LA MAGIA PRESSO I GRECI
Qualunque nostra curiosità nei confronti degli antichi Greci è
destinata ad essere soddisfatta, perché a partire dall'VIII secolo
a. C. abbiamo un'enorme mole di documenti archeologici,
letterari ed epigrafici (1).
Gli Elleni erano il risultato di un miscuglio di popoli provenienti da
varie parti: Celti, Geti, Sciti, Traci, Illiri, Pirgi, coloni dell'Egitto e
della Fenicia, Ioni, Dori e gli Achei, che furono i protagonisti
della guerra di Troia cantata dall'Iliade di Omero.
La storia di questi popoli è molto simile a quella di Israele, nel
senso che erano genti nomadi in cerca di nuovi pascoli per le
loro mandrie; trovato un posto piacevole, misero radici e
divennero agricoltori.
Si svilupparono vere e proprie città: Micene, Tirinto, Pilo, Argo,
Atene, Sparta e Tebe. La più antica civiltà greca fu quella
micenea, risalente al XIV-XIII secolo. Fino a pochi decenni fa le
nostre notizie sui Micenei erano ricavate dai poemi omerici e
dalle avventure di Heinrich Schliemann, l'archeologo scopritore
delle rovine di Troia e delle cosiddette "Tombe degli Atridi" a
Micene.
Le "Tavolette micenee" trovate fra le rovine della reggia di
Micene sono appunto tavole in argilla, scritte in "lineare B", una
forma di scrittura greca sillabica molto arcaica. Esse
rappresentano l'archivio di cui si servivano gli amministratori dei
palazzi: elenchi di beni, forniture, provviste, funzionari, soldati,
appannaggi per il re o per i nobili ed offerte agli dei.
Questi documenti ci sono pervenuti per caso, non essendo certo
destinati ai posteri, dato che nei primi mesi di ogni anno venivano
distrutte tutte le documentazioni burocratiche dell'anno
precedente. Ne abbiamo comunque tratto notizie interessanti.
L'economia si basava sul commercio dell'olio di oliva, dei tessuti
di lino e di lana, sugli unguenti profumati e sull'artigianato di lusso,
con manufatti in oro, argento, ambra e paste di vetro colorato.
Gli dei erano, in questo periodo arcaico, gli stessi della Grecia
classica, ma cambiavano le gerarchie: Poseidon, dio del mare, e
Demetra, dea della terra e della fecondità, erano i principali,
invece di Zeus e di sua moglie Hera.
Attorno al 1250 a. C. le città micenee si allearono contro Troia,
antica città dalla posizione strategica importantissima, essendo
situata sulla costa dell'Anatolia, nello stretto che collega il mare
Egeo al Mar Nero.
Omero ci parla della terribile guerra, durata dieci anni, cui
parteciparono attivamente anche gli stessi dei, come sostenitori
dell'una o dell'altra fazione. Annientata Troia (attorno al 1230
a.C.), cominciò la fine anche per le città della lega micenea:
Micene, Tirinto e Pilo furono parzialmente distrutte da incendi ed
abbandonate da gran parte della popolazione. L'Odissea, il
secondo poema omerico, dava un quadro di città agitate da odi,
da lotte intestine fra gruppi rivali. Il colpo di grazia lo diede
l'arrivo dei Dori, popolazione barbarica proveniente dall'Epiro e
dal nord dei Balcani; i Micenei non sopravvissero a Troia più di
un secolo.
Le nuove popolazioni del Nord, dette indoeuropee, erano
originarie delle pianure dell'Europa centro-settentrionale. Erano
genti rudi, selvagge, che vivevano di agricoltura e di pastorizia.Si
mossero in una vastissima migrazione, stabilendosi nell'Asia
occidentale, in India ed in Europa.
A partire dal 1150 a. C. cominciò un periodo di isolamento e di
povertà; durante questi quattro secoli, definiti "Medioevo
ellenico", guerre e razzie divennero all'ordine del giorno, volute
dall'oligarchia di proprietari terrieri. Si formarono però anche le
basi della religione e della cultura greca; fu allora che nacque il
mito di Orfeo, di cui parleremo in seguito.
Nell'ottavo secolo cominciò il periodo aureo della civiltà greca,
quello definito "classico" e caratterizzato dalle città-stato. Il
Greco non era un individuo isolato; il filosofo Aristotele lo definì
"uomo politico", cioè uomo che vive nella polis, la città, cardine
della storia greca per la sua indipendenza ed autosufficienza. In
essa esistevano un luogo di culto comune, il santuario, ed un'area
di riunione, in cui tutti i cittadini si incontravano ogni giorno.
L'uomo greco cercava quindi il rapporto con gli altri e trovava il
suo benessere nell'ambiente sociale che lo vedeva protagonista.
Il vincolo fra religione e società greca era molto stretto.
Molti storici concordano sul fatto che la stessa geografia della
Grecia, con vallate fertili alternate ad aspre montagne, caverne
ed anfratti, acque minerali e misteriosi vapori di origine vulcanica,
si sia prestata benissimo a fare da residenza agli dei.
Il monte Parnaso era sacro ad Apollo, le querce di Dodona
erano le favorite di Zeus, che vi aveva posto perfino un oracolo,
che interpretava i segni che vedeva nel bosco di querce, come i
cambiamenti di colore delle foglie, il modo in cui la pioggia
cadeva sugli alberi, il modo in cui il vento muoveva i rami.
L'oracolo di Zeus Trofonio, che aveva scelto per sé grandi
caverne in cui rombavano le acque di un fiume sotterraneo,
traeva auspici dai sogni: chi voleva conoscere il futuro doveva
passare molti giorni ed altrettante notti fra i densi vapori ed il
rumore delle acque, arrivando ad uno stato particolare in cui
aveva visioni che i sacerdoti interpretavano.
Gli dei principali del pantheon greco avevano la loro dimora sul
monte Olimpo. Zeus, padre di tutti gli dei, era il più importante;
dio della luce, del cielo, dei fenomeni atmosferici, era raffigurato
spesso con le mani piene di fulmini.
Sua moglie Hera, unica compagna legittima, era la protettrice
delle spose e delle madri, assisteva le partorienti e badava al
rispetto della moralità domestica, compito che richiedeva
davvero abilità sovrumane, poiché il suo divino sposo era noto
per le sue scappatelle e per la sua numerosa prole illegittima. Il
rapporto fra i due sommi dei era caratterizzato da continue
scenate di gelosia.
Fratello di Zeus era Posidone, dio del mare, che poteva
provocare terremoti picchiando il suolo col suo tridente; sua
sorella era Demetra, dea della fertilità, delle messi e della terra
coltivata, il cui mito era uno dei più importanti ed era al centro
del culto eleusino. Un'altra dea, sempre sorella di Zeus, era
Hestia, protettrice del focolare domestico e della serenità
familiare.
Atena era figlia di Zeus, nata dal suo stesso cervello senza
l'ausilio di una madre; per questo era la protettrice delle scienze e
l'ausilio di una madre; per questo era la protettrice delle scienze e
della saggezza.
Ares, uno dei pochissimi figli legittimi di Zeus, era il dio della
guerra; con i suoi figli, Phobos (il timore) e Deimos (lo
spavento), imperversava sui campi di battaglia. Afrodite, dea
dell'amore, era nata dalle onde del mare vicino alle coste
dell'isola di Cipro; sposata ad Efesto, altro figlio di Zeus ed
Hera, dio del fuoco e dei metalli, essendo il marito bruttissimo e
deforme, non esitò a tradirlo col cognato Ares, da cui ebbe
Eros, il dio dell'amore.
Figli dell'amore adulterino di Zeus con Latona erano i gemelli
Artemide ed Apollo; la prima era la vergine dea della caccia e
regnava su boschi, paludi e sorgenti, circondata dalle sue Ninfe,
proteggeva la fecondità di uomini ed animali, la nascita e la
giovinezza; era inoltre la dea della luna.
Apollo era un dio dalla bellezza straordinaria, tanto da
rappresentare l'ideale fisico dei Greci; era il protettore delle arti,
della musica, dell'armonia, dell'ordine, del diritto, della pace e
della purezza di costumi.
Era anche un dio-oracolo e dava i suoi responsi nel tempio di
Delfi, per mezzo di una sacerdotessa da lui invasata, la Pizia. Il
dono della profezia gli era stato dato dal drago-serpente Pitone,
figlio di Gea, la Terra; Apollo, ucciso il mostro, ne aveva assunto
figlio di Gea, la Terra; Apollo, ucciso il mostro, ne aveva assunto
i poteri divinatori. Un altro importantissimo santuario era a Delo,
un'isola in cui nessuno poteva nascere o morire, per non
contaminarne la purezza.
L'ultimo dio dell'Olimpo era Hermes, messaggero degli dei,
protettore dei viaggiatori, degli oratori e dei ladri. Figlio di Zeus e
della ninfa Maia, conduceva le anime nel regno dell'oltretomba,
per cui veniva anche chiamato Psicopompo (accompagnatore di
anime); si devono tradizionalmente a lui le arti magiche, dette
anche "ermetiche" dal suo nome.
Non esistevano soltanto gli dei dell'Olimpo; i Greci veneravano
anche Asclepio, dio della medicina, figlio di Apollo, che aveva
ad Epidauro un tempio molto importante, con un oracolo che
riguardava la salute; Ade, fratello di Zeus e dio dell'Oltretomba;
Kore-Persefone, sua sposa e figlia di Demetra; Eris, dea della
discordia, sorella di Ares, nota per aver messo in palio una mela
con sopra scritto "Alla più bella". Hera, Afrodite ed Atena si
erano contese il possesso della mela, tutte certissime di essere la
più avvenente delle dee. Paride, figlio del re di Troia, chiamato a
dare il proprio giudizio, aveva assegnato la mela ad Afrodite, in
cambio della promessa di avere l'amore della più bella donna del
mondo. Purtroppo per lui, questa era risultata essere Elena,
moglie di Menelao, re di Sparta; i due amanti erano fuggiti
insieme e per vendicare l'affronto Menelao e suo fratello
Agamennone avevano organizzato la spedizione contro Troia.
Un dio molto caro ai greci era Dioniso, protettore della
vegetazione e del vino. Frutto dell'amore fra Zeus e Semele, era
costretto a peregrinare continuamente per non incorrere nella
vendetta di Hera; egli viaggiava in allegria, con un codazzo di
Satiri e di Menadi, che danzavano, bevevano, suonavano il flauto
e passavano il tempo in ameni baccanali. Come Apollo era il dio
della misura, della moralitˆà, della compostezza e dell'armonia,
Dioniso era il dio della sensualità, degli eccessi e delle libagioni
smodate: i suoi simboli erano infatti una coppa, un tralcio di vite
ed una verga. Dioniso era anche il protettore del teatro, sia
tragico che comico. Il culto del dio era alla base dei misteri
dionisiaci, che la leggenda vuole diffusi da Orfeo.
Orfeo era nato sulle montagne della Tracia; figlio di Eagro e della
musa Calliope, aveva ricevuto dal dio Apollo il dono della
musica e del canto, che erano così melodiosi da affascinare
chiunque, addomesticare belve feroci e fermare il corso dei fiumi.
Orfeo sposò la bellissima Euridice, ma il giorno stesso delle
nozze la sposa morì, avendo messo un piede su un serpente nel
tentativo di sfuggire al pastore Aristeo, che era follemente
innamorato di lei e voleva violentarla per vendicarsi di Orfeo.
Questi non si rassegnò alla triste sorte e scese fino all'Ade per
riprendersi la sposa.
La discesa nel mondo dei morti fu memorabile. Commosso dal
suo canto, il traghettatore di anime Caronte lo fece passare senza
chiedere il rituale obolo, i dannati interruppero i loro supplizi, gli
stessi dei Persefone ed Ade piansero calde lacrime e gli
concessero di riportare in terra l'amata; ma ad un patto: egli non
doveva mai voltarsi a guardarla, durante il viaggio per tornare al
mondo dei vivi.
Erano ormai in vista dell'uscita quando Orfeo, non sentendo più i
passi della moglie, volse preoccupato lo sguardo: giusto in tempo
per vederla diventare, di nuovo e per sempre, solo un'ombra.
Invano Orfeo supplicò di nuovo Caronte, invano rimase sulla
porta dell'Ade per sette giorni e sette notti: Euridice non gli fu più
ridata. Allora Orfeo partì per l'Egitto, dove studiò la magia coi
sacerdoti egiziani.
Tornato in patria, egli si consacrò alla missione di recuperare i
culti del dio Dioniso. Egli indusse gli uomini della Tracia ad
abbandonare i culti sfrenati ed a respingere le lusinghe sessuali
delle Baccanti, che per questo, infuriate, lo uccisero, lo fecero a
pezzi e lo gettarono nel fiume Ebro.
Ma la sua testa giunse al mare fino all'isola di Lesbo, dove venne
conservata nel locale tempio di Dioniso; la sua lira fu invece
messa nel tempio di Apollo, ad ispirare altri cantori.
Ad Orfeo la leggenda attribuisce la fondazione dei Misteri Orfici;
in realtà l'orfismo, come dottrina, fece la sua comparsa solo alla
fine del V secolo a. C., quindi parecchi secoli dopo la morte del
leggendario eroe.
I Misteri, caratteristici (2) dei Greci e di alcuni popoli orientali,
erano pratiche di culto, i cui rituali venivano tenuti rigorosamente
segreti. A questo proposito dobbiamo distinguere nettamente i
culti pubblici, volti alla propiziazione di un dio per ottenere
benefici terreni, da quelli iniziatici, che miravano ad ottenere
soddisfazioni più interiori e spirituali, con un diretto rapporto fra
colui che vi partecipava e la divinità. Soltanto gli iniziati, i Mystoi,
avevano accesso al Mistero.
Risalgono al principio del VII secolo i Misteri Eleusini, derivati
dal culto di Demetra-Persefone; sono i più noti ed i più antichi
culti misterici e venivano celebrati ad Eleusi, nell'Attica.
Erano nati come una festa per il raccolto, in onore della dea delle
messi Demetra e di sua figlia Kore Persefone. Il mito delle due
dee era intimamente collegato alla terra: Persefone, mentre
passeggiava con le sue ancelle, era stata vista dal dio dell'Aldilà,
che se ne era subito innamorato e l'aveva rapita.
La madre, dopo averla disperatamente cercata invano, aveva
pregato Zeus, il padre degli dei, di renderle la figlia. Ma ormai
pregato Zeus, il padre degli dei, di renderle la figlia. Ma ormai
ella era già sposata con Ade, per cui si venne al compromesso:
per sei mesi Persefone sarebbe rimasta nel mondo dei morti, per
sei mesi sarebbe tornata in terra con Demetra.
Madre e figlia si incontravano di nuovo ogni anno in primavera
ad Eleusi e qui sorse un tempio per commemorare la rinascita
della natura. Come un chicco di grano Persefone viveva sei mesi
sotto terra e sei sopra: la base del culto riguardava quindi la
fertilità della terra e l'agricoltura, ma col tempo finì con
l'assumere caratteristiche simboliche di morte e rinascita, di
immortalitˆà dell'anima.
I presupposti per ritornare ad una vita migliore dopo la morte
erano l'integrità morale e la purezza; i rituali che consacravano i
nuovi iniziati ponevano molta attenzione verso la purificazione
rituale (catarsi), indispensabile per diventare membri della
comunità eletta. A primavera si celebravano i Piccoli Misteri di
purificazione, in autunno i Grandi Misteri di consacrazione, che
duravano sette giorni e comprendevano, oltre alle solite
cerimonie di purificazione, anche sacrifici, processioni, digiuno e
riti di rinascita; l'area in cui si celebravano era riservata ai soli
iniziati, pena la morte per i trasgressori. Il culto eleusino era
portato avanti da due famiglie, che avevano i poteri sacerdotali
per diritto ereditario.
La nascita dell'Orfismo si pose in un contesto di profondi
turbamenti della società greca; dopo l'età d'oro della Polis e della
espansione coloniale, era subentrata una fase di crisi. La
delusione e l'insoddisfazione nei riguardi della vita suscitarono un
senso del peccato da espiare, che aveva bisogno di purificazioni
e di ascetismo.
Lo scopo dell'iniziato alle dottrine orfiche era di allontanare da sé
tutto ciò che era malvagio e terreno, per liberarsi dal ciclo delle
reincarnazioni; ricordiamo che questa "reincarnazione" non è
affatto simile al concetto che ne abbiamo noi, preso dalle religioni
dell'Estremo Oriente, bensì è una "metempsicosi", cioè una
trasmigrazione delle anime, che possono entrare in un altro corpo
umano quanto in uno animale.
La vita ascetica e virtuosa poteva accelerare le trasmigrazioni;
agli iniziati veniva insegnata una scrupolosa igiene personale, oltre
alla sobrietà ed all'astensione da cibi impuri, come la carne, le
uova ed i fagioli.
L'Orfismo era derivato dai Misteri Dionisiaci, con in più una
rivelazione, fatta da Orfeo, ed una organizzazione comunitaria di
eletti; i culti dionisiaci erano caratterizzati da rituali orgiastici ed
estatici.
Il mito narrava come Dioniso, che abbiamo già detto costretto a
peregrinare per evitare l'odio di Hera, fosse stato infine raggiunto
dalla vendetta della dea.
dalla vendetta della dea.
Ella aveva incaricato i feroci Titani di ucciderlo; invano il dio si
era tramutato in toro per nascondersi.
Raggiunto e riconosciuto, era stato ucciso e le sue carni
consumate in un banchetto; ma Zeus, furibondo per l'oltraggio
fatto a suo figlio, aveva incenerito i colpevoli con un fulmine: dalle
ceneri erano sorti gli uomini, mescolanza di elementi titanici
negativi e di elementi dionisiaci positivi.
I seguaci dei Misteri imitavano le peregrinazioni del dio, ballando
al ritmo selvaggio del ditirambo, bevendo ed entrando in uno
stato di ubriachezza estatica; essi erano convinti che l'ossesso
fosse invaso dallo spirito di Dioniso, tanto che la parola
"entusiasmarsi" significava "essere posseduti dal dio".
La festa rituale si concludeva con il sacrificio di un animale, che
veniva dilaniato con le mani nude dai partecipanti, che poi ne
mangiavano le carni crude: questo era un modo per ricordare la
morte del dio e per unirsi a lui misticamente.
Nei culti dionisiaci, e nei loro derivati culti orfici, c'è un
interessante elemento, del tutto originale rispetto alla religione
greca: il senso del castigo e della ricompensa, che portava a
sostenere che l'uomo era padrone del proprio destino ed era la
sua condotta a determinarne la sorte.
LA MAGIA IN MESOPOTAMIA
Quello che tutti sanno sugli Assiro-Babilonesi fa riferimento alla
Bibbia e si può condensare in pochi epici disastri: il crollo della
Torre di Babele, la distruzione di Sodoma e Gomorra, empie
città sentine di ogni vizio e perdizione, e la deportazione degli
Ebrei sotto il re Nabuccodonosor, vicenda ispiratrice di melodie
verdiane.
Il regno dei due popoli si sviluppò nella pianura della
Mesopotamia, nome che significa "terra fra due fiumi", il Tigri e
l'Eufrate. L'Assiria si stendeva a nord, con le città sul corso del
Tigri; la Babilonia comprendeva più a sud la regione fra i due
fiumi fino al Golfo Persico.
La Mesopotamia (1) è stata definita "culla della civiltà"; oggi è
una zona desertica, ma nei tempi antichi era detta "mezzaluna
fertile", favorita da un clima piuttosto mite e con una vegetazione
che in molte zone cresceva rigogliosa per l'abbondanza d'acqua.
I Sumeri erano il più antico popolo organizzato che si conosca in
questa area, che essi abitarono fin dal 4000 a. C.; erano
agricoltori e costruirono imponenti sistemi di canalizzazione;
agricoltori e costruirono imponenti sistemi di canalizzazione;
vivevano in città-stato, come Ur, Uruk, Lagash e Umma, rette
da un re che aveva anche le funzioni di sacerdote. Per circa mille
anni essi vissero in pace, finché, agli inizi del 3000, furono invasi
dal popolo semitico degli Accadi, guidati dal loro re Sargon, che
sconfisse i Sumeri e creò un regno unico, che andava dal Golfo
Persico alle coste del Libano. La leggenda di Sargon servì da
modello a quella di Mosè.
Sargon sono io, forte re di Akkad. Mia madre era povera, mio
padre non l'ho conosciuto; mia madre mi concepì, mi partorì di
nascosto, mi pose in un cesto di canne e mi lasciò in balia del
fiume, che non mi sommerse. E il fiume mi trasportò verso Akki
il giardiniere. Egli mi guardò con benevolenza, mi allevò come un
figlio, mi impiegò per il giardinaggio. Mentre facevo il giardiniere,
la dea Ishtar certamente mi protesse e mi amò. Io esercito la
regalità (2).
La dominazione accadica durò fino al 2150, quando, aiutati da
altri popoli migrati dall'Armenia, i Sumeri si ribellarono e
riuscirono a riconquistare la libertà. Il nuovo popolo formò il
nucleo degli Assiro-Babilonesi, sui quali sono arrivate fino a noi
molte notizie tramite tavolette d'argilla scritte in caratteri
cuneiformi.
I documenti mesopotamici sono di vario tipo: esistono intere
biblioteche di tavolette con liste di re, annotazioni storiche,
cronache politiche, poesie, racconti epici, amuleti, inni,
imprecazioni; ci sono poi le pietre di confine, con divinità o
formule di scongiuro, e le incisioni sulle pareti dei templi.
Molte tavolette riportano riti e formule di ogni tipo: scritte con
chiarezza e praticità, in alto si trova la parola "Siptu",
incantesimo; una linea orizzontale indica la fine della formula, per
passare poi ad un nuovo incantesimo; nel caso la formula vada
letta accompagnata da un rituale del fuoco, un'altra parola lo
indica.
L'elemento magico (3) permeava ogni aspetto della vita sociale
nella civiltà mesopotamica ed era presente in tutte le cerimonie
religiose. I riti erano sostenuti ed arricchiti da formule,
incantesimi, purificazioni che cercavano di ottenere da dei e
demoni, con mezzi magici, ci˜ che non si poteva fare con semplici
preghiere. Magia e medicina erano strettamente connesse,
perché ogni malattia era frutto dell'azione malvagia di un demone
o di un mago vendicativo; era questo il motivo per cui i testi
magico-religiosi mesopotamici trasudavano di doloroso
fatalismo: una sola parola o un gesto potevano essere causa di
vendette a catena e di mali a non finire.
I demoni erano davvero potentissimi: "né porte né chiavistelli li
arrestano", recitava uno scongiuro; sapevano infiltrarsi
dappertutto, rendersi invisibili, travestirsi assumendo le
sembianze più disparate. Sotto la superficie terrestre c'erano
larve e lemuri; chi usciva di notte rischiava di imbattersi nei
vampiri.
Gli spiriti malvagi abbondavano nel mare, nel deserto, nelle
paludi e nel vento; però coloro che ne erano diventati preda, sia
che dovessero espiare un grave peccato, sia che fossero stati
invasi per errore o vendetta, potevano salvarsi facendo un
bell'esorcismo e rimettendo tutto a posto.
Al mio corpo non ti devi avvicinare,
non mi devi precedere,
non mi devi seguire,
dove io sono non ti devi sedere,
nella mia casa non devi entrare,
non devi assillare il mio tetto,
non devi posare i piedi sull'impronta dei miei passi,
dove io entro tu non devi entrare (4).
Alle formule si aggiungevano pratiche minuziose per ogni
occasione; per esempio, sono stati trovati centinaia di rituali
contro il mal di testa, che si deduce doveva essere molto diffuso
e doloroso.
Per liberarsene occorreva "coprire un cocomero selvatico con un
panno, poi circondarlo di farina; il giorno dopo prenderne la
radice al levar del sole ed annodare sulla testa del malato un
vello di capretta; il male entrerà nel vello e fuggirˆ dal malato".
Quando non soggiornavano nelle teste altrui, ai demoni piaceva
scorrazzare per i deserti, nei luoghi oscuri, tra le rovine; erano
molto rumorosi, ragliavano, grugnivano, belavano, ululavano ed
erano praticamente infiniti.
Con i demoni trattava abitualmente la strega, che era in grado far
magie contro il cielo e la terra, infliggere mali fisici e morali,
rendere impuro chiunque avesse a che fare con gli stregati sue
vittime; ella correva ovunque con piede agile e poteva tutto,
perché "l'universo è il suo dominio".
Partendo da questi presupposti, gli abitanti della Mesopotamia
vivevano in un perenne stato di terrore ed i sacrifici si
sprecavano.
sprecavano.
Anche i defunti potevano influire sulla vita terrena; per questo i
funerali prevedevano spese cospicue allo scopo di far vivere la
salma nell'Oltretomba con ogni comodità.
La gerarchia nel mondo dei morti era rigida come in quello dei
vivi; gli Inferi erano una città cinta da mura altissime, con sette
porte sorvegliate da altrettanti guardiani; c'erano palazzi di nobili
e di personaggi di rango, oltre a case di gente più umile; il sole
non illuminava quel luogo tenebroso, ma i defunti trascorrevano
comunque piacevolmente il loro tempo, mangiando, bevendo,
ascoltando musica e conversando; per questo ognuno doveva
raggiungere l'aldilà con una buona dote di oggetti a lui cari.
Il defunto poco soddisfatto delle offerte aveva il diritto di
perseguitare il parente vivente che si era dimostrato avaro,
mandandogli guai a catena, malattie, disgrazie.
Sui morti governava Ereshkigal, che originariamente era stata una
dea stellare, poi trascinata a forza negli Inferi dal malvagio drago
Kur, che l'aveva data in sposa al re delle tenebre, Kutusumgal, al
quale era sacra la città di Kutu, che ritroveremo parlando di un
testo di magia nera medievale, il Necronomicon. La coppia
infernale regalava agli uomini guerre, distruzioni, calamità naturali,
carestie e morte.
Per proteggersi dai demoni non esistevano solo scongiuri ed
esorcismi a male avvenuto, ma anche riti di prevenzione. Contro
gli attacchi magici si invocava Marduk, signore degli incantesimi,
protettore degli esorcisti, dio dalle orecchie larghe e dai grandi
occhi chiari, che vedeva tutto.
I rituali d'amore chiedevano l'intervento di Ishtar, dea dell'amore,
della bellezza e della fertilità, sorella di Ereshkigal.
Oh tu, bella delle belle, la profumata, la rosea, la bianca,
oh tu, i cui seni non sono mai avvizziti,
oh tu, il cui ventre è fecondo senza impurità,
tu che sai conservarti pura negli abbracci della carne,
tu che possiedi la chiave delle supreme ebbrezze,
tu, il cui nome mistico è il più puro dei profumi,
dammi ciò che gli altri mi rifiutano.
Dammi la fortuna,
dammi l'ebbrezza,
dammi la voluttà,
dammi l'oblio della terra!
Ed io ti coprirò di fiori e sarò tuo fino alla morte (5).
Spesso si chiamano gli Assiro-Babilonesi con il nome di Caldei,
ma questo era in realtà il termine che indicava i sacerdoti-maghi.
Essi passavano tutta la vita a studiare, in particolare l'astrologia
ed altre mantiche, cioè discipline per prevedere il futuro; erano
praticamente "figli d'arte", apprendendo tutto (come ci dice
Diodoro Siculo) dai genitori; le loro conoscenze erano assai
vaste e la loro fede profondissima.
Essi si occupano molto della mantica, facendo predizioni sul
futuro; in qualche caso con purificazioni, in altri con sacrifici, in
altri ancora con l'uso di qualche altro mezzo, tentano di portare a
compimento l'allontanamento di eventi negativi ed il compimento
del bene.
Sono anche edotti nella mantica legata al volo degli uccelli e
danno interpretazioni dei sogni e dei portenti. Inoltre mostrano
molta abilità nel divinare con le osservazioni delle viscere degli
animali, e sono ritenuti in questo campo i più famosi.
animali, e sono ritenuti in questo campo i più famosi.
L'educazione ricevuta in tutte queste materie è diversa da quella
seguita dai Greci che praticano queste attività. Infatti fra i Caldei
lo studio scientifico è tramandato all'interno di ciascuna famiglia,
il figlio ricevendolo dal padre, poiché esonerati da tutti gli altri
servizi dovuti allo stato. Dal momento che i genitori sono i loro
insegnanti, non solamente apprendono ogni cosa di buon grado,
ma allo stesso tempo fanno attenzione ai precetti dei loro maestri
con maggior fiducia. Perciò, educati con questi insegnamenti fin
dall'infanzia, ottengono grande esperienza in questa scienza,
proprio per la facilità all'apprendimento e per la grande quantità
di tempo riservato allo studio (6).
La magia caldea aveva un'essenziale componente astronomica,
basata su una visione del mondo universale ed eterna, regolata
dal moto infallibile degli astri. Il mondo non aveva avuto inizio, né
ci sarebbe stata una fine; i corpi celesti generavano un'energia
inesauribile ed agivano sugli uomini, sugli animali, sulle piante;
tutto aveva relazione con il resto e l'uomo era dominato da
queste forze ineluttabili.
Le stelle mostravano i segni degli eventi futuri a coloro che erano
soliti osservarle assiduamente; partendo da queste premesse i
Caldei finirono con l'inventare l'oroscopo come noi lo
conosciamo. Dapprima le previsioni furono fatte unicamente a
scopo politico, per individuare il destino del regno; poi si
scopo politico, per individuare il destino del regno; poi si
aggiunsero le previsioni personalizzate per i membri della famiglia
reale, in seguito gli oroscopi vennero volgarizzati e diffusi a chi ne
faceva richiesta.
Magia e religione andavano fianco a fianco: i rituali magici erano
parte integrante del culto ufficiale e venivano celebrati nel tempio
dai sacerdoti incantatori che, come gli indovini, erano una casta
di dipendenti statali.
Al contrario, gli stregoni non sacerdoti avevano un'esistenza
precaria ed irta di pericoli, perché oltre all'odio dei colleghi
sacerdoti, che scagliavano contro di loro ogni sorta di malefici,
dovevano stare attenti a non finire nelle maglie della legge: fin dal
1800 a. C. Hammurabi, re di Babilonia, aveva emanato leggi
severissime contro la stregoneria, che applicavano allegramente
la legge del taglione: occhio per occhio, dente per dente.
Essere accusati di aver ucciso mediante atto magico poteva
avere conseguenze piuttosto spiacevoli.
Gli dei sumerici erano comuni a gran parte del Medio Oriente;
magari cambiavano i nomi, ma le attribuzioni restavano le stesse,
come Ishtar che presso i Fenici prendeva il nome di Astarte, pur
restando sempre la protettrice delle donne e dell'amore.
restando sempre la protettrice delle donne e dell'amore.
Faceva invece eccezione l'Iran, in cui veniva adorato Mithra.
Il culto del dio aveva rituali segreti e sacrifici cruenti; i misteri
mithriaci erano riservati ai soli uomini; nati come culto della
vegetazione, erano basati su due divinità, una delle quali doveva
morire per assicurare la fertilità e poi rinascere. Riparleremo più
avanti di questo culto, che fu portato in Italia dai soldati
dell'esercito romano nel I secolo a. C., e da qui si propagò nei
paesi dell'area germanica, in Gallia, Britannia e Spagna, dove
ebbe enorme fortuna.
Zoroastro fu il fondatore di un movimento religioso nella Persia
del VI-V secolo prima di Cristo.
Nato nell'odierno Afghanistan nel 630, egli desiderava diventare
sacerdote, ma si ribellò all'imperante culto mithriaco, rifiutandosi
di sacrificare animali.
Decise allora di abbandonare il sacerdozio per fare un lungo
periodo di meditazione solitaria; all'età di trent'anni ricevette una
rivelazione da Vohu Manah, un angelo mandatogli dal dio
supremo Ahura Mazda.
Egli divenne allora profeta della nuova religione e combatté con
ancora maggior foga i sacrifici di animali, convinto che anche
ancora maggior foga i sacrifici di animali, convinto che anche
questi avessero un'anima.
Dopo dieci anni di predicazione e di feroci dissidi con i sacerdoti
di Mithra, egli lasciò il suo paese e raggiunse la Persia, dove
ebbe la fortuna di convertire il re Ciro il Grande; la conversione
appianò tutte le sue difficoltà ed egli rimase in Persia a fare
proseliti fino alla sua morte, avvenuta a settantasette anni.
Lo Zoroastrismo era una religione basata sull'adorazione di
Ahura Mazda, dal nome del quale fu detta Mazdeismo. Fu la
prima religione dualistica, che definì il male non come
manifestazione del divino, ma derivante da un principio del tutto
separato.
Il dio supremo era l'incarnazione della bontà, della verità e della
luce, creatore dell'universo, degli uomini e degli animali; alla fine
dei tempi egli avrebbe giudicato le anime, premiando i buoni e
punendo i malvagi.
Nell'arduo compito di badare al mondo veniva aiutato dallo
Spirito Santo suo figlio e da sei santi immortali. I nomi di questi
santi compaiono ancora sui calendari tradizionali iraniani; sono
protettori della terra, degli animali, del fuoco, dell'acqua, dei
metalli e delle piante.
Il culto del dio si svolgeva nei "Templi di fuoco", costruzioni a
Il culto del dio si svolgeva nei "Templi di fuoco", costruzioni a
forma di torre, cos" chiamati perché vi ardeva sempre un fuoco,
che veniva spento soltanto alla morte del re, per essere riacceso
dal suo successore.
Antagonista di Ahura Mazda era Angra Mainyu, spirito
malvagio, o Ahriman; egli era il dio del male, delle tenebre, della
menzogna, di tutto ciò che era nefasto ed impuro; poteva
causare ben 9999 malattie.
Come il dio del bene veniva aiutato dagli angeli, così il dio del
male era circondato dai Devas, i demoni. Le milizie delle due
parti si affrontavano in assetto di guerra, come due eserciti ben
addestrati.
Il mondo, quindi, era diviso in due: l'uomo doveva scegliere da
che parte stare. Se decideva di condurre una vita giusta
concorreva alla vittoria del bene, che comunque era destinato a
vincere sul male.
Al tempo del giudizio universale Ahura Mazda avrebbe diviso i
malvagi dai buoni: i primi sarebbero sprofondati nel metallo fuso,
i secondi avrebbero potuto vivere in eterno in un mondo senza
dolore, malattia o morte.
Ahura Mazda aveva creato una sorgente di vita, il Toro, subito
ucciso da Ahriman; ma dal suo seme sparso sulla terra erano nati
il primo uomo e la prima donna.
Il malvagio Ahriman aveva sedotto la donna con offerte di frutti
maturi e di latte; in seguito anche l'uomo aveva ceduto al
peccato. Essi avevano così perso il paradiso ed in più si erano
trovati la terra infestata da serpenti ed altri rettili, animali cari ad
Ahriman.
Come si pu˜ vedere, lo Zoroastrismo influì su molte religioni, in
particolare sul Cristianesimo e sull'Ebraismo: nelle tre religioni
troviamo identici concetti di angeli, demoni, resurrezione della
carne, paradiso e giudizio universale. Concetti derivati dal
Mazdzeismo si ritrovano nei Manichei, nei neo-platonici, nella
Gnosi e nella religione islamica.
I sacerdoti del culto di Ahura Mazda si chiamavano Magi. Essi
erano divisi in gradi successivi: apprendista, maestro e maestro
perfetto. Tutti si occupavano di scienza della divinazione ed
affermavano che la verità era l'oggetto dei loro studi; il loro libro
sacro era l'Avesta, paragonabile alla Bibbia per i Cristiani.
Ma i libri più interessanti per le concezioni magiche del
Mazdeismo sono i Vendidad (7), elenchi di pratiche contro i
demoni e di precetti magici.
demoni e di precetti magici.
Una grandissima attenzione veniva prestata alle unghie ed ai
capelli: una volta tagliate, se lasciate in giro queste parti
diventavano preda del male. Questa superstizione si è conservata
per secoli: in Turchia, in Armenia e nella pampa argentina i
capelli tagliati vengono ancora oggi nascosti nei muri o negli
alberi cavi; presso alcune tribù africane i capelli vanno consegnati
allo stregone, che li seppellisce per evitare operazioni di magia
nera sul proprietario delle ciocche.
Altri rituali erano diretti contro le mosche, che nei paesi a clima
molto caldo possono rappresentare una tale calamità da dar
ragione a Zoroastro, che le considerava entità demoniache.
Una cerimonia particolare contro le mosche veniva eseguita sui
cadaveri, prima che fossero toccati, affinché la "diavolessa
mosca" non li contaminasse; chi violava il tabù veniva costretto
ad un complicato e sgradevole rito di purificazione, che durava
nove giorni ed era fatto con aspersioni alternate di acqua ed
urina di bue; il rituale era accompagnato da formule molto simili a
quelle cattoliche di esorcismo per gli indemoniati.
I riti funebri consistevano nell'esporre la salma sulle "Torri del
silenzio", finché gli avvoltoi scarnificavano totalmente il corpo;
questa cerimonia impediva che il corpo contaminasse l'acqua, il
fuoco o la terra, essendo esso preda di demoni malefici e quindi
impuro. Il cerimoniale durava tre giorni ed era accompagnato da
formule di scongiuro e di propiziazione; le ossa rimaste venivano
raccolte negli ossari.