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L'Avvocato Di Domani

Il libro 'L’avvocato di domani' di Richard Susskind esplora come la tecnologia e la liberalizzazione stanno trasformando la professione legale, proponendo nuovi modelli di fornitura dei servizi legali. Susskind identifica tre fattori chiave di cambiamento: la sfida del 'più a meno', la liberalizzazione del mercato legale e l'impatto della tecnologia informatica. L'autore invita i professionisti legali a riflettere sul futuro e ad adattarsi a queste trasformazioni per rimanere rilevanti nel settore.

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L'Avvocato Di Domani

Il libro 'L’avvocato di domani' di Richard Susskind esplora come la tecnologia e la liberalizzazione stanno trasformando la professione legale, proponendo nuovi modelli di fornitura dei servizi legali. Susskind identifica tre fattori chiave di cambiamento: la sfida del 'più a meno', la liberalizzazione del mercato legale e l'impatto della tecnologia informatica. L'autore invita i professionisti legali a riflettere sul futuro e ad adattarsi a queste trasformazioni per rimanere rilevanti nel settore.

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L’avvocato di domani – Richard Susskind

Introduzione
La tecnologia non è una questione di interesse solo per le future generazioni, ma di tutti: sia dei giovani
avvocati recentemente promossi come partner degli studi che dei senior di comprovata esperienza. Celebre
la citazione di John. F. Kennedy: “Il mio appello è rivolto a tutti coloro che sono giovani dentro,
indipendentemente dall’età”.

Discontinuità nella professione legale


Nel mondo legale c’è molto dibattito riguardo a una serie di questioni vitali, come: i tagli ai finanziamenti
pubblici che potrebbero ridurre l’accesso alla giustizia, il numero di studenti arruolati nelle scuole di diritto
sia sproporzionato rispetto al numero dei posti di lavoro effettivamente disponibili. Uno dei possibili rimedi
proposti dall’autore riguarda l’implementare misure alternative per offrire consulenze legali, magari
attraverso i servizi online o, relativamente al problema di mantenere il controllo sui costi del contenzioso da
parte dei giudici e degli avvocati civilisti, propone di introdurre le udienze virtuali, tribunali online e soluzioni
alternative alle controversie anch’esse online. Il futuro dei servizi legali non assomiglia né a quello letterario
né televisivo. Dovremmo disfarci del nostro attuale metodo artigianale e reiventare il nostro modo in cui i
servizi legali vengono forniti.

Dunque, perché darmi ascolto?


La realtà è che molti avvocati senior non stanno impiegando il loro tempo per riflettere sul futuro degli
avvocati e del sistema legale. Ma non sono gli unici: pochissime persone che hanno responsabilità – come
politici, policymakers, professori, vertici della magistratura e non solo – stanno effettivamente guardando a
cosa succederà in futuro. L’autore è uno dei pochi che, nella comunità mondiale, ha dedicato l’intera vita a
pianificare il futuro della giustizia.

L’organizzazione del libro


Il libro è suddiviso in tre parti. La prima contiene una riaffermazione aggiornata e sintetica del punto di vista
dell’autore sul futuro dei servizi legali, dove ha cercato di individuare ed evidenziare i temi chiave come
l’introduzione di un’ampia gamma di tecnologie. Introdurrà i principali fattori alla base dei cambiamenti nel
mercato legale e spiegherò come e perché questi porteranno gli avvocati a lavorare in modo diverso. Nella
seconda parte l’autore intende abbozzare il nuovo panorama giudico che immagina si delineerà nei prossimi
anni. Infine, l’ultima parte del libro si concentrerà sul futuro dei giovani avvocati. Si interroga su quali saranno
i nuovi lavori che svolgeranno e su chi saranno i nuovi datori di lavoro che li assumeranno.

PRIMA PARTE
CAPITOLO 1 - Tre fattori di cambiamento
Il mercato legale è un uno stato di continuo cambiamento. Emergeranno, nei prossimi due decenni, modi
completamente nuovi di fornire servizi legali, nuovi fornitori si insedieranno stabilmente nel mercato e il
funzionamento dei nostri tribunali verrà trasformato. Tre sono i motori principali si questo cambiamento: la
sfida del “più a meno”, la liberalizzazione e la tecnologia informativa. Altri commentatori hanno, in realtà,
identificato altri fattori come il cambiamento demografico e la crescente globalizzazione. L’autore ritiene di
considerare solo quelli che rivoluzioneranno il modo in cui i servizi legali vengono forniti.
La sfida del “più o meno”
I clienti degli studi legali si presentano sotto diverse forme. Ci sono:

1) I giuristi d’impresa, che lavorano nelle grandi organizzazioni e spendono molto per consulenze legali
quando devono risolvere controversie complesse o concludere affari importanti;

2) Manager di piccole e medie imprese, che hanno immobili da affittare, dipendenti da assumere e infiniti
regolamenti da rispettare;

3) Cittadini, che possono aver bisogno di assistenza legale per questioni come il trasloco da una casa all’altra,
la gestione dei debiti o controversie personali.

Tutti questi clienti hanno una sola cosa in comune: non possono permettersi i servizi legali forniti in modo
tradizionale. I general counsel, ovvero le persone che gestiscono gli Affari legali e societari delle imprese,
dicono sempre di dover affrontare tre problemi. In primo luogo, sono sotto pressione per ridurre – a causa
delle difficili condizioni economiche – il numero degli avvocati del proprio team e di ridurre continuamente
le spese per le consulenze legali esterne. E, allo stesso tempo, di gestire più attentamente il lavoro legale e
di compliance. Molti general counsel dicono che sono tenuti a ridurre il budget complessivo fra il 30 e il 50
%. Per questo ho definito il problema come la sfida del “più o meno”. Come possono i clienti conciliare il
bisogno di lavorare con studi legali esterni e allo stesso tempo fornire più servizi legali a costo inferiore?
Queste imprese non hanno avvocati interni specializzati a loro disposizione e quando hanno bisogno di una
consulenza legale sono costretti a rivolgersi ad uno studio legale esterno.

La liberalizzazione
La seconda matrice di questa rivoluzione è la liberalizzazione. Storicamente, in molti paesi solo avvocati
qualificati sono autorizzati a fornire servizi legali ai clienti e, inoltre, possono farlo solo gli avvocati inseriti in
organizzazioni specifiche. Diversi paesi hanno tracciato linee guida, cosicché in Inghilterra e nel Galles ciò è
definito come attività legale “riservata”, che rappresenta una categoria più ristretta dell’attività legale
autorizzata come viene definita, ad esempio, negli Stati Uniti. I principi che definiscono le competenze
esclusive degli avvocati sono simili nella maggior parte delle giurisdizioni e sono accomunati dalla stessa
giustificazione: che è nell’interesse del cliente avere consulenti di adeguato livello di formazione ed
esperienza. Per decenni, questa situazione ha suscitato il dissenso di critici e riformisti, i quali accusano la
professione legale di essere un monopolio ingiustificato, caratterizzato da pratiche restrittive e
anticoncorrenziali. Molti si sono battuti per appelli alla liberalizzazione (ma è importante specificare che il
termine liberalizzazione non equivale a deregolamentare). La maggior parte dei sostenitori della
liberalizzazione vuole che gli avvocati continuino a essere regolamentati, così come vuole lo siano le nuove
categorie di fornitori di servizi legali. Una prima risposta si ebbe in Inghilterra, con la pubblicazione di un
rapporto indipendente, il Clementi Report (che prende il nome dal suo creatore, Sir David Clementi, che era
stato incaricato dal Lord Cancelliere per rivedere il quadro normativo dei servizi legali). Questo portò, nel
2007, all’approvazione del Legal Services Act, che consente la creazione di nuovi tipi di imprese legali
chiamate “Strutture Alternative di Business”. La legge autorizza anche investimenti esterni, come i fondi di
private equity e venture capital per finanziare il business legale. In Inghilterra e Galles questa evoluzione è
ancora in corso, e anche diversi studi legali consolidati (come Irwin Mitchell, Knights e non solo) sono stati
autorizzati come Abs, così come innumerevoli piccole imprese e startup.

La prima grande impresa B2C (business to consumer) ad aver ottenuto lo status di Abs è stata the Co-
operative Legal Services, parte del Co-operative Group. Inizialmente l’azienda, Coop, annunciò l’intenzione
di fornire servizi legali tramite le sue filiali nel Regno Unito e di creare nuovi posti di lavoro nel settore legale.
L’idea che un’azienda di servizi al consumo fornisse anche servizi legali attrasse molti nuovi consumatori, ma
purtroppo l’attuazione del piano fu ostacolata da gravi problemi che colpirono il gruppo. Allo stesso tempo
molti altri studi legali hanno intrattenuto trattative con fondi di private equity che sarebbero disponibili a
investire ingenti risorse negli studi trasformati in Abs. Sebbene non tutti i cambiamenti siano stati innestati
dal Legal Services Act, questa legislazione ha contribuito a generare un più forte spirito imprenditoriale nel
mercato legale del Regno Unito. Ciò che l’autore crede di sapere con certezza è che un cambiamento
importante è alle porte. Investitori, imprenditori e grandi marchi riconoscono che il mercato legale del Regno
Unito è tutt’altro che efficiente e che esistono importanti opportunità per offrire questi servizi in modi nuovi
e più vantaggiosi per i clienti. I nuovi operatori, si precisa, non sono vincolati a modi di lavorare tradizionale
ma sono appassionati al cambiamento e sono spesso manager più esperti della maggior parte degli avvocati,
i quali hanno scarsa formazione nella gestione delle imprese commerciali. Nel Regno Unito quanto più in là
potrà spingersi la liberalizzazione e quale sarà il suo impatto è la questione centrale di questo dibattito. Essa
ha contribuito ad attirare verso il mercato legale inglese tre delle quattro Big4.

Gli avvocati di paese, invece, dove non è ancora in atto la liberalizzazione (ovvero la maggior parte dei paesi)
spesso ignorano questo fenomeno per una ragione ben diversa: lo considerano una stranezza, tipica di un
piccolo numero di giurisdizioni fuorviate. I direttori Affari legali e societari delle imprese globali, che
osserveranno i vantaggi derivanti dalle nuove forme di servizio nei sistemi liberalizzati, spingeranno per avere
servizi simili nei loro Paesi. Naturalmente, resta ancora da vedere se e come altre giurisdizioni risponderanno
alla possibilità di liberalizzazione. Negli USA simili questioni sono state oggetto di un esame approfondito da
parte degli ordini degli avvocati locali, molti dei quali sembrano abbastanza favorevoli.

La tecnologia
Gran parte del lavoro dell’autore è stato dedicato alla riflessione e alla descrizione che l’impatto della
tecnologia informatica ha sugli avvocati e sui tribunali. La professione legale non è stata rapida
nell’abbracciare l’innovazione e i cambiamenti che questa comporta, ma oramai è impossibile evitare
quest’ondata tecnologica. Ogni due giorni generiamo un flusso di informazioni pari a quello generato
dall’inizio della nostra civiltà fino al 2003. Eppure, molti avvocati, per ignoranza, si ostinano ad affermare che
la tecnologia è sopravvalutata. Molti puntano ancora il dito sullo scoppio della bolla speculativa del 2000, la
cosiddetta dotcom bubble, e affermano che l’impatto della tecnologia si sta affievolendo e che tutti i discorsi
sull’AI si riveleranno presto aria fritta. L’autore ritiene che questo sia assurdo, anche perché pochissimi
avvocati hanno sentito parlare della legge di Moore: essa prevedeva che la potenza di elaborazione dei
computer sarebbe stata raddoppiata all’incirca ogni due anni, e che allo stesso tempo il costo dei computer
sarebbe diminuito.

Ray Kurzweil, nel suo formidabile libro “The Singularity is Near”, fornisce un disegno pratico delle
conseguenze della legge di Moore: entro il 2020 ogni computer medio possiederà la stessa potenza di
elaborazione di un cervello umano, che secondo i neuroscienziati equivale a svolgere circa 1016 operazioni al
secondo. È inconcepibile pensare che la tecnologia cambierà le sorti di tutta la nostra economia e società,
ma non avrà alcuna influenza sul mondo legale. Chiaramente anche la natura e il ruolo della tecnologia sta
cambiando: essere un utente del web nel 1997 non è la stessa cosa di esserlo nel 2017, nella quale essere
umani “comuni” (non specialisti di informatica) sono in grado di contribuire e partecipare attivamente sul
web. Abbiamo scoperto modi radicalmente nuovi per produrre informazioni e collaborare tra di noi, sia come
blogger, sia come utenti di social network o contributori di risorse online condivise. Una sfida chiave per la
professione legale, tuttavia, è quella di adottare nuovi sistemi più semplici, per identificare e cogliere le
opportunità offerte dalle tecnologie emergenti. L’autore ritiene che gli avvocati debbano essere di larghe
vedute, poiché viviamo in un’epoca senza precedenti. Meritevole di nota anche i miglioramenti nell’ambito
dell’apprendimento automatico. L’esempio perfetto è AlphaGo, un sistema progettato da Google DeepMin
per il gioco da tavola Go. Ci sono più mosse possibili in Go che atomi nell’universo, e gli specialisti di AI hanno
a lungo dubitato che qualsiasi sistema, anche a medio termine, potesse battere un grande giocatore. Nel
2016 AlphaGo ha stracciato il primo giocatore di Go al mondo: utilizzando reti neutrali, il sistema è stato
addestrato da un mix di “apprendimento supervisionato” (basato su precedenti giocate di esperti umani) e
“apprendimento di rinforzo” (basato sul giocatore in gara contro se stesso per milioni di volte). Tuttavia,
molte di queste tecnologie sono disruptive, ovvero non supportano né affiancano facilmente i metodi
tradizionali di lavorare. Al contrario, sfidano e cambiano in modo profondo le abitudini convenzionali. Queste
nuove tecnologie perturberanno e trasformeranno radicalmente il modus operandi di avvocati e tribunali. È
interessante notare come la maggior parte dei giovani avvocati non abbia ancora capito che proprio la
tecnologia utilizzata sul versante sociale della loro vita, ha moltissime potenzialità per essere usata anche
nella vita lavorativa.

CAPITOLO 2 – Strategie per il successo


I tre fattori di cambiamento stanno quindi obbligando i leader degli studi legali in tutto il mondo a riflettere
su opportunità e minacce che in passato il mercato legale ha potuto ignorare.

Abbassare le tariffe
Si potrebbe pensare che la soluzione più ovvia alla sfida del “più a meno” consista in una semplice riduzione
delle fatture da parte degli studi. Gli studi dalla fine degli anni Ottanta al 2007 hanno goduto di una crescita
interrotta di fatturato ma questo non ha comportato, anche per gli studi più facoltosi, l’impossibilità di
proporre ai clienti “accordi tariffari alternativi” che consistevano nella rinuncia alla famosa “tariffa oraria,
che è sempre stato il metodo principale usato per addebitare i servizi legali. Per spiegare i difetti della tariffa
oraria si può prendere come riferimento un esempio dell’autore che spiega un aneddoto della figlia. A dodici
anni, Ali, la figlia dell’autore – chiese di poter svolgere un lavoro estivo. Quando l’autore le propose di
affidarle un po’ di lavoro amministrativo, lei accettò. Poi le chiese come sarebbe stata pagata e la risposta fu
che sarebbe stata pagata in base alle ore. La figlia sorrise e disse “Beh, allora farò con calma”. Se una
dodicenne è in grado di individuare i difetti nel metodo della tariffa oraria, sarebbe il caso di sottolineare
come grandi aziende internazionali non riescano a vedere il problema.

Molto spesso il numero di ore tariffato da uno studio legale non riflette la qualità del lavoro svolto.
Nonostante ciò, la cultura che ancora pervade la maggior parte degli studi legali commerciali incentiva gli
avvocati a impegnare e fatturare ai clienti il maggior numero di ore possibili su ogni singolo caso. Alla base di
questa pratica troviamo un modello di business che per diversi decenni ha governato gli studi professionali.
In molti studi americani viene richiesto agli associates di totalizzare circa 2500 ore fatturabili all’anno, un
meccanismo che garantisce grandi profitti agli studi. Sono oltre 70 gli studi nel mondo dove la maggioranza
dei soci guadagna più di un milione di sterline all’anno, e in alcuni queste cifre sono ancora più elevate. Oggi
molti laureati in giurisprudenza, probabilmente, scelgono di studiare giurisprudenza proprio perché attirati
dalla promessa di una ricca remunerazione.

Accordi Tariffari Alternativi


Molti studi legali stanno cercando di venire incontro ai clienti che desiderano pagare meno, proponendo loro
tariffe non basate sul tempo. Moltissime proposte prevedono che il lavoro venga svolto per una tariffa fissa
o, in alternativa, venga stabilità preventivamente una soglia massima da pagare. Altri invece si sono spinti
ancora più in là e hanno proposto sistemi più esotici, come il value blinding che prevede di pagare l’avvocato
in base alla complessità del lavoro svolto e non per il tempo impiegato. Una variante di quest’ultimo è l’idea
di fatturare al cliente tenendo conto del tempo e dei costi risparmiati piuttosto che di quelli spesi. Tutte
queste proposte sono frutto di continue sollecitazioni da parte di avvocati in-house che invitano gli studi
legali a formulare proposte innovative per determinare il prezzo dei loro servizi. Le richieste sono in genere
avanzate in fase di selezione dei panel di studi legali. Un panel è un gruppo di studi legali scelti da
un’organizzazione per far parte della loro squadra di consulenti esterni. Il processo di selezione è abbastanza
formale e richiede che gli studi candidati presentino vari documenti bizantini, tra cui la richiesta di proposta
e l’invito alla gara. Quello che importa è che questa procedura non aiuta affatto il cliente a risparmiare. I
sistemi tariffari alternativi si sono in realtà rilevati inutili sotto questo profilo, per due motivi: la prima è che
la maggior parte degli accordi alternativi sono in realtà costruiti sui sistemi convenzionali delle tariffe orarie,
la seconda è che sono pochissimi gli studi che propongono tariffe con la reale intenzione di diventare meno
profittevoli. L’autore conclude ritenendo, che in base ai suoi studi, le gare e le proposte di sistemi tariffari
alternativi permettono al cliente una riduzione complessiva delle spese legali di circa il 10 percento.

Le due strategie vincenti


L’autore ritiene che ci siano solo due strategie praticabili a disposizione del mondo giuridico per affrontare la
sfida del “più a meno”, che definisce “la strategia dell’efficienza” e la “strategia della collaborazione”. La
prima sostiene che dobbiamo trovare modi per ridurre i costi dei servizi legali, mentre la seconda suggerisce
che i clienti dovrebbero consorziarsi e dividersi i costi di alcuni tipi di servizi legali. La strategia di efficienza
sarà probabilmente quella preferita nei prossimi anni mentre, a lungo termine, sarà la strategia di
collaborazione a prendere il sopravvento. Quando l’autore affronta l’argomento con gli studi legali, trova
subito una certa intesa nell’idea che sia necessario ridurre i costi legali e si riflette su quali siano le spese di
cui fare a meno, come tecnologia, marketing o risorse umane. Ma l’autore ritiene che questo non sia il modo
giusto per realizzare la strategia dell’efficienza. L’autore ritiene che sia necessario capire quali siano i lavori
possano essere automatizzati e svolti in modo più efficiente, magari anche da assistenti meno qualificati e
quindi meno costosi. Questo ci porta naturalmente verso la standardizzazione del lavoro legale e verso quella
che l’autore ci ha definito la scomposizione, il multi-sourcing del lavoro legale.

La strategia della collaborazione è invece più radicale e, a prima vista, per molti poco credibile. L’idea è che
per affrontare la sfida del “più a meno” i clienti dovrebbero unirsi e condividere i costi di alcuni tipi di servizi
legali, in particolare per quello che concerne la regulatory compliance, cioè il conformare le procedure
aziendali e i comportamenti alla normativa. Infatti, le grandi banche ogni anno spendono centinaia di milioni
di sterline per la compliance. Da alcuni anni l’autore propone alle banche di riunirsi e condividere alcuni dei
costi di compliance che hanno in comune. Per tutti gli studi legali che attualmente traggono vantaggio dalla
consulenza sulla compliance offerta a ogni banca su base individuale, questo outsourcing della procedura di
compliance rappresenterebbe un preoccupante cambiamento. Un altro tipo di servizio condiviso potrebbe
essere relativamente allo sviluppo di sistemi. Un esempio è stato Rulefinder, uno strumento online di
gestione del rischio legale sviluppato da Allen e Overy. Il servizio offre un aiuto sulle regole e pratiche
internazionali relative alle informative obbligatorie in tema di partecipazioni azionarie. E’ un area normativa
complessa e in continua evoluzione, che interessa tutte le principali istituzioni finanziarie.

CAPITOLO 3 – La mercificazione del diritto


Cruciale, nelle strategie di efficienza e di collaborazione, è il termine “mercificazione”. Termine vile, ma
inevitabile. Questo termine è abusato nel mondo giuridico, perché quando gli avvocati pronunciano la parola
“mercificazione”, lo fanno con tono cupo e sprezzante: dal lavoro legale mercificato non possiamo trarre
alcun beneficio economico. In pratica, il lavoro che un tempo richiedeva la “manodopera” di un avvocato può
essere automatizzato e smaltito senza il suo intervento.

Una falsa dicotomia


Il lavoro legale mercificato si distingue dal lavoro personalizzato, su misura. Per molti anni l’autore ha
utilizzato il termine bespoke, ma merita un’attenta spiegazione. Un esempio ci può essere d’aiuto: un abito
sartoriale è un abito personalizzato, fatto su misura e cucito secondo la precisa conformazione del suo
proprietario. Per analogia, credo che molti avvocati pensino che il lavoro legale sia altamente personalizzato,
che le vicende di ogni singolo cliente siano uniche. Questa è anche la concezione del diritto legale impartita
agli studenti in molte scuole del diritto e anche quella che ritroviamo sui nostri libri e film. L’idea che il lavoro
legale debba essere intrinsecamente personalizzato è sbagliata. Un ulteriore sbaglio è quello commesso da
coloro che semplificano il lavoro in maniera binaria: o è fatto su misura, o è in qualche modo standardizzato.
Questa dicotomia intimorisce molti avvocati che si concentrano esclusivamente sui casi che richiedono
soluzioni su misura.
L’evoluzione dei servizi legali
Esternalizzazione
Acquistabile
online

Consulenza su
Sistematizzazione Non
misura
Standardizzazione (automazione dei
(personalizzata) disponibile
flussi)
online

Utilizzabili
Liberamente

L’autore ritiene che una distinzione così tassativa fra attività legale personalizzata e lavori standardizzati
rappresenti una falsa dicotomia e in realtà i servizi legali si stiano articolando in quattro fasi: quella
personalizzata, quella standardizzata, quella sistematizzata e quella esternalizzata. La sequenza in figura
mostra come gran parte del lavoro dei bravi professionisti non è svolto da loro in modo personalizzato per il
cliente. Non a caso, uno dei motivi per cui i clienti scelgono un avvocato invece che un altro è proprio perché
credono che i prescelti abbiano già svolto lavori simili in precedenza. Ma l’evoluzione dei servizi legali non si
ferma alla standardizzazione. Con l’avvento della tecnologia, è possibile fare un altro passo avanti: quello
verso la sistematizzazione. Questa include una messa a sistema della computerizzazione delle checklist o
delle procedure manuali, e di quello che è comunemente conosciuto come work-flow. Questi sistemi sono
molto utilizzati nel settore assicurativo, dove c’è l’automazione di volumi elevati di compiti e di attività spesso
di basso valore. La sistematizzazione può estendersi fino alla redazione dei documenti. Per esempio, nel caso
dei contratti chiedere agli utenti di rispondere ad una serie di domande e completare un modulo online.
Successivamente a questi step verrebbe creata una prima bozza del contratto. L’automazione dei documenti
ha il vantaggio ulteriore che chi risponde alle domande non dev’essere esperto legale né tantomeno un
avvocato. Tuttavia, l’autore sottolinea come la domanda di un cliente esperto portò in risalto il problema: se
la redazione di contatti lavorativi non richiede altro che la compilazione di un modulo online, allora perché
questo processo non può essere svolto dalla direzione Risorse Umane all’interno di un’organizzazione, senza
coinvolgere dipartimento legale e consulenti esterni? Questo modo di pensare ci trascina inevitabilmente
verso l’esternalizzazione dei servizi legali. Diverse modalità di addebito o di licenza d’uso possono essere
adottate per compensare le attività esternalizzate: talvolta sono disponibili come servizi a pagamento,
talvolta possono essere offerte gratuitamente (opzione preferita da enti governativi e organizzazioni no
profit); occasionalmente su una piattaforma comune (attraverso open-source). A volta gli avvocati chiamano
mercificazione quello che l’autore definisce “standardizzazione”. L’autore, infine, racconta la propria
esperienza: essendo stato consulente per Deloitte, l’azienda dal 2000 ha seguito un percorso evolutivo
nell’ambito della compliance fiscale, ovvero aiutare i clienti a preparare e presentare le dichiarazioni sui
redditi societari. All’inizio quest’attività era svolta manualmente, ma nel Regno Unito sono riusciti a
sintetizzare l’expertise collettiva di circa duecentocinquanta fiscalisti in un sistema direttamente utilizzabile
dai clienti. Hanno ideato un servizio che sapevano avrebbe comportato minori costi per i clienti; ma poiché
questi sono tanti, sapevano che avrebbe comportato maggiori introiti a Deloitte di quanti non ne avrebbero
ricavato con la tradizionale offerta di servizi non personalizzati. A mano a mano che ci spostiamo nel tempo
il costo dei servizi legali diminuisce, il prezzo diventa sempre più prevedibile, il tempo necessario per
completare il lavoro si riduce e la qualità migliora. Molti avvocati sono sdegnati all’idea di esternalizzare i
servizi legali e di offrirli online. L’autore è di un’opinione diversa: pensa che se è possibile implementare modi
nuovi, più economici, più convenienti e meno proibitivi, allora abbiamo il dovere di adottare queste nuove
tecniche e cambiare il nostro modo di lavorare.
CAPITOLO 4 – Lavorare in modo diverso
Una delle evoluzioni dei servizi legali si basa sul metodo: suddividere e scomporre il lavoro in una serie di
compiti basilari.

Scomposizione
Le questioni legali non sono obblighi professionali monolitici e indivisibili: possiamo scomporre i vari compiti,
ognuno dei quali dovrebbe essere svolto nel modo più efficiente possibile. L’autore ci tiene a specificare una
cosa: nulla che egli stesso propone può mai sacrificare la qualità del
- analisi dei documenti
lavoro, semplicemente ritiene che esistano diversi modi per svolgere i
- ricerca giuridica e
giurisprudenziale servizi legali a costi più bassi. Ma ha ritrovato che gli avvocati accettino
- project management che la scomposizione avvenga tranne in un caso: nel contenzioso civile,
- assistenza alla controversia perché affermano con certezza che sussista l’unicità della disputa.
- produzione di atti Questa era almeno la mentalità degli anni 90. Tuttavia, le cose sono
- strategia difensiva cambiate da allora, e quindi l’Autore mostra nella tabella come lo
- tattiche difensive svolgimento del contenzioso può essere suddiviso in nove compiti. Se
- negoziazione l’autore da un lato ammette che alcuni di questi compiti (come strategia
- difese in giudizio o tecnica) possa essere svolto solo dagli studi legali, dall’altro ritiene che
le restanti possano essere svolti da fornitori alternativi, come l’analisi
dei documenti. L’autore pone un esempio: quando si interfaccia nei grandi studi di contabilità, di consulenza
o di imprese di costruzioni, ritrova un livello di project - due diligence
management molto sofisticato. Negli studi legali, invece, la - ricerca giuridica e giurisprudenziale
gestione sembra limitata semplicemente all’acquisto di post-it. - gestione della trattativa
La verità è che l’arroganza che caratterizza gli avvocati permette - scelta dei modelli e degli schemi
di poter pensare di poter acquisire una disciplina così complessa - negoziazione
senza alcuno sforzo. L’autore crede fortemente che una - redazione dei documenti “su misura”
corretta gestione del progetto si rivelerà fondamentale per il - gestione dei documenti
successo di importanti controversie. La seconda tabella ci - consulenza legale
mostra un esempio di scomposizione delle attività necessarie - valutazione dei rischi
per una trattativa.

Servizi legali alternativi e diversificazione dei fornitori

Nella tabella leggiamo le nuove fonti alternative di servizi legali, che l’autore ha - in-sourcing
individuato. In primis il “in-sourcing” che si ha quando una direzione Affari legali - de-lawyering
decide di svolgere al proprio interno un lavoro legale, avvalendosi delle proprie - relocation
risorse. Questo accade quando si svolge un lavoro senza avvalersi di una - off-shoring
consulenza o assistenza tecnica. Il “de-lawyering” invece è il termine inelegante - outsourcing
che l’autore ha scelto per scrivere il processo attraverso il quale un’attività legale - subcontracting
viene affidata e svolta da non-avvocato. La delocalizzazione comporta lo - near-shoring
spostamento parziale, da parte di un’organizzazione, del proprio lavoro legale in - leasing
località meno costose, dove sia già presente il proprio business principale. L’off- - home-sourcing
shoring rappresenta il trasferimento delle attività legali in Paesi in cui i costi - open-sourcing
immobiliari e di manodopera sono inferiori. L’outsourcing, al contrario, comporta - crowd-sourcing
lo svolgimento del lavoro legale da parte di un fornitore terzo, e viene spesso - computerizing
denominato “legal process outsourcing”. Le attività legali di routine, come la - solo-sourcing
revisione dei documenti, sono affidate a società di supporto specializzato, che di - KM-sourcing
solito si trovano in località a basso costo. Il co-sourcing si verifica quando le - no-sourcing
organizzazioni collaborano nella fornitura di alcuni servizi legali, spesso attraverso strutture di servizi
condivisi. Il near shoring è simile all’off-shoring, dove il lavoro viene sempre svolto in una giurisdizione a
basso costo, ma quest’ultima si trova in un fuso orario prossimo a quello dello studio legale o della direzione
Affari legali che affida un’attività legale. Il leasing è l’assunzione di avvocati per periodi limitati e spesso su
base progettuale. Questi avvocati non appartengono a studi legali convenzionali, ma messi a disposizione
attraverso agenzie interinali che ne gestiscono il collocamento. Questa pratica è particolarmente utile per le
direzioni Affari legali interne, che stanno riducendo il personale ma hanno periodicamente bisogno di
accrescere le proprie capacità produttive avvalendosi di avvocati. L’home-sourcing si riferisce a tutti gli
avvocati che non lavorano direttamente negli uffici, ma che sono tuttavia disponibili a lavorare part-time da
casa. Infatti, grazie al continuo miglioramento delle tecnologie di comunicazione, gli avvocati che lavorano
da remoto sono in grado di entrare a far parte e utilizzare le reti degli studi legali e dei dipendenti interni con
cui lavorano. L’open-sourcing è la fornitura gratuita di ogni tipo di materiale legale (documenti standard,
linee guida, procedure, pareri, case study ecc..) su siti web accessibili al pubblico. Ha più probabilità di essere
efficace se è organizzata in modalità wiki, un software collaborativo grazie al quale ogni utente può apportare
modifiche o aggiungere testo. Il crowd-sourcing consiste nello sfruttare il talento collettivo di grandi gruppi
di individui che mettono a disposizione parte del loro tempo per svolgere determinate categorie di attività
legali. L’informatizzazione rappresenta un’ampia categoria di soucing che include le due categorie di
sistematizzazione ed esternalizzazione. In termini generali, l’informatizzazione si riferisce all’applicazione
della tecnologia per supportare o sostituire alcune attività legali, processi o servizi. Il solo-sourcing è l’utilizzo
di singoli specialisti, come professori di diritto o avvocati per svolgere specifici e individuali compiti legali.
KM-sourcing è l’uso di una varietà di tecniche prese dal campo del knowledge management al fine di
riutilizzare contenuti, know-how, fonti, idee e molte altre cose tipiche di una pratica quotidiana, conservate
proprio per essere successivamente riutilizzate. Il no-sourcing è la categoria finale, ed è la possibilità di
scegliere di non affidare alcuna attività legale, nella consapevolezza che il caso specifico non è
sufficientemente high-risk da meritare alcun tipo alternativo di sourcing. Sebbene ciascuna delle sedici
tecniche, implementate in modo individuale, sia in grado di fornire alternative potenti al mondo
convenzionale di svolgere servizi legali, sarebbe poco lungimirante considerarle come opzioni distinte. Penso
che, in futuro, diventerà normale scomporre un grosso lavoro legale in piccoli compiti gestibili. Questo si
chiama multi-sourcing. Per raggiungere questo obiettivo sarebbe utile adottare una mentalità per fornire
servizi legali: adottando, ad esempio, logistica just-in-time o tecniche di global supply chain per gestire la
filiera produttiva con supporto tecnologico. L’autore ci tiene, infine, a specificare come egli non presupponga
servizi legali secondo un modello di produzione di massa, ma ritiene che modelli come quello del multi-
sourcing possano essere un utile spinta verso la personalizzazione di massa.

CAPITOLO 5 – Tecnologie legali dirompenti


Nella teoria del management si usa distinguere fra le tecnologie di sostegno e le tecnologie disruptive
(dirompenti o distruttive). Le prime sono quelle che supportano e migliorano il modo in cui opera un’azienda
o un mercato, le seconde, invece, sfidano e cambiano fondamentalmente il funzionamento di un’azienda o
di un settore. Un esempio della prima è dato dai sistemi contabili informatizzati, che hanno migliorato l’opera
di chi lavora sui libri mastri cartacei, mentre un esempio della seconda sono le fotocamere digitali che hanno
portato la Kodak sull’orlo del fallimento. Due sono gli aspetti rilevanti delle tecnologie disruptive: 1) possono
detronizzare e addirittura portare alla scomparsa dei leader di mercato e 2) quando le tecnologie disruptive
si fanno strada nel mercato, capita quasi sempre che i leader di mercato e i loro clienti scelgono di ignorare
questi nuovi mezzi ritenendoli superficiali; quando queste tecnologie prendono piede e i clienti scelgono di
passare a questi nuovi servizi per i fornitori è troppo tardi. Il termine disruption dovrebbe essere maneggiato
con cura. L’autore invita gli avvocati a riflettere, per comprendere a fondo le tecnologie, di pensare ai
destinatari dei loro servizi.
- automazione dei documenti Qui nella tabella un esempio di tecnologie disruption.
- connettività ininterrotta Questi sistemi cambieranno il modo in cui alcuni servizi
- mercato legale elettronico legali sono forniti. Ma collettivamente saranno capaci di
- e – learning trasformare l’intero panorama giuridico.
- guide legali online
- open-sourcing legale Automazione dei documenti
- comunità giuridiche “chiuse” Questi sistemi sono capaci di generare documenti
- workflow e project management
personalizzati sulla base di risposte date dagli utenti a una
- conoscenza giuridica integrata
serie di domande. Gran parte del lavoro in questo campo
- risoluzione delle controversie online
era dedicato a sistemi in grado di generare testamenti. Da
- analisi dei documenti
allora, la stessa tecnologia è stata applicata in contesti
- risposte a quesiti legali
come la produzione di domande di finanziamento per
operazioni bancarie su larga scala. Alcune piattaforme rilevanti: LegalZoom, una società con sede negli Stati
Uniti che mette documenti legali a disposizione di cittadini e imprese che non possono permettersi avvocati
o desiderano spendere meno per risolvere le questioni legali. Questo e altri servizi hanno ormai servito
milioni di clienti. In modo simile anche nel Regno Unito, Epoq, fornisce sistemi e modelli che consentono alle
banche e alle compagnie di assicurazione di fornire servizi online ai propri clienti.

Connettività interrotta
La connettività interrotta viene favorita da tecnologie che includono dispositivi palmari, tablet, accesso
wireless a banda larga, messaggistica istantanea, social media e tutto ciò che impedisce agli avvocati di
disimpegnarsi completamente dal luogo di lavoro. Ciò può essere disturbante per la vita lavorativa e sociale
degli avvocati.

Il mercato elettronico dei servizi legali


Con “mercato elettronico dei servizi legali” si includono i sistemi di valutazione online, che consentono ai
clienti di condividere le loro opinioni sulle prestazioni e sui livelli di servizio dei loro avvocati, oltre alla
comparazione dei prezzi, visto che vengono pubblicate le tariffe dei diversi consulenti e studi legali.

E-learning
E-learning è stato fondamentale per sostenere l’apprendimento e la formazione giuridica. Esse metteranno
seriamente in discussione le convenzionali lezioni di diritto. Si parte dalle lezioni online ai webinar, fino al
punto di proporre simulazioni di pratiche legali e ambienti virtuali di apprendimento legale. Si passerà dalla
formazione in aula just-in-case (cioè materie che vengono insegnate in vista della possibilità che queste
conoscenze che vengano richieste in un più lontano futuro) all’apprendimento just-in-time (dove strumenti
multimediali interattivi saranno in grado di fornire un apprendimento mirato e personalizzato in loco).

Guide legali online


Si tratta di abbonamenti a servizi che forniscono informazioni e soluzioni giuridiche, e persino consulenze
legali. Alcuni di questi sistemi operano in aree caratterizzate da giurisdizioni, come in Uganda, dove la
maggior parte della popolazione non ha la possibilità di accedere ad avvocati. Altri ancora, come i servizi
legali di Allen & Overy, offrono linee guida su questioni commerciali complesse. Questo genera più di 12
milioni di sterline all’anno di ricavi, grazie agli abbonamenti.

Open-sourcing legale
L’autore ritiene che si svilupperà, coerentemente con il movimento open source in generale, una
collaborazione online di massa nel campo del diritto, un movimento dedicato alla creazione di grandi quantità
di materiale legale pubblico e orientato alla comunità, come documenti standard, checklist e flowchart. Una
prima illustrazione di questo fenomeno è il Legal Information Institute della Cornell University Law School,
che, dal 1992, crea e pubblica online, gratuitamente, leggi e materiali volti ad aiutare le persone a
comprendere le questioni giuridiche.

Comunità giuridiche chiuse


L’idea di base è che gruppi ristretti di avvocati con interessi comuni si riuniscano e collaborino online nei
social network privati, una specie di incrocio tra LinkedIn e Wikipedia, ma riservato ad un gruppo ristretto di
avvocati, dove gli utenti possono condividere conoscenze ed esperienze in maniera collettiva. In ambito
medico, un modello simile ha riscosso notevole successo: Sermo, una community online per medici, che
conta oltre seicentomila iscritti (medici verificati e accreditati) provenienti da oltre trenta Paesi. In campo
giuridico è la prima versione di Legal OnRamp.

Workflow e Project Management


I sistemi di workflow sono come liste di controllo automatizzate, che guidano un processo standard dall’inizio
alla fine. I sistemi di project management, invece, sono più adatti a compiti e attività legali complesse e meno
strutturate e, allo stesso tempo, sono anche meglio disposti a occuparsi di questi lavori in maniera più
disciplinata di quella ad hoc, che invece viene adottata in molti studi legali e nelle direzioni Affari legali. Per
gli studi che si fanno pagare con sistema a tariffa oraria, i sistemi di workflow e project management
consentono maggior efficienza e, a loro volta, la prospettiva di tariffe ridotte.

Conoscenza giuridica integrata


Da alcuni anni sistemi avanzati sono stati in grado di superare assistenti legali e avvocati junior nell’esame di
grandi masse di documenti, isolando solo quelli più rilevanti, prendendo spunto da discipline come
l’apprendimento automatico, il Big Data e l’analitica. Questi sistemi si stanno rilevando sempre più
impressionanti. Queste capacità di ricerca e apprendimento automatico sono disruptive non solo per gli studi
legali – che da tempo traggono vantaggio dall’impiegare esseri umani per occuparsi di stanza piene di
documenti – ma rappresentano un problema anche per i fornitori terzi, che attualmente offrono servizi legali
simili. È questo è senza dubbio il motivo per cui organizzazioni young law, come Kira, stanno destando grande
interesse in tutta la professione legale.

Macchine predittive
Nell’ambito del diritto, come mostra il lavoro fatto da Daniel Katz sulla Corte Suprema degli Stati Uniti, le
statistiche computazionali (algoritmi che lavorano su grandi masse di dati) spesso producono previsioni più
accurate sul probabile comportamento dei tribunali, rispetto a quelle formulate da avvocati impegnati su
ricerche e ragionamenti giuridiche tradizionali. Molto lavoro legale necessita di previsioni, che riguardino la
probabilità di vincere un caso o di negoziare un accordo, o le probabilità che una trattativa fallisca o si
concluda. Ancora più importanti sono le conseguenze: analizzando grandi quantità di dati, saremo presto in
grado di scoprire quali sono le questioni e le preoccupazioni giuridiche di particolari comunità; analizzando il
lavoro delle autorità di regolazione, potremo essere in grado di prevedere in modo del tutto nuovo gli esiti
della compliance.

Risposte alle domande legali


Il Question Answering è un ramo dell’informatica dedicato allo sviluppo di sistemi che rispondono
automaticamente alle domande poste dagli utenti umani nel linguaggio corrente, quotidiano. L’esempio più
noto di QA è Watson di IBM, un sistema inizialmente concepito per competere nel quiz televisivo statunitense
Jeopardyl. Nel 2011 il sistema batté pubblicamente i due migliori concorrenti migliori di sempre.
CAPITOLO 6 – Il futuro degli studi legali
La domanda che dovrebbe porsi il lettore ad un certo punto è: fino a che punto il lavoro degli avvocati può
essere svolto in modo diverso utilizzando metodologie di lavoro alternative? Questa domanda è all’ordine
del giorno. Ai tempi d’oro della professione, quando le regole del mercato erano ancora dettate da chi forniva
i servizi e non da chi ne usufruiva, non c’era neanche bisogno che gli studi legali si soffermassero sulla
possibile implementazione di modi più efficienti per offrire servizi legali. Oggi con l’intensificarsi della
pressione sui costi da parte dei clienti, con l’emergere di nuovi fornitori e con lo sviluppo di nuove tecnologie,
evitare questo argomento non sarebbe cosa saggia per nessuno studio legale. Ciononostante, trovo che
molte pratiche non stiano cambiando granché. È una questione strutturale, infatti la maggior parte degli studi
legali aspira a operare alla vecchia maniera, sotto una struttura piramidale ad ampia base. Se vogliamo essere
onesti, c’è anche una certa riluttanza da parte dei partner principali di molti studi legali a credere di dover
cambiare. C’è la tendenza, in altre parole, ad aggrapparsi ai vecchi metodi di lavori nella speranza che presto
ci sarà una solida ripresa economica e che il business riprenda come prima.

Prospettive per gli studi legali


Se le analisi dell’autore si riveleranno corrette, gli studi nel prossimo decennio saranno pressati dai loro clienti
a ridurre i costi, portando gli studi stessi a sviluppare strategie alternative per offrire i propri servizi ad un
prezzo più basso. E assisteremo alla fine dell’effetto leva: nella migliore delle ipotesi la piramide (con partner
ai vertici e avvocati meno esperti alla base) passerà da una base ampia a una base ristretta. Gli studi non
aspireranno più a costruire grandi squadre di avvocati junior in base alla loro redditività. A tempo debito
alcuni studi potrebbero scegliere di disfarsi dei loro avvocati junior e tirocinanti, o di smettere del tutto di
reclutarli. A quel punto potrebbero scegliere di operare mediante un team di partner esperti, ciascuno
supportato da un associato, lasciando così che il lavoro di routine sia finanziato al di fuori dello studio. Altri,
invece, di costruire le proprie capacità di forniture alternativa di servizi o attraverso la creazione di una
propria struttura legale off-shore. Anche se queste sfide avranno un impatto su tutti gli studi legali, alcuni fra
i grandi sosteranno che nozioni come la standardizzazione, la scomposizione e il multi-sourcing sono di scarsa
rilevanza. Emerge come questo concetto di “lavoro di fascia alta” sia una sorta di mito: persino i più grandi
affari e contenzioni del mondo presentano componenti sostanziali di lavoro che possono essere routinizzate
e fornite in modalità alternative.

Un’élite globale?
Nonostante tutto, un’élite globale di studi legali, circa venti oggi, potrebbe continuare a sostenere di non
cambiare molto. Coloro che dicono questo sono quelli che ancora godono di grande successo economico.
Ritenendo che effettivamente quando un’impresa o un’azienda dovesse trovarsi in difficoltà, i clienti non
badano e non baderanno a spese legali. Se gli studi legali d’élite continueranno a pensare questo e lavorare
come hanno fatto in passato, allora potrebbero aver ragione e sarà sempre più difficile convincere un gruppo
di milionari che il loro modello di business non funziona. Tuttavia, non dovrebbero confidare troppo sul fatto
che non esista un sostituto competitivo che possa fornire il principale prodotto dell’industria. Nel momento
in cui emerge una forza importante, che porta una nuova proposta sul mercato allora questi potrebbe
cambiare radicalmente e irreversibilmente il mercato. Alcuni clienti stanno scomponendo il lavoro aziendale
e affidano le fasi di routine (come la due diligence) a studi regionali o Legal Process Outsourcing a basso
costo; quindi, i leader degli studi d’élite dovrebbero smettere di mostrare così tanta incredulità davanti a
questo scenario perché i clienti hanno iniziato a pensare nuovi metodi alternativi. Per quanto riguarda gli
studi di medie dimensioni, ho paura che per sopravvivere e prosperare la maggior parte di loro dovrà fondersi
con altri e cercare investimenti esterni per effettuare il passaggio dall’approccio attuale a un nuovo modello
di business, sostenibile nel lungo termine. Questi studi dovrebbero cogliere l’opportunità di questa
frustrazione dei clienti nei confronti dei grandi studi: il passo vincente è trovare modi per costruire la loro
reputazione, accreditare i loro brand e le loro capacità. Per quanto riguarda, infine, gli studi legali molto
piccoli con pochissimi soci – senza contare quelli che offrono servizi davvero specialistici o personalizzati, per
i quali il mercato è disposto a pagare senza cambiare radicalmente. Le minacce arriveranno da ogni parte,
non da ultimo dai fornitori di servizi legali online. Sul mercato, anche le banche e i “centri servizi” dovranno
competere con i liberi professionisti e con i piccoli studi, per offrire i servizi legali di tutti i giorni. Ma è
probabile che queste strutture alternative, alimentate da investimenti esterni e guidate da business manager
esperti, standardizzeranno, sistematizzeranno ed esternalizzeranno i servizi legali e offriranno risparmi,
efficienze ed esperienze che i piccoli studi tradizionali non riusciranno ad eguagliare.

“Avvocati d’udienza” e barrister


I barrister, che sono in Inghilterra, ritengono che non saranno penalizzati dalla situazione economica, dalla
liberalizzazione né dalla tecnologia. Se è vero che gran parte del lavoro svolto dagli avvocati in tribunale è
molto personalizzato e come queste competenze non potranno essere né standardizzate o informatizzate,
l’autore ha dei dubbi che questioni legali di grande peso e molto complesse continueranno ad essere discusse
dinanzi ai tribunali convenzionali nel modo tradizionale. È probabile che sia l’aumento delle mediazioni che
altre forme di contenimento e prevenzione delle controversie ridurranno il numero di casi che troveranno la
loro soluzione nei tribunali. Il futuro dei barrister e avvocati senior di alto livello può apparire roseo ancora
per un po’, ma i giovani avocati, se desiderano prosperare oltre il 2020, dovranno ridisegnare le loro
prospettive e prepararsi a partecipare a udienze virtuali o lavorare tribunali online.

Domande poste dai nuovi partner


In questo contesto di grandi cambiamenti e trasformazioni all’interno degli studi legali, l’autore ha notato
che molti nuovi partner sono sconcertati e nervosi. Spesso, infatti, questi avvocati giovani e brillanti fra i
trenta e i quarant’anni, sono pieni di energie ed esperienza, ma tendono a coltivare l’aspettativa che gli studi
di cui sono ora comproprietari continueranno a funzionare e fatturare come facevano in passato. Negli ultimi
anni, tuttavia, i giovani soci sono meno fiduciosi e passano molto tempo a preoccuparsi del futuro degli studi
di cui fanno parte. Durante le presentazioni dell’autore, la maggior parte di loro preferiva guardare il proprio
BlackBerry o correggere i propri documenti. La situazione ora è cambiata radicalmente: sono reattivi,
pongono sempre la stessa serie di domande e ansiosi di ascoltare le opinioni dell’autore. Le domande più
frequenti:

1) Il modello di business del nostro studio è corretto e sostenibile?

L’autore ci tiene a specificare che i vari cambiamenti che ha già evidenziato stanno già prendendo piede. Se
gli studi non adotteranno queste innovazioni, l’autore dubita che la maggior parte di essi sopravviverà nel
lungo periodo.

2) L’attuale modello di business può ancora funzionare?

Se per modello si intende quello a piramide dove i partner stanno in alto e alla base stanno moltissimi
avvocati junior che svolgono lavori di routine, allora no, l’autore ritiene che a lungo termine questo modello
non potrà più funzionare. Il classico modello di leverage sarà rimpiazzato da nuove offerte alternative.

3) Sono passati gli anni di gloria?

L’autore tiene che il picco si sia raggiungo nel 2006. È importante capire però che questa non è
semplicemente una questione di redditività e fatturato, anche perché molti studi non hanno problemi su
questi fronti, quanto piuttosto del grado di difficoltà per ottenere nuovi incarichi, di quanto si possa far
pagare ai clienti senza che essi protestino, e di quanta manodopera umana dovrebbe venire utilizzata. Alcuni
studi d’élite e grandi imprese legali continueranno a godere di tempi ancora migliori, ma per molti di loro, a
meno che non cambino radicalmente, gli anni di gloria sono effettivamente passati.

4) I nostri costi fissi sono troppo elevati?

In virtù anche di un mondo sempre più interconnesso da tecnologie pervasive e da affitti elevati in città
costose, i grandi studi rivedranno principalmente le loro strategie immobiliari. Diventerà eccessivo anche il
costo di un gran numero di avvocati junior, in gran parte perché esisteranno metodi alternativi di produrre
servizi legali in regioni o paesi a basso costo.

5) Cosa stiamo ereditando?

La maggior parte dei junior partner sta ereditando studi datati, obsoleti e poco tecnologici, che presto non
saranno più adatti a operare nel mercato. Questo non significata, però, che mancheranno avvocati intelligenti
e talentuosi, ma che questo talento non viene più offerto sul mercato in maniera organizzata e a prezzi
competitivi.

6) I senior partner si preoccupano del futuro?

Questa è, per l’autore, la domanda più importante. Molti leader di studi legali importanti hanno, davanti a
sé, ancora pochi anni di lavoro attivo e sperano di arrivare alla pensione senza essere travolti dai
cambiamenti. Operando come manager, piuttosto che come leader, sono focalizzati sulla redditività a breve
termine che sull’implementazione di una strategia sostenibile a lungo termine. Per i partner junior questo è
tragico, perché qualsiasi grande re-invenzione e re-ingegnerizzazione di uno studio dev’essere guidata
dall’alto.

Tempo di leadership
I manager e i leader svolgono diverse mansioni all’interno degli studi legali. I manager tendono a concentrarsi
di più sul successo a breve termine, i leader – invece, tengono d’occhio il breve termine ma allo stesso tempo
sono ossessionati dalla strategia a lungo termine delle loro organizzazioni. Le loro preoccupazioni di solito
riguardano il cambiamento dei mercati, la costruzione di relazioni durature, la valorizzazione del marchio
aziendale, la revisione e lo sviluppo di strategie. È improbabile che i leader di domani si comportino alla stessa
maniera dei predecessori, ovvero si concentrino sulla ricerca di consenso. Quando il cambiamento è rapido
e pervasivo, non c’è tempo di convincere gli scettici e gli indifferenti. I leader devono, quindi, dimostrare con
i fatti e non le parole che stanno sostenendo questo cambiamento.

CAPITOLO 7 – Il ruolo mutevole degli avvocati in-house


Alcuni degli avvocati più rispettati nel panorama giuridico sono avvocati in-house, cioè fanno parte dei
dipartimenti Affari legali di grandi organizzazioni. Alcuni di questi dipartimenti possono essere molto grandi
e contare addirittura fino a duemila avvocati. Quelli che lavorano in uno studio legale non sono direttamente
coinvolti nei business dei loro clienti, mentre se si lavora in-house si è parte integrante del business.

Risk management legale


La maggior parte dei general counsel, i responsabili dei team legali interni, ritengono che il loro compito
principale sia quello di gestire il rischio. Spesso questa visione è contraddetta da quello che effettivamente
fanno: gestire le crisi all’interno dell’azienda, fronteggiando una marea di richieste, problemi o domande da
parte dell’organizzazione stessa. Il loro compito è quello di anticipare i problemi prima che sorgano.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di evitare le controversie, piuttosto che risolvere. Il rischio legale piò
essere gestito in molti modi, ma il vero obiettivo è evitare che i non – avvocati delle imprese espongano
inavvertitamente le loro organizzazioni a qualche tipo di problema. Questo controllo del rischio può essere
raggiunto aumentando le conoscenze giuridiche, introducendo protocolli o procedure, utilizzando documenti
standard o coinvolgendo più direttamente gli avvocati negli affari delle organizzazioni. Il risk management
legale comprende anche la gestione di audit, la valutazione del rischio e dei check sanitari, le procedure per
gestire la regulatory compliance o la preparazione del lavoro contenzioso. Non c’è dubbio che gli avvocati
in-house di domani diventeranno sempre più sistematici e rigorosi nella gestione del rischio, avvalendosi di
strumenti e tecniche sofisticati per aiutali.
Knowledge management
L’uso di documenti standard è una tecnica molto usata per ridurre i rischi legali: avvocati, e non, sono infatti
tenuti a utilizzare dei documenti legali preimpostati, accuratamente predisposti per fronteggiare problemi
legali ricorrenti. La preparazione di questi documenti standardizzati appartiene al mondo del knowledge
management legale. Questo è il processo tramite il quale il know-how collettivo e le competenze di un gruppo
di avvocati vengono individuati, coltivati e condivisi. Lo scopo è quello di evitare la duplicazione degli sforzi e
di costruire una memoria istituzionale superiore anche a quella del più talentuoso singolo avvocato. I
dipartimenti Affari legali interni raramente impiegano knowledge manager e di avvocati di supporto
professionale e si tratta, chiaramente, di un’incoerenza: garantire l’efficienza sarebbe ovviamente
nell’interesse degli avvocati in-house. Al contrario, per gli studi legali che si fanno pagare di ora in ora,
aumentare la propria conoscenza mettendo in circolo le loro conoscenze, non è appetibile. Per quanto
riguarda, invece, gli studi legali essi sanno che i loro clienti si aspettano che i loro consulenti esterni abbiano
un’ampia gamma di modelli ed esperienze precedenti dalla quale attingere. Tutto questo cambierà. A tempo
debito, infatti, gli avvocati interni riconosceranno e saranno in grado di quantificare i benefici che gli avvocati
di supporto professionale possono portare, e riusciranno a convincere i loro consigli di amministrazione che
ha senso investire in persone che, tramite l’implementazione di un sistema tecnologico di knowledge-sharing
legale, produrranno significativi risparmi.

Aspettarsi di più dagli studi legali


I clienti come sceglieranno i loro studi legali in futuro? Spesso si presume che ciò che differenzia un avvocato
o uno studio legale da un altro sia il livello di competenza. Tuttavia, i clienti spesso affermano che nel
momento in cui avvocati e studi mostrano una conoscenza ugualmente impressionante del diritto e delle
pratiche di mercato, scegliere diventa superfluo: quello che conta sono i rapporti interpersonali. In futuro,
quindi, per gestire un’attività legale di successo, agli avvocati non basterà avere menti giuridiche brillanti. Gli
avvocati di domani dovranno impiegare diverse competenze trasversali (le cosiddette soft skills) per
conquistare e soddisfare i nuovi clienti. Questo eserciterà pressioni sugli studi legali, affinché sfruttino al
meglio le interazioni faccia a faccia e utilizzino i sistemi di social network per tenere i contatti regolarmente.
I clienti già oggi rispondono in maniera positiva a studi legali che mostrano un interesse continuo e persino
appassionato nei loro confronti, perché gli piace sapere che gli studi da loro pagati profumatamente li hanno
a cuore e tengono in conto i loro interessi. Una questione correlata alla quale i giovani avvocati dovrebbero
essere sensibili è la necessità per gli studi legali di essere empatici con i loro clienti. I general counsel si
lamentano spesso di come i consulenti legali non esterni non comprendano i loro clienti e abbiano scarsa
conoscenza delle dinamiche e delle operazioni quotidiane dei loro affari. La critica non riguarda il fatto che
gli studi legali non leggano il bilancio annuale dei loro clienti o che ignorino i fondamentali del settore in cui
questi ultimi operano. Esiste invece una preoccupazione più ampia: che gli studi legali non impieghino tempo
sufficiente per immergersi nell’ambiente dei lor clienti e farsi un’idea di cosa voglia dire lavorare nel loro
specifico settore. Per riassumere: gli avvocati di domani dovranno essere più in sintonia con i clienti di
domani.

La sfida del “più a meno”


Oggi la preoccupazione dominante della maggior parte dei general counsel è quella di far fronte alla sfida del
più a meno. Come potranno fornire più servizi legali alle loro aziende a costi inferiori? La soluzione più
semplice consisterebbe nel ridurre i costi degli avvocati esterni. Ma qui troviamo un conflitto fondamentale
e primordiale: clienti e avvocati hanno obiettivi molto diversi. Ci sono altri conflitti simili a questo, derivanti
dalla pratica tuttora dominante della fatturazione oraria. La maggior parte dei clienti non vuole più pagare
gli esperti a temo. Vuole risultati, soluzioni e consigli commerciali pratici. Vuole anche certezza e prevedibile
dei costi, e non vuole essere in balia di un impegno a tempo indeterminato e dell’assegno con importo in
“bianco”, che spesso la fatturazione oraria comporta. Di conseguenza, assisteremo nel prossimo decennio,
come ho già osservato in relazione alla gestione del rischio, allo sviluppo di meccanismi più sofisticati per
allineare gli incentivi degli studi legali e dei loro clienti. Questi meccanismi non saranno grossolane e inefficaci
alternative alla fattura elettronica. La sfida, piuttosto, è quella di lavorare in modo diverso. Il pensiero che
sta alla base di tutto ciò deve essere, ancora una volta, ripetuto: storicamente il lavoro legale veniva gestito
dai clienti stessi o dai loro studi legali esterni. Il problema è che svolgere compiti legali di routine e ripetiti
tramite gli studi e i dipartimenti legali sta diventando troppo costoso. Per questo stanno guadagnando
terreno approcci diversi per fornire questi tipi di lavori: outsourcing, delocalizzazione del lavoro legale in
luoghi dove le imprese hanno già trasferito altre funzioni, proposte agli studi legali di subappaltare parte del
lavoro a studi basati in regioni meno costose e utilizzo di avvocati a contratto, che costano circa la metà di
quelli degli studi legali tradizionali. Un’altra possibilità è il co-sourcing, che può coinvolgere un gruppo di
dipartimenti Affari legali che si riuniscono e condividono i costi di un servizio giuridico comune, magari
istituendo centri di servizi condivisi.

Lo spirito di collaborazione
Sta emergendo un’altra forma di cooperazione: alcuni avvocati interni parlano dei loro principali studi
definendoli “famiglia allargata”. Qui l’obiettivo è che tra gli studi legali si istauri un rapporto di fiducia e non
di competizione, e che le forze collettive siano utilizzate per sostenere il cliente e non per cercare di
assicurarsi la successiva trance di lavoro. Il risultato dovrebbe essere un gruppo di avvocati più produttivo,
efficiente e socialmente evoluto. Questo approccio alla gestione di studi legali esterni non è ancora comune.
Infatti, alcuni general counsel ancora diffidano della cooperazione tra studi legali. I general counsel ritengono
irrealistica l’aspettativa di una collaborazione tra i loro principali studi legali esterni. Gli avvocati ambiziosi
infatti, mirano, a ottenere un pezzo di mercato e non sono interessi a far parte di un club sociale o di una gita
familiare. Sebbene in questo ambito non esista un unico approccio corretto, ho avuto la possibilità di
osservare entrambe queste scuole di pensiero in azione e ritengo che i sostenitori della collaborazione
vinceranno. Questo approccio è attraente per molteplici ragioni: si possono evitare duplicazioni di sforzi,
eliminare le asimmetrie, le energie possono venire incanalate in maniera più efficiente verso i clienti, con i
quali i rapporti diventano più amichevoli.

Strategia per i general counsel


In termini pratici, come si stanno preparando ad affrontare il futuro i general counsel, e in particolare la sfida
del più a meno? Non posso dare una risposta valida per tutti i casi, ma so che sono in gioco quattro strategie
generali, ciascuna diversa nel suo obiettivo e ambizione. Il primo approccio è quella di concentrarsi in larga
misura su studi legali esterni per far abbassare loro i prezzi. Questo è il metodo preferito dai responsabili
degli Affari legali che affidano gran parte del loro lavoro giuridico a studi legali esterni. Il secondo approccio
è quello di concentrarsi sulla propria riorganizzazione. Il terzo approccio è quello di rivedere
contemporaneamente sia le capacità interne che esterne, cercando di ottimizzarle entrambe. Il quarto
approccio è quello più difficile: partire da un foglio bianco, dimenticare le risorse attuali e intraprendere
invece da zero un’analisi completa delle esigenze legali dell’azienda. Una volta completata questa analisi, il
compito successivo è quello di identificare spassionatamente il modo migliore per soddisfare l’intera gamma
di esigenze, attingendo non solo agli avvocati convenzionali, ma anche ai nuovi fornitori di servizi legali.
Quest’ultima strategia è quella che in futuro fornirà alle grandi imprese i servizi legali più reattivi e più
efficienti in termini di costi.

Il potere e le responsabilità degli avvocati in-house


La maggior parte degli avvocati interni ammette che il cambiamento è necessario e che loro dovrebbero
essere più severi nella gestione delle aziende, negoziando in modo più serrato con i fornitori; allo stesso
tempo la maggior parte di loro non sembra avere il tempo e l’energia per introdurre soluzioni di
collaborazione. Quando li sprono a darmi risposte più esaustive, emerge che molti general counsel
preferiscono risposte standard sviluppate da studi legali esterni.
Per aiutare a focalizzare le menti degli avvocati interni, esprimo questa probabile richiesta, in termini che ho
definito il “test dell’azionista”: Quando viene considerata una previsione di spesa per la gestione legale di un
deal o di una controversia, un azionista che conosce il grande numero di modi alternativi di procurarsi i servizi
legali potrebbe ritenere congruo il rapporto qualità-prezzo della proposta?

Se gli avvocati interni consentiranno agli studi legali di tornare al metodo di fatturazione e di lavoro pre-
recessione, allora falliranno il test dell’azionista. Presto i general counsel (e i loro Coo) non avranno scelta
se non quella di rivoluzionare i loro dipartimento e il loro modo di lavorare: la pressione causata dalla sfida
del “più a meno”, raggiungerà un livello quasi insostenibile e i general counsel dovranno ricalibrare, se non
riprogettare totalmente il loro modi di lavorare internamente e i criteri di approvvigionamento dei servizi
legali esterni. Gli avvocati interni prospereranno solo se saranno in grado di approntare valore alle loro
organizzazioni, valore che non può provenire da fornitori di servizi legali in conflitto con tale obiettivo

CAPITOLO 8 – La tempistica dei cambiamenti


L’autore si interroga sulle tempistiche dei cambiamenti. Esso è convinto che si sviluppi in tre fasi: negazione,
riorganizzazione e disruption. Come tutti i modelli, anche questo è una semplificazione. Il suo scopo è quello
di dare un’idea più chiara del modo in cui la maggior parte dei grandi studi e dei dipartimenti legali interni
andrà avanti. La velocità con cui si muoveranno non può essere prevista con precisione: dipenderà in larga
misura da fattori quali lo stato dell’economia, l’intensità delle richieste dei clienti, l’impatto dei nuovi
competitor sul mercato e la possibilità che alcuni studi legali prendano l’iniziativa e guidino il cambiamento
del modo in cui i servizi legali sono forniti.

Fase 1 – Negazione
Tutti sono consapevoli che il cambiamento è nell’aria. I vecchi tempi sono passati.
Nel 2007, con la recessione economica e poi la crisi, è arrivata per la prima volta la sfida del “più a
Fase 1: meno” e il 2007 marcava anche l’inizio di quello che è stato quasi un decennio di rifiuto della realtà.
Negazione
La risposta di molti general counsel fu quella di cercare di ridurre le spesi legali, senza cambiare
radicalmente le proprie abitudini. In realtà, durante questa fase di “rifiuto”, la maggior parte dei
dipartimenti legali e degli studi legali era ansiosa di superare la tempesta senza grandi
sconvolgimenti. Durante questa prima fase, alcuni studi legali si sono impegnati in una sorta di
finzione: utilizzavano in maniera marginale dei modelli di apparenza. Allo stesso tempo, alcuni
Fase 2: avvocati interni sostenevano che aumentare le dimensioni del proprio dipartimento in-house
riorganizzazione
sarebbe stata la risposta ai loro problemi, in quanto gli avvocati interni costano meno degli
specialisti legali di studi esterni. Questa manovra si è più volte dimostrata tatticamente difettosa.
In sintesi: questa prima fase, al cui termine siamo quasi giunti, la maggior parte degli avvocati ha
negato i cambiamenti fondamentali e strutturali in gioco all’interno del mercato legale.
Essi presumevano, o speravano, che quando la tempesta economica si fosse invertita e gli affari
Fase 3:
Disruption
fossero migliorati, il mondo giuridico sarebbe tornato al suo modus operandi fino al 2006.

Fase 2 - Riorganizzazione
Durante la fase di rifiuto, gli amministratori delegati e i consigli di amministrazione si resero conto che le
spesi legali non sempre diminuivano in linea con le richieste. Sebbene i general counsel avessero parlato in
maniera ottimistica ai direttori finanziari in merito alle riduzioni delle tariffe orarie e agli accordi tariffari
alternativi, divenne presto chiaro che le riduzioni promesse non si stavano concretizzando. Gli avvocati
riconobbero che bisognava smettere di cercare un metodo alternativo per determinare i prezzi, ma
piuttosto iniziare a sperimentare modi diversi di lavorare. Questo è il passaggio dalla prima alla seconda
fase. Mentre la practice e i dipartimenti più avanzati sono già nella seconda fase, molte organizzazioni legali
si trovano ancora nella transizione fra le due. Non è sufficiente, in questa seconda fase, che i general
counsel ignorino le inefficienze dei propri dipartimenti. In questa fase, i nuovi fornitori terzi di servizi alla
professione legale verranno anche a svolgere un ruolo più centrale nella fornitura di servizi legali. Anche se
ciò non rappresenta necessariamente un momento di svolta, stiamo comunque cominciando ad assistere a
un aumento di concorrenza significativo per gli studi legali. Inoltre, in questa seconda fase, gli studi legali e i
dipartimenti interni troveranno il modo di gestire i propri back office a costi di gran lunga inferiori. E ci sarà
probabilmente anche uno spostamento verso un maggiore investimento da parte dei dipartimenti legali
interni nell’analisi delle esigenze legali e nella gestione del rischio.

Fase 3 – Disruption
Nella fase 3 si verificherà una trasformazione più radicale, attraverso l’introduzione di sistemi sempre più
efficienti. In linea di massima queste tecnologie saranno disruptive, cioè metteranno in discussione e
sostituiranno il modo tradizionale in cui in passato si è svolto il lavoro giuridico. Molti avvocati e
commentatori non riconoscono che servizi come l’esternalizzazione di processi legali, in cui si fa ricorso in
gran parte a manodopera a basso costo, sono più probabilmente misure temporanee che soluzioni a lungo
termine. Le caratteristiche stesse di queste aree di lavoro legale, che le rendono adatte alla Lpo, sono anche
esattamente le caratteristiche che le rendono adatte all’applicazione della tecnologia. Pertanto, l’analisi
documentale assistita dalla tecnologia utilizzata per la divulgazione elettronica, sta già superando le
prestazioni degli esseri umani che effettuano l’analisi dei documenti nel contenzioso. Analogicamente,
l’automazione dei documenti funziona già in modo più affidabile ed efficiente rispetto ad avvocati e
amministratori di modesta esperienza. L’impiego diffuso e pervasivo di tecnologie disruptive rappresenta la
tappa finale per i servizi legali, anche se quando si parla di tecnologia non esiste mai veramente un traguardo.
A lungo termine, sempre più lavoro legale potrà e verrà svolto da sistemi altamente performanti, con una
leggera supervisione da parte degli esseri umani che saranno i loro utenti. Le tecnologie disruptive
prenderanno il sopravvento non solo sul vero e proprio lavoro legale, ma anche sul modo in cui vengono
selezionati i fornitori di servizi legali. Emergerà un mondo giuridico profondamente diverso da quello odierno.
Ed è in questo mondo che la maggior parte dei giovani avvocati entrerà. Gli aspiranti avvocati che speravano
in una carriera simile a quella degli avvocati della generazione dei loro genitori saranno delusi.

CAPITOLO 9 – Accesso alla giustizia e ai servizi legali online


Oggi meno del 5% dei cittadini britannici è di fatto escluso da Internet, mentre la maggioranza dei cittadini
inglesi e gallesi non può permettersi la maggior parte dei servizi degli avvocati e dei tribunali. La buona notizia
è che la tecnologia darà fondamentale per superare molti dei crescenti problemi di accesso alla giustizia.

Accesso alla giustizia


Dato che la maggior parte dei cittadini non conosce gran parte della legge, e non può permettersi di ottenere
una consulenza legale tradizionale, ci troviamo in una situazione abbastanza pericolosa. Il problema forse
diventa più evidente quando pensiamo a coloro che cercano di intraprendere un’azione legale nei tribunali.
Tenendo a mente tali problemi, nel 1995 e 1996 Lord Woolf, Law Lord alla Camera dei Lord pubblicò Access
to Justice: due relazioni fondamentali sul futuro sul sistema giudiziario civile. L’analisi si limitava alla
risoluzione delle controversie, mentre l’autore ha una visione più ampia: concentrarsi esclusivamente sulle
controversie è limitativo. L’autore sostiene che un migliore accesso alla giustizia dovrebbe comprendere
miglioramenti non solo per quanto riguarda le risoluzioni delle controversie ma anche prevenzione e
promozione del benessere. Il contenimento delle controversie si concentra sulla prevenzione delle liti che
sorgono in seguito a un’eccessiva drammatizzazione dei contrasti. La prevenzione delle controversie è un
tema che gli avvocati interni spesso sollevano.
Riconoscimento, selezione e servizio
L’accesso alla giustizia diventa ancora più complesso quando ci riferiamo ai non-avvocati. Il primo ostacolo
per il non avvocato è la percezione della necessità, il processo attraverso il quale chi non ha una visione
giuridica si rende conto di poter beneficiare di assistenza legale. A volte questo è ovvio, ma spesso coloro che
non sono avvocati possono non rendersi conto che si trovano in una situazione in cui c’è un problema legale
da risolvere, contenere o evitare. La seconda sfida è quella di selezionare la migliore fonte da cui ottenere
consulenze legali, che si tratti di trovare un avvocato adatto o qualche altro tipo di consulente o anche di
ottenere aiuto online. La terza sfida riguarda la fornitura del servizio giuridico stesso. E qui le persone si
trovano di fronte a una vasta gamma di opzioni, in quello che l’autore definisce multi-sourcing, dove i classici
avvocati non rappresentano l’opzione migliore per i clienti, e sicuramente non quella più accessibile ad
economica. Una sfida sociale, importante e urgente, sta nel trovare nuovi modo per fornire assistenza legale,
non da ultimo ai cittadini e alle piccole imprese.

Servizi legali online


Una chiara alternativa alla prestazione di assistenza legale da parte degli avvocati è che i non-avvocati,
qualificati e spesso volontari possano consigliare le persone sui loro problemi, diritti e responsabilità. Nel
Regno Unito, ad esempio, il servizio Citizens Advice fa proprio questo, ma soffre della mancanza di risorse.
Se possiamo avere servizi online forniti dallo Stato per l’assistenza medica, come accade in UK, perché non
dovrebbe essere possibile avere qualcosa di simile per il diritto? La maggior parte degli studi suggerisce che
più dell’85% della popolazione britannica è ora utente di internet. Il restante 15% non si può ignorare: ma
solo una frazione di questi non utenti sicuramente non conosce qualcuno che possa assisterli. Per quanto
riguarda i servizi legali online, questi sono disponibili in tre forme principali: in primo luogo, come servizi
gratuiti sul web, forniti da una varietà di organizzazioni commerciali e no-profit; in secondo luogo, come
servizi in abbonamento sponsorizzati da studi legali convenzionali; e, in terzo luogo, come offerta a
pagamento da parte di altre aziende, tipo strutture aziendali o editori giuridici. In pratica, quindi, in che modo
Internet potrebbe effettivamente garantire l’accesso alla giustizia in tutti i vari aspetti? Affrontando, in
primis, l’ostacolo iniziale segnalato in precedenza, ovvero che la tecnologia può essere e continuare a essere
utile per aiutare i non avvocati a riconoscere che potrebbero beneficiare di qualche tipo di orientamento
legale. Una soluzione potrebbe essere quella di registrarsi indicando i propri interessi sociali e lavorativi,
ricevendo automaticamente avvisi legali quando ci sono nuove leggi o cambiamento alle vecchie che
potrebbero riguardarli. Un altro punto di svolta sarà il triage online: ovvero nel momento in cui un cittadino
avrà qualche lamentela da fare, un semplice sistema diagnostico gli porrà una serie di domande, chiedendogli
di riempire alcune caselle per identificare se l’utente abbia effettivamente un problema legale e specificargli
di quale tipo. Un’ulteriore possibilità sarà l’integrazione delle norme giuridiche nei sistemi e nelle procedure.
Un ultimo uso della tecnologia per aiutare i non-avvocati a riconoscere quando hanno bisogno di assistenza
legale avverrà attraverso quelle che io chiamo “comunità di esperienze legale”. La tecnologia svolgerà un
ruolo anche nell’aiutare i clienti a selezionare gli avvocati, e ad avere altre forme di orientamento. Ci saranno
sistemi di reputazione online: non diversamente da quei servizi che offrono un feedback collettivo su alberghi
e ristoranti, forniranno recensioni di altri clienti sulle loro esperienze con particolari studi legali e avvocati. Ci
saranno anche piattaforme per confrontare i prezzi, che consentiranno ai clienti di valutare le offerte
economiche di diversi studi legali. Per quanto riguarda il ruolo della tecnologia nella fornita di servizi legali,
sempre più persone si rivolgeranno, per un primo orientamento su questioni procedurali e sostanziali, non
agli avvocati, ma ai servizi legali online. Un’altra innovazione è rappresentata dai tribunali online, oppure
dalla risoluzione delle controversie online (ODR) per risolvere le dispute tra persone. Un’ulteriore possibilità
sarà quella di costruire reti sociali di avvocati o consulenti legali che siano disposti a fornire orientamenti in
vari modi, attraverso internet.
Capitolo 10 – I giudici, la tecnologia e i tribunali virtuali

[N.B. Nel 1981, l’autore era uno studente di Legge all’Università di Glasgow e mentre scriveva la tesi di laurea sui
computer e sul processo giudiziario, si domandò fino a che punto il lavoro dei giudici potesse essere
affiancato/sostituito dai sistemi informatici].
I giudici sono comunemente ritratti come degli esseri “antiquati” e di altra epoca. In realtà, la maggior
parte dei giudici con i quali l’autore ha collaborato hanno aderito positivamente all’idea dell’utilizzo dei
sistemi online essenziali, essendo utili e pratici nel loro lavoro quotidiano.
A questo punto ci si chiede: quanto potrebbe essere influenzato il lavoro dei giudici dalla tecnologia?
Già all’inizio degli anni ’80 non era possibile né auspicabile che i computer sostituissero pienamente il
lavoro dei giudici, basandosi sul concetto che il processo decisionale, soprattutto nei casi difficili in ordine
a complesse questioni di principio politiche e morali, va oltre le capacità degli attuali sistemi informatici.
Tuttavia, si può sostenere che alcune delle tecniche e insegnamenti contenuti in questo libro possano
essere applicate sia ai giudici che agli avvocati.
Per esempio, molti giudici si lamentano delle ingenti quantità di lavoro di tipo amministrativo che devono
svolgere, le quali potrebbero essere svolte, per conto loro, da personale tecnico meno qualificato sul piano
giuridico. Allo stesso modo, si sottolinea che vi è uno spazio per la standardizzazione di almeno una parte dei
provvedimenti emessi dai giudici, così come la stessa magistratura potrebbe trarre indubbi benefici
dall’automatizzazione dei documenti.
Da ciò, l’autore sostiene che possa essere condotta un’indagine seria ed approfondita sulle possibilità di
scomposizione e di “multi-sourcing” (argomento trattato nel cap.4) del lavoro giudiziario.

Progressi deludenti
In molte aree visitate dall’autore, c’è delusione per l’inefficienza dei servizi di e-working. Ci si lamenta
che i sistemi a disposizione dei giudici non lo sostengono direttamente nella gestione quotidiana dei loro
casi e nella loro preparazione.
[N.B. Quando parliamo di “e-working”, possiamo riferirci a diversi significati nel mondo giudiziario, come ad esempio
quello di “fascicolo elettronico”, ma non solo. Qualunque sia la terminologia preferita, bisogna porre l’accento sul concetto
di “gestione delle cause” condiviso dai tecnici giudiziari di tutto il mondo: flusso di lavoro basato sulla tecnologia o project
management, al fine di snellire e migliorare il processo standard; e file elettronici per una migliore gestione dei documenti
stessi].
Nella maggior parte dei Paesi sono stati fatti dei passi avanti negli ultimi anni nell’e-working, seppur si
deve segnalare che nella maggior parte dei tribunali visitati dall’autore in Inghilterra o Galles si lavora in
ambienti ancora poco efficienti ed automatizzati, con continue lamentele da parte dei giudici dei sistemi
obsoleti, dei costi di gestione eccessivi, delle inefficienze, degli errori e dei ritardi.
Fino a poco tempo fa, tali deficit e problematiche erano ricollegabili a due fattori:
- l’insufficienza degli investimenti da parte del Governo e del Tesoro;
- la scarsa esperienza del ministero della Giustizia nell’ideare e implementare progetti tecnologici su
larga scala.
In sostanza, le idee ci sono, ma mancano ancora fondi e capacità tecnologiche per realizzarle.
Detto ciò, l’autore è ben lieto di dire che in Inghilterra si sta assistendo ad un cambio di rotta importante,
con l’implementazione della tecnologia nell’intero sistema giudiziario. Infatti, nel novembre 2015, il
Governo ha annunciato un investimento ingente di circa 700 milioni di £ per modernizzare e digitalizzare
completamente i tribunali.
Si parla di un programma di riforma finalizzato anche alla riduzione del numero di edifici giudiziari e al
trasferimento di parte del lavoro dei giudici a cancellieri e assistenti, con la creazione di una piattaforma
comune per procure e tribunali.

La strada da seguire
Nel settembre 2016 il programma di riforma è stato approvato dal governo e dalla magistratura, anche se,
afferma l’autore, che i piani dettagliati di tale riforma non sono ancora di dominio pubblico.
Tale riforma, insiste l’autore, è fondamentale se si prende in considerazione il fatto che l’attuale sistema
giudiziario è al collasso: troppo spesso è inefficiente, lento, costoso col rischio di essere accessibile solo
per coloro che sono più ricchi, come avviene nel contenzioso civile, che comporta spese davvero
sproporzionate.
L’utilità di questo ammodernamento tecnologico potrebbe portare sicuramente alla semplificazione del
sistema dell’amministrazione giudiziaria, rivelandosi meno costoso, più efficiente e accessibile,
generando anche più fiducia da parte del pubblico nel sistema stesso.

Aule di tribunale dotate di tecnologie avanzate


Anche prima che le parti processuali si incontrino in tribunale, c’è una tecnica che può comportare un
immediato beneficio: l’e-filing, che consiste nel deposito in tribunale degli atti e documenti in formato
elettronico.
Il sistema si rivela molto più conveniente per i giudici e per l’amministrazione, in modo tale che essi non
devono districarsi tra le carte. Successivamente, nelle aule del tribunale, è diventato sempre più diffuso il
metodo del giudice che prende appunti su un computer portatile o desktop.
Dall’inizio degli anni ’90, altre nuove tecnologie sofisticate iniziarono ad essere utilizzate nei tribunali di
tutto il mondo:
➢ Trascrizione assistita da computer (CAT) → consente agli stenografi di registrare le parole
pronunciate in aule per poi convertirle istantaneamente in un testo che appare sugli schermi dei giudici e degli
altri partecipanti. Il testo poi può essere immediatamente annotato e viene creato un database dove la
trascrizione del procedimento può essere ricercata.
➢ Sistema di visualizzazione condivisa dei documenti → consente a tutti i partecipanti a un’udienza
di trovarsi letteralmente sulla stessa pagina: invece di aspettare che tutte le parti e i giudici trovino
manualmente i documenti e file citati, l’attenzione di tutti i presenti può essere indirizzata a una particolare
pagina, chiedendo a tutti i partecipanti di guardare i loro schermi, che mostrano immediatamente i documenti
rilevanti.
➢ Presentazione elettronica delle prove (EPE) → consente agli avvocati di poter presentare le prove
utilizzando una vasta gamma di strumenti non verbali, tra i quali grafici, diagrammi, disegni, modelli,
animazioni, simulazioni, ecc.
L’utilizzo di questi strumenti, nonostante il beneficio del risparmio di tempi e costi, è stato davvero
ridotto, anche se vi sono delle eccezioni degne di nota: la Corte Suprema del Regno Unito sta lavorando
attualmente alla seconda generazione di questi sistemi tecnologici.
[N.B. Infine, è interessante notare che tali sistemi hanno riscosso maggior successo nelle inchieste di interesse pubblico, svolte in
modo altamente tecnologico, come ad esempio l’inchiesta “Domenica di Sangue” del 1972 a Derry, in Irlanda del Nord].

Tribunali virtuali
Quando si parla di tribunali virtuali, generalmente si intende un’aula di tribunale abbastanza
convenzionale, in cui al massimo viene usato qualche collegamento video per la partecipazione a
distanza. L’adozione di questi sistemi è stata sicuramente maggiore in ambito penale, per esempio
quando vi sono testimoni minorenni o che potrebbero essere intimiditi, facendo in modo che questi
appaiano su grandi schemi, opportunamente collocati nelle sale d’udienza, risparmiando così tempo e
denaro e proteggendo le persone vulnerabili.
Bisogna poi segnalare che l’uso crescente nella società delle videochiamate e delle videoconferenze,
suggerisce che ci sono enormi possibilità per i tribunali virtuali, quando i giudici possono stare seduti nelle
loro poltrone e tutti i partecipanti possono presenziare da remoto.
Per gli avvocati di domani, la presenza fisica nelle aule di giustizia potrebbe diventare una rarità, mentre
le apparizioni virtuali potrebbero diventare la norma, e saranno richieste nuove capacità per la
rappresentanza e la difesa.
Capitolo 11 – Tribunali online e risoluzione delle controversie
[N.B. Come visto, in un tribunale virtuale alcuni partecipanti appaiono virtualmente, attraverso un videocollegamento
anziché di persona].
Attualmente, però, ci stiamo muovendo dalle udienze virtuali → al mondo dei tribunali online e della
risoluzione delle controversie online (Odr): nel quale il processo di risoluzione di una controversia, in
particolare la formulazione di una soluzione, è interamente o in gran parte condotta attraverso Internet.

Tribunali online
L’evoluzione dei tribunali online continua a procedere velocemente anno dopo anno. Le iniziative in corso
in Inghilterra e Galles sono le più ambiziose e l’introduzione dei tribunali online fa parte del programma di
riforma del governo accennato nel capitolo precedente. Già nel 2014, un gruppo di esperti (di cui ha fatto
parte l’autore) ebbe compito di esaminare il potenziale e limiti dell’Odr, come metodologia alternativa per
risolvere le cause civili di minore importanza. Si constatò che la maggior parte degli avvocati non aveva
mai sentito parlare di risoluzione online delle controversie, e altri consideravano con scetticismo tale
metodologia.
Il punto di partenza del “report” di tali esperti fu che il sistema tradizionale giudiziario era ormai troppo
costoso, lento, complesso, soprattutto per le cause di minor valore, senza la rappresentanza di un
avvocato. Da qui suggerirono l’introduzione di un nuovo servizio internet definito “HMOC”, basato su tre
livelli di:
- “valutazione online” → aiutando gli utenti che vogliono proporre reclami a classificare i loro
problemi, a conoscere i propri diritti e doveri, a comprendere le opzioni e rimedi a disposizione.
- “facilitazione online” → alcune persone addette a risolvere le questioni favoriscono conclusioni
rapide ed eque delle controversie, senza coinvolgere i giudici, esaminando anticipatamente documenti e
dichiarazioni.
- “giudici che lavorano online” → sarebbero i membri a pieno titolo dell’ordine giudiziario, con potere
di decidere le cause.
Si sosteneva che i tribunali online potessero apportare due vantaggi importanti: maggior accesso alla
giustizia (con un servizio più accessibile e di facile utilizzo); notevoli risparmi sui costi (sia per le singole parti in
causa, sia per il sistema giudiziario).
La reazione al report di questo gruppo di esperti fu quasi del tutto positiva, anche se non mancarono le
eccezioni di chi fu più cauto e scettico (come, ad esempio, il Bar Council che disse che “bisognava essere attenti a
non creare un sistema eccessivamente semplificato, col rischio di precludere un’adeguata considerazione dei fatti
rilevanti in cause di maggior rilievo”).
Inoltre, godevano del sostegno dei miglior giudici di Inghilterra e Galles e successivamente ebbero anche
un rilevante sostegno politico dall’allora segretario di Stato della Giustizia, Michael Gove.
Anche il giudice della Corte d’appello e numero due della Giustizia civile, Lord Briggs approvò
convintamente il concetto di tribunali online, replicando abilmente alle numerose obiezioni sollevate dagli
avvocati durante le sue consultazioni.
Tuttavia, bisogna considerare che le opposizioni alle relazioni di Lord Briggs furono molto decise, facendo
emergere preoccupazioni sul frequente fallimento dei progetti tecnologici nel settore pubblico e sul
pericolo che si corre a non coinvolgere gli avvocati tradizionali nella risoluzione delle controversie legali.
Il dibattito è ancora aperto: sicuramente in questa nuova era tecnologica di internet sorgerà una qualche
forma di tribunale online. Tuttalpiù ci si potrebbe chiedere fino a che punto la giustizia online potrebbe
sostituire quella tradizionale e soprattutto se i sistemi informatici possano essere forniti dal settore
privato. In riferimento a quest’ultimo quesito, da un lato abbiamo chi sostiene che il mercato sarebbe più
adatto a fornire un servizio migliore e meno costoso rispetto al settore pubblico, dall’altro abbiamo chi
sostiene che assicurare l’accesso a un sistema di risoluzione presieduto da giudici indipendenti sia un
dovere fondamentale dello Stato.
Controversie online: risoluzione evoluta
La comunità Odr di tutto il mondo è entusiasta dei progressi che si stanno compiendo nello sviluppo dei
tribunali online. Allo stesso tempo, però, è stato precisato che quanto pianificato è in gran parte il
risultato di un progetto di prima generazione: gli stessi specialisti dell’Odr ormai discutono sin dagli anni
’90 di sistemi più avanzati.
[Esempio: abbiamo il “Cybersettle” che doveva gestire oltre 200.000 reclami per un valore di 1,6 miliardi di $. Tale
sistema utilizzava un processo molto discusso dagli specialisti di Odr, per la sua caratteristica che l’ammontare degli
importi immessi dal ricorrente e dal convenuto per giungere ad un accordo non era conoscibile dalla controparte,
sino a quando il sistema non proponeva una cifra finale come mediazione tra quelli indicati tra le parti.
Poi abbiamo altri sistemi di Odr più ambiziosi, come quello della “mediazione attraverso il Web”].
L’autore, tuttavia specifica che anche tali sistemi più complessi risultavano essere piuttosto primitivi,
tecnologicamente parlando. Da ciò, egli auspica che dal 2020 i tribunali online e i sistemi Odr siano
abilitati alla telepresenza, ciò che facciano ampio uso di collegamenti video avanzati, anche al fine di
agevolare la comunicazione tra giudici e mediatori con le parti processuali. Infine, fa un accenno
all’utilizzo di strumenti diagnostici basati sull’intelligenza artificiale (IA) e altre tecniche informatiche più
all’avanguardia.

Un giusto processo?
Vi potrebbe essere il rischio che i tribunali virtuali, online e l’Odr avanzato possano minacciare la concezione
convenzionale di quello che noi definiamo “giusto processo”. Una risoluzione basata sulla tecnologia potrebbe
non fornire un finale soddisfacente, che è l’elemento centrale del processo giudiziario, e quindi potrebbe
accadere che le parti possano perdere il diritto ad una “giornata in tribunale”, soprattutto se l’udienza fisica
viene richiesta con l’intento di ottenere una rivendicazione pubblica. Tuttavia, se queste metodologie
innovative riescono ad offrire una risoluzione molto più rapida, allora si può andare oltre la delusione di non
ottenere pubblicamente giustizia.
Inoltre potrebbe presentarsi un altro problema: alcuni vedono l’udienza/processo come un posto accessibile
al pubblico.
Ma ciò non deve ingannare, i sostenitori dell’Odr sostengono che i servizi online possono comunque garantire
trasparenza, se non addirittura maggiore, consentendo di osservare in vari modi tramite internet l’operato
dell’organo giudiziario.
Per quanto concerne l’effettiva equità delle decisioni, non vi è alcuna ragione per la quale i giudici o i mediatori
online dovrebbero essere meno imparziali solo perché agiscono lontanamente da altri soggetti. Sarà inoltre
fondamentale che il servizio giudiziario online non venga considerato come un servizio di “classe economica”,
mentre la “classe superiore” sia riservata a coloro che possano permettersi tribunali convenzionali. E così via
con tante altre domande e dubbi che potrebbero sorgere.
Infine, ci si potrebbe chiedere qual potrebbe essere l’impatto nella percezione pubblica della giustizia se l’aula
di tribunale in futuro verrà eliminata: sebbene per molti, attualmente, tali tecniche innovative possano
sembrare aliene e stravaganti, bisogna anche considerare che le generazioni future potrebbero pensarla molto
diversamente. Infatti, per i clienti di domani, le udienze virtuali, online, ecc. potrebbero insieme migliorare
l’accesso alla giustizia e offrire soluzioni che, ad oggi, sembrano implausibili.
I critici dovrebbero essere cauti nel confrontare i tribunali online e l’Odr con un servizio giudiziario
convenzionale ideale, ma comunque inaccessibile. Il confronto ha senso con ciò che effettivamente abbiamo
oggi: un sistema troppo costoso, lungo, ecc.
In definitiva, con i tribunali online e nell’Odr l’autore crede di aver trovato la strada giusta da percorrere.

Capitolo 12 – “Il futuro del diritto”, rivisitato


Tale libro che stiamo analizzando non è il primo tentativo di fare una previsione ventennale in relazione al
diritto e ai servizi legali, infatti vi furono già precedenti studi da parte dell’autore, nel periodo in cui
Internet era accessibile ancora a “pochi milioni” di persone al mondo, contenuti nel libro “The Future of
Law” del 1996. Il punto centrale di tali riflessioni è rappresentato dalla sfida della tecnologia informatica,
che causò certamente una certa costernazione nel mondo giuridico britannico dell’epoca.
Il libro ovviamente conteneva vari suggerimenti stravaganti, come la proposta di un maggior uso della
posta elettronica tra i clienti e gli avvocati e la previsione che il Web sarebbe stato uno strumento
essenziale per la ricerca giuridica. Ma il mondo giuridico non era ancora pronto.

Cambiamenti nel paradigma informatico


L’affermazione centrale dell’opera dell’autore era che ci sarebbe stato un cambiamento nel paradigma
giuridico, nel senso che molti dei preconcetti fondamenti sulla natura del servizio giuridico e sulla natura
del processo legale sarebbero stati messi in discussione dall’avvento della tecnologia e di internet. A
distanza di molti anni dalle sue prime pubblicazioni, l’autore conforma che la direzione evolutiva allora
ipotizzata è stata in gran parte rispettata.
Citando lo stesso autore: “la tecnologia informatica alla fine consentirà e incoraggerà il servizio legale a
passare da una forma di servizio di consulenza a uno di informazione […] La pratica legale e l’amministrazione
della giustizia non saranno più dominate dai libri e dalla carta…Al contrario, i sistemi legali della società
informatizzata si evolveranno più rapidamente sotto la pesante influenza di tecnologie informatiche sempre più
potenti”.
[N.B. L’autore tende a sottolineare che tali suggerimenti appena citati, nel 1996, erano considerati prevalentemente
oltraggiosi e sediziosi].
Dopodiché, l’autore torna ad analizzare alcuni aspetti dei servizi legali, che potrebbero sicuramente
cambiare con l’utilizzo delle tecnologie di informatizzazione: ad esempio si è parlato della “proattività”
nei servizi legali, in cui l’autore si aspetta che quest’ultima diventi il cuore del servizio legale solo quando
emergeranno tecnologie di sostegno adeguate; oppure si è parlato dell’eventuale superamento della
fatturazione basata sulla tariffa oraria, in favore di un sistema di costi standardizzati, sotto forma di tariffe
fisse. Inoltre, con l’eventuale (e futura) introduzione dei tribunali online, si ritiene che i cittadini e coloro
che gestiscono piccole imprese dovrebbero sentirsi rafforzati e non limitata dalla legge: comprendere e
far valere i propri diritti sarà sempre più alla portata di chiunque.
Nonostante ciò, l’autore osserva, la maggior parte degli avvocati tradizionali continua a qualificare e
proteggere la propria consulenza legale all’interno dei confini legali convenzionali, spesso per paura di
essere citati a giudizio da quei clienti che ritengono la loro consulenza una sorta di assicurazione. E ciò ha
generato parecchie critiche da molti clienti.
In generale, infine, si assiste ad un passaggio da un’ottica legale ad un’ottica commerciale, sostenendo che
molti problemi non possono essere confinati alla sfera legale, ma sorgono inevitabilmente in un contesto
commerciale più ampio.
Per quanto riguarda i cambiamenti nei processi, assistiamo ad in passaggio dalla soluzione dei problemi
legali → alla gestione del rischio legale, che anticipa un mondo in cui le questioni giuridiche si
dissolveranno prima di dover essere risolte, proprio perché oggi viviamo in un mondo in cui consultare il
web per verificare i nostri diritti e doveri è un gesto naturale per molte persone. Con il miglioramento
della consulenza legale online, migliorerà anche la nostra capacità di identificare e gestire i rischi legali.
Una mossa correlata è sicuramente il passaggio dalla risoluzione → alla previsione delle controversie, che
sta diventando sempre più visibile nel mondo dei tribunali online.
Infine, sempre nel 1996, l’autore previde anche un cambiamento nella composizione della professione
legale, con l’emergere di nuove figure professionali, che lavorano al fianco degli specialisti legali nella
costruzione di sistemi di consulenza online e di servizi di automazione dei documenti. In realtà, gli
avvocati tradizionali rappresentano ancora la stragrande maggioranza, anche se vi sono vari segnali
incoraggianti che porteranno a una nuova divisone del lavoro.

Il mercato legale latente


Ultimo concetto analizzato in questo capito è quello del “mercato legale latente”, che l’autore aveva già
espresso nel ’96. Con tale termine, l’autore aveva cercato di spiegare che, sebbene molte persone nella
loro vita sociale e lavorativa avessero potuto necessitare e beneficiare di aiuto legale, purtroppo non
avevano le risorse e forse semplicemente il coraggio per rivolgersi agli avvocati.
Attualmente, molte cose sono cambiate da allora: su Internet troviamo vaste risorse a disposizione di
persone che possono effettivamente ottenere una guida legale e incisiva, grazie a migliaia di siti web
governativi o molti siti del settore dei servizi legali volontari o anche grazie a molti avvocati che offrono
assistenza legale online come forma di marketing.
Il mercato latente si è così concretizzato in maniera significativa.
In definitiva, il cambiamento paradigmatico auspicato 20 anni prima non è avvenuto ancora
completamente, ma l’aspettativa è che ciò sarà completato entro il prossimo decennio.

PARTE TERZA – Le prospettive dei giovani avvocati

Capitolo 13 – Nuovi mestieri per gli avvocati


L’autore prevede che, negli anni a venire, gli avvocati convenzionali non ricopriranno un ruolo così
preminente nella società, soprattutto perché i clienti non saranno disposti a pagare costosi consulenti legali
per lavori che possono essere svolti da persone meno esperte, ma con sistemi intelligenti e processi
standardizzati. Contemporaneamente, il ruolo assunto dai nuovi sistemi offre agli avvocati nuovi
entusiasmanti lavori, permettendo di adattarsi alle mutevoli condizioni del mercato.

Il consulente esperto e di fiducia


Due tipi di avvocati tradizionali, tuttavia, saranno ancora in gioco nel prossimo futuro. Infatti, quando il lavoro
non potrà essere standardizzato/informatizzato, i clienti continueranno a rivolgersi ad una consulenza
personalizzata tramite i loro “consulenti esperti e di fiducia”. Questo tipo di avvocati si caratterizza per un
elevato grado di creatività e innovatività, in grado di articolare nuove soluzioni e strategie per clienti che hanno
problemi legali complessi.
Ciò che l’autore vuole sottolineare è che coloro che continueranno a lavorare in maniera “tradizionale”
saranno in futuro meno richiesti rispetto ai loro concorrenti che saranno stati in grado di fornire servizi
alternativi, affidabili ed economici.

Il professionista “avanzato”
Un’altra figura particolare è quello del professionista “avanzato”, cioè un avvocato capace e preparato, ma
non per forza molto esperto, al quale non sarà richiesto di offrire un servizio su misura, ma di orientare con
l’aiuto delle moderne tecnologie di standardizzazione e informatizzazione. Egli agirà spesso come un assistente
legale del consulente esperto di fiducia, per qui compiti che richiedono un avvocato, ma non necessariamente
uno specialista costoso.

L’ingegnere del sapere giuridico


Quando i servizi legali cominceranno a essere standardizzati e informatizzati, ci sarà bisogno di un gran
numero di avvocati talentuosi per organizzare l’enorme mole di materiali e processi legali complessi. Tutto ciò
potrebbe portare alla creazione di un servizio legale online. Lo sviluppo degli standard e delle procedure per
servizi legali, e l’organizzazione e rappresentazione della conoscenza giuridica nei sistemi informatici, sono
frutto di un lavoro di ricerca e analisi giuridica.
Inoltre, questo tipo di attività a livello intellettuale è molto più impegnativo del lavoro legale tradizionale: è
più difficile creare un sistema che possa risolvere molti problemi, piuttosto che sforzarsi di trovare la risposta
ad un problema specifico.
È sbagliato pensare di esonerare gli avvocati convenzionali dal compito di sviluppo di tali sistemi, affidandolo
esclusivamente a giovani avvocati, personale di supporto professionale o analisti di sistema. Anche gli avvocati
devono essere coinvolti alla costruzione di tali standard e sistemi.
Il tecnico legale
L'esercizio del diritto e l'amministrazione della giustizia ormai dipendono in maniera quasi totale dalla
tecnologia e da Internet. Quando la mancanza di sistemi informatici rende il lavoro legale impraticabile, è
vitale avere nel proprio team professionisti preparati e competenti, che possano colmare lo spazio tra il diritto
e la tecnologia. Fino a ora, il mondo del legal-tech è stato popolato da due grandi gruppi. Il primo composto da
normali tecnici, che si sono fatti strada nell'ambiente legale facendo del loro meglio per comprendere il
misterioso modo di lavorare di avvocati, tribunali e clienti. L’altra posizione è invece occupata da avvocati
affascinati dall'informatica: alcuni solo per hobby, altri invece hanno davvero una conoscenza profonda del
mondo tecnologico. Ma nessuno dei due gruppi, generalmente parlando, può contare sulla presenza di
professionisti di tecnologie legali, ovvero di persone formate e preparate sia nella professione legale. Non
basterà più avere dei meri «interpreti», che spiegano materie tecnologiche agli avvocati e materie legali ai
tecnici. C'è bisogno di un nuovo plotone di tecnici legali indipendenti e autosufficienti, il cui impatto sulla
società. moderna sarà profondo. Saranno loro, infatti, a costruire le fondamenta sulle quali si baserà il servizio
legale e saranno loro a trovare nuove strade per l'accesso dei non avvocati ai servizi legali.

L’ibrido giuridico
Altro elemento fondamentale è la diversificazione, nel senso che gli avvocati dovranno ampliare le proprie
capacità, diventando sempre più multidisciplinari. L’autore sottolinea il fatto che molti avvocati affermano di
essere già competenti in varie discipline innovative (ad esempio: consulenti gestionali o d’affari, o broker di
affari, ecc.), ma in realtà, la loro esperienza è solo il frutto di frequentazioni di brevi corsi o letture di libri
spesso solo introduttivi, criticando il fatto che non è possibile imparare una nuova disciplina in breve tempo,
spesso in maniera affrettata e grossolana. Di conseguenza, si invitano gli stessi a intraprendere, con buona
dose di volontà, corsi di formazione più completi e rigorosi. I legali “ibridi” del domani saranno, in tal modo,
formati in maniera formidabile ed eccepibile, da diventare esperti in tutte le discipline relative alla loro
professione, portando un grande valore aggiunto al servizio legale che offriranno ai loro clienti.

L’analista del processo legale


Ritornando al tema della scomposizione degli affari e delle cause nelle loro parti principali, l’autore afferma che
tutto il processo di analisi e scomposizione del lavoro legale in varie parti, identificando la maniera più
appropriata per fornire il servizio, è in sé un lavoro impegnativo che richiede profonda conoscenza ed
esperienza legale. Esso viene definito un lavoro per coloro che vengono definiti “analisti del processo legale”.
È ragionevole che un individuo con tali competenze, in grado di identificare modi efficienti e produttivi per
gestire il lavoro legale, venga impiegato dalle direzioni Affari legali. Oppure, l’analisi del processo legale
potrebbe essere un servizio offerto da studi legali o altri fornitori terzi.
Ad oggi, ci sono pochissime figure di analisti di processo legali, ma le richieste sono già molte.

Il responsabile del project management legale


Una volta completato il lavoro dell’analista del processo, l’affare o la causa, scomposti e preparati alla tecnica
del multi-sourcing, necessitano della funzione del “responsabile del project management legale”, il quale
avrà il compito di assegnare il lavoro a una selezione di fornitori appropriati, garantendo che completino i
rispettivi “pacchetti di lavoro” nei tempi e budget stabiliti, controllando la qualità di esecuzione dei vari lavori,
supervisionando il prodotto e la consegna, per poi riunire il tutto in un unico servizio per il cliente.
Secondo l’autore, la disciplina del project management legale dovrebbe essere costruita sulla teoria e
sull’esperienza di discipline gestionali correlate, come ad esempio la logistica e la gestione della catena di
approvvigionamento.

Lo scienziato dei dati


In futuro ci sarà sicuramente bisogno di esperti di dati, nonché di maestri degli strumenti e delle tecniche
necessarie per acquisire e manipolare grandi quantità di informazioni. L’esperto cercherà di identificare
correlazioni, tendenze e modelli e intuizioni sia nelle risorse legali, che nei materiali non legali. In questo
campo sarà sicuramente necessaria una buona esperienza di utilizzo dei sistemi tecnici, ma anche di diritto e
servizi giuridici, nonché avere un background in materie come la matematica, programmazione o scienze
naturali.
L’addetto alla R&S
Come vedremo successivamente, i grandi cambiamenti a cui stiamo assistendo nel mondo giuridico,
suggeriscono che, per avere successo e rimanere competitivi in futuro, i fornitori di servizi legali avranno
bisogno di investire in ricerca e sviluppo.
Da tempo, ormai, gli avvocati sanno che devono stare al passo con i cambiamenti che attraversano il mondo e
la pratica del diritto. L’addetto alla R&S si dovrà concentrare sullo sviluppo di nuove capacità, tecniche e
tecnologie che saranno in grado di fornire servizi legali in tutti qui modi alternativi già discussi in precedenza. Il
suo lavoro sarà molto più esplorativo rispetto alla quotidianità nella quale gli avvocati tradizionali esercitano la
professione.

L’esperto di Odr
Quando i tribunali online e la “Odr” saranno un meccanismo accettato e diffuso, la richiesta di professionisti
in questo mondo sarà molto elevata. Tali specialisti consiglieranno i clienti su come utilizzare al meglio i servizi
online, oltre ad essere esperti nella risoluzione delle controversie via web. In tale sistema, gli avvocati di
contenzioso non dovranno comparire nelle aule di tribunale e neppure in aule d’udienza virtuale, ma dovranno
avere una serie di competenze e abilità tali da permettere ai loro clienti di essere in una posizione migliore
rispetto a quella in cui si troverebbero se utilizzassero tali sistemi senza assistenza. Nuove possibilità di carriera
si apriranno anche per gli “e-mediatori/negoziatori”, con ruolo essenziale nel processo Odr.

Il consulente del management legale


Altra problematica da affrontare è quella della grande varietà delle sfide gestionali. La maggior parte degli
avvocati interni non ha ancora competenze in materia di gestione e quindi chiedono aiuto esterno. Poco
frequentemente si ricorre a consulenti gestionali professionisti. Perciò, viene spesso consigliato agli studi
legali, che abbiano già acquisito una notevole esperienza in materia di soluzione di problemi gestionali della
propria attività, di istituire aree di consulenza per consigliare gli uffici legali interni di imprese e organizzazioni.
Sebbene il mercato per questo tipo di consulenza nel management legale sia ancora alle prime armi, è
problema che cresca costantemente, non solo come opportunità per gli studi legali di aggiungere un valore ai
loro servizi convenzionali, ma anche come una tipologia di servizi a sé stante, includendo presumibilmente la
consulenza strategia e la consulenza operativa o gestionale.

Il gestore del rischio legale


È la figura professionale più richiesta e con più urgenza e attesa da tempo. Il problema di fondo è che sono rari
gli studi legali in grado di sviluppare una sofisticata gamma di processi, metodologie, tecniche o sistemi per
aiutare i propri clienti a identificare, valutare, quantificare, coprire e monitorare i rischi che si trovano ad
affrontare. L’autore si aspetta che tutto questi cambi presto e che gli agenti di questo cambiamento siano i
gestori professionali del rischio legale.
Mentre il servizio legale tradizionale è “reattivo” di natura, nel senso che gli avvocati dedicano maggior parte del
loro tempo a risponderei problemi posti dai loro clienti, i gestori del rischio legale saranno “proattivi”. La loro
attenzione sarà cioè incentrata sull’anticipazione delle esigenze di coloro che consigliano, sul contenimento e
la prevenzione dei problemi giuridici.
Tali avvocati-manager svolgeranno numerose attività, dalla contestante revisione del rischio legale, alla
pianificazione della preparazione al contenzioso, alla revisione delle attività di compliance e verifica degli
impegni contrattuali. I più bravi tra loro saranno sicuramente gli avvocati con una maggiore conoscenza del
“risk-management”, avvalendosi anche di tecniche di consulenza strategica e di tecniche emergenti per l’analisi
dei documenti.

Colpo di scena
L’autore fa una riflessione finale sull’appetibilità di questi nuovi lavori per gli “avvocati del domani”,
sottolineando le grandi opportunità di carriera per coloro che aspirano a lavorare in ambito giuridico ancora
per molti decenni, comprendendo che per molti questi lavori non erano quelli “immaginati” dagli studenti di
Legge quando hanno deciso di iniziare a studiare diritto, ma nonostante ciò, possono offrire occupazioni
intellettualmente stimolanti e socialmente significative, contrariamente a quanto affermato da tanti avvocati
“tradizionali”, che tendono a considerarli meno prestigiosi.
Infine, conclude il capitolo invitando i giovani aspiranti avvocati a dare comunque una priorità iniziale
all’abilitazione come avvocato tradizionale, basandosi sull’idea che una profonda formazione giuridica
tradizionale potrebbe fornire grossi vantaggi, fondendo una base preziosa sulla quale costruire qualsiasi nuova
carriera nel diritto, insistendo sull’utilità di avere alle spalle un’esperienza nel lavoro legale tradizionale.
Raccomandazione finale: essere “proattivi”, sempre alla ricerca di esperienze formative, lavorare in diversi
Paesi e di stare al passo con gli sviluppi tecnologici intrapresi dal proprio studio legale.

Capitolo 14 – Chi assumerà i giovani avvocati?


Gli scettici penseranno che i nuovi mestieri da me presentati nel capitolo precedente siano solo una fantasia.
Tuttavia, la realtà è che questi posti di lavoro vengono già offerti e svolti da alcuni studi e dipartimenti legali
avanzati.
L'errore più grande, però, sarebbe pensare che questi nuovi lavori saranno offerti solo dalle tradizionali imprese
legali. Probabilmente le cose non andranno così. È più probabile che molti di questi nuovi ruoli verranno offerti
alcuni datori di lavoro, tutti impegnati in diversi tipi di attività legali, grazie alla liberalizzazione dei servizi legali e
dalla crescente accettazione del fatto che molti compiti legali, ormai, non richiedono più il coinvolgimento diretto di
avvocati tradizionali. Tutto ciò sicuramente creerà problematiche ai convenzionali studi legali nel creare questi nuovi
posti di lavoro.

Il ritorno delle global accounting firms


La maggior parte dei giovani e degli aspiranti avvocati non si ricorderà dell'ingresso nel mercato dei servizi
legali, all'inizio del nuovo secolo, delle grandi società di accounting. La più ambiziosa tra loro era Andersen
Legal, allora una delle più grandi società di accounting del mondo. Al suo apice, Andersen Legal aveva una
presenza in trenta Paesi e contava 2.500 avvocati. Il suo brand era forte e la sua operatività in molte aree del
diritto attirava molti clienti. Offriva un ambiente di lavoro dinamico e stimolante e, a mio avviso (forse di parte,
perché ero uno dei loro consulenti), sembrava destinata a ridefinire il mercato legale. Sorprendentemente,
invece, Andersen Legal scomparve. La disfatta di Andersen non stabilì che le società di revisione contabile non
fossero in grado di fornire dei servizi legali, sebbene siano stati adottati nuovi regolamenti che vietano alle
società di revisione e certificazione dei bilanci di fornire ai loro clienti servizi professionali di altro genere.
Questo rappresentò un notevole deterrente, soprattutto negli Stati Uniti, per le società di revisione contabile
che stavano pensando di espandere la loro offerta nel settore legale. Ma non era, e non è, un divieto globale
generalizzato e definitivo.
In ogni caso, negli ultimi anni, le «Big 4» (Deloitte, KPMG, PwC e EY) stanno tornando decisamente a insediarsi
nel mercato legale. La liberalizzazione è spesso considerata una giustificazione per il loro ritorno al diritto, e in
effetti KPMG, PwC c EY sono state autorizzate in Inghilterra e Galles a operare come Abs. Tuttavia, la maggiore
attrattiva per loro, come già sottolineato in questo libro, è che il mercato legale sia di immenso valore (è
valutato intorno agli 800 miliardi di dollari) ed è in fase di profondo cambiamento, vedendo questa fase come
un momento di grandi opportunità per affrontare la sfida del “più a meno”.

Principali editori giuridici


Due delle più grandi imprese legali mondo sono Thomson Reuters e Reed Elsevier. Questi giganti commerciali
si sono evoluti e sono passati dalla produzione di pubblicazioni convenzionali alla fornitura di banche dati
giuridiche molto grandi e conosciute. Ma si sono anche diversificate nel corso degli anni e hanno dimostrato
molta ambizione e capacità acquisitive nei campi della tecnologia giuridica, dell'ingegneria delle conoscenze
giuridiche e dei servizi legali online. Sono commercialmente ambiziosi, molto tecnologici ed esperti nel
ritagliarsi nuovi spazi di mercato. Queste imprese saranno senza dubbio dei luoghi di lavoro per tanti futuri
laureati in Giurisprudenza. L’autore pensa sia improbabile che possano fornite servizi di consulenza o
assistenza legale, ma saranno in grado di offrire molti degli altri posti di lavoro già menzionati in precedenza.

Fornitori di know-how giuridico


Un'altra categoria di futuri potenziali datori di lavoro per gli avvocati di domani sono i fornitori di know-how
legale.
Più agili e più imprenditoriali dei maggiori editori giuridici, l'esempio più famoso di questa categoria è la società
inglese Plc. Dalla sua creazione negli anni ‘90 la società è cresciuta costantemente, impiegando molte centinaia di
avvocati e operando estensivamente in Inghilterra e negli Stati Uniti, per essere poi acquisita nel 2013 da Thomson
Reuters. Potremmo anche assistere a operazioni di acquisizione da parte dei dirigenti delle funzioni know-how
all'interno degli studi legali.
Le imprese del know-how possono fornire una vasta gamma di servizi agli studi legali e agli avvocati in-house,
tra cui ricerche e aggiornamenti giuridici, forniture di documenti standard e practice notes, ecc.
La loro proposta al mercato è fare in modo che gli studi legali e i dipartimenti legali in-house che mantengono
questi fornitori, non abbiano più bisogno di utilizzare le proprie biblioteche, i propri servizi di informazione e di
ricerca, o i propri avvocati di supporto professionale. Queste imprese potrebbero non fornire direttamente
consulenza legale, ma essere impegnate in molti dei lavori descritti nel Capitolo 13. Ed è facile vedere,
strategicamente, come potrebbero progredire per fornire una gamma più completa di servizi di ingegneria
delle conoscenze giuridiche, analisi dei processi legali e servizi di project management legali.

Outsourcer di processi legali


Probabilmente i più importanti tra i nuovi fornitori legali alternativi, sono i legal process outsourcer (Lpo),
ovvero aziende che svolgono compiti di routine e ripetitivi, come l'analisi dei documenti nel contenzioso e la
redazione dei contratti di base. Tipicamente, questi business si sono stabiliti in Paesi dove i costi del lavoro
sono bassi, in particolare in India. Tuttavia, le Lpo tendono ad avere presenze significative anche nelle
giurisdizioni principali nelle quali si trovato i loro clienti (studi legali e dipartimenti legali interni). Questi
fornitori di servizi terzi sono ambiziosi e imprenditoriali, spesso nati come startup c poi cresciuti rapidamente.
Pertanto, possiamo aspettarci che le Lpo intraprendano un lavoro sempre impegnativo con sistemi sempre più
sofisticati. E, se la liberalizzazione lo permetterà, alcuni riusciranno senza dubbio a offrire servizi che un tempo
erano dominio incontrastato degli studi legali. Le Lpo sono in crescita costante, anche se non stanno
avanzando al passo rapido come alcuni avevano previsto. Gli outsourcer saranno datori di lavoro interessanti e
gratificanti per gli avvocati di domani, soprattutto per gli appassionati di ingegneria delle conoscenze
giuridiche, di analisi dei processi, di project management, ecc.

Business Retail
Per i clienti privati (individui e non aziende) ottenere servizi legali offerti «al dettaglio» da una banca o da un
supermercato potrebbe essere più conveniente e meno proibitivo che consultare uno studio legale
tradizionale. Ancora più importante di questo, tuttavia, è che le banche e le altre aziende retail, entrando nel
mercato dei servizi legali, porteranno con sé la standardizzazione e l'informatizzazione del lavoro di routine, in
particolare del lavoro fatto di alti volumi a basso valore. Queste attività saranno concorrenti dirette degli studi
legali tradizionali, specialmente delle piccole imprese, che insisteranno sul fatto che il loro servizio è più
personalizzato e quindi preferibile. Alla fine, quando il panorama economico volgerà al peggio, l’autore pensa
che le piccole imprese non riusciranno a competere sui prezzi. Sebbene molti avvocati temano che l'avvento di
questi nuovi concorrenti eliminerà la necessità di avvocati, la realtà è che i servizi legali forniti dalle banche e
da altri soggetti dovranno essere sviluppati e forniti da persone con notevole conoscenza giuridica. Qui come
altrove, non dobbiamo sostenere che gli avvocati non saranno più necessari, ma dobbiamo riconoscere che gli
avvocati di domani potrebbero essere assunti da imprese molto diverse dalle attuali. Queste imprese
potrebbero essere grandi marchi commerciali come quelli di banche, società di costruzione e supermercati, ma
anche compagnie di assicurazione, consulenti finanziari o studi di contabilità.

Agenzie di avvocati in affitto


Un'altra possibile dimora futura per gli avvocati è rappresentata dalle agenzie di servizi legali che mettono a
disposizione dei clienti avvocati free-lance. In poche parole, si può dire che «affittano» avvocati.
[N.B. L’esempio di questo tipo di business è Axiom, un'azienda internazionale negli Stati Uniti, che offre un percorso di
carriera alternativo per gli avvocati che non desiderano essere assunti dagli studi legali convenzionali o dai dipartimenti in-
house. Axiom offre una soluzione agli avvocati che preferiscono fa flessibilità di lavorare, per esempio, sei mesi all'anno,
per il fatto di avere bambini piccoli. Ha costruito un grande gruppo di avvocati part-time, disposti a lavorare su base
contrattuale o a progetto. L'attrattiva per il cliente è che gli avvocati di Axiom possono essere collocati all'interno delle
loro organizzazioni per soddisfare le richieste urgenti, e costano circa la metà dei loro colleghi che invece lavorano negli
studi legali convenzionali].
Alcuni business legali hanno creato imprese simili che lavorano a fianco degli studi tradizionali. Anche se
l'offerta parallela di questi avvocati a costi più bassi potrebbe essere vista come una “cannibalizzazione del
lavoro” degli studi legali tradizionali,
è pur vero che gli studi legali imprenditoriali vedranno l'opportunità di rendere disponibile l'esperienza legale
degli avvocati in modi nuovi e fantasiosi. Per gli avvocati qualificati che vogliono vivere una vita più flessibile,
queste agenzie diventeranno datori di lavoro sempre più importanti.
Studi legali new-look
In questa era di cambiamenti ci sarà posto anche per gli studi legali new-look. Questi studi legali new-look
non vogliono replicare la tradizionale struttura piramidale del profitto, o fatturare su base oraria. Al contrario,
mantengono le loro spese generali molto basse, incoraggiano lo smart-working, hanno modelli di risorse
flessibili, usano la tecnologia e la gestione della conoscenza in modo fantasioso, ecc. Tutto questo permette
loro di addebitare meno ai clienti e di rimanere profittevoli.
Le attività legali new-look potrebbero non offrire percorsi di carriera tradizionali verso la partnership, e
potrebbero non essere così redditizie come i giovani avvocati si aspettano dai migliori studi legali. Ma
offriranno ambienti stimolanti, vivaci e imprenditoriali, in cui molti giovani avvocati prospereranno in futuro.
Questi studi saranno aperti ai giovani avvocati che abbiano idee su come possano essere rivoluzionati i servizi
legali. L’autore ritiene che tali studi new-look siano meno antiquati, più flessibili e più rispettosi delle idee
proposte da avvocati giovani (o che hanno un cuore giovane).

Fornitori di servizi legali online


Per i giovani avvocati che desiderano intraprendere una carriera come ingegneri legali, un luogo naturale per
lavorare potrebbe essere un fornitore di servizi legali online. Che si tratti di consulenza online, produzione
online di documenti o risoluzione delle controversie online, si tratta di aziende che analizzano e
preconfezionano le normative, consentendo ai clienti di attingere a informazioni e servizi legali senza
consultare direttamente gli avvocati umani. Nello sviluppo di questi sistemi è tuttavia necessaria una profonda
competenza giuridica e, in futuro, molti laureati in Giurisprudenza e giovani avvocati troveranno lavoro in
queste imprese.

Consulenze di gestione legale


Anche alcune società di consulenza tradizionale e alcuni studi legali specializzati forniranno un impiego agli
avvocati di domani. Tali aziende si specializzeranno, per esempio, nell'analisi dei processi legali, nel project
management legale, nella gestione del rischio le-gale, nella consulenza sulle soluzioni migliori per gestire e
mantenere in maniera sostenibile la funzione legale interna. Queste specializzazioni potrebbero non rispecchiare
il lavoro che molti giovani e aspiranti avvocati hanno in mente quando iniziano i loro studi di diritto, ma
saranno comunque centrali nel mercato legale e nell'interesse dei clienti. In particolare, la richiesta per analisti
di processo legale e project manager legali sarà considerevole, cosicché giovani avvocati preparati e con
esperienza in questi campi, potrebbero risultare più interessanti di quelli che vantano solo conoscenze
teoriche di diritto. Nonostante gli avvocati parlano spesso con disprezzo dei consulenti di gestione, secondo
l’autore, questi ultimi saranno quelli che molti business legali di successo cercheranno di replicare nei prossimi
anni.

Aziende legal-tech
Attualmente esistono più di 1.200 startup di legal-tech in tutto il mondo. Non c'è dubbio che molte falliranno,
ma ci sono una serie di imprese indipendenti abbastanza mature che si stanno sviluppando con nuovi e
sorprendenti prodotti e servizi.
Questi sono i business che sconvolgeranno il mercato legale. È esagerato dire che stanno cercando di fare al
diritto ciò che Amazon ha fatto alla vendita di libri, ma se un giovane avvocato ha questo spirito, allora le società di
tecnologia legale potrebbero essere la sua destinazione.

Il primo lavoro nel settore legale


Nei tempi odierni, molti studenti di Giurisprudenza potrebbero incontrare crescenti difficoltà per assicurarsi un
tirocinio o un impiego come giovani avvocati in studi legali convenzionali. Ai laureati in Giurisprudenza l’autore
suggerisce di provare a ottenere un lavoro in uno studio legale o in un ufficio legale interno, in modo da poter
completare la formazione e abilitarsi come avvocati. Tuttavia, se non si riesce a fare così, ci saranno molte altre
attività legali che potrebbero essere interessate a coinvolgere i giovani laureati.

Capitolo 15 – Preparare gli avvocati per cosa?


Da alcuni anni, ormai, diverse scuole di diritto in tutto il mondo vengono criticate per aver accettato un
numero di studenti di gran lunga superiore a quelli che possono effettivamente essere assunti da studi e
altre attività legali.
Negli Stati Uniti l'argomento fu sollevato in modo molto netto, nel 2012, da Brian Tamanaha nel libro “Failing Law
Schools” in cui presentò delle statistiche governative, le quali suggerivano che ogni anno, fino al 2018, ci sarebbero
state solo 25000 nuove posizioni per i giovani avvocati, mentre le facoltà di Legge producevano ogni anno circa
45000 laureati. Sebbene le statistiche siano cambiate da allora, negli Stati Uniti e in molte altre giurisdizioni avanzate
e rimasta la tendenza a sovra-produrre i laureati in giurisprudenza.
È comprensibile che gli studenti di Giurisprudenza, i quali per completare i loro studi chiedono prestiti enormi, si
sentano delusi. Tuttavia, questi argomenti, oggi, non possono essere avanzati con la stessa credibilità di una volta,
dato che la questione è ampiamente nota e gli aspiranti avvocati che entrano nelle scuole di diritto sanno, o almeno
dovrebbero sapere, che cosa li aspetta.
Ecco la preoccupazione dell’autore in questo capitolo: l'appropriatezza di quello che le scuole di diritto
effettivamente insegnano. Bisognerà capire se questi enti educativi stanno preparando adeguatamente gli studenti
di legge per il mercato legale di domani.

Alcune ipotesi e preoccupazioni


Questo non è certamente il luogo per un'analisi dettagliata e valutativa delle teorie educative e del diritto. Tuttavia,
una serie di ipotesi e preoccupazioni sono alla base delle opinioni dell’autore sulla formazione attuale e futura degli
avvocati: in primo luogo, egli pensa che Legge possa essere una disciplina accademica che vale la pena di studiare in
quanto tale. Ma ci sono percorsi accademici diversi nello studio del diritto, per esempio tra Inghilterra e Stati Uniti.
Nel primo caso, Legge si può studiare come primo corso di laurea; mentre nel secondo può solo essere studiata
come un corso ulteriore, dopo aver ottenuto la prima laurea. Di conseguenza gli studenti americani, quando
studiano Legge, hanno una maggiore propensione a intraprendere poi la carriera di avvocato.
L’autore considera il fatto che lo studio accademico del diritto possa essere soddisfacente in per sé, non suggerisce
però che lo studio debba dedicarsi esclusiva mente a nozioni teoriche. Allo stesso modo, non significa nemmeno che
non ci sia tempo, in un corso di legge, per un periodo di pratica legale o per l'acquisizione sia di nozioni teoriche, sia
di competenze chiave della professione.
Il mio secondo assunto è che la formazione offerta dal conseguimento di una laurea in Giurisprudenza può fornire
competenze ed esperienze utili, indipendentemente dal fatto che un'attività legale venga o meno intrapresa in
seguito.
Una formazione giuridica può essere estremamente preziosa, non solo perché i laureati in Giurisprudenza ottengono
la conoscenza di un ampio corpus di norme e regolamenti, ma anche per il rigore intellettuale, la chiarezza di analisi,
la precisione del linguaggio, la facilità di pensiero critico, la capacità di ricerca intensiva e la fiducia nel parlare
pubblicamente, che una buona laurea in Giurisprudenza dovrebbe costruire e fornire.
In terzo luogo, l’autore è preoccupato dal fatto che la formazione giuridica impartita all'università e negli esami
professionali, in misura sufficiente a ottenere l'abilitazione, sia meno impegnativa di quella richiesta per molte altre
professioni rispettabili, come nel campo della medicina, dell'architettura, della scienza veterinaria, e in generale
vedo corsi di studio più lunghi e impegnativi. Non è che studiare Giurisprudenza all'università e sostenere esami
professionali sia un'opzione facile, ma è certamente quella più rapida e, almeno presumibilmente, è più facile
abilitarsi come avvocato che accedere a tolte altre grandi professioni.
L’ultimo argomento è che il ramo accademico e quello della pratica della professione legale non sono
sufficientemente collegati tra loro. Nell'Europa continentale è più normale che professori universitari di diritto
esercitino anche la professione legale. Ma in Inghilterra, e in larga misura anche negli Stati Uniti e in Canada, i
professionisti e gli studiosi di diritto operano in mondi diversi. In alcune giurisdizioni c'è anche una malsana
mancanza di rispetto reciproco: gli avvocati considerano gli accademici come teorici che stanno in una torre
d'avorio, lontani dal mondo reale; mentre gli studiosi considerano la pratica quotidiana del diritto un semplice atto
di consulenza commerciale, piuttosto che un serio e solido percorso giuridico.
In sintesi, l’autore assicura a chi sta prendendo in considerazione lo studio del diritto che, se ben insegnato, sarà
un'esperienza stimolante, un'ottima formazione per la vita. Tuttavia, le scuole di diritto vengono spesso criticate, e
non di rado dagli stessi professionisti legali, per il fatto di non preparare adeguatamente i giovani studenti alla
pratica del diritto.

La formazione che stiamo dando ai giovani avvocati, cosa li farà diventare?


La critica alle scuole di diritto finora non ha toccato una preoccupazione ancor più fondamentale. È vero che
molti avvocati che esercitano la professione mettono in dubbio la preparazione dei laureati in Giurisprudenza,
che devono lavorare negli studi legali. Ma se i laureati non sono ben attrezzati per la pratica legale attuale,
sono anche incredibilmente impreparati per il mondo legale dei prossimi due decenni, ci si deve allora
chiedere: si istruiscono i giovani avvocati a diventare che cosa? Questa è una delle domande fondamentali del
libro. Si istruiscono aspiranti avvocati a diventare consulenti tradizionali, che offrono servizi su base individuale
e personalizzata e che si specializzano nel diritto delle singole giurisdizioni e si fanno pagare su base oraria?
Oppure si prepara la prossima generazione di avvocati a essere professionisti più flessibili, più orientati verso il
lavoro di gruppo, più sofisticati tecnologicamente, commercialmente astuti, in grado di rompere barriere legali
e professionali?
La profonda preoccupazione dell’autore è che l'approccio nelle scuole di diritto e nei tirocini professionali sia
profondamente sbilanciato verso la prima descrizione, con poca attenzione per la seconda. In effetti, una
preoccupazione ancora maggiore è che molti educatori giuridici e responsabili politici non sappiano nemmeno
che esiste una seconda opzione.
Per guardare la questione in un altro modo, nella formazione dei nostri avvocati ci stiamo concentrando
sull'incubazione di una nuova generazione di consulenti esperti, di fiducia del cliente, e di professionisti capaci;
ma stiamo anche ignorando le loro probabili carriere future come ingegneri delle conoscenze giuridiche, tecnici
legali, analisti di processo, project manager legali, gestori del rischio legale e tutto il resto. È fondamentale,
naturalmente, continuare a fornire ai giovani avvocati gli strumenti per operare come consulenti esperti di
fiducia e professionisti interni di prim'ordine; ma se i programmi non cambiano e se non si ampia la
formazione, per includere altri nuovi ruoli, i futuri studenti, così come i loro clienti, saranno svantaggiati.
In molte scuole di diritto la legge viene insegnata come se fossimo ancora negli anni ‘70, da professori che
hanno scarsa conoscenza o interesse per come si sta evolvendo il mercato legale. Troppo spesso, viene
prestata scarsa attenzione a fenomeni come la globalizzazione, la standardizzazione, la tecnologia, la gestione
aziendale, la valutazione del rischio, la scomposizione e la fornitura alternativa di servizi legali.

Più posto al futuro, nella formazione giuridica


Non bisogna pensare neanche per un secondo che l’autore stia suggerendo di gettar via materie giuridiche
fondamentali come la disciplina contrattualistica, il diritto costituzionale e il codice civile. Oppure che non si
insegni più il metodo giuridico: a saper pensare come un avvocato, ad affrontare e organizzare un insieme di fatti
complessi, a condurre ricerche giuridiche, ragionare con la legge, interpretare la legislazione e la giurisprudenza, e
molto altro ancora. Ma certamente bisogna riflettere su come preparare un giovane avvocato in modo più
adeguato alla pratica legale dei prossimi decenni. Si potrebbe arguire che il momento e il luogo adatto per
formare gli studenti nelle nuove discipline descritte, non sia la scuola di diritto ma i corsi post-laurea. E ci può
essere un argomento ancora più convincente a favore di una formazione più intensa in questi, campi
emergenti del diritto, mentre si intraprende un contratto di formazione, un tirocinio o una sorta di contratto di
apprendistato.
È chiaro che le scuole di diritto non possono ignorare le future prassi. Ciò rappresenterebbe un'inadempienza
al loro dovere.
Di conseguenza, suggerisce che bisogna almeno offrire delle opzioni agli studenti di Giurisprudenza nelle
scuole di diritto (e in tutte le fasi della loro formazione), in primo luogo per studiare le tendenze attuali e
future nei servizi giuridici; e in secondo luogo per apprendere alcune competenze giuridiche del XXI secolo,
che saranno importanti nel sostenere i futuri lavori in ambito legale. Questo non dovrebbe essere un dovere
eccessivamente oneroso per le scuole di diritto, e quindi gli studenti possono ragionevolmente esigere questo
dalle università, pagate per fornire una formazione giuridica sufficiente e adeguata.
Vi sono prove crescenti della necessità di una professione legale che si spinga oltre il servizio tradizionale, e si
rivolga a settori quali la gestione del rischio legale e il legai project management. In tutte le fasi della loro
formazione giuridica, gli studenti dovrebbero avere la possibilità re e l'opportunità di conoscere il proprio
futuro. Nell'istituire questi corsi, sarebbe cosa buona coinvolgere i professionisti, sia per dare agli studenti una
visione sulla possibile evoluzione del mercato, sia per il reciproco arricchimento tra i rami accademici e pratici
della professione.
L’autore ha una richiesta particolare da fare ai professori di diritto in tutto il mondo: di interessarsi al futuro
del servizio giuridico, di intraprendere ricerche (forse di natura socio-legale) sulle tendenze della professione;
di mostrare agli studenti il probabile futuro, di resistere all'impulso di essere (secondo le parole del preside di
una scuola di diritto canadese) «all'avanguardia della tradizione».
A malincuore bisogna ammettere che non c'è una sola scuola di diritto in Inghilterra che possa vantare un
centro dedicato alla tecnologia giuridica o allo studio del futuro dei servizi legali. La concezione dell'attività
legale generalmente condivisa dall'accademia giuridica inglese, mal si concilia con le opinioni prevalenti nella
professione, sul futuro del servizio giuridico.
Infine, la linea di pensiero esplorata in questo capitolo fornisce anche un nuovo punto di vista su una vecchia
domanda: «Se voglio essere un avvocato, dovrei laurearmi in Giurisprudenza?» Non c’è una risposta definitiva, ma
dato che il servizio giuridico di domani attingerà sempre più spesso ad altre professioni, oggi più che in passato
esistono forti argomenti a favore dello studio di altre discipline, prima di quella legale: come il management,
l'informatica e l'analisi dei sistemi.
Capitolo 16 – Un nuovo campo di allenamento
All’autore viene spesso chiesto in che modo i giovani avvocati impareranno il loro mestiere in futuro. La
preoccupazione in questo caso è che, secondo l’autore, una gran parte del lavoro di routine e ripetitivo, un tempo
gestito da giovani avvocati, sarà presto fornito in modi diversi: che si tratti dell'esternalizzazione di processi legali, di
compiti affidati a para-legali, della tecnologia o del resto. Se il lavoro giuridico di base, che tutti i giovani avvocati
svolgevano come parte della loro formazione, in futuro sarà svolto da altri, come faranno i giovani a imparare per
diventare esperti?

Un problema di formazione
Questa è una sfida importante ma non decisiva, per coloro che sostengono la fornitura alternativa di servizi
legali. Non decisiva, in parte perché questo è un problema verso il quale pochissimi clienti sono sensibili. In
sostanza, parliamo di formazione: se si vogliono fornire servizi legali in maniera alternativa, bisogna che gli
studi legali ripensino anche la formazione dei loro avvocati. La maggior parte dei clienti opteranno per un
servizio legale a basso costo fornito da uno studio legale che deve rivedere la sua formazione, piuttosto che
per un servizio ad alto costo, reso da uno studio che appare risolutamente legato ai metodi di formazione del
passato. La radice del problema è che, a causa della c.d. «guerra per i talenti», molti studi pagano stipendi
altissimi nella speranza di attrarre i laureati migliori. Tuttavia, per quanto talentuosi possano essere questi
giovani avvocati, il loro valore per i primi due anni negli studi legali è più nel loro potenziale che nei servizi
effettivi resi ai clienti. Fino al 2006 circa, la verità non detta era che la maggior parte dei clienti in realtà pagava
per la formazione dei giovani aspiranti avvocati degli studi legali. Infatti, i clienti pagavano tariffe orarie
piuttosto elevate per la prestazione di questi tirocinanti, anche se la maggior parte del lavoro, di tipo process-
based, serviva ai giovani avvocati per imparare lavorando. Sebbene imparassero velocemente, di sicuro non
avevano un'esperienza o una competenza sufficienti per giustificare le tariffe addebitate.
Oggi, al contrario, in tempi più austeri dove i clienti chiedono più servizi legali a costi inferiori, non sono più
disposti a pagare a tariffe orarie i tirocinanti che imparano il mestiere lavorando sugli affari e le controversie
dei clienti.
Ciò che quindi l’autore vuole esprimere, in maniera provocatoria, è che non dobbiamo confondere
l'addestramento con lo sfruttamento. È scorretto pensare che ai giovani avvocati serva completare questi
lavori di routine per imparare il mestiere. Piuttosto, questa forma di delega è stata in realtà uno dei pilastri del
modello di redditività piramidale, che fino a poco tempo fa godeva di un successo incontrastato. In ogni caso,
non è affatto scontato che gli aspiranti avvocati diventino esperti dopo aver trascorso diversi mesi su quello
che è in gran parte lavoro amministrativo. Ci sono maggiori prove a sostegno del fatto che i giovani avvocati
imparano meglio il loro mestiere lavorando a stretto contatto e osservando gli avvocati esperti in azione.
Detto questo, è vero che alcuni lavori che potrebbero essere forniti in maniera alternativa sono comunque
formativi e rappresentano un buon metodo per imparare. Ciò che invece non è chiaro è come gli studi legali si
stiano preparando a rispondere all’avversione dei clienti a pagare per la formazione dei giovani avvocati.
Opzione probabile, anche se impegnativa per molti studi, potrebbe essere quella di non addebitare più ai
clienti il lavoro svolto da tirocinanti giovani avvocati, a meno che il lavoro di questi ultimi non comporti
davvero un valore aggiunto. Ciò ridurrebbe direttamente i profitti di quegli studi che si affidano alla struttura
piramidale. Ne potrebbero derivare due possibili conseguenze per i giovani avvocati: la prima è che, tranne i
migliori talenti, i giovani avvocati potrebbero essere pagati di meno rispetto al passato; la seconda è che gli
studi legali probabilmente assumeranno sempre meno giovani tirocinanti e avvocati. Tutto ciò sembra davvero
una minaccia per i giovani laureati in Giurisprudenza.

Ripensare la formazione giuridica


Qual è l'alternativa alla formazione degli avvocati, che prevede il lavoro su questioni giuridiche relativamente
semplici e di routine? Se gli studi legali vogliono davvero rivedere la formazione offerta, l’autore suggerisce
che in futuro si basino su tre elementi fondamentali. Il primo è il ritorno a qualche variante del modello di
apprendistato. Se i giovani avvocati lavorassero, come da tempo succede nelle grandi aziende di accounting (e
ora un po' anche negli studi legali), in spazi aperti con professionisti esperti, potrebbero osservare e
apprendere metodi efficaci per comunicare e relazionarsi con i clienti.
Se invece trascorrono la maggior parte del loro tempo con altri giovani avvocati e con grandi scatole di
documenti, non saranno in grado di vedere e assorbire le migliori pratiche. In secondo luogo, anche se i
compiti vengono esternalizzati, i giovani avvocati possono comunque, in parallelo, svolgere lavori di questo
tipo, in parte per imparare il mestiere e in parte anche per controllare la qualità del lavoro svolto da fornitori
esterni. In contrasto con il passato, gli studi legali dovrebbero sostenere essi stessi il costo di questo lavoro.
Infine, i giovani avvocati dovrebbero beneficiare delle tecniche di e-learning esistenti ed emergenti, che nelle
loro forme più avanzate possono essere estremamente utili. Queste vanno oltre le lezioni, fino alla pratica
legale simulata online e agli ambienti virtuali di apprendimento legale. L'adozione della tecnologia da parte
della professione legale dovrebbe andare oltre l'automazione di un ufficio e dovrebbe cambiare il modo in cui
si istruiscono i giovani avvocati ad avere a che fare con i clienti.

L' e-learning e la pratica legale simulata


La maggior parte degli avvocati e dei giudici di una certa età hanno studiato legge prima dell'avvento del
personal computer. Gran parte del tempo passato in quegli spazi veniva utilizzato per memorizzare lunghe liste
di nomi di casi e sezioni di codici, insieme a riassunti che ne spiegavano il significato. Le scuole di diritto di
domani e i college che offrono corsi di pratica legale o per la conversione di un'altra laurea conseguita, non
dovrebbero utilizza-re acriticamente nulla di questa metodologia. Prendiamo come esem-pio le tradizionali
lezioni di un'ora. Esistono ora argomenti convincenti, considerando i costi e la realtà per decidere di limitare le
tradizionali lezioni dal vivo solo alle occasioni, relativamente rare, in cui intervengano relatori importanti,
promettendo di offrire un'esperienza educativa memorabile. La verità è che la maggior parte delle lezioni
convenzionali di diritto nel Regno Unito, non sono tenute da oratori dotati (né tantomeno addestrati). Non c'è
da stupirsi se la partecipazione è bassa. Non ci sono buone ragioni per non sostituire noiosi professori
autoritari con lezioni online, che possono essere introdotte da relatori straordinari e stimolanti (selezionati da
tutto il mondo) che mettono a disposizione videoregistrazioni delle loro lezioni. In alternativa, si può
partecipare a distanza a lezioni dal vivo in modalità webinar, con la possibilità di discutere e porre domande.
Lo stesso autore ritiene che gli i-tutorial e la supervisione online avevano cambiato l'esperienza di
apprendimento degli studenti di legge durante il corso di pratica legale del college. Gli studenti trovarono
queste mini-lezioni molto utili, in quanto potevano essere stoppate, riavviate e riprodotte su qualsiasi
dispositivo così come su un pc.
Questo creò quello che l’autore definisce «Oxbridge elettronico», cioè un sistema che replica molti punti di
forza del sistema d'insegnamento tradizionale (la pressione, l'ispirazione e l'attenzione di un tutor esperto
personale), in un modo pratico e accessibile. Lezioni online, i-tutorial e supervisione virtuale sono solo una parte
del futuro dell'educazione in ambito legale.
[N.B. Il lavoro pionieristico di Paul Maharg ci ha condotto oltre questa prima generazione, in un mondo di formazione
basato sulla simulazione e l'apprendimento transazionale. Queste tecniche furono da lui inventate e implementate,
durante il corso post-laurea di pratica legale per il diploma scozzese, alla Strathciyde University, per il quale progettò una
città immaginaria, Ardcalloch, in cui gli studenti di diritto svolgevano il ruolo di avvocati in studi legali virtuali. Un luogo
dove gli studenti possono esercitare la pratica del diritto tramite simulazioni di transazioni legali e controversie reali,
lavorando con avvocati esperti che agiscono come clienti e giudici in questo ambiente virtuale].
Non c’è alcun dubbio che gli studenti immersi in un ambiente di lavoro virtuale, con la partecipazione e il
supporto di avvocati, sono esposti a un'esperienza di apprendimento più profonda e indimenticabile, che
supera di gran lunga le lezioni mal frequentate e i tutorial poco partecipativi. Queste tecniche di e-learning
diventeranno solo più potenti: la simulazione della difesa, la redazione dei documenti, le riunioni con i clienti,
le negoziazioni, le revisioni di documenti e molto altro ancora saranno disponibili online, in maniera sempre più
ampia. Queste strutture saranno più efficaci nella formazione di giovani avvocati, rispetto al metodo che
invece chiede loro di rivedere pile infinite di documenti o di memorizzare elenchi di casi.

Capitolo 17 – Sette domande ai datori di lavoro


A tutti quei giovani avvocati che si stanno candidando per un nuovo lavoro, l’autore offre alcune questioni da porre
quando, alla fine di un colloquio estenuante, si ritroveranno di fronte all'inevitabile domanda: «Hai qualcosa che
vorresti chiederci?» L’autore consiglia di fare queste domande anche a un giovane avvocato che lavori attualmente
in uno studio e si stia chiedendo se voglia continuare a lavorare li. Queste domande sono molto simili a quelle che
rivolge ai titolari degli studi legati, quando gli chiedono una consulenza. Insieme contribuiscono a determinare
quanto siano orientati al futuro e quale sia il loro approccio verso il cambiamento. Le domande sono accompagnate
da un avvertimento: è di solito controproducente apparire eccessivamente polemici o sovversivi nei colloqui.
È bene essere pronti con alcune osservazioni acute, che potrebbero anche rivelarsi utili e rilevanti per aiutare gli
avvocati di domani a riflettere seriamente su alcune complicate questioni.
- Avete una strategia a lungo termine? Questa semplice domanda può suscitare ogni sorta di reazioni
fisiche, dalle risatine nervose ai grugniti denigratori. I leader degli studi legali spesso rispondono di non aver
scritto la loro strategia in un documento formale, ma che tutti i partner sanno quale sia. Chiaramente, questa è
un'assurdità. La maggior parte dei partner confesserà in privato di non avere alcuna idea su quale sia la
strategia del proprio studio. Gli stessi titolari fingono/tentano di razionalizzare.
Non è che un documento strategico abbia un grande valore di per sé, ma la sua assenza di solito tradisce la
mancanza di pensiero strategico. Attenzione ai titolari degli studi legali che dicono che nell'attuale clima
economico il loro focus deve essere sul breve termine. Come già sottolineato, i migliori leader tengono
d'occhio sia il breve termine che il successo a lungo termine delle loro organizzazioni. C'è da preoccuparsi
profondamente quando un senior partner è più preoccupato di «cogliere i frutti sui rami più bassi» e vuole
ottenere «vittorie rapide». Questo focus sul breve termine spesso precede un rapido declino.. È comunque
improbabile ricevere un documento strategico completo, che sarà custodito conte se fosse «top secret». Ma si
può ottenere un breve riassunto. Ciò che si dovrebbe cercare in questo documento è la prova che uno studio
abbia riflettuto a fondo sui cambiamenti, tenendo in conto il più ampio contesto imprenditoriale e in
particolare quello del mercato legale. Il documento dovrebbe trasmettere l'ambizione dell'azienda, la
situazione in cui spera di trovarsi, per esempio, tra 5 anni, e i grandi cambiamenti che deve apportare per
arrivarci. Dovrebbe indicare i mercati in cui lo studio cercherà di operare e competere. Tale documento
dovrebbe provare che il senso generale della direzione strategica proposta sia realistico. Se non esiste un
documento strategico con tali contenuti, allora questa non è un'impresa che si sta preparando saggiamente per il
futuro, e quindi probabilmente non è neanche un'impresa che fornirà una solida base agli avvocati di domani.
- Come si svolgerà l'attività legale nel 2036? Questa domanda, sul modo in cui il servizio legale
potrebbe cambiare nel corso della prossima generazione, guarda ai cambiamenti che accadranno nei prossimi
20 anni. Nell'introduzione a questo libro l’autore ha osservato che quando frequentava la facoltà di legge,
all'inizio degli anni ‘80, e discuteva sul futuro con gli amici e i professori, l'opinione comune pareva essere che il
lavoro quotidiano di base degli avvocati sarebbe rimasto lo stesso anche a distanza di un quarto di secolo. In
quel caso, non ci sbagliavano. A quel tempo non esistevano fattori di cambiamento evidenti e imminenti, la
liberalizzazione dei servizi legali e la tecnologia (i temi principali di questo libro). In maniera radicalmente
diversa, oggi stiamo assistendo a un aumento esponenziale dell'adozione e del potere della tecnologia,
sarebbe molto imprudente da parte di chiunque sostenere che il servizio legale, nel 2036, sarà più o meno lo
stesso di oggi. Naturalmente, nessuna può prevedere con certezza come sarà il nostro mondo, ma nel porre a un
potenziale datore di lavoro una domanda su un futuro lontano, non si dovrebbe cercare una risposta definitiva e
autorevole. È bene diffidare di chi, rispondendo, fornisca, una risposta eccessivamente dogmatica in qualsiasi
direzione. Il tipo di azienda in cui si dovrebbe voler costruire la propria carriera, se si è convinti dagli argomenti e
dalle previsioni di questo libro, è lo studio in cui i suoi membri esprimono interesse e preoccupazione per gli anni a
venire. Si dovrebbe cercare uno studio che abbia verso il futuro un atteggiamento aperto e accogliente.
- Vi conforta l'immobilità di altri studi? Se il cambiamento è inevitabile, allora avvocati brillanti in
importanti studi legali di solito non tardano ad adattarvisi prontamente ed efficacemente. Non hanno scelta.
Gli studi legali sono più motivati dalla necessità di evitare svantaggi competitivi che dalla sete di ottenere un
vantaggio. Qui troviamo un forte contrasto con molti altri settori, come per esempio l'elettronica di consumo,
dove la motivazione trainante è quella di superare la concorrenza in velocità e astuzia. Quando l’autore
incontra i leader di uno studio legale, trova che il modo più semplice per motivarli sia quello di parlare dei
notevoli risultati ottenuti dai loro più stretti concorrenti. Ne consegue, quindi, che molti avvocati traggono
davvero grande conforto dal sapere che altri studi abbiano dedicato poco tempo a ripensare il loro modo di
lavorare, il loro modo di utilizzare la tecnologia. Per questo, bisognerebbe essere molto positivi nei confronti di
uno studio che dice di essere guidato non dai suoi concorrenti ma dalle esigenze dei propri clienti; che il
mercato necessiterà di cambiamenti fondamentali e che il conservatorismo di altri studi offrirà l'opportunità di
far emergere un nuovo leader di mercato. Se questi sono i messaggi comunicati da uno studio, bisogna
impegnarsi per essere assunti proprio lì. I fornitori alternativi sul mercato legale, come outsourcers di processi
legali, editori giuridici o grandi studi contabili hanno un appetito molto più grande per il cambiamento e
un'eccitazione maggiore per quanto riguarda il futuro, rispetto a quella dimostrata dai principali studi legali, i
quali spesso rispondono in maniera poco convincente alle mutevoli condizioni di mercato.
- Quale approccio preferite per la fornitura alternativa di servizi legali? Dato che i clienti chiedono
sempre più spesso ai loro consulenti legali di trovare il modo di ridurre i costi del lavoro di routine e del lavoro
ripetitive, quali sono gli approcci che trovate più promettenti? È bene diffidare di quegli studi che si limitano a
guardare molto attentamente a questa sfide, o che sono attualmente in trattative con fornitori a basso costo
come gli outsourcer di processi legali, gli avvocati in «affitto», ecc. Occorrono prove concrete della loro azione
e attività, senza fidarsi di discussioni e riflessioni. Se gli studi dichiarano di aver investito su qualcosa come un
centro off-shore o un contratto di subappalto è utile cercare di saperne di più, per verificare se quell'investimento
rappresenti solo un approccio di facciata o se si tratti effettivamente di un impegno serio. Di solito, sarà semplice
determinare se un'impresa si è veramente impegnata in questa direzione. Si percepirà l'entusiasmo degli avvocati,
che avranno anche storie da raccontare su ciò che ha funzionato bene e su ciò che invece deve essere perfezionato.
- Quale ruolo giocherà la tecnologia negli studi legali del futuro? La maggior parte degli avvocati non
si sentono a proprio agio quando parlano del cambiamento che la tecnologia porta nei loro studi. Parleranno in
maniera abbastanza articolata dei sistemi che usano attualmente, come la posta elettronica, l'elaborazione di
testi, PowerPoint e dei loro amatissimi dispositivi portatili. La maggior parte degli studi legali sarà dotata di
dipartimenti molto sofisticati e la loro dipendenza tecnologica è molto profonda. Ma le tecnologie non sono i
sistemi di back office, ma tutto quello che influenza e supporta direttamente il servizio ai clienti. Una categoria,
per esempio, è quella dei sistemi di conoscenza: la raccolta di applicazioni (dalla rete intranet, alle banche dati, ai
social network interni) che cercano di catturare e mettere a disposizione l'esperienza e le competenze collettive di
uno studio; o i sistemi di relazione coi clienti, come le deal room online, che forniscono nuovi canali di
comunicazione tra lo studio e i clienti; o i sistemi di servizi legali online, che forniscono consulenza legale e
documenti.
Nel prossimo decennio vedremo la tecnologia abbandonare le filiazioni back office e trasformare, spesso in
modo dirompente il modo tradizionale in cui gli avvocati hanno lavorato con i loro clienti. Per valutare la
sofisticazione tecnologica di uno studio, si dovrebbe cercare prima di individuare se si stia occupando dei tipi
di cambiamento appena citati e si dovrebbe ricevere la prova che stiano investendo in queste tecnologie
emergenti.
- Avete un dipartimento di ricerca e sviluppo? Se sei un'azienda di elettronica di consumo, come Apple o
Sony, non hai ancora inventato i prodotti che tra 5 anni saranno alla base del tuo business. La posizione è simile in
aziende del settore farmaceutico. Questo è il motivo per cui queste e molte altre aziende hanno budget e
dipartimenti specifici per la ricerca e lo sviluppo: ovvero un gruppo di persone molto brillanti alle quali è data la
libertà di pensare in modo profondo e creativo, e che si occupano di ideare ogni sorta di possibile offerta per il
futuro. La maggior parte delle loro idee non vede mai la luce del giorno. Gli addetti alla ricerca e sviluppo sono
incoraggiati a pensare l'impensabile, a essere coraggiosi e audaci.
Esiste una sfida analoga per gli studi legali: probabilmente, anche gli avvocati, tra 5 o 10 anni, offriranno servizi
che ancora non hanno concepito. Allora, questi studi come pensano di innovare? Chi inventerà nuovi servizi
giuridici che cambieranno il mercato? Non è quindi irragionevole chiedere agli studi legali se investono in R&S
e, in caso affermativo, in che modo. Un'ulteriore domanda in questo caso potrebbe riguardare la percentuale
di ricavi annuali reinvestita in ricerca. Sono pochissimi gli studi legali che dispongono di dipartimenti di R&S o
di budget dedicati; per cui sarebbe già una risposta incoraggiante sentirsi dire che sanno che sarà presto
necessario farlo. Gli studi che si comportano in maniera sbrigativa, e che sperano di adottare ancora il vecchio
modo di lavorare, non dovrebbero essere considerati come posti dove lavorare a lungo termine.
- Se vi fosse data la possibilità di progettare uno studio legale da zero, come sarebbe? Nel lavoro
di consulenza con i clienti, l’autore ha costruito un esercizio formale intorno a questa domanda, chiamandolo
“pensieri su fogli bianchi” e ha scoperto che la maggior parte degli avvocati, quando pensa al futuro, tende a
essere vincolata dalla propria situazione attuale. Guardano al futuro partendo dal proprio passato;
camminano verso il futuro all'indietro. Al contrario, in questi tempi di grandi cambiamenti, l’autore incoraggia
gli studi legali a essere visionari, a dimenticarsi dell'attuale organizzazione e posizionamento, e a fare un balzo
in avanti per considerare dove potrebbero e dovrebbero essere tra 5 anni. Perseguendo una linea di indagine
simile, bisogna cercare di capire dai potenziali datori di lavoro che cosa cambierebbero se potessero agitare
una bacchetta magica, e come risponderebbero alle pressioni attuali e imminenti se potessero ricominciare il
loro business da zero.
Si potrebbe scoprire che questo esperimento di pensiero distoglie l'attenzione degli avvocati dai loro modi
attuali di lavorare e rivela alcune affascinanti intuizioni su dove collocherebbero lo studio legale, quante
persone impiegherebbero, come si procurerebbero il lavoro, quale tecnologia potrebbero utilizzare, come si
procurerebbero capitale esterno e molto altro ancora. Se nella risposta fosse evidente che l'attività
immaginata sarebbe molto simile a quella attuale, sarebbe una delusione.
Se, al contrario, la domanda suscitasse una serie di pensieri fantasiosi e coinvolgenti sui diversi modi di
lavorare, allora quel datore di lavoro potrebbe rivelarsi una prospettiva entusiasmante.

Capitolo 18 – L’intelligenza artificiale e il lungo termine


A lungo termine, i cambiamenti che prevedo per gli avvocati e per l'amministrazione della giustizia saranno pervasivi,
irreversibili e trasformativi. L’autore è fiducioso che, a mano a mano che ci addentreremo nel prossimo decennio,
assisteremo a molti cambiamenti fondamentali. Guardando più avanti, entro il 2036, tanto per scegliere una data
qualsiasi da qui ai prossimi vent'anni, entro la quale la maggior parte dei giovani avvocati di oggi si troverà a metà
della propria carriera lavorativa, non è fantasioso aspettarsi che la professione legale sarà irriconoscibile. In
quest'ultimo capitolo, Lo scopo sarà quello di collocare questa rivoluzione giuridica in un contesto più ampio.
Intelligenza Artificiale (AI)
Quando si pensa al futuro del diritto, è difficile per gli avvocati ignorare l'enorme interesse che sta suscitando
l'intelligenza artificiale (Al). È molto frequente che un giornale o una piattaforma di social media ci racconti
che, per esempio, un avvocato robot o un sistema basato sull'intelligenza artificiale sia migliore del
precedente, o addirittura che sostituirà i tradizionali avvocati. A parere dell’autore, molte delle previsioni
attuali sopravvalutano il probabile impatto che l'intelligenza artificiale avrà nei prossimi anni. Allo stesso
tempo, per quanto possa sembrare stravagante, credo che invece sottovalutino la probabile influenza a lungo
termine della tecnologia sul mondo legale. Le macchine e i sistemi intelligenti stanno diventando sempre più
capaci e, nel corso del tempo, riusciranno a svolgere sempre più compiti legali che una volta erano
giurisdizione esclusiva dei professionisti. Questo sembra essere ciò che le persone hanno in mente, quando
parlano di intelligenza artificiale nei sistemi giuridici, con la capacità di svolgere varie categorie di lavoro legale
che in passato richiedevano l'intelligenza degli avvocati. In particolare, la recente discussione sull'AI si è
concentrata sull'analisi dei documenti, sulla giustizia predittiva, sulle risposte alle domande legali e, in misura
minore, sull'automazione dei documenti. Nessuno pensa che questi sistemi siano effettivamente coscienti ma,
dal punto di vista funzionale, sembrano poter svolgere parte del lavoro degli avvocati. Quando l’autore ha
iniziato a lavorare nel campo dell'intelligenza artificiale e del diritto, esisteva un approccio dominante nel
settore: i processi di conoscenza e ragionamento di esperti legali venivano estratti dalle loro teste attraverso
un processo di intervista conosciuto come stimolazione della conoscenza (“knowledge elicitation”). Questa
conoscenza veniva codificata in complessi alberi decisionali, per poi essere trasferita in sistemi informatici,
attorno ai quali gli utenti non esperti potevano navigare.
Li chiamavamo sistemi esperti basati su regole. Ponevano domande agli utenti ed erano in grado di fornire
risposte e di redigere documenti legali, spesso a uno standard più elevato rispetto agli esperti umani. Anche se
gli scettici dicono che questa prima ondata di AI abbia avuto uno scarso impatto, le sue tecniche di base sono
ancora oggi ampiamente utilizzate, per esempio, nei sistemi di automazione dei documenti in tutto il mondo,
così come nei servizi legali online offerti dagli studi legali. Inoltre, il settore multimiliardario della compliance
fiscale (in tema di imposte sulle società e sulle persone fisiche) è stato costruito su questa prima ondata di AI
nel diritto. È importante notare che ora ci troviamo nella seconda ondata di AT e che i suoi sviluppatori
rifiutano l'idea originale: ovvero che il modo migliore per essere sicuri che le macchine risolvano problemi
legali sia di modellarle prendendo spunto dai migliori esperti umani.
Tre tipi di sistemi sono cruciali:
- In primo luogo, ci sono quelli che possono analizzare enormi quantità di documentazione legale.
Questo è il mondo dell'apprendimento automatico (“machine learning”) e del “Big Data”. Alcuni sistemi
possono formulare previsioni più precise di quelle di avvocati esperti. Una famiglia di sistemi correlati
(inizialmente formati o super-visionati da avvocati) può effettuare ricerche all'interno di grandi pacchi, cartacei di
contenzioso, e identificare i documenti rilevanti in modo più preciso rispetto agli avvocati e agli assistenti legali.
Tecniche simili sono utilizzate per la due diligente. Questi sistemi sono stati definiti dirompenti.
- Secondo: sono dirompenti anche i sistemi che rispondono alle domande e risolvono i problemi in
modo apparentemente intelligente (Q&A legale). La migliore illustrazione è Watson di IBM, il sistema che apparve
nel 2011 in una diretta televisiva di un quiz americano, battendo i due migliori concorrenti umani di sempre. È un
sistema che può, in modo efficace, rispondere a domande postegli su qualsiasi argomento, in maniera più rapida e
accurata di qualsiasi essere umano. Ispirati dai successi iniziali di Watson nel mondo della medicina, diversi studi e
fornitori legali stanno ora collaborando con IBM per utilizzarlo anche nel mondo del diritto.
- Infine, c'è il campo dei c.d. computer empatici, che fornisce sistemi in grado di rilevare ed esprimere
emozioni. Questi sistemi riescono già a distinguere un sorriso falso da uno genuino, in modo più affidabile degli
esseri umani. Considerando che le macchine di oggi possono fare previsioni, identificare documenti rilevanti,
rispondere a domande e gestire le emozioni, a uno standard più elevato rispetto agli esseri umani, diventa non
solo ragionevole, ma fondamentale, chiedersi se saranno gli umani o i sistemi a svolgere il nostro lavoro negli
anni a venire. E pensare che ancora molti avvocati insistono fermamente sul fatto che il loro lavoro non possa
essere sostituito dalle macchine. Questa affermazione di solito si basa su ciò che Daniel Susskind e l’autore
definiscono «AI fallacy», ovvero l'opinione che l'unico modo per far si che le macchine superino i migliori
avvocati sia quello di copiare il modo in cui questi lavorano. L'errore consiste nel non riconoscere che la
seconda ondata di sistemi di intelligenza artificiale non replica il ragionamento umano. Così, anche nel diritto,
gli avvocati umani saranno superati dalla potenza di elaborazione bruta e da incredibili algoritmi, che operano
su grandi masse di dati. A mano a mano che le nostre macchine diventeranno sempre più capaci, si
prenderanno pezzi sempre più grandi del lavoro degli avvocati. I migliori e più brillanti professionisti
resisteranno più a lungo: quelli più esperti, che svolgono compiti che non possono o non devono essere
sostituiti da macchine. Ma non ci saranno compiti sufficienti da svolgere, per mantenere in servizio armate di
avvocati tradizionali. Questa non è una minaccia imminente per gli avvocati: perlomeno nel prossimo
decennio, per gli avvocati ci sarà la riassegnazione in lavori diversi, verso la disoccupazione. Durante questo
periodo, le carriere degli dovranno essere pianificate, sia per competere con le macchine, ovvero cercando
lavori legali che favoriscano le capacità umane rispetto all'intelligenza artificiale) sia per costruire le macchine
(cercando di essere direttamente coinvolti nello sviluppo e nella fornitura di nuove tecnologie e sistemi legali).
A lunghissimo termine, sarà difficile evitare l'inevitabile: ovvero che ci sarà molto meno bisogno di avvocati
convenzionali.

Trapani o fori?
È comprensibile che la discussione sulla sostituzione di gran parte del lavoro degli avvocati con l'AI susciti di
solito molto nervosismo e indignazione tra avvocati e studenti di diritto. Spesso è utile invitare gli scettici a
considerare uno degli aneddoti preferiti dall’autore, relativo a un produttore leader di utensili elettrici. Si dice
che questa società faccia fare a tutti i suoi nuovi dirigenti un corso di formazione. All'inizio viene chiesto loro di
prestare attenzione a una diapositiva su un grande schermo, con la fotografia di un lucente trapano elettrico.
Poi viene chiesto se ciò che vedono sia proprio ciò che l'azienda vende.
I nuovi dirigenti all'inizio rimangono sorpresi da questa domanda; poi, tutti insieme, trovano il coraggio di
rispondere in maniera affermativa: «Questo è ciò che l'azienda vende». Con evidente soddisfazione, i formatori
passano alla diapositiva successiva, che rappresenta una foto, trapanato con cura su una superficie di legno.
«Questo è in realtà ciò che vogliono i nostri clienti, ed è compito vostro, come nuovi dirigenti, trovare modi sempre
più fantasiosi e competitivi per dare ai nostri clienti ciò che vogliono». L'aneddoto contiene una grande lezione per
gli avvocati. La maggior parte degli avvocati senior, quando contemplano il futuro della loro attività, tendono a
adottare la mentalità «trapano». Si chiedono: «Che cosa facciamo oggi?» Risposta: «un servizio vis a vis di
consulenza, spesso su base oraria». E poi: «Come possiamo rendere questo servizio più economico, più veloce o in
qualche modo migliore?» Molto raramente fanno un passo indietro e si interrogano, per analogia, sul buco nel
muro del mondo legale.
Quali sono i valori e i benefici che i clienti davvero cercano quando istruiscono i loro avvocati? Per quanto
riguarda gli avvocati, ad avviso dell’autore la sfida più significativa deriva dalla seguente interpretazione: che
cosa succederebbe se riuscissimo a trovare modi nuovi e innovativi per consentire ai nostri clienti di attingere
alle nostre conoscenze e competenze?
In particolare, naturalmente, cosa succederebbe gli avvocati potessero mettere a disposizione le conoscenze e
competenze attraverso un'ampia gamma di servizi legali online, sia per la redazione di documenti sia per la
risoluzione di controversie?
Se riescono a trovare metodi online per consentire l'accesso alla loro esperienza, rendendo quindi il servizio
legale meno costoso, meno ingombrante, più conveniente e più veloce, allora i clienti, oppressi come sono
dalla sfida del «più a meno», accoglierebbero questi servizi a braccia aperte. Viene spesso ribadito che i clienti
vogliono sempre e comunque un avvocato di cui potersi fidare. La mia ricerca suggerisce il contrario.
Le persone con problemi legali vogliono una soluzione affidabile: e se questa può essere offerta da un servizio
online in maniera tale da porre rimedio ai loro problemi (in modo affidabile), allora rinunciano volentieri al
servizio di un avvocato.

Il «non cambiamento» è l'opzione più improbabile


Spesso si dice, in maniera superficiale, che non si può prevedere il futuro. Questo approccio sembra
autorizzare chi non ha immaginazione, chi non guarda lontano, gli indolenti, a scartare ogni previsione
catalogandola come inutile speculazione.
Al contrario, l’autore crede che sia possibile anticipare molte (ma non tutte) delle grandi tendenze, se non
proprio i dettagli specifici del mondo ancora da venire. Date le attuali condizioni economiche, lo spostamento
verso la liberalizzazione, i nuovi fornitori sul mercato e l'aumento esponenziale e fiorente del potere e
dell'utilizzo della tecnologia, è inimmaginabile che le nostre attuali istituzioni giudiziarie e la nostra professione
legale restino sostanzialmente invariate nel prossimo decennio. Infatti, mi sembra che lo scenario meno
probabile sia quello di un futuro dove il mondo del diritto subisce pochi cambiamenti.
Eppure, le strategie della maggior parte degli studi legali, delle scuole di diritto e dei dipartimenti legali
sembrano presupporre proprio questo. In realtà, in gran parte del mercato legale, il modello attuale non è
semplicemente insostenibile, ma si è già rotto. Guardiamo il diritto e il servizio giuridico da un altro punto di
vista. Al centro c'è l'informazione giuridica (che va dalla materia prima come la legislazione, fino a una
profonda esperienza riposta nella te-sta degli specialisti). Attualmente stiamo assistendo, nella nostra società,
a un cambiamento nella «sottostruttura dell'informazione», questo termine usato nel 1996 dall’autore per
indicare il principale modo in cui le informazioni venivano catturate, condivise e diffuse. Riprendiamo il punto
di vista degli antropologi, i quali pensano che gli esseri umani abbiano attraversato 4 fasi della «sottostruttura
dell'informazione»: l'età della parola, dove dominava la comunicazione orale; l'era della scrittura; poi la
stampa; e ora un mondo in cui la comunicazione è appannaggio della tecnologia. Si formerà senza dubbio una
quinta sottostruttura quando, fra 30 o 40 anni, le nanotecnologie, la robotica, la genetica e la tecnologia in
generale si riuniranno. In quest'epoca di «transumanesimo», l’ipotesi è che interi corpi di leggi e
regolamentazioni, in futuro, saranno incorporati in chip e reti, che a loro volta saranno impiantati nelle nostre
pratiche lavorative o, eventualmente, anche collegati al nostro cervello. Oggi stiamo giungendo al termine
della transizione fra la terza e la quarta fase di sviluppo, ci troviamo fra una società industriale basata sulla
stampa e una società Internet basata sulla tecnologia. Il punto chiave è che la «sottostruttura
dell'informazione» nella società, determina in larga misura quante leggi abbiamo, quanto sono complesse,
quanto metodicamente vengono cambiate; e determinano anche chi è in grado, in modo responsabile e
consapevole, di dare suggerimenti in materia. Se esaminiamo il modo in cui la legge si è evoluta attraverso la
storia, possiamo comprendere le mutazioni in termini di cambiamenti della «sottostruttura dell'informazione».
La legge è basata sull'informazione. E siamo nel bel mezzo di una rivoluzione dell'informazione. Non è quindi
folle sostenere che la legge e il lavoro degli avvocati non ne usciranno indenni. Questa fu una previsione
formulata guardando ai 20 anni seguenti, e ancora una volta mi sento di dire che la traiettoria che avevo
immaginato si è dimostrata accurata, anche se ammetto che siamo in ritardo di circa 5 anni.

Abbiamo davvero bisogno di una professione legale?


I cambiamenti previsti in questo libro intensificano la quantità e profondità delle domande poste sul futuro del
servizio professionale.
La professione contabile, la professione medica e la professione legale, per esempio, hanno rispettivamente il
diritto esclusivo e il permesso di condurre revisioni contabili, di eseguire interventi chirurgici e di svolgere
attività di difesa nelle aule di tribunale. È come se esistesse un contratto sociale — chiamato anche «il grande
affare» — che consente ad alcune classi di persone qualificate e competenti di intraprendere un lavoro, che
invece verrebbe etichettato come imprudente e pericoloso se tentato da persone normali. Così, vi sono questi
consulenti di fiducia che hanno la responsabilità di tenere aggiornate le loro conoscenze e di applicarle in
modo confidenziale, e a prezzi accessibili. Sono la loro formazione ed esperienza, la loro competenza e
integrità, e il loro codice morale che ci permettono di dargli fiducia e di avere un’ottima reputazione di loro.
Questo modello, tuttavia, presenta diversi problemi. In primo luogo, nella maggior parte delle società,
fatichiamo a mettere a disposizione la conoscenza e l'esperienza professionale in modo individuale e
convenzionale. In tali tempi di crisi economica, i servizi sanitari, i servizi legali, i servizi educativi e molto altro
ancora subiscono enormi pressioni. Il vecchio modello sembra incapace di offrire un servizio facilmente
accessibile e conveniente. La seconda sfida per il modello tradizionale è rappresentata dallo sviluppo di un
nuovo canale, tramite il quale offrire conoscenze ed esperienze. Questo è Internet. Come già indicato in questo
libro, sarà possibile alle persone normali attingere alle conoscenze e all'esperienza degli avvocati attraverso, per
esempio, sistemi di consulenza legale online, sistemi di automazione dei documenti, comunità di esperienza legale, o
anche attraverso una consultazione in videoconferenza, meno costosa. Una terza sfida per la professione va al
cuore di una questione cruciale: quali sono le motivazioni di coloro che si oppongono al cambiamento.
Basandosi sulla citazione di Clay Shirky all'inizio di questo libro, sono i leader e le istituzioni all'interno delle
professioni che cercano di preservare il problema al quale loro stessi dovrebbero dare la soluzione. Non c'è
nessuno così conservatore o reazionario, come coloro che beneficiano dello status quo. Possiamo osservare che
nel mondo del diritto esistano due fazioni distinte (e pochi in mezzo): i custodi benevoli e le guardie gelose. I custodi
benevoli sono coloro che, coerentemente con la concezione della professionalità appena citata, pensano che
coltivare la legge e renderla accessibile ai membri della società, sia un loro dovere. Loro rappresentano l'interfaccia
tra il diritto le persone no-mali, e si sforzano di essere user-friendly. Al contrario, le guardie gelose desiderano
delimitare e rendere esclusivi i settori della pratica legale, a prescindere che l'attività richieda o meno l'esperienza di
avvocati e disinteressandosi dell'impatto che questa sorta di protezionismo avrà sull'accessibilità e sulla disponibilità
del servizio giuridico.
Negli Stati Uniti, quando gli avvocati si oppongono ai servizi legali online che aiutano i cittadini, sostenendo che i
fornitori sono impegnati in una pratica non autorizzata del diritto, vediamo spesso in azione questa seconda fazione.
La falsità delle loro affermazioni — che la loro principale preoccupazione è l'accesso alla giustizia o la salva-guardia
degli interessi dei loro clienti —fa rabbrividire. In verità, molti (ma non tutti), si preoccupano principalmente di loro
stessi e delle minacce ai loro guadagni e alla loro autostima.
La vostra missione (degli avvocati del futuro)
Detto ciò, si chiede agli avvocati di domani di assumere il ruolo dei custodi benevoli; di essere onesti con sé
stessi e con la società in tutti quegli ambiti dell'attività legale che devono essere realmente tutelati dagli
avvocati nell'interesse dei clienti. Ma dovrebbe anche esercitare questa professione tenendo in conto
l'interesse della società e non quello degli avvocati.
Dove, in tutta coscienza, i servizi legali possono essere offerti in modo responsabile e affidabile da non-
avvocati, devono celebrare l'accesso alla giustizia e usare il loro talento creativo e imprenditoriale per trovare
altri modi nei quali le loro conoscenze ed esperienze legali possano aggiungere un importante valore ai loro
clienti.
Come spesso l’autore ricorda agli avvocati, la legge esiste per provvedere al sostentamento degli avvocati,
nella stessa maniera in cui una malattia offre sostentamento ai medici. Lo scopo del diritto non è quello di
assicurare lavoro agli avvocati d'affari. Lo scopo degli avvocati è aiutare a supportare i bisogni della società
nelle problematiche legali.
Alan Kay, uno scienziato informatico della Silicon Valley, fa un'osservazione differente, ma pur sempre
correlata.
Una volta ha detto che «il modo migliore per prevedere il, futuro è inventarlo». Questo è un messaggio potente
per gli avvocati di domani: il futuro del servizio legale sta lì fuori ad aspettare, già prearticolato e pronto per
essere colto.
Non è che l’autore e altri commentatori che seguono le tendenze dei servizi legali, possano vedere il futuro
mentre la maggior parte degli avvocati non è in grado. Quello che fa l’autore è di allestire un buffet metaforico,
un luogo di possibili piatti che avvocati o altri fornitori di servizi legali possono scegliere o meno. Per questo gli
avvocati di domani si dovrebbero entusiasmare: oggi, come mai prima d'ora, c'è l'opportunità di essere
coinvolti nel disegnare la prossima generazione di servizi legali. Troveranno la maggior parte degli avvocati più
anziani li aiuterà poco in questa ricerca.
Infatti, i più senior tenderanno a essere cauti, protettivi, conservatori, se non reazionari. Resisteranno al
cambiamento e vorranno spesso aggrapparsi ai loro metodi di lavoro tradizionali, anche se questi ormai hanno
superato la loro data di scadenza.

«La verità è che siete soli. Vi esorto a unirvi al crescente movimento che definisco “Miglioriamo la giustizia”, e a
usare la tecnologia per tracciare nuove strade per il diritto, la nostra istituzione sociale più importante».

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