveri della religione , e ne' primi lavori
della loro età e condizione.
Somigliante alla società delle Filippine è quella delle Medee,
utilissime alla civile e cristiana educazione , così volgarmente
dette da Medea Ghidina che ne fu la prima maestra e supe
riora. Ad essa non meno che al venerevole padre Bernardo ,
o Bernardino Zanoni della compagnia di Gesù , chiaro per in
gegno , sacra dottrina e religiose virtù , deve attribuirsi la fon
dazione di questo piissimo stabilimento , nell'anno 1594 sotto
la protezione di san Giovanni Batista.
LXV . L'ABATE PAOLO GIROLAMO FRANSONI,
FONDATORE DELLA CONGREGAZIONE DEGLI OPERAI
EVANGELICI E DELLE MADRI PIE.
Paolo Girolamo Francesco Fransoni , nato in Genova al tre
dicembre del 1708 , da Domenico Fransoni e Maria Madda
lena Di- Negro , nobilissimi patrizi , fece in Modena i primi
suoi studii nel collegio de' nobili , e come figlio primogenito
e come colui al quale , essendo morto già il padre , spettava
di sostenere il lustro della famiglia , si dedicò , ritornato in
patria , allo studio delle leggi , onde potersi occupar degna
mente nel maneggio de’ domestici e de' pubblici affari. E già
la patria in lui aspettavasi un ottimo custode de' suoi diritti ,
un severo propugnatore della giustizia e della civile concordia ;
e così appunto promettevano i suoi studii e più ancora l'egre
gie sue virtù , quando ad un tratto invogliossi di essere aggre
gato alla congregazione de’missionari fondata da san Vincenzo
de' Paoli. In vano si oppose al suo desiderio la madre ed il
20
306
materno suo zio , cavaliere Di -Negro. Insieme con Girolamo
Spinola suo concittadino intraprese il viaggio per Roma , ove
giunti presentaronsi ambidue al superiore della missione ; ma
lo Spinola fu accettato ed il Fransoni no , perchè la madre az
veva colà già scritto in contrario . Distratto dall' intrapresa ,
ma non distolto dalla vocazione al sacerdozio , assume gli or
dini sacri , e ne fa dar contezza alla madre, che tra le lagrime
e l'ambascia mostra il desiderio di averlo almeno con se.
Paolo Girolamo intanto convive fra i missionari , applicandosi
intieramente alla teologia dogmatica, alla morale ed alla sacra
eloquenza. Quale dicitore evangelico riuscisse, il seppero tosto
i villaggi di Bologna e di Ferrara , non che la intiera Ro
magna . Correva l'anno 1736 , quando il Fransoni , per con
solare la 'madre , fece ritorno alla patria . Quì ritirossi da
prima a Fassolo a convivere co' missionari ; ma perchè molti
lo visitavano , onde averlo arbitro nelle loro differenze , tornò
in città ad abitare con la madre , e diede adito nella sua libre
ria a tutti quei giovani, che mostravano inclinazione allo stato
ecclesiastico , soccorrendo così de' suoi consigli e dell'opera
i suoi cittadini.
Eletto a rettore dello Spedaletto , disimpegnò questo ufficio
più coll' esempio che col comando , aveva vigilanza somma
agl' infermi ed insieme a tutti gl' inservienti , consolando e
provvedendo i primi , animando i secondi , con tanto zelo che
appunto per l'esercizio del suo dovere ne contrasse una ma
lattia che l' obbligò a ritirarsi, Iddio lo chiamava particolar
mente alle opere di misericordia spirituale. Nel 1751 , avendo
scelti a compagni sei distinti sacerdoti della missione Urbana,
si dedicò nelle prime ore del giorno alla morale instruzione
degli artefici e di quelle classi di popolo , che , occupate in
tutto il giorno al lavoro , levano dal sonno quelle ore , che de
siderano destinare alla religiosa coltura. Nell' anno appresso ,
volendo accogliere maggior numero di persone , le radunò ia
due luoghi diversi , le distinse in più classi , delineò le regole
807
dell'instituto degli operai evangelici, e lo diresse alla santifica
zione del clero. Questo sì savio instituto , dopo essere stato ap
provato da'due arcivescovi, Saporiti e Lercari, fu solennemente
confermato , nel 1771 , con bolla di Clemente XIV e posto dap
poi sotto la sua protezione, e dippiù autorizzato dal governo della
repubblica . Nè a più lodevole scopo potevasi in fatti rivolgere
lo zelo di un vero sacerdote e de' reggitori dello stato . Ammi
rabile era per se stessa quella scuola d'ogni virtù , lodevoli e
ben eseguiti gli ordinamenti. Le varie adunanze , chiamate ae
cademie , altre avevano di mira l'educazione religiosa , altre
le cose letterarie . Le sacre rubriche , lo studio delle lingue
dotte , le scienze tutte sacre e profane , erano l'occupazione
del clero , che vi si dedicava diviso in tre classi , una per gli
ordinandi , l' altra per gli ascritti alla congregazione , e l'ul
tima per li soli sacerdoti. Aveva Paolo Girolamo provveduto
ogni cosa necessaria all' altissimo scopo , e fatta perciò pub
blica ad universale profitto la privata sua libreria . Era questa
una ricca e preziosa collezione di libri di ogni letteratura , a
vendone egli fatto venire dalla Francia , dall? Inghilterra , dall'
Olanda e dalla Germania le più pregiate edizioni. Le accade
mie pel popolo poi , ove s'imparavano con la dottrina cri
stiana i primi doveri dell' uomo verso la famiglia e la società ,
altre erano per gli artigiani, altre per li birri, altre per li fan
ciulli , ed altre per le persone bisognose e mendicanti, e que
ste ricevevano da lui l'elemosina , ora in danaro ed ora in ve
stimenta , pagando cgli sempre le spese per li vari locali in
cui radunavansi gli ecclesiastici ed i secolari.
Queste cose grandiose ed altre moltissime operava l'abate
Fransoni , mosso unicamente dallo zelo della gloria di Dio e
della salute de' suoi prossimi, non mai tanto contento di averle
operate che quando poteva nascondere se stesso e darne la
stima e la lode agli altri. Così fece verso il piissimo sacerdote
Lorenzo Garaventa , il quale s' immaginò di fondare und
scuola di carità per li poveri fanciulli; ma privo di mezzi non
308
poteva eseguire il suo disegno : Paolo Girolamo somministra
largamente le sue sostanze , e poi si separa , lasciando al Ga
raventa gli applausi della buona opera instituita , ed a se
stesso il segreto piacere di avervi contribuito senza la lode de
gli uomini . Fu promotore della congregazione di nostra Si
gnora Addolorata , eretta nello spedale di Pammatone alla spi
rituale educazione de' giovani studenti di medicina e di chi
rurgia ; direttore della venerabile Batista Solimani institutrice
delle Romite , eletto più volte a presidente della missione Ur
bana ; , e tutti questi ed altri uffici divennero nel Fransoni sor
gente d'infinite spese e di lunghi e generosi travagli. Il perchè
appunto , logoro da tante fatiche indefesse , ammalò final
mente nel febbraio del 1778. Durò la malattia dal quattordici
di questo mese sino al ventisei di giugno. Più volte si ebbe la
speranza di poterlo salvare , ma fu delusa, di modo che , per
duto finalmente ogni spirito di vita , morì con la fiducia dell'
uomo giusto , circondato da' suoi operai evangelici , a ' quali
ancora spirante raccomandava l' unione e la virtù tra loro , la
sua congregazione e tutte le opere di lei.
La morte di Paolo Girolamo (1 ) fu un pubblico lutto , ed
ogni classe di cittadini ne pianse amaramente la perdita , co
me di un sacerdote veramente apostolico e di un comune be
nefattore. Celebrate con divota pompa le esequie nella chiesa
di nostra Signora del Rimedio , il suo corpo fu trasportato in
quella di santa Maria di Castello , accompagnandolo religiosa
mente i suoi poveri ed i suoi sacerdoti. Fu egli primogenito di
sua famiglia : un di lui fratello minore per nome. Andrea morì
giovinetto : di quattro sorelle che aveva , la prima e la se
(1) Non bisogna confondere l'abate Paolo Girolamo Fransoni, di cui abbiamo
scritte le notizie , con altro egregio abate dell'istesso cognome , e quasi dello
stesso nome , l'abate Girolamo Fransoni , che col suo testamento del 3 ottobre
1727 lasciò alla missione urbana la sua libreria. Nel 1811 arricchita questa via
breria con quelle delle soppresse corporazioni religiose divenne proprietà del
comune.
309
conda si consacrarono a Dio nel monastero di santa Brigida ,
la quarta in quello di san Silvestro , la terza si unì in matri
2! monio col patrizio Giovanni Francesco Spinola. Vestà egli sem
+ : pre secondo i canoni , di lana e non di seta ; tutto in sua casa
; spirava moderazione ed una onesta decenza ; tanto éra mode
sto , che neppure il suo domestico lo vide mai a spogliarsi.
Tra le molte virtù che l' ornarono , fu grandissima quella di
beneficare i suoi avversari. Offeso nel più vivo del cuore da al
cuni missionari , perdonò loro con generosità senza esempio ;
offeso da' preti compagni del Garaventa , continuò ad essi le
solite sovvenzioni ; mandato in esilio dal senato della repub
blica per aver deciso in un senso ad esso contrario una que
stione politico- religiosa , non cessò mai , ne' quattro anniche
+ fu astretto a dimorare in Milano , di proteggere efficacemente
le pie instituzioni da lui fondate in patria , tutte poi le rico
nobbe e le dotò con molti generosi legati nel suo finale testa
mento .
Una di queste instituzioni è la congregazione delle madri
pie , stabilità in san Pier - d'Arena , sotto il titolo di nostra Si
.1 gnora Sede della Sapienza : Non ho finora detto nulla di que
sto stabilimento , per non rompere la serie delle cose narrate
bat e riserbarmene qui un distinto ragguaglio . Maria Nicoletta
Gatti , nata in Novi di Lombardia da onesti e civili genitori ,
1 sin dalla prima sua giovinezza inclinata all' instruzione ed alle
opere di cristiana carità , cominciò ad esercitare l' uffizio di
maestra alle picciole fanciulle ; ed indi, abbandonando la casa
paterna, si dedicò a quello di servire agli ammalati nell'ospe
dale di Novi ; nel quale esercizio continuò per lo spazio di otto
anni con singolare edificazione di tutti. In appresso , segui
tando le disposizioni della divina Provvidenza , allontanandosi
dalla patria , andò a Sestri di ponente , ove , coll'aiuto di al
1 tre pie zitelle , aprì una gratuita scuola , in cui le ragazze am
maestrava ne' lavori propri del loro sesso , ne' doveri della re
ligione e negli uffici della civiltà cristiana : nel qual impiego
1
310
perseverò per anni venti. Viveva in questo tempo in san Pier
d ' Arena un certo Domenico D'Erchi , industre fabbricatore di
molini , uomo di qualche fortuna e di molta virtù : consape
vole costui del gran bene che operavasi nell'educazione delle
fanciulle da Nicoletta Gatti e dalle sue coadiutrici , vivamente
si adoperò per ottenere nella patria sua un'altra simile fonda
zione. Le replicate sue istanze ebbero buon effetto ; imperoc
chè Nicoletta Gatti vedendo che la scuola di Sestri era suffi
cientemente stabilita e provveduta , s' indusse a venire a san
Pier-d'Arena , conducendo seco Anna Colomba Merlani ed An
tonia Francesca Serra , pur esse native di Novi e sue coope .
ratrici da qualche tempo nella pubblica instruzione. Qui giunte
le tre pie maestre , nel 1751 , andavansi sostentando sotto la
sola cura del piissimo Domenico D'Erchi, il quale porgeva
loro ogni assistenza , procurava il lavoro delle mani , ed il
concorso alla nuova scuola , giustamente perciò riconosciuto
pel primo e singolare benefattore del nascente instituto . AC
cadde frattanto che vennero in san Pier - d' Arena i missionari
di san Vincenzo de' Paoli , e con essi l'abate Paolo Gerolamo
Fransoni: qui egli ebbe tutta l'opportunità di accertarsi per
se stesso del gran bene che operavano le pie maestre , e que
sto bastò per determinarsi a prestare ad esse ogni più ampio
soccorso ed il più fermo sostegno.
Il primo savissimo suggerimento che loro propose fu di met
tere in comune quanto avevano di proprio , e quanto fino a
quel punto avevano raccolto da' pii benefattori : ubbidienti a
questo consiglio , si sottomettevano di più con animo generoso
e della propria volontà spogliate a quelli altri regolamenti che
di mano in mano andava loro proponendo. A di lui insinua
zione aggregarono al loro ceto altre civili zitelle , in qualità
di maestre , aumentavansi pure le educande di convitto , così
ehe , terminando l'anno 1752 , formavano già una numerosa
comunità. Si gettarono così dal Fransoni le fondamenta di una
congregazione di zitelle , le quali vivendo in perfettissima co
311
munità ed osservanza , si dedicavano alla civile e cristiana edu
cazione delle fanciulle di ogni condizione , con tanta carità che
meritamente acquistarono poi il titolo di mądri pie . In tre
classi è divisa la scuola di educazione : le une si ammettono
nell'interno della casa e convivono di continuo nella religiosa
famiglia , e queste essendo o di nobile o di civile condizione ,
ricevono la più colta instruzione : altre poi in maggior numero
essendo in casa de' propri parenti , frequentano la scuola éster
na , e finito il quotidiano insegnamento , ritornano in famiglia
propria. Altre finalmente si coltivano solamente ne' giorni fe
stivi , con saggio intendimento di togliere le povere fanciulle
ne' giorni santi dall’ozio e da' frequenti pericoli a cui sono e
sposte , di assuefarle alle funzioni della chiesa con religiosa
compostezza , ad udire la parola di Dio ,'e alla frequenza dei
sacramenti. Così cominciossi a praticare al principio della pia
instituzione , e con egual fervore così va seguitandosi anche
oggidì , con ottimo successo della pubblica e della privata ,
della civile e della religiosa morigeratezza ; contentissimi sem
pre i genitori e non meno contente le loro figliuole , tanto
quelle delle famiglie nobili o doviziose , quanto quelle di bassa
estrazione. Le industri e graziosissime maniere che usano le
madri pie , in adattarsi a tutti i naturali , in saper ad un tempo
correggere e tollerare le mancanze , in animare alla virtù con
dolcezza , in destare in tutte un virtuoso impegno del lavoro ,
senza suscitare gelosia , senza far sentire noia nelle cose di di
vozione , non il peso della fatica , ciò forma la gloria dell' in
stituto , e la giustissima lode del fondatore.
- Devotissimo siccome egli era l'abate Fransoni di san Fran
cesco di Sales , e bene investito delle sante di lui massime ,
volle che tutti i regolamenti della nascente congregazione
( tranne alcuni pochi ) , tutti gli esercizi , la mensa , il vestito
andassero della possibile conformità alle regole , che il santo
vescovo di Ginevra aveva insegnato alle sue monache della vi
sitazione. Per qualche tempo fu egli il padre e direttore spi
312
rituale ; e indi assegnò a questo ufficio don Luigi Emanuele
Ottaggio , sacerdote egualmente pio , dotto e discreto. Pel tem
porale procurò a protettore il marchese Marcello Durazzo suo
cugino , che ne assunse tutta la sollecitudine , ed infine il ge
neroso fondatore fece donazione irrevocabile di un sufficiente
fondo di capitali e di rendite , a cui morendo altri molti beni
aggiunse , onde la congregazione potesse decorosamente soste
nersi , e la pubblica instruzione fosse perpetuamente gratuita.
Mancava alla perfezione dell'instituto l'approvazione delle
regole ; e questa pur ottenne l'abate Fransoni , da prima con
ampiodecreto di monsignor Saporiti arcivescovo di Genova ,
sotto il giorno ventisei di novembre 1764 , indi con simil re
scritto dal suo successore monsignor Lercari , in data del cin
que di aprile 1768. E finalmente, assunto alla dignità di doge
della repubblica il prelodato marchese Marcello Durazzo , ot
tenne anche l'approvazione civile , con decreto del ventidue
di giugno 1767. In questo graziosissimo decreto il senato se
renissimo non solo approvava con lode l'instituto , ma di molte
grazie e particolari privilegi lo arricchiva.
La prima madre e fondatrice dell'opera , Nicoletta Gatti ,
passò agli eterni riposi , il giorno ventiquattro febbraio 1771 :
la prima sua compagna e confondatrice , Antonia Francesca
Serra , il diciotto giugno , 1790 , e la terza , Anna Colomba
Merlani , il ventiquattro marzo , 1812, tutte e tre in soave o
dore di perfettissima virtù . 3
Non sarà qui cosa superflua l'accennare la fondazione di
altra casa di madri pie nel luogo di Ovada , diocesi di Acqui.
Fu questa eseguita dal marchese Giacomo Spinola patrizio ge
novese , in forza di disposizione testamentaria della fu mar
chesa Giulia Fieschi Spinola di lui cugina . Negli ultimi giorni
di agosto del 1826 , tre madri pie di san Pier -d'Arena , Anna
Costanza Cerruti, Maria Boccardo e Maria Bosco con una so
rella faccendiera , accompagnate dalla superiora di san Pier
d'Arena e dall'anziana , ossia la madre Maria Cattarina Chiap
313
pe , e la madre Teresa Bensi , e dal direttore della loro con
gregazione, il sacerdote don Giacomo Bobone ( mio particolare
amico a cui devo queste notizie ) si portarono in Ovada per
l'apertura di quella scuola e convitto . Colà stabilita e ben ora
dinata la nuova colonia , osservano gli stessi regolamenti che
sono in vigore nella casa primitiva , non astrette ad alcun voto ,
ma unite di soli propositi di ubbidienza , di castità e povertà ,
in vita perfettamente comune , collegate dal vincolo di mutua
carità , intente alla propria santificazione , ed assidue all' offi
cio dell'altrui ammaestramento .
LXVI. IL CONSERVATORIO DELLE FIESCHINE.
Il fondatore di quest' utilissimo stabilimento fu Domenico
Fieschi , di quella nobilissima ed antichissima prosapia , che
sarà di perpetua gloria alla chiesa e alla patria. Lo scopo,
a cui mirava l'institutore fu di raccogliere le fanciulle di
strada , povere , derelitte , e però in pericolo di abbando
narsi a mali fatti. Di presente si è alquanto scostato da tale
proposito ; tuttavia l'intendimento primario sussiste anche al
giorno d'oggi , favorito ed ampliato in utilità massima delle
famiglie. I moltiplici lavori delle zitelle Fieschine sono appreze
zati sommamente da' nazionali e dagli stranieri , per l'ele
ganza non meno che pel merito intrinseco . A perpetua ricor
danza dell'institutore , che fondò un'opera sì benemerita ,
l'anno 1762 , leggesi scolpita la seguente inscrizione :
314
Dominico Flisco
haereditate ex asse relicta
his aedibus extruendis
puellabusque ope destitutis
excipiendis alendis
instituendis
Joanna Pinella uxor
et Philippus Fliscus
Patroni
P.P.
anno MDCCLXXI.
Oltre all'inscrizione era locata sulla porta dello stabilimento
la statua dell'insigne benefattore. Un'orda di popolaccio , nei
primi furori del 1797 , la gettò a terra . Mentre veniva strasci
náta e insultata in maniera infame , un contadino incontrato
visi a caso , voltossi a que' forsennati furibondi : e con un ri
dere sdegnoso : bravi, disse loro , bravi ! voi operate savia
mente : che fu egli davvero un grande scellerato , dappoiché
in vece di lasciare a'suoi parenti, a' poveri lasciò costui
ogni cosa sua .
LXVII. CONGREGAZIONI DE' MISSIONARI 'URBANI
Ę DE FORENSI.
Quantunque non si sappia l' anno preciso , in cui venne fon
data la congregazione de' missionari urbani di Genova , sotto
la protezione di san Carlo Borromeo , volendo gli uni che sia
del 1615 , ed altri del 1623 , il più certo però si è , che sia
stato nel 1643 , governando la chiesa di Genova l' eminentis
simo cardinale Stefano Durazzo , sotto la cui direzione si uni
rono insieme diversi sacerdoti del clero secolare , e formarono
nella chiesa de' santi Cosma e Damiano una pia società , a cui
1
315
diedero il nome di missione urbana di san Carlo . L'oggetto
toro principale era di faticare con l' evangelica predicazione e
eon tutti gli esercizi del santo ministero , sotto l' immediata
direzione del proprio prelato , entro le mura della città , senza
però unirsi a vitto comune. In una parola sono preti secolari ,
ehe vivono o del beneficio ecclesiastico , o del proprio patri
monio , senza altro legame che quello della carità e dello zelo
apostolico , per occuparsi santamente al profitto delle anime.
Un fervido impulso ebbero certamente questi sacerdoti dalla
pietà dello zelantissimo pastore , e le prime loro regole egli
approvò , l'anno 1653 , nel giorno 22 di agosto , come ri
sulta da atto autentico in curia vescovile. Altre addizioni si fe .
cero posteriormente dalla congregazione , e le ultime sono
quelle che vennero sanzionate da monsignor arcivescovo e car
diņale Lorenzo Fieschi ,, nel 1724,
Dalla congregazione de' missionari urbani non è molto dif
ferente quella de' missionari forensi o rurali, così detti perchè
il campo delle apostoliche loro fatiche si estende fuori delle
mura della città , sì nella diocesi metropolitana che in altre
diocesi vescovili , ove sono chiamati ad evangelizzare. Av
venne la prima instituzione di questa società , nel 1713 , per
opera singolarmente di un egregio sacerdote genovese , Dome
nico Francesco Olivieri , a cui più altri in appresso si uniroño ,
dal medesimo spirito animati. Le regole che si formarono per
l'esercizio del santo ministero furono riconosciute saggie ed
utilissime, e perciò, sulla richiesta della congregazione, ven
nero approvate , nel 1742 , dall' immortale Benedetto XIV .
Dissero alcuni che le missioni de' rurali riescono troppo diva
gate dalle reiterate processioni ed inoltre di troppo breve du
rata , e , per usare le altrui parole , precipitate in luoghi di
molta frequenza ed in città assai popolate , come appunto av
venne in Sanremo circa l'anno 1820 , città di sette in otto mila
abitanti, ove la missione non si estese dopo molte istanze che
a diciotto giorni, ed in Ventimiglia sotto monsignor Lepreri ,
316
ove si conchiuse entro due settimane , mentre la gente comin
ciava a commuoversi. Veramente il b. Alfonso Maria de' Li
guori e san Vincenzo de' Paoli volevano che le missioni intra
prese dalle rispettive loro congregazioni in luoghi di molto
concorso si prolungassero anche trenta e più giorni , onde cosi
gli accorrenti potessero sufficientemente profittare e del pule
pito e del sagramento della penitenza. In quanto a me di que
ste osservazioni lascio ad altri il giudizio , e solamente mi li
mito a dire con ogni sicurezza, che si i missionari urbani, che
i forensi , sono certamente investiti di uno zelo il più puro e
disinteressato , operai evangelici di sommo merito , il fiore del
clero secolare di Genova , sì per la vasta loro dottrina , : che
per l' integerrima saviezza delle loro azioni e fatiche.
LXVIII. L'ABATE FRANCESCO MARIA IMPERIALE LERCARI
FONDATORE IN ROMA DI UNA CONGREGAZIONE
DI MISSIONARI,
Francesco Maria Imperiale- Lercari, nato in Genova , il 4 di
aprile 1692 , di una delle più nobili famiglie patrizie, ed uno
de marchesi consignori di Carosio , dopo di essersi applicato
nel collegio de'Gesuiti allo studio di belle, lettere e di filoso
fia , portossi a Roma, per instruirsi nella giurisprudenza civile
e canonica. Ottenuta con somma lode la laurea dottorale , ri
tornò in patria , ove , malgrado tutte le speranze che gli da
vano le luminose grandezze di sua casa , l'amor de parenti e
degli amici , e le vaste sue cognizioni, si risolvette di conse
crarsi intieramente a Dio nello stato di prete secolare. A Roma
recossi la seconda volta nel 1760 , col solo intendimento di
occuparsi indefessamente nella vigna del Signore e profondere
a benefizio de' poveri il ricchissimo suo patrimonio. Arrivato
nell' alma città , trovò subito il vastissimo campo che deside
rava , apostoliche fatiche , ed indigenti di ogni specie da soc ;
317
correre. Era in que' giorni celebre in Roma il nome del cano
nico Giovanni Batista De Rossi , di cui nel capitolo superiore
abbiamo ragionato , e ne contrasse calda amicizia , sì per essere
suo connazionale , sì ancora più perchè ravvisaya in lui un
perfetto esemplare di sacerdotali virtù . A somiglianza di lui
l'abate Imperiale ricercava la gente più negletta e rozza di
tutti i rioni, coltivandola con assidue cristiane instruzioni, e
sollevandola dalla miseria e dallo squallore. Altri sacerdoti si
associò in questi santi uffizi , segnatamente Genovesi , che non
di buona volontà mancavano , ma sol di una spinta efficace ,
e di mezzi temporali per sussistere. Fatta una sacra lega con
essi , e tutti infiammati da lui alla salute delle anime e alle
opere di misericordia , diedesi a faticare istancabilmente nelle
sacre missioni , correndo avidamente ove conosceva più bru
tale l'ignoranza e la corruttela più profonda , non in Roma
solamente , ma nelle campagne e nelle città dello stato pon
tificio e del napolitano .
Lo spirituale profitto che ricavava il servo di Dio da queste
evangeliche scorse lo determinò ad instituire una pia societa ,
a cui incumbesse, dopo la morte sua , di proseguire l'impresa ;
ed egli perciò ebbe la saviezza di formarla con ottimi regola
lamenti, provvederla di un grandioso casamento e dotarla di
rendite copiose. Voleva nella sua adunanza preti liberi da ogni
voto , a' quali per una parte non mancasse nulla del bisogne
vole e del decoroso , e per l'altra così distaccati da ogni om
bra d'interesse , che faticassero senza interruzione, mossi dalla
sola gloria di Dio e dalla salvezza de' prossimi. Perfetto ama.
tore della patria sua e de' suoi nazionali , voleva che nella sua
società fossero chiamati a preferenza i preti genovesi e liguri,
che a Roma con buona volontà s'incamminano , ed opportune
circostanze ricercano per esercitarsi con merito ne' doveri del
santo ministero. Logoro dalle fatiche e dagli anni , cessava di
vivere nell'attuale esercizio delle sacre missioni in Cività Ca.
stellana , il giorno diciotto di maggio , 1770 , con odore di un
318
santo sacerdote . E veramente non si saprebbe ben dire quale
virtù fosse maggiore nel prete Francesco M. Imperiale-Lercari,
se la sua umiltà per cui fuggiva dagli onori e dalle dignità eco
clesiastiche , alle quali lo voleva promuovere Clemente XHI ,
o il fervore delle sue apostoliche imprese che gli conciliarono
la comune venerazione , o la profusa sua carità per cui, a so
miglianza di san Paolino , di ricchissimo ed agiatissimo ch'e
gli era, moriva spogliato di tutti i suoi moltissimi beni in bene:
fizio de' bisognosi, di opere evangeliche, ed in vantaggio dei
suoi connazionali. Ordinava nel suo finale testamento che , se
fosse venuta a mancare coll' andar del tempo la diletta sua
congregazione , fossero sostituiti nella sua eredità il convitto
de’ signori della missione di Sarzana da lui fondato , i signori
missionari di Fassuolo in Genova , e le madri pie di sàn Pier
d' Arena.
>
319
CAPITOLO X.
LXIX . La prima Crociata de' Genovesi. LXX. Le ceneri
di san Giovanni Batista traslate a Genova . LXXỊ. La
sacra effigie del Redentore , ossia l'immagine Edessena ;
che si venera in Genova , nella chiesa di s. Bartolommeo
degli Armeni. 1
1
LXIX . LA PRIMA CROCIATA DE' GENOVESI.
Fra li molti e sì varii popoli , che sotto il vessillo della
Croce partirono dall'Europa sulla fine dell'undecimo secolo
a guerreggiare in Asia , per liberare da un giogo straniero la
Palestina e mettere un'argine all'inondante barbarie de' Tur
chi , la nazione Genovese certamente a preferenza di ogni al
tra fece splendere il proprio nome , segnalò il suo valore
grandissimi acquisti apportò alla patria sua ed insieme illustri
trionfi alla comune sacra impresa . Non essendo mio intendi
mento il tener dietro a' fatti parziali, che in quelle crociate la
fecero chiarissima , io dirò brevemente che a dispetto de' va :
lidissimi sforzi de' Turchi e della insidiosa politica dell'impe
ratore de'Greci , il vessillo della repubblica fu uno de' dician
nove che sventolarono sopra le torri di Nicea , posciachè di
ciannove nazioni appunto formavano l'accampamento im
menso , che stringeva la capitale della Natolia ( 1 ) . Più illustri
e rilevanti sono i servigi , che prestarono i Genovesi al campo
de'Crociati sotto Antiochia . Era questa città per arte e per na
tura fortissima , anzi aveva fama d'inespugnabile ; e tale forse
(1 ) Storia della Rep . di Genova di Carlo ' Varese t. 1 , l. i all'anno 1097-1099.
320
era ,
giacchè il tradimento di un rinegato , più che il valore
de' Crocesignati, la fece cadere dopo nove mesi di assedio .
Nello stringere il quale pativa moltissimo l'esercito cristiano ,
privo di provvigioni si da bocca che da guerra , quando arrie
varono le navi liguri cariche di abbondanti soccorsi dell’uno
e dell'altro genere. Rinforzati da ciò gli assedianti, seguitarono
a serrare più da vicino la città e tentarne l' espugnazione. En
trato Boemondo in Antiochia e riconosciuto sovrano , non di
menticò i servigi che gl'intrepidi ausiliari avevano nel maggior
uopo prestato , e loro conccdette privilegi e giurisdizioni nella
città stessa , la cui reddizione era loro in gran parte doyuta.
Assodato l'acquisto ed il governo di Antiochia , la flotta li
gure mosse verso Genova per riattarsi, e di nuove macchine e
di fresca gente rifornirsi. Egli è in questo ritorno che , appro
dando a Stamira o Mirrea di Licia nell' Asia minore , tolsero
le ceneri di san Giovanni Batista : del quale acquisto , non vo
lendo ora lasciare sospeso l' esito della Crociata , ci riserbiamo
di trattare nel seguente articolo alquanto diffusamente.
L'esercito cristiano moltissimo, aveva già sofferto sì, per la
carestìa di vettovaglie, sì per le epidemie , e sì ancora per le san
guinose battaglie , in modo tale che , di duecento mila che e
rano sbarcati a principio , rimanevano appena cinquanta mila
combattenti. Il male d ' ogni altro peggiore era la gelosia o
ambizione de' duci , e da quà suscitavanşi nei subalterni perico
losissime dissensioni. In questo stato di cose si tennero più
consigli di guerra , ma senza felice risuļtamento. Ma come
spuntò la primavera , e correva l'anno 1099 ', la maggior parte
de Crociati mostrarono tale impazienza , istigati particolar ,
mente dall' intrepido Tancredi , che fu comandata la mossa
fra il monte Libano ed il mare. Aggradita questa decisione ,
tutto va a seconda. Lo zelo de cristjani abitanti nell' oriente ,
la debole resistenza de' Saraceni abbreviano il cammino (1) .
(1) Il marchese G, Serra tom . 1 , lib. III , cap. III,
321
Si avvicinano a Gerusalemme , e non si tosto ne scorgono le
elevate torri , che una esultante allegrezza tutti ravviva e gli
infiamma , ad alta voce gridando : ecco Gerusalemme, ecco la
città santa ! Tenero spettacolo ! Girando d'ogni intorno l'avido
sguardo , vedevano chi l'uno , chi l' altro di quei santi luoghi,
ehi additava un monte , e chi la valle ; ed i più instrutti ne in
dicavano il nome . Tu gli avresti veduti ora sollevare le mani
al cielo , e più àncora gli occhi molli di lagrime, ora per ri
verenza prostrarsi al suolo e baciare il terreno , ed or percuo
tersi per contrizione il petto . E poi tutti di nuovo ardore ac
cesi impugnar le armi, strascinar le poche lor macchine e
correre all'assedio . Volgeva il giorno settimo di giugno , e le
cose furono ordinate così : Il duca di Fiandra e il duca di
Normandia si accampano col generoso Tancredi fra levante e
tramontana presso la valle di Giosafat , il duca Goffredo fra
tramontana e ponente , rimpetto alla torre angolare e al monte
Calvario , Raimondo conte di Tolosa fra ponente e mezzodì
dalla casa del cenacolo fino al monte di Sionne. Il quarto lato
rimase sguernito per difetto di gente. Al sesto giorno , dopo
aver invocato il Dio degli eserciti , diedero intrepidamente il
primo assalto , credendosi certa la vittoria . Ma in vece furono
battuti e respinti fino alle loro tende . All'ardire succede su
bito lo scoraggiamento , e alla prima allegrezza una profonda
costernazione , e ben con ragione. Non avevano che poche e
sdruscite macchine ossidionali, mancavano di robusti legnami,
e più ancora di esperti artiglieri per lavorarli , penuriavano
inoltre di viveri, nè più vi pioveva da lungo tempo ; il tor
rente Cedron offeriva qualche laghetto d'acqua fangosa , ed
appena le sorgenti del Siloe bastavano per gl'infermi: aggiungi
a tutto ciò che gli assediati erano molti , pienamente provve
duti , e caldissimi a combattere sino all'ultimo sangue.
In tali angustie sconfortati e languenti i crociati, or implo
ravano dal cielo presto soccorso , or da' poggi più elevati vol
gendo lo sguardo verso mare , indagavano se appariva sull'o
21
322
rizzonte qualche bastimento europeo. Si ricordavano che i Ve
neziani avevano promesso di far pronto ritorno , che i Pisani
avevano pur detto che non avrebbero ritardato , che i Genovesi
eransi mostrati egualmente premurosi di accorrere , con tutto
il bisognevole. Ma intanto i primi giunti in patria , facendo
consiglio , deliberarono di non navigare per quell'anno in Pa
lestina , per timore d'inimicarsi coll'imperatore di Costanti
nopoli che favoriva il loro commercio. I secondi più intrepidi
si avventurarono all' impresa , se non che malmenati dal mare
tempestoso e dal fuoco greco , dovettero pigliar porto in Rodi,
Ed i Genovesi ? Fedeli alla promessa , accorti a deludere le
preparate insidie degl'invidiosi Greci , vincitori delle tempeste
che più volte imperversarono , cariche , le galee di generosi
soccorsi, entrarono nel porto di Giaffa , detta anticamente
Joppe, distante ventiquattro miglia da Gerusalemme. Il loro
ingresso fu il secondo trionfo . Di questa celeberrima spedi
zione era capitano il consolo Guglielmo Embriaco. Non si
tosto era entrato in porto questo , acclamatissimo duce , che
vede venirsi addosso i nemici legni egiziani, potenti di forze e
freschi di gente. Aspettarne sulle ancore gli assalti era lo
stesso che rischjare l'estreme speranze della crociata , giacchè
quel porto mal poteva difendersiz salpare e correre incontro
non era più tempo . In queste strettezze Guglielmo raduna un
parlamento navale e decide di scendere presto a terra , sbar
care in fretta provvisioni ed armi, ed a marcia sforzata avviarsi
con la sua gente verso Gerusalemme, abbandonando all'ingordo
nemico , che vogando gli veniva addosso , le vuote galee. Ot
timo consiglio , degno della mente de' primi capitani dell'età
eroiche. Così di fatto incontanente eseguisce , e già inteso del
suo arrivo l'esercito cristiano , gli manda una guida di trenta
cavalli e cinquanta fanti ( miserabile scorta ! ). Erano dieci
giorni che gli assedianti della santa città non cuocevano pane ;
puoi quindi immaginarti di quale conforto loro riuscissero le
abbondanti vettovaglie da' Liguri apportate ; al quale soccorso
323
devi aggiungere le industri macchine , che fabbricarono per
aprirsi la breccia .
Il Tasso ne fece argomento de' suoi canti :
Guglielmo , il duce ligure , che pria
Signor del mar corseggiar solia .
! Ed ora al campo conducea de i legni
E le marittimé arme , e i marinari.
Ed era questi infra i più industri ingegni
Ne'maccanici ordigni uom senza pari:
E cento seco avea fabbri minori
Di ciò , ch'egli disegna , esecutori.
1 151110V line
2 Costui non solo incominciò a comporre **
afficho Catapulte , baliste , ed arieti youtube tobe
acariciadt Onde a le mura le difese torre ti si
} Naukur Possa , e sprezzar le sode alte pareti : 3
1 Ma fece opra' maggior , mirabil torre ,
i Ch’entro di pin tessuta era , e d'abeti :
1 E ne la cuoia avvolto ha quel di fuore
.)
Per ischermirsi dal lanciato ardore.
Si scommette la mole , e ricompone (0) iv
Con sottili giunture in un congiunta.sja
te E la trave , che testa ha di montone , bloke, nato
stoti Da l' ime parti sue cozzando spunta ,
1 Lancia dal mezzo un ponte : e spesso il poneh
Su l'opposta muraglia a prima giunta ;
1 E fuor da lei su per la cima n ' esce
1 Torre minor , ch ' in suso è spinta , e cresce .
324
Per le facili vie destra , e corrente
Sovra ben cento sue volubil rote ,
Gravida d'arme, e gravida di gente ,
Senza molta fatica ella gir pote.
Stanno le schiere rimirando intente
La prestezza de' fabbri , e l'arti ignote :
E due torri in quel punto son fatte
De la prima ad immagine ritratte ( 1 ) .
A ' carmi dell'immortale poeta .corrisponde pienamente la
storica narrazione di un francese scrittore di quella crociata ,
cioè di Guglielmo vescovo di Tiro, le cui parole io riporto per
non essere sospette , tradotte dal nostro annalista Giustiniani
con la più scrupolosa fedeltà . « I Genovesi arrivarono all'eser
“ cito , il quale si rallegrò assai , e fu molto consolato della
« loro venuta , perchè erano uomini ornati di prudenza e di
« buon consiglio, ed avevano ottimi maestri di architettura ed
“ erano speditissimi in fabbricare macchine lignee , di ma
« niera che le cose , che prima la venuta loro parevano diffici
« lissime e quasi impossibili , furono per opera loro facilmente
« compiute. Era superiore de' Genovesi Guglielmo Embriaco :
* durò l'oppugnazione d ' Jerusalem trentanove giorni, ed alli
« quattro' di luglio ( altri scrivono al, quindici , in giorno di
« venerdì, all'ora nona ) fu presa , l' anno 1099 ; e perchè le
« opere e la virtù de'Genovesi in questa presa furon tali,
« niuno si deve maravigliare che abbino ottenuto bellissimi
privilegii (2) . Este
E questi chiaramente si rilevano dalla carta di concessione
che fece Balduino I re di Gerusalemme, successore e fratello
del pio Gioffredo , espressa ne'seguenti termini A dì ventotto
« d'aprile , governante la chiesa gerosolimitana Daiberto pa:
(1 ) Canto XVIII , 41 é seg .
( 2) Giustiniani all' anno 1099 , 1105 e seg.
325
R triarca ( vēscovo di Pisa ) ; conciossiachè i Genovesi viril-'
& mente si portarono all'acquisto di Gerusalemme , di An
« tiochia , di Laodicea e di Tortosa ; Solino ( porto di Antio
si chia ) Gibelletto e Acarona da se occuparono , aggiunsero
« al regno Gerosolimitano Cesarea ed Assur ; per tutto e sem
« pre tale opera e braccio prestarono a Cristo Signore e alla
« cristiana repubblica, che niun popolo mai ne prestò l'eguale.
« A questa pertanto sì gloriosa e magnanima gente Balduino
« re invittissimo dà e conferma un quartiere in Gerusalemme,
a un altro in Giaffa , il terzo delle città di Cesarea , di Acca
« rona e di Assur, e liberamente concede la terra di Gibello.»
« Data nella santa città ; ratificata il dì settimo avanti le ca
« lende di giugno ( 1105 ) , »
In altra concessione del re Balduino , dell'anno 1109 , leggesi
« . Nè voi ( Genovesi ) , nè i Savonesi, nè quei diNoli , nè gli
« Albinganesi ... non pagherete diritti in alcuna terra ch' io
« ho , 0 son per avere . »
Diverse convenzioni si stipularono tra Balduino ed i Geno
vesi, le quali furono scritte sommariamente con lettere d'oro
1
in due esemplari , l' uno de' quali in Genova negli archivi del
comune, e l'altro nel tempio di Gerusalemme si conservava .
Vollero poi Balduino ed il patriarcà della santa " città che , a
perpetua ricordanza de'servigi prestati alla sacra impresa dalla
ligure nazione, fosse posta la seguente iscrizione su l'arco dell'
altare del santo Sepolcro , in caratteri d'oro :
Praepotens Genuensium Praesidium .
Perseverò questa scrittura molti anni appresso , insino al
tempo di Balduino terzo . Almerico poi, che nel regno di Ge
rusalemme fu suo successore , oltre che molte molestie arrecò
a'Genovesi , quasi invidioso della loro gloria , fece scancellare
la sopraddetta inscrizione. Delle quali ingiurie essendosi essi
lamentati alla sede apostolica , papa Alessandro III , ed Ur. 5
326
bano,eziandio III scrissero al re , al patriarca e di più al gran
maestro del Tempio lettere , nelle quali comandavano che ai
danni de' Liguri fosse soddisfatto , e la onorevole scrittura fosse
rifatta sull'arco del santo altare.
LXIX. LE CENERI DI SAN GIOVANNI BATISTA
TRASLATE A GENOVA.
Di tante grandissime imprese che i Genovesi ed i Liguri fe
cero in Oriente , non ritengono oggidì che la fama è la gloria
di averle operate con senno , con valore , e con lo zelo della
religione che gli animava. E Die volesse che de' moltissimi
acquisti loro non si fossero mai insuperbiti , col proprio e con
l' altrui danno. Però , perduti i temporali vantaggi, giacchè
nulla vi è di permanente in terra , si compiaeciono tuttora di
possedere alcuni monumenti di religione , che certamente agli
oechi de veri saggi sono più preziosi di tutte le gemme e di
ogni industre lavoro. Tali sono diverse sacre reliquie , e segna
tamente le ceneri del santissimo precursore Giovanni . E qui
prima d'ogni altra cosa è d'uopo risalire alla loro origine.
Reggendo l'impero di oriente Giuliano che, per avere pub .
blicamente disertato dalla cattolica religione , è conosciuto col
nome di apostata , l' idolatria che sotto gli ultimi suoi prede
cessori era stata repressa , ricominciò sotto l'ombra del so
vrano favore a sorgere furiosamente contra la chiesa cristiana.
Tanť oltre giunse la pagana ferocia che , non solo i fedeli vi
venti erano 'perseguitati con violenza e sedotti con astuzia , ma
dippiù tutti gli oggetti del sacro culto ed i sepolcri de santi
martiri profanavansi empiamente. E così appunto avvenne ,
l'anno 362 , delle venerevoli ossa del beatissimo Giovanni ,
precursore di Cristo , le quali con religiosissimo culto riposa
vano in Sebaste , ossia in Samaria . Aperto quell'onorato avello ,
fuori le cavarono gl' idolatri con orribile sacrilegio , per con
327
segnarle alle fiamme. Le bruciarono di fatto , spargendone di
poi nella campagna le ceneri. Arrivarono in questo punto da
Gerusalemme alcuni monaci ; e testimoni della cosa , e viva
mente commossi dell' empia profanazione , andarono a racco
gliere con la massima diligenza di esse ceneri quella quantità
che fu loro possibile : se la portarono quindi al proprio mona
stero , a cui presedeva un certo venerevole abate di nome Fi
lippo. Usata al sepolcro del Batista e'a quello ancora di più
altri santi profeti una sì indegna abbominazione , non cessa
„vano tuttavia i buoni fedeli di visitarlo con eguale , anzi con
maggior divozione di prima: eadem qua prius , immo maiori
celebritate et veneratione ( 1) . E frequentissimi e stupendis
-simi erano i . miracoli che operava il Signore a benefizio di co
loro che seguitavano ad onorare quel pio monumento :: mira
cula ibidem edi solita celeberrima claruerunt : de' quali pro
digi ci lasciò autentica fede san Girolamo nella sua lettera ad
Eustochio : in epitaphio , seu de laudibus Paulae. Intanto il
pio archimandrita Filippo ricevute da' suoi le ceneri del santo
precursore , pensò di farne grato dono al grande sant' Atana
gio , vescovo di Alessandria . E le ricevette di fatti questo in
vitto pontefice; ed aperta una picciola cavità entro di un muro
della sagristia di sua chiesa , ivi le ripose, intendendo con pro
fetico spirito di conservarle non meno alla gloria del santissimo
martire , che al benefizio delle generazioni future. Tal è la cer
tissima storia , che ci raccontano delle ceneri di san Giovanni,
Teodoreto e Ruffino ; e sopra la testimonianza di questi due
scrittori, e di più altri ancora , cader ņon può veruna dub
bietà ( 2 ) , #1
(+) Baronio all'anno 362.
( 2) Sebaste in Palaestina s. loannis Baptistae tumulum aperiunt ; ossa tradunt
igni absumenda , et eorum cineres passim dispergunt. Theodoret. lib. 3 , cap. 6 ,
Hist. ec . Juliani temporibus efferbuit in omnem saevitiam feritas paganorum . Ex
qao accidit, ut apud Sebasten Palaestinae urbem sepulcrum loannis Baptistae ,
rabida mente et funestis manibus invaderent; ossa dispergerent , atque ea rur .
328
Da Alesandria furono poi traslate a Mira ; già metropoli di
Licia nell' Asia minore , oggidì presso che deserta , e volgar
mente detta Stamira ó Stamilla , discosta dal mare presso che
tre miglia , e tuttavia rinomata per essere stata la sede episco
pale del grande san Niccolò . Fuori le mura di questa città
sussisteva una chiesa con un monastero , ed appunto sotto l'al
tare maggiore , che a san Giovanni Batista era dedicato , si a
scosero entro di un'urna le venerevoli sue ceneri. Sembra
plausibile conghiettura che qualche pio sacerdote , nel tempo
che Alessandria stava per cadere sotto il giogo de' Mussulmani,
volendole sottrarre alla profanazione, le abbia recate in Mira ,
come in sicuro asilo. Che se alcuno precisamente mi domanda
in qual tempo , od in quale occasione, e da chi fossero trasfe
rite , rispondo francamente di non saperlo , come appunto già
dissero i Bollandisti : incertum , quando et quomodo (1 ) ; ma
che tuttavia il fatto è certissimo , siccome chi ha in mano le
due estremità di una catena , abbenchè non vegga o non possa
toccare gli anelli intermedii che la compongono , è sicuris
simo che tali anelli o vi sono,' o almeno già eranvi a congiun
gere le due parti. Similmente può dirsi nel caso nostro . E di
fatto abbiamo per cosa indubitabile che nel quarto secolo tro
. vavansi in Alessandria quelle santissime reliquie : nel secolo
nono veneravansi in Mira ; e di ciò ampia fede ci lasciò Gio
vanni diacono , che fioriva nel 873 , nella vita che scrisse di
sus collecta , igne cremarent ; sanctos cineres pulveri immixtos per agros et rura
dispergerent. Sed Dei providentia factum est, quosdam de Hierosolymis ex mo
nasterio Philippi hominis Dei, orationis illuc causa per id tempus venisse , qui
inter eos , qui ossa ad comburendum legebant, mixti , diligentius, in quan .
tum res patiebatur ac religiosius congregantes , furtiin se vel stupentibus vel in.
sanientibus subtraxere, et ad religiosum patrem Philippum venerandas reliquias
pertulere. Philippus autem ad pontificem maximum tunc Athanasium Alexandrinae
urbis episcopum ... mittit. Quas ille susceptas sub cavato sacrarii pariete in
clusas prophetico spiritu profuturas generationi posterae conservavit. Ruffin. lib .
2 , cap . 23. Baron . ec.
(1 ) Acta ss. ad diem 24 jun, cap. VI.
329
san Niccolò , in cui appunto attesta di essere stato in Mira , ed
avervi venerato , oltre alle reliquie di più santi, anche le ce
neri di san Giovanni.
Qui le ritrovarono i Genovesi, l'anno 1097 , allorchè dopo
l'espugnazione di Antiochia entrarono con la loro flotta nell?
insigne porto di Patera , che da Mira è pochissimo spazio di
stante . Il primo loro intendimento era d' impadronirsi delle
ossą del taumaturgo vescovo san Niccolò , e con questa idea
recatisi alla sua chiesa , cominciarono a scavare sotto l'altar
maggiore, impazienti di acquistare il sacro tesoro. Riclama
vano i monaci custodi del tempio, giustamente gelosi di tenere
sempre occulto ciò che essi particolarmente possedevano. Ma
quelli intanto poco euranti del dolente riclamo , continuarono
lo scavo , tanto, che loro riuscì di scuoprire un' urna assai
grande. Esultanti già credevano di aver conseguito il bramato
intento , ed invece sividero delusi, perchè, rimosso il coper
chio , la trovarono vuota. Fatica inutile , soggiunsero i monaci:
il corpo di san Niecolò è già stato preso da altri e portato via .
Le quali parole come sospette non ascoltando i Genovesi, se
guitarono a scavare il suolo , con la speranza di pur rin
venire un sacro deposito. E per verità così vvenue , giac
chè altra urna ritrovarono , di minor capacità della prima , che .
conteneva delle ceneri . Se le prendono incontanente , giudi
candole del santo ch'eransi proposti di acquistare , e già si
affrettano a portarsele su i loro navigli. Strepitano nuovamente
i monaci di non voler essere spogliati di quelle sacre reliquie ,
replicando non essere quelle che cercavano di san Niccolò ;
ma ben si sa che contro la forza le ragioni e le preghiere poco
giovano. Desolati, piangenti e minaccianti l'ira di Dio i ce
nobiti andavano seguitando i pii predoni verso il mare , tanto
che giunti gli uni e gli altri al lido , al punto che i naviganti
s'imbarcano , ed il furto diventava irreparabile : avvertite ,
dissero i pii claustrali, queste ceneri che vi portate non sono
certamente quelle di san Niccolò : sono bensì quelle di san
930
Giovanni Batista : L'altare , da cui le avete tolte , appunto al
santo Precursore è dedicato : da molti anni eranvi state ripo
ste, e sempre da noi gelosamente custodite. Crebbe il contento
nel cuor de' Genovesi a questo avviso ; e senza altro indugio
spiegarono verso occidente le vele al vento , lasciando in dop
pia profonda costernazione gli abitatori del chiostro , spogliati
da prima del deposito di san Niccolò ed ora di quello di san
Giovanni. 4
Sorge qui naturalmente lo sdegno contro i rubatori che vio
larono la religione e il diritto a' possessori del sacro tesoro ";
nè io certamente voglio giustificarli. Solamente io addiman
derei a colui che li condanna : di qual nazione siete voi ? Fiam
mingo , Francese , o Tedesco , Inglese, Spagnuolo , o Italiano ?
Ebbene risalite a' vostri maggiori , leggete la vostra storia , é
troverete che nella vostra patria portarono pur gli avi vostri
delle reliquie de santi tolte all'oriente in tempo delle crocia
te (1 ) . Che se quasi tutti i condottieri delle nazioni in quel se
colo , e ne posteriori ancora , dall'una all'altra chiesa furti
vamente trasportarono le venerevoli ossa de' santi, perchè a
dirarvi solo contra i Liguri ? E se molti altri furono in ciò
riprensibili; saranno poi innocenti quelli che nel secolo XVI
e XVII , seguaci di Calvino e di Lutero , imitatori di Vigilan
zio e di Aerio , entrarono in Tours e diedero alle fiamme il
corpo di san Francesco di Paola ; che in Germania , in Francia
ed Inghilterra , peggio che non fecero gl'idolatri sotto Giuliano
apostata , calpestavano rabbiosamente reliquie santissime? Ed
a ' giorni nostri che cosa abbiamo veduto ? Comesi sono rispet
tate le croci elevate alla pubblica venerazione ? Inorridisco al
dirlo. I nostri padri rubando le reliquie de'santi, mostravano
fede e religione , sebbene poco regolata ; ed i moderni che
vogliono farsi credere spregiudicati , tolleranti, e non super
(1) Réflexions sur les regles de la critique par le R. P. Honoré de Sainte Ma.
rie tom . 1 , liv. VI , artic. I et 2.
331
stiziosi, spezzano e profanáno reliquiari santissimi', per to
gliersi una lamina indorata : che cosa dimostrano costoro ?
Una brutale empietà- mista ad una sordida avarizia .
Sbarcarono altra volta sulle spiaggie di Mira i Genovesi , ivi
condotti dall'ammiraglio Pietro da Castello , intorno all anno
1102 , desiderosi di vedere la chiesa e l'altare , da cui i loro
concittadini avevano tolto le sacre ceneri di san Giovanni ; ed
al loro arrivo i cenobiti di quel monastero rinnovarono , non
solo il loro dolore e le lagnanze , ma di più vivissime preghiere
di esser loro restituito quel sacro pegno. Mostrava Pietro da
Castello con gli altri capitani di non voler credere che fossero
quelle veramente le reliquie del Batista : ' e ' noi , soggiunsero i
monaci , ve ne assicuriamo la identità , e quando la parola
nostra non basti, anche col giuramento la confermiamo. In
così dire, saliti al santo altare, e stese sulla mensa di qua e di
là le palme, baciando la sacra pietra , giurarono per la médea
sima essere quelle ceneri gli avanzi delle ossa di san Giovanni
precursore di Cristo , bruciate in Sebaste , trasferite in Ales
sandria al grande santo Atanasio , ed indi a Mira e sotto quell?
altare già ascose . Ritornati in patria i naviganti , fecero con .
corde deposizione al vescovo , al clero e a' consoli della città
dell'occorso giuramento ; e la divozione de'Genovesi a sì sante
reliquie aumentossi dopo d'allora maravigliosamente. Chi de
sidera ulteriori notizie , sia de' moltissimi prodigi da Dio ope
rati in tutti i secoli per la intercessione di queste sacre ceneri,
sia della specialissima e solennissima venerazione alle medesi
-me prestata in tutti i tempi dal clero , da' magistrati e dal po
polo di Genova , può consultare altri scrittori che diffusamente
ne trattano (1 ) . In quanto a me chiudo questo articolo con le
parole del cardinale Baronio , nell'appendice in fine del tomo
(1) Storia del glorioso Precursore di N. S. G. C. scritta dal canonico peniten
ziere Agostino Calcagnino , stampata in Genova del 1648. Bolland. ad diem 24
jun . cap. VI.
I
332
ultimo degli annali , ove scrive così: « Hoc anno ( 1101 ) a :
Myrae , in Licia , civitate , Ianuenses pietate insignes in pa
« triam detulere cineres sanctissimi praecursoris : quae reli
« quiae insignioribus illustratae miraculis , cuius sint , sublimi
« voce virtutis annuntiant » .
LXXI. LA SACRA EFFIGIÉ DÉL REDENTORE CHÉ SI VENERA
IN GENOVA NELLA CHIESA PLS, BARTOLOMEO.
DEGLI ARMENI , 54 OSSIA LIMMAGINE.JEDESSENA.
Reggeva la repubblica di Genova con savissima moderazione
il doge Leonardo Montaldo ; quando la pestilenza dell'anno
1384 cominciò a-infierire ,le per una delle prime vittime lo
colpì. Al letto di morte palesò un àrđand occultato fino allora
a' più intimi suoi amici'y custodirsi cioè nel privato suo ora
torio la sacra effigie del Redentore , omata di prezioso tessuto
e di greche pitture , insigne dono che aveva ricevuto dall'im
peratore Giovanni Paleologo in pretnio di sue vittorie contra
i Turchi. Dispose quindi për testamento , che nella chiesa di
suo padronato la santa immagine fosse riposta alla venerazione
universale ; e dopo questo spirò mipace compianto da tutti ,
per l'egregie sue virtù. Comeordinò il testatore , così fecesi :
la venerevole effigie fu trasferita nella chiesa di San Bartolo
meo degli Armeni , ove si serba anche oggidì: Di questa im
magine molti eruditi uomini già scrissero e segnatamente
Ughelli ( 1 ) , ed il dottissimo nostro marchèse Gerolamo Serra ,
il quale vi ha aggiunto alcune critiche illustrazioni ( 2 ) : io però
non saprei far altro di meglio che riportar qui le sue parole.
Eusebio di Cesarea , il più antieo degli storici ecclesiastici ,
riferisce come Abgaro , ' o Abagaro rogolo della città di Edessa
' 1 ..
(1) Tom . IV lan . Archiep. num . XLIV.
(2) Storia di Genova tom . 3 ; lib. 6 , cap. 1 , annotazione in in fine del vol.
333
in Mesopotamia , sentendo i miracoli che il Nazareno Signore
faceva in Palestina, e le persecuzioni che ne incontrava , gl’in
dirizzò una lettera per mezzo del suo servo . Anania , pregan
dolo a ricoverarsi nella sua città , ov'egli sperava , mercè di
lui , guarire da un penosissimo male che lo tormentava . Al
che rispose Cristo di dover compiere in Giudea le cose , per
20 cui era stato mandato , e far quindi ritorno a colui che inviato
lo aveva. Colassù assunto , spedirebbe ad Abgaro uno de' di
scepoli per risanarlo e dar vita al suo popolo , come a lui stes
so. E veramente dopo la risurrezione di Cristo , Taddeo disce
polo di san Tommaso andò in Edessa , guarì Abgaro e il con
vertì col popolo suo . Fin qui Eusebio ( 1) . Un altro scrittore
ecclesiastico, Evagrio , il quale diede fine alla sua storia l'anno
593 , soggiunge che Gesù , conoscendo in Abgaro il pio desi
derio di possedere il suo ritratto , fattosi recar dell'acqua , si
lavò il volto , e rasciugatelo con un pannolino , la propria im
magine v'impresse , e gliela mandò in dono. Fu ricevuta con
alta venerazione e custodita in un bellissimo vaso di argilla sì
da quel principe , come dal suo figliuolo ; ma i loro successori
essendo tornati all' idolatria , il vescovo che allora sedeva in
Edessa la trasse dal luogo ove stava al cospetto di tutti , e oc
cultolla . Di poi, quando Edessa fu venuta in poter de Romani,
e Cosroe II re della Persia l' ebbe assediata , il vescovo di quel
tempo , Eulalio dinome, ne fece ricerca , la ritrovò , ne con
fortò il suo popolo a sperare in leje e centres
. Come lo storico Evagrio , così il pontefice Gregorio II ne
tenpe discorso nella celebre sua lettera dell'anno 726 all’im
5
peratore Leone , detto l' Isaurico , affinchè si persuadesse , il
culto delle sacre immagini esser coetaneo alle prime età de' cri
stiani. Indi a pochi anni ne fu letta la storia nel settimo con
3 cilio ecumenico , se quei dotti padri l'udirono con generale ap
provazione. Adriano I citolla nella sua epistola apologetica al
( 1) Hist. lib . I , c. 15.
--
>
334
re Carlo di Francia , e per tacer di molti altri, Costantino Por
firogenito , che resse l'oriente nella prima metà del decimo
secolo , ne stese un' intiera orazione , e le attribuì non pochi
miracoli , fra quali due ne addurremo : il più antico , di
avere abbruciate le macchine belliche de' Persiani; e il più
recente di aver liberato un demoniaco .
Entrati i Saraceni in Edessa, verso l'anno:639 , sebbene ne
mici delle sacre immagini , perdonarono a questa , sperandone
un largo guadagno a cagione de' pellegrini che accorrevano a
venerarla ; e l'emir o governatore dell'anno 944 caramente
vendella a Costantino Porfirogenito e a Romano Lecapene im
peradori. La sua traslazione a Costantinopoli, il 16 di agosto ,
fu quindi innanzi una festa solenne nel greco Menologio. Ora
due città italiche si vantano di possederla , Roma e Genova.
Il cardinal Baronio dice così: « venute le guerre , e la stessa
« eittà di Costantinopoli presa é spogliata da' nemici , accadde
& per divina provvidenza , che la venerabile immagine fosse
« trasportata a Roma, ove tuttodì si venera nella chiesa di san
& Silvestro (1 ) » . Ma quando ', come, quali scrittori prossimi
al fatto ciò riferiscano , sono questioni che non dilucidò il car
dinale annalista .: I. Genovesi all' incontro distinguono come
l'immagine Edessêna fu donata dall'imperatore Giovanni Pas
leologo al prode Montaldo in premio de' suoi buoni servigi ;
come fu trasferita in Genova , quando egli tornò di levante , e
alla chiesa di san Bartolomeo quando morì. Le quali cose sono
confermate da tre scrittori non molto lontani di tempo , dal
vescovo Cabillonense ( Topographia martyrum , ) da Giovanni
Ecehio ( Enchiridion de imaginibus ) e dal vescovo di Nebbio
nel libro quarto degli annali, come pure da 'brevi di molti
pontefici , Sisto IV , Giulio III , Pio IV , Paolo V , Gregorio XV
e Urbano VIII , i quali celebrano il Sudario di Genova senza
pur rammentare il Romaño . Tanto che il Pagi nelle sue dotte
(1) Tom . XVI. pag. 46.
1
335
annotazioni al Baronio ebbe a dire , che lasciava a decidere
ad altri , se l'immagine di Edessa fosse a Roma, ovvero a Ge
nova ; e Abramo Bsovio continuatore degli annali ecclesiastici
fece aperta memoria della sua traslazione nella chiesa di san
Bartolomeo (1) .
Il color delle carni è bruno , la faccia lunga anzi che nò , la
fronte ben formata , le sopracciglia nere , gli occhi vivaci e
spiranti una dolce gravità , il naso aquilino , il labbro superiore
coperto di peli nereggianti , la capigliatura di simil colore.
Questa si divide a destra e sinistra del sacro volto , e nell'av
vicinarsi al mento viene alquanto a ristringersi insieme , si al
lontana poi nuovamente , e formando con la barba due punte,
piega dolcemente a dritta. Il celebre pittore Luca Cambiaso il
quale albergò qualche tempo pels monastero di san Bartolo
meo , per molti preghi che gli facessero quei monaci , ricusò
costantemente di copiar tale immagine , protestando di non
poter imitare con mano mortale così celeste lavoro. Di qua e
di là scolpite si veggono in certi rilievi d'oro alcune lettere
latino -greche , delle quali può vedersi la descrizione e spiega
zione presso gli autori,,che più diffusamente ne trattano. Se
questa effigie sia immediatamente opera dell'uomo-Dio , come
opinò Evagrio seguitato da moltissimi altri di gran nome 0
pure lavoro della mano degli uomini , come giudicano molti
scrittori moderni, e nominatamente il padre Natale Alessan
dro e il Tillemont, lascieremo ad altri questa discussione, pro
pria più de' critici e degli antiquari che di uno storico. È le
cito a ciascuno delle addotte opinioni seguire quella che più
verosimile giudica ; ma tutti convenir devono che il sagacissi
mo Addisson ne parla con riverenza nel tomo primo delle sue
opere , che fino lo scettico Gibbon non può ritenersi dal chia
marla famosa , che è sommamente pregevole non solo pel Re
dentore che rappresenta ( culto dovuto a tutte le sue imma.
(1) Tom . XV.
336
gini ) ma per la venerazione particolare che ha sempre riscos
so , per la sua antichità , di cui non si conosce il principio ,
fuori di quello che è stato assegnato , per li molti prodigi che
si son veduti, per l'omaggio che le hanno tributato personaggi
di ogni ceto e scrittori di ogni nazione (1) .
( 1) Chi desidera ulteriori notizie , legga lacopo Gretsero Syntagma de imaginibus
non manufactis, hist. Byzant. edit. Venet. Agostino Calcagnini dell'immagine Edes .
sena . Genova per G. M. Farroni , 1609.
337
CAPITOLO
του XI.
Romani pontefici di Genova e di Liguria. LXXII . Santo Eu
tichiano, LXXIII . Innocenzo U. LXXIy . Adriano v .
LXXV . Niccolò V. - LXXVI . Sisto IV . LXXVII. Inno
cenzo VIII. LXXVIII . Giulio II. LXXIX Urbano VII .
LXXX . Cardinali di S. R. Chiesa .
1
LXXII. SANTO EUTICHIANO.
Questo santo pontefice era nativo di Luni, città da più se
coli distrutta , di cui però si osservano anche oggidà non poche
maestose rovine. Siccome questa città trovavasi alla foce del
fiume Macra , che divide la Liguria dalla Toscana , così da
certi storici ecclesiastici papa Eutichiano fu detto , de Tuscia ;
tuttavia,è cosa riconosciuta e provata che alla Liguria appar
teneva. In qual tempo da Luni sua patria siasi egli recato a
Roma , per quale oggetto , ove abbia coltivato le scienze , e
come finalmente sia stato promosso alla santa romana sede ,
sono tutte ricerche che oramai tornano inutili , giacchè non
valsero mai a dirne cosa di certo i sommi storici della chiesa ,
antichi e moderni. La sua elezione al pontificato è fissata nel
275 ; e dopo otto anni , mesi sei , e quattro giorni vien asse
gnata la sua morte , sotto l'impero di Numeriano . L'unico
pregio che di lui raccontasi è di aver dato con le proprie sue
mani, in diversi tempi e luoghi , religiosa sepoltura a trecento
quaranta due martiri. Ben è cosa da credersi ch'egli stesso
con le apostoliche sue esortazioni gli abbia tutti animati alla
sofferenza e alla costanza contra gli ordini dell'impero e la
ferocia de' carnefici, e quindi ne abbia raccolto con piissima
sollecitudine i cadaveri come sante vittime di Gesù Cristo.
22
338
Le reliquie di santo Eutichiano furono trasportate da Roma
per opera di Filippo Casoni , nobile Sarzanese , vescovo di san
Donnino nell'Emilia , a cuifurono concedute da papa Inno
cenzo X ; e Niccolò Casoni conte di Villanova, fratello di quel
prelato , ne fece poi dono alla cattedrale di Sarzana , la quale
con venerazione anche oggidi le conserva , e del santo suo
pontefice recita l' ecclesiastico officio.
LXXIII. INNOCENZO IV.
Cardinale Sinibaldo Fieschi , vescovo di Albenga .
Non puossi ben sapere la storia d' Innocenzo IV , senza
prima conoscere una parte di quella dell'imperatore Federigo
II , in quella medesima guisa che la vita di Pio VII sarà sem
pre inseparabile da quella di Napoleone Bonaparte : egli è di
più necessario premettere una parte di quelle cose , che aveva
operato papa Gregorio IX per la pace della chiesa e dell'im
pero. In quanto a Federico , comincio dal riportare quì fedel
mente ciò che di lui scrisse il padre Giovanni B. Spotorno , il
quale , secondo il mio avviso , ha così bene espresso il carat
tere di quel principe , come Raffaello ne avrebbe colorito la
figura e le fattezze : dice dunque così ., « Innocenzo IV s'in
contrò a sedere sulla cattedra di san Pietro, imperando Fede.
rigo II , priņcipe amico a' buoni studii , severo mantenitore
del diritto tra sudditi suoi , pronto d'ingegno e di mano ;
spregiator de pericoli , e vago sopra modo di essere lodato
come il più valente e savio monarca di quel secolo ; ma prin.
cipe ingrato , sleale , spietato contro a ' nemici , presto al pro
mettere , al mantenere tardissimo: rotto ad ogni libidine an
che con femmine saracine , che sempre lo seguitavano : pazza
mente perduto dietro agli astrologi: nelle cose della fede , di
credenza sospetta : l'ecclesiastica disciplina voleva drizzare
339
con la spada ; il patrimonio di san Pietro unire al regno di
Sicilia : contro alle ragioni indurava l'arimo altiero , e nol
piegavano nè consigli nè preghi . E come bramoso egli era so
prammodo di abbattere la libertà de'Lombardi , nè vedeva mez
zo di venirne a capo , senza rapire al romano pontefice il do
minio temporale , onde a' Guelfi si derivava consiglio e vigore,
rivolse a questo oggetto tutte le arti e le forze » - (1 ) .
Resisteva a queste ed a quelle Gregorio IX , usando da prin
cipio paterne ammonizioni, e gravi correzioni in appresso ; e
quando provò inutili le prime , disprezzate le seconde , venne
alle minacce e finalmente alle censure . Diede nelle smanie Fe
derigo , quando seppe essere stato nella domenica delle Palme
e poi nelle feste di Pasqua scomunicato dal papa : subito ri
chiamò da Roma tutti i suoi sudditi , nuove contribuzioni im
pose agli ecclesiastici : dal regno di Sicilia e di Puglia discac
ciò i frati predicatori e minori, occupò l'insigne monastero
di monte Cassino ; e tutto ciò per far onta e dispetto al pon
tefice. Nè a tanti mali ristette , ma guadagnati più popoli col
danaro , suscitate alla ribellione molte città dello stato eccle
siastico , andava girando con le sue truppe nelle vicinanze di
Roma , come lione affamato che corre alla preda. Tanto fu
rore ancora più s' irritò , allora che papa Gregorio mandò le
lettere circolari per la convocazione di un generale concilio ,
da cui prevedeva che la censura fulminatagli in Vaticano sa
rebbe stata solennemente confermata . Però entrato in pensiero
d'impedire il sinodo , quanti prelati d'Italia incamminavansi
a Roma , tutti per ordine suo erano arrestati, o colla prigio
nia , o collesiglio , o con altre violenze. Questa sventura toccò
a molti prelati di Francia e di Spagna. Essendo arrivati a Ge
nova , dopo essersi riuniti ad alcuni de’vescovi italiani e agli
ambasciatori di Milano , di Brescia e di Piacenza , tutti s'im- ,
barcarono su i legni Genovesi , per approdare a Civita vec
(1) Elogi de Ligari illastri: Innocenzo IV .
340
chia. Ma Federigo che osservava le marcie altrui come le pro
prie , fece tosto partire dalla Sicilia e dalla Puglia il maggior
numero di galee che gli fu possibile , con ordine di congiun
gersi a quelle de' Pisani suoi aderenti. Tutte insieme compo
nevano una flotta terribile , è già navigavano in vicinanza dell'
isoletta di Malora , quando incontraronsi con quelle de' Geno
vesi . Il combattimento dall'una e dall'altra parte fu accanito ;
ma siccome il numero maggiore suol vincere il minore , così i
Genovesi ebbero la peggio , e di ventisette galee sole cinque
si salvarono fuggendo , fatti prigionieri e spogliati di ogni te
soro i cardinali, i prelati e gli ambasciatori, esposti lunga
mente sotto la coverta alla fame , alla sete , ad ogni sorta d'in
setti , e quello che è più , ad amari scherni i marinari e i sol
dati caduti prigioni . Ebbrio della vittoria Federigo , fece rin
chiudere cardinali e prelati per varie castella del regno di
Napoli , trattandoli con bestiale inumanità . Quanto cordoglio
ne risentisse il papa , e quale sdegno ne concepissero i Geno
vesi , può intendersi abbastanza da una lettera che gli seris
sero , serbataci negli archivi del Vaticano , data fuori dal Ray
naldi nei suoi annali e dal marchese G. Serra nella sua storia
di Genova , in elegante favella italiana.
Al santissimo pontefice Gregorio nono
Guglielmo Sordo podestà
il Consiglio e il comun Genovese baciano ossequiosamente
li santi piedi .
« Il cuor nostro fu amareggiato , e la spada del dolore ci
passò fino all'anima , allora che contro i vostri legati , contro
gli altri prelati di occidente , e contro gli ambasciatori Mila
nesi , Bresciani , Piacentini e nostri , imbarcati con gioia e fi
ducia sopra le nostre galee, taride e saettie , fecero impeto e
assalto gl' inimici di Dio e degli uomini , Pisani e Siciliani in
venerdì al tre del mese di maggio. I nostri, fidati al celeste
341
aiuto , opposero maravigliosa resistenza , e le tre prime galee
de' ladroni presero vittoriosamente , decapitarono le ciurme ,
e corpi di nave e cadaveri sommersero in mare. Pur dopo
lungo contrasto , molte ferite e morti, l'ostil forza , Dio per
mettente , prevalse ; la quale senz'alcuna riverenza o pietà fe
strage de' santi padri innocenti e de' lor conduttori. Sebbene
per grazia di Dio parecchie barche , piccioli legni e sette galee
con molti de'nostri, con gli arcivescovi di santo Jacopo , di
Arles , di Tarragona e di Braga , co' vescovi di Piacenza , di
Annecy e d'Asti tornarono qua illesi. Il venerabile e santo pa
dre vescovo di Palestrina ritornò anch'esso , siccome udimmo ,
ca la galea del sig. Romeo ambasciatore dell'illustre e ma
gnifico conte di Provenza , seco traendo una nave nimica , ca
rica di robe preziose , e così speriamo d'altre . Ben è vero che
pon ci duol tanto la perdita di nostre genti e navi , quanto
l'ignominia del nome di nostro Signore e il male de santi
prelati , che in virtù di obbedienza accorrevano lieti al concilio
per soccorrere la Santità vostra di giusti e salutari avvisi . A
vendicare sì atroce nequizia e a difendere la chiesa di Dio col
popolo a lei devoto , noi qui deliberammo dal primo fino all'
ultimo irrevocabilmente di porre le vite , e cose nostre tutte ,
non perdonando a fatica , riposo e vigilie , finchè conculcata
non abbiamo la ribellione , e presa vendetta delle morti , ferite
e contumelie che gl'innocenti patirono ad onore e gloria del
nome di Gesù Cristo , della santissima vostra Persona , de' ve
nerabili fratelli vostri , della universal Chiesa , e di tutto il fe
del popolo cristiano . Al quale intento la Santità vostra certifi
chiamo , come al presente ogni cittadino genovese , grande o
picciolo che sia ,, niente o poco curando il proprio danno , po
sta da banda ogni lite , cura e negozio , attende e vigila assi
duamente alla fabbricazione e all'armamento di tutte le nostre
navi e galee , donde abbiamo vittoria , come per lo passato
de' nostri nemici , e la chiesa di Dio , possa la sua grandezza
e potenza manifestare contro il'figliuolo di perdizione , Fede
342
rico chiamato imperatore , e i complici suoi e fautori, siccome
è ben di ragione. Imperciocchè egli non sembra per altro es
sere salito in tanta fortuna , che per precipitare da luogo più
eminente in un profondo di mali , e nel baratro dell'estrema
vergogna. Quindi è che genuflessi supplichiamo alla Santità
vostra per lo sangue sparso da Gesù Cristo , le cui veci soste
nete qui in terra , a non desistere con tutto il sofferto infor
tunio dal vostro proponimento , ed anzi a sorreggere e con
durre la navicella di Pietro combattuta dalle tempeste e quasi
assorta , al porto di gaudio e salute sotto il soave governo di
quella vostra prudenza , il cui splendore illumina tutti i catto
lici e fedeli cristiani . Venite pertanto in persona , se di tanto
si degna vostra clemenza , o un discreto e provvido legato
mandate alla città e popolo vostro genovese , i quali con le
persone e gli averi vogliono essere sudditi alla paternità vo
stra , e in perpetuo obbedire con fedeltà e devozione a' vostri
beneplaciti e mandati, per fare ciò che sarà più accettevole a
Dio , alla chiesa ,'e a tutto il popolo cristiano , secondo che
le opere presenti attestano , e comproveranno le future » .
Non ebbe più tempo Gregorio IX di giovarsi delle generose
proferte che con animo risoluto gli facevano in questa lettera
i Genovesi , perchè carico di anni è più ancora di angosce a•
marissime , venne a morire nel giorno ventuno di agosto del
1241 , seguitato alla tomba l' anno medesimo nel mese di no
vembre da Celestino IV suo successore , dopo diciotto giorni
di pontificato. Si dispersero alcuni de' cardinali alla sua morte,
perchè in Roma non erano sicuri ; ma la massima parte con
venne poi in Anagni , picciola'sì ma forte città dello stato ec
clésiastico . Un anno e più vi durarono , senza potersi rassicu
rare , nè intendere. Alla fine , correndo l'anno 1243 , nel
giorno di san Giovanni Batista protettore de' Genovesi, tutte
le voci concorsero nella persona di Sinibaldo Fieschi , che se
condo l'uso de' papi mutò il suo nome in quello d'Innocenzo
343
IV , in memoria del terzo Innocenzo , pio , dotto e costante
pontefice.
Era Sinibaldo figliuolo di Ugone Fieschi , .conte di Lavagna,
il quinto de' fratelli şuoi , nipote di un vescovo di Brugnato ,
di un arcidiacono di Parma , e di Opizzone vescovo similmente
di Parma , suoi zii paterni. Mandato dal genitore a starsi con
questo ultimo, ne trasse ammaestramenti di religione e pru
denza . Recossi poi a Bologna , ove ascoltò leggere il gius ci
vile e canonico da que' famosi dottori, con tale acutezza d'in
gegạo e tanto assidua applicazione , che potè prestamente di
discepolo diventare onorevole dottore , eccellente maestro de'
sacri canoni , e compilatore famoso di ecclesiastica legisla
zione. Spiegata la sua vocazione al servizio degli altari , fu
fatto canonico della metropolitana di Genova , indi destinato
da Onorio III compagno di legazione al cardinale di Ostia U.
golino , per comporre la pace tra i Genovesi e i Pisani ; nel
suo ritorno a Roma eletto a vice -cancelliere della chiesa ; da
Gregorio IX promosso al sacro collegio , col titolo di san Lo
renzo in Lucina e consacrato vescovo di Albenga . Assunto al
pontificato in mezzo a furiosissima procella , il primo suo in
tendimento fu di far sorgere giorni sereni , però senza il mi
nimo pregiudizio della chiesa . Pace chiedevano le numerose
diocesi del cristianesimo senza pastori , tante cospicue città
d'Italia desolate dalla guerra e dalle fazioni, il regno di Ge
rusalemme in trambusto e senza difesa , Balduino II vacillante
1
sul trono di Costantinopoli, e Ludovico IX re di Francia ,
tanto superiore agli altri principi nella pietà , quanto Inno
cenzo nell' ingegno. Alla pace dunque pel primo volgendosi il
sommo pontefice , mandò il cardinale Ottone vescovo di Porto
legato a Federigo ; e questi, mostrando pur voglia di pacifica
zione, spedì ambasciatori a Roma tre riguardevoli personaggi.
Aperte le negoziazioni, durarono più mesi e parevano oramai
alla piena composizione , se non che esigeva ' Innocenzo che
l'imperatore anticipatamente liberasse tutti gli ecclesiastici
344
prigionieri, restituisse le terre tolte al suo antecessore , e fa
cesse pace con tutti i governi alleati della chiesa . Voleva l'al
tro essere prima assoluto , dando promessa solenne che avreb
be poi adempiuto ogni patto. Non fidavasi Innocenzo ; e come
mai fidarsi di uno sperimentató falsario ? e stava fermissimo.
Come ciò vide Federigo, sospese alquanto le trattative ; ed ebbe
ricorso alla seduzione , facendo destramente intendere al papa
che ricercavasi una di lui nipote , per darla a moglie del prin
cipe suo figliuolo. Ma Innocenzo ben avveduto di ciò che pre
tendevasi sotto quel splendido matrimonio , restò costante ,
deluse le insidie, a tutti gli onori di sua famiglia preferendo il
vantaggio della chiesa : lo che sarà sua gloria immortale .
Intanto la maggior parte delle città del dominio ecclesiastico
essendo occupate dall'avversario , non era il pontefice più si
curo nè dentro nè fuori di Roma : conosceva inoltre che ,
senza essere in paese di libertà , non si potrebbe mai provve
dere a' bisogni troppo urgenti della religione, e per poco che
ritardasse a mettersi in salvo , la sua persona sarebbe stata
compromessa. In queste angustie spedisce segretamente a Ge
nova un frate minore , per mezzo di cui raccomandava ad 0
bizzo Fieschi suo fratello e al podestà della città di accorrere
presto con una squadra di galere a liberarlo . Ne armarono
tosto ventitrè con altri legni , ognuna con cento quattro rema
tori e sessanta soldati , e dando voce di voler per breve tempo
scortare la carovana che andava in Egitto , si gittarono nel
porto di Cività vecchia . Pervenuto a Innocenzo l'avviso a dì
ventisette di giugno 1244 , sulla prima ora di notte , si spoglia
degli abiti pontificali, e messosi in giubbone , come un soldato
di cavalleria con armi leggere in dosso , e con una borsa col
ma d'oro in tasca , monta un velocissimo ronzino e sprona
via , incognito a tutti , salvo a'suoi camerieri. Alla mezza notte
soltanto si accorsero in Sutri di sua fuga , e molti la biasima
vano ; ma quando ivi dopo di un'ora videro aprirsi le porte ,
ed entrare trecento cavalli imperiali con manifesta intenzione
345
di far violenza al papa , nessuno fu che non esaltassé la sua
vigilanza ed attività. Il quale dubitando , non fallito il primo
colpo , riuscisse il secondo , imbarcatosi la sera appresso con
sette cardinali , in pochi minuti trovossi lontano da un perse
cutore potente e da un paese disarmato . Senonchè il vento ,
da principio favorevole , diventò sì contrario che bisognò ap
prodare all'isola dell'Elba , quantunque suddita a' Pisani. Ad
ogni modo nè il presidio , nè gl' isolani osarono dar molestia
ad un ospite sì venerando . Il dì appresso primo di luglio , u .
dita la messa votiva della Vergine , e ricevuta la generale as
soluzione de' peccati , perchè avevano a scorrere piagge nimi.
che e un mare ancor burrascoso , salparono dall' isola , e nuo
va traversìa li costrinse a ricoverarsi tre giorni in Portove
rere . Alla fine placida l'onda e l'aere sereno , vogarono a Ge
nova', ove giunsero il dì sette. Il dolcissimo aspetto delle pa
trie mura e le festose accoglienze de' cittadini ristorarono il
papa del corso rischio ..
Come Federigo sentì queste cose , disse ridendo a' suoi cor
tigiani : « povero me ! Io giuocava agli scacchi col papa , e
quando stava per dargli scaccomatto , son venuti i Genovesi a
rovesciar la scacchiera ; » detto incredibile , se non si udissero
sovente uomini di gran senno scoprire per un'arguzia il se
greto de' loro pensieri . Tuttavolta Cesare andò subito a Pisa ,
senza esercito ' , e quasi senza corte , desideroso di trattare più
da presso col pontefice , e di persuaderlo a ritornar ne' suoi
stati , offerendogli qualunque delle città conquistate gli fosse
più a grado ; ma Innocenzo che conosceva le insidie di lui ,
nol degnò di risposta. Neppure volle ascoltare il famoso frate
Elia , compagno e successore di san Francesco , il quale venne
a Genova per assistere al capitolo generale del suo ordine ,
che Innocenzo aveva intimato a radunarsi in questa città. Sotto
colore di essere incaricato dall'imperatore a far a sua Santità
proposizioni vantaggiose , il principale disegno di frate Elia
tendeva a farsi eleggere generale dell'ordine la terza volta ;
346
ma non vi riuscì. Conobbe il santo padre che le proposizioni
di lui erano piene di furberia ; che però , avendolo fatto venire
alla sua presenza , lo spogliò di tutti i privilegi che pretendeva
di godere , proibì a tutti i religiosi di riconoscerlo per supe..
riore , a lui stesso comandò di ubbidire al generale in qualità
di frate privato , senza andare più qua e là vagabondo. Per
questa sentenza Elia deluso ne' suoi disegni , abbandonossi al
partito dell'imperatore; ed il papa scomunicollo come apo
stata e ribelle. Così separato dalla chiesa , terminò i giorni
suoi , come appunto aveva predetto san Francesco ; sebbene,
morendo, desse segni di ravvedimento . Venne eletto a genee,
rale dell'ordine frate Crescenzo da lesi , Anconitano , nel
giorno quattro di ottobre , uomo venerabile per dottrina e per
regolare osservanza. Questo capitolo generale celebrato in Ge
nova fu l'ottavo dopo la morte di san Francesco , e sarà sem
pre memorabile per le vicende di frate Elia (1 ) .
Intanto papa Innocenzo sollecitava il compimento de' suoi
vasti disegni , cioè di tenere in Francia quel concilio univer
sale che il suo antecessore non aveva potuto celebrare in Ita
lia. Si ostava una lunga malattia , motivo per cui col consiglio
de' medici , andò nella piacevolissima badia di Sestri ; ma qui
in vece di miglioramento, pareva che la sanità sua ne deterio
rasse . Un giorno chiamati al suo letto i prelati di sua corte
ed i principali cittadini , con gli occhi molli di pianto fece
loro questo discorso : « Figliuoli , tal nome concedete al mio
a amor grande per voi , io sento mancarmi le forze. Nondi
« meno ho disposto di trasferirmi a Lione , per tentare il ri
« medio estremo a' mali che opprimono la chiesa , e poi mo
« rire. Se non reggerò a cavallo , n'andrò in lettiga. Avrò me
« moria degli aiuti vostri. A voi raccomando la salute d'Italia,
« e di tutto cuore vi benedico » . Altamente commossi quanti
gli erano d' intorno ,' lo supplicarono a temporeggiare fino alla
(1) Fleury lib. 82 num . 14. Vadingo all'anno 1244 num . 1 , 3 , 4.
347
sua guarigione , e quando altrimenti volesse , a scegliere
la via del mare , non quella di terra troppo disastrosa. Navi
gherebbe comodamente da Genova alle bocche del Rodano ,
da queste salirebbe al centro di Provenza , e farebbe il re
stante viaggio in una contrada agevole e sicura. Ma il рара li
ringraziò , non accettando il loro consiglio , sia per rispetto
degli Imperiali , o sia per la noia del mare. Si fè dunque tra
sportare in lettiga a Savona , indi alla Stella , ove , la febbre
aumentandosi , fu dato da’medici come spedito . Pur si riebbe;
e scortato dagli uomini del marchese del Carretto , lacopo
Grillo , patrizio genovese e signore del luogo , camminando
ora in lettiga , ora a cavallo , passò al Cairo , a Cortemiglia ,
e a santo Stefano del Belbo ; e poi servito dalle truppe del
marchese di Monferrato , pervenne a Susa , dove trovò sei car
dinali ed altri prelati ; e con essi valicando le alpi , entrò so
lennemente in Lione , il giorno due di dicembre del 1244 .
In Lione pervenuto Innocenzo, convocò il concilio per l'ana
no seguente nel dì festivo di san Giovanni , due anni dopo la
sua elezione , e quello al prefisso termine aperse , quantunque
il re di Francia bramasse una dilazione , il re d'Inghilterra
proibisse a' suoi prelati l'andata , e Federigo non rifinisse di
protestare. Trovaronsi non pertanto al concilio i vescovi di
tutte le nazioni , gli ambasciatori di Aragona , d'Inghilterra ,
di Francia e i procuratori imperiali (1 ) . Un vescovo di Pale
stina espose lo stato infelice di quella provincia , abbandonata
a se stessa dal cognato e luogotenente di Federigo. Un vescovo
lombardo deplorò i progressi de' Patarini , eresia oltremodo
dilatata in Italia , mentre l'imperadore perseguitava la chiesa .
D'altra parte gl' Inglesi si dolsero di cause senza giusto titolo
portate a Roma , di benefizi conferiti nell'isola a' forestieri ,
di collette senza fine moltiplicate. Nè i procuratori di Federigo
si tacquero : amplificarono i meriti suoi , negarono gli errori,
(1) Acta Concil. Lugd. 1. XXIU 64.
348
e fecero fede , che datogli tempo e sicurtà , si presenterebbe.
in persona al concilio . Erano i padri in sospeso ; quando a no
1 tizia loro pervenne una dichiarazione dell'imperadore , nella
quale , smentiti i sụoi deputati , chiamava giudice incompe
tente e parziale il concilio . Syanì incontanente ogni incertezza .
Tanto che il papa , maravigliando e tacendo ciascuno , pub
blicò sentenza di scomunicazione contro Federigo II , e di
chiarò i popoli della Germania sciolti da ogni vincolo con lui ,
i principi ammoniti a nuova elezione , i regni di Sicilia e di
Gerusalemme vacanti.
Promulgata questa sentenza , la lega lombarda riprese ar
dire , e la contraria invilì. Nelle due Sicilie opposte fazioni
vollero scuotere il giogo : nella corte stessa di Federigo fu
rono incolpati di tradimento Pietro delle Vigne intimo suo se
gretario , di cui non sapevasi qual religione professasse , se
pur ne aveva alcuna , e Andrea Cicala suo gran giustiziere. In
Gerusalemme gli ordini militari e religiosi , eccitati dal pa
triarca , abbassarono lo stendardo imperiale , e riconobbero
Alisia , principessa discendente dal re Balduino . La Germania
pur si commosse , per modo che pareggiando un principe sco
municato ad un principe morto , gli elettori ecclesiastici con
due secolari nominarono in sua vece Arrigo Langravio di Tu .
ringia , ed Innocenzo lo confermò. Nel medesimo tempo i Mi
lanesi , alle cui mura Federigo erasi appressato , ottennero un
validissimo nụovo corpo di balestrieri , e lo rispinsero . Con
simile aiuto il popolo di Parma , non che si difese 'dagl' impe
riali , ma intieramente li ruppe. Enzo , suo figliuolo , re di
Sardegna , fu pure sconfitto da’ Bolognesi , e tenuto prigione,
fino alla sua morte. Questa ultima sconfitta finì di costernare
Federigo : i suoi pensieri diventarono torbidi , i suoi consigli
incerti. Bramò vendetta , e non potè più trovarne i mezzi ;
cercò diverse provincie , e in niuna parte ritrovò quella
quiete di animo , che è frutto di una retta coscienza e tanto
necessaria all'azione . Finalmente una dissenteria , male comu
349
nissimo nelle grandi agitazioni , lo colse in Fiorentino , pic
ciolo castello di Puglia , e lo privo di vita , nel giornu tredici
di dicembre nel 1250 , non senza forte sospetto che il mag
giore de' suoi figliuoli illegittimi gli abbia accelerato la morte
in soffocarlo . Così ebbe fine Federigo II , lasciando dopo di
sè fama e nome più tosto abbominevole , di cui non si can
cellerà si di leggieri la memoria ( 1 ) .
Ritorno ad Innocenzo IV . Ne' sette anni , che tenne la resi
denza in Lione , la sua vita fu sempre laboriosissima e reli
giosissima. Sin dal suo arrivo in questa città cominciò a spe
dire un incredibil numero di cause , molte già da lungo tempo
sospese. Nella sua corte stabilì una specie di università , fa
cendo insegnare a pubblico vantaggio , specialmente de' po
veri , la teologia , la legge e il gius canonico . Teneva nel suo
appartamento parecchi frati minori , de' quali si serviva per li
mosinieri , mandandoli per le case e gli spedali di Lione a
cercare e soccorrere i mendichi e gl' infermi. Spedì legati ,
nunzi , o missionarü in Norvegia , Russia , Lituania , Tarta
ria, a Babilonia e nella Grecia . Riconciliò il re di Navarra col
vescovo di Pamplona ; mandò più di duecento mila marche
di argento in Germania e in Italia per sostenere la causa della
chiesa . Canonizzò Edmondo , arcivescovo di Cantorherì , Pie
tro Martire dell'ordine de' predicatori , e Stanislao vescovo
di Cracovia . Riformò i carmelitani : fece istituire in Marsiglia
nel 1252 l'ordine o confraternita della penitenza di N. S. Gesù
Cristo . Ai cardinali assegnò per distintivo il cappello rosso ,
acciocchè servisse loro di ammonizione continua a preporre il
servizio della chiesa e la gloria di Dio alla vita medesima. E
finalmente liberato dal possente avversario , si dispose a tor,
nare alla sua sede , per la via di Provenza. I Genovesi non sì
tosto n'ebbero l'avviso , fecero a gran costo racconciare le
strade , e ricostrurre i ponti. Entrato a gran festa in Nizza ,
(1 ) Muratori all'anno 1250.
850
viaggiò per tutta la Liguria occidentale sempre in lettiga ; e
sei galee genovesi radevano il lido , tutte intente alla sicurezza
e a' comodi dell'apostolico viaggiatore. Dopo aver ricevuto
nel lungo corso della via, segnatamente in Ventimiglia , in Al
./ benga , in Noli , in Savona le più vive e solenni dimostrazioni,
pervenuto a un miglio da Genova , sopra la riva sinistra della
Polcevera , ei benedisse pontificalmente il gran popolo affol
lato e genuflesso a ' suoi piedi. Andò quindi a cavallo sino alle
porte , ove avendo voluto smontare , il podestà gli tenne la
staffa d'oro . Gli otto rettori sorreggevano sopra il suo capo
un ricco baldacchino , e gli altri consiglieri il precedevano ,
vincendo la folla con la dignità. Venivano i cardinali dopo il
pontefice con tutto il corteggio de'nobili fregiati di lucidissime
armature e d'altri ornamenti militari. I capitani del popolo
cavalcavano in giro co' pennonieri degli otto quartieri, per
mantenere l'ordine , e reprimere coloro che sotto il mantello
di zelo avrebbero turbato ogni cosa . Le piazze e le strade di
Genova si miravano tutte addobbate di tappeti tessuti di ele
ganti figure e con drappi e veluti di porpora ; ed in questa
guisa fu Innocenzo accompagnato al palazzo areivescovile, ove
è oggi san Silvestro. Nel tempo che qui fece sua residenza ,
essendo venuti i deputati della Lombardia , diversi affari rile
vanti egli trattò pel vantaggio della chiesa e per la riconcilia
zione delle città dissidenti. E quelle terre della Liguria che
avevano mutato stendardo , sollevate dal peso de' fuorusciti ,
tornarono nello stato naturale di fedeltà e di amore alla repub
blica . Lieto Innocenzo di averla pacificata , lieto degli ostacoli
vinti e delle cose felicemente riuscite a Lione', offerse alle sa
cre ceneri del Batista un voto di trentasei lampade di argento;
e adempiuto quest' atto di patria religione , partì verso il fine
4
di giugno dell'anno 1251 .
Passò per Alessandria , trascorse il Monferrato , ricevette in
grazia Tommaso conte di Savoia , col quale maritò una sua
t
351
nipote ; e dalla parte di Vercelli entrò in Milano , preceduto
da una processione di quindici mila ecclesiastici. Dipoi scorse
Brescia , Mantova , Ferrara , Bologna , e la Romagna : consa
crò in Fano la chiesa de' Benedittini , e fermò la residenza in
Perugia , quasi a una specola centrale d'Italia. Di qui recossi
più volte a venerare il sepolcro di san Francesco di Assisi ,
cui nutriva singolar devozione, e con la massima solennità ne
consacrò la basilica. E siccome era ancor vivente santa Chiara ,
e giaceva da lungo tempo inferma, due volte andò a visitarla
e a raccomandarsi alle sue orazioni. Finalmente andò a con
solare di sua presenza il popolo romano entrando nell' alma
città a guisa di trionfatore , non in sembiante fastoso , ma qual
conveniva pieno di gravità insieme e di amabile dolcezza. Po
co tempo però vi stette , per la indoeilità de' Romani, che già
da più secoli volevano farla da padroni in onta della santa
sede. Ritirossi adunque in Anagni; ed essendo mancato di
vita il re Corrado figliuolo di Federigo che dominava crudel
mente sopra il regno delle Sicilie , il papa , raccolto un pode
roso esercito , entrò nel paese , risoluto di rimetterlo all'obbe
dienza della santa sede, e d'investirne o Carlo d'Angiò fratello
di san Ludovico re di Francia , o un principe reale d'Inghil
terra. Entrato in Napoli , e fatte rialzare le mura di essa città
spianate da Corrado , cominciò , siccome aveva fatto in Lione ,
a stabilire nella sua corte una specie di università. Ma ruppe
tutti i suoi disegni la morte , che venne a colpirlo , nel dicem
bre dell'anno 1254 , Il suo corpo ebbe sepoltura nella cappella
di san Lorenzo : dalla quale venne rimosso sotto il re Carlo
d'Angiò , e trasportato presso la sagrestia della metropolitana,
col suo ritratto in un busto di marmo , ed una iscrizione in
versi ritmici. Tenne la santa sede undici anni , cinque mesi ,
e tredici giorni : « questo pontefice , scrive l'annalista Giusti
niani , fu uomo ornato non solamente di ogni virtù ed esqui
« sita scienza , ma , che è più , di bontà e di santità , e fų
352
« pianta la morte sua dal clero e dal popolo , come di proprio
padre » (1 ) .
La memoria d'Innocenzo IV è offuscata da tre imputazioni;
ch'egli aggravasse gli ecclesiastici di taglie ; che maneggiasse
le chiavi e la spada con molto impero ; che amasse di troppo
i suoi parenti . Intorno a queste accusazioni egregiamente os
serva il padre Spotorno (2) , che la prima ci viene da un autore
Tedesco , ricopiato dal Muratori, il quale potea considerare
che avendo perduto Innocenzo quasi tutti i suoi dominii , e
dovendo soccorrere Terra Santa , e provvedere a molti regni
coli banditi da Federigo II , perchè parziali della chiesa ; do
vea perciò essere mantenuto da' fedeli, e specialmente dagli
ecclesiastici, che allora godevano di pingui entrate. Riguardo
al maneggio delle chiavi e della spada , l'annalista italiano a
vrebbe dovuto parlare con minore acerbità di un pontefice così
dotto e così santo . Innocenzo era sacerdote e sovrano , obbli
gato a difendere i suoi sudditi , e i diritti dell' apostolica sua
sede. Nè adoperò egli mai la spada ; che ciò non si addice al
carattere di sommo pontefice: raduno e spedì gli eserciti ne
cessarii ; e così satisfece alle obbligazioni di principe . Che poi
fosse troppo imperioso nel maneggio delle chiavi , è una pro
posizione smentita dagli annali stessi del Muratori; dove si
trova che tutti i sovrani della cristianità ebbero sempre gran
dissima venerazione ad Innocenzo ; nè fu turbata giammai la
reciproca armonia da un'ombra benchè minima di contese o
dissapori. Che se all'annalista dispiacevano le determinazioni
pontificie contra di Federigo II , esse piacquero però ad un
concilio generale , e a ' due primi sovrani di Europa , l'impe
ratore de' Greci , ed il santo re di Francia Ludovico . Più ra
(1 ) All'anno 1254 .
(2) Storia letter. tom 1 pag. 197. Presso questo chiar. autore siccome nella
storia del M. G. Serra troverà il leggitore quasi tutto ciò che in questo articole
abbiamo scritto d' Innocenzo IV.
353
gionevole è la terza accusa , relativa all'esaltazione de' parenti.
Non ne parla il Muratori , perchè , a dir vero , Innocenzo IV
non cadde in eccesso notabile , se vogliam riguardare all'uso
di quei secoli. Ne tratta però Paolo Pansa , il quale , benchè
genovese , non seppe trasgredire l'ufficio di storico sincero ;
cui viene imposto di nulla tacere della verità conosciuta : ecco
le precise sue parole. « Amò grandemente i suoi parenti, che
« molti ne aveva ; perchè quelli ch'erano letterati e di buona
« vita , esaltò a dignità : gli altri furono provveduti di grossi
beneficii , talmente che fu di lui scritto : aedificavit Sion de
& sanguinibus. Ma se si guarda alle persecuzioni che pativa
« il clero in quei tempi, e quanto facilmente, per le inşidie che
a tendeva l' imperadore alla persona del papa , molti religiosi
a inclinavano alle voglie imperiali , si dirà che conveniva al
« papa a valersi de' suoi più che degli altri » . Noi chiuderemo
questo articolo dicendo che , se dalla storia d'Innocenzo si
toglie questo neo , noi lo troveremo degnissimo del grande e
logio che gli fece Onofrio Panvinio, scrittore dottissimo e pieno
di sincerità : Hic iuris utriusque consultissimus fuit ... om .
nium cardinalium consensu ... Pontifex maximus pronun
ciatus est ... Titulos cardinalium vacuos , lectis viris doctis
simis et probatissimis , replevit ... Multis egregie factis cla
rissimus, et ob vindictam assertamque libertatem ecclesia
sticam omnibus saeculis laudatissimus, Neapoli mortuus est.
LXXIV . ADRIANO V.
Adriano V che , prima di essere assunto al supremo ponti
ficato , diceyasi Ottobono del Fiesco , figliuolo di Teodosio
de' conti di Lavagna , e nipote d'Innocenzo IV , entrato di
buon ' ora nella carriera ecclesiastica , mostrò perspicacia d'in
gegno , maturità di senno e saviezza di costume. Mosso da
queste sue qualità, Alessandro IV mandollo alla legazione d'In
23
354
ghilterra , nel quale rilevantissimo ufficio gli fu associato l'ar
civescovo di Cantorberà. La legazione di Ottobono , avendo u
sato in quel regno blande ed efficaci maniere , sortì un buon
esito , con ridurre quel sovrano e li suoi baroni a pagare alla
chiesa romana i soliti annui censi, che da qualche tempo ricu
savano alla santa sede. Finita la sua missione , fu fatto arci.
diacono di Cantorberì , e quello che assai più vale , decorato
della sacra porpora dal pontefice suo zio , correndo l'anno
1251 , secondo il Ciaconio , o 1252 , giusta il Panvinio (1 ) .
Urbano IV mandò, nel 1264 , il cardinale Ottobono nella con
tea di Perugia , ove ebbe molto da faticare per la tranquillità
di que' popoli e togliere le armi a molti potenti nemici della
chiesa .
Clemente IV lo spedì per la seconda volta alla legazione di
Inghilterra , ove gli affari ecclesiastici egualmente che i civili
erano abbandonati al massimo disordine. I baroni del regno
sollevati contro al re Enrico , avevano radunato poderose
truppe e gli movevano aperta guerra. Chiamato san Ludovico
re di Francia ad interporsi per la pacificazione delle cose , si
sottomisero per alcun росо alla sua sentenza , ma quindi ben
presto ritornarono ad una feroce ribellione. Il peggio era che
moltissimi ecclesiastici e più prelati ancora secondavano i ri
belli . « Gualtieri di Cantelupo vescovo di Worcestre diede l'as
« soluzione alle sue truppe , ingiungendo loro per penitenza
v di ben combattere, e promettendo il paradiso a quelli che
« morissero per sì giusta causa . (2) » I baroni diedero la batta
glia e la guadagnarono , facendo prigionieri il re d'Inghilterra
e il re de' Romani suo fratello. In queste funestissime sven
ture , ed in mezzo all'anarchia la più sanguinosa mette piede
nell'isola e nel regno il legato pontificio, Ottobono del Fiesco,
correndo l'anno 1265. Imperterrito nel suo ufficio , chiama a
(1) Ciaconio tom . II al anno 1243 e 1276. Rinaldi all'anno 1264 , 1266 e 1276.
(2) Fleury lib. 85 , num . XXXVII.
355
-sè gli avversari del re e loro intima a deporre le armi , nulli
dichiara gli empi giuramenti che avevano prestato : si sottomet
tono molti a ' suoi ordini , altri implacabili resistono , e questi
ostinandosi nella ribellione, vengono colpiti dalle sue censure.
Raccoglie un concilio nella chiesa di Ovestminster , ove pub
blica gli ordini del papa : poco dopo un altro ne ra
duna in Nortampton , ove scomunica e vescovi e chierici che
avevano favorite Simon di Monfort capo de' sollevati. Si dà
una seconda battaglia, e questo ribaldo vi rimane ucciso, e le
truppe del re n' escono vittoriose . Pacificate tante turbolenze,
dimandò il cardinale Ottobono di ritornare a Roma , e Cle
mente gli rispondeva : laborasti satis diu , et te Dominus in
tuis laboribus honestavit , ut humano iudicio iam complevit
eosdem . Con tutto ciò non ottenne di essere così presto esaudito .
Ad altra legazione fu mandato nella Spagna , la quale di
que' tempi era divisa in più reami : e quì pure adoperossi con
fortezza di animo e con soavità di maniere a muovere quei
principi al soccorso di terra santa col danaro e con le armi.
Glorioso di tante buone imprese, finalmente ritornò a Roma,
ove , nel 1272 , presso a santa Maria maggiore fondò de' suoi
danari un grandioso monastero di Clarisse . Fu fatto arciprete
di quella basilica , e pel maggior decoro e vantaggio della me
desima scrisse nuovi statuti , che tuttora nel proprio originale
si conservano in quell'archivio. Un personaggio qual era il
cardinale Ottobono di mente sì vasta , formata al riuscimento
di negozi difficilissimi , non potevasi nemmeno per poco la
sciare in riposo. Tutti i romani pontefici de' tempi suoi ben
lo conobbero , nè cessarono mai d' impiegarlo siccome le bi
sogna della chiesa richiedevano. Dovette perciò intraprendere
una nuova ambasceria in Sicilia , indi altra in Germania ; ed
ambedue furono coronate di glorioso successo . Gregorio X ,
pontefice di santa memoria , seco lo volle al concilio generale
che celebrò in Lione , l'anno 1274 , ed a cui intervennero cin
quecento vescovi , settanta abati , e mille altri prelati.
356
Le egregie prerogative del cardinale Ottobono Fieschi fu
rono macchiate di un gravissimo errore, ch' egli commise per
favorire i suoi parenti , a danno di sua patria. I Fieschi ave
vano assaggiata la grandezza e la potenza : illustri per lo splen
dore del Vaticano , forti per le molte ricchezze , per le co
spicue parentele e più ancora per l'ambizione , mal soppor
tavano di stare in Genova in un posto , che non fosse il primo
della città e deila repubblica. Unitisi a' Grimaldi ed a più al
tre illustri famiglie , congiurarono di sconvolgere l'ordine po
litico delle cose , per aver eglino soli le redini del comando.
Non mancavano titoli colorati alla loro ambizione , e già quei
secoli erano troppo di frequente avvicendati di politiche eleva
zioni . Il fatto è , e l' imparzialità della storia non può ta
cerlo (1 ) , che Ottobono del Fiesco apertamente favoriva gl'in
triganti nemici della patria e della pubblica quiete , li diri
geva col consiglio, li soccorreva col danaro , li ricoverava nelle
proprie terre ; e come li vide non abbastanza gagliardi ad ab
battere la forza nazionale , chiamò , anzi sollecitò Carlo re
della Sicilia , principe senza pietà e senza moderazione , a
prendere signoria di Genova e del suo stato . E venne di fatto
un capitano del re , ed entrò in più terre della riviera di le
vante . Ma qui trovò sconfitta e svergognamento ; e la cosa pub
blica fu salvata , specialmente dal valore di Oberto Doria e di
Ansaldo Balbo . Le terre patrimoniali ed abaziali del cardinale,
ricetto de' banditi , furono invase e saccheggiate ; ed egli se
ne doleva in Roma , come di un ingiusto spogliamento . Che
però a sua instanza Gregorio X fulminava l'interdetto a' Ge
novesi , come a' pubblici violatori dell'immunità ecclesiastica,
Moriva questo pontefice in Arezzo , l'anno 1276 , e le sante
sue azioni ed i molti miracoli per sua intercessione operati gli
meritavano il culto degli altari. Gli succedeva il cardinale Pie
tro di Tarantasia , vescovo di Ostią , teologo insigne , e ancor
(1) Giustiniani , all' anno iz7a .
857
più venerevole pet religiosissimo suo vivere, col nome d' In
nocenzo V. Una delle prime sollecitudini del nuovo pontefice
fu di ridurre i Genovesi alla concordia interna e alla pace con
gli altri governi ; e riuscì di fatto con massima sua consola
zione a por fine alle lunghe e moleste controversie del cardi.
nale Ottobono e suoi partigiani da una parte , e il comune di
Genova dall'altra . La pace pur conchiuse della nostra repub
blica con Carlo re della Sicilia , ed attendeva già all'altra con
i Veneziani; ma la morte sua troncò ogni ulteriore trattativa.
Non visse in papato che sei mesi e due giorni, e la morte sua
fu compianta da tutta la chiesa.
Radunati in conclave i cardinali , elessero al sommo ponti
ficato Ottobono del Fiesco , che dal titolo suo cardinalizio di
sant Adriano assunse il nome di Adriano V. Non si tosto vi
desi alla suprema dignità elevato , che tolse da Genova l'in
terdetto. Vecchio ed infermiccio egli era ; però andato a Vi.
terbo a' cercar aria migliore della romana , quivi trovò la
morte , nel giorno diciotto di agosto , l'anno 1276 , dopo tren
tacinque giorni di papato , senza essere promosso al sacerdo
zio , e senza aver ricevuto la solenne incoronazione. « Era
a uomo di grande animo , così l' annalista Giustiniani , e di
« grande ingegno , e di 'lui si speravano cose assai ; ma la
in morte s' interpose. Questo è quel papa che disse a' parenti
« * suoi, che si congratulavano della sua promozione al papato ,
« che a loro era meglio avere un cardinale vivo , che un papa
« morto . Maritò una sua sorella col conte ( Tommaso ) di Sa
« voia , lasciò alla chiesa di Bologna una ricca croce d'oro ,
« ' alla chiesa di Parigi un dito di san Giovanniº Batista , alla
a chiesa di Trigoso nel territorio di Sestri , la quale aveva egli
« edificato , mille marche d'oro. Aveva nel cardinalato cento
a mila ducati d'oro di annuo reddito. Era commendatario di
de Cantuaria , di Bologna , di Parma e di Piacenza. »
)
358
LXXV. NICCOLÒ v.
Cardinale Tommaso di Sarzana , vescovo di Bologna.
Cessava di vivere Eugenio IV , nel giorno ventitrè di feb
braio l'anno 1447 , pontefice di santi costumi e di forza di a
nimo invitta , lasciando con sua grandissima afflizione lacerata
la chiesa dallo scisma. Amedeo VIII , duca di Savoia , dopo
aver rinunciato al figliuolo suo Ludovico la corona , erasi ritie
rato nell'antico monastero di Ripaglia , per applicarsi unica
mente a tutti gli esercizi di una vita penitente e religiosa. E
letto a sua insaputa dal conciliabolo di Basilea a reggere la
chiesa , col nome di Felice V , supponendo legittima la depo
sizione di Eugenio , e canonica la propria esaltazione , accettò
la profferta dignità, di cui per altro riputavasi immeritevole:
Fu riconosciuto papa legittimo , almeno sul principio di sua
elezione , da diverse nazioni tratte in errore , mentre che l'al
tra gran parte dell'orbe cattolico continuava nella sommis :
sione ad Eugenio. Non ostante le diligentissime sollecitudini
da questo papa usate per riunire la chiesa al vero suo capo ,
non potè prima di morire vedere un solo gregge ed un solo
pastore ; giacchè Felice risiedendo in Losanna , persisteva a
credersi successore di san Pietro , a mandar ordini , a creare
cardinali, a ricevere omaggi. Intanto Eugenio si avvicinava
alla tomba , ed essendo infermo, tornarono dalla loro legazione
in Alemagna Tommaso da Sarzana vescovo di Bologna , e Gio
vanni Carvaial auditore di Rota , creati cardinali nell'anno
precedente ; e andati a visitare il pontefice per contargli quello
che nella loro legazione avevano operato , Eugenio rivolto a
Tommaso , gli disse : tu sarai mio successore ( 1 ) . E così fu .
Dopo che sol dieci giorni era vacante la santa sede , radunati
i cardinali in conclave nel convento di santa Maria sopra Mi
(1 ) Rinaldi continuazione degli ann , ecclesiast. , all'anno 1447.
359
nerva , elessero con maravigliosa concordia esso Tommaso ,
prete cardinale del titolo di santa Susanna , vescovo di Bolo
gna , nel giorno sei di marzo , l'anno suddetto 1447.
Egli nacque in Sarzana , da Bartolommeo (1 ) Parentucelli,
uomo di mediocri facoltà e medico di professione : la madre
nomossi Andreola ; e rimasta vedova , passò a seconde nozze.
Tommaso in età di dodici anni fu mandato a Bologna , ove
attese alle lettere e alla filosofia ; ed avuto il grado di mae
stro , che allora valeva assai , essendogli mancato il danaro ,
tornossi a Sarzana presso la madre. Ma nè questa poteva soc
correrlo , nè il marito , povero e padrigno , aveva modo o vo
lontà di largheggiare. Allora Tommaso se ne andò a Firenze ;
e posesi in casa di Rinaldo degli Albizzi maestro a' suoi figli ;
e passato un anno, andò nell'ufficio medesimo a servire Palla
Strozzi. Trovandosi poi ad avere alcuni scudi , tornò a Bolo
gną , ove in due anni di studio meritò d'esser fatto dottore in
teologia. Era vescovo il beato Niccolò Albergati , uomo di
grande animo, il quale saputo delle ottime condizioni e dell'
ingegno rarissimo del Sarzanese , volle averlo in sua corte
nell'ufficio di maestro di casa ; e dopo tre anni l'ordinò sa
cerdote. Sembra verisimile che il canonicato di Bologna lo
debba il nostro Tommaso all' Albergati. « Nella Pieve di Cen
« to , diocesi bolognese , dice il padre Spotorno ( 2 ), mi venne
« affermato , l'anno 1819 , che fosse canonico della collegiata
se di quella terra ; e forse fu questo il primo benefizio eccle
s« siastico conferitogli » . Intanto avendo il B. Albergati dovuto
compiere diverse missioni addossategli da' pontefici , Martino
V ed Eugenio IV , volle sempre aver seco il dotto e prudente
maestro Tommaso , a cui ottenne il titolo di Suddiacono apo
(1) Monsig. Giorgi in vita Nicol. pag. 17.
( 2) Il padre Spotorno , nel tom. III della sua stor. letter . , ha raccolto con
isquisita diligenza tutto ciò che concerne a Niccolò V, come uomo eruditissimo,
protettore degli studiosi e ristauratore delle scienze..
360
stolico. Tolto l'Albergati alla vita mortale, fu teologo nel
concilio di Firenze contra gli errori de'Greci ; e di poi nunzio
a' Fiorentini e alla corte di Napoli , fatto vescovo di Bologna
nel 1444 , nunzio pur di nuovo in Germania e in Borgogna , e
riformatore della basilica di Laterano. In tutti questi scabrosi
e rilevanti uffici si ammirava in lui , non saprei dire , se più
una vasta dottrina , o perspicacia d'ingegno , o matura pru
denza : egli era tutto insieme pio , insinuante , destro negli af
fari, senza orgoglio e senza altro interesse che quello di far
bene agli altri e promuovere il decoro della casa di Dio , e
l'obbedienza alla santa sede. Mentre da Vienna tornava in Ro
ma , fu creato cardinale del titolo di santa Susanna , nel giorno
16 dicembre 1446. E quando, non ancora compiuti tre mesi ,
posata la porpora , passò al camauro , la sua promozione fu
universalmente applaudita: tanto può lo splendore e la forza
della virtù ! « Entrò in questo pontificato con grandissima gra
« zia di tutti quelli che lo conoscevano , ed acquistonne la
« sede apostolica grandissima riputazione per tutto il mondo ,
« vedendo questa degna elezione » . Così scrive Vespasiano
Fiorentino nella vita di questo papa (1 ) . Volle nominarsi Nic
colò V , per la memoria del cardinale Niccolò Albergati, suo
esimio protettore.
Il primo vivissimo suo studio fu quello di estinguere lo scis
ma. A tal fine scrisse a' vescovi lettere caldissime, mandò in
diversi regni savissime legazioni , intimò severe minacce men
tre adoperava mezzi soavissimi, nè trascurò l'interposizione
de' sovrani suoi aderenti , Federigo III imperatore de' romani
e Carlo VII re di Francia. Gli uffizii di questi due principi a
gevolarono grandemente la sospirata conciliazione . Di fatto
presto si scossero molti prelati seguaci di Felice V , e lo ab
bandonarono : esso medesimo in fine ascoltò proposizioni di
pace , con tale sincerità di animo, che spogliatosi di tutte le
(1 ) Rerum Ital. XXV 279. 1
361
insegne pontificali , si sottomise pienamente all'obbedienza di
papa Niccolò , con pubblico stromento scritto addì sette di a
prile , 1449. Dopo di ciò Amedeo « tornato nel convento di
Ripaglia si diede con molto suo profitto spirituale alla con
# templazione delle cose celesti, ed ivi terminò i suoi giorni
a con pia morte (1) » .
Le sue ossa furono poi trasferite a Torino , ne' sotterranei
della chiesa metropolitana : e di qui per ordine dell'augustis
simo nostro regnante Carlo Alberto furono rimosse nell' anno
1835 , per essere traslate nella superiore cappella della santis .
sima Sindone , ove ora giacciono sino all'erezione di un son
tuoso mausoleo .
Non sì tosto seppesi in Roma la fatta rinuncia , che tutta la
città esultonne di massima allegrezza. Riconoscendo da Dio
questa pace , ordinò il pontefice che , in rendimento di grazie
all'Altissimo , si facessero in Vaticano solennissime proces
sioni, alle quali egli intervenne con tutto il clero e concorso
grandissimo di popolo. Tutte le città d'Italia ne esultarono
parimenti , anzi tutte le chiese del mondo cattolico . Volendo
da canto suo papa Niccolò vie meglio consolidare la concordia
universale , confermò di consentimento del sacro collegio tutte
le cose fatte e concedute da Amedeo sì alle persone che a'luo
ghi ; ritornò al primo stato coloro che per sentenza di Eugenio
erano stati spogliati de' benefizi ; annullò tutte le cose scritte
e dette sì contra esso principe che contro a' prelati suoi fautori
raccolti in Basilea ; e finalmente la generosità del papa fu tanta
che creò Amedeo cardinale di santa chiesa , e suo vicario in
tutta la Savoia (2) .
Ma di tutte le concessioni quella che oggidi particolarmente
rammentasi , e tuttora gloriosamente sussiste in vigore , è la
(1) Oderico Rinaldi , all'anno 1449.
(2) Iri. Delle concessioni fatte da Niccolò V alla reale casa di Savoia io gid
scrissi nella storia di Carlo Emanuele III , tom. II , cap. 2 , stampata in Torino
dalla Tipografia Reale , nel 1831 .
362
bolla che papa Niccolò spedì in data del dieci gennaio 1451 ,
nella quale il papa , fra le altre cose , diceva che non avrebbe
conferiti li benefizi concistoriali, ossia le sedi arcivescovili,
episcopali ed abbaziali esistenti negli stati del duca di Savoia ,
senza previa manifestazione dell'intenzione e del consenso di
esso duca , intorno alla persona da promuoversi ad essi bene ,
fizi; che poi riguardo alle altre dignità non pontificali e ad
altri benefizi generalmente riservati alla santa sede , le provvi
sioni non si farebbero fuorchè a favore di persone suddite ed
accette al principe. Questo ampio indulto che gode da più se
coli l'augustissima régnante casa di Savoia devesi alla genero
sità di un papa della Liguria.
Ottenuta la pace spirituale della chiesa , papa Niccolò affa
ticavasi grandemente per ridurre a concordia i principi cri
stiani. Ardeva la guerra fra il re Alfonso , i Fiorentini, i Ve
neziani , i Milanesi , il duca di Savoia e il duca di Monferrato ;
le pretensioni di questi sovrani erano molte , complicati gl' in
teressi, e la buona fede pochissima, di maniera che già con
venuti alla pace , tornavano inaspriti a violarla. Riuscì tuttavia
papa Niccolò a riunirli con piena soddisfazione. Pacificate le
corti di Europa , rivolgeva le assidue sue cure ad opporsi alle
armi de' Turchi, che imbaldanziti delle rapide vittorie ottenute
in oriente , minacciavano da un giorno all'altro di espugnare
Bisanzio , e tutto invadere l'impero greco . Scriveva perciò
animatissime lettere all' imperatore di Costantinopoli , nelle
quali con libertà apostolica riprende la ribellione de' Greci
dalla fede cattolica e la loro simulata riconciliazione co' Latini,
minacciandoli apertamente che , se ritardano ancora la sincera
abiura dell' eresia , temer devono quanto prima l'ira di Dio e
sopra la capitale e sopra tutto l'impero ; la scure , diceva Nic
colò , è già vicina alla radice. Alle calde esortazioni che man
dava in oriente faceva poi il magnanimo pontefice succedere tutti
i soccorsi, che dall' occidente aveva potuto raccogliere, venti
navi e nove galee genovesi , venete e catalane , raccozzate con
3
363
molta spesa é fatica . Ma per fatale disavventura questi arma
menti approdarono a Negroponte il giorno dopo che Costanti
nopoli era caduta nel potere de' barbari, con orrendissima
strage de cristiani, con la morte dell' imperatore Costantino
XV . L'armata turchesca esaltata dalla prosperità andò incon
tro alle navi latine, e le ruppe e le disperse. Correva l'anno
1453 , il giorno ventinove di maggio , ed era la solennità di
Pentecoste , quando Maometto secondo espugnò Costantino
poli , e distrusse il greco impero. E così pur troppo verifica
ronsi le profetiche minacce di papa Niccolò v .
Non potè egli lungamente sopravvivere al dolorosissimo di .
sastro. Piangeva amaramente la perdita di tante chiese patriar
cali , la sede di tanti insigni padri e dottori, la culla del cri
stianesimo , la perdizione di tanti fedeli; tutto cedere alla bru
talità e alla tirannia di un falso profeta , principalmente perchè
i principi di occidente ostinati a farsi guerra tra loro , non e
ransi mai voluti accordare a rispingere il nemico comune ; e
la sua mente illuminata penetrando nell'avvenire , gli faceva
temere anche mali grandissimi per l'occidente . A queste sue
vivissime afflizioni se ne aggiunsero anche delle interne e delle
domestiche , covate in Roma da alcuni spiriti torbidi, e rivolte
a sbalzare il suo trono . In mezzo a tante pene , con la sola fi
ducia in Dio , cessò di vivere la notte tra il ventiquattro e ven
ticinque di marzo , l'anno 1455 , che credesi il cinquantesimo
settimo dell'età sua. Ha nobile sepolcro nella basilica vaticana,
e ne riporto qui l' epitaffio , perchè accenna diversi tratti di
sua vita , da me non indicati. Credesi composto dal famoso
Enea Silvio Piccolomini, che fu suo successore nel papato col
nome di Pio II.
364
Hic sita sunt quinti Nicolai antistitis ossa
Aurea qui dederat saecula Roma tihi.
Consilio illustris virtute illustrior omni
Excoluit doctos doctior ipse viros.
Abstulit errorem quo schisma infecerat orbem :
Restituit mores moenia templa domos.
Tum Bernardino statuit sua sacra Senensi
Sancta Jubilaei tempora dum celebrat.
Cinxit honore caput Friderici coniugis aureo :
Res Italas icto foedere composuit.
Attica Romanae complura volumina linguae
Prodidit. En tumulo fundite thura sacro .
La storia di Genova , dice saggiamente il marchese Gerola
mo Serra , deve un particolare tributo alla memoria di Niccolò
V. Niuno più di lui onorò la nazion genovese e la sedia ponti
ficale. Nato nella mediocrità , conseguì per merito in brevissi
mo tempo le principali dignità ecclesiastiche. Prese cura de?
suoi congiunti, ma senza eccesso ; rinunziò in favore della sua
patria al regno di Corsica , che era stato offerto da' malcontenti
al suo predecessore. Invitolla più volte alla concordia , qual
membro principale dell'italica nazione , e porzione singolare
del cristianesimo. Sovvennela quanto potè contra i Mussul
mani ; ma nelle controversie di quella con gli altri stati cristiani
non si mosse dall'amorevole imparzialità , che pur bene si
addice al padre comune de' fedeli. Capo e difensore della chie
sa , ei non collocò la sua grandezza nella forza delle armi o
nell' ambizion degli acquisti , ma sibbene nel vigilare sul clero,
nell' ammaestrare i popoli , ed ammonire i principi con carità
e prudenza , soprattutto nell'essere esemplare , sollecito e co
stante , non solamente di credenza sana , ma d ' illibati costu .
mi . La maggior parte de letterati , esistenti quando la casa
de'Medici fioriva , han dato ad essa il vanto di restauratrice
delle arti e delle lettere ... Ma i pregi di quell'inclita famiglia
365
ci sembrano inferiori a' meriti di Niccolò V , e la sincerità della
storia deve a lui restituire ciò che l' adulazione gli ha tolto .
Cosimo de' Medici rinnovò chiese e palagi, si in Firenze che
nelle vicine castella ; condusse l’Argiropolo letterato greco , ac
ciocchè la gioventù fiorentina le buone lettere apparasse ; al
bergò nelle sue case Marsiglio Ficino , secondo fondatore della
platonica scuola. « Però Cosimo avendo a ordinare la libreria
« di san Marco , scrisse a maestro Tommaso gli piacesse fargli
« una nota , come aveva a stare una libreria. Mandogli un'or
« dine che sta in modo , che chi non ha avuto quello innanzi ,
a non può a buon modo riuscire ; e scrisselo di sua mano e
a mandollo a Cosimo ; e così seguitò l'ordine suo in queste
« due librerie di san Marco e della badia di Fiesole ... E chi
« sarà pe' tempi a far libreria , non potrà far senza questo in
« ventario di Tommaso da Sarzana » . Così parla Vespasiano
Fiorentino con amabile semplicità. Lorenzo de' Medici spedì il
Lascaris in Grecia per arricchire de' codici ivi sepolti la sua
biblioteca ; instituì nella villa sua di Careggi i platonici con
vitti e l'accademia ; raccolse nello studio di Pisa i professori
più eccellenti nelle arti , e proseguì sulle pedate dell'avo ad
illustrare la Toscana. Sono queste opere lodevoli assai ; ma
Niccolò V fondò il palagio e la libreria de' pontefici in Vatica
no , la chiesa di san Teodoro presso al monte Palatino , il
tempio di santo Stefano nel monte Celio , restaurò il ponte
Milvio , le porte romane , e il Panteon , opera maravigliosa del
secolo di Augusto ; ristorò le mura di Roma , il Campidoglio
e l'acquidotto dell'acqua vergine, detta di Trevi, purgò il
letto del Teverone ; fabbricò un palazzo presso santa Maria
maggiore , coprì di piombo la Rotonda ; rifece il pavimento in
tutte le vie della città , e con militari edifizi difese san Pietro.
Le chiese di san Francesco in Assisi e in Fabriano , e quella
di san Benedetto in Gualtieri , ebbero da lui nuovi ornamenti.
Quanto è poi alle lettere , dalle rovine delle librerie orientali
e da' monasteri più oscuri d'Inghilterra e di Germania, egli
366
cavò i manoscritti più rari dell'antichità ; dove non potè gli
originali, a gran prezzo ottenne le copie. Alle sue cure istanca
bili , alla sua amicizia e munificenza verso i letterati andò de
bitore il mondo latino , non solamente delle prime versioni de'
padri greci , puri modelli di eloquenza cristiana , ma di Seno
fonte , Diodoro , Polibio , Tucidide , Erodoto , Appiano , della
geografia di Strabone, delle poesie di Omero , delle opere mi
gliori di Platone, Aristotele , Tolomeo e Teofrasto . Nelle quali
cose egli si proponeva un fine sublime e degno del suo mini
stero ; tenendo per fermo che l'universale ricerca del vero
sommamente convenga a una religione , la quale sola fra tutte
richiede un ossequio ragionevole , e si compiace che i fonda
menti di sue dottrine si esaminino al lume della filosofia . Tale
fu Niccolò V , sostegno della chiesa , maestro de' dotti, protet
tore delle scienze , l'ammirazione del secolo suo e de' poste
riori, ornamento e splendore perpetuo della Liguria (1 ) .
LXXVI. SISTO IV.
Francesco cardinale della Rovere di Albisola .
Patria di Sisto IV fu Alhisola, per testimonianza de’più gravi
scrittori antichi e moderni; i genitori suoi furono Leonardo
della Rovere e Luchina Monleone, che abitavano in quella parte
di Albisola che dicevasi la villa de' Bruciati , in un luogo
detto oggidì ancora de' Papi. E perciocchè tal contrada spet
tava di quei tempi al comune di Savona , dal quale fu staccata
verso il 1530 per unirla , o restituirla alla comunità di Albi
sola , egli poteva dirsi Savonese ; e come tale il riconobbero i
suoi coetanei ; ma dopo la separazione accennata , fu detto , e
con ragione , di Albisola. La famiglia della Rovere in Liguria
( dovendosi distinguere da quella signorile che fioriva in Pie
( 1) Serra tom . III lib. VI c. VII. Spotorno , ove sopra.
367
monte ) non era nè nobile , nè vile , ma di onesta condizione
popolare. La sua nascita è fissata addì ventuno di luglio , 1414,
nel qual anno fu grande mortalità , onde è che molti fuggendo
alle parti remote dal commercio , Leonardo ebbe condotto la
moglie nella villa di Pecorile, sul territorio di Celle, ove nella
casa degli Spotorno si sgravò di quel bambino , che sedette
poi sulla cattedra di san Pietro . Gli Spotorno sono oggidì an
cora padroni di quella casa , ove nacque il figliuolo di Leo
nardo , e ne mostrano la stanza. Egli ebbe il nome di Fran
cesco , e in età di anni nove entrò ne'frati minori. Nel con
vento di Savona apparò la grammatica e le costumanze dell'or
dine dal padre Giovanni di Pinerolo ; in Chieri ( nel convento
edificato da san Francesco ) studiò la dialettica , della quale
molto si piacque; in Pavia ed in Bologna ascolto lezioni teo
logiche e filosofiche , e ne tenne pubblica disputazione in Ge
nova dinanzi a'suoi religiosi adunati a generale capitolo . Parve
cosa affatto singolare che un giovinetto di venti anni sápesse
ragionare di cose sì alte con facondia , chiarezza e sottilità ; e
Guglielmo di Casale , generale de'minori, ne fu tanto com
mosso , che non seppe tenersi dall'abbracciare il disputante, e
lodarlo al cospetto di quell'assemblea. Francesco ricevette in
Padova il titolo di maestro di filosofia e di teologia . Le uni
versità d'Italia facevano a gara per averlo lettore ; e l'otten
nero , infra le altre , Padova , Bologna , Pavia , Siena , Firenze
e Perugia , e di questa ultima conseguì la cittadinanza. Datosi
alla predicazione, fu giudicato grazioso ed eloquentissimo di
citore. Nel generalato di lacopo Sarguella fu procuratore di
tutto l' ordine presso la corte romana , vicario per l'Italia e
provinciale di Genova. Visitò questa provincia , e riformatala
con ottimi provvedimenti , rinunciò l'officio del provincialato,
per non abbandonare la curia . Ma l'anno 1464 , nel capitolo
di Perugia , venne promosso per consiglio di san Giacomo
della Marca al general governo dell'ordine francescano . « Ed
in vero , dice il Wadingo, egli parea fatto dalla natura per
868
governare: così era affabile , nel dire efficace , arguto nel ri
spondere; padre a tutti, reverendo a' buoni , temuto da cat
tivi; nel conversare con gli uomini dotti erudito ; nè accigliato
co ' semplici : con ragioni , non con ingiurie riprendeva altrui
delle colpe commesse ; prudente ancora , parco nel vitto , di
aspetto giocondo. » Non aveva ancora finito la visita . de' con-,
venti dell'ordine che , stando in Pavia in sul partire per Ve
nezia, riceve lettera di Roma, Paolo II , averlo creato cardinale .
Ritorna dunque a Roma , ed aiutato da' cardinali amici , riatta
la canonica di san Pietro ad vincula , vi si adatta con la sua
corte , e prende a studiare il diritto canonico. In questo tempo
muore Paolo ; e il cardinal della Rovere gli succede col nome,
di Sisto IV , il giorno nove di agosto , 1471 .
Non sì presto intese la repubblica di Genova l' esaltazione
di lui al sommo pontificato , che mandò una solenne ambasce
ria di otto onoratissimi cittadini a prestargli ubbidienza e ve
nerazione. Compiuto l' alto ufficio e « ritornati in Genova , ri
ferirono molte cose in laude del pontefice e del suo grande
amore alla città , della quale si gloriava di esser fatto citta
dino , quando era ancora in minoribus : recitarono come aveva
confirmato tutti gli antichi privilegi concessi alla città per
molti altri papi suoi predecessori , fra li quali è che la città
non possa essere scomunicata , nè interdetta , e che niuno cit
tadino , nè suddito di Genova possa essere tirato in corte di
Roma , nè fora della città , nè del distretto , salvo se di que
sto indulto è fatta specifica menzione di parola in parola , an
corchè, nel rescritto fosse la clausula derogatoria ... e come
aveva assoluto tutti coloro che avevano sino a quel giorno ne
goziato con gl'infedeli etiam de rebus prohibitis, e tutte que
ste cose aveva concesso per bolla piombata , e come aveva dato
privilegio alla città di poter far dottori in legge ed in arti , e
provvisto sopra la reformazione delle monache vagabonde , e
dato ordine ancora per l'edificazione di uno grande ospitale ,
e tutte le predette cose concesse sua santità per scrittura au
1
369
tentica , che si conserva nell'archivio della comune; concesse
ancora oraculo vivae vocis di poter 'negoziare cogl' infedeli, e
particolarmente co'Turchi , ancorchè con loro si guerreggiasse
attualmente , ma non però delle cose proibite , e concesse la
sparcina , cioè una certa corda che si soleva dare a' mori di
Alessandria e di Egitto , e non volle concedere queste ultime
cose per bolla , acciocchè non gli fossero domandate da altre
nazioni , e diceva che questo bastava per discarico di con
scienza : ed il senato comandò che di tutte le predettè cose si
facesse pubblico stromento per mano di Nicolao della Cre
denza , cancelliero e custode de' privilegi pubblici. » Così l'an
nalista Giustiniani , all'anno 1472 , le cui parole se mostrano
da una parte l'animo generoso di Sisto IV verso la sua patria,
ci fanno dall'altra conoscere la ecclesiastica disciplina che di
que' tempi era in vigore.
Delle azioni di questo papa diremo brevi parole , essendo
sene scritti molti volumi . Non meno di Niccolò v fu egli me
cenate dei letterati e di ogni liberal disciplina. Egli chiamando
a Roma da ogni parte d'Italia e specialmente di Toscana , i
più nobili pittori ad ornar la Sistina , aprì alla pittura un ma
gnifico teatro ; e preparò il secolo di Raffaello . Roma , dice il
Tiraboschi, è piena di opere di sovrana magnificenza , delle
quali l' adornavano Niccolò V e Sisto IV. E il padre Oldoini
nelle giunte al Giacconio protesta tanti essere gli edifizi fatti
da Sisto , che delle sole pietre nelle quali è scolpito o il nome
o lo stemma di lui , se ne potrebbe fabbricare un gran pa
lazzo . Riparò ed abbellì la Basilica Vaticana , quella di Late
rano , e molte altre chiese di Roma. Il ponte Gianicolo , da
lungo tempo caduto , venne per lui rifabbricato di travertino ,
e ne porta il nome , chiamandosi ponte Sisto . Aprì una via
che da Castel sant Angelo mette al Vaticano. Nello spedale di
santo Spirito in Sassia fece formare un dormitorio per al
bergarvi i nobili infermi, caduti nella mendicità. Gran copia
di libri raccolse da ogni parte di Europa ; e, giusta le grandi
24
370
idee di Niccolò v , fattigli disporre in ordine opportuno , ed as
segnato un annuo stipendio a comperarne de ' nuovi , aprì fi
nalmente la biblioteca vaticana ad uso del pubblico , affidan
done la cura al famoso Bartolommeo Platina , e , lui morto , ad
altri letterati di grido ; aggiuntivi due scrittori , nominati da
Sisto nel 1481 , uno italiano e l'altro francese. Così se ben
ordinata chiamasi una biblioteca , allorquando possede buon
numero di scelti volumi , e questi saviamente disposti secondo
le materie ; e quando è fornita di scrittori, e retta da un dotto
bibliotecario , e quando può con determinata rendita procac
ciar nuovi tesori letterarii ; egli è cosa evidente che Sisto IV
fu il primo a ben ordinare una pubblica libreria. In una pa
rola tanto operò in abbellimento di Roma e nel favorir le let
tere e le arti , che nel nobilissimo mausoleo di bronzo a lui ,
ma contro al suo volere , posto in Vaticano , con ogni ragione
si effigiarono tutte le scienze ; e nell' epitafio fu scritto che
aveva ristorato l' alma città : Urbe instaurata .
Sisto IV settuagenario cessò di vivere , al tredici di agosto
nel 1484 , dopo tredici anni e quattro giorni di pontificato.
Certamente non fu senza difetti. Ritrovandosi, a cagione di
tante guerre nelle quali erasi complicato , bisognoso di un
gran danaio , fu il primo pontefice , dice il Panvinio nella vita
di lui , che ritrovasse nuovi officii da poter vendere ; impose
nuovi dazi ed accrebbe gli antichi. Riscosse non senza macchia
di avarizia di molte decime da'prelati. Ma queste cose , sog.
giunge il medesimo storico , si debbono , al parer mio, a neces
sità attribuire , o a' parenti , o ministri suoi , massime non es
sendo fino a quel tempo stato pontefice nè di animo più gene .
roso di lui , nè più pronto a beneficare. Onde mantenne ono .
ratamente a sue spese Andrea Paleologo signor della Morea e
Leonardo di Tocco principe di Albania , ch'erano dal Turco
stati deposti e cacciati da’loro stati ; a Sofia Tommasa figliuola
del Paleologo , che aveva sposato, il duca di Russia , diede in
dote sei mila scudi d'oro ; ricoverò benignamente Carlotta re
371
gina di Cipri e la regina della Bosnia , che da' regni loro e 1
spulse , erano spogliate del necessario e del convenevole , con
molta cortesia sollevandole dalla loro miseria. E così ad altri
principi venuti a Roma usò liberalità che si addicevano al loro
decoro .
Di altre più gravi accuse è incolpato Sisto IV ; e fra gli altri
critici , Muratori è uno di quelli , che ne scrive troppo acerba
mente . Le sue imputazioni con somma equità sono state pon
derate da insigni scrittori, e segnatamente dal padre Spotorno ,
il quale professando sempre quel gran principio dell'arte sto
rica , nulla dire di falso , nulla tacere della verità , va segui
tando l' annalista italiano , e quello approva che trova secondo
ragione, e ribatte con modestia le cose non vere ; che però ad
un autore sì giudizioso ed imparziale può ricorrere sicura
mente il leggitore ( 1 ) .
Di tutte queste imputazioni fatte a Sisto IV io accenno sola
mente la più ingiuriosa, che è di essere stato complice e coope
ratore dell'ammazzamento di Giuliano de' Medici. Orrendo
attentato , che farà sempre ribrezzo in tutti gli annali della sto
ria civile ed ecclesiastica . Assisteva costui in giorno di dome
nica con suo fratello Lorenzo , il giorno ventisei di aprile, nel
duomo di Firenze alla santa Messa , coll' intervento del po
polo . I Pazzi nemici della grandezza de' Medici assalirono i
due fratelli applicati tranquillamente all'assistenza del santo
sacrificio , al momento dell'elevazione dell'ostia adorabile.
Lorenzo , essendo fallito il colpo alla mano micidiale . , rice
vette una leggera ferita nella gola , e potè salvarsi fuggendo in
sacristia ; Giuliano però , trafitto da più pugnalate per mano di
Francesco Salviati arcivescovo di Pisa , uno de' congiurati ,
cadde esangue a' piedi dell'altare. Eravi presente il cardinale
Rafaele Riario , nipote del papa , per parte di una sua sorella ,
giovane incauto , che per attestazione di Muratori verosimil
(1) Stor. letter. tom. 2 , pag. 115.
372
mente non era consapevole di ciò ch'era per succedere (1 ) :
I nemici di Sisto IV vogliono che egli stesso fosse conscio non
solo della congiura , ma di più de’ mezzi , e perciò dell'omi
cidio sacrilego che ne doveva risultare. Alfieri è uno di quelli
che audacemente la pensano così, e però fa dire al Salviati :
Ecco il mio stile ; il vedi ?
Sacro è non men che la mia man che il tratta :
Mel diè il gran Sisto , e il benedisse pria ( 2 ) .
Sacrilega satira ! Che Sisto fosse consenziente a' Pazzi , de
terminati a togliere od impedire il supremo comando a’ Me
dici , fin quì la cosa pare innegabile ; ma che fosse inteso dei
mezzi orribilissimi che ordirono , è verá calunnia . Sisto IV
non era informato de loro progetti , dice Fleury ( 3 ) , e così
asseriscono più altri autori niente favorevoli a' romani ponte
fici, da me consultati su di questo particolare. Il primo ag
guato che tesero i cospiratori fu di nuocere a’Medici in tempo
di un convito , e questo disegno non essendo potuto riuscire,
attentarono di eseguirlo in chiesa , in tempo de' sacrosanti mi
steri. Sisto IV fulminò le censure contra gli uccisori del Sal
viati , perchè, sebbene colpevolissimo il Salviati , non dove
vano farsi giustizia da per loro medesimi. Avendo io consul
tato un mio amico in Firenze su di questo particolare , mi
risponde così :
Del resto io ho molti scritti stampati e non istam
pati svolti per la sua bisogna con impegno grandissimo e bra
ma di trovare , se pur vi era ragione di sperarlo uno scrita
tore che fosse favorevole a Sisto , nella congiura de' Pazzi. Fra
i MS. delle librerie Migliabecchiana , Laurenziana e Riccars
( 1) All' anno 1478.
(2) La congiura de' Pazzi atto IV.
(3) All'anno 1478 num . XLVIII.
373
diana molti ve ne sono per anche inediti, la più parte però già
dati in luce e quasi tutti consultati e citati dagl' istorici dei
tempi più recenti , e di quanti ne confrontai , niuno mi venne
fatto di trovarne il quale non iscendesse nel pensiero a tutti
comune , che Sisto fosse inteso della congiura. Nè fa maravi.
glia , a malgrado che molti de' Fiorentini avesse allora il papa
dalla sua parte , che non si trovi chi abbia voluto o scolparlo
o difenderlo in que' tempi malvagi : i fatti parlavano troppo
altamente , e il partito vittorioso nella lotta fu quello de' Me
dici , venuti tanto in grazia e in amor a' Fiorentini per la loro
liberalità e splendidezza. I Pazzi erano generalmente come an
che i Salviati in odio del popolo , il qual odio naturalmente
doveva come per rimbalzo sul papa e suoi ricadere. Eravi i
noltre dalla parte di questi un torto gravissimo che l' uomo
non perdona mai nè iscusa , vale a dire il tradimento , la cru
deltà , il sacrilegio ; e dove questo si trovi, ivi pur si crede
essere ogni altra colpa , niente che scusi . Nel caldo poi delle
passioni e de' partiti diventa troppo difficil cosa il discernere
il vero dal falso , e quasi impossibile sentenziare giustamente
su le cose dell'inimico , o sulle sue ragioni e volontà. Per le
quali cose sarebbe ridicola pretesa quella di chi volesse che
per iscusare Sisto dalla taccia di tradimento e assassinio si do
vesse trovare ne' Fiorentini scrittori di que' tempi un aperto e
deciso apologista. Io per me crederei ( e credo di creder
bene ) che bastasse assai meno di questo , non a chiunque ,
per usare una frase dell'Alfieri ch' ella mi cita , fosse gallo o
tondo , vale a dire troppo tenero dei Sismondi, Roscoe , e di
quanti altri furono o sono nemici dei papi e delle cose loro ,
ma ad ognuno di buona mente , di sano e retto giudizio . Pri
mamente è mestieri confessare , che in generale quelli che
scrissero delle cose di Firenze in quest'epoca , comecchè con
vengan tutti ammetter Sisto inteso della congiura , niuno però
per quanti scritti io m’abbia svolti , ho potuto notare che il
faccia pur inteso del modo come venne operata : qui taccion
374
tutti. Gli è vero che il pensiero loro sembra voler dire una
cosa e l'altra ad un tempo ; sì che questo loro tacersi non sa
rebbe assai forte ragione per credere ch ' ei non portassero
opinione Sisto essere stato a parte di tutto ; ma se all'esamina
fatta a Giovan Batista da Montesecco e alle confessioni di lui si
pon mente, trovasi una ragione assai forte per ispiegar quel loro
silenzio in favore anzi che in disavvantaggio del papa . Questa
confessione dice troppo chiaramente qual fosse il sentimento
di sua santità, quando in sua presenza dal conte Gerolamo suo
nipote e dagli altri si tenne quel trattato , e non lascia alcun
dubbio circa la di lui volontà . Li scrittori fiorentini non pote
vano ignorare , nè ignoravan questo fatto , e , secondo che
pare , credettero alle parole del Montesecco come quelli che
erano di buona fede più che i nostri Alfieri moderni , i Sis
mondi ed i Roscoe . In secondo luogo poi questi recenti scrit
tori, per le più volte citano in falso . Così per es. il Sismondi
( Stor. delle Repub . Ital. cap. 85 ) dice essere stato Sisto IV
che ordinò al cardinale Riario di fare secondochè l'arcive .
scovo di Pisa gli avesse detto , e cita poi l'Ammirato ; ma
questi lungi dall' appoggiar questa sentenza dice , che non il
papa , ma sì il conte Gerolamo zio del giovine cardinale quelle
cose gli scrivesse ( Scip . Ammirat. lib . 24 , tom . 3 , pag. 117 ) .
Molte altre cose potrei leggiermente aggiungere a queste che
ho dette . Ella però può fare in poco assai meglio di me con
molte cose. Non manchi però di leggere un bellissimo articolo
inserito nel giornale La Voce della Ragione tom . XI ,
pag. 154 e seg. : ha in titolo Sisto IV e Lorenzo il magnifico ,
e discorre appunto del nostro fatto con assai buone ragioni.
Se bramasse legger pure la confessione del Montesecco , vegga
il Roscoe Vita di Lorenzo il magnifico tom . 2 , append.
pag . LXXV e seg. , Pisa 1799 la quale vien riportata in
sieme con la scomunica , o controscomunica del sinodo Fio
rentino contro al papa . Nelle note a questo tomo ella troverà
pure molte altre cose che le potranno giovare , fra le altre la
375
63 al cap . 4 , ove lo scrittore protestante rivede un po' , come
si suol dire , le buccie all' Alfieri medesimo in riguardo alla
sua tragedia , pag. 226 : poi questo bel passo del Poliziano :
Romae ubi nunciatum est ( l'assassinio di Giuliano e il fatto
della congiura ) maximus dolor , mira omnium de Laurentii
incolumitate exultatio : pag. LXII etc. etc. Il Macchiavelli
non ha circa la nostra questione di più dell'Ammirato , e de
gli altri antichi scrittori. Se poi ella volesse andar più oltre
nelle sue consultazioni , vegga Giovanni Cambi ( Delizie degli
Eruditi tom . 21 ) . Mich. Bruto lib . VI , Iacopo Nardi lib. 1 ,
part. 2 ; Fafroni vita di Lorenzo il Magnif. ; Allegretto Alle
gretti , Diarii Senensi ( Muratori, Rer. Ital . script. tom . 23 ,
pag. 765 ) ; Raynaldi continuat. Annal . eccl. an . 1478 S 1 e
seg. ; Anton . Galli de Rebus Genuen . ( Murat. tom . 23 ut sup.
etc. etc. ) Non voglio per altro mancar di dirle , quantunque
sia cosa dappoco , aver io trovata una lettera scritta in quel
tempo da Luigi re di Francia , nella quale il re prega Sisto di
non lasciare impunito alcun de' congiurati , e di far riparare
detto eccesso , e di far punire tutti i delinquenti e tutti
quelli che ne sono consenzienti o partecipanti. In essa non
si appalesa neppur il sospetto di credere che il papa fosse in
teso della congiura. Ella è , per quanto io so , inedita e da nes
suno citata ..... »
Firenze , 30 giugno 1837
S. R. D. M.
376
LXXVII . INNOCENZO VIII.
Giovanni B. Cardinale Cibo Genovese del titolo
di santa Balbina .
Dell'antichissima famiglia Cibo , orionda di Grecia , per
canto di padre , e dalla nobilissima casa de' Mari per parte di
madre, trasse i natali in Genova Innocenzo VIII , intorno all'
anno 1434 , col nome di Giovanni Batista al fonte battesimale.
Suo padre , che chiamavasi Arano , spedito dalla repubblica
con gagliardi soccorsi a Luigi III e Renato d'Angiò , fu fatto
vicerè di Napoli : qui educò la sua famiglia , e Giambatista per
alcun tempo sedotto dalle vanità del mondo , abbandonossi
alle passioni più pericolose dell' età giovanile. Alla morte del
padre seguita in Capua , risolvette il figliuolo di lasciare la
milizia e darsi intieramente ad un vivere regolato e alla col.
tura delle scienze . Con tal intendimento venne a Padova , ove
di fatto applicossi per alcuni anni all'acquisto delle umane e
divine, cognizioni. Promosso al sacerdozio con ottime disposi
zioni , recossi a Roma, e qui ricevuto volentieri e trattato con
molta cortesia dal cardinale Calandrino , fratello di Niccolo V,
fece rapidi avanzamenti nelle dignità ecclesiastiche. Paolo II
il promosse al vescovado di Savona ; poco appresso Sisto IV
all'uffizio della dataria , e poi nell'anno 1473 al vescovato di
Melfi ed al cardinalato insieme. In tutti questi ufficii mostrava
egli tale saviezza di costume, sì giusta perspicacia d'ingegno ,
tanta prudenza in tutte le azioni sue che fu giudicato attissimo
ad assistere in qualità di legato apostolico alla dieta di No
rimberga , per ridurre a concordia l ' imperadore Federigo III
e Mattia re di Ungheria . Intanto sopravvenne la peste , e par .
tendosi il papa da Roma , giudicò bene deputare il cardinale
Cibo al governo dell'infelice città . La resse egli con assidua
vigilanza per impedire la propagazione del morbo , con amo
377
revole cura verso gl' infetti , esponendo se stesso all'ultimo
pericolo pel bisogno altrui. Acquistossi perciò la generale sod
disfazione. Ritornato Sisto a Roma , lo mandò a Siena a paci
ficare quei cittadini che si tagliavano miserabilmente a pezzi 7
e riuscì a ridurli in concordia . Altre pacifiche legazioni gli fu
rono commesse , ed in tutte si fece conoscere , qual era , gra
zioso di costumi, diligente negli affari, e di mirabile e dolce
eloquenza fornito . Non è però maraviglia , che, radunati alla
morte di Sisto IV i cardinali in conclave , in numero di ven
totto , venissero all'elezione di lui al papato. Avvenne questa
esaltazione il giorno ventinove di agosto , 1484 ; ed in questa
maniera ad un papa Ligure successe immediatamente un papa
Genovese. Assunse il nome d'Innocenzo VIII in memoria di
Innocenzo IV.
La patria sua esultante per allegrezza si affrettò a mandargli
una solenne ambasceria , che esprimesse i sensi di congratula
zione e di rispetto della repubblica. « Furono perciò designati
Ettore di Fiesco , Lazzaro Doria , Melchiorre del Negro , Cri
stoforo Spinola , Francesco Lomellino , Luca di Grimaldi ,
Tommaso Fregoso , Pasquale Sauli , Aloise Giberto, Bartolom
meo Canizia , Batista Bassadone e Giovanni Caldera ; aveva
ognun di essi undici servitori ( 1 ) , che però formavano cento
trentadue , tutti vestiti di livrea splendidissima. Con questo
corteggio i nobilissimi deputati entrarono in Roma, e tale figura
facevano, che per tanti principi erano guardati e non privati cit
tadini . Ossequiarono sua santità, dichiarando che per li meriti
suoi personali era stato elevato alla prima dignità del mondo , che
lucidissima gloria ne derivava alla patria , e che la repubblica la
quale mandavali si sarebbe fatta pregio e dovere in ogni tempo
di obbedire a' suoi cenni, e prestargli per terra e per mare
ogni soccorso . » Così parlava al papa in nome di tutti Ettore
Fieschi non meno gravissimo cittadino che dottissimo giure
( 1) Giustiniani all'anno 1484.
1
378
reconsulto , e la orazione latina che'recitò in quell' augusta u
dienza fu giudicata di tanto soda eloquenza , che l'accademia
veneta la pubblicò nel secolo XVI nella raccolta delle migliori
orazioni ( 1 ) . Alla nobile deputazione rispose Innocenzo con
somma benignità , confermando alla repubblica i molti privi
legi ed immunità che godeva per la grazia de'suoi antecessori.
Dopo sì grandiose onorificenze usate ad Innocenzo dalla
repubblica , devo dire con mio rincrescimento, che alcuni Ge
novesi avendo da poi a trattare con esso , si avvilirono inde
gnamente ; e l'avarizia ne fu vituperevole cagione. Di molto
danaro avendo di bisogno il papa , ricorse a' suoi concittadini,
chiedendo ad imprestito : lo prestarono eglino, ma con modi sì
sgarbati , con tali minutezze e cautele di non perdere nulla , sia
nella restituzione delle monete , sia negl' interessi del mutuo ,
quasi che imprestassero ad un mercatante sospetto di falli
mento , e non ad un personaggio della più sublime elevazione
(2) : oltre a ciò più altre offese gli usarono. Tuttavia Innocenzo
di animo generoso , siccome egli era , mostrossi sempre bene
fico alla sua patria. « A' Genovesi , dice il Panvinio , essendo
stati mal trattati in molte cose nella sedia vacante , imperocchè
in quei tempi seguivano infiniti misfatti, fece dargli soddisfa
zione intiera... ( E negli ultimi anni del suo pontificato ) non
si scordò della patria , perchè ardendo ella di guerra con li
Fiorentini per conto di Sarzana, per mezzo di ambasciatori
accordò insieme quelle due repubbliche, se ben i Fiorentini
per varie scuse e nuove occasioni non osservarono i patti; con
solò anche l' istessa patria , inducendo il cardinal Fregoso a
(1) Edizione di Venezia , appresso il Brigoncci, MDCLXVI.
( 2) Innocentius VIII a Genuensibus abalienatus ob multas offensiones et irrita .
tiones , quarum prima fuit, quod cum nonnullam pecuniarum summam publice
mutuam quaesivisset; Genuenses mutuam quidem pecuniam dederunt : ceterum ita
illeberalibus modis, ita omnia minute persequentes , tamquam non cum maximo
principe , sed cum vacillantis fidei mercatore agerent etc. Ubert. Foliet. Gen. Hist.
lib. XI pag. 259.
379
partir dalla città , essendo incolpato di tenerla divisa , ed in
tante discordie , se bene egli non potè far tanto , ch'ella non ,
si desse sotto la protezione del duca di Milano , che per impe
dirlo , come cosa di tanto pericolo al mantenimento di quella
libertà , aveva mandato Niccolò Cibo arcivescovo di Cosenza
per tal effetto . Ma essendo egli tenuto in Rapallo e condotto
poi in Genova , gli convenne tornarsene a Roma , lasciando
ogni negozio imperfetto ; anzi non mancarono di quelli che
vanamente dissero , che il pontefice aspirava egli all' imperio
della sua patria : cosa in vero sordida e molto aliena dalla na
tura sua »
Le quali parole , essendo di uno storico non sospetto , me
ritano tutta la fede, nè quindi so credere a Carlo Varese ( che
d'altronde io stimo grandemente , e tengo certe prove della
molta gentilezza sua ) il quale afferma ( 1 ) che « le ingiurie
a ( usate ad Innocenzo da' Genovesi ) facevano che il pontefi
« ce , nè senza ragione , dall'amicizia de' Genovesi si slonta
« nasse , e intieramente si rivolgesse a' loro nemici, che delle
« inclinazioni sue sapevano far prò. Sentenziava quindi che
« Genova avesse a restituir Sarzana, perchè i Fregosi l'avevano
« tolta di sorpresa a Firenze , e perchè ecc . » L'animo d'In
nocenzo , pacifico anzi che no , nè mai vendicativo , cercò di
beneficare alla patria , ancorchè gli fosse stata scortese. È vero
che fece amicizia con li Fiorentini , ma non per maligno umore
delle offese ricevute. E qual prova maggiore di bontà verso la
patria poteva egli mostrare quanto in adoperarsi, come fece ,
che rimanesse indipendente nel proprio governo , nè mai vo
lesse avvilirsi in cadere sotto il giogo de’duchi milanesi ? Nep
pure io concedo a Carlo Varese ciò che egli scrive alla fine
dell'anno 1485 , cioè che « il papa presè animosamente le di
« fese degli Aquilani ... Eccitò alla ribellione i principi di Al
(1) Storia della Repub. di Genova. Tipog. d'Yves Gravier. Genova 1836 tom .
4 , lib . 14 , pag. 109.
380
« tamura , di Salerno , di Bisignano : insomma , allumò un va
« sto incendio , per ispegnere il quale , il re ' di -Napoli ricor.
« reva a' Fiorentini e al duca di Milano » . Se Innocenzo im
prese la guerra contra Ferdinando re di Napoli , dice Fleury,
non adulatore de' pontefici , convenne a sua santità di farla ,
tanto perchè , essendo questo re vassallo e feudatario della
santa sede, trattava tirannicamente i principali signori del
suo regno , quanto perchè ricusava di pagare il tributo che
doveva alla chiesa romana ( 1 ). Col Fleury concorda in ciò il
Panvinio , il quale chiaramente afferma che , mosso Innocenzó
dalla necessità ricevette l'Aquila e l'Abruzzo e quei baroni
del regno di Napoli sotto la protezione sua , che a lui ri
corsero ... e che aveva per suo fermo scudo la ragione e la
giustizia. Nò , mio buon amico , non è il papa che allumò
quel vasto incendio ; fu anzi Ferdinando per le sue ingiustizie ,
per le sue violenze , per la sua brutale ferocia : non è Inno
cenzo che eccitò alla ribellione i principi di Altamura , di Sa
lerno ec ., come voi asserite : li tirò alla sua confederazione;
dice Panvinio ; due cose ben diverse : la prima scuote i sud
diti , la seconda affratella i signori che sono arbitri della pace
e della guerra . Imputare a ' pontefici români azioni ingiuste e
sediziose che non fecero , come pur troppo si costuma anche
a' giorni nostri, è cosa che deve dispiacere , non solo agli ec
clesiastici , ma a qualunque storico sincero.
Del resto Innocenzo era per natura sua inimico di guerra.
Raccogliendo umanamente gl' infiniti ambasciatori che a lui
correvano d'ogni intorno , scopriva a tutti i beni che apporta
la pace e i gravissimi danni che cagiona la guerra , esortandoli
a persuadere i loro principi che deponessero le armi, e quelle
rivolgessero contra i Turchi comuni nemici . E di quanto egli
suggeriva , ne diede esempio ne' primi due anni del suo pon
tificato , avendo speso cento cinquanta mila scudi in mandar
(1) Lib. 115 , num . CXLV all'an, 1484.
381
armata a reprimere il turchesco furore . Verso i poveri usava
umanità e misericordia infinita , in modo che i Germani ,
Francesi , Ungari, Inglesi e Polacchi lo celebravano in parti
colare loro benefattore. E queste cose sieno accennate per ri
battere una taccia di avarizia data ad Innocenzo dal Fleury ,
con una falsa citazione. Fu inoltre molto favorevole e liberale
con i letterati, molto benigno nel trattare , pronto nelle spedi
zioni , grande osservatore della giustizia , paziente nelle avver
sità , sentenzioso nel parlare , ricordevole de benefizi ricevuti ,
d'ingegno acutissimo, perchè subito che udiva trattar di un
negozio , penetrava tutto ciò che ad esso occorreva . Verso de
suoi parenti non fu prodigo, anzi parve in lui una troppa fred
dezza verso di essi. È vero che a Lorenzo Cibo suo cugino
concesse il cardinalato , ma fu uomo preclarissimo e molto
dedito alle lettere ; a Francesco Cibo ammogliato con Madda
lena de'Medici, che fu poi sorella di Leone X , diede il con
tado di Anguillara , non però in que' tempi di molta rendita.
Grandi cose avvennero verso il fine di suo pontificato « e tra
« le altre la maggiore che sia stata mai a memoria di uomini,
« qual fu che Cristoforo Colombo scoprì il mondo nuovo , e
« non senza mistero , dice Panvinio , che reggendo un Geno
« vese l' orbe cristiano , un Genovese trovasse un altro mondo,
« in cui si fondasse la religione cristiana » .
Il pontificato d ' Innocenzo VIII non fu più di sette anni, e
dieci mesi , e due giorni , avendo reso lo spirito a Dio al ven
ticinque di luglio , del 1492 , con dolore infinito a tutti. Gli
fu recitata dal vescovo di Concordia l'orazione funebre alla
presenza del sacro collegio , che fu molto applaudita ; ed il ve
scovo di Pace , Bernardino di Carvaial, oratore della regina di
Spagna, fu destinato a recitare altra orazione sulla necessità di
eleggere un degnissimo successore a reggere la chiesa. La re
citò egli nella chiesa di san Pietro , ove tutti i cardinali inter
vennero ; e siccome nella prima parte di questo discorso formò
un breve elogio d' Innocenzo VIJI , così ho divisato di qui ri
382
portarlo , quale fu per la prima volta dato in luce al principio
del secolo scorso dall'eruditissimo Martene , che lo aveva di
seppellito dalla biblioteca de' monaci Celestini di Metz . Il Car
vaial dice adunque così. « Innocenzo in tutto il corso di suo
pontificato ci ha lasciato egregie prove di sua clemenza , re
« ligione , umiltà , affabilità e benignità. Della giustizia fra
« le altre sue virtù fu sempre geloso osservatore : con le pa
« role e con gli esempi coltivò ed accrebbe la pace e la pro
« sperità , e molte altre azioni preclarissime operò , che tutte
« enumerare sarebbe cosa troppo lunga , ma non devesi tacere
« che dalle Spagne sterminò gli eretici , e dalle Gallie ( nel
« Delfinato ) cercò virilmente di sbandire i Valdesi. Aiuto e
« consiglio utilissimo prestò a' monarchi delle Spagne neha
« guerra di Granata , finattanto che ne riportarono compiuta
a vittoria. Finalmente nell'ottavo anno di suo pontificato , do
« po di essere stato travagliato da lungo e molestissimo mor
« bo , venne agli estremi'di sua vita. Pianse amaramente le
« sregolatezze di sua gioventù , al suo Creatore raccomandossi
« divotamente , e tutti i sacramenti della chiesa ricevette con
« piissimi sensi di religione ec . (1 ) » .
(1) Innocentius sanctissimae et recolendae memoriae VIII pontifex universo pon
tificatu suo clementiam , pietatem , humilitatem , humanitatem , et affabilitatem
servayit egregie. Iustitiam custodivit prae caeteris , pacem et abundantiam verbis
nutrivit et auxit , compluraque alia praeclara egit, quae enumerari longum esset,
inter quae haereticos Hispaniae et Valdenses Galiae exterminio dedit, ac Grana
tensi bello ad ultimam usque victoriam auctoritate , consilio et auxilio christianise
simi Hispaniae regi et reginae semper astitit. Tandem octavo sui pontificatus anno ,
longo ac diutino morbo laborans, ad certam suae mortis notitiam Dei singulari
munere devenit . Flevit anteactam vitam , Creatori credidit , viaticum et alia salutis
sacramenta devote suscepit etc. Thesaurus novus anecdotorum Edmundi Marlene et
Ursini Durand e cong, s. Mauri, Lutet. Paris. MDCCXVII. tom . II , pag. 1777.
383
LXXVIII. GIULIO II.
Cardinale Giuliano della Rovere di Albisola .
Raffaele della Rovere , fratello di Sisto IV , fu padre di
Giuliano , che assunto al papato chiamossi Giulio II . Di Albi
sola , terra vicina a Savona , era questa famiglia , siccome nella
vita di Sisto IV abbiamo già scritto ; ed appunto per la vici
nanza de' luoghi , alcuni presero errore , dicendo Giuliano es
sere Savonese. Applicatosi alle lettere e alle scienze , fecevi
maravigliosi progressi , sì per la naturale acutezza d'ingegno
di cui era dotato , che per l'assiduo studio con cui le coltivo .
Entrato negli ordini ecclesiastici , di buon ora fu promosso al
vescovado di Carpentras , presso ad Avignone : suo zio Sisto
IV , quasi nel principio del pontificato , nel giorno quindici di
dicembre , 1471 , lo creò cardinale di san Pietro in Vincoli : fu
indi eletto al vescovato di Albano , cangiatogli il titolo car.
dinalizio , poi di Sabina e fatto gran penitenziere , finalmente
di Ostia e di Velletri , e mandato alla legazione di Avignone,
In queste rapide e sublimi elevazioni molto avrà influito la
benevolenza dello zio papa ; ma bisogna concedere che molto
ancora vi ebbe parte il merito personale del nipote , giacchè
per la sicura attestazione di Onofrio Panvinio , ricevuta la di
gnità del cappello , si mostrò Giuliano in tutte le virtù eccel
lente , ma soprattutto nella modestia in tutto ciò che operava
e diceva , onde con la gravità , con la piacevolezza ed eleganza
de' costumi era caro parimente a' primi e agli ultimi. Nè gli
bastava di essere tale egli solo , che a suo potere si sforzava
di avere anche i suoi cortigiani modesti , non avendo altrove
l'animo a fare , che non si potesse dire se non bene di lui .
Con Innocenzo VIII valse egli molto di favore e di autorità ;
nel papato poi di Alessandro VI , per le gare antiche e private
ch'egli vi aveva , se ne stette dieci anni continui fuori di Ro
ma , parte in Avignone e parte in altri luoghi di Francia . Fi.
384
nalmente essendo Pio III fra pochi giorni morto , nella nuova
creazione che far si doveva , concorsero in Giuliano della Ro
vere con tanto studio e favore i voti de' cardinali , che quasi
prima ch ' ei entrasse in conclave , fu pronunciato pontefice. E
tale fu realmente eletto nel giorno primo di novembre , e nel
ventisei fu incoronato , l'anno 1503 .
Pervenuta a Genova la notizia dell'esaltazione di Giulio II ,
si fecero tutti i segni possibili di allegrezza . Si elesse una no
bilissima deputazione a recarsi nell'alma città per complire
col nuovo papa , ed erano messi Stefano Vivaldi, dottor di
legge , Giovanni Ambrosio di Fiesco , Pietro Spinola , Ambro
sio Lomellino , Domenico Adorno , Cosimo de' Zerbi , Gero
Jamo di Salvo , Pietro Sauli , Agostino de' Ferrari, Agostino
de Grimaldi , Gerolamo Doria , e Gabriello de' Fornari con
undici cancellieri della repubblica. A questi ambasciadori il
papa fece dono della rosa d'oro , la quale i pontefici solevano
presentare a' più cari amici (1 ) .
Una delle prime ed assidue cure di Giulio II fu di ricupe
rare quelle città e terre dello stato ecclesiastico , che dagli
stranieri erano state usurpate , e più ancora di ampliarne i
confini. A questo fine si confederò , coll' imperatore Massimi
liano , con Luigi XII re di Francia , col re di Spagna, col duca
di Ferrara e con quel di Mantova a danno de' Veneziani , che
con le armi avevano occupato Rimini e Ravenna appartenenti
allo stato pontificio ; e questa unione famosa ne' secoli poste
riori fù conosciuta col nome di lega di Cambrai. Nella batta
glia di Ghiradadda , seguita il giorno diciotto di aprile , 1509 ,
Venezia ebbe tale rotta , che spogliata di ogni suo dominio ,
restò isolata nelle sue pahudi. In tanta calamità si umiliarono
i Veneziani , e , mandati a Roma gli oratori, addimandavano
pietà . Mosso dalle loro suppliche, gli assolveva dalle censure
non solo , ma adoperavasi che ricuperassero città e castella in
( 1) Giustiniani all'anno 1504.
385
terraferma. Intanto l'Italia cominciava a temere ch' entrati i
Francesi in Italia per la guerra , non ne volessero più uscire
con la pace : tanto è vero che questo bel paese piacque a'
Galli mai sempre , e perciò ne tentarono in ogni tempo l'a
cquisto , e non potendolo lungamente possedere , per invidia
ne dissero e scrissero ogni male. Il papa che ne temeva
più di tutti, perchè sagacissimo conosceva la loro politica ,
presto si scosto dalla lega di Cambrai , ed alleatosi co' Vene
ziani, col re di Spagna Ferdinando , con gli Svizzeri ed indi
con Enrico re d'Inghilterra , dichiarò guerra alla Francia e
alla Germania . Queste due corti potentissime ad altri principi
congiunte combinavano nulla meno che di spogliare papa Giu
lio dell'autorità spirituale ed insieme del dominio temporale .
Disegno veramente ardimentoso ! Alcuni cardinali malcontenti
di aver un capo così risoluto , appoggiandosi alla prepotenza
Franco -Cesarea , intimarono un generale concilio in Pisa , città
allora soggetta a' Fiorentini ; i principi vi mandavano i vescovi
del loro dominio , e Luigi stimolava anche i prelati genovesi ;
ma , benchè soggetti alla sua forza , ricusarono d'interve
nirvi (1 ) . Tre sessioni si tennero in Pisa , ma non credendosi
in sicurezza i prelati , si ritirarono a Milano. A sto conci
liabolo opponeva Giulio II un concilio legittimo in Laterano. Lo
aprì egli stesso il tre di maggio , nel 1512 , e cinque sessioni
vi celebrò , nelle quali fu confermato tutto ciò che il papa a
veva fatto contra la Francia e contra il concilio di Pisa.
Marciavano frattanto gli eserciti nemici : Luigi e i suoi ade
renți da una parte , Giulio ed i suoi alleati dall'altra . Era il
giorno di Pasqua , quando si azzuffarono terribilmente presso
le mura di Ravenna , e dopo pertinacissimo combattere , la
vittoria insanguinata volò sotto le bandiere francesi. Malaugu
rata vittoria ! Estenuati di forze , privi di ulteriori soccorsi , in
seguiti dagli Svizzeri , furono costretti i Francesi a sgombrare
(1) Gjustin . all'anno 1511 .
25
386
l'Italia per ricoverarsi presto nel loro territorio , ove Luigi li
richiamava travagliato in molte parti dagl' Inglesi e dagli Spa
gnuoli, lasciando una prova perenne della volubilità delle u
mane cose , e « portando seco un buon documento a’ principi
« di non maltrattare i popoli , massimamente quei di nuova
« conquista . Certamente l' alterigia loro , l' aspro governo e il
« loro licenzioso procedere con le donne , avevano talmente
« esacerbati i popoli della Lombardia , che tutti a gara , su
« bito che se la videro bella , si sottrassero al loro dominio ,
« anzi infierirono contra di loro (1) , » E così neppure un
Francese restò in Italia , settanta giorni dopo che avevano gri
dato il trionfo , seppure dir non dobbiamo che migliaia e mi
gliaia vi restarono seppelliti . Gli scismatici di Pisa e di Mi
lano passarono pur presto le alpi , per continuare il concilia
bolo in Francia .
Altre animosità si suscitarono iņ appresso , ed altre spedi
zioni militari mosse Giulio II , or contra gli uni , or contra gli
altri governi , delle quali cose non è mio instituto lo scrivere ,
e già troppo ne scrissero altri con soverchio biasimo del pon
tefice. Certamente morì più illustre di gloria militare , che ad
un pontefice non si conviene , al giorno ventuno di febbraio
1513. Fu sepolto in san Pietro nella cappella di Sisto IV suo
zio , appresso l'altar maggiore. Onofrio Panvinio epilogò le
qualità di questo pontefice con le seguenti parole : « Fu Giu
« lio II di grande animo , costante e fiero difensore delle cose
« ecclesiastiche. Non poteva oltraggio alcuno soffrire, ed era
« implacabile co' contumaci e ribelli. Nelle calamità si mostrò
« sempre di se stesso maggiore , e di animo invitto , nelle pro
sperità seppe assai rattenersi. Fu molto liberale , nè fece
« tante guerre per altro , che per ricuperare lo stato della
« chiesa , ch'era da' varii tiranni stato occupato . >>
A queste qualità devesi aggiungere, che Giulio merita un
(1) Muratori all' anno 1512.
387
luogo distinto tra que pochi uomini grandissimi che diedero
il nome a' secoli più fiorenti per dottrina, per lettere , per arti
leggiadre. La quale verità è stata testè dimostrata dall'erudi
tissimo ed infaticabile antiquario , l' Avvocato Carlo Fea , nato
in Pigna nella Liguria (1) , e dal ch. nostro padre Spotorno.
1
Prima di essere papa , rifece in breve e magnificamente la
chiesa di san Pietro in Vincoli ch'era il suo titolo cardinalizio .
Incominciò un bellissimo portico dinanzi all'andito della chiesa
de' santi Apostoli. Egli volle ancor finire il palazzo ivi presso,
che aveva incominciato il cardinale Pietro Riario , e per la
morte che sopraggiunse poi , non ancor finito. Rifece il ca
stello presso Grottaferrata che nelle guerre antecedenti era
stato rovinato. Assunto al pontificato , avendo trovata la città
fangosa e sudicia , la rese pulita , splendida e magnifica , de
gna del nome romano . Molte strade egli aprì ed altre ristorò :
basta per tutte ricordare quella che dal suo nometuttora stra
da Giulia si appella. Le gigantesche dipinture che coprono la
volta della cappella Sistina sono opera di Michel’Angelo ; « nè
* « mai avrebbe esistito questo capolavoro quando non fosse
« stato per le premure di Giulio II , il quale inesorabilmente
& costrinse il pittore al compimento di un'opera , ch'egli
« stesso stimò superiore alle sue forze (2) . v E la chiesa di
san Pietro in Vaticano , il prodigio dell'arte , che da se sola
supera le antiche e moderne maraviglie del mondo , chi rico
nosce a primo šuo autore , se non se Giulio ? Egli fu che, get
tando per terra una parte della chiesa vecchia , incominciò col
parere e modello di Bramante il principio della nuova , e la
prima pietra vi pose solennemente , nel giorno diciotto di a
prile , 1506 , e molti tesori lasciò alla sua morte , perchè l'am
(1) Notizie intorno Raffaello ec. e paragon di Giulio II e Leone X. Roma
1822 in 8. Spotorno , tom. IV , pag. 292 e seg.
(2) Annali delle scienze religiose , compilati in Roma dall' ab . Ant. De - Luca :
novembre e dicembre 1837 , pag. 445.
388
mirabile edifizio fosse continuato. Il palazzo dell'università
romana cominciato da Alessandro VI fu proseguito da Giulio ,
che ne regolò gli ordinamenti , ed assicurò gli stipendi a' pro
fessori. La biblioteca Vaticana per opera sua fu arricchita di
.rari codici , e finalmente i più preziosi monumenti dell'anti
chità , i nobilissimi lavori che tuttodì formano lo studio delle
belle arti, e rendono Roma la sede e la regina d'ogni buon
gusto , liberati dall'antica rovina , furono raccolti e collocati
ne' giardini e nel palazzo del Vaticano dal nostro pontefice.
Raffaello , Michel Angelo e Bramante , per tacere de' minori
che pur grandi sarebbero a dì nostri , vennero destati e scossi
al sublime e all' incomparabile dall'avvedutezza e dalla ma
gnanimità di Giulio II . Conchiude l'avvocato Carlo Fea che
il pontificato di lui , aggiuntovi quello di Sisto IV , fu la vera
epoca del risorgimento e della grandezza stabile di Roma , e
che il secolo XVI non da Leone , a cui non si vuol togliere la
debita lode , ma giustamente da Giulio deve prendere il nome.
Così esser dovrebbe ; la giustizia e la verità storica - così esi
gono ad onore de' Genovesi , Eppure le più belle loro glorie
vengono da altri inyolate , ed i Fiorentini particolarmente ce
ne rubarono il vanto. Un navigatore genovese scuopre il nuovo
mondo , ed Americo Vespucci togliendo al Colombo la gloria
immortale , imprime aļle scoperte altrui perpetuamente il pro
prio nome. Giulio II fu nel secolo successivo il massimo ri
stauratore delle lettere e delle arti; e gli adulatori, spogliando
il papa genovese della sua lode , la trasferivano ad un papa di
Firenze , Leone X , decantandolo il sommo benemerito ; tulit
alter honores.
389
LXXIX . URBANO VII.
Giovanni Batista del titolo di san Marcello
cardinale Castagna.
Di antica nobile famiglia genovese discendeva Urbano VII ,
nato in Roma il giorno quattro di agosto , nel 1521. Cosimo
Castagna chiamavasi suo padre , la madre era Romana di casa
Ricci , e Giambatista nominavasi il loro figliuolo che venne
di poi assunto al papato. Di buon'ora fu egregiamente ammae
strato nelle discipline delle buone lettere che agli anni giova
nili convengono . Fu di pronto ingegno, tutto inclinato a cose
oneste e lodevoli, onde in se stesso ebbe bellissimi costumi,
e nel conversare e trattare con altri ebbe piacevolissime maa
niere ed accorto procedere, molto divoto e zelante mostravasi
della cristiana pietà. Ebbe cognizione di varie scienze , più
però di esse tinto che in esse fondato ; ma nelle leggi civili e
sacri canoni riuscì eccellente , anzi versatissimo; della quale
facoltà dopo di essere stato scolaro in Bologna , diventò ancora
applaudito dottore. Ritornato a Roma, dimorò in casa dell'ar
civescovo di Rosano suo zio , che fu poi cardinale e legato in
Francia ; nella quale legazione condusse seco il nipote Gio
vanni B. , conoscendolo destro , avveduto e a' grandi negozi
attissimo. Ricondotti ambidue a Roma , lo arcivescovo zio
volle resignare al nipote la propria dignità , ed il papa non solo
aderiva a questa promozione, ma di più un altro ragguarde
vole ufficio gl' imponeva, con mandarlo governatore a Fano.
Finito il tempo di questo governo , ne andò alla residenza di
sua chiesa di Rosano , ove con la bontà della vita , con la
molta dottrina e col- frequente sermoneggiare, fu alla sua greg .
gia utilissimo e santo pastore. Paolo IV lo mandò indi gover
natore di Perugia e dell'Umbria : il suo successore Pio IV lo
inviò a terminare una grave differenza di confini, che aveva
agitato per molti anni la città di Terni e quella di Spoleti; ed
390
in questo scabroso negozio riuscì a maraviglia per la sua pru
denza, così che le due città si riconciliarono con molta sod
disfazione delle medesime e dello stesso sommo pontefice.
Frattanto essendo stata intimata la continuazione del con
cilio di Trento , egli vi andò e vi stette sino alla conclusione .
Quivi fu fatto capo di alcune congregazioni, e nelle materie
che correvano scrisse con profondo sapere , e molte cose ay
vertà con- somma sua lode. Dopo il concilio ritornò alla sua
sede, ma pochi mesi vi si fermò, perchè il papa lo richiamò
per mandarlo mincio in Ispagna. Molte cose importantissime
egli trattò in questa scabrosa nunciatura , che fu lunga di anni
sette , e tutte sempre con molta riputazione della santa sede ,
contentezza del pontefice, soddisfazione del monarca e gloria
di se stesso . Altra legazione dovè egli sostenere in Colonia ,
dopo la morte di san Pio V , ed indi altri diversi uffici in Roc
ma , commendato grandemente in tutti per la prudentissima
maniera , con cui operava , senza pretendere cose eccessive ,
senza debolmente accondiscendere nelle ingiuste , camminando
da per tutto in quella linea di rettitudine , che è la più sicura ,
benedetta da Dio ed approvata da' saggi. E finalmente , nel
1581 al giorno dodici dicembre , fu da papa Gregorio XIII
ereáto cardinale , col titolo di san Marcello. Pochi mesi dopo
fu mandato in legazione a Bologna , ove stette sino alla morte
di esso pontefice. Ritornatosene a Roma ed entrato in conclave,
fu in qualche predicamento di essere assunto al papato ; ma
' ora di lui non era ancor giunta , perocchè Iddio in vece sua
vi destinava Sisto V , quel gran papa , la cui rigorosa giustizia
doveva riuscir utile a Roma e alla chiesa non meno che la
pietà di san Pio V. Sisto riguardò sempre il cardinale Gio
vanni B. Castagna di occhio amorevole , molto stimandolo per
l' egregie sue qualità , e continuamente preponendolo a varii
ed importantissimi maneggi , messo ancora , oltre alla congre
gazione del santo officio, a quella de'vescovi, e di più in quella
degli aggravi dello stato. Nè solamente accettissimo era al pa
391
pa , ma nella universale estimazione riputatissimo : tanto sa
peya ben condursi in tutti i negozi , politici e religiosi , pube
blici e particolari, a segno che, dopo cinque anni Sisto ve
nendo a morire , non vi era di alcuno più ferma opinione negli
animi degli uomini , che dovesse riuscire suo successore , che
di esso cardinale Castagna .
La voce generale presto verificossi ; imperocchè entrati in
conclave cinquanta quattro cardinali nel palazzo del Vaticano ,
non solo i voti necessari si unirono alla sua elezione , ma
molti d'avvantaggio ancora , senza nascervi impedimento , o
suscitarsi qualche altro maneggio . Quasi tutti adunque si vol
tarono verso di lui , perchè si sapeva essere gratissimo a’prin
cipi , al sacro collegio , a Roma e alla chiesa . Fu pertanto
creato papa , il giorno quindici di settembre del 1599 , e pub
blicata la sua assunzione col nome di Urbano VII , si fece
grandissima allegrezza da ognuno , e ciascuno ne sperava otti
mo reggimento. La sera medesima di sua esaltazione dono due
mila scudi al cardinale di Sens , e mille al cardinale Albano ,
come a cardinali poveri; e indi a due giorni , pregandolo lo
stesso Albano a prolungargli il tempo di pagare tre mila e tre
cento scudi che Sisto V già avevagli imprestato , egli rispose
che donavaglieli intieramente. Altra grossa somma di denari
condonò a diversi suoi debitori. A' parenti suoi ordinò che
non prendessero altro maggior titolo di quello che porta
vano avanti , nè che sperassero da lui doviziosa fortuna , per
chè erasi proposto di lasciar a ' suoi successori buon esempio
del distaccamento , che particolarmente un principe della chie
sa aver deve dalla carne e dal sangue : a' suoi servitori intimò
che non vestissero mai di seta , come costumavano quelli ch'e
rano stati al servizio de' suoi antecessori : a ' poveri di tutte le
parrocchie di Roma volle che fossero distribuiti soccorsi coa
piosi. Ma tanti bellissimi cominciamenti presto si cangiarono
in lutto . Nel secondo giorno di suo pontificato si sentì poco
bene ; nel dì seguente la febbre si manifesto , andò crescendo,
392
tanto che il giovedì mattina del ventisette settembre , ch'era
il decimoterzo di suo papato e il settuagesimo anno di età sua,
cessò di vivere . Concorse a vedere il suo corpo un pieno po
polo ; e molti , senza niuna sorta d'interesse particolare , fu
rono veduti a piangere: tanto rincresceva la perdita di Urba
no VII , la cui sede sulla cattedra di san Pietro quanto fu di
breve durata , altrettanto la sua memoria sarà in lunga bene
dizione , e di gloria a' Genovesi.
LXXX. CARDINALI DI SANTA ROMANA CHIESA
GENOVESI E LIGURI.
I cardinali di santa romana Chiesa , di casato genovese
ligure, sono in tanto numero che in fuori dello stato pontifi
cio , non vi è alcuna nazione del mondo che in così ristretto
territorio possa gloriarsi come la Liguria di averne altrettanti.
Furono presso che tutti non solamente cospicui per li nobilis
simi natali, ma più ancora pel merito di vita integerrima e di
vasta dottrina , pastori vigilantissimi , sommamente benemeriti
della chiesa e della santa apostolica sede , per impieghi deco
rosamente sostenuti , per legazioni difficilissime e ragguarde
voli , per molte opere pie che con magnanima munificenza o
eressero dalle fondamenta , o ingrandirono , o dotarono ampia
mente . Scrivere la vita di tutti questi personaggi, siccome
formerebbe la nostra storia troppo voluminosa , così pure ci
sembra fatica superflua , potendo facilmente il leggitore tro
vare a suo beneplacito copiose e particolari notizie di ciasche
duno di essi porporati presso il Ciaconio ed il Guarnacci suo
continuatore , meno di quelli che fiorirono negli ultimi tempi.
Aratore Ligure , cardinale diacono , all'anno 540 , sotto pa
pa Vigilio. Ciacon . tom . 1 , pag. 382 , edizione romana del
MDCLXXI.
Teobaldo ( della famiglia Grimaldi) , da Urbano II creato
393
prete cardinale del titolo di santa Maria Nova , l'anno 1088 .
Ciacon . tom. 1 , pag. 896.
Guido , ( della famiglia Grimaldi ) , prete cardinale di santa
Balbina , creato da papa Pasquale II, nel 1099. Ciacon . tom.
1 , pag. 920 .
Alberico o Uldarico Cibo , prete cardinale de' santi Gio
vanni e Paolo , creato da Onorio II , nel 1124. Ciacon . tom. 1 ,
pag . 964 .
Martino Cibo , monaco cisterciense , prete cardinale di santo
Stefano in monte Celio , sotto Innocenzo II , all'anno 1130.
Ciacon . tom . 1 , pag . 984.
Gerardo ( della famiglia Grillo ) , diacono di santa Maria in
Dominica , sotto Innocenzo II , all'anno 1134. Ciacon . tom .
1 , pag. 992.
Guido, pur detto Clemente, Cibo , prete cardinale di santa
Pudenziana , sotto Lucio II , nel 1144. Ivi pag . 1025 .
Oberto ( della famiglia .Grillo ) , prete cardinale di santa
Prisca , sotto Adriano IV , all'anno 1154. Ciacon . tom. 1 ,
pag . 1070 .
Sinibaldo Fiesco , prete cardinale di san Lorenzo in Lucina ,
sotto Gregorio IX , assunto al papato col nome d'Innocené
zo IV.
Guglielmo Fiesco , diacono cardinale di santo Eustachio ,
creato da Innocenzo IV , l'an. 1243. Ciacon . tom . 2 , pag . 128.
Alessandro Fiesco , prete cardinale di santa Artemia , sotto
Innocenzo IV , all'anno 1244 .
Ottobono Fiesco , diacono cardinale di santo Adriano , creato
da Innocenzo IV , nel 1251 , assunto al sommo pontificato col
nome di Adriano V. Ciacon . tom . 2 , pag. 129.
Ottone Grillo , creato cardinale diacono da Innocenzo IV ,
l'anno 1243. Ciacon . tom . 2 , pag . 131 .
Gottifredo o Gofredo Pisano , così detto non per ragione di
patria , ma per cognome di antica e nobile famiglia genovese ,
394
creato cardinale diacono de' santi Sergio e Bacco , da Inno
cenzo IV , l'anno 1243. Ciacon . tom . 2 , pag . 132.
Luca Fiesco , diacono cardinale di santa Maria in Vialata ,
sotto Bonifacio VIII , all' an . 1298. Ciacon . tom . 2 , pag . 331 .
Frate Bartolomeo de' signori di Cocorno , dell'ordine de'
minorì , prete cardinale di san Lorenzo in Damaso , sotto Ur
bano VI , all'anno 1378. Ivi pag. 639.
Lodovisio o Ludovico Fiesco , diacono cardinale di santo
Adriano , sotto Urbano VI , all'anno 1384. Ivi pag. 660 .
Giovanni Fiesco , prete cardinale di san Marco , sotto Ur
bano VI , all'anno 1378. Ivi pag. 665 .
· Leonardo Cibo, diacono cardinale de santi Cosma e Da
miano , sotto Bonifacio IX , all'anno 1402. Ivi pag, 710.
Angelo Cibo , diacono cardinale di san Martino a' Monti ,
sotto lo stesso pontefice , il medesimo anno e la stessa pagina.
Giorgio Fiesco , prete cardinale di santa Anastasia , sotto
Eugenio IV , all'anno 1439, Ivi pag. 905 .
Tommaso Parențucelli di Sarzana , prete cardinale di santa
Susanna , sotto Eugenio IV , all'anno 1446. Fu poi Niccolò V.
. Filippo Calandrino di Sarzana , prete cardinale di san Lo
renzo in Lucina, sotto Niccolò y , all'anno 1448. Pag. 973.
Fra Francesco della Rovere , dell'ordine de' minori di Sa.
yona , e precisamente di Albisola , prete cardinale di san Pie
tro in Vincula , sotto Paolo II , all'anno 1464. Fu poi Sisto
papa IV.
Fra Pietro Riario , dell'ordine de' minori, prete cardinale
di san Sisto , sotto Sisto IV , all'anno 1471. Ciacon . tom . 3 ,
pag . 42 .
Giuliano della Rovere , savonese , di Albisola , prete cardie
nale di san Pietro in Vincula , sotto Sisto IV , all'anno 1471 .
Fu poi papa Giulio II.
i Giovanni Batista Cibo , prete cardinale di santa Balbina ,
sotto Sisto IV , all'anno 1473. Fu poi romano pontefice col
nome d'Innocenzo VIII .
395
Gerolamo Basso della Rovere , prete cardinale di santa Bal
bina , sotto Sisto IV , all'anno 1477. Ciacon . tom . 3 , pag. 64.
Raffaele Sansone Riario , diacono cardinale di san Giorgio
in Velabro , sotto Sisto IV , all'an, 1477. Ivi tom . 3 , pag . 77 .
Paolo Fregoso , prete cardinale di santa Anastasia , sotto
Sisto IV , all'anno 1480 : fu arcivescovo di Genova , e per tre
volte doge di quella repubblica , agitato da strane vicende.
Ciacon . tom . 3 , pag. 77 ; Ughelli.
Lorenzo Mari , accettato nella famiglia Cibo da Innocenzo
VIII , e da esso creato cardinale , all'anno 1489 , col titolo di
santa Susanna. Ivi pag . 124 .
Antoniotto Pallavicini , prete cardinale di santa Anastasia
2 sotto Innocenzo VIII , all' anno 1489. Ivi pag. 129 .
Niccolò Cibo , cardinale , sotto Innocenzo VIII , all'anno
1489. Ivi pag . 144 .
Pantaleone Cibo , in tutto come sopra.
Niccolò Fiesco , prete cardinale di san Niccolò tra le Imma
gini , sotto Alessandro VI , all'anno 1503. Tom . 2 , pag. 204.
Fra Clemente Grosso della Rovere , dell' ordine de'minori ,
savonese , prete cardinale de' santi dodici Apostoli, sotto Giu
lio II , all' anno 1503. Tom . 3 , pag. 252.
Fra Marco Vigerio , savonese, dell'ordine de' minori, prete
SHE cardinale del titolo di santa Maria in Transtevere , all' anno
1505. Ivi tom . 3 , pag . 253.
Leonardo Grosso della Rovere , di Savona , prete cardinale
de' santi dodici Apostoli , sotto Giulio II , all'anno 1505. Ivi
tom . 3 , pag. 255 .
Carlo Domenico del Carretto , diacono cardinale di san Vito,
sotto Giulio Il , all'anno 1505. Ivi tom . 3 , pag. 255 .
Antonio Ferrero di Savona , prete cardinale di san Vitale ,
sotto Giulio II , all'anno 1505. Ivi tom . 3 , pag . 257.
Bendinello Sauli , diacono cardinale di sant' Adriano , sotto
ee a Giulio II , all'anno 1511. Ivi pag. 297 .
396
Innocenzo Cibo , diacono cardinale de santi Cosma e Da
miano , sotto Leone X , all' anno 1513. Ciacon . t. 3 , p. 341 .
Giovanni Batista Pallavicino , prete cardinale di sant' Apol
linare , sotto Leone X , all'anno 1517. Ivi pag. 352.
Agostino Spinola , prete cardinale di s . Ciriaco in Thermis,
sotto Clemente VII , all'anno 1527. Ivi tom . 3 , pag . 479.
1 Gerolamo Grimaldo , diacono cardinale di san Giorgio al
Velo d'Oro , sotto Clemente VII , all'anno 1527. Ivi pag. 494 .
Gerolamo Doria , diacono cardinale di san Tommaso in Pa
rione , sotto Clemente VII , all'anno 1529. Ivi t. 3 , p. 501.
Federigo Fregoso , prete cardinale de' santi Giovanni e
Paolo , sotto Paolo III , all'anno 1539. Ivi pag. 660.
Giovanni Batista Cicala , prete cardinale di san Clemente ,
sotto Giulio III, all'anno 1551. Ivi pag. 779.
Fra Clemente Dolera , dell'ordine de'minori , prete cardi
nale di santa Maria in Ara Coeli, sotto Paolo V 7 all' anno
1557. Ivi ton. 3 , pag. 860.
Simone Pasqua , di famiglia patrizia di Taggia , prete car
dinale di santa Sabina , sotto Pio IV , all'anno 1565. Ivi tom .
3 , pag. 962
Benedetto Lomellino , prete cardinale di santa Maria in
Aquiro , sotto Pio IV , all'anno 1565. Ivi 970.
Fra Vincenzo Giustiniani , dell'ordine de'predicatori , prete
cardinale di san Niccolò inter Imagines , creato da s. Pio V ,
l'anno 1570. Ivi tom . 3 , pag. 1056.
Giovanni B. Castagna , prete cardinale di s. Marcello , sotto
Gregorio XIII , all'anno 1583 , fu poi Urbano papa VII .
Filippo Spinola , prete cardinale di santa Sabina , sotto Gre
gorio XIII , all'anno 1583. Ciacon . tom. 4 , pag . 95.
Domenico Pinello , prete cardinale di san Lorenzo in Pane
Perna , sotto Sisto V , all'anno 1585. Ivi tom . 4 , pag . 155. ;
Benedetto Giustiniano , diacono cardinale di san Giorgio in
Velabro , sotto Sisto V , all'anno 1586. Ivi tom. 4 , p. 168 .
397
Antonio Maria Sauli , prete cardinale di san Vitale , sotto
Sisto V , all'anno 1587. Ciacon . tom . 4 , pag . 177.
Paolo Emilio Zachia , prete cardinale di san Marcello , sotto
Clemente VIII , all' anno 1598. Ivi pag. 223 .
Giovanni Doria , diacono cardinale di sant' Adriano , sotto
Clemente VIII , all'anno 1604. Tom . 4 , pag. 363 .
Orazio Spinola , prete cardinale di san Biaggio dell'Anello ,
sotto Paolo V. , all'anno 1606. Ivi pag . 406 .
Domenico Rivarola, prete cardinale di s. Martino de' Monti,
sotto Paolo V , all'anno 1611. Ciacon . tom . 4 , pag . 423.
Giacomo Serra , prete cardinale di s. Giorgio al Velo d'Oro ,
sotto Paolo V , all' anno 1611. Ivi pag . 427.
Ottavio Belmosto , prete cardinale di san Carlo , sotto Paolo
V , all' anno 1616. Ivi pag. 444 .
Agostino Spinola , diacono cardinale de santi Cosma e Da
miano , sotto Paolo V , all'anno 1621. Ciacon . ivi pag..462 .
Laodisio Zachia , prete cardinale di san Sisto, sotto Urbano
VIII , all' anno 1626. Ciacon. ivi pag . 544 .
Giovanni Domenico Spinola , prete cardinale di san Cle
mente , sotto Urbano VIII , all'anno 1626. Ciacon . pag. 554 .
Stefano Durazzo , prete cardinale di san Lorenzo in Pane e
Perna , sotto Urbano VIII , all'anno 1633. Ivi tom . 4, p . 593 .
Ottaviano Raggio , prete cardinale del titolo di s . Agostino ,
sotto Urbano VIII , all'anno 1641. Ivi tom. 4 , pag . 604.
Gerolamo Grimaldi , prete cardinale di sant' Eusebio , sotto
Urbano VIII , all'anno 1643. Ivi tom. 4 , pag. 622 .
Vincenzo Costaguta , diacono cardinale di santa Maria in
Portico , sotto Urbano VIII , all'anno 1643. Ivi t. 4 , p . 631 .
Giovanni Stefano Dongo , diacono cardinale di san Giorgio
in Velabro , sotto Urbano VIII , all'anno 1643. Ivị tom . 4 ,
pag. 632 .
Orazio Giustiniano , della congregazione dell'oratorio di san
Filippo,,, prete cardinale di sant' Onofrio , all'anno 1645, sotto
Innocenzo X. Ciacon . tom . 4 , pag. 675.
398
Alderano Cibo , prete cardinale di santa Pudenziana , sotto
Innocenzo X , all'anno 1645. Ciacon . tom . 4 , pag. 676.
Lorenzo Raggio , diacono cardinale di santa Maria in Do
minica , sotto Innocenzo X , all'anno 1647. Ivi t. 4 , p. 682 .
Giovanni Domenico Lomellino , prete cardinale di s. Ono
frio , sotto Innocenzo X , all'anno 1652. Ivi tom . 4 , pag. 690 .
Lorenzo Imperiale , prete cardinale di san Grisogono , sotto
Innocenzo X , all' anno 1652. Ivi tom . 4 , pag. 696.
Giacomo Fransoni , diacono cardinale di santa Maria in
Aquiro , sotto Alessandro VII , all'anno 1658. Ivi t. 4 , p . 743.
Giulio Spinola , prete cardinale di san Martino de'Monti ,
sotto Alessandro VII , all' anno 1666. Ivi tom. 4 , pag . 761 .
Lazzaro Pallavicino , diacono cardinale di santa Maria in
Aquiro , sotto Clemente IX , all'anno 1669. Ivi t. 4 , p. 793 .
Gerolamo Gastaldi di Taggia , prete cardinale di s. Gero
lamo , sotto Clemente X , all'anno 1673. Guarnacci edizione
romana del MDCCLI, tom . 1 , pag . 53.
Giovanni Batista Spinola ; prete cardinale di santa Cecilia ,
sotto Innocenzo XI , all' anno 1681. Guarnacci t. 1 , p. 127.
Opizio Pallavicino , prete cardinale di santa Cecilia , sotto
Innocenzo XI , all'anno 1686. Guarnacci tom . 1 , pag . 201.
Giovanni Francesco Negrone , diacono cardinale di san Ce
sareo , sotto Innocenzo XI, all'anno 1686. Ivi t. 1 , p. 281.
Marcello Durazzo , prete cardinale di santa Prisca , sotto In
nocenzo XI, all'anno 1686. lvi tom . 1 , pag. 217.
Giuseppe Renato Imperiali , diacono cardinale di s. Giorgio
in Velabro , sotto Alessandro VIII , all' anno 1690. Ivi p . 359.
Giovanni Batista Spinola diacono cardinale di san Cesareo ,
sotto Innocenzo XII , all' anno 1695. Ivi tom . 1 , pag . 455.
Lorenzo Casone di Sarzana, prete cardinale di san Bernardo,
sotto Clemente XI , all'anno 1706. Ivi tom. 2 , p. 56.
· Lorenzo Fiesco , prete cardinale di santa Maria della Pace ,
arcivescovo di Genova , sotto Clemente XI , all'anno 1706 .
Guarnacci tom . 2 , pag. 68 .
399
Niccolò. Grimaldi, diacono cardin . in s. Maria in Cosmedin,
sotto Clemente XI , all' anno 1706. Guarnacci t. 2, p. 134.
Niccolò Spinola , prete cardinale di san Sisto , sotto .Cle
mente XI , all'anno 1715. Ivi tom. 2 , pag. 234.
Carlo de Marini , diacono cardinale di santa Maria in Aquiro ,
all'anno 1715. Ivi tom . 2 , pag . 278 .
Giorgio Spinola , prete cardinale di sanť Agnese fuori le
mura , sotto Clemente XI , all'anno 1719. Ivi pag. 322,
Niccolò Maria Lercari di Taggia , prete cardinale de' santi
Giovanni e Paolo , sotto Benedetto XIII , all'anno 1726. Ivi
tom . 2 , pag. 482.
Gerolamo Grimaldi , prete cardinale di santa Balbina , sotto
Clemente XII , all'anno 1730. Guarnacci ivi pag. 612.
Sinibaldo Doria , prete cardinale di san Gerolamo , sotto
Clemente XII , all'anno 1730. Ivi pag . 635.
Giovanni Batista Spinola , cardinale del titolo di s. Cesareo ,
sotto Clemente XII , all'anno 1733. Ivi tom. 2 , pug. 455.
Giorgio Doria , prete cardinale , creato da Benedetto XIV ,
nel 1743 .
· Cosimo Imperiali , creato prete cardinale da Benedetto XIV,
nel 1753 ,
Giuseppe Doria Panfili, nato in Genova il giorno 11 di no
vembre 1751, creato prete cardinale da Pio VI , nel 1785;
Antonio Maria Doria Panfili , nato in Genova nel dì 28 di
marzo 1749 , creato cardinale diacono da Pio VI , nel 1785 .
Ferdinando Maria Saluzzo , creato cardinale del titolo di
santa Anastasia da Pio VII , il giorno 23 di febbraro , 1801 .
Filippo Casoni di Sarzana , già legato in Avignone e alla
corte di Spagna , creato cardinale da Pio VII il 23 di febbraro
1801 : fu segretario di stato .
Giuseppe Spina di Sarzana , arcivescovo di Genova , creato
prete cardinale del titolo di santa Agnese fuori le mura da Pio
VII , nel 1802.
Giorgio Doria Panfili, del titolo di santa Cecilia , gran priore
400
in Roma dell'ordine gerosolimitano , pubblicato cardinale da
Pio VII nel concistoro del 22 di luglio 1816.
Agostino Rivarola , cardinale diacono di santa Maria ad
Martyres , creato da Pio VII , nel 1817 , nel giorno - 1 di
ottobre.
Tommaso Riario Sforza , cardinale diacono di santa Maria
in Dominica , creato da Pio VII il 10 di marzo 1823 .
Giacomo Giustiniani prete cardinale del titolo de' santi Pie.
tro e Marcellino , creato da Leone XII il dì 2 di ottobre 1826,
oggidì prefetto della sacra congregazione dell'Indice.
Giacomo Filippo Fransoni , prete cardinale del titolo di santa
Maria in Ara coeli , creato da Leone XII il dì 2 di ottobre
1826 , oggidì prefetto della sacra congregazione di Propaganda.
Luigi Lambruschini, già della congregazione de' chierici re
golari di san Paolo , ed arcivescovo di Genova , creato prete
cardinale del titolo di san Calisto da Gregorio XVI , nel 1831 ,
oggidì segretario di stato .
Ugo Pietro Spinola , prete cardinale del titolo di san Mar
tino a ' Monti , riservato in petto , e quindi pubblicato da Gre
gorio XVI nel concistoro del 2 di luglio 1832 (1) , oggidì a
bate commendatario ed ordinario di Subiaco .
Alessandro Giustiniani , del titolo di santa Croce in Gerusa
lemme , riservato in petto , e quindi pnbblicato nel concistoro
del 2. di luglio 1832 , da Gregorio XVI.
(1) Appoggiandomi al Ciaconio , ho scritto alla pag. 193 di quest' opera , che
Agostino figliuolo di Giovanni Spinola fu il primo che illustrò la nobilissima sua famiö
glia dello splendore della sacra porpora nel 1527. « Augustinus Spinula , primus
« in suam familiam sacrum purpurae honorem intulit, » l'om , III , pag . 479 , ad
annum. 1523. Però l'autore de' Saggi Cronologici , o sia Genova nelle sue antichità
ricercata . In Genova , 1743 , dalle stampe di Paolo Scionico , è d' avviso che prima
del cardinale Agostino erano stati proinossi al sacro collegio Giovanni Spinola ,
da Innocenzo IV , nel 1252 , e Simone Spinola , da Niccolò IV , laanno 1288.
Secondo questo computo , l' eminentissimo Ugone Pietro Spinola è il decimoquarto
cardinale del suo rispettevolissimo casato,
!
401
Francesco Serra de' duchi di Bassano , del titolo de' santi
dodici Apostoli , arcivescovo di Capua , riservato in petto , e
quindi pubblicato da Gregorio XVI , nel giorno 15 di aprile ,
1833 .
Giacomo Luigi Brignole , del titolo di san Giovanni a Porta
Latina , creato cardinale da Gregorio XVI , nel giorno 20 di
gennaro 1834.
Placido Maria Tadini , già dell'ordine di nostra Signora del
Carmine dell'antica osservanza , ed attuale arcivescovo di Ge
nova , creato cardinale da Gregorio XVI , il giorno 6 di aprile
1835 , del titolo di santa Maria in Traspontina (1 ) .
(1) Senza pretendere di ornare la storia nostra delle glorie altrui , noi qui
abbiamo inserito il nome degli eminentissimi cardinali , Saluzzo , Giorgio Doria
Panfili , Giacomo Giustiniani , Riario Sforza , Serra de' duchi di Bassano , i quali,
sebbene nati fuori del dacato di Genova , tuttavia appartengono a nobilissime
famiglie Genovesi, Così ci appartiene l' eminentissimo Tadini , che essendo arci.
vescovo di Genova , fu decorato della sacra porpora .
26
402
CAPITOLO XII.
LXXXI. L'ecclesiastico interdetto fulminato contra la città
di Genova da Urbano IV, dal beato Gregorio X , da In
nocenzo VIII. LXXXII . La città di Savona interdetta
da papa Giovanni XXII. LXXXIII. Vertenze della re
pubblica con la santa sede pel visitatore apostolico man
dato in Corsica . LXXXIV. Controversie degli arcivescovi
di Genova col senato della repubblica pel trono del doge
nella chiesa metropolitana . LXXXV . Contese de prelati
della Liguria col governo per le cattedre vescovili e le
sedie de governatori. – LXXXVI. Le Confraternite degli
: oratorii. LXXXVII, I preti di Banchi.
LXXXI. L'ECCLESIASTICO INTERDETTO FULMINATO CONTRA
LA CITTA' DI GENOVA DA URBANO IV ,
DAL BEATO GREGORIO X , DA INNOCENZO VIII.
L'implacabile odio , dice Muratori ne' suoi annali , che i
Genovesi avevano conceputo contra i Veneziani per la rotta lor
data ad Accon , congiunto all'avidità del guadagno , li spinse
a far lega coll'imperatore Michele Paleologo , il quale erasi
fatto proclamare imperatore dell'oriente : diede egli loro in
premio la città di Smirna con varie esenzioni e privilegi ; ed
eglino in ricompensa somministrarongli un forte aiuto di gente,
di navi e galee (1 ) . Con questo poderoso soccorso potè il Pa
leologo riacquistare il trono de' suoi antecessori , discacciare i
Latini da Costantinopoli, della qual città eransi impadroniti
quasi da un secolo . Costretto Baldovino loro imperatore a fuge
( 1) Anpal. all'an. 1261.
403
gire sulle navi de'Veneziani , ritirossi da prima in Negroponte ,
indi venne esule alle corti di Francia , d'Inghilterra , e final
mente a Roma, portando dovunque amare lagnanze contro
ai Genovesi , quasi eglino fossero stati la principale ca
gione della rovina sua e di quella di tutto l'impero latino .
Urbano IV sedeva allora pontefice. Esaudì egli la preghiera
dell'imperatore fuggitivo , mandando a 'Genovesi di romper
la lega con una nazione scismatica , e in pena del loro rifiuto ,
ponevali sotto interdetto , l'anno 1262.
Separare dalla comunione della chiesa gli erranti fedeli, era
antichissima instituzione del cristianesimo, fondata sulla po
destà divina , che Cristo Signor nostro concesse segnatamente
a san Pietro , primo suo vicario in terra , e principe di tutti
gli apostoli. Usò di questo divin potere san Paolo contra un
incestuoso di Corinto , e ne usarono sempre i romani ponte
fici , ogni qual volta così esigeva il sacro dovere del loro mi
nistero. Quando avveniva per un pubblico delitto o per una
enorme profanazione di condannare a generale interdetto un
popolo intiero , e ne abbiamo esempi sin dal secolo VI ( 1 ) ,
toglievansi dalle sacre pareti tutti gli ornamenti , le croci e le
immagini degli altari. Questi segni di santità e consolazione
giacevano dispersi sul pavimento , nè laico , nè sacerdote o
sava baciarli o toccarli con mano. E come se l'aria stessa
e la luce fossero contaminate, un negro velo li ricopriva. Ces
sava ogni solennità , e celebravasi solamente una messa a
porte chiuse senz'altri ascoltanti che del clero. ' Sagramenti
non si amministravano , se non il battesimo a ' fanciulli , la con
fessione a' moribondi; e acciò ogni cosa spirasse lutto e confu
sione , il suono delle campane , l'annunzio delle ore , l'uso
delle carni , gli spettacoli e le pubbliche feste erano vietate.
Senza queste regole austere gl’interdetti non avrebbero pro
dotta l'impressione profonda che da principio facevano ; e
(1) V. Fleury lib . 34 , pum . 53.
404
senza l' ecclesiastiche censure ond' essi erano parte , l'Europa
avrebbe mancato di un freno potente a' duelli legali e volon
tarii, alle discordie civili , alla schiavitù domestica , e a tanti
altři mali che l'uomo perverso o ignorante fa al suo simile (1 ) .
I canoni de' concilii e le decretali de' papi son pieni di censure
fulminate per simili cagioni. Dall'altra parte non è men vero
che alcuni pastori della chiesa , abusando dell'armi spirituali,
come spesso si abusa della ragione e di altri doni celesti, le
adoperarono con eccessiva frequenza , per leggiere o non giuste
cagioni . E siccome la forza delle esterne applicazioni quanto è
più spesso esercitata , di tanto vien meno , così gl'interdetti e
le altre canoniche pene perdettero a poco a poco della salubre
loro efficacia.
Ora venendo all'interdetto scagliato da Urbano IV , la ra
gione di stato si trovava per la prima volta in conflitto con la
sommessione affettuosa , che i Genovesi professavano a' papi.
Superò la prima; ma per conciliarle , quanto era possibile ,
ambedue , essi osservarono l'interdetto , e con replicate amba
scerie supplicarono il supremo Pastore a ribenedirli. Lo stesso
Paleologo temendo che , non pazienti alla per fine delle priva
zioni spirituali, lo abbandonassero , prese ad intercedere per
loro. La prima sua lettera si smarrì, rimase senza effetto ;
tre ambasciatori ne portarono fino a Roma un'altra , cui Ur
bano rispose , dandogli titolo d'imperatore e promettendogli
benevolenza di padre, qualora ei riducesse in effetto , com'egli
accennava , l’errante greggia de' Greci sotto un solo 'pastore.
Finchè ciò non seguisse , vapo era che i Genovesi suoi colle
gati sperassero assoluzione. Così Urbano rispose ; e i nemici
di Boccanegra , reggente allora la repubblica , ne presero oco
casione a vie più screditarlo. Molte doglianze facevansi già di
( 1) M. G. Serra : stor. di Gen. tom . 2 , c. 8. Questo egregio scrittore asseve
rando che il rito di condannare a generale interdetto un popolo intiero non ri
saliva oltre all' undecimo secolo , ha errato : vedi il Muratori , all'anno 872.
405
sua maniera di governare, de' pubblici interessi da lui abban
donati, è de' suoi particolari promossi ; e la continuazione
dell'interdetto avvalorò queste querele , essendo pur tale la
sorte di chi presiede ad una repubblica , che delle cose spia
cevoli s' incolpa lui solo , delle gradite si gloriano tutti. Guelfi
e Ghibellini insieme congiunti levarono dunque rumore a un
dato segno , e le porte occuparono , e presto poi vennero alla
mani . In questo tumulto Boccanegra temendo della vita, prese
farnetico la fuga , e gli anziani andarono a trovar l'arcivesco
vo , pregandolo che a imitazione de' suoi predecessori volesse
interporre la sua autorità , la sola che nella mancanza d'ogni
civile governo fosse ancor rispettata . L'arcivescovo adunque
pubblicò armistizio, tenne parlamento , persuase così bene
agli uni, così efficacemente agli altri , che , sopite le fazioni ,
li ridusse ad un punto di concordia . Ciò ottenuto in Genova ,
interposé i suoi buoni uffici in Roma , e l'interdetto fu levato .
Annunziando la riconciliazione della santa sede con la città e
con la repubblica , massima fu la generale letizia : si aprirono
le chiese , si ricominciarono le solenni funzioni , ed ogni or.
dine di cittadini vi accorse a cantar l'inno di ringraziamento.
Quesť ottimo prelato aveva nome Innocenzo Gualtieri di Vez
zano , amicissimo d'Innocenzo IV , e già altrove abbiamo di
lui scritto con giusta lode.
: In altro interdetto incorsero i Genovesi l'anno 1275 ', inti
mato dal beatissimo pontefice Gregorio X , per aver eglino
occupato le terre del cardinale Ottobuono Fieschi , ma aven
done sufficientemente già scritto nella vita di lui , che al pa
pato fu poi assunto col nome di Adriano V , per non ripetere
le cose già dette , for quì ne preseindo. Non devo però tacere
altra simil censura , pur contro a Genova scagliata , l' anno
1489 , della quale gli ordini tutti della città moltissimo si ri
sentirono , sì perchè pareva loro che questa pena data fosse
contro ai particolari loro privilegi , 'sì ancora perchè prove
niva da un papa , il quale era patrizio genovese : tal era Inno
406
cenzo VIII (1) . La cagione per cui la città incorse in così
terribile punizione appena può conoscersi. Vertiva una rabe
biosa lite tra due fratelli della nobile e potente famiglia Mari ,
Manfredo e Benedetto , l'uno laico e l'altro monaco : tras
sero seco questi due litiganti, ognuno da suo canto , numeroso
e forte partito , con tale inasprimento che il litigio si cambiò
in una fazione, in cui l'abito monastico pubblicamente resto
avvilito , ed il carattere sacerdotale oltraggiato . Cadde pertanto
l' interdetto , che comprendeva quelli soltanto che abitavano
entro le mura : e questa è la ragione per cui santa Caterina
Fieschi Adorno , accesa com'era del vivissimo desiderio dell'
eucaristia , nè più potendo quotidianamente comunicarsi nelle
chiese della città , camminava a piedi ogni mattina per andare
fuori le mura ad unirsi sagramentalmente col suo diletto Si
gnore , siccome appunto leggesi nella vita di lei . Vero però è ,
come asserisce l'annalista Giustiniani , che questa ecclesiastica
censura non durò che dieci soli giorni, per essere stata dal
medesimo pontefice rivocata. i
1
LXXXII . LA CITTA' DI SAVONA INTERDETTA DA PAPA
GIOVANNI XXII,
Ad un ecclesiastico interdetto soggiacque la città di Savona,
circa l'anno 1327 , fulminato da papa Giovanni XXII, il quale
teneva l' apostolica sede in Avignone , come già avevano usato
alcuni de' suoi predecessori. Per quale delitto ciò avvenisse ,
nol saprei dire , giacchè la bolla pontificia non lor esprime:
certis et iustis causis , io vi leggo , e nulla più . Mentre con
esattezza e rispetto il rigore di questa censura osservavasi sì
dalla chiesa cattedrale , che da tutte le altre chiese parroc
3.
(1) Giustiniani an . 1489,
407
ehiali e monastiche savonesi , Michele di Cesena , già generale
dell' ordine de'frati minori , fautore dello scisma dell'antipapa
Pietro di Corbeia , aderente allo scomunicato imperatore Lu
dovico di Baviera , deposto dall' officio e dignità di generale ,
e come scismatico ed eresiarca condannato dal medesimo pon
tefice , l'anno 1328 , usurpandosi l'autorità di cui era stato
giustamente spogliato , mandò da Pisa un ordine a' frati mi
nori del convento di Savona , che un tale interdetto non voles
sero più osservare , nè più l'autorità apostolica di papa Gio
vanni riconoscere : quod interdictum proprium nullo modo
ulterius observarent. A' quali iniqui suggerimenti prestando
udienza quei frati , cominciarono a suonare le campane e ad
aprire le porte della loro chiesa , a celebrare anzi a profamare
con sacrilega temerità i divini ufficii. « Potremmo noi , dice il
papa , contro a questi violatori adoperare il rigore di nostra
giustizia e tutta la forza di nostra autorità, tuttavia col parere
de' nostri fratelli ci voltiamo anzi al favore della misericordia ,
esortandoli però , anzi intimando loro e comandando che si
astengano da simile eccesso , presto faccian ritorno all'osser
vanza intiera dell'interdetto , sotto la pena di essere spogliati
de' loro privilegi , anzi li dichiariamo fin d'ora spogliati ed in
corsi nella scomunica maggiore, se trasgrediscono questo no
stro decreto. Basterebbe pubblicarsi questo nostro ordine, per
venire alla loro notizia , nelle porte di nostra chiesa di Avi
gnone , ove lo abbiamo già fatto affiggere; tuttavia , affinchè
non si possa in alcun modo allegare l'ignoranza del medesimo,
ingiungiamo a te , carissimo fratello ( l'arcivescovo di Genova
Bartolommeo di Reggio ) di volerlo render noto e manifesto
con forma solenne in tutte le chiese ed in ogni luogo delle
città , diocesi , e della provincia di Genova : fraternitati
tuae per apostolica scripta mandamus , quatenus in eccle
siis et locis civitatum et dioecesum ac provinciae Januensis
praefatum processum solemniter studeas publicare. : Datum
408
Avenione duodecimo kalendas augusti , anno duodéci
mo (1 ) » ( cioè il giorno ventúno di luglio , l' anno 1328 ) : 4
LXXXIII. VERTENZE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA
CON LA SANTA SEDE PEL VISITATORE APOSTOLICO ,
MONSIGNOR DE - ANGELIS, MANDATO IN CORSICA ,
Settecento e più anni erano compiuti che la repubblica di
Genova col valore de' consigli e con la forza delle armi , di
scacciati dalla Corsica i Saraceni barbari suoi oppressori , si
gnoreggiava quell'isola con legittimo possesso . Varie solleva
zioni eranvi insorte nel corso di questi sette secoli , pacificate
nondimeno o dalla prudenza o dalla forza di quel governo ,
quando nella primavera dell'anno 1730 nacque da deboli prin
cipii una sedizione che , riscaldata dallo spirito di partito , do
vea inferocire e cagionare sventure dolorosissime. Non man
cavano a quegli isolani motivi di giuste doglianze , che cade
vano la maggior parte contra i governatori, intenti al particolare
loro vantaggio , con lesione della giustizia e danno de' sudditi.
Trattandosi nel consiglio di Genova della maniera più spe
diente ed efficace di sedare quelle nascenti turbolenze , fu
udito il saggio parere di Girolamo Veneroso, il quale sostenne
che a guarire quella piaga si avessero ad adoperare lenitivi, e
non ferro e fuoco ; ma prevalse il partito de' giovani , a' quali
parve che l'uso delle armi e del castigo con più sicurezza ri
durrebbe al dovere i sediziosi ( 2 ). Se ne ebbero poi a pentire ;
e questo impetuoso ed imprudente suggerimento seguitossi an
cora negli affari ecclesiastici , che sono il solo oggetto di que
sta storia.
(1 ) Thesaurus novus anecdotorum , tomus secundus. Studio et орега domini
Edınundi Martene et domini Ursini Durand. Lutetiae Parisiorum , sumptibus etc.
MDCCXVII.
(a) Muratori all' anno 1730.
409
Come di male in peggio procedeva la insorta ribellione , e
tutta quell'isola avvampava d'incendi , di devastazione e di
assassinamenti, i vescovi di Aleria , di Accia-Mariana e di
Nebbio , mossi o da politica o da persecuzione, chiesero a Be
nedetto XIV ed ottennero l'indulto di allontanarsi dalla loro
greggia e venirsene in terra - ferma. Queste tre diocesi partico
larmente , non potendo più in esse esercitare la repubblica al
cuna autorità , caddero in uno scompiglio deplorabilissimo di
tutte le cose appartenenti alla religione. « I ribelli dispone
« .vano a loro arbitrio delle cariche ecclesiastiche ; s' ingeri
« vano nell'amministrazione de' sagramenti e nella predica
a zione evangelica ; ordinavano a' parrochi e a' confessori di
a assolvere dal delitto di fellonia , approvavano l'usurpazione
a delle decime, autorizzavano i predicatori senza licenza degli
a ordinarii , per esigere da loro che animassero i popoli alla
a sedizione ; violavano ogni sorta d'immunità ecclesiastica ;
« occupavano colla pubblicità degli editti i beni de' vescovi ,
* per impiegarne il prodotto in mantenimento delle truppe ri
« belli ; disapprovavano ogni legge canonica , ogni ubbidienza
a a' prelati , ed ogni articolo di ecclesiastica disciplina , e fi
« nalmente discacciavano i vicari capitolari approvati dal loro
ct metropolitano , creandone degli altri a loro talento (1) ." »
Questa è una sola parte de' mali gravissimi che desolavano la
religione in Corsica , riconosciuti e dichiarati da' Genovesi
medesimi ; e questi disordini ed altri moltissimi dovevano ne
cessariamente venire a cognizione del romano pontefice.
Clemente XIII , come li vide tanto moltiplicati , pensò di
porvi riparo colla pienezza di sua apostolica autorità , e dopo
matura ponderazione , ed udito il parere di più cardinali illu
minatissimi, credè dover mandare in quell'isola un suo legato
(1) In una memoria mandata a Roma dalla repubblica , che incomincia : Dopo
e frequenti rimostranze. V. inoltre le lettere inedite , scritte dalla segreteria di
Stato di S. B, all'arcivescovo di Pisa , monsignor Francesco Guidi.
410
col titolo di visitatore apostolico , pieno di zelo , di dottrina e
di massima prudenza. A questa risoluzione era stimolato il
santo padre anche dalle continue suppliche degli stessi Corsi ,
i quali , riconoscendo le loro piaghe , desideravano di sanarle,
e chiedevano appunto un apostolico visitatore , più necessario
a noi , dicevano essi , ed opportuno di un piloto ad una nave
in tempesta ( 1 ). Mosso pertanto il papa dalle instanze fre
quenti di quegli isolani , dallo stimolo della propria coscienza ,
e dall' unanime consiglio de' suoi teologi , nominò l'apostolico
legato. Prima però di spedirlo , volle partecipare la sua de
liberazione al doge e senato di Genova. Le parole di un papa
meritano particolare attenzione e rispetto , quindi riporterò
quelle di Clemente XIII con la più religiosa fedeltà : « Per
« dare , ei dice , un attestato della nostra benevolenza e della
« benignità del paterno animo nostro all'inclita repubblica di
« Genova , e perchè la missione del visitatore ( congiunta la
a cura dell'una e dell'altra parte ) più felicemente conse
« guisse l'esito da noi desiderato , partecipammo questa no
a stra deliberazione a quel doge e senato , esposta ancora la
« forza delle ragioni , le quali facilmente gli avrebhero indotti
a a secondare questo nostro consiglio ec. (2) . »
Le ragioni addotte dal santo padre si riducono a' capi se
guenti : 1. Essere gravissimo dovere del santo ministero , che
da Cristo Signore gli è stato ingiunto , il pascere gli agnelli e
le pecore in qualunque parte ritrovinsi , senza distinzione ne
di Scita , nè di Greco , nè di Barbaro ; 2. Il bisogno spirituale
de' Corsi essere estremo , e i mezzi ordinari non poterlo ripa
rare , doversi però mandar loro un apostolico visitatore , il
quale a veruna delle parti non potesse essere sospetto ; 3. L'uf
ficio di una tale delegazione essere tutto affatto spirituale , nè
alterare in verun modo i diritti della sovranità temporale ; 4. In
(1) Nella risposta al manifesto della repubblica.
(2) Parole di Clemente Xill , dette nel concistoro del 9 maggio 1760.
411
ogni tempo i suoi predecessori nelle varie urgenze de' popoli
aver costumato di apporvi simili provvedimenti , con la mis
sione di un legato. !
Queste ragioni del papa espresse in ben ordinata scrittura
furono consegnate al cardinale Imperiali , patrizio genovese, e
da questo ben tosto trasmesse al governo di sua patria . Vens
nero pertanto portate in senato , e lette e considerate che fu
rono , calde e forti opposizioni si suscitarono . « Il provvedi
mento del papa , disse un senatore , egli è in se stesso inutile ,
e nelle critiche circostanze della Corsica oltremodo pericoloso .
Qual vantaggio spirituale può mai apportare un visitatore apo
stolico in una nazione, ove gli spiriti mostransi in continua ri
volta , facinorosi, sempre armati alla vendetta , sprézzánti di
ogni legge divina ed umana ? Che cosa farà il visitatore apo
stolico ? Sarà suo impegno il tranquillizzare le coscienze; e per
quietarle, dovrà dir loro : la vostra ribellione, è giusta , l'ins
dipendenza vostra è troppo ragionevole : io vengo a nome del
papa , e con la sua autorità vi benedico ; ed un popolo che
ne' suoi attentati civili non sente più rimorso , che trova anzi
una sanzione religiosa de'suoi disordini, di quali ulteriori pro
cedimenti non è capace ? Noi dobbiamo dunque opporci ; la
ragione di stato così richiede , e nel caso che il papa voglia
contra la nostra volontà mandarlo , noi abbiamo e dritto di
opporsi e forza d ' impedirlo . » Questi sentimenti parveros
ben fondati , che dal doge e dalla maggior parte de' senatori
approvati, e sottoscritti si mandarono a Roma , espressi con
tali formole e parole , che Clemente XIII ne restò altamente
offeso . « Grave e molesto , egli disse nel concistoro deb sette
« maggio 1760 , si è il rammentare da questo luogo quella ri
* sposta che ricevemmo dal senato . Voi, venerabili fratelli »
* per la vostra sapienza , e per l'amore che portate a questa
** sede apostolica , facilmente giudicar potete , se a caso quella
risposta è pervenuta mai alle vostre mani, quanto sia acerba
« ed offensiva della nostra dignità e della sede - apostolica , e
7
412
« discordante da quella pristina fedeltà e pietà de' Genovesi
« verso i nostri predecessori » .
Nulla ostante l'acerbità della risposta , il papa spero che i
Genovesi avrebbero abbracciato il più sano consiglio , nè a
vrebbero permesso che una cosa si giusta si dovesse aspettare
più lungamente da loro. Ma le speranze sue restarono deluse ,
anche dopo tre mesi di aspettazione. Persuaso allora da una
parte di aver usato verso la serenissima repubblica tutta quella
convenienza che certamente le si doveva ; dall'altra giudicando
che la medesima non aveva alcun diritto legittimo di opporsi
alla visita apostolica ; consapevole che san Gregorio VII aveva
spedito in Corsica Landolfo vescovo di Pisa , affinchè esami
nasse la disciplina ecclesiastica di quell'isola, e finalmente es
sendo vieppiù stimolato dalla sua coscienza e dalle instanze
de' Corsi , ordinò a monsignor Cesare Crescenzio De-Angelis ,
vescovo di Segni, nominato visitatore apostolico in Corsica ,
di colà portarsi a far le veci de' vescovi assenti e consolare
coll'uso delle facoltà conferitegli quelle chiese , che separate
da' loro pastori giacevano nel pianto e ' nella solitudine , per
usare le sue medesime parole. Questo prelato era veramente
semplice , sincero , modesto , di carattere pacifico , dotto e
prudente ; uomo senza raggiri , senza ambizione e senza inte
resse. Nato fra le montagne di Veroli e di Torrice , da parec
chi anni viveva fra quelle di Segni , intento soltanto alla cura
del suo picciolo gregge , non avente nè parentado nè corri
spondenza in Roma , non che in Corsica. Restò egli altamente
seco stesso maravigliato , quando ebbe l'annunzio ed il breve
della difficile sua legazione. « Osservando noi , scrivevagli il
a papa , e deliberando di prescegliere una qualche adattata
« persona per eseguire una si importante impresa , voi parti
« colarmente abbiamo scelto , o venerabile fratello , il quale
« siete nato ed allevato nell' ecclesiastico dominio , e dall'im
< piego egregiamente amministrato di vicario generale conse
« guita avete grán lode , nè ommesso avete mai alcun dovere
413
« di ottimo pastore nella chiesa di Segni , la qualé fino ad
« ora avete governato : onde giustamente noi confidiamo che
& voi , con l'aiuto di Dio , le incombenze che vi affidiamo
« eseguirete con somma fede, integrità , prudenza , pietà
a e zelo , siccome conviene , nelle diocesi di Aleria , di Accia
a Mariana , e di Nebbio , fuori delle quali le vostre facoltà non
« si estendono ... Che se in tempo della vostra visita ritornas
a sero alla propria loro residenza i vescovi di tali diocesi ( cosa
« che noi ardentemente desideriamo ) voi cesserete immediata
« mente dalla visita , e vi ritirerete subito dal vostro ufficio ,
« non essendo voi mandato che per quelle pecore che abban
« donate sono dal proprio pastore. V' ingiungiamo altresì par
« ticolarmente di non ingerirvi mai nelle cose temporali , af
e .finchè non veniste mai a far qualche passo che , pregiudi
a cando a' diritti del senato , non autorizzaste in veruna ma
« niera l'indipendenza e la rivoluzione de' Corsi » . Ed altrove
esprimesi cosi: « noi siamo certamente a noi stessi consapevoli
« innanzi a Dio , agli occhi del quale tutte le cose sono chiare
á ed aperte , e voi ancora nol potete ignorare , o venerabili
« fratelli, che solamente ad allontanare la ruina delle anime ,
procurare la gloria di Dio , e adempiere il debito di univer
a sale pastore , abbiamo indirizzato tutti i nostri sentimenti , e
« proposto a noi questo unico fine delle nostre premure »
« Nos sumus enim quidem nobismetipsis coram Deo conscien
« te , cuius oculis omnia nuda sunt et aperta , vosque etiam
« latere non potest , V. fratres , nos ad avertendam solum a
nimarum perniciem , atque ad Dei gloriam procurandam ,
« ad pastoris universalis debitum implendum , omnia nostra
« consilia retulisse , hünc nobis esse propositum finem cogita
« tionum nostrarum (1) » .
Tali erano gli ordini del santo padre al vescovo di Segni, e
(1) Nel breve al vescovo di Segni , Cesare Crescenzio De Angelis , e nel con
cistoro del sette di maggio , 1760.
414
chiunque li vorrà esaminare , certamente li giudicherà ripieni
di saviezza e di prudenza. In esecuzione adunque del comando
pontifizio , il visitatore apostolico partì da Roma la notte del
sette di aprile , 1760 , travestito , in compagnia di un religioso
in abito di Armeno , e giunto a Civitavecchia , s' imbarcò so
pra una fregata di sua santità , comandata dal cavaliere di Ca
ros . Questo capitano accorto , risoluto ed ' assai pratico del
mare , non ignorava che in vicinanza della Corsica navigavano
in corso le galere della repubblica , per impedire qualunque
siasi sbarco nell'isola ; ma seppe ben egli prendere si giudi
ziose cautele , che, deluse le forze e le vigilanze de' Genovesi,
potè passare senza il menomo ostacolo , e sbarcare il prelato
a' lidi della Corsica , sulla spiaggia delle Brunette . Ritornato
a Roma l'avveduto capitano , fu sommamente applaudita la
sua condotta ; ed il visitatore , messo il piede in terra , fu ac
colto con onore da trecento Corsi venuti a sua custodia e da
buona parte del clero che gli venne incontro ad ossequiarlo.
Condotto a Campoloro , ov'era la residenza vescovile , ivi trovò
due deputati spediti dal famoso generale De- Paoli, uno de?
quali dopo di avere espressa la sincera gratitudine de' Corsi
verso il sommo pontefice che « si era degnato di provvedere
alle spirituali indigenze de' medesimi con l'elezione in visita
tore apostolico di un soggetto fornito di tanto merito e di una
prpbità da tutti conosciuta » soggiunse queste religiose parole:
« come non altro più sospirasi che di veder libera la nostra
chiesa da tanti scandali che la devastano , così darassi dal no
stro governo tutta la mano acciocchè possa monsignore pron
tamente far eseguire quanto stimerà più opportuno ad ottenere
il suo intento . Si accinga pure con tutto il calore ad esercitare
l'autorità commessagli , che noi frattanto ci pregieremo di at
testare sempre più costante la nostra sommissione e il nostro
ossequio verso la chiesa romana , di cui solo riconosciamo la
vera e legittima sovranità. Le facciamo sapere che ci stimere
mo fortunati , se mai ci sarà ingiunto di concorrere con tutto
415
il nostro potere a rendere più rispettabili gli ordini che le par
rà di dover emanare ed a sostenere il decoro della sede apo
stolica , per la quale ella conoscerà ognora più la nostra vene
razione » . Alle parole corrisposero i fatti, in guisa che il ve
scovo potè senza incontrare opposizione veruna pubblicare
nelle tre diocesi di Aleria , di Accia -Mariana , e di Nebbio l'e
ditto pastorale per la sacra visita , che fu aperta nella pro -cat
tedrale di Aleria , e ordinare quanto gli parve opportuno per
l'adempimento del suo apostolico ministero. Io qui tralascio
di riportare quanto operò nella sacra visita monsignor De- An
gelis, quanti viaggi dovette intraprendere, quanti abusi abbia
estirpato , a quanti disordini posto riparo , e come ammini
strasse i sacramenti, in una parola, quanto saggiamente si des
se a riformare il clero tanto secolare quanto regolare , e richia
masse a quelle tre vaste diocesi la cristiana pietà , l' ecclesia
stica disciplina e il buon costume: tutto s' intende detto , di,
cendosi che il visitatore esercitò veramente l' uffizio di un a
postolo.
Ritorniamo a' Genovesi , Non si tosto quel senato ebbe no
tizia che il vescovo di Segni per ordine del papa incammina
vasi in Corsica , ne concepì un massimo dispetto. Nemmeno i
Romani allorchè intesero che Annibale , valicate le alpi , en
trava in Italia , sentirono tanta inquietudine , quanta ne provò
il governo di Genova all'arrivo di quel prelato nell'isola ; nè
i Romani misero al pubblico incanto un premio di sì alto va
lore per lo arresto del famoso capitano cartaginese , come il
promisero i Genovesi a chicchesiasi avesse messo le mani ad
dosso all' inviato pontificio. La cosa parrebbe oggidi incredi.
bile , se il manifesto dato fuori dalla repubblica non la ren
desse certissima. Eccone il contenuto . « Essendo pervenuto a
« nostra notizia che contro l'espressa nostra volontà sia clande
« stinamente arrivato , o che possa arrivare fra breve nel no
« stro regno di Corsica il vescovo di Segni , Cesare Crescenzio
« De Angelis , abbiamo deliberato un premio di scudi sei mila
416
* romani a chiunque arresterà il detto vescovo Cesare Cre .
* scenzio De Angelis , e lo consegnerà in alcuna delle piazze ,
« presidii , postamenti o torri guarnite dalla nostra truppa , da
« dove poi sarà nostra cura il farlo decentemente trasportare a
« questa nostra capitale di Terraferma. Proibiamo inoltre sotto
« le più gravi pene , a noi arbitrarie , a qualunque persona, di
« qualsivoglia grado , stato e condizione ella siasi , di eseguire
a qualunque decreto , insinuazione , ordine , provvedimento ed
a altro che il detto vescovo attentasse di fare nel regno sud
« detto , sotto qualsivoglia nome , ed anco come preteso dele
« gato , o autorizzato con qualunque pretesa straordinaria fa
« coltà . Ed acciò quanto sopra pervenga a notizia di ognuno ,
* così ad effetto di conseguire il premio sopraddetto , come
perchè allegar non si possa causa d'ignoranza rispetto alle
« pene stabilite nelle presenti nostre , abbiamo ordinato , che
« si pubblichino le medesime in Banchi , luoghi soliti e con
« sueti , e nel regno nostro di Corsica, e che vengano firmate
a dall'infrascritto nostro segretario di stato (1 ) » .
In conseguenza di questo editto molti furono quelli che aspi
ravano all'acquisto del premio promesso , ma quando giunse
alla notizia dei popoli , il visitatore apostolico era già giunto in
Campoloro , circondato da gente risoluta a sagrificare la pro
pria vita per la difesa della di lui persona. Intanto sparso per
l' Italia , anzi per l' Europa un tale ordinamento , vi fece gran
dissimo strepito , e fu materia di lunghi e gravi discorsi. Con
venivano tutti che monsignor De Angelis era innocentissimo
per aver accettata quella legazione ; nè poteva mai ricusarla ,
essendogli stata ingiunta dalla santa sede. Le misure violente
che contro di lui eransi prese dal senato di Genova andavano
dunque direttamente a cadere sopra la persona medesima di
Clemente XIII , che aveva comandato quella missione. E sentù
di fatto il santo padre sopra se stesso il peso dell'arresto , la
(1) Editto del doge , governatori e procuratori della repubblica di Genova.
417
proibizione fatta a' suoi ordini ; e tale amarezza di cuore 'ne
provò che non può esprimersi meglio che con le precise sue
parole , cavate dal ragionamento che tenne nel concistoro se
greto del giorno sette di maggio , l'anno 1760. « Abborrisce
« l' animo' nostro di rammemorare come da uomini cattolici ,
« in una città cristiana dominanti , sia stato decretato un pre
« mio all' atroce scelleraggine, con cui alcuno osasse di ar
« restare sacrilegamente' un vescovo , insignito del titolo di
« visitatore apostolico , levarlo da qualunque luogo , e conse
« gnarlo a' soldati per trasferirlo a Genova : ed affinchè nulla
« mancasse all' acerbità dell'ingiuria , gravissime pene essere
a state minacciate a coloro che ascoltassero il visitatore , e in
« qualunque maniera ubbidissero alle di lui ordinazioni. Una
« sì grande ingiuria fatta a Dio e alla sua chiesa , una sì gran
« de iniquità di questi tempi , e siffatto disprezzo della sede
apostolica , noi certamente accompagniamo colle lagrime e
a co' lamenti ec. v Ed altrove si esprime così (1 ) « Noi per
a tanto riprovando l' editto del senato di Genova , in cui ,
« tolta ogni venerazione verso la dignità vescovile e concul
« cato l'ordine sacratissimo, si propone il premio di sei mila
« scudi romani a chiunque le scellerate mani ponesse sull’unto
a del Signore , ed arrestatolo , lo consegnasse per essere por
« tato a Genova , dichiariamo un tale editto , onninamente
« ed intieramente nullo , invalido , ingiusto , iniquo , ripro
a .vato , condannato , e condannevolmente attentato , da dover
« esser perpetuamente di nessuna forza o efficacia , e che nes
« suno sia tenuto all'osservanza di esso , nè potersi , nè do
« versi osservare da chicchesiasi ec. ec. w E siccome preve
deva il papa che questo breve non si sarebbe potuto pubblicare
nè in Genova , nè in altri luoghi del dominio della repubblica, 1
così fu fatto affiggere alle porte della basilica di Laterano
(1) Litterae in forma Brevis , che incominciano : In apostolica ; con la data del 1
15 maggio 1760.
27
418
madre di tutte le chiese cattoliche , a quella di san Pietro ,
della cancelleria apostolica, ed altri posti consueti. Nell'istesso
tempo sua santità fece rimettere a tutti i ministri delle corone
residenti in Roma una memoria coerente a quanto aveva espo
sto a ' cardinali in concistoro , conchiudendo col lusingarsi che
* Iddio avrebbe ben saputo difendere la persona del sub mi
« nistro , e che però non si sarebbe trovato alcuno così empio
« e sacrilego , per osare di stendere la mano contro l'unto del
« Signore. » I Corsi poi , letto l'editto del senáto , lo trova :
rono distruggitivo della religione e dell'autorità apostolica , e
senza ricorrere a mezzi termini per renderlo odioso , lo fea
cero lacerare per mano del boja , e gettarlo nel fuoco già pre
paráto sotto le forche.
- Appena si promulgò il breve di Clemente , che abrogava e
condannava l' editto de' Genovesi , questi a vicenda pubblica
roño un bando che abrogava l'istesso breve , dichiarando ( 1)
non dovervisi in alcun modo attendere , nè dare credito , e
protestando non essere capace a produrre il menomo effetto.
Nuovo disprezzo all'autorità pontificia, ed aperto insulto a Cle
mente XIII . E siccome poi egli scrisse una lettera esortatoria
al doge e a ' governatori della repubblica per illuminarli ed
ammonirli ; così eglino vollero mandare al papa una risposta,
in cui cercavano di giustificare le date misure contro il ve
scovo di Segni e tutti gli altri provvedimenti che avevano emas
nato . Tuttavia le ragioni del senato non appagarono mai gli
spiriti veramente saggi e disinteressati ; chè anzi , meno alcuni
politicastri che studiano sempre di combattere l'autorità della
santa sede , furono universalmente riprovate. Dicevasi comu
nemente non essere stati i Genovesi senza colpa nelle cagioni
ehe mossero i Corsi a ribellarsi , avere usato grande impru
denza nella scelta de' mezzi per sedare quella sollevazione , e
(1) Bando pubblicato in Genová , in seguito dell'editto di Roma : à dì 23 'di
maggio.
419
molto più ancora essere riprensibili in dichiararsi così ostil
mente contro al pastore universale della chiesa e contro al sag ,
gio suo legato ; essere un tale attentato fortemente biasimevole,
poco conforme a' principii della cristiana religione. Imperoc
chè a dispetto di tutte le sottigliezze ed i sofismi della politica,
chi oserà mai negare al papa l'autorità di mandare in qualun
que siasi parte del mondo i suoi ministri per gli oggetti spi,
rituali , per amministrare sagramenti , per estirpare abusi sia
di morale cristiana , che di ecclesiastica giurisdizione ? E dove
si troverà mai che Cristo Signore , mandando i suoi discepoli
in tutta la terra , abbia aspettato il consenso de' cesari ed il
beneplacito de' regnanti ? Ora la missione del vescovo di Segni
era totalmente ristretta ad oggetti di coscienza ed al santo mi
nistero : il breve inviatogli dal papa abbastanza chiaramente
erasi su di ciò espresso ; che se tuttavia il governo della re
pubblica aveva apprensioni contrarie , doveva chiedere lumi
maggiori a Clemente XIII , doveva rettificarle, e non mai pro
cedere contra un suo legato , come si farebbe contra un capo
di assassini.
Si consideri l'esito di tutto questo affare , e veggasi se i ti
mori del senato erano ben fondati. La visita si terminò col
maggior buon ordine : monsignor De -Angelis ritornò fra le
sue montagne a governare il suo popolo , che lo ricevette a
braccia aperte : come non era uscito da Segni che per obbe
dienza al supremo gerarca , così amò sempre di rimanere in
mezzo a ' suoi diocesani , e tra loro consumò la sua vita nel
mese di settembre , l' anno 1765 , amaramente compianto per
le ottime sue qualità. Qual vantaggio ha ricavato dalle aposto
liche sue fatiche? Dove sono andati a finire quei gran disegni
su la Corsica che gli si attribuivano ? Qual uso fece egli mai
della sua amicizia co’.cạpi de' sollevati ? Qual danno è deri
vato a'Genovesi da questa visita in Corsica ? Dove si trova che
il vescovo di Segni abbia fatto un passo , detta una parola
contra gl' interessi della repubblica ? All'incontro di quanto
420
giovamento non è ella stata la visita a quelle anime , a quelle
chiese , a quel clero ? Si disse , nè devesi ommettere , che le
cose spirituali ricaddero in quelle diocesi nel primo loro di
sordine. Suppongasi ciò vero : forse la ricaduta di un infermo
prova essere stata inutile la visita del medico , e nociva la me
dicina ? lo finisco questo articolo già molto prolungato , scritto
con intimo convincimento che questo tratto di storia sarà una
perpetua macchia al nome e alla religione de' Genovesi. to
nacqui syddito di quella fioritissima repubblica, e io la amava
moltissimo al pari di qualunque altro ; ma l'antico affetto alla
patria estinta non mi doveva far tradire la verità , nè con esa
gerare gli avvenimenti suoi gloriosi , nè con tacere quelli che
la deformano ; e con questo sentimento aggiungo le parole di
un autore non sospetto , il quale , dopo aver enarrato la storia
di monsignor De Angelis , conchiude così : « La celebratis .
« sima nazione genovese , fra tutte le nazioni dell'Europa , è
« forse quella che abbia nel corso de' secoli redate meno ama- s
« .rezze e disgusti a ' romani pontefici (1 )
LXXXIV . CONTROVERSIE DEGLI ARCIVESCOVI DI GENOVA
COL SENATO DELLA REPUBBLICA PEL TRONO DEL DOGE
NELLA CHIESA METROPOLITANA DI SAN LORENZO .
Gravissime controversie amareggiarono l'animo degli arcia
vescovi di Genova in riguardo al trono del doge, che il go
verno della repubblica volle erigere nel luogo digniore del
presbiterio della chiesa metropolitana ; le quali contese parti
colarmente s'inasprirono a' tempi del cardinale arcivescovo
Stefano Durazzo , dotto e piissimo prelato . La sede del doge
stava a' giorni suoi a latere epistolae , rimpetto alla cattedra
(1) Continuazione degli annali di Maratori dall'anno MDCCL sido al MDCCLXIV .
Lucca MDCCLXX , appresso Leonardo Venturini.
421
arcivescovile in cornu evangelii ; e cost appunto rilevasi dalla
relazione dello stato di sua chiesa , ch'esso arcivescovo man
dava nel 1659 a papa Alessandro VII. Se queste due sedi si
fossero lasciate rispettivo loro posto , buona armonia tra
le due podestà non si sarebbe alterata ; ma si volle introdurre
una nuova preeminenza , e dạ qui vennero forti scissure . Ne
fu cagione la repubblica , la quale per essere padrona e signora
del regno di Corsica , deliberò nel 1638 di assumere la dignità
la divisa regia con tutte le onorificenze che vi erano annesse.
Con tale intendimento ordinò , che ogniqualvolta si ' eleggeva
il doge , primo rappresentante di essa repubblica , venisse fre
giato delle regie insegne , della corona , dello scettro e del
manto reale. Eseguita questa solenne funzione nel marchese
Agostino Pallavicini , che fu il primo de' dogi incoronati , par
ve al governo che la sede di lui nel presbiterio di san Lorenzo
alla parte dell' epistola , fosse inferiore al suo grado , nè con
„venisse più alla suprema maestà suo. Il cardinale arcivescovo
che da canto suo , come altrove si disse , aveva ricusato di far
l'incoronazione del principe , si oppose a concedere all'assunta
dignità, sebbene regia, il luogo digniore della chiesa : di questa
resistenza şi offesero i supremi magistrati, e cessarono da quel
momento d'intervenire alle solenni funzioni ecclesiastiche , co
me per l'innanzi solevano di fare.
Il cardinale rassegnò alla santa sede la pretensione del go
verno ; e sua santità commetteva questo negozio a tre cardinali
:della congregazione de' sacri Riti , cioè agli eminentissimi Cap
poni , Franciotti e Montaldo. Dopo matura discussione, deci
sero che continuasse l'arcivescovo a tenere la sua cattedra
dalla parte del vangelo nel sito più vicino all'altare , e dall'i
stessa , ma in luogo inferiore , avesse anche la sua sedia il do
ge: tutti rimasero contenti della decisione , e la città vide con
moltissima soddisfazione ritornare alle solite sacre funzioni il
doge e i senatori.
Nel 1664 , promosso all'arcivescovado monsignor Giovanni
422
B. Spinola , il governo con la deliberazione del minor consi.
glio del giorno otto di novembre ordinò , che il luogo e catte
dra di monsignor arcivescovo in duomo fosse in cornu epi
stolae col baldacchino per contro a quello di sua serenità ; e
così appunto fu eseguito nel giorno primo di dicembre di detto
anno con l'assistenza di due deputati, Ordinò di più , che li
canonici accompagnassero il doge e il senato tanto all in
gresso quanto all uscire di chiesa fino alla porta del tempio .
Queste nuove pretensioni furono portate a Roma ove per lungo
tempo si discussero ; e finalmente i cardinali Altieri e Negrone
proposero un temperamento , che dal governo fu adottato . In
conseguenza del quale il minor consiglio , il giorno ventisei di
giugno 1673 , autorizzava i serenissimi collegi « ad accordare
« la pratica della sede arcivescovile col progetto ultimo di
« Roma, procurando, che il luogo preciso dell'arcivescovo
« prelato sia più vicino alli stalli de' canonici » . Però nel gior
no trenta dell'istesso mese decretarono « che venendo cardi
* ac nale arcivescovo , si rimetta il suo soglio nel luogo e nel
« modo in cui era , essendo arcivescovo il cardinale Durazzo ;
« mentre per l'arcivescovo moderno e per li suoi successori
« prelati si ponga la sedia al corno dell' epistola , nel sito più
* « verso il coro e più vicino alli stalli de' canonici » .
Eletto ad arcivescovo nel 1705 monsignor Lorenzo Fiesco ,
e nell'anno seguente decorato della sagra porpora , fece di
nuovo riporre in cornu evangelii presso all'altare la sua cat
tedra ; e finchè egli visse non osò il governo a più rimuoverla ,
pel rispetto alla romana porpora di cui era rivestito . In que
sto tempo fu concertato e stabilito il ceremoniale per le rive
renze al doge , a 'senatori e a ' giusdicenti dello stato .
Nel 1726 essendo stato assunto alla dignità arcivescovile frate
Niccolò Maria De -Franchi, la sua cattedra fu rimessa al sito ,
da cui era stata levata in tempo del cardinale Fiesco , cioè
alla parte dell'epistola , ed attaccata onninamente alli stalli dei
Y
423
canonici , senza la benchè menoma distanza : e collocato il
trono del doge nel corno dell'evangelio.
Monsignor Giuseppe Maria Saporiti, promosso alla chiesa
metropolitana nel 1748 , insorta una qualche circostanza di
preeminenza , credette doversi costantemente opporre alle pre
tensioni del governo ; e come vide che le ragioni sue non po
tevano prevalere ed aver esecuzione , venne alle vie di fatto .
Entrato di notte tempo nel duomo, fece rimuovere da'chierici
e da'suoi domestici il trono del doge, e rimosso , lo volle sep
pellire. Quindi uscito dalla città , andossene a Massa ove esser
sicuro da ogni molestia. Si fecero delle trattative pel sụo rie
torno a Genova , e rinvenne di fatto ; ma in quanto a ' suoi di
ritti mostrossi sempre inflessibile. Il governo ripose il trono
ducale nel luogo digniore alla parte del vangelo ; e l'arcive
scovo finchè visse non volle mai più celebrare i solenni ponti:
ficali alla presenza de' supremi magistrati.
Tollerò l'abuso il suo successore , monsignor Giovanni Ler ,
cari; ma intanto era venuto il tempo in cui Iddio medesimo
vi poneva provvedimento. Scoppiata in Genova la rivoluzione ,
il primo passo che facevano i democratici era di entrare nel
duomo di san Lorenzo , abbattere e sfracellare la sedia ducale,
per non esservi mai più ristabilita. Vero è che dopo poco
tempo tentaron alcuni di rinnovare le antiche vertenze. Go
vernava lo stato al principio di questo secolo una repubblica ,
che Ligure appellavasi, sopra nuove costituzioni fondata; e
alla chiesa metropolitana era stato promosso sua eminenza il
cardinale Giuseppe Spina. Prima di venire alla diocesi avendo
fatto erigere in duomo, entro il presbiterio e alla parte del
vangelo , la sua cattedra con baldacchino , mostrossi di ciò al
tamente offeso il ministro di polizia della repubblica Ligure;
epperò mandato ordine al vicario generale arcivescovile , gli
faceva sentire che quella nuova cattedra in san Lorenzo urtava
co ' diritti del governo , che quindi doveva rimuoversi da quel
luogo e porsi in altra forma. Informato indilatamente il cardi
1
424
nale arcivescovo dell'opposizione a' suoi diritti, stette fermo a
mantenerli, ed intanto mandava da Roma nel mese di luglio
1802 la seguente memoria .
Alli cittadini, Doge e Senatori della Repub. Ligure
il cardinale arcivescovo di Genova
« Non senza una sensibile pena il cardinale arcivescovo di
Genova ha sentito riferirsi , che mentre il senato Ligure non
incontrava alcuna difficoltà sull'esecuzione delle bolle aposto
liche, e sulla scelta fatta da esso del vicario generale , e sull’
erezione nella cattedrale della solita cattedra arcivescovile ,
coperta di baldacchino, il senatore deputato alla polizia chia
mato a sè l' anzidetto vicario , lo abbia avvertito che la catte
dra dovea situarsi in cornu epistolae e che rapporto al bal.
dacchino non potendosi ancora per l'attuale sistema erigersi
quello del doge , credeva che fosse più espediente per ora
non innalzarne alcuno.
« L'amor della pace , dal quale si protesta il cardinale ara
civescovo di essere penetrato , il desiderio di potersi unifor
mare in tutto alle intenzioni del governo Ligure e de'suoi mi
nistri , fanno bramare al medesimo di poter senza riserva se .
condare le insinuazioni del senatore deputato alla polizia ; ma
altronde trattandosi di una distinzione, che per consenso omai
universale è annessa alla dignità di ogni arcivescovo e vescovo ,
e molto più di un arcivescovo cardinale di santa chiesa , si
trova il medesimo nella necessità di sottoporre all'illumina
tissimo senato Ligure egualmente che al detto senatore depu
tato alla polizia , alcune riflessioni sull'oggetto in questione.
« E prescindendo da tutti quelli titoli e quelle regole , che
addur si potrebbero per dimostrare il diritto che ha un ve
scovo di ricoprire di baldacchino la sua cattedra , e prescin
dendo da ogni idea di giurisdizione , ch'eccitar possa l'uso
del medesimo , si prega di riguardare per ora questa distin
425
zione come una caratteristica di onore e di dignità accordata
ad ogni vescovo nelle chiese della propria diocesi, onde ren
dere è più rispettabile al popolo il suo carattere e più auguste
le sacre funzioni che ivi esercita. Riguardato a questo semplice
aspetto l'uso del baldacchino , benchè il governo non creda
che in forza dell'attuale sistema convenga ancora di permet
terne l' uso al doge , niuna difficoltà pare che debba incón
trare , perchè ne faccia uso il cardinale arcivescovo , é perchè
la sua cattedra , ch ' è la cattedra dalla quale il maestro della
religione annunziar deve al suo popolo le verità della mede
sima, collocata sia nel posto il più eminente ed il più distinto
del santuario , e perchè ricoperta sia di un baldacchino.
- Che il sistema di un governo repubblicano basato sulla
libertà ed eguaglianza de' cittadini non verrebbe ad essere al
terato da questo distintivo accordato alla dignità ecclesiastica
ed arcivescovile , egualmente che non viene alterato un tale
sistema dalle insegne , colle quali si distinguono in una re
pubblica i primi magistrati, e così dalle preeminenze che nell'
esercizio della confidatagli autorità a questi si accordano ,
fatto meglio che le ragioni dimostra la verità di questo as =
sunto .
« Non era che tollerato l'esercizio della cattolica religione
in Francia prima che segnata fosse la convenzione tra la santa
sede ed il governo Francese ; eppure in tutte le chiese di Pa
rigi , nelle quali da qualche vescovo , benchè non diocesano ,
si celebrava pontificalmente la messa , si faceva uso del bal
dacchino , come si fa ora in tutte le cattedrali delle diocesi
francesi di nuova erezione. Nella repubblica Italiana , e preci
samente nella chiesa metropolitana di Milano , dopo la libertà
di quella repubblica , che dalla memorabile battaglia di Ma
rengo fu ristabilita , l'arcivescovo ha sempre fatto uso del
baldacchino, nelle sacre funzioni. Era già ridotto a sistema re
pubblicano il Piemonte , ed il primo console Bonaparte non
solo esortò il signor cardinale vescovo di Vercelli a conservare
426
e nella sua residenza e nella cattedrale l' uso del baldacchino ,
ma espressamente comandò , che nell'uso di questo e di tutte
le altre insegne e distintivi , che ad un cardinale competono ,
non venisse disturbato . L'esercizio poi più luminoso , e che
pare servir debba di norma a tutte le repubbliche ed a ' go
verni delle medesime , è quello della repubblica Francese.
Niuno ignora con quanta pompa e con quanta dignità il primo
console insieme con tutti i magistrati della repubblica abbiano
assistito nel dì solenne di pasqua di Risurrezione alla messa
celebrata nella chiesa metropolitana di Parigi dal cardinale le
gato , e ad ognuno è noto , che la sede del cardinale legato si
tuata era in tale occasione dalla parte del vangelo ricoperta di
grandioso baldacchino, e che la residenza de'consoli ricoperta
di padiglione situata era dalla parte dell'epistola.
a Al diritto adunque , che compete ad ogni vescovo e par .
ticolarmente poi ad un vescovo cardinale , di ritenere nella
parte più distinta del santuario la cattedra con baldacchino ,
aggiungendosi esempi così autorevoli e luminosi,non potrebbe
senza rimorso il cardinale arcivescovo di Genova tralasciare
di reclamarne la ripristinazione e l'uso nelle chiese di sua dio
cesi e particolarmente nella chiesa della metropolitana , ed il
suo pusillanime silenzio su tale oggetto meriterebbe giusta
mente i rimproveridella santa sede e de' suoi confratelli, non
meno che di tutti i vescovi, e di quelli singolarmente che non
solo ne dominii della repubblica Italica , ma in Francia an
cora , non sono forse lontani dall'essere decorati della dignità
cardinalizia.
« È perciò adunque che il cardinale arcivescovo rispetto
samente sottopone all' illuminato intendimento del Ligure se
nato queste brevi riflessioni , dopo le quali spera che non in
contrerà più alcuna difficoltà sull'uso del baldacchino e sul
collocamento della cattedra arcivescovile dalla parte del van
gelo , e che si avranno alla dignità, di cui immeritevolmente
si trova rivestito , quei riguardi, che ridondano in fine al de
427
coro della nazione istessa , della quale il cardinale si pregia di
essere cittadino.
« Adempito avendo a questo indispensabile dovere , non
resta al cardinale arcivescovo che di affrettare il momento di
essere in mezzo alla sua greggia , il che in ogni evento ese
guirà sollecitamente , ed implorare come fa e farà sempre in
cessantemente con umiltà di cuore e di spirito sopra il go
verno e sopra il popolo le celesti benedizioni,
Firmato ec .
G. Cardinale Arcivescovo di Genova .
LXXXV . CONTESE DE' PRELATI DELLA LIGURIA COL GOVERNO
PER LE CATTEDRE VESCOVILI E LE SEDIE
DE GOVERNATORI.
Narrata la storia delle controversie , che dal principio sino
alla fine si agitarono in Genova sulla cattedra areivescovile ,
non devesi tacere che somiglianti pretensioni venivano púr
troppo fastosamente rinnovate da ' governatori dell'antica re
pubblica in tutte le città primarie delle due riviere. Abbiamo
veduto altrove la gravissima contesa insorta, nel 1641, fra il go
vernatore di Savona e monsignor Francesco Maria Spinola , la
traslocazione che fece il prelato di sua sede in Albisola , l'in
terdetto ecclesiastico che fulminò all altar maggiore della cat
tedrale , e l' allontanamento suo dalla città, ossia dalla sua or
dinaria residenza .
La più clamorosa di queste controversie fu per avventura
quella che si suscitò in Sanremo , della quale però se ne scrive
qui il principio e il progresso. Mentre la Corsica , da più fa
zioni agitata e divisa , stava lottando contro alla repubblica di
Genova per sottrarsi al legittimo suo governo , la popolosa
città di Sanremo nella spiaggia ligustica di ponente , credendo
pure di aver giuste ragioni di doglianza , attentò similmente
428
di rivoltarsi , per sottoporsi ad una dominazione straniera (1) .
A reprimere queste turbolenze, mandò il senato di Genova ,
nel 1753 , il marchese Agostino Pinelli , uomo, risoluto ed in
traprendente, il quale, dopo aver usato asprezza e rigore con
tro agli anziani della città ed i più ragguardevoli patrizi, volle
ancora mortificare gli ecclesiastici , che forse non avevano os
servato in que' tumulti quella quiete e moderazione la quale
conviene al carattere sacerdotale , massime negli sconvolgi
menti politici. Fece egli pertanto imperiosamente togliere dal
presbiterio della chiesa collegiata di san Siro la sedia episco
pale. Era vescovo della diocesi monsignor Costantino Serra ,
prelato commendevole , il quale certamente in quella solleva
zione non erasi nè punto nè poco intricato. I canonici offesi di
questa violenza e così comandati dal vescovo, fecero riporre la
cattedra al suo solito posto, e il commissario levar di nuovo con
maggior disprezzo e prepotenza , sostituendovi la sua propria.
Informato il vescovo di Albenga , alla cui diocesi era soggetta
Sanremo, di questa novità , pubblica un monitorio di scomu
nica e poscia mette l'interdetto alla chiesa. Il Pinelli sempre,
più irritato , comanda che sia strappata dalle porte della chiesa
e lacerata quella carta di monitorio , e monsignor Serra la fa
circolare per ogni dove , e quindi ricorre a Roma , a cui espo
ne pateticamente la serie di tutti questi fatti, come altrettanti
attentati all'immunità ecclesiastica e dignità episcopale . La re
pubblica diversa assai ne' sentimenti , lo richiama a Genova a
render conto di sua condotta , e alla negativa spedisce una ga .
lera con gente armata autorizzata a persuaderlo efficacemente
coll' espediente della forza a sottomettersi a' voleri del suo
principe ; ma monsignore , segretamente prevenuto con lettere
de' suoi congiunti , non ebbe la pazienza di aspettare l'arrivo .
della galera , ed in vece del viaggio a Genova , ne intraprese
un altro verso Oneglia , città pur di sua diocesi, ma soggetta
(1) Muratori, continuazione , all'anno 1953.
429
al dominio di sua maestà il re di Sardegna (1) . Qui fissò per
alquanto tempo la sicura sua residenza.
Sedate le turbolenze civili di Sanremo , si accordarono le
controversie ecclesiastiche tra la santa sede ed il governo di
Genova , sì intorno alla postazione della cattedra vescovile , che
della sedia del governatore e di tutto il cerimoniale da osser
varsi nelle sacre funzioni. In conformità di questo accordo ,
Benedetto XIV , sotto il giorno venti di luglio , 1754 , scriveva
a monsignor Costantino 'Serra , « di aver ordinato che sia ri
messa nella chiesa collegiata di Sanremo nel suo solito luogo
a cornu evangelii la sua cattedra episcopale ; che la sedia del
commissario sia pur nel sancta sanctorum dalla parte dell'e
pistola , ma con qualche abbassamento ( ossia non in altezza
eguale alla cattedra vescovile ) ; che il ricevimento del com
missario , quando alle ecclesiastiche funzioni pubblicamente
interviene, sia fatto da qualche numero di canonici ( il governo
dappoi ordinò che tal numero non fosse minore di quattro ) ,
che ricevesse dal diacono l'incensazione a due tratti , l' inchino
dal celebrante sul principiar e sul finir della messa , e ritor
nando dalla chiesa avesse quell'accompagnamento di canonici
che aveva avuto nell'ingresso in chiesa. » Voleva poi sua san
tità con suo particolar avviso , che il monitorio affisso alle
porte della chiesa segretamente si togliesse. E di fatto monsi
gnor Serra scriveva a Benedetto XIV di aver ammosso con
segretezza l'interdetto dalla chiesa collegiata di Sanremo ,
come appare da sua lettera , data da Loano il giorno undici
di settembre 1754.
Nell' intelligenza ed applicazione di questo accordo si fecero
poi insorgere altre minute dissensioni , che oggidì sarebbe
cosa noiosa apporvi molta importanza. Aggiungerà soltanto
che, spianati finalmente tutti i dispareri , monsignor Serra ri
(1) Beccattini: storia del secolo XVIII , tom . 3 , lib . 2 , pag. 179; edizione di
Milano 1796.
430
tornò in Sanremo , ovè poi terminò santamente i suoi giorni ,
l'anno 1763 , in età presso che ottuagenaria. Le sue spoglie
mortali giacciono in quella chiesa collegiata , nel sito mede
simo da cui la sua cattedra era stata ingiustamente rimossa .
Onorevole epitafio fu apposto al suo sepolcro , che tuttora vi
si legge , ma ogni lode sarà sempre inferiore a' grandissimi
suoi meriti.
Una vertenza consimile avvenne in Sarzana , ove , il giorno
undici di luglio 1759, per ordine del commissario governatore
di quella città , « i soldati entrarono in cattedrale , nel presbi.
« terio dell'altar maggiore , trasportarono alla parte del van
« gelo , e situarono nel luogo più superiore e più vicino all'
á altare suddetto la sedia che dentro lo stesso presbiterio , ma
« dalla parte dell'epistola , era sempre stata per comodo del
« signor governatore commissario , quando interveniva alle
a funzioni della chiesa . » Così precisamente racconta il fatto
monsignor Giulio Cesare Lomellino , in una sua lettera di ri
corso e di lagnanza a'serenissimi collegi , in data di Massa di
Carrara , il giorno otto di agosto , 1759. E ne scrisse anche a
Roma, implorando provvedimento opportuno dalla santa sede.
La virtuosa costanza di questo egregio prelato non si alterò
giammai ; volendo però cautelarsi contra ogni personale mo
lestia , continuò per sei anni la sua residenza in Massa , che
era la più cospicua città di sua diocesi , e soggetta al regime
politico de'suoi principi. Rappresentavangli alcuni, che quella
sua fermezza gli avrebbe provocato lo sdegno del governo , e
che le sue rendite sarebbero state confiscate : poco m'importa ,
rispose , purchè siano salvi i diritti della mia dignità e i
doveri di mia coscienza . E questa confisca realmente si fece,
nè si ritrattò dal governo che l'anno 1767 , nel giorno dicia
sette di marzo , in cui emanò il seguente decreto : a restano
« intieramente dimenticate qualunque irregolarità occorse in
« Sarzana , e potrà quindi monsignor Lomellini restituirsi
( da Massa ) alla sua residenza , ove rientrerà nella goduta
431
a delle sue rendite e prerogative , e rispetto alla cattedra di
* esso monsignor vescovo sarà praticato quanto fu stabilito
« per monsignor vescovo di Albenga (1) . »
LXXXVI. LE CONFRATERNITE DEGLI ORATORII,
Reggeva la chiesa metropolitana di Genova monsignor Ales
sandro Centurione ( e la resse dal 1591 sino al 1595 ) , quando
fu creato dal governo della repubblica un magistrato composto
di tre senatori , che dicevasi Giunta ecclesiastica , il cui offi
cio era di sorvegliare agli abusi di giurisdizione, che talvolta
avessero commesso i vescovi dello stato . La instituzione di
questo magistrato dovendo credersi retta nell'intendimento
del governo, ed opportuna alle circostanze de'tempi, non può
negarsi che nel corso degli anni e degli affari non divenisse
viziosa e causa di abusi maggiori di quelli che intendeva a ri
mediare. Imperocchè in vece di contenersi entro quella giusta
linea , che il sacro distingue dal profano , il politico dall'ec
clesiastico , i diritti episcopali da' civili , troppo largamente si
estese fuori della propria sfera , così che la giurisdizione ve
scovile frequentemente veniva impedita o mortificata nell'eser
cizio de' suoi inviolabili doveri. E qui ne nacque un perpetuo
conflitto , in cui dalla parte del governo eravi una pretensione
ascendente , e dalla parte de' vescovi o tolleranza , o vigorosa
resistenza. Questo conflitto fra le due podestà , il magistrato
della Giunta e l'episcopato , scontravasi non solo nell'eserci,
zio dell'immunità personale e laicale e nelle preeminenze di
onore , ma particolarmente allorachè i vescovi volevano met
9
tere un qualche provvedimento a' disordini delle pie confrater,
nite laicali , o punire con pene ecclesiastiche i sacerdoti e i
cattivi pastori delle parrocchie.
(1) Ho cavato queste memorie da documenti originali , che si conservano in
Torino , ne' regii archivii di corté.
1
432
E qui per la maggiore intelligenza della storia sarà bene ri.
salire all'origine delle confraternite laicali, e poi discendere
al loro progresso ; e volendo ciò narrare senza parzialità , -u
serò le parole di un rispettabilissimo scrittore , il marchese
Gerolamo Serra, sopra di cui non può cadere sinistro sospetto :
dice adunque così (1 ) . « Non ci sembra da ommettere l'insti
tuzione delle compagnie di penitenza e di pace , chiamate dal
volgo Casacce ... Già dal 1260 erano venute di Perugia al
quante coppie di penitenti , le quali pubblicamente si davano
la disciplina ; ma il numero loro era poco cresciuto ; quando :
nel 1396 semplici contadini di Provenza cominciarono a con-.
gregarsi insieme coperti di grosse tele. Recitate alcune preci
latine, andavano attorno gridando pace , misericordia , e il di
vino aiuto . La fama de' miracoli per queste congregazioni oto,
tenuti , le trapiantò subito in Lombardia con nuove regole , con
vestire uniformemente di bianco , velarsi per umiltà la faccia ,
accompagnare la immagine del crocifisso , e intuonar di fre
quente l'inno attribuito a papa Giovanni XXII sulla Madre di
Cristo sconsolata a' piè della croce . Non mai le musiche note
del Pergolesi faranno al suono di queste parole i delicati animi
tanto impietosire , quanto le rozze voci de' confratelli intonan ,
do l'inno medesimo ancor poco noto , toccavano il cuore e le
passioni sedavano delle turbe affollate. Molti ne valicarono
l'Appennino , riempierono di compunzione la valle di Polce
vera , e quantunque derisi entrarono anche in città , ove si con
giunsero a disciplinanti , che avevano in povere case i loro om
ratorii. La prima processione delle unite Casacce seguì al dieci
di luglio del 1397. Ma riuscì cosi tenera , che parecchi rei di
antiche ferite posero in mano agli offesi il macchiato ferro ,
dicendo : qui siamo , fate di noi ciò che vi aggrada. E gli of
fesi detestando lo strumento della loro vendetta , quanto lo
(1) Storia dell'antica Liguria e di Genova, tom . III , libro sesto , cap . seconda,
all'anno 1400.
433
avevano già agognato , davano a'pentiti offensori il bacio della
pace ... Le Casacce sono trasformate a' dì nostri in altrettanti
teatri di gare profane e di atletici esercizi . »
Nulla di più aggiunge l'autorevole scrittore sulle confrater
nite di Genova , perchè lo scopo dell'opera sua lo chiamava
ad altri articoli , e neppure io voglio dirne d ' avvantaggio.
Ma quelle della Liguria erano forse più saggie , più moderate ?
Le quante volte opponendo privilegi e consuetudini, che in
sostanza non erano che inveterate corrutele , cozzavano aper
tamente con li diritti delle parrocchie ? Quali strane proces
sioni non facevansi nel mattino delle feste pasquali, ed in al
tre solennità , ed in ore notturne, fuori il proprio territorio ,
nelle vie campestri , con la sovversione de' costumi ? E le sa
crestie degli oratorii le quante volte dell'anno trasformavansi
in ridotti di beveria e di stravizzo ? E le rendite di quelle pie
opere come si consumavano ? E guai al parroco che riclamava
contro a tali e peggiori disordini , tanto più se il priore della
confraternita era un potente e facoltoso cittadino : voler mode
rare gli abusi, era lo stesso che suscitare un vespaio : guai an
che al vescovo , se dopo le convenienti ammonizioni , avesse
intimato o l'interdetto all' altare dell'oratorio , o la pena della
sospensione al sacerdote che interveniva a quelle irregolari
funzioni. Non si tosto i priori della confraternita ricorrevano
alla Giunta , che questa li proteggeva contro tutte le pene ec
clesiastiche ; e così i confratelli diventavano incorreggibili , ed
i disordini si perpetuavano .
Basta qui ricordare gli avvenimenti dell'oratorio di san
Rocco di Lerici , nel golfo di Spezia. Monsignor Giovanni Ge
rolamo della Torre, vescovo di Sarzana , volendo riparare ai
gravissimi disordini che succedevano nell'uso delle limosine
solite a farsi da' collettori di quella confraternita , ordinò nel
1746 che « le questue fossero ben regolate , ed impiegate al
« divin culto , e secondo la pia intenzione de' fedeli. » Questo
pastorale e savissimo provvedimento non fu punto osservato .
28
434
Lo rinnovò pertanto premurosamente il suo successore , mon
signor Giulio Cesare Lomellini; ma egualmente che per l'in
nanzi gli ordini suoi furono disobbediti. Il prelato senza sgo
mentarsi volendo reprimere l'audace resistenza della confra
ternita, proibisce alla medesima di più uscire alle processioni,
e far altri ecclesiastici uffizii. E questa proibizione fu pubbli
camente violata da' confratelli, i quali sapevano di essere fa
voriti e difesi dall'autorità civile ; in castigo pertanto di sì
scandaloso disprezzo degli ordini ecclesiastici , monsignor Lo
mellini , nel giorno,otto di febbraio , 1763 , fulmina l'inter
detto all'oratorio di san Rocco. Informata di tutto ciò la
giunta in Genova , manda ordine che nella chiesa dell' orato
rio sia murata una iscrizione in marmo , in cui « dichiarayasi
« essere la chiesa e l'oratorio di san Rocco di giurisdizione
« totalmente laicale , » facendosi così intendere al vescovo che
non aveya alcun diritto sopra quella confraternita , e non essere
perciò di verun valore le pene che aveva intimato. Ben altri
menti la intendeva il vescovo ; e quindi fu che , previo il ce
dolone affisso alla porta della chiesa parrocchiale di Lerici nel
di tre settembre dell'anno indicato , 1763 , dichiara incorsi
nella scomunica maggiore , come violatori dell' ecelesiastica
giurisdizione, quindici confratelli , compreso il priore , dell'
oratorio , tutti ad uno ad uno nominatamente espressi. Sino a
questa estremità s' inoltrarono le contese , nè qui pur finirono ;
giacchè insorsero quindi infinite dicerie nelle popolazioni , a
perte scissure fra le due opposte autorità , allegazioni di ca
ponisti, che biasimavano chi l' una e chi l'altra , pubbliche e
private scritture che circolavano non solo nel dominio , ma
anche fuori lo stato della repubblica (1 ) , e finalmente l'inter
posizione della santa sede. Se il magistrato della Giunta , in
vece di proteggere la confraternita , che troppo era biasimevole
(i) Molte di queste scritture originali ho io veduto e letto ge' regü archivi di
corte di Torino.
* 435
nel cattivo uso delle pie limosinë , di accordo col vescovo ne
avesse represso sin da principio i gravissimi abusi ; quanti
scandali si sarebbero impediti, e quante insolenti animosità si
sarebbero distolte ?
LXXXVII, I PRETI DI BANCHI.
Grandemente vituperevoli alla religione erano i disordini del
clero di Banchi. Non pochi sacerdoti indegni del carattere e
dell'uffizio loro , ordinariamente venivano in Genova dalle due
riviere ( giacchè il clero della città fu sempre rispettabile per
dottrina e morigeratezza ) per eludere la vigilanza de' rispet
tivi loro vescovi , per ricercare l'impiego di gastaldo in qual
che opulenta famiglia ; e , non trovandolo , per vivere delle lu
crose, limosine del ministero , siccome un artista suole guada
gnarsi il vitto dall'industria , o un uomo manuale con la forza
di sue braccia. La loggia di Banchi era il luogo, ove solevano
convenire , ed ove erano cercati o per l'accompagnamento di
una sepoltura , o per la messa in qualche cappella privata , o
per la chiesuola di una vicina villeggiatura , o per la celebra
zione del santo sacrificio sull'ora del mezzodì al maggior co
modo di una dama. Le dimande di questa natura solevansi
fare a colui che di tutti riputavasi il capitano, ed era un prete ,
esperto raggiratore ; e con lui il servitore di quella famiglia ,
o altro mezzano , negoziava dello stipendio , come se si trat
tasse di mandare un facchino a portare un peso da una all'al
tra contrada, si computava il pranzo o la colezione, e secondo
il maggior o minor prezzo chiudevasi il contratto . Con questi
proventi che ben sapevano i preti di Banchi al pari di qua
lunque abile trafficante aumentare e ribassare all'opportunità ,
vivevano con ignominia del loro abito , con avvilimento del sa
cro loro carattere , e non di raro con le funzioni ecclesiastiche
strapazzate , ed una messa precipitata.
436
A togliere un tale abuso gli arcivescovi mandavano ordini i
più precisi e severi , ma poco venivano obbediti, rinnovavano
le più giuste minacce delle pene canoniche; ed il disordine
continuava come per l'innanzi. Se la Giunta avesse corrobo
rato con la forza esterna il giusto rigore degli editti pastorali ,
ed avesse concorso a rimandare alle rispettive diocesi que' sa
cerdoti che non erano muniti delle legittime carte de' propri
vescovi, nè addetti ad un utile e religioso ufficio , lo scandalo
de' preti di Banchi sarebbe certamente cessato . Il male per
tanto in gran parte procedeva dal magistrato civile -ecclesia .
stico , da quegli stessi secolari che tante volte mormorano dei
ministri del santuario ; che stipendiano un sacerdote , o per la
messa della cappella domestica , o per la scuola a' figliuoli , e
poi lo trattano come un servitore della famiglia, e di più il
peso gli addossano degl' interessi minuti della casa ed anche
della campagna . Abuso gravissimo , che altamente riprovava
san Francesco di Sales. « Non poteva egli soffrire , scrive un
a autore della sua vita , che i sacerdoti s' impegnassero nel
« servire i grandi, costume veramente deplorabile di questi
« secoli ... diceva però essere cosa indegna il vedere i mini
« stri di Dio astretti a dipendere da' secolari , i quali non a.
« vendo quella stima che si deve alla loro persona e al loro
« stato , li trattano come gli altri servitori di casa . Perciò gli
« ecclesiastici in casa de' grandi esser soggetti non solamente
« al loro capriccio , ma di più obbligati a servitù indegne del
-« loro carattere ... e ritrovarsi esposti ad una infinità di oc
. « casioni di perdersi (1 ) . » Ed essendo così, perchè resistere
a ’ vescovi che vogliono riparare a tali abusi ; perchè opporvisi
la disobbedienza di essi ecclesiastici ed insieme quella non
meno colpevole de' secolari ?
(1) Gallizia , libro terzo , capo III.
. 437
CAPITOLO XIII.
LXXXVII . Pio papa VII espulso da Roma -- LXXXIX . Arrivo
e soggiorno del romano pontefice in Savona. XC . Due
deputazioni di prelati mandati dall' imperatore Napo
leone a Pio VII. XCI. Partenza di Pio VII da Sa.
vona per la Francia , e suo ritorno a Savona e . poscia a
Roma.
LXXXVIII. PIO PAPA VII ESPULSO DA ROMA.
Napoleone Bonaparte, nativo di Aiaccio in Corsica, ufficiale
distinto per abilità e per valore nell' espugnazione di Tolone
contro gl'Inglesi ; che nel giorno otto di aprile, 1794 , era en
trato nel dominio di Genova , violando il diritto delle genti
( io mi rammento che correva la domenica delle Palme ) , de
stinato dalla democratica repubblica francese a generale in
capo per invadere l'Italia , e , come egli diceva nel suo mani. ,
festo , a liberarla da'suoi tiranni e darle i diritti della libertà
ed eguaglianza , dopo aver riportato in quindici giorni sei stre
pitose vittorie contro gli Austro - Sardi , per le quali usurpò la
più ricca parte del Piemonte e costrinse il re di Sardegna a
distaccarsi da' sovrani suoi alleati , dopo essersi impadronito
della Lombardia , e fissato il suo quartier generale a Milano,
incamminatosi a Bologna , e tolta al papa Pio VI la più florida
porzione del suo temporale dominio , con la espressa dichia
razione di voler andare al campidoglio a risvegliare il po
polo romano , assopito da tanti secoli di schiavitù , imposes
satosi con la velocità e desolazione del fulmine del ducato di
Urbino e della Marca di Ancona , dopo avere spogliato il san
438
tuario e la prodigiosissima statua di Loreto de'suo incalcolabili
tesori, obbligato il papa con la simulata pace di Tolentino, sot
toscritta l'anno 1797 , a pagare 15 milioni di lire tornesi (1 ) ,
e mandare in Francia i più pregevoli lavori di tutte le belle
arti e cinquecento preziosissimi manoscritti ; Napoleone , che
dappoi andato in Egitto , gloriavasi co' Mussulmani e co' Mufti
di essere il protettore dell'Alcorano e di avere abbassato
orgoglio del figliuolo d ' Isai ( il romano pontefice , vicario di
G. Cristo ) ; che ritornato in Parigi, nel giorno nove di no
vembre, l'anno 1799 , insulta, discioglie e distrugge il direttorio
della repubblica ; Napoleone , io dico , usurpa tutto il potere
della Francia , si costituisce capo di tutta la nazione , arbitro
di tutte le leggi , di tutti gli eserciti e di tutte le rendite dello
stato , sotto il titolo di primo console della repubblica. Volen
do acquistare una dominazione universale, indivisibile dalla sua
persona ed ereditaria in sua famiglia, si cuopre colla maschera
di uomo cattolico , di protettore della religione , di amico del
papa ; e domanda a Roma un concordato religioso. Pio VII ,
eletto il giorno tredici di marzo nel 1800, sperando di por fine
allo scisma che lacerava la Francia e di aprire le chiese del
culto cattolico , che da più anni erano chiuse , accondiscende
ed approva il concordato con la più grande indulgenza. Ed
ecco qui Bonaparte universalmente acclamato ristauratore della
religione. Ma non è questa la grandezza che ambiva . Della
chiesa voleva servirsi come di uno scabello per ascendere sul
primo trono di Europa , primeggiare nella sua nazione con più
credito e meno ostacoli. A ciò di fatti subito pervenne col ti
tolo imponente e fastoso d'imperatore de' Francesi. A sì alta
eminenza volle aggiungere una sacra cerimonia , che rendesse
presso i nazionali e gli stranieri più rispettabile il suo nome :
domandò al papa di muoversi da Roma e andare a Parigi ad
incoronarlo con ecclesiastico rito . E Pio VII , malgrado l' età ,
- (1) Fasti di Pio VI , tom . 3 , cap. XVII , annotai. 11 e 12 .
439
il disagio , ed il voto contrario di più cardinali, credè meglio
prestarsi. Ricevè dunque Bonaparte la sacra unzione dal ro
mano pontefice in Parigi, l'anno 1804 , e si pose da per sè sul
capo superbo la corona benedetta . E ciò non bastandogli , volle
essere arbitro assoluto de' regni e degl' imperi dell'Europa ,
1
sbalzando i principi dal legittimo loro seggio , per sostituirvi
con la più mostruosa ingiustizia i suoi congiunti. Così poneva
suo fratello Giuseppe sul trono delle Spagne, suo fratello Giro :
lamo al regno di Vestfalia , suo fratello Luigi a quello di Olan
da , suo cognato Gioachino Murat a quello delle due Sicilie ,
sua sorella Paolina al principato di Lucca ; e colmo oramai ,
non saprei dire se più di ambizione o di demenza , annunzian
dosi erede e successore di Carlo Magno , credevasi in diritto
di togliere al romano pontefice il temporale dominio , che il
giro di tanti secoli avea fatto il più sacro ed inviolabile di
quanti ne sorgano sulla terra , donato alla santa sede non dai
Francesi , ma dagl' Italiani prima che Carlo scendesse pel pri
mo dal Moncenisio in Italia . Così pretendeva Napoleone, ed il
figliuolo che gli nacque dalla seconda sua moglie, Maria Luisa
ărciduchessa di Austria , lo fece intitolare : le roi de Rome.
Per coprire in qualche modo una tanto enorme prepotenza , lá
quale irritava gli animi non solo de' cattolici, madegli eretici
e degli scismatici, e persino degli ebrei moderati , cominciò a
chiedere che il papa chiudesse le rade e tutti i porti del suo
littorale a quanti nemici aveva la Francia , cioè à dire , a tutti
quelli che presumeva ne' suoi deliramenti d'intimar la guerra.
Ma per tratto specialissimo della divina Provvidenza sedeva
sulla cattedra di san Pietro un sụo successore quale conveniva
a' tempi , agnello per la mansuetudine, e lione di robustezza
di animo invitta. Tal era appunto Pio VII . Risponde adunque
questo papa : essere il padre di tutti i fedeli , padre di amore ,
di pace e di carità come è appunto la religione di cui è capo ,
che però neutrale e pacifico vuole e deve essere in tutti gli av
venimenti politici e guerrieri. Ma questa risposta giustissima
340
e santissima infuria l'uomo superbo , non il grande , ma
quello ch'era di superbia grandissima. Che delibera egli per
tanto ? Manda a Roma Miollis con poderoso esercito , cioè
quel generale astutissimo ed ipocritone , che allora mostrava
il più piacevole sembiante quando stava per commettere i più
sacrileghi attentati , de' quali il cielo fremeva non meno che la
terra . Entrata in Roma la sua armata , nel giorno secondo di
febbraio , 1808 , spoglia poco per volta Pio VII di ogni libero
esercizio di sacra e civile autorità , discaccia tutti gli ordini re
golari , e s'impadronisce de' loro beni : le sacre vergini tutte
espulse da' loro chiostri , tutte le congregazioni pontificie di
sciolte , l'immacolato collegio de' cardinali sbandito , da per
tutto orrore , sangue , rapina, devastazione, Miollis si ap
plaudiva seco stesso , Bonaparte esultava trionfando , Pio VII
gemeva addoloratissimo , e la chiesa universale desolatissima
in tanta procella pregava per sè e per il suo capo. Tuttavia il
santo padre prigioniero nel suo palazzo del Quirinale trovò an
cora la maniera di far sentire la sua voce clamorosa più che
il tuono , e far piovere dal cielo tutti i ſulmini: fecé affiggere,
il giorno 10 giugno 1809 , alle porte delle principali basiliche
romane quella bolla, che servirà come a’posteri di eterna istru
zione , così a lui di gloria immortale , quella bolla che comin
cia : quum memoranda illa die secunda februarii, nella quale
invocando tutta l'autorità che il cielo gli aveva conferito so
pra la terra , colpisce con indelebile anatema Napoleone, Miol
lis , e tutti i suoi aderenti , rapaci invasori del temporale do
minio della santa sede. Vero è che per degne ragioni non fu
nominatamente espresso Bonaparte ; ma tanto vi è caratterize
zato e descritto , che anche i sordi lo intendono (1 ) . Miollis
fremeva di rabbia , che ad onta delle sue vigilanti sentinelle
(1) Qui cum impiis in societatem consilii venerat ( Bonaparte ) de ecclesia pe .
nitus destruenda, qui eo animo amicitiam cum illa affectaverat , ut facilius pro .
deret , eius patrocinium simulaverat, ut securius opprinneret. Così nella bolla.
441
diurne e notturne erasi pubblicata una solenne scrittura contra
l'imperatore francese ; ed esso Napoleone, furiosissimo più di
una tigre ferita , manda di suo carattere l'ordine risoluto che
Pio VII sia portato via dal Vaticano , rimosso dal suo domi
nio , e tradotto da un distaccamento militare in Francia , non
so dire se schiavo o prigioniero, o piuttosto vittima innocente
sotto le armi de' sicarii.
Ed eccoci al momento che compiesi l'orribilissimo assassi
nio , eseguito per mano del generale Radet. Suonate le ore
due e mezzo dopo la mezzanotte dell’entrante giorno sei di
luglio , 1809 , questo ufficiale , dopo aver data la scalata nel
giardino del Quirinale , e sforzate e rotte le porte , intima in
nome di Bonaparte la partenza da Roma a Pio VII , ed inti
mata presto si effettua. Benedicendo la sua città , parte il papa
in carrozza avendo con sè il suo fidissimo ed amatissimo car
dinale Bartolommeo Pacca , circondato da dragoni a cavallo ,
con la spada nuda alla mano. Il viaggio fu precipitato con
strema violenza , onde ebbe a sentirne un disagio indicibile
l' apostolico pellegrino , con tante cautele di segretezza che
nella rapidissima corsa non potesse , non dirò essere , rispet
tato , ma nemmeno conosciuto , così che maggior parte
delle popolazioni il veniva a sapere quando era sparito.
A Radicofani arrivarono da Roma i domestici del papa ed
alcuni prelati che avevano ottenuto il permesso di seguirlo ,
tra quali eravi monsignor Giorgio Doria maestro di camera .
Spronando la marcia, vennero in tre miglia di distanza da Ge
nova , in luogo detto Castagna , dalla parte di levante , e qui
il capo del distaccamento , volendo evitare l'ingresso nella
città, fece imbarcare di notte tempo il papa sopra una felucca ,
e sbarcarlo a san Pier d'Arena. Seguitando il rapidissimo
corso verso Alessandria , traversando il Piemonte e la Savoia ,
ma sempre con evitare il passaggio nelle grandiose città , il
giorno ventesimo , Pio VII entrò in Francia , e condotto fu a
Grenoble , sfinito da' patimenti. Non per dargli riposo , ma
442
per aspettare gli ordini ulteriori di Bonaparte , che in tal
tempo combatteva e trionfava nell'Austria , si fece fermare il
santo padre in quella città per undici giorni, tanto che
arrivò l' ordine assoluto . di relegare il santo padre in Sa
vona , ed il cardinale Pacca nella fortezza di Fenestrelle :
separazione all' uno e all'altro sommo personaggio dolo
rosissima. Bisognò dunque avviarsi ad altro violento cam
mino nella Provenza , e dalla parte di Nizza rientrare in
Italia . Vivissime e religiosissime erano state le dimostrazioni
che l' augusto viaggiatore aveva riportato nel suo passaggio
per la Francia ; in Nizza però furono anche accompagnate da
una particolare solennità e venerazione. Avendo voluto pass
sare a piedi il ponte di Varo , tutti gli ordini della città gli
vennero incontro festosamente , e dieci mila persone stavano
genuflesse , acclamandolo , e chiedendo la sua benedizione.
Trovavasi in Nizza in ostaggio l' infanta di Spagna , già regina
di Etruria , piissima come ella era e rispettosissima al capo
della chiesa , co' due suoi figliuoli erasi pure inginocchiata di
qua del ponte ad onorarlo più con le lagrime , che con le pae
role. La consolò il papa con affettuosi sentimenti , ma pur
troppo brevi al reciproco desiderio ; la marcia era frettolosa e
bisognava presto condurla al termine. Presa l'alpestre salita
del colle di Tenda , e corso il Monferrato , si venne alla città
di relegazione.
LXXXIX . ARRIVO E SOGGIORNO DI PIO VII
IN SAVONA .
Entrò in Savona Pio VII il diciassette di agosto , poco prima
del mezzogiorno , 1809 , accompagnato da monsignor Giorgio
Doria , allora maestro di camera , poi cardinale , scortato da
doppio distaccamento , l'uno di gendarmeria , l' altro di
truppa militare. La custodia n ' era affidata al colonnello di
gendarmeria Boissard , il quale travestito alla borghese stava
443
seduto sul davanti della vettura presso al postiglione. Smontò
al palazzo del conte Egidio Sansoni , allora maire della città ,
ove il santo padre alloggiò fino al giorno ventitrè di agosto ,
nella sera del quale , d'ordine del governo , si trasferì a piedi
col prelato e suoi domestici al palazzo vescovile , in cui venne
stabilita la sua dimora . La custodia fu mite a principio. Tre
cento persone munite di biglietto erano ammesse ogni giorno
alla celebrazione della messa del santo padre , e quindi al ba
cio del piede. I sospetti la resero in seguito severissima : fu
rono stabilite delle guardie di vista nell'interno dell'episcopios
al di fuori, e tutto intorno all' attigua cattedrale. Tuttavia era
permesso al santo padre di affacciarsi due volte al giorno da
una ringhiera che congiunge il palazzo vescovile alla chiesa
cattedrale, dando al moltissimo popolo l'apostolica benedizione.
Questa calca di gente continuò lungo tempo , accorrendo i fe
deli e dalla Lombardia e da tutta la Liguria espressamente per
vedere un pontefice , che la sua prigionia rendeva sempre più
venerabile. Questo straordinario concorso a Savona venne an
che prodotto da certa voce sparsa , che il cielo favoriva Pio
VII del dono di estasi, di visioni e di miracoli : la qual dice
rìa prendeva maggior credito dalle immagini che allora si
stamparono , ed alcuna io ne vidi che lo rappresentava in ra
pimento di spirito ; « ..ma ciò , dice saggiamente il cardinale
« Pacca , è stato o un colpevole eccesso di mal inteso zelo , o
á una fina malizia di gente irreligiosa per farsene un giorno
« beffe , quando la falsità se ne fosse scoperta (1 ) : » prodigio
di Pio VII era la rassegnazione di animo con cui soffriva l'in
giusta persecuzione , e la sollecitudine intrepida con cui prov:
vedeva , anche sotto la più severa custodia , a ' bisogni de'pa
stori e delle chiese.
A ben conoscere la natura di questi provvedimenti bisogna
(1) Memorie storiche del ministero de' due viaggi in Francia del cardinale
Bartolommeo Pacca , scritte da lui medesimo. Quarta edizione. Pesaro 1830. In
troduzione...
444
qui premettere col cardinale Pacca dne osservazioni , l' una
sopra l'opinione che aveva Bonaparte di Pio VII. , e l'altra
sopra il carattere proprio di questo pontefice.
« Fa d'uopo sapere , scrive l' egregio porporato , che l'im
peratore era sempre stato persuaso , che Gregorio Barnaba
Chiaramonti fosse uomo di scarso talento , poco versato nelle
scienze, e di carattere assai debole e timido, onde tutte quelle
azioni, nelle quali aveva mostrato coraggio, vigore e fermezza ,
non ad esso , ma al ministri che gli erano intorno le avera
sempre attribuite. Su questa opinione formò il disegno della
condotta da tenere col papa per vincere finalmente la sua op
posizione , e ridurlo a secondare tutte le sue voglie ed i suoi
disegni. Lo staccò da tutti i suoi ministri e consiglieri , e
da quelle persone di fiducia alle quali potesse ricorrere per
consiglio , e lo rilegò a Savona per assalirlo poi colle sue in
stanze , non disgiunte mai dalle promesse e dalle minaccie :
trovò egli per altro maggior resistenza di quello che si era im
maginato , per non aver ben conosciute le qualità morali ed il
carattere del papa. Io , che ho avuto l'onore d'essergli, come
ministro , al fianco negli anni 1809 e 1815 , anni di tante vi
cende in parte triste e calamitose , in parte di somma gloria e
di trionfo , in mezzo a scabrosissimi affari , ne' quali. l' uomo
anche non volendo , scuopre se stesso,e la sua maniera di pen
sare , ho potuto studiar bene e conoscere la sua indole ed il
vero suo carattere . Non era Pio VII di scarso talento e di una
natura debole e pusillanime: aveva egli all'incontro pronto e
vivace ingegno , ed era più che mediocremente versato nelle
scienze sacre , oltre ad essere fornito di quel buon senso , che
fa vedere nel suo vero lume gli affari e conoscerne tutte le
difficoltà , esente poi , come a tutti è noto , delle grandi pas
sioni dell'ambizione , dell'interesse e di quella affezione alla
carne ed al sangue che ha oscurata la gloria di tanti pontefici.
Fra tante belle doti vi era una qualità , che da taluni a sen-,
timento virtuoso , da altri a difetto gli si attribuisce. Le prime
445
idee , che si presentavano alla mente di Pio VII nella consulta
degli affari, e le sue prime risoluzioni erano sempre deta
tate da uno squisito buon senso e da fino discernimento , e
volesse il cielo , che si fossero sempre mandate ad effetto !
Ma se un suo ministro o altra persona autorevole presente gli
faceva delle obbiezioni , e con forte insistenza gli proponeva
altro partito , il buon papa spesso abbandonava il proprio
sentimento , e seguiva gli altrui consigli , che il più delle volte
non erano i migliori. I malevoli attribuiscono questa sua quam
lità a debolezza d'animo , altri poi la ripetono da una bassa
opinione di sè stesso , riconoscendone per causa la sua sin
golar modestia ed umiltà. Certo si è che negli anni del suo
pontificato non sempre si è veduto un costante ed uniforme
modo di procedere e di operare nella condotta degli affari(1 ). »
Di fatti trasportato a Savona , e trovandosi da principio ah
bandonato a sè stesso , senza che gli altrui suggerimenti il po
tessero far cambiare dalle sue proprie idee , decise di molti af
fari , rispose a molte istanze di cardinali e di vescovi con ot .
timo discernimento e con una forza di animo imperterrita.
Scrisse del nove ottobre 1810 al pro - vicario di Roma una lunga
instruzione , in cui scioglie molti dubbi che gli erano stati pro
posti , e fissa un sicuro regolamento pel clero e per li fedeli
in tutte le novità che arrogavasi di fare nella santa città il go
verno francese. Voleva Napoleone che i vescovi ed arcivescovi
da sè già nominati alle chiese vacanti della Francia riceves .
sero dal papa l'instituzione canonica ; e per ottenerla diede
commissione al cardinale Caprara arcivescovo di Milano , che
in Parigi allor si trovava , di pregarne Pio VII coll'espressa
protesta che il papa « non dichiarasse nelle bolle apostoliche
che quella istituzione fosse di suo moto proprio , nè fatta sulla
nomina dell'imperatore » . A questa domanda rispose Pio da
Savona il giorno ventisei di agosto 1809 , ed è questa in ordine
(1) Ivi parte terza , cap. 1. -
446
al tempo la prima scritta da quella città , in cui costantemente
ricusa per gravissime ragioni di accondiscendere. Con questa
negativa risposta deluso Napoleone nella sua pretensione , ebbe
ricorso ad altro sutterfugio , suggeritogli certamente da per
sone del clero , giacchè da per sè in cose dommatiche e disci
plinari non era capace di vedervi tanto addentro. Fu dunque
consigliato che per non mettere vescovi intrusi nelle diocesi ,
cosa che Napoleone neppur voleva , per evitare una guerra ci
vile , e per iscansare la instituzione del pontefice , i capitoli
delle chiese cattedrali vacanti potevano eleggere a vicario ca
pitolare il soggetto che l' imperatore avrebbe nominato al ve
scovado ; ed in questa forma , gli si diceva , l'eletto da vostra
maestà è munito di una piena giurisdizione vescovile , e dell'
autorità pontificia non vi è di bisogno , giacchè di proprio di
ritto ne rimane investito . Un tale suggerimento , di cui il car
dinale Maury vantavasi di essere l'autore , piacque a Bona
parte ; e per riconoscenza al suo consigliere, nominollo subito
alla chiesa metropolitana di Parigi; onde dal capitolo della
medesima eletto a vicario capitolare , indipendentemente dal
papa , tutti i poteri esercitasse propri di un arcivescovo . Alta
mente riclamò da Savona Pio VII contro questa mascherata in
trusioné , mandando sotto il giorno cinque novembre , l'istesso
anno 1809 , una gravissima lettera all' ambizioso cardinale , in
cui , dopo avergli rammentato che la presente di lui condotta
era totalmente opposta a quello zelo e a quella fermezza di a
nimo che mostrato aveva in Francia ne' tempi della rivoluzione,
gli comanda di scendere da quella sede metropolitana , nè più
ingerirsi nelle funzioni di quell'episcopato , che dalla sola po
testà laica gli era stato conferito . Per eguali motivi scrisse il
santo padre nel giorno secondo di dicembre all'arcidiacono
della chiesa metropolitana di Firenze Averardo Corboli , ed il
giorno diciotto dell'istesso mese all'abate_d'Astros vicario me
tropolitano della chiesa di Parigi , ne' quali brevi apertamente
dichiara , che la pretesa instituzione de' nominati alle sedi ve
A
447
scovili nelle amministrazioni delle diocesi prima della conferma
pontificia , era contraria alle santissime leggi della chiesa , ai
principii della legittima missione, e lesiva dell'autorità dell'a
postolica sede. Venute alla pubblica notizia queste lettere, pro
dussero quel salutare effetto che poteva in quella circostanza
desiderarsi : i fedeli non vollero riconoscere a legittimi gl’in
trusi vicarii capitolari , e particolarmente i capitoli cattedrali
non li vollero accettare nel proprio corpo , non ostante i rigo
rosi ordini del governo .
La medesima fermezza che appariva nelle lettere del santo
padre, non meno eroica facevasi sentire ne'frequenti abbocca
menti, che seco lui teneva Chabrol prefetto di Savona, o , CO
me allora dicevasi , di Montenotte. Ligio siccome egli era co
stui per animo e per uffizio all'imperatore , studiavasi di vin
cere il papa or coll'una or coll'altra ragione , o cavillazione
che debba dirsi. « Ho io parlato al papa , così scriveva Chabrol
a medesimo al duca di Bassano in Parigi , il giorno ventuno
« di ottobre , l'anno 1809 , (1) ho parlato al papa della pace
la che testè è stata conchiusa ( tra l'Austria e la Francia in
« Schoenbrun il giorno quattordici di ottobre dell'anno sud
a detto ) , e sua santità dopo averne dimostrato la sua compia
k cenza , mi ha dimandato se già ne fossero conosciuti gli ar
« ticoli, Ho risposto che no ; ma che le gazzette avevano in
qualche modo annunziato una unione de' tre imperatori, la
« quale per lungo tempo doveva assicurare il riposo del cri
« stianesimo. Mi soggiunse di volerlo sperare , e che il vicino
« ritorno di Napoleone indicava almeno non dovervi più essere
« nelle parti del settentrione nuove guerre , ed arrivato a Pa
a rigi avrebbe trattato dell'aggiustamento degli affari della
« chiesa. Gli dissi a questo proposito , essere io persuaso che
a sua beatitudine vi avrebbe contribuito da canto suo , facendo
(1) Histoire du pape Pie VII par le chevalier Artaud . Paris 1836. Librairie
d' Adrien Le - Clere , tom . second. , chap. XXI.
448
« cessare gli ostacoli frapposti, tolti i quali la decisione sa
« rebbe riuscita assai più facilmente. Al quale mio suggeri
« mento rispose così : noi abbiamo aspettato finora con pa
« zienza , e qualche altro tempo ancora possiamo aspettare:
« noi abbiamo provato per conseguire questa riconciliazione
a tutti i mezzi che dipendevano da noi. Dopo di ciò gli do
« mandai , se in questi mezzi restava incluso quello di aprire
a dirette comunicazioni con sua maestà . Sono due anni, mi
« soggiunse , che non abbiamo scritto direttamente all'impe
« ratore , e come all'ultima nostra lettera non è stato dato al
« cun riscontro , così abbiamo preso il partito di mandargli
a delle note ufficiali , alle quali siamo certi di avere risposta.
« Io seguitai a dire essere certo , che il papa come capo spi
« rituale della chiesa avrebbe sempre trovato accesso presso
« a S. Maestà ; che scorgevasi chiaramente l'intenzione dell'
imperatore essere di separare per intiero le due autorità ,
« la spirituale , e la temporale , sopra la quale separazione
« Napoleone non avrebbe mai messo veruna eccezione , ma
« che tuttavia il dominio del temporale non poteva essere
« un ostacolo alla pace della chiesa : Noi abbiamo giurato ,
« replicò il pontefice , di sostenere i nostri dritti sul tem
porale usque ad effusionem sanguinis , e non abbiamo
« altre armi che le spirituali , noi però abbiamo dovuto
C prevalersi delle medesime ad esempio de' nostri predeces
« sori: verun di essi non è stato ridotto agli estremi, sic
« come noi. Altre angustie vi furono in altri tempi ; e Cle
« mente VII ne sopportò la sua parte ; ma furono aggiu
« state in pochi mesi : in vece le nostre durano da più
« anni. Tutto il sacro collegio è stato disperso , il nostro
palazzo ci è stato usurpato ; e queste violenze non do:
« vendosi tollerare , bisognerà ben darne alla santa sede
« la dovuta riparazione. Se l'imperatore non vuol cederne
« in nulla , certamente le nostre rotture resteranno lungo
« tempo in questo stato : lungo tempo è dir troppo , giac
449
« chè noi siamo vecchi. Il nostro successore potrà forse
« convenirle , e noi gli lascieremo questo fastidio. Io os
« servai che i beni temporali non potevano essere legati agli
« interessi della chiesa , e che col sagrifizio de' medesimi , il
« quale non dipendeva dalla sua volontà , ma era voluto dalle
a circostanze dell'Europa , poteva assicurare la pace . Sopra
« questo punto mi disse , di essere abbastanza instrutto dalla
C sperienza che i sagrifizii non contavansi per nulla ; che i
primi che aveva già fatto , avrebbero dovuto assicurare la
« tranquillità , se fosse stato possibile ; che oggigiorno scor
« geva troppo chiaramente da ciò che andava succedendo, in
« taccarsi la religione ; ma siccome l'assalirla di fronte era
« cosa troppo pericolosa , così combattersi di fianco ; che i
« parrocchida per tutto erano ridotti ad una miserabilissima
pensione; le parrocchie ed i vescovadi erano di troppo
« vasta estensione, per essere rette bene da un solo ; che i sa
« cerdoti del paganesimo non erano stati tanto schiavi quanto
« il capo della chiesa universale ; e , del papa se ne voleva
« far un papa di soli francesi ; che in mezzo a tanti assalti e
a tante imprese non vi era che Iddio solo , il quale potesse
« dar la pace alla sua chiesa. »
Un altro abboccamento ebbe Pio VII con un diplomatico
della corte d'Austria , mandato dal famoso conte ed ora prin
cipe di Metternich . Questo gran ministro trovandosi in Parigi,
domandò a Napoleone la permissione di mandare in Savona
un agente austriaco , per trattare col papa di alcuni affari ec
clesiastici , che riguardavano la diocesi di Vienna. Accondi
scese l'imperatore ; e Metternich mandò nel mese di maggio ,
l' anno 1810 , a conferire con sua santità il saggio cavaliere di
Lebzeltern . Ammesso all'udienza del papa , trovò il santo pa
dre oppresso bensì dalle afflizioni , ma con la serenità dell'uo
mo giusto , senza acrimonia nelle sue risoluzioni , però sicuro
e fermo nella giustizia della sua causa ; « Non vi potete im
maginare , disse il papa a questo inviato , la consolazione
29
450
« che noi proviamo vedendo che siete venuto a trattarci di af .
« fari che riguardano il vostro clero della Germania . È que
• sto il primo canale che ci è stato aperto in questa nostra
« prigionia » E qui il pontefice , ascoltate tutte le domande
che gli venivano fatte , concedè le più ampie facoltà a' vescovi
austriaci , da valersene in quelle circostanze , nelle quali non
potevano aver comunicazione diretta col capo della chiesa . E
furono ben a proposito , perchè poco dopo l'imperatore oltre
modo indispettito che da Savona il papa scriveva brevi contra
rii alle sue idee , gli tolse affatto quel pochetto di libertà che
gli aveva concesso sul principio della relegazione , lo distaccò
da tutti , e finì di ridurlo al più duro isolamento . Questi rigori
di tirannia irreligiosa si rilevano chiaramente dalla notificazione
fatta dal prefetto Chabrol, concepita ne'seguenti termini : « Il
» sottoscritto secondo gli ordini emanati dal suo sovrano , la
» M. R. ed I. Napoleone imperatore de' francesi , re d'Italia ,
» protettore della confederazione svizzera , è incaricato di noti
» ficare al papa Pio VII , che gli vien fatto divieto di comu
» nicare con qualsivoglia chiesa dell'impero, o suddito dell'im
>> peratore, sotto pena di disubbidienza dal canto suo e di loro .
» Che cessi d ' esser l'organo della chiesa colui che predica la
v ribellione , e di cui l'anima è tutta di fiele ; che siccome
» nessuna cosa può renderlo saggio , vedrà che sua maestà è
» potente a segno di far ciò che han fatto i suoi predecessori,
» e deporre anche un papa. »
- Notificato a Savona , al 14 gennaio 1811 .
Sottoscritto Chabrol.
« Il presente documento , dice il cardinale Pacca (1) , fu da
me rinvenuto tra le carte del santo padre , che tornarono in
A
( t) Memorie storiche del cardinale Pacca tom. 2 ', edizione IV di Pesaro. Nei
ducumenti num . III.
451
Roma da Fontainebleau : la proibizione di comunicare co ' fe
deli fu intimata al papa dimorante in Savona dal prefetto Cha
brol, come apparisce dalla sua sottoscrizione , e come si atte
sta indubitatamente da persone assai distinte , e degne di ogni
fede , che si trovavano in quel tempo al fianco del santo padre
da me a bella posta interrogate. Dalle medesime ho risaputo
che, il giorno 6 di gennaio di notte tempo , cominciandosi dalla
stanza di monsig . Doria , e proseguendosi per quelle di tutti
gli altri famigliari del pontefice, fu fatta una rigorosa perquisi
zione di tutte le loro carte ; e tutte quante , senza distinzione di
quelle che trattavano di affari particolari, insieme con tutti i
libri, calamai , penne ec. furono chiuse dentro alcuni sacchi ,
trasportate alla polizia ... Il giorno dopo , alle ore ventidue , /
mentre il papa secondo il solito passeggiava nel picciolo orto
del vescovado, il colonnello di gendarmeria Thoveneau coll'of
ficiale Ginacchio entrarono nelle stanze del santo padre, e por
tarono via tutti i libri , eccettuato il solo breviario : inoltre
tutte le carte , calamajo e penne , facendo una rigorosa per
quisizione non solo ne' cassetti della scrivania , e commò , ma
ben anche nel letto , e nelle saccoccie di tutti i vestiti. Mönsi
gnor Doria trasportato a Napoli , e gli altri famigliari tradotti
a Fenestrelle, furono per opera de'gendarmi portati via dal pa
lazzo alle ore due di notte , del dì ventinove di gennaio 1811. »
Queste violenze erano già estreme , ma non appagavano an
cora l' animo irritato dell' uomo ambizioso . Radunato in Pa
rigi nel principio dell'anno 1811 un consiglio ecclesiastico, com
posto di alcuni cardinali , vescovi e semplici sacerdoti , fece
loro proporre due questioni, nella prima delle quali si doman
dava a chi si doveva ricorrere per ottenere le dispense , es
sendo rotta ogni comunicazione tra i sudditi dell'imperatore
ed il papa ? Domanda strana, e veramente singolare nella
bocca di quello ch'era la cagione del disordine , tenendo il
papa prigione , e non permettendo a'suoi sudditi l'accesso alla
di lui sacra persona. Si domandava in secondo luogo quale sa
1
452 -
rebbe stato il mezzo legittimo di dare l' instituzione cano
nica a ' nominati dall' imperadore alle sedi vescovili vacanti ;
se il papa persisteva nel rifiuto delle bolle pontificie di con
ferma. La risposta a queste due questioni, se non fu qual do
veva essere, giusta , generosa , sincera e vindice dell'autorità
pontificia , che ingiustamente si opprimeva, neppure produsse
tutto quel male che poteva temersi in si critiche circostanze.
Suggeriva dunque il consiglio : 1. Di convocare un concilio , o
una numerosa assemblea di vescovi francesi ed italiani : di spe
dire al papa , prima ancora di riunire il concilio, una deputa
zione per illuminarlo sullo stato delle cose. « Dopo questa ri
sposta , l' imperatore nel mese di aprile dell'anno indicato
chiamò alla sua presenza i cardinali , i vescovi , ed i teologi
del consiglio , e volle anche unirvi i suoi consiglieri ed i grandi
dignitari dell'impero. Aprì egli la sessione con un discorso
lunghissimo e veementissimo contro al papa , tessuto di erro
neissimi principii , di falsissimi fatti , di atroci calunnie , e di
massime oppostissime a quelle della chiesa ed alle sue leggi.
Non fuvvi alcuno , finito il concitato parlare di Napoleone, nè
fra i vescovi , nè fra i cardinali membri del consiglio , che a
vesse il coraggio di far valere la verità contro la forza e l'er
rore , e con non meno di scandalo , che di mancanza a ' pro
pri doveri ed alla loro qualità e stato , tutti si tacquero. Ma
per onore della religione ben si trovò un semplice ecclesiastico,
che fu capace di salvare il decoro dello stato che professava ,
e di dire la verità senza velo al cospetto del più formidabile de'
Cesari. Questi fu l'abate Emery , sommamente commendevole
per la dottrina e per la condotta , che mai non aveva smen
tita ne contaminata , ne' più pericolosi tempi della rivoluzione.
Egli dunque , quando, tacendo tutti gli altri che lo precedevano
in dignità , ebbe luogo a parlare , non imitò il loro esempio ,
ma levatosi con gran coraggio incominciò il suo discorso dal
dire francamente , che il concilio che volevasi radunare , aver
non poteva alcun valore , se fosse disgiunto dal papa, o da lui
453
disapprovato. Egli stabilì il suo assunto co' più luminosi argo
menti , e di tanta forza , chè non sembravano ammettere ve
runa replica. Indi -si avanzò anche a difendere il papa stesso , e
disse con gran franchezza all'imperatore: Vostra maestà stima
il gran Bossuet , e si compiace di citarlo spesso ; ebbene Bos- ,
suet sostiene espressamente , che l'indipendenza , e la piena
libertà delcapo della religione sono necessarie pellibero eser
cizio della di lui supremazia spirituale nell' ordine , che si
trova stabilito della moltiplicità de'regni, e degl'imperi. Svi
luppò egli quindi il suo assunto , e ne comprovò la verità, con
le più convincenti ragioni , e co’ fatti più luminosi della storia
( 1). » Il ragionamento dell'abate Emery, degno di un Ambro
gio , e di un Atanagio , fece confondere da una parte que pre
lati pusillanimi e cortigiani, che non avevano osato difendere ,
la verità perseguitata , e vivissima sensazione dall'altra pro- :
dusse nello spirito dell'imperatore. Molti pensavano che si sa
rebbe adirato contro l' intrépido apologista , ma invece ne di
mostrò stima maggiore che ad ogni altro in
• Intanto , secondo la risposta del consiglio ecclesiastico , l'im
peratore chiamò a Parigi pel giorno nove di giugno i vescovi
della Francia , molti del regno italico e delle provincie italiane
all' impero francese riunite. Que' della Liguria vi erano com
presi. Il principale scopo di Napoleone e de' suoi consiglieri in
questa numerosa convocazione era d'intimorire il papa e di
renderlo più condiscendente e pieghevole alle sue pretensioni.
Quindi permise , secondo l'altro suggerimento del consiglio
ecclesiastico , che i cardinali e vescovi dimoranti allora in Parigi
spedissero una deputazione di tre prelati a Savona per trattare
di si grandi affari col papa. L'imperadore peraltro sotto l'ap
parenza di questa deputazione ,volle egli tutto fare e disporre
arbitrariamente : nominò i prelati che dovevano comporla ,pre
fisse loro il tempo dell'assenza, e del ritorno a Parigi; e nel
(1) Memorie del cardinale Pacca parte terza , cap . 1. i 10 :
454
caso , che il papa acconsentisse ad entrare in trattato , deter
minò le materie che dovevano proporsi , e le basi e condizioni
del nuovo accordo . I prelati da lui scelti furono monsignor
De- Barral arcivescovo di Tours , monsignor Duvoisin vescovo
di Nantes , e monsignor Mannay vescovo di Treviri , prelati
colti e versati negli affari , ma di genio cortigianesco e troppo
ligio alla potestà laica . Gli autorizzava Napoleone ad en
trare in trattativa col papa qualora lo trovassero con animo di
sposto ad una conciliazione ; e si comandava loro in tal caso
d' intraprendere due diversi trattati, l'uno cioè sull'istituzione
de' vescovi, e l'altro sugli affari generali della chiesa . Per que
ste due trattative ricevevano i deputati molte particolari in
struzioni , tutte troppo favorevoli alla potestà laica , lesive dei
diritti della santa sede , e pregiudizievoli ancora al governo
della chiesa universale . Non ebbero ribrezzo i tre prelati scelti
dall'imperatore di accettare l'odiosa commissione di portare
proposizioni così dure ed acerbe ad un venerabile' pontefice ,
chiuso da stretta prigionia e sì benemerito della loro nazione :
comepoi deputati de cardinali e vescovi ch'erano allora a Pa
rigi , ebbero da questi una lettera da tutti in comune sotto
scritta , che doveva servire come di credenziale presso il santo
padre.
1 XC, DUE DEPUTAZIONI DI PRELATI MANDATI A SAVONA
DALL' IMPERATORE NAPOLEONE.
| A' primi di maggio partirono da Parigi i tre veseovi depu
tati , e giunsero il giorno nove in Savona. Nel giorno seguente
furono presentati dal prefetto del dipartimento residente in
quella città al santo padre , il quale gli accolse colla solita sua
dolcezza e bontà . Per otto giorni di seguito ebbero ogni di u
dienza dal papa unitamente al vescovo di Faenza , e tennero
varie conferenze sull'oggetto della loro missione. Che cosa in
esse si trattasse si è ricavato dalle lettere scritte dall'arcive .
455
SCOVO di Tours al ministro de culti , e pubblicate dallo stesso
arcivescovo in Parigi, l'anno 1814 (1 ) . In tutte le conferenze i
quattro prelati scaltramente fecero tutti gli sforzi per persua
dere il papa a secondare le intenzioni dell'imperatore: ora cer
cavano di muovere il suo animo , facendogli un quadro lagri
mevole dello stato delle chiese di Francia, prive de' proprii
pastori, ed ora d'intimorirlo coll'accennargli le funeste con
seguenze , che poteva avere il suo rifiuto. Facevangli destra
mente comprendere , che l'assemblea de vescovi, da essi inde
bitamente nominata Concilio nazionale , , si sarebbe trovata
nella necessità , per provvedere di pastori le chiese vacanti di
Francia e d' Italia , di ricorrere agli usi ed a' mezzi dell'antica
disciplina , alludendo alle conferme de' metropolitani ed alla
famosa prammatica sanzione , con cui la santa sede veniva a
perdere una delle maggiori sue prerogative. Sostenne il papa
da principio fortemente la lotta , resistendo a’ replicati e gior
palieri assalti de' prelati francesi , e rendendo spesso con ener
gia e dottrina ragione del suo rifiuto , a segno che più volte
quei vescovi perdettero la speranza di riuscire nell'impresa , e
videro il pericolo di tornarsene a Parigi senza conclusione. In
ogni conferenza , ed anche più volte si dichiarò , che in affari
di tanto rilievo che toccavano gli affari della disciplina univer
sale della chiesa , e i diritti e le prerogative del primato ro
mano non voleva , nè doveva risolversi a prendere determina
zione alcuna nello stato di prigionia in cui trovavasi e senza
l' assistenza e col consiglio del sacro collegio. Non cessavano
tuttavia i prelati con maniere in apparenza rispettose di repli
care a queste ragioni del papa , tormentandolo ogni giorno
colle frequenti udienze , e cercando sempre d'impaurirlo con
la pittura spaventevole de' mali che potevano provenire dalla
sua renitenza a far picciole cessioni, com'essi riputavano , per
(1) Fragmens relatifs à l'Histoire ecclesiastique des premieres années du XIX
piècle..
456
salvare la chiesa da un imminente e funestissimo scisma. E vo
lendolo spingere ad una repentina risoluzione , gli dissero più
volte , che non vi era tempo da perdere , dovendo essi.in quei
giorni partire per trovarsi al primo di giugno a Parigi, secon
do l'ordine dell'imperatore. « Chi ha trattato da vicino il pa
pa , seguita qui il cardinale Pacca , e conosce qual erà il suo
modesto carattere e la diffidenza de' proprii lumi, non si ma
raviglia di quanto alla fine ottennero que' prelati , é reputa
quell'azione del papa , come dissi altrove , piuttosto degna di
compatimento , che di biasimo. Tenuto all'oscuro di quanto in
Francia ed in Europa accadeva , stanco , oppresso e straziato
dalle insistenze de' prelati , non avendo 'a chi rivolgersi per
assistenza e consiglio , spaventato alla vista di un funesto av
venire , e pensando che alla sua sola persona ogni avvenimento
sinistro per la chiesa si attribuirebbe , promise alla fine di dare
la conferma ed istituzione canonica a ' nominati dall' impera
tore , di estendere il concordato dell'anno 1801 alle chiese di
Toscana , di Parma e Piacenza , e di aggiungere al concordato
stesso la clausola proposta in nome dell'imperatore , cioè che
sua santità si obbligava a far spedire le bolle d'instituzione
a' vescovi nominati da sua maestà in uno spazio di tempo
determinato , che sua beatitudine crede non poter essere mi
nore di mesi šei ; e nel caso , ch ' ella differisse per più di sei
mesi e per tutte altre ragioni , che per la indegnità perso
nale de soggetti , ella investe dėl potere di dare in suo nome
le bolle , dopo spirati i sei mesi , il metropolitano della chie
sa vacante , e in sua deficienza il vescovo più anziano della
provincia ecclesiastica . Questa promessa del papa fu tosto
messa in iscritto da' prelati sotto gli occhi ' suoi, il giorno di
ciannove di maggio l'anno 1811 , e fecero che la riconoscesse
per sua , quantunque senza la sua sottoscrizione v . Tal esito
ebbe la missione de' quattro prelati francesi a Savona , che fu
il primo passo retrogrado di Pio VII dopo la sua violenta e
spulsione da Roma. Congedatisi i deputati e partiti per Parigi,
457
il papa riflettendo a quanto aveva promesso , ed all'enorme
abuso che farsi poteva in Francia di questa promessa , ne fu
penetrato da vivissimo dolore a segno , che la notte seguente
non chiuse occhio , accusando se stesso con termini di gran
dissimo pentimento , e sospirando fortemente.
Su questa promessa del papa il concilio nazionale di Parigi,
nella congregazione generale del cinque di agosto dell'istesso
anno 1811 , fece il seguente decreto 1. Secondo la mente de
sagri canoni gli arcivescovati e vescovati non potranno re
stare vacanti più di un anno , nel quale spazio di tempo la no
mina e l'istituzione canonica e la consecrazione dovranno ef.
fettuarsi. 2. Il concilio supplicherà l'imperatore affinchè con .
tinui a nominare alle sedi vacanti a tenore de' concordati , ed
i nominati dall' imperatore domanderanno al sommo pontefice
la instituzione canonica. 3. Nello spazio di sei mesi , che inco
mincieranno dal giorno in cui il papa avrà la notizia della no
mina fatta nelle consuete forme, la santità sua darà l'institu .
zione canonica , come portano i concordati. 4. Passato il se
mestre , se la santità sua non avrà accordata l'instituzione , il
metropolitano, ed in sua vacanza il più anziano vescovo della
provincia ecclesiastica , procederà all' instituzione del vescovo
nominato , il che farà ancora se si dovrà dare l'instituzione
dello stesso metropolitano. 5. Il presente decreto sarà inviato
alla santità sua per ottenerne l'approvazione , e per lo stesso
fine si presenteranno umilissime suppliche a sua maestà l'im
peratore e re , affinchè permetta ad una deputazione composta
di sei vescovi di trasferirsi presso il santo padre per pregarlo
a confermare un decreto, il quale può solo porre un termine
a' mali delle chiese dell'impero francese e regno italico (1 ) . }
· Dopo questo decreto il concilio fu disciolto dall' imperatore,
e si rimandarono alle proprie diocesi i prelati. Si fece però la
deputazione voluta dal medesimo , e furono scelti da Napo
(1) Memorie storiche del card. Pacca parte terza , cap. 1 .
1
458
leone gli arcivescovi di Tours, di Pavia , di Malines, i vescovi di
Piacenza , di Evreux , di Treviri e di Nantes. A questa deputa
zione furono uniti con intelligenza e permesso dell'imperatore
i cardinali Giuseppe Doria , Antonio Dugnani , Aurelio Rove
rella , Fabrizio Ruffo e De-Bayanne , all'oggetto che il papa
non potesse opporre di nulla voler decidere senza il consiglio
de cardinali. Vennero dunque questi prelati a Savona , e due
di essi , cioè il cardinale Giuseppe Doria e Fabrizio Ruffo , ben
mi rammento di averli io incontrati in Liguria ed accompagnati
un picciol tratto per la strada che mena a Porto M- aurizio. Ai
primi di settembre si trovò riunita in Savona la sacra carovana ;
ma non mi è riuscito , scrive il card. Pacca, di sapere minuta
mente come passarono le conferenze tra il papa ed i deputati
dell assemblea : seppi solo in Fontainebleau che al cardinale
Roverella si devono in gran parte attribuire le malaugurate ri
soluzioni allora prese . Fu egli il principale autore che il papa
non solo a voce approvasse la conferma di quanto era stato
decretato dall'assemblea de' vescovi di Parigi , ma di più che
spedisse un breve di questa approvazione. Pareva che final .
mente dovesse Napoleone essere contento de' suoi maneggi ,
che a' metropolitani restasse devoluta nel modo sovra indicato
la instituzione de' nominati alle sedi vescovili ; e pure chi lo
crederebbe ? Napoleone non volle accettar questo breve ; ed a
qual motivo devesi attribuire il di lui rifiuto ? Provvedere di
pastori le chiese non era il suo vero scopo , sebbene tante
volte il dicesse , ma bensì il sicuro possesso del dominio eccle
siastico che aveva usurpato. Ciò era propriamente il grande
suo intendimento , e col breve i suoi disegni non erano sod
disfatti. Accettando il breve, bisognava a tenore delle promesse
fatte agli arcivescovi e vescovi deputati , rimettere in piena li
bertà il papa , permettergli la comunicazione co' fedeli dell'u,
niverso , e restituire al suo fianco i cardinali rilegati e gli altri
ministri necessari per l'adempimento de' suoi doveri. Ora tutte
queste cose non voleva concedere l'imperatore , perchè certa
459
mente prevedeva che fatto libero Pio VII, meno pieghevole e
condiscendente lo avrebbe trovato nelle future negoziazioni.
Ecco perchè ricusò il breve, e così continuò la prigionia del papa.
per tutto il seguente inverno sino alla primavera dell'anno 1812 .
In questo tempo Napoleone aveva rivolti tutti i suoi pensieri
alla tanto celebre , e per lui fatale spedizione di Russia .
>
XCI. PARTENZA DI PIO VII DA SAVONA PER LA FRANCIA ,
E SUO RITORNO A SAVONA E POSCIA A ROMA .
Le sera del 9 giugno 1812 verso le ore 7 s'intimò d'improv.
viso al papa di prepararsi al viaggio per rientrare in Francia ,
e fattigli cambiare quegli abiti , che potevano farlo conoscere
per istrada , si fece partire alle dieci ore in circa d'Italia. Do
po un lungo e penoso viaggio, anche nelle ore più calde del
giorno , é con eccessiva celerità giunse nella notte avanzata al
Mont -Cenis all óspizio di que' monaci. In vicinanza di Torino ,
á Stupiniggi, gli fecero trovare mons. Bertazzoli, ch'entrò con
lui in carrozza , e da quel giorno in poi non glielo tolsero più
dal fianco . Nell' ospizio cadde il santo padre infermo grave
mente a segno , che gli uffiziali che lo scortavano credettero di
dover partecipare questa notizia al governo francese di Torino ,
e chiedere instruzioni , se dovevano ivi fermarsi , o continuare
il viaggio. Fu loro risposto di eseguire quanto era stato in
giunto : onde nonostante che il papa la mattina del quattordici
avesse ricevuto il santo viatico , nella notte seguente dovè ri
mettersi in cammino , e continuare notte e giorno il viaggio fino
alla mattina del venti in cui giunse a Fontainebleau . Che cosa
sia qui avvenuto , come il papa sia stato trattato , il mio lavoro
che si limita alla storia ecclesiastica di Genova e della Liguria,
non consente il narrarlo , e però ne prescindo , tanto più che
nelle memorie del cardinale Pacca tutto trovasi ampiamente e
fedelmente descritto . Dirò solamente che gli affari politici dell?
460
Europa presto si cangiarono , che la vittoria abbandonò final
mente Bonaparte , e trovossi prestamente spogliato di tutto .
Ragionando già egli nel 1810 col cavaliere Canova , ch'era stato
chiamato a Parigi, perchè ne formasse la statua , dicevagli :
o io ho sessanta milioni di sudditi , otto a nove cento mila sol
a dati,.cento mila cavalli. I Romani medesimi non hanno mai
a avuto tante forze. Ho dato quaranta battaglie : in quella di
« Wagram ( nel 1809 ) ho tirato cento mila colpi di cannone
« ( 1 ) » . Tanta forza , per cui gli pareva di essere onnipotente ,
svanì come la polvere al vento , o come'nebbia al sole. Inol
trandosi con temerario ardimento nella Moscovia , il suo eser
cito perì in grandissimo numero , e le poche truppe che gli
rimasero ritirandosi verso la Francia , furono intieramente di
sfatte presso a Lipsia , nel 1813. Coperto d'ignominia , e divo
rato dalla bile , vedendo che le truppe alleate incamminavansi
trionfanti verso la Francia , e impotente ad opporvisi , ordinò
che Pio VII fosse ricondotto a Savona. E così Iddio voleva se
dare la furiosissima tempesta , che da più anni aveva terribil
mente agitato la nave di Pietro . Scortato da un distaccamento
di gendarmeria , sotto la custodia del colonnello Lagorse ( 2) 2
ed in compagnia di monsignor Bertazzoli, dopo aver traversato
la Provenza , il santo padre entrò il giornoundici di febbraio
1814 nella riviera ligustica di ponente .
(1) Histoire du pape Pie VII par Artaud : tom . II , chap. XXII.
(2) Lagorse era nato a Brives , picciola città nella provincia del Limosino ., Fu
già religioso dottrinario , ma in tempo della rivoluzione francese , deposta l'in
comoda tonaća , vestì la divisa militare, ed era giunto al grado di colonnello
nella gendarmeria. Aveva preso moglie, e'cercò indi il divorzio per isposare in
figlia del maire di Fontainebleau. Il suo tratto era piuttosto civile ed urbano
ma non sapeva dissimulare la sua maniera di pensare poco religiosa ed il suo
sentimento di avversione e dirabbia contro agli ecclesiastici fedeli al loro mini
stero. Questi era l'uomo scelto dall'imperatore per essere il custode , vale a dire,
il carceriere del papa in Fontainebleau' e nel 'viaggio di .' 'S. · dalla Francia in
Italia ; e certamente non gli mancavano le qualità che per una tale commissione
si convenivano, suri
461
Pernottò in Sanremo nel palazzo del marchese Borea , e la
mattina seguente per ordine del colonnello fu imbarcato il
santo padre sopra una filucca , con intendimento di condurlo
per mare sîno a Savona , o ciò fosse perchè le strade erano
disastrose , non ancora intieramente adatte pel transito della
carrozza , o fosse piuttosto per evitare i solennissimi applausi
de' popoli Liguri, che veramente infastidivano quel burbero
ufficiale. Ma suscitatosi presso che repentinamente un vento
contrario alquanto veemente , fu necessità sbarcare lo aposto
lico viaggiatore e prendere la via di terra con indicibile gene
rale consolazione , portato sì esso , che monsignor Bertazzoli
in lettiga . Accorrevano da tutte le parti a torme le genti ad os
sequiarlo , alzando gridi di vivissima esultanza, Amministrando
io allora la parrochia di Riva Tabiense , con i miei parrochiani
gridava io pure : viva il papa ; quando voltatosi contro di me
l'ufficiale francese che correva a cavallo', in aria sdegnosa mi
disse : chè tanti clamori ? Una bella compassione avete al papa:
tanti gridi lo assordano , e gli fanno pena. In così riprendermi,
tacqui , quasi persuaso che la cosa fosse così ; se non che mon
signor Bertazzoli che veniva appresso , avvedutosi della cagio
ne del silenzio : gridate pure , mi disse , questi evviva non di
spiacciono mai al santo padre. Conobbi allora il rispetto e la
compassione che voleva Lagorse portare al pontefice. Tutta
la via del littorale fu un continuato trionfo . L'una popolazione
veniva processionalmente incontro all'altra : quella di Porto
Maurizio portava il papa a' confini del proprio territorio ; e qui
vi era già in aspettazione quella di Oneglia per riceverlo , suc
cedevano gli abitanti di Diano moltiplicati dalla valle de’ Fa
raldi , e così progressivamente tutte le città e terre onoravano
il più che sapevano il comun padre de' fedeli. Passando per la
valle di Andora , i suoi portatori gli dissero esser quello un
paese infelice, perchè già scomunicato , per aver ne 'tempian
dati ucciso un legato apostolico : e noi, rispose il papa, alzando
la mano dalla lettiga , togliamo ogni censura. Arrivato in. Al
462
benga, pernottò nel palazzo episcopale, ed erane vescovo mon
signor Angelo Vincenzo Dania : il maire della città , il cava
liere Michele D'Aste mio buon amico , co ' principali patrizi
portossi nel palazzo vescovile per venerare più da presso il
santo padre, ed il colonnello di gendarmeria voleva opporsi al
suo ingresso : gli rispose in tuon risoluto il maire , e si venne
ad un alterco caldissimo : tacque Lagorse , e lasciò libero quellº
atto di religioso ossequio. Giunse il santo padre a' confini del
territorio di Savona il giorno sedici alle ore sei pomeridiane ,
e qui fu accolto da tutta la popolazione , dal clero secolare e
regolare e da tutte le confraternite accorse ad onorarlo . Furo
no staccati dalla carrozza del santo padre i cavalli, ( giacchè
era uscito di lettiga nella nuova strada ) ed i più distinti citta
dini andavano a gara di tirarla per mezzo di corde di seta che
avevano all'uopo seco loro portate , ed in tal modo per un
tratto di tre miglia fu condotto in trionfo in mezzo alle accla
mazioni e alle salmodie. Tutta la strada era abbellita di archi,
di festoni, e di ghirlande , sparsa di fiori e di acque odorose ,
illuminata di luminose fiaccole. Entrato nella chiesa cattedrale,
dopo la benedizione impartita con l'ostia eucaristica dall' ar
civescovo di Genova , il cardinale Giuseppe Spina ivi -accorso ,
il santo padre benedisse pontificalmente la immensa popola
zione commossa . Alloggiò come la prima volta nel palazzo ve
scovile. Nella sera del diciassette di marzo , mentre tutta la
città era illuminata per l'imminente solennità dell'apparizione
di nostra Signora della Misericordia , mentre le strade e le
piazze risuonavano di canti e d'invocazioni devote , uno staf
fetta giunge da Parigi con lettere del governo di Napoleone al
prefetto del dipartimento il marchese Antonio Brignole Sale ,
e al capitano Lagorse , con le quali si annunziava che il santo
padre era libero di recarsi a Roma , incaricando il capitano
medesimo di scortarlo fino agli avvamposti delle armate allea
te. Partecipatone immediatamente il contenuto al santo padre,
e pregatolo de' suoi ordini per la partenza nel giorno seguente:
463
domani non si parte , rispose , è la festa di nostra Signora
di Misericordia protettrice di questa città : vogliamo cele
brarla in Savona : si partirà il giorno dopo. Partì effettiva
mente il dì seguente alla mattina , festa di san Giuseppe , alla
volta di Piacenza per la strada di Acqui e di Alessandria.
Il solennissimo ingresso di Pio VII in Roma avvenne il
giorno 24 di maggio , e per la pompa, e pel sentimento de'Ro
mani fu certamente maggiore di quello , che già facevasi a'con
quistatori e vincitori delle nazioni nemiche, allorachè a Roma
tornavano sul carro del trionfo per essere incoronati in Cam .
pidoglio. Non è mio assunto il descriverlo , ma non devo ta
cere un aneddoto di un cittadino Ligure, raccontato dal cava
liere Artaud nella recentissima sua storia di Pio VII (1 ) . Nell'
ingresso di questo pontefice trovavasi in Roma esercente la mem
dicina , il dottore Giacomo Bresca nativo di Sanremo. Egli era
discendente di quell' illustre capitano Bresca , che sotto il re
gno di Sisto V, l' anno 1586 , fu tanto benemerito de'Romani,
che ottenne alla sua famiglia il perpetuo esclusivo privilegio di
portare ogni anno al sacro collegio , e alla città le palme per
la sacra funzione solita a celebrarsi dalla chiesa . Si alzava sulla
piazza di san Pietro il grande obelisco , che tuttora vi si am .
mira : eravi presente un'immensa moltitudine di popolo , e tutti
avevan ordine di tacere sotto pena di morte : eravi spettatore
il papa , e l'architetto Fontana movendo le macchine, studiava
di piantare l' obelisco , che stava sospeso e pendente in aria
con pericolo grandissimo, e le ruote, e le carrucole non ave
vano più forza. In questo mentre il capitano Bresca alza forte
la voce , e grida : acqua , acqua alle corde. L'architetto 08
serva sul momento, che per la confricazione le corde rilassate
non potevano più manovrare : Fontana le fa subito bagnare, e
ristringendosi , e dando nuovo vigore , il piede dell'obelisco
scese al suo posto. Di questa famiglia Bresca sempre, privile .
(1) Tom . II , pag . 360-61 in nota .
464
giata, era il dottore Giacomo , e volle usare a Pio VII il pro
prio suo omaggio . In vicinanza della porta del popolo evvi una
vigna , che appartiene alla casa Viale. Da questa vigna , presa
l'ora opportuna , mentre la carrozza del papa era tratta da'no
bili romani , fece uscire una truppa di ventidue giovanetti or
fanelli , tutti vestiti di bianco , e bianca n'era pur la berretta ,
appresso ad essi quarantacinque figlie del conservatorio della
Provvidenza , tutte di onesta famiglia , in gonna bianca ed in
bianco tutti gli altri loro abiti. Portavano ciascuno di essi , ed
ognuna delle giovinette un'alta branca di palma in color dell'
oro : circondano gli uni e le altre la carrozza pontificia , e
ben ammaestrati com'erano , correvano saltellando e gridando:
Osanna , Osanna al papa : scuotevano le palme , e correndo
sventolavano. A questo nuovo spettacolo si commuove sino alle
lagrime Pio VII , e benedice la candida truppa innocente. Nel
l'ingresso della porta del popolo , crescendo a dismisura la
calca delle genti , fu necessario togliere dal pericolo i giova
netti piccioli ; però i grandicelli accompagnarono il santo pa
dre sino alla basilica di san Pietro , e gli fecero la grata offerta
de' rami del trionfo . Due ne fece egli attaccare alla sua car
rozza , e così con le palme della Liguria ascese al Quirinale.
Il primo concistoro che tenne il santo padre in Roma dopo
il faustissimo suo ritorno fu nel giorno ventisette di settembre
1814 , di cui ne riporto un brano , quanto basta al nostro la
voro .
Venerabili fratelli :
« Risplende pur finalmente il giorno tanto desiderato , in
cui ci è dato di goder nuovamente del vostro cospetto , e del
numeroso vostro consorzio. Appena siamo entrati in quest'aula
sacra , ove a nostro invito voi vi siete raccolti , siamo stati
compresi da un così vivo sentimento di paterno amore , e di
gioia , che a stento abbiamo potuto trattenere le lagrime. Sono
465
adunque passati gli acerbissimi tempi delle nostre calamità . Noi
dopo tante vicende , ritornati all' apostolica sede , abbiamo di
nuovo intrapreso a governare con sicurezza , e con dignità le
redini della santa chiesa , voi qua e là cacciati , dopo aver tol
lerato le cose più dure , liberi finalmente , e sicuri vi state un'
altra volta congiunti al nostro fianco , per aiutarci coll'opera ,
e col consiglio a riparare le rovine della chiesa . Si cancelli
dunque ogni memoria de' mali , a' quali fummo soggetti....
1
Vorremmo invero dar qui la dovuta lode per li meriti loro
verso di noi , non solo a ciascuna città e villaggio , ma a cia
scuna persona individualmente, se la brevità di questo discor
so in qualche modo lo permettesse. Non possiamo però passar
sotto silenzio i Genovesi , i Milanesi , i Torinesi , che aperta
mente , quando potevano , e nascostamente , quando era loro
negato , accorrevano a Savona per vederci e per venerarci con
ogni genere di pietà , di onore , e di liberalità . Lo attacca
mento però de' Savonesi verso di Noi è tanto più commende
vole , quanto più lunga e più grave è stata la cattività , che
abbiamo sopportato presso di loro , ec , »
30
466
CAPITOLO XIV .
XCII. Venuta di Pio VII in Genova . XCIII . Solenne in
coronazione della statua della nostra Signora di Mise
ricordia in Savona.
XCII. VENUTA DI PIO VII IN GENOVA .
Caduto infranto il gigantesco colosso dell'impero Francese
Napoleone, ch'era stato relegato nella picciola isola d'Elba ,
fuggito improvvisamente dal suo esilio , con ardimento suo
proprio tornò in Francia , per ravvivare l'estinto suo comando
e signoreggiare nuovamente il mondo. Ciò avvenne nella pri
mavera dell'anno 1815 (1 ) . In questa circostanza , Gioachino
Murat usurpatore ed ingiusto possessore del regno delle due
Sicilie , sedotto ed illuso da quello spirito di vertigine precurs
(1) Appena che l'Inghilterra, l'Austria , la Russia e la Prussia intesero il ri.
torno di Bonaparte dall'isola dell' Elba in Francia , riunite per la seconda volta
le potentissime loro armate , attaccarono l' inquieto usurpatore : la battaglia in
vero fu pericolosissima e sanguinosissima; ma pur alla fine Napoleone n' ebbe la
sconfitta totale , e le potenze alleate ne riportarono la vittoria. Volendo chiudergli
ogni speranza di ulteriore tentativo , deliberarono per un accordo firmato il quin
dici agosto 1815, di relegare a vita quest' uomo ambizioso nell'isola di $. Elena,
che giace nel mezzo di uno sterminato oceano , quasi a mezza strada tra l' Af,
frica e l'America meridionale , distante dal capo di Buona-Speranza mille otto
cento miglia . Fu scoperta nel 1502 da un navigatore portoghese , ed è popolata
di quattromila quattrocento abitatori. Ivi cessò di vivere Bonaparte nel giorno
cinque di maggio 1821. La casa che abitava , dice un moderno viaggiatore , va
rovinando , la stanza ove morì serve a tenervi la paglia , il suo corpo fu inter
rato profondamente e sopra vi si fabbricò un elevato monumento di pietre ta
gliate , collegate col piombo. Così terminò il grande conquistatore de' giorni no
stri. Pio Vil dopo tanti disagi restituito alla sede , cessò di vivere nel 1823 nel
giorno 20 di agosto , e sarà sempre di gloriosissima memoria.
467
sore funesto degli errori e della consecutiva punizione dei
grandi della terra , volle uscire da' confini del regno , inoltrarsi
ne' paesi già restituiti alla santa sede , prendere la via di Ro
ma , col disegno chimérico di cacciar dalla Lombardia e dal
Piemonte gli Austriaci e i Subalpini . Il papa riclamò forte
mente a questo preteso passaggio e reale occupazione de' pro
prii dominii ; ma i giustissimi suoi riclami non vennero ascol
tati dalla demenza di Murat ; che però Pio VII dopo savie con
siderazioni giudicò di cedere per alcun poco alla necessità del
tempo , sottraendo la sua persona ed i cardinali residenti presso
di sè da Roma , e ricoverandosi in qualche sicura città d'Italia .
Fu scelta la città di Genova pel suggerimento particolare del
cardinale Pacca e secondo l'avviso di alcuni altri cardinali ;
mossi da più ragioni. « L'ottimo Vittorio Emanuele re di Sar
degna , sovrano allora di Genova , appena cominciarono a sen
tirsi in Italia rumori di prossima guerra , per mezzo del suo
ministro marchese di san Saturnino fece offrire al santo Padre
un asilo ne' suoi stati , sicchè andando a Genova si andava
previo l'invito , e con piena soddisfazione del principe territo
riale . La nobiltà poi ed il popolo di Genova godean buona o
pinione in punto di religione e di pietà , e realmente nel sog
giorno poi fatto in quella città dal papa e da’ cardinali si eb
bero continui e non equivoci attestati di devozione, dirispetto,
e di affezion singolare. Si andava finalmente in una città ma
rittima con porto di mare frequentatissimo dai bastimenti delle
diverse nazioni, e si aveva aperta la comunicazione colle quat
tro parti del mondo, oggetto essenziale da aversi in mira nella
destinazione della residenza pel supremo capo della chiesa . Il
papa vi acconsentì subito (1 ) , » tanto più che ricordavasi con
dolce sentimento , che il primo atto di religioso omaggio e di
(1) Relazione del viaggio di papa Pio VII a Genova nella primavera dell'anno
1815 e del suo ritorno in Roma , scritta dal cardinale Bartol. Pacca. Modena per
G. Vincenzi MDCCCXXXIV.
468
filiale obbedienza , quando fu esaltato alla cattedra di s. Pietro
in Venezia , avevalo ricevuto dal governo Genovese , che Li
gure allora dicevasi. Così precisamente egli stesso aveva detto
al padre Angelo Vincenzo Dánia domenicano , allorachè andò
a predicare il quaresimale nella basilica di S. Pietro : il vostro
governo , fra tutti i sovrani cattolici , è il primo , e finora il
solo , che ci abbia mandato lettere di felicitazione e di os
séquio alla santa sede. Il padre Dania , fatto poi vescovo di
Albenga , so io di certo che tali cose mi raccontava l' anno
1806 , in Lusignano,
Partito adunque il santo padre da Roma , giunse nella prima
città di Liguria , in Sarzana , il primo giorno di aprile , e fu
alloggiato nel palazzo vescovile , il cardinale Pacca in casa
Spina , e gli altri del seguito in diverse altre case , tutti i Sar
zanesi usando le massime accoglienze, e cordiali dimostrazioni
che usar si sapessero . La mattina seguente si partì per Lerici,
racconta lo stesso porporato , dove si trovarono già pronte le
feluche , in una delle quali s' imbarcò il papa con varii altri
prelati , e si navigò per Genova . Si ebbe un cielo sereno , ed
il mare tranquillissimo , 'onde ci convenne di far il viaggio a
forza di remi, e però lentamente. Chi ha costeggiate per mare
le due così dette riviere di Genova , sa quante , e quanto belle
prospettive , e quasi incantatrici scene teatrali si presentano
alla vista di chi naviga a non molta distanza dalla spiaggia ; ma
assai più bello , anzi sorprendente era allora quello spettacolo.
Le cime delle colline prossime al mare , tutta la spiaggia e fi
no i tetti delle case di diversi villaggi situati sul lido , erano
coperti di gente , che all' apparir delle feluche , in una delle
quali sapevano ch'eravi il papa , alzavano grandi grida di giu
bilo , chiedendo la benedizione ; e intanto non cessavano gli
spari de' mortai , ed il suono delle campane ; e di tempo in
tempo si spiccavano dalla spiaggia varie barchette verso di noi,
e tra questa una ne vidi piena di sole donne , che cantando e
remigando vennero a poca distanza della feluca che portaya i!
469
papa , presero in ginocchio la benedizione , e poi nello stesso
modo cantando , se ne tornarono . Avvicinandosi la notte , si
riflettè, che non potevasi giungere a Genova che ad ora molto
tarda : si prese terra e pernottammo a Rapallo per proseguire
il giorno dopo il viaggio. Essendo ivi giunti all'improvviso ,
dovette il papa e noi tutti scendere a terra sulle braccia dei
marinari. Perciò nella mattina seguente si preparò sulla riva
un gran tavolato per fare che il papa vi passasse comodamente
sopra nell'imbarcarsi ; ed io vidi alcune persone del popolo ,
che per baciargli i piedi , si gettarono in mare , occuparono il
luogo vicino al tavolato aspettando il di lui passaggio , s' im
mersero nell'acqua sino alla gola ; spettacolo che grandemente
mi commosse. Tanto in Rapallo , come in altri paesi dove il
papa passava la notte , appena la mattina era montato in car
rozza , il. popolo si affollava nella casa donde era uscito, e per
tutte le stanze fino alla strada con gran divozione baciava in
ginocchioni quei luoghi , dove supponeva , che passando , vi
avesse posto il piede. Nella mattina del tre di aprile si prose
guì il viaggio per Genova, che fu un ingresso veramente trion
fale , cui non credo , così il Pacca , di poter meglio descrivere
che riportando la bella descrizione , che in un foglio periodico
di Genova , due giorni dopo si lesse . « Ci affrettiamo di con
segnare ne'nostri fogli un rapido cenno dell'entrata in Genova
dell' augusto sommo pontefice , ch ' esule egregio dalla capi
tale del mondo cattolico , illustra e corona colla sua presenza
questa nostra a lui devota città. Il santo padre , giunto felice
mente da Livorno a Sarzana , vi fu ricevuto con i più vivi
trasporti di giubilo da quelle popolazioni, ed onorato colle
dovute dimostrazioni dalle guardie nobili e dalle truppe di sua
maestà Brittanica , che sono ivi di guarnigione. Dopo di aver
ivi pernottato , si è recato a Lerice, e condotto per via di mare
a Rapallo sopra una feluca fatta preparare per lui d'ordine
del governatore di Sarzana, onde servirlo fino a Genova, ono
randolo con molte scariche di cannone. Nel suo tragitto vi era
470
una moltitudine di legni pieni a fondo di popolo impaziente di
tributare i suoi omaggi all'illustre viaggiatore , ed implorare
l' onore di una sua visita. Il cuore del santo padre era visibil,
mente penetrato e commosso a tal vista da' più teneri e dolci
sentimenti, e la popolazione ansiosa , non sapendo quale
strada prenderebbe il santo padre, chi si portava alle porte di
terra e chi di mare. Le lancie e legni spagnuoli ch'erano in
quel porto l' andettero ad incontrare , avendo dato tali dispo
şizioni a quest' oggetto il console di sua maestà Cattolica.
Questa bella squadriglia venne ben presto accresciuta dal gran
numero di battelli genovesi , che si disposero in doppia lista
intorno al sacro convoglio . Comparisce al fine ed entra in
porto la fortunata navicella di Pietro . Chi non conosce il ma
gnifico anfiteatro , che presenta questa città dalla parte del
porto , chi non fu presente a questa specie d'ingresso trion
fale , potrà assai difficilmente formarsene un'idea. Il rim
bombo del cannone , il suono giulivo delle campane , lo sven
tolare delle bandiere di ogni nazione , il movimento di una
infinità di barchette , che coprivano il mare ; la popolazione
di una gran città tutta può dirsi raccolta sulle mura alle fine
stre e sui tetti all'intorno ; le acclamazioni , gli evviva , le la
grime di tenerezza che prorompevano dagli occhi di tutti , un
sentimento misto di pietà e di allegrezza che si leggeva sul
volto e negli sguardi a ciascuno ; hanno reso questo spettacolo
il più commovente , il più dolce , il più interessante di cui si
abbia memoria. Giunta sua santità , fu ricevuta dal cardinale
arcivescovo della città , accompagnato da tutti i capitoli e par
rocchi , e dal clero . Allo scendere in terra fu complimentato
dall' eccellentissimo governatore pro interim , collo stato mag
giore della giunta del governo , del capo e corpo degli anziani.
Il capitano delle truppe Inglesi col suo stato maggiore pre
sentò a sua santità il suo ossequio e le offerse il suo rispettoso
servigio. Erano preparate e carrozze e portantiñe : . il santo
padre prescelse queste ultime , rifiutando però il baldacchino ,
471
e dicendo voler prima di tutto recarsi alla chiesa. S'incam,
minò verso la metropolitana di san Lorenzo in mezzo a due
ale di soldati , ed una processione lunghissima di clero , par
rochi , capitoli e cardinali , vescovi e prelati ... Giunto alla
chiesa ricevette la benedizione dal nostro cardinale arcivescovo
col santissimo Sagramento. Dopo questo si avviò al palazzo
Durazzo in mezzo ad un numeroso popolo con seguito in por
tantina del cardinale Pacca e de' suddetti prelati. Il cardinale
nostro arcivescovo era sempre a piedi in grand' abito alla por
tantina del santo padre ... Accorrevano e sboccavano affollati
per le strade e per le piazze , dove passava , cittadini d'ogni
età e d'ogni sesso , avidi di mirarlo, e di riceverne le benedi
zioni. I tappeti che coprivano le vie , e adornavano le finestre,
tanta pompa , tanta folla, principalmente lungo le strade, pre
sentavano un aspetto sommamente vago ed imponente. Ne ac
crescevano il decoro le molte truppe schierate lungo le strade
suddette : mentre senza contare le guarnigioni de' soli corpi di
guardia e diversi picchetti che scortavano il papa ed il suo se
guito , erano in quel giorno in parata sulle armi quattro mila
cinquecento soldati di linea . Erano alla porta del palazzo per
riceverlo , oltre ad un gran umero di nobiltà ed ufficiali , tre
eminentissimi cardinali , giunti il giorno avanti , cioè Mattei
decano del sacro collegio , Opizzoni arcivescovo di Bologna e
Galeffi in grande abito di cerimonia . Sua Maestà ha ordinato ,
che il santo padre sia sempre trattato a spese del suo tesoro .
La sera precedente del suo arrivo e nelle due sere consecutive
si è fatta in tutta la città una illuminazione generale sponta
nea brillantissima quant' altra , perfino ne' più piccioli vico
letti. La stessa illuminazione si è fatta in tutti i contorni della
città , ed i lumi erano in doppia fila , e la deliziosa collina di
Albaro tutta illuminata anch'essa offriva una vista , che non
è facile avere in altra città. Il santo padre , benchè conoscesse
l'attaccamento alla santa sede , nulladimeno in questa occa
sione è rimasto penetrato dal religioso entusiasmo de'cittadini,
472
ed ha ammirato la dovizia de' monumenti , che presenta da
per se stesso il solo aspetto della città ... Nò , le rimembranze
di questo giorno felice non saranno mai cancellate dalla nostra
memoria , come non verrà mai meno la dolce impressione di
tenerezza e di gioia , che lo arrivo ed il soggiorno del santo
padre hanno eccitata e resa indelebile nel cuore de'Genovesi .»
In tutto il tempo del soggiorno di Pio VII in Genova fu il
palazzo della nobilissima famiglia Durazzo , dove sua santità
dimorò , guardato e custodito sempre dalle truppe dell'Inghil
terra , e quando usciva a diporto o per qualche funzione , era
accompagnato e scortato da' dragoni della cavalleria Inglese :
avvenimento singolare tra le cose straordinarie de' nostri tempi.
Ebbe il santo padre ne' primi giorni la consolazione di vedersi
intorno la maggior parte del sacro collegio che ivi lo raggiun
se. Si fecero anche venir con noi per consultarli ne' gravi af
fari della chiesa universale due chierici regolari della congre
gazione di san Paolo , ambidue poi del sacro collegio , il padre
generale Fontana , creato cardinale nella promozione del 1816,
ed il padre Luigi Lambruschini, stato poi successore del car .
dinale Spina nell'arcivescovato di Genova , donde sotto il
pontificato di Leone XII passò nunzio alla reale corte di Fran
cia , e fu decorato della porpora nel concistoro del trenta set
tembre 1831 dal regnante sommo pontefice Gregorio XVI.
Nella festa dell'Ascensione del Signore, che venne al quattro
di maggio , si tenne la solita cappella papale nella chiesa della
santissima Vergine Annunziata , e dopo che il papa ebbe assi
stito alla messa cantata , preceduto dal sagro collegio proces
sionalmente fu trasportato nella sedia gestatoria , traversando
la piazza , ad un palazzo che è dirimpetto alla chiesa , dove
da una maestosa loggia diede all' immenso popolo ivi accorso
la solenne benedizione papale , spettacolo grande , che rarissi
me volte in esteri paesi e quasi mai non vedesi. Però a con
servarne perpetua la rimembranza si eresse la seguente inscri
zione in una lapida sulla facciata della Ss. Nunciata.
473
D. O, M.
Quod Pius . Papa VII . IV Kalendas . Maias
Festo . Ascensionis . Domini . pene . universo
Cardinalium · Coetu stipatus . hoc . in . templo
Solemni . sacro .adstiterit . atque . ex . adverso
Aedium . Pulpitu . Pontificalem . Benedictionem
Fuerit . Elargitus
Populus . Genuensis
Tanti . memor : muneris
Ovans . Posuit . MDCCCXV .
XCIII. SOLENNE INCORONAZIONE DELLA STATUA
DELLA NOSTRA SIGNORA DI MISERICORDIA IN SAVONA.
Qualche giorno dopo lo arrivo di Pio VII in Genova vennero
alcuni deputati della città di Savona per complimentare il
santo padre , e per pregarlo di onorare nuovamente colla sua
presenza la loro patria , e dar loro la consolazione di veder da
esso eseguita la funzione tanto desiderata d'incoronare la sta
tua della Madonna miracolosa detta della Misericordia , che si
venera in una chiesa quattro miglia distante dalla città nella
valle detta di san Bernardo. Il santo padre gli accolse benigna
mente e con grande amorevolezza , ma si prese alcun poco di
tempo per una decisiva risposta alla loro domanda. Volle pri
ma , scrive il cardinale Pacca , che dovendo io recarmi per
suo ordine in Alessandria a ringraziare il re Vittorio Emanuele
dell'onorevole e generosa accoglienza fattagli in Genova , lo
interrogassi, se in quei tempi e in quelle non felici circostanze
poteva tranquillamente e senza disordini quella sacra funzione
eseguirsi... Adempiuta la mia commissione, il piissimo sovra
no mi rispose : che non solo gradiva che sua santità facesse
quella funzione, ma che voleva anzi assistervi esso stesso in
474
persona ; e che tutto poteva eseguirsi con la più grande tran
quillità e con pubblica edificazione , che però ritornato io a
Genova , determinò il santo padre di compiacere di buon gra
do i Savonesi. E qui credo bene, soggiunge l'illustre porpo
rato scrittore, di raccontare il seguente aneddoto . Era già qual
che anno che una contadina di un villaggio della diocesi di
Savona diceva , che il regnante allora sommo pontefice Pio VII
sarebbe andato a coronare la statua della beata Vergine nel
santuario sopra indicato. Alle sue parole si diede da principio
quell'ascolto che suol darsi ne ' nostri giorni alle profetesse ;
ma all'arrivo improvviso del papa a Savona nell’agosto dell'an
no 1809 , si sovvennero i Savonesi del detto della contadina e
cominciarono a lusingarsi , che sarebbe stata realmente da Pio
VII quella sacra funzione eseguita. Dopo due anni e mesi però
di prigionia fu il papa subitamente e con violenza trasportato
a Fontainebleau , e svanirono le speranze de' buoni Savonesi.
Tornarono per altro queste a risorgere quando fu nuovamente
nel febbraio dell'anno 1814 il papa riportato in Savona. In
tutto quel tempo la contadina tenne sempre lo stesso linguag
gio , anche quando erano contrarie tutte le apparenze. Dopo
un mese e poco più di soggiorno in quella città si fece di bel
nuovo partire il pontefice , per essere ricondotto a Roma. Par .
ve allora , secondo le umane viste , cosa sicura che il papa re
stituito alla sua sede , vi avrebbe tranquillamente terminati i
suoi giorni, nè sarebbe stato più costretto ad intraprendere
altri viaggi. Lo stesso papa scherzando con alcuni suoi fami.
gliari , che avevano prestato fede a’detti della contadina, diceva
loro : e cost la vostra profetessa non l'ha indovinata . Ep
pure tutto si verificò .
Partì il santo padre da Genova il giorno otto di maggio alla
volta di Savona , e tutto il viaggio potè assomigliarsi ad un
solenne e continuato ingresso trionfale , giacchè tutta la lunga
strada littorale era piena di popolo , tutte le finestre delle case
ne' molti villaggi che vi si traversano erano riccamente addob
475
bate ed occupate da innumerevoli spettatori. S'incontravano
di tempo in tempo archi trionfali, e varii lunghi viali di alberi
ivi trasportati e piantati allora allora per quella giuliva circo
stanza. Gli applausi poi ed i gridi di gioia della moltitudine che
chiedevano la benedizione , assordavan l'aria , e quasi non face
vano sentire nè lo sparo de' mortai, nè le bande musicali , nè
il suono festivo delle campane. Il clero e le confraternite gli
andavano incontro più di un miglio . Egli veniva in una car
rozza tirata a sei , e tre altre carrozze aveva di seguito. Sei car
dinali lo avevano preceduto e altri quattro ne giunsero , con
otto prelati oltre a ' ceremonieri. Era accompagnato da un di
staccamento di guardie reali. La guardia nobile formata in Sa
vona col governatore alla testa si portarono incontro al papa
sino a Varazze . Giunto il santo padre presso al convento de'
cappuccini, furono staccati i cavalli e sessanta cittadini vestiti
di nero vollero aver l'onore di tirar la carrozza sino alla cat
tedrale , Archi trionfali , statue de' santi Pietro e Paolo alle
porte della città , in mezzo lo stemma pontificio. Alla porta
della chiesa fu ricevuto da sei cardinali, e poi diede la bene
dizione col santissimo Sagramento. Passò quindi al vescovado,
ov'era stato lungamente prigioniero , e compartì all'immensa
moltitudine la benedizione dalla tribuna , che sovrasta alla
piazza. All'indimani discese nella cattedrale , accompagnato
da otto cardinali e da altri prelati , e vi celebrò la santa messa ,
comunicando i chierici ed i seminaristi. Alle undici del mat
tino giunse da Genova il re Vittorio Emanuele , e dopo breve
riposo si avviò al vescovado. Il papa si portava a visitarlo , a
vendone inteso l'arrivo con lo sparo del cannone , ed incon
traronsi sulla piazza : il monarca si próstra a terra , per ba
ciargli i piedi : il santo padre lo solleva e lo bacia in fronte , e
frattanto la principessa Beatrice figliuola del re , attuale du
chessa di Modena, stampa un bacio divoto sul piè del pontefi
ce , e si dirigono all' episcopio. Tutti i circostanti ch' erano
476
senza numero a questo spettacolo non potevano raffrenare le
dolci lagrime.
Il giorno dieci era destinato per l'incoronazione. Partì dun
que il papa alla volta del santuario alle ore otto e mezzo , ac
compagnato da tre carrozze , e preceduto poco prima dal re .
Veniva la regina di Etruria coll'infante di Spagna suo figlio ,
oggidi principe di Lucca e tre altre carrozze . Giunti al santua
rio presero posto nel presbiterio. Il re con sua figliuola e col
principe di Carignano, l'augusto regnante Carlo Alberto, erano
fuori della balaustrata, a sinistra: a destra la regina di Etruria
col suo principino. Alla dritta dell'altare ergevasi il trono del
sommo pontefice: alla sinistra stavan dieci cardinali, e dietro
i prelati. Il resto del presbiterio era occupato da alcuni perso
naggi della corte del papà , del re , della regina di Etruria ,
dal capo - anziano e dal governatore della città . Così accompa
gnato venne il papa all'altar maggiore e vi celebrò la messa ,
finita la quale tutti si avviarono alla cappella della Madonna.
Il cardinale Spina arcivescovo di Genova portò processional
mente dall'altar niaggiore la preziosa corona gemmata , ed il
papa la benedisse con un'apposita orazione , e quindi la pose
in capo alla statua marmorea della santissima Vergine al rim
bombo delle campane , de' mortai, de' musicali stromenti , in
tonando il papa il Te - Deum e piangendo per tenerezza ; mo
tivo per cui non potè recitare che a stento , a riprese , sin
ghiozzando le orazioni pro gratiarum actione. Disse egli stes
so a monsignor Bertazzoli che in nessun'altra occasione erasi
mai tanto sentito commuovere , come in questa . Quantunque
tutte le pompe festive e tutte le dimostrazioni di onore e devo
zione che si danno sulla terra alla Vergine Maria sieno un
nulla in paragone de' singolarissimi meriti della gran madre
di Dio , pure non può negarsi che quella sacra funzione , riu
scì grandemente augusta e maestosa per la riunione di tanti
ragguardevoli personaggi. Così ben osserva e scrive il cardi
nale Pacca . Questa epoca gloriosissima sarà sempre indelebile
477
nel cuore di tutti i Liguri, e de' Savonesi particolarmente per
tutti i secoli avvenire. Riceveva il santo padre nello stesso
giorno in Savona una staffetta colla faustissima notizia , che le
truppe del re Gioachino Murat sconfitte dalle vittoriose armate
austriache avevano con precipitosa fuga sgombrato tutti i do
minii della santa sede. Rallegrava il papa di sua presenza quella
città ancora il dì seguente , e come nelle antecedenti la illumi
nazione era generale e brillantissima. Al giorno dodici Pio VII
ritornava a Genova , e nel giorno quattordici ricorrendo in
quell'anno la solennità di Pentecoste tenne la cappella papale
nell' anzi detta chiesa della Nunziata. Speravano i Genovest an
cora trattenere tanto ospite per la solennità del Corpo del Si
gnore , e già prendevano le convenienti disposizioni , affinchè
la processione coll' intervento suo e de' molti cardinali e pre
lati riuscisse fastosa insieme e divota ; ma le buone loro spe
ranze non poterono essere esaudite , volendo egli affrettare il
ritorno a Roma. Però non potè resistere alle pressanti ed af
fettuose istanze dell'ottimo re Vittorio Emanuele , che deside
rava una visita di lui in Torino . E così di fatti i voti del mo
narca e de' Torinesi furono pienamente adempiuti.
Ritornato poco dopo il santo padre a Roma , convocò a con
cistoro nel giorno quindici di luglio del medesimo anno 1815
il collegio de' cardinali , e fece l'allocuzione seguente :
Ven . Fratelli ;
« Quale sia stato il motivo , per cui nel mese di marzo di
questo anno abbiamo intrapreso un subito ed impensato viag ,
gio verso la superiore Italia , a voi , che siete stati partecipi
delle nostre determinazioni e del nostro viaggio , non è d'uopo
che con più parole lo spieghiamo. Quantunque però , affinchè
in occasione di temere, la dignità pontificia salva si conser
vasse e sicura , dovessimo noi assolutamente partire , pure ,
per confessarvi com'è la cosa , di mala voglia e con pena ci
478
siamo allontanati dalla nostra e di noi amatissima città di Ro
ma. Imperciocchè vedevamo assai chiaramente quale ansietà ,
quale consternazione , qual lutto fosse quindi per avvenire alla
stessa città , e quali eventi funesti presagir pareva per lei la no
stra partenza. Ad alleviare però in qualche modo l'ansietà deri
vata dalla nostra partenza abbiamo avuto la cura , che al popolo
romano e a tutti gli altri del pontificio dominio fosse in nostro
nome annunziato che la nostra assenza , siccome confidati nella
divina bontà speravamo , sarebbe per essere brevissima. Ne
l'evento ha deluso cotale nostra speranza . Poichè per l'usato
ed invitto valore dell'austriaco esercito è avvenuto , che nello
spazio di tre mesi non ancora compiuti abbiamo potuto ritor
nare con sicurezza e felicità in Roma e all'apostolica sede .
Abbenchè però la cagione del viaggio agli animi di tutti, e al
nostro principalmente , sia stata acerbissima ; nondimeno ce
ne hanno tolto tutta quanta l'acerbità i lietissimi frutti , che
per la misericordia di Dio abbiamo dallo stesso viaggio rica
vati . Posciacchè tutti i popoli dell'Italia , che abbiamo trae:
scorsi , ci hanno manifestato tali sentimenti d'interna e soda
pietà , tanto si sono mostrati affezionati e devoti alla cattedra
di san Pietro , che il nostro passaggio sembrava un solenne e
perpetuo trionfo della santissima religione. Brameremmo di
cuore nominarli qui tutti ad uno ad uno , se la brevità all'ora .
zione nostra prefissa lo permettesse . In niun modo però tra
passar possiamo sotto silenzio i Genovesi , presso de' quali ab
biamo dimorato più a lungo , le cui esimie premure per la re
ligione sono state per noi sì veementi , che ben volentieri e
con tutta verità ripetiam qui le parole di san Bernardo , che
loro scriveva : - Non mi dimenticherò mai di te , città illustre,
popolo fedele : in aeternum non obliviscar tui; plebs devota ,
honorabilis gens , civitas illustris. - Quali mai sono stati la
commozione , il tripudio , gli applausi de' Genovesi ! e general
mente di tutti i popoli della Liguria , quando da Genova ci
siamo recati a Savona , per imporre con rito solenne la corona
479
d'oro alla statua della Madre di Dio , ivi con grande religione
venerata ! ec. »
E con questo elogio di san Bernardo , il quale nel
corso di sei secoli non ha mai perduto niente di sua bellezza
e di sua veracità , che anzi a' giorni nostri ha ricevuto solenne
conferma da un romano pontefice di gloriosissima ricordanza ,
io pongo fine alla mia storia ; nè certo io saprei come meglio
finirla .
480
AGGIUNTE .
Ponevansi sotto i torchi i due ultimi fogli di questa storia ,
quando io lessi nella Gazzetta Piemontese di questo anno , al
numero 73 , sotto il giorno 30 marzo , due documenti che ri
sguardano al monastero di Varatella , ne' monti di Toirano ,
del quale ho io scritto al capitolo IX , articolo LIX, pag. 295.
Questi due documenti cavati di recente dalle tenebre degli ar
chivii per opera dell' eruditissimo nostro archeologo , Felice
Isnardi , sono certamente degni di perpetua memoria , che
però qui gli aggiungo ad illustrare l'opera nostra . Trovasi il
primo nell'archivio del capitolo della cattedrale di Albenga ,
ed eccone il contenuto .
Deodato vescovo di Albenga , di cui scrive Ughelli nella sua
Italia Sacra , al tom . 4 , all'anno 1079 , volgendo l'anno
1076 , addì tre luglio , conferì al cenobio di s. Pietro de'monti
di Toirano , i borghi di Conscente , di Caliciana o Calice , di
Bardinetto , di Toirano , di Loano e di Borgio. Ecco le parole
di quella donazione.
a Anno millesimo septuagesimo sexto , tercio iuli .
« Deodatus Divina Providentia Ecclesiae Albinganensis E
piscopus etc.
« Cum penurias etc. etc.
« Concedimus Cenobio Sancti Petri sito in monte Varatella
» ad subsidium monachorum pro animae nostrae redemptione
« etc. Pagos Conscente , Caliciana , Bardineta , Taurianum ,
« Lodanum super podium et Borgi; ut ipsa ecclesia sancti
« Petri omni sub integritate teneat atque gubernet. Quod , ut
« verius et firmius credatur etc.
Ego Deodatus Dei gratia Episcopus. >>
Il secondo documento è una pergamena che conservasi nello
481
enorme volume delle memorie MS. di quell'antichissimo mo
nastero ( vedi l'archivio dell'insinuazione di Final Borgo ) ,
nella quale chiaramente apparisce , che dell'anno 1171 il ve
scovo di Albenga richiamò alla sua giurisdizione e mensa epi
scopale il suddetto monastero con tutti i diritti e dominii che
già erangli stati conceduti dal suo predecessore , cioè il castello
di Loano , e gli altri villaggi di sopra enunciati. Le parole di
quella carta sono le seguenti:
« Anno millesimo centesimo septuagesimo primo , die octa
« va octobris quoniam inter caetera etc. etc.
« Praefatum monasterium in omnibus iuribus et pertinentiis
« suis et speciatim in dominio locorum Conscente , Bardineta ,
« Taurianum , Lodanum et Borgi praedictae mensae episco
K pali Albinganensi unimus et annectimus auctoritate , qua
CC fungimur in hac parte . Et ipsum monasterium cum omni
« hus suis bonis , iuribus , et pertinentiis pleno iure et in per
« petuum mensae episcopali Albinganensi annexum sententia
~ mus etc , etc , »
FINE.
31
1
482
CORREZIONI.
Alla pagina 6 , nella linea ottava , sta scritto : Esparterii :
leggasi invece , Epanterii.
Alla pagina 95 , ove è scritto il numero : XXVIII , si sosti,
tuisca : XXVII.
Alla pagina 130 , articolo XXXII, sta scritto che « liberato
l'abate Bartolommeo Maggiolo dalla sofferta infestazione , con
tinuò sino alla morte nel suo stato naturale » aggiungăsi come
segue : « continuò sino alla morte , che avvenne il cinque di
ottobre , 1813 , nel suo stato naturale . »
Alla pagina 326 , invece del numero : LXIX , leggasi: LXX .
.
483
INDICE
DE' CAPITOLI E DEGLI ARTICOLI
CAPITOLO I.
I. Predicazione e stabilimento della religione in Ge
nova ed in Liguria a' tempi apostolici Pag. 1
II. La cristiana religione in Genova ed in Liguria non
mai perseguitata 6
III. 1 martiri san Secondo e san Callocero fuori della
Liguria condannati a morte 12
IV . Più santi martiri Genovesi e Liguri uccisi fuori
di patria » 16
CAPITOLO II.
v. La cristiana religione in Genova ed in Liguria
non mai alterata da eretiche o perverse dottrine » 19
VI. In tempo dell'arianesimo Genova rifugio de' vescovi
cattolici » 22
VII . Lettera di s. Prospero di Aquitania a' sacerdoti
Genovesi contro agli errori semipelagiani 25
484
VIII. Lettera di san Bernardo in lode de Genovesi Pag. 29
Ix . L'ufficio dell Inquisizione stabilito in Genova con
tro agli eretici 30
X. Legislazione religiosa della repubblica di Genova
contro alle ultime eresie >> 32
CAPITOLO III.
XI. Prima chiesa di Genova >> 36
XI . L'episcopato in Genova a' tempi apostolici , e
serie cronologica de primi vescovi 37
XII. San Salomonio » 41
XIV. San Valentino . >> 42
7
XV. San Felice 43
XVI. San Siro »
XVII. San Romolo 46
CAPITOLO IV .
XVIII. La chiesa cattedrale di S. Lorenzo consecrata
da papa Gelasio II 50
XIX . Contese civili ed ecclesiastiche per la erezione
dell' arcivescovado in Genova , 51
XX. Innocenzo II in Genova instituisce la chiesa cat.
tedrale a Metropolitana 56
XXI. Forma delle elezioni canoniche episcopali ed ar
civescovili 57
CAPITOLO V.
XXII. Serie de' primi arcivescovi di Genova 62
XXIII. Il beato. Iacopo di Varazze 66
XXIV . Successione degli arcivescovi di Genova dall'anno
-1300 sino al 1452 . 72
485
xxv . Paolo da Campo Fregoso arcivescovo , cardinale
e doge della repubblica di Genova Pag. 80
XXVI. Successione degli arcivescovi di Genova sino all
anno 1635 » 85
XXVII. Il cardinale Stefano Durazzo 95
XXVIII . Successione degli arcivescovi sino al 1746 » 101
XXIX . Monsignor Giuseppe Maria Saporiti » 104
XXX . Monsignor Giovanni Lercari » 110
XXXI. L'arcivescovo cardinale Giuseppe Spina » 118
XXXII. Memorie dell'abate Bartolommeo Maggiolo » 142
CAPITOLO VI.
Episcopato della Liguria.
XXXIII. Vescovi di Ventimiglia » 140
XXXIV . Vescovi di Albenga San Verano » 150
XXXV. San Benedetto Revello vescovo di Albenga » 153
XXXVI. Successori di san Benedetto nel vescovato di
Albenga » . 159
XXXVII. Monsignor Angelo Vincenzo Dania » 166
XXXVIII. Monsignor Carmine Cordiviola » 177
XXXIX. Vescovado di Noli » 180
XL. Monsignor Benedetto Solaro » 182
XLI. Vescovi di Savona il beato Ottaviano » 187
XLII. Continuazione de' vescovi di Savona . » 191
XLIII. Vescovi di Brugnato » 200
XLIV . Vescovi di Luni- Sarzana » 205
CAPITOLO VII.
Santi e venerevoli servi di Dio Genovesi e Liguri.
XLV. Santa Caterina Fieschi Adorno » 218
XLVI. La venerabile Batista Vernazza , » 225
XLVII . Il beato Alessandro Sauli * 230
486
XLVIII . Sant' Ampelio Pag. 236
XLIX . San Venerio » 240
L. Il b. Leonardo da Porto -Maurizio » 243
LI. Il venerevole G. Batista De- Rossi di, Voltaggio ca
nonico in Roma » 249
LII . Memorie di altri santi e venerevoli servi di Dio » 253
CAPITOLO VIII.
Institutori di ordini regolari, Genovesi e Liguri.
LIII. Il venerabile Alberto. Spinola , ristauratore dei
Canonici regolari di san Marco di Mantova » 257
LIV. Il b. Batista Poggio , fondatore di una congre
gazione di Agostiniani » 258
LV. Giovanni Agostino Adorno , fondatore de' Chierici
regolari minori » 260
LVI. La beata Maria Vittoria Fornari Strata ., fon
datrice delle monache della Ss . Nunziata - » 263
LVỊ . La venerab. suor Giovanna M. Batista Solimani,
fondatrice delle monache Romite e della congrega
zione de Missionarj di s. Gio . Batista » 269
LVIII. Il padre.Paolo della Croce , fondatore della con- ,
gregazione de' Passionisti » 277
CAPITOLO, IX.
LIX. Abbadie le più antiche ed illustri » 288
LX. Ettore Vernazza , fondatore del conservatorio di
san Giuseppe » 298
LXI. Il ritiro delle donne penitenti » 299
LXII . Conservatorio delle Interiane >> 301
LXIII. Virginia Centurione Bracelli , fondatrice delle
Brignoline » Ivi
LXIV . Filippine e Medee » 304
487
LXV . L'abate Paolo Gerolamo Fransoni, fondatore 2
della congregazione degli Operai Evangelici e delle
Madri Pie Pag. 305
LXVI . Le Fieschine » 313
1
LXVII. Le congregazioni de' Missionarii Urbani e Fo
rensi » 314
LXVIII . Francesco Maria Imperiale Lercari fondatore
in Roma di una congregazione di Missionarii » 316
CAPITOLO X.
LXIX . La prima cro ata de' Gei » 319
LXX. Le ceneri di s. Gio. Batista traslate a Genová » 326
LXXI. La sacra effigie del Redentore che si venera in
Genova nella chiesa di san Bartolommeo degli Ar
meni , ossia l'immagine Edessend » 332
CAPITOLO XI .
Romani Pontefici di Genova e di Liguria .
LXXI. S. Eutichiano » 337
LXXIII. Innocenzo IV » 338
LXXIV. Adriano V . » 353
LXXV. Niccolò v ' » 358
LXXVI. Sisto IV » 366
LXXVII. Innocenzo VIII
VIL . » 376
LXXVIII . Giulio II > 383
LXXIX . Urbano VII » 389
LXXX. Cardinali di santa Romana Chiesa Genovesi
e Liguri » 392
CAPITOLO XII .
LXXXI. L'ecclesiastico interdetto fulminato contra la '
1 488
città di Genova da Urbano IV, dal beato Gregorio
X , da Innocenzo VIII Pag. 402
LXXXII . La città di Savona interdetta da papa Gio
vanni XXII » 406
LXXXIII. Vertenze della repubblica di Genova con la
santa sede pel visitatore apostolico monsignor De
Angelis mandato in Corsica . » 408
LXXXIV . Controversie degli arcivescovi di Genova col.
senato della repubblica pel trono del doge nella
chiesa metropolitana di san Lorenzo » 420
LXXXV. Contese de' prelati della Liguria col governo
per le cattedre vescovili e le sedie de governatori » 427
LXXXVI. Le Confraternite degli oratorii » 431
LXXXVII. I preti di Banchi >> 435
CAPITOLO XIII .
LXXXVII . Pio papa VII espulso da Roma . » 437
LXXXIX . Arrivo e soggiorno del romano pontefice in
Savona » 442
XC. Due deputazioni di prelati, mandati dall' impera
tore Napoleone a Pio VII . » 454
xci . Partenza di Pio VII da Savona per la Francia ,
e suo ritorno a Savona e poscia a Roma » 459
CAPITOLO XIV .
xori. Venuta di Pio VII in Genova 466
XCIII. Solenne incoronazione della statua della nostra
Signora di Misericordia in Savona » 473
D