Manuale Di Valutazione Neuropsicologica Dell'adulto
Manuale Di Valutazione Neuropsicologica Dell'adulto
Capitolo 1
Neuropsicologia e neuroscienze cognitive
La neuropsicologia è la disciplina che studia la relazioni tra danni cerebrali e funzioni
cognitive superiori.
Da un punto di vista clinico descrive e definisce i disordini conseguenti alla lesione
cerebrale e indica i percorsi diagnostici e i trattamenti riabilitativi e terapeutici.
Dal punto di vista sperimentale la neuropsicologia, partendo dalla condizione patologica,
trae inferenze sulla funzione normale per costruire modelli del funzionamento cognitivo che
aiutino la comprensione e la gestione delle condizioni cliniche -> se la lesione di una
particolare area cerebrale ha provocato un determinato deficit allora quella parte di cervello
è coinvolta nella funzione normale.
Vantaggio approccio neuropsicologico allo studio delle basi neurali del sistema cognitivo: la
lesione cerebrale, provocando conseguenze comportamentali controintuitive, non previste
dalla psicologica tradizionale, svela aspetti e sotto componenti del sistema che lo studio di
cervelli e prestazioni normali non riesce a cogliere.
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un dominio cognitivo. Con le osservazioni di Broca si è soliti datare la nascita della
neuropsicologia scientifica.
L’assunzione principale della neuropsicologia cognitiva classica è che il sistema abbia delle
caratteristiche modulari -> esistono delle aree discrete del cervello che in modo quasi
esclusivo rappresentano le basi neurali di una specifica e limitata funzione cognitiva.
Questo ha portato all’affermarsi del metodo delle dissociazioni (il metodo delle doppie
dissociazioni) per trarre inferenze sulla funzione normale -> poiché le capacità cognitive
sarebbero rappresentate nel cervello in modo discreto, una lesione focale del cervello
dovrebbe danneggiare una sottocomponente del sistema, lasciando intatte le altre e
producendo quindi delle dissociazioni tra prestazioni che dipendono da diversi sistemi
anatomo-funzionali.
Da qui nasce la necessità di raccogliere dati in gruppi di controllo neurologicamente intatti
per stabilire le soglie di normalità.
La neuropsicologia si avvale dello studio di gruppi di paziente selezionati seguendo due
approcci principali la cui scelta dipende dalla domanda di ricerca:
1. Selezione del campione sulla base del danno anatomico -> sono ammessi alla ricerca tutti
i paziente che condividono le caratteristiche lesionali a prescindere dai sintomi cognitivi
e/o dai deficit sensomotori che presentano. Risponde alla domanda generica sulle
funzioni dell’area danneggiata e permette di trarre correlazioni anatomo-cliniche.
2. Selezione del paziente sulla base del sintomo che si sviluppa dopo la lesione cerebrale ->
prescindendo dalla sede lesionale, sono inclusi tutti i pazienti che presentano un preciso
deficit cognitivo-comportamentale. E’ utile se si vogliono studiare le caratteristiche
cognitive intrinseche del deficit, la sua conformazione e le eventuali compromissioni co-
occorrenti.
Sia nella neuropsicologia sperimentale che nella neuropsicologia clinica, l’aspetto cruciale
per la valutazione del paziente è la scelta del compito o del test da proporre.
Contesti sperimentali -> richieste comportamentali variano in relazione al quesito teorico
che ci si pone per raccogliere dati attendibili e statistici.
Neuropsicologia clinica -> valutazione tende a definire e inquadrare problemi cognitivo-
comportamentali per diagnosi e suggerire metodi di intervento.
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Capitolo 2
La valutazione neuropsicologica: aspetti metodologici ed etici
Dal momento che la pratica professionale ha a che vedere con popolazioni fragili è
necessario identificare modalità operative adeguate, monitorare continuamente i
comportamenti professionali e applicare opportune azioni correttive secondo il modello
etico-decisionale di Shane Bush che assiste il neuropsicologo nei conflitti etici connessi alla
pratica clinica e garantisce la migliore professionalità:
• Identificare e circoscrivere il problema.
• Considerare significato e peso del contesto e del setting.
• Identificare e utilizzare le risorse etiche e legali disponibili.
• Considerare le opinioni e i valori individuali espressi dalle parti in causa.
• Sviluppare possibili soluzioni.
• Considerare le potenziali conseguenze delle soluzioni prospettate.
• Scegliere e implementare il percorso d’azione.
• Verificare il risultato.
• Applicare eventuali azioni correttive.
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Condotta d’esame:
- Setting
La valutazione neuropsicologica ha come obiettivo la migliore prestazione ottenibile dal
paziente, per questo è importante favorire la massima collaborazione e concentrazione da
parte del pz.
Quindi, il primo punto di attenzione riguarda il setting d’esame che deve avere queste
caratteristiche: essere confortevole, luminoso e contenente il minor numero di fattori
distraenti.
E’ importante che vi sia una scrivania ampia e libera, sopra la quale stanno solo gli oggetti
adibiti alla valutazione; occorre assicurarsi che non ci siano rumori distraenti sia all’interno
che all’esterno della stanza; è necessario che il paziente si senta a proprio agio e che anche
la temperatura sia adeguata (nè troppo calda nè troppo fredda).
- Colloquio preliminare
Rappresenta il momento in cui è necessario capire la modalità di invio, inoltre spesso
accade che il paziente acceda alla valutazione neuropsicologica senza sapere di cosa si tratta
e questo può essere molto controproducente. Lo psicologo deve dunque informare il
paziente delle finalità, delle modalità, della durata e delle conseguenze dell’esame.
Il colloquio è anche il momento dell’anamnesi neuropsicologica (esordio, tipologia, durata
del disturbo) e di una prima osservazione comportamentale (capacità di eloquio, attenzione,
aspetti emotivo-affettivi).
Informazioni utili possono anche essere ricavate da altri interlocutori, come i familiari,
alcuni conoscenti o colleghi, ma l’ascolto deve avere il consenso del paziente.
E’ inoltre opportuno ed etico informare su finalità, modalità, durata e conseguenze
dell’esame.
Secondo Lezak, l’esaminatore in questa sede dovrebbe affrontare 7 argomenti:
1. obiettivo dell’esame;
2. natura dell’esame;
3. uso che verrà fatto delle info ottenute;
4. riservatezza;
5. rilascio delle info al paziente;
6. spiegazione delle procedure testistiche;
7. vissuto del paziente nel sottoporsi alla valutazione.
All’atto del primo colloquio devono essere esplicitati la definizione e il rispetto dei vari
ruoli, sia nel rapporto a due con l’esaminato, sia con eventuali altri interlocutori.
- Consenso informato
Il consenso informato è un “atto etico, non burocratico” che ha l’obiettivo di informare il
paziente su ragioni, obiettivi, uso e possibili conseguenze dell’esame neuropsicologico,
dove vengano specificate dettagliatamente tutte le informazioni relative agli aspetti che
regolamentano il rilascio e i destinatari del referto.
L’articolo 24 del Codice deontologico degli psicologici italiani stabilisce che:
“Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al
gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni
adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse,
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nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi
ne ha diritto possa esprimere un consenso informato. Se la prestazione professionale ha
carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile
durata.”
Il fatto che un paziente sia compromesso sul piano cognitivo non ci esonera da tale obbligo.
Mentre se il paziente è affetto da demenza severa o ritardo mentale grave, tali da necessitare
di una figura tutoriale allora il consenso va richiesto al rappresentante legale della persona;
per un minore di genitori divorziati il referente è il titolare della custodia legale.
Esistono tuttavia condizioni particolari in cui il consenso informato alla valutazione
neuropsicologica non è previsto:
• quando l’esame è richiesto per legge (es. psico forense);
• quando l’esame è parte di una routine istituzionalizzata.
- Strumenti di valutazione
Gli strumenti di valutazione tradizionali sono principalmente i test che permettono di
classificare in modo quantitativo la prestazione del paziente attraverso una scala numerica o
un sistema categoriale. In tal modo è possibile stabilire dove si colloca la prestazione del
soggetto rispetto a dati normativi (deficitaria, borderline, normale) e monitorarne
l’evoluzione.
I test dovrebbero rispondere a caratteristiche di:
• Riproducibilità -> costanza di risultato in tempi diversi e/o con serie diverse di item
alternativi;
• Validità -> se misurano ciò per cui sono stati fatti;
• Sensibilità -> probabilità di documentare il difetto in tutti i soggetti deficitari = pochi falsi
negativi;
• Specificità -> probabilità di risultare normale nei casi in cui la malattia è assente = pochi
falsi positivi nei non affetti;
• Standardizzazione -> possesso di regole precise di somministrazione e attribuzione di
punteggi.
Ma il principale elemento che contraddistingue i test è la teoria di riferimento ->
direttamente derivata dalle scienze cognitive che hanno l’obiettivo comune di comprendere
come il soggetto umano realizza la conoscenza e di come i processi cognitivi emergono dal
loro substrato biologico (cervello -> modo in cui la mente emerge dal cervello.
Sono relativamente pochi i test creati ad hoc per l’utilizzo neuropsicologico, e le tarature
sono spesso obsolete infatti la maggior parte fa riferimento a quelle di Spinnler e Tognoni
che le fecero negli anni ’80. Tuttavia oggi non sono più rappresentativi della popolazione
normale (causa allungamento della vita, causa contaminazione crossculturale ecc), anche
perchè i combiamenti storici, sociali e culturali possono influenzare le prestazioni cognitive-
intellettive.
Può addirittura accadere che sia da testare un paziente che presenta un problema per il quale
non esistono dei test specifici (consapevolezza, intenzione ingannevole ecc); in tal caso lo
psicologo non deve arrendersi ma ricorrere a dei test affini o tarature limitrofe, dando una
interpretazione qualitativa più che quantitativa.
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- Scelta del test
Raramente la scelta del test è fatta a priori, se non di fronte a precise indicazioni provenienti
da una visita preliminare, in genere neurologica.
Nella pratica comune, si effettua una prima valutazione dove si ricorre spesso a batterie fisse
di test (es. MMSE o WAIS) -> vantaggio di affidabilità dei dati normativi ma limiti di essere
poco adattabili al quesito diagnostico e a volte poco pratici (ad es. perchè lunghi).
Dopo una prima fase di screening, di solito il giorno seguente, ha inizio la fase di
approfondimento diagnostico mirato a singole funzioni attraverso l’utilizzo di batterie
flessibili, ovvero costruite su misura del singolo caso, indirizzate a esplorare aree specifiche
che la fase di screening ha evidenziato come vulnerabili o deficitarie.
La batteria ideale dovrebbe essere orientata e sensibile a quei deficit ritenuti presenti nel
caso in esame; dovrebbe esservi la minima interazione con il sistema motorio, visivo e
sensoriale compromessi e con il tono dell’umore; l’effetto apprendimento deve essere
ridotto al minimo.
L’esame neuropsicologico deve essere minuzioso e può richiedere fino a 2/3 giorni per
essere completato.
- Modalità di somministrazione
Il neuropsicologo deve apparire calmo e interessato, mantenendo tuttavia un ruolo fermo e
distaccato, richiamando il pz se si distrae, evitando di frustrarlo ma anche di assecondarlo.
Alleviare l’ansia del paziente con incoraggiamenti e rassicurazioni ma senza aiutarlo nello
svolgimento del test.
L’esame può essere scisso in più sessioni in caso di stanchezza del paziente, che non
superino però i 90-120 minuti cadauna.
Nella valutazione, l’impatto di una prestazione neuropsicologica può influire su quella
successiva, per cui i clinici dovrebbero tenere tale aspetto in grande considerazione.
E’ necessario seguire rigorosamente le modalità previste dell’esame e l’ordine di
somministrazione descritto nei manuali.
- Psicometrista
Lo psicometrista è un operatore che si dedica alla somministrazione dei test e alla siglatura
dei risultati, i quali verranno poi interpretati dal neuropsicologo di riferimento.
Si tratta spesso di studenti, specializzandi, psicologi e medici in formazione che permettono
al clinico di risparmiare tempo ma che allo stesso tempo fungono da intermediatori che
potrebbero ridurre l’efficacia diagnostica ad una mera raccolta di dati numerici in quanto
impediscono l’identificazione di errori di valutazione, fattori emotivi e dati qualitativi.
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Più difficile è invece il controllo della soggettività del soggetto esaminato -> l’indagine del
comportamento non può in alcun modo prescindere dalla collaborazione cosciente del
soggetto.
Nel comportamento infatti si riversa tutta la soggettività: ansia, stanchezza, noia,
aspettative, scopi, credenze, attribuzioni, proiezioni, tratti di personalità; tra le possibili
sorgenti di contaminazione soggettiva, gli scopi e gli interessi rivestono un ruolo
preponderante.
Se è possibile immaginare un test neuropsicologico interamente libero dalla soggettività
dell’esaminatore, è invece impossibile immaginarlo libero dalla soggettività dell’esaminato.
Quando l’atteggiamento soggettivo del pz è intenzionale, consapevole e diretto ad acquisire
benefici secondari ben consci allora si parla di simulazione.
Preme precisare però che nessuna delle pratiche in uso garantisce l’assoluta discriminazione
fra un comportamento genuino e falsificatorio ed è anche importante andare oltre l’etichetta
di mero “simulatore” perchè la presenza di un comportamento falsificatorio può riflettere
una condizione patologica, organica (es. sindrome frontale), oppure psicologica
(soddisfazione di bisogni intrapsichici) -> infatti, esagerazione non equivale a simulazione.
- Esami seriali
Nel caso in cui sia necessario ripetere degli esami in modo seriale per monitorare
l’evoluzione di una condizione morbosa o l’effetto di un trattamento
, i risultati dell’esame possono subire dei condizionamenti che ne limitano l’attendibilità.
Uno degli aspetti critici è legato all’effetto apprendimento (practice effect) causato dal test-
retest che potrebbe comportare il miglioramento della prestazione -> è doveroso nel referto
fare presente la potenziale influenza dell’effetto apprendimento.
Il neuropsicologo esperto dovrebbe essere consapevole dei fattori che condizionano i
cambiamenti da una sessione testistica all’altra.
- Prestazione a distanza
Nella pratica clinica quotidiana, l’esame a distanza (es. telemedicina) non garantisce la
genuinità dei risultati, quindi va evitato.
Può essere ammesso solo in ambito sperimentale e di ricerca.
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Refertazione e rilascio dei dati
Una volta che la somministrazione è conclusa, l’esame neuropsicologico prevede una serie
di passaggi che avvengono in assenza di interlocutori: siglatura dei risultati e refertazione.
- Refertazione
Il protocollo neuropsicologico prevede la combinazione di informazioni cliniche e
psicometriche e si divide in tre parti:
1. Resoconto narrativo delle info e delle osservazioni ricavate durante il colloquio con il pz
e con i familiari, sintesi della documentazione clinica e dei dati strumentali disponibili;
2. Presentazione completa dei risultati ottenuti ai test;
3. Parte conclusiva -> sintesi e conclusione, ovvero il referto in cui tutti i dati disponibili
vengono integrati al fine di formulare una risposta dettagliata ai quesiti proposti dal
richiedente.
Il referto neuropsicologico è l’espressione della qualità del lavoro svolto e deve avere
caratteristiche conformi allo standard di prodotto secondo i protocolli e le linee guida:
Deve essere scritto in lingua italiana e senza abbreviazioni, contenendo tutti i dati
quantitativi per ogni test applicato e con i valori normativi di riferimento.
La presentazione dei dati deve essere fatta con una terminologia che permetta
l’interpretazione anche da parte di chi non è neuropsicologo.
Le conclusioni cliniche devono riferirsi coerentemente al quesito diagnostico e devono
essere indicate le eventuali necessità di controlli futuri o di altri accertamenti diagnostici.
Il referto deve riportare anche le info relative all’esaminatore e deve essere consegnato
direttamente al pz o alla persona delegata.
Nel caso di una valutazione in ambito forense, il referto deve contenere l’esplicito cenno
all’utilizzo a fini medico-legali del documento che viene rilasciato.
Elementi costituenti:
• Intestazione -> logo e riferimenti completi della struttura erogante e/o del professionista.
• Dati anagrafici del paziente
• Dati clinico-anemnestici -> medico richiedente, motivo della richiesta, indicazione se
primo esame o controlli successivi, notizie sulla storia medica e neurologica e su segni e
sintomi neurologici e neuropsicologici.
• Risultati -> descrizione analitica delle valutazioni eseguite.
• Conclusioni -> si specificano quali test sono risultati a norma e quali no, e deve essere
definito il bilancio delle funzioni cognitive specificando se è compatibile con un pattern
neuropsicologico o a una sindrome definita.
- Neuropsicologia crossculturale
In questo campo si parla di crossculturalità quando esistono significative diversità culturali
o linguistiche fra l’esaminatore, il pz, gli informatori, i test e/o il contesto sociale; è
frequente la richiesta di valutazione neuropsicologica in soggetti di lingua, etnia,
provenienza geografica diversa da quella italiana -> indagine neuropsicologica a persone
culturalmente e linguisticamente diverse è un’area di vulnerabilità critica.
1. La lingua diversa implica la difficoltà nella comprensione delle consegne e
nell’esecuzione dei compiti -> ne consegue la necessità di un interprete, che però deve
essere neutrale e non coinvolto. L’interprete non è esente da fattori di possibile
inquinamento dei risultati.
2. Gli strumenti testistici che abbiamo a disposizione continuano ad essere tarati su
popolazione non rappresentativa di componenti multirazziali con l’evidente rischio di
risultati non attendibili.
I fattori che sicuramente influenzano le differenze cognitive tra gruppi sono la qualità
dell’educazione, la diversa cultura, la scolarizzazione etc.
Molti autori invocano l’abbandono di classificazioni razziali o etniche nella ricerca, poichè
esse creano un potenziale stigma e rinforzano il concetto di razza, e sostengono la necessità
di privilegiare il miglioramento delle conoscenze dell’influenza multiculturale sulle funzioni
cognitive.
E’ necessario dunque:
• Promuovere la disponibilità di servizi neuropsicologici culturalmente competenti
• Stimolare la ricerca neuropsicologica all interno delle minoranze etniche
• Incoraggiare lo sviluppo di carriere di neuropsicologi con diversi background etnico-
culturali
In mancanza di linee guida ad hoc per il neuropsicologo italiano è possibile solo suggerire
alcune indicazioni di buona pratica clinica che emergono dall’analisi della letteratura:
- Utilizzare test poco sensibili alle diversità culturali.
- Nell’utilizzo di un interprete utilizzare un professionista.
- Prevedere nelle tarature una maggior inclusione di soggetti di etnia e cultura diversa.
- Migliorare gli interscambi culturali per avere più facilità a interpretare comportamenti
influenzati da diverse culture.
- Opportuno disegnare test ad hoc per esplorare tali comportamenti, con il contributo di
rappresentanti delle diverse culture.
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- L’esame su richiesta di terzi
Nel caso in cui un ente o una figura legale richieda l’esame neuropsicologico, lo psicologo
deve informare i soggetti circa la natura del suo intervento professionale ed è tenuto a
chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell’intervento secondo il Codice
Deontologico.
Il referto inoltre non viene indirizzato al pz bensì a chi lo richiede, ed è necessario che ciò
venga chiarito prima di iniziare l’esame.
Ambiti specifici
- Neuropsicologia geriatrica
Il pz anziano è spesso complesso, poiché al presunto malfunzionamento cognitivo si
sommano anche vari effetti motori e sensoriali dell’invecchiamento.
Uno dei fattori critici è anche la compliance, che a volte sfocia in una reazione catastrofica e
rifiuto dell’esame che può essere visto come un’intrusione fastidiosa e ingiustificata, quasi
un’offesa.
In età senile dunque vi sono delle condizioni mediche generali che si possono ripercuotere
sul funzionamento cognitivo ed è frequente l’assunzione cronica di farmaci, molti dei quali
hanno un effetto negativo sul rendimento cognitivo.
Mancano, come se non bastasse, i dati per gli ultraottantenni.
L’esame neuropsicologico dell’anziano deve mirare non solo alla verifica del funzionamento
cognitivo, ma anche a svelare l’eventuale esistenza di disturbi comportamentali e
psichiatrici (ansia, depressione etc) tenendo in considerazione delle forme subdole legate a
situazioni ambientali e sociali.
Durante l’esame è necessario mettere il pz al centro della nostra attenzione, relegando ai
familiari il ruolo di comprimari; avendo un atteggiamento gentile e rassicurante ma neutrale
e professionale.
Come in ogni esame è necessario chiarire i ruoli e concordare l’uso delle info che
emergeranno.
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Capitolo 3
Stima del livello intellettivo e del rendimento cognitivo globale
L’esame neuropsicologico di un pz. con riferiti o ipotizzati disturbi cognitivi prevede quasi
sempre una preliminare valutazione del livello intellettivo e/o del rendimento cognitivo
globale.
Il principale obiettivo dello studio dell’intelletto in ambito psicologico -> misurare e
spiegare le differenze individuali nell’intelligenza.
Nonostante la definizione di intelligenza sia controversa, non vi è dubbio che il termine
intelletto o intelligenza indichi una sorta di efficienza mentale generale.
• Wechsler -> intelligenza: “capacità complessiva o globale di in individuo di compiere
azioni finalizzate, di pensare in modo razionale e interagire in modo efficace con
l’ambiente”.
• Galton -> primo tentativo di misurazione delle capacità intellettive umana e precursore
dell’applicazione delle scale di valutazione e dei questionari. Riteneva che l’intelligenza
fosse ereditabile e che ci fosse una correlazione tra il livello intellettivo dei genitori e
quello dei figli. Quindi, l’intelligenza è stata considerata per lungo tempo una capacità
innata, dipendente dal patrimonio genetico ereditato dai genitori.
• Piaget -> sia fattori genetici che fattori ambientali contribuiscono ad innalzare o ad
abbassare il rendimento intellettuale del bambino.
• Dagli inizi del Novecento, si inizia a studiare l’intelligenza in termini psicometrici e a
definire una misura globale dell’intelletto.
• William Stern e Lewis Terman -> introducono il concetto di quoziente d’intelligenza
(QI): indica il numero che si ottiene dividendo l’età mentale del soggetto per l’età
cronologica e moltiplicando il risultato per 100. L’utilità pratica del QI è il fatto che si
rimane abbastanza stabile nel tempo, iniziando a declinare solo dopo gli 80 anni, partendo
da alcune determinate capacità: risposte immediate e veloci.
• Charles Spearman (teoria fattoriale) -> ipotizza l’esistenza di un fattore G, innato e non
modificabile dalla scolarizzazione + numerosi fattori S (fattori specifici) che invece
possono essere modificati.
• Cattel elaborò una modulazione della teoria fattoriale ipotizzando due tipi di intelligenza
generale:
- intelligenza fluida -> capacità di pensare logicamente e risolvere i problemi in
situazioni nuove; riflette la capacità dell’individuo di acquisire nuove conoscenze e
abilità cognitive ed è vulnerabile all’invecchiamento e al danno cerebrale.
- Intelligenza cristallizzata -> capacità di utilizzare competenze, conoscenze ed
esperienze precedentemente acquisite e stabilizzate; riflette il patrimonio cognitivo
cumulato nel corso dell’esistenza ed è più resistente a un possibile danno.
Con l’avvento delle neuroscienze cognitive il focus si è spostato verso le subcomponenti
dell’intelligenza, analizzate nell’esecuzione di compiti specifici.
a) Teoria Tripolare (Sternberg): tre processi basilari dell’intelligenza, definiti componenti
dell’intelligenza:
1. Metacomponenti -> processi esecutivi che pianificano e controllano l’elaborazione
dell’informazione.
2. Componenti di Performance -> eseguono strategie pianificate.
3. Componenti di conoscenza -> regolano l’acquisizione di conoscenze.
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La teoria inquadra l’intelligenza umana secondo 3 punti di vista:
1) Intelligenza contestuale (Interazione con ambiente esterno), dare risposte adeguate al
contesto in atto.
2) Intelligenza componenziale (la relazione con l’ambiente interno), consiste nella
capacità di risolvere un problema e rispondere ai quesiti.
3) Intelligenza creativa (l’interfaccia tra i due ambienti), capacità di affrontare con
successo situazioni sconosciute ricorrendo a risposte nuove.
Questi tipi di intelligenza sono tutti presenti in noi ma i vari contesti ambientali ne
farebbero sviluppare una piuttosto che l’altra componente -> differenze individuali sono
interpretabili in termini di eterogeneità di stili cognitivi e i diversi stili di pensiero sono
modi privilegiati o preferiti di esprimere e utilizzare le proprie abilità.
Intelligenza = adattamento, selezione e modellamento attivo all’ambiente dell’individuo.
In conclusione appare difficile poter pensare che esista un fattore generale dell’intelligenza,
piuttosto le neuroscienze cognitive postulano la possibilità di specifiche connessioni critiche
per differenti abilità intellettuali e che tali connessioni sia sviluppati in relazioni a diversi
stimoli ambientali.
La neuropsicologia considera l’intelligenza come somma di molteplici abilità,
principalmente sono presenti due gruppi di capacità intellettive:
• abilità verbali.
• abilità di performance.
Basi anatomo-cliniche
Nonostante non sia possibile identificare una specifica struttura cerebrale responsabile
dell’intelligenza e che non possa essere attribuita ad alcuna specifica regione cerebrale, è
vero che alcune aree partecipano più direttamente di altre alle funzioni la cui sommatoria
costituisce la base del funzionamento intellettivo:
• Lobi frontali -> pianificazione, ragionamento, problem solving, sviluppare e usare
modelli concettuali, abilità di comprensione, sostanzialmente le funzioni esecutive.
• Corteccia orbitofrontale e cingolata anteriore -> apprendimento, rinforzo e motivazione
• Orbitofrontale -> è la più multimodale poiché riceve input multisensoriali,
somatosensoriali e viscerali.
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Tipologia dei disturbi
Disturbi dello sviluppo intellettivo si concretizzano nella disabilità intellettiva -> alterazione
più o meno grave dello sviluppo intellettivo che si manifesta come una sindrome
psichiatrica e neurocognitiva globale, legata a un difetto di sviluppo delle competenze
astrattive della conoscenza e dell’adattamento ambientale.
- Giudizi verbali
Spinnler e Tognoni (1987) che valuta il ragionamento astratto e la capacità di elaborare
risposte plausibili; è composto da quattro subitem: differenze (qual è la differenza tra 5
coppie di nomi), proverbi (spiegare il significato di 5 proverbi), assurdità (5 storielle),
classificazioni (dire un solo nome che raggruppi una serie di parole che gli vengono dette)
della durata di 15-20 minuti.
Scarsamente affidabile in soggetti di età inferiore a 40 anni, per limiti del campione
normativo e per limiti intrinseci (scarsa conoscenza dei proverbi nelle generazioni più
giovani).
- Cubi di Kohs
Consiste in 16 cubi di legno con le facce dipinte ciascuna di un colore diverso (rossa, blu,
gialla, bianca, bianco-rossa, giallo-blu), fanno parte anche del test 17 disegni che, disposti
secondo un ordine di difficoltà crescente, devono essere riprodotti con i cubi; utile per la
misurazione del deterioramento mentale, della percezione spaziale e dei disturbi intellettivi
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• Forme acute -> sono spesso associate a disturbo di coscienza, delirium, confusione, si
presenta soprattutto in anziani. Possono altresì verificarsi in corso di malattie acute.
• SCA (stato confusionale acuto) è il disturbo più comune delle funzioni corticali
superiori; caratterizzato da delirium e stato confusionale.
• Il delirium è un’alterazione di coscienza con modificazione cognitiva.
• Il sintomo cardinale dello SCA è il disturbo attentivo; sono presenti altri deficit da
quello di memoria, orientamento e linguaggio, alterazioni percettive(illusioni ed
allucinazioni), sindrome di Capgras, alterazioni ritmo circadiani, attività
psicomotoria alterata, turbe emotive, ecc.
• I disturbi possono essere quindi molto variabili.
• Forme croniche subdole e caratterizzate da una vasta gamma di severità arrivando alla
vera e propria demenza. La demenza è uno stato di decadimento globale delle funzioni
mentali, sostenuta da una disfunzione diffusa degli emisferi cerebrali con esordio subdolo
e decorso progressivo.
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- Batteria per il deterioramento mentale (BDM o MDB)
Università Cattolica di Roma; valutazione dei mutamenti in attività della vita quotidiana
conseguenti a demenza; 7 prove con 4 item verbali (rievocazione immediata e differita
delle 15 parole di Rey, fluenza verbale fonologica, costruzione di frasi) e 4 item
visuospaziali (memoria visiva immediata, copia di disegni a mano libera e con elementi di
programmazione, matrici progressive di Raven).
Le aree indagate quindi sono: MBT e MLT verbale, estensione del magazzino semantico-
lessicale, capacità di metter in relazione unità lessicali in un costrutto sintattico coerente,
intelligenza logico-deduttiva visuospaziale, MBT visuospaziale, capacità prassico-
costruttive e visuospaziali. Cut-off di prove patologiche: 2.
Troppo concentrata sulle abilità prassiche a discapito dell’attenzione
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- Alzheimer’s Disease Assessment scale ADAS
Usato nella demenza di Alzheimer nei Trials farmacologici, composto da due subscale: una
non cognitiva (ADAS noncog) per una descrizione degli aspetti clinici rilevanti del paziente
e una cognitiva (ADA cog), che comprende 9 prove di valutazione clinica
(Compromissione del linguaggio parlato, Comprensione del linguaggio parlato, Ricordo
delle istruzioni, Difficoltà nel reperimento dei vocaboli, Ordini, Denominazione degli
oggetti e delle dita, Prassia costruttiva, Prassia ideativa, Orientamento) e 2 prove di
valutazione della memoria (Rievocazione dei vocaboli e Riconoscimento dei vocaboli).
Utilizzato per la valutazione dei processi cognitivi e motori in pazienti con AD
- Batteria di Benton
Screening e valutazione longitudinale, con questa batteria si ha la possibilità di indagare
aspetti che sono più raramente esaminati nelle batterie di screening
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Capitolo 4
Funzioni di controllo
Funzioni esecutive
Analisi delle funzioni e modelli teorici
La capacità di operare in modo finalistico nell’ambiente nel quale viviamo dipende
dall’integrazione di differenti abilità prospettiche -> le funzioni esecutive sono responsabili
del controllo degli eventi e la loro attivazione consente un adeguato comportamento adattivo
ai cambiamenti ambientali.
Le cortecce frontali nel loro insieme regolano le funzioni di memoria, ragionamento logico-
astratto, comprensione e produzione linguistica ma anche comportamenti emotivi.
Si tratta quindi di un costrutto complesso e multicomponenziale che racchiude un set di
processi sottostanti al comportamento:
• controllato,
• finalizzato ad uno scopo,
• autoconservativo,
• strategico.
Lesioni in diverse aree dei lobi frontali possono avere un effetto devastante sulla qualità di
vita delle persone, inducendo comportamenti inadeguati e non finalistici.
Il lobo frontale è il più esteso del cervello, e dunque il suo sviluppo anatomico si completa
tra i 15 e i 18 anni.
Le teorie sui modelli cognitivi delle funzioni esecutive possono essere così classificate:
- Teorie a sistema singolo -> modelli computazionali del connessionismo;
- Teorie fondate su un costrutto -> come quello di Duncan dell’intelligenza generale (G)
- Teorie fondate su un singolo sintomo -> cercano di spiegare i singoli sintomi disesecutivi
- Teorie multicomponenziali -> secondo le quali il sistema esecutivo frontale sarebbe
costituito da una serie di processi cognitivi che regolano le azioni quotidiane.
Queste teorie distinguono processi routinari, automatici e processi non familiari, controllati
e derivano da una riformulazione delle teorie incentrate sul sistema attenzionale
supervisore (SAS) di Norman e Shallice che prevede 4 livelli di organizzazione crescente:
1. Unità cognitive o di azioni, ovvero capacità di base
2. Schemi che raggruppano le unità di base, organizzate per apprendimento,
3. Contention scheduling, che costituisce l’interfaccia tra gli stimoli in ingresso e gli schemi
con lo scopo di selezionare rapidamente i comportamenti routinari in situazioni
conosciute,
4. Supervisory attentional system (SAS), per le situazioni in cui è necessaria una decisione
consapevole da parte del soggetto che deve scegliere fra più alternative.
2. Test di Weigl
Il materiale è costituito da 12 stimoli di legno classificabili per 5 categorie: forma, colore,
seme, spessore, dimensione.Sono forniti dati normativi per una popolazione oltre i 40
anni di età; le variabili età e scolarità sono significative.
Il soggetto deve classificare gli stimoli secondo le seguenti categorie: dimensione, colore,
forma, seme e spessore.
Sistemi attenzionali -> le funzioni attentive sono parte integrante dei sistemi di controllo.
Analisi delle funzioni e modelli cognitivi:
Le funzioni attentive hanno lo scopo di selezionare gli stimoli che decidiamo di prendere in
considerazione (esterni o interni) preparando l’individuo a rispondere alle sollecitazioni
ambientali e interne -> questo scopo viene raggiunto se l’individuo è in uno stato di
attivazione fisiologica (arousal) e se è garantito uno stato di vigilanza che lo predispone a
selezionare e filtrare le informazioni in entrata in base alla necessità del momento
(attenzione selettiva):
!23
• Attenzione selettiva spaziale -> permette di dirigere l’attenzione verso una determinata
regione dello spazio che ci circonda.
• Attenzione divisa -> capacità di selezionare e rispondere a più di uno stimolo per volta.
L’attenzione selettiva può essere ingaggiata in modo automatico dagli eventi esterni
(bottom-up) o in modo volontario verso una fonte di informazione (top-down).
Tale stato attentivo può influenzare sia l’attività preparatoria che le successive risposte agli
stimoli attesi, quando essi compaiono poi effettivamente nel campo visivo.
Le capacità attentive variano non solo da individuo a individuo, ma si manifestano in modi
diversi, sia al mutare delle condizioni fisiologiche (es. stanchezza), sia in condizioni
patologiche.
Diverse forme di malattia possono alterare non solo l’arousal e lo stato di vigilanza, ma
anche l’attenzione selettiva (es. nel caso del Parkinson).
Anche lesioni focali dell’emisfero dx sono spesso associate a disordini dell’attenzione e
dell’esplorazione spaziale (es. neglect).
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4. Test di Stroop
Consiste nel chiedere ai soggetti di denominare il colore con cui è scritta una parola che
denota un colore. Per esempio, se lo stimolo è la parola giallo scritta in rosso (GIALLO), il
soggetto deve dire “rosso”. Solitamente si presentano liste di parole (il soggetto deve sia
leggerle che denominare il colore con cui sono scritte) e figure colorate (per esempio dei
cerchi). Valuta l’attenzione selettiva e la capacità di inibire uno stimolo più forte,
interferente
!25
Capitolo 5
Emozioni
Analisi del funzionamento emotivo
Emozioni -> elementi imprescindibili delle relazioni umane.
Sono transizioni complesse tra essere umano e ambiente; sono fenomeni necessari per
l’interazione tra l’uomo, i suoi bisogni fondamentali e il mondo esterno.
La loro complessità deriva dal fatto che non rappresentano dei semplici riflessi ma non sono
nemmeno processi cognitivi.
Darwin -> fu il primo a focalizzare l’attenzione sul ruolo delle emozioni nei processi di
adattamento ambientale (The Expression of the Emotions in Man and Animals): descrizione
sistematica e classificazione delle emozioni.
Funzione -> rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende
necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza.
Basi anatomo-cliniche
James Papez (1937) -> propone il Circuito delle emozioni: costrutto anatomico
fondamentale della produzione e della decodifica dei processi emozionali.
Gli elementi principali sono:
• Giro del cingolo,
• Parte mesiale del lobo temporale,
• Fornice,
• Corpi mammillari
• Ippocampo.
Tra queste aree anatomiche vi sono inoltre: amigdala, insula, corteccia temporale, corteccia
orbitofrontale e gangli della base.
Ciascuna delle emozioni fondamentali ha un sistema neurofisiologico distinto.
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L’espressione delle emozioni nell’uomo avviene attraverso tre canali: facciale, vocale e
posturale.
Espressioni facciali -> risultato di milioni di anni di lavoro evoluzionistico; è la via
privilegiata nella comunicazione umana perché fornisce elementi fondamentali per il
riconoscimento di un’emozioni, analizzabili attraverso la mimica facciale.
Mimica facciale -> alterazione del volto difficile da controllare spontaneamente; è
importante sia a livello personale sia sociale.
Darwin -> mimica delle espressioni non è acquisita tramite la cultura ma vale per tutti allo
stesso modo (grammatica universale dell’espressione emotiva).
Le espressioni facciali fondamentali sono state definite da Ekman e Friesen -> hanno
dimostrato che sono equivalenti in tutte le etnie:
• Emozioni fondamentali/primarie -> paura, rabbia, felicità, tristezza, sorpresa, disgusto.
Sono innate e sono frutto dell’evoluzione, forniscono risposte efficaci in circostanze in cui
è necessario un rapido adattamento. Hanno caratteristiche uniche a livello espressivo
fisiologico e sono implementate in circuiti cortico-sottocorticali distinti.
• Emozioni secondarie -> sono distinte in:
- emozioni di fondo (allegria, malinconia, entusiasmo, desiderio);
- emozioni sociali (gelosia, orgoglio, vergogna, perdono, offesa, rimorso, amore, odio)
Rappresentano l’associazione di emozioni primarie o l’associazione di emozioni primarie
con i processi cognitivi specifici.
FACS (Facial Action Coding System) -> sistema a base anatomica che divide il viso in
action units (AU).
AU -> unità dinamiche che compongono e definiscono i tratti più caratterizzanti delle
espressioni; attraverso le AU, si possono associare le espressioni del viso alla personalità,
all’esperienza emotiva, ai processi comunicativi.
FACS -> fornisce punteggi predittivi e deduzioni accurate sulle emozioni segnalate agli
osservatori in più di 15 culture.
2. Disgust Scale Revised (DSR) -> scala di valutazione di disgusto, che considera anche
aspetti di carattere sociale e morale
4. Test degli occhi (Serafin e Surian 2004) -> test che approfondisce gli aspetti sociali degli
esaminati (teoria della mente, la capacità di riconoscimento delle emozioni e di stati
mentali complessi). Composto da 36 fotografie in bianco e nero (raffiguranti la parte del
viso all’altezza degli occhi di soggetti adulti, giovani e anziani di entrambi i sessi), di cui
il soggetto deve riconoscere lo stato emotivo della persona raffigurata scegliendo tra le
quattro possibilità date; è messo a disposizione un dizionario che il soggetto potrà
utilizzare
5. Empathy Quotient -> indaga con l’utilizzo di 60 domande il grado di empatia del
paziente, il quale può rispondere con vero, abbastanza vero, abbastanza falso, falso. Le
domande sottoposte al soggetto si possono suddividere in due grandi categorie, “empatia”
e “di controllo” e vengono somministrate in ordine casuale
!28
Capitolo 6
Memoria e apprendimento
Analisi delle funzioni e modelli teorici
La memoria (processo cognitivo multimodulare) dirige il flusso di informazioni della nostra
vita e rappresenta una funzione biologica cruciale per l’adattamento ambientale.
La memoria e l’apprendimento riguardano sia la sfera cognitiva, sia quella emozionale; un
disturbo grave implica la perdita dell’autonomia.
Esistono diversi tipi di memoria e affinché un processo di memoria avvenga in modo
finalistico e completo sono necessarie queste fasi:
1) Acquisizione dell’informazione.
2) Immagazzinamento dell’informazione.
3) Rievocazione/recupero dell’informazione.
Questi tre meccanismi regolano le nostre capacità di utilizzare esperienze passate per
influenzare i nostri comportamenti futuri e ci facilitano nelle nostre interazioni con
l’ambiente.
Multimodularità della memoria -> esistono diversi tipi di memoria che controllano
informazioni diverse con differente collocazione temporale.
Le modalità di immagazzinamento rispecchiano la multisensorialità.
Una fondamentale distinzione tra i tipi di memoria:
A) Memoria noetica -> sotto il controllo della coscienza; definita dichiarativa ->
richiede l’intervento della nostra volontà affinché venga utilizzata finalisticamente.
B) Memoria anoetica -> non è sotto il controllo della coscienza; definita procedurale ->
prescinde dal nostro controllo cosciente: l’unità costitutiva di questa funzione è
l’engramma motorio.
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Basi anatomo-cliniche
Lo studio di pazienti con epilessia ha chiarito molti aspetti della rappresentazione cerebrale
della memoria -> Milner: ha studiato prestazioni a diversi compiti di memoria pazienti con
epilessia che avevano subito interventi sul lobo frontale e sul lobo temporanel.
Le basi anatomiche dei meccanismi mnemonici e di apprendimento sono stati studiati
soprattutto su pazienti che a causa di uno specifico danno avevano subito dei danni di tipo
funzionale.
Il famoso paziente H.M. a causa dell’asportazione di ippocampo, amigdala e parte del lobo
temporale bilaterale, non era più in grado di apprendere e consolidare nuovo materiale ->
amnesia anterograda.
• Funzioni della memoria dichiarativa -> modulate da ippocampo e varie strutture del
diencefalo (talamo dorsomediale, talamo anteriore, corpi mammillari).
• Elaborazione dell’informazione esplicita -> cortecce associative polimodali.
• Lesione a carico del giro del cingolo determinano deficit nella collocazione nel tempo
degli eventi.
• Memoria procedurale (si basa sull’apprendimento associativo) -> è modulata da nuclei
della base e cervelletto.
• Aspetti emozionali del ricordo -> sono incentrati sull’amigdala.
• Loop fonologico -> giro sovramarginale, lobo parietale sinistro.
• Processo di ripasso verbale -> area premotoria o area 6 di Brodman e area 44 di Broca.
Memoria a lungo termine -> permette di mantenere una quantità illimitata di informazioni
per tempi molto lunghi e implica processi di mantenimento, codifica e recupero
dell’informazione.
Test per la memoria autobiografica: test ad hoc costruiti sugli eventi caratterizzanti la vita
dell’esaminando.
• Intervista di memoria autobiografica -> fornisce informazioni generali su infanzia,
adolescenza/giovinezza, epoca recente
• Test di Crovitz-Schiffman -> strumenti di rievocazione stimolo-indotta.
• Test per la memoria remota non personale -> indagano la conoscenza di fatti, eventi,
personaggi del passato, la “conoscenza del mondo” sia in ambito episodico che semantico.
I più noti sono: Conoscenza generale del mondo; Test di memoria semantica; Batteria
semantica di Sartori; Riconoscimento edifici famosi; Batteria per la memoria semantica di
Cappa.
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Capitolo 7
Abilità strumentali
“Abilità discrete” -> legate ad aree o strutture cerebrali ben definite a prevalente
lateralizzazione emisferica: linguaggio, prassie, funzioni visuo-percettive, cognizione
spaziale ed il calcolo.
LINGUAGGIO
La neuropsicologia scientifica nasce con gli studi di Broca su pazienti che, a causa di lesioni
dell’emisfero sinistro, riportavano disturbi nel linguaggio parlato e scritto.
Nella valutazione del linguaggio si tiene solitamente conto di quale aspetto sia
compromesso, vengono distinte 3 componenti:
1. Fonologia -> organizzazione dei suoni del linguaggio.
2. Sintassi e grammatica -> regolano quali siano le sequenze legali delle parole nelle frasi e
delle parti che compongono le parole.
3. Semantica -> analisi e organizzazione dei significati.
• Afasia di Wernike -> è dovuta a lesione del lobo temporale. Grave deficit di comprensione
del linguaggio e di ripetizione + deficit nella produzione. Discorso fluente ma non
comprensibile a causa di sostituzione di fonemi e parole (parafasie fonetiche e
semantiche). Deficit Neurolinguistico riguarda il livello semantico-lessicale sia in
comprensione che in produzione.
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• Afasia di Conduzione -> afasia fluente, deficit di ripetizione causato dal danno alla
sostanza bianca che interrompe la possibilità di inviare informazioni essenziali per la
ripetizione tra l’area di Wernike e quella Broca. Il deficit non si limita alla ripetizione ma
possono esserci anche problemi nell’assemblaggio di fonemi e un deficit di
denominazione con comprensione e produzione verbale nella norma.
Il deficit di ripetizione nella afasia di Broca e Wernike avviene invece per due diversi
motivi: il paziente con Wernike non capisce la parola da riprodurre, mentre nel paziente con
Broca, la ripetizione non avviene a causa della perdita delle informazioni sulla forma
motoria delle parole.
• Afasie transcorticali -> Modello di Lichtheim prevede due tipi di afasia in cui la
ripetizione è conservata:
1. Transcorticale motoria -> dovuta a una disconnessione del centro dei concetti
dell’area di Broca (simile a Broca).
2. Transcorticale sensoriale -> disconnessione interessa le vie che uniscono Wernicke al
centro dei concetti (simile a Wernike).
• Afasia Globale -> viene persa quasi completamente la capacità di comprendere e produrre
il linguaggio. Si configura come un’afasia non fluente con associati gravi deficit di
comprensione.
Basi anatomo-cliniche
Aree del linguaggio -> circuito perisilviano sinistro: emisfero sinistro ci sono diverse
regioni frontotemporali partecipano alla produzione e comprensione linguistica.
• Afasia di Broca: lesione cortico-sottocorticale non deve essere confinata all’area 44 di
Broadman ma estendersi alle aree 9, 10, 46 e a volte ai gangli della base.
• Afasia di Wernike: la lesione si estende oltre all’area 22, nelle aree 39 e 40 e nella bianca
bianca sottocorticale.
• Afasia di conduzione: sebbene le connessioni tra lobo parietale, frontale e temporale siano
danneggiate, il danno si estende anche al lobo parietale inferiore (area 40), cortecce
uditive (aree 41 e 42) e insula.
• Afasie transcorticali -> coinvolgono aree adiacenti all’area di Broca, nella variante
motoria e all’area di Wernicke per la versione sensoriale.
• Afasia anomica -> il danno è localizzato nelle aree temporali anteriori.
Aachener Aphasia Test (AAT) -> test molto utile per identificare le afasie specifiche, si
compone di diversi sottotest che indagano la produzione verbale (linguaggio spontaneo,
denominazione), la comprensione (Test dei gettoni), la ripetizione e il linguaggio scritto
È una batteria standardizzata su ampia casistica, fornisce un quadro generale, ma condiviso
del disturbo afasico; tempo di somministrazione di un’ora e mezza circa
Comprensione linguistica
Test dei gettoni -> è il test più usato per cogliere il disturbo afasico, è infatti molto sensibile
al deficit di comprensione. Si utilizzano 20 gettoni diversi per dimensione (grandi o piccoli),
forma (quadrati o cerchi) e colore (rosso, verde, giallo, nero, bianco); i gettoni vengono
presentati sul tavolo e il paziente deve eseguire ordini semplici relativi ai gettoni (tocchi il
quadrato giallo). Gli ordini diventano sempre più complessi con l’avanzare delle prove.
Gli ordini sono dati per via orale; non valuta solo la comprensione (importanti componenti
di memoria a breve termine componenti di memoria a breve termine –working memory-
colori e complessità crescente colori e complessità crescente delle frasi per le quali non si
possono analizzare quali aspetti siano disturbati: semantici, sintattici)
Produzione linguistica
Test di fluenza verbale: fluenza per categorie fonemiche -> capacità del paziente di
trovare parole che iniziano con un certo suono, cioè con determinate lettere dell’alfabeto.
Quindi si studia specificatamente l’accesso al lessico. Solitamente si propongono tre lettere
!35
e, per ognuna di esse, il paziente deve produrre il maggior numero di parole che riesce in un
minuto di tempo.
Test di fluenza verbale: fluenza per categorie semantiche -> in questo caso i pazienti si
chiede di produrre il maggior numero di parole che appartengono a una certa categoria di
oggetti (per esempio frutti); le categorie proposte variano da 3 a 4 e il tempo a disposizione
è 1 o 2 minuti a seconda delle versioni. Pertanto, con questo test si studia l’accesso al
lessico per via semantica.
Test di valutazione delle abilità comunicativa (CADL-2) -> valuta il recupero funzionale
del paziente; valuta la probabilità di successo comunicativo dei pazienti afasici in condizioni
diverse, inseriti in un normale contesto di interazione quotidiana.
BLED-Santa Lucia -> valuta anche la prosodia, ma sostanzialmente uguale a quello sopra.
PRASSIE
Le azioni intransitive non implicano l’uso e la manipolazione di oggetti mentre le azioni
transitive implicano l’utilizzo di oggetti -> gli atti motori sono iperappresi.
Una lesione cerebrale può danneggiare selettivamente la produzione di gesti con significato
e la capacità di manipolare e utilizzare gli oggetti di uso comune -> Aprassia: inabilità a
eseguire atti motori conosciuti che non dipende dalla presenza di disordini primari del
movimento, della sensibilità o della capacità di comprensione.
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Analisi delle funzioni e modelli cognitivi
Aprassia degli arti -> due tipi:
1) Aprassia ideomotoria (AIM) -> incapacità di produrre un gesto conosciuto quando la
sua esecuzione viene richiesta dall’esaminatore sia in modo verbale sia tramite
imitazione. A volte anche la dimostrazione d’uso di un oggetto può risultare
deficitaria. Il danno disconnetterebbe le rappresentazioni motorie delle aree frontali
lasciando intatte le memorie del gesto; Il paziente sa cosa fare ma non sa come farla.
2) Aprassia ideativa (AI) -> incapacità di eseguire azioni con significato che implichino
la riproduzione di gesti in sequenza (ex. Accendere una candela). Lesione che
danneggia le rappresentazioni motorie. Il paziente non sa cosa fare. I movimenti
automatici sono conservati.
Aprassia orofacciale (o buccofacciale) -> forma di aprassia pesso associata all’AIM degli
arti che colpisce la capacità di produrre gesti con significato, o associati a movimenti
specifici per la produzione di atti motori efficaci, con la muscolatura del volto, della lingua,
della faringe e della laringe. I movimenti automatici sono conservati.
Basi anatomo-cliniche
Le prime spiegazioni del disturbo pratico risalgono a Liepman che propose un modello
secondo cui le rappresentazioni motorie sono localizzate nelle zone retrorolandiche
dell’emisfero sinistro -> perché si possano produrre gesti con significato, è necessario
attivare queste rappresentazioni e inviarle alle zone di programmazione ed esecuzione dei
movimenti che caratterizzano l’azione da compiere (aree premotorie e motorie).
• Aprassia ideomotoria -> lesione cerebrale disconnette le rappresentazioni motorie dalle
aree frontali lasciando intatte le memorie del gesto ma ne impedisce il corretto
trasferimento e l’implementazione nelle aree di programmazione/esecuzione.
• Aprassia ideativa -> lesione che danneggia le rappresentazioni motorie.
• Aprassia callosale -> il danno è delle connessioni che portano l’informazione relativa alle
memorie motorie dal lobo parietale sinistro alle aree esecutive dell’emisfero destro e il
disturbo del gesto è confinato alla mano sinistra.
Sia AIM che AI sono state messe in relazione con danni all’emisfero sinistro ed in
particolare con danni che coinvolgono il lobo parietale.
Pazienti AC hanno più comunemente un danno parietale destro ma possono anche avere
danno al sinistro.
Metodi di valutazione
La valutazione delle abilità pratiche varia a seconda del distretto che si deve indagare e a
seconda delle ipotesi diagnostiche relative al livello di danno.
Vista l’importanza delle lesioni dell’emisfero sinistro nel determinare l’aprassia, è
fondamentale tenere presente la possibilità che il pz. oltre che aprassico sia anche afasico.
Più i test sono semplici da un punto di vista dell’impegno verbale, maggiore sarà la
possibilità di una valutazione attendibile.
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Aprassie degli arti
Test dell’aprassia ideomotoria di De Renzi -> si chiede al paziente di riprodurre 10 gesti
con significato il cui modello viene proposto dall’esaminatore; gesti che non richiedono
l’uso di oggetti (azioni intransitive); è il classico test di imitazione, con componente verbale
minima e quindi di facile esecuzione/somministrazione.
Test d’imitazione di gesti -> più completo del primo, implica il coinvolgimento di distretti
diversi (del movimento delle dita, movimento della mano, sequenze motorie) e di gesti con
o senza significato.
Short test Ideo-Motor Apraxia (STIMA) -> valuta l’imitazione di azioni con o senza
significato relativamente a diverse parti corporee degli arti superiori (distali/prossimali).
Vengono proposte pantomime che coinvolgono il distretto mano/dita. Si tratta di una
distinzione tra una via semantica per la riproduzione di gesti già appresi e una via non
semantica per la riproduzione di gesti nuovi.
Pantomima d’uso di oggetti di De Renzi -> valuta la capacità di produrre un gesto relativo
all’uso di un oggetto in diverse modalità: mostrato ma non toccato, presentato
acusticamente o toccato.
Praxia Assessment Battery (PAB) -> valuta sia i gesti intransitivi (senza oggetto), che
transitivi (che implicano l’uso dell’oggetto) con anche il riconoscimento delle azioni
eseguite dall’esaminatore nella parte dei gesti transitivi.
Aprassia Buccofacciale
Test di Aprassia buccofacciale -> è un test di imitazione dei movimenti della bocca che si
esegue in pochi minuti, i gesti sono tutti con significato.
Prassia della faccia “Upper and Lower Face Apraxia Test -> il pz. deve imitare i gesti
del volto, presentati dall’esaminatore che vengono divisi per distretto motorio.
Aprassia costruttiva -> è caratterizzata da deficit nella produzione e nella copia di figure
bidimensionali o nella realizzazione, costruzione e assemblaggio di forme e strutture
tridimensionali. Il disturbo riflette un problema nella capacità di integrare e tradurre le
relazioni spaziali, insite nel modello da riprodurre nel programma motorio necessario
all’esecuzione del compito.
L’aprassia costruttiva è dissociata dalle aprassie motorie e prescinde dai disturbi della
cognizione motoria che le caratterizzano; inoltre, il disturbo della riproduzione di
configurazioni non verbali è dissociato dai disturbi di scrittura.
Pazienti AC:
- Lesione emisfero destro -> deficit nella riproduzione delle relazioni spaziali tra gli
elementi del modello da riprodurre.
- Lesione emisfero sinistro -> riproduzione di copie estremamente semplificate rispetto
ai modelli proposti.
Non esiste un’interpretazione univoca dell’AC.
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La copia o la produzione di disegni implicano intatte capacità percettive e intatte capacità di
programmazione e produzione motoria.
I modelli concordano nel postulare una fase di elaborazione più “centrale” legata alla
capacità di rappresentazione del modello e alla possibilità di concettualizzare delle relazioni
spaziali tra le parti che costituiscono la struttura da riprodurre e una fase di implementazione
del modello.
Basi anatomo-cliniche -> prevalente lesione del lobo parietale destro nel determinare il
classico quando dell’AC. Inoltre, si osserva spesso nei casi di decadimento intellettivo con
una compromissione bilaterale degli emisferi.
Metodi di valutazione
Test della figura complessa di Rey-Osterrieth -> copiare dal modello e poi riprodurla
senza il modello.
Copia di disegni -> composto da fogli in cui sono stampate, nella parte superiore, delle
figure geometriche di crescente difficoltà e il compito del paziente è di copiarle nella parte
sottostante. La versione inclusa nella Batteria per il Deterioramento Mentale include una
copia libera e una copia con elementi di riferimento.
Test di ricomposizione di frammenti -> il pz. non deve disegnare, ma ricomporre una
figura partendo da dischetti che ne rappresentano delle parti.
FUNZIONI VISUOPERCETTIVE
I sistemi sensoriali che rendono possibili la rilevazione e il riconoscimento degli stimoli
ambientali e degli stimoli che impattano sul nostro corpo sono organizzati in modo
gerarchico e composti da parti più periferiche che raccolgono l’informazione in entrata
(attraverso processo bottom-up) e da parti centrali che elaborano l’input confrontandolo con
le memorie percettive.
Le aree cerebrali che analizzano l’input sensoriale sono diverse per le diverse modalità ->
quindi, un danno focale e selettivo di una di queste aree produrrà un deficit sensoriale
primario confinato alla modalità rappresentata nell’area danneggiata.
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I disturbi neuropsicologici sono solitamente associati a danni postchiasmatici e quindi un
danno provocherà delle cecità al campo visivo contro laterale:
• Emianopsia -> danno alla radiazione ottica o alla corteccia calcarina
• Quadrantopsia -> danno alla parte superiore o inferiore della radiazione ottica o della
corteccia visiva
• Scotoma -> danno molto piccolo a carico della radiazione ottica o della corteccia visiva
(limitato punto di cecità)
• Acromatopsia o achinetopsia -> danno delle aree peristriate; cecità per i colori o per il
movimento. L’acromatopsia non va confusa con l’anomia per i colori, il paziente è infatti
in grado di rappresentarsi i colori e le conoscenze semantiche relative ai colori sono
intatte.
• Un danno completo e bilaterale comporta cecità totale (cecità corticale). In questo caso,
molto spesso il paziente è anche anosognosico, non è cioè consapevole di essere cieco
attribuendo fattori comportamentali a fattori esterni inesistenti.
Agnosie -> disturbi della percezione caratterizzati dal fatto che il paziente in seguito ad un
danno non è più in grado di riconoscere oggetti e forme; il pz. non potrà denominare gli
oggetti che gli vengono presentati.
Il disturbo tipicamente colpisce una sola modalità sensoriale, ciò significa che il paziente è
in grado di riconoscere l’oggetto se gli viene presentato in un’altra modalità sensoriale.
Quindi, il deficit:
a) è limitato a una solo via di ingresso dell’informazione
b) non dipende da un disturbo del linguaggio.
Agnosia visiva per gli oggetti -> il disturbo di riconoscimento è limitato al canale visivo;
poiché la lesione coinvolge anche i centri primari della visione è possibile che il paziente
abbia anche una parziale cecità del campo visivo che corrisponde al danno cerebrale: la
lesione di un emisfero compromette la visione nell’emicampo opposto.
L’agnosia invece colpisce entrambi i campi visivi.
Esiste una suddivisione in base al livello di elaborazione colpito -> il modello di riferimento
è quello di Lissauer che suggerì un processo a due stadi per l’elaborazione complessa dello
stimolo visivo.
Dopo l’analisi iniziale delle caratteristiche di base, viene ricostruito il perfetto poi
confrontato con le conoscenze immagazzinate in memoria, relative alla categoria di oggetti
a cui appartiene lo stimolo dove viene riconosciuto ma non ancora denominato.
L’accesso al lessico permette la corretta denominazione.
Agnosia appercettiva -> danno ai processi che rendono possibile la strutturazione del
percetto. Il disturbo di percezione visiva è così importante da impedire il riconoscimento
dell’oggetto; nei casi classici, il danno cerebrale impedisce la strutturazione di un perfetto
coerente partendo dalle singole componenti dello stimolo.
Riddoch e Humphreys hanno distinto quattro tipi di agnosia appercettiva:
1. Agnosia per la forma -> agnosia appercettiva classica
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2. Agnosia integrativa -> forma di agnosia rara in cui la ricostruzione della forma potrebbe
anche essere possibile ma il processo è molto lento e faticoso in relazione al numero di
particolari presenti nella figura.
3. Agnosia trasformazionale -> i pazienti riconoscono gli oggetti se sono presentati nella
loro forme canoniche ma hanno grosse difficoltà se gli oggetti vengono presentati con
inclinazioni non canoniche o se sono figure incomplete o occluse.
4. Agnosia per danno della rappresentazione interna -> i pazienti non sanno nominare
gli oggetti e non riescono neppure a dire se la forma presentata sia una forma famigliare o
meno (se cioè la si è già incontrata nella propria vita), ma sono in gradi di fare paragoni o
di copiare.
Agnosia associativa -> si verifica quando, nonostante il paziente sia in grado di formarsi un
percetto coerente degli oggetti che lo circondano e venga correttamente confrontato con le
memorie strutturali contenute nel magazzino, il riconoscimento è impedito perché
l’elaborazione non raggiunge il magazzino semantico. E’ preservato il senso di familiarità.
Viene quindi spiegata come l’impossibilità ad accedere alle informazioni contenute nel
magazzino semantico per un danno che interromperebbe la comunicazione tra le aree di
elaborazione visuopercettiva e le aree della memoria semantica.
Agnosia visiva per i volti (prosopoagnosia) -> impossibilità di riconoscere i volti noti; il
deficit si limita al riconoscimento dei tratti fisiognomici poiché il riconoscimento è
immediato se il soggetto prosopagnosico sente la voce o un particolare tratto del
comportamento extrafacciale. Tuttavia, la categorizzazione percettiva dello stimolo è
preservata perché il paziente sa che si trova di fronte a un volto e non a un oggetto qualsiasi.
Il riconoscimento delle espressioni emotive può essere preservato e anche l’elaborazione dei
volti sconosciti può essere alterata da una lesione cerebrale.
Si distingue tra:
• Prosopoagnosia appercettiva -> il soggetto oltre a non riconoscere i volti noti non riesce
neppure a fare delle comparazioni.
• Prosopoagnosia associativa -> il paziente ha problemi solamente a riconoscere i volti noti.
Secondo il modello di Bruce e Young, l’identificazione di un volto rappresenta lo stadio
finale di una sequenza di operazioni compiute da centri di elaborazione dell’informazione
distinti e gerarchicamente organizzati, distribuiti lungo la via occipitotemporale.
- Primi stadi -> costruzione di descrizione strutturale delle caratteristiche del volo; un
danno provoca difficoltà sia a riconoscere i volti noti sia a compiere operazioni percettive
sui volti sconosciuti.
- Secondo stadio -> l’elaborazione viene confrontata con le memorie strutturali relative ai
volti conosciuti e consente di attribuire al volto un senso di familiarità; un danno provoca
non solo il mancato riconoscimento dei volti ma anche una totale mancanza di familiarità
per lo stimolo presentato.
- Terzo stadio -> lo stimolo ha accesso al nodo d’identità personale e quindi alla memoria
semantica per i volti dove sono contenute tutte le informazioni relative ai volti conosciuti;
un danno non permette il riconoscimento del volto ma il paziente avverte un senso di
familiarità per lo stimolo presentato.
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- Ultimo stadio -> l’informazione ha accesso al modulo del nome che permette di rievocare
il nome corretto per il volto conosciuto; un danno permette il riconoscimento del volto
ma ne impedisce la denominazione (propoanomia).
Colori:
• Test di Ishihara -> valutazione dei disturbi di percezione dei colori, comprende una serie
di tavole nella quale numeri o figure sono formati da punti di un determinato colore su
uno sfondo di punti di altro colore che possono essere visti solo se il pz. ha una buona
percezione dei colori.
• Color-Figure matching test (CFMT) -> scegliere il colore adatto a dei disegni presentati
in bianco e nero; l’associazione figura-colore implica un intatto riconoscimento delle
figure e una corretta percezione del colore.
• Batteria di screening dei disturbi neuropsicologici dei colori -> prevede
l’identificazione, le conoscenze dei colori e la denominazione e l’indicazione di figure per
valutare le capacità semantico-lessicali dei pazienti.
• Batteria per l’agnosia e l’afasia dei colori -> valutare tutti gli aspetti dell’elaborazione
dei colori; è composta da subtest che valutano la capacità del paziente di riconoscere e
denominare i colori con diversi accoppiamenti di modalità di input e di output.
• Batteria di Pagani e colleghi -> breve batteria per la valutazione della percezione e della
denominazione dei colori, nonché la conoscenza del colore degli oggetti.
!42
• Test delle figure sovrapposte di Poppelreuter-Ghent (PGT) -> costituito da figure di
oggetti comuni sovrapposte le une alle altre; il compito dei soggetti è di identificare gli
oggetti che compongono la figura.
• Birmingham Object Recognition Battery (BORB) -> non esiste una taratura italiana;
indaga i vari stadi dell’elaborazione visiva e permette di valutare i magazzini presemantici
e semantici ipotizzati da Riddoch e Humphreys.
Prosopagnosia -> Batteria per la propoagnosia di De Renzi: per valutare la percezione dei
volti si utilizzano sia volti noti che volti sconosciuti; per i volti sconosciuti si chiede al
soggetto di accoppiare fotografie di volti della stessa persona, per i volti noti viene chiesto
di esprimersi sulla familiarità del volto e sull’identità della persona rappresentata nelle
fotografie.
COGNIZIONE SPAZIALE
La cognizione spaziale concerne la conoscenza dei seguenti concetti: direzione, ubicazione,
dimensione, relazione, movimento -> solo il controllo di tutti questi aspetti ci permette di
muoverci nello spazio finalisticamente e di orientarci topograficamente.
La rappresentazione spaziale è frutto dell’integrazione multisensoriale che ci consente di
interagire finalisticamente con gli oggetti presenti nello spazio; per questo, è utile
classificare lo spazio in base alle competenze percettive e motorie:
• Spazio extrapersonale -> spazio non raggiungibile dalla mano che viene percepito dal
sistema visivo e settato quindi dalle coordinate allocentriche o retinotopiche.
• Spazio peripersonale -> spazio che è esplorabile con la mano entro il quale si compiono
movimenti di raggiungimento e afferramento. Coordinate egocentriche o personali.
• Spazio personale -> nostra superficie corporea; spazio che occupiamo con il nostro corpo.
Alterazioni a questo sistema causano disorientamento topografico, condizionando così
l’autonomia della persona poiché la capacità di muoversi finalisticamente nell’ambiente è
una funzione adattiva molto rilevante.
Basi anatomo-cliniche
La corteccia parietale modula: percezione, esplorazione e rappresentazione dello spazio;
controlla il settore spaziale peripersonale, immediatamente circostante il corpo e risponde
alle coordinate egocentriche che introducono un elemento di complessità dovuto al
movimento del corpo e del capo con la conseguente continua variazione di queste
coordinate.
L’ippocampo destro controlla: gli aspetti mnesici spaziali; nei ratti sono state studiate le
place cells -> ruolo fondamentale nel determinare la memoria spaziale e la rappresentazione
allocentrica dello spazio.
Corteccia interparietale mediale -> esistono neuroni che si attivano durante i movimenti di
raggiungimento e afferramento di oggetti e rilevano una specifica competenza
nell’orientamento e nell’esplorazione dello spazio peripersonale incentrato sulle coordinate
egocentriche.
La corteccia frontale e i gangli della base sono coinvolti nella pianificazione del
movimento.
!43
Dal momento che la citoarchitettura ippocampale è simile nel ratto e nell’uomo, l’ipotesi è
che la navigazione sia organizzata in modo analogo -> lesioni ippocampali bilaterali
determinano un deficit nella memoria episodica e quindi anche nella rievocazione
dell’ubicazione di oggetti, nella corretta disposizione degli elementi in un percorso mostrato
a video.
Ipotesi -> nel lobo parietale, la rappresentazione spaziale è incentrata sulle coordinate
egocentriche mentre l’ippocampo ha una funzione preminente nella navigazione
allocentrica.
Lesioni ippocampali producono una compromissione della cognizione spaziale.
CALCOLO
Analisi delle funzioni e modelli cognitivi
Secondo il modello neuropsicologico modulare di McCloskey -> le competenze di
elaborazione numerica dipendono da componenti cognitive complesse, strutturate in tre
moduli distinti per funzioni: comprensione, calcolo e produzione; prevedono due sistemi
che interagiscono: sistema di elaborazione dei numeri e sistema di elaborazione del calcolo.
4. Sistema di elaborazione del calcolo -> si basa sulle componenti di elaborazione
specifiche per l’esecuzione di operazioni aritmetiche e include la comprensione dei
simboli aritmetici, le procedure proprie delle operazioni di calcolo e il recupero di fatti
aritmetici.
5. Sistema di elaborazione dei numeri -> comprende le componenti necessarie all’entrata/
uscita dei dati numerici dal sistema del calcolo propriamente detto e include:
- Comprensione del numero -> consente di leggere i numeri in codice arabo o
grafemico e di udirli in codice fonologico.
- Produzione del numero -> consente di scrivere i numeri in codice arabico o
grafemico e di produrli oralmente in codice fonologico.
In sintesi, il sistema di comprensione trasforma la struttura superficiale dei numeri in una
rappresentazione astratta di quantità; il sistema del calcolo assume tale rappresentazione
come input, la manipola attraverso i segni delle operazioni, i fatti aritmetici e le procedure
di calcolo; i meccanismi di elaborazione, output del sistema, danno le risposte numeriche.
!45
Il modello opposto è quello di Clark e Campbell -> ritengono che i diversi meccanismi
associativi, semantici e linguistici implicati nel processo del calcolo siano talmente
interconnessi che una forma qualsisia di modularità sembra improbabile.
Quindi, la teoria della codifica complessa modula una spiegazione di tipo equipotenziale fra
le diverse funzioni.
Secondo questi autori, non sarebbe possibile scomporre il calcolo in categorie funzionali e/o
anatomica; si ipotizza un’architettura non modulare nella quale codici numerici multipli si
attivano l’un l’altro nel corso del processamento di numeri e di compiti aritmetici.
Modello triplo codice (Dehaene e Cohen) -> assume che ci siano tre categorie di
rappresentazioni mentali nelle quali i numeri possono essere manipolati nel cervello umano:
- codice arabo -> forma visiva araba del numero
- codice verbale -> struttura verbale della parola.
- codice di grandezza -> contiene la rappresentazione della grandezza analogica, quindi il
significato dei numeri, l’unica informazione semantica. A questo livello, la quantità o la
grandezza associata a un dato numero è recuperata e può essere messa in relazione ad altre
quantità numeriche.
Suppone che le tre rappresentazioni cardinali possano essere sufficienti a disaggregare i
diversi compiti di processualmente numerico.
Basi anatomo-cliniche
Tradizionalmente le lesioni sono a carico delle aree parietali, prevalentemente dell’emisfero
dominante; ciò tuttavia non significa che danni in altre sedi non possano compromettere le
capacità numeriche e di calcolo.
La perdita del ragionamento numerico può essere sintomo di disfunzione frontale e i
disturbi di calcolo secondari a problemi afasici possono essere ricondotti a lesioni
perisilviane sinistre mentre quelli derivanti da difficoltà visuospaziali sono collegabili a
lesioni retrorolandiche destre.
!46
La valutazione dovrebbe essere fatta mediante un approccio “ecologico” integrato a test
standardizzati.
• Valutazione ecologica:
La capacità di processare i numeri -> valutata mediante lettura, scrittura sotto dettatura e
ripetizione di numeri presentati sia in cifra, sia sotto forma di parola sia scritta che udita.
Al paziente può essere chiesto di leggere, scrivere o ripetere il numero presentato.
La comprensione della quantità/numerosità -> valutata con prove di confronto tra
grandezze oppure indagando la capacità di subitize: saper indicare di getto il numero di
item contenuti in un piccolo set.
Le abilità di calcolo si valutano saggiando la conoscenza dei segni aritmetici e dei fatti
aritmetici.
La capacità di transodifica si valuta chiedendo di trasformare i numeri arabi in numeri-
parola e viceversa.
Conoscenza numerica si valuta con prove del tipo: “quanti centimetri ci sono in un
metro?”.
• Test di screening -> comportano il rischio di non essere diagnostici in quanto non
valutano tutte le componenti funzionali che sottendono le abilità di calcolo; sono
comunque usati nella pratica clinica e possono rappresentare un utile primo gradino di
valutazione.
• Test per l’acalculia -> valutazione di base delle abilità di calcolo, include nei subtest le 4
operazioni di base (somma, sottrazione, moltiplicazione e divisione). Questo test è stato
ideato per indagare il disturbo di calcolo nelle forme visuospaziali, afasiche e
anaritmetiche e permette un esame di base sufficientemente esaustivo delle capacità di
calcolo.
• Giudizi aritmetici -> contiene 5 prove di calcolo a mente e 5 prove di numerazione; viene
utilizzato per la valutazione del calcolo e della numerazione mentale. Permette uno
screening breve ma costituisce un pretest di ammissione a una valutazione completa
poiché non garantisce informazioni sulle varie componenti funzionali.
• Subtest “Ragionamento Aritmetico” nella scala WAIS -> soluzione orale di 14 brevi
problemi aritmetici di complessità crescente. Ha il pregio di essere usato ubiquitariamente
e di permettere confronti crossculturali. Tuttavia, una prestazione scadente a questo test
può non riflettere una compromissione delle abilità aritmetiche, essendo sensibile a deficit
di memoria, attenzione e abilità verbali.
• Subtest dell’esame neuropsicologico per l’afasia (ENPA) -> i disturbi di calcolo possono
essere esplorati all’interno delle valutazioni dell’afasia; la sezione di numeri e calcolo
della batteria ENPA risulta una delle più idonee a tale fine; comprende: prove di
ripetizione, lettura e scrittura sotto dettato di numeri, prove di trasformazione di parole-
numero in numeri arabi, prove di calcolo (addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni).
• Graded Difficulty Arithmetic Test -> contiene 12 item di sottrazione e 12 item di
addizione, presentati oralmente in ordine di difficoltà crescente.
Batterie estese:
• Batteria per la valutazione dei deficit del sistema di numeri e di calcolo -> batteria per
l’analisi delle componenti funzionali; comprende prove con stimoli non numerici, giudizi
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di numerosità, prove di transcodificazione, riconoscimento di segni aritmetici, prove di
calcolo.
• Batteria “Number Processing and Calculation” -> valutazione esaustiva, comprende 35
prove che coprono le componenti più rilevanti del sistema dei numeri e del calcolo:
conteggio, comprensione numerica, transcodificazione, calcolo, ragionamento aritmetico,
conoscenza concettuale e soluzione di problemi.
• Batteria EC 301 -> include 31 prove mirate a valutare il sistema dei numeri e del calcolo,
tuttavia appare meno efficace delle altre nell’esame delle funzioni di calcolo
propriamente.
!48
Capitolo 8
La rappresentazione del corpo
Analisi delle funzioni, modelli teorici, basi anatomo cliniche e tipologia dei disturbi
La rappresentazione corporea è un concetto molto complesso.
Spazio personale -> superficie corporea e più complessivamente dello spazio occupato dal
nostro corpo interamente; si tratta di uno spazio variabile in quanto tendiamo a muoverci di
continuo.
Possiamo distinguere aspetti diversi della rappresentazione mentale del nostro corpo e
includendo la componente rilevante della pianificazione motoria, lo schema corporeo è una
rappresentazione flessibile e dinamica che cambia continuamente grazie al movimento.
Immagine corporea -> rappresentazione più statica e descrittiva.
Le nostre conoscenze sul corpo dunque derivano dall’integrazione di differenti stimoli
tattili, propriocettivi, visivi e vestibolari e dal fatto che a livello cerebrale abbiamo
innumerevoli rappresentazioni poiché la componente motoria aggiorna continuamente le
informazioni circa postura/posizione del corpo.
Inoltre, possediamo uno schema che ci permette di identificare e localizzare gli stimoli e
una conoscenza esplicita della nostra immagine corporea.
Quindi, i diversi livelli che possono interagire fra loro sono:
1. Schema corporeo -> viene modulato continuamente nella dimensione spaziale a seconda
della pianificazione motoria e dipendentemente dall’integrazione multisensoriale ->
lesioni emisferiche destre comportano neglect personale: perdita della cognizione del
corpo controlaterale, ovvero sx (il pz. non riesce a raggiungere con la mano destra la
mano controlaterale).
2. Descrizione strutturale del corpo -> rappresenta la nostra conoscenza delle relazioni
spaziali, della collocazione delle parti del corpo e dei loro confini -> lesione al lobo
parietale sinistro comporta autotopoagnosia: incapacità di descrivere e riconoscere le
parti del corpo senza essere in grado di localizzarle).
3. Semantica corporea -> concerne l’aspetto preposizionale di tali conoscenze che
riguardano non solo le parti in sé ma anche la loro funzione che sono racchiuse in un
codice semantico specifico e cosciente;
- Lesione parietale sx -> Sindrome di Gerstmann o agnosia digitale.
!49
poiché il pz. verbalizza di essere in grado di percepire piuttosto che di muovere l’arto, può
considerarsi un sintomo produttivo di carattere confabulatorio.
Neglect personale -> quando il pz. non è in grado di orientarsi sulla parte sinistra del
proprio copro.
Neglect motorio -> a causa della trascuratezza per la parte sinistra del corpo, il mancato
movimento dell’arto sinistro viene attribuito a un deficit motorio che in realtà è inesistente.
Di recente interesse è la condizione di Xenomelia (Body Identity Integrity Disorder),
compulsivo desiderio di amputarsi un arto sano, che comunque è spesso associato a sintomi
psichici o a particolari fenomeni emozionali.
• Scala di Bisiach per la valutazione del neglect personale -> nella valutazione classica si
richiede al paziente di toccarsi, con gli occhi chiusi, la mano controlaterale alla lesione
cerebrale con la mano ipsilaterale. La valutazione del paziente è eseguita con un
punteggio che varia da 0 a 3 (neglect personale grave).
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• “Comb and Razor” -> il test è volto a investigare la presenza di neglect personale. Ai
pazienti viene richiesto di eseguire attività quotidiane come pettinarsi, radersi, ecc..
• Scala semistrutturata per la valutazione del neglect personale -> si chiede ai pazienti
di mostrare l’utilizzo di oggetti della vita quotidiana. Nello specifico il paziente dovrà
eseguire tre azioni: inforcare gli occhiali da vista, pettinarsi e radersi o truccarsi.
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Capitolo 9
Ambiti applicativi clinici
ICTUS
L’ictus cerebrale rappresenta la terza causa di morte nel mondo e colpisce nel 75% dei casi
soggetti ultrasessantacinquenni; causa deficit cognitivi multipli nella sua fase acuta che
condizionano negativamente l’ outcome clinico e la risposta dei pazienti al trattamento
riabilitativo. L’impatto di questi deficit è aggravato dal fatto che la valutazione
neuropsicologica di questi pz viene fatta con strumenti non adeguati allo scopo.
L’identificazione in fase acuta sia dei deficit cognitivi sia delle competenze residue è di
fondamentale importanza per l’avvio di un piano di riabilitazione mirato ed adeguato.
Tra i disturbi cognitivi che influiscono più negativamente vi sono l’afasia e l’eminegligenza
spaziale -> quando è marcata il pz. ha il capo o lo sguardo rivolti verso lo spazio
controlesionale e tende a ignorare ogni evento che accade nello spazio sinistro; tuttavia,
quando il sintomo non è così rilevante, il neglect spesso sfugge all’attenzione
dell’esaminatore.
Una valutazione neuropsicologica completa deve valutare anche la presenza di disturbi del
tono dell’umore in senso depressivo e la presenza o meno di anosognosia, le quali
condizionano in modo rilevante l’efficacia della riabilitazione.
Per questi motivi, appare chiara l’esigenza di uno strumento per la valutazione delle
funzioni cognitive che sia sufficientemente sensibile per identificare il sintomo nonché le
sue fluttuazioni tipiche nella fase acuta dell’ictus:
• MMSE -> test di rapida somministrazione multicomponenziale, non del tutto adeguato ma
che ha valore nell’identificare una compromissione dell’indice di funzionamento globale
delle forme di declino cognitivo; nell’ambito dell’ictus riduce la sua efficacia.
• MoCA -> valido test di screening suggerito dalle Linee guida italiane per la prevenzione e
gestione dell’ictus (ISO-SPREAD).
Soltanto una diagnosi precoce delle aree di fragilità e delle residue potenzialità cognitiva
potrà favorire l’individuazione dei pazienti candidati a una riabilitazione neuropsicologica
mirata alla riduzione della cronicizzazione dei deficit.
Mild Cognitive Impairment (MCI) -> stato al confine fra normalità cognitive e demenza;
L’MCI presenta i seguenti criteri diagnostici:
1. Disturbo cognitivo (mnesico) confermato da un familiare;
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2. Capacità cognitive generali normali;
3. Autonomia funzionale conservata;
4. Difetto cognitivo (mnesico) documentabile ai test;
5. Assenza di franca demenza.
Il concetto di MCI si è via via ampliato includendo, non solo la memoria, ma altri deficit in
più domini cognitivi con la possibilità di distinguere forme pure e forme associate a malattie
cerebrovascolare, disordini del movimento e disturbi psicologici e comportamentali.
Non tutti i casi di MCI rappresentano una condizione predemenziale -> circa il 40% dei casi
si stabilizza o addirittura regredisce, dimostrando che la compromissione era legata a
condizioni reversibili, quali problemi nutrizionali, disagio psicologico, uso di farmaci etc.
Nello specifico della memoria, la forma MCI mnesica più facilmente si evolve verso una
malattia di Alzheimer.
Demenze e parkinsonismi
Quando il deterioramento cognitivo è tale da interferire con il normale rendimento sociale e
occupazionale del paziente, si configura un quadro di demenza -> compromissione cognitiva
plurisettoriale a esordio graduale e decorso progressivamente ingravescente che determina
una ripercussione significativa sull’autonomia del paziente nello svolgimento delle attività
quotidiane, sia lavorative che sociali; spesso si associano modificazioni della personalità,
disturbi comportamentali e alterazioni della sfera affettiva: Behavioural and Psychological
Symptoms of Dementia.
Inoltre, possono essere presenti alterazioni del sonno, disturbi sensoriali, disturbi del
comportamento alimentare, segni e sintomi di compromissione motoria.
Demenza ai corpi di Lewy (DCL) -> caratterizzata dalla presenza dei corpi di Lewy nelle
aree corticali, sistema libico e nuclei del tronco encefalico.
Si associa a deficit cognitivi di tipo attentivo, esecutivo, visuospaziale a decorso fluttuante e
spesso sono presenti anche allucinazioni e deliri; è frequente la presenza di depressione e
precoci disturbi del sonno.
Corea di Huntington -> rara malattia ereditaria del giovane adulto, trasmessa con modalità
autosomica-dominante a penetranza completa. E’ caratterizzata da disordini del movimento,
turbe comportamentali e caratteriali con alto rischio suicidario e declino cognitivo.
Demenze vascolari -> malattia cerebrovascolare che causa danno neurologico e può
coinvolgere le capacità cognitive fino a produrre una demenza dove prevalgono deficit
cognitivi attentivo-esecutivi e del recupero lessicale e semantico. Spesso coesistono disturbi
affettivi come depressione e apatia e manifestazioni psicotiche come i deliri.
Idrocefalo normoteso -> si tratta della dilatazione dei ventricoli a causa di un difetto della
dinamica liquorale che comporta disturbi delle funzioni esecutive, disturbi della marcia e
disturbi urinari.
!54
I deficit cognitivi sono di tipo fronto-sottocorticali: rallentamento ideomotorio, ipomnesia,
compromissione attentiva, ideativa, logico-deduttiva e visuo spaziale accompagnati da
disturbi comportamentali quali apatia o aggressività, allucinazioni e deliri.
La valutazione neuropsicologica
La valutazione neuropsicologica del MCI è uno degli aspetti meno definiti poiché non sono
ancora state identificate batterie di test ad hoc e in genere sono usati metodi mutuati dai
protocolli per le demenze con esplorazione di attenzione, memoria, abilità visuospaziali,
linguaggio e funzioni esecutive.
Batteria per l’idrocefalo normoteso -> include otto test di memoria e attenzione, scelti
sulla base di una revisione ad hoc della letteratura dedicata al Normal Pressures
Hydrocephalus (NPH), più una scala per la depressione.
Batterie per la malattia di Parkinson -> nonostante manchino test creati ad hoc, è stata
creata una batteria, la Parkinson MMSE, tuttavia con una validità limitata.
Molto usata è la sopracitata FAB, data la frequente riduzione della funzionalità dei lobi
frontali in questa patologia e, in generale, sono usati tutti i test che indagano le abilità
frontali.
È stata proposta una scala dedicata, la Parkinson Disease Cognitive Rating Scale (PD-CRS),
di cui è disponibile la versione italiana, che comprende subtest che esplorano sia le funzioni
sopramodali, abilità attentive, esecutive e mnesiche, che strumentali, sia linguistiche
(denominazione) che visuospaziali (disegno dell’orologio). Inoltre, una task force creata
appositamente, ha individuato un sistema articolato su due livelli di operatività per
distinguere tra “possibile” e “probabile” demenza:
• Il primo livello prevede semplici prove applicabili ambulatorialmente , quali il MMSE,
informazioni sulle comuni attività quotidiane desunte, mediante un’intervista al caregiver,
conta dei mesi all’indietro, fluenza per categorie semantiche o disegno dell’orologio
• Il secondo livello prevede la valutazione di 4 ambiti: efficienza cognitiva globale, funzioni
del circuito frontobasale, funzioni strumentali corticali e gli aspetti neuropsichiatrici
• FAB -> batteria composta da sei sottoscale per indagare la funzionalità dei lobi frontali in
pazienti con media gravità; test comprendenti funzioni verbali di critica e giudizio e di
pianificazione motoria.
EPILESSIA
L’epilessia è una patologia cerebrale cronica caratterizzata dalla presenza di episodi
parossistici transitori (crisi epilettiche), causati da un’attività neuronale anomala di alcuni
networks cerebrali.
Le manifestazioni cliniche sono -> fenomeni improvvisi e transitori che includono:
alterazioni dello stato di coscienza ed eventi motori, sensitivi, autonomici o psichi.
Le crisi sono definite:
• Parziali -> la scarica iniziale proviene da un gruppo di neuroni limitato a una parte di un
emisfero cerebrale; se l’attività elettrica si diffonde all’emisfero controlaterale, diventano
secondariamente generalizzate.
• Complesse o semplici -> a seconda che sia interessata o meno la coscienza.
• Epilessia temporale -> una delle epilessia più frequenti; il lobo temporale ha un ruolo
fondamentale per il linguaggio, il riconoscimento di volti, la memoria, la percezione
uditiva.
La parte posteriore del giro temporale superiore modula il linguaggio -> lesioni provocano
afasia di Wernicke.
• Giro fusiforme modula memoria e percezione dei volti, nella parte posteriore del giro
fusiforme di sinistra è localizzata la Visual Word Form Area mentre nel giro ippocampale
è collocato l’ippocampo coinvolto nei processi mnesici ed emozionali -> lesioni
provocano difficoltà nel riconoscimento dei volti (FFA) o alessia pura (VWFA).
• Amigdala modula la regolazione delle emozioni e del comportamento -> lesione provoca
riduzione dell’inibizione nei comportamenti sociali e degli istinti di autoproduzione;
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inoltre, media l’approccio alle situazioni nuove o ambigue e svolge un ruolo nel corretto
riconoscimento delle emozioni altrui.
Neuropsicologia dell’epilessia
L’inizio dello studio del profilo neuropsicologico dell’epilessia iniziò su pazienti con
epilessia frontale e temporale -> paziente HM: ha fornito basi conoscitive del ruolo
funzionale dell’ippocampo e della sua crucialità nel funzionamento della memoria
episodica.
La particolare fragilità dei pz con epilessia prevede una valutazione neuropsicologica estesa
che deve esplorare i vari domini cognitivi: linguaggio, memoria, attenzione, funzioni
esecutive, percezione visuospaziale, attenzione, pianificazione motoria, capacità di
ragionamento astratto.
Una delle entità meglio riconosciute è la transient epileptic amnesia, una particolare forma
di epilessia temporale che si manifesta con ricorrenti attacchi amnesici di breve durata.
TRAUMI CRANICI
Sintomi acuti
La memoria è la funzione cognitiva più vulnerabile -> il TC si associa frequentemente a
un’amnesia che in relazione alla dimensiona temporale sia classifica:
• Amnesia retrograda -> riguarda i fatti occorsi prima dell’evento traumatico.
• Amnesia anterograda -> riguarda i fatti che occorrono dopo l’evento traumatico.
La gravità del TC varia in base alla durata della perdita di coscienza e all’estensione della
lacuna mnesica.
Nella fase acuta di TC si associano anche altri disturbi comportamentali come lo stato
confusionale e/o l’agitazione psicomotoria. Il pz solitamente ha disturbi del ritmo sonno-
veglia che tendono a ricomporsi in caso di evoluzione positiva.
Il trauma cranico lieve determina uno stato confusionale generale ma non causa deficit
neuropsicologici specifici.
Nel caso del trauma cranico di maggiore entità, la presenza di lesioni anatomiche specifiche
determina una compromissione dei diversi domini quali il linguaggio e le funzioni
visuopercettive.
Sintomi postacuti
Un’alta percentuale di pazienti con TC ha sequele neuropsicologiche rilevanti che
condizionano significativamente la sua qualità di vita tanto da modificare drasticamente il
percorso di studi o il ruolo professionale e familiare.
Tuttavia, nonostante i TC gravi spesso siano associati a danni neuropsicologici del sistema
motorio e sensoriale, è la sfera cognitiva a determinare il recupero a distanza -> memoria,
modulo attentivo e delle funzioni esecutive.
Consapevolezza della stato malattia -> elemento sopramodale che potrebbe condizionare il
recupero degli altri deficit cognitivi.
La valutazione neuropsicologica è fondamentale per identificare la compromissione e
quantificare l’entità del danno -> necessario è il controllo longitudinale poiché il recupero
delle funzioni cognitive può avvenire anche molto tempo dopo il TC; infatti, le strategie di
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compensazione attraverso l’utilizzo delle potenzialità residue avvengono anche
tardivamente.
E’ molto facile inoltre che dopo un TC il pz abbia difficoltà ad “organizzarsi la vita” a causa
delle ripercussioni frontali; il malfunzionamento della memoria condiziona negativamente
la sfera emotiva che spesso tende ad essere impulsivo.
L’impulsività e la scarsa consapevolezza alterano la capacità di decision making.
Un sintomo spesso presente è l’apatia che rende complicata la riabilitazione perchè il pz
tende ad isolarsi anche dai rapporti sociali.
L’inquadramento comportamentale del pz con TC richiede l’utilizzo di interviste
semistrutturate che vanno sottoposte sia al pz che ai caregivers.
Sono solitamente compromesse anche le capacità introspettive; la presenza di deficit di
memoria autobiografica ed episodica richiedono l’utilizzo di questionari ad hoc.
In generale la valutazione neuropsicologica va fatta su tutti i domini principali e anche
monitorata nel tempo.
TC anche non particolarmente gravi possono determinare un alterazione emotiva fino a
causare una sindrome post traumatica da stress.
L’approccio psicoterapico è necessario per rendere il pz particolarmente recettivo al
trattamento neuropsicologico.
MALATTIE MENTALI
Schizofrenia -> negli anni ’80 l’ipotesi era che la schizofrenia rappresentasse una possibile
conseguenza a lungo termine di un anomalia precoce dello sviluppo neuronale.
Si tratta, invece, di una patologia della neocorteccia (sede dell’elaborazione delle
informazioni) associata ad un ridotto volume delle aree della corteccia prefrontale, in
particolare del giro frontale superiore e della regione orbitofrontale.
Caratteristica centrale -> disfunzioni cognitive; la memoria verbale rappresenta l’area più
compromessa.
Nei pazienti con schizofrenia sono presenti e dimostrabili deficit cognitivi multipli e diffusi
di differente gravità, coinvolgenti la maggioranza dei domini cognitivi.
La schizofrenia è stata interpretata come un disturbo primario delle funzioni frontotemporali
-> deficit della memoria verbale, memoria episodica, memoria di lavoro, capacità di
astrazione, problem solving, planning strategico.
Per quanto riguarda invece l’attenzione, sembrano maggiormente compromesse: attenzione
selettiva, attenzione sostenuta, span di attenzione, shift dell’attenzione e meccanismi
preattentivi.
I deficit cognitivi insorgono precocemente, molto spesso prima dell’esordio conclamato
della malattia, indicando quindi una predisposizione alla malattia stessa.
Disturbi del tono dell’umore -> la depressione fra i suoi sintomi presenta disturbi di
attenzione, concentrazione e memoria ed effettivamente queste sembrano essere le funzioni
cognitive più vulnerabili.
La presenza di disturbi cognitivi nelle depressioni può configurare in un quadro di
pseudodemenza depressiva, caratterizzata da deficit cognitivi multipli e riduzione dell
autonomia, analogamente a quello che si presenta nelle demenze ma potenzialmente
reversibile con terapia farmacologica timolettica.
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Per quanto riguarda la sindrome bipolare è stata rivelata la presenza di deficit stabili a carico
di memoria dichiarativa verbale e funzioni esecutive.
Insufficienze d’organo
1. Malattie del fegato -> frequentemente associate a sindrome nota come encefalopatia
epatica (disturbi di personalità e di carattere, disturbi affettivi e comportamentali,
alterazioni del sonno e della coscienza e difetti cognitivi) con alterazioni del rendimento
lavorativo e psicosociale. Gli strumenti utilizzati sono il Trail Making Test, Digit Symbol
della WAIS, Digit Span e prove di attenzione, vigilanza e velocità psicomotoria.
2. Malattie del cuore e dell’apparato cardiovascolare le funzioni più compromesse sono
memoria e attenzione.
3. Ipertensione arteriosa -> responsabile di deficit di memoria, abilità psicomotorie e
percettive, i cui effetti appaiono reversibili con la terapia. L’ipertensione tuttavia sembra
essere fattore di concausa dello sviluppo di demenze, quindi una terapia antiipertensiva
potrebbe avere un ruolo protettivo.
4. Malattie del rene -> causano sintomi tipici di disfunzione cerebrale con iniziali difetti
attentivi, poi disturbi di memoria e si aggravano quelli frontali; negli stadi più avanzati si
presenta il delirium che evolve in stupor e coma.
5. Malattie dell’apparato gastro intestinale, ad es con la celiachia occorrono deficit mnesici,
difficoltà di calcolo, stati confusionali, cambiamenti di personalità.
6. Malattie respiratorie -> presentano compromissione cognitiva è frequente nella malattia
respiratoria cronica ostruttiva e presenta deficit di attenzione, funzioni esecutive e
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working memory che possono essere migliorati con l’uso di Continuous Positive Airway
Pressure (CPAP)
7. Malattie endocrino-metaboliche -> comportano un declino cognitivo fino ad un quadro di
franca demenza. Nel diabete ad es vi è comunemente una compromissione cognitiva
lieve-moderata, prevalentemente in compiti di speed of information processing, memoria
episodica, flessibilità mentale.
8. Malattie del sangue -> provocano una demenza da iperviscosità ematica. Ad es nella
condizione di anemia si aumenta la mortalità e la disabilità, riducendo l’autonomia fisica
e la qualità della vita.
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Capitolo 10
Elementi di neuropsicologia forense
Neuropsicologia clinica e neuropsicologia forense
L’obiettivo di entrambe è quello di provvedere informazioni basate su principi
neuropsicologici e metodologie d’indagine scientificamente valide tuttavia, nel caso della
neuropsicologia forense, la valutazione neuropsicologica è finalizzata a dirimere questioni
legali e stabilire un nesso causale collegabile ad un evento, situazione, condizione, con un
ragionevole grado di certezza.
L’applicazione della neuropsicologia in ambito legale ci impone alcuni aspetti cruciali:
• Il cliente non è sempre il paziente ma può essere una terza figura;
• La metodologia deve saper determinare se la disfunzione documentata è il risultato di una
condizione patologica, di meccanismi di natura psicologica o di una simulazione ->
necessità di verificare l’impegno e l’assenza di comportamenti falsificatori.
• Non prevede l’alleanza con l’esaminato poiché non ha finalità terapeutiche.
Neuropsicologo forense -> può essere coinvolto in qualità di esperto da tribunali oppure
essere ingaggiato da una delle parti in causa.
Deve avere svolto un percorso formativo che documenti il possesso di un’adeguata cultura e
professionalità in ambito neuropsicologico e aver associato ad esso un ulteriore training in
ambito medico-legale.
Esperti -> utilizzano metodologie di intervento in linea con le migliori evidenze scientifiche;
è metodologicamente corretta una procedura che rispetti una criteriologia scientifica ben
definita e confrontabile.
L’esercizio della neuropsicologia forense richiede solide basi scientifiche, una rigorosa
osservazione delle regole metodologiche, l’aderenza a principi etici, una competenza
professionale e una capacità clinica di valutazione globale del paziente.
Strumenti di valutazione
La batteria ideale dovrebbe essere orientata e sensibile a tutti quei difetti ritenuti presenti nel
caso in esame, dovrebbe avere minima interazione con il sistema motorio e sensoriale e con
il tono dell’umore; si devono utilizzare tarature documentate e riconosciute applicabili nel
caso in oggetto, nonchè evitare fattori inquinanti.
Inoltre nei protocolli è imperativo inserire dei test che vadano a stimare la validità dei
sintomi (simulazione/scarso impegno) dal momento che nel contesto legale i comportamenti
falsificatori sono particolarmente frequenti.
Setting
Valgono le indicazioni generali; tuttavia, non sempre è possibile garantirle.
Infatti, in carcere la presenza di “osservatori” aggiuntivi è inevitabile (telecamere, secondini
etc) e questi possono inquinare la validità dei risultati.
Anche quando non è richiesto il consenso informato, è tuttavia raccomandabile che alla fine
dell’esame venga chiarito come verranno gestite le informazioni ottenute.
Consenso informato
Quando l’esame è richiesto per legge, il consenso informato alla valutazione
neuropsicologica non è necessario. Nel caso delle valutazioni peritali dei minori nel ruolo di
consulenti di parte, è opportuno avere il consenso di entrambi i genitori; se sono divorziati
serve quello del tutore legale.
In tutti i casi, è opportuno nonchè etico informare esaustivamente il soggetto delle
caratteristiche e delle finalità dell’esame.
Utilizzo di psicometristi
In queste occasioni il loro utilizzo appare problematico, e non pare opportuno sia fatto da
persone diverse rispetto a chi ha fatto la valutazione.
Presenza di terzi
Esiste un atteggiamento condiviso anche in ambito giuridico per cui la presenza di TPO
(terza persona) non è ammessa in caso di valutazione neuropsicologica forense e il
neuropsicologo chiamato dal giudice dovrebbe avere quindi il diritto di tenere il proprio
esame in moto tale che non sia in nessun modo messa a rischio la propria pratica.
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E’ necessario tenere distinti i comportamenti falsificatori di simulazione dai disturbi fittizi e
dai disturbi somatoformi.
Disturbi fittizi -> la produzione intenzionale di sintomi fisici o psichici è motivata dal
bisogno psicologico di assumere il ruolo di malato, mentre manca il criterio della presenza
di incentivi esterni che caratterizza la simulazione propriamente detta.
Disturbi somatoformi -> non c’è volontà di falsificazione in quanto essa avviene in modo
inconscio.
Le strategie per smascherare i comportamenti falsificatori, i principi ispiratori sono stati
riassunti da Rogers e colleghi nel 1993:
1. i soggetti che accusano deficit non dovrebbero mostrare prestazioni inferiori a quelle
ottenute da pz gravemente compromessi (effetto pavimento/soffitto)
2. i simulatori non considerano le differenze di difficoltà nei test
3. esame del pattern delle risposte sbagliate rispetto a quelle quasi mancate o approssimate
4. si può definire il livello di casualità delle risposte
5. prestazione atipica, estrema variabilità di prestazione all interno di aree di indagine
funzionalmente sovrapponibili
6. violazione delle leggi scientifiche, come ad es l’effetto primacy e recency della memoria
7. sequele psicologiche, disordini neuropsicologici e neurologici sono usualmente
accompagnati da tipici disturbi psichiatrici
L’osservazione diretta dei sintomi e del comportamento può rivelare atteggiamenti
manipolatori (es. seduttività, drammatizzazione etc); le modalità di valutazione formale
includono l’analisi di prestazioni atipiche e inconsistenza di profilo test-retest e strumenti
disegnati ad hoc.
Sono stati proposti dei criteri specifici e degli indici di simulazione che tengono conto di
tutti gli aspetti dell’elenco.
Nelle conclusioni dell’esame vanno riportati con cautela ma anche con chiarezza i sintomi
di simulazione, scarso impegno etc.
E’ etico avvisare il pz della presenza nell esame di test che valutano la simulazione.
Ambiti applicativi
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Particolare cura da dare nell’esplorazione delle attività sociali e lavorative, di autonomia
comportamentale ed economica; per ciò che riguarda la storia di vita bisogna prestare
attenzione alle dinamiche familiari, ad eventi occorsi ed eventuali presenze di traumi,
nonchè alla familiarità per patologie d interesse neurologico o psichiatrico.
Per effettuare una valutazione delle capacità in tutte le sfaccettature, si dovrebbe includere:
• dettagliata anamnesi con il pz e tutti coloro che possono dare informazioni
• una batteria di test neuropsicologici esploranti lo stato cognitivo generale e le funzioni
cognitive la cui integrità è ritenuta indispensabile per quella singola capacità
• un assessment delle abilità correlate alla singola capacità attraverso l osservazione del
comportamento o altri tipi di valutazione funzionale, con strumenti che permettano una
rappresentazione ecologicamente valida della capacità individuale.
• l’interpretazione dei risultati alla luce della patologia
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• l’identificazione e la raccomandazione di interventi di adattamento e supporti ambientali
tesi a migliorare le capacità decisionali del soggetto, nonchè la riabilitazione
neuropsicologica per quei domini cognitivi carenti.
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Altri errori possibili sono quelli di congiunzione mnesica, ovvero quando due ricordi
vengono mescolati formando un altro ricordo, gli errori di correzione del passato, dal
momento che il ricordo è influenzato in base all esigenza di coerenza e semplificazione.
Inoltre il fatto che l evento da ricordare sia accidentale, lo rende spesso scarso e
frammentario proprio per il fatto che la persona non era consapevole di doverlo ricordare.
I buchi di memoria secondo alcuni sono garanzia di affidabilità e genuinità del ricordo, tanto
che quando non ci sono questi vuoti è meglio che il tutto venga analizzato con cautela.
Questi buchi possono essere genuinamente riempiti anche molto tempo dopo, secondo il
fenomeno della reminescenza.
Tra i fattori facilitanti vi sono l ambiente e lo stato d’animo ed emozioni intense che
possono interferire sulla qualità del ricordo, non sempre in senso negativo.
Altri fattori possono influenzare il ricordo: età del soggetto, livello di consapevolezza,
motivazione, tempo trascorso dall’evento, presenza di patologie neuropsichiatriche o
secondarie e le modalità investigative.
Le ipotesi della crime amnesia, di chi reca il danno, includono la possibilità di un difetto di
codifica legato al contenuto stressante dell’evento, secondo un ipotesi funzionale (amnesia
dissociativa) o organica (neuroendocrina) o causato da intossicazione (alcool, droga) o da
disordini neuropsichiatrici (disturbi del sonno, sexomnia).
Anche qui esiste il problema della simulazione per vantaggi secondari, per far fronte a
questo si utilizza una versione dello IAT, l’ Autobiographical Implicit Association Test che
valuta l’esistenza di una traccia della memoria autobiografica.
Tutti sono d’accordo nel non consentire la guida a persone con demenza moderata e severa,
più difficile è deciderlo per le forme iniziali e lievi, ancor più nel Mild Cognitive
Impairment fove è opportuno che la decisione si basi sulla valutazione dei singoli domini
cognitivi.
Deficit di attenzione, concentrazione e abilità visuospaziali sembrano i migliori predittori di
ridotta capacità di guida in condizioni reali.
In ogni caso, data la probabilità di progressione della malattia, l’esame andrebbe rifatto ogni
6 mesi.
Nella malattia di Parkinson, non è presente la demenza ma tuttavia vi è una disabilità
motoria che può influire sulla riduzione dell’integrità psicofisica necessaria per una guida
sicura. Inoltre questi pazienti spesso presentano disturbi del comportamento, in particolare
nel controllo degli impulsi, e questo può metterli in situazioni rischiose.
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Un compito altrettanto delicato è quello di valutare la ripresa della guida in pazienti
cerebrolesi, come a seguito di stroke o trauma cranico.
Anche la condizione medica generale può compromettere la guida.
Il clinico si trova nella delicata posizione di chi decide fra la protezione del paziente da
incidenti provocati da lui stesso e il mantenimento dell autonomia che viene vissuta come
un diritto inalienabile.
La sospensione della patente può avere molti effetti negativi, sul tono dell’umore,
sull’autostima, comporta spesso depressione e isolamento sociale soprattutto negli anziani.
La maggior parte degli studi descrive delle valutazioni preliminari che comprendono un
esame neuropsicologico, eventualmente associato ad una prova su simulatore e prove su
strada a difficoltà crescente.
La valutazione testistica è prevalentemente centrata sui domini cognitivi che sono ritenuti
costituire un substrato delle attività connesse alla guida.
Non esistono test cognitivi che correlino strettamente con l abilità di guida o che possano
predirne l efficienza.
Recenti segnalazioni hanno trovato utili il MoCA e il Trail Making Test parte B ma la
pratica neuropsicologica non ha ancora trovato un test o una batteria raccomandati, nè soglie
di non idoneità alla guida.
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