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Dizionarioillust 00 Roncuoft

Il documento è un dizionario illustrato dei simboli, emblemi, allegorie e immagini degli dei, redatto da Giuseppe Ronchetti e pubblicato nel 1922. Esso ha lo scopo di facilitare la ricerca del significato di rappresentazioni simboliche e allegoriche, fornendo collegamenti tra simboli e figure mitologiche o storiche. Include anche una serie di tavole per illustrare i concetti trattati.

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GIVSEPPE RONCHETTI

DIZIONARIO
ILLVSTRATODi^r
SIMBOLI ÌS3^

VLRICO HOEPLl MII^NO


SIMBOLI - EMBLEMI - ATTRIBUTI
ALLEGORIE - IMMAGINI degli DEI, ecc.
'RtE^'^A .4 MANUAU HOF.PLI

G. RONCHETTI

Dizionario illustrato dei Simboli


sìmboli- EMBLEMI -ATTRIBDTl
ALLEGORIE - IMMAGINI degli DEI, ecc.
CON 91 TAVOLE

i%AJ3A
/B -^-^^
ULRICO
EDITORE-LIBRAIO DELÌJ^ REAL

MILANr ' ""


I922Ì
DATi^.
PROPRIETÀ LETTERARIA

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ABTI GRAPICHB VARESINE - r^


VARESE
PrìnleJ In llaly
AVVERTENZA

Lo scopo nostro, nell'ordinare la materia del


presente manuale in forma di dizionairio, fu, spe-
cialmente riguardo all'iconologia, di facilitare la
ricerca del significato di un quadro, di una statua
o di qualunque altra rappresentazione simbolica o
allegorica.
Vedendo, per esempio, un quadro, che rap-
presenta una figura con un fulmine in mano, o
un'aquila vicina; o con una mezzaluna sulla testa,
od una falciola in mano, ecc., si trova Fulmine,
o Aquila, che rimanda alla voce Giove. La voce
Mezzaluna, rimanderà il lettore agli articoli Diana
— Ecate — Luna, ecc., la voce Falciola, riman-
derà ad Agricoltura — Cerere — Giugno —
Luglio — Pomona — Priapo — Saturno; e così
via. E imbattendosi in simboli, che hanno rela-
zione con diversi personaggi, si esamini il rac-
conto, ol'articolo, che meglio si adatta alla cir-
costanza di quella tale statua, quadro o altra
rappresentazione. Ciò sia detto anche degli attri-
buti dei Santi e della personificazione di cose
inanimate.
A.
A.

Questa lettera sta a capo dell'alfabeto di quasi


tutte le lingue antiche e moderne, alla quale i Greci
diedero il nome di Alpha, togliendola daWaleph fe-
nicio. Il vocabolo aleph significa capo o guida in
lingua ebraica. I greci riguardavano la lettera A come
infausta, siccome quella che veniva proferita dai sacer-
doti nella formula imprecatoria dei sacrifizi; ed era
l'abbreviazione di ara (maledizione). Vedi Alfa e
Omega — Bue — Lacedemoni.
Aap o Aarou.
Nome dei campi Elisi degli antichi Egiziani, dove
i mani, durante l'eternità si consacravano a lavori
agricoli che producevano dei raccolti meravigliosi.
Aaron. Vedi /Aronne.
Aba.
Figlio di Ippotoone e di Melcinira. Fu cangiato
in ramarro da Cerere, perchè si burlò di lei e dei suoi
sagrifizi, vedendola bere con troppa avidità.
Abacucco n Habacuc.
Nome che significa il Lottatore; l'ottavo dei do-
dici profeti minori degli Ebrei. — Angelo che, preso
per un capello, lo trasportò nella prigione di Daniele
ove gli portò un pane. Pane. Sporta.
— 2 -
Abaddon.
Nome dato da S. Giovanni nell'Apocalisse a
un angelo dell'abisso, conduttore di locuste deva-
statrici. Esse avevano per re, scrive l'inspirato £■
vangelista, l'angelo dell'abisso chiamato Abaddon
(padre della distruzione), che in greco dicesi Apollyon,
cioè Vesterminaiore. In Abaddon taluni raffiguraino
Satana; altri invece videro simboleggiato quel Gio-
vanni di Giscala che abbandonò proditoriamente Geru-
salemme assediata da Tito, per tornarvi a capo di
una banda di fanatici ribaldi che lo proclamarono re,
e cagionarono danni infiniti alla sventurata città. I rab-
bini chiamavano Abaddon il più profondo dell'inferno.
Abadir.
Uno dei nomi delle pietre sacre presso i Fenici.
Secondo la mitologia sarebbe la pietra che Saturno
divorò, credendo di divorare suo figlio Giove. Vedi
Betili.
Abari o Abarite.
Scita, il quale per aver cantato il viaiggio d'Apol-
lo agH Iperborei, fu fatto primo sacerdote di questo
Dio, da cui ebbe, oltre allo spirito profetico, una
freccia, sopra la quale andava per aria.
Abbandono
Anemone dei boscUi. Zefiro amava una Ninfa
di questo nome, flora, gelosa, la scacciò dalla sua
corte e la cangiò in un fiore che sboccia prima di
comparire la primavera. Zefiro abbandonò Anemo-
ne alle carezze di Borea, che, non riuscendo a far-
si amare, l'agita, lo schiude e l'appassisce immedia-
tamente.
Abbandono dei figli.
Corvo. Credevasi che quest'uccello covasse le
uova senza nutrire i pulani, |>erdiè appena usciti
dal guscio, vedendoli con le piume bianche, li 5cac-
cijisse dal nido non riconoscendoli per suoi figli. Nei
Salmi si legge: Dio provvede il nutrimento perfino ai
pulcini dei corvi, che invocano il suo nome, perchè
essendo come non legittimi abbandonati dai loro ge-
nitori...
Abbattimento.
Mimosa pudica. Al minimo contatto le foglie di
questa pianta lasciano cadere le loro fogliolinc.
Abbondanza.
Divinità allegorica, rappresentata da una bella
giovarne coronata di fiori, con un manto verde a fio-
rami d'oro. Nella mano destra tiene una cornucopia
piena di fiori e di frutta, e nella sinistra, talvolta,
un manipolo di spighe.
Animali: Formica. Gli indovini predicevano ab-
bondante ricchezza a coloro nelle cui case le for-
miche radunavano le provviste. Avendo le formiche
portati molti grani di frumento in bocca a Mida di
Frigia, ancora fanciullo, e mentre dormiva, gli si
predisse che doveva diventare ricchissimo, come infat-
ti lo divenne. Cru. Si vuole che in Egitto, nell'an-
no in cui comparve una gru con due teste, il rac-
colto fu buonissimo, e abbondantissimo quando se
ne vide una con tre teste. Pecora. Secondo gli in-
terpreti della Bibbia, la f>ecora è simbolo di abbon-
danza efertilità. — Vegetali: Frumento, perchè un
grano di frumento seminato si centuplica al raccol-
to. — Diversi : Cornucopia. Spighe. Urna, di dove
scaturisce 1 acqua, che porta fertilità.
— 4 —
Abdia.
Il quarto dei dodici profeti minori. — Pani, con
cui Abdia nutrì i cento profeti che nascose entro a
caverne, per sottrarli al furore e alla persecuzione
dell'empia Gezabele, moglie di Acabbo re d'Israele.
Abele.
In ebraico Hebel, soffio, oggetto che passa come
un soffio, vanità. Secondo figlio di Adamo ed Eva.
— Agnello.
Abeona.
Nome di una divinità romana. Era così detta dal
verbo abire; andarsene, partire; perchè presiedeva al-
la partenza.
Abete.
Albero die, elevandioisi dritto, può raggiungere
perfino cinquanta metri. Vedi Arditezza — Eleva-
zione — - Sublimità.
Abito. Vedi Veste.
Abnegazione.
Amatìsta.
Aboppimento.
Spulo. Gli antichi cristiani, udendo parole disone-
ste, che aborrivano, solevano sputare per purgarsi di
tale bruttura. Atto ancora in uso, come segno di di-
sprezzo.
AboPto. Vedi Sconciamento.
Abramo.
Patriarca, grande progenitore e fondatore della
nazione ebraica. — Ammali: Asino, carico di legna
destinata al sacrificio. Montone, che sacrificò in luo-
go di suo figlio. — Vegetali: Quercia. — Diversi:
— 5 —

Altare, sul quale mise la legna. Angelo, che gli co-


mandò di non sacrificare il figlio Isacco. Coltello da
sacrificio.
Abraxas d Abrasax.
Nome di una deità dei Basilidi, settari del II se-
colo dell'era cristiana. Consisteva in una pietra, sul-
la quale era rappresentato generalmente un corjx) u-
mano sormontato da una testa di gallo o di leone,
avente dei serpenti per le gambe e diverse insegne;
con l'inscrizione Abraxas e più spesso Abrasax in
lettere greche le quali prese secondo i loro valori nu-
merali e sommate, formano 365, numera dei gior-
ni deir«mno, o delle rivoluzioni del sole nel zodia-
co, come rilevasi dal valore numerico di ogni let-
tera di questa parola nell'alfabeto greco:
ABPA2AE O ABPASA2
il II II I I II II I I
,'»o
o» I o— o^ ro
o co
o» T* b?
u^ 1 — to e — o — e tn

Questo nome conteneva i nomi dei sette angeli


che presiede\ano ai sette cieli con le loro 365 virtù,
una p>er ciascun giorno dell'anno. Questi sette an-
geli erano emanazioni di questa deità. Secondo la
dottrina dei Gnostici, vi erano 365 cieli, i quali con-
centravansi tutti nel primo cielo, sede della divinità
rap>presentata dal simbolo del sole. Alcuni vogliono
invece che i Basilidi nascondessero sotto questa pa-
rola la dottrina della Trinità, e che le iniziali a. (a)
^ (b) e (r) stessero per le parole ebraiche Ab, Ben,
Ruah. vale a dire Padre, Figliuolo e Spirito Santo.
Abrotano. Vedi Artemisia — Corona di abrotamo.
Acacia.
Pianta graziosa ornamentale. Vedi Amore plato-
nico — Massoneria.
Acadina.
Fontcìna meravigliosa della Sicilia. Era situata
presso Catania, in vicinanza dei due laghi chiamati
Delli, dei quali uno era di fuoco, l'altro di zolfo.
Questa fontana, e i due laghi orribili che le stavano
vicino, erano consacrati ai Palici, gemelli nati da
Giove e da una Ninfa chiamata Talia, la quale
essendo incinta, aveva talmente paura della vendet-
ta di Giunone, che scongiurò la terra d'inghiottirla,
e la sua preghiera fu esaudita. Nelle profonde visce-
re di questa, Taha si sgravò misteriosamente di due
fanciulli, che la terra stessa mise poi alla luce da
un'apertura fattasi nel siuo seno, e dalla quale sca-
turì la fontana Acadina, che fu tenuta in grande ve-
nerazione nei tempi antichi, poiché serviva a met-
tere alla prova i giuramenti. Chi giurava, scriveva il
proprio giuramento sopra certe tavolette, che gettava
poi nella fontana. Se queste galleggiavano, il giura-
mento era ritenuto sincero, se calavano al fondo, e-
ra creduto falso, e lo spergiuro veniva all'istante ac-
cecato, obruciato dalle fiamme vendicatrici dei due
laghi di fuoco e di zolfo.
Acale.
Discepolo, o nipote, di Dedalo. Inventore della
sega e del compasso, di che Dedalo invidioso lo pre-
cipitò da una torre, ma Minerva per compassione lo
trasformò in pernice.
Acanto.
Fratello di Acanlide, fu cangiato in uccello. Se-
condo Vitruvio, era una giovane Ninfa che per aver
- 7 -
accolto favorevolmente Apollo, questi la cangiò in
pianta eli acanto.
Acanto.
Pianta che diede origine al capitello corintio. Ve-
di Archiiellura — Arti — Belle Arti — Gemo.
Accademia.
Nel monumento di Andrea Alciati in S. Epifa-
nio di Pavia, si vedono due insegne, l'una di genti-
lizia e l'altra dell'Accademia, cioè un caduceo in-
trecciato da doppie ali, da serpenti e cornucopie;
queste rappresentano la ricchezza e felicità, i serpen-
ti la prudenza e le ali la diUgenza, qualità necessarie
per la prospera riuscita nelle imprese. Cedro del Li-
bano, simbolo dell'immortalità. Libri. Lima, che ri-
pulisce le opere. Melagrana, emblema dell'unirle.
Accidia.
Mesembriantemo. Vedi Pigrizia.
Acciuga.
Pesciolino di mare. Vedi Prestezza.
Accordo.
Celtide.
Accusatore vano.
Oca. Cicerone, nell'arringa per Sesto Riccio, ci-
ta l'oca quale esempio dell'accusatore che faccia stre-
pito senza alcun danno.
Acero campestre. Vedi Cautela — Essequie.
Achar.
L'ente supremo, immortale, che, secondo la cre-
denza dei Punditi (indigeni), ha cavato dalla sua
propria esistenza le anime e gli esseri materiali,
quantunque egli sia incorporeo. Quindi il loro dogma
che la creazione non è che un'eslrazione o estensione
di Dio, e che la distruzione del mondo sarà soltan-
to un riprendere che Dio farà tutto ciò che avrà in
tal modo mandato fuori di se.
Acheloo.
Figlio dell'Oceano e di Teti. Dio del fiume A-
cheloo, e fu ritenuto il re dei fiumi, perchè il più
grande e, secondo la tradizione, il più antico dei
fiumi della Grecia. Acheloo era rivale di Ercole nel
suo amore per Deianira, col quale lottò e s'ebbe la
peggio, ma, potendo Acheloo assumere varie forme,
si cangiò prima in seipente e poi in toro. Egli fu pe-
rò vinto sotto questa forma da Ercole, e spogliato di
uno dei suoi corni, ch'egli però ricuperò, cedendo il
corno di Amaltea. Secondo la leggenda, questo fiu-
me rassomigliava, nel suono delle sue acque, alla
voce di un toro ; i suoi meandri diedero origine alla
storia della sua trasformazione in serpente. La vit-
toria di Ercole si riferisce all'incanalamento, median-
te il quale Ercole confinò il fiume nel suo letto, gua-
dagnando così una vasta distesa di terreno simboleg-
giato nel corno dell'abbondainza. Ovidio raffigura
Acheloo appoggiato sopra un braccio, col capo cin-
to di verdi canne, e un manto verde intorno, e con
un solo corno, perchè l'altro gli fu rotto da Ercole.
Fu anche rappresentato sotto forma di serpente o di
toro, e spesso con testa umana, munita di corna
Acheronte.
FigHo del Sole e della Terra. Fu cangiato in fiu-
me e precipitato nell'Inferno, per aver somministrato
l'acqua ai Titani quando dichiararono la guerra a
Giove. Le sue acque divennero fangose e amare, e
-- 9 -

questo è uno dei fiumi che le ombre dei morti de


\ono passare senia speranza di ritorno.
Achille.
Figlio di Peleo e della famosissima Nereide Te-
tide, e re dei Mirmidoni in Tessaglia. Narrasi che
sua madre lo ponesse di notte nel fuoco per distrug-
gere le parti mortali ereditate dal padre, e l'unges-
se, durante il giorno, d'ambrosia. Tedile, una notte
sorpresa da Peleo mentre poneva nel fuoco il fan-
ciullo, abbandonò il figlio e fuggì; e Peleo lo affidò
al centauro Chirone, il quale lo ammaestrò nell'arte
di cavalcare e nella caccia, insegnandogli anche la
medicina, e cambiò il suo nome primitivo di Ligyron
(cioè piagnucoloso) in quello di Achille. Chirone nu-
trì il suo allievo con cuori di leone e midollo d'orso.
Secondo altre leggende, Tedite, tentò rendere in-
\ulnerabile Achille tuffandolo nel fiume Stige, e le
riuscì, tranne nel tallone. Giunto all'età di nove anni.
Calcante dichiarò che Troia non poteva essere presa
senza il suo aiuto; e Tedite, sapendo che questa
guerra doveva riuscirgli fatale, lo vestì d'abiti fem-
minili elo intromise fra le figlie di Licomede di Sci-
ro, le quali lo chiamarono Pirra a cagione del suoi
capelli d'oro. Ma il suo sesso non rimase a lungo
tempo celato, poiché una delle sue compagne, Dei-
damia, diventò tosto madre di un figlio, Pirro o Neot-
tolemo. I Greci scopersero il suo nascondiglio e in-
viarono ambasciatori a Licomede, il quale, pur ne-
gando la presenza di Achille, permise loro di rovi-
stare nel suo palazzo. Ulisse scoprì, per mezzo di
uno stratagemma, il giovane eroe il quale promise
immediatamente il suo aiuto ai Greci, e -divenne il
terrore dei suoi nemici. Durante la guerra di Troia,
- 10 -

Achille ucdse Pantesilea, amazzone, ma rimase pro-


fondamente commosso nello scorgere la sua bellez-
za, e avendo osato Tersite canzonarlo, per la sua te-
nerezza di cuore. Achille uccise con un pugno il
dileggiatore. Fra le diverse narrazioni della sua mor-
te citeremo la seguente: Achille amava Polissena,
figlia di Priamo, e lusingato dalle promesse che gli
sarebbe data in moglie se si unisse ai Troiani, egli
si recò senza armi nel tempio di Apollo a Timbra,
ove Paride l'uccise con una frecciata nel tallone.
Achillea millefoglie.
Forse la pianta che si credeva ne facesse uso nel-
la cura delle ferite l'eroe di cui porta il nome, e che
passò a noi dalla più remota antichità con la fama di
vulneraria, ossia di qualche efficacia nel promuovere
le cicatrici delle piaghe e delle ferite. Vedi Guer-
riero — Sollievo.
Achor.
Dio delle mosche, al qjuale, secondo Plinio, gli a-
bitanti di Cirene offrivano sacrifizi per ottenere di
non essere molestati da tali insetti, e di guarire dal-
le malattie da essi cagionate.
Aci.
Figlio di Fauno. Fu p)er la sua bellezza amato da
Galatea, la quale era amata da Polifemo. Questo
ciclope avendolo sorpreso con Galatea, lo schiacciò
con un pezzo di rupe; ma l'addolorata Ninfa cangiò
il di lui sangue in fiume, che fu chiamato Aci, e si
trova in Sicilia. Ovidio descrive la trasformazione di
Aci coi seguenti versi:
Subito sopra Vacqua lutto apparve
Il giovanetto sino alla cintura,
Ed in altro mutato non mi parve.
- II

Se non ch'era d'assai maggior statura;


Ed il color di prima anco disparve.
Onde la faccia già lucida, e pura
Verdeggia, e ornato è d'uno e d'altro corno
Il capo, cui va verde canna intomo.
Acidalia.
Soprannome di Venere, ritenuta quale Dea delle a
marezze e degli affanni. Nella città di Orcomene in
Beozia eravi una fontana che portava questo nome,
nelle cui acque le Grazie solevano bagnarsi.
Adi o Aclide.
E>ea dell'oscurità e della tenebre. Alcuni voglio-
no che fosse il primo essere esistente prima della crea-
zione e anche prima del caos, solo eterno e padre di
tutti gli Dei. Vedi Demogorgone.
Aconito.
Secondo alcuni mitologi, questo fiore è sorto dal-
la bava del cane Cerbero condotto da Ercole sulla
terra, secondo altri dal sangue di Prometeo lacerato
dall'aquila. Vedi Amore colpevole — Rimorso —
l'^endetta.
Acqua.
Il culto dell'accjua coma elemento trovasi nelle
mitologie più antiche. La parte importante di questo
elemento nei fenomeni del mondo, la sua azione fe-
condatrice, lanatura misteriosa delle sue origini, tut-
to doveva operare vivamente sull'immagmazione del-
l'uomo primitivo e ispirare a esso ammirazione e me-
raviglia, sentimenti di riconoscenza. Facile e naturade
doveva quindi essere il passo di considerare questo e-
lemento come un essere divmo. Le acque terresti!,
sotto le loro forme diverse di sorgenti, di fiumi, di
— 12 —

laghi, di mari, come le acque del cielo che versano


le nubi, furono da principio oggetti di venerazione
diretta, poi rivolta più tardi agli esseri personificati
che le rappresentavano nelle mitologie particolari. Gli
scandinavi consideravano le acque del cielo come sa-
cre; l'acqua di sorgenti poi, attinta a mezzanotte o
prima del levare del sole, diventava un rimedio po-
tente e acquistava proprietà magiche. Anche oggi-
giorno esiste la superstizione volgare in alcune nostre
Provincie che bagnandosi la notte della vigilia delle
feste di S. Giovanni in certe acque minerali si possa
guarire quasi per incanto da malattie cutanee. — A-
nimali: Anitra, uccello che vìve nell'acqua. Pesce.
Gli Assiri ebbero per religione di astenersi dal,
pesce, in venerazione della loro Cibele, la quale pre-
siedeva principalmente alla pioggia. Per l'acqua a-
doravano il pesce, per l'aria la colomba. — Vege-
tali: Canna palustre, che cresce nei corsi d'acqua,
e con cui s'incoronavano i fiumi. — Diversi: Az-
zurro, colore dell'acqua marina. Isocaedro. Secondo
Euclide, questa figura solida, composta di venti trian-
goli eguali, simboleggia l'acqua, perchè essa è di na-
tura mobile e atta alla divisione e al piegarsi. Remo.
Urna, che versa acqua, emblema delle sorgenti e.
come il remo, attributo dei Fiumi. Vedi Battesimo —
Dottrina — Pioggia.
Acqua e fuoco. Vedi Discordia — Nozze —
Vita.
Acqua marina. Vedi Dottrina dei gentili.
Acquario.
Uno dei dodici segni del zodiaco rappresentato sot-
to forma di un giovanotto che versa l'acqua conte-
nuta in una urna. Vedi Ganimede — Zodiaco.
- 13 —
AcrimonÌ8u
Crisoprasio.
Acrisie.
Re d'Argo, padre di Danae (vedi).
Acutezza d'ingegno.
Sfinge, la quale, figurata sotto l'asta di Minerva
significa non esservi al mondo cosa tanto velata e così
occulta, che l'acutezza dell'umano ingegno non pos-
sa svelare e divulgare.
Adad.
Dignità dell'Assiria
le. Macrobio che supponevasi
nei suoi saturnali dice che essere
Adad il vuol
So-
dire uno, e che Atargate era considerata come sposa
di Adad, questi rappresenta il Sole e quella la Ter-
ra. Aggiunge quindi che l'imagine di Adad veniva
rappresentata con raggi volti all'ingiù, mentre quelli
di Atargate erano emessi all'insù, e ciò jjer mostra-
re che tutto quanto produce la terra dipende dal-
l'influenza del Sole, il Dio maggiore degli Assiri.
Per rendere maggiormente chiaro il simbolo della
terra. Atargate veniva rappresentata seduta sc^ra
leoni. Vedi Atargate.
Adamo.
L'etimologia del suo nome sarebbe terra ros-
sa. La storia di Adamo si conserva più o meno
alterata nelle tradizioni di tutti gli antichi popoli, la
sua caduta è il fondamento di quasi tutta la loro teo-
logia. Quantunque estraneo al nostro compito, giacché
siamo nel campo delle leggende, non sarà privo d'in-
teresse riportare la storia della creazione e della ca-
duta di Adamo presso i diversi pop>oli. — Secondo gli
antichi Persiani, Iddio, creato il mondo nell'interval-
— 14 —

lo di 30 giorni, riposandosi ogni cinque dì, si accinse


dopo il 25° alla sesta sua grande opera, ossia alla
creazione dell'uomo maschio e della femmina, di
Adamah ed Evah, per cui tutte le altre cose erano
state create. Per popolare con maggior prestezza la
terra, volle Iddio che Eva partorisse ogni dì due ge-
melli, e che il mondo per mille anni non perdesse al-
cuno dei suoi abitanti. Lucifero, precipitato giù al-
l'inferno, perla sua prevaricazione, s'istizzì per tanta
prosperità delle umane creature e le sedusse al pecca-
to, per cui Iddio, sdegnato, punì i trasgressori del-
la sua legge col diluvio universale, da cui si salva-
rono appena pochi individui, e divennero i generatori
degh uomini che abitano tutt'ora sulla terra. — I Ba-
niani, dimoróuiti nelle Indie orientali, avevano nella
loro leggenda che Iddio, creato il mondo, ne a-
veva fissata la durata a quattro età, e volle per
ciò stabilirvi quattro uomini, maritati a quattio don-
ne, create appositamente per essi. Si mise pertanto
a creare l'uomo ordinando alla terra di far uscire
dalle sue viscere questa eccellente creatura. La ter-
ra obbedì, ed ecco comparire tosto il capo dell'uomo,
e poi successivamente le altre parti del suo corpo, in
cui Iddio spirò la vita e il moto. Allora gli si apersero
gli occhi, e l'uomo, lieto della vista del sole, le prime
operazioni della sua mente rivolse a riconoscere e
adorare il suo Creatore. Nello stesso tempo Iddio die-
de all'uomo una compagna simile a lui, imponendogli
il nome di Purns, e alla donna quello di Parcontè.
I due coniugi vissero assieme, e procrearono quattro
figli: Bramone, Cutferi, Scindderi e Uriso, sacerdote
il primo, re il secondo, negoziante il terzo e meccanico
il quarto, che con la loro prole popolarono tutto il
— 15 -
mondo. — Secondo i Maomettani, volendo Iddio crea-
re l'uomo, disse a Gabriele di andare a pigliare lui
pugno di ciascuno dei sette diversi strati che compon-
gono la terra. Gabriele partì subito e venne a dichia
rare alla Terra l'ordine del Creatore. Essa ne fu spa-
ventata, epregò il messaggero celeste d'esporre a Dio
per parte sua, che vi era da temere che la creatura
ch'egli voleva formare venisse a ribellarsi un giorno
contro il suo Autore, ciò che non mancherebbe di
attirarle addosso la maledizione divina. Gabriele ac-
consentì di riferire questa osservazione; ma essa non
fu ascoltata, e Dio incaricò l'angelo Michele di e-
seguire la sua volontà. Al pari di Gabriele, egli si
lasciò muovere a compaissione e ritornò al trono del-
l'Eterno per presentargli le querele della Terra. Al-
lora Iddio affidò la commissione al formidabile Az-
raele, il quale senza perder tempo a conversare con
la Terra, strappò dal suo seno i sette pugni di ter-
ra comandata e li portò nell'Arabia, ove dovevasi
consumare la grande opera della creazione. Iddio fu
talmente soddisfatto della pronta severità del suo mi-
nistro, che gli diede poi anche l'incarico di separare
le anime dai corpi, perciò è chiamato l'angelo della
morte. Gli angeli impaistarono la terra presentata da
Azraele, con la quale Iddio formò, di sua mano, u-
na statua umana, e la lasciò lungo tempo seccare sul
luogo stesso della sua formazione. Gli angeli, capi-
tanati dal loro duce Ebli o Lucifero, l'esammaro-
no a loro bell'agio, ma Ebli, non contento di mirar
la, le percosse il ventre e il petto, e, dal suono, tro-
vandola vuota, disse in sé stesso: questa creatura for-
mata vuota avrà bisogno di riempirsi spesso e sarà
per conseguenza soggetta a molte tentazioni. Allora
— 16 —

egli domandò agli angeli, ciò che farebbero se Dio


volesse assoggettarli a quel nuovo sovrano che voleva
dare alla terra. Ciascuno rispose che avrebbe obbedi-
to. Ebli si mostrò dello stesso parere, ma risolvette in
sé stesso di non farlo. Formato che fu il corpo del pri-
mo uomo. Dio gli comunicò il suo spirito, ossia il vi-
vificante suo soffio, gli diede vita e intelligenza, ab-
bigliandolo maravigliosamente conforme all'alta sua
dignità. Ordinò quindi agH angeli di prostrarglisi di-
nanzi, in segno di riverenza e di onore. Pronti essi
obbedirono, tranne Ebli, che fu perciò espulso dal
paradiso, e in sua vece fu introdotto Adamo, a cui,
durante il sonno, estrasse Iddio dal fianco sinistro la
donna, che gh diede per compagna, e poi gli vietò
di mangiare un certo frutto, sotto pena di maledi-
zione. Colse Ebli questa circostanza a lui favorevo-
le, si associò col pavone e col serpente, e fece tanto
coi suoi artificiosi discorsi, da persuadere Adamo ed
Eva di gustare il frutto proibito. Accondiscesero, ed
ecco cader subito di dt>sso le splendide vesti e rimase-
ro nudi, costretti, per rossore, a ricoverarsi sotto una
ficaia e coprirsi delle sue foglie. Appena commesso
il peccato udirono una voce fulminante che intimava
loro l'uscita dal paradiso, ripetendo: « Scendete e
uscite da questo luogo; diverrete nemici gli uni e gli
altri, e avrete sulla terra la vostra abitazione e sussi-
stenza per qualche tempo». Adamo fu precipitato
dal cielo in terra, e cadde nell'isola di Ceilan, sul
monte Serandib. Eva cadde invece a Gidda, porto
del mar Rosso, vicinissimo alla Mecca. Anche Ebli
piombò nell'Arabia, nelle vicinanze di Bassora. por-
to il più considerevole del golfo persico. Il pavone
fu scagliato nell'Indostan, e il sentente a Nisibi o I-
- 17 -

pahan nella Persia, ossia nel luogo in cui furono edi-


ficate queste città. La tradizione della caduta di A-
damo nell'isola di Ceilan conse\Tasi tutt'ora viva
presso quegli indigeni nella denominazione di Picco
d'Adamo dato dai Portoghesi al succitato monte Se-
randib, che sorge in mezzo dell'isola, e su cui mo-
strasi l'impronta di un piede umano, che dicesi pie-
de di Adamo, la quale, secondo la leggaida, mi-
surerebbe 21 metri di lunghezza, e che lasciasse A-
damo con un piede, tenendo l'altro immerso nell'ac-
qua. Lo stato di miseria e di solitudine in cui si tro-
vò ridotto l'infelice Adamo, gli fece bentosto ricono-
scere l'enormità del suo fallo. Implorò la clemenza
di Dio, il quale mosso a pietà del suo pentimento,
gli rese Eva dopo 200 anni di separazione. Uniti,
Eva ebbe vari parti gemini, e in tutti uno dei ge-
melli era maschio l'altro femmina. Altre leggende tur-
che narrano che Dio creò in princpio il corpo di A-
damo e lo pose come una bella statua nell'Eden. La
sua anima, che egli aveva creato molti secoli prima,
ebbe ordine di andare ad animare quella statua. E-
saminata la dimora, l'anima espose a Dio quanto
quella massa fragile e caduca fosse poco degna del-
la spiritualità e della dignità del suo essere. Iddio, non
volendo usare la \iolenza, ordinò al suo fedele mi-
nistro Gabriele di pigliare uno zufolo e di suonare
un'aria o due presso il corpo d'Adamo. Al suono di
questo strumento l'amima parve obliasse tutti i suoi
timori, essa si commosse, si agitò: l'angelo continuò
ed essa si mise a ballare intomo alla statua. Final-
mente in un momento di delirio, entrò nel corp>o di
Adamo per i piedi, che si misero tosto in moto, e
d'allora non le fu più permesso d'abbandonare la sua
2 — G. Ronchetti.
abitazione senza espresso ordine dell' Eterno. — I
Cabalisti, una specie di dottori giudaici, che sotto
reconditi e misteriosi espressioni nascondono parec-
chiie verità di morale, di fisica e di teologia, riten-
gono il primo Adamo o Adam Kadmon essere la
prima e più perfetta emanazione che sia uscita dal-
l'essenza diDio, e il primo di tutto ciò che fu crea-
to da principio. Lo raffigurano come un uomo aven-
te cranio, un cervello, occhi, orechie, piedi e mani, in
modo però che ciascuna di queste parti racchiude e
cela profondi misteri. Il suo cranio è la sapienza;
la sua orecchia destra l'intelligenza, quella sinistra
la prudenza, e così di seguito. — Secondo i 1 almu-
disti, alla prima ora del giorno Dio raccolse la pol-
vere di cui doveva comporlo, e Adamo diventò un
embrione, nella seconda stette in piedi, nella quarta
diede i nomi agli animaH, la settima fu impiegata nel
matrimonio con Eva, che Dio condusse al suo sposo
dopo averle inanellati i capelli. Alle ore dieci Adamo
peccò, e alla dodicesima provava già la pena del
suo peccato e gli effetti della sentenza pronunciata con-
tro di lui, cioè i sudori e le fatiche. — Secondo i Rab-
bini, Adamo fu creato così grande da toccare il
cielo col capo. La materia del suo corpo fu presa da
varie provincie; per la testa dalla Palestina, per il
tronco da Babilonia, e per il resto da altri paesi. Gli
angeli, alla vista di una statura così mostruosa, ne
mormorarono, e dissero a Dio che vi erano due es-
seri supremi, l'uno in cielo, l'altro in terra.sulIddio, av-
vertilo del suo fallo, appoggiò la mano capo di
di Adamo e lo ridusse a una statura di 300 metri.
Alcuni Rabbini soggiungono che la materia del suo
corpo era tanto sottile e delicata da avvicinarlo alla
— 19 —

natura angelica, con una conoscenza perfetta di Dio


e dei divini attributi a segno che intenogato da Dio:
Qual è il mio nome? rispondesse: lehovah (colui
ch'è), la più fisolofica e profonda definizione che dar-
si possa della divinità. In principio Adamo si abban-
donò a un'orribile dissolutezza, rivolgendosi a tutti
gli oggetti della creazione senza p>oter soddisfare i suoi
disordinati appetiti, finche si unì con Eva. Secondo
alcuni Eva era il frutto proibito, ch'egli non poteva
toccare senza delitto; ma non seppe resisterere alla
tentazione cagionata dalla straordinaria bellezza di
questa donna. Adamo fu talmente afflitto della mor-
te di Abele, che stette 1 30 anni senza avvicinare
sua moglie. In questo frattempo ebbe numerose sgual-
drine fra i demoni succubi (cioè che si trasformano
in donne) e popolò la terra di gigcUìti ; e la sua apo-
stasia giunse al punto di far ritornare la pelle al suo
prqjuzio, per cancellare l'immagine di Dio. Adauno
si jjentì finalmente di aver rotta quest'alleamza e macerò
il suo corpo con colpi di fune per sette settimane nel
fiume Geon. Altri Rabbini dicono che Adamo jj^r
far penitenza del peccato originale rimase 1 30 anni
nell'acqua fino al naso; che visse separato da Eva
ed ebbe commercio con una donna chiamata Lilit,
formata come lui dal fango; che da questa unio«e
nacquero i demoni della terra e i giganti. Eva da!
canto suo si abbandonò alle carezze degli angeli ribelli ;
ma Gabriele che fu sempre incaricato di commissioni
grate, li riconciliò e vissero poi in buona armonia. —
Dio, dicono i Persiani, creò Adamo nel quarto cielo,
molto tempo prima del mondo, e gli permise di man-
giare senza distinzione di tutti i frutti del paradiso,
eccettuato il frumento che non poteva digerire dai pò-
- 20 —

ri. Eva a instigazione del demonio mangiò il fru-


mento e ne fece mangiare a suo marito; perciò n'eb-
bero lo stomaco aggravato, ciò che aprì i loro ocdii;
allora Gabriele li mise fuori del paradiso, per timo-
re che non lordassero un luogo puro di sua natura
e che doveva rimanere tale. Secondo gli abitanti di
Madagascar, Adamo non era soggetto nel paradiso
ad alcun bisogno corporale, e la proibizione che Dio
gli aveva fatta di bere e mangiare di quanto vi era
nel paradiso, sembrava abbastanza inutile. Nonostan-
te il demonio andò a trovarlo e gli domandò perchè
non gustava i deliziosi frutti che ornavano il suo sog-
giorno e gli squisiti liquori che scorrevano come l'ac-
qua. Adamo resistette contro questo primo assalto
ma il demonio non si dette per vinto, e non tardò
a ritornare e suppose che Dio lo mandasse ad an-
nunciare alprimo uomo che egli era padrone di man-
giare edi bere tutto ciò che gli sarebbe piaciuto. A-
damo credette, e si mise a mangiare e a bere. Qual-
che tempo dopo il suo ventre pieno ebbe bisogno di
a-
sgravarsi; Adamo macchiò il luogo divino che egli
bitava. Il demonio trionfante si affrettò di accusarlo
presso Dio, che scacciò il peccatore dal paradiso.
un
Qualche tempo dopo la sua disgrazia gli venne
nella polpa di una gamba che si apri nel ter-
tumore
mine di sei mesi, uscendone una fanciulla. Sorpreso
Adamo da questo, fece chiedere a Dio da Gabriele,
creatu-
come doveva comportarsi verso questa nuova
ra; gli fu risposto che doveva allevarla, e quando
fosse giunta all'età da maritarsi di prenderla per mo-
glie. Adamo obbedì e diede il nome di Rahonna alla
sua sposa. Abele e Caino furono i frutti di questa
unione.
— 21 —

Dopo questa lunga chiaccherata, veniamo ai sim-


boli. Farfalla, forse per la sua leggerezza. Fico, con
le cui foglie si coperse dopo il peccato. Pelle di
montone, che gli servì da vestito. Pomo, che gustò
con Eva. I teologi vogliono che il pomo abbia il si-
gnificato didiletto e piacere dei sensi. Spighe, allu-
sione all'aver dovuto Adamo coltivare la terra per
procurarsi il pane, con sudore. Vanga, emblema del
lavoro.
Adatt9mento ai costumi altrui.
Polpo, attaccato agli scogli di cui, dicesi, ne pren-
de il colore; similitudine di chi, sacrificando la pro-
pria libertà, si sottopone alle opinioni e alle abitudini
degli altri.
Ade e Ades.
Nome che i Greci davano a Plutone, re delle Om-
bre, e venne poi applicato all'inferno stesso. Vedi
Plutone.
Adelaide (Sanf).
Imperatrice. — Barca, che le servì per evadere.
Borsa, perchè la santa era molto caritatevole. Chiesa.
Adeona.
Dea che presedieva all'arrivo, come Abeona presie-
deva alla partenza.
Ader.
Genio governatore del fuoco. Occupava presso gli
antichi Persiani il posto che il ciclope Polifemo te-
neva presso Vulcano.
Adianto.
Dal greco adiantos, sempre secco. Vedi Capel-
venere,
— 21 —

Admeto..
per aver ac-
Re favoloso della Tessaglia, celebre
colto cortese mente Apoll o cacci ato dal cielo, afti-
suo bestiame. A-
dandogli la custodia del numeroso
della sua ricono-
poUo gli diede poco dopo prova dosi innamorato della
scenza- poiché Admet o essen
che PeHa , suo padre , non volev a
leggiadra Alceste,
capace di ag-
dare in sposa, se non a chi fosse stato leone;
giogare auno stesso carro un cmghiale e un
o. Admet o fece questo rnira colo.
aiutato da Apoll
), volen-
Un'altra volta (era il giorno delle sue nozze i a se
do entrare nella camera nuziale, vide dmanz
a, che aveva
un gruppo di serpenti mandati da Dian
dimenticat a nei sacrif izi fatti al mattm o ag i Dei.
sorell a, e i retti h si ri-
Apollo intercedette presso la o
tirarono alla sua voce. Narrasi che Admeto, cadut
i numi, a richie sta di Apoll o
mortalmente infermo,
che non sareb be guant o se alcun o
avevano dichiarato
si offri va a morir e per lui. Ed ecco che subito
non
lo. Uia
la giovane sua sposa si sacrifica per salvar
sepol cro; già l incon solabile
ella era nel fondo del
to aveva comm ossa Prose rpina che
dolore di Adme
le oppos izion i di
voleva restituirgliela, non ostante
di Admeto,
Plutone; quando Ercole, amico anch'esso la-
discende all'inferno, passa l'Acheronte, incontra
l'ass alta, la doma col forte suo
nato ossia la Morte,
con una caten a adam antm a. le strap-
braccio, la lega
pa l'infelice principessa e la ricolloca immobile nel
palazzo del marito, che dopo nove giorni la vede
aprir gli occhi e sorridergli nuovamente: favola sim-
bolica che tende a mostr are come l'ospi talità e la de-
vozione dell'amicizia sono sempre ricompensate.
— 23 -
Adolescenza.
Viene rappresentata da Venere. — Orsa, perchè
ritirandosi nella tana, non esce se non costretta dalla
fame; allusione alla vita ritirata che fanno le ragaz-
ze. Gli Ateniesi chiamavano orse le fanciulle, quan-
do all'avvicinarsi delle nozze, per amore della pudi-
cizia, siconsacravano a Diana. Vesle variegata. Gli
antichi comici introducevano nelle commedie il perso-
naggio del giovane, vestito d'un abito a diversi co-
lori: emblema della volubilità dell'animo e la va-
rietà dei desideri delletà giovanile.
Adolfo (Sani').
Vescovo di Galizia. — Mitra. Pastorale, attribuir
dei vescovi. Toro, a cui fu esposto.
Adone.
Giovane bellissimo, secondo Ovidio, figlio di Ci-
niro, re di Cipro; e di sua figlia Mirra (vedi). Ap-
pena nato Adone, Venere fu così presa dalla bel-
lezza del fanciullo, che lo nascose in un cestello ch'es-
sa affidò a Proserpina, la quale, scoperto il tesoro
che conteneva, non volle più restituirlo. Sottoposta
la lite a Giove, questi sentenziò che durante quattro
mesi di ciascun anno Adone sarebbe padrone di se,
durante altri quattro mesi apparterrebbe a Proser-
pina, e durante gli ultimi a Venere. Adone fu uc-
ciso a caccia da un cinghiale. Saputo Venere del fe-
rimento del suo amato Adone, corse verso di lui e
versò il nettare nel suo sangue, da cui spuntarono
inmiediatamente dei fiori. Morto, dovette scendere
nell'Avemo, ma gli fu concesso di vivere sei mesi al-
l'anno con Venere nel mondo superiore. Adone sa-
rebbe la personificazione della natura vegetale, che
ripiglia vigore al ritorno del periodo della primavera.
- 24 —

La morte di Adone simboleggia il sole giunto alla


parte settentrionale del zodiaco; il cinghiale è il sim-
bolo dell'inverno, il cui freddo soffio fa spegnere la
vita della natura. Fra le cerimonie usate nelle feste
la se
di Adone (Adanie) è degna d'osservazione nel quale
guente: Portav asi un vaso pieno di terra,
era seminato del grano, e vi erano posti fiori, erbe,
vasi
frutti, arboscelli e lattughe; questo vaso chiama
e, e termin ata la cerimo nia gettava si
giardino d'Adon
nel mare o in qualche fontana.
Adonide. • i •
L'origine del nome di questa pianta è mitologica,
e deriva dal colore rosso del sangue di Adone, tra-
sformato infiore da Venere. Vedi Ricordo doloroso.
Adorazione.
Parola composta da ad e os oris, bocca, « lette-
ralmente significa portare la mano alla bocca. Alle-
goricamente l'adorazione è personificata m una don-
na prostrata, con la mano destra sul petto, tenendo
nella sinistra un turibolo. I pittori cristiani la simbo-
leggiarono anche con angeli davanti a un triangolo.
Vegetali: Elianto, perchè il girasole è sempre ri-
volto verso il cielo, che sembra contemplare. — Di-
versi: Baciare la mano, atto, che nella Bibbia è men-
zionato come un segno di culto. Le parole di Giob-
be: Se io guardai il sole splendido e la rifulgente
luna, e se in segreto esultò il mio cuore e baciai a
alla
mia mano con la mia bocca, ecc.. si riferiscono
e i corpi ce est., cioè
costumanza pagana di adorar
di mostrar riverenza per essi, accostando le proprie
mani alla bocca. Mani stese al cielo.
Adramelecco.
a-
Idolo Assiro, il cui culto consisteva nell'abbruci
- 25 -

re in suo onore i propri figli. Riguardo alla figura sot-


to cui era rappresentato, varie sono le opinioni. Chi
asserisce che era adorato sotto l'effigie di un mulo,
altri di un pavone.
Adrano.
Divinità siciliana adorata in tutta l'isola, e special-
mente ad Adrano. Circa mille cani sacri erano cu-
stoditi presso il suo tempio; i quali si m<mtenevamo
col doppio scopo, che servissero di guida e di cu-
stodia. Infatti narrasi che se colà capitavano devoti
pellegrini, si vedevano questi animali andar loro in-
contro, leccar loro le mani e correre avémti come p>er
guidarli ; ma se le persone erano increduli o ladn
che volessero entrare nel tempio, essi li riconoscevano
subito, e li punivano saltando loro alla gola, stran-
golandoli.
Adrastea (l'Inevitabile).
Figlia di Giove e della Necessità, ministra dell'e-
terna giustizia e vendicatrice di tutte le offese, alle
quaH nessuno poteva sottrarsi. Secondo alcuni, Adra-
stea non è altro che un soprannome di Nemesi, deri-
vato da Adrasto, che fu il primo a innalzare un
tempio a questa divinità.
Adria.
Figlia del mare. Vedi Venezia.
Adriano (Sant',.
Martire. — Braccio tagliato. Corvo, che protesse
il suo cadavere. Leone, a cui fu esposto. Ruota. Spa-
da, strumenti del suo supplizio.
Adulatore.
Ape, perchè avendo il miele in bocca e il pun-
giglione nascosto nella parte posteriore del corpo.
— 26 —

può paragonarsi alle persone che con la lingua lo-


dano, mentre segretanìente sparlano. Cane. Alcuni
vogliono che questo animale sia simbolo dell'adula-
tore e nello stesso tempo del mordace detrattore. A-
lessandro, domandato a Diogene perchè lo chiamas-
sero cane, ebbe per risposta: Perchè con quelli che mi
donano mi mostro piacevole, dico male di coloro che
non mi usano cortesie e lacero i tristi. Il medesimo
Alessandro, per celia, mandò a Diogene una sporta
d'ossa; il cinico l'accettò e disse: Questo è bene un
cibo da cani, ma non è già un presente da re. Ser-
pente. Secondo la Bibbia, il serpente che tentò Eva
fu il primo adulatore. Vedi Rovinato dagli adula-
tori.
Adulazione.
Campanula specchio di Venere. Cazza, perchè ha
il petto bianco e la coda nera; paragonabile a chi
adula l'amico, poi lo inganna e deride. Pitagora
consigliava di non gustare gli uccelli di coda nera,
né tener per amici uomini simulatori o finti, ipocriti.
Si dice che la bugia ha sempre la coda nera. Rame
Adultera. Vedi Marito di donna adultera.
Adulterio.
Murena e vipera accoppiate; simbolo presso gli
Egiziani.
Aello. Vedi Arpie.
Aesoulanus.
Divinità che presiedeva alla fabbricazione delle
monete di rame, rappresentata sotto la figura di donna
in piedi con la mano sinistra appoggiala .su un'asta,
e una bilancia nella destra.
— 27 —
Affanni.
Nocciola di pesca, le cui insenature sembrano ci-
catrici del cuore impresse dagli affanni e dall'ansietà
dell'animo. La pesca è simbolo del cuore.
Affanni della ricchezza.
Seme. Nei Vangelo, dove si parla del seme ca-
duto fra le spine, simbolicamente si allude ai pen-
sieri affannosi della ricchezza.
Affanno.
Croce, nel senso figurato, dallo sbiadito.
Affettiaione.
Amaranto cresta di gallo. Simbolo derivato da una
specie d'affettazione che questa pianta mostra nello
sviluppare i suoi fiori in modo bizzarro.
Affetti libidinosi.
Piedi. I filosofi «mtichissimi ritenevano i piedi qua-
le parte più vile del corpo umano, e che, nell'animo,
corrispondessero agli affetti libidinosi. Nella Cena,
Cristo lavò i piedi agli Apostoli, perchè levata così
ogni lordura degli uomini, mondi potessero accostarsi a!
dono dell'Eucarestia.
Affetto immutabile.
Rosa rifiorente.
Affezione.
Sassifraga.
Afflizione.
Calice, emblema della Passione. Cuore. Secondo
gli antichi, il cuore, per afflizione, si rode intema-
mente ed esternamente. Pitagora soleva dire: Non
mangiarti il cuore. Lattuga. Nella Bibbia, dove Dio
comanda di mangiare l'azzimo con lattuga selvatica.
— 28 —

indica che in quei giorni si doveva affliggere l'animo,


senza concedergli alcuna dolcezza corporale. Ortica.
Afì.
Presso gli Scandinavi è questo il nome della se-
conda incarnazione di Heimdal, quando diventò lo
stipite degli uomini liberi, cioè dei coloni e dei pro-
prietari di terre, i quali dovevano formare la classe
media fra i nobili e i servi. Afì, il cui nome significa
avolo, avendo sposato Amma, n'ebbe Karl, che alla
sua volta divenne padre di dodici figli.
Africa.
Rappresentasi sotto forma di donna giacente in po-
sa lasciva, sostenendo la testa con la sinistra avente
in mano una melagrana, e nella destra un ventaglio
(allusione al clima ardente). La figura giace su due
onde, le quali rappresentano l'Oceano e il Medi-
ter aneo; e per mostrare che questi mari la circon-
dano, porta due anelli alle dita estreme. Si trova
anche raffigurata da una donna avente in cajx) un
cappello, e sulle spalle un manto azzurro gettato in-
dietro, che si stende fino a terra, con la veste rossa
orlata di bianco e fibbie d'oro che circondano l'orlo
superiore e quello inferiore. La figura stende d'am-
bo le parti le braccia nude, tenendo nelle mani due
spighe. Ai suoi piedi figurano due navi cariche di
grano. Infine viene rappresentata sotto le sembianze
di una mora seminuda, coi capelli ricciuti e con una
testa di elefante per elmo ; porta una collana di co-
rallo, tiene un corno pieno di spighe in una mano,
e nell'altra uno scorpione. Attorno le stsinno serpenti
attorcigliati e un leone.
Animali: Boa, serpente che vive nelle foreste a-
fricane. Drago, che vomita fuoco. Allusione forse
- 29 -

alla temperatura ardente di questo paese. Elefante,


animale caratteristico di queste contrade. Scorpione,
che figura nelle monete di Adriano.
Afrodite.
Dal greco aphros, schiuma. Una delle grandi di-
vinità dell'Olimpo. Dea dell'amore e della bellezza.
In Omero, Afrodite è figlia di Giove e di Dione, ma
secondo la tradizione più comune Afrodite sarebbe
^ata <ialla scimmia marina raccoltasi intorno alle
parti mutilate di Urano, che furono gettate in mare
da Crono, dopo ch'egli ebbe evirato il padre. Nata,
si avvicinò all'isola di Creta e p>oi a Cipro, e passeg-
giando sulla riva del mare i fiori spuntavano sotto i
suoi piedi. Secondo le idee cosmogeniche della na-
tura di Afrodite, ella era la personificazione della po-
tenza generatrice della natura e la madre di tutti
gli essere viventi. Una conferma di ciò p>otrebbe a-
versi nella tradizione che, nella gara di Tifone con
gli Dei, Afrodite si cangiò in pesce, il quale si considera
di grandi forze generatrici. Ma, secondo la leggenda
dei Greci, ella era la Dea dell'amore che incitava
questa passione nei cuori degli Dei e degli uomini, e
signoreggiava, con questa potenza, tutta la creazione
animata. Vedi Venere.
Aganippe.
Figlia del fiume Permesso, che scorreva intorno
cJ monte Elicona. Fu cangiata in fontana, le cui ac-
que avevano la virtù d'ispirare i poeti. Fontana sa-
cra alle Muse, donde furono chiamate Agéoiippidi o
AgcUìippee.
Agata.
Pietra screziata, le cui venature formano dei dise-
gni regolari o irregolari, talvolta somiglianti a una
— 30 —

figura umana più o meno perfetta, a un animale, o


anche a qualche oggetto inanimato. Famosa era l'a-
gata di Pirro re di Albania, nella quale pretendevasi
di vedere Apollo con la sua lira e le nove Muse coi
loro rispettivi attributi. Vedi Felicità — Fortezza
— Mercurio — Persuasione — Prosperità.
Agata (Sanf).
Vergine e martire. — Angelo, sotto forma di un
giovane, che con un gran cero acceso accompagnò
la martire nella prigione dove fu rinchiusa. Carboni
ardenti, su cui fu posta con le mani e i piedi legati
con catena di ferro. Colonna, sulla quale, nuda e
col capo raso, venne sollevata con le mani legate di
dietro e battuta con nervi di bue. 5. Pietro, in sem-
bianza di un vecchio venerando, con in mano un
vaso di medicamenti, con cui guarì la santa e le
rese le mammelle fattele strappare da Quintiliano.
Tenaglia, che servì per strapparle le mammelle.
Agatodemone
Dal greco agathos, buono, e daimón, genio. Di-
vinità benefica in onore della quale, alla fine dei pa-
sti, iGreci bevevano un po' di vino puro. La cof>pa
che serviva per quest'uso, chiamavasi coppa d'A'ga-
lodemone. Era simboleggiato con un serpente. Vedi
Buon Evento.
Agava.
Figlia di Cadmo e di Armonia. Avendo calun
niata Semele sua sorella, amante di Giove, Bacco la
colpì di demenza, e in un eccesso di pazzia lacerò
suo figlio Penteo, re di Tebe.
Agenorea.
Dea dell'industria e dell'attività, a Roma, por-
^ 31 —
tava anche il nome di Strenua (diligente) per oppo-
sizione della Dea Murcia, cioè Venere o la Dea del-
la pigrizia, poiché questa rende gli uomini poltroni ed
effemminati.
Agetore.
Parola che in greco sigiùfica condottiero, era il
soprannome che davasi a Ermete o Mercurio fkÌco-
pompo (conduttore delle anime) a Giove condottie-
ro degli eserciti, secondo i Lacedemoni; e a un
sacerdote di Venere, che dirigeva le sacre pompe nel-
l'isola di Cipro.
Agguato.
Coccodrillo. Tifone, che presso gli Egiziani rap-
presentava imale,
l si trasformava in coccodrillo, per
taidere, come faceva
ti ai mercanti. quest'animale, continui aggua-

Agilità.
Tipula, insetto leggero e agile, che corre sull'ac-
qua senza tuffarsi né fermarsi mai.
Agitazione.
Betonica, pianta le cui foglie sono sempre in mo-
vimento. Driza. Graminacea che al imiinimo soffio
di vento si agita. — Vedi Impelo e agitazione della
mente.
Agitazione continua.
Argento vivo.
Aglaia.
Una delle tre Grazie.
Aglio. Vedi Milizia.
Agnello.
DaJ greco agnos, casto, innocente. Vedi Abele
— Agnese {Sanf) — Apostolato — Apostoli —
— 32 —

Castità — Coletta (Santa) — Daniele — Discor-


dia — Dolcezza — Eucarestia — Francesco d'As-
sisi (San) — Gesù Cristo — Giovanna di Casa
{Santa) — Giovanni Battista (San) — Innocenza
— Mansuetudine — Maria Vergine — Martiri —
Moderazione — Obbedienza ~ Orefice — Paolo
(San) — Pietro (San) — Primavera — Sacrifi-
zio del Salvatore — Speranza — Svergognata —
Temperanza — Vecchio e nuovo Testamento.
Agnese (Sani').
Martire e vergine, — Agnello nimbato, che ap-
parve con essa dopo la sua morte. Anello, portatole
da una colomba. Angelo, che nel luogo infame, ove
venne trascinata, la circondò di luce vivissdma, in mo-
do che nessuno poteva guardarla. Capigliatura, con
cui coperse la sua nudità. Corone, due, simboli della
verginità e del martirio. Diavolo, che str2uigolò il fi-
glio del Governatore, il quale tentò di violarla nel
luogo infame. Gladio, con cui venne decollata. Re
go, sul quale fu posta, ma rimase illesa perchè il
fuoco si divise in due parti. Rosario.
Agnocasto.
Specie di verbena. Gli antichi Greci ponevano le
frondi di quest'arboscello nel letto delle loro spose, per
conservarne la castità. Vedi Castità — Diana —
Freddezza,
Agostino (Sanf).
Vescovo. — Chiesa. Cintura di cuoio. Conchi-
glia. Cuore infiammato d'amor divino. Diavolo, em-
blema dell'eresia. Libro. Monastero. Penna. Vedi
Vescovo.
^ 33 —

Agosto.
Mese a cui presiedeva Cerere. Nel medio evo
\enne sjjesso rappresentato mietendo le spighe. Va-
sari lo figurò in un uomo nudo che esce dal bagno,
coprendosi le parti segrete con un asciugatoio, e met-
tendo alla bocca un fiasco. — Cane, che annuncia la
canicola. Careggiali due, incrociati. Spighe del raccol-
to, che si falcicino in questo mese. Tazza, in cui si
disseta un uomo. Ventaglio, che procaccia il fresco.
Vedi Zodiaco.
Agrai. Vedi Agrole.
Agricoltura.
Gli cmtichi la réippresentavano sotto l'aspetto di
Cibele, seduta p>er terra, o in piedi, con una zappa, o
accompagnata da un toro. Viene auiche rappresen-
tata, come Cerere, coronata di spighe, con un aratro
d'accanto e un arboscello che comincia fiorire, e tal-
volta con una cornucopia piena di frutti d'ogni spe-
cie. L'agricoltura era talmente stimata presso gli an-
tichi, che facevano i scettri dei re con la punta in
forma di vomero; dei quali se ne servivano anche i
sacerdoti.
Animali : Bue. Secondo Plutarco, Teseo fece scol-
pire il bue sulle monete, volendo con ciò stimolare i
suoi popoli a coltivare la terra. — Vegetali : Olivo in
mano a Mercurio, quale protettore delle piante; per-
chè da esso si ricava molto più utile di qualunque
altro albero fruttifero. — Diversi: Falciola, data
da Giano a Saturno, il quale insegnò l'agricoltura.
Nilo, con la cui statua gli Egiziani rappresentavano
l'agricoltura. Vanga. — Vedi Cerere.
— 34 —

Agrifoglio
Albero spinoso sem,pre verde. Vedi Difesa —
Precauzione — Previdenza.
Agrimonia^
Pianta che una volta passava come rimedio per
il bianco dell'occhio. Vedi Cratitudine — Ricono-
scenza.
Agrote.
Parola greca che significa contadino, e nome di u-
na delle divinità che incivilirono i Fenici. Le dava-
no per padre Agrai o Agre. Padre e figlio erano
inventori dell'agricoltura, del torchio, della caccia e
del modo di costruire le case. A Biblo, Agrote ave-
va un tempio dove era rappresentato da un fusto di
colonna. Nel giorno della sua festa egli era portato
processionalmente dentro una nicchia coperta, collo-
cata sopra un carro tirato da diversi animali. E' an-
che il soprannome di Dagone.
Aiianto.
Il nome di questo albero bellissimo presso gli abi-
tanti delle Molucche significa albero del Cielo. Ve-
di Favore celeste.
Airone.
Ucceljo tramipolieìro, che jpassa lunghe ore col
collo ripiegato sul petto e col capo rannicchiato fra
le spalle. Vedi Esangue per libidine — Febbraio
— Silenzio — Tempesta.
Aiuto. Vedi Bisognoso d'altrui aiuto — Doman-
dare aiuto — Popolo che invoca aiuto — Porgere
aiuto.
Aiuto reciproco.
Pipistrello. Si vuole die due di questi animali ag-
— 35 —

grappati insieme, molestati, abbiano la tendenza di


sostenersi a vicenda, quasi per aiutarsi reciprocamen-
te nella loro debolezza.
Aiuto scambievole. Vedi Servizio scambievole.
Ajo Locuzio.
L'anno di Roma 364, un certo Cediiio, uomo
plebeo, informò i tribuni che nell' atraversare di not-
te la città, una voce sovrumana, che usciva dal!'<il-
to del tempio di Vesta, gli manifestò che Ron;a do-
veva in breve essere assalita dai Galli. Non si ascol-
tò tale informazione, data da un uomo senza credi-
to. E Roma fu l'anno seguente presa dai Galli, e
liberata che fu da Camillo, questi, per rimediare alla
negligenza commessa, non curando quella voce not-
turna, eresse un tempio in onore del dio Ajo Locu-
zio, nello stesso sito in cui Cedizo l'aveva udita.
Questo Dio, dice facetcìmente Cicerone, quando non
era conosciuto da nessuno, parlava e si faceva sen-
tire, ma dopo ch'egli è diventato celebre, pensò di
tacere e di diventare mulo.
Alabarda.
Specie di arma ad asta, con la punta munita di un
ferro lungo, largo e aguzzo, attraversate da un al-
tro ferro in forma di scure. Vedi Barnaba (San) —
Mcasoneria — Taddeo (San).
Alabastro.
Pietra simile al marmo, più trasparente e più te-
nera. Vedi Purezza.
Albereila. Vedi Pioppo tremulo.
Alberi.
E' noto che nell'émtichità gli alberi erano consa-
crati agli Dei. La Genesi parla di due alberi di prò-
— 36 —

digiose qualità e misterioso significato, piantati nel


mezzo del paradiso terrestre, ed erano: Albero del-
la vita e Albero della scienza del bene e del male.
I frutti del primo avevano la virtù di conservare la
vita all'uomo se egli avesse conservato la sua inno-
cenza, cioè serviva a ristorare le forze perdute, e
rinvigorire la tempra fiaccata, a ripristinare l'equili-
brio dei vari elementi dell'umano organismo. L'al-
bero della scienza del bene e del male poteva essere
im albero qualunque, di cui non si potrebbe dare il
nome preciso, mancando ogni descrizione, ogni dato
di cui si possa convenientemente dedurre. I Bizantini
costumavano rappresentare Adamo ed Eva vicino
a un albero simile al fico e coperto di foglie; gli I-
taliani ora adottarono il fico, come fecero i greci,
ora l'arancio, e in certi casi fu rappresentato dal
pomo. Vedi Amadriadi.
Albero. Vedi Anna {SanC) — Concordia —
Cristoforo {San) — Edmondo {Sani') — Cerva-
sio (San) — Giuda — Martino (San) — Paradiso
dei Cristiani.
Albero della morte. Vedi Tasso.
Albero della scienza del bene e dei male.
Vedi Alberi.
Albero della vita. Vedi Alberi.
Albero di Giuda. Vedi Cercide siliquasiro.
Albero d'Isaia.
Albero genealogico di Gesù Cristo. Venne spesso
rappresentato dalla pittura e scoltura, dal XII" fino
al XV" secolo. Il profeta Isaia è raffigurato coricato
e addormentato; dal suo petto, dalla sua bocca o
dal suo cervello s'innalza un tronco d'albero vigo-
- 37 -

roso che si ramifica sempre più a misura che s'innal-


za, e ogni ramificazione porta all'estremità uno de-
gli antenati del Salvatore. Infine, il ramo più alto
termma in un fiore sbocciato, che serve da trono a
Maria Vergine, sola oppure col Gesù Bambino. Spes-
so l'albero è più complicato. Fra ogni ramo si vede
un profeta con un filatterio su cui è scritta la profe-
zia di cui esso è autore, e che ha sempre raj^orto
con la venuta di Cristo. I profeti guardano la cima
dell'albero e mostrano a dito la Vergine col Bambi-
no. Vedi Isaia.
Albero morto. Vedi Inverno — Pigrizia — 5/e-
riliià.
Alberto (Sant*).
Carmelitano. — Crocefisso. Gesù Bambino che
accoglie nelle braccia. Ciglio, simbolo di verginità.
Lampada, che illuminava le sue veglie. Libro conte-
nente le regole del suo ordine. Nave, che approvvi-
gionò Messina assediata.
Albione e Berglone.
Famosi Giganti, figli di Nettuno, che si of^x)sero
a Ercole al suo passaggio nella Liguria, Avendo l'e-
roe esaurite le sue freccie. Giove schiacciò Albione
sotto una tempesta di pietre.
Alcione.
La credenza popolare ammetteva che questo uc-
cello facesse il nido sulle onde del mare, e che co-
vasse leuova durante sette giorni prima, e sette giorni
dop>o il giorno più corto dell'anno, periodo durante
il quale le acque si mantenevano in perfetta calma.
Si vuole che l'alcione sia una banderola naturale, e
che sospeso per il becco, indichi la parte donde sof-
fia il vento, girando il petto verso questa parte del-
— 38 -

l'orizzonte. Oltre la virtù di predire i venti, si attri-


buiva pure all'alcione la preziosa qualità df arric-
chire colui che lo possedeva, di mantenere l'unione
nella famiglia e di comunicare la bellezza alle donne
che portavano le sue piume. Vedi Ceke — Cinira

— Disperazione
Teli. — Misantropo — ■ Nido d'alcione
Alcione.
Figlia di Eolo e moglie di Ceice (vedi).
Alcitoe.
Figlia di Mineo, la quale avendo lavorato, e fat-
to lavorare le sue sorelle Leucippe e Arsippe, du-
rante le feste di Bacco, rifiutando di prenderne par-
te; il Dio del vino, per costringerle col terrore, si
presentò loro davanti successivamente in leopardo, in
, leone e in pantera. Intervenute alle orgie, furono as-
salite dal furore, e Mercurio le cangiò: la prima in
pipistrello, la seconda in gufo e la terza in civetta;
mentre le loro tele furono convertite in foglie di vite
e di edera.
Alessio (Sanf).
Bordone da pellegrino. Scala, sotto cui visse.
Aletto {collera implacabile, furore incessante).
Una delle tre Erinni o Furie, figlia di Acheronte e
della Notte. Vedi Furie.
Alettoria.
Pietra che gli antichi avevano immaginato for-
marsi nel fegato del gallo vecchio, e a cui attribui-
vano virtù medicinali meravigliose. Vedi Lussuria.
Alettrione.
Giovane soldato, confidente e favorito di Marte, il
quale faceva la guardia durante gli amori di questo
- 39 -

Dio con Venere, per avvertirlo dello spuntar del gior-


no. Essendosi egli un giorno addormentato. Apollo
(Sole) scoperse gli amanti, che Vulcano circondò con
una rete e li espose abbracciati alla vista degli Dei.
Marte, sdegnato, cambiò Alettrione in un gallo che,
memore della sua negligenza, annuncia all'alba l'av-
vicinarsi del sole.
Alfa 0 Omega.
Nome della prima e dell'ultima lettera dell'alfa-
beto greco. Nel medio evo i predicatori, i medici e
altri usavano mettere in capo alle scritture, ricette
e dissertazioni, il segno a co o ^ ri. Questo segno,
che è l'espressione di alfa e omega, era una specie di
geroglifico che indicava il nome della divinità, e cor-
rispondeva atutte quelle formule che mettevansi una
volta alla prima o ultima pagina dei libri. Vedi Cri-
iiianesimo — Gesù Cristo — O — Principio e fine.
Alfonso dei Liguori (Sanf).
Vescovo. — Crocefisso, su cui meditava. Disci-
plina, rammentando le pene corporali a cui si sot-
top>oneva. Ciglio, simbolo di castità. Libro delle re-
gole dell'ordine religioso del Santissimo Redentore,
ch'egli fondò. Maria Vergine, che invocava. Rosa-
rio, simbolo della devozione.
Alga marina.
Pianta le cui foglie strette sono morbide e pieghe-
voli anche se asciutte. Vedi Instabilità.
Ali. Vedi Ambizione — Amore — Aria —
Dedalo — Ceni — Morte — Notte — Poesia —
Tempo
— —
Vento. Tommaso d'Aquino {San) — Velociió

Ali ai piedi. Vedi Mercurio — Occasione.


- 4Ò --
Ali di farfalla. Vedi Junonì — Psiche.
Ali di gru. Vedi Infaticabile.
Ali di pipistrello. Vedi Diavo/o — Fama — Geni
— Junoni — Morie — Notte.
Ali di sparviero. Vedi Sacerdozio.
Alisma.
Pianta a cui si attribuiva la proprietà di guarire
la rabbia. Vedi Calma — Qur'e/e — Tranquillità.
Alleanza.
Arcobaleno. Cessato il diluvio. Dio fece appa-
rire a Noè un arcobaleno; simbolo dell'alleanza fra
il cielo placato e il mondo che si rinnova.
Alleanza segreta.
Pollice. Si vuole che i Barbari, stringendo allean-
za, costumassero prendersi la mano destra, legare
strettamente i pollici; e da una piccola ferita fattasi
succhiarsi reciprocamente il sangue; e ciò in segno di
patto segreto consacrato col sangue.
Allegoria
Dal greco allos, altro, e agorein, rappresentare.
In termine d'arte, dicesi della composizione, in cui
l'artista adopera certe figure simboliche per esprime-
re idee astratte. L'allegoria deve essere semplice e
intelligibile per tutti, altrimenti risulterebbe un rebus
che nessuno cercherebbe di spiegare. Oltre alle alle-
gorie classiche, come sarebbe la Giustizia, raffigurata
in una donna con la bilancia in una mano e la spa-
da nell'altra, ecc., citiamo i seguenti esempi. Un
artista, dovendo, in una sola rappresentazione, espri-
mere la presa di diverse città, dipinse la Vittoria, coi
suoi attributi, che scriveva sopra uno scudo i nomi
di queste città. Il figho del gran Condè, per rappre-
- 41 -

sentare la storia di suo padre, fece dipingere Clio, la


Musa della storia, con in mano un libro, sul cui dor-
so leggevasi: Vita del principe Condè. Questa Musa
strappava dei fogli dal libro, gettandoli per terra, e
su ogni foglio era scritto il titolo di una bell^a azione
di questo famoso capitano. — Velo di garza che, co-
prendo leforme della figura, le lascia mtravedere fa-
cilmente.
Allegrezza.
Animali: Vitello, donde nacque la parola latina
vitularis, vivere in allegria, dar segno, far atti di al-
legria; perciò gli antichi chiamavcno vitellartli coloro
che si rallegrano e fanno festa. Presso gli ebrei, so-
gnando un toro saltellante, era segno di futura alle-
grez a, e questa doveva essere accompagnata da gua-
dagno, se nello stesso sogno fossero éq>parsi dei tori
pascolanti. — Vegetali: Mandragora, che, secondo
Senofonte, toglie agli uomini la nvalinconia non meno
del vino, rendendoli allegri. Mirto. Nei conviti, in
segno d'allegria, gli antichi usavano porgersi reci-
procamente un ramo di mortella (mirto comune), in-
vitandosi a cantare. — Divera: Corona di fiori,
specialmente di rose, che gii antichi ritenevano come
segno di allegria e di festa; perciò nei conviti costu-
mavano cingersi il cajX) di ghirlande. Fuoco. Allu-
sione ai fuochi di gioia accesi nelle allegrie popolari.
Oro, Sardonica. Verde. Vedi Ilarità — Letizia.
Allegrezza v Amicìzia.
Uomo e donna con le mani congiunte, in atto di
rallegrasi.
Allegria. Vedi Allegrezza.
- 42 -
Alettamento degli adulatori.
Asino, fra fiori e aromi, di cui non sente il pro-
fumo. Geroglifico con cui gli Egiziani volevano rim-
proverare grandi
i uomini i quali, anche esponendosi
alle beffe, si compiacciono essere circondati dagli adu-
latori.
Allfader.
Il più antico e il più grande degli Dei scandinavi.
Vedi Odino.
Allodola.
E' uno dei pochi uccelH che cantano volando.
Vedi Niso — Tradimento.
Al loto. Vedi Lauro.
Aloè.
Genere di pianta carnosa dei paesi caldi dalla
quale si estrae una sostanza amarissima. Vedi A-
marezza — Dispetto.
Alpini.
Antichi soldati pedoni; avevano per insegna un
gatto di colore rosso chiaro, in atto di camminare
con la testa dritta, in una targa verde, circondata da
un cerchio bianco.
Altare. Vedi Abramo — Berta {Santa) — Mat-
teo (San) — Misericordia — Pietà — Religione —
Rifugio.
Altea malvarosa.
Pianta d'ornamento coi fusti dritti, alti, elegan-
temente guarniti di foghe e fiori, bellissimi, di diver-
so colore. Vedi Ambizione.
Alterigia.
Aquilegia.
- 43 -
Amabilità
Celsomino bianco.
Amadriadi.
Ninfe che erano generalmente le protettrici delle
e ciascun
foreste,resta; sola poteva presiedere a un'intera fo-
una albero, al contraio, racchiudeva la sua
Amadriade, che nasceva, cresceva e moriva con esso.
Le Amadriadi sarebbero otto, figlie «di Nereo e di
Dori, secondo alcuni, di Amadriade e d'Ossilo, suo
fratello, secondo altri. Queste diedero il loro nome
al noce, al palmizio, al corniolo, al faggio, al pioppo,
aW'olmo, alla vile e al fico. Le Amadriadi o DriaJi
erano specialmente congiunte alle quercie. Furono rap-
presentate invaga forma di giovinette, parte nude e
parte vestite, in atto di scendere dagli alberi, e sal-
tarvi intorno cantando al mormorio delle frondi agita-
te dal venticello.
Amaltea.
Secondo alcuni era il nome della capra che al-
lattò Giove fanciullo; secondo altri, una Ninfa che
avrebbe nutrito Giove col latte di una capra. Que-
sta capra essendosi retto un corno, la Ninfa Amaltea
lo riempì d'erbe fresche e di frutti, e lo diede a Gio-
ve, che lo collocò insieme alla capra fra le stelle.
Secondo altre tradizioni. Giove stesso ruppe uno dei
corni della capra Amaltea, lo diede alle figlie di
Melisseo, e lo dotò di tale virtù che, quando il p>os-
sessore lo desiderava, esso riempivasi immediat2unente
di qualsiasi cosa. Tale è la storia dell'origine del
celebre corno di Amaltea, chiamato comunemente
corno dell'abbondanza o cornucopia.
Amante.
Salamandra, posta nel fuoco, la quale è simbolo
— 44 —

dell'amore. Credendo gli antichi che la salamandra


si nutrisse di fuoco; perciò divenne l'emblema del-
l'amante il cui ardore sembra quasi alimento alla
sua passione.
Amanti morti.
Fiaccole, due, spente e rivolte all'ingiù.
Amaranto.
A causa della persistenza dei fiori, anche staccati,
di questa pianta d'aspetto melanconico, le cui fo-
glie sono spesso segnate di macchie nere, gli antichi
la consacrarono ai morti e la piantavano vicino alle
tombe, per significare che lo spirito non era mortale
come la materia, e che godeva una vita nuova e
beata negli Elisi. I maghi attribuivano alle corone fat-
te di questi fiori, grandi proprietà e sopra tutto la vir-
tù di conciliare i favori e la gloria a chi le por-
tava. Vedi Affettazione — Amore eterno — Co-
stanza — Salute perpetua — Stravaganza.
Amarezza.
Aloè. Assenzio.
Amarezza nella dolcezza della vita.
Favo (li miele dalla cui sommità germoglia uno
stelo di assenzio. Simbolo di amarezza o sciagura,
che inasprisca e amareggi il dolce ozio e la tran-
quillità della vita.
Amari llide (dal greco amarussó, io brillo).
Bella pianta per eleganza di forma, brillante colo-
rito e per gradevole odore dei fiori. Vedi Orgoglio —
Superbia.
Amatéras.
Il vero nome sarebbe Ama - Térasou - Olio -
Mi-I(ami (la grande e augusta Dea, che brilla in eie-
— 45 —
lo). Divinità più pc^olare del Giappone. Secondo la
leggenda questa Dea nacque dall'occhio sinistro del
Dio Izanagui. Appena nata, la sua bellezza risplen-
dente illuminò tutto il mondo, e Izanagui, vedendola
così meravigliosamente bella, le diede l'impero del
sole. Amatéras veglia continuamente sugli uomini, e
li colma dei suoi favori. Viene comunemente rappre-
sentata in piedi su uno scoglio, coi caF>elli ondeg-
gianti sulle spalle, vestita di rosso con una sopravveste
bianca, armata d'una sciabola e tenendo il disco del
sole nella destra.
Amatista e Ametista.
Dal greco améthustos, che non è ubriaco. Sorta
di pietra preziosa, diafana, violetta, rossastra. Una
volta questa pietra era la nona in ordine sul p>etto
rale del gran sacerdote ebreo. Vedi Abnegazione
— Ammirazione — Castità — Fiducia — Sobrie-
fa — Umiltà.
Amatore.
Uomo che tiene nella destra un anello d'oro.
Amatore delle donne altrui.
Murena, la quale, presso gli Egiziani, simboleg-
giava tanto un uomo che praticasse le donne degli
altri, come chi avesse spesato una donna forestiera.
Credevasi che le murene fossero tutte ferrunine, e si
congiungessero con le vipere.
Amazzoni
Dal greco a, privativo, e mazos, maunmella. Don-
ne guerriere della Cappadocia. Esse non volevano
uomini con loro, e coi quali non si univano che una
volta all'anno, dopo di che li rimzuidavano alle loro
case, e a condizione che grima avessero ucciso tre
dei loro nemici. Facevano morire o storpiavano i loro
— 46 —

figli maschi, e allevavano con molta cura le loro


fanciulle, alle quali bruciavano o comprimevano dal-
l'infanzia lamammella destra per non aver impedi-
mento al memeggio dell'arco. In una medaglia anti-
ca si vede una Amazzone vestita di un giubettino a
foggia di corazza, terminato da una cintura e da una
gonella militare, che discende appena fino al ginoc-
chio: calza due comuni stivaletti. Porta nella mano
destra, distesa, una piccola vittoria alata, avente una
palma e una corona d'alloro: nella sinistra uno scu-
do e una lunga azza a due tagli, sc^ra la quale si
appoggia come se fosse una lancia. In un'altra me-
daglia èrappresentata un'Amazzone quasi somiglian-
te alla prima per il complesso del vestire e delle ar-
mi ; soltanto che, invece di una piccola vittoria, tiene
in mano un piccolo tempio. Ma qualunque forma
avessero questi abbigliamenti, comunemente erano pe-
rò fatti con pelle di fiere, che le Amazzoni uccide-
vano cacciando, e costantemente legati sulla spalla
destra, lasciando scoperta la sinistra; e mai discen-
dente oltre il ginocchio. Le loro armi erano le frecce,
la lancia, l'azza e lo scudo.
Ambarvali-.
Feste presso i Romani, per ottenere dagli Dei una
buona raccolta. Tali feste celebravansi due volte al-
l'anno, la prima in maggio e la seconda in giugno.
La cerimonia consisteva nel sacrificare un toro, una
scrofa e una pecora, dopo aver condotte tre volte le
vittime intorno ai campi, accompagnate dai cittadini,
uno di es6Ì, incoronato di quercia, cantava in lode
di Cerere un inno appositamente composto. Queste
feste erano presiedute dai Fratelli Arvali
Ambasciatore pacifico. Vedi Pace.
- 47 —
Ambizione.
Ali, emblema della rapidità con cui vuole innal-
zarsi. Altea malvarosa. Ferme di pavone, di cui
l'ambizione ama adornarsi. Scettro, che vuol con-
quistare.
Ambra. Vedi Eliadi.

Ambrogio (Sani').
•Arcivescovo di Milano e Dottore. -— Animali:
Ape. Si racconta che mentre Ambrogio dormiva in
culla, uno sciame di api entrasse e uscisse dalla boc-
ca del bambino per fabbricarvi un favo di miele;
ciò che fu preso come pronostico della soave elo-
quenza del Santo. Cavallo, rammentando la sua ap-
parizione nella battaglia. Colomba, che lo indicò al-
l'episcopato. — Diversi: Bambino. Si vuole che S.
.Ambrogio sia stato accléunato arcivescovo di Mila-
no, per bocca di un bambino lattante. Soldati, che
scompigliò. Staffile, di cui era munito quamdo appar-
ve nella battaglia contro gli Anani.
Ambrosia
Dal greco a, privativo, e brotos, mortale. Era
l'alimento degli Dei, come il nettare ne era la be-
vjuida. poiché questi Dei, che gli uomini avevano
creati nel loro delirio con tutte le passioni di cui
erano essi medesimi agitati, avevano bisogno di ali-
mento, e malgrado della loro spirituale natura.
Ambrosia marittima.
Pianta che tramaiida un odore aromatico. Vedi
Amore reciproco.
Amcaspandi.
Gli aintichi Persiani riconoscevano, e anche oggi-
giorno iParsi riconoscono come creatore del cielo
— 48 —

e della terra e di tutti gli essere creati sette Dei o


saggi immortali, che chiamavano Amcaspandi, e di
cui fanno capo Ormuzd, comunemente da noi co-
nosciuto sotto il nome di Oromaze. Questi saggi han-
no un gran numero di ministri, che si chiamano Dze-
dì, e sono Geni benefici, ma di ordine inferiore. Dal
loro lato i Dell', nemici degli Amcaspandi, si ado-
perano a viziare o a distruggere il bene che questi
féinno. Essi sono parimenti in numero di sette, e han-
no per capo Ahriman o Arìmane. I Persiani ave-
vano una gran venerazione per il numero sette. Vedi
Oromaze.
Amenità della poesìa.
Ape. Secondo Varrone, le api hanno relazione
con le Muse; F>erchè quando sono sparse e disunite
fra loro, si riuniscono al suono del cembalo e di
canti. Pindaro prende il miele col latte per la soa-
vità inni, simboleggiando il latte l'estro natu-
rale, edegli
il miele, perchè fatto con gran fatica dalle
api, l'arte e la diligenza.
America.
Personificata, è vestita da selvaggio. — Animali:
Testuggine, su cui è seduta; Tigre. — Diversi: Ar-
co e frecce, arme dei selvaggi. Penne, con cui si or-
navano iselvaggi dell'America.
Ametista. Vedi Ametista.
Amicizia.
Animali: Cane, preso spesso come emblema del-
l'amicizia, incui è considerata specialmente la fe-
deltà, e poi un animo disposto a giovare. — Vege-
tali: Melagrano. Mirto. Gli antichi pretesero che "1
melagrano fecondasse se piantato vicino al mirto.
- 49 —

Anzi si credeva che, anche se lontani fra loro, le


rispettive radici andassero a trovarsi, avviticchiandosi
insieme. Ramo secco, intorno al quale sale una vite
carica di grappoli: perchè l'amicizia circonda di (ve- sue
cure anche i cuori inariditi. — Diversi: Gemelli
di). Mano posta sul cuore. Urna, su cui piange i suoi
amici defunti. Violetto, colore.
Amicizia confermata.
Tazza^ o calice, scambievobnente sporta, e gli
inviti a bere, tanto presso gli antichi, quanto oggidì
è segno di confermazione d'amicizia.
Amicizia con tutti.
Uomo che ne solleva un altro da terra.
Amicizia costante.
Edera. Tanaceto.
Amicizia debole.
Tre uomini che si tengono per le mani.
Amicizia salda.
Sale, che gli antichi usavano mettere davanti agi;
ospiti forestieri prima delle vivande, per dimostrare
la fermezza e la p)erseveranza dell'amicizia; donde
venne che molti, verszmdo il sale sulla tavola, riten-
gono p>er cattivo augurio; mentre lo giudicano per
buono e felice, se viene versato nel vino.
Amico inutile.
Rondine, perchè essa più degli altri uccelli vive vi-
cino all'uomo, senza addomesticarsi mai. Ritoma a noi
nella dolce primavera; ma quando la temperatura
ainnuncia l'avvicinarsi del rigido inverno fugge; così
gli amici infedeli, nei buoni momenti accerchiano,
nelle disgrazie si allontamano.
4 — G. RoxcHBTri.
- 50 —
Amida.
Divinità adorata dai Giapponesi, dalla quale spe-
rano di ottenere l'eterna felicità col solo invocare
frequentemente il suo enome. E' specialmente rappre-
sentata con le orecchi forate, seduta, con le gambe
incrociate, sopra un loto.
Ammiratore di se stesso.
Scìmmia. Per il suo amore verso i propri figli, que-
st'animale venne paragonato alle persone che amano
e stimano tutto ciò che, in opere e parole, esce da
loro stessi. Sinesio, uomo assai letterato, nel riordi-
nare le epistole da lui accuratamente scritte, dubitò
d'imitare la scimmia. Esse, diceva egli, quantunque
mettano alla luce i più sozzi di tutti gli animali, cre-
dono tuttavia che siano bellissimi sopra tutti gh altri.
Ammirazione.
Amathta.
Ammone.
Il nascosto, il Dio ignoto, il Dio supremo, re de-
a\: Dei. Divinità egiziana, alla quale, a Tebe, fu de-
dicato un tempio, a cui si arrivava lungo un unmenso
viale fiancheggiato da due lunghe file di montoni
Il montone era consacrato ad Ammone, e nella stes-
sa Tebe, se ne nutriva uno che era ritenuto la rap-
presentazione vivente del Dio, il quale, come si trova
nella vecchia sede di Tebe, è raffigurato m un uomo
seduto che tiene sul capo una conciatura a lui pro-
pria, con due penne sulla corona inferiore. Nella pit-
tura è colorato d'azzurro, forse per figurare il cie-
lo. Veniva anche rappresentato in piedi, ora con la
testa di montone, ora con la faccia umana, con corni
di montone che spuntano al di sotto delle orecchie,
e la testa sormontata da un disco e due lunghe pen-
— 51 —

ne. coi soliti attributi. Nei geroglifici un obelisco è


simbolo di questa divinità. Si vuole che anticamente
in Egitto esistesse un bosco consacrato ad Ammone.
nel cui mezzo sorgeva una fontana chiamata acqua
del sole, la quale allo spuntar del giorno era tiepida,
a mezzogiorno fredda, e a mezzanotte tanto calda
che bolliva, per intepidirsi verso il mattino. Presso
questa fontana veniva adorato un certo simulacro in
forma di ombelico composto di smeraldi, e di altre
gemme, largo di sotto, e rotondo, che si assottigliava
verso la cima; e quando si voleva da questo idolo sa-
pere qualche cosa; veniva portato intorno sopra una
navicella dorata, a cui erano attaccate intomo molte
tazze d'argento, e dentro la quale entravano donne e
fanciulle, cantando certi versi scomposti, coi quali
si credeva ottenere dal Dio risposta a quanto desi-
deravasi sapere. I Greci identificarono Ammone a
Giove e ne fecero il loro Giove Ammone. Si racconta
che Bacco trovcmdosi nell'Arabia deserta, arso di se-
te, implorò il soccorso di Giove (gli Egiziaoii vollero
che fosse il Sole), che gli apparve in fwTna di mon-
tone, il quale, percuotendo col piede la terra, gli
irvdicò una sorgente d'acqua, e in quel luogo fu in-
nalzato im magnifico tempio a Giove a cui diedero
il nome di Ammone, che. secondo gli antichi, pre-
siedeva alla salute; e la testa di montone, secondo
l'uso simbolico, rappresentava lo stesso Dio che aveva
cura della salute di tutti. Dicesi che gli Egiziani quan-
do si facevéuìo visite, per il primo saluto, usavano
pronunciare il nome di Ammone, f>er buon augurio;
ed essendo dagli antichi costumato di pregare il be-
ne per i morti, che vissero bene, sui sepolcri, con di-
versi epitaffi li raccomandavano agli Dei infernali;
52

ai quali talvolta sostituivano delle colonne su cui e-


rano scolpite teste di montone, fra le quali pendevano
bacche d'edera intrecciate vagamente con frondì J
frutta.
Ammonizione.
Ferula, con cui, secondo Plutarco, usavasi per-
i
cuotere fanciulli , come castigo benevole.
Amo.
Ordigno da pesca. Vedi Inganno — Perfidia.
Amore.
Quantunque il culto di questa divinità universale
sia uno dei più antichi, la nascita d'Amore è tuttavia
un mistero. Il soprannome di Oogenes (nato da un
uovo), sembra derivare da una pietra incisa, eseguita
nello stile antico, che porta il nome di Phrìgìllas, rap-
presentante Eros uscente dall'uovo, col guscio rotto
a lui vicino; inoltre sono notissimi i seguenti versi di
Anacreonte, in cui dipinge un nido d'amori:
Un pipilar continuo
Fan nell'uscir degli uovi;
Vedi i maggiori, assidui
Porgere il cibo ai nuovi.
Amore, l'Eros dei Greci, il Cupido dei Latini è ge-
neralmente ritenuto figlio di Marte e di Venere e
rappresenta la passione d'amore. Tutto è simbolico
nella pittura che si fa d'Amosorelle re. Nasce dalla bellez-
za e dalla forza; ha per le Grazie: queste
sono sempre giovani, quegli è sempre fanciullo; por-
ta Varco e la faretra piena di frecce, ma che non fe-
riscono con eguale effetto. Le une, armate di punte
di un metallo prezioso, portano nel cuore la gioia e
la felicità, le altre, di piombo, fanno soffrire mah
crudeli a coloro che ne sono colpiti. Le ali sono un
- 53 -

emblema della sua incostanza, la benda indica l'ac-


cecamento che produce in coloro che ferisce, e la
fiaccola è simb>olo dell'ardente paissione con cui ac-
cende icuori. Fra molti amori finti dagli antichi,
spesso simboleggiavano le diverse passioni e i \aii
affetti dell'uomo. Le pietre incise, che rappresentano
i giochi e le diverse occupazioni d'Amore, sono in-
numerevoli, nulla essendovi che maggiormente si pre-
sti alla grazia dell'esecuzione e alle più ingegnose
allegorie. Amore che doma un leone è un soggetto
frequentemente ripetuto. Si conoscono pure rappre-
sentazioni d'Amore che voga su di un'anfora, che
cavalca un ippocampo, di Amore vincitore di Ercoie.
La favola di Psiche diede motivo a molte allegorie
dei tormenti che Amore fa soffrire all'anima, espres-
se dagli artisti su pietre move, in (vì si vede Amore
che incatena la sua amata, e tormenta una farfalla
in diversi modi. In una pietra incisa si vede Amore in-
felice, gemente alla porta della sua bella, mentre
l'Amore felice fa sopra di lui una brutta libazione.
I poeti circondano Amore di tanti altri amorini, di-
vinità subalterne, che si possono confondere coi risi,
coi giuochi, coi piaceri, piccole divinità allegoriche,
rappresentate anch'esse sotto forma di fanciuUetti a-
lati, ma senza frecce e senza faretra. Conosciutissima
è la bella composizione della venditrice d'Amori nel-
le pitture di Ercolano. Non sono da confondersi co-
gli Amori tutti i fanciulli alati che si vedono sui mo-
numenti antichi. Dai loro diversi attributi si devono
riconoscere i vari Ceni, seguaci delle divinità, e spes-
so loro rappresentanti. Gli artisti moderni hanno egual-
mente fatto uso di figure alate di adolescenti e di
fanciulli, che non sono Amori. Vedi Antera — Psiche.
— 54 —
Amore,
Il sol che non conosce leggi, disse un gran poeta.
Platone ha preteso, che al principio del mondo gli
uomini erano maschio e femmina a un tempo: che
avevano due visi, quattro braccia, quattro piedi, ma
che essendosi inorgogliti, gli Dei per punirli, li ave-
vano divisi. Ne accade che quando le diverse parti
separate vennero a incontrarsi, si abbracciavano e si
serravano così stretta^mente qhe preferivano morire
di fame e di sete piuttosto di lasciarsi. Gli Dei, mossi
a pietà, cambiarono questi abbracciamenti mortali in
carezze passeggere; quindi l'origne e il fondamento
dell'amore.
Vegetali: Bellide, che gli innamorati sfogliano in-
terrogandola sull'amore dell'amato. Cotogno. Mela,
perchè, sopra tutto quella dolce, dedicata a Venere.
Mirto. Arbusto le cui foglie sono sempre verdi. A
Roma, il tempio di Venere era circondato di mirto.
Papavero. Presso gli antichi, gli amanti, per sapere
se il loro amore era pari, solevano mettere un petalo
di papavero sul pugno, dandogli poi un colpo co!
palmo della mano, e, dallo scopio debole o forte,
giudicavano l'intensità della passione. Rosa, simbolo
principale dell'amore. — Diversi: Berillo. Fuoco. Gli
Egiziani, presso i quah l'acqua, cioè il mare, era sim-
bolo dell'odio, ritenevano il fuoco quello dell'amore.
Donde a Cupido fu dedicata la fiaccola accesa. Lac-
cio, allusione alle insidie dell'amore. Lira, presso gli
antichi, secondo i quali, contenendo in sé ogni gio-
condità, pare che abbia qualche affinità con l'amore,
con Venere e con le Muse, e che altrettanto attrae
9IÌ uomini. Vedi Sfrenatezza dell'amore.
- 55 —
Amore celato.
Lairca clandestina.
Amore civettuolo.
Valisneria spirale.
Amore colpevole.
Aconito.
Amore coniugale.
Ceranio a foglie d'edera. Quercia. Tiglio. Pe:
questi due ultimi simboli vedi Filemone.
Amore corrisposto.
Ambrosia marittima. La felicità infusa da questa
reciprocità d'affetto può essere paragonata alla dol
cezza dell'ambrosia, cibo degli Dei, che porta il no-
me di questa pizuita. Vedi Amore reciproco — A-
more scambievole.
Amore del marito verso la moglie infedelt-
Seppa. Dicesi che se la femmina di questo mollu-
sco viene percossa, il maschio accorre per difenderla:
mentre se è p>ercosso il maischio, la femmina, curan-
dosi di sé stessa, fugge cercando di salvarsi.
Amore di patria.
Esperide.
Amore disonestissimo.
Pernice. Gli Egiziani, volendo raffigurare gero-
glificamente un uomo disonestissimo, brutalmente lus-
surioso, senza scrupoli, dipingevano due pernici; per-
chè credevano che, se prive del maschio, si congiun-
gessero fra loro; e il maschio montasse il pulcino ap-
pena sgusciato dall'uovo, l Romani solevano chia-
mare pulcino^ un fanciullo depravato; e a un uomo
disonestissimo davamo il ncme di gatto pulcmario, cioè.
— 56 —

che cerchi di pigliare i pulcini. Si racconta che un


tale, detto pernice, s^inncunorò della propria madre.
Amore divino.
Cuore infiammato. Evangelario aperto. Fiaccola,
come questa, l'anima del cristiano brucia ed è illu-
minata dall'amore di Dio. Freccia, simbolo della pre-
ghiera che, similmente alla freccia, s'innalza verso il
cielo per salire a Dio.
Amore eterno.
Amaranto tricolore.
Amore fraterno.
Filadelfo. Vedi Castore e Polluce.
Amore lascivo.
Rosa incarnatina.
Amore Leteo.
Amore che faceva disamare e dimenticare tutto
il bene che si voleva agli altri, la cui statua, che at-
tirava le ardenti fiaccole nel fiume, e quivi le spe-
gneva, sitrovava nel tempo di Venere Ercina; dove
si recavano a pregare i giovani che desideravano scor-
darsi delle loro innamorate, come le giovani che si
accorgevano d'aver mal posto i loro amori. Vedi Lete.
Amore materno.
Musco, che preserva dalle intemperie i luoghi che
copre, mantenendosi sempre vivo; similmente la ma-
dre protegge i suoi figli e li ama d'amore costante.
Amore paterno.
Pellicano. Una volta, per prendere i pellicani
adulti, si circondava il nido dei piccoli, appena nati,
con un cerchio di fuoco. Alla vista del fumo, i ge-
nitori accorrevano, e sbattendo le ali, credendo di
spegnere il fuoco, alimentandolo con l'aria, ne otte-
— 57 -

nevano l'effetto of^)osto, in modo che, per difendere


i pulcini, abbruciandosi le ali non potevano più vo-
lare, venivano presi ; sacrificando così se stessi, per
amore dei figli.
Amore per i bambini.
Delfino, ritenuto dagli antichi appassionato per i
ragazzi. In molte medaglie figura un delfino fre-
nato da Amore; come anche in certe statue di Ve-
nere si vede accanto Amore seduto sul delfino, o in
altro modo da esso sorretto.
Amore platonico.
Acacia bianca.
Amore puro.
Rosa bianca.
Amore reciproco.
Fiaccole, due, accese, legate insieme nel mezzo
con un nastro poi divise fra loro. Palma (vedi An-
tera).
Amore scambievole.
Mela, gettatasi scambievolmente da due Amorini,
baciandola prima di lanciarla; mentre uno lancia la
mela l'altro con le mani alzate la riceve e, baciatala
a sua volta, la rimanda al compagno.
Amorevolezza.
Beccaccia. Emblema di persona amorevole e be-
nevole; perchè si vuole che sia l'uccello che abbia il
maggior amore verso l'uomo.
Amorino giallo. Vedi Reseda.
Amor proprio.
Benda sugli occhi, la quale, figurativamente, im-
pedisce di conoscere i propri difetti. Narciso, allu-
sione alla favola del giovanetto Narciso.
— 58 -

Amos.
Quarto dei profeti minori. — Pecora, per essere
stato pastore. Vedi Profeti.
Ampolla. Vedi Lottatore - Martirio.
Amuleto.
Immagine, figura o segni che le persone portano
indosso, attribuendo loro grandi virtù; credenza che
esisteva da tempi immemorabili. Nell'antichità furono
gli Orientali, particolarmente i Caldei, gli Egiziani e
i Persi che adottarono gh amuleti con maggior ardore.
Essi consistevano in figure di Dei o di astri, anelli
magici, frammenti di pergamena su cuiSanti. erano trac-
dati caratteri sacri o versetti dei Libri I Greci
e i Romani ricevett ero gli amuleti come importa zione
orientale, e ne usarono alla loro maniera , secondo il
genio e l'indole nazionale. Durant e il medioe vo tutte
le nazioni portavano degli -amuleti, malgrado il di-
vieto dei concili. Oggigiorno, l'uso degli amuleti è
ancora generale, sotto nomi diversi, presso i popoli
dell'Asia, i selvaggi dell'America, dell'Africaso e del- del
l'Oceania. Non è nemmeno ancora scompar
tutto in certe parti dell'Europa; tale il corno di co-
rallo dei napolitani, contro il malocchio, come i così
detti portafortuna. La Chiesa cattolica li ha sempre
proibiti. Le medaglie, croci, ecc., che essa approva
e benedice, si distinguono dagli amuleti, in ciò che
essa non attribuisce a loro, per se stesse, alcuna virtù.
ELssa vede soltanto, in questi oggetti, dei simboli che
hanno il vantaggio di ricordare l'idea di Dio e dei
santi, e, presso chi li portano, delle testimonianze di
pietà, come tutti gli atti caritatevoli, di attirare la
grazia divina. Essa lìiasima la credulità suj^erslizio-
— 59 —

63, che darebbe loro un altro significato. Vedi Su-


perstizione.
Anamelecco.
Nome di una divinità menzionata nella Bibbia ac-
canto a quella di Adramelecco, e sono indicati en-
trambi come Dei a cui si offrivano sacrifizi di bam-
bini, che venivano bruciati al fuoco davanti alle lo-
ro statue. Alcuni vogliono che sia stato adorato sot-
to la figura di un cavallo, altri di un pavone o di
una quaglia.
Anadiomène.
Dea sorgente dall'onda, soprannome di Venere.
Questo soprannome era poco celebre prima di Apel-
le; ma il suo famoso dipinto di Afrodite Anadiomè-
ne, in cui la Dea era rappresentata come sorgente dal
mare e in atto di asciugarsi i capelli, mise tosto in
gran voga questa poetica idea, e destò l'emulazione
d'altri artisti.
Anaiti.
Divinità asiatica, di cui il nome trovasi scritto
variamente, alle volte Anca, alle volte Aneiri, alle
volte Tanaidi o Nanea. In molti luoghi dell'Asia le
si sacrificavano numerosi schiavi d'cunbo i sessi. Gli
scrittori greci identificarono talvolta Anaiti con la lo-
ro Artemide.
Ananasso.
Frutto che ha fama d'essere il più saporito dei
frutti conosciuti, anzi alcuni pretendono che tutti ;
saperi delicati degli altri frutti trovansi radunati e
confusi nell'ananasso. Esso figura spesso sulle stof-
fe ornate del XV" secolo. Vedi Perfezione,
- 60 —
Anarchia.
Allegoricamente viene rappresentata da una figu-
ra in atto furioso, con una benda sugli occhi, che l'ac-
ceca; icapelli sparsi e le vesti lacerate. Ha per at-
tributi: Giogo spezzato. Libro delle leggi sotto i pie-
di. Pugnale, simbolo della guerra civile. Torcia, em-
blema dell'incendio devastatore che l'anarchia fa di-
vampare.
Anceo.
Figlio di Licurgo; il quale amava occuparsi di
agricoltura, e picuitò molti vigneti. Un veggente gli
predisse che egli non assaggerebbe il vino della sua
vigna. Venuto il momento in cui Anceo stava pei
mettersi alle labbra la prima tazza del suo vino, e
beffeggiava il veggente, questi gli rispose: Dalla taz-
za alle labbra v'è un tratto. Infatti in quell'istante
nacque un tumulto, e Anceo fu avvertito che il cin-
ghiale di Calidone si trovava nella sua vigna. Egli
abbandonò la tazza del vino, uscì per dare la cac-
cia alla belva, la quale l'assalì, uccidendolo. D'al-
lora in poi la suddetta frase fu usata come prover-
bio per significare un avvenimento impreveduto, che
si frapponga all'esecuzione di qualsiasi proponimento,
Ancile.
Era così chicunato una specie di scudo, miracolo-
samente sceso dal cielo, e consacrato a Roma nel tem-
pio di Marte. Gli aruspici, consultati intomo a co-
sì strano prodigio, ne trassero infallibile indizio che
l'impero del mondo fosse serbato a quella città nella
quale il sacro arnese venisse custodito. Perciò Numa
Pompilio, per impedire che fosse rapito, ne fece fab-
bricare altri undici, perfettamente eguali. 1 utti gli
anni nel mese di maggio, si portavano gli ancili in
— 61 -

processione, attorno a Roma, e durante la solennità


era vietato prendere le armi o iniziare qualsiasi im-
presa.
Ancora.
Strumento di ferro a due uncini, cui si attacca
la gomena, e che si lascia cadere in mare, per tener
ferma la nave dove si vuole fermarla. Vedi Celeri-
tà moderata — Commercio — Custodia — Fe-
lice {San) — Fermezza — Fdomena (Santa) —
Niccolo {San) — Parlamentario — Rifugio — Spe-
ranza — Speranza in Dio — Stabilità — Stirpe di
Selenco — Vita.
Ancus€u Vedi Duglossa.
Andrea (Sanf).
Barca. Conchiglia, attributi che rammentano la
sua professione di pescatore. Croce di S. Andrea.
La croce del suo martirio, che ha una forma spe-
ciale in forma di X, e porta il nome del santo p>er
distinguerla dalla croce comune. Delfino. Diavolo, in
forma di serpente. Libri, due.
Andromeda.
Figlia del re etiope Cefeo e di Cassiopea. Ebb«
l'audacia di vantarsi più bella di Giunone, la quale
per punirla la condannò a essere legata con catene
dalle Nereidi, ed esposta su uno scoglio a un mo-
stro marino; ma passando Perseo in aria sul caval-
lo Pegaso, e vedendola sul punto d'essere divorata
dal mostro, lo impietrì, mostrandogli la testa di Me-
dusa, eliberò questa principessa, restituendola a suo
padre, il quale per gratitudine gliela diede per mo-
glie. Minerva pose Andromeda fra le stelle in forma
di fanciulla con le braccia tese e «jicatenate a una
roccia, per commemorare la sua liberazione.
— 62 —
Anello.
L'uso degli anelli portati alle dita come ornamen-
to è antichissimo. Presso i Romani l'anello serviva
a distinguere i differenti ordini cittadini. I nobili por-
tavano l'anello d'oro; i cavalieri l'anello di ferro.
Il marito dava un anello alla sua sposa nel giorno
di nozze, ed era pegno dell'unione che si contraeva
Il momento in cui il marito dà l'anello alla giovane
sposa davanti al sacerdote, dice un vecchio libro di
segreti, è della massima importanza. Se il manto
ferma l'anello appena entratovi il dito, e non passa
alla seconda giuntura, la donna sarà padrona, ma se
accompagna l'anello fino alla radice del dito, egli
sarà capo e sovrano. Questa idea è ancora in voga;
così le signorine ben educate procurano di curvare
,
il dito anulare al momento in cui ricevono l'anello
in modo di fermarlo alla prima giuntura. Le giovani
il
inglesi che oservano la stessa superstizione, fanno
più gran caso dell'anello matrimoniale, a motivo della
o
sua proprietà meravigliosa. Credono ohe mettend
uno di questi anelli in un berretto da notte, e ponen-
dolo sotto il guanciale, vedranno la notte in sogno il
marito che è loro destinato. Vedi Agnese (Sanf ).
Amatore — Caterina d'Alessan dria {Santa) —
Cuore — Fede — Fedeltà — Nobiltà — Pietro
(^San) — —Ricordo del bene ricevuto — Servitù —
Vescovo Vincolo matrimoniale.
Anemone (dal greco anémos, vento).
sboc-
Gli antichi supponevano che questo fiore non
ciasse che al soffio del vento. Vedi Abbandono —
Malattia.
Anflarao. .
Figlio di Oicle e d'Ipermnestra, figlia di Testio. Da
- 63 —

parte del padre egli discendeva dal celebre veggente


Melampo. Alcune tradizioni lo rappresentano come
figlio di Apollo e d'Ij>ermnestra. ciò che non è però
che un'espressione p>oetica p>er significare ch'egli era
veggente e profeta. Erifile sua moglie, indicò a Poli-
nice, che le offriva un monile d'oro, il luogo in cui
si era nascosto per non aiuiare alla guerra di 1 e-
be, dove egli doveva perire. Un giorno prima ch'egli
fosse inghiottito dalla terra col suo carro, essendo a
mensa coi capi dell'esercito, un'aquila volauidò gli p>or-
tò via la lancia, la quale, dove la lasciò cadere, si caui-
giò in lauro. Il giorno seguente la terra si aperse sotto
Anfiarao e l'inghiottì col suo carro, ma Giove lo rese
immortale.
Anfìone.
Figlio di Giove e di AntioF>e, regina di Tebe; mu-
sico e poeta greco. Dicesi che nella costruzione delle
famose mura di Tebe, aiutato dal fratello Zeto, al
suono della lira di Anfione le pietre non solamente si
spostavano,
in modo da ma si ponevano
formare il muro. anche una sopra l'altra
Anfìtrite.
Dea del mare, figlia di Nereo e dell'Oceanina Do-
ride. Dopo aver lungo tempo rifiutato di maritarsi spo-
sò Nettimo. Fu madre di Tritone. Rappresentasi co-
munemente sopra un carro tirato da due delfini, in for-
ma di conchiglia, e con uno scettro d'oro nella destra,
come Dea del mare.
Angelica.
Da angelo, a motivo delle grandi virtù medicinali
che si attribuivano a questa pianta. Con la sua radice
si prepara un liquore ardente. Vedi Entusiasmo —
Estasi — Inspirazione.
64 —
Angelo (dal greco aggelos, messaggero).
-
Gli angeli sono esseri puramente spirituali, interme
diari fra Dio e l'uomo. La teolog ia li divide in tre ge-
rarchie eciascuna di queste in tre cori. La prima com-
prende iserafini, il cui attributo sarebbe l'amore; i
cherubini, distinti per il meditare; i troni, sui quali posa,
ende
per così dire, la maestà divina. La seconda compr
li cui fu data la potest à su-
le dominazioni, coro d'ange
le virtù, che hanno il dono dei miraco h; le
gli uomini;
potestà, che si oppongono ai demoni . L'ultima è com-
posta dai principati, che vegHano sulle azioni; dagli ai-
del volere
cangeli e dagli angeli, che sono gli esecutori
si
di Dio. Riguardo ai loro uffici e natura, gli angeh
i: i Serafin i, le
fecero corrispondere ai quattro element
corris ponder ebbero al tuo-
Virtù e le Potenze o Potestà,
e gh
co; i Cherubini e gli Angeli, alla terra; i Troni
i Princip ati,
Arcangeli, all'acqua; le Dominazioni e
all'aria. Le ah, distintivo caratte ristco degli angeli di-
mostrano lapronte zza ai divini coman di; la candid a
e pudore , il piede nudo e
veste è simbolo del vergin
dimost rano il diprez zo delle
gli occhi rivolti al cielo, a
cose terrene, e coi preziosi momli di che sfavillano,
di cui è fecond a la Region e deU
ricordanza dei beni,
Z. 4.
felicità immortale. Il numero delle ah vana fra
5 e 6- e nel XV" secolo, gli angeli figura no munib
d'ali di penne di pavone: simbolo forse degli occhi
che talvol ta si vedon coprir e le ah degli angeli; e ciò

perchè gh antichi parag onavano l'occhio agli uommi senza


divini, detti angeli, o, specialmente geni, i quali
l'illuminazione di un lume superiore, cioè Dio, non
d in-
possono da loro stessi esercitare il proprio ufficioun oc-
tendere. Poiché, dicevano, l'intelletto è come
parteci-
chio ilquale, non per sé stesso vede, ma per
— 65 —

pazione della luce. Gli attributi degli angeli sono:


Vegetali: Ciglio bianco. S. Matteo pone questa pian-
ta come principale attributo degli angeli, la cui na-
tura venne paragonata alla celeste sostanza degli an-
geli; perchè il giglio estirpato e spogliato dalle radi-
ci, col tempo rifiorisce da se stesso, e il suo vigore non
dipende ne dalla radice né dalla terra, ma quasi per
virtù un sugo interno che sparge lo fa rinverdire, imi-
tando così la virtù delle sostanze celesti. — Diversi:
Diadema. Nimbo rotondo. Palma. Sardonica, presa
come simbolo di acutezza di mente, allegrezza e virtù.
Scudo. Spada, di cui sono armati, secondo la loro
mansione. Verde scuro, colore attribuito agli angeli.
— Vedi Ahacucco — Àbramo — Agaia (Sani')
— Agnese (SanC) — Anna {SanC) — Calerina d'A-
lessandria (Santa) — Cecilia (Sanla) — Colella
(Sanla) — Colomba (Sanici) — Crislma (Santa) —
Domenico di Cuzman (San) — Elisabetta (Sani')
— Filomena (Santa) — Francesco d'Assise (San)
— Genoveffa (Santa) — Giacobbe — Girolamo
(San) — Gregorio il Grande (San) — Isidoro (Sani')
— Maddalena (Santa) — Matteo (San) — Tere-
sa (Sanla).
Angelo della morte.
Presso gli ebrei è un angelo pieno d'occhi il quale,
con una spada sfoderata da cui pende una goccia di
fiele, si pone davanti all'uomo moribondo il quale,
quando lo vede, trema, apre la bocca dove l'angelo
vi sparge dentro la goccia di fiele che gli causa la
morte, lo fa puzzare e diventare livido.
Angerona.
Deità la cui natura e gli attributi erano un mistero
per i Romani stessi. Talora è presa come Dea del
- 66 -

muove cioè gli uomini


piacere, talora dell'operare, che U stimolava e Orta
a le azioni, come la Dea Stimula
a^e^
li esortava, facendo derivare il suo nome da denv
invece che 11 nome d' Angerona
Alcuni vollero
perche questa Dea a
da anger, cioè affanno, dolore,
al collo, che le legava anch
veva un panno Intorno con
r bocca Ma Macrobio vuole che Angerona
che chi sa patire e
la bocca legata e turata, mostrasse
tacere dissimulando gU affarim, infine 1^ --plinto
Secondo Fhnio
dendo poi una vita lieta e piacevole.
che non bisogna
questa Dea fu così fatta per mostrare
rehgione per divulgarli.
parure del segreti misteri della

i
'^TllnMa. Alla morte di Adone, Venere mischiò
pianti col sangue del giovane amato. Dalle lagr.
suoi
Tasso, albero deUa
me nacque la calendula. Cipresso.
il cipresso, comunemente s. pianta
morte,
nei che,
cimiteri . come
Anguilla. •
ra ad assicurarsi
I naturalisti non sono riusciti anco
ripr oduz ione delle anguille;
in qual modo avviene la
to pesc e è vivip aro, o oviparo o
essi ignorano se ques
le anguille non so-
ovoviviparo. Secondo gli Eglzlam
no ne maschi ne femmine, e nasc ono dal fango, op-
gli scogl i, e dall e scorticature
pure sfregandosi contro
l'ad orav ano e soltanto i
si generano le anguille. Essi iarle Raccontasi
sacerdoti avevano il diritto di mang
n, nella provincia
che un decano della chiesa di Elgi
voluto cedere a
di Murray in Scozia, non avendo
iato in anguilla con tutti
sua chiesa ai monaci, fu camb
dal cuoc o zoccolante. Ve-
i suol canonici, e marinati
di Arric chito per le disc ordi e dei citta dini — Losa
67 -
non raggiungibile — Memoria estinta dopo morte —
Misantropo — Profano — Speranza certa nel dubbio.
Angustia.
dallo sbiadito.
Anhour.
Dio adorato nell'alto Egitto. Simboleggiava, ere-
desi, la forza cosmogonica del sole. Era rjippresentato
con una corda in mano, con cui conduce il sole.
Anima.
In ogni tempo si è cercato di definire cosa è l'anima.
Secondo alcuni, è un raggio della divinità; secondo
altri, è la coscienza, è lo spirito, è il sentimento dei
piaceri e dei dolori interni ; è la sfjeranza di un'altra
vita che si trova nel cuore di tutti gli uomini ci\iliz-
zati o selvaggi; è ima fiamma ha detto alcuno; e un
altro: il cer\ello con le sue potenze: il sentimento e
il movimento volontario.- L'immaginazione dei Greci
diede una forma sensibile all'anima, rappresentandola
ora come un uccello con la testa umana, ora con
una piccola figura riproducente le fattezze della mor-
te, con proporzioni assai ridotte; talvolta l'anima è
sorretta da geni alati o arpie. I primi Cristiani diedero
all'anima un'apparenza di una nave che approda al
porto, di un cavallo che si affretta a compiere la sua
corsa, più spesso, quella di una colomba. A partire
dal XIII" secolo, l'anima è comunemente rappresentata
sotto la sembianza di un piccolo essere um«mo nudo e
privo di sesso. Ora entra nella gloria eterna, ora essa
s'innalza al cielo portata da angeli. Dal XVI T al
XVIII" secolo, la rappresentazione dell'anima si tro-
va sotto la figura di una fanciulla. Un dotto ha prete-
so, secondo la rivelazione di uno ^>ettro, che l'anima
— 68 —

rassomigliasse a un vaso sferico levigato che ha occhi


da tutte le parti.
Animali: Aquila, simbolo dell'anima battezzata.
Farfalla, che è l'imagine più usata, fino dai tempi
remotissimi, per rappresentare l'anima. Trovata ge-
niale, in cui il bruco che striscia sul suolo, o si avvol-
ge attorno a una pianta, rappresenta la vita terrestre
dell'uomo; ma, sciolti i vincoli che lo legano al corpo,
lo spirito se ne va alle superiori regioni, lasciando il
corpo esamine. Così il bruco, svestita la larva trasfor-
masi in agile farfalla, che non più tocca la terra, ma
gode delle aree dimore. Il perchè, non solo nei se-
polcri cristiani, ma nelle tombe di marmo dei Romani
e nelle antichissime degli Etruschi, s'incontrano so-
vente questi simboli. — Gli artisti antichi diedero alla
testa di Platone le ali di farfalla, per significare che
fu tra i filosofi greci il più distinto difensore dell'im-
mortalità dell'anima umana. Esiste un'urna sepolcrale
con Amore che, avendo nelle mani una farfalla, le
avvicina una fiaccola accesa, per simboleggiare la pu-
rificazione dell'anima per mezzo del fuoco. — Dante
cantò :
Non v'accorgete che noi slam vermi
Nati a formar r angelica farfalla?

Pesce; perchè si vuole composto d'un elemento


purissimo e fosse il primo animale creato da Dio. Spar-
viero. Presso gli Egiziani, i quali lo chiamavano
Baieth; dividendo questa parola in due sillabe, si ha
bai (anima) ed elh (cuore); donde si deduce (he gli
Egiziani, come anche gli stoici, ritenessero il cuore
quale sede principale dell'anima. — Diversi: P.na -
Simbolo ricavalo dalla gianduia in forma di pina, po-
sta nell'interno del cervello, che gli antichi ritenevano
- 69 -

la sede dell'anima. Piramide. Sembra, secondo alcu


ni, che gli Egiziani con questi imponenti monumenti,
intendessero simboleggiare l'amima, avendoli dedicati
come sepolture dei re e degli uomini eccelsi; quasi
per testimoniare che, morto e corrotto il corpo, resti
l'anima, la quale, secondo essi, finito il ciclo di tren-
tamila anni, avesse a generare e farsi un altro corix>,
a paragone della piramide, la quale, stando immobile
la cima, immaginata girare intomo alla base, descrive
im circolo nello spazio, che simboleggia il percorso
di detti anni, in cui, secondo gli Egiziani, le cose
dovevano ritornare nello stato primitivo. Scintille nu-
merose uscenti da un braciere ardente. Stella, simbolo
egiziano dell'anima e dell'immortalità dell'anima, la
quale, priva del corpK) , conserva il suo potere e vi-
gore. Timeo di Socri disse che ogni anima è compa-
gna e congiunta a una stella, quale genio protettore
alla salvezza e custodia di essa.
Vedi Bellezza dell'anima.
Anima candida e pura.
Cigno, simbolo d'uomo pieno di dottrina, benigno
e mondo didezza
d'ognidella suadisonore
anima. che possa macchiare la can-
Anima e corpo.
Serpente. Il bastone a cui è avvolto un sei pente
non solo presso gli Ebrei, e nella Bibbia, dove si leg-
ge che il popolo d'Israele fu salvato da morte con
l'esporre un serpente crocefisso ; ma anche presso gli
Egizicuii e i Romani fu simbolo salutare dell'anima e
del corpo. Gli antichi volevano che il serpente, con-
sacrato aE^culapio, conoscesse un'erba atta a ren-
dere la vita.
— 70 —
Anirna e vita.
Lucerna accesa, la quale rappresenta la vita, e
l'olio che mantiene viva la fiamma simboleggia
l'umore vitale, di cui si alimenta il calore per dar vita
al corpo; mancando quest'umore, si spegne calore e
corpo. Plutarco paragonò la lucerna al corpo, e la
fiamma all'anima.
Anima purgata dai vizi.
Scolopendra, perchè si vuole che quest'animale,
quando si sente preso all'amo, si allarga più che può
e si distende, rodendo il filo dell'amo, e dopo averlo
ingoiato, getta fuori le interiora, e liberatosi dall'amo,
le ritira ritornando vispo come prima; similmente a
chi, purgato l'anima dai vizi e dalle passioni che lo
opprimono, ritorna a una vita normale, tranquilla e
beata.
Animali alati. Vedi: Ezechiele.
Anime dei morti.
Capricorno. Gli astrologi predicevano la massima
felicità a coloro che nascessero sotto questo segno dei
zodiaco, segno che i platonici chiamavano la porta
degli Dei, perchè ritenevano che per essa salissero in
cielo le ajìime sciolte dal legame del corpo, dove so
no fatte partecipi della divina natura; e, per questo,
tal segno celeste significava talora le anime dei de
fumi, talora la Morte, e qualche volta la prospera for-
tuna ela felicità suprema.
Animo.
L'anima, specialmente in quanto sente e vuole. —
Pignatta. Le donne di Sparta, nei funerali dei re, co-
stumavano percorrere la città percuotendo certe pi-
- 71 -
del suo re, non aveva animo, era cioè disanimata. Va-
so, che presso i Caldei rappresentava l'animo, come
si rileva da questo detto: Nel suo vaso abitano le
bestie della terra, cioè l'ira, la libidine e altri affetti
o passioni comuni alle bestie. Anche nei Salmi, se-
condo gli interpreti della Bibbia, talvolta il vaso è
emblema dell'animo.
Animo clemente.
CoiTìucopia contenente ramoscelli di olivo carichi
di frutti.
Animo eccelso.
Cicogna, simbolo biblico dell'animo puro ed ele-
vato sopra le cose terrene, dedito soltanto alla con-
templazione delle cose divine; perchè la cicogna cerca
sempre luoghi alti per fare il nido.
Animo grato.
Cane, che guarda una statua o un sepolcro, simbo-
lo d'uomo ricordevole dei favori e benefìci ricevuti,
p>erchè il cane mai si dimentica di coloro che gli usa-
rono delle amorevolezze. Delfino. Raccontasi che un
delfino, chiamato ad alta voce da un fanciullo, soleva
frettolosamente corrergli incontro, e mettendogli sotto
la schiena, si offriva a portarlo se gli fosse piaciuto;
e ciò perchè il fanciullo oltre ad averlo liberato dai
pescatori, gli medicò una ferita da essi fattagU.
Animo triviale.
Cicogna, che depone le uova per terra. Geroglifico
egiziano d'uomo dedito alle cose basse; perchè que-
st'uccello, solito a nidificare in luoghi alti, in questo
modo agisce contro natura.
Anira.
Uno dei dodici Dai-tho, geni che, nel buddismo
— 72 -

giapponese, presiedono alle ore. L'ottava, che corri-


sponde alle due ore dopo mezzogiorno presso dì
noi, è sotto la protezione di Anira. Viene rappresen-
tato con una figura smorfiosa, sormontata d'una spe-
cie di testa di montone, e facendo con una mano,
talvolta armata d'una sciabola, un gesto minaccioso.
Anitra^ Vedi Acqua — Papero.
Anna (Sani').
Madre di Maria Vergine. — Albero, sotto il quale
pianse per la sua sterilità. Angelo, che la mandò dal
suo sposo. Nido di piccioni, che offerse a Maria
Vergine. Porta dorata, dove incontrò Giovacchino.
Anra Perenne.
Divinità romana che presiedeva agli anni. Se ne
celebravano le feste il giorno 5 di marzo, e le si
offrivano sacrifizi per ottenere una vita lunga e fe-
lice. Secondo la favola, Anna, sorella di Didone,
fuggì da Cartagine dopo la morte di quella princi-
pessa, e venne in Italia, dove Enea l'accolse onore-
volmente. Lavinia, moglie di Enea, ne divenne mielosa
e decise di ucciderla. Anna, saputo in sogno del pe-
ricolo che la minacciava, si nascose nel fiume Numico.
di cui divenne la divinità. Essa fu poi chiamata Pe-
renne. Alcuni scrittori hanno creduto che Anna Peren-
ne fosse la luna; altri che fosse Temide, o Io. Infine
secondo altri autori, Anna era una vecchia che portò
viveri al popolo romano ritiratosi sul monte Sacro, e
alla quale la Repubblica rese gli onori divini. Co-
munque sia, Anna Perenne divenne la divinità tute-
lare dei Romani gaudenti. D'ordinario, nelle sue
feste, si predicevano tanti anni di vita a colui che be-
veva in onore di Perenne quanto erano le tazze ch'egli

73 così diventò proverbia-
poteva vuotare in suo onore;
le la frase commode perennare per significare passar-
sela allegramente.
Anno.
II ritorno dell'anno nuovo era dai diversi popoli
celebrato con cerimonie più o meno speciali. Presso
gli antichi persiani un giovinetto scelto per la sua rara
bellezza, si a\'\icinava al re e gli presentava doni
dicendo che gli portava il nuovo anno da parte di
Dio, I Galli cominciavano l'anno con la cerimonia
del vischio di quercia che essi chiamavano vischio del-
l'anno nuovo. I druidi, sacerdoti dell'antica Galliu,
accompagnati dai magistrati e dal popolo andavano
in una foresta, vi alzavano intorno alla più bella
quercia un altare triangolare di zolle, e incidevano sul
tronco e sopra i più grossi rajni di quest'albero riveri-
to, inomi degli Dei che credevano più potenti. Poi
un druido, vestito di tonaca bianca, tagliava il vi-
schio, mentre due altri druidi ai piedi dell'albero sta-
vano attenti a raccoglierlo in un panno, avendo cura
non colasse a terra. Distribuivano l'acqua dove face-
vano stemprare questo nuovo vischio, e persuadevano
il popolo che guariva da diverse malattie e che era
efficacissimo contro i sortilegi. — L'anno ecclesia-
stico, che comincia a Pasqua, si apre egualmente con
la distribuzione dell'acqua benedetta. — Chiamasi an-
no platonico uno spazio di tempo alla fine del qua-
le tutto deve ritrovarsi al medesimo posto; alcuni
però dicono che ciò dovrà avvenire soltamto dei cor-
pi celesti. Il pregiudizio degli anni climaterici dura
ancora. La dottrina degli anni climaterici si fa risa
lire fino a Pitagora, e si basa sulla rivoluzione com-
74 -
tto ogni set-
pietà che il nostro temperamento è sogge
dicon o anche che si rinno va mteramen-
te anni; alcuni
ament o non ab-
te- altri pretenaono che questo rmnov climat erici
bia luogo che ogni nove anni; così gU anni
ve e ottan tuno
si contano per sette o nove. Quarantano
di quest a dot-
sono importantissimi, dicono i partigiani forma to
trina- ma sessa ntatr e è l'ann o fatale , perch e
molti plica zione di sette per nove. In generale si
dalla
a sette anni,
crede che i denti dell'infanzia cadono
a quatto rdici, il corpo cessa di
la pubertà si manifesta
crescere al ventunesimo anno, ecc. Ma ciò non t
esatto. ,. „ . . . . ^i;
Avvolt oio, presso gh Egizia m. i qual.
Animali:
era, estate
dividevano l'anno in tre stagioni: primav
ciascu na 1 iO giorm, ai
e inverno; comprendendo
che chiam avano
quali aggiunsero poi cinque giorni, am la femmma
intercalari. Ora. second o gli Egiz.
tempi dell an-
dell'avvoltoio si conforma a questi tre
stimo lata a. gene-
no nel senso cioè che quando è
giorni , senza man-
rare, impiega nel fecondarsi cinque
natur a apert a al vento; le-
giare ne bere, tenendo la
data 120 giorni e altret tanti ne impiega
sta poi fecon
120 giorm rimane
per allevare i piccoli. Negli altri Secon do Plm.o
libera, curand o soltan to se stessa.
tredici uova parag onand oli
l'avvoltoio deporrebbe in
della luna, che avven gono
alle tredici congiunzioni un
con la coda m bocca forma ndo
un anno. Scrpcnle
i rami; pei-
cerchio — Vegetali: Palma con dodic
chè si vuole che questa pianta metta f"°" "" p^^^ ^
noccio i de fmtlc
ogni luna nuova. Inoltre, perche i
presen tano una forma simile alla lima
della palma
i dei mesi e del-
Diana, dovendo generare gli arbitr
e, secondo . ba-
bilonesi, e Plutarco Io riferisce; perchè la palma por-
ge "'airuomo trecentosessanta utilità; numero dei gior-
ni dell'anno detratti quelli intercalari.
Annullamento.
Spugna, perchè, secondo Valeriano, Augusto ebbe
a dire che il suo Aiace — tragedia che aveva com-
pletamente annullata — s'era lasciato cadere sopra
una spugna, alludendo alla spada sulla quale Aiace
s'era léisciato cadere spontaneamente.
Ansietà.
Magnolia precoce.
Anteo.
Figlio di Nettuno e della Terra, gigante e lotta-
tore di Libia, la cui forza era invincibile finché rima-
neva a contatto con sua madre. I forestieri che capi-
tavano nel suo paese erano costretti a lottare con lui,
i vinti erano uccisi, e coi loro teschi egli fabbricò una
casa a Nettuno. Ercole scoprì l'origine della sua for-
za, lo sollevò da terra e lo soffocò nell'aria.
Vedi Combattimento della ragione con l'appetito.
Antero.
Dio che puniva chi non amava essendo amato.
Credesi figlio di Venere e di Marte. Venere, veden-
do che Amore non cresceva, ne domandò la causa
a Temi, la quale le rispose che ciò dipendeva dal
non aver egli un compagno. Allora Venere gli diede
Anteo. La loro rappresentazione allegorica consiste-
va in due fanciulli alati, in atto di contendersi un
ramo di palma, quale simbolo dell'amicizia recipro-
ca; come indica appunto l'etimologia del nome An-
tero. I Greci mettevano nelle scuole questo simbolo.
— 76 —

per ricordare ai giovani di non essere ingrati verso


chi li amava, ma ne ricambiassero l'affetto.
Antieiverta. Vedi Prorsa e Porrìma.
Antichità.
Ghianda. Libro legato in cartapecora munito di
hoUa.
Antiope.
Figlia di Nitteo. re di Tebe, preso fu sedotta duran-
te il sonno da Giove, che aveva la forma di
Satiro; ed ebbe due gemelli : Anfion e e Zeto. Ella
era celebre in tutta la Grecia per la sua bellezza.
Sua zia Dirce, moglie di Lieo, per gelosia la rin-
chiuse come schiava in casa sua, trattandola mala-
mente. Alfine riuscì a fuggire e a rifugiarsi presso i
suoi figli ormai cresciuti, ai quali raccontò le sue
sciagure e li indusse a tremenda vendetta. Infatti,
dopo aver conquistato Tebe, legarono Duce sulle
corna di un toro infuriato. Ma Bacco, per vendi-
care Dirce, che aveva sempre celebrato i baccana-
li con gran solennità, fece impazzire Antiope, e cam-
biò Dirce in fontana.
Antirrino.
Pianta i cui fiori, premuti lateralmente, si aprono
come due labbri, donde ebbe il nome di Bocca di
leone. Vedi Capriccio. — Presunzione.
Antonio (Sanf).
Soprannominato l'abate, perchè credesi sia il fon-
datore della vita monastica dei cristiani primitivi. —
Animali: Corvo, che gli portava il pane. Porco,
emblema della lussuria che lo tentò. --— Diversi: Ba-
stone a stampella, su cui si reggeva. Campanello.
chi. Diavolo, che, sotto di-
77 --
versi aspetti dei più strani animali, l'assediò di ten-
tazioni. Fuoco. Libro delle regole degli Antoniani. Ro-
sario. Tau, segno che portavano sul loro vestito i re-
ligiosi dell'ordine di S. Antonio.
Antonio da Padova (Sanf).
. Animali: Asino, al quale fece adorare il S. Sa-
cramento. Pesci, a cui predicava. — Vegetali: Ci-
glio, simbolo di castità. Quercia. — DKersi: Croce-
fisso. Disciplirìa, emblema della sua austerità. Fuoco.
Cesa Bambino in braccio.
Antro delHeternità. Vedi Eternità.
Anubì.
Divinità egiziana, figlio di Iside e di Nepthis sua
sorella. Pare che l'ufficio di Anubi sia stato quello
di sopraintendere al passaggio delle anime da que-
sta vita allo stato futuro. Quindi si vede rappresen-
tato nelle colonne, nelle casse e nei papiri mortuari
in atto di condurre per mano il defunto davanti al
tribunale d'Osiride. Questo Dio veniva dipinto col
capo di sciacallo o di cane, con la faccia ora nera
ora dorata, e teneva nella sinistra il caduceo e il
tau, e nella destra scuoteva un ramo di palma. Anu-
ti trovasi anche sotto forma di sciacallo, coricato so-
pra il sarcofago, o sopra la capella mortuaria. Forse
con questo ufficio di custode venne lo scambio della
forma di sciacallo con quella del cane, come alcuni
asseriscono avesse testa di cane, o rappresentato da
questo animale.
Anukè.
Dea egiziana, considerata come moglie di Kneph.
Elssa è per lo più rappresentata sotto la figura di
una donna seduta su un trono. La sua acconciatura
— 78 —

sarmontata da penne e foglie di vario colore, è cinta


da un diadema. Tiene nella sinistra lo scettro a fiore
di loto, comune a tutte le Dee, e nella destra la cro-
ce ad ansa, segno della vita divina. Si vuole che
abbia l'ufficio simile a quello di Vesta dei Romani.
Ape.
Insetto che figura nelle monete greche, quale em-
blema del lavoro e simbolo dell'impero. Vedi Adu-
latore — Ambrogio (SanC) — Amenità della
poesia — Artemide Efesiaca — Attività — Ber-
nardo (San) — Castità — Colonia — Dolcezza —
Eloquenza soave — Età dell'oro — Impero — In-
dustria — Lavoro — Melissa — Melonia — Muse
— Piacere nato dalla mestìzia — Popolo — Popo-
lo frenato dalla legge — Prosperità salutare — Re
amato — Regno — Verginità.
Apet.
Dea degli egiziana, rappresentata sotto la figura
di un ippopotamo con mammelle p>endenti. Simboleg-
gia la maternità e rallattamento.
Api.
Dio egiziano, adorato sotto la forma del toro sa-
cro di Menfi, col disco solare sulla testa, o sotto
la figura d uomo a testa di toro. Chi vuole che Api
identificasse la Luna. Erodoto così lo descrive: Api
e un giovane toro, la cui madre non può aver altro
parto, e credesi dagli Egiziani fecondata da un rag-
gio mandato dal cielo, e che così produce il dio Api.
I segni che dimostrano che il vitello era realmente
il dio Api, erano, che l'animale fosse tutto nero,
avesse sulla fronte un segno bianco quadrato, una
figura simile a quella di un'aquila sulla schiena, due
- 79

qualità di peli nella coda, e sulla lingua un bernoc-


colo rassomigliante a un certo insetto, e che il lato
destro del corpo fosse segnato con una macchia bian-
ca, simile alle coma della luna nuova.
Apocìna.
Pianta il cui odore aromatico attira le mosche a suc-
chiare un liquido dolce che si trova nei fiori, i quali,
chiudendosi, le imprigiona. Vedi Inganno — Men-
zogna.
Apollo.
Figlio di Giove e di Latona o Lete, la cui unio-
ne e la generazione di Ap>ollo e Diana significa la
unione del cielo e della notte, da cui provengono i
raggi del sole e della luna. In cielo lo chiamavano
Febo, perchè conduceva il carro del Sole, in terra
Apollo. Egli era il Dio che presiedeva al tiro del-
l'arco, aivaticini e alla musica, e più tardi fu an-
che Dio della luce, raffigurato nel Sole. Perciò gli
antichi lo rappresentavano in diversi modi, e fu chia-
mato con diversi nomi. Rappresentasi comunemente nel
fiore della gioventù e di maschia bellezza, coi capelli
lunghi, fronte coronata dal sacro alloro, e con in ma-
no la lira e l'arco, attributi suoi particolari. Più tar-
di Apollo usurpò la presidenza dell'arte medica all'an-
tico suo Dio Peone; quindi si disse Esculapio essere
figlio d'Apollo. — Animali: Cicala, emblema della
musica. Colomba. Si vuole che a Napoli esistesse una
statua di Apollo, la quale, oltre gli attributi che si
riferiscono comunemente a questo Dio, aveva una co-
lomba sulle spalle, e davanti gli stava Partenope in
atto di adorare quest'uccello, da cui essa prese buon
augurio, e le fu guida quando approdò in Italia. Cor-
— 80 —

vo, che rivelò ad Apollo l'Infedeltà di Coronide, il


quale, per ricompensa, cangiò il corvo, che era bian-
co, in nero. Apollo stesso, per sfuggire con gli altri
Dei alle persecuzioni di Tifone, si mutò in corvo. Inol-
tre si credeva che quest'uccello indovinasse molte co-
se, annunciandole con diverse voci. Callo, perchè can-
tando annuncia lo spuntar del sole; e forse perchè
spesso gli antichi indovinavano dalla sua voce le cose
buone o cattive che dovevano avvenire, secoiìdo ch'esso
cantava in tempo o fuori tempo: allusione all'oracolo
di Apollo. Grifo. Lupo. La favola ohe parla di A-
poUo- servo pastore di Admeto re della Tessaglia, era
una allegoria della stagione invernale, la quale pareva
in certo modo rendere il Sole schiavo. Ma ritornata la
buona stagione, il Dio trionfante è detto vincitore
del lupo, animale dei paesi freddi e che domina di
inverno, per cui ebbe il soprannome di Apollo Li-
cio. In Delfo nel tempio di Apollo esisteva un lupo
di metallo; perchè, secondo la favola. Giove per na-
scondere aGiunone la gravidanza di Latona, mutò
questa in lupa, nel cui stato diede alla luce Apollo.
Sparviero, chiamato da Omero, .veloce messaggero
d'Apollo; forse per la vista acutissima e per il volo
veloce di quest'uccello. — Vegetali: Elianto o Corona
dei Sole. Ciacinlo. Allusione al giovanetto Giaciu-
to, dal cui sangue Apollo fece nascere questo fio-
re. Il sole dissecca esternamente questa pianta, ma
essa rigermoglia e rifiorisce. Lauro. Dicesi che Apol-
lo prima si coronasse di fronde di melo, ma dopo il
suo amore per Dafne, non si cinse il capo che di lau-
ro. Oltre la leggenda di Dafne, il lauro fu dedicato
oc-
ad Apollo, perchè ritenevasi aver una certa virtù
gno sfregalo con l'edera il
— 81 —

fuoco, emblema del sole. — Diversi: Arco e frecce,


attributi del Dio solare che ferisce col dardo dei
suoi raggi. Corona di lauro. Lira, simbolo dell'armo-
nia dei movimenti degli astri, che viene dal sole. T'ri-
pode, proprio al Dio augure e divinatore. — Vedi
Sole.
Apollo con quattro orecchie.
Presso i Lacedemoni esisteva una statua d'Apollo
con quattro orecchie e altrettante mani; e ciò, secon-
do alcuni, perchè sotto tale aspetto fu visto questo
Dio combattere per loro. Altri vogliono invece che
con questa rappresentazione si volesse simboleggiare
la prudenza derivata d'Apollo, la quale ascolta con
le orecchie ben aperte, ma tarda nel parlare.
Apollo Delfico u Delfìnio.
Presso i Greci, molti altari di Af)ollo furono or-
nati con immagini di delfino. Alcuni vogliono che
questo Dio, in forma di delfino, nuotando, sia an-
dato a Delfo (vedi) dove sfiecialmente lo si ado-
rava.
Apollo Lirico.
Esiste una statua di Apollo che tiene la mano si-
nistra sull'estremità della lira, poggiata sul dorso di
un cigno, il quale, ritorcendo dolcemente il collo, e
volgendo il becco alle corde, sembra suonare dol-
cemente la lira. Nella mano destra, poggiata sul gi-
nocchio destro, ha im «u"co, e ai piedi giace la fare-
tra, per significare che non sempre questo Dio tie-
ne l'arco teso, ma qualche volta sveglia il silenzio del-
le Muse. Tale statua è un'allegoria della musica.
Apollo Pizie.
Soprannome derivatogli per aver il Dio ucciso il
6 — G Ronchetti.
- 66 —

piacere, talora dell'operare, che muovestimol cioè gli uomini


alle azioni , come la Dea Stimul a li ava, e Orta
li esortava, facendo deriva re il suo nome da agere.
di Anger ona deriv-
Alcuni vollero invece che il nome
perchè questa Dea a-
da angor, cioè affanno, dolore, anche
veva un panno intorn o al collo, che le legava
con
la bocca. Ma Macrobio vuole che Angerona
e turata , mostra sse che chi sa patire e
la bocca legata
gli affann i, infine li vince go-
tacere dissimulando
do Plmio
dendo poi una vita lieta e piacevole. Secon
re che non bisogna
questa Dea fu così fatta per mostra
della reUgio ne per divulga rli.
parlare dei segreti misteri
Angoscia. ,-
o i
Calendula. Alla morte di Adone. Venere mischi
amato . Dalle lagri-
suoi pianti col sangue del giovane Tasso, albero della
me nacque la calendula. Cipresso.
morte, che, come il cipresso, comunemente si pianta
nei cimiteri.
Anguilla.
assicurarsi
I naturahsti non sono riusciti ancora ad
ripro duzio ne delle anguille;
in qual modo avviene la
ano se questo pesce è vivipa ro, o ovipa ro o
essi ignor
le non so-
ovoviviparo. Secondo gli Egiziani le anguil
e nasco no dal fango , op-
no ne maschi ne femmine,
cature
pure sfregandosi contro gli scogli, e dalle scorti
Essi l'ado ravan o e soltan to i
si generano le anguille. o di mangiarle. Raccontasi
sacerdoti avevano il diritt
provmcia
che un decano della chiesa di Elgin. nella
o ceder e la
di Murray in Scozia, non avendo volut
cambi ato in angiul la con tutti
sua chiesa ai monaci, fu
dal cuoco zocco lante . Ve-
i suoi canonici, e marinati
tosa
di Arricchito per le discordie dei cittadini —
— 67 —

non raggiungibile — Memoria estinta dopo morte —


Misantropo — Profano — Speranza certa nel dubbio.
Angustia.
dallo sbiadito.
Anhour.
Dio adorato nell'alto Egitto. Simboleggiava, ere-
desi, la forza cosmogonica del sole. Era rappresentato
con una corda in mano, con cui conduce il sole.
Anima.
In ogni ten^>o si è cercalo di definire cosa è l'anima.
Secondo alcuni, è un raggio della divinità ; secondo
altri, è la coscienza, è lo spirito, è il sentimento dei
piaceri e dei dolori interra ; è la speranza di un'altra
vita che si trova nel cuore di tutti gli uomini civiliz-
zati o selvaggi ; è una fiamma ha detto alcuno ; e un
altro: il cervello con le sue potenze: il sentimento e
il movimento volontario. L'iiranaginazione dei Greci
diede una forma sensTbile all'anima, rap>presentcmdola
ora come un uccello con la testa umana, ora con
una piccola figura riproducente le fattezze della mor-
te, con proporzioni assai ridotte; talvolta l'ankna è
sorretta da geni alati o arpie. I primi Cristiani diedero
all'émima un'apparenza di una nave che approda al
porto, di un cavallo che si affretta a compiere la sua
corsa, più spesso, quella di una colomba. A partire
dal XI ir secolo, l'anima è comunemente rappresentata
sotto la sembianza di un piccolo essere umano nudo e
privo di sesso. Ora entra nella gloria etema, ora essa
s'innalza al cielo portata da angeli. Dal XVII" al
XVIII" secolo, la rappresentazione dell'anima si tro-
va sotto la figura di una fanciulla. Un dotto ha prete-
- 84 -

za, invano fanno mostra d'armi o d'apparecchi di


guerra.
Apparenza. Vedi Molla apparenza e poca es- 4
senza. 1
Apparenza fallace.
Mercorella.
Appestati. Vedi Carlo Borromeo {San).
Appetito.
Euridice morsa al piede dal serpente; allegoria
dell'umano appetito che perturba gli affetti dell'ani- ?
mo. Il piede, specialmenite il calcagno, è simbolo del- ,
la cupidigia umaina. Nella Genesi si legge che Dio
disse al serpente: Tu tenderai insidie al suo calca- >
gno. Cristo volle lavare i piedi agli ApostoU per mon-
darli e purgarli dalle passioni terrene. Anche la fa-
vola di Achille, inmierso fanciullo nello Stige, per
essere reso invulnerabile, riguardo al piede non ba-
gnato, significa che egli sarebbe stato forte e valo-
roso, se dai propri affretti non fosse stato dominato
e vinto. Vedi Combattimento della ragione con Vap-
petito.
Applauso.
Mani, in atto di battersi il palmo. Sgabello, con
cui gli antichi solevano far rumore in segno di ap-
plauso, a commedia finita, o dopo qualche discorso.
Nell'orazione di Cicerone per Clelio si legge: Di
poi si sente il rumor degli sgabelli, e s'alzano le grida.
Approvazione. Vedi Consenso.
Aprile.
Mese consacrato dai Romani a Venere. Il suo
nome fu generalmente considerato come derivato da
l'aprirsi del seno della terra nella vegetazione. I Re-
mamizanteloalrappresentavano sotto la figura
suono di un istrumento. d'uomo
Il medio evo. dan-
con
figura portante delle zolle erbose e dei fiori. Vasari
lo raF>presentò in un giovane pastore dal volto piut-
tosto delicato, col capo scoperto, i capelH e la barba
rabbuffati; le braccia nude fino ai gomiti, con un ta-
barro che scende fino al ginocchio, e il petto peloso.
Vicino al pastore, che suona la zampogna, pose una
capra e un capretto ap>pena partorito. Viene anche
rappresentato da un giovane vestito di verde, con in
mano il mirto e un braciere d'incenso: allusione alla
fragranza della primavera. Vedi Zodiaco.
Aquila.
Secondo la mitologia greca l'aquila era uccello
di Giove, e teneva il fulmine fra gli artigli. In se-
guito ha rappresentato la forza e il potere sovrano,
e in questo senso si trova nei simboli dei popoli, dei
principi e degli eserciti. Nel linguaggio geroglifico in-
dicava la città di Eliopoli, di Emesa, d'Antiochia e
di Tiro. L'aquila f)oneva5Ì ai tempi di Ciro sugli
stendardi dei Persi e divenne anche sotto i Tolo-
mei l'emblema dell'Egitto. Allorquando gli Etruschi
inviarono doni ai Romani in segno di émiicizia, fu
osservato, fra gli attributi della sovranità di cui loro
fecero omaggio, uno scettro sormontato da un'aquila
d'avorio. Da quel tempo in poi l'aquila fu spesse
volte impiegata come emblema della Repubblica ro-
mana, e lo diveime sc^ra tutto sotto gli imperatori.
L'aquila era alla guerra l'insegna e quasi la divinità
protettrice delle legioni: essa era affidata a ciascun
capo della legione, innalzata sulla punta di una pic-
ca, e si conficcava nel suolo nel mezzo del quartiere
Anima e vita.
Lucerna accesa, la quale rappresenta la vita, e
-l'olio che mantiene viva la fiamma simboleggia
l'umore vitale, di cui si alimenta il calore per dar vita
al corpo; mancando quest'umore, si spegne calore e
corpo. Plutarco paragonò la lucerna al corpo, e la
fiamma all'anima.
Anima purgata dai vizi.
Scolopendra, perchè si vuole che quest'animale,
quando si sente preso all'amo, si allarga più che può
e si distende, rodendo il filo dell'amo, e dopo averlo
ingoiat getta fuori
o, ritorna le interiora, e liberatosi dall'amo,
le ritira ndo vispo come prima; similmente a
chi, purgato l'anima dai vizi e dalle passioni che lo
opprimono, ritorna a una vita normale, tranquilla e
beata.
Animali alati. Vedi: Ezechiele.
Anime dei morti.
Capricorno. Gli astrologi predicevano la massima
felicità a coloro che nascessero sotto questo segno de!
zodiaco, segno che i platonici chiamavano la porta
in
degli Dei, perchè ritenevano che per essa salissero
cielo le anime sciolte dal legame del corpo, dove so-
no fatte partecipi della divina natura; e, per questo,
tal segno celeste significava talora le anime dei de
funti, talora la Morie, e qualche volta la prospera for.
luna e la felicità suprema.
Animo.
L'anima, specialmente in quanto sente e vuole. —
Pignatta. Le donne di Sparta, nei funerali dei re, co-
stumavano percorrere la città percuotendo certe pi-
gliate vuote, quale dimostrazione che la città, pnva
— 71 -
del suo re, non aveva animo, era cioè discinimata. Va-
so, che presso i Caldei rappresentava l'animo, come
si rileva da questo detto: Nel suo vaso abitano le
bestie della terra, cioè l'ira, la libidine e altri affetti
o passioni comuni alle bestie. Anche nei Salmi, se-
condo gli interpreti della Bibbia, talvolta il vaso è
emblema dell'animo.
Animo clemente.
Cornucopia contenente ramoscelli di olivo carichi
di frutti.
Animo eccelso.
Cicogna, simbolo biblico dell'animo puro ed ele-
vato sopra le cose terrene, dedito soltanto alla con-
templazione delle cose divine; perchè la cicogna cerca
sempre luoghi alti per fare il nido.
Animo grato.
Cane, che guarda una statua o un sep>olcro, simbo-
lo d'uomo ricordevole dei favori e benefici ricevuti,
perchè il cane mai si dimentica di coloro che gli usa-
rono delle amorevolezze. Delfino. Raccontasi che un
delfino, chiamato ad alta voce da un fcuiciullo, soleva
frettolosamente corrergli incontro, e mettendogli sotto
la schiena, si offriva a portarlo se gli fosse piaciuto:
e ciò perchè il fanciullo oltre ad averlo liberato dai
pescatori, gli medicò una ferita da essi fattagli.
Animo triviale.
Cicogna, che depone le uova per terra. Geroglifico
egiziano d'uomo dedito alle cose basse; perchè que-
st'uccello, solito a nidificare in luoghi alti, in questo
modo agisce contro natura.
Anira.
Uno dei dodici Ddi-tho, geni che, nel buddismo
- 88 —
Aratro.
Questo strumento fondamentale e più importante
dell'agricoltura, fu in ogni tempo celebrato come il
più prezioso ritrovato dell'industria umana, come il
vero sostegno degli imperi, la base dell'agiatezza e
della ricchezza delle nazioni. L'aratro esisteva pres-
so i popoli della più remota antichità; gli Egiziani
ne facevano autore Osiride, i Fenici Dagone, i Ci-
nesi Chin-hong, i Greci Cerere e Trittolemo; e già
nei tempi di Giacobbe si arava la terra. Vedi Agri-
coltura — Cerere — Età deWargento — Fatica
senza senso — Isidoro {Sant').
Arboscello fiorito. Vedi Agricoltura.
Arca.
Specie di feretro in forma di cassa quadrangola-
re, ornato di scolture. Vedi Penati.,
Arca di Ncè. Vedi Noè.
Arcade.
Figlio di Giove e di Callisto, diede il suo nome
all'Arcadia. Arcade fatto adulto fu presentato da
certi cacciatori a Licaone, suo avolo, il quale lo ri-
cevette con piacere, ma in seguito per provare il po-
tere di Giove, quando l'ospitò, gli apparecchiò per
cena le membra d'Arcade. Sdegnato Giove d'una
prova così empia, cangiò Licaone in lupo, e Arcade
in orso, collocandolo in cielo presso sua madre.
Arcangeli.
Angeli d'ordine superiore, cioè quelli che portano
i messaggi dell'Altissimo in occasione di maggior im-
portanza. Se ne ammettono sette; ma nella Bibbia
non si trova che il nome di tre: Gabriele, Raffae-
le e Michele. Il nome di Gabriele significa in e-
- 89 -

a Zaccaria
braico forza di Dio; egli fu mandato
ciare loro la nasci ta di L,io-
e a Maria per annun
Batti sta e di Gesù Crist o. Raffa ele (Dio sa-
vann.
Tobia Miche le,
nato) fu il compagno del giovane
ica eh può pa-
principe degli angeli, il cui nome signif Satan a, e colui che
ragonarsi a
Dio? è il vinci tore di
lo cacciò nelle voragini dell'inferno.corri Si rappresenta-
no nei costu mi e con gli attrib uiti spondenti alla
o come se-
loro mansione, così Gabriele porta il gigli
o an-
gno di purezza, e veste di colore puro, quand
nuncia alla Vergine l'inc arnaz ione di ^}o- ma se ap-
viene
portatore dipace gli conviene Volivo. Raffaele
viaggi atore. Miche le in
rappresentato in costume da
ecc. Agli arcan geli e dedic ato i
quello da guerriero, o del
colore violetto e il topazio, come segno quest
quietare le furie impetuose, faces perchè credevasi che get-
tandolo in acqua bollente, se cessare il bollore.
Vedi Grego rio il CraTì de [San) .
Apchipenzolo.
Strumento per mettere a piombo un pezzo di la-
voro. Vedi Massoneria — Ordine.
Architettura.

Animali: Rondine. Alcuni vogliono che l'uomo


imparasse da quest'uccello il modo di fare gli argini
lungo i fiumi, costruire muraglie e fabbricare case
di terra; perciò una rondine che costruisce il nido,
si presta per emblema dell'architetto e dell'architet-
tura. Vegetali: Acanto, pianta che orna il capi-
tello corintio. — Diversi: Colonna, uno dei prin-
cipali elementi di architettura. Compasso. Filo a piom-
bo. Pianta geometrica. Regolo. Squadra.
Architrave, Vedi Sostegno.
pietà che il nostro temperamento è soggetto osjni set-
te anni ; alcuni dicono anche che si rinnova interamen-
te; altri pretendono che questo rinnovamerito non ab-
bia luogo che ogni nove anni; così gli anni climaterici
si contano per sette o nove. Quarantanove e ottantuno
sono importantissimi, dicono i partigiani di questa dot-
trina: ma sessantatre è l'anno fatale, perchè formato
dalla moltiplicazione di sette per nove. In generale si
crede che i denti dell'infanzia cadono a sette anm,
la pubertà si manifesta a quattordici, il corpo cessa di
crescere al ventunesimo anno, ecc. Ma ciò non e
esatto. . . ,.
Animali: Avvolt oio, presso gli Egizian i, i quali
dividevano Tanno in tre stagioni: primavera, estale
ai
e inverno; comprendendo ciascuna 120 giorni,
che chiama vano
quali aggiunsero poi cinque giorni,
intercalari. Ora, secondo gh Egiziani la femmma
dell'avvoltoio si conforma a questi tre tempi aldell'an- gene-
no, nel senso cioè che quando è stimolata
senza man-
rare, impiega nel fecondarsi cinque giorni,
aperta al vento; le-
giare ne bere, tenendo la natura
sta poi fecondata 120 giorni e altrettanti ne impiega
rimane
per allevare i piccoli. Negli altri 1 20 giormo Plinio
libera, curand o soltant o sé stessa. Second
l'avvoltoio deporrebbe tredici uova, paragonandoli
ono in
alle tredici congiunzioni della luna, che avveng
con la coda in bocca, forman do un
un anno. Serpente
. — Vegeta li: Palma con dodici rami; per-
cerchio
pianta metta fuori un ramo a
chè si vuole che questa
perchè i nocciol i de frutto
ogni luna nuova. Inoltre,
alla luna
della palma presentano una forma simile
mesi e del-
Diana, dovendo generare gli arbitri dei
l'anno, abbracciava la palma. Infine, second o i Ba-
— 75 —

bilonesi, e Plutarco lo riferisce; perchè la palma por-


ge all'uomo trecentosessanta utilità; numero del gior-
ni dell'anno detratti quelli intercalari.
Annullamento.
Spugna, perchè, secondo Valeriano, Augusto ebbe
a dire che il suo Aiace — tragedia che aveva com-
pletamente annullata — s'era lasciato cadere sopra
una spugna, alludendo alla spada sulla quale Aiace
s'era lasciato cadere spontaneamente.
Ansietà.
Magnolia precoce.
Anteo.
Figlio di Nettuno e della Terra, gigante e lotta-
tore di Libia, la cui forza era invincibile finché rima-
neva a contatto con sua madre. I forestieri che capi-
tavano nel suo paese erano costretti a lottare con lui,
i vinti erano uccisi, e coi loro teschi egli fabbricò una
casa a Nettuno. Ercole scoprì l'origine della sua for-
za, lo sollevò da terra e lo soffocò nell'aria.
Vedi Combattimento della ragione con rappeiilo.
Antero.
Dio che puniva chi non amava essendo amato.
Credesi figlio di Venere e di Marte. Venere, veden-
do che Amore non cresceva, ne domandò la causa
a Temi, la quale le ripose che ciò dipendeva dal
non aver egli un compagno. Allora Venere gli diede
Anteo. La loro rappresentazione allegorica consiste-
va in due fanciulli alati, in atto di contendersi un
ramo di palma, quale simbolo dell'amicizia recipro-
ca; come indica appunto l'etimologia del nome An-
tero. I Greci mettevano nelle scuole questo simbolo.
- 92 —
Argano.
Strumento per alzare i p«si. Vedi Natura vinta
dall'arte.
Ang^ntino.
Deità adorata dagli antichi come presiedente alle
monete d'argento, nel modo stesso che /^sculanus
(che era ritenuto padre di Argentino), era Dio delle
monete di rame, che precedettero quelle d'argento.
Argento. Vedi Dubbio ' — Luna — Martirio —
Paura — Timidezza.
Argento vivo. Vedi Agitazione continua.
Argira.
Ninfa che presiedeva a una fontana di questo
ncwne, in Acaia. Essa si innamorò perdutamente di
Sileno, giovane pastore di bellezza rara, e gli prodi-
gò a lungo i suoi favori. Ma essendosi la bellezza
di Sileno apioassita, la Ninfa l'abbandonò. Il pasto-
re struggendosi dal dolore. Venere, mossa a com-
passione, lotrasformò in fiume, che andò a cercare
la fontana presieduta dalla Ninfa. Infine il pastore
si dimenticò di Argira, e d'allora in poi, coloro che
bevevano o che si bagnavano nelle acque di quel
fiume, perdevano la memoria delle passate tenerezze
e delle persone già da loro amate.
Argo.
Presso i Greci era figlio di Arestore secondo al-
cuni, edi Agenore secondo altri. I poeti dicono che
aveva cento occhi; e alcuni pretendono che il suo
corpo fosse coperto di occhi, di cui la metà resta-
vano aperti mentre gli altri dormivano. Giunone gli
diede a custodire l'infelice Io, che Giove aveva can-
giata in giovenca, per sottrarla alle ricerche della gè-
— 93 —

Iosa moglie. Mercurio, per ordine di Giove, addor-


mentò Argo col suono del flauto, e gli tagliò la
lesta. Giunone raccolse gli occhi di Argo e ne ornò
la coda del pavone; uccello che le fu sacro. Secondo
alcuni Io simboleggia la Ivuia, e Argo dai cento oc-
chi la notte stellata, cui il crespuscolo del mattino
uccide. Secondo altri Argo raffigura il sole stesso
onniveggente che guida al pascolo le vacche celesti
ossia le nuvole gravide di pioggia. Il vento t«np>e-
stoso uccide Argo, cioè oscura il sole e fa che la
nuvola scorra qua e là per le regioni del cielo. Si
dà il nome di Argo a un uomo geloso e inquieto, che
vegli incessantemente sui propri interessi, o su quelli
degli altri. — Vedi Universo.
Argo.
Nave degli Argonauti, fabbricata coi pini del
monte Pelio, e avente per albero una quercia della
foresta di Dodona.
Argonauti
Eroi dei tempi favolosi della Grecia, celebri per
l'ardita sp>edizione che intrapresero per mare, con l'in-
tendimento direndersi padroni del vello d'oro nelle
Colchide. Giasone, figlio di Esone, re di lolco nella
Tessaglia, cui il fratello uterino Peha contendeva il
regno; non poteva ottenere il trcxio se non a patto
che conquistasse prima il vello d'oro. Giasone, ac-
compagnato da un gran numero di eroi, tra i quali
Linceo, Peleo, Orfeo, Castore e Polluce, Teseo, Me-
leagro, Piritoo, ecc., s'imbarcò sulla nave Argo. Tifi
ne dirigeva il timone. Linceo spiava i pericoli del
mare,la Orfeo
con lira. blandiva l'ozio degli eroi col canto e
— 78 -

sormontata da penne e foglie di vario colore, è cinta


da un diadema. Tiene nella sinistra lo scettro a fiore
di loto, comune a tutte le Dee, 'e nella destra la cro-
ce ad ansa, segno della vita divina. Si vuole che
abbia l'ufficio simile a quello di Vesta dei Romani.
Ape.
Insetto che figura nelle monete greche, quale em-
blema del lavoro e simbolo dell'impero. Vedi Adu'
latore — Ambrogio {SanC) — Amenità della
poesia — Artemide Efesiaca — Attività — Ber-
nardo {San) — Castità — Colonia — Dolcezza —
Eloquenza soave — Età dell'oro — Impero — In-
dustria — Lavoro — Melissa — Melonia — Muse
— Piacere nato dalla mestizia — Popolo — Popo-
lo frenato dalla legge — Prosperità salutare — Re
amato — Regno — Verginità.
A pei.
Dea degli egjzianii, rappresentata sotto la figura
di un ippopotamo con mammelle pendenti. Simboleg-
gia la maternità e l'allattamento.
Api.
Dio egiziano, adorato sotto la forma del loro sa-
cro di Menfi, col disco solare sulla testa, o sotto
la figura d'uomo a testa di toro. Chi vuole che Api
identificasse la Luna. Erodoto così lo descrive: Api
è un giovane toro, la cui madre non può aver altro
parto, e credesi dagli Egiziani fecondala da un rag-
gio mandato dal cielo, e che così produce il dio Api.
I segni che dimostrano che il vitello era realmente
il dio Api, erano, che l'animale fosse tutto nero,
avesse sulla fronte un segno bianco quadrato, una
- 79 -

qualità di peli nella coda, e sulla lingua un bernoc-


colo rassomigliante a un certo insetto, e che il lato
destro del corpo fosse segnato con una macchia bian-
ca, simile alle coma della luna nuova,
Apocìna.
Pianta il cui odore aromatico attira le mosche a suc-
chiare un liquido dolce che si trova nei fiori, i quali,
chiudendosi, le imprigiona. Vedi Inganno — A/en-
zosna.
Apollo.
Figlio di Giove e di Latona o Lete, la cui unio-
ne e la generazione di Apollo e Diana significa la
unione del cielo e della notte, da cui provengono i
raggi del sole e della luna. In cielo lo chiamavano
Febo, perchè conduceva il carro del Sole, in terra
Apollo. Egli era il Dio che presiedeva al tiro del-
l'arco, aivaticini e alla musica, e più tardi fu an-
che Dio della luce, raffigurato nel Sole. Perciò gli
antichi lo rappresentavémo in diversi modi, e fu chia-
mato con diversi nomi. Rappresentcìsi comunemente nel
fiore della gioventù e di maschia bellezza, coi capelli
lunghi, fronte coronata dal sacro alloro, e con in ma-
no la lira e l'arco, attributi suoi particolari. Più tar-
di Apollo usurpò la presidenza dell'arte medica all'an-
tico suo Dio Peone; quindi si disse Esculapio essere
figlio d'Apollo. — Animali: Cicala, emblema della
musica. Colomba. Si vuole che a Napoli esistesse una
statua di Apollo, la quale, oltre gli attributi che si
riferiscono comunemente a questo Dio, aveva una co-
lomba sulle spalle, e davcmti gli stava Partenone in
atto di adorare quest'uccello, da cui essa prese buon
augurio, e le fu guida quando approdò in Italia. Cor-
- 96 -

me. Gli scrittori qualche volta fanno allusione a que-


sto avvenimento mitologico, per caratterizzare una
nascita miracolosa, che si produce in seno della mor-
te e della corruzione. Aristeo disparve dalla terra
sul monte Emo (oggidì i Balcani), dove si era ri-
tirato. Egli era riguardato come il protettore del be-
stiame, della vite e dell'olivo.
Aristocratico.
Tallone rosso.
Aritmetica.
Personificata, è rappresentata da una bella donna,
con indosso una veste sulla cui frangia si ' leggono le
parole: Par, Impar (pari, dispari). Ha in mano una
tavoletta piena di cifre. Una miniatura del XVI° se-
colo rappresenta l'aritmetica sotto la figura di donna
avente in mano un rosario di grani od olive infilate
due volte nel loro spessore. In altre rappresentazioni
è figurata in una donna che conta delle palle, o che
conta sulle dita. A Venezia nel palazzo ducale è rap-
presentata da Pitagora.
Armata. Vedi Clotilde {Santa).
Armatura.
Guernimento dei soldati antichi per ditesa della
persona. Vedi Età del ferro i— Giorgio {San) —
Martino {San) — Michele {San) — Principati —
littore {San) — Wallf^rie.
Armellino. Vedi Ermellino.
Armi.
L'essere gli Dei figurati armati dà l'indizio di au-
torità edella forza delle armi. Poiché i Greci usa-
rono rappresentare tutti gli Dei con l'arme accanto,
volendo con questo significare che ogni cosa soggiace
— 97 —

alle armi e che la ragione è fondata nelle armi; nien-


tre i Fenici, come mercanti, e dati al contmuo traff'.co,
figuravano gli Dei con la borsa di danaro, pensando
che tutto il mondo consistesse nell'oro e nella ric-
chezza. Vedi Eia del rame — Ragione posta nelle
armi.
Armonia.
Figlia di Marte e di Venere. Moglie di Cadmo,
il quale, per dono di nozze, le diede un peplo e una
collana ch'egli aveva ricevuti da Vulcano e da Eu-
ropa. Fu da Giove cangiata con Cadmo in drago.
Armonia.
Accordo di strumenti e di voci che fanno un'im-
pressione piacevole. — Lira. Strumenti musicali.
Arnia.
Piccola capanna ricoperta di paglia dove si tengo-
no le api. Vedi Bartolomeo {San).
Arnica.
Pianta medicinale, i cui fiori, ridotti in polvere
e annusati, destano fortemente lo starnuto, donde il
nome di tabacco di montagna datole dagli alpigiani.
Vedi Sorpresa.
Arno.
Vasari lo raffigura coronato di spighe, miglio e
saggina, con un corno pieno di frutta, tenendo aperto
un vaso d'acqua posato sopra un leone e con un
giglio in mano.
Aro o Gigaro.
Pianta velenosissima il cui bel frutto rosso distilla
un sugo acre violento. I ragazzi attratti dalla bel-
lezza del frutto, mangiandolo, s|>esso ne sono vittime.
Vedi Insidia — Orrore — Spavento.
7 — G. Ronchetti.
98

Aronne.
rlo. La
Sommo sacerdote degli Ebrei. — Mando
Aronn e fiori mira-
verga o bacchetta di mandorlo di
colosamente. Pietre preziose. Nel razionale, quasi
aveva quattro
in forma di pianeta, questo sacerdote
ordini di pietre prezi ose, nel primo del quale vi
tribù di
erano la sardonica, che rappresentava Ja
quell a di Rube n, e
Dan, il topazio, che indicava
la tribù di Giuda ; nel se-
lo smeraldo simboleggiava Ma-
condo ordine v'era il carbo nchio per la tribù
ro per la
nasse, il zaffiro per quella di Aser, e il diasp
tribù d'Issacar; nel terzo ordine figurava y§^\^^J
quella di INet-
quella di Beniamino, e Vamatista per
taU; e final mente nel quart o v'era il crisolito per la
per quell a di Zàbul on, e il be-
tribù di Gad. l'onice
rillo per l'altra di Efrain. Vitell o d'oro.
Arpa. ...
Uno dei più vecchi strumenti di musica clie si
conoscano e di cui si trova memoria a ogni passo
nella Bibbia e nelle opere dell'antichità. Vedi Le-
ci7ra {Santa) — Davide — Tersicore.
Arpie. . ,
tre, cioè
Figlie di Taumante e di Elettra. Erano
o le rappr esent a se-
Aello, Ocipete e Celeno. Omer
i sull' Ocean o. Esio do e rafii-
dute presso le Erinn
tardi, poeti
gura come vergini di gran bellezza. Più le torme
e artisti gareggiarono nel dipingerle sotto
ro loro capo
più orride e spaventose. Alcuni diede
, bracc ia u-
di gallina, ali e corpo coperto di penne d uomo ter-
mane con artigl i, petto bianc o e gambe
vol-
minanti inpiedi di gallina. Altri hanno loro dato
Alcun i suppo sero
to di giovinette e orecchie d'orso. oso.
ch'esse siano emblemi allegorici del volar rumor
— 99 —

della distruzione, della puzza e della contaminazione


delle locuste. Ariosto ne fa la seguente descrizione:
Erano sette in una schiera, e tulle
Volto di donna avean, pallide e smorte.
Per lunga fame attenuate e asciutte.
Orribili a veder più che la morte.
L'alacce grandi avean, deformi e brutte:
Le man rapaci, e Vugne incurve e torte;
Grande e fetido il ventre, e lunga coda.
Come di serpe che s'aggira e snoda.
Arpocrate.
Dio del silenzio. Era rappresentato da un gio-
vane con un dito sulle labbra in atto d'imporre si-
lenzio. Le sue statue si trovavano nell'entrata del-
la maggior parte dei tempi renani ed egiziani. Vedi
Silenzio.
Arrendersi.
Scudo. Raccontasi che certi soldati accerchiati da
Cesare, misero la testa sotto lo scudo, come segno di
resa.
Arrendevolezza.
Sa/ree, allusione alla flessibiltà dei suoi rami.
Arricchimento.
Serapide. Volevasi che adorando questo Dio si
potesse maggiormente arricchire; credendo che spesso
i demoni concedessero ricchezza agli uomini. Secon-
do alcuni Serapide e Proserpina erano i principi dei
grandi demoni; poiché il medesimo Dio, che gli E-
giziani chiamavano Serapide, presso i Greci fu chia-
mato Ades (Plutone).
Arricchito per le discordie dei cittadini.
Anguilla. Uomo in atto di pescare un'anguilla. Se
— 100 —

l'acqua è chiara e tranquilla (concordia dei cittadini);


se ne prendono poche, mentre, se torbida (discordia
dei cittadini), si fa una pesca abbondante. Aristofane,
nella commedia i Cavalieri, fji dire al personaggio AI-
lantopoli :
Hai fallo come chi aWanguilla pesca
Che nei quieti stagni nulla prende:
Ma poiché avrà il fango sossopra volto
Farà gran preda; e lu quando hai turbala
La città tutta, allor fai gran acquisto.
Arroganza.
Tacchino. Turbante.
Arsì noe.
Figlia di Nicocreone, re di Salamina in Cipro.
Fu amata da Arceofone, il quale, non corrisposto,
morì di dispiacere. Questa fanciulla, per aver assi-
stito con indifferenza al funerale del giovane, fu da
Venere cangiata in ciottolo.
Arsippe. Vedi Alcitoe.
Arte.
Acanto, dalle cui foglie si ricavò l'ornato del ca-
pitello corintio; servì talmente agli artisti che finì per
simboleggiare la loro arte.
Arte militare.
Cicogna. Uccello che presso gli antichi era sacro
f imbolo della milizia; perchè osservarono che le ci-
cogne si radunavano in gran numero in luoghi sla-
l iliti, ove convenivano di notte. Di qui la simili-
trdine degli accampamenti e degli spostamenti stra-
tegici militari.
Arte superflua.
Ciotola rotta. Diogene, vedendo un ragazzo che
— 101 -

beveva nel cavo della mano, spezzò la propria cio-


tola, per mostrare che dove la natura è tutto, l'arte
è sup>erflua.
Artemide.
Una delle grandi deità della Grecia, era figlia
di Giove e di Latona, e sorella di Apollo. Nella
descrizione della natura e del carattere di questa dei-
tà è necessario distinguere fra i vari punti di vista
dai quali veniva considerata dai Greci, nonché fra
l'Artemide propriamente greca e certe deità straniere
identificate dai Greci con la loro propria Artemide.
1" Artemide come sorella di Apollo. Sotto questo
riguardo è considerata come una specie di Apollo
femminile. E^sa è la Dea della luce lunare, come
Apollo è Dio solare. E poiché la tranquilla luce not-
turna, cui spesso si accompagna la rugiada, e le
varie fasi della luna hanno, o si è sempre creduto
avessero, grande influenza su tutta la natura, Arte-
mide era considerata come Dea grandemente bene-
fica. Ella era per eccellenza la Dea delle donne, so-
pra tutto vergini, e la protettrice dei giovani, degli
animali lattanti e delle fiere che vivono nei boschi
di montagna. Cacciatrice fra i mortali, Artemide era
fierissima della sua verginità. A caccia finita, la
Dea compiacevasi tuffare il suo bel corpo dentro
qualche fresco corso d'acqua, circondata dalle sue
Ninfe, tra le quali primeggiava per l'alta statura. Ri-
guardo agli attributi di questa Dea veggasi Diana.
2" Artemide Arcadica. Dea delle Ninfe, e come
tale adorata' nei primitivi tempi in Arcadia, ove Ar-
temide andava cacciando accompagnata da venti Nin-
fe, e con ahre sessanta figlie dell'Oceano; essa ese-
guiva danze nelle foreste di montagne. Il suo arco
102 —
e Pan le
e le frecce erano temprate da Vulcano,
cani. Il suo carro era tirato da quat-
somministrava i
con corna d'oro. L'Art emide Arcad ica non
tro cervi
aveva nessuna attenenza con Apqllo.
3" Artemide T aurica. Le leggende di questa Uea
e connesso,
sono mistiche, e il suo culto era orgiastro
sacrifi zi umani, fe-
almeno nei tempi primitivi, con una
condo la leggenda greca, eravi nella 1 auride
la propri a Artemi de,
Dea, identificata dai Greci con
su le co-
cui venivano immolati tutti gli slranien gettati la sua
ste tauriche. Ifigenia e Oreste sbarcarono con
la Dea prese
immagine a Brauron nell'Attica, donde
nia era
■i\ nome wli Brauronia. L'Artemide Brauro
quest' ultima atta i
adorata in Atene e Sparta, e inal suo altare finche
fanciulli venivano vergheggiati
do un'altra tradizArtemi ione, U-
spiccasse il sangue. Secon d. de
reste e Ifigenia nascosero il simulacro
e la traspo rtaron o
Taurica in un fastello di vimini
d. Ariana .
ad Arioia nel Lazio, di che s'ebbe nome
ad Artemide
Ifigenia, che doveva essere immolata
fu, con l'anda r del tem-
e divenne sua sacerdotessa,
I30, identificata con la Dea.
distmta
4" Artemide Efesìaca. Deità interamente
person ifi-
dall'Artemide Greca, e pare che fosse la
e ahmen tatnc e del-
cazione della forza fecondatrice
un'an tica divinil a
la natura. Credesi ch'ella fosse
a cui i Greci appli caron o il nome d Artemi-
asiatica, chiarito
de Il suo carattere generale è abbastanza
oti, Megab isi. erano eunu-
dal fatto che i suoi sacerd
o d'Efe so la rappre -
chi e che la su» statua nel tempi
mamme lle. L'inte ra in^mag i-
sentava fornita di molte , rassomiglia
ne della Dea, che ha le braccia aperte
è copert o da una coro-
a una mummia. Il suo capo
— 103 -

na murale, come quello di Cibele, e circondato da


un nimbo raffigurante la luna; sopra il suo petto si
scorgono i segni zodiacali del Toro, dei Gemelli e
del Cancro, sotto ai quali si trovano molte mammelle,
e il rimanente del corpo, assai simile a una piramide
rovesciata, è coperto di figure d'animali mistici. Il
simbolo di questa divinità era un'ape. — Riguardo
alcune deità considerate come identiche all'Artemide
greca, veggasi Briiomarle. Diana. Ditmna. Eileitia.
Artemisia.
Secondo alcuni, ni nome di questa pianta deriva
da Artemisia, moglie di Mausolo; altri invece, ba-
sandosi sulla proprietà di questa pianta di destare il
flusso dei mesi nelle fanciulle, lo fanno derivare da
Arthemis, nome greco di Diana, protettrice delle ver-
gini. Vedi Abrotano — Fedeltà coniugale — Salute.
Arti. Vedi Inventore delle arti.
Arti del disegno.
Calaio, consacrato a Minerva, quale inventrice
delle arti del disegno. Vitruvio chiama calathus il
paniere che, secondo lui, diede origine al capitello
corintio. Evonimo, pianta con cih si preparano le
cannucce di carbone che servono a disegnare.
Articiocco Vedi Carciofo.
Artifizio.
Clematite vitalba. Una volta i mendicanti, per su-
scitare compassione, usavano applicare sulla pelle le
foglie di questa pianta leggermente contuse, le quali
producevano delle piaghe artifidali, iacdlmaite sa-
nabili.
Artigli. Vedi Dioivolo.
— 104 —
Apuepi 0 Hapoepi.
Personaggio favoloso degli Egiziani, lo stesso che
l'Apollo dei Greci. Questo Dio apparteneva a quelli
del terzo ordine, i quali venivano riguardati come
forme o trasformazioni divine, venute a contatto col
mondo fisico per via dell'incarnazione. Era rappre-
sentato col corpo umano, seduto sopra un trono, con la
testa di sparviero e lo pschent, simbolo del potere che
Arueri esercitava nelle regioni superiori e inferiori.
Teneva in mano il tau, simbolo della vita divina,
e lo scettro con la testa di cucufa, insegna ordinaria
del Dio.
Apuspice.
Presso i Gentili, colui che ricavava i presagi dalle
interiora degli animali.
Apvali Fpatelli.
Così chiamavansi dodici sacerdoti, che presiede-
vano ai sacrifizi in onore di Cerere, per implorare
un raccolto abbondante. I Fratelli Arvali avevano
per distintivo una corona di spighe, legata di dietro
con un nastro bianco. Vedi Ambarvali.
Asbam«o.
Soprannome di Giove protettore della santità dei
giuramenti, derivante dalla fontana Asbameone in
Cappadocia, la cui acqua ritenevasi sana e piacevole
per le persone dabbene, e pestifera a coloro che si
erano resi colpevoli di spergiuro. Appena che gli sper-
lisi giuri bevevano adi confessare
e costretti quest'acqua, eranodelitto.
il loro presi da para-
Ascalafo.
Figlio d'Acheronte e della Notte, o, secondo al-
tri, di Gorgira. Costui palesò che Proserpina, mal
— 105 -

grado il divieto di Giove, aveva mangiato sette gra-


ni di melagrana, quando Cerere scese nell'inferno in
cerca di sua figlia, Proserpina; e Cerere, sdegnata,
spruzzò il viso dell'accusatore con l'acqua del fiume
Flegetonte, cangiandolo in barbagianni, uccello che
poi Minerva prese a proteggere, perchè Ascalafo
l'avvertiva di tutto ciò che si faceva di notte.
Asclepio.
Nome greco di Esculapio.
Ascoi ie.
Feste dell'otre in onore di Bacco. Si celebravano
saltando a piede zoppo sopra un'otre di pelle di bec-
co unta d'olio e piena di vino. Colui che riusciva a
restarvi sopra riceveva l'otre in prerhio della sua de-
strezza. In tali feste si immolava un becco, nemico
delle viti. Il popolo celebrava Bacco con rozzi ver-
si, e s'imbrattava di feccia.
Asfodelo.
I Greci seminavano l'asfodelo intorno alle tombe
come pianta grata ai morti. Vedi Rammarico.
Asgard.
Soggiorno favoloso degli Asi o divinità scandina-
ve. Vi si andava dalla terra su per un gran ponte
detto Biffost che si credeva essere l'arcobaleno o
l'aurora boreale. La valle d'Ida si stendeva nel mez-
zo di esso. In questa valle sorgeva un palazzo d'oro,
abitazione di Odino, intorno al cui trono erano col-
locati dodici seggi, riservati ad altrettanti giudici in-
caricati di decidere sulle contese degli uomini. Que-
sta città fantastica era situata sotto il frassino ^drasil,
il più bell'albero del mondo. I rami di quest'albero
s'innalzavano al di sopra del cielo e coprivano con
— 106 —

la loro ombra tutto l'universo. Sotto le sue smisu-


rate radici vi erano alcune fontane maravigliose, le
cui acque avevano la virtà d'infondere la sapienza.
Servivano anche a inaffiare l'albero, e fonnare la
rugiada, ecc. Credevasi che alla fine del mondo As-
gard divenisse il soggiorno degli uomini virtuosi.
Asi.
Razza divina che, guidata da Sigge, venne dal-
l'Asia nella Scandinavia. Essa penetrò fino all'estre-
mità dell'Europa settentrionale, a traverso l'Alema-
gna e la Russia. Il suo capo andò a stabilire in Sve-
zia la sede del suo impero sotto il nome di Odino
(vedi), e istituì una casta sacerdotale. Tutti gli Dei
scandinavi appartengoifo a quella razza, e abitano
il cielo, che ha preso da es&i il nome di asgard, o
soggiorno degli Dei.
Aski.

Figlia dell'Oceano e di Teti, moglie di Giapeto.


Diede il suo nome a una delle quattro parti del mon-
do. Come continente, viene personificata in una don-
na coronata di rose, con accanto un braciere d'incensi
fumanti. Gli emblemi dell'Asia sono: Cammello, a-
nimale caratteristico di questo paese. Serpente. Al-
cuni vogliono che l'emblema speciale dell'Asia con-
sista in tre serpenti, basandosi su alcune monete d'ar-
gento con l'inscrizione: C/ESAR. IMP. VII, e sul
cui rovescio figurano tre serpenti, dei quali due driz-
zati, eil terzo giacente, che col caix) cinge e lega la
coda di uno, e con la coda la coda dell'altro. Fra i
serpenti si vede sorgere la Vittoria sopra un canestro
di vimini, simbolo dell'abbondante fertilità della ter-
ra asiatica. Porta l'iscrizione ASIA RECEPFA.
Asina. Vedi Gravidanza celata.
- 107

Asino.
Gli Eégiziani solevano disegnare la figura di que-
st'animale sulle focacce che offrivano a Tifone, Dio
del male; mentre l'asino era onorato nell'Arcadia
e nella Guidea. Secondo una vecchia leggenda, ap-
pena che Giove prese possesso dell'impero celeste, gli
uomini gli chiesero una giovinezza eterna, ciò che
venne loro concesso; ma egli incaricò l'asino di Si-
leno di portare sulla terra questo dono prezioso. Du-
rante ilviaggio l'asino ebbe sete e si avvicinò a una
fontana per !;ere, ma il serpente che la custodiva,
per ricompensa del suo permesso, gli chiese il tesoro
di cui era portatore, e lo stupido animale cedette il
dono del cielo per un po' d'acqua. Dicesi che d'al-
lora in poi i vecchi serp>enti cambiano la pelle e rin-
giovaniscono perpetuamente. Un tempo i cristiani usa-
vano fare una festa speciale per l'asino, inlrodu-
cendolo in chiesa, ove gli si cantava una messa o era
ammesso nel coro; e ciò perchè portava una croce
nera sulla schiena. Vedi Abramo — Allettamen-
to degli adulatori — Antonio da Padova (SanC) —
Bel principio tosto abbandonato — Buon augurio —
Carro tirato da asini — Derisione — Disprez-
zo della stoltezza — Eremita — Fatica servile —
Francesco d'Assise (San) — Gentili — Inattitudine
all'imparare — Indisciplinato — Lascivia — Lon-
tano da Dio — Marito economo e moglie prodiga
— Orecchie d'asino — Ostinazione — Padre parco
e famiglia prodiga — Pelle d'asino — Pigrizia —
Priapo — Testa d'asino — Vignaiolo.
Asmodeo.
Demonio che invase la giovane Sara, figlia di
Anna e di Raguele, e che fu scacciato con l'esala-
— 108 -

zione del fiele di un pesce. Sembra che Asmodeo fos-


so lo spirito dell'amore impuro e la personificazione
degli istinti voluttuosi. Gli Ebrei lo ritenevano quale
re dei demoni. Aveva tre teste, una simile a quella
di un toro, un'altra, a quella di un uomo, la terza, a
,
quella di un montone; per coda aveva un serpente
e i piedi d'oca, e alitava fuoco; cavalca va \m drago,
Se-
e portava in mano uno stendardo e una lancia.
condo alcuni, Asmodeo sarebbe il serpente che se-
dusse Eva.
Aspersorio.
Arredo sacro con cui il sacerdote asperge e bene-
di dice ilpopolo e gli altari con l'acqua benedetta. Ve-
Chiesa.
Aspettativa delusa.
Gambero, e una mano in atto di afferrarlo, per-
chè nel momento in cui si crede di prenderlo, con un
guizzo repentino, si slancia lontano.
Aspide.
Molte cose dissero gli antichi intorno a questo
serpente, che la morte di Cleopatra ha reso così fa-
moso; ma essi lo conobbero assai poco, a giudicarne
dalle contraddizioni che s'incontrano nei loro senili.
Si sono creati aspidi terrestri e aspidi acquatici; se
ne moltiplicarono le specie; si dissero cenerognoli,
neri, gialli, bruni, verdi, ecc.; si diede loro la lun-
ghezza di un piede, di un cubito, di un braccio, per-
fino di cinque cubiti. Alcuni lo fanno munito di
uncini che gli escono di bocca come zanne di cin-
ghiale, ahri gli danno denti concavi che sgocciolano
continuo veleno. Agricola dice che dal suo corpo
esce una puzza insopportabile; secondo Eliano, ha
scaglie rosse, cammina lentamente e sparge veleno
- 109 —

dalla bocca. Brunetto Latini, dice che iaspide por-


ta in capo una pietra preziosa che ha nome carbon-
chio, e quando Vincanlalore vuole quella pietra, di-
ce sue parole, e quando iaspide se ne avvede, fn-*
contamente ficca iuna orecchia in terra e Valtra si
tura con la coda, si che non ode le parole dello m-
canlalore. I cristiani del medio evo raffiguravano l'a-
spide come emblema della cupidigia e della incredu-
lità, ecc. Lo si vede sotto i piedi del Salvatore; co-
me sotto quelli del cristiano fedele, che deve, egual-
mente al suo divino maestro, « canmiinare su 1 a-
spide e il basilisco ». L'aspide fu rappresentato in
diversi modi, ma ordinariamente sotto forma d'un
rettile corto, senza zampe, con una testa larga, op-
pure sotto quella di un quadrupede avente zampe cor-
tissime e una coda di serpente.
Asprezza.
Berberi. Uva acerba.
Assalto.
Picca abbassata orizzcHìtalmente. Piede sinistro
piantato in avanti, ciò che nelle statue e nelle meda-
glie è segno d'assalto; perchè in iale posizione lo
slancio del piede destro aiuta il colpo in qualunque
direzione. Gli antichi maestri d'armi, quando si do-
veva combattere con arma da lanciare, comandavano
ai fanti di pont il piede sinistro in avajiti, perchè in
questo modo il colpo riusciva più forte nel lanciare
le freccie. Mentre se il combattimento doveva essere
alla spada, allora comandavano di porre in avanti il
piede destro, affinchè la destra si trovasse più vicina
al ferire.
- ilo —
Assedio.
Scala a mano, come segno di salita alla conqui-
sta delle mura.
Assenzio.
Dal greco apsìnlhion, impossibile a bersi. Pianta
vivace, di odore forte, penetrante e d'un sapore a-
maro. Vedi Amarezza — Amarezza nella dolcezza
della vita — Ravvedimento — Sacerdozio.
Assiolo.
Piccolo uccello notturno, affine al gufo e all'al-
locco. Vedi Mimio — Parassita.
Assur.
Suprema divinità adorata dagli Assiri, sotto la tui
inunediata e speciale protezione vivevano, e il loro
impero fioriva. Era ^neralmente personificato da una
figura alata dentro un cerchio. Il suo simbolo era
un'aquila.
Asta.
Si dice che gli antichi dall'origine del mondo eb-
bero in venerazione le aste, come Dei immortali, e
per questa venerazione si vuole che anche gli Dei
posteriori avessero nelle loro statue l'asta. Anzi un
semplice bastone dritto presso gli Egiziani fu simbolo
della divinità. Vedi Como — Giunone Lucina —
Guerra intimata — Lancia — Minerva — Onore
supremo — Valoroso.
Asta celibare.
Nome che i Romani diedero a una lancia che
fosse stata immersa nel petto di un gladiatore ab-
bat uto e ucciso. Vedi Copula maritale.
Astarte.
Dea adorata presso tutti i popoli semitici. Si vuo-
- Ili -

le che Astarte personificasse la forza d'amore che


penetra tutto l'universo e lo feconda, o il principio
del concepire e partorire. Questa Dea, che sembra
rappresentare la Luna, era adorata sotto diversi so-
pran omi,quali
i alla lor volta divermero dei nomi
propri. Fra gli animali le si consacravano piccioni,
granchi, e in tempi più recenti anche leoni, e fra le
frutta, la melagrana, oltre a delle stacciate in for-
ma di falce per imitare la figura della luna nuova;
non si spargeva sangue sui di lei altari, ma le si of-
frivano sacrifizi di animaH maschi, e specialmente
capretti. La parte però più singolare del suo culto
consisteva nelle orgie oscene. I sacerdoti di Astante
erano eunuchi vestiti da donna, e si chiaunavano sacri,
ossia bagascioni, e donne dette sacre, ossia prostitu-
te, le quali prostituivansi pubblicamente per anicchi-
re il tempio della loro Dea. I luoghi consacrati al
suo culto erano specialmente fioriti giardini con fron-
dosi alberi. Dalla forma e dagli attributi con cui
veniva rappresentata la Dea, risulta che l'immagine
più antica che se ne conosca, quella di Pafo, era
una pietra conica bianca. Nella Fenicia raf^resen-
tavasi con una figura avente la testa di vacca o di
toro. In ultimo ebbe sembianza umana, e sulle me-
daglie di Settimio Severo, vedesi col capo radiante,
seduta su di un leone, col fulmine in una mano e
lo scettro nell'altra. Secondo alcuni l'etimologia di
Astarte deriverebbe dal persiano sitàrah (stella) ; se-
condo altri dall'irlandese as (fuori), lar (oltre, di
là), te (Dea), traducendo la Dea dei lunghi viaggi,
per spiegare la somiglianza con la peregrinante luna.
Astemio.
Civetta, che succhia le proprie uova. Si credeva ch^
- 112 -

le uova di quest'uccello, date per tre giorni nel vino


a chi si ubriacava, avessero la virtù di suscitare una
tal ripugnanza per il vino da prenderlo in odio.
Asteria.
Figlia di Coeo e di Febea, sorella di Latona e
madre di Ecate; fu amata da Giove, il quale, non
potendo vìncere la sua resistenza, la trasformò in
quaglia. E.ssa poi si gettò nel mare, ove divenne
l'isola di Delo.
Astinenza sessuale.
Mula; perchè animale per istinto naturale avver-
so all'accoppiamento. Gli antichi credevano che l'a-
more ardente di un innamorato venisse assai mitigato,
cospargendolo di }x>lvere in cui si fosse avvoltolata
una mula.
Astrea.
Figlia di Astreo re d'Arcadia e dell'Aurora, e
secondo altri di Giove e Temi; è riguardata gene-
ralmente come Dea della giustizia. Nell'età dell'oro
abitava sulla terra fra gli uomini onesti; nell'età del-
l'argento discendeva raramente dal cielo; ma quando
l'età del rame cominciò a fabbricare armi, abbando-
nò la terra e volò in cielo, dove divenne, nel zodia-
co, il segno della Vergine. Rappresentasi sotto for-
ma d'i donna dallo sguardo severo, d'aspetto nobile
e maestoso, con la h'ilancia o una palma in una ma-
no, la spada o delle spighe nell'altra.
Astri. Vedi Astronomia.
Astro della China.
Bel fiore, per Ta sua elegante forma stellata chia-
mata volgarmente Margherita o Regina Margheri-
ta. Vedi Eleganza — Stima.
— 113 -
Astronomia.
Gli antichi Thanno personificata con la musa U-
rania, dandole per attributi principali la sfera, la
corona di stelle e degli strumenti matematici. Nel
medio evo fu raippresentata sotto la figura di una
donna, avente in mano talvolta una rosa dei venti,
una palla,
indicati un moggio
alcuni pienoartisti
astri. Gli d'acqua, sotto trattarono
moderni cui sono
questo soggetto in maniere assai diverse, per esempio,
sotto la figura di Atlante che sostiene il mondo e con-
templando ilcielo; setto forma di donna con ali nei
capelli, e il piede destro poggiato su dei volumi am-
rnucchiati, tenendo nella destra uno stile, col quale
indica una sfera su cui la figura è appoggiata. Gli
emblemi e gli attributi dell'cistronomia sono: Aqui-
la, uccello che raggiunge una grande altezza. Astri,
che studia. Compasso, che serve per misurare le di-
stanze. Clobo celeste, che rappresenta il suo domi*
nio. Telescopio, suo strumento principale.
Astuzia.
Camaleonte, i>erchè, dicesi, muta di colore secon-
do idiversi tempi della sua vita. Pernice. Gli antichi
raffiguravano un uomo furbo nello schivare i pe-
ricoli, con una pernice e un cacciatore da essa bur-
lato nell'inseguirla ; perchè volevasi che la pernice in-
segnasse aipulcini, ancora inabili al volo, a stender-
si rovesciati per terra e coprirsi da loro stessi di fo-
glie o erba, all'avvicinarsi del cacciatore, avvertiti
dalla madre con un fischio; mentre essa volando da-
vanti ai piedi dell'inseguitore, lo lusingava a lasciarsi
pigliare, poi repentemente volava via, ritornando po-
co dopo, finche così, ingannando il cacciatore, lo al-
lontanava dai pulcini, e con un altro fischio li av-
8 — Q. Ronchetti.
- 114 -

secondo Mose e
veniva di fuggire. Serpente che.
ta nelle fa-
i animali. Ko/penenuastuz
il più astuto odegl ia.
vole di Esop la personificazione dell
Atalanta o Atalante.
state spesso con-
Due donne di questo nome sono
ogi. L'un a era dell Arcadia
fuse dagli antichi mkol
di Clim ene, e cele bre per destrez-
figlia di Giasone e o. Con le sue frec ce uccise
za nel maneggiare l'arc
tarono al suo pu-
i centauri Reco e Ileo, che atten
e - trovo
dore: andò cogli Argonauta m .Col^^^.. iale d,
del cingh
qualche tempo dopo alla caccia
o coW. azio^
Calidone, contro cui essa scaglio il prim rsi presenta e da
ne che le procacciò l'onore di vede
- L altra, figlia d,
Meleagro il premio della lotta.
per bellezza e per
Scheneo, re di Sciro. era famosa
ta e delle altre
agilità nella corsa. Superba di ques
se a colo ro che aspu -
doti di cui era fornita, impo ^si sostenesse
mano , che cias cuno di
vano alla sua Ella si lasciava
a alla cors a.
Insieme con lei una prov
poi lo segu iva col suo già
sorpassare dal pretendente, va esser-
giun geva a colpi rlo, dove
vellotto, e se non
era ucciso e
gli sposa; nell'altro caso il pretendente
al term ine dell a corsa. Pa-
la sua testa appendevasi sorte, tin-
ador ator i subi rono una tal
recchi dei suoi Vener
reo. aiut ato da
che Ippornene, figlio di Maca
per astu zia dell a velo cita di Ata
giunse a trionfare alcun i pomi d oro, che,
Lnta La Dea gli avev a dati
dopo l'alt ro, e ment re
ieUorrere, lasciò cadere l'uno ralle nto a cor-
per racc oghe rh.
Atalanta si fermava
alla n^eta
sa in modo che Ippomene potè giungere
one
crudele ^tentazi che nell dell a fan-
prima di lei. Allorain lapassi one cosi viva, im
dulia si cambiò
le nozze, gh sposi «.mis ero
pazienza di consumare
- 115 -
perfino a profanare il tempio di Cibele, presso il
quale la corsa aveva avuto luogo. La Dea. irritata,
volle castigarli, e li cangiò in leoni, che la mitolo-
gia figura attaccati al suo carro.
Atamante.
Figlio di Eolo, era re dei Minii in Orcomeno di
Beozia. Aveva per moglie Nefele. Dicesi che es-
sendo stato cangiato in fiume, una fiaccola si accen-
deva nelle sue acque nell'ultimo quarto di luna.
Atanasia.
Dal greco athanasla, immortalità. Pianta coi fio-
ri gialli durevoli. Vedi Tanaceto.
A targato <• Atergate.
Dea della Siria, personificazione del princHjio fem-
mina, della generazione o delle forze passive della
natura. Era venerata in forma di donna con la co-
da di pesce, e anche sotto le sole sembianze di don-
na e il resto del corpo di pesce. Secondo Macrobio
Atargate raffigurava la Terra, la quale, come sim-
bolo, è simile alla Luna. Vedi Adad — Decreto.
Ate.
Dal greco ale, male. Si credeva figlia di Giove e
di Eride o della Discordia. Presso i Greci era la Dea
della ingiustizia e dell'offesa, di cui Omero così ne
parla: « Questa Dea agisce e influisce in tutte le co-
se: è la figlia tremenda di Giove: è il delitto che
altera la raigione e sparge dovunque il terrore. Gli
agili suoi piedi sembrano aver le ali. Librandosi sul
capo degli uomini, li eccita tutti al male, all'iniquità.
e non li abbandona se non dopo averli fatti cadere
nei lacci della perversità ». — Avendo Ate suggerito
a Giove il decreto con cui Ercole sarebbe stato sog-
getto a Euristeo, il padre degli Dei, trasportato dal-
— 116 —

la collera, l'afferrò per la splendida sua chioma e


la precipitò sulla terra, giurando che non avrebbe
mai fatto ritorno all'Olimpo. Da quel tempo essa
non cessa di perseguitare il mondo con infinita rapi-
dità, e ovunque si ferma, i suoi passi lasciano im-
pronte di distruzione e di sterminio.
Atene.
Civetta. Emblema di questa città, perchè la ci-
vetta, che vede di notte, è consacrata a Minerva.
La Dea della saggezza infatti, vede malgrado le
tenebre e nulla le sfugge. Le monete di Atene por-
tavano per effige la civetta.
Atergate. Vedi Aiargate.
Athor o Hathor.
Divinità egiziana, figlia di Ra (o Sole). Ha per
emblema la vacca. Le sue rappresentazioni sono mol-
teplici. Ordinariamente è raffigurata con la testa di
vacca portando il disco del sole tra le corna; tal-
volta anche sotto forma umana, portando l'avvoltoio
sul capo, proprio a tutte le divinità madri, e il disco
del sole fra due corna di vacca, insieme a due pen-
ne; inoltre è molto comune e antica l'immagine a fac-
cia umana di fronte, che si avvicina alla forma trian-
golare, con due corna di vacca, avente sul capo
un tempio come principale ornamento, da cui ebbero
origine i capitelli d'Hathor del tempio dei Tolomei.
che falsamente furono detti a testa d'Iside. La Dea
talora tiene strumenti musicali come segno di gioia;
ed è la personificazione delle donne, ma specialmente
delle vergini e delle principesse. Athor fu chiamata
nutrice, e anche signora di tutti gli Dei : il suo nome
sembra alludere al mondo e alla natura. I Greci cre-
dettero riconoscere in essa la loro Venere Afrodite,
- 117 —

che rappresenta l'idea della fecondila. A ciò pare


alluda il simbolo della vacca.
Ati n Atti.
Bellissimo giovane Frigio del quale Cibele era m-
namorata di puro e casto amore; e che lo nomino suo
sacerdote a condizione ch'egli conservasse mtatta la
sua verginità; ciò che egli promise di fajre obbligan-
dosi con giuramento. Ati violò però la promessa, poi-
ché innamoratosi di una bellissima Ninfa, figlia del
or
Dio fluviale Sangario, godendo sovente dell'am
suo. Di che la Dea ne fu tanto sdegnata, che fece
subito morire la Ninfa e scacciò il giovane da se e
dal suo servizio. Il quale ravvedutosi del fallo com-
messo, diventò tanto furioso, che come pazzo cor-
reva per i monti gridando e urlando, battendo la te-
sta qua e là, stracciandosi il corpo con acutissime
pietre, con cui finì per evirarsi, e mentre stava per
uccidersi, la Dea mossa a pietà del suo stato,^ lo
cangiò in pino, con cui si coronò in memoria dell an-
cora amato giovane. Un'altra favola intorno ad A.H
è la seguente. Dal seme di Giove sparso in terra (che
sognava di essere forse con qualche bella giovane)
nacque un genio in forma d'uomo, ma che aveva
però l'uno e l'altro sesso, e fu chiamato Agdiste. Di
che spaventati gli altri Dei, come di cosa mostruosa,
gli tagliarono la parte maschile gettandola via. Da
questa nacque un albero di melagrano, dei cui frut-
ti la figlia di Sangario passando di là si riempì il
grembo per mangiarli : ma questi tosto sparirono, e
allora restò gravida, e a suo tempo mise alla luce
un bel bambino, che per vergogna nascose m certa
selva, ove una capra andava ad allattarlo, in modo
che sopravvisse. Fatto già grande fu chiamato Ati,
— 118 —

ed era di una bellezza piuttosto divina che umana;


per cui il Genio Agdiste lo amò ardentemente. Av-
venne che un bel giorno andò a Pessinunte città
principale della Frigia, ove il re del paese gli diede
in sposa la propria figlia: e già tutto era preparato
per celebrare le nozze, quando Agdiste, che andava
dietro all'amato giovane quivi arrivò; e mediante certi
suoi incanti, fece impazzire talmente Ati e il re suo
suocero, che furiosi si evirarono con le proprie ma-
ni. Ma pentito poi Agdiste di ciò che aveva fatto,
perchè l'amore di Ati non era ancora del tutto spen-
to, pregò Giove, e l'ottenne, che le altre parti de!
corpo dell'amato giovane non potessero mai corrom-
persi. Gli antichi personificavano in Ati i fiori che
non producono semi ne frutti; perciò le favole fin-
sero che si evirasse.
Atlante.
Gigante, figlio di Giove, o Giapeto, e di Climene, e
padre delle ladi e delle Pleiadi, chiamate dal suo no-
me Atlantidi. Un giorno essendo stato avvertito dall'O-
racolo di guardarsi da Giove, prese a odiar talmen-
te la compagnia, che non volle più ricevere nessuno
in casa sua. Perseo vi andò, chiedendo ospitalità ad
Atlante, ed essendogh stata negata, Perseo, offeso,
mostrandogli la testa di Medusa, lo trasformò in una
montagna tanto alta, che vi poggiava sopra il cielo
con tutte le sue stelle. Altre tradizioni vogliono che
Atlante, avendo guidato i Titani nella loro lotta
contro Giove, questi, vinto che l'ebbe, lo condzuinò a
essere la cariatide del firmamento. Per cui è rap-
presentato nell'atto di reggere il globo celeste. L'idea
di Atlante sostenitore del cielo sembra essere la pu-
ra e semplice personificazione d'una nozione cosmo-
- 119 -

grafica proveniente dalla credenza degli antichi ri-


spetto alla natura del cielo e la sua relazione con la
terra.
Atreo.

Figlio di Pelope e d'Ippodamia, marito di Erope,


e fratello di Tieste, il quale sedusse la propria co-
gnata Erope, che ebbe da lui due figli. Atreo, per
vendicarsi, fece tagliare a pezzi i figli di Tieste, fa-
cendogli mangiare la loro carne e bere il loro san-
gue in un convito. Dicesi che il sole stesso inorridito,
ritornasse indietro per non illiMninare coi suoi raggi
tanta scelleratezza; e tutta la stirpe di Atreo fu po-
co dopo punita di così enorme delitto.
Atropo.
Dal greco a privativo, e Iropé'm, cangiare, perchè'
essa era inflessibile. Una delle tre Parche, figlia del-
la Notte e dell' Èrebo. Vedi Parche.
Attaccamento.
Cane. L'affezione di quest'animale p>er il suo pa-
drone èconosciutissima. Edera, le cui barbatelle e le
radici si ficcano negli interstizi dei muri, attaccandosi
terwcemente. Ipomea.
Attacco. Vedi Segnale d'attacco.
Atteone.
Celebre cacciatore, figlio di Aristeo e di Antonoe,
figlia di Cadmo. Sorprese Diana e le sue compagne
mentre nude si bagnavano in una fontana ; p>erciò
fu dalla Dea trasformato in un cervo, e divorato dal
propri cani. Dopo la sua morte, Atteone fu venerato
in Beozia e !o si invocava p>er protezione contro gli
effetti disastrosi del sole canicolare. Forse Atteone
sbranato dai cani non era altro, che un'immagine
— 120 —

della natura vegetativa che soffre e avvizzisce ai rag-


gi cocenti della canicola.
Atti. Vedi AH
Attività.
Ape, insetto conosciuto per la sua attività. Timo.
secondo i Greci, per il suo aroma forte, piccante, che
dà energia. Nel medio evo, le dame, per simboleg-
giare l'attività dei loro cavalieri, ricamavano sulle
loro sciarpe un'ape ronzante intorno a un ramo di
timo.
Attributi.
Nelle belle arti, l'attributo è un oggetto reale o
convenzionale, che serve a far conoscere un perso
naggio. L'impiego degli attributi in arte è antichissi-
mo. Presso certi popoli, in Egitto per esempio, l'at-
tributo era una parte considerevole dell'arte, se non
la principale. Presso i Greci e i Romani, questi at-
tributi erano scelti in modo da rammentare una par-
te di storia del Dio e dell'eroe rappresentato, e anche
a ricordare, a simboleggiare una virtù, una potenza
particolare del personaggio. Così il fulmine era l'at
tributo del padrone del cielo. Giove; il pavone, quel-
lo di Giunone, per simbolo del suo orgoglio, ecc.
D'altra parte, le qualità e le virtù, e perfino le for-
me degli Dei, erano molteplici: lo stesso personag-
gio poteva a vicenda possedere degli attributi assai
diversi, aventi ciascuno un significalo speciale: così
per Mercurio, Dio dei ladri, degli oratori, dei mer-
canti ecc. ; così per Apollo, Dio della luce, della
medicina, della musica, ecc. — In architettura, l'at-
tributo indicava spesso la destinazione di un edificio:
Vaquila indicava un tempio di Giove: la lira un tem-
pio di Apollo; le quadrighe sormontavano la sommi-
— 121 —

tà dei circoli ; delle maschere ornavano i teatri, ecc.


Più tardi, una nuova simbolica nacque dal cristia-
nesimo. Dal principio timida e poco variata nell'arte
delle catacombe, essa si arricchì all'infinito quando
l'arte nuova uscì da sotto terra coi fedeli, e le chiese
si moltiplicarono. Gli atlributi cristiani, che si rife-
riscono ordinariamente alla vita degli apostoli, de»
santi, o destinati a rammentare le circostanze del lo-
ro martirio, sono innumerevoli. D'allora in poi, tut-
ta l'arte, tutta la cognizione umana, ebbe i suoi at-
tributi. Di dove nacque una scienza, l'iconologia.
Atum e Atmu. Vedi Nefer.
Audacia.
Collo. Cicerone disse: Nondimeno quali saranno
quelli ristoratori di gran collo; cioè 'anto superbi che
ardiscano, mentre il pretore è presente nella provin-
cia, giudicare la volontà sua. Larice. Considerato co-
me gigante della vegetazione, quest'albero s'innalza
audacemente a grande altezza. ,
Augure.
Presso i Romani, chi era incaricato, con l'inter-
pretazione di segni e di indizi, di dichiarare la vo-
lontà degli Dei, per il buon governo dello Stato e
delle persone. Una delle sorgenti di questi loro indizi
era l'osservazione degli uccelli.
Augurio buono. Vedi Buon augurio.
Augurio cattivo. Vedi Cattivo augurio.
Augurio di morte.
Lupo. Raccontasi che quando Massimino impera-
tore, uomo feroce e bellicoso, venne in Italia contro
Massimo e Balbino, per essere 500 lupi entrati nel-
la città dove egli si era ritirato; ^li indovini gli prò-
— 122 —
nosticarono la morte: infatti fu ucciso dai propri ,
soldati. Nella rovina, che gli Ebrei ebbero sotto A-
driano, i lupi e le iene, correvano per tutta la città
urlando.
Auguste!.
Soldati pedoni, avevano per insegna un gallo ver-
de in corsa con la testa ripiegata sulla schiena, in
una targa bianca, circondata d'un cerchio rosso, al-
largandosi fino al margine.
Aureola. Vedi Nimbo.
Aurora.
Figlia di Iperione e di Tea. I greci la chiama-
vano Eos. Presiedeva alla prima luce del giorno e
abitava un palazzo vermiglio. Aveva le dita e U
braccia rosee; dicevasi che lieta e robusta si levas
ogni mattina dal suo letto, indossava il suo mantell
d'oro, si affrettava a bardare i suoi cavalli Lampo
Fetonte (splendore e scintilla) per gratificare delli
diurna luce Dei e uomini, prevenendo il corso de|
Sole, e spargendo di rose gialle e vermiglie il sue
cammino. Raippresentasi ordinariamente coronata
raggi, e talvolta alata ; alcuni le mettono in man^
una fiaccola. Tre mortali furono sucessivamente
mati dall'Aurora: il titano Astreo, il bel cacciator
Orione e Titone re dei Troiani, il quale la sposò]
e per lui chiese e ottenne in dono da Giove l'imjnorj
talità, ma per essersi scordata di chiederà émche ui
perpetua giovinezza, egli invecchiò perdendo ogni be
lezza e attrattiva. Ridotto Titone vecchio tutte
ghe, non capace d'altro che di far sentire la sul
voce, fu dall'Aurora abbandonato, e convertito in
cicala: allegoria del giorno che è bello e fresco la
mattina, poi dai raggi cocenti del sole vien fatto
— 123 —

\ecchio, secco e deforme. Titone la rese madre di


Mennone, principe degli Etiopi, che fu ucciso da A-
chille. Dopo la morte del figlio. Aurora non cessò
di piangere; e le sue lagrime, che scendono sull'erba
e sui fiori, formano la rugiada. — Gli Egiziani sim-
boleg iavano icrepuscol
l o con la siella Venere. Vedi
Speranza.
Austerità.
Carciofo. Nella Scozia, l'ordine del cardo aveva
questa divisa: Nessuno mi offende impunemente.
Autorità.
Bastone di comando. Corona. Globo. Scellro.
Tutti questi attributi sono insegne di onnipotenza.
Autorità della Chiesa.
Chiavi incrociate.
Autunno.
Nella personificazione delle stagioni, che nello stes-
so tempo simboleggiano le età dell'uomo, l'autunno
raffigura la vecchiaia, prima della decrepitezza, rap-
presentata dall'inverno. Vasari lo rappresentò con
Bacco. — Cornucopia piena di frutta, specialmente
d'uva. Fichi secchi, che si sacrificavano a Bacco. Dio
della vendemmia. Selvaggina e uccelli. In autunno
caccia.
si apre lademmia. Vite carica
a. d'uva, segno della ven-
Vedi Mascheral
Avarizia.
Personificata in una figura magra, macilente, di
sguardo sospettoso, in atto di tirare a sé le braccia
e le mani, ristringendosi nei paimi, come se gelasse dal
freddo; tenendo il pollice stretto fra le dita, o pre-
mendo contro il p>etto una borsa. — Animali: Lupo.
Nibbio (vedi Rapccità). Rospo. — Diversi; Borsa
- 124 —

chiusa. Forziere, in cui sono custoditi i suoi tesori. Ma-


no sinistra con le dita strette; perchè, secondo gli in-
terpreti dei sogni, essendo essa anche segno di gua-
dagno e arricchimento, è più atta al custodire, come
più tardiva, e più adatta alla tenacità. Diogene so-
leva dire non doversi pyorgere agli amici le mani stret-
te; cioè alla piacevolezza si doveva aggiungere la
liberalità.
Avaro ricco.
Tantalo, secondo i seguenti versi di Petronio:
Non può il misero Tantalo infelice
Tra l'acqua ber, ne i vicin frutti corre.
Ne l'ardente desio saziar gli lice.
Questi può avanti agli occhi nostri porre
L'imagine d'un, ver cui ogni ben scorre
Ne si può mai però la fame torre.
Avatara.
Parola sanscritta, che propriamente significa di-
scesa, ossia Vatto del discendere; come, per esempio,
da un battello o altro veicolo; ma viene particolar-
mente applicata alla incarnazione delle divinità in-
diane e alla loro comparsa in terra solo qualche for-
ila manifesta.
Avormiello. Vedi Citiso.
Avvenimento del cristianesimo.
Barca col pescatore S. Pietro, che figura non so-
lo nell'anello del Papa, ma anche nei ducati d'oro di
Camera Apostolica, quale segno della felicità segui-
tane dopo essere stata predetta tanìo tempo prima.
Avvenimento fortuito.
Mula. Raccontasi che Gabba fu incoraggiato a
nuove e generose imprese, per aver visto partorire
- 125 —

una sua mula, ciò che prese per buon augurio, perchè
suo nonno, rispondendo agh indovini che promette-
vano gesta gloriose al bambino, disse che ciò avver-
rebbe quanto partorisse una mula.
Avversarlo.
Testa, col collo, la faccia e gli occhi in gesto con-
tratto, secondo gli astrologi, i quali, a chi nasceva
qusmdo un simile segno, posto nel decimo grado dello
Scorpione, ascende sopra l'orizzonte, predicevano un
carattere indomabile e ostinazione nelle opinioni.
Avversità.
Bastone, su cui si appoggia per sostenersi, oppres-
sa sotto le sventure che l'aggravano. Capanna, co!
tetto rotto, {perchè non possiede nemmeno un rifugio
sicuro per riposarvi, ^pada spezzata, che non può
più difenderla. Veste nera, perchè porta il lutto dei
giorni felici. Vedi Disprezzo dell'avversità — Do-
matore deiravversità — Fatto più potente dalVavv^r-
sità.
Avvilimento.
Polpo. Dicesi che quest'animale sia talmente timi-
do, che vedendo il pescatore non si muove, né cerca
di sfuggire, ma si attacca ai sassi più vicini, oppure
piglia la mano del pescatore, o gli si attacca alle
gambe; e così vien preso; a somigliauiza di chi, pre-
so da subitanea paura, avvilito e attonito non sappia
darsi ragione del male o del pericolo che lo sovrasta.
Avvocato.
Palma, come emblema di eloquenza vittoriosa, e
che anticamente si attaccava alle porte delle case degli
avvocati.
— 126 —
Avvoltoio.
I poeti e molti naturalisti vollero dare un istinto
ghiotto e crudele a questo uccello; per opposizione
alla supposta generosità dell'aquila. Vedi Anno —
Cenienario — Compassione — Divina provvidenze.
— Invidia — Marte — Meta — Misericordia —
Morte — Natura — Presagio — Rimorso — Testa
d'avvoltoio.
Azalea.
Dal greco azaléos, bruciato, arido. Pianta che
ama terreni aridi. Vedi Temperanza.
Azzurro.
Questo colore, dedicato a Giove, simboleggia l'ele-
vazione di mente. Secondo Platone, i sacerdoti d'Isi
de erano vestiti d'azzurro, affinchè mirandoH la gen-
te innalzassero, svegliati da questo colore, le menti
al cielo. Cicerone usò talvolta vestirsi di questo co-
lore, volendo con ciò significare che la mente sua
si innalzava molto. Leggesi in Ester che il re As-
suero aveva tutta la camera addobbata d'azzu^ra,
per mostrare i suoi alti pensieri. Vedi Acqua —
Aria — Cherubini — Cielo <— Dignità — Euca-
restia — Gloria — Maria Vergine — Trinità —
Virtù.

B.
Baali Bel o Belo.
Signore, padrone. Nome generico indicante Dio
in molte lingue siro-arabiche. Nella Bibbia la deno-
minazione diBaal si dù al nume maschio principale
dei Fenicii; e nelle cerimonie con cui lo si venerava
127 -
parlasi delle offerte d'incenso che gli si porgevano,
delle frutta, dei dolci, come pure dei torelli, e perfi-
no dei bambini che gli si immolavano, come al Dio
Moloch. I sacerdoti di Baal danzavano, durante i sa-
crifìci, intorno all'altare, e se le loro preghiere non
erano esaudite, facevansi sul corpo dei tagli coi col
telli finche ne fosse corso il sangue, al pari dei sa-
cerdoti diBellona. I suoi adoratori si inginocchiavano
davanti alla sua statu?., baciandola, e solevano giu-
rare in suo nome. Vedi Omorol(a.
Baau.
Dea <lella notte presso i Fenici.
Babbuino.
Specie di scimmia che mostra un'obbedienza e una
intelligenza rimarchevole. Vedi Equinozio — Ira
— Lettere — Luna — Nuotatore — Sacerdote —
Terra.
Baccans^i.
Orgie festive e sacre in onore di Bacco presso i
Romani. Dicesi fossero introdotte dall'Italia meridie*
naie in Etruria e quindi a Roma, ove celebravansi
in segreto. Gli iniziati davansi a bere fuori d'ogni
misura, e ubriachi che fossero, trascendevano in ogni
sorta di eccessi. Il tempo dell'iniziazione era di
dieci giorni, durante i quali l'iniziato doveva aste-
nersi da ogni piacere; nel decimo sedeva a solenne
banchetto, era purificato con acqua e introdotto nel
santuario. In principio soltanto le donne venivano ini-
ziate, ele orgie si celebravano durante tre giorni in
ciascun anno. Ma Pacula Annia, matrona della Cam-
pania, pretendendo essere mossa dall'influenza diret-
ta di Bacco, cambiò interamente il modo di cele-
— 128 —

hrazione, ammise gli uomini all'iniziazione, e ordino


che le feste. Imo a quel tempo celebrate di giorno,
avessero a solennizzarsi la notte; e che invece di tre
giorni all'anno, fossero a esse consacrati cinque gior-
ni per ciascun mese. D'allora in poi la licenza e la
sfrenatezza non ebbero più limiti. Tanto gli uomini
quanto le donne abbaodonavansi alle più snaturate
voglie, e coloro che tentavano farsi protettori del pu-
dore cadevano vittime del loro zelo. Gli uomini, co-
me se fossero invasati, profferivano oracoli; e le ma-
trone, abbigliate da baccanti, scapigliate e con torce
accese in mano, correvano furiosamente verso il Te-
vere, immergendo nell'acqua le torce, le quali, per
essere composte di zolfc e creta, non si spegnevano.
Durante la cerimonia si portava un'anfora di vino
con rami di vite, a cui seguiva un canestro di noci
o fichi secchi, e in ultimo venivano donne che reg-
gevano un grande fallo, la cui immagine veniva ap-
pesa al collo, oppure attaccata a un'altra parte più
bassa del corpo; e prima era fatto di legno di fico,
poi di cuoio rosso. Soppresse queste orgie come im-
morali elicenziose, si continuò a celebrare Bacco con
feste più semplici e innocue, nelle quali i sacerdoti
e le vecchie sacerdotesse ornati di ghirlande d'ede-
ra, portavano per la citià vino, miele, ciambellotti. e
un altare a manichi, in mezzo al quale era un piccolo
braciere per ardervi sacrifizi di quando in quando.
Queste feste si celebravano a Roma il 1 6 marzo di
ogni anno; e in questo giorno i giovani romani che
avevano compito l'anno sedicesimo ricevevano la to-
ga virile.
— 129 -
Baccanti.
Sacerdotesse di Bacco, che in origine erano scelte
fra le donne più venerate, le quali insegnavano alle
peisone del loro sesso la religione, la morale e i la-
vori domestici. Ma quando il culto di Dionisio, da
Atene, si propagò in altre città della Grecia, queste
pratiche degenerarono in abusi vergognosi; e quando
in questo stato furono trasmesse a un popolo già
corrotto, si trascese in tali eccessi da scandalizzare la
stessa Roma impudica. D'allora in poi il nome di
Baccanti divenne obbrcibrioso. e applicabile a tutte *
le dorme di temperamen'o ardente e prodighe dei lo-
ro favori. Le Baccanti, dette anche Menadi (infu-
riare), sidividevano in tre classi: le Cerane, o ma-
trone, innumero di quattordici ; le Tiadi, o sacerdotes-
sa, e i Cori, ossia semplici Baccanti. Queste erjmo
ordinariamente piene d'ardore, talora seminude e co-
perte soltanto con pelle di tigre, di pantera o di volpe
intomo al corpo; talvolta vestite d'abito leggero t
trasfparente, discendente fino ai piedi. Ghirlande di
pampani e di edera servivano loro di cintura. Andava-
no coi capelli sciolti, portavano fiaccole accese e tirsi,
e saltando qua e là, gridavéino: evohe. Bacche! Cal-
de di vino, danzavano abbandonandosi a movimenti
incomposti; accompcignandosi col suono di cembali e
crotali. Vinte finalmente dalla potenza del liquore sa-
cro al nume di cui celebravano le conquiste, cadevano
in delirio spaventevole, abbandonandosi a gara a t'.;r-
ti gli eccessi dell'intemperanza. Le Baccanti avevano
F>er emblema il fallo.
Bacco.
Dio del vino e della viticoltura, chiamata Dionisio
9 — O. Ronchetti.
— 130 —

dai Greci. Bacco rappresentava la potenza produttrice


traboccant e e inebriante della natura, la quale ritrae l'uo-
mo dal suo usato tranquillo e sobrio tenor di vita;
ma in senso più generale rappresentava quell'energia
della natura, la quale, per effetto del calore e dell'u-
mido, porta a maturità i frutti delle piante. A que-
sto Dio si attribuiscono numerose avventure, e gli si
diede un gran numero di soprannomi, che rammen-
tano qualche parte della sua vita o cerimonia del
suo culto. La tradizione comune dice che Bacco
• nacque da Giove e Semele, una delle figlie di Cadmo.
Giunone, gelosa di Semele. la indusse a ch'edere a
Giove di mostrariesi nella medesima gloria e maestà
con cui usava presentarsi a Giunone sua mogHe. An-
date a vuoto tutte le supplicazioni per distorla da
proposito così pericoloso. Giove finì per consentire,
e It comparve davanti fra tuoni e lampi; Semele, at-
territa, fuinvolta dalle fiamme, e morì. Giove però
salvò il figlio che non er-i ancora nato; e perchè non
aveva raggiunto la maturità, se lo cucì in una coscia,
e io diede poi alla luce a suo tempo. Giove consi-
gnò poi il neonato a Mercurio, perchè lo portasse
in
alle Ninfe del monte Nisa, le quali lo allevarono
Semele simboleggia la terra che vien
una spelonca.
delle
bruciata dai raggi estivi del sole, ma il frutto
il calore vivificante e maturante, e salvo
sue viscere,
ossia dal-
e mantenuto in vita dalle Ninfe dell'acqua, i diversi effetti
le nuvole irrigatrici. Bacco, secondo
tenero fan-
del vino, fu rappresentato sotto forma di
ciullo coi capelli ricciuti, o di giovane allegro e gio-
condo, perchè il vino riscalda; o di vecchio col capo
calvo e quasi iodato, p^^r mostrare che il troppo bere
— 131 -

nu-
affretta la vecchiaia. Talora era vestito, oppure
e aha
do, perchè il vino apre il cuore all'espansionecustodi-
rivelazione dei segreti altrimenti gelosamente
ti, donde il proverbio che la verità sta nel vino Inol>
tre si vede rappresentato con corna in testa, perchè
nei suoi viaggi si copriva sempre con pelle di becco.
da
Talvolta era rappresentato sopra un carro tirato
tigre, o pantere, con una tazza in mano e nell altra
un tirso, di cui si serviva per far sorgere fontane di
vino. Ordinariamente portava una corona di pampani
e di edera. Una bella leggenda che mostra quanta
efficacia si attribuisse dagli antichi all'uso del vino,
e quanto fosse la poter za di Bacco, è quella dei pi-
rati Tirreni. Viaggiando dall'isola di Icaria a quella
di Nasso, Bacco, che aveva assunto la forma di un
bei ragazzo coi capelli ricciuti e il mantello di por-
pora, fu preso da alcuni pirati che decisero portarlo
con se e andario a vendei e in Italia. Ma a un cenrio
del divino fanciullo, la nave venne trasformata in
modo, che la prora prese forma di pantera, e l'albero
convertito in un lungo tirso, alla cui cima erano attacca-
te vele porporine e risplendenti, dove era tessuto in oro
Timolo monte della Lidia, e le Baccanti che quivi an-
davano scorrendo. La nave era carica di edera e di
vit: con bellissima uva, che pendeva da rami, e di
sotto sgorgava una fontana di squisito vino, mentre
un coro di Ninfe invisibili cantava. Pantere e le.'ni
comparvero nella nave, spaventando i marinai, i qua-
li buttatisi in mare, furono trasformati in delfini,
meno il capitano. Acete, di cui ne fece il suo primo
sacerdote.
Animali: Becco, perchè animale lussurioso, o per-
— 132 —

che Bacco si cangiò in quest'animale, quando Tifone


assalì il cielo, fuggendo cogli altri Dei in Egitto.
Inoltre, secondo alcuni, perchè Giove mutò Bacco
bambino in capretto per nasconderlo a Giunone, per-
ciò il becco fu poi sempre vittima grata al Dio del
ri-
vino; oppure fu forse perchè questo animale era
tenuto assai nocevole alle viti. Delfino, che spesso
figura con Bacco; allusione forse alla leggenda dei
marinai trasformati in delfini, oppure perchè questo
Dio fuggì al mare. Fa cii acqua, mescolata col vino,
credevasi avesse la virtù di conservarlo moltissimo
tempo. Gazza, uccello garrulo e loquace, che gh fu
consacrato quale primo trionfatore delle Indie, rare per-
chè nei trionfi si gridava ed era lecito rimprove
i vizi del trionfatore. La gazza è simbolo di licenza.
Pantera. Il carro di Bacco era tirato da pantere e
tigri, per mostrare che iì vino rende gli uomini feroci
e terribili come la nat^ira di queste belve. Inoltre la
pantera, ritenuta animale caldissimo, e agile nel sal-
tare come le Baccanti", credevasi anche amante del
vino. Serpente. Quando Bacco è considerato Dio del-
la Natura, ha per emblema il serpente. Tigre. —
Vegetali: Edera. Si vuole che Bacco inventasse le
ghirlande, e che la prima che intrecciasse fosse d'ede-
ra. Questa pianta fu data al Dio del vino per diverse
ragioni; perchè egli è sempre giovane, come quella
è sempre verde; perch? lega tutto ciò a cui si appi-
glia, come il vino legi la mente umana; perchè, di-
cono alcuni, essa possiede una certa virtù e forza oc-
culta, che agita la mente umana e la riempe quasi di
furore, in modo che anche senza bere il vino, gli uo-
mini sembrano ubriachi Inoltre dicesi che Bacco amò
- 133 —
una fanciulla detta Ckso, che poi cangiò in edera.
Fico. Talvolta il Dio del vino si coronava di foglie
di fico, in memoria della ninfa Sica (parola greca
che significa fico), che amata da lui, fu cangiata in
quest'albero. Vite, perchè oltre a dare il vino, in que-
sta pianta fu trasformata la ninfa Stafile, che Bacco
amava. — Diversi: Boccale. Si vuole che il nome di
boccale sia derivato da baccanale. In Atene, quando
si spillava il vino nuovo, celebravtisi la festa del boc'
cale, bevendo a gara. Canestro, la statua di Bacco
si vede sovente sormontata da un canestro bacchico,
chiamato cista. Coma, emblema dell'audacia, perchè
il bere fa arditi gli uomini. Bacco stesso è talora rap-
presentato con piccole cc-na. Inoltre gli antichi beve-
vano in corni di bue, o con vasi fatti in forma Hi
corno. Fallo, attributo quale Dio della produzione
della Natura. Ferula. Bacco, vedendo che i suoi se-
guaci, quando erano ubriachi, come forsennati e paz-
zi si battevano con grossi e duri bastoni, ferendosi,
e talvolta uccidendosi, li persuase, invece dei basto-
ni, di portare la leggera ferula, con cui, anche per-
cuotendosi, non si producevano alcun male. Fichi sec-
chi. Nei sacrifizi a Bacco si offriva un canestro di fi-
chi secchi. Maschera. La maschera scenica è un at-
tributo di questo Dio, perchè la tragedia degli Ate-
niesi ebbe direttamente origine da alcune parti del'e
cerimonie che si praticavano fino dai tempi antichis-
simi presso i greci, aPe feste di Dionisio. Tazza m
forma di tripode. Tirso. Tripode che, secondo al-
cuni, era l'emblema della verità, perchè l'oracolo, che
da esso veniva, si credeva dicesse sempre il vero, don-
de il tripode venne paragonato a una tazza di vinn.
- 134 -

liquore il quale sovente fa dire la verità. Vaglio, che


portavasi nelle feste di Bacco, e contava fra le sue
cose sacre; perchè gli antichi credevano che i sacra-
menti di Bacco giovassero molto alla purgazione del-
l'animo, come si purga il grano col vaglio. Boccac-
cio riferisce che alcuni credettero che questa purga-
zione negli uomini fosse fatta con l'ubriachezza, la
quale è il sacramento di Bacco, perchè, passata che
sia col vomito o in altro modo, riordinandosi il cervello,
pare che l'animo, dimenticato ogni affanno, rimanga
treuiquillo e lieto.
Baciare la mano. Vedi Adorazione.
Badava.
Dea del fuoco sotterraneo presso i Bramini.
Baei.
Re dell'inferno, una delle potenze infernali pres-
so ! maghi; lo rappresentavano con tre teste: di ro-
spo, uomo e gatto.
Bahamany Bah man o Bamen.
Veniva, nel numero delle divinità deg'li antichi Per-
siani, immediatamente dopo Ormuzd. Secondo le tra-
dizioni antiche, questo Dio ispira la bontà, placa l'ira,
sparge la luce e l'abbondanza fra i mortali che hanno
rarima pura, e la cui vita è conforme ai principi del-
le virtù. Egli ha sotto la sua protezione i buoi, i
montoni e tutti gli animali capaci di essere addome-
sticati. Egli vigila principalmente sull'anima del toro
Abudad, in cui sono disposti i germi della vita uni-
versale. Oltre a ciò, questa divinità, seduta sopra un
trono d'oro, riceve nel soggiorno dell'eterna felicità
le anime dei giusti che le sono condotte davanti dag^'.
- 135 -

ìzedi celesti, dopo che essi hanno passato il porto Tci-


nevad.
Bai va.
Oivinità dei Lapponi che, secondo loro, presie-
de al fuoco.
Bala-Ràmas. Baladéva.
Figlio di Wasudeva e di Royani, fratello uteriio
di Crisna, incarnazione del serpente mondiale Anaui-
den, e, secondo altri, dell'islesso \'isnu, che prese
questa forma per insegnare àgli uomini la giustizia ed
estirpare con un vomero i giganti tra i quali Wata-
rassuan. Egli era così forte, che stritolava con la so-
laro clava interi eserciti. E' rappresentato con un vome-
in mano.
Baldanza.
Oleandro rosso.
Balder u Baidr.
Figlio di Odino e Frigga, marito di Nanna, i!
più bello, il più saggio degli Dei. Abitava un pa-
lazzo magnifico, ove egli era assediato da sogni ter-
ribili che pronosticavano la sua morte. Sua madre.
Frigga, volendo scongiurare il pericolo, fece presta-
re a tutti gli esseri animati e inanimati il giuramen-
ti di non nuocere a Balder, tuttavia, essa trascurò
una pianta misera e spregevole, il vischio. Mentre gli
Dei si divertivano nell'Asgard a provare l'invulnera-
biHtà di Balder, lancicindogli contro pietre, frecce e
altri oggetti, Loki, Dio del male, va trovare Hcder,
Dio cieco della guerra e fratello di Balder, e arma
il suo braccio d'un ramo di, vischio, incitandolo a
prender parte al gioco; Balder, colpito da Hoder,
cadde morto. Gli Dei indignati, non potendo ven-
- \% -

(iicarìo, perchè Asgard è un luogo d'asilo inviola-


bile; gli fecero dei magnifici funerali. Frigga manda
Hermonder, il messaggero degli Dei, a Hel che regna
nel soggiorno della Morte, per rimandarle suo figlio
dietro un premio, e Hel esige che tutti gli esseri pian-
gano Balder, per renderlo a sua madre; uno solo ri-
fiutò le sue lagrime, Tock, gigante di cui Loki prese
la forma. Tutte le preghiere presso di esso sono inu-
tili: Balder deve rimanere in potere di Hel fino al
Ragnarok (gran crepuscolo). Allora, egli rifabbriche-
rà il Gimle (cielo) coi suoi fratelli, e vi regnerà eter-
namente.
Balena. Vedi Carro tirato da balene. — Giona.
Baiecitra.
Antico strumento da guerra. Vedi Preparazione
alla guerra.
Bali.
Re gigante dei demoni Daitia, il quale, col favore
di Brahma, conquistò l'intera terra, ma essendo in
guerra con Indra, Visnù promise aiuto a nano quest'ulti-
mo, e apparve a Bali sotto la forma del Wa-
men, chiedendogli tre passi e mezzo di terra per co-
struirsi una capanna. Bali acconsentì alla domanda.
Il nano immediatamente si ingrandì, in modo che il
suo corpo toccò il cielo. Col primo passo egli misu-
rò la terra, col secondo il cielo e col terzo il mondo
sotterraneo, e occupando così l'intero universo, per
l'ultimo mezzo passo promessogli non rimase altro
spazio che il corpo dello stesso Bali, sul petto del ,
quale Visnu pose il piede. Bali abbracciò il ginoc-
chio del Dio, scongiurandolo a rimaner sempre pres-
so di lui. Visnu acconsentì alla richiesta e gli diede
il dominio del mondo sotterraneo. Nel settembre, quan-
- 137 -
do la plrmavera comincia nel Malabar, si solennizza
colà l'uscita di Bali dal mondo sottenaneo, chiama-
to Balisatma, o abitazione di Bali.
Ballerino.
Tortora. Credevasi che quest'uccello, sentendo
suonare il piffero, o la cornamusa, facesse dei movi-
menti simili al ballare.
Balsamina impeiziente.
Il frutto di questa piamta, chiamata volgarmente
belliuommi, giunto a maturità, si fende con impeto
lanciando i semi a considerevole distcuiza, mentre le
valvole si ripiegano sopra sé stesse. Vedi Impazienza.
Balsamo. Vedi EUgio (Sant').
Balsamo consolatore.
Rosmarino.

Bambino. Vedi Ambrogio (Sant').


Bandi, rola.
Bandierina a due punte. Vedi Frrif olezza — In
ktabiliià.
Bandiera. VecK Ferdinando (San) — Giacomo
delle Marche {San) — Giacomo il Maggiore (San)
— Luigi (San).
Barba.
I popoli antichi davano in generale molta im-
portanza al volto ornato di una bella barba. Una
barba lunga e folta non solo si considera in Orien-
te come il più bell'ornamento, ma una condizione di
dignità e pregevolezza. Tanto è la stima che se ne
fa, che si tiene come garanzia dell'onoratezza di un
individuo, così che, dubitando, per esempio, della sin-
cerità diqualcuno, si suol dire: Guardagli la barba,
ossia giudica dal suo aspetto se sia capace di dire il
- 138 -
vero. Un rabbuffo, un biasimo si esprimono con la
frase familiare: Onta alla tua barba! Gli auguri di
buona fortuna si esprimono sempre con le parole:
Voglia Iddio conservarvi la barba! Non si chiedono
grazie e favori senza ripetere: Vi prego per la vostra
barba, o per la vita della vostra barba; ne si può me-
glio apprezzare il valore di un oggetto, che dicendo
Vale più che la barba. — I greci e i romani consa-
cravano leprimizie delle loro barbe ai fiumi, alle tom-
be degli amici, agli altari d'Apollo, e sopra tutto,
a quelli di Giove Capitolino. Nerone faceva conser-
vare la sua barba in una scatola d'oro ornata di pie-
tre preziose. Vedi Dignità virile — Forza — Per-
fezione — Sapienza — Uomo — Virtìi.
Barbabietola.
Ortaggio conosciutissimo. Vedi Lascivia.
Barbagianni.
Uccello di rapina notturno, chiamato anche Al-
locco bianco. Vedi Ascalafo.
Barbara (Santa).
Patrona degli artiglieri. — Calice, perchè que-
sta santa viene invocata per non morire senza sa-
cramenti. Cannone. Fulmine, che uccise suo padre
dopo la di lei morte. Gladio, con cui fu decapitata
da suo padre, Dioscoro, per aver abbracciata la fe-
de cristiana. Libro di preghiere. Mammelle, che le
furono tagliate. Ostia, medesimo significalo del cali-
ce. Penne di pavone, che la santa portava per pal-
ma. Roccia, la quale si aprì per riceverla. Torre con
tre finestre in cui fu rinchiusa da suo padre.
Barca. Vedi Adelaide {Sani') — Andrea {SanC)
— Avvenimento del Cristianesimo — Caronte — Giù-
- 130 -

Uano l'Ospilaliero (San) — Pescatore — Pietro


(San).
Bardana o Lappa.
Pianta comune munita di capolini sferici, uncina-
ti, perciò si attaccano facilmente alle vesti. Vedi Ca-
parbietà,
Barnaba (San).
In origine si chicunava Cioseffo. Gli Apostoli, dei
quali era seguace, gli imposero il nome di Barnaba,
che significa figlio di profeta e figlio di consolazione,
— Alabarda, arma che ricorda il suo martirio. Croce.
Dalmatica, egli appartenne alla tribù di Levi. Mi-
tra. Pastorale, per essere stato vescovo di Milano.
Pietre, con cui fu lapidato. Rogo, rammentando il
suo martirio. Scure.
Bartolomeo. (San).
Dall'ebraico bar Tolmai, 'figlio di Folmai. i^x)-
stolo. Subì la crocifissione dopo essere stato scortica-
to vivo. — Coltello. Croce. Pelle umana. Attributi
del suo martirio.
Baruch.
Parola ebraica che significa Benedetto. Vedi Pro-
feti.
iase di colonna. Vedi Principio.
Basilico.
Pianta comune odorosa. Vedi Povertà — /bovina.
Basi Jìi SCO.
Dal greco basilicos piccolo re. Molte favole si
spacciarono intomo a questo animale. Tre specie ne
avevano creato con la lóro féintasia gli antichi; il
primo ardeva tutto ciò che avvicinava, e faceva un
deserto di ogni luogo in cui éuidasse, poiché le pian-
— 140 —

te e animali appassivano dinanzi a lui; il secondo e-


ra una specie di gorgone errante, che col suo sguar-
do letale dava la morte a tutto ciò che vedeva; il
terzo col semplice tatto faceva cadere le carni dalle
ossa agli animali con cui veniva a contatto; e di-
cevasi che un quarto, concentrazione di malanni, ve-
nisse prodotto dalle uova di galli giunti a età decre-
pita {ova centonina), covate da rospi e da serpenti.
Ecco come lo descrivono gli antichi: Il basilisco è di
grandezza non più di dodici dita, con una macchia
bianca nel capo, e un certo distinto diadema, donde il
suo nome regale; oppure, che sia detto basilisco, per-
chè altre specie di serpenti lo riveriscono. Questo muo-
ve il capo con poche, non molte piegature come av-
viene negli altri serpenti; ma dal mezzo in su cam-
mina dritto ed elevato. Si vede rappresentato con
un corpo squamoso, rigonfio, che termina in una lun-
ga coda di serpente, incurvata; ha la testa di gallo,
coronata, ed è munito di otti piedi di rospo. Ciò che
si dice nella Bibbia del basilisco non sembra indicare
altro che un serpente velenoso e malefico, simbolo di
colpa, di miseria, di distruzione. Vedi Calunniatore
— Colpa — Divinità — Eternità — Male derivalo
da buoni principii.
Bassa plebe.
Tunica, perchè l'usavano i servi romani, quale a-
bito adatto al lavoro.
Bassezza.
Cuscuta, pianta parassita che vive a profitto di chi
la sostiene. Sparviero, che scende a terra, perchè
quest'uccello s'innalza o piomba al basso in linea
- 141 -

'retta;so, mentre gK altri uccelli, nell'uno e nell'altro ca-


descrivono sempre ima spirale.
BasU
Dea con la testa di gatto, adorata nel basso E-
gitto, e che personifica il calore fecondatore del sole.
Bast£U*do.
Bozzacchio. Mulo, generato dall' accoppiamento
del cavallo e im'asina.
Basto.
Arnese che si mette per sella alle bestie da soma.
Vedi Servitù.
Bastone.
Il bastone fino dai tempi più remoti fu distintivo
d'onore e di comando. Vedi Aniomo {Sani') —
Avversità — Bordone — Concordia — Debolezza
nei fatti — Fermezza nei fatti — Ciano — Ciuseppe
{San) — Isidoro (Sant') — Litigioso — Marco
(San) — Misantropo ozioso — Raffaele (San) —
Segnale d'attacco — Viandante.
Bastone d& pastore.
Il pedum degli antichi, cioè un bastone piegato in
curva all'estremità, che serviva per prendere le pe-
core ole capre per le gambe. Vedi Cenoveffa (San-
ta) — Pan — Talia.
Bastone di comando.
Quello del governatore di Rcana, è foderato di
vellutomità.cremisi con pezzi di metallo dorati all'estre-
Vedi Autorità.
Bastone pastorale.
Bastone d'oro e d'argento, ricurvo nella sommi-
tà e fornito di fregi; ed è segno di autorità spirituale
dei vescovi e degli abati. Da principio fu di legno:
- 142 -

quello di sant'Agostino fu di legno e di avorio; co-


perto di lamme d'oro fu quello di san Remigio, ve-
scovo di Reims. Vedi Pastorale.
Batavi.
Popolo di stirpe germanica. I Batavi erano rino-
mati a Roma per l'alta loro statura e la capigliatu-
ra bionda. Come guerrieri avevano per insegna due
serpenti azzurri a guisa di caduceo, in uno scudo ros-
so; ilbastone era bianco, con quattro specie di squa-
me, l'una sovrapposta all'altra, le cui punte erano
rivolte all'ingiù.
Battaglia. Vedi Segnale d'attacco.
Battaglia dubbia.
Sesa. Due soldati che combattono con la sega;
allusione agli attacchi incerti della sega tirata innanzi
e indietro, senza prendere una posizione sicura.
Battesimo.
Il primo sacramento che la Chiesa cristiana con-
ferisce all'uomo al suo ingresso nel mondo. Antica-
mente esso era differito spesso anche fino a un e-
tà avanzata, e Costantino non lo ricevette che poco
tempo prima della morte. Le cerimonie del battesimo
presso gli antichi erano le stesse che si praticano an-
che oggigiorno. Nel giorno stabilito il vescovo, o il
sacerdote delegato da lui, accompagnava il conver-
tito alla fede cristiana alla porta del battesimo, e gli
toccava le orecchie e le pupille pronunciando le paro-
le ephphela in caldaico, aperìre in latino, a esempio
del Salvatore nella guarigione del cieco nato. Dopo le
imposizioni delle mani e dopo gli esorcismi era intro-
dotto nel battistero; quivi egli rinunciava al demo-
nio, alle ?aie pompe, alle sue opere, volgendosi in
pirinoipio verso occidenlte, intunagine della tenebre,
- 143 —

poi verso l'oriente, simbolo della luce; il celebran-


te faceva la benedizione dell'acqua per indicare tut-
ti imisteri della Scrittura, la creazione, il diluvio, il
passaggio del mar Rosso, ecc. Poi il convertito si
tuffava fino a tre volte nella piscina, nominando si-
multaneamente una delle tre persone della S. S. Tri-
nità. Nell'uscire dal sacro luogo, il vescovo faceva al
battezzato l'unzione della testa. In alcuni luoghi gli
si lavavano i piedi, uszuiza particolare della Chiesa
di Milano, e si cc^riva di una veste bianca, simbolo
della purezza, che portava per un'intera settimana.
Animali: Colomba. Quando Gesù Cristo fu bat-
tezzato nel Giordano, sul capo gli si p>osò ima co-
lomba di ima bianchezza purissima. Pesce. I Cristia-
ni attribuivano la virtù dell'acqua del fonte battesi-
maJe alla presenza di Cristo invisibile, pesce miste-
rioso. — Diversi: Bianco, simbolo di purezza e inno-
cenza. Bimo, lettera simbolica p>er la manifestazione
del rice\'uto battesimo. Fonte baliesimale. Stola. Va-
so, che serve per attingere l'acqua benedetta. Verde,
colore della speranza.
Batti o Bapti.
Sacerdoti della dea Cotitto, le cui feste si celebra-
vano con danze e ogni sorta di licenze; quindi deri-
vò il proverbio: Adoratore di Cotitto, per designare
un individuo che F>erde il suo t«npo a imbellettarsi
come facevano i Batti. Vedi Cotilto.
Baucli Vedi Filemone.
Bavani <> Bhavani.
Quella che dà l'esistenza, ed è chiamata anche
Parvati, regina dei monti, divinità degli Indù, figlia,
sorella e sposa di Sivac. Essa è la causa, la supre-
ma creatrice, la grande ceraia. Presso di lei si ere-
144

de posta una grande cesta che racchiude i modehi


degli esseri. Si presenta sotto due aspetti : l'uno ma-
lefico e distruggitore, l'altro creatore e fecondo d-
beni reali, ed è il principio femminile della creazione.
Unita a Sivah, forma il simbolo mistico dell'unione
dei due poteri generatori. Presiede ai parti, a ogni spe-
cie di riproduzione, e agli scavi delle miniere. E' an-
che una potente guerriera ed è l'Iside degli Indù. Si
prende: 1.° per la luna, sorgent e dell'umidità pnmi-
tiva, riempita di germi dal sole e inondante il globo
di essi; 2." per il Gange (chiamato anche Bhàgira-
sul-
thù), che ha le sorgenti nel cielo, donde scende
la tèrra per farvi nascere tutti i frutti: Essa rappre-
senta inoltre la combinazione dell'onda con la fiam-
ma, vero principio del mondo secondo la mitologia
indù. E' rermàfrodito primitivo che presenta l'unione
dei due sessi. Finalmente essa interviene anche tra i
mortali che piacoioni agli Dei e gli Dei stessi.
Beatitudine futura.
Latte e miele. Secondo la Bibbia, il Signore pro-
mette di condurre il suo popolo in una terra ove scor-
re latte e miele. Allusione simbolica, secondo i teo-
logi, alle dehzie celesti e alla beatitudine futura;
perchè fra i cibi nostri questi sono ritenuti per i più
dolci e squisiti, acquistandoli senza fatica, e non ri-
chiedono alcuna preparazione o condimento, ma ci
sono concessi per liberalità e grazia di Dio, e non
ottenuti per industria dell'uomo.
Beatrice (Santa).
JV^artire. — Cadaveri dei suoi fratelli, decapitati,
S. Simplicio e S. Faustino, ai quali diede segreta-
mente sepohura. Cero. Corda, con cui fu strango-
lata e poi gettata sulla via.
— 145

Beccaccia.
Animale poco intelligente; Tatteggiamento goffo,
l'andare impacciato, la vista abbacinantesi facilmen-
te alla luce, e gli occhi grandi e aperti le danno una
fisionomia stupida, che diventò proverbiale, quantun-
que come simbolo rappresenti una virtù piacevole.
Vedi Amorevolezza.
Becco.
Maschio della capra, considerato come uno degli
animali più accesi alla produzione. Adulto, egli ba-
sta a più di cento femmine, e p)erciò i becchi vivono
poco tempo, e sono già vecchi nell'età di cinque o
sei anni. Vedi Bacco — Capricorno — Castità gran-
diisima — Diavolo ■— Dominazione del marito
— Guardarsi dagli stolli — Libidine domata —
Marito di donna adultera — Marzo — Priapo —
Svergognata.
Becco con quattro cerna. Vedi Daniele.
Begonia.
Pianta d'aspetto grazioso, dai fiori copiosi e va-
ghi, che si succedono continuamente gli uni agli altri,
in
VedimodoCordialità.
che la pianta si mostra tutto l'anno in fiore.

Bel (1 Belo. Vedi Baal.


Bel principio tosto abbandonato.
Asino che corre. Allusione a un'impresa prmci-
piata coraggiosamente e bene, ma presto abbando-
nata ; perchè gli asini, in principio cominciano a cor-
rere in fretta, ma dopo poco temjx) rallentano tal-
mente da dover essere trascinati dietro. Donde il pro-
verbio: Trotto d'asino poco dura.
IO — O. ROXCHETTI.
— 146 —
Belizama.
Nome sotto cui i Galli adoravano Minerva, inven-
trice delle arti. La raffiguravano senza egida e sen-
za lancia, vestita di una tunica senza maniche, i piedi
incrociati, la testa appoggiata sulla mano destra, e
nell'attitudine di una donna che medita.
Bella di giorno.
Nome volgare del convolvolo tricolore, così chia-
mato, perchè i suoi fiori si aprono allo spuntar del
giorno e si chiudono verso sera. Vedi Civetteria
Bella di notte.
Nome volgare della nitaggine jalappa, i cui fiori
si aprono la sera e sul far del giorno si chiudono. Ve-
di Notte — Riposo — Timidezza.
Belladonna.
Pianta velenosa. Vedi Silenzio.
Belle Arti.
Acanto.
Belle imprese finito malamente.
Seppia. Allusione a chi grcin cose e belle di se
promettendo, pareva che dovesse raggiungere ma-
gnifici successi, ma che poi avesse miseramente delu-
so rasp>ettativa generale; p>erchè la seppia, se mai fa
di se mostra ai pescatori, tosto che scorge i prepara-
tivi per essere presa, sparge intorno a se una ma-
teria nerastra, intorbidendo l'acqua, sottraendosi alla
vista, fugge, deludendo così il pescatore.
Bellezza dell'anima»
Danae. I poeti simboleggiavano con questa leg-'
giadrissima fanciulla la bellezza dell'anima, che sij
contiene nelle virtù naturali, e presero la pioggia d'o-^
- 147 -

in grembo, per l'abbondanza dei celesti


beni. scesale
IO,
Bellezza della virtù.
Cap'iglialura. Nella Bibbia, dove si parla della
forte e lunga capigliatura di Sansone, di cui egli a-
veva tanta cura, si allude a un ornamento di grande
virtù del capo, cioè l'intelletto, la quale più cresce,
tanto più diventa forte contro le passbni. I Filistei
che si sforzavano di legare Sansone, raffigurano gli
affetti umani e la forza della concupiscenza.
Belk^zza effimera.
Emerocallide.
Bellico. Vedi Ombelico.
Belllde.
Nome scientifico della praiolina, marghertla dei
prati o fior di primavera. Vedi Amore — Candore
— Innocenza.
Bellimbusto.
Guanti gialli. Il detto: in guanti gialli, allude a
una persona elegante; il lion dei francesi.
Bel li uomini. Vedi Balsamina impaziente.
Bellona.
Dea della guerra, sorella di Marte, e corrispon-
dente alla greca Enio. Il suo ufficio era di preparare
il carro e i cavalli di Marte, quando egli andava in
guerra. Rappresentasi coi capelli biondi, sparsi, il
fuoco negli occhi, agitando una fiaccola accesa con
una mano, e brandendo con l'altra una sferza in-
sanguinata, dicui si serve i>er amimare i combattenti.
Talora le si aggiunge una tromba alla bocca, come
segnale d'attacco del combattimento. In Roma, Bel-
lona aveva un tempio alla cui porta era ima piccola
colonna chiamata bellica, contro la quale l'araldo
lanciava una picca tutte le volte che si dichiarava
la guerra.
Bellonari.
Sacerdoti di Bellona, i quaH celebravano le feste
della Dea, facendosi varie incisioni nel corpo con la
spada, e offrendole il sangue che sgorgava dalle lo-
ro ferite, e di cui ne beveva anche il popolo per pu-
rificarsi. Vestivano
e nero. di nero, col capo coperto d'un
berretto pariment
Belzebù.
Dall'ebraico beel, divinità o idolo, e zebub, mo-
sca. Potenza malefica, il più importante, il più mo-
lesto dei demoni, il principe dell'inferno. Preso come
Dio delle mosche, gli si facevano sacrifizi abbru-
ciando sopra gli altari materie fetide, il cui fumo scac-
ciava le mosche, affinchè ne liberasse il mondo. Gh
scrittori sacri lo dicono orrido e spaventevole; chi lo
fa alto come una torre, altri di una statura eguale al-
la nostra; alcuni lo figurano sotto la forma di un
serpente; ve ne sono anche di quelli che lo imma-
ginarono sotto le fattezze di una bella donna.
Benda.
Striscia o fascia che si avvolge al capo. Le bende
delle religiose si abbassano sulla frontegliper signifi-
care che esse chiudono volontariamente occhi per
non osservare le folhe del mondo alle quali hanno ri-
nunciato. Si chiama benda reale un diadema, per-
chè il distinti vo della dignità di re anticamente era
una benda che i re portavano sulla fronte. Vedi A-
jjjore — Amor proprio — Anarchia — Errore
favore — Fortuna — Giustizia — Ignoranza
— Obbedienza — Regia potestà.
— 149 —
Ben-dzai-ten.
Dea giapponese dell'eloquenza, della scienza,
dell'amore, della musica e della ricchezza. E' la pro-
tettrice delle donne, soprattutto delle geishe (musici-
sta e cantanti), e anche dei pescatori e dei marinai.
Bene circondato dal male.
Rosa, le cui spine rappresentano le punture dei
fastidi, i quali spesso amareggiano ciò che si poteva
avere di dolce; poiché la gioia della nostra vita è
talmente circondata dagli affanni, che quasi sempre
con l'allegrezza si trova congiunto il dolore. Donde
il proverbio: Non v'è rosa senza spine.
Benedetto (San).
Abate, fondatore dell'ordine religioso dei Bene-
dettini. — Campanello, spezzato dal diavolo, e col
cui suono il Monaco romamo avvertiva S. Benedetto
quàhdo gli calava il pane in un canestro legato a
una corda, nella grotta di Subiaco, dove si nascose
per sfuggire ai pericoli della corruzione. Cocolla.
Colomba, sotto la cui forma egli vide l'cmima di sua
sorella salire al cielo. Corvo, nutrito dal santo, e che
gli fece gettar via il pane avvelenato mandatogli.
Diavolo. Disciplina. Libro. Pastorale. Spine. Stac-
cio. La nutrice di S. Benedetto avendo rotto uno
staccio di terra cotta avuto in prestito, il bambino lo
rimise nella sua forma primitiva. Tazza. I monaci
che lo vollero per loro superiore, ben tosto si stam-
carono della rigida disciplina ch'egli esigeva, e, {ten-
titi della loro scelta, deliberarono di av\elenarlo, ma
la tazza si spezzò, quando la benedisse prima di por-
tarla alle labbra. Tiara.
Benefattore.
Lino, per il suo prodotto utilissimo.
— 150 —.
Beneficenza.
Corona di olmo (campestre) e di pampanì, in ca-
po alle figure, è emblema di beneficenza.
Benefìcio ricambialo.
Aquila. Narrasi che un mietitore, mandato dai
compagni a prendere dell'acqua, trovò presso la fon-
tana un serpente che avvolgeva nella sue spire un'a-
quila, che il mietitore liberò, tagliando il serpente con
la falce. Ritornato presso i suoi compagni diede loro
a bere; ma quando egli stesso volle dissetarsi, com-
parve l'aquila a un tratto, togliendogli dalla bocca
il vaso d'acqua, scagliandolo lontano, e mentre il
mietitore si meravigliava di ciò, tacciando l'aquila
d'ingratitudine, vide i suoi compagni a uno a uno
cadere a terra, e allora comprese che l'acqua era av-
velenata, e così egli fu salvo per il benefizio ricam-
biato dall'aquila.
Benignità.
Aquila, che si ciba con un altro uccello nello stes-
so vaso. Berillo, dedicato alle Dominazioni, coro de-
gli angeli che rendono l'uomo benigno.
Benito (San).
Casacca gialla, con cui, sotto l'Inquisizione, si ve-
stivano condannati
i al rogo, e sulla quale era raffi-
gurato un uomo sopra tizzoni infiammati, e circon-
dato da diavoli esultanti di gioia.
Berberi.
Pianta irta di spine e a frutto acerbissimo. I suoi
fiori sono assai irritabili e al minimo contatto gli sta-
mi si ripiegano sul pistillo. Vedi Asprezza. Ruvi-
dezza.
Beripione. Vedi Albione,
— 151

Berillo.
Pietra preziosa, varietà giallastra dello smeraldo
marino. Vedi Amore ^— Benignità — Dominazioni
— Impero — Scienza.
Bernardo (San).
Abate. — Api. Arnia. Cane. La madre del san-
to, incinta di lui, s'immaginava di portare in grem-
bo un cane che abbaiasse fortemente. Ciò che più
tardi fu considerato quale pronostico dello zelo che
il santo mai cessò di spiegare contro i nemici della
Chiesa. Chiesa. Croce, simbolo delle austerità a cui
egli si sottoF>oneva. Diavolo, di cui respinse le tenta-
zioni. Maria Vergine. Mitra, per terra, avendo egli
rifiutato l'arcivescovato. Ostia. Penna, perchè fu
scrittore. Strumenti della passione, reunmentando le
varie pene corporali che si infliggeva.
Berretta o berretto. Vedi Liberatore della patria.
Berretta cardinalizia.
Berrettino quadrato rosso concesso ai cardinali, per
distinguersi dai prelati in quei luoghi dove essi non
possono far uso del cappello rosso. Il colore rosso,
in questo caso, ricorda ai cardinali tanto la dignità,
quanto il martirio a cui devono essere disposti per a-
more della fede. Vedi Cardinali.
Berretta ebraica. Vedi Giuseppe {San) — Profeti.
Berretta ovale. Vedi Vulcano.
Berretto con piume Vedi Leggerezza.
Berretto da prete. Vedi Evonimo.
Berretto frigio. Vedi Ecaie — Emancipazione —
Libertà — Mitra.
— 152 - (
f

Berta (Santa). |
Badessa e vedova. — Aliare, davanti al quale |
una delle sue figlie, al momento d'essere rapita, rin- f
novo i suoi voti. Fanciulle, essa prese il velo con \
due delle sue figlie. Fontana. Mancando d'acqua il |:
suo monastero, ella acquistò una sorgente limitrofa, ì
tracciò un solco con la rocca e l'acqua la seguì al i
convento.
Bertuccia.
Specie di scimmia dal corpo gracile, affatto senza i
coda, faccia rugosa, orecchie tonde e somiglianti a
quelle dell'uomo. Vedi Sciagurato.
Besa 0 Beso.
Dio che assai anticamente gli Egiziani presero ai
popoli della spiagga del mar Rosso. E' rappresen-
tato da un nano robusto e d'aspetto bestiale, vestito
d'una pelle di pantera la cui coda gh pende di dietro
fra le gambe, talvolta col capo acconciato con un
mazzo di penne di struzzo. Era il buffone degli Dei,
il signore padrone del piacere e della gioia, e, come
tale, egli presiedeva ai finimenti delle donne, alle lo-
ro danze, al loro sonno; col coltello alla mano ve-
gliava nelle camere da letto per allontanare gli spi-
riti maligni o gH animali dannosi. Lo si rappresen-
tava talvolta saltando sconciamente e suonando l'ar-
pa o il tamburello, tal altra armato a guerra ed ese-
guendo una danza di combattimento. Ai tempi dei
Romani, questo Dio aveva un oracolo famoso in
Abido, e dove non vi rendeva le sue risposte se non
in biglietti suggellati.
Besamondo.
giapponese, dell'ordine dei Fotochi (ve-
di).Divinità
— 153 -
Bestia con sette teste. Vedi Idra.
Betir.
Pietre che si riguardavano come discese dal cie-
lo. Dicevansi piene di spirito profetico, e s'attribuiva
loro il dono della parola e spontaneità di movimento.
Beto'^ica.
Pianta rinomatissima presso gli antichi. Con le sue
foglie secche si prepara una polvere a forzare lo star-
nuto; spandono un odore aromatico così forte, che
sovente cagionano a coloro che le raccolgono uno sba-
lordimento analogo a quello prodotto da soverchia
dose di vino. Vedi Agitazione. Commozione.
Betula piangente.
Pianta i cui rami s'inclinano verso terra. Vedi Ma-
linconia.
Bevitore.
Spugna, simbolo proverbiale comunissimo.
Bhadracali.
Moglie o figlia di Siva. Si confonde spesso con
Bhavani. Il gigante Darida aveva fatto per dodici
anni penitenza in onore di Brahma, e in ricompensa
ricevette da questo Dio un libro e alcuni braccialetti.
Brahma gli insegnò pure alcune preghiere, con le
quali poteva aumentare unmensamente le sue for-
ze, e gli diede il privilegio di non poter essere uc-
ciso o ferito da alcuno. Il gigémte credette d'allora
in poi che solo i suoi degni emuli fossero gli Dei. Sfi-
dò Isvara (Siva), e questi mandò una femmina chia-
mata Sorga che gli tagliò la testa, la quale non era
che apparente, avendone egli altre molto simili, una
delle quali era tosto sostituita alla tagliata. Perciò
nel giorno appresso esso sfidò nuovamente Isvara, il
- 154 -

quale gli mandò contro cinque donne sante che gli


tagliarono cinque altre Iteste (immaginarie, e il di
seguente rinnovò la sfida. Isvara deliberava con Vi-
snù, quando a un tratto una singolare forza uscente
dal corpo di questi passò in Isvara, gli uscì dalla
fronte per l'occhio e si trasformò in una femmina gi-
gantesca che chiamasi BhadracaU o Petracari - Pa-
goda. Sette volte in sette giorni ella abbattè le teste
del gigante Darida, ma non colpì mai la testa reale.
Per trionfare di lui ricorse all'astuzia, lo privò del
libro e dei braccialetti che aveva ricevuti da Brahma,
e finalmente gli tagliò la vera testa.essa Suo padre l'ac-
colse freddamente al suo ritorno ed gli fece pro-
vare tutta la sua collera. Isvara, per riconciliarsi con
lei, le diede due giovani serve, Virapatra e Kuetra-
cuela, e un vascello su cui poteva viaggiare senza
essere veduta, in grazia del quale essa soggiornò fra
gli uomini. Poi essa dimorò per qualche tempo nel
corpo di una scimmia, e con questo mezzo trionfò di
tutti i suoi nemici. Più tardi sposò un mortale, ma
restò vergine. E' rappresentata con otto facce e se-
dici mani nerissime, con grandi occhi rotondi e denti
somiglianti alle zanne di cinghiale. Porta a ciascuna
orecchia un elefante, e serpenti attorcigliati intorno al
corpo. Porta una spada, un tridente, una sciabola,
un giavellotto, una picca, una scimmia con la tskara
o ruota mistica.
Bhaìrava. Vedi Siva.
Bla.
ne
Parola greca che significa violenza. I Greci
avevano fatto una divinit à, cui davano per padre lo
Stige e Pallad e per madre.
— 155 —
Biagio (San).
Vescovo. Martire, prima di decollarlo gli laceia-
rono le costole con pettini di ferro, per questo i car-
datori lo presero p>er il loro patrono. — Cefo. Chie-
sa. Como d'avorio con finimenti d'argento, chiamato
dai francesi olifant, che portavasi al collo, e serviva
come strumento da fiato. Fanciullo soffocato da una
spina di pesce, che il Santo salvò. Papero. Pettini
di ferro.
Bianco.
I Traci, che furono i primi a distinguere i giorni
fausti dagli infausti, segnavano i primi con pietre
biamche e i secondi ccm pietre nere. Da ciò deriva-
rono presso i Greci e i Romani varie frasi relative
èli giorni dell'anno, e quel modo di dire dies albo si-
gnanda lapillo, che i nostri, allontanandosi dal vero
e dal p>ossibile, hanno trasformato in fare un segno
con un carbone bianco. Presso gli Egiziani, i Girci
e i Romani, i sacerdoti eremo vestiti di bianco; come
lo erano, secondo Virgilio, anche i buoni poeti, gli
uomini d'ingegno. Le donne, che avevano sempre
p>ortato il lutto in abito nero al f>ari degli uomini pres-
so i Greci e i Romami, sotto gli imp)eratori, cambia
reno quest'uso, e le vedove lo portarono in abito
bianco, con bende egualmente bianche; per mostrare
la loro purità e candidezza verso il marito. Coloro
che in Roma aspiravéuio alla magistratura portavano
toghe bicinche, perciò si chiamavano candidati. Una
volta il bicuico era p>erfino il carattere distintivo dei
capitani e dei re, come lo fu poi il colore porpora.
Quantunque il bianco sia simbolo principale dell'in-
nocenza edella semplicità, alcuni lo vollero secrio
di biasimo, perchè i Giudei vestirono di qxiesto CQ-
- 156 —

lore Cristo per maggior biasimo e scorno. Tito Livio


fa menzione di un esercito di Sanniti, il quale era
fregiato con una linea bianca, per mostrare che era
un esercito di soldati nuovi, cioè senza gloria; e Vir-
gilio chiama scudo senza gloria di colui che aveva
lo scudo bianco; perchè era usanza dei valorosi ca-
pitani di scrivere sopra gli scudi i loro fatti gloriosi
in guerra. Altri vollero il bianco segno di allegrez-
za, perchè nei banchetti gli antichi usavano vestirsi
di questo colore. Q)sì la Chiesa cattolica dopo la ri-
surrezione diCristo tutta trionfante si veste di bian-
co; e gli angeli dopo la risurrezione, in segno di al-
legrezza, simostrano in una veste bianchissima. Ve-
di ApastoU — Battesimo — Castità — Cheru-
bini — Eucarestia — Fede — Gesù Cristo — Giu-
stizia — Innocenza — Legge vecchia e legge nuova
— Maria Vergine — Martirio — Purezza — Tri-
nità — Verginità.
Biancospino.
Nome volgare del cratego bianco. I Romani por-
tavano nei matrimoni delle torce di biancospino, per-
chè credevasi che quest'arboscello avesse la proprie-
tà di allontanare i malefizi. Per lo stesso molivo se
ne attaccavano alcuni rami alle finestre delle camere
dove dormivano i bambini appena nati. Vedi Car-
dea — Speranza.
Biasimo.
Lancia, con la punta a foggia di freccia, secondo
alcuni.
Bibieisia e Edesia.
Da bibere, bevere, e da edere, mangiare. Dee dei
banchetti di Roma. L'una presiedeva ai liquori che
- 157 -

si bevevano nei conviti, ed era detta anche Potino ;


l'altra presiedeva al mangiare.
Bibli e Cauno.
Figli di Mileto e della ninfa Cianca. La giovane
Bibli avendo concepito una colpevole passione per il
suo fratello, l'obbligò a cercare lontano da essa la
tranquillità che non poteva avere nella casa paterna.
Bibli ne andò lungo tempo inutilmente in traccia, e
si fermò infine in un bosco, dove a forza di pian-
gere fu convertita in fonte inesauribile, che da essa
prese nome.
Bicipite (che ha due teste). Vedi Ciano.
Biel.
Dio della foresta Ercinia presso gli «uitichi Sasso-
ni. I falegneoni portavano ai suoi sacerdoti le loro
ascie da benedire. Presso gli Scandinavi, Biel era il
Dio della vegetazione, protettore delle foreste.
Bietola. Vedi Barbabietola.
Biforme.
Soprannome dato a Bacco, perchè rappresenta vasi
ora giovéuie, era vecchio, ora con barba, ora sen-
za; ossia perchè il vino, quando se ne beve più del
solito, rende gaio o tristo secondo il naturale.
Bifronte.
Che ha due fronti. Soprannome specialmente di
Giano, il quale era rappresentato dagli antichi con
due facce, p>erchè si supponeva che guardasse avanti
e indietro, p>er mostrare ch'egli aveva la conoscenza
del passato e dell'avvenire. Gli Ateniesi ' posero sul-
le loro monete una testa di donna unita a quella di
Cecrope, ch'essi riguardavano quale istitutore del ma-
trimonio, e quest'emblema dissero bifronte.
— 158 —
Bifrost.
Parola celtica che significa arcobaleno, ed è un
ponte che va dalla terra al cielo, secondo la mitolo-
gia scandinava. Esso è oltremodo solido e costrutto
con maggior arte che qualsiasi opera del mondo; ina
malgrado la sua solidità verrà spezzato quando i fi-
gli di Muspele, ì geni malvagi, attraversati i gran
fiumi d'inferno, passeranno su questo ponte a cavallo.
Il ponte è di fuoco, il quale si vede nel rosso del-
l'arcobaleno.
Biga.
Carro tirato da due cavaUi, più in uso presso i
Romani. Le statue con le bighe furono la prima
volta erette agli Dei, e in seguito ai vincitori dei gio-
chi greci. Sotto gli imperatori romani si decretarono
statue in bighe agli uomini benemeriti della patria.
La biga era uno degH emblemi della vittoria. Vedi
Carro.
Bilancia. Vedi Aesculanus — Astrea — Dub
bio — Equità — Giustizia — Mercante — Michele
{San) — Temi — Zodiaco.
Bimo.
Lettera simbolica. Vedi Battesimo.
Bindzourou.
Dio giapponese della medicina.
Bipenne.
Scure a due tagli. Vedi Punizione severa.
Bisaccia.
Specie di sacco di pelle concia, che portavasi die-
tro il dorso, passando le braccia p>er due cinghie di
cuoio che lo sostengono. Vedi Preoccupazione delle
cose terrene.
— 159 —

Bisognoso d'altrui aiuto.


Cranchio e pinna. Geroglifico egiziano di persona
incapace di provvedere ai propri bisogni, senza il
consiglio o l'aiuto degli altri; p>erchè volevasi che il
granchio nascondendosi nelle valve della pinna, che
tiene aperte per fame, quando vede i pesciolini ac-
corsi, sollecita la pinna, la quale chiudendo le valve
trova di che alimentarsi, e ciò con l'aiuto altrui, sen-
za di questo, secondo Aristotile, la pinna morirebbe
di fame.
Bito.
Ente chimerico, immaginato dai Valentiniani, 1
quali lo riguardavano come principio della loro ge-
nerazione.
Bitone e Cleobi.
Due giovani, Bgli di Cidippe, sacerdotessa di Giu-
none in Argo. Non trovandosi buoi per tirare il car-
ro della loro madre, si posero essi stessi sotto il giogo
e lo tirarono quaranta stadi fino al tempio, fra le ac-
clcimazioni della moltitudine, che si rallegrava con
la madre dell'amore dei figli. Questa pregò la Dea
che li ricompensasse col più bel dono che p>otesse es-
sere concesso a un mortale; donde avvenne che i gio-
vcuii, coricatisi per la stanchezza presso il tempio,
non si svegliarono più; ciò che fu riguardato come
una prova che la mrote è il più felice avvenimento
F>er l'uomo.
Blito.
Pianta dai frutti insipidi che somigliano a ima
frtigola. Vedi Sciocco — Stolto.
Boa.
Secondo" gli antichi, questo serpente grosso, soleva
— 160 —

tener dietro agli armenti per succhiare il latte delle


vacche. Vedi Africa.
Boarmia.
Soprannome che i Beozi diedero a Minerva, per
aver insegnato agli uomini l'arte di aggiogare i buoi
e di valersene nei lavori agricoli.
Bocca. Vedi Verecondia. »
Boccale. Vedi Bacco.
Bolla.
Ornamento in forma di palla, o di cuore, che i
fanciulli dei romani portavano appeso al collo e scen-
deva sul petto; era d'oro, ma i figli dei liberti e dei
cittadini lo portavano di cuoio. All'età in cui lascia-
vano la pretesta (toga bianca orlata di porpora) per
prendere la toga virile, essi cessavano di portare la
bolla, e la sospendevano al collo dei Lari, cui la
consacravano. Vedi Rimedio contro l'invidia — Ve-
rità.
Bolla.
Specie di sigillo di metallo che si appendeva agli
atti dei papi, degli imperatori e dei principi. Vedi
Antichità.
Bolla di sapone. Vedi Fragilità umagia.
Bona Dea.
Divinità romana, sorella, moglie o figlia di Fau-
no, chiamata anch'essa Fauna o Fatua, come divina-
trice. Dea rinomata per castità e profezia, e il suo
culto era affidato esclusivamente alle donne. Il suo
santuario era una grotta nel monte Aventino. La sua
festa celebravasi ogni anno il giorno 1 " di maggio
nella casa del console o pretore; e le cerimonie ave-
vano luogo di notte, ed erano eseguite da Vestali, e
— 161 —

le donne soltanto di nobilissima condizione, per so-


lito, potevano prender parte in esse. Durante la so-
lennità a nessun uomo era lecito metter piede nella
casa, e anche i loro ritratti non erano tollerati se non
coperti di un velo. E* noto che P. Clodio profanò in
tal occasione le sacre cerimonie, entrando nella casa
di Cesare travestito da donna. Le. donne che celebra-
vano la festa di Fauna, vi si dovevano preparare a-
stenendosi da varie cose, sf>ecialmente da ogni com-
mercio con gli uomini. La casa del console o pre-
tore era ornata dalle Vestali, come un tempio, coi
fiori e frondi di ogni albero, tranne il mirto, a cagione
del suo significato erotico. La testa della statua della
Dea veniva coronata di pampani, e un serpente cir-
condava suoi
i piedi. Quantunque nessuna donna po-
tesse portare con sé del vino, eravi in mezzo alla stan-
za un vaso pieno di vino, con che le donne facevano
le loro libazioni, ma quel vino però chiamavasi latte,
e mellarium il vaso che lo conteneva, in modo che il
vino non veniva pronunciato. Dicesi che il sacrifizio
a questa Dea consistesse nell'immolazione di galline
di vario colore, tranne il nero. In seguito le donne
davémo principio alle loro danze bacchiche e a be-
re il vino per esse preparato. La Dea stessa credesi
che ne abbia dato loro esempio, poiché dicesi, men-
tre era ancora sulla terra, che si ubriacasse, e per-
ciò Fauno l'uccise con un bastone di mirto, subli-
mandola poi alla condizione di Dea. Fauna veniva
anche considerata come una Dea dotata di facoltà
sanatrice, come la indica il serpente attorcigliato ai
suoi piedi.
1 1 — O. Ronchetti.
162 —
Bonifacio.
Vescovo. — Fontana. Grapp olo d uva. Libro at-
traversato da una spada. Spada.
Bontà.
asi co-
Divinità onorata dai Romani. Rappresent
perta d'un velo d'oro e coron ata di ruta. Le sta ap-
e i
presso un pellicano che si apre il petto per nutrir
giova ne alber o che cresce sulla
propri piccoli, e un
pian-
spond a di . un ruscello. — Rosa, colore. Ruta,
ta benefica
Bop. Vedi Odino.
Bordone. „ • i
nel me-
Era il bastone che portavano i pellegrini
o ritor navan o da Terra Santa cingev a-
dio evo. Quand erano
no il bastone d'una palma , per signif icare che
questa pianta.
stati in quei luoghi, così fecondi di
Conco rdia — Francesco
Vedi Alessio (Santi —
iore (San) --
Saverio (San) — Giacomo il Magg {Santa).
Pellegrina ggio — Rocco (San) — T^t^^a
Borea. Vedi Venti.
Borkani. ..... , i
ro di divmi ta adora le dai
Nome di un gran nume
di cu. sono
Calmucchi e dai Boretti. le principali
bakyamuni, .\-
Teugin Borkan. il creatore supremo,
e OUangotoco-
bida o Abiduba. Grulekkan, Ordara
in due classi , cioè in buo-
na I Borkani si dividono ali con un
ni e m malefici. GH uni sono rappresent
aspetto piacevole e sorridenti,con e gli altri, cioè i ma-
lefici, con forma mostr uosa, una bocca orribile,
Si vedon o seduti sopra
e con occhi fieri e minacciosi.
parte uno scettro e dal-
stuoie con in mano da una
l'altra un campanello. GH idoli sono d ordinano d.
— 163 —

rame, vuoti e indorati a fuoco, e di un'altezza di I


a 5 metri. I piedestalli su cui posano contengono cia-
scuno un piccolo cilindro fatto con le ceneri dei san-
ti, nel corpo dei quali è passato il borkano che ti
adora. Vi sono anche inunagini di borkani disegnate
0 dipinte, tanto sulla carta chinese, quanto su piccoli
brani di stoffa.
Borrana.
Pianta a foglie rugose e irte di peli. Vedi Bur^
bonza.
Borsa.
Sacchetto destinato per lo più a tenere il danaro.
Antichissimo n'è l'uso. Era comunemente di cuoio,
e chiudevtisi stringendola con corregge. Vedi Ade-
laide (Sanf) — Avarizia — Carità — Elemosi-
na — Elisabetta d^ Ungheria (Santa) — Giovan-
na di Cusa {Santa) — Giuda — Liberalità —
Lorenzo (San) — Matteo (San) — Mercante ric-
co — Mercurio — Niccola (San) — Priapo — U-
sura.
Borzacchio. Vedi Bozzacchio.
Bosso o Bossolo.
Pianta il cui legno, quando è ben secco, non va
soggetto a screpolarsi, ne viene intaccato dal tarlo.
Vedi Fermezza — Stoicismo.
Bossolo o Bussolotto.
Vaso di latta o di legno usato per lo più dai cie-
chi per raccogliere l'elemosina. Vedi Carità —
lemosina. E-

Botte. Vedi Dailfoku — Libidine.


Bottone d'oro. Vedi Ranuncolo acre.
164

Bozzacchio.
Susina gonfia e inutile, non venuta a maturità,
perchè guastata dagli insetti. Vedi Bastardo.
Bpaocio (Quattro)» Vedi Quanon — Quenavadi
Braccio tagliato. Vedi Adriano {Sani').
Braciere d'incensi. Vedi Aprile — Asia.
Brahma.
Dio dell'India, ritenuto primitivamente quale crea-
tore del mondo, degli Dei e di tutti gli esseri. Nella
a for-
forma attuale della religione degli Indù, Brahm
(il conserv atore e sosteni tore) e con bi-
ma con Visnù
pres-
va (il distruttore) la triade degli Dei principali e
so gli Indù. Viene rappresentato con quattro facce
che
tenente nelle quattro mani un libro manoscritto
acqu>.
contiene una parte dei Veda, un vaso da tener
cucchi aio da sacrifiz i. E seduto su
un rosario e un
di un loto, sorretto da quattro cigni od oche.
Brevità della vita.
il corso
Palmo della mano. I Greci paragonavano
misura e-
della vita umana al palmo, cioè una corta
quattr
guale a desimo o dita. Spanna, simbolo preso nel me-
senso del palmo.
Briareo.
con cen-
Figlio del Cielo e della Terra. Gigante spa-
oppon evano , a Giove cinqu anta
to mani, le quali
cinqu anta scudi , e con cinqu anta teste e altret-
de e
m eie-
tante bocche da cui mandava fiamme. Briareo
guena
lo era chiamato Egeone. Prese parte nella
e oppre sso dappr ima sotto
dei Titani contro gli Dei,
ne fu poi libera to. Altri vogli ono che
il monte Etna,
pito nel mare;
Nettuno, dopo averlo vinto, lo preci
le divinità
ma pacificatosi poi con esso, lo pose tra
— 165 —

inarine e gli diede in moglie la propria figlia Cinipolia.


Omero racconta che Giunone, Nettuno e Minerva
avendo cospirato contro Giove, Briareo, pregato da
Teti, salì nel cielo e s'assise accanto al padre degli
Dei con aspetto così terribile, che i congiurati, presi
da spavento, abbandonarono l'impresa. Giove lo ri-
compenò eleggendolo a sua guardia con Gige e Cotto.
Briglia. Vedi Redini.
Brigoso. Vedi Litigioso.
Britomarte.
Dal cretese britus, dolce, e marlis, vergine. Bella
Ninfa di Creta, figlia di Giove e di Carme, appas-
sionata p>er la caccia, dicesi inventasse le reti, e per-
ciò fu soprannominata Ditlina (da dilftuon, rete). Al-
cuni hanno preteso che questo soprannome le fosse
dato per essersi questa Ninfa nascosta fra le reti da
pescatore p>er sottrarsi alle assicuità di Minosse, che
di lei si era innamorato.
Briza.
I fiorì di questa pianta :si agitano al minimo soffio
di vento. Vedi Agitazione — Frivolezza.
Brocca. Vedi Elisabetta d'Ungheria {Santa).
Bronte.
Famoso ciclope, figlio del Cielo e della Terra. Ge-
nio del tuono personificato. Fabbricava i fulmini di
Giove, e faceva uno spaventevole fracasso battendo
sull'incudine con Sterope e Piracmone, ciclopi suoi
compagni. — Uno dei quattro cavalli del Sole.
Broteo.
Figlio di Vulcano e di Minerva, che vedendosi
da tutti beffeggiato per la sua bruttezza, si gettò
nel fuoco del monte Etna.
166 -
Bruco, ,„ , , ,. ^
Corpo
Insetto che si trasfonna in farfalla. Vedi
umano.
Bruno (San).
co.
Fondatore dell'ordine dei Certosini. — CataM
ia termi nano in due ciufh di
Crocefisso, le cui bracc
ivo che pro-
frutti e foglie d'olivo; allusione all'ol i suo
spera nei terreni più sterili. S. Bruno fondò ,
ta. Dito sulle labbra
convento nella solitudine desola
osserv ato dai certo-
simbolo del silenzio rigorosamente
ordine. Ma-
sini. Fontana. Libro delle regole del suo spalle;
trona riccamente adornata, alla quale volge le
, e l esclus ione del-
per indicare la sua fuga dal mondo Mitra ai piedi, perche
le donne dal suo conve nto.
Olivo, ramo m
il santo rifiutò la dignità arcivescovile
. Pasto rale, posto a, suoi
forma di crocefisso. Palma
piedi, per lo stesso motivintorn o della mitra Stelle 1 ai-
.
volta sei stelle figur ano o alla testa del bantu,
e una settima sul petto. Testa di morto.
Bruttura delle ricchezze.
e un piede al-
Pavone con la coda dritta e spiegata,
; perch è, dice Bocca ccio, sicco me il pa-
zato esteso altera
grida , così il ricco con
vone èun uccello che
si vanta ; e sicco me il pavon e abita sopra i tetti,
voce
edihci, cos,
e sempre sale sopra i più alti luoghi degh
, e non essendo-
il ricco cerca sempre le prominenze
inolt re il pavo ne e ornat o di
gliele date le usurpa:
penne , si dilet ta di lode, e di manie ra si trae
belle
giro 1 occh.u-
a vagheggiare se stesso, che rivolge m
le parti di dietr o piene di lez-
ta coda, e lascia nude
zo Dal che ci vengo no signi ficat e la porpo ra d^i ric-
chi le vesti d'oro, la vanag loria , la super ba pompa.
- 167 -
e le orecchie inchinate alle adulazioni; onde bene ne
nasce che la lordura loro, che altrimenti forse sarebbe
stata nascosta, si scopre, e sotto quello splendore ap-
pare un cuor misero, cruciato da ansiosi pensieri; la
dappocaggine, la pazzia, l'inerzia dei costumi, le spor-
cizie dei vizi, e molte volte i corpi fradici dal lezzo.
B,ubbula. Vedi Upupa.
Buccina.
Conchiglia che serviva da tromba ai Tritoni. Vedi
Tritone.
Bue.
A. I Fenici, per essere il bue necessario all'uomo,
lo chiamarono con la prima lettera dell'alfabeto, pei
significare che deve essere considerato il primo e il
più importante degli animali, p>erchè, preso come smi-
bolo della produzione della terra, questa è la prima
che somministra gli alimenti all'uomo. Vedi Agricol-
tura — Apostoli — Carro tiralo da buoi — Ebreo
— Eustachio {Sant') — Francesco d'Assise {San)
— Giustizia — Italia — Lavoro — Luca {San)
— Lucia {Santa) — Mansuetudine — Moneta —
Pazienza — Quiete dopo la fatica — Sconvenienza
—Vittoria.
Teschio di bue. — Tommaso d'Aquino {San) —

Bue con ia testa di leone. Vedi Terra fruttifera.


Bugia. Vedi Menzogna.
Buglossa.
Dal greco bous, bue, e glòssa, lingua. Specie di
borragine coi fiori azzurri. Vedi Menzogna.
Bulbo. Vedi Nozze.
— 168 —
Bulea e Buleo.
Soprannome di Minerva, di Vesta e di Giove, che
si credevano presiedere alle deliberazioni e al buon
consiglio. Le loro statue si trovavano nella sala del
consiglio dei Cinquecento in Atene, ed erano da que-
sti adorati all'entrare della sala, per supplicarli di sa-
vie ispirazioni.
Bulino.
Strumento di cui si servono gli incisori. Vedi In-
cisione.
Buona fortuna. Vedi Fortuna. V
Buon augurio.
Asino, che fu pronostico di vittoria per Angusto,
in unprocinto
il quale, contrato d'attaccare il nemico, avendo in-
uomo che conduceva un asino; chiesto 11
loro nome, seppe che l'uomo si chiamava Tiche
(fortuna), e l'asino Niche (vittoria). Mario trovandosi
presso Fannia, vedendo un asino, il quale, ragliando
fortemente e coirendo, entrò in casa sua, prese que-
sto avvenimento come augurio che sarebbe stato vit-
torioso se combatteva per mare. Inoltre era di buon
augurio se una persona ammalata avesse visto un a-
sino che, caduto a terra, si alzasse da se stesso, ciò
che era indizio che l'ammalato si sarebbe rimesso in
salute. Colomba. Venere mandò a Enea due colom-
be in segno di buon augurio. A Cesare le colombe
furono di buon augurio, quando fecero il loro nido
su una palma nel luogo che egli scelse per piantare
l'accampamento, dove fece atterrare tutte le pahne
rispettando quella col nido delle colombe. Nel gior-
no in cui nacque Diadumeniano, figlio di Macrino,
un'aquila gli portò un colombino, ponendolo nella
- 169 -
culla; ciò che fu preso co;Tie segno (in da fanciullo
che doveva essere fatto imperatore. Gli indovini pre-
dissero ad Alessamdro Severo che sarebbe imperato-
re, perchè nel giorno in cui nacque, una vecchierella
donò a sua madre delle colombe.
Buon evento.
Uno degli Dei Censenti dei Romani, la cui statua
figurava nel Campidoglio accanto a quella della Do-
na Fortuna, sua sposa, o, secondo altri, sua sorella.
Rappresentavasi sotto l'aspetto di un giovane nudo,
ritto in piedi e tenente in mano un papavero e delle
spighe, o la cornucopia, e nell'cdtra una tazza.
Buona Dea. Vedi Bona Dea.
Buona notizia.
Iride pratense.
Buona volontà.
Due donne in piedi che si tocccuio la mano si-
nistra.
Buona volontà ostacolata dal dubbio.
Fumo ; perchè, se la buona volontà non è sorretta
da buoni consigli, a nulla riuscirebbe di buono; comt
il fumo riesce senza utilità, se non accompagnato, o
illuminato, dal fuoco.
Buone parole.
Donna che versa l'acqua da un olla all'altra: al-
legoria di una persona che suggerisce buoni consigli.
Burbanza.
Borrana. ^
BusiiM.
Tiranno, figlio di Nettuno, e gigante mostruoso, i)
quale uccideva sull'altare degli Dei tutti i forestieri.
- 170 -

che per disgrazia fossero capitati in Egitto. Avrebbe


sacrificato lo stesso suo padre. Ma Ercole, lasciatosi
prendere da Busiri, condotto all'altare, al . momento
del sacrificio, rotti i lacci con cui era legato, massacrò
con la sua clava i servi e il tiranno.
Bussolotto. Vedi Bossolo.
Butomo.
Pianta chiamata volgarmente giunco fiorito, agiìo
dei fossi. Vedi Condiscendenza — Flessibilità.

c.
e. Nelle tabelle dei tribunali romani C era il segno
di Condemno, infausto e tristo, come lo chicima Ci-
cerone.
Cabir!.
Sacerdoti ed eroi deificati, venerati dai pagani co-
me autori della reHgi)0De e fondatori della razza
umana. I misteri più rinomati in onore dei Cabiri
erano quelli celebrati nella Somatracia; e i cxii riti
si celebravano nel buio dellla notte e con la segre-
tezza più profonda. I candidati, per l'iniziazione a
questi riti, dopo le dovute prove di astinenza, ca-
stità e silenzio, venivano purificati con acqua e san-
gue; sacrificavano quindi un toro o un montone e
bevevano a due fontane, l'una chiamata Lete (oblio)
e iKaltra Mnemosine (memoria), affinchè perdesse-
ro la memoria del passalo e potessero tenere a men-
te le nuove istruzioni. Venivano poi trcisportati in
un'oscura torre o caverna, dove le loro orecchie era-
no assordate dai suoni più spaventevoli, come scro-
- I7i -

sci d'acqua, muggiti di tuono, strida formidabili, men-


tre le tenebre venivano alternativamente interrotte da
lampi che lasciavano vedere i fantasmi più orribili
con un cadavere esjwsto sopra una bara. Riempiti co-
sì di terrore, erano fatti passare improvvisamente ad
altre scene; luce e allegra musica succedevano alla
oscurità e ai suoni spaventosi, il cadavere rrsuscitava
e il tempio risuonava di lieti voci. Allora si comin-'
ciavano le dottrine recondite e i riti segreti, e l'iniziato
era posto su un trono risplendente, ornalo di una fa-
scia di porpora e coronato d'olivo. Le cerimonie fi-
sticonivano
fallo.con danze e orgie, in cui s'introduceva il mi-
Caccia.
Animali: Cane. Civetta imbrigliata. Falco, famo-
so nel medio evo per la caccia. Lepre. — Diversi.
Lacci Reti.
Cacciatore.
Uomo con la testa nuda, e il resto ves to, che fe-
risce un orso con uno spiede. — Cacciatore di nobili.
Uomo che segue tre cani che insieme corrono contra-
riamente. — Cacciatore di principi. Due uomini che
conducono due cani a guinzaglio.
Caco.
Faunoso ladrone, figlio di Vulcaiio, abitatore del-
l'Aventino, eterrore di tutto il paese circostante. Era
un gigante mostruoso, vomitava fuoco e abitava una
profonda caverna, alla cui entrata stavano appese le
teste e le braccia di coloro che aveva uccisi. Questa
caverna egli chiudeva con un sasso che venti paia di
buoi non avrebbero potuto smuovere. Quivi egli na-
scondevafurti,
i nei quali era famoso. Passando Er-
— 172 —

cole in Italia cogli armenti tolti a Gerione, Caco gli


rubò alcune vacche, e per nasconderne le tracce, le
trascinò per la coda nella spelonca. Ma le vacche lo
tradirono coi loro muggiti; allora Ercole l'affrontò e
l'uccise con la sua clava.
Cacodemone.
Genio malefico, spirito delle tenebre, che nella cre-
* denza dell'antichità e del medio evo, si attaccava a
ciascun uomo, e cercava di trascinarlo al male. Gli
astrologi danno questo nome alla dodicesima casa del
cielo, ricavandone essi pronostici di disgrazia.
Cacto. Vedi Fiore dì cacto.
Cadavere. Vedi Beatrice {Santa) — Sommissione.
Cadmo.
Figlio di Agenore, re fenicio, e di Telefassa e fra-
tello d'Europa, Fenice e CiHce. Quando Europa fu
rapita da Giove a Creta. Agenore mandò il figlio in
cerca della sorella con ordine di non ritornare senza
di essa. Riuscite vane tutte le sue ricerche, Cadmo
andò a consultare l'oracolo di Delfo, il quale gli or-
dinò di cessare la ricerca della sorella, ma seguisse
una vacca che egli avrebbe incontrato, e dove essa
sarebbe caduta spossata, ivi fondasse una città. Cad-
mo, trovata la vacca indicatagli e seguitala, dove si
fermò, ivi fondò la città detta Cadmea, che più taidi
divenne l'acropoli di Tebe. Volendo sacrificare qui
la vacca a Giove, mandò alcune persone a prendere
acqua alla vicina fontana di Marte, custodita da un
drago, figlio di questo Dìo, il quale le uccise. Cadmo
a sua volta uccise il drago, e seminò, per consiglio di
Minerva, i suoi denti, dai quali nacquero uomini arma-
ti, che si uccisero fra loro, eccetto cinque. Echione,
- 173 -

Udeo, Ctcmio, Iperenore e Peloro, i quali, secondo la


leggenda tebana, furono gli antenati dei Tebani. In pu-
nizione d'aver ucciso il drago, Cadmo fu costretto
a servnre per otto anni Marte. Passato questo tempo.
Marte gli perdonò, e gli diede in moglie Armonia.
Cadmo regnò molto tempo su Tebe; ma quando sap-
ide dall'oracolo che consultò, che i suoi p>osteri dove-
vano soffrire grandissime disgrazie, si esiliò volonta-
riamente con Armonia in Illiria, e in ultimo, trasfo.'-
mati in draghi, entrambi furono da Giove ammessi
nell'eterna vita dei Campi Elisi. La storia di Cadmo
pare simboleggiare l'immigrazione di una colonia feni-
cia o egiziana in Grecia, trasportando in queste l'al-
fabeto, l'arte di esplorare le miniere e il culto di
Bacco. In un vaso greco Cadmo è raffigurato in at-
to di scagliare una pietra sul drago, mentre dietro
lui sta Minerva che dirige i suoi colpi, e davanti una
figura che personifica la nuova città che deve essere
fondata.
Caduceo.
Dal latino caduceum, corruzione dal greco Jféru'
keion, oggetto appartenente a un eroe. Mazza o ba-
stone che portavano gli antichi araldi e gli ambascia-
tori in tempo di guerra. Esso non era in origine altro
che un ramo di lauro o di olivo guemito di due stri-
scie o nastri di lana, che poi i poeti convertirono in
due serpenti, raccontando che Mercurio un dì incon-
trando due serp>enti che combattevano insieme, gettò
fra loro la sua verga per separarli, alla quale i ser-
penti attorcigliati si avvolsero placidaunente, e da quel
giorno furono adottati quale simbolo di pace. Al ca-
duceo Mercurio aggiunse le alette, essendo Dio della
— 174 —

eloquenza. Vedi Accademia — Baiavi -— Commer-


cio — Concordia — Eloquenza — Felicità — Fe-
licità pubblica — Forza vinta dalla sapienza —
Generazione — Mercurio — Mitra — Pace — Po-
tenza eforza del fato — Prosperità.
Cagna. Vedi Lamia.
Calai e Zete.
Figli di Borea o Aquilone e Orizia. Fecero il
viaggio di Colchide cogli Argonauti, e sciacciarono le
Arpie dalla Tracia. Dicono che avessero le spalle
coperte di scaglie d'oro, le ali ai piedi, e i capelli lun-
ghi cadenti sul collo.
Calamaio. Vedi Clio — Matteo {San).
Calamita. Vedi Forza — Potenza.
Calasrrità.
Dal latino calamitas, tempesta, grandine rompen-
te gli steli di frumento, in latino calamus, canna.
Sventura, specialmente pubblica. — Canne rotte, get-
tate a terra, fuoco, che, secondo i teologi, ^ nella
Bibbia, è preso per le molestie e le calamità che
reta-
provino la fortezza dell'uomo; secondo l'interp
zione dei seguent i versetti dei Salmi :^ Tu con il fuo-
co ci esaminasti, si come si esamina l'argento, e: Sia-
mo passati per il fuoco e l'acqua.
Calato.
Dal latino calathus, cestello, paniere. Nel senso
ordinario era un paniere di giunchi, e di vimmi. in
-
cui le donne riponevano la loro lana: quasi cilindri.
co alla base, esso era, in alto, largamente dilatato
Per analogia, sì diede il medesimo nome a dei pa-
nieri di forma simile, dove si mettevano i fiori, frut-
ta, ecc. Proserpina. lo portò in testa, ed era consa-
— 175 -
crato specialmente a Minerva. Vedi Arti del disegno
— Canestro — Minerva — Proserpina.
Calcedonia.
Varietà di agata il cui nome deriva da una cit-
tà dell'Asia Mmore. Vedi Misericordia.
Caldaia. Vedi Cecilia {Santa) — Giovarmi Evan-
gelista (San).
Calendula.
Pianta comunissima, che ingombra talvolta la col-
tura e nuoce molto alle biade, e si dice che comunichi
il suo odore al vino fatto dei vigneti in cui cresca
in abbondanza. Vedi Angoscia — Disperazione —
Inquietudine — Pene.
Calendula pF^j viale.
I fiori di questa pianta non si aprono che al mat-
tino, e quando fa bel tempo, e si chiudono assai pre-
sto, tanto più se minaccia un temporale. Vedi Pre-
sagio.
Calice.
Vaso che il sacordote adopera nella messa. Nella
Bibbia il nome di calice si adopera in senso figu-
rato e significa eredità o parte di ciascuno; significa
anche le afflizioni che Iddio manda a^li uomini o so-
pra tutto indica i dolori ineffabili della passione del
Redentore. Bonifacio richiesto in un concilio se fos-
se lecito offrire i! sacrifizio in vasi di legno (come usa-
vasi nella p>overtà dei tempi apostolici), risp>ose: Una
volta aurei sacerdoti usavano calici di legno; ora al
contrario, sacerdoti di legno usano calici d'oro. Ve-
di Afflizione ■— Barbara (Santa) — Chiesa —
Eucarestia — Giacomo delle Marche (San) — Gio-
vanni Evangelista (San) — Marcello {San) — Pas-
— 176 —

sione di Cristo ~ Penitenza — Prete — Supplizio


capitale.
Calidcne.
Foresta nei dintorni dell'Etolia, celebre nella mito-
logia greca per il cinghiale mostruoso ucciso da Mfc-
leagro.
Cai ipso.
Figlia di Atlante. Abitava nella selvosa isola di
fa-
Ogigia, situata nell'alto Oceano, dove ricevette
vorevolmente Ulisse, sulla quale fu gettato dalla tem-
pesta. Calipso l'amò, e visse con lui sette anni; ma
Ulisse preferiva l'amore della patria e della sua Pe-
nelope, alla bellezza di questa Dea. quantunque gli
promettesse l'immortalità. Al fine gli Dei mossi a
compassione del desiderio di Ulisse di rivedere la
patria, mandarono Mercurio ad annunciare a Calipso
che era volere di Giove che Ulisse fosse hbero di ri-
tornare a casa. Ella non ebbe ardire di opporsi a
questo comando. Ulisse partì, e Calipso, che da lui
aveva avuto due figli, Nausinoo e Nausitoo, ne ri-
rhase inconsolabile.
Calisto o Callisto.
FigHa di Licaone, re d'Arcadia, una delle Ninfe
favorite di Diana, e conosciuta anche sotto il nome
di Elice. Giove, presa la forma di Diana, la rese
madre, e Diana essendosene accorta dalla difficohà
che aveva questa Ninfa nello spogliarsi per prendere
il bagno, la scacciò. Ma Giunone spinse più oltre la
vendetta, e la trasformò con suo figlio Arcade, in
orsa, nella qual forma furono posti da Giove nel
cóeilo, dove coslituiscoino la oosteflazione dell'Orsa
maggiore e minore. Giunone, veduti questi astri, mon-
- 177 —

lo di nuovo in furore, e pregò gU Dei del mare a non


permettere che avessero mai a giacere nell'Oceano.
Calla.
Pianta comune nei giardini. Vedi Insaziabilità.
Callafutunga.
Nome del supremo autore di tutte le cose presso
gli abitanti dell'isola degli Amici nel mare del Sud.
E' una Dea che risiede nel cielo, donde dirige a suo
talento il fulmine e i venti, la pioggia e tutti i muta-
menti dell'aria. Alcune divinità subalterne sono sog-
gette al potere di questa Dea, ma non credesi che
abbiano influenza alcuna sul destino degli uomini do-
jx) la morte.
Calleca.
Dea, detta anche Kallfka, Kalkè o KalU, la qua-
le è adorata nelle Indie dai Gentù, che ne celebrano
le feste l'ultimo giorno di settembre. Il suo nome de-
riva dall'abito clie porta, il quale è nero; poiché gli
Indiani chiamano Inaili l'inchiostro. Le diverse parti
del corpo di Calleca adoransi in vari luoghi dell' In-
dostan. Dicesi che essa néiscesse interamente armata
dagli occhi di Drugah, nel tempo in cui questa Dea
era vivamente stretta dai tiranni della terra, evidente
analogia con la Pallade greca.
Calliope.
Una delle nove Muse, che presiedeva alla poesia
epica e qualche volta all'eloquenza, ed esercitava
una specie di supremazia sulle altre Muse. Rappre-
sentasi sotto l'aspetto di giovane donna coronata di
lauro, in atto maestoso, tenendo nella destra una troni'
ha, e nella sinistra un libro, e tre poemi vicino a lei:
12 — Q. Ronchetti.
- 178

l'Iliade, l'Odissea e l'Eneide. Talvolta ha in mino


una tavoletta e uno stile ; tal altra un rotolo.
Callirroe.
Figlia di un re di Calidone, amata sviscerata-
mente da Coreso, sacerdote di Bacco. Sdegnando la
giovinetta la passione di Coreso, questi si rivolse al
suo Dio, pregandolo di vendicarlo di tanta insensi-
bilità, eBacco l'acconsentì, facendo diventare in tal
modo ubriachi i Calidonesi, da divenire furiosi; per-
ciò consultarono l'Oracolo, il quale rispose, che quei
malanno non sarebbe cessato, se non si sacrificava
Callirroe, o un'altra, che per lei si offrisse; ma non
essendosi alcuna offerta, fu condotta all'altare. Co-
reso gran sacrificatore nel vederla tutta adornata di
fiori, e seguita da tutto l'apparecchio del sacrifizio,
preso dal rimorso, invece di rivolgere il coltello con-
tro la vittima, se lo cacciò nel petto, uccidendosi ; im-
pietosita da tanto amore, ma troppo tardi, Callirroe
si sacrificò per placare l'ombra di Coreso. — Figlia
d'Acheloo, e seconda moglie d'Alcmeone.
Callisto. Vedi Calisto.
Calma.
Alisma. Camomilla, le cui proprietà calmanti so-
no conosciutissime. Mcnianto. Pianta che Cresce ai
margini dell'acqua, e fiorisce soltanto nei giorni di
calma.
Calore.
Menta peperiia, allusione al suo odore piccante.
Calunnia.
Luciamo descrive l'allegoria della Calunnia dipin-
ta d'Apelle nel modo seguente: Stava sedendo a gui-
sa di giudice, uno che aveva le orecchie lunghe simi-
— 179 —

li a quelle dell'asino; cui due donne, una per lato,


mostravano di dir non so che pian pizrno: era una di
queste l'Ignoranza, l'altra il Sospetto, e porgeva la
mano alla Calunnia, che veniva a lui in forma di
donna bella e ornata, ma che nell'aspetto mostrava
di essere tutta piena d'ira e di sdegno; e aveva nella
sinistra mano una facella accesa, e con la destra -i
tirava dietro per i capelli un giovane nudo, il quale
miserabilmente si doleva alzando le giunte mani al
cielo. Andava innanzi a costei il Livore, cioè Vln-
vidia, che era un uomo vecchio magro e pallido, co-
me chi sia stato lungamente infermo; e dietro le ve-
nivano due donne, le quali parevano lusingarla, fa-
cendo festa della bellezza sua, e adornandola an-
cora ilpiù che f>otevano, e domandavansi l'una Fro-
de, e l'altra Insidia. Dietro a queste seguiva poi
un'altra donna chiamata Penitenza, con certi pochi
panni intorno tutti rotti e squarciati, che largamente
piangendo si affliggeva oltre modo; e pareva voler-
sene morire dalla vergogna, perchè vedeva venire la
Verità.
Calunniatore.
Basilisco, perchè, secondo la favola, uccide senza
toccare e senza lesioni visibili, similmente ai calun-
niatori che segretamente spargono voci infami damno-
sissime; e ciò senza un motivo palese, di cui il ca-
lunniato possa difendersi. Orecchie mozzate; secon-
do iteologi, segno degli uomini che usano la calun-
nia per detrarre la fama altrui.
Calva.
Soprannome di Venere a Roma, derivato da alcu-
ni dal verbo calvcre, deridere o molestare, il quale
credesi si riferisca ai capricci degli amanti. Altri ri-
— 180 —

feriscono che Anco Marzio, consacrò il tempio di Ve-


nere Calva, presso il Campidoglio, quando comm-
ciarono a cascare i capelli a sua moglie; mentre una
terza tradizione connette la fondazione di questo tem-
pio alla guerra contro i Galli, durante la quale le
donne romane è fama si tagliassero i capelli per far-
ne corde di archi.
Calza. Vedi Manipulari
Cama.
Dio dell'amore presso gH Indiani, figlio di Casia-
pa e di Maja, e nella sua seconda nascita, di Vi-
snù e di LachsmJ, fu incenerito da uno sguardo di
fuoco del signore degli Dei, e prese il nome d'Anan-
ga (l'incorporeo). Poi egli rinacque nella famiglia
di Crisna sotto il nome di Prodimna. Cama viene
rappresentato come un bel giovane a cavalcioni^ di
un papagallo, con arco e frecce ornate di fiori. L'al-
bero a lui sacro è l'amra. Cama chiamavasi anche
Smara (il risplendente) e Darpaga (Dio dai grandi
occhi).
Cam ad èva.
Secondo la mitologia degli Indiani, è la vacca sor-
ta dal mare nella fabbricazione dell'amrita (be-
vanda dell'imortalità degli Dei), «imbolo dell'alle-
vamento del bestiame. Secondo altri, Camadeva era
la Dea della terra. Invocata, durante una carestia,
dal re Prithu, essa comparve in forma di vacca, e
chiunque le chiedeva qualche favore, doveva por-
tare un vitello per succhiarle le mammelle; allora
essa dispensava sementi, cibi e ogni sorta di cose
preziose. Essa fu poi denominata Prithivi. moglie di
Prithu, e fu spesso rappresentata come una vacca.
— 181 —
Camaleonte.
Specie di lucertola la cui pelle ha la proprietà
di cambiare colore. Fra i numerosi prodigi intorno
a questo animale, si credeva che un litigante era cer-
to di guadagnare la sua causa, se portava con se
una lingua di camaleonte strappata all'animale quan-
do viveva. Si faceva tuonare e piovere bruciandone-
la testa e il gozzo sopra una tegola arroventata. Una
donna partoriva senza dolore, se le si legava al ven-
ire la lingua del camaleonte. Alcuni assicurano cht
quest'animale si nutre d'aria. Vedi Astuzia.
Camelia.
Forse in tutto il regno vegetale non vi ha pianta
i cui fiori per vigoria e p>er vaghezza possono stare
a confronto delle camelie. Vedi Fierezza.
Carni.
Semidei e i più antichi oggetti del culto del Giap-
pone. Essi erano prima uomini riguardevoli che la
gratitudine e la venerazione divinizzarono dop>o morte.
La loro storia, che forma una delle parti principali
della teologia del Sinto, è piena di avventure mara-
vigliose, di vittorie riportate su giganti, su draghi, t
d'altri avvenimenti straordinari. I loro tempi chiama-
vansi mia, soggiorno delle amime. Credesi che questi
semidei abbiano per i loro nipoti témto rispetto, da
credersi in dovere di visitarli una volta ranno.
Camice.
Tonaca di tela bianca con maniche ampie, lunga
fino ai piedi, che s'indossa dai sacerdoti nella cele-
brazione degli uffici divini. Il camice si mette sopra
all'amitto; ma secondo il rito ambrosiano e maronita
si fa il contrario. Vedi Pietro {San) — Virtù.
Camicia di Nesso. Vedi Nesso.
— 182 -
Cammello.
I musulmani hlinno per questo animale una spe-
cie di venerazione, e credono sia peccato caricarlo
troppo e farlo lavorare più di un cavallo; la ragione
di questo rispetto che essi hanno per il cammello, si
è che questo animale è sopra tutto comune nei luo-
ghi sacri dell'Arabia, ed è esso che porta il Corano,
quando si va in pellegrinaggio alla Mecca. I con
duttori di questi animah, dopo averli fatti bere in
un bacino, prendono la schiuma che cola dalla loro
bocca e se ne fregano devotamente la barba, dicen-
do : O padre pellegrino ! O padre pellegrino ! Essi
credono che questa cerimonia li preservi da disgra-
zie nei loro viaggi. Vedi Asia — Disputa delVi-
gnorante — Forte — Fortezza d'animo — Ricco
— Rispetto alla madre — Sobrietà.
Cammino acceso. Vedi Gennaio.
Camomilla.
Pianta conosciutissima come rimedio popolare, per
la sua proprietà in grado eminente di virtù tonica.
Vedi Calma.
Campana. Vedi Congregazione — Segnale.
Campanello. Vedi Antonio {SanC) — Benedetto
(San) — Priapo — Unità della Chiesa.
Campanula.
Pianta cotmunissima nelle «iepi, chiamata anche
specchio di Venere, considerevole per i molli suoi
fiori violacei, verdi nel fondo. Vedi Adulazione —
Carezze — V($ìità.
Campi Elisi. Vedi Elisio.
Canace.
Figlia d'Eolo e di Enarelc. Fu amala da Neltu-
— 183 —

no, da cui ebbe diversi figli. Avendo segretamente


spesato sua fratello Macareo, diede alla luce un fi-
glio, ilquale esposto dalla balia in un certo sito, sco-
prì col suo gridare la sua nascita all'avolo. Sdegnato
Eolc di tale incesto lo fece mangiare dai cani, e man-
dò un pugnale alla figlia, per uccidersi da se stessa.
Macareo si ricoverò in Delfo, dove fecesi sacerdote
di Apollo.
Canapa. Vedi Destino.
Cancro.
Nome di una costellazione. Vedi Vita — Zodiaco.
Candelabro.
Nell'Apocalisse si parla di sette candelabri d'oro,
in mezzo a cui S. Giovanni vide un personaggio ve-
nerabile, misterioso e terribile nell'aspetto. Era il me-
desimo Gesù Cristo. Questa visione di S. Giovanni
formò il primo modello della liturgia e del culto
divino. Vedi Devozione — Sacramento — Serafini
— Teologia — Virtù spirituale.
Candia.

Cipresso; perchè si vuole che in quest'isola i ci-


pressi tagliati rinascono.
Candore.
Animali: Colomba, allusione evidente. — Vege-
tali: Bellide. Ciglio. Mammola biéuica. Oleandro
bianco. — Diversi: Perla.
Cane.
La carne dei cani era ritenuta così pura, che of-
frivasi in sacrifizio agli Dei, e ponevasi sulle tavole
che venivano loro apparecchiate. In Egitto i cani
erano tenuti in grande onore, dove erano specialmen-
te consacrati a Iside; la venerazione per essi dimi-
— 184 —

nuì d'assai in quelle contrade quando Cambisi, aven-


do ucciso il bue Api e fattolo gettare nel pubblico
letamaio, i cani furono i soli che andarono a cibar-
si del suo cadavere. A Roma si manteneva un cane
nel tempio di ELsculapio, e se ne crocefiggeva uno
ogni anno, in punizione di non aver avvertito coi la-
trati dell'arrivo dei Galli. Gli scavi di Pompei hanno
fatto conoscere un uso singolare degli abitanti di
quella città, che si vuol credere comune in quei tem-
pi. Presso alcune porte delle case vedesi dipinto un
cane con le parole cave canem, ciò che dimostra che
chi non teneva un cane per guardiano, ne voleva ave-
re almeno la figura. In certe feste, chiamate gautiche,
i re di Macedonia facevano sfilare i soldati fra le due
metà del corpo di un cane per fame la rassegna e
purificarli dalle loro colpe. Narrasi che in Etiopia
vi fosse un paese i cui abitanti avevano un cane per
re, e pigliavano le sue carezze e i suoi latrati per se-
gni della sua benevolenza o del suo sdegno. I Parsi
o Guebri veneravano anch'essi i cani, e dicesi che
anche adesso, quando un guebro è in agonia, pren-
desi un C2uie e se ne avvicinano le fauci alla bocca
del moribondo, affinchè egli riceva la sua anima con
l'ultimo sospiro. Il cane lor serve anche a far cono-
scere se il defunto e fra gli eletti. Prima di seppel-
lire ilcadavere, lo si pone a terra; si conduce un ca-
ne che non abbia conosciuto il morto; e col mezzo
di un pezzo di pane, si attira più vicirio al corpo che
è possibile. Più il cane se ne avvicina, più il de-
funto èfelice. Se giunge fino a montargli addosso e
a strappargli il tozzo di pane che viene deposto è un
segno sicuro che il defunto è in cielo; ma se li cane
si allontana è un pregiudizio che fa di.sperare dell.»
felicità del morto. Alcuni credono ancora che i la
- 185 —

Irati di un cane smarrito annunciano la morte. Bi-


sogna che il cane della morte sia nero; e se abbaia
mestamente a mezzanotte è interpretato dalla per-
sona che l'ode come morte inevitabile che egli an-
mmcia a qualcuno della famiglia. Vedi Adulatore
— Agosto — Amicizia — Animo grato — A-
postaia — Arduinna — Aitaccamenlo — Bernar-
do {San) — Caccia — Cacciatore — Carro tirato
da cani — Cattivo augurio — Custode delle cose
sacre ■— Diana — Disprezzo — Domenico di Cuz-
man (San) — Ebreo — Emulazione — Esculapio
— Fame — Fedeltà — Fuga — Gentili — Golo-
sità — Gratitudine — Guardia — Lari — Litigioso
■— Memoria — Menefronte — Mercurio — Ob-
bedienza — Odorato — Pigro — Principe — Pro-
feti — Raffaele {San) — Rissa — Rocco {San)
■— Sfacciataggine — Soldato — Teologo — Testa
d' cane — Uberto {SanC) — Vizio e lascivia.
Cane con due teste. Vedi Gerione.
Cane con tre teste. Vedi Cerbero.
Canestro.
Sulle medaglie antiche, un canestro coperto e cir-
condato di edera e di penne di pavone indica i mi-
steri dei Baccanali. La statua di Bacco vedesi so-
vente sormontata da un cajiestro. Il canestro bacchi-
co {cista) è rappresentato in molte medaglie dell'A-
sia, che fjerciò sono chiamate cistofore. In Atene cc-
lebravasi una festa detta processione del canestro.
Portavasi sopra un carro, lentamente tirato da buoi
un canestro di giunchi, raffigurando quello in cui
Proserpina stava ponendo i fiori quando venne rapi-
ta da Plutone. Una folla di donne ateniesi seguiva
il carro, portando ciascuna un canestro misterioso.
— 186 —

pieno di cose che avevasi cura di ben nascondere sot-


to un velo di porpora; le quali consistevano in sesa-
mo, focacce tonde, grani di sale, papaveri e pasti-
glie. Vedi Bacco — Calato.
Canestro di fiori. Vedi Europa — Flora — Pri-
mavera.
Canestro di spigiie. Vedi Cerere — Estale.
Cang-Y.
Divinità onorata nella Cina come il Dio del cie-
lo inferiore, avente potere di vita e di morte. Le
stanno sempre accanto tre spiriti subalterni, il primo
dei quali chiamato Tdnquam, dispensa la pioggia per
rinfrescare e nutrire la terra; il secondo Tsquìquam,
è il Dio del mare, a cui tutti i naviganti fanno vo';i
partendo, e ringraziamenti nel ritorno; il terzo, Tel-
quam, presiede alle nascite e all'agricoltura.
Canna.
Pianta che cresce nell'acqua stagnante e lungo i
fiumi. Vedi Acqua — Calamità — Fragilità urna-
jiQ — Indiscrezione — Letteratura — Loquacità
— Misura — Muse — Musica — Paolo {San) — -
Piacere e dispiacere — Privo di potenza — Sirin-
ga — Vanità.
Canneto.
Il barbiere di Mida, nel fargli la barba, vedendo-
gli le orecchie d'asino, moriva dalla voglia di rivela-
re la sua scoperta, ma temendo d'attirarsi addosso
qualche malanno, fece una buca nella terra, e in quel-
la disse ciò che voleva divulgare; poi ricopertala, se
ne andò per i fatti suoi. Poco dopo in quel luogo
crebbe un canneto; il quale, quando era agitato dal
vento, andava ripetendo che Mida aveva le orecchie
d'asino,
— 187 —
Cannone. Vedi Barbara {Santa).
Canutezza. Vedi Vecchiaia.
Caos.
Dal greco khaos, voragine. Nella mitologia è la
personifiazione dello spazia ivuoto e indetenn:nato,
quale si presentava prima della creazione, riempito
di tenebre e di nubi. Secondo alcuni, gli «mtichi sim-
boleg iavano icaos
l con Ciano, in cui la faccia bar-
buta, orrida e tetra, raffigura la confusione degli e-
lementi, e l'altra faccia, giovane, piacevole e serena,
rappresenta la bellezza della divisione degli elementi,
e il mirabile ordine dell'universo. — Porco. Si vuole
che gli Egiziani si astenessero dal mangiare il ma-
iale non perchè fosse considerato animale immondo,
ma piuttosto perchè era ritenuto come simbolo della
tenebre; a ciò perchè il porco, avendo gli occhi co-
perti superiormente dai sopraccigli, non guarda mai
il cielo pieno di luce, e tiene sempre gli occhi ri-
volti a terra, madre della notte, compiacendosi così
soltanto dell'oscurità. Credevasi inoltre che il fega-
to del porco scemasse al decrescere della luna, e che
avesse una certa conformità e relazione con essa. Al-
la luna erano dedicate le cose fosche, scure, tene-
brose.

Capanna. Vedi Avversità — Età dell'argento — ■


Francesco Saverio {San) — Girolamo {San).
Caparbietà.
Bardana. Pianta i cui capolini sì attaccano osti-
natamente agli abiti.
Capelli.
Varie furono le superstizioni e le pratiche sim-
boliche presso i Gentili riguardo ai capelli. Vi era,
per esempio, l'usanza di rader una porzione del ca-
188

pò, o tosare 1 capelli in forma speciale; il dedicare


ai numi le trecce dei bambini, e quelle delle spose
al dì del matrimonio. I guerrieri tagliavano i loro
capelli dopo la vittoria, per consacrarli agli Dei; i
marinai dopo essere scampati da una procella, ap-
pendevanocapelli
i ad alberi sacri; seppellivansi nel-
le tombe degli amici, come fece Achille al funerale
di Patroclo; oltre al raderli e strapparli, come si usa
fra vari popoli, oppure lasciarli sporchi e trascu-
rati, come si fa d'alcuni altri, secondo che sono co-
muni e straordinarie le sciagure da cui vengono col-
ti, e il loro dolore è mediocre o violento. Presso i L?-
cedemoni i soldati dovevano radersi i capelli davanti,
e ciò per evitare che nel combattere il nemico potes-
se facilmente pigHarli per i capelli, mentre lasciava-
no lunghi quelH di dietro, affinchè, se avessero ten-
tato di fuggire, il nemico avesse avuto agio di fer-
marli per i capelli, e farii prigionieri; donde avve-
niva che per questo timore combattevano con mag-
giorGli ostinazione, e con la faccia rivolta all'avversa-
rio. scrittori sacri, specialmente i profeti, presero
sovente dai capelli le loro allusioni metaforiche; per
esempio, Isaia dicendo: In quel dì il Signore pas-
serà raffilalo rasoio su coloro che sono oltre il fiu-
me, e raderà al re degli Assiri il capo e i peli dei
piedi e r intera barba; intendeva la distruzione del po-
polo assiro e dei suoi re per castigo divino. Le parole
di Osea, ed anche i canuti capelli si sono diffusi in
Efraim, ed esso lo ignorò indicavano la decadenza e
la rovina del regno d'Israello. L'espressione dell'A-
pocalisse, ed avevano (le locuste) i loro capelli si-
mil ai capelli delle donne, riferivasi storicamente alla
strana acconciatura del capo dei Saraceni, come pu-
re ai costumi biasimevoli del clero corrotto. Nei teir.-
— 189 -
pi moderni furono trovati capelli sotto certi sigilli,
essi stavano invece della firma. Vedi Capigliatura
■— Mollezza — Penilenza.
Capelli bianchi. Vedi Maestà e sapienza del
Salvatore.
Capelli rossi. Vedi Luglio.
Capelli tagliati. Vedi Debolezza d'animo — Morte.
Capelvenere.
Pianta sempre verde d'aspetto delicato e grazio-
so. Cresce nelle grotte, nell'interno dei pozzi cam-
pestri, nei luoghi umidi e ombros.i. Vedi Plutone —
Rimedio contro l'ubriachezza — Segreto.
Capigliatura. Vedi Agnese Sant') — Bellezza del-
la virtù — Capelli — Afaddalena {Santa).
Capigliatura di serpenti. Vedi Discordia — Fu-
rie — Gorgoni — Medusa — Perfidia.
Capitello. Vedi Fine.
Capo. Vedi Divinità — Guadagno — Princi-
pio — Salvezza — Testa.
Capo coronato. Vedi Dominio.
Capo rasato. Vedi Servitù.
Cappa.
Specie di mamtello con cappuccio di dietro del
quale si cc^rivano gli Italiani dati alle armi nel se-
colo XV, imitando gli Spagnoli. Da questo nome,
anzi dall'uso della cappa, affatto propria a chi se-
guiva la professione delle armi, venne il modo di di-
re: Uomo di spada e cappa, cioè uomo dato alla mi-
lizia. Vedi Imperatore.
Cappella. Vedi Luigi (San).
Cappello.
L'origine del cappello, tanto come ornamento quan-
to come copertura, è antichissima. I cappelli degli an-
tichi erano d'ordinario bianchi, come si può vedere
nei vasi etruschi. Vedi Estate — Ippocrate — Mal-
vagità servile — Nobiltà — Povertà — Prosperità
degli eventi.
Cappello rosso. Vedi Cardinale.
Cappello verde. Vedi Arcivescovo — Vescovo.
Cappuccio.
Abito che gli antichi portavano sul capo in cambio
di cappello, e che oggidì ancora è parte della tona-
ca di molti ordini religiosi. Vedi Inverno.
Capra.
Femmina del becco; animale che era in grande
venerazione a Menda in Egitto, dove era vietato di
ucciderne, perchè credevasi che Pan, la gran divi-
nità di Menda, avesse preso la figura di una capra,

e perciò gli si dava il viso di quest'animale. Mentre


colà onoravasi la capra e s'immolava la pecora, nel-
la Tebaide si venerava la seconda e si sacrificava la
prima. Presso i Greci, la capra era consacrata a
Giove, in memoria della ninfa Amaltea; i Lacede-
moni immolavano le capre a Giunone, e capre inimo-
lavansi nei sacrifizi che si facevano ad Apollo Del-
fico. IRomani, nelle medaglie, rappresentavan9 Giu-
none Sospita con una pelle di capra indosso. Ujia
volta si credeva che la capra fosse tm ottimo mezzo
per cercare i tesori sotterrati. Narrasi che un sacer-
dote, dopo celebrata la messa, conservasse una par-
ticola per comunicare una capra, per sacrificarla in
quel luogo stesso, dove credevasi esistere un tesoro
nascosto. Vedi Aprile — Ardore — Febbre —
- 191 —

Libidine — Meretrice — Sacrifizio per le viti —


Sbigottimento — Vagabondaggio.
Capretto. Vedi Ardore divino — Primavera.
Caprìccio.
Antirrino maggiore. Testa di donna, meglio an
Cora se ornata di antirrino mtiggiore, che nel linguag-
gio dei fiori è simbolo di capriccio.
Capricorno.
Uno dei segni dello zodiaco. Vedi Anime dei mor-
ti — Felicitò suprema — Fortuna prospera — Zo-
diaco.
Caprifico.
Fico selvatico. Vedi Caprotina — Giunone —
Lascivia frenata — Temperanza.
Caprifoglio. Vedi Loniccra.
Caprimulgo.
Con questo nome, che significa succhia- capre, gli
antichi chiamavano l'uccello che oggidì si chiama cal-
cabotte, boccaccio ecc. Vedi Pratica darmosa.
Capro. Vedi Becco.
Caprotina.
Soprannome di Giunone a Roma, di cui narrasi l'o-
rigine nel modo seguente. Quando lo Stato romano
fu indebolito dalla devastazione del Galli, il pop>olo
vicino, sotto Postumi© Livio, si avanzò da Fidene
fino alle porte di Roma, chiedendo donne romauie in
matrimonio e minacciando distruggere Roma se non
si dava ascolto alla sua richiesta. Mentre il senato
romano stava deliberando sul da farsi, una schiava
di nome Tutela o Filote si offerse pronta a recarsi
con le sue compagne, travestite da donne libere, nel
campo del nemico. Lo stratagemma riuscì, e quando
— lyz —

inebriati di vino, i Latini si furono addormentati nel


loro campo, le schiave ne diedero segno con un ca-
prifico ai Romani, i qauli usciti fuori delle mura,
sconfissero il nemico. Il senato ricompensò la magna-
nimità delie schiave restituendo loro la libertà e as-
segnando a ciascuna una dote sul pubbhco tesoro.
Il 7 luglio, giorno in cui Roma fu in tal modo libe-
rata, ebbe nome di Nonce Caprotìna, e una annua
festa in onore di Giunone Caprotina fu celebrata con
molto tripudio in tutto il Lazio dalle donne così li-
bere come schiave. La solennità aveva luogo sotto
l'antico caprifico, e il sugo lattiginoso sgorgante da
quest'albero veniva offerto in sacrifizio alla Dea.
Caraffa.
Vaso di vetro, corpacciuto con piede o senza e col-
lo allungato. Vedi Purezza.
Carattere variabile.
Iena, con cui gli Egiziani raffiguravano una per-
sona instabile, la quale non sapesse mantenersi nel
modo di vivere propostosi, mostrandosi talvolta capa-
ce di domare l'animo e il corpo, tal altra diventando
triste e debole, si lasciasse vincere da ogni minima
voglia. Perchè credevasi che la iena cambiasse di
sesso a ogni dato intervallo di anni, cioè da maschio
diventasse femmina, per ritornare maschio, alterna-
tivwnente.
Carbonchio.
Rubino di colore simile al carbone accesso. Ve-
di Carità — Chiarezza di mente — Giustizia —
Troni.

Carboni ardenti. Vedi A gala (Sani') — Isaia.


193 —
Carcere. Vedi Giovanni Battista (San) — Pie-
tro {San) — Prigione.
Carciofo.
Pianta spinosa conosciutissima Vedi Austerità —
Fragilità umana.
Cardamina.
Pianta vivace, la cui specie più comune è la car-
damina pratense, chiamata volgarmente crescione dei
prati. I suoi fiori bianchi, o rosati, sbocciano all'iri-
zio della primavera. Vedi Cecità patema.
Cardea.
Giano, innamorato di una ninfa chiamata Crane,
dop averla sedotta, la ricompensò accordandole la
protezione dei cardini delle porte, con la facoltà di
aprirle e chiuderle a suo piacimento. Le diede inol-
tre una bacchetta di biancospino, detta verga gia-
nale, la quale aveva la virtù di scacciare le streghe,
che venivano di notte a succhiare il sangue ai bam-
bini. Questa Ninfa fu F>oi chiamata Dea Carna o
Cardea, il cui potere, oltre ai cardini, si estendeva
sulle parti nobili del corpo umano. Il primo Bruto,
fondatore della Repubblica romana, le innalzò un
tempio sul monte Celio in riconoàcenza dell'avergli
la Dea dato forza e mezzo di fingere e chiudere in
cuore, sotto l'apparenza d'imbecillità, il disegno di
scacciare il re Tarquinio. In onore di Cardea, si ce-
lebrava una festa nel mese di giugno, il primo gior-
no dell'antico anno romano, perchè presiedendo essa
al chiudere e all'aprire, apriva e chiudeva l'anno. In
questa festa si facevano cerimonie per la conserva-
zione dei figli, che si raccomandavano alla Dea; si
battevano tre volte le porte della casa con rami di
biancospino; e il padre di famiglia purificava con ac-
13 — G. Ronchetti.
— 194 —

qua le vicinanze della sua dimora e immola va a be-


nefizio dei figli una scrofa di due anni. I congiunti
e gli amici si regalavano lardo, fave e farina di fru-
mento.
Cardinale. . .
EHgnitario della Chiesa cattolica. Gli etimologisti
non vanno d'accordo sull'origine di questa parola,
ma l'opinione più probabile è ch'essa derivi da cardi-
ne, sostegno e perno su cui gira una porta, essendo i
cardinali come i cardini del governo ecclesiastico.
Berretto cardinalizio, conceduto ai cardinali nel
1404. Cappello rosso. Nell'anno 1245 il papa In-
nocenzo IV prescrisse ai cardinali il cappello rosso,
ma non fu collocato sugh stenuni se non dopo il
Por-
1300. Croce arcipiscopale. Mazza d'argento.
pora.
Cardo. Vedi Carciofo.
Carestia.
al
Locuste (vedi Fame). Vacche magre, allusione
sogno di Faraone, spiegat o da Giusep pe.
Carezze.
Campanula delle siepi. Pianta che si attorciglia e
sembra carezzare tutto ciò che incontra.
Carezze amatorie.
Piccioni, maschio e femmina, in atto di baaarsi;
congiungono fra loro sen-
perchè questi uccelli non e siaccarezz
za essersi prima baciati ati.
Cariatide. i
Dal greco Karuatìs, idos, fanciulla della città di
Caria, chiamata in greco Karuai. Figura di donna,
e qualche volta d'uomo, impiegata in luogo di co-
lonna odi pilastro. Alcuni ne attribuiscono l'origine
- 195 —

alle giovani lacedemoni che si recavano ogni anno a


Caria F>er danzare in coro dinanzi la statua di Dia-
na Cariatide. Secondo Vitruvio, tal nome deriva da
una vittoria riportata dagli Elleni contro gli abitanti
di Caria, città del Peloponneso, che erasi alleata coi
Persi. Tutti gli uomini furono uccisi, e le donne di
maggior considerazione, dopo di aver seguito il carro
dei vincitori, furono fatte schiave e costrette a con-
servare iloro abiti sfarzosi. Una tale vendetta fu
tanto più terribile, che gli architetti e gli scultori ne
vollero perpetuare la memoria, impiegando le figure
scolpite di donne coi loro vestimenti p>er sostenere i
cornicioni degli edifizi. A simile uso furono pure im-
piegate lestatue di uomini, che in tal caso prendono
il nome di cariatidi. Tuttavia, siccome i nomi greci
di atlante e di telamone sono derivati da due verbi
greci che significano portare e sostenere, e sono per-
ciò più evidenti, essi dovTebbero essere adottati di
preferenza. Vedi Vittoria.
Cariddì.
Figlia di Nettuno e della Terra, che Giove, per
causa della sua insaziabile rapacità, lanciò in mare,
dove essa diventò un vortice che inghiottiva qualun-
que nave, fk>ì la rigettava spinta da onde furiose che
l'innalzava al cielo. Vedi Scilla.
Carità.
Virtù teologale per la quale amiauno Dio sopra
tutte le cose e il prossimo nostro come noi stessi. Nel-
l'uso ordinario non si attribuisce sempre alla parola
carità il senso evangelico, e il più sovente se ne fa
un sinonimo di umanità, di commiserazione, di ele-
mosina. Gli artisti rappresentarono ordinariamente la
Carità sotto la figura di una giovane madre circon-
— 196 —

data dai suoi figli. Paolo Veronese la rappresentò


sotto l'aspetto di una bella bionda, portante in brac-
cio un giovinetto e ricoverando sotto il suo manto ro-
sa due fanciulle in piedi. Animali: Colomba, che
fu proposta da un apostolo come esempio di carità,
virtìi d'un santo e religioso amore. — Diversi: Borsa
aperta. Bossolo. Carbonchio, pietra dedicata alla ca-
rità. Cuore infiammato, che tiene in mano. Pani, che
dispensa. Rosso, perchè, quale virtù teologale, la
carità deve essere accesa d'amore ardente. Scodella,
con cui dispensa il cibo ai poveri.
Carità romana.
Sotto questo nome si indica un quadro raffigurante
una giovane donna di Roma che allatta in carcere il
proprio padre condannato a morire di fame; simbolo
di misericordia e di umanità.
Cariti.
Nome che i Greci davano alle Grazile.
Carlo Borromeo (San).
Arcivescovo di Milano. — Appestati. Crocefisso.
Durante la peste di Milano, si vide il santo pastore gi-
rare per le contrade con im crocefisso nelle mani, a
piedi nudi e una corda al collo. Lbro, perchè scris-
se varie opere.
Carna. Vedi Cardea.
Caronte.
Favoloso battelliere che trasportava le ombre de:
morti al di là dei fiumi e degli stagni che circonda-
vano le regioni infernaH. Per pagare questo tragitto
mettevasi un obolo in bocca alla persona che stava
per sepi>ellirsl. I poeti antichi lo dipingono in forma
di vecchio orrido, di aspetto truce, con le guance in-
— 197 -

cavate e squallido, la barba rabbuffata, gli occhi si-


mili adue fiamme, con un panno intomo raccolto da
un nodo senz'arte, che in parte gli copre le membra,
e un palo lungo con cui dirige la barca.
Carro.
A tutte le divinità del paganesimo si attribuivano
carri variamente tirati su cui sono p>ortati. Vedi Bi-
ga — Elia — Impero — Trionfo di Cristo.
Carro tirato da aquile. Vedi dove.
Carro tirato da asini. Vedi Sileno.
Carro tirato da balene. Vedi Oceano.
Carro tirato da becchi. Vedi Pan.
Carro tirato da buoi. Vedi Saturrìo.
Carro tirato da cani. Vedi Vulcano.
Carro tirato da capre. Vedi Thor.
Carro tirato da cavalli. Vedi Luna — Marte —
Morte — Notte — Plutone — Sole.
Carro tirato da cavalli marini. Vedi Nettuno.
Carro tirato da cervi. Vedi Artemide Arcadica
— Diana.
Carro tirato da cicogne. Vedi Mercurio.
Carro tirato da cigni. Vedi Venere.
Carro tirato da civette. Vedi Minerva.
Carro tirato da colombe. Vedi Venere.
Carro tirato da delfìni. Vedi Anfitrite — Ca-
latea — Nettuno — Teti.
Carro tirato da draghi. Vedi Medea.
Carro tirato da elefanti. Vedi Tempo.
Carro tirato da galli. Vedi Notte.
- 198 -
Capro tirato da gatti. Vedi Freya.
Carro tirato da leoni. Vedi Cihele.
Cappo tipato da liooopni. Vedi Castità.
Cappo tipato da lupi. Vedi Marte.
CaPPO tirato da montoni. Vedi Giano — Mer-
curio.
Cappo tipato da opse. Vedi Cielo.
Cappo tipato da pantepe. Vedi Bacco.
Cappo tipato da passepi. Vedi Notte — Venere.
Cappo tipato da pavoni. Vedi Giunone.
Cappo tipato da seppenti. Vedi Cerere.
Cappo tipato da tigpe. Vedi Bacco.
Capta. Vedi Soggezione.
Captagine.
Città famosa nei tempi antichi per essere stata di-
strutta. E' celebre il detto: Delenda Carthago (Car-
tagine ha da essere distrutta). Aveva per emblema una
testa di cavallo.
CaPte da giuoco. Vedi Discordia.
Captigua.
Vale a dire educato dalla stella Cartiga (una del-
le 27 costellazioni della luna), figlio di Siva e Par-
vadi; fu nutrito e allevato da 6 criticas (cartighe)
e denominato da esse Scanda. Egli fu il duce dei-
l'esercito degli Dei contro gli Asuri; cui vinse, e ta-
gHò in due l'idea del male (il gigante Sura-Parpma
o Torache); da una metà nacque il pavone, che gli
servi da cavallo, e dall'altra un gallo. Cartigua è
grandemente venerato nelle Indie, specialmente sotto
il nome di Scanda, di Subraman})a-Mahasena (vale
- 199 —

a dire gran capitano) di Sadanana (Dio con sei fac-


ce) e di Cumara (il giovinetto), e gli si offrono assai
sf)esso sacrifizi nei suoi propri tempi, o in quelli di
Siva. Egli vien raippresentato con sei teste e dodici
braccia, con un'arma in ciascuna di esse. Ha due
mogli: Devémei e Veliamme.
Casacca gialla. Vedi Benito {San).
Cascata. Vedi Cateratta.

Cassa. Vedi Eligio {Sant') — Pigrizia e lascìvia.


Cassandra.
Figlia di Priamo re di Exuba, perdutzuiìente ama-
ta da Apollo, che le promise qualunque cosa purché
volesse accondiscendere alla sua passione. Ella de-
mandò di conoscere il futuro, e quando ottenne il suo
intento, non volle m«mtenere la parola data, di che
Apollo si vendicò facendo che nessuna fede si pie-
stasse alle di lei predizioni, per vere che fossero. Al-
tri dicono che essa ricevesse il dono delle profezie
col fratello Eleno, col quale è stata, da fanciulla,
messa una notte nel tempio d'Apollo, ove furono en-
trzunbi trovati con serpenti attorcigliati ai corpi che
loro leccavano le orecchie, ciò che diede loro la fa-
coltà di conoscere l'avvenire. Fu considerata come
pazza dai Troicuii, e le sue profezie furono spregia-
te. Quando Troia fu incendiata, cercò asilo nel tem-
pio di Minerva, dove fu trovata da Aiace, che le fe-
ce violenza. Nella divisione delle spoglie di Troia,
Agamennone, innamoratosi di lei, la prese in moglie
e la menò seco in Grecia. Parecchie volte essa gli
predisse le sventure che gli toccherebbero al suo ri-
tomo; ma egli non vi badò, e fu ucciso a tradimento
insieme a Ca^auidra da Egisto, che durante l'as-
_ 200 —

senza di Agamennone aveva goduto i favori di sua


moglie Clitennestra.
Cassetta. Vedi Luca (San) — Medicina.
Castagna. Vedi Virtù.
Castagno. Vedi Previdenza.
Castagno d'india. Vedi Ippocastano.
Castali a.
Celebre fontana della Focide, considerata come
una delle sorgenti cui i favoriti delle Muse bevevano
l'estro e l'ingegno. Narra la favola che Castalia, fi-
glia d'Acheloo, o di Castalio re delle vicinanze del
Parnaso, avendo inspirato un violento cunore ad A-
pollo, fosse da lui cangiata in quella fontana mspi-
ratrice. Da essa le Muse presero il nome di Castalie.
Castello. Vedi Nobiltà.
Castigo. Vedi Punizione.
Castità.
Nella Grecia e in Roma, nelle maggiori solen-
nità, facevansi processioni di giovinetti dell'uno e del-
l'altro sesso, i quali cantavano inni agli Dei, per-
suasissimi che la castità di chi cantava fosse gran
merito agli occhi del cielo. La castità fu personifi-
cata in una donna su un carro tirato da due liocorni.
Animali: Agnello. Ape. Plutarco, nei suoi pre-
cetti coniugali, dice che le api trattano malissimo gli
uomini i quali abbiano appena abbandonato gli am-
plessi delle donne; ma assalgono con maggior im-
peto le donne che vi si prestarono. Piccione selvatico,
il quale, contrariamente ai piccioni domestici, si ac-
coppia assai di rado. lìioltre volevasi che cibandosi
spesso della sua carne, si perdesse il vigore virile, —
Vegetali: Agnocasto. Cicuta. Credevasi che bagnan-
- 201 -
do col sugo di questa pianta i testicoli, si calmassero le
voglie amorose. Ciglio. Ruta. Secondo gli antichi,
questa pianta, mangiata o presa per infusione, impe-
disce il generare. 0\'idio disse: 5e di ruta ti pasci
e gli occhi movi — Al venereo desio rimedio trovi.
Salice. Un tempo si credeva che mettendo un ramo-
scello disalice nel letto, avesse la virtù di indurre al-
la castità. — Diversi: Amatista. Bianco. Mutante^
indumento imposto ai sacerdoti nel sacrificare, come
segno di castità; poiché i sacerdoti accostandosi al-
l'altare devono principalmente curare di dare esempio
di una castità inunacolata. Ombelico. Gli interprete
della Bibbia vogliono che l'ombelico tagliato sia nel-
la donna segno di castità, nel senso della circonci-
sione, la quale è presa come simbolo dell'estirpazione
dal cuore di ogni libidine e lascivia. Smeraldo. Ve-
di Freno alla lussuria.
Castità grandissima.
Lomo esile che con la destra tiene un becco per le
corna.
Castore e Polluce.
Gemelli celebrati nella favola per la loro nascita
e per la loro amicizia. Giove avendo, sotto forma
di cigno, posseduta Leda, moglie di Tindaro, ella
partorì due uova ciascuno dei quali conteneva due
gemelli. Dall'uno, che aveva Giove per autore, nac-
quero Polluce ed Elena, che furono entrambi im-
mortali; dall'altro Castore e CHtennestra, che, ge-
nerati da Tindaro, furono mortali. I due fratelli
contrassero vi\-issima amicizia, e con gli altri giova-
ni della Grecia andarono nelle Colchide alla sp>edi-
zione detta degli Argonauti, e in molte occasioni si
distinsero per coraggio; ma Castore essendo stato uc-
- 202 -

ciso, Polluce ottenne di dividere con lui la sua im-


mortalità, così che ogni sei mesi, o, come altri vo-
gliono, ogni giorno dovevano alternativamente vivere
e morire. Per quest'atto di fraterna pietà Giove li tra-
sportò in cielo, dove formano la costellazione dei Ge-
melli. Castore e Polluce furono presi come simbolo
dell'amor fraterno.
Castoro.
Animale che vive in colonie. Vedi Industria.
Castrone.
Puledro castrato. Vedi Desiderio di dorrìinazione.
Catafalco. Vedi Bruno (San).
Catena. Vedi Claudio (San) — Diavolo — Fu-
rore — Germano (San) — Giovainni Evangelista
(San) — Libero — Libertà — Matrimonio — Pie-
tro (San) — Schiavitù — Tirannia.
Cateratta.
Cascata d'acqua. Vedi Veemenza.
Caterina d'Alessandria (Santa).
Vergine e martire. Mas&imino, iper martorizzar-
la, la fece attaccare a una macchina composta di
ruote, guernita di punte acutissime, ma essendosi le
corde rotte miracoloscimente quando si volle far muo-
vere le ruote, il tiranno le fece tagliare la testa. —
Anello, che Gesù Bambino le mise al dito. Angeli,
i quali la portarono nella tomba. Colomba, che le
apparve per incoraggiarla. Corona, perchè disprezzò
le grandezze mondane. Fulmine, che spezzò la mac-
china del suo supplizio. Libro. Mammelle scoperte.
Ruota. Spada, con cui fu decapitata. Staffile, per-
chè fu flagellata. Tomba, dove fu portala dagli an-
geli.
- 203 -

Caterina da Siena (Santa).


Domenicana. — Crocetta d'argento, attaccata =»
una corona, che diede a Gesù Cristo sotto l'asijetto
di un povero. Cuore. Un giorno le apparve Gesù
Cristo circondato di viva luce, e alla Santa, caduta
a terra, af>erse il petto p>onendovi dentro il proprio
cuore. Cesù Cristo. Stimate, che ebbe durante i suoi
lunghi digiuni.
Cattedra.
Luogo elevato a modo di sedia, donde colui che
insegna parla ai suoi discepoli raccolti intorno a es-
so. Vedi Dottrina.
Cattiveria.
Negro vestito di rosso. Zizzania.
Cattivi costumi. Vedi Costumi cattivi.
Cattivi pensieri. Vedi Pensieri cattivi.
Cattivo augurio.
Cane nero, il cui incontro improvviso riguardavasi
come di sinistro augurio, e più pericoloso ritenevasi
quello di una cagna pregnante.
Cattivo debitore.
Lunaria maggiore, chiamata volgarmente moneta
del papa.
Causa prima che governa l'universo. Vedi Na-
ve del Sole.
Cautela.
Acero campestre.
a schiudersi e cadono Ilentamente.
fiori di quest'albero tardano

Cavalla, Vedi Cerere — Ociroe — Sconciamento


Cavalletto. Vedi Pittura.
— 204 —
Cavallo.
Nella mitologia il cavallo era consacrato a Mar-
te, come l'animale più utile nella battaglia. L'incon-
tro di un cavallo era presagio di guerra; e i Persia-
ni, gli Ateniesi e i Masageti immolavano cavalli al
Sole. Anche al mare offrivansi talvolta cavalli in sa-
crifizio. Gli Svevi, antichi popoli della Germcinia,
ne mantenevano a spese comuni nei boschi sacri, e da
essi ricavavano presagi. Gli Sciti adoravano Marte,
e i Lacedemoni il Sole, sotto la figura di cavallo. Ve-
di Ambrogio {SanC) — Anima — Arcieri — A-
rione — Carro tirato da cavalli — Costanza —
Desiderio di supremazia — Dominazione sugli altri
— Eligio (Sanf) — Fatto più potente dall'avversità
— Ferocità frenata — Giacomo il Maggiore {San)
— Giorgio {San) — Guerra — Impero — Inge-
gno mirabile — Italia — Lussuria — Malizia —
Marcello {San) — Marco {San) — Marte —
Martino {San) — Mauri feroci — Mauritania —
Nettuno — Orgoglio — Privo di potestà — Rive-
renza — Sconvenienza — Scoraggiamento — Sog-
gezione — Teodosiani — Timidezza — Vagabon-
do ozioso — Velocita — Vendetta — Vittore {San).
Cavallo alato. Vedi Pegaso.
Cavallo con otto gambe. Vedi Odino.
Cavallo di legno. Vedi Follia.
Cavallo marino. Vedi Ippocampo.
Cavicchio. Vedi Necessità.
Cavolo. Vedi Contentezza interrotta — Profitto.
Cece.
Specie di legume conosciutlssimo. Vedi Cicerone
— Munificenza — Salvezza.
— 205 —

Cecilia (Santa). *
Martire. — Angelo. Alla sera delle sue nozze con
Valeriano, che era pagano. Cecilia gli rivelò che essa
era custodita da un angelo, il quale non permetteva
che la si toccasse. Valeriano chiese di vederlo, e la
giovane sposa rispose che lo vedrebbe qaeJora si
facesse battezzare; ed egli abbracciò la religione cri-
sliana. Ritornato a casa dopo la sua conversione, egli
vide infatti un angelo che custodiva la sua sposa.
Arpa, perchè la santa è patrona della musica. Cal-
daia d'acqua bollente in cui fu messa. Collo intacca-
to dtil carnefice. Corona di rose e di gigli bianchi,
datale dall'angelo. Organo, che comunemente le si
mette in mano. Spada, che servì a decapitarla.
Cecità.
Nel senso figurativo. — Talpa. Conosciutissimo è
il detto: Più cieco di una talpa; alludendo all'av-
versione
tuale dimora diquest'animale
nella tenebrapersotterranea.
la luce, e alla sua abi-

Cecità paterna.
Cardamina.
Cedrina. Vedi Verbena.
Cedro o Cedrato.
Albero che nei f>aesi meridionali si trova sempre
cop>erto di fiori. Vedi Misericordia — Pietà.
Cedro del Libano.
Grande albero sempre verde che vive vecchissimo.
Feunoso per le immagini poetiche che ne ricavarono
i sacri scrittori, e specialmente i profeti negli inspi-
rati loro discorsi. Vedi Accademia — Eternità —
Immortalità — Potente.
Cedronella. Vedi Melissa.
— 206 -

Cefalo. Vedi • Digiuno.


Ceìce.
Figlio d'Esperò e sposo di Alcione. Fu tale il suo
dolore per la morte di sua madre, che andò a Claro
a consultare l'oracolo per sapere come risuscitarla,
ma annegò per la strada. Altri vogliono che anne-
gasse nel passare il mare per andare a trovare «uà mo-
glie, da cui Aurora l'aveva diviso. Gli Dei informa-
rono Alcione in sogno della sorte del marito; e quan-
do l'indomani trovò il suo corpo sulla spiaggia, si
gettò nel mare. Gli Dei ricompensarono la loro fe-
deltà, cangiandoli tutti e due in alcioni, e vollero
che il mare fosse tranquillo quando questi uccelli
fanno il loro nido.
Celata.
Specie di elmo, senza cimiero ne cresta. Vedi Fan-
farone — Minerva — Roma.
Celebrità.
Stella. Nella Bibbia gli uomini illustri vengono
paragonati alle stelle. Dice Daniele: / dotti a gui-
sa di stelle splendono.
Celerità moderata.
Delfino avvolto a un ancora. Emblema che si tro-
va in alcune monete di Tito Vespasiano; e signifi-
cava che conviene affrettarsi con lenta prestezza, il
che dissero i Latini con una sola parola, maluran-
dum.
Celibato.
Croce. Nel XIIP, XIV» e XV" secolo, per de-
notare un lungo celibato, dicevasi portare la croce
di San Nicola.
- 207 -

Celidonia o Chelidonia.
Dal greco khélidón, rondine; perchè volevasi che
la rondine si servisse di questa pianta per dare la vista
ai suoi piccoli. Vedi Cura materna — Prmavera.
Celti.
Nome di un'antica razza che occupava una gran
parte dell'Europa centrale e occidentale. — Spada,
come insegna emblematica.
Celtide.
Albero il cui legno è assai ricercato per la sua
pieghevolezza e che serve a fabbricare strumenti mu-
sicali. Vedi Accordo — Conceria.
Cembalo.
Strumento da suonare fatto con un cerchio di
legno sottile il cui disco è di cartap)ecora e fornito
di sonagli, conosciuto comunemente sotto il nome di
tamburello. Vedi Baccanti — Cibele — Danza —
Ciuhtlo.
Cenere. Vedi Lutto — Penitenza.
Centaurea.
Pianta che cresce in abbondanza nei campi chia-
mata volgarmente battisegola, croce di S. Stefano,
fioraliso o fior d' aliso. Vedi Felicità — Francesco
d'Assise (San) — Timidezza.
Centauro.
I centauri erano esseri favolosi della Tessaglia;
figli di Issione e di Nefele, cioè nuvola foggiata da
Giove a somiglianza di Giunone. Mostri mezzo uo-
mini e mezzo cavalH ; sempre armati di clava, e
maneggiavano l'arco con molta destrezza. I Lapiti
loro vicini li invitarono un giorno alle nozze di Pi-
ritoo. Nacque una rissa, e a cui seguì una battaglia.
— 208 —

dopo la quale gli avanzi dei centauri si dispersero;


ma alla fine furano uccisi da Ercole. I mitologi han-
no tentato di spiegare in diverse maniere l'origme e
la natura dei centauri; alcuni li considerano come
una tribù prima domatrice di cavalli in Grecia. Da
principio la gente si immaginò che il cavaliere e il
cavallo fossero un solo animale, come avvenne al pri-
mo apparire degli Spagnoli in America. Riguardo al-
la lotta dei Lapiti e dei Centauri, dicesi essere sim-
bolo della lotta fra la civiltà greca e i superstiti della
primitiva barbaria pelasgica. Gli antichi credettero
seriamente all'esiistenza dei centauri. Al dire di Plu-
tarco ne aveva veduto uno, e Plinio afferma che une
venne portato dall'Egitto a Roma sotto Claudio, e
ch'egli lo vide conservato nel miele. Vedi Chirone
'— Francesco d'Assisi (San) — Nesso •— Ve-
locità della vita umana.
Centenario.
Avvoltoio, simbolo dell'anno presso gli Egiziani;
perciò un avvoltoio vecchio, o morto, fu preso come
segno di cento anni, e altrettanti ne predicono gli
indovini a ogni avvoltoio veduto. Così, i dodici av-
voltoi visti da RomoJo, fu segno che l'impero Ro-
mano doveva durare 1200 anni.
Centimanì.
Giganti con cento mani e cinquanta teste, figli del
Cielo e della Terra. Vedi Briareo — Cigc.
oeppi.
Strumento col quale si serravano i piedi ai pri-
gionieri. Vedi Matrimonio — Schiavitù.
Cerbero.
Cane di Plutone, figlio di Tifone e di Echidna;
av«va tre teste, coda di drago, e tre teste di serpente
— 209 —

sulla schiena, o secondo Seneca, il capo e il collo


cinto di serpenti. Slava nell'entrata dell'Inferno co-
me vigile guardiano, pronto a divorare chiunque si
presentasse. I morti stessi dovevamo placarlo presen-
tandogli una focaccia di miele, che si aveva cura
di mettere nella loro tomba con l'obolo destinato
a Caronte. Ma Cerbero era sopra tutto terribile per
gli eroi che ancora viventi tentavano di forzare le
porte dell'Inferno. Il nome di Cerbero deriva da una
parola greca, che significa divoratore di carne. Pc-
ciò alcuni vollero che fosse simbolo della terra, la
quale consuma i corpi morti. Vedi Ercole.
Cerchio. Vedi Circolo.
Ceroide siliquastro.
Pianta chiamata anche albero d'amore o della
Giudea, i cui fiori rossi appariscono al principio del-
la primavera, e son riuniti a fasceti numerosi sui
grossi rami e amebe sulla parte superiore del tronco.
Vedi Novella giovinezza — Vigore rinascente.
Cercopi.
Specie di folletti scaltri e maliziosi che solevano
fare ai passanti burle poco piacevoli. Narra la fa-
vola che fra questi vi furono due fratelli malvagi e
cattivissimi, chiamati l'uno PassaJo e l'altro Alcmo-
ne. Essi furon più volte ripresi dalla madre, e pre-
gati a cambiare la loro pessima condotta; ma veden-
do di non poter distoglierli dalle loro opere malva-
ge, raccomandò loro che si guardassero almeno di non
capitare fra i piedi di Melampigo. Or avvenne che
avendo essi sorpieso Ercole mentre dormiva sotto un
albero, combinarono di fargli qualche scherzo stra-
vagante; ma sul punto di effettuare il loro disegno
Ercole si destò, e alzatosi li prese, e legatili insie-
14 — Q. Ronchetti.
— 210 —

me per i piedi, come se fossero state due lepri, e at-


taccatili alla clava, se li pose dietro le spalle, poi
se ne andò. I Cercopi, mentre pendevano m quel
modo, videro che Erede avave le natiche nere e
e
pelose, per cui si misero a discutere sommessament
fra loro di quanto tante volte aveva loro detto la
madre, e conclusero di essere in mano a Melampigo.
Ercole, inteso ciò, ne ebbe tanto piacere, che h sciol-
se, lasciandoli andare; ma li trasformò in scimmie.
Cenere.
Una delle grandi divinità di Roma, Dea del rac-
colto, dell' agricoltura e della civilizzazione. Era fi-
glia di Saturno e di Opi; nata nelle vicinanze di En-
na in Sicilia, con che si volle significare la ferti-
lità di quel paese. Avendo Plutone rapita sua figlia
Proserpina, Cerere percorse sotto umane spoglie la
terra; accese due fiaccole alla fiamma dell'Etna, e,
salita sul carro tirato da due serpenti, visitò tutti i
paesi senza trovarla. Dopo aver scoperto la dimo-
ra della figlia, grazie all'aiuto di Elio (Sole) dal-
l'occhio penetrante, fece dono a Trittolemo, figlio di
Celeo, il quale la ospitò durante la ricerca di sua
gra-
figlia, del suo carro e delle sue preziose spighe di gli
no, affinchè le spandesse per terra, e per lui tutti
uomini godessero della beneficenza degli Dei. Per
riavere la figlia. Cerere ricorse a Giove, il quale
promise di fargliela restituire, purché Proserpina noa
avesse ancora preso alcun alimento nel regno di Plu-
tone. Ma questa avendo già gustata una melagrana
(vedi Ascalafo), Cerere non potè più ottenere al-
tro che di averla sulla terra per sei mesi all'anno.
Questa Dea era rappresentata con una falciola m
una mano e nell'altra un mazzetto di spighe e di
— 211 —

papaveri (simbolo di fertilità), col capo coronalo di


spighe, e la veste cosparsa pure di papaveri e di
spighe. Talvolta le si poneva accanto un canestro
di spighe. In una moneta della città di Metaponto,
ul rovescio \\ sono impresse delle spighe di frumen-
to, sulle cui foglie figura un sorcio. E sul dritto
si vede Cerere col manto tirato indietro sulla veste,
porta fra le spighe e le foglie un diadema coperto
in parte dai capelli, graziosamente sciolti e sparsi
iulla fronte. Nei cammei Cerere è rappresentata con
a fiaccola, l'aratro e la scrofa, su un carro tirato
ia serpenti.
irhissimo dellaSotto il carro si trova l'emblema anti-
Sicilia.
Animali: Cavalla. Cerere per sfuggire alle voglie
di Nettuno si mutò in cavalla. Scrofa pregna, che le
i sacrificava, quale simbolo della fertilità deila ter-
ra. Serpente. O perchè le biade non si innalzano
tropfx) in alto, ma pare che vadano serf>endo per
erra ; oppure perchè i corpi pieghevoli dei serF>enti as-
somigliano aiturtuosi solchi, prodotti dai buoi nell'a-
are la terra. — Vegetali: Fico, che Cerere; diede
ili* ateniese Fkalo in ricompensa dell'ospitalità da lui
Tcevirta. — Diversi: Fiaccola, simbolo degli ardenti
•aggi solari, nel tempo estivo in cui i contadini mie-
:ono le biade mature.
Cerere Negra.
Nell'Arcadia, presso un antro consacrato a Ce-
ere, questa fu chiamata Negra, perchè era vestita di
lero; sia per il dolore della rapita figlia, sia per
o sdegno che ebbe della violenza fattale da Net-
o in forma di cavallo. Ritiratasi Cerere nell'an-
o, non volendo quasi più vedere la luce del cielo,
a terra cessò di produrre i suoi frutti, perciò ne se-
— 212 —
che
guì oltre alla carestia, una grande pestilenza,
pero
mosse a pietà tutti gli Dei, i quali non potevano
si
provvedere alla miseria umana, non sapendo dovequei
trovasse Cerere. Ma il Dio Pane, cacciando m
dintorni, capitò nel luogo dove essa se ne stava tut-
ta mesta; e tosto avvisò Giove di averla trovata, il
la
quale immediatamente mandò le Parche a pregar
affatto placat a usci hnal-
in modo che rasserenata e
mente dall'antro, e allora la terra cominciò a pro-la
durre isoHti frutti cessando contemporaneamente
pestilenza. In memoria una di ciò, quell'antro venne con-
sacrato aCerere, con statua di legno seduta so-
pra un sasso, in figura di donna, ma con la testa e
dei
il collo di cavallo, intomo a cui si avvolgevano
e
serpenti. La copriva una veste lunga fino a terra,
e una colomb a nel-
in una mano aveva un delfino
l'altra.
Cero. „
alle
Lunga e grossa candela di cera, che serve
religi ose, e che ebbe origin e dalla neces-
cerimonie
illumi-
sità in cui si trovarono i primitivi cristiani di
dei loro riti nelle catac ombe. Ve-
nare le celebrazioni
Bia-
di Ardore della fede — Beatrice {Santa) —
gio (San) — Claudio {San) — Fede — Ceso
Cristo — Luce della Chiesa — Trinità.
Cerro. Vedi Resistenza.

Cerva. Vedi Desiderio ardentissimo — Diana
Giunone Conservatrice.
Cervo.
trov-a
Animale timido e mansueto per natura, non
altra difesa che nella fuga, nella quale dà prova d
tese,
accorgimento, evitando le insidie che gli sono
i senza coragg io — Atteo m
Vedi Apparato d'arm
— 213 —

— Carro tirato da cervi — Corno di cervo — Eu-


stachio {Sant') — Fuga — Giuliano VOspitaliero
(San) — Iniquità domata — Longevità — Penti-
mento della lascivia — Preghiera — Rovinato dagli
adulatori — Timore — Uberto {Sant') — Udito
— Vergogna della dignità perduta.
Cesare.
Coltello. Allusione a! così detto taglio cesareo, che
consiste in un'apertura che si fa all'addome e all'u-
tero per estrarre il feto allorché esso non può u-
scire per le vie naturali; e dicesi che tede operazicme
sia stata denominata da Giulio Cesare, che in que-
sto modo sarebbe stato estratto dall'utero materno.
Cesta. Vedi Laborioso.
Cesto di Venere.
Cinto che racchiudeva le grazie, i desideri e l'a-
mabilità. Giunone se lo fece prestare da Venere per
farsi amare da Giove; ma glielo tolse in pres«iza
di Paride, per essere giudicato degno del fatai po-
mo della discordia. Davasi il nome di cesto anche al
cinto maritale, trapunto di fiori e ornato di gioie,
che dalla six)sa veniva dato allo sposo, donde ne ven-
ne che illegittime nozze si chiamtiavano incesto ; e
anche oggidì dicesi incesto la relazione carnale fra
persone nei primi gradi di parentela accendente e
discendente. Vedi Cinto — Venere.
Cheipanto. Vedi Violacciocca.
Chenopodio.
Dal greco Ifhén, énos, oca, e pous, podos, piede.
Pianta chiamata volgarmente anserina. — Vedi Insulto.
Chero.
Da parola greca che significa opportunità di tem-
— 214 —

pò. Dio presso i Greci che corrisponde alla Dea Occa-


sione dei Latini. Era rappresentato sotto l'aspetto di
un bel giovane nella più florida età, coi capelli spar-
si al vento, e le mani e le braccia in atto di affer-
rare.
Cherubini.
Simboli immediati della Divinità, o esseri intelli-
genti potentissimi, col cui aiuto si succedono nel mon-
do gli avvenimenti d'ordine naturale e morale. Se-
condo la Genesi, all'ingresso del paradiso terrestre fu
posto un cherubino, che roteava una fiammeggiante
spada per custodire il sentiero conducent e all'albero
della vita, dopo che fu discacciato da quel soggior-
no di dehzie la prima coppia umana, colpevole di
disubbidienza. I Cherubini si vedono rappresentali
con faccia di fanciullo con intomo otto aU, due so-
pra, due sotto il mento, e due per orecchia, denc-
tando le sopraddette parti la stabilità e cognizione
delle cose, che non si conservano in altro luogo de
corpo. Talvolta si vedono con sei ali. se la figure
è intera, senza che il corpo sia appariscente; oppu
re anche con due sole ali, e di fanciulli interi cor
le mani e i piedi in diversi atti. Il genio degh arti'
sti si prese però tante licenze, da rappresentare
Cherubini in quella guisa che più gli aggrada e 1(
più volte contro la verità. Gli emblemi dei Cherubini
sono: Azzurro, Bianco. Colori dedicati agli angel
in generale. Smeraldo, simbolo di castità.
Cheto. Vedi Forchi.
Chiacchepone. Vedi Fanfarone.
Chiare2za.
Giallo, colore dedicato al sole. Sole Tutti i pi'
grandi uomini, che con l'onorata loro opera abbiam
— 215 -

illustrata la patria, o con elevata dottrina abbiano


istruiti gli uomini, furono detti lumi, e S. Ambrogio
chicuna luminari coloro che vissero santi fra gli uo-
mini.
Chiarezza di mente.
Carbonchio, perchè risplende nelle tenebre.
Chiave. Vedi Autorità della Chiesa — Chiesa —
Cibele — Dignità — Discrezione — Ecate — ' Fe-
deltà — Fedeltà segreta — Ferdinando (San) —
Genovejfa {Santa) — Germano (San) — Ciano
— Grammatica — Mitra — Ospite — Papa —
Papato — Parto — Pietro {San) — Plutone —
Portunno — Potenza — Segreto ■— Sicurezza —
Terra — Uberto {Sant').
Chiesa.
Società religiosa, fondata da Gesù Cristo. — A-
nimali: Grifo. Dante fa tirare il carro della Chiesa
da quattro animali fantastici, metà aquila e metà leo-
ne, perchè la loro natura corrisponde alla doppia na-
tura umana e divina di Cristo . — Diversi: Asper-
sorio.Nel
• rito cattolico, quando si CMisacra una
chiesa si fanno tre aspersioni nell'interno e altrettan-
te intorno all'edifizio con acqua benedetta e issopo.
Calice, vaso sacro. Chiavi, d'oro e d'argento. Ostia.
Pila. Serpente di bronzo sul tau simbolico. Questi
simboli servono anche p)er l'edifizio in cui i fedeli
si raccolgono per esercitare il loro culto.
Chiesa.
Tempio. Vedi Adelaide {SanC) — Agostino
{Sant') — Bernardo {San) — Biagio {San) — Clo-
tilde {Scmta) — Costantino {San) — \francesco d'A.s-
— 216 —

sìsì (San) — Gregorio il Grande {San) — Vergini


savie e Vergini stolte.
Chimera.
Mostro che si dice nato da Tifone e da Echidna,
a cui alcuni diedero ire teste, una di leone, una di
capra e una terza di drago, dalle quali vomitava
continuamcmte fiamme e fumo. Altri vogliono che
avesse la testa di leone e il corpo di capra e la co-
da "di drago. Esso devastava le campagne di Licaa,
La
e Bellerofonte cavalcando il Pegaso l'uccise. —
chimera e divenut a nelle lingue modern e si-
parola
nonimo di cosa immaginaria e impossibile; e nelle
belle arti è il nome che si dà a una specie di cam-
meo che riunisce parecch ie figure in un sol corpo.
Vedi Facoltà oratoria {Le tre parti della).
Chimica.
Lambicco. Storta.
Chioccia. 1 \/
Gallin a quand o e.
ze matern cova e quando ha i pulcini. Ve-
di Tenerez
Chiocciola.
Lumaca grande col guscio . Vedi Dedito alle co-
se terrene — Pace — Pigrizia.
Chiodo.
Nei primordi di Roma, per tener conto degli anni
i-
usavasi conficcare, agli idi di settembre, il tredices
mo giorno di ciascun anno, un chiodo nelle pareli la-
terali del tempio di Giove Capitolino. In alcune oc-
casioni sicreava un dittatore per infiggere il chiodo
l'anno,
nella sacra parete: ne solamente per notare ca
ma per la superstiziosa opinione che una grande
cittadin i, sarebbe cessata su-
lamità aggravatasi sui
— 217 —

bito, sarebbe rimasta inchiodata senza più moversi,


se quella usuale cerimonia fosse stata compiuta da
un funzionario diverso del solito. Vedi Elena {Sani')
— Fermezza — Luigi {San) — Necessità — Nor
tic — Preservazione dalle epidemie.
Chione.
Figliuola di Dedalione. Fu molto amata da Apol-
lo e da Mercurio, ed essa li sposò entrambi in una
volta. Ebbe dal primo Filamene celebre suonatore di
lira, e dal secondo Autolieo rinomato ladro al pa-
ri di suo padre. Chione diverme tanto orgogliosa per
la sua bellezza, che osò preferirsi a Diana, la quale
F>er punirla le trapassò la lingua con una freccia.
Chirone.
Centauro, figlio di Saturno e della ninfa Fibra, fi-
gliuola dell'Oceano. Saturno temendo di essere sor-
preso da Opi, sua moglie, si trasformò in cavallo
per possedere Filira, dalla quale ebbe Chircme. mez-
zo uomo e mezzo cavallo. Dimorava ordinariamente
nelle vicinanze del Pelio, dove la sua scienza e la
sua sciggezza attiravano molti giovani greci avidi d'i-
struzione. Conosceva SF>ecialmente le virtù delle piati-
te. Fu maestro di Esculapio e di Achille. Colpito da
una freccia d'Ercole bagnata nel sangue dell'idra;
benché sarebbe stato risparmiato, desiderò la morte,
e, fulminato da Giove, fu collocato nel zodiaco sot-
to il nome di Sagittario. •
Chitarra. Vedi Clio.
Cibele.
Figlia del Cielo e della Terra. Si suppone che sia
la stessa che Cerere, Rea, Opi, Vesta. Madre Bo-
na, gran Madre, ecc. Dea della fecondità della na-
— 218 -

tura. Secondo Diodoro, essa era figlia di un princi-^


pe della Lidia, e alla sua nascita fu esposta sopra
una montagna; ma fu conservata in vita da una bel-
va che la nutrì, e ricevette il nome di Cibele, dalla
montagna su cui venne allevata. Ritornata alla corte
paterna, s'innamorò di Ati (vedi), bel giovane, che fu
poi dal di lei padre mutilato. In Frigia, le feste di Ci-
bele sicelebravano con gran solennità. I suoi sacerdoti,
detti galli o coribanti (vedi Dattili), non «ano am-
messi al servizio della Dea previa mutilazione. Nel-
le celebrazioni delle sue feste, invasi da furore di-
vino, come pazzi essi andavano saltellando per le stra-
de riempendo l'aria di strida e di urli misti al suono
di tamburi, cembali, flauti, lance e scudi, in comme-
morazione del dolore di Cibele per la perdita del suo
Ati. La Dea era rappresentata come una donna ro-
busta, già presso a partorire, per indicare la fecon-
dità della terra. Teneva le chiavi in mano, e aveva
in capo la corona murale, e talvoha una corona di
pino. Rappresentavasi anche seduta sopra un carro
tirato da due o quattro leoni ammaestrati, mentre Ati
le cammina a fianco con una palla in mano, appog-
giandosi a un pino, albero consacrato alla Dea. Il
cembalo e l'attributo costante di questa divinata. Vedi
Agricoltura — Terra — Vittoria dei popoli.
Ciborio.
Coppa che contiene le ostie consacrate, e anche
il piccolo santuario in cui si ripongono. Nei primi
tempi del cristianesimo, qualchevolta sospendevasi al
tabernacolo una colomba d'oro o d'argento, che raf-
figurava loSpirito Santo, e dentro cui conservava*!
l'eucarestia per le persone inferme. Vedi Eucarestia.
- 219 -
Cicala.
I poeti greci si compiacquero di rappresentare !a
cicala come im animale dalla voce melodiosa, ed è
famosa l'ode di Anacreonte, nella quale egli chiama
la cicala prediletta di Apollo e aiutata dalle Muse.
Platone racconta che certi uomini, iiKantati dalla vo-
ce delle Muse, si lasciassero morire di faune, e che
le Dee li convertirono in cicale. Si vuole che presso gli
Ateniesi essa fosse il simbolo della grjuidezza e della
nobiltà. I Latini non ebbero tale aunmirazione per
questo insetto, né orecchie temprate a gustarne la me-
lodia. Vedi Apollo — Aurora — Francesco d'As-
sisi {San) — Loquacità punita — Musica — No-
biltà della stirpe — Poesia — Vana garrulità.
Cicerchia odorosa.
Pianta a fusto erbaceo rampicante, chiamata vol-
garmente pisello odoroso. Vedi Delicatezza.
Cicerone.
Cece. Marco Tullio Cicerone dediccuido agli Dei
un calice d'argento, invece del suo nome, fece scol-
pire sul calice un cece, secondo
dottare emblematicamente l'uso consonante
un frutto di allora d'a-a
un cognome, come la lente per Lentulo, la fava per
Fabio, il pisello per Pisone, ecc. D'altronde que-
sti cognomi vanno connessi all'agricoltura, la più no-
bile ela pia onorevole occupazione degli antichi Ro-
mani.
Ciclamino.
Questa pianta presenta un fenomeno singolare, ed
è che i suoi peduncoli raccolti a spira, a contatto del-
la radice o della terra, .«i alzano e si raddrizzano
quando i fiori sono prossimi ad aprirsi, e poi di bel
— 220 ~

nuovo s'abbassano per nascondere il frutto sotterra.


Vedi Diffidenza.
Ciclape.
Dal greco ^u^f/os, cerchio, e ops, occhio. Nome
dato ai fabbri di Vulcano, ed erano figli del Cielo
e della Terra. Si supponeva che avessero in una smi-
surata statura e un occhio solo collocato mezzo
pinione
della fronte. Alcuni mitologi sono però dell'o
che sotto il nome di Ciclop i s'inte ndono i vapori che
s'iimalzano nell'aria, e sono causa del tuono e dei
delle
lampi, perciò si rapresentano come fabbricatori
saette di Giove; mentre altri vogliono che i Ciclopi
fossero i primi abitanti della Sicilia, i quali erano
crudeli, di statura giantesca e dimoravano intorno ab
l'Etna. Vedi Meteorologia — Sicilia.
Cicno.

Figlio di Apollo e di Tirie. Disper ato di non po-


ter avere un toro che desiderava, si precipitò nel lago
— Fi--
di Canope e fu cangiata in cigno da Apollo.
glio di Marte, brigan te, il quale arrest ava tutti i
ruban do loro
viaggiatori che si recavano a Delfo,
le offerte destina te ad Apollo . Fu ucciso da Ercole.
Figlio di Stelno, re dei Liguri, il quale pianse
tanto la disgrazia del suo amico Fetonte, che Apol-
lo lo cangiò in un cigno. — Figlio di Nettuno e di
Calice, che divenne re di Colone nella Troade. Fi-
lonome, sua seconda moglie, innamorata di suo fi-
gliastro, non corrisposta, lo calunniò presso Cicno,
che lo fece gettare nel mare in un baule. Cicno, du-
rante la guerra di Troia, fu strozzato da Achille
con la correggia dell'elmo, perchè era invulnerabile.
Fu cangiato in cigno.
- 221 -

Cicogna.
Uccello che fu sempre considerato con speciale
venerazione. Vedi Animo eccelso — Animo triviale
— Arte militare — Carro ttato da cicogne — Con-
templazione divina — Derisione — Disprezzo delle
delizie terrene — Guardia — Medicina — Mercu-
rio — Pietà — Primavera — Religione — Salu-
brità — Sicurezza.
Cicoria.
Pianta erbacee la cui pwlpa, convenientemente pre-
parata e mescolata con farina di frumento, servì tal-
volta ad accrescere il volume del pane in tempo di
carestia. Vedi Frugalità.
Cicuta.
Pianta delle più velenose, che sfregata manda da
tutte le parti un odore nauseante di topo. Vedi Ca-
stità — Supplizio.
Cieco. Vedi Genoveffa {Santa) — Ignaro di Dio.
Cielo.
Gli astronomi antichi ammettevano tanti cieU di-
versi quanto erano i diversi moti che osservavémo ne-
gli astri. Alcuni facevano i cieli solidi e di cristallo
perchè potessero sostenere i corpi celesti e in pari
tempo dar passaggio alla luce; e questi cieli aveva-
no la forma sferica, siccome quella che era la più ap-
propriata ai loro mo\imenti. ' Così gli antichi conta-
rono sette cieli p>er i loro sette picineti, cioè il cielo
della Luna, di Mercurio, di Venere, del Sole, di
Marte, di Giove e di Saturno. L'ottavo, che chiama-
vasi il firmamento, era p>er le stelle fisse. Alcuni am-
mettevcino un nono cielo, al quale davano il nome di
primum mobile. Infine si avvolse il tutto con un cie-
lo empireo, di cui si fece il soggiorno delle Divinità,
— 222 —

e in questo modo si ebbero dieci cieli. — Azzurro.


Cuore accesso sopra un altare, secondo Plutarco, sim-
bolo del cielo e di quell'anima, che per la sua etermtà
non è sottoposta a invecchiare. Globo luminoso, che
presso gli Egiziani rappresentava la luna e il sole,
perciò simbolo del cielo. Oro, metallo dedicatogli.
Vedi Decimo cielo.
Cielo.
Personificazione della volta celeste, del cielo stel-
lato. Aveva un carro tirato da due orse: orsa mag-
giore e orsa minore. Vedi Giunone — Urano.
Ciglio. Vedi Giunone Lucina.
Cigno.
Uccello celebre presso gli antichi per il supposto
suo cantare morendo. Vedi Anima candida e pura
Apollo Lìrico - Carro tirato da cigni — Cicno
Leda — Muse — Musica — Orfeo — Poe-
sìa Poeta - Stimolo alla gloria — Venere.
Cilicio o Cilizio.
Specie di giubbone o camicia fatta di lana, setole
di cavallo o di pelo di capra; chiamato sacco (dal-
l'ebraico shaph); e alcuni credono che abbia Preso il
nome di cilicio perchè tessuto coi ruvidi peli delle
co-
capre della Cilicia. Gli antichi non usavano di
prire tutto il corpo col cilicio, ma soltant o di met-
terlo attorno alle reni, nei giorni di lutto e di ca.a-
pu-
mità. Quando si faceva uso del cilicio si soleva
re coprirsi il capo di polvere o di cenere. Anche i
primitivi cristiani e specialmente gli anacore ti ne fa-
cevano uso, talora anche in forma di cintura, che
portavano sulla carne, aggiungendo alle setole e ai
peli punte di ferro, per maggiormerte martorizzare e
- 223 —

mortificare la carne. Vedi Lutto — Martirio —


Mortificazione — Penitenza.
Ciliegio lauceraso. Vedi Lauceraso.
Cinclo.
Genere d'uccello dell'ordine dei passeri, chiamato
volgarmente merlo acquatico. Vedi Poverissimo —
Zingari.
Cineraria.
Bella pianta a fiori col disco giallo, a corona tmla
ii un bell'azzurro. Il suo nome deriva dal colore ce-
nerino del di sotto delle foglie. Vedi Dolore.
Cinghiale.
Animale selvatico simile al porco. Vedi Diana —
Fortezza d'animo indebolita — Forza del corpo e
iell'
Roma. animo — ttnpelo — Inverno — Meleagro —

Cingolo 0 cordiglio.
Cordicella con due fiocchi all'estremità, con cui
1 sacerdote cingesi i fianchi, mettendola sopra il ca-
nice. Vedi Pietro (San).
Cinico.
I cinici erano filosofii greci, i quali in principio mo-
travansi austeri seguaci della virtù; poi degenerarono
idrindecenza e nel sudiciume, mordendo a guisa di
^ani i difetti degli altri: per cui la parola cinismo
livenne sinonimo di impudenza e sfacciataggine. —
Mosca canina, alla cui importunità si aggiunge l'im-
udenza e l'audacia del cane.
Sinira.
Re leggendario di Cipro, e fu sacerdote di Vene-
e a Paso. Sposò Metame, figlia del Re Pigmalione,
iibbe molti figli, fra i quali Mirra e Adone, il qua-
— 224 -

nel conunercio ince-


le fu generato InvolontariameBte Cm.ra pò. s. uc-
uoso con la propria figlia Mirra. figlve s
aeUtto. Le sue cinquanta
cise scoprendo il Vedi
in alcioni.
gettarono in mare e furono cangiate
Mirra.
Cìnaglossa. ,. ,, ,•
lingua di carré lin-
Pianta chiamata volgarmente
nto il suo nome der.
gua canina, come lo dice appu sa, lingua. Vedi
grec o /fuó n. cane , e glos
vato dal
Rompere il silenzio.
Vrrile - Remissione.
Cinquanta. Vedi Impotenza
Ved i Num eri simb olic i.
Cinque.

Greci e i Romani
^'srecie di cintura, che presso ichia
l. e mava, -^o di
fac^rparte dei riti nuzia
Nozze - Verginità.
verginità. Vedi Cesto —

^'S:jilcuiuson.ale«^- ^
.^«^^^
^^^
Bibbia narra come 1 angelo Raffaele
da Tobia cinto e come pronto a -'«;^"^'^^' /°;f ^^^
nleva che la cintura era ^^^"^^^fX^f}^^^^ ^°i
loro che si mettevano m viaggio. Anch e i ^l^'^'
Galhe la p"va
Romani usavano la cintura. Nelle
cui andava an
zione della cintura fu una punizione
fallit e altri deb -
ZI qualche idea d'infamia. Ie per imotivo di que-
to^ferano costretti a lasci arla,
'^^sos riferisce che gli antichi Gali attaccavano
alla cintura una borsa le chiavi . e altri og^ets^^^
condizioni. La privazione
niili, per dimostrare le loro decadunento.^ La
di questa parte dell'abito mdicava rinuncio al
V dova di Filippo I. duca di Borgo gna,
sulla tom-
di successione, deponendo la cintura
--- 225 -

'ba del marito. Vedi Agostino (SanC) — Ceremia


— Margherita {Santa) — Maria Vergine — Par-
lo — Preparazione alla guerra — - Temperanza —
Tommaso (San).
Ciotola.
Specie di scodellino. Vedi Arte superflua.
Ciottolo.
Pietra di forma rotonda o arrotondata. Vedi Arsi-
noè — Durezza di cuore — Girolamo (San).
Ciparlsso.
Giovinetto bellissimo amato da Apollo. Avendo
per innavertenza ucciso un cervo ch'egli aveva al-
levato, e che gli era caro, dal dolore voleva darsi
la morte; ma Apollo, impietosito, lo trasformò in
cipresso.
Cipolla.
Ortaggio conosciutissimo, contenente un olio di
odore penetrante, che irrita gli occhi facendoli lagri-
mare. Vedi Cosa profana — Grandezza acquistato
■ opera dei nemici — Lagrime — Luna.
Cipresso.
Pianta dal fogliame scuro, che serve specialmente
d'ornamento nei cimiteri. La pianta più antica d'I-
;alia è senza dubbio un gigantesco cipresso, che sor-
ge a Somma Lombardo. Il Cantù afferma che « sot-
to la sua ampia ombra rifKjsò Scipione, dopo aver
combattuto Annibale » ; altri éisseriscono che la pian-
ta fosse adulta al tempo di Giulio Cesare. Vedi An-
^ goscia — Candia — Ciparisso — Giunone — • Mani
' I— Morte — Ombre — Perpetuità — Plutone.
^ICirce.
-,j Potente mjiga, figlia del Sole. Viveva
15 — O. RoNCHETri.
in un'isola
11 suo palazzo^
lungo la costa occidentale d'Italia aperto cu-
pietre , in luogo
era costrutto di lucenti Lavorava
leoni e da lupi addom estic ati.
copda^o da
^^ett ava a ca..a.^
a tessere, e durante il lavoro a sitrasf ormare in be.he
Avvelenò su. manto , e solev
sua isola Ivi Uree
i forestieri che capitavano nella
o, perc he Glauco a le
cangiò Scilla in mostro marin Ulisse nel
quest a Ninfa . Ricev ette
aveva preferita
cangiò . suoi compa-
suo palazzo, e per trattenerlo
un Uquore prepa-
gni fnporci, da'ndo loro a bere e non ne v°l^
rato con delle erbe, e di cui Uliss
cuni dicono però, ch'egh ne bevesse, -^h^^^^^ ^^^^^
gli serv di contravve.
va gli indicò una radice che o ed ebbe
L' UHsse rimase con lei un anno inter
e Latin o. Pn-^ di pax.
due figli, Adrio o Agrario salvo m patri^
tì come, per torna re
tire ella lo avver chied ere cod
infer nah e
avesse da visitare le regioni
siglio a Tiresia.

ignoranza qu«tX
Nei tempi di superstizione e d
maga) si ado-
pianta (chiamata volgarmente erba nome di cvrcea
negU incan tesim i, dand e U
nerava
. Vedi MaUa
ricordi quello della maga Circe
che Sortilegio.

Contrarietà — Dio — Etcrmta


lo. Vedi
OÌPCOPerfezione.

Cista. Vedi Canestro.
Vedi Geremia — Giuseppe. M
Cisterna.
Citerea. , ,,,. , ,. ^.,
1 isola d, Cileia.
Soprannome di Venere, tolto da
ata. Nel linguaggio poe,
dove era specialmente ador
la patri a allegorica degli
o quest'isola è divenuta
- 227 -

amori ed era ritenuta allora coinè un'isola incanta-


trice.
Citeronìe. Vedi 7Vin/e.
Citiso laburno.
Arix>scello il cui legno scuro rassomiglia un pò
all'ebano, donde il suo nome di falso ebano. Que-
sta pianta di bel portamento, e i cui fiori hanno uà
grato odore, fu talvolta causa di avvelenamento. Ve-
di Malvagità.
Città.
Corona murale, emblema delle mura della città.
Papavero, il cui capo oltre a contener molti semi,
che raffigurano gli abitanti, è internamente diviso io
tanti compartimenti paragonabili alle strade e alle
case di una città. Vedi Eugenio {Sant').
Cittadini. Vedi Salvatore dei cittadini.
Cittadino oppresso dal forestiero.
Toro atterrato da un lupo; allusione alla lotta
di questi due animali, in cui il lupo, vincitore, sim-
boleggia Danao, quale forestiero; mentre Gelanore,
simboleggiato nel toro, rap>presenta il cittadino. Vedi
Forestiero.
Ciuffo. Vedi Scelleraggine.
CivetU.
Genere di uccello appartenente ai rapaci nottur-
ni, che di notte manda un grido che somiglia all'u-
lo dd un uomo in pericolo. Vedi Alciioz — Astey
mio — Atene — Caccia — Carro tirato da civelt'i
— Danaro — Danni scambievoli — Forza vinta
dalla sapienza — Meditazione — Minerva — Mar-
'e — Sapienza — Vittoria.
— 228 —
Civetteria.
Bella di giorno. Dafne laureola.
Clandestina. Vedi Latrea clandestina.
Clara (Santa).
Fondatrice delle religiose di S. Francesco dette
Clarisse o Clarine, le quali vestivano tonaca e man-
tello e andavano a piedi nudi, con zoccoli o senza,
secondo la stagione. — Croce. Giglio di purezza.
Pane. Pastorale. Reliquario.
Claudio (San).
Vescovo e patrono dei tornitori. — Catene dei
prigionieri che si spezzarono al suo intervento. Cero.
Fanciullo annegato che il santo risuscitò. Zufolo-
Clava.
Bastone nodoso, molto più grosso da una estremi-
tà che dall'altra, e di cui si servivano gli antichi qua-
le arma offensiva. La clava è l'attributo più comune
di -Ercole. E,ra d'olivo selvatico, e la favola aggiun-
ge che, consacrata a Mercurio da Ercole, mise ra-
dici ediventò un grande albero. Vedi Ercole — For-
za — Melpomene — Virtù.
Clematite Vitalba.
Pianta che cresce nelle siepi, chiamata volgarmen-
te erba dei pitocchi. Vedi Artifizio — Inganno —
Povertà.
Clemenza.
Vasari la personificò in una donna nuda, che spre
me le mammelle, schizzando latte. — Fulmine. Tan-
to nelle medaghe di Antonino Pio, quanto in quelle di
Nerva, figura un fulmine in un letto; e ciò significa
che sebbene qu^ti imperatori avessero avuta la fa-
- 229 -

colta di offendere, se ne astenevano per la loro cle-


menza. Vedi Animo clemente.
Clibano.
Così chiaimavano gli antichi una specie di for-
nello consistente in un vaso di terra scoperto, usato
per cuocere il pane. Vedi Cuore — Esame di co-
scienza.
Clio.
La prima delle nove Muse, figlia di Giove e di
Mnemosine. Presiede alla storia, e viene rappresen-
tata, seduta o in piedi, sotto le sembianze di una
giovane coronata di lauro, con una tromba nella de-
stra e un libro, o un rotolo, nella sinistra; e talvolta
con un scrigno accanto, contenente dei manoscritti.
Viene auiche rappresentata con una chitarra, di cui
ella passa per inventrice. Per attributi ha anche il
calamaio e il globo. Clio, avendo osato un giorno
biasimare Venere del suo amore per Adone, la Dea,
irritata, le inspirò una passione violenta p)er Piero,
che la rese madre di Giacinto.
Gii tori.
Figlia di Mirmidone, era tanto piccola che Gio-
ve per visitarla dovette trasformarsi in formica.
Clizia.
Figlia dell'Oceano e di Teti. Fu amata dal So-
le (Af)ollo), e ne divenne talmente gelosa nel veder-
si abbandonata per Leucotoe, che si lasciò morire
di fame, ma Apollo la trasformò in un fiore chia-
mato eliotropio.
Clotilde (Santa).
Regina di Francia. — Armata, ricordando la
battaglia di Tolbiac, vinta da suo mante Clodoveo;
— 230 -

delU - -ve^ione a.U W.


cristiana. fu ca,«a
.i„o,ìa cheChiesa, che ella tonao ^ f^^^nò
Clot de astor
facendo costruire un monastero. il tervo
per incitare
in vino l'acqua di una fontana Rimas a
gna rega le. Tomba.
Lll operai. Ciglio, inse presso la
la sua dimo ra a Tours.
Sva ella fissò
tomba di S. Martmo.

filare. La più giovane delle


^'mParchgreco
tre e (vedi) . in,
klethe

„,ava anche Kncph. ed era ntenola e™' ■^" ,^[


che muove sulla superB c e del ac
ulmrilo di Dio
con la lesla d, montone
„a Cnufi era mppre.en.ato
-J»^- *
Sora s— tal un vaso, o daquaun e talora ne .
o D,o .1
ne consacrato a quest
col serpente sopra, e
Lbe trovasi in una barca
è post o sul suo capo.
lora questo emblema

r^uni
""Sa rampicante, girevole, coi fusti lungh , Ved,
ghirla nde fion.e
di magnifiche
e. ol
che r^r
Legam

aver div<«rato un uom». VeA Aspio ^^^^..^^^^_

'"" -/„vin ,-(e'-- L-uriu - Nilo - OcàdcnU


* bassa cond.
!l"^r!enT - Rovina - Uomo
zione salito agli onori.
— 231 —
Cocito.
Fiume dell'Inferno che circondava il Tartaro, =
che non s'ingrossava fuorché dal pianto dei tristi.
Cocolla.
La veste di sopra con cappuccio che portavano i
nìonaci. Nella vita di S. Benedetto, abate di Aniano,
si trova che i monaci per abuso portavano le cocolle
lunghe fino al tallone, e che per l'uniformità e per
umiltà prescrisse che fossero di 48 centimetri, o che
almeno non scendessero oltre il ginocchio. Vedi De-
nedetto {San).
Cocomero.
Pianta il cui grosso frutto, simile a una zucca,
con la polpa rossa, è conosciutissimo. Vedi Scioc-
chezza.
Coda. Vedi Diavolo.
Coda di cavallo. Vedi Pascià.
Coda di pavone. Vedi Volubilità della ricchezza.
Coda di pesce. Ved' Atargale — Dagone — De-
creto — Eurinome — Glauco Ponzio — Ippocam-
po — Nereidi — Sirene — Tritone.
Coda di volpe. Vedi Sport.
Cofano.
Scatola elegante in cui le donne ripongono le gioie.
Vedi Lussuria.
Colchico.
Tutte le parti di questa piauita sono più o meno
velenose, ma specialmente il bulbo, il quale rie«ce
mortifero sopra tutto per i cani e i lupi, dal che
venne al colchico autunnale (il più velenoso) il no-
me di ammazza- cerni. Vedi Indole perversa.
- 232 -

Coletta (Santa). j|
Badessa francescana. — Agnello, che l'accompa-
gnò in chiesa, e s'inginocchiò durante l'elevazione.
Angelo, che le apparve. Crocefisso, alla cui contem-
plazione attese negli ultimi giorni di sua vita. Ma-
ria Vergine, che le apparve.
Collana.
Vezzo o catena d'oro o di gioie che si porta in-
torno al collo, detta altrimenti monile; e che presso
gli Ebrei, i Greci e i Romani le donne l'adottarono
specialmente come ornamento nuziale. Vedi Mad-
dalena (Santa) '— Ricchezza — Teresa (Santa)
— Tommaso d'Aquino (San) — Virtù salda.
Coli era.
Personificata in un uomo che si passa attraverso il
corpo una spada, e avente ai piedi un leone -e delle
fiamme.
Collina. Vedi Davide (San).
Collo. Vedi Audacia — Superbia.
Colio Intaccato. Vedi Cecilia (Santa).
Colobio.
Tunica senza maniche, o con maniche tanto corte
che non giungono al gomito. Nei primi tempi del cri-
stianesimo ilcolobio era veste dei monaci, e massi-
mamente dei solitari in Egitto. Essa divenne poi ve-
ste propria dei Vescovi, dopo che S. Silvestro papa
ordinò che fossero aggiunte le maniche affinchè po-
tesse servire ai celebranti, coprendo la nudità delle
braccia. Vedi Stefano (San) — Vescovo.
Colomba.
Uccello che gli antichi consacrarono specialmente
a Venere, ed era vietato ai suoi sacerdoti di man-
i
- 233 -
giarne. Anche presso gli Assiri era sacra, perchè
credevzuio che l'anima di Semiramide fosse volata
al cielo sotto forma di colomba. Vedi Ambrogio
{Sani') — Anima — Apollo — Apostoli — A-
ria — Ballesimo — Benedetto (San) — Buon au-
gurio — Candore — Carità — Carro tirato da co-
lombe — Caterina d'Alessandria {Santa) — Cerere
Negra — Colomba (Santa) — Davide {San) —
Felicità futura delle anime — Giuseppe {San) —
Gregorio il Grande {San) — Innocenza — Lussuria
— Medicina provvidenziale — Noè — Pace —
Pacifico — Paolo {San) — Peristera — Pietro
{San) — Profeti — Sincerità — Spirito Santo —
Teresa {Santa) — Timore — Tommaso d'Aquino
{San) — Vedova continente — Venere.
Colomba (Santa).
Vergine e martire. — Angeli, che la copersero
con una veste bianca, lorquando, nuda, a suc«i a:
tromba, verme vituperata per tutta la città. Colomba.
Corona, portatale da un angelo duTéinte il suo mar-
tirio. Crocefisso. Manto regale. Nuvola, che versò
l'acqua per sp)egnere il rogo durante il suo suppli-
zio. Orso, il quale, esposta la santa nell'anfiteatro,
la salvò dalle voglie di un giovane sozzissimo, d'a-
spetto più di bestia che d'uomo.
Coionia.
Molte persone d'uno stesso paese stabilite in un
altro. Api in sciame, perchè quando l'arnia si trova
soverchicimente ingombra di api, una parte di esse
emigra andando in cerca di una nuova dimora.
Colonna.
L'origine della colonna rimonta ai tempi in cui
si cominciò a piìuitare ritti i tronchi degli alberi per
- 2M -
puntellare le abitazioni dei primi uomini raccolti nel-
la convivenza comune. Vedi Agata {Sani') — Ar-
chitettura — Cristina {Sarìta) — Felicità pubbli-
ca — Fermezza — Forza — Massoneria — Morti
per la patria — Mosè — Paolo {San) — Sicurez-
za — Sublimità della gloria \— Termine — Valen-
tianesi — Kirtù.
Colomna bellica. Vedi Bellona — Guerra.
Colonna rostrata.
Presso i Romani era una colonna d'ordine tosca-
no ornata di rostri o prore di bronzo. Vedi Vittoria
navale.
Colpa.
Basilisco. Simbolo biblico.
Coltello.
Il coltello presso gli antichi consisteva in una la-
ma larga che finiva in punta e il dorso ricurvo, ed
era destinato principalmente per ammazzare gli ani-
mali sugli altari degli Dei. Vedi Abramo — Bar-
tolomeo {San) — Cesare — Cristina {Santa) —
Crudeltà — Durezza mitigata — Ecate — Gia-
como ilMaggiore {San) — Giustizia — Impero —
Litigioso — Morte — Parole — Pericoloso —
Provocazione.
Col u tea.
Credevasi che quest'albero, tagliandone i rami,
perisse. Vedi Puerilità.
Comando.
Mano tesa con l'indice sporgente dritto, e il brac-
cio teso verso l'obbediente; così dicesi essere stato
il gesto usato generalmente dai principi e dai sovrani.
- 235 -
Combattimento.
Teschio di cavallo attorniato da vespe svolazzan-
ti. Presso gli antichi il cavallo era simbolo della
guerra, e il suo cadavere emblema delle vespe, .e
quali, alla loro volta, simboleggiavano la zuffa e
l'istinto di offendere il nemico.
Combattimento della ragione con l'appetito.
Ercole <^e uccide Anteo; soggetto che figura in
molte medaglie antiche; in cui Ercole rappresenta
la ragione e lo spirito umano, e Anteo raffigura il
corpo. Il petto di Ercole era considerato quaJe $ede
della sapienza e della prudenza, le quali sono in
continua guerra col desiderio e la volontà; poiché
l'appetito si oppone sempre alla ragione, la quale
non può prevalere, se non s'innalza al di sopra delle
passioni materiali dell'uomo.
Commedia.
Socco. Presso i Greci e i Romani: calzare lì SOC'
co, equivaleva recitare commedie.
Commercio.
Ancora. Caduceo. Mercurio. Passati in uso i sim-
boli mitologici presso i moderni, si rammentò che Mer-
curio presiedeva al commercio, e i negozianti prese-
ro per simbolo il caduceo e Mercurio, senza ricor-
darsi che quest'ultimo era anche il Dio dei ladri.
Commozione.
Belonica.
Como.
Dio che presiedeva ai conviti e a ogni specie di
tripudio e di gozzoviglia. Rappresentavasi sotto for-
ma di im bel giovane, col cap» coronato di fiori,
acceso di ebbrezza, cascante dal sonno, appoggiato
- 236 -

a un'cista che sostiene nella mano sinistra, e tenendo


nella destra una fiaccola accessa rivolta verso terra,
in modo che sembra bruciarsi con essa le gambe.
Questo Dio, o forse un altro dello stesso nome, pre-
siedeva pure agli ornamenti delle donne e della gio-
ventù effemminata, e la sua statua ornata di ghii-
lande e di fiori collocavasi all'ingresso delie camere
nuziali, forse come pronvotore ai piaceri d'Imene.
Cam passio ne.
Deità allegorica. Chi si ricoverava nel suo tempio
vi trovava sicuro asilo. — Avvoltoio, che col becco si
squarcia le cosce. Perchè, secondo gli Egiziani, nei
centoventi giorni, che impiega nell'allevare i figli, per
timore di lasciarli incustoditi, non si allontana da loro
in cerca di preda, e se per caso non trovasse nelle
vicinanze di che cibarli, allora intaccandosi col bec-
co le cosce, ne cava il sangue con cui nutrisce i fi?u.
Compasso. Vedi Acale — Architettura — A-
stronomia — Geometria — Massoneria — Scienza.
Compatimento.
Violacciocco quarzmtino bianco.
Compatimento della suocera.
Pignatta. Una volta la sposa, due giorni dopo 'e
nozze, doveva chiedere una pignatta alla madre del-
lo sposo; la quale, oltre a negargliela, la maltratta-
va ingiurandola aspramente; e ciò perchè la sposa
fin da principio si abituasse a sopportare paziente-
mente le sofisticherie e le stravaganze della suocera.
Concerto.
Celtide, il cui legno serve a fabbricare strumenti
musicali a fiato.
Conchiglia. Vedi Agostino {Sanf) — Andrea
— 237 —

(SanC) — Buccina — Giacomo il Maggiore (5an)


— Michele (San) — Tritone — Venere.
Concordia.
Divinità dei Romcini. La Concordia era al pari
della Pace, con la quale \-iene spesso confusa, n-
guardata figlia di Giove e di Temi, e s'invocava per
l'unione delle famiglie, dei cittadini, degli sposi, ecc.
Rappresentavasi ordinariamente seduta, con xma taz-
za nella destra e nella sinistra lo scettro, e talvolta
una cornucopia o due; oppure con un ramo di oli-
vo e il caduceo, o anche avente nelle mani una prua
di nave e lo scettro o la cornucopia. Questa era la
personificazione della Concordia civile. La Concordia
militare era rappresentata vestita di una lunga tuni-
ca, in piedi, fra due stendardi. Nelle monete di Sabi-
na Augusta è rappresentata seduta su una sedia, ap-
poggiandosi sopra una lamcia, p>orgendo con la destra
una tazza.
Animali: Cornacchia. I Greci, dopo aver invocato
Imene nelle nozze, solevano anche nominare la cor-
nacchia per augurio di concordia. Persone. Nelle me-
daglie di Domizia Augusta, da un lato figura un
pavone
Narrasi con
che l'iscrizione
Domiziano CONCORDIA
salutasse DomiziaAUGUST.
col nome
di Augusta, dopo avergli dato im figlio. In seguito
la ripudiò per il suo carattere volubile, ma dovette
riprenderla costretto dal p>op>olo. A ciò credesi ri-
ferirsi l'inscrizione di concordia, la quale sopra tut-
to si desiderava nei matrimoni. Si vuole che il pa
vone simboleggiasse l'Impero, al quale Domizia ven-
ne ridata, o forse anche perchè Domiziano facendosi
chi«imar Giove, volle che sua moglie fosse onorata coi
nome di Giunone, alla quale era consacrato il pavo*
238
i s,
ne - Vegetali: Albero, perchè tutti i suoi ,am

""' "*'"" Zo ^rJ^nr^bolo delle confrater-

da una parte figura una t«U * ^^ ^ ^^^^i„„, ,„.

J. etlMua'parte vi ^ due nra-


'vi'r rV'

loro sono smrili per r due -'P-^.^^Xn.lla con-


della meaesirna ^^^'^^tA
cordia fondato. .1 I :> m^gs'" , ,P"--"/;
^„„e del
Nassau, consiste m un <="°''^"f;'°i7' ti da un
fondatore da ».bo U P^r*. D-e e r, k,a^^ .^. ^^
lacco, -™''|';f;;'';J'"arLa. Giogo, che unisce
cuore, non dalle '^"''° sormontato dalla croce
due '-''.^f^^lfVLBE oXe della concordia
el 7 8 dal prin cipe Gugl ielmo Lu,g,
Tdato
^:--'?rdr:t^^^^^^^
'l='t£a:"^Mt':^itti;ltru:^:
eordta presso .Romam^'W ^^ ^^
;ned._
fM^,'— iSrNapoieo„el.(ond6r<>rd ^
i co;cordia. il cui emblema -"!'f -■"""; palm.
mcroc.ate (ra due
ottangolare con due man.
- 239 -

e la parola Concordia. Verghe legate in fascio. —


Vedi Effetti della concordia e della discordia.
Concordia nelle cure famigliari.
Pernice. Credevasi che il maschio e la femmina di
questi uccelli facessero due nidi per ripK>rvi le uova:
dividendosi p>oi la cura di far nascere, nutrire e alle-
vava ipulcini ; p>erciò si simboleggiò la concordia nel-
le cure familiari fra marito e moglie, con due pernici
che covano.
Concupiscenza.
Torello, simbolo della forza dell'appetito carna-
le, perchè nessun animale p>ossiede un istinto così sfre-
nalo per l'accoppiamento quanto un toro giovane.
Condanna.
Pollice verso. Quando un gladiatore era gravemen-
te ferito in modo da non poter più combattere, il
suo avversario gli stava sopra con la spada pronto a
ucciderlo: se il maggior numero degli sp>ettatori del-
la tribuna volge\a in giù il pollice, era segno di mor-
te; e all'opposto, cioè il pollice volto all'insù, era se-
gno che gli si concedeva la vita.
Condiscendenza.
Butonio. Giacinto, pietra.
Conforto.
Origano, allusione alle sue virtù medicinali presso
gli antichi. Zaffiro, pietra preziosa.
Congreg£uione.
Campana e melagrana. La prima come segno di
richiamo, e la seconda, simbolo di riunione, associa-
zione.
— 240

Congregazioni© dei cristiani.


è simbolo della
Vite che. secondo S. Ambrogio,
pianta con una certa
plebe della Chiesa, la quale si
e del umiltà si tie-
radice di fede, e con la propaggm
ne bassa; ma zappata all'intorn o, si lega e si sol-
leva, finché non piegh i verso ^-ra L ordme de
enuta dal a Ui e
pergolato indica l'eguaglianza, mant e onorato abbia
to ricco
sa e che nessuno per quan
povero si avvdisca
da insuperbirsi, e che nessuno
esser e abbas sato e disprezzato jjerche
né dubiti di
m cielo la mede-
tutti confidenti nella fede, avranno
sime ricompensa.
Spagna.
Coniglio. Vedi Fecondità —

^**S'rumento di metallo con punta piatta ed acuta;


legna o pietre.
.seive battendovi sopra per spaccare
Vedi Scioglimento.
Consacrazione.
accesa, segno
Aquila, che s'innalza sopra una pira
del defunto sovrano
delia salita in cielo dell'anima
che 1 Romani costumavano anno verare tra gli Uei.
in diver se monete del tempo
Simbolo che si trova
Pavo ne Per la consa crazi one delle matrone. In una
A. da una
medaglia con l'iscrizione DIVA PAVLIN
a in età, coper ta di un
parte si vede una testa di donn a seduta
dall' altra , la mede sima figur a inter
velo e
sopr'a un pavone che la porta in tra alto, con inscnzio-
RAT IO. In un'al medaglia con la
Tie CONSAC . figura un capo
inscrizione DIV /E MAX IMI N/E
a che sta sopra una luna, con le corna volte
di donn
ta la ruo-
all'ingiù. e dall'altra parte un pavone che
- 241 —

la, con l'inscrizione CONSACRATIO. La medesi-


ma inscrizione si trova nelle medaglie di Faustina, do-
ve figura un pavone.
Consenso.
Mano alzala. Segno di approvazione usato dagli
antichi nelle adunanze dei soldati.
Consenti.
Nome che i Romani davano ai dodici Dei supe-
riori, sei maschi e sei femmine; che formavano il
consiglio di Giove. Ciascuno di essi presiedeva a uno
dei mesi dell'émno: Venere all'aprile, Ap>ollo al mag-
^ìo. Mercurio al giugno. Giove al luglio. Cerere al-
l'agosto. Vulcano al settembre. Marte all'ottobre. Dia-
na al novembre. Vesta al dicembre, Giunone al gen
naio, Nettuno al febbraio e Minerva al marzo.
Conservazione delle vigne.
Callo. A Methona, nel territorio di Trezene nel
l'Argolide, per evitare che il libeccio danneggicisse e
bruciasse le gemme delle viti, usavano sacrificare un
gallo nel modo seguente: Due uomini, preso un gallo
bianco, dopo averlo squartato in due tirandolo con-
temporaneamente indirezione opposta, ciascuno con
in mano la sua parte girava intomo a tutte le vigne,
e, ritornati al p>osto dove avevano ucciso il gallo, ne
sotterravano le parti; persuasi che in quell'anno il
vento non avrebbe danneggiato le viti, perchè al gal-
lo attribuivano una certa virtù solare.

Consiglio e cuore. \^edi Cuore e consislio.


Consiglio popolare.
Gru. Vogliono alcuni che presso gli Egiziani una
riunione di gru simboleggiasse il governo popolare;
16 — Q. Ronchetti.
— 242 —

perchè, se si vuol prendere buone risoluzioni, e se si


desidera che le cose abbiano un felice successo, con-
vien consultare più persone.
Con SO.
Antica deità romana. Alcuni lo vogliono Dio del-
le deliberazioni segrete, altri il Dio nascosto e miste-
rioso, cioè il Dio delle basse regioni. Poco si sa in-
torno a questo Dio; e là storia dell'introduzione del
suo cultocazionesarebbe
di Roma la seguente. non
i Romani Quando dopodonno
avevano l'edifi-e

la loro richiesta per ottenerne dalle tribù vicine fu-


rono respinte, Romolo fece correre voce di aver tro-
vato l'altare d'un Dio ignoto sotterra. Il Dio fu chia-
mato Conso, e Romolo gli promise sacrifizi e feste
se procurava mogli ai suoi Romani. V'è chi vuole
essere Conso una deità infernale, basandosi sulla tra-
dizione del suo altare rinvenuto sotterra, e perchè i
muli e i cavalli, sotto la protezione speciale delle di-
vinità infernali, erano adoperati nelle corse alle con-
sualia, nome delle feste di questo Dio, e, inghirlan-
dati di fiori, trattati con cura speciale e gran solen-
nità in quell'occasione
Consolazione.
Digitale porpora; pianta adoperata come rimedio
nelle malattie di cuore, e nello stesso tempo mitiga
la malinconia prodotta da questa malattia. Grigio
chiaro.
Consoli Romani.
Scure.
Consolida. Vedi Delfino.
- 243 —
Contadino.
Uomo seduto in terra. — Porco. Si vuole che g'u
abitanti nelle vicinanze del Nilo, dove il terreno è
assai soffice e bagnato, non si servissero d'aratro o
ci'altro strumento adatto per lavorare la terra, ma la
coltivassero mediante le pedate dei porci I Latini chia-
mavano porca il solco dei campi semiriati. Rana. La-
Iona, fuggendo la p>ersecuzione di Giunone, passò sul-
la riva d'una palude ove alcuni contadini lavoravano
la terra, e chiesto loro dell'acqua per rinfrescarsi, le
venne negata. Latona per punirli ottenne da Giove
che fossero trasformati in réuie.
Contemplazione divina.
Cicogna, simbolo biblico di un'anima pura elevata
sopra le cose terrene, e soltanto dedita alla contem-
plazione delle cose divine; [j^rchè la cicogna cerca
sempre luoghi alti per la propria dimora e per fare
il nido.
Contentezza.
In una lettera di Vasari a Monsignor Minerbetti
Vescovo d'Arezzo, si legge: <( La Contentezza che
mi chiedete, la quale, senza mandarvi a'tro disegno
sarà dipinta da me a sedere colma di letizia, in at-
titudine diriposo, coronala di lauro, rose ed olive e
palme, fra mirti e fiori, guardando il cielo con con-
templazione divina, avendo attorno vasi verdi per le
speranze, pieni di onori, come corona, scettri tempo-
rali e spirituali, altri di gioie, perle, oro e ricchezze,
alcuni pieni di libri sacri e profani, statuette d'oro,
medaglia, scienze, tenendo in una maiio una palma, e
nell'altra il corno d'Amaltea; né mancherò di farle
_ 244 —

ne, gioghi roti, rostn


cotto 1 piedi lacci sciolti, cate
servitù; e se la volete
r mare e varie invenzioni di
il cinico Diogene con
f r più povera, potremo fare
a sul tazza, dentro alla -^^f ^' .^ -Z
soddisfare i desideri.
il sole ». — Oro, che può
Contentezza interrotta. . \ ,, .
io, e nemico del vi
Cavolo, il quale, secondo Plin
evas i che dopo avere
no. simbolo dell'allegria. Cred
sse bere vmo a volon-
mangiato il cavolo crudo siipote cavo li piantat, vicmo alle
tà senza ubri acar si; e che
asse ro molt issi mo.
viti, le danneggi
Continenza. , -.^
Specie di temperanza, e particolarmente la virtù
ner cui si raff rena il desi deri o voluttuoso. - Cordone
: / nosfn renj .ano
l ggi nell'evangelio di S. Luca
ù Cristo, di cui i pa^
M. Quest'avvertimento di Ges
spes so e co.i costante-
dri della Chiesa hanno così
mente raccomandato l'os serv anza , come allusivo al-
dov eva andar perduto
Ta La e alla continenza, non
specialm ente obbligai
per i ministri delFaltare, più Bibb ia, nel-
Sec ond o la
a esercitare tale virtù. Sa [«"ce oli, si posa-
e fest e dei tabe rnac
la celebrazione dell
salice simbol g-
vano nelle mani rami di palma e di
za. Serpente di hron-
giando quest'ultimo la continen Ebrei, come emblema
igli
zoche Mosè consa ai piaceri. ò agh
della virtù contrari
Contrarietà. . ,. ,
similitudme d. due
Cìrcoli due. che si toccano, a
girano nel senso con-
ruote meccaniche contigue che recipro-
due, le cui punte si toccano
camente Frecce,
trario. lepenne.
- 245 -
Contumace.
Orecchie turate; quale simbolo d'uomo disubbi-
diente ai richiami fattigli, che non vuole tollerare in-
timazioni, né sottoporsi alla legge.
Convallaria.
Ve ne sono di diverse specie, fra le quali, quella
notissima sotto il nome volgare di mughetto, campa-
nelle, ecc., e i cui fiori di soave odore si aprono da
aprile a maggio ; e la Convallaiia sigillo di Salomone.
Vedi Discrezione — Felicità rinnovata.
Convolvolo tricolore. Vedi Bella di giorno.
Capo coronato. Vedi Domìnio.
Coppa. Vedi Tazza.
Copula maritale.
Asta celibarc; perchè, come questa, fitta nel cor-
po del gladiatore e con lui congiunta, così la sposa
deve congiungersi col marito, affinchè, come dice l;i
Bibbia, siano due in una sola carne. Cornacchie ac-
coppiate, quale simbolo della legittima congiunzione
maritale; perchè si vuole che questi uccelli si uni-
scono insieme nel modo con cui gli uomini si con-
giungono normalmente per istinto naturale alla pro-
creazione, senza mai trascendere ad alcuna lascivia.
Credevasi inoltre che le cornacchie consumassero l'at-
to venereo p>er bocca.
Coraggio.
Leone. Animale che simboleggia la forza e il co-
raggio. Pioppo nero, consacrato a Ercole. Turchese,
pietra dedicata al coraggio.
Corallo.
I Romani lo portavano come amuleto e come og-
A*TU

culle dei
getto gradito agli Dei, e lo mettevano sulle
a 111
neonati per preservarli da malattie perniciose IL.
scudi. Vedi Ne-
ornavano col corallo gli elmi e gli
ràdi — Principio e fine.

Corazza. Vedi Egida — Fortificazione.


razione —
Corda. Vedi Beatrice {Santa) — Dispe
{San) — Servi tù — Umilt à.
Matteo
Cordialità.
Begonia.
Cordiglio. Vedi Cingolo.
Cordone.
serve a restnn-
Parte dei vestimenti sacerdotali, e
e la lung hezza del ca-
gere l'ampiezza e a raccorciar negli
mice, perchè non rechi inciampo al sacerdote
cord one è un acces sorio indis pensa bile
uffizi divini. Il
fu giudi cato
del camice, ed ecco la ragione per cui
e i sacri ficat ori della
tale. Siccome il gran sacerdote
tunica, ben-
tribù di Levi avevano una cintura sulla aderente.
ché vi fosse, per così dire, sempl iceme nte
arono la
; ministri della nuova alleanza, che adott
parte dei vesti menti di quelli dell'antica, do-
maggior vevano anche ammettere iT cordone. Inoltre, poiché
ammantalo
nel salmo 92 è detto che i7 Signore si è
poiché nel-
di fortezza, e ne ha cinti i suoi fianchi;
l
l'Apocalis e iVerb o eterno ci è mostrato m mezzo
e cinto
ai sette candelabri, vestito d'un lungo ab)»o
a una ragione
il petto di una cintura d'oro, si avevfossero anchessi
misti ca suffi cient e perc hè i sacer doti
— I om-
cinti nelle sacre funzioni. Vedi Contmenza
maso d'Aquino {San).
— 247 -

Coreggìato.
Strumento contadinesco, fatto di due bastoni l^za'i
per i capi con la gombina, che serve a trebbiare j1
grano e le biade. Vedi Agosto.
Cori. Vedi Angeli.
Coriandolo.
Pianta che esala un odore insopportabile di ci-
mice, donde il nome di erba cimicina. Ma questa esa-
lazione èpasseggera, i semi perdono il loro ingratis-
simo odore a misura che vanno matur=indo, e ac-
quistano invece un odore aromatico gradevolissimo.
Vedi Meriio occulto.
Coribanti e Cu reti.
Sacedoti di Cibele. Fu loro dato in cura Giove
bambino, e mentre lo custodivano donnivano con
gli occhi aperti.
Corinto.
Pegaso, emblema che figura nelle medaglie di que-
sta città delle più importanti dell'antica Grecia.
Corna. Vedi Como.
Cornacchia.
Gli antichi credevano che quest'uccello deponesse
soltanto due uova, dalle quali nascessero un maschio
e una femmina. Ma se fossero stati due maschi o
due femmine, allora tanto i maschi quantn le femmi-
ne si accompagnavano fra loro, e se uno di questa
coppia morisse, il superstite rimaneva scompagnato
per tutta la vita. Perciò, prima del matrimonio, si
invocava la cornacchia, affinchè morto uno dei co-
niugi, l'altro conservasse la vedovanza. Vedi Con-
<;ordia — Copula maiitale — Danni scambievoli —
prepo-
Fedeltà di messaggero — Giovanile sagaatà
senile sapien za — Infeli cità coniug ale — In-
sta alla
quietudini — Inverno — Minerva — Prosperità del-
la vita — Sprezzatore delle ingiurie.
Corniola. ■n ■
e i
Specie di agata molto stimata presso i Ureci
una volta per le incisi oni e per
Romani; adoperata
la scultura. Vedi Gioia — Pace.
Corno e corna.
di
Gli antichi si servirono lungo tempo di corna
oni nei sacrif izi Presso
bue per bere e per far libazi
simbolo della
gli Orientali le corna furono sempre il
poten za; e perciò molte divini tà porta-
forza e della
a questo simbolo
vano questo attributo. Per allusione
. di Siria e di Traci a ornav ano d,
i re di Macedon:;a
Nella provi ncia di Napol i re-
corna i loro diademi.
tizion e, chiam ata la iettat ura per cui
gna una supers ano;
la virtù di un talism
credesi che un corno abbia
ta essere pre-
e nelle conversazioni, quando si sospet con le dita
sente uno strego ne, gli si fanno le coma
a — Bacco
per scongiurare il sacrilegio. Vedi Afric — Lari
— Diavolo — Dignità sacrosanta — Forza
— Rovin a dei popoli —
Mose — Oceano — Pan
Satiro — Sonno.
Corno.
che
Davasi questo nome a uno strumento da fiato,
Oggi
anticamente facevasi di corno, poi di metallo.
la
è strumento d'ottone in due o tre larghi gin o con
molto larga. Vedi Biagio (San) — Inci-
campana tamento — Uberto {Sani ).
opi
Corno dell'abbondanza. Vedi Comucjcopta.
- 249 —
Corno di cervo. Vedi Incostanza della fortuna.
Cornucopia.
Corno dell'abbondanza, che s'incontra spessissimo
sulle medaglie antiche, e specialmente su quelle della
Siria. Questo emblema fu anche spesso impiegato come
ornamento architettonico; e si trovano antichi capitel-
li ionici, le cui volute rappresentavano corni d'abbon-
danza. Le più delle volte se ne fa uscire una quantità
di fiori, frutta e fogliami, e talora gii si fa versare
HKxnete e medaglie d'oro. Vedi Abbondanza — Ac-
cademia — Agricoltura — Amaltea — Animo cle-
mente — Autunno — Buon evento — Concordia —
Estale — Età dell'oro — Felicità — Fiumi — For-
tuna e amore — Iconologia — Ilarità — mAmore e
virtù — Pietà — Priapo — Primavera — Prov-
videnza — Ricchezza — Temi — Verìunno.
Cornuti.
Soldati Romani di fanteria. Avevano p)er insegna
uno scudo giallo, con un cerchietto nero intomo, nel
cui mezzo figuravano due serpenti rossi, i quali, u-
scendo da un sostegno pure rosso, si piegavano in
modo d'avvicinarsi la testa; nel mezzo di questo so-
stegno v'era una piccola rotella gialla con due linee
centrali incurvate, che si tagliavano fra loro in due
parti eguali, e nella parte superiore della rotella fi-
gurava lalettera T, insegna dei centurioni.
Corona.
Ornamento circolare di metallo, foglie o fiori, che
gli antichi portavano al collo e al capo, adoperan-
dolo anche come decorazione nelle feste a nei fune-
rali, a premio dell'ingegno, al valore militare e na-
vale, e al merito civile. La leggenda mitologica at-
ento
tribuisce la prima Introduzione di questo ornam ore
a Giano Bifron te, che passa anche per 1 mvent
e
delle navi e del danaro, ed è perciò che molte monet
della Grecia, dell'Italia e della Sicilia hanno la te-
sta di Giano sul dritto, e una nave o una corona
sul rovescio. Vedi Agnese (SanQ — Autorità —
Caterina d'Alessandria {Santa) — Cecilia (Santa)
}— Colomba {Santa) — Dignità — Edmondo
{SanC) — Elisabetta d'Ungheria {Santa) — tu-
ropa — Fiacre {San) — Gloria — Imperga atore-
Legge — Lucia {Santa) — Luigi G&nza {San)
— Martiri — Nobiltà — Padre Eterno r— Paolo
(5an) _ — Pietro {San) — Re — Rkompensa —
Sovrano Susanna {Santa).
Corona del rosario. Vedi Rosario.
Corona di abrotano. Vedi Iside.
Corona di canne. Vedi Fiumi — Inverno
Corona di cipresso . Vedi Silvano.
Corona di cotogno. Vedi Giunone.
Corona di ebano. Vedi Plutone.
Corona di edera. Vedi Talia.
Corona di edera e di lauro. Vedi Poeta.
io.
Corona di edera, olivo e gelso. Vedi Mercur
Corona di ferro. Vedi Tirannia.
Corona di fico. Vedi Melpomene — Pan.
Corona di fieno- Vedi Vertunno.
Corona di finocchio. Vedi Fauno.
rezza
Corona di fiori. Vedi Abbondanza — Alleg
— Como — Ebe — Euterpe — Fede —
flora — Primavera,
- 251 —
Corona di fiori e frutta. Vedi Pomona.
Corona di gemme. Vedi Sole.
Corona di ghiande di quercia. Vedi Terra.
l Corona di gigli. Vedi Giunone.
CopoHR di gigli e canne. Vedi Fauno.
Corona di gramigna. Vedi Rkompena militare.
Corona di lana e narcisi. Vedi Parche.
j Corona di lauro. Vedi Apollo — Calliope —
1 Clio — Igiea — Lari — Melpomene — Onore
i trionfale — Pace — Provvidenza — Vittoria.
\ Corona di maggiorana e rose. Vedi Imene.
1 Corona di mirto. Vedi Ovazione.
i Corona di mirto e rose. Vedi Erato.
1 Corona di olivo. Vedi Giove.
j Corona di olmo e pam pani. Vedi Beneficenza.
I Corona di origano dittamo. Vedi Lucina.
\ Corona di palma. Vedi Muse.
! Corona di pam pani. Vedi Bona Dea.
! Corona di pampani ed edera. Vedi Bacco.
! Corona di pampani e olmo. Vedi Corona
. d'olmo e pampani.
! Corona di papaveri. Vedi Notte.
\ Corona di perle. Vedi Polinnia.
I Corona di pino. Vedi Cibele — Pan.
\ Corona di pioppo. Vedi Ercole — Fauno.
Corona di quercia. Vedi Ecate — Salvatore dei
cittadini.
Corona di raggi. Vedi Aurora.
— 25^ —

Corona di rose. Vedi Asia — Ricompensa alla


virtù — Verginità.
Corona di rose e maggiorana. Vedi Corona di
maggiorana e rose.
Corona di rose e mirto. Vedi Corona di mirto e
rose.
Corona di ruta. Vedi Bontà.

Corona di spighe. Vedi Agricoltura — Ai-vali


Fratelli — Cerere — Estate — Segesta.
Corona di spine. Vedi Fede — Gesù Cristo —
Luigi {San) — Penitenza.
Corona di stelle. Vedi Astronomia — Gloria dei
giusti — Maria Vergine — Thor — Urania.
Corona di uva. Vedi Settembre — Vertunno.
Corona imperiale. Vedi Fritellaria.
Corona murale.

Era d'oro fregiata di merli. Davcisi al primo che


scalasse le mura di una città assediata. Vedi Arte-
mide Efesiaca — Cibele — Città — Italia
Provincia.
Corona radiata.
Davasi agli Dei e agli eroi deificali. Vedi Net-
tuno.
Coronide.
Figlia di Flegia. Fu amata da Apollo, ma gli fu
infedele; e il corvo che avvertì Apollo dell'infedeltà
di Coronide, fu per ricompensa cangiato di bianco
in nero. Vedi Esculapio.
Coronilla.
Pianta che nasce nelle siepi, i cui fiori comin-
- 253 -
ciano ad apparire in aprile e continuano quasi per
tutto l'estate. Vedi Ingenuità.
Coppo e anima. Vedi Anima e corpo.
Corpo umano.
Bruco. Come il bruco si trasforma in farfalla;
così il corpK), dopo la morte è abbandonato dall'a-
nima, che passa alla vita etema. Vaso. Secondo i
teologi. S. Paolo dice che il nostro corpo è un ta-
nima. bernacolo, pre$o nel senso di un tabernacolo dell'a-

Correggiato. Vedi Careggiato.


Correzione.
Triangolo (vedi).
Corruzione.
dallo, allusione all'oro.
Cortonacesi.
Soldati di fanteria, che avevano per insegna un
nello scudo rosso, con l'ombelico color d'ar-
drago gento, e nel margine aveva due cerchi, di un verde
porro quell'interno, e quell'esterno bianco.
Corvo.
E' nota l'abilità di quest'uccello di imitare la vo-
ce degli altri animali, e anche di ripetere qualche
parola; gli auguri facevcino uno studio speciale del-
le inflessioni della sua voce e delle circostanze che
accompagnavano il suo volo. In generale il corvo è
considerato come presagitore di sventure; donde la
espressione comune, tu sei il corvo delle cattive nuo-
ve. La durata della vita di quest'uccello vuoisi se-
colare, e, secondo EUiodo, giunge a caunpare fino a
duemila cinquecentottantadue anni. Vedi Abbandono
dei figli — Adriano {Sant') — Antonio (SanC) —
- 254 —

Apollo — Benedetto (San) — Diavolo — Diffa-


mazione — Discordia militare •— Elia — Enrico
{Sant') — Eretico — Frode — Mitra — Noè — O-
dino — Oratore — Paolo {San) — Pioggia —
Ripulse, vituperosa — Set^.
Cosa fatta all'improvviso.
Fungo. Gli antichi, e ancora oggi, per denotare
una cosa fatta talmente presto che nessuno l'aspet-
tava, dicevano essere un fungo, perchè esso nasce in
una sola notte, istantaneeimente.
Cosa fatta in lungo tempo.
Elefante giovane, ancora senza denti; perchè cre-
devasi che il tempo di gravidanza della femmina di
quest'animale durasse dieci anni. Presso gli antichi,
il detto: Tu partorisci più presto di un elefante, espri-
meva rimprovero per chi tardava nell'eseguire qual-
che cosa.
Cosa non raggiungibile.
Anguilla, inseguita da un uomo che l'afferra per la
coda, la quale, essendo IfscTa, scivola e sfugge dalla
mano e diffìcilmente l'anguilla può essere rattenuta.
Cosa precoce.
Pernice. Pulcino di quest'uccello uscente in parte
dall'uovo rotto ; allusione a cosa venuta a . perfezio-
ne prima del tempo: perchè si vuole che il pulcino
quasi impaziente dell'indugio, non aspetta che l'uovo
si apra naturalmente per ellflto del covare; ma esso
si sforza di rompere il guscio da se stesso, mettendo
fuori la testa, poi i piedi, e col resto del corpo an-
cora attaccato al guscio, corre in cerca di cibo.
- 255 -
Cosa profana.
Cipolla, che gli Egiziauii aborrivano; e dicesi che
non mangiassero cipolle perchè Dittide, devoto alla
Dea Iside, mentre, presso il Nilo, cercava di sradi-
carle cadde nel fiume e annegò; e d'allora in poi egli
fu tenuto in venerazione, e in sua memoria la cipolla
fu ritenuta cosa profana, quale causa della morte
altrui.
Coscienza pura.
Zaffiro, pietra preziosa.
Costantino (San).
Chiesa, ricordando ch'egli fu fondatore delle gran-
di basiliche romane. Croce, col motto: /n hoc signo
vinces, che gli cip^arve in cielo. Apparizione che de-
cise la sua conversione. Labaro. Monogramma di
Cristo.
Costanza.
Amaranto.
ICostanza.
Legione istituita dall'imperatore O>stanzo; aveva
per insegna uno scudo azzurro con un cavallo d'oro
in un cerchio verde, contro il quale sembrava appog-
igiarsi con tutto il petto.
[Costume da cacciatore. Vedi Eustachio (SanC).
)stume da pellegrino. Vedi Giuliano l'Ospita-
\liero {San) — Rocco {San).
>stumi. Vedi Adattamento ai coitumi altrui —
ligidezza dei costumi — Tolleranza dei costumi del
lariio.
postumi cattivi.
Loglio, simbolo della corruzione dei costumi. An-
- 256 —

tlstene soleva dire essere cattiva abitudine non mon-


dare ilfrumento dal loglio; volendo con ciò signifi-
care che gli invidiosi dovevano essere allontanati dal-
la Repubblica, percht inutili e dannosi alla città, quan-
to è il loglio al frumento.
Costumi dissoluti.
Triangolo (vedi).
Costumi perseveranti.
Penne di gru. Bel simbolo di persona che con l'età
non muta i propri co>tumi e le proprie opinioni; per-
chè gli altri uccelli mutano le penne a ogni età, e
cambiano il colore delle piume, mentre quelle delle
gru si mantengono sempre dello stesso colore.
Cotitto.
Meretrice di Tracia innalzata agli onori divini,
e diventata perciò Dea della dissolutezza. Le sue
feste, dette cotizzie, si celebravcuio durante la notte,
con ogni specie di lascivie e di scostumatezze. Cre-
desi comunemente che i sacerdoti di questa Dea si
chiamassero Baiti o Bapii (dal greco hapie'xn, ba-
gnarsi), perchè soliti a prendere bagni e lavarsi nel
modo più effeminato.
Cotogno.
Pianta il cui frutto era assai stimato presso gli an-
tichi, che lo consideravano come emblema di amore
e felicità ; e perciò se ne servivano nelle feste pubbli-
che e private, principalmente in occasione dei ma-
trimoni. Vedi Amore — Corona di cotogno — Fe-
licità.
Cotta.
Sopravveste di pannolino bianco, che gli eccle-
siastlci portano nelle funzioni sacre. Vedi Luigi Gon-
zaga (San).
Coturno.
Specie di stivale usato dagli antichi, di un'altez-
za che sorpassava la metà deHa gamba, e talvolta
giungeva fino al ginocchio. Il coturno, con la sua
suola più éilta del solito, era la calzatura caratte-
ristica, più dignitosa e magnifica, degli attori della
tragedia; quindi figurativamente si diede il nome di
coturno alla tragedia stcòsa. Vedi Melpomene —
— Tragedia.
Covone di frumento. Vedi Isidoro {Sani').
Crane. Vedi Cardea.
Crapula.
Abitudine di riunirei a -mangiare e bere smodera-
témfiente. — Pesce, che presso i Romani era rit«iuto
il principale e il più eccellente dei cibi; e mai mancava
nei loro conviti lauti, per quanto i satirici avessero
spesso biasimato l'uso del pesce, quale alimento re-
lativo all'ingordigia e al lusso. Erasmo si meraviglia-
va come mai i cristiani, per religione, nei loro di-
giuni mangiassero pesce, il quale fu ritenuto il prin-
cipale lusso dei ghiotti, soggiungendo che il suo uso
già ritenuto delittuoso, e chi se ne cibava con ver-
gognoso nome era chiamato apfagonio, e goloso, men-
tre la medesima cosa presso i cristiani era gran san-
timonia.
Cratego biancospino. Vedi Biancospino.
Cresima.
Croce accantonata da quattro evangelisti. Trimo.
lettera simbolica, presso i Cristiani, per la manife-
stazione della cresima.
17 — G. Ronchetti.
£.10

Crespino. Vedi Bcxhtn.


Cresta di gallo. Vedi Pnapo.
Cribro. Vedi VagXxo.
Crisolito. • „ , , , j.
verdastro. Vedi
Pietra preziosa di colore giallo
Sap'xQnza — Vigilanza — Virtù.
Crisoprasio. ,
chiaro e verde
Varietà di quarzo di colore giallo
pomo. Vedi Acri moni a.
Cristianesimo. j i /- • i-
Vedi Avvenimento del Lristia-
Alfa
nesìmo. e Omega.
Cristina (Santa).
na, a. cui
Angeli, che l'estrassero dall'acqua. Colon
ta con frecce , delle quali due la
fu legata, e saetta
e una nel fian-
colpirono nel petto, due nel cuore e la
co Coltello, che servì a tagHarle le mammelle
lingua. Frecce. Idoli col d'oro e d'argento . Macma a
dinanz i
cui fu condotta nuda capo rasato. Libro
/ ettim di
legatele al collo e poi gettata nel lago.
e le mani strett amen-
ferro coi quali, nuda, i piedi
le carni. Serpen te per-
te legati, le furono squarciate del suo
chè fu esposta ai rettili velenosi. Tenaglia
get-
martirio. Torre infiammata, per indicare che fu
tata in una fornace.
Cristo. Vedi Gesù Cristo.
Cristoforo (San). .
L'etimologia del 'uo nome, che in greco signihca
fa
Porta-Cristo, diede origine alla leggenda che gh
il gigant e Poli-
attraversare il mare a guado, come
donde
femo, portandosi Gesù Bambino sulle spalle,
— 259 —

è venuto l'uso di così d^ìingerlo. La figura di que-


sto santo, ordinariarrente colossale, ornava altre vol-
te la facciata delle chiese e delle cattedrali. G>llo-
cavasi così all'ingresso dei tempio, affinchè potesse
vedersi da lontano; perchè credevasi che uno non po-
tesse perire di morte subitanea, né alcuno altro acci-
dente lo colpisse in quel gV»mo in cui avesse veduto
l'immagine del santo. — Albero, che gli fiorì in mane.
Frecce, lanciategli contro, e che ritornarono sui suoi
carnefici. Gesù Bambino. Macina, che, secondo la
leggenda, gli venne attaccata al collo quando venne
gettato nell'acqua. Serpente, con cui il Santo fu in
vanamente martorizzato. Statura gigantesca. Testa di
cane. Gli cuitichi pittori rappresentavamo S. Cristo-
foro con una testa ài cane.
Critica.
Momordica piccante.
Crivello. Vedi Vaglio.
Croce.
Strumento di pena capitale presso parecchie na-
zioni antiche. Qual simbolo religioso la croce s'in-
contra fra parecchi antichi popoli. Nelle cerimonie
degli Indiani e degli Egiziani comparisce sovente
la croce, talvolta in forma di T, e tal altra del segno al-
gebraico +• La croce in forma di X, detta decussata,
chiamavasi nel medio evo la croce di S. Andrea. Li
croce in forma di T, si dà come attributo all'apostolo
San Filippo. Questa forma di croce si riferisce ad
alcune idee mistiche dei cnstiani intorno alla lettera
T, il tau degli Ebrei, credendo di riconoscere la
slessa lettera nel segno che il profeta Ezechiello dice
di mettere in fronte a quelli che gemono. L'istru-
— 260 —

mento dell'umana i esenzione diede origine a leg-


gende d'ogni genere, narrandosi che l'albero della cro-
ce, piantato da Loth, o anzi dallo stesso Adamo fin
dal principio del mondo, era uscito da un granello
o da un rampollo trasportato dal paradiso terrestre,
aveva servito alla costruzione del tempio di Salo-
mone, ecc. ; racconti derivati dalle idee mistiche che
associavansi alla croce. Pie leggende furono dopo di-
vulgate dalla pietà dei fedeli intorno a prodigiose
apparizioni di croci luminoie nell'aria e simili; e da
un così venerabile oggetto, la malizia di taluni ne
fece abuso per fini umani.. La croce è simbolo di
pene, di afflizioni, e nel lingoiaggio ecclesiastico, rap-
presenta leprove che Dio n^anda ai cristiani. Gli ani-
mali che circondano la croce, come il leone, il falco,
l'aquila, la colomba e la pecora, simboleggiano gli
uni J vizi vinti dalla croce, gli altri le virtù che
essa produce. Vedi Affanni — Andrea {SanC) —
Antonio (SanC) — Barnaba {San) — Bartolomeo
(San) — Bernardo (San) — Caterina da Siena {San-
ta) — Celibato — Clara {Santa) — Costantino
{San) — Cresima — Domenico di Cuzman {San)
— Elena {Santa) — Eligio {San) — Francesco
d'Assisi {San) — Gabriele — Gesù Cristo — Gia-
como ilMaggiore {San) — Giovanni Battista {San)
— Lorenzo {San) — Maddalena {Santa) — Mar^
gherita {Santa) — Marta {Santa) — Martirio —
Mattia {San) — Paolo {San) — Pietro {San) —
Rassegnazione — Simone {San) — Taddeo {San)
•— Tau — Teresa {Santa) — Tommaso d'Aquino
{San) — Tormento — Tribolazione.
- 261 —
Croce arci pi scopale.
Croce a doppie aste, con quella superiore più cor-
ta, attributo dei cardinali e degli arcivescovi. Vedi
Arcivescovo — Cardinale — Elisabetta d'Unghe-
ria (Santa).
Croce pettorale.
Piccola croce che il papa porta sospesa al petto.
Vedi Pie/ro {San).
Croce pontefìcale.
E' una croce avente tre aste e che appartiene esclu-
sivamente al Pontefice. Vedi Papa.
Crocefisso.
Croce con inchiodato sopra Gesù Cristo. Le par-
ticolarità dell'esecuzione artistica nel formare i cro-
cefissi variano secondo le epoche e i luoghi, e quindi
nelle immagini antiche della Chiesa greca vedesi so-
vente rappresentato Cristo, per decenza, in lunga
veste, a cui fu poi sostituita una sp>ecie di corta giub-
ba. Prevalse più tardi l'uso di cingere l'effigie del
Salvatore soltanto di perizoma (cintura per coprir le
vergogne), adop>erando quattro chiodi, uno per cia-
scun membro. Dal terzo secolo in p>oi fu preferito
I uso di soli tre, venenedo forati ambedue i piedi
da un solo medesimo chiodo, oppure sorretti da uno
sgabello, infisso al tronco da questo chiodo, e tal-
volta si vedcMio con lo sgabello anche due chiodi.
II crocefisso figura per lo r>iù con la corona di spi-
ne, ma talvolta anche con la fronte cinta di un
diadema, e anche con le chiome lunghe e ondeggian-
ti, e qualche volta col cajx) cinto solamente di lu-
minosa aureola. Vedi Alberto (SanC) — Alfonso
dei Liguori {SanC) — Antonio da Padova {Sant')
— Bruno {San) — Carlo Borromeo {San) — Co-
letta {Santa) — Colomba {Santa) — Elisabetta di
Ungheria {Sani") — Francesco Saverio {San) — Gi-
rolamo {San).
Croco.
Giovane, il quale amò così ardentemente una Nin-
fa, che fu trasformato m una pianta detta zafferano.
Vi fu un altro Croco, amico di Smilace. Costoro si
amavano così teneramente e innocentemente, che in-
namorati gliDei di tale loro amicizia, li trasmutarono
in fiumi.
Croco autunnale. Vedi Zafferano.
Crono.
Fi^io di Urano e di Gea, il più giovane dei Ti-
tani; sposò Rea, che lo fece padre di Estia (Vesta),
Demetra (Cerere), Era (Giunone), Ades (Plutone),
Posidone (Nettuno) e Zeuh (Giove). A istigazione
della madre. Crono evirò il padre per aver gettati i
Ciclopi, figli anch'essi di Gea, nel Tartaro, e dal
sangue sparso in questo modo nacquero le Erinni.
I Romani identificarono il loro Saturno col Crono
dei Greci. Vedi Saturno.
Crotalaria.
Pianta leguminosa il cui nome deriva dal greco
ifrotalon, che significa nacchere, f>er esprimere lo stre-
pito che fanno i legumi spinti dal vento uno contro
l'altro, e Vedi
nacchere. che imita in qualche modo il suono delle
Danza.
Crotalo.
Specie di castagnette. Secondo Suida sembra che
il crotalo fosse una canna tagliata per lungo in due
- '263 -

pezzi, che battuti insieme producevano un suono. Se-


condo Eustazio, i pezzi del crotalo potevano essere
di conchiglia o di bronzo egualmente che di legno.
Alle donne che, danzando, suonavano il crotalo da»
vasi il nome di crolalistricc. Vedi Baccanti.
Crudeltà.
Coltello. Con questo nome gli Egiziani chizmna-
vano Oco (Artaserse) re dei Persi, uomo crudelissi-
mo, il quale ovunque capitava spargeva sangue, e non
risparmiò di scannare lo stesso Api. Ferro, allusione
alle armi. Pollice rovesciato. Gesto usato anticamente
da alcuni tiranni per daxe agli aissassini e agli scan-
natori il segnale dei momento opportuno di ammaz-
zare coloro che dal tiranno erano condannati. Rovo.
come tutte le piante armate di spine, che nella Bib-
bia sono simbolo di uomini crudeli. Spine.
Cubo. Vedi Terra.
Cuculo.
Uccello di passaggio. In Italia arriva in aprile
e parte in settembre. E' noto che questi uccelh
non fanno il nido, e la femmina depone il suo uovo
in quello degli altri. Dovendo sgravarsi dell'uovo,
essa lo depone sull'erba, e presolo poi nella sua
grande bocca lo porta nel iiido di qualche piccolo
uccello insettivo. Non depv.ne più di un sole uovo
nel nido. Vedi Egoismo — Giunone — Nozze —
Primavera — Trasformazione.
Culto.

Gli atti rituali d'una religione. La religione stes-


sa. — Passiflora.
Cuneo. Vedi Conio.
264
Cunina. .,
culla. Ve-
Prote ttrice del fanciulli dormienti nella
di Terra.
Cuore. ,-
Animali: Ibis, dagli Egwiam consacrato a Mer-
e. Inoltre
curio, che presiedeva al cuore e al parlar
nato pesas se due
perchè volevasi che l'ibis appena —
di un neona to.
dramme, peso attribuito al cuore emblema del cuore.
Diversi: Anell o sul dito anula re,
erebbe un piccolo
Secondo gli antichi anatomici esist
per la schiena ar-
nervo nato dal cuore, che salendo
In simil i anelh sole-
riva etermina nel dito anulare.
l'imm agine delle persone che
vasi anche raffigurare
no, per mostr are pubblica-
si onoravano e rispettava
certa ambiz ione, che esse erano mol-
mente, con una
no (vedi Esa^
to a cuore a chi portava l'anello. Cliha
cosci enza) . Pesca . I medic i anti^c hi volevano
me dì mente al
cesse mera vigl iosa
che questo frutto si confa
a gh diede la form a del cuore,
cuore, e che la natur parte
nte a qual
affinchè dall'aspetto esteriore sia evide
del corpo per giovane sia prodotto. P^^^-^ f f^^^^^^
e che il suo frutto
il pesco fu consacrato a Iside,
e le fogli e la bngua. In ceru
sembra il cuore umano
fanci ulle, cost umavano porgersi
paesi i giovani e le
era intagliato im
reciprocamente una pesca m cui
cuore era e-
cuore, e ciò per mostrare che il loro Siena {Santa)
Vedi Affli zione — Cater ina da
rito
provvidenza —
— Cielo — Conca, dia — Divina
iera - Sincenfa --
Mano posta sul cuor. - Pregh dei Pao^
Verit à - Vince nzo
Teresa {Santa) -
li {San).
- 265 -
Cuore 0 consiglio.
Arco. Faretra. Frecce. I^ faretra simboleggia il
cuore, le frecce il consiglio e i pensieri, l'arco rap-
presenta labocca e le labbra.

Cuore infiammato. Vedi " Agostino {Sani') —


Amore divino — Carità.
Cupidigia.
Aspide (vedi).
Cupido.
Era, come Amore, una modificazione del greco
Eros, di cui il culto fu trapiantato a Roma dalla
Grecia. Cicerone dice che Amore era figlio di Giove
e di Venere, e Cupido della Notte e dell'Erebo. I
Greci mettevano pure qualche differenza fra Cupido
e Amore, e chiamavano il primo Imeros e il secondo
Eros. L'uno soave e moderato, in^irava i saggi;
l'altro, impetuoso e violento, invasava gli stolti. Ve-
di Amore.
Cupido e fortuna.
Allegoria allusiva all'influenza che la fortima può
avere nelle cose amorose; queuitunque Cupido da solo
vinca tutte le volontà ostinate, spezzi ogni cuore in-
durito, e gli animi più superbi e più feroci fa diventar
umili e mansueti in modo, che volontieri poi si sotto-
pongono ailacci amorosi.
Cura della propria famiglia.
Oca, che cova. Gli antichi credevano che l'oca non
covasse fuorché le proprie uova, rifiutando anche quel-
le delle altre oche. Di qui nacque il significato allu-
sivo a chi attende da solo alla prc^ria famiglia, sen-
za curarsi di quanto facciano gli altri.
- 266 -
Cura materna.
Celidonia.
Curiosità.
Rana, forse perchè quest'animale ha gli occhi spor-
genti efissi.
Cuscino. Vedi yoluituoso.
Cuscuta.
Pianta parassita chiamata volg,armente capelli del
diavolo, tigna, ecc. Vedi Bassezza.
Custode.
Occhio posto sopra due teste. Presso gli Egiziani
il capo rappresentava i buoni geni tutelari della casa
(Manes), e gli occhi simboleggiavano la divinità.
Custode delle cose sacre.
Cane accovacciato con la testa alzata, guardando
fissamente una statua; secondo gli Egiziani, presso i
quali tal cane era simbolo del beccamorto, che ave-
va l'ufficio di custodire i cadaveri chiusi nel vetro.
Custode di sé stesso.
Uomo armato con una freccia in mano.
Custodia.
Animali: Montone. Dicesi che presso i Corinti
esistesse una statua in bronzo, di Mercurio, con ac-
canto un montone, e ciò perchè Mercurio più degli
altri custodiva le gregge e accresceva il loro prodotto.
Oca legata a un ancora, emblema dì una costante e
sicura custodia. — Vegetali; Lauro, che gli antichi
consacrarono alla difesa, e ritenevano che nei sacri-
fizi, in qualunque luogo fosse stato piantato, o posto,
portasse sicurezza. — Diversi: Teste, una d'uomo e
un'altra di donna, di profilo con la faccia all'infuo-
- 267 -
ri, fKjsle su una piramide rovesciata; immagine che
presso gli Egiziani aveva la virtù di allontanare ogni
molestia dei demoni.

D.
Dachscia.
L'operoso, il dilìgente. Uno dei 10 Rasci nati dal
dito grosso del piede di Brahma. Sua moglie Pras-
sudi, figlia di Suayambu, gli diede 50 figlie e nessun
maschio, e per aver un nip)ote sposò queste figlie a
vari Dei. Schakll, toccata in moglie a Slva e venuta
con lui a contesa a cagione d'una trascuratezza in
un sacrifizio, dichiarò al marito che essa voleva de-
porre ilcorpo ricevuto da Dachscia e prenderne un
altro. Il suo corpo fu infatti consumato immediata-
mente dal fuoco, ma essa rinacque come Parvadi. Si-
va si strappò nella disperazione un capello, dal qua-
le nacque 11 gigante Welapotre, che mozzò 11 capo
a Dachscia e turbò 11 sacrifizio. Gli Dei p'-egarono
allora Siva di perdonare a Dachscia, il quale fu ri-
chiamato alla vita; ma il suo capo essendo stato con*
sumato dal fuoco, Siva gli diede in sua vece una le-
sta di capra.
Dado. Vedi Grazie — Guerriero — Ignorariza.
Daduohi.
Soprannome dei sacerdoti di Cerere, i quali usa-
vano nelle feste e nei sacrifizi di correre nel tempio
con torce in mano. Uno di essi prendeva una tor-
cia dall'ahare, e portandola in mano, correva fino a
un certo luogo del tempio, dove la rimetteva in ma-
— 268 —

no a un altro che la consegnava a un terzo, così


di seguito,
Dafne.
Figlia del fiume Penco, della quale Apollo si in
namorò per opera di Cupido, di cui aveva disprez-
zato gli strali dopo la sua vittoria sul serpente Pitone.
Insensibile all'amore del Dio, Dafne cercava di sot-
trarsi alle sue importunità per mezzo della fuga; ma
inseguita da lui, ed essendo sul punto di essere rag-
giunta, invocò l'aiuto degli Dei, che la cambiarono
in lauro. Apollo, intrecciatosi una corona delle sue
foglie, volle che il lauro gli fosse per sempre con-
sacrato.
Dafnie laureola.
Arbusto grazioso per l'eleganza del suo fogliame
e i fiori in gran parte odorosi, che sbocciano a mez-
zo inverno. Vedi Civeileria — Gentilezza.
Dafni.
Pastore di Sicilia, figlio di Mercurio e di una
Ninfa siciliana. Fu allevato dalle Ninfe. Pane gli
insegnò a cantare e a suonare la zampogna; e le
Muse lo istruirono nella poesia. Aveva promesso
a E^henaide di amare lei sola, ma fu spergiuro e
. divenne cieco. Gli Dei avendo pietà della suo sven-
tura, lo accolsero nell'Olimpo. Si vuole che fosse lo
inventore della poesia pastorale.
Dagone.
Secondo la Bibbia, era la principale divinità dei
Filistei. Era rappresentato col busto e la testa d'uo-
mo, mentre la parte inferiore terminava in coda di
pesce; alcuni scrittori l'hanno confuso con Oannes,
- 269 —

di cui si disse che fosse mezzo uomo e mezzo pesce,


che andasse in Babilonia a insegnarvi parecchie arti.
e che poi se ne tornasse al mare. Dagone sarebbe

estato
ciò ilsecondo
primo a alcuni
insegnare cigli uomini l'usoil del
lo conformerebbe pane,di
nome
questo Dio derivato dal fenicio dagan che significa
frumento, mentre altri lo fanno derivare dairebraico
dag (pesce).
Daiboth.
Dio giapponese con volto di donna, una corona
sul capo coperto da capelli neri lanosi, grandi orec-
chie, petto femminile e grosse mani. La sua effigie sen-
za piedi, dorata e circondata da raggi d'oro, scorgesi
seduta sopra un altare nelle pagode e circondata da
altri Dei armali.
Daìkoku.
Così chiamasi nel Giappone una delle quattro deità
della ricchezza, venerata specialmente dai mercanti.
Col suo martello essa cava fuori quel che desidera,
siede sopyra una botte pjena di riso e ha al fianco
una tasca in cui custodisce il suo tesoro.
Daitia o Daidìa.
Nome generico di lutti i cattivi demoni originati da
Atri e discendenti da Barigiad, deità appartenente
ai Pitri. Uno di questi Daitia, di nome Erunio, si
consacrò al culto di Brahma, e fece una così rigida
penitenza, che Brahma, gli promise ch'egli non sareb-
be'uccisone nedi dagli
animali, giorno Dei,
ne dinenotte,
daglineuomini,
dentro ne
ne dagli
fuori
di casa, così che egli, éissicurato da tale promessa,
conmiise ogni sorta di delitti, e si fece perfino ado-
rare come Dio. II suo figlio Pragalide non deviò però
— 270 —

mai dalle vie della rettitudine, e un giorno che il


padre battendo incrudelito con la mano una colonna,
chiese beffeggiando se Visnù onnipotente era anche
in essa, il Dio balzò fuori mezz'uomo e mezzo leone,
e l'uccise sulla soglia del palazzo nel separarsi del
giorno dalla notte.
Dalia.
Bel fiore dei nostri giardini. Vedi Riconoscenza.
Dalmatica.
Tunica bianca, orlata di porpora e a lunghe ma-
niche, importata dalla Dalmazia a Roma. Oggigior-
no dalmatica chiamasi quell'ornamento di chiesa che
portano i diaconi e i suddiaconi quando assistono il
sacerdote all'altare e nelle processioni. Si dice che
papa Silvestre impose ai diaconi di abbandonare
il colobio e indossale la dalmatica, perchè biasi-
mava l'uso di portare le braccia nude. Gli artisti so-
no soHti a rappresentare San Stefano vestito di dal-
matica; ma questo è un anacronismo, perchè quel
santo, primo diacono della Chiesa, dovette portare
il colobio a maniche corte. Vedi Barnaba (San) — ^
Daniele {San) — Diacono — Francesco d'Assisi
{San).
Danae.
Figlia di Acrisio re d'Argo e di Euridice. Il padre
la rinchiuse in una torre di bronzo perchè l'oracolo
gli aveva predetto che un di lei figlio gli avrebbe dato
la morte. Ma i suoi sforzi i>er impedirle di diventar
madre furono vani, poiché Giove, innamorato di lei,
le scese in grembo convertito in pioggia d'oro. Dagli
abbracciamenti del padre degli Dei Danae ebbe un
figliuolo che fu chiamato Persoe. Acrisio, vedendosi
- 271 -

deluso, pose sua figlia e il bambino in una cassetta


e questa fece gettare in mare, persuaso di sottrarsi
così al destino vaticinatogli. La cassetta si diresse ver-
so l'isola di Serifo, una delle Cicladi; un pescatore
a nome Ditti con la rete la trasse a terra, e salvati
così madre e figlio, li consegnò a suo fratello Poli-
dette ch'era re dell'isola. Polidette voleva far sua
moglie Danae, ma poiché ella rifiutavasi, la fece sua
schiava. La predizione fu poi compiuta dopo alcuni
anni. Vedi Bellezza deWanima.
Danai di.
Figlie di Danao.
Danao.
Padre delle cinquanta fanciulle conosciute sotto il
nome di Danaidi Era figlio di Belo e di Ar.chirroe
(la fonte scorrente), figlia del Nilo; e fratello di E-
itto, padre di cinquanta figli detti dal nome paterno
giziadi. Sorta discordia tra i due fratelli, Danao
asso in Grecia con le sue figlie e divenne re d'Argo,
figli di Egitto lo seguirono, e scongiuratolo di ricon-
iliarsi, gli chiesero le figlie in spose. Pare ch'egli ac-
onsentisse alla loro richiesta; ma non fidandosi dei fi-
li del fratello, e informato inoltre dall'oracolo che
arebbe privato dal trono da un suo genero, costrin-
le figlie a giurare solermemente che avrebbero ucci-
gli sposi, nella prima notte delle nozze. Mantenne-
3 tutte il giuramento, tranne Ipermnestra, la quale
rbò in vita il suo sposo Linceo, che più tardi ri-
nciliato con Danao, divenne re d'Argo. In pena
1 loro delitto, le Danaidi, secondo la favola, fu-
|ino nell'Averno condannate ad attingertr incessan»
mente acqua per riempire un \aso senza fondo. Il
- 272 -

significato naturale di questo miti deve ricercarsi nel


fatto dell'esservi nel territorio Argivo moHe sorgen-
ti, ma facilmente disseccabili; Danao rappresenta la
industria umana che cercò con l'arte di rimediare alla
naturale deficienza d'acqua in Argo.
Danaro.
Civetta, parola che presso gli Ateniesi era sino-
nimo di danaro. Plutarco racconta che un servo di
Gilippo ebbe a dire che sotto le tegole del suo padre
ne dormivano molte civette: perchè Gilippo avendo
usurpata una parte di una grossa somma di danaro
affidatagli, per essere portata a Lacedemonia, la na-
scose sotto le tegole della sua casa; e, pver legge, non
valendo la testimonianza dei servi contro i padroni
così, il servo di GilipipK), con la suddetta astuta al-
lusione, oltre ad accusare il padrone, senza violare
la legge, rese un servizio agli Ateniesi. Pecora. Si
vuole che il nome di pecunia derivasse da pecora;
perchè ogni avere un tempo si stimava dal numero dei
greggi. Il primo conio delle monde di Severo re dei
Romani, portava animali d'ovile. Testuggine. Sulle
monete dei Peloponnesi figurava il motto: Le tarta-
rughe (danaro) vincono la virtù e la sapienza. Vedi
Matteo {San) — Moneta.
Daniele.
Uno dei quattro profeti maggiori. — Agnello, Bec-
co con quattro corna, ricordando la sua profezia con-
tro ilregno dei Medi. Drago, che fece uccidere. Leo-
ne: rammentando quelli che riempirono la fossa in
cui fu calato. Vedi Profeti.
Daniele (San).
Palmatìca. Palma.
- 273 —
Dannazione.
Sabina.
Danni derivati dall'indugio.
Riccio coi piccoli; perchè quando la femmina di
questo animale sente i dolori del parto, dicesi, si in
dugia a sgravarsi più che può, per cui avviene che,
prolungando il parto, ne risente poi maggiormente do-
lore nel mettere alla luce i piccoli cresciuti di vi-
lume.
Danni scambievoli.
Civetta e cornacchia. Geroglifico egiziano, allu-
sivo a due nemici mortali, che con ogni insidia cer-
cano di nuocersi reciprocamente; perchè si riteneva
che fra la civetta e la cornacchia esistesse un istinto
naturale di odio; e che la cornacchia si sfogasse a
rubare di giorno le uova della civetta, sapendo che
questa alla luce diventa quasi cieca. Mentre la ci-
vetta, a sua volta, rubasse le uova alla cornacchie,
per mangiarle. Inoltre credevasi che mescolando il
sangue della civetta con quello della cornacchia, in
nessun modo potesse l'uno con l'altro unirsi.
Danno.
Oca, che pascola, perchè dove essa sparge i suoi
escrementi, la vegetazione abbrucia. Topo, che ren-
de inservibile tutto ciò che rode. Néu-rasi che nella
battaglia di Lanuvio, avendo i topi rosicchiati gli
scudi, gli indovini predissero essere ciò segno di gran-
dissima rovina, e indizio di quei danni, che poi ne
seguirono. Al tribuno Carbone fu segno di morte,
quando i topi gli rosero i legacci delle scarpe. Vedi
Nocumento.
18 — G. Ronchetti.
- 274 -
Danno occulto.
Tirso, la cui asta di legno è coperta di edera,
cioè, simbolicamente, sotto la soavità del vino si tro-
va nascosto il danno. Macrobio disse che il padre
Bacco ferisce di traverso, con la punta nascosta nel-
l'edera.
Danza.
I Greci avevano personificata la danza in Tersico-
re, una delle nove Muse, ma non era la sola divini-
tà amica di quest'arte. Le altre Muse, le Grazie, le
Baccanti, le Ninfe dei boschi, delle praterie e delie
acque, e qualche Dio silvestre, come i Fauni e i Sa-
tiri, sono spesso rappresentati dai {joeti e dagli arti-
sti come formanti dei cori, in compagnia dei Risi
e degli Amori, fanciulli caparbi e folleggianti. -
Cembalo, Crotalaria, Maschera, Tirso, ricordando i
baccanali.
Danza dei morti.
Nome di una pittura allegorica nella quale si rap«
presentavano le varie forme e azioni della Morte nel»
le varie condizioni dell'uomo, e che così chiamossi
principalmente perchè quel componimento consisteva
in una danza da essa condotta. Pare che l'idea dì
questa danza dei morti fosse originariamente tedesca
e appartenesse alla poesia, ma fu poi argomento an-
che ai poeti e artisti d'Inghilterra e di Francia. La
più antica,
trovasi che risale
in Basilea aW'anno
la Piccola. 1312, èe quella
I Francesi che
i Tedeschi
diedero a questo ballo sing'olare il nome di danza
macabra. A Parigi si dipinse una simil danza sui
muri del cimitero degli Innocenti, intorno alla metà
del XV secolo. Trovansi spesso di simili pitture ne-
- 275 -

gli antichi cimiteri; celebre era quella a fresco, ora


distrutta, del cimitero della chiesa dei Domenicani nel
sobborgo di San Giovanni di Basilea. Questa danza
dei morti, erroneamente attribuita a Holbein. era sta-
ta dipinta da ignoto artista in memoria della pesti-
lenza che imperversò a Basilea nel 1431. Compone-
vasi di sessanta figure di grandezza naturale, rap-
presentanti personaggi di ogni condizione, dal pa[>a
e dall'imperatore fino al mendicante, i quaH tutti
erano dalla morte invitati a danzare, secondo che di-
chiaravano alcuni versi morali scrittivi sotto. Nel XV
secolo questo genere di composizione fu in grandis-
sima voga e si dipinsero altre simili danze in molte
città. Goethe comp>ose una ballata col titolo Danza dei
morti, che fu tradotta da A. Maffei, della quale dia-
mo il seguente saggio:
La fiera congrega vuol darsi trastullo,
E l'anche e gli stinchi già snoda alla danza.
Col povero il ricco, col vecchio il fanciullo
La ridda s'intreccia, s'ingrossa, s'avoTìza.
Lo strascico impaccia del lungo lenzuol;
E poi che timore — non han del pudore.
Ne scuotono i terghi, lo gettono al suol.
Or s'alzano tibie, si piegan ginocchi;
V'accadono orrendi novissimi gesti.
Di nacchere a guisa, di tasti mal tocchi.
Vi scricchiola e crocchia lo strano tenor, ecc.
Dardo.
Arma antichissima, specie di freccia che veniva
lanciata a mano. Vedi Teresa (Santa).
Dattili.
Nome che portavano i primi sacerdoti di Cibele.
- 276 -

so del fuo-
Essi erano riguardati come scopritori dell'u
co, del rame e del ferro, e dell'a rte di lavor are que-
rono dalla Frigi a nell'i sola di Cre-
sti metalli. Passa della
ta, efurono i primi a stabilire i misteri religiosi
a, porta ndovi pure quell a specie di medic ina e
Greci
he
d'incanto, che era accompagnata da formole magic
Insegnarono ai Greci anche l'arte stati del suono e del
ritmo musicale. Dopo di essere lungo tempo
posti anch' essi nel nu-
sacerdoti di Cibele, furono
mero degli Dei e venerati come geni o divmità do-
mestiche. Il loro nome serviva di preservativo e m-
Chiaman-
vocavasi con fiducia nei maggiori pencoli.
uivas i una
si pure dattili idei alcune pietre cui attnb mani o
virtù miracolosa e con le quali faceva nsi talis
amuleti che si portavano al pollice.
Datura stramonio.
pianta in-
Si vuole che qualunque parte di questa
ghiottita produca una speci e di ubria chezz a ; e si dice
le corti giane dell' India e i ladri di Malabar e
che
o che ca-
delle Canarie usano di far prendere a color
ottav o di semi di stra-
dono nelle loro mani un mezz' di
monio misto con un liquore gradevole, allo scopo
poterl i più facil mente derub are,
turbare la mente e
da incantesimo,
dal che forse derivò il nome di erba
dato a questa pianta. Vedi Finzione — Incanto in-
gannatore — Simulazione.
Davide. a i J
i: /i-
Re d'Israele, guerriero e profeta. — Ammal
Davide ne»
quila. Dante, con alto senso poetico, pose
centro dell'o cchio dell'a quila simbol ica. Leone . Da un
profet a ebbe prima di comba ttere Golia.
sogno che il pagna va i baimi.
_ Diversi: Arpa, con cui accom
- 277 -

Fionda, che gli servi per abbattere Golia. Salterio,


Spada, con cui tagliò la testa al filisteo. Testa di Go-
lia.
Davide (San).
Collina, che si sollevò sotto i suoi piedi. Colomba,
la quale lo indicò ai suoi compagni. Fontana. Pero.
Il santo, come segno di unione, diede un ramo di que-
sta pianta ai Gallesi, in guerra contro gli Anglo-
Sassoni.
Debolezza.
Uomo disteso sulla gramigna. Topo tramortito,
perchè, dicesi, p>er ogni minima privazione languisce,
si consuma e scampa poco, e il più delle volte muore
uscendogli le interiora. Di qui nacque il detto: far
la morie del topo.
Debolezza d'animo.
l'ergine coi capelli tagliati. Secondo la Bibbia,
la forza di Sansone risiedeva nei capelli, tagliati i
quali, venne facilmente preso.
Debolezza nei fatti.
Uomo curvato che si sostiene sopra un bastona.
Decimo cielo.
Il nome di decimo cielo, chiamato anche Empireo,
davasi un tempo a quello che credevasi l'ultimo del
cieli, ove dai teologi si costituì il seggio dei beati,
— Trono di zaffiri. Il colore dello zaffiro era simbolo
dello splendore di quella luce che ogni altra sorpas-
sa. E la similitudine del trono significa la sua fer-
mezza, perchè il decimo cielo è preso come una ro-
tondità fissa, ferma e senza moto. I Gentili posero
Giove sul trono, quale indizio della ferma eternità;
cjìe stando ferma fa muovere il tuttp.
- 278

Decorazione mìlitape.
o i francesi,
Prima di riprendere le ostilità contr
truppe una
nel 1839 Abd-el-Kaden istituì fra le sue
vasi attac cata al
decorazione militare la quale porta
camm ello ; essa consi ste m
turbante e alla corda del
d'arg ento, con cbqu e dita per il pnmv
una mano
selle per il gra-
grado, con sei per il secondo e con
color o cui è confe rita, questa de-
do più elevato. A privi legi, quello di
cora^ione attribuisce, fra gli altri
do un deco-
sospendere la mano della giustizia, quan
rato intercede per il colpevole.
Decreto. . , ,
di donna, che
Dea molto venerata, in sembianza
in pesc e Si crede che
dall'ombelico in giù terminava .
sia la stess a divin ità di Alatg ale (vedi)
Dedalion^. . ,, , ^ i
loro per la mor-
Fratello di Ceice. Tanto si addo
che si preci pitò giù dalia ci^
te di Chione sua figlia,
del mont e Parn aso, ma Apol lo lo cangio in jalco.
ma

^ A?!nise, figlio di Eupalamo. Egli fu l'artefice


ingeg noso dei suoi tempi, e a lui si deve 1 m-
più strum enti meccanici e
venzione del cuneo, di altri
statue che i
dell'uso delle vele per navigare. Fece
te; e u .1 pn-
muovevano da sé e parevano anima che le facesse
occhi alle statue e
mo che aprisse gli
Uccise suo nipote
Toi piedi staccati l'uno dall'altro. , gettando b da una
tIio , al pari di Im valent issimo
finestra, per paura che lo super asse poi -1 figj- /-r
fugeì da Atene e si ricov ero a Creta Quivi lece .1
moglie del re Mi-
celebre lahlùnlo, e aiutò Pasifea.
nosse, asoddisfare la bruta le sua passione; perciò il
— 279 —
re Io fece rinchiudere nel labirinto da lui costrutto.
Quivi, secondo la favola, fece per se e per il suo
figlio Icaro, che gli era compagno di prigionia, ah
di penne e di cera, con cui tutti e due presero il volo
e fuggirono da Creta. Ma il calore del sole avendo
disciolto la cera delle ali di Icaro, che volava troppo
in alto, questi cadde in quella parte del mare, che
fu poi detto Icario. Dedalo si ricoverò in Sicilia,
dove fu ospitalmente ricevuto da Gxalo, il quale
poi lo fece soffocare in una stufa, perchè Minosse
lo minacciò di dichiarargli la guerra, se non gli re-
stituiva ilfuggitivo vivo o morto.
Dedito alle cose terrene.
Chiocciola che, secondo gli interpreti, nella Bib-
bia è simbolo di un uomo schiavo degli affetti tei-
reni, dedito ai sensi e ingolfato nei piaceri bru-
tali.
Del.
Gli uomini, alzati gli occhi al cielo, contemplando
la miracolosa disposizione dell'universo, pensarono che
doveva esistere Colui, che con infinito amore e potere,
e somma provvidenza ordina e governa tutte le cose,
e ne ha continua cura. E questo essere supremo fu
chiamato Dio; perchè datore di tutti i beni, etemo,
infinito, invisibile. Ma la debole natura dell uomo, e
la sua mente éincor più debole di essa, quando ardì
spaziare da sé sola neU'immensitÀ del creato, non fu-
rono bastanti a guidarlo nell'importante ricerca e Io
deviarono dal vero. Perduta la vera Divinità, l'uo-
mo volle vedere con gli occhi del corpo, e ciò fu
occasione di credere che il sole, la luna, le stelle
e il cielo fossero Dei. Di poi questa credenza andò
— 280 —

crescendo in modo che perfino uomini furono giudi-


cati Dei, e come tali si adorarono anche le bestie,
e a lutti s'innalzarono simulacri, ciò che si fece an-
che non solo alle virtù, ma anche ai vizi, dando a
ciascuno il loro nome di Dio e di Nume; a quelle
Geni buoni, perchè fossero presenti e giovassero; a
questi. Geni cattivi, perchè non nuocessero e stesse-
ro lontani. Perciò presso gli antichi vi fu un'infinità
di Dei, poiché non soltanto le nazioni, ma ogni cit-
tà, ogni luogo, ogni passione umana, e ogni persona,
si può dire, se ne faceva a modosocietà suo. L'Asia, che
fu certamente la culla di tutte le umane, tan-
to feconda di creazioni religiose, trasmise le sue fa-
vole all'Egitto, che le passò alla Grecia, la quale le
modificò e le arricchì di finzioni. L'uomo avendo una
tendenza speciale a prestare un corpo, una volontà e
passione a tutti igili oggetti di cui non arriva a cono-
scere l'origine e lo scopo, moltiplicò le sue divinità sen-
za misura ; e non potendo più supplire loro altre forme
tranne quella degh esseri che conosceva, ne venne,
naturalmente, che vestì tutti gli Dei di forme uma-
ne; quantunque, secondo Plinio, nei primi tempi dopo
il diluvio universale, quando gli uomini abitavano sot-
to le quercie, avevano queste per Numi e pe. tempi
sacri; perchè le quercie davano loro ghiande, con
cui vivevano, e riparandoli dalla pioggia e dalle in-
temperie. E,secondo Pausania, in Arcadia si adora-
vano trenta pietre quadre senz'altra figura; ciascuna
delle quali aveva il suo nome di diversi Dei. Inoltre
è opinione che l'origine del culto delle divinità abbia
avuto principio con la venerazione dell'asta, e perciò
quest'arma era simbolo della divinità. L'uso delle sta-
— 281 —

tue oer rappresentare gli Dei, venne dagli Egiziani


trasmesso ai Greci e da questi passò ai Romani. Non
tutti i simulacri degli Dei erano raffigurati in modo
d'essere il loro simbolo da tutti compreso, poiché gran
parte delle cose si tenevano occulte in modo che i soli
sacerdoti ne sapevano il significato, e gli altri ac-
cettavano ciò che a tutti era lecito sapere, senza cu-
rare oltre. Gli antichi in principio fecero i loro si-
mulacri dilegno: cipresso, loto, bosso, quercia pero
e radice d'olivo; perchè consideiavano la pietra ma-
teria troppo dura per farne dcgH Dei, e ritenevano
che l'oro e l'argento fossero quasi fece della terra
sterile e infeconda, perchè dove esistono miniere di
questi metalli, di rado produce altro: gli antichi chia-
mavano quella terra inferma e mfelice, che non pro-
duceva erba, fiori e frutti, di cui {Stessero nutrirsi e
vivere. Pare che anche Platone volesse che gli Dei
si facessero di legno; p>oichè dice: Essendo la terra
abitazione degli Dei, non si deve fare di questa le
loro immagini né d'oro, né d argento, perchè sono
cose, per cui nasce invidia di chi le possiede. E a
questo riguardo Lattanzio dice che le statue degli Del
mostravano l'avarizia degli uomini, i quali sotto ve-
ste ci religione si prendevamo il piacere di aver oro,
avorio, gemme e altre cose preziose, facendo di quel-
e le sacre immagini, le quali avevano care più per la
nateria di cui erano fatte che p>er quello che rappre-
sentavano. Tornando a Platone, esso dice che l'a-
/orio è cosa che prima aveva anima, e poi la per-
lette, e perciò non é buono per farne statue agli
Dei, e soggiunge che né il ferro a ciò é buono, né
li altri metalli duri, perchè si adoperano nella guer-
— 282 -

ra, e sono strumenti d'uccisione. Secondo Plinio^ in


di Gio-
Populonia esisteva una statua molto antica
ve, fatta di una vite sola. Come a Esculapio fu fatta
una statua di viticcio (agnocasto), e dalla materid
statue di
della statua fu detto Agnite. L'uso delle
metallo venne dall'Asia, quando fu soggiog ata dai
Romani. ,

~ I Romani numeravano più di trentamila Uei, di-


di
visi in categorie. Il Primo orbine era composto
dodici grandi numi {Du majorum sotto gcni'mm) o numi
nomi diver-
del consiglio {consenies), venerati vamente:
si dai Greci e dai Latini chiamati rispetti
Pallade Atena- Minerv a,
Estia-Vesta, Era-Giunone,
Artemid e-Diana , Afrodit e-Vener e,
Demetra-Gerere,
Mercuri o, Zeus-G iove, Posidon e-
A.res-Marte, Ermes-^
A questo
Nettuno, Efesto-Vulcano. Apollo o Febo.
principali,
ordine erano pure aggregate altre divinità
vano Dii sekcii, e furono Gia-
che i Romani chiama
nella mitolog ia greca), Cro-
no (che non ha riscontro
no-Saturno, Rea-Cibele, Elio-Sole. Silene-Luna, A-
Dioniso-Bacco, Demone-Genio o Dio
des-Plutone,
ossia quello degli Dei mi-
tutelare. Il secondo ordine,
gentium) , compon evasi principa l-
nori {Dii minorum
s. os-
mente di due classi: 1." degli Dei detti mJ.gefe
sia degli eroi ascritti fra le divimtà come i semidei;
ho-
2" dei semones, così chiamati quasi fossero semi
deg.i
mìnes, vale a dire minori degli Dei e maggiori
i
uomini. Il numero di questi era infinito. I boschi,
popolati di l^auni,
fiumi i prati, le solitudini erano
di Ama-
di Silvani, di Satiri, di Ninfe, di Driadi,
L'agitaz ione dell'ari a era prodott a dal
driddi, ecc.
via percorsa
vqIo degli Zefiri; l'arcobaleno era la
— 283 —

da Iride; il suono stesso ripercosso dalle rupi era


la ninfa Eco; infine tutta la natura sotto l'incanto
della ridente mitologia era dotata di vita e d'intel-
letto.
Dei tutelari.
Teste, due. con le lettere DM. {diis manlbu
s);
scolpite ne. monumenti antichi, indicano che la tom-
ba è stata consacrata o raccomandata ai Mani o
Dei tutelari dei morti. Gli Egiziani, volendo espri-
mere lastessa cosa, raffiguravano due teste senza al-
cuna inscrizione (vedi Custode).
Deianira.
Figlia di Eneo, re dell'Etolia. Narra la
che b sua bellezza le procurò molti adoratori;favola
ma
Il padre promise di darla soltanto a colui che
sa-
rebbesi mostrato il p,ù forte tra i pretend
enti. Er
=ole fu il vincitore, e ^ sposò Deianira. Viaggi
L»eianira col manto, furono arrestati dalle ando
gonfie
enti dell Eveno. e il centauro Nesso si offerse cor-
di
)ortare Deianira sana e salva sull'altra sponda.
;oie acconsentì, ma appena che il centauro toccò Er-
la riva
ento di farie violenza a vista del marito, il
quale, prc-
olo di mira, lo feri mortalmente con una freccia
awe-
2nata. Nesso nel morire pensò a vendicarsi,
e diede
Deianira la sua camicia intrisa nel propri
o san-
ue avvelenato dalla freccia, dicendo che essa
avreb-
e la Virtù di richiamare il marito qualora fosse
pre-
> da illegittimo amore. Essa accettò il dono,
e quan-
ta Ercole si mostrò infedele, gli mandò la
camicia
el centauro, che da lui indossata gli fu causa
di una
lorte straziante. Deianira, inconsolabile per
la di lui
lorte, di CUI era stata cagione involontaria
, per di-
— 284 —

sperazione si uccise, e dal suo sangue nacque una


pianta chiamata ninfea.
Deidamia.
Due donne di questo nome sono principalmente
nominate nella mitologia. La prima, detta anche Ippo-
damia, era figlia di Adrasto re d'Argo, e sposa di
Piritoo, le cui nozze furono insanguinate dal famoòo
combattimento dei Centauri e del Lapiti. L'altra, fi-
glia di Licomede re di Sciro, '"sola del mare Egeo,
divenne segretamente madre di Pirro o Neottolemo
per opera di Achille, trafugato dalla madre Teti a
quella corte, in vesti femminili, per allontanarlo dalla
guerra di Troia.
Delfìnia.
Soprannome d'Artemide in Atene.
Delfìnie.
Feste che si celebravano specialmente dagli abi-
tanti di Egina in onore di Apollo Delfico. Celebra-
vansi pure in altre città della Grecia, e in Atene
sette giovani e sette fanciulle portavano al tempio di
Apollo Delfico rami d'olivo avvinghiato di bende e
di lana bianca al modo dei supplicanti.
Delfìnio.
Pianta a fogliame leggerissimo e a fiori bizzarri,
chiamata consolida regale, o fior di cappuccio. Vedi
Incostanza — Leggerezza.
Delfino.
Fra i muti abitatori delle onde il delfino è uno
dei più decantati dai poeti, avendolo considerato co-
me amico degli uomini; e si racconta perfino chi'
ne avesse salvati diversi dalle onde. Vedi Amore pei
— 285 —

i bambini — Andrea {Sant') — Animo grato —


Apodo Delfico — Bacco — Carro tirato da del-
fini — Celerità moderata — Cerere Negra — Fuga
dai pericoli — Cesò Cristo — Impero del mare —
Infedeltà degli adulatori — Migrazione delle ani-
me — Nettuno — Pietà per i morti — Salvamen-
to — Fe/ocitó — Venere.
Delfo.
Città della Focide, e una delle più famose presso
i Greci per il suo santuario di Apollo. Narra la leg-
genda che Apollo, in cerca di un sito per fondare
un oracolo, giunto a Crissa sotto il monte Parnaso,
invaghito della solitudine e sublimità del luogo, pose
subito le fondamenta di un tempio, che fu poi finita
sotto la sorveglianza dei fratelli Trofonio e Aga-
mede. Uccise poi l'immane serper.te che infestava quel-
le regioni, e dal putrefarsi del mostro, il tempio fu
chiamato Pito, e Pizio il nume. Gli mancavano i
sacerdoti, ed egli trasformatosi in delfino, trasportò
sulla sua schiena nel golfo di Crissa una nave cre-
tese veleggiante da Gnosso, e i Cretesi sbarcati da
quella vi fondarono la città di Crissa e divennero
sacerdoti del tempio, e il nume imjxKe loro di ve-
nerarlo col nome di Apollo Delfico, p>erchè li ave-
va incontrati sotto la forma di un delfino.
Deliberazione.
Sedere, allusione al detto: / Romani sedendo ac-
quistano levittorie.
Delicatezza.
Cìcherchia. Spugna. Plutarco cita il seguente det-
o di un certo poeta comico: Se più tenero di una
— 286 —

spugna, non fo* divenlar il suo corpo, parlando del-


le bastonate, con cui uno doveva essere battuto.
Delicato.
Uomo ozioso vestito di seta.
Delirio.
Mandragora. Pianta, che una volta era adopera-
ta dagli stregoni per provocare un delirio furioso.
Delitto.
Pugnale.
Delizia.
Fragola.
Delizie.
Topo bianco; con cui tanto gli Egiziani quanto i
Greci simboleggiavano le carezze degli amanti; rite-
nendo questo animale assai lascivo. E che gli aman-
ti usassero di vezzeggiarsi col nomignolo di lopo, lo
dice il seguente verso: Poiché topo mi chiami, e gli
occhi tuoi.
Delizie lussuriose.
Porco. Dicesi che in un tempio di Tebe esistesse
una colonna in cui erano incise molte maledizioni con-
tro il re Mene, rappresentato da un porco, il quale
fu il primo a corrompere i costumi degli Egiziani,
alterando la loro vita semplice e sobria, introducendo
il lusso, e di moderati li fece intemperanti, di for-
ti, eftemminati. Perciò vollero che fosse rappresen-
tato da un porco. Plotmo, parlando della palingene-
si, cioè della rigenerazione, o ritorno delle anime,
dice che le anime di coloro che spesero la vita Li
piaceri lascivi e disonesti, ritornano in porci.
— 267 —
Delta. (A)
Quarta lettera dell'alfabeto greco. Nel termine re-
ligioso, denota un triangolo circondato di raggi, nel
quale è disegnato un occhio e le lettere ebraiche che
comi)ongono il nome di Jehovxh. Vedi Dio.
D. ÌM. Vedi Dei Melari.
Demogorgone.
Divinità o genio della terra, che era adorato so-
pra tutto nell'Arcadia. Lo si rappresentava come un
vecchio pallido, macilente, coperto di musco, che a-
bitava nelle viscere della terra in compagnia dell'E-
ternità edel Caos. Consideravasi come generato da
nessuno e padre di tutte le cose. Narrasi che, annoia-
to della solitudine sotterranea, si costruisse una pic-
cola palla, su cui s'assise, e levatosi in aria girasse
intomo a tutta la terra e formèisse in questo modo
il cielo. Gettò in questo cielo un po' di fango in-
fiammato, che formò il sole. Il sole e la terra si spo-
sarono, eda questa unione nacque il Tartaro e la
Notte. Credesi che questo Dio sia stato piuttosto og-
getto di terrore che di culto, e infatti non osavasì
proferirne il nome, e solo i maghi se ne servivano
nelle loro esorcizzazioni, quando l'arte loro da se non
bastava a produrre gli effetti che se ne aspetta-
vano-
Demone.
Dal greco daìmon, dio, genio. Secondo Platcme
i demoni, sono esseri intermediari fra gli Dei e i
mortali; e sono incaricati di interpretare e portare
agli Dei ciò che viene dagli uomini, e a questi ciò
che viene dagli Dei; come le preghiere e i sacrifizi
degli uni, e la volontà degli altri. Sempre secondo
— 288 —

Platone, i demoni sono vestiti d'aria, vagano al di


sopra del cielo, girano intorno alle stelle e fanno sog-
giorno sulla terra; vedono senza velo i segreti del-
l'av enire, e regolano gli eventi a loro talento. Ogni
mortale alla sua neiscita è affidai-' a un demone par-
ticolare che lo accompagna fino al termine della sua
carriera vitale, e ne conduce l'anima al luogo in cui
deve essere purificata o punita.
Demonio.
Spirito del male secondo la credenza cristiana. Ve-
di Diavolo.
Denaro. Vedi Danaro.
Dente di elefante. Vedi Sonno.
Derisione.
Asino. Animale preso sempre nel senso ridicolo. E'
noto l'atto di beffeggiare nel porre le mani aperte die-
tro le orecchie. Inoltre perchè l'asino aprendo il suo
lungo muso e sporgendo fuori le labbra, mostrando i
denti, sembra ridere. Quando a Diogene fu det-
to: Molti ridono del caso tao; egli rispose: E
rasino si ride di loro; ed essendogli stato replicato-
Si, ma coloro non si curano dell asino; Né io altresì
mi curo di loro; ribattè Diogene. Cicogna. Dicesi che
i cortigiani, volendo beffeggiare e schernire qualcuno
costumassero percuotersi il capo con le dita raccolte e
tese, a guisa di becco di cicogna. Gesto ancora in
uso.
Deserto. Vedi Giovanni Battista [San) — Girolamo
{San).
Desiderio.
Garofano.

i
- 289 -
Desiderio ardentissimo.
Cerva, che guarda nell'acqua di una fonte. Nella
Bibbia si legge: Come la sitibonda cerva desidera i
rivi dell'acqua, così anche V anima mia a te Dio: per-
chè, dicono gli interpreti della Bibbia, la cerva è
talmente di natura calda che gode nel mangiare i
serpenti freddissimi, e dopo la digestione eccitandosi
sempre più il calore naturale, con desiderio intenso
va cercando l'acqua dei freschi ruscelli.
Desiderio carnale.
Mosca.
Desiderio di dominazione.
Uomo coi caF>elli crespi che cavalca un castrone.
Desiderio di grandezza.
Senape. Ramoscello di questa pianta strappato con
la bocca, quale simbolo di mente e di pensiero che si
elevano; allusione alla proprietà eccitante del seme
di questa pianta.
Desiderio di pace.
Donna seduta in tribunale con la mano destra al-
zaia.
Desiderio di supremazia.
Uomo che guarda un cavallo sopra un altro.
Desiderio intenso.
Ciacinlo giunchiglia.
Desiderio sfrenato.
Dipsa, presa come simbolo della stessa sete, co-
me spesso si trova nella Bibbia. S. Ambrogio allu-
dendo aliidropico che fu guari^o in casa del Fari-

deramoseo, idice: empia


beni cosa è l'aver sete, quando si desi-
terrestri.
19 — O. Ronchetti.
DesolsuEÌone.
Piaga.
Destino.
Divinità o volontà divina che regola in modo fa-
tale gli avvenimenti futuri. Presso gli antichi il Desti-
no era figlio del Caos e della Notte, e rappresenta-
vasi sopra un globo terrestr e e con un'urna in mano,
dove erano racchiuse le sorti dei mortali. — Canapa
Uno. Probabile allusione al filo del nostro destino che
filano le Parche. Alcuni spiegano questo simbolo di-
cendo che il lino, al pari dell'uomo (Adamo), pro-
viene dalla terra; e che il lino spezzato significa jI
ritorno dell'uomo alla terra. Vedi Fato.
Determinato numero di anni.
ScToja. Presso gli antichi, quando una scrofa a-
vesse partorito dei porcellini in numero maggiore del-^
le mammelle, era segno di un dato numero di anni
determinato dai porcellini. Si volle perciò che la
scrofa che in Lavinio (oggidì Pratica) mise alla lu-
ce trenta piccoli, fosse segno che idovevanoi pas-
sare trent'anni, prima che si costruisse la città di
Alba.
Deu cai ione.
Figlio di Prometeo e di Pandora e marito di
Pirra. Secondo la leggenda. Giove irritato dei de-
litti degli uomini mandò un diluvio per distruggere
la terra; e si poterono salvare soltanto Deucalione
e sua moglie, su una nave che si costruirono per con-
siglio di Prometeo, la quale dopo nove giorni di
navigazione approdò sulla sommila del monte Par-
naso. Allora essi consultarono l'oracolo di Temi, per
sapere come popolare la terra, ed ebbero per rispo-
sta di velarsi la faccia e di gettarsi dietro le spalle
le ossa della loro avola, perciò essi gettarono le
pietre, ossa della terra, che è l'avola di tutti gli
uomini. Ogni ciottolo gettato da Deucalione diven-
ne un uomo, e da ogni pietra gettata da Pirra nacque
una donna.
Devastazione.
Formica e un mazzetto di origano ; presso gli Egi-
ziani, simbolo della distruzione e rovina dei campi,
delle possessioni e dei luoghi abbandonati, che era-
no stati abitati; rappresentando la formica il ix>polo
e l'origano la solitudme e lo spopolamento. Perchè
voievéisi che mettendo l'orìgano dove si trovassero le
formiche, spargendovi sopra un po' di sale, o zolfo
in polvere, esse avre'obero abbandonato il formicaio
andando a stabilirsi altro\e. Perciò gli antichi usa-
vano mescolare e spargere l'origano selvatico intor
no ai mucchi delle biade, affinchè le formiche non
portassero via il grano.
Devozione.
Candelabro acceso davanti al tabernacolo. Oro.
Rosario. Turibolo.
Diacono.
Dal greco Jio}(onos, servo. Ministro immediata-
mente inferiore al sacerdote: prete che canta il van-
gelo. — Dalmatica. Evangelario.
Diadema.
In origine era una benda di seta o di lana, che
la favola dice inventata da Bacco, per sollievo del
mal di capo prodotto dal bere eccessivo. Il diadema
delle divinità e dei re d'Egitto portava il simbolo
del serpente sacro. Oggidì il diadema è una specie
- 292 —

di corona ornata e pietre preziose. Vedi


di perle
Angelo — Dominazione — Dominazioni — Melpo-
mene — Regia potestà — Virtù.
Diadema di raggi. Vedi Ecatc — Luna.
Dialettica. .
L'arte di ragionare con stringen ti argoment azioni
logiche, o con sottigliezza. — Animali: Ragno, con
cui Aristone volle raffigurare simbolicamente le argo-
mentazioni artificiose, prive di utilità. Zanzara, la
quale, quasi impercettibile al volo, una volta posata
o
sul corpo punge con acutissimo e sottilissimo stimolo,
con tenui
pungolo, al pari della dialettica, la quale
stimoli e acutezze di parola, punge e trafigge gli a-
nimi, con tanta astuzia e ardore assaliscevenga , che l'in-
gannato ne vede, ne compren de donde 1 in-
ganno. — Diversi: Mano con le dita strette in pugno..
de^
quale manifestazione dei passi stringenti e brevità
argoment i dai quali è sorretta la dialettic a. Paglia
gli
misurata col moggio. Zenone, che soleva in più mo
di schernire le arguzie del dialettici, le paragonava
il
alle misure giuste, con cui però non si misurasse
frumento, ma la paglia e il letame.
Diamante.
Da una parola greca che significa indomabile,
causa la sua durezza. Il pontefice degli Ebrei por-
tava sul petto un ornamento d'ore in forma di stel-
la, nel cui centro figurava un diamante circondato
dà due smeraldi; e nei sacrifizi, quando il pontefice
voleva consultare Dio per qualche cosa, d-^po le
preghiere, alzate le mani al cielo, volgeva gli occhi
su tale ornamento, e interrogava Dio su ciò che desi-
derava aver risposta; il quale se prometteva cose
- 293 -

prospere e felici, il dieonantc scintillava di luce vi-


vissima; ma se non prometteva cose secondo il de-
siderio, allora il diamante non si cambiava; mentre
appariva di color sanguigno, se Dio avesse desti-
nato il popolo alla morte. Vedi Sole — Stabililà.
Diana.
Dea che fu anticamente adoiata a Roma e in
tutta l'Italia, protettrice della caccia. La chiamava-
no Luna o Febea in cielo. Diana in terra ed Ecale
nell'Inferno. Aveva ancora molti altri soprannomi se-
condo iluoghi da lei particolarmente onorati. Era
creduta la Dea della castità, ed era talmente ver-
gognosa che cangiò Atleone in cervo, per averla
guardata mentre si bagnava. Diana aveva un segui-
to di bellissime Ninfe, e voleva che fossero pudiche
al p>ari di lei; si dice però che Junasse il pastore
Endimione e che spesso di nof^e scendeva dal cielo
per venirlo a trovare .Andava continuamente a cac-
cia, e non abitava che le selve seguita dai suoi cani.
I Satiri, i Fauni e Driadi, ecc., celebravano feste
in suo onore. Rappresentavasi in abito di Ninfa tut-
ta succinta, coi stivaletti rossi ; coi capelli un po' spar-
si e graziosamente annodati insieme con un velo o
ima benda, con una mezzaluna in testa, e talvolta
su un carro tirato da due cerv^tte, armata di arco
e di faretra piena di frecce. — Animali: Cane, Cerva,
dai piedi di bronzo e dalle corna d'oro dei monte Me-
nalo, consacrata a Diana, ed era vietato ucciderla.
I Romani appendevano le coma di cerva nel tempio
di questa Dea. Cinghiale. — Vegetali: Agnocasto,
simbolo di castità.
Diana Lucina. Vedi Lucina.
^- 294 —

Diaspro. , . xr i ^ •
colon. Vedi Graz ia —
Pietra preziosa di diversi Sinc mtà.
Principati — Sapi enza —
Diavolo. , , , , , . , ^N
dal grec o dìaho los (calu nniat ore)
Nome derivato
all'ebraico satan (avversano, accusa-^
equivalente
bi, e spec ialm ente al loro ■
lore), dato agli angeli repro
perc hè p-et ende vano di egua-
capo, cacciati dal cielo
tutti i paesi , al volgo si rappr e-
gHarsi a Dio. In rnent re i ne-
senta ildiavolo come un most re nero,
Il cristianesi-
gri gli attribuiscono il colore bianco. pipistrello, gli
mo lo rappresenta peloso, con ali di
corna (le
artigli ai piedi e alle mani, coi. coda e
e essen ziale dei diavo li, i quali
corna sono una part
gran de impo rtan za, e lor veng ono
vi annettono la più
adan o); munit i di forco ne e uncm o
tolte quando si degr
e per mcatenarli.
per tormentare i dannati, e di caten
: fulvo ne^
Ai diavoli furono dedicati quattro colon
ai, sotto cui tor-
ro, rosso e verde. I principali anim
che simboleggiava,
ma si presentarono agli uomini o
no il diavolo sono: Becc o. Corv o, perchè nero come
lo biblic o. Pipistrello, allu-
il diavolo. Drago, simbo Serpente,
sione al suo colore e alle sue ali. Rospo.
diav olo tento Eva. /olpe,
sotto la cui sembianza il
la sua astuz ia. Una certa se ta del
che simboleggia
^^ ""«
Giappone è persuasa che il diavolo non -^
Agost ino (Sj" ') --1
volpe. Vedi Agnese {SanO -
Andrea {SanC) - Antonio (^-0 - ^-^^ ^^^
- Bern ardo (San) - tUg^ o {Sant) - £v
(San)
[Santa) — Martino [San) - M-^
_ Maddalena
chele (San).
2^5 -
Dice.
Personificazione della giustizia, figlia di Giove e
di T emi. Essa era considerata come una delle ore.
vegliava sui fatti degli uomini e avvicinavasi al trono
di Giove lamentandosi tutte le volte che un giudice
violava la giustizia. Nei tragici Dice apparisce come
una deità che punisce severaunente ogni ingiustizia, vi-
gila severamente sul mantenimento della giustizia, e
trafigge il cuore dell'ingiusto con la spada fabbrica-
ta da /Esa. Aveva per figlia Esichia, cioè la tran-
quillità dello spirito. Dice era rappresentata come
una bella donna in atto di trascinare con una mano
Adicìa (l'Ingiustizia) nel mentre impugna coll'altra
un bastone con cui la p>ercuote.
Dicembre.
Mese consacrato anticcunente a Saturno (secondo
alcuni a sua figlia, Vesta), in onore del quale si ce-
lebravanoSaturnali.
i II giorno in cui ha luogo ili
questo mese il solstizio d'inverno fu celebrato da
quasi tutti i popoli antichi con gran solennità c<Mne
giorno della nascita del Sole. I Persiani festeggia-
vano quella di Mitra, gli Egiziani di Osiride, i Gre-
ci di Ercole, i popoli del Nord chiamavano la notte
che precede il solstizio madre delle notti. Nel medio
evo si personificava il mese di Dicembre con im uo
mo che uccide un porco. L'attiibuto di questo me-
se è una torcia, quale simbolo della breve durata
dei suoi giorni. Vedi Zodiaco.
Dlcerlon.
Candelabro a due bracci, dai quali ciascune por-
ta un cero acceso, con cui il vescovo, secondo la
- 2% -
liturgia di Costantinopoli, impartisce la benedizione
al popolo. Vedi Gesù Cristo.
Dichiararsi vinto.
Porgere erba con la mano, gesto che presso gli
antichi equivaleva a confessarsi vinto da chi si por-
geva l'erba, assoggeltandosigli. Uso, dicesi, introdotto
nei primi tempi dai pastori, i quali- nella sfida alla
corsa, o altra contesa fa loro, il vinto strappava dal
suolo dell'erba per porgerla al vincitore.
Dichiarazione di guerra. Vedi Guerra intimata.
Dieci. Vedi A'uTTteri simbolici.
Difesa.
Animali: Volpe, che porta una Scilla marittima
nella sua tana, in dilesa contro i lupi; perchè credevasi
che i lupi toccando la scilla morissero. — Vegetali:
Agrifoglio, albero munito di spini. — Diversi: Pelle
di foca portata indosso, perchè si credeva che fra
tutti gli animali acquatici, la foca noin venisse colpita
dal fulmine. L'imperatore Augusto conservava gelo-
samente una pelle di foca per ripararsi dal fulmine.
Scudo, emblema principale della difesa. Furono ri-
tenuti per vili i soldati che avevano più speranza
di salvezza nello scudo che nella spada.
Difetto.
Giusquiamo nero. Pianta malefica di odor forte^
sgradevole e velenosa, piena quindi di difetti.
DifTamazione.
Corvo.
Diffidenza.
Ciclamino, allusione al fenomeno dei suoi pedun-
coli.
- 297 -

Digitale.
Dal latino digitus, dito. Bella pianta perenne ve-
lenosis ima, lecui foglie vengono usate in medicina,
come rimedio potente per regolare i movimenti del
cuore. Vedi Consolazione — Lavoro muliebre.
Digiuno.
Cefalo. Si vuole che questo pesce non s' nutri che
dei rifiuti del mare, in modo che può considerarsi
sempre digiuno.
Dignità.
Vegetali: Garofano. Nelle isole delle Molucche.
questo flore è segno di distinzione. Magnolia a gran-
di fiori. — Diversi: Azzurro. Chiavi. Corona.
Dignità sacerdotale.
Patera, che i sacerdoti adoperavano nei sacrifizi.
Dignità sacrosanta.
Corno. Presso gli antichi, tanto dai Gentili, quan-
to dagli Ebrei e i Cristiani, le corna di cervo e quel-
le della luna, furono sempre ritenute come segno di
onore e di potenza. Nella Bibbia, il corno spessissi-
mo è preso per la potenza regale, per una certa con-
nessa somiglianza che hanno il *_orno, il raggio e la
corona. Perciò Mosè viene rapp» esentato con le cor
na, che simboleggiano i raggi di fuoco del Divino
Sole, il cui splendore gli Israeliti non potevano sop-
portare, perciò ottennero che Mosè parlasse loro ve-
lato. Presso gli Ebrei la medesima parola esprime
corno e corona.
Dignità virile.
Barba (vedi Uomo).
- 298 -
Diletto.
Pomo. Secondo la maggior parte dei teologi, il
pomo di Adamo è simbolo di diletto e di piacere
sessuale.
Diliezian«.
Termine ascetico. Affetto, cura diletta, spirituale.
— Granata, pietra.
Diligenza paterna nel l'ai levare i figli.
Siluro glauco. Dicesi che questo pesce abbia gran
cura nel covare e ciistodire le uova, deposte dalla
femmina, fino a quaranta o cinquanta giorni, e non
abbandoni i piccoli nati se non quando sono capaci
di difendersi dagli attacchi degli altri pesci. E. tanto
dicesi essere la sua affezione che piuttosto di abban-
donare leuova, se tirate sulla riva, le segue con tale
persistenza, da lasciarsi prendere facilmente dai pe-
scatori.
Diluvio. Vedi Salvezza umana.
Dimenticanza.
Lunaria maggiore.
Dimora stabile.
Aquila ilchenido,
costrutto portaavesse
un sasso.
cura Credevasi
di mettervichedentro
l'aquila^
u(
sasso per renderlo maggiormente fermo, stabile e si^
curo.
Dinasti () Del dinasti.
Con questo nome vengono qualificati, nel sistemi
storico dell'Egitto, gli Dei che fecero parte alla dij
nastia egiziana, cioè che regnarono sugli uomini. li
più antico di tutti è stato Fta, l'ordinatore del mon^
do fisico, l'Efesto dei Greci e il Vulcano dei Latini
— 299 -
Dopo di lui regnò sugli uomini Fre, o il Sole, per
lo spazio di 30.000 anni; Crono o Saturno gli ven-
ne dopo, e con undici altri Dei che a questo succe-
dettero, regnarono in tutti 3.984 anni. Otto semi-
dei occuparono poi il trono per il solo spazio di
2 1 7 anni, e dietro a questi vennero per ultimo i re
scelti fra gli uomini: ed è da questo punto che in-
comincia effettivamente la storia dell'Egitto.
Dio.
La materializzazione di Dio ripugnava ai primi
tivi cristiani. Anche nei primi secoli non fu general-
mente raffigurato che in modo simix)lico. A partire
del secolo XII gli antichi cominciaroro a dare a Dio
una figura umana, rappresentandola però presso a po-
co come quella del Dio Figlio, r il distintivo del pa-
dre comunemente consiste nel globo terrestre che tiene
in mano, mentre il Figlio regge la croce. I simboli e
gli attributi di Dio sono: Arcobaleno, sul quale Id-
dio è spesso rappresentato seduto. Cuculo, perchè
ncm ha ne principio, né fine. I Persiani, ritenendo
Giove signore del Cielo, per fargli sacrifizi, saliva-
no in luoghi altissimi, e chramavano Giove circolo
del cielo. Passò quest'uso ai Turchi, e di qui ebbero
origine quei loro gridi mattutini che fanno sui mina-
reti, ilcui senso dice, che Dio sempre fu e sempre
sarà, salutando così il loro Maometto. Anche i Sa-
raceni, ela maggior parte delle alti e nazioni, chia-
mavano Dio circolo ; e con ciò si sforzavano di e-
sprimere il sempiterno. Delta. Mano divina. Nimbo.
Occhio in un triangolo. S. Giacomo chiama Dio l'oc-
chio del mondo, padre di tutti i lumi, che tutco tra-
passa e nulla gli è celato. Scellro, emblema della
- 300 -

potenza suprema. Sole. I teologi, tanto dell'antica


religione, quanto di quella cristiana, dissero Dio Ot-
timo Massimo, unico, luminoso e buono. Così il so
le, essendo uno solo, luminoso e prodigo del suo
calore, fu preso per simbolo di Dio. Tre, perchè
avendo l'angelo del Signore chiamato Samuele due
volte, pensò che dovesse aspettare la terza voce, per
conoscere ch'essa fosse di Dio. Trono, su cui è se-
duto. Vedi Padre Eterno.
Dio-uomo.
Scarafaggio- S. Agostino, parlando della meravi-
gliosa umanità di Cristo, usò l'espressione: Quel buo
no scarafaggio. Vedi Unigenito.
Diogene. Vedi Contentezza.
Dione.

Figlia dell'Oceano e di Teli, secondo altri, di U-


rano e di Gea. Amata da Giove, essa fu madre
di Afrodile, secondo Omero.
Dionea.
Da Dione, madre di Afrodite. Le foglie di quo-
sta pianta trasudano un umore dolce che attira gli'
insetti; ma appena una mosca viene a posarsi sopra
per succhiarlo, i due lobuli delle foglie si chiudono
e imprigionano l'insetto. Vedi Insidia.
Dionigi o Dionisio (San).
Martire e primo vescovo di Parigi. Il nome di
questo santo apostolo serviva di grido di guerra ai
Francesi, i quali andavano all'assalto alle parolej
Montiose Saint-Denis! — Gladio, con cui fu deca
pitato. Tempio, davanti al quale fu giustiziato. Testa
tagliata, che, dopo il suo supplizio, il santo prese ini
- 301 -

mano e, baciatala sulla fronte, percorse più di una


lega.
Dionisie.
Feste che celebravansi in onore di Dionisio o Bac-
co. Vedi Baccanali.
Dionisio.
Nome greco di Bacco, così chiamato dalla città
di Nisa, dove fu allevato.
Dioscuri.
Denominazione speciale di Castore e Polluce.
Dipsa.
Genere di serpente col corpo compresso, meno lar-
go della testa, con scaglie delle serie spirali del dor-
so più grandi delle altre. Vedi DciiJerb sfrenato.
Dipce.
Seconda moglie di Lieo, re di Tebe. Vedi Antio-
pe. — Vi fu un'altra Dirce. la quale avendo orgoglio-
samente paragonata la sua bellezza con quella di
Minerva, fu convertita in pesce.
Discernimento.
Voglio, simbolo evidente.
Disciplina.
Verga.
Disciplina.
Strumento consistente in una sferza composta di
funicelle a nodo, di catenelle o di fili metallici, che
un tempo usavasi nei chiostri per batterai da sé a
sconto dei peccati. Vedi Alfonso dei Liguori {SanC)
— Antonio da Padova {Sant') — Benedetto {San)
— Domenico di Cuzman {San) — Lui^i Gonza-
Isa {San).
— 302 —

Discipline.
m
Con questa parola tolta dal latino si abbraccia
— Mer-
generale tutto ciò che s'insegna nelle scuole.
curio, quale Dio dell'eloquenza e della sapienza.
Disco. Vedi Amaléras — Ecatc — Ra — Sole —
Spese pubbliche e private — Terra.
Discordia.
Malefica deità, figlia della Notte e sorella di Ne-
mesi, delle Parche e della Morte, e madre della
Miseria, della I%me, dellalaGuerra, dell'Omicidio, del-
la Contesa, ecc. Giove scacciò dal cielo perchè
autrice ^i dis&enzione fra gli Dei, e cagione di per-
petui litigi. Non essendo quioidi stata mvitata con
gh altri Del alle nozze di Teti e Peleo, si offese
talmente, che per vendicarsi gettò sulla ^mensa un
pomo d'oro, sul quale era scritto ada più bella, per
cui si suscitò quella famosa cor.lesa frale tre Dee
della quale fu giudice Paride, e da cui derivarono
tante calamità. Virgilio l'ha collocata cm gli altri
mostri all'ingresso dell'Inferno, con capigliatura dt
serpenti, annodata con bende insanguinate, e Iha
va-
raffigurata sullo scudo che Venere diede a Enea,
gante fra i combattenti, col manto squarciato, e se-
guita da Bellona, col sanguinose flagello. Alcuni le
mettono una torcia in una mano e nell'altra un pu-e
gnale, oppure una torcia e un serpente nella destra
nella sinistra una spada. Aristide la finge una donna
col capo alto, con labbra livide e smorte, con gli
occhi biechi, guasti e pregni di lagrime che di con-
tinuo rigano le gote pallide, che mai non tiene a
le
se le mani, ma sempre è pronta a muoverle; con
coltello cac-
gambe torte e i piedi sottili, e con un
— 303

ciato nel petto, e intorno una tenebrosa e ot»cura neb-


bia in forma di nubi, che a guisa di rete la circon-
da tutta. Ariosto, con una invenzione tutta sua, ce
la mostra in un monastero presiedente a un'elezione.
Quivi trovandola l'cuigelo che la cercava,
La conobbe al vestir di color cento.
Fatto a Uste ineguali ed infinite.
Ch'or la coprivano, or no, che i passi e il vento
Le giano aprendo, ch'erano sdrucite.
I crini area qual d'oro e qiml d'argento,
E neri e bigi, e aver pareano lite:
Altri in treccia, altri in nastro eran raccolti.
Molti alle spalle, alcuni al petto sciolti
Di citatorie piene e di libelli
D'esamino e di carte di procure
Avea le mani e il seno, e gran fastelli
Di chiose, di consigli e di letture.
Per cut le facoltà de' poverelli
Non sono mai nelle città sicure;
Avea dietro e dinanzi e d ambo i lati
Notai, procuratori ed avvocati.

Animali: Agnello e lupo. L'istinto naturale di di-


cordia fra questi due animali era ritenuto talmente
potente, da credere che gli agnelli appena nati, sen-
a mai aver visto un lupo, al suo urlare cadessero
norti dalla paura. E credevasi che perfino le par-
inanimate di questi animali conservassero tale i-
tinto di discordia; poiché volevasi che se nelle lire
nei liuti si accoppiassero corde fatte di budella di inc-
ora, a quelle di lujx), non si potessero far suonare
tando le prime mute per la paura. Ciò che avveniva
1
— 304 —

anche per i tamburi fatti di pelle di pecora e di lupo;


poiché all'atto di suonarli, la pelle di pecora resta-
va muta, mentre si udiva soltanto quella del lupo.
— Vegetali: Pomo. — Diversi: Acqua e fuoco
scintillante, contenuti in vasi separati. Vedi Effetti
della concordia e della discordia.
Discordia militare.
Corvo. Narrasi che un'aquila, posatasi sopra il
padiglione di un certo imperatore, assalita da due
corvi, li combattè gettandoli per terra; ciò che fu
presagio per l'imiperatoire di perdere una battaglia
per causa di discordia fra i suoi soldati.
Discrezione.
Vegetali: Convallaria sigillo di Salomone. Rosa
bianca, che gli antichi posero in mano al Silenzio;
e che dipingevano sulle porte dei festini, per awer
tire i convitati di dimenticare ciò che avessero udito.
— Diversi: Chiave, che chiude i segreti.
Disgrazia.
Dormala, perchè ritenevasi che portasse sfortuna
e infelicità a coloro nella cui casa si fosse introdotta,
insidiando gli animali domestici.
II
Disperazione.
Animali: Alcione. Allusione alla disperazione
Alcione, figlio di Eolo, cangiato in quest'uccello
Ragno. Dopo aver vinta Minerva nella sua abili
di ricamatrice, Aracne, disperata dell'oltraggio ch<
le fece subire la Dea, si appese e fu trasformata il
ragno. — Vegetali: Calendula. Alla morte di A
done, Venere, desolata mischiò le sue lagrime col
sangue dell'amato, dalle quali nacque il fiorrana'
- — Diversi: Corda, allusione al suicidio, dallo chia-
ro. Grigio scuro. Pugnale.
Disperazione occulta.
Rosa smorta.
Dispetto.
Aloè.
Dispiacere.
Freccia, simbolo biblico delle pene che pungono il
cuore. Vedi Piacere e dispiacete.
Disprezzo.
Cane. Simbolo biblico di cosa vile, abbietta e spre-
gevole.
Disprezzo dell'avversità.
Naufrago sopra una testuggine, agitata furiosa-
1 mente dalle onde, simbolo degli impeti della fortuna
I avversa ; e un raggio di sole, quale segno della re-
isistenza
sione. e forza d'animo, che ripara dalla sommer-

Disprezzo della stoltezza.


Asino, in atteggiamento di saltare o di disputare,
o di suonare il flauto; circondato da una truppa di
scimmie. Geroglifico egiziano.
Disprezzo delle delizie terrene.
Cicogna, che divora dei serpenti. La prima come
(imbolo di sentimenti elevati, mentre i seri>enti raffi-
urano le delizie terrene, cioè i piaceri e le passioni
ateriali, perchè strisciano col corpK» a terra, o si
ascondono sotterra.
isputa dell'ignorante.
Cammello, ritenuto dagli antichi per animale pro-
ano. Simbolo di persone che disputano senza uà
20 — O. Ronchetti.
— 506 —

l'altro; ru
e fra un argomento enamne
principio di distinzioncamme llo i loro ragio ti, ri-
mina ndo a guisa di
opmione.
volgendo nella mente or una or un'altra
Dlsslmulatope dei vizi.
cerca d»
Gatto, che piscia; perchè quest'animale enti e-
ndere , sotte rrand o o copre ndo, gli escem
nascoi.
vacuat
Dissimulazione.
Maschera, che dissimula i veri lineamenti.
Dissipatore di ricchezze. ^
Gallina, che becca e mang ia scudi d'oro. Crede-
vasi che mesco lando dei pezzi di galhna con loro
trasformandosi m
liquef. atto, questo si consumasse,
carne
Dissolutezza. Vedi Cotitto.
Distinzione. . ,.
one e di di-
Unghia fessa; simbolo bibhco di elezi doti
stinzione, che allude all'avvertimento onde i sacer
a, cioè le ditte-
sappiano discernere lebbra da lebbr
sto.
renze dei peccati, il giusto dall'ingiu
Distrazione.
Farfalle.
Distruzione. Vedi Arpie.
Disuguaglianza della legge.
essa le mo-
Tela di ragTìo, perchè capitandopresiin e periscono
sche e altri simil i insett i, resta no
ono laJe a
mentre queUi più grossi e più forti romp colpisce spess.
salva ndosi facil mente : così la legge,
che la tannc
i deboli, risparmiando sovente coloro
rompono, annullano e la rinnovano
- 307 -
Dite.
Soprannome di Plutone presso i Romani, che lo
chiamavano Dis Pater (ossia divis pater, 11 padre del-
le ricchezze).
Dito.
I Romani avevano messe le dita sotto la prote-
zione di Minerva. Quando un Romano moriva sul
campo di battaglia o in paese straniero, prima di
abbandonare il cadavere, gli si tagliava un dito che
f>ortav2isi nel luogo nativo del defunto, e gli si fa-
cevano ifunerali che si sarebbero fatti al cadavere
intero. A Roma, quando mettevasi al pubblico in-
ccmto i tributi, il maggior offerente alzava la mano
chiusa con un sol dito disteso. I medesimi Romani per
chiamare i loro schiavi per eseguire qualche servi-
zio, facevano un certo strepito con le dita che espri-
mevano con la parola crepitare digit'is. Per cui l'ob-
bedienza al segnale delle dita era divenuta l'espres-
sione della servitù. Vedi Enrico {Sant') — Furie
di Oreste — Infamia — Misura — Mollezza la-
sciva — Pollice — Pollice verso •— Spirito Santo
— Stomaco — Tommaso {San) — Vendetta.
Dito nell'orecchio. Vedi Perdono.
Dito sulle labbra. Vedi Arpocrate — Bruno
{San) — Silenzio.
Dittamo.
Le glandole del dittamo bianco o frassinella, sq>a-
icmo un olio volatile, formando, dopo calori estivi,
verso sera, un'atmosfera eterea che circonda la pian-
ta ; e se si avvicina un Ixmie, quest'atmosfera si ac-
cende, ardendo con luce viva, tinta di rosso e di ver-
de nelle varietà a fiori porporini; affatto verde nella
— 308 "

varietà a fiori bianchi. Vedi Ardore — Orìgano


dìiiamo.
Diverti mento.
Due donne che colgono delle rose.
Divina presenza, , . . u i
simbolo
Aquila, la quale, secondo i teologi, e
za della divini tà che gui-
della presenza e dell'influen delle cose divine.
da alla suprema conoscenza
Divina provvidenza. , t:
^
Avvoltoio che rode un cuore. Presso gli egiziani
era simbol o del mondo, che si nutre del-
l'avvol toio
o; e aven-
la proprietà dei corpi che nascono e muoion
sapienz a nel cuore^
do gli antichi posta la sede della cuore
così l'immagine dell'avvoltoio che mangia il
si alimen ta e sostien e dalU
significa che il mondo
Dio; la quale e inti.
provvidenza della sapienza di sussistere nemmeno il
nita. e senza cui non potrebbe
mondo.
Divinità. .j
l'ess enza di Dio consH
Così chiamasi in teologia navano numeì
derata astrattamente: i pagani la chiai
che con Ammo ne (Uk)J
— Basilisco. Gh Egiziani,
fiato, o lo spint o ritenevanj
ve) simboleggiavano il
tutti gì
che quest'animale avesse maggior fiato di e p€l
e avev ano una tal vener azion
altri animali;
crava no statuì
il basilisco, che gli facevano e consa
di sparv iero, con gh occh
d'oro, dandogli il capo
ere e aprir e. E quan do espon «
che si potevano chiud
o i
vano l'effige con gli occhi aperti, tutto 1 Egitt
uto conj
metteva in gran festa, perchè ciò era riten ero C
Dei li guard asser o e prome ttess
indizio che gli
compariva ce
gni bene a tutti; mentre se la statua
ia e '
gli occhi chiusi, allora era segno di mestiz
— 309 —

pianto, credendo che gli Dei fossero adirali con lo-


ro. Capo, simbolo della divinità di Dio che precede
ogni cosa, e a cui tutte le cose sono soggette. S. Gi-
rolamo ebbe a dire che gli Egiziani onoravano tutti
i capi con tale insensata religione, che si astenevano
dal mangiare le teste di tutti gli animali, ritenendo di
offendere la divinità, mangiandone. Secondo i Pla-
tonici ilcapo è membro divinissimo, è assoluto prin-
cipio di tutti gli altri membri, i quali sono dati all'uo-
mo, perchè siano servi del capo.
Divino intelletto. Vedi Intelletto divino.
Divoratore.
Coccodrillo con la bocca aperta. Polpo coi piedi
troncati. Simbolo di chi, dopo aver consumato, nel
mangiare, i beni altrui, si dispone a consumare i pro-
pri; perchè dicesi che il polpo, stimolato dalla fame,
e non avendo altro cibo, mangia i propri tentacoli.
Divozione. Vedi Devozione.
Docilità.
Giunco dei campi, pianta molto pieghevole.
Dodici. Vedi Numeri simbolici.
Dolcezza.
Agnello. Animale timido, d'indole dolce. Ape, che
succhia i fiori. Fico. Credevasi che piantando la ru-
ta presso il fico, il cui frutto è dolcissimo e succo-
I so, quella diventasse meno amara. Nella Bibbia si
Ilegge che gli uomini santi riposavano sotto il fico,
cioè vivevano dolcemente e in pace. In una certa me-
dagha figura un fico piantato fra due monticelli, su
uno dei quali è scritto AMBROSIA, ma nell'altro
le lettere sono talmente consumate che non si può
distinguere che una mezza N, da cui si arguisce ^-
— 310 —

sere l'iniziale di NETTARE: allusione chiara al


simbolo di dolcezza del fico. Malva, che gli antichi
piantavano sulle tombe per addolcire le pene dei
morti.
Dolcezza delia verità.
Fico e miele, che gh Egiziani sacrificavano a Mer-
curio, accompagnando l'offerta col grido di parole,
che significano dolce verità.
Dolcezza tolta.
Fico sradicato. Narrasi che la vita dolce dei cit-
tadini Romani cessò con la morte di Alessandro Se-
vero ; perchè poco prima ch'egli morisse, tre alberi
di fico caddero davanti al padiglione dell'imperato-;
re, a cui era legato.
Dolci ricordi.
Pervinca.
Dolore.
Uomo che tiene la testa con una mano. — Cine\
raria. Ferro. Rosa smorto, colore.
Dolori acuti.
Arco teso, in mano a Lucina sotto l'aspetto di Ver-j
gine, perchè nessun altro dolore è ritenuto piìi in4
tenso di quello del parto, a cui presiedeva Lucina.
Domandare aiuto.
Gatto con un topo in bocca, con cui gli antichi raf-
figuravano un uomo caduto nelle memi del nemico, ch«
in modo compassionevole aiuto chiami; perchè il to«j
pò preso dal gatto manda un certo grido compassic
nevole paragonabile alla voce di chi domandi aiutc
E' noto il detto: // topo Ecale, aiuto cììiama, derivate
dalla favola seguente. Giove per divertimento mise il
3!1 -
gara Apollo con Ecate (o il Sole e la Luna, secon-
do alcuni) ancora giovinetta, proponendo loro di pro-
durre degli animali per riempire la terra. Apollo
produsse subito l'uomo, al quale Ecate contrap>pose
una scimmia; ch'ella fece. Apollo ridendosi di ciò,
la fece assalire da un leone, che creò. Ma Ecate
sdegnata d'essere superata nella burla, generò il gat-
to, del quale ridendosi Apollo, p)er scherno d'Ecate
produsse il topo. Ella montata in maggior collera,
poiché non poteva vincere con la forza, ricorse alla
astuzia, spingendo imp>etuosamente la scanmia contro
il leone e il gatto contro il topo; la scimmia si at-
taccò alle natiche del leone, il quale, da essa tra-
scinato e sbattuto per terra, si inasprì talmente da
diventare furioso: il topo, fuggendo, si salvò ponen-
dosi ai piedi di Apollo. Ma Giove per vendicare il
leone, volle che il sangue della scimmia avesse virtù
medicinali, e con questo si sanasse il leone, quando
fosse tormentato dalla febbre, e perciò dicesi che il
leone desidera sempre la carne di scimmia ; e rese
talmente ardente il seme del gatto, che la femmina
di quest'animale è costretta a mandar alte strida e
sentir F>ene di ciò che è tauito dolce e dilettevole pei
gli altri animah.
Domatore dell'avversità.
Uomo vestito di pelle di iena, perchè credevasi che
portando indosso un pezzo di tale pelle, si potesse
andare ovunque, anche fra nemici, senza subire al-
cuna molestia. La iena era ritenuta di un tal potere di
preservazione da credere che la sua lingua tenuta sot-
cani.to ipiedi, avesse la virtù di far tacere l'abbaiare dei
— 312 —
Domenico di Guzman (San).
Fondatore dell'ordine dei predicatori e, dicesi, del-
l'Inquisizione. — Angeli, che lo servivano a tavola.
Cane. La madre del Santo, prima della sua nascita,
sognò che portava in grembo un cane bianco e nero,
il quale aveva in bocca una torcia che avvicinava
a una sfera rappresentante il mondo. Croce astile, che
si dà ai fondatori dei grandi ordini religiosi. Disci-
plina, ricordando le regole rigorose dell'ordine che
egli fondò. Ciglio, che il Santo porta quale emblema
di virginità. Globo, che il cane, spesso rappresentato
vicino al Santo, cerca di accendere con la fiaccola.
Libro contenente le sue regole. Maria Vergine, che
gli porge il rosario. Ostensorio. Pane portato da an-
geli. Rosario. Stella, che gli apparve sulla fronte
quando fu battezzato.
Dominazione,
Diadema. Vedi Desiderio di dominazione.
Dominazione dell'animo.
Leone cavalcato da un uomo, e guidato col pun-
golo ; simbolo di padronanza del proprio animo.
Dominazione dell'avversità. Vedi Dominatore
delFavversità.
Dominazione del marito.
Donna che mena un becco per le corna.
Dominazione sugli altri.
Donna austera che con la destra conduce un caval-
lo sellato.
Dominazioni.
Uno dei nove cori degli angeli, che assistono da-
vanti al trono dell'Eterno ed eseguiscono i suoi co-
— 313 —

mandi. Hanno per attributi: Berillo, al quale si die-


de la virtù di porgere aiuto contro i nemici, i cat-
tivi edi rendere l'uomo invincibile, benigno e di buon
ingegno. Diadema. Globo. Scelirc.
Dominio.
Capo coronato, che, sognato, secondo gli spiegato-
ri dei sogni, è segno di dominio. Oro. Serpente. Nar
rasi che all'imperatore Aureliano, quantunque di na-
scita plebea, un scrivente gli predisse l'impero del
mondo, quando, essendo egli ancora fanciullo, que-
sto rettile circondò la vasca in cui si lavava, senza
mai poterlo uccidere. Ma sua madre, che era sacei
dotessa del tempio del Sole, ed esperta nell'arte del-
l'indovinare, non solo si oppose all'uccisione del ser-
pente, ma lo considerò quale genio domestico tute-
lare. Un caso simile pronosticò l'impero a Severio, cui
un serpente cinse il capo mentre dormiva. I Greci
avevano monete con l'impronta di due serpenti che
si guardavano a vicenda, con un ravvolgimento se-
micircolare, lacoda verso l'interno, con l'inscrizione
che dice: // dominio di due supremi. Anche sognan-
do un serpente era segno di grandezza. Mammea ma-
dre di Alessandro Severo, un giorno prima di sgra-
varsi sognò d'aver dato alla luce un piccolo serpente.
Ad Alessandro il Grande, fu predetta la grandezza
del suo impero quando sognò che un serpente si con-
giunse con sua madre Olimpia.
Dominio giusto.
Orecchia turata con la memo. Sì vuole che in Om-
dia esistesse una statua di Giove senza orecchie, per
ammonire che chi dettava la legge agli altri, e ren-
deva giustizia, non doveva favorire nessuno priv?(-
— 314 —

tamente; ma consigliare e giovare a tutti pubblica-


mente. Alessandro soleva dire, ch'egli serbava un'o-
recchia al reo e un'altra all'accusato.
Danna. Vedi Molestie — Pauroso e debole.
Donna avversa al concepire.
Afula con la frusta attaccata aL basto: allegoria
di donna che respinge gli amplessi del marito, per
sottrarsi alla maternità; perchè la mula rimanda il
seme fecondatore, se non è bastonata subito e fatta
correre dopo l'accoppiamento.
Donna impudica.
Gallina con la cresta dritta, la coda alzata e con
due piccoli speroni ai piedi. Secondo gli antichi, sif-
fatte galline combattono col gallo, e dojx» averlo vin-
to, si mettono a cantare come esso, e a guisa di ma-
schi tentano di montare il gallo e le altre galline. Que-
sto simbolo si adatta anche per una donna che voglia

J
sottomettersi il marito.
Donna laboriosa.
Donna con un fuso nella mano destra.
Donna senza testa. Vedi taverna.
Donina virile.
Orsa. Pantera; l'una e l'altra emblemi di donna
di gran animo, austera e dotata di forza virile; per-
chè le femmine di questi animali sono più ardite e
più feroci dei maschi, mentre negli altri animali le
femmine sono più deboli.
Donnola.
Specie di mammifero dell'ordine dei carnivori. Si
dice che in Sardegna le donne, per vezzo, usano por
- 315 —

tare sulle spalle questo animaletto addomesticato. Ve-


di Disgrazia — Calanti — Indovino.
Doride.
Figlia dell'Oceano e di Teti. Sf>osò suo fratello
Nereo, da cui ebbe cinquanta Ninfe dette Nereidi.
Dormiglione. Vedi Sonnacchioso.
Doronico.
Pianta col colletto munito di peli serici. Nasce nei
luoghi selvosi e ombrosi. Vedi Freddezza.
Dorso <) schiena. Vedi Fuga.
Dottori.
Padri della Chiesa, le cui opinioni e dottrine sono
tenuto in grande venerazione. — Lucerna. Simbolo
biblico.
Dottrina.
Il complesso delle opinioni di una scuola o di un
filosofo, ovvero il complesso dei dogmi di una re-
ligione. — Acqua limpida e chiara, oppure profonda;
simbolo della dottrina, la quale può essere chiara e
manifesta, evidente a tutti, oppure astrusa e occulta
nella mente degli uomini. Le cose chiare e manifeste
sono paragonate alle acque trasparenti e chiare, che
non scorrono tro{>po profondamente ; mentre le cose
astruse e celate, sono paragonate alle acque più pro-
fonde. Caitedra. In questo senso viene interpretalo
il detto dell'Evangelo: Sopra la cattedra di Mosè
sederono gli Scribi ed i Farisei. Come anche quello
del primo Salmo: E nella cattedra della pestilenza
non sedette; ciò che viene interpretato per la dottri-
na cattiva, quella degli eretici. Lira, attributo di Or-
feo, e simbolo della buona dottrina; perchè si vuole
— 316 —

che questo celebre poeta insegnasse agli uomini la re-


ligione, e col suono dolce della lira, cioè con piace-
voli e bon ordinate parole, mitigasse i cuori feroci
degli uomini, e purgasse i costumi selvaggi, e riunis-
se gli uomini sparsi e vaganti. Anche nella Bibbia la
lira simboleggia le virtù morali. Pane, preso come sim-
bolo del cibo dell'anima. Le dodici corbe di pezzi
di pane, che avanzarono alla cena della larga libe-
ralità di Cristo, secondo gli interpreti, simbolicamente
rappresentauio la dottrina dei dodici apostoli.
Dottrina celeste.
Pioggia. Mosè invita il cielo e la terra ad ascollare
le sue parole, e desidera che la sua dottrina accresca
e abbondi a guisa di pioggia, la quale, come la ru-
giada, cadendo a gocce sulle erbe, sugli arboscelli e
tutte le piante, e tutte le cose che sono atte a molli-
ficarsi eintenerirsi, inumidisce e abbondantemente nu-
trisce. Anche i Cori degli angeli, figurativamente sono
presi per le acque, come si legge nel Salmo: E le
acque che sopra il cielo sono, lodino il nome del Si'
gnore. E ogni profeta, appena che apra la bocca ir-
riga e inaffia tutta la terra, cioè infonde la disci-
plina nelle orecchie e nei cuori degli uomini. Inoltre
tutti gli antichi paragonarono le discipline alle acque,
come risulta dalla mitologia, per esempio la favola
della fonte Castalia.
Dottrina dei gentili.
Acqua marina, in opposizione dell'acqua dolce;
perchè inutile e infruttuosa per la sua amarezza e
salsedine. «
Doveri della sposa.
Pelle di pecora con la lana, su cui gli antichi co-
— 317

stumavano far sedere la sposa novella, come segno


di promessa al marito che avrebbe adempito alle
cure familiari da buona massaia.
Drago.
Il drago o dragone è una delle creazioni più cele-
bri della mitologia antica e del medio evo. L'impor-
tanza data a questo essere nella storia favolosa pre-
senta uno dei fenomeni più singolari della mente u-
mana, in quanto la sua esistenza venne fermamente
creduta dagli antichi d'ogni nazione. Incontrasi nelle
allegorie sacre degli Ebrei egualmente che nelle leg-
gende dei Chinesi e dei Giapponesi, i primi dei quali
gli rendono una specie di culto: se ne vedono sui lo
ro vestiti, i loro quadri. Essi riguardano i draghi co-
me principio della felicità; s'immaginano che dispon-
gano delle stagioni e facciano a lor talento cadere
la pioggia e rumoreggiare il tuono. Sono persuasi che
tutti i beni della terra siane confidati alla loro custo-
dia, e che abitino ordinariamente sulle alte montagne.
Il drago degli antichi era una specie di serp>ente mo-
struoso con le ali e i piedi. Vedi Africa — Armonia
— Asmodeo — Cadmo — Carro tirato da draghi
— CortoTìacesi — Daniele — Diavolo — Filippo
{San) — Fo — Giorgio {San) — Girolamo {San)
— Margherita {Santa) — Matteo {San) — Michele
(San) — Minerva — Trionfo del cristianesimo.
Drago di sette teste. Vedi Cerione.
Driadi. Vedi Amadriadi.
Driope.
Figlia di Eurito e sorella di Jole. Amata da Apol-
lo, venne trasformata in loto. — Ninfa d'Arcadia
amata da Mercurio. Driope, avendo in braccio suo
— 318 —

figlio, spiccò un ramo d'un albero consacrato a Bac-


co iper darglielo in mano, e farlo trastullare, ma il
Dio del vino, irritato, la trasformò in albero, e la
madre ebbe ap>pena il tempo di chiamare sua so-
rella per consegnarle il fanciullo, il quale sarebbe an-
ch'esso stato rinchiuso nella scorza. — Dorina di
Lemno, di cui Venere prese le sembianze per obbli-
gare le donne dell'isola a disfarsi dai loro mariti.
Dubbio.
Argento. Bilancio in bilico, perchè non si sa da
che parte vada a inclinarsi. Uccelli, due, l'uno con-
tro l'altro col becco aperto.
Dubbioso.
Uomo che tiene un lupo per le orecchie, allegoria
di una persona che si trovi in condizione tale, da
non poter con sicurezza abTaandonare ne seguire una
impresa.
Due, Vedi Numeri simbolici — Unione.
Durezza di cuore.
Ciottolo (Vedi Arsinoe).
Durezza mitigata.
Coltello fra alcuni frutti di olivo.

E.
Eaco.
Figlio di Giove e di Egina. Devastato il suo re-
gno dalla peste, pregò Giove che glielo ripopolasse,
ciò che suo padre fece trasformando una moltitudine
di formiche in uomini, che furono perciò detti Mirmu
doni. Eaco. ritenuto per il più giusto re del suo lem-
- 319 —

pò, governò i suoi sudditi con tanta giustizia e sag-


gezza, che dopo morte fu posto fra i giudici delle
anime che discendevano nell'inferno. Vedi Inferno.
Ebano.
Albero del legno nero. Vedi Corona di ebano.
Ebano falso. Vedi Citiso.
Ebe.
Figlia di Giove e di Giunone. Era tanto bella che
suo padre la elesse a presiedere alla gioventù. Ella
ebbe l'incarico di versare nei bicchieri il nettare degli
Dei, ma essendo un giorno caduta in modo che la
veste le scivolò sul capo, p>er vergogna, non si lasciò
più vedere; e Giove la surrogò col giovinetto Gani-
mede. Ipoeti dicono che Ercole, deificato dopo mor-
te, sposasse Ebe, in cielo, con che vollero significare
che alla giovinezza va quasi sempre accoppiata la
forza. Rappresentasi coronata di fiori e cmi una
tazza d'oro in mano.
Ebreo.
Due; simbolo biblico allusivo a chi osserva mate-
rialmente soltanto i precetti della legge; per essere il
bue emblema della fatica. Cane. Vipera; con questi
ainimali, da loro spregiati, i Cristiani simboleggiavano
gli ebrei.
Ecate.
Divinità lunare e infernale, figlia del titano Per-
seo edi Asteria, secondo Esiodo, di Giove e Latona,
secondo altri. Era la Dea degli incantesimi, delle ap-
parizioni notturne e degli spettri, e alla not'e si ag-
girava insieme con le anime dei morti per i trivi e
intorno ai sepolcri, e al suo avvicinarsi i cani ulula-
-^ 320 —

vano e gualvano. Questa Dea faceva stare al di là


del fiume Stige per cento anni l'ombra di coloro che
non erano stati sepolti. Exate era rappresentata coro-
nata di quercia, con delle fiaccole in mano, e le spaile
inviluppate di serpenti, e la statua di questa Dea era
di solito posta davanti alle porte delle case, per
scongiurare gli incanti. Ma sopra tutto si vede rap-
presentata con tre teste e sei mani, talvolta con tre
corpi, variamente coronata e vestita a seconda delie
sue attribuzioni. Nel Museo Capitolino si trova una
statuetta in bronzo, di Ecate, composta di tre figu-
re: una ha in testa un berretto frigio, con un diadema
di sette raggi, tiene nella mano destra un coltello e
nella sinistra la. coda di un serpente; un'altra ha in
ambo le mani delle fiaccole, sulla fronte una mezza-
luna con un fiore di loto, e la terza ha una chiave e
una fune e rappresenta la portinaia dell'inferno, in
testa ha un disco, simbolo della luna nuova A questa
Dea si sacrificavano cani neri, presso le porte, per
espiazione a favore dei morti; e la pecora nera,
quale divinità infernale; e si faceva libazione di lat-
te e miele. A Ecate era consacrato il numero tre.
Eccesso.
Sedici; allusione al detto degli antichi: avanzare di
sedici piedi, che equivaleva all'eccedere di gran lunga.
Eccitazione.
Vite, perchè, sacra a Bacco, produce il vino che
riscalda ed eccita le passioni. E' noto il detto: senza
Cerere e Bacco, Venere si raffredda; cioè senza pane
e vino la lussuria non si desta.
Echino. Vedi Riccio marino.
- 321 —
Eco.
Figlia dell'Aria e della Terra. Giunone la con-
dannò a non ripetere che le ultime parole di chi l'a-
vesse interrogata, per averla tenuta a bada con dei
piacevoli discorsi, mentre Giove si intratteneva con
le sue Ninfe, affinchè Giunone non lo disturbasse. Re-
spinta da Narciso, che amava ardentemente, andò er-
rando per le grotte, le montagne e per le foreste, e
si seccò dal dolore. Fu cangiata in rupe. Riguardo
alla sua rappresentazione. Eco stessa dice:
A che cerchi pur lu sciocco pittore
Di far di me pittura; che son tale
Che non mi vide mai occhio mortale,
E non ho forma, corpo, ne colore.
De l'aria, e de la lingua a tutte l'ore
Nasco, e son madre poi di cosa, quale
Nulla vuol dir, però che nulla vale
La voce che gridando io mando fore.
Quando son per perir, gli ultimi accenti
Rinnovo, e con le mie Valirui parole
Segno, che van per l'aria poi coi venti.
Sto nelle vostre orecchie, e come suole
Chi quel, che far non può, pur tenti.
Dipinga il suon chi me dipinger vuole.

In una pittura di Pompei, Eco è rappresentata da


una fanciulla nuda, con un manto leggero che la
copre in parte, seduta sopra una rupe, e abbracciando
un amorino alato; tiene nella mano sinistra due lance.
Ha un cane accanto, e nello sfondo si vede 'una fi-
gura seduta, con un amorino in braccio.
2t — G. Ronchetti,
- 322 —
Edera.

Pianta poeticamente celebre, emblema dell'lmmor-


talità, con cui si coronavano i grandi poeti. Vedi Ami'
cizia costante — Attaccamento — Bacco — Corona
j,- edera — Pertinacia — Poesia — Tenacità —
Vecchiezza.
Edifìzio.
Sasso attaccato a un filo, con cui gli antichi segna-
vano un edifizio, o il sito, e l'opera fatta.
Edmondo (Sant).
Re degli Angli orientali. — Albero, a cui fu at-
taccato epoi crivellato di ferite con frecce. Corona.
Frecce. Lupo. Dopo essere stato decapitato, la testa
del Santo venne gettata in un bosco per sottrarla al-
la ricerca dei cristiani; ma un lupo enorme vegliò
l'ab-
su di essa, per difenderla dagli animali, e non
bandonò finche i cristiani l'ebbero trovata.
EfFemminatezza.
Lepre, allusione alla sua naturale timidezza simile
a quella delle donnicciole e degli uomini snervati; e
alla morbidezza del suo pelo. Inoltre la lepre è con-
a
sacrata Venere .
Effetti della concordia e della discordia.
Elefante e formica. Questo simbolo si riferis ce al-
la sentenza di Sallustio che dice: Per la concordia
le cose piccole crescono, per la discordia le grandi
a,
scemano. Per esprimere la prima parte della sentenz
si rappresenta una formica tanto cresci uta da diven-
tare un elefante; con un caduceo accanto (simbolo
della concordia). Per la seconda parte, rappresentasi
formica, vicino all'ac-
un elefante che finisce in una discord
(simbolo della ia).
— 323 —

Ega.
Secondo alcuni, figlia di Oleno, discendente da Vul-
cano. Secondo altri, Ega era figlia di Melisseo, e fu
scelta per allattare Giove, ma non essendo adatta a
questo ufficio, fu adempiuto dalla capra Amallea (ve-
di). Secondo altre tradizioni, Ega era figlia del iole,
di meravigliosa bianchezza e uno splendore abbaglian-
tissimo, ma non bella però, anzi tamto orribile, che
i Titani nell'assalto contro l'Olimpo ne rimasero così
sgomentati, da pregare la loro madre Terra di na-
sconderla inuna spelonca a Creta, ove stette finché
Giove ebbe ordine da un oracolo, per vincere i Tita-
ni, di coprirsi con la pelle di Ega. E' evidente che
in alcune di queste storie Ega è considerata come una
Ninfa, e in altre come una capra, quantunque le
due idee non siano chiaramente distinte l'una dal-
l'altra.
Egeone. Vedi Briareo.
Eger o Aeger.
Dio, che nella mitologia scéuidinava simboleggia il
mare selvaggio, turbolento, furioso. Sua moglie è Ran;
le sue figlie sono le onde, Duva, la tuffatrice; Blodug'
hadda, colei che ha l'acconciatura di sangue; B^lgja,
l'ondata, ecc.
Egeria.
Ninfa dotata di una bellezza straordinaria, e da
Diana cambiata in fonte. I Romani l'adoravano co-
me divinità dei parti, e le donne incinte le facevano
sacrifizi per sgravarsi felicemente. Fu amante segre-
ta e ispiratrice del re Numa. Per antonomaisia, il no-
me di questa Ninfa si applica, nel linguaggio mo-
— 324 -

derno, a una donna da cui si prendono consigli, sopra


tutto in politica.
Egida,
Scudo di Giove coperto della pelle della capra
Amaltea, o di quella di Ega, a cui fu attaccata la
testa di Medusa, mediante la quale vinse i Titani;
e poi la donò a Minerva. Questo scudo lanciava lam-
pi, e coloro che osavano guardarlo erano tosto can-
giati in pietra. La parola egida si ristrinse poi parti-
colarmente alla pelle di capra. Omero la fa sem-
pre entrare nell'armatura di Giove, al quale perciò
dà il soprannome di egiaco, portatore dell'egida. I
Greci rappresentavano l'egida con in mezzo la testa
di Medusa e contornata di frange d'oro, ciascuna
delle quali valeva cento tori. I poeti e gli artisti che
vennero, poi dell'egida ne fecero una corazza o un
usbergo coperto di metallo in forma di scaglie. Gli
imperatori romani vollero anch'essi l'egida per attri-
buto, volendo così mostrarsi nel carattere di Giove.
Vedi Minerva.
Egida.
Secondo Diodoro Siculo, un mostro terribile, figlio
della Terra, il quale spirando molto fuoco dalla
bocca, arse la Frigia, tutti i boschi di là del Tauro
fino all'India, le selve del Libano in Fenicia, l'Egit-
to e la Libia, distruggendo una gran parte degli uo-
mini. Minerva venne in soccorso dell'umana genera-
zione; uccise il mostro e ne indossò la pelle. La cata-
strofe di questo avvenimento somiglia assai a quel-
la di Fetonte; divulgata e accreditata nei tempi an-
tichissimi anteriori alle osservazioni astronomiche dei
Caldei e di altre nazioni, per spiegare forse il so-
- 325 —

verchio avvicinamento della terra a qualche cometa,


o altra causa a noi ignota, velata e sfigurata dalla
favola, per colpire gli animi di meraviglioso ter-
rore.
Egitto.
Figlio di Belo e di Anchirroe, una figlia del Nilo.
Alcuni lo dicono figlio di Nettuno e di Libia. Ave-
va cinquanta figli, che sposarono le cinquanta figlie di
suo fratello Danao (vedi). — Coccodrillo. In zJcune
monete di raune di Augusto figura im cocodrillo legato
con una catena a una palma, con l'iscrizione COL-
/EG., cioè colonia dell'Egitto. E' legato alla palma
per indicare la vittoria d Augusto. In un'altra mone-
ta d'argento, pure di Augusto, si vede un coccodrillo
con l'inscrizione /EGYPTO e CAPTA. Secondo
Plinio, il pittore Nealce, avendo dipinto la guerra
fra gli Egiziani e i Persi, e volendo mostrare che
avvenne sul Nilo, la cui acqua è simile a quella del
mare, e non potendo raggiungere il suo scopo ptr
mezzo del colore, rese evidente il suo concetto di-
pingendo, come accessorio, un asino sulla riva, che
beveva, e un coccodrillo che gli stava in agguato.
Ibis, due, uno bianco e l'altro nero; i>erchè questi
uccelli furono ritenuti propri e familiari dell'Egitto.
Inoltre si vuole che l'ibis sia l'emblema dell'Editto,
perchè queindo esso cammina, op>pure apre il becco,
con la distanza dei piedi, o col becco forma un trian-
golo equilatero; figura simile alla lettera greca A
delta, nome che i Greci diedero a quella parte del-
l'Egitto, che presentasi in forma di triaingolo.
Egle.
• Una delle figlie di Esculapio. — Una delle tre
- 326 -

Eliadi, figlie del Sole. Dicesi che il nome di Egle


(splendore) derivasse dalla bellezza del corpo umano
in istato di sanità, o dall'onore tributato alla profes-
sione medica. Vedi Eliadi
Egoismo.
Cuculo. E' noto che questi uccelli non fanno il
nido, e la femmina depone il suo uovo in quello
degli altri ; e che il cuculino di pochi giorni si sforza
di cacciar fuori dal nido gli altri uccelletti, per es-
sere ilnido troppo piccolo per contenerli tutti, e per-
chè la sua voracità non tollera compagni nel pren-
dere la beccata; per cui il cuculo è l'emblema più
appropriato dell'egoismo.
Eileitia.
Chiamata anche Eleitia, o meglio llitia. Dea della
nascita che veniva in aiuto alle partorienti, agevolava
il parto quando era favorevole, e lo protraeva o ren-
deva difficile quando era avversa. Queste due fun-
zioni erano originariamente assegnate a diverse Eileitie.
Secondo Omero, le Eileitie erano figlie di Giunone,
Dea dei matrimoni, cui obbedivano. Secondo Esiodo
Giove fu il padre di Eileitia, la quale era sorella
d'Ebe. Artemide ed Eileitia erano originariamente
deità differenti, ma poi divennero quasi identiche. El-
la puniva le violazioni della castità accrescendo i do-
lori del parto, ed era perciò temuta dalle fanciulle.
Anche le nascite frequenti le dispiacevano.
Elefante.
Anticamente questo animale, ornato di ricca bar-
datura, accresceva la pompa dei principi e delle per-
sone riguardevoli. Nel Bengala l'elefante bianco ha
gli onori della divinità. Quando si conduce al pas-
- 327 -

seggio, dieci persone d'alto grado p>ortano un bal-


dacchino con cui gli coprono la testa. La sua marcia
è una specie di trionfo, e tutti gli strumenti del paese
lo accompagnano. Si osservano le stesse cerimonie
quando lo si conduce a bere. All'uscire dal fiume,
un personaggio della corte gli lava i piedi in un baci-
no d'argento. L'effigie dell'elefante figura sulle meda-
glie di Cesare, prima per allusione alla parola Kaiser,
che significa elefante in lingua punica, e poi, più tar-
di, come simbolo della vittoria che Cesare riportò
su Giuba, re della Numidia. Vedi Africa — Cesa
fatta in lungo tempo — Effetti della concordia e
delia discordia — Equità — Fo — Forza e sta-
bilità — Guardarsi dagli stolti — Ira provocata —
Legione quinta — Loquacità disprezzata — Man-
suetudine — Munificenza — Oriente — Pauroso
— Pietà — Proboscide di elefante — Provvigio-
ne — Re — Re senza dignità — Religioso — Stu^
pidità — Temperanza.
Elefante con coda di gambero. \'edi Insuccesso.
Eleganza.
Astro della China o Regina Margherita. Rodo-
dendro. Rubino ; pietra dedicata all'eleganza.
Eleitia. Vedi Eileitia.
Elementi (I quattro).
Giunone appesa, cioè attaccata a una catena e te-
nuta sospesa al cielo da una mcinc uscente da una
nuvola; con delle pietre legate ai piedi, in modo che
uno di essi sia più allungato dell'altro: Giunone sim-
boleggia l'aria, la catena il fuoco, la pietra più alta,
l'acqua, e il piede basso la terra. La mano che so-
stiene Giunone rappresenterebbe Giove, da cui, quale
~ 328 -

signore del cielo, dipendono gli elementi e sono da


lui governati. E questo secondo Omero.
Elemosina.
Borsa. Bossolo. Olivo, il quale, secondo la Bib-
bia, èspecialmente simbolo d'uomo buono, abbondan-
te dei frutti della misericordia. Nei Salmi si legge:
Uolìvo è fruttifero nella casa del Signore. E l'olio
è preso per la stessa elemosina, il quale, messo nella
lucerna, questa, secondo la Bibbia, deve restare ac-
cesa dalla sera alla mattina, cioè l'opera della mi-
sericordia siacontinua.

Eiena. , '
Donna celebre per la sua bellezza e causa di in-
finiti mali. Ella nacque a un parto con Polluce, da
Leda, regina di Sparta e moglie di Tindaro. Un gior-
no che ella danzava nel tempio di Artemide, fu ra-
pita da Teseo, da cui ebbe una figlia; prima che
avesse compiuto il suo decimo anno. Liberata dai
suoi fratelli Castore e Polluce, fu ricondotta a Spar-
ta. Per quel primo ratto Elena crebbe in tanta fama,
che tutti i principi della Grecia andarono a gara fra
loro per averla in isposa ; ed ella sposò Menelao. Pas-
sati tre anni di unione con lui, s'invaghì di Paride,
venuto in quel tempo alla corte di Sparta, e abban-
donato lo sposo e la patria, se ne fuggì col suo a-
mante nella reggia di Priamo. Fu questa la causa
della lega che si strinse fra Menelao e gli altri prin-
cipi greci, e di quella famosa guerra che poi terminò
con la distruzione di Troia. Morto Paride, Elena
sposò il di lui fratello Deifobo, ch'ella consegnò più
tardi al furore dei Greci per farsi perdonare il suo
adulterio. Menelao la riprese e la ricondusse a Spar-
— 329 -

ta. Rimasta vedova, venne scacciata dai figli natu-


rali di Menelao, e si rifugiò a Rodi, ove Polissa.
moglie del re Tlepolemo, la fece immergere nel ba-
gno e appendere in seguito a un albero. Elena per i
Greci restò sempre il tipo della bellezza.
Elena (Santa).
Secondo la storia. Elena, all'età di 79 anni, andò
a Gerusalemme per visitare il monte Calvario, su cui
già sorgeva un tempio di Venere, e ivi, con la gui-
da di un erudito ebreo che aveva raccolto religiosa-
mente e conservate tutte le tradizioni riguardanti quel
sito, fece fare degli scavi, che scoprirono tre croci,
e anche il cartello di quella del Salvatore, ma stac-
cato dal tronco. Non era facile quindi distinguere
questa dalle altre due, e si dovette ricorrere a un in-
gegnoso espediente, il quale consisteva nel porre a
contatto un morto con le tre croci estratte dal suolo,

I e nell'ammettere per vera quella che avesse operato


il miracolo di risuscitarlo. Una sola delle tre rispose
portentosamente alla prova, e per conseguenza fu ri-
conosciuta eaccettata per vera. — Chiodo della Pas-
sione, trovato sul Calvario. Croce. Morto risuscitato.
Elenio.
I Dicesi che questa pizmta nacque dalle lagrime del-
la famosa Elena, causa la distruzione di Troia. Vedi
Lagrime — Pianto.
Eleo.
Personificazione della pietà o misericordia. Gli A-
teniesi furono i soli che adoravano questo ente di-
fino, e fra tutti gli Dei era questo il più giovevole
Ha vita umana in tutte le sue vicende. Coloro che
- 330 -

imploravano l'aiuto degli Ateniesi si avvicinavano sup-


plichevoli all'altare di Eleo.
Elettra,

Cioè la rilucente o brillante, figlia d'Atlante e di


Pleione, una delle Pleiadi; moglie di Corito re d'Ita-
lia, — Figlia dell'Oceano e di Teti, e moglie di Tau-
manto, da cui ebbe Iride e le Arpie. — Figlia di A-
gamennone e sorella di Oreste, chiamata da Omero
Laodicea, e che, secondo i commentatori, dovette il no-
me di Elettra allo stato di nubiltà in cui visse lungo
tempo, oppure al biondo colore dei suoi capelli. Al-
lorché Agamennone, tornato dall'assedio di Troia,
perì vittima dell'oidio di Egisto (vedi), Elettra pose
tutte le sue sperauiize in Oreste, da lei salvato, il qua-
le, giunto a età matura, decise di vendicare suo pa-
dre, così indegnamente ucciso; e accompagnato da
Pilade venne a Micene, e uccise non solo Egisto, ma
anche sua madre. Egisto aveva costretta Elettra a
prendere in marito un certo nobil uomo di Micene,
assai povero: ma questi; uomo dabbene, anzi che il
marito, divenne il protettore dell'infelice donzella, e
la riguardò come un sacro inviolabile deposito affi-
datogli dagli Dei, e la restituì a Oreste, il quale la
diede in sposa a Pilade.
Eleusinie.
Nome delle grandi feste mistiche di Demetra o
Cerere, che célebravansi a Eleusi nell'Athica; dura-
vano nove giorni, e consistevano in una serie di riti.
Il momento più splendido delle feste era la grande
processione che aveva luogo il quinto giorno, chia-
mato giorno delle torce, in cui talvolta vi prendevano
parte non meno di 30.000 persone, coronale di mirto
- 331 —
e di edera, e siccome la festa cominciava verso sera,
portavano fiaccole in mano. Gli iniziati ai misteri
delle Eleusinie dovevano subire una serie di prove
consistenti in riti non molto diversi, a quainto credesi,
di quelli dei Mossemi della moderna Europa; benché
gli effetti ne fossero molto diversi, e gli iniziali non
si considerassero come legati l'uno verso l'altro da nes-
sun legame. Ogni Ateniese doveva passare tra que-
ste cerimonie una volta durante la sua vita. Erano e-
sclusi dalle Eleusinie i bastardi, gli schiavi e le me-
retrici, come pure i forestieri, e negli ultimi tempi i
cristiami e gli epicurei. Avevasi per delitto capitale il
rivelare alcuno dei misteri, o applicare a usi privati
alcuna di quelle sacre solennità.
Elevazione.
Abele. Albero la cui sommità si eleva a grande
I altezza. Morello, colore. Si vuole che al monte Mo-
rello fosse dato questo nome per essere il più alto
che si trova in Toscana ; facendo derivare la parola
morello da moal, che nella lingua degli antichi ara-
mei significa elevazione.
Elfi.
Spiriti folletti dei Germani, o geni delle acque.
Idei monti e dei boschi. Amavano la musica e la poe-
sia. Talora essi abitavano nei tronchi degli alberi, e
narrasi di foreste nelle quali al venir della notte i
pini e gli abeti si trasformavano in aree forme e dan-
zavano al raggio della luna fino al comparire dell'al-
ba. Gli Elfi dei menti erano di natura più elevata,
vevano la faccia di risplendente bianchezza, la te-
ta coperta d'un berretto dal quale pendeva un cam-
anello d'argento, i piedi calzati di cristallo; vive-
— 332 —

dormivano nei
vano ai miele e del profumo dei fiori,
tuosa mente si adagi avano su le ci^
loro calici, volut
. Il privi legio di conte mplar e gli tilti
me degli alberi
era conce ssa a
nello splendore della loro bellezza
nati m domen ica, i quali
pochi, e tra questi ai figli
di tale privil egio i loro favont i.
potevano far partecipi

ortò al eie-
Celebre profeta. — Carro, che lo trasp , dove visse
lo Cor^^ o, che lo nutrì nel deser to. Eremo
me, lane,
il profeta. Fanciullo, ch'egli risuscitò, fiam
da un angel o. Pelle dì bestia , con cui ve-
portatogli i.
stivasi. Spada fiammeggiante. Vedi Profet
Elladi.
ezza e
Figlie del Sole; si chiamavano Egle, Lamp cm morte
Faetusa, ed erano sorelle di Fetonte; della
ormarono in
tanto si addolorarono, che gli Dei le trasf
i, e le loro lagri me diven taron o grani
piopp
di i tremul
ambra .
Elianto. ,
ione al-
Dal greco helios, sole e anthos, fiore. Allus a del
la forma e al colore del girasole annuo, o coron
iera.
so/e. Vedi Adorazione — Apollo — Pregh
Eligio (Sant»). ' a i
li: A- j
Vescovo e orefice di professione. — Anuna
i egli di
quila. Cavallo, perchè, patrono dei fabbr il san
venne il protettore dei maniscalchi. Orso, che che.
servir lo. — Diver si: Bals amo
to costrinse a
scola va dal suo corpo . Cassa . Eligio , orehc e <
morto,
m cass(
argentiere, racchiudeva le reliquie dei santi
e dei teoe
preziose, per meglio esporle alla venerazion
te apparve
li Croce. Alla sua morte, una croce lucen
sua casa, e dispa rve nel cielo. Diavo lo, eh
sopra la
— 333 —

il santo afferrò per il naso con una tenaglia. Quan-


tunque vescovo, egli non abbandonò il suo mestiere <3i
orefice e l'impiegava per glorificare Dio. Il demo-
nio, geloso, lo disturbava in questo lavoro, perciò lo
prese nel modo suddetto, e alcuni affermano anche
che lo battesse sull'incudine. Incendio, che il santo
spense con le preghiere. Incudine, strumento del suo
mestiere. Lebbrosi. Martello. Stella, in forma di
croce.
Elio.
Divinità greca, personificazione del sole e della
luce. Vedi Sole.
Eliotropio.
Dal greco hélios, sole e Irépein, girare. Pianta
assai comune nei camipi e lungo le strade, chiamata
volgarmente erba delle verrucchie o dei porri. Ve-
di Clizia — Ceiosia.
lisabetta (Santa).
Madre di S. Giovanni Battista. — Angeli. Rifu-
giatasi nel deserto, igli angeli nutrirono suo figlio. Lei-
0, su cui era adagiata alla nascita del Precursore.
Roccia, apertasi per ricevere la Santa.
lisabetta d'Unglierla (Santa).
Regina. — Borsa, ricordando le sue elemosine.
3rocca, con cui dissettava i poveri. Corone, tre. Cro-
:c arcipiscopale. Crocefisso, che colpì i suoi sguardi
orquando entrò in chiesa, e la fece rivestire di abili
iemplicissimi quanto essa vi ritornò. Fiori. Mentre
x)rtava delle monete d'argento eii poveri, incontrata
interrogata da suo marito, che biasimava le sue lar
jhezze, essa rispose che portava dei fiori. Storpi, che
a santa curava.
— 334 —

1^1 Iseo <


Profeta. — Aquila a due teste, allusione alle pa-
role del profeta dette a Elia: Ti prego che il tuo
doppio spirito riposi in me. Fanciullo, rammentando
ch'egli fece
il figlio nel
trovare Giordano. che risuscitò. Scure,
di Sunamite
Elisio 0 Eliso.
Gh antichi Greci e Romani davano questo nome
al luogo dove credevano che andassero a dimorare ì
giusti dopo morte. Era, secondo i Greci, la quarta
divisione dell'Inferno; secondo i Romani la settim.a.
Vi regnava una eternaper primavera; l'alito dei venti non
si faceva sentire che spandere intorno il profumo
dei fiori; un sole novello e nuovi astri non erano mai
da alcune nubi velati. Boschetti balsamici, selve di
rosai e di mirti coprivano con le fresche loro ombre
le anime fortunate. Solo il rosignolo aveva diritto di
cantarvi i propri piaceri, e non interrotti che dalle ar-
monie dei grandi poeti e dei più famosi cantori. Con
dolce mormorio il fiume Lete vi scorreva, e le sue
onde spargevano d'oblio i mali della vita.- Una terra
sempre ridente rinnovava tre volte ogni anno le sue
produzioni, e con dilettevole vicenda offriva fiori e
frutti. Ignoti vi erano dolori e vecchiaia; immortali
conservavansi le età in cui si era goduta la maggior
felicità. Là rinnovavansi ancora i più lusinghieri pia-
ceri della vita. L'ombra di Achille muoveva guerra
alle belve feroci, e Nestore vi narrava k proprie glo-
rie. Robusti atleti esercitavansi alla lotta; giovani nel
vigore dell'età lanciavansi alla corsa, mentre giocondi
vegliardi reciprocamente invitavansi ai banchetti. Dai
fisici godimenti stavano lontano. I mali dello spirito,
l'ambizione, la sete dell'oro, l'odio e le vili passioni,
— 335 —

da cui sono i mortali agitati, più non conturbavano


la tranquillità degli abitatori dell'Eliso. Secondo al-
cuni. Saturno, sovrano di questo delizioso soggiorno,
vi regnava con Opi sua sposa, e vi fece rivivere l'età
dell'oro, così brevemente durata sulla terra. Secondo
altri, tutto veniva governato con le giuste leggi dì Ra-
daunanto.
Elle.
Figlia di Atamante e di Nefele. Vedi Frisso.
Elleboro.
Questa pianta sempre verde e che fiorisce nel cuo-
re dell'inverno, è potentemente velenosa in tutte le sue
parti, e un tempo godeva molta riputazione come ri-
medio contro la pazzia. Narrasi che le figlie di Pre-
te erano talmente impazzite che credevano di essere
state trasformate in vacche e, come se fossero tali in
realtà, andavano errando per la caunpagna, riempen-
do l'aria di lamenti e di strida. Melampo le fece rien-
trare in cervello amministrajìdo loro una buona dose
di elleboro. Vedi Mania — Pazzia — Scandalo.
Eilera. Vedi Edera.
Elmo,
Armatura del capo, che era in uso nella più re
mota antichità. L'elmo non servì unicamente come di
difesa del capo, ma anche a far bella mostra, o qua!
distintivo di onore, secondo i vari ornamenti. Si cer-
cò infine di formare una specie di spauracchio per il
nemico, sormontandolo di spaventevoli figure. Non
v'ha parte dell'armatura che offra più dell'elmo mag-
giore varietà di forma. I primi furono forse pelli di
testa di animali o calotte di diversi tessuti. Più tardi
queste calotte s; fecero di metallo, perfezionandosi
coi progressi delle arti meccaniche, e foggiate secon-
— 336 —

do il gusto o i bisogni dei diversi tempi. Vedi Celata


— Età del rame — Età del ferro — Minerva - —
Plutone.
Eloquente.
Pappagallo, allusione alla sua facilità e prontez-
za nell'imparare a esprimere le parole.
Eloquenza.
Ercole col caduceo, le ali éti piedi e con una palma
in mano (segno dell'eloquenzia vittoriosa); come si
vede personificata in un bassorilievo francese. La fi-
gura poggia col gomito su una base (emblema delia
fermezza dell'eloquenza). Di fronte gli sta un vaso
che manda fiamme (impeto deireloquenza). — Ve-
gestali: Iride. Secondo Omero, gli oratori Troiani e-
rano eloquentissiimi perchè mangiavano i fiori dell'iride.
Inoltre i colori di questo fiore vennero paragonati a
quelli dell'arcobaleno, personificato in Iride, la qua-
le fu ritenuta quale Dea dell'eloquenza. Loto d'E-
gitto. Al tramonto del sole, questa pianta si tuffa
nell'acqua per non risalire che allo spuntar del giorno.
Gl'i Egiziani la consacrarono al Sole, Dio dell'elo-
quenza. — Diversi : Caduceo, simbolo della persuasio-
ne. Secondo gli antichi, il serpente è emblema del-
l'astuzia, e secondo la Bibbia, della prudenza, per
cui i serpenti del caducea, simboleggiano l'accortez-
za e la prudenza necessarie all'eloquenza, rappresen
tata dal bastone. Mani con le dita allargate. Quinti-
liano soleva rimproverare coloro che, difendendo
qualche causa, tenevano le mani sotto il mantello,
come di cosa trattata svogliatamente. Sirena, sim-
bolo di una felicissima facoltà di F>ersuadere, per cui
fu detto che Catone grammatico era una sirena la-
tina. Torrente, la cui corrente è paragonata alla
fecondità e forza del discorso che fluisce con gran
impeto di parole. — Vedi Forza dell'eloquenza.
Eloquenza soave.
Ape. Raccontasi che mentre Platone, ancora bam-
bino, donniva in culla, delle api gli sì posarMio sul-
le labbra; ciò che fu preso come pronostico ch'egli
doveva diventare un parlatore singolarmente soave. Un
caso simile, dicesi, avvenne a S. Ambrogio. Gli anti-
chi, volendo lodare l'eloquenza e soavità del parlare
di qualcuno, solevano dire essere stato nutrito dalle
api. Diogene chiamava il parlar piacevole (nel senso
lusinghiero e ^x)crito) un laccio melato.
Emancipazione.
BerreiLo frigio, con cui, in Francia, i repubblica-
ni del 1793 onorarono l'immagine della libertà; qua-
le simbolo dell'emancipazione.
Emblema.
In origine questo nome fu dato dai Greci e dai
Romani alle opere di intarsiatura, ai fregi dei vasi
e cigli ornamenti degli abiti. In seguito l'emblema di-
verme una figura simbolica, rappresentazione di un'i-
dea mediante un oggetto, che la simboleggi. L'uso de-
gli emblemi è quasi antico quanto i primi monumenti
della storia, e parecchi esempi ce ne forniscono le sa-
cre scritture. Così si legge che Aronne portava sul
petto dodici pietre, che rappresentavamo le dodici
tribù di Israele. Fra i geroglifici Egiziani si trova
im gran numero di emblemi. Le armi degli eroi, i va-
si sacri, le porte dei templi, i mobili degli émtichi
erano carichi di emblemi ricavati principalmente dal-
Ile azioni attribuite alle molte loro divinità.
Emendamento. Vedi Correziorìe.
22 — O. Ronchetti,
— 338 —
Emerocallide.
Dal greco hèméra, giorno, e k(illos, bellezza. Bel
fiore, ma di poca durata. Vedi Bellezza effimera.
Empietà. ^'
Gallo, perchè si congiunge con la propria rnadre,
e assalisce crudelmente il proprio padre; ed è per
questo che gli antichi, nell'otre che racchiudevano il ,
reo di tali colpe, mettevano anche un gallo, una vi-
pera e un cane. Ippopotamo, con cui i sacerdoti E-
gizlani simboleggiavano una persona empia, mgiusta
e ingrata; e per ammonire gli uomini a guardarsi
da tali difetti, vincendoli con la forza della volontà, |
dipingevano due unghie di questo animale, volte al- •
l'ingiù, perchè volevano che l'ippop otamo, fin da gio-
vane, combattesse il padire per impossess,arsi della
madre. Inoltre, quale segno della loro riprovazione
dell'empietà, solevano fare i scettri, le insegne dei
principi e alcune armi, con la parte superiore in for-
ma di testa di cicogna d'oro, d'argento o di rame,
e le parti inferiori in quella d'unghia d'ÌCTX>potamo.
per significare che la pietà deve essere anteposta al-
l'empietà. Quaglia, che gli antichi ritenevano quale
simbolo
la religione di. disprezzo verso gli Dei e dell'odio contro

Empietà della terra. .


Libro che svolazza e una donna in un'anf ora tenu-
ta per aria da altre due donne. Allegoria bibli
(Zaccaria).
Empio e ingrato.
Piccione selvatico; perchè appena cresciuto e fat-
to forte, assalisce col becco il padre, e cerca di scac-.
ciarlo per accoppiarsi con la madre. 1
- 339 —
Emulazione.
Cane e lepre morta. Si vuole che il cane, finche
la lepre, ferita, ha forza di fuggire, Tinsegue stra-
ziandola e godendo nel bagnarsi del suo sangue; ma
quando vede la lepre, esausta di forze, cadere sfinita,
il cane allora si ferma, senza toccarla, dimenando
fortemente la coda, dicesi, per mostrare che non desi-
derava la sua carne, ma ottenere soltanto la \'ittoria.
Enceiado.
Gigante formidabile, figlio del Tartaro o di I i-
tano e della i erra ; fece parte alla guerra contro
gli Dei, e vedendoli vittoriosi, fuggì; ma Minerva
lo arrestò opponendogli la SiciUa, e Giove lo coperse
dell'enorme p>eso del monte Etna. Dal suo infuocato
alito, esalano ficimme che getta quel vulcano. AUor-
qucindo egli tenta di voltarsi da un fianco all'altro,
fa tremare tutta la Sicilia, e un denso fumo oscura
l'aria che la circonda.
Enciclopedia. Vedi Enciclopedico.
Enciclopedico.
Uomo con sette teste; dagli astrologi collocato nel
Iquindicesimogrado dei Gemelli, volerKlo con que-
sto segno significare che chi nasce sotto questo grado
saprà molte cose, cioè tutte le scienze e le arti. I-
[K)ltre gli promettevano che sarebbe stato abilissimo
nelle aziende pubbliche, quanto private, suscitando
meraviglia fra gli uomini. Tale emblema può servire
mche i>er la enciclopedia.
Endimione.
Pastore di rara bellezza, figlio di Etlio e di Ga-
ice, e nip>ote di Giove, che lo eanmise in cielo; ma
fvendo mancato di rispetto a Giunone, venne co^.-
annato a un perp>etuo sormo, o, secondo alcuni, per
- 340 -

che
la durata di trent'anai. Altri scrittori asseriscono
gli aveva conces so quello che deside rasse di
Giove
più, ed egli chiese di poter sempre dormire senza in-
vecchiare, ne morire. Egli dormiva in una grotta del
monte Latmos, e ogni notte la Luna (Diana) lo vi-
sitava, contemplando la sua bellezza, baciandolo.

1 Ro-
Dea della strage in guerra, presso i Greci.
mani l'identificarono con la loro Bellona.
Enrico (Sanf).
Vescovo — Corvo, fece riconoscere il suo
che
del
corpo. Dito, il quale conservò il suo anello. Scure,
suo supplizio.
Entusiasmo.
Angelica.
Eolo. ,.
venti;
Figlio di Giove e di Menalippe, e re dei
Vulca nie, chiam ate m seguit o,
regnava sopra le isole il giorno
da lui Eolie. Il suo palazzo risuonava tutto
di gridi di gioia e vi si udiva un contin uo suono d ar-
monia. Virgilio lo dipin ge come un Dio che tiene
per pre-
i venti incatenati in una profonda caverna,
da essi fatte allor-
venire altre rovine simili a quelle
ono la Sicili a dal contin ente italia no, e
ché separar
aprirono lo stretto di Gibilterra; ecc. Gli attribuisco-
femmine,
no dodici figli, dei quali sei maschi e sei
ciò voluto
che si sposarono fra loro, avendo forse con
agli antich i. Uue.-
indicare i dodici venti principali noti
rappresentat o collo scettr o, quale emble-
sto Dio viene
ma della sua autorità.
Eoo.
Uno dei quattro cavalli del Sole.
- 341

Eos.
Dea dell'aurora presso i Greci. Vedi Aurora.
Epimelidi. Vedi Ninfe.
Epì meteo.
Figlio di Giapeto e di Climene. e fratello di Pro-
meteo: ilsuo nome significa che non riflette se non
dopo il fatto. Egli aveva formato gli imprudenti e
gli stupidi, nella stessa maniera che Prometeo [prc'
vidente) aveva formato gli uomini dotati di prudenza
e d'ingegno. Epimeteo sp>osò Pandora (vedi), rifiu-
tata da Prometeo. Egli venne trasformato in ima
scimmia; e ciò da taluni si spiega per essere egli sta-
to un valente scultore, imitatore felice della na-
tura.
Episcopato.
Dignità e ufficio di vescovo. Violetto, colore.
Equeja.
Dal latino equejas, da equus, cavallo. Divinità
protettrice dei cocchieri e dei mulattieri presso i Ro-
mani. L'immagine di questa Dea, chiamata anche
Ippona, coronata di fiori, veniva per lo più colloca-
ta nelle scuderie sopra la rastrelliera.
Equinozio.
Nome che significa eguale durata del giorno e del-
la notte, il che si verifica due volte all'anno, cioè in
principio della primavera e in principio dell'autunno.
Babbuino seduto. Gli Egiziani credevcino che, du-
rante gli equinozi, quest'animale bevesse dodici volte
al giorno, versando il superfluo una volta a ogni
ora, facendo altrettanto la notte; perciò essi costu-
mavano collocare la figura di un babbuino seduto
.^uU'orlo delle fontane, allo scopo di conservare la
— 342 —

sorgente perennemente. Inoltre credevano che, duran-


te gli equinozi, il babbuino, dodici volte al giorno,
a ogni ora, mandasse il più acuto grido che potesse
dare.

Bilancia, coi piatti allo stesso livello. Elefante.


Narrasi che un guardiano mescolasse delle pietruzze
e molta polvere con l'orzo destinato a un elefante
sotto la sua custodia, per eguagliare il peso del gra-
no sottratto a suo profitto; e che una mattma accor^
topi l'animale che il guardiano aveva della carne ai
fuoco, gettasse della cenere nella pentola per rendere
la pari all'astuto custode.
Era.
Nome che i Greci davano a Giunone, quale dei-
ficazione dell'aria, dell'elemento amabile, alimento dei
viventi, vita della natura. Vedi Giunone.
Eracle. Vedi Ercole.
Erato.
E' il nome della sesta fra le Muse, e presiedeva
alla poesia lirica, anacreontica ed erotica. Rappre-
sentasi sotto l'aspetto di giovane Ninfa vispa e gio-
cosa, coronata di mirto e di rose, con la lira nella
mano sinistra e nella destra il plettro; accompagnata
d'un amorino alato armato d'arco e una fiaccola ac-
cesa in mano, vicino al quale figurano alcune torto-
rclle che si beccano; simboli dei soggetti amorosi da
lei trattati. Era invocata dagli amanti, e sopra tut-
to nel mese di aprile, il quale presso i Romani era
particolarmente consacrato all'amore. Vedi Muse.
Erba. Vedi Porser erba.
- 343 —
Ere ina.
Divinità infernale, figlia di Trifonio. Si racconta
che mentre stava scherzando con Proserpina, laisdò
sfuggire un'oca che aveva in mcuio, la quale si na-
scose sotto una pietra in una caverna, e quémdo Pro-
serpina cavò l'uccello dal suo nascondiglio, sgorgò
sotto la pietra una fonte che fu chiamata Ercina;
sulla cui riva fu poi innalzato un tempio, con la
statua d'una fanciulla con un'oca in mano, e nella
caverna si trovavano due statue con bastoni attornia-
ti da serpenti, Trifonio ed Ercina, rassomiglianti alle
statue di Elsculapio e di Igiea.
Ercole.
Figlio di Giove e di Alcmena. I Greci lo chiama-
vano Eracle. Giove, per possedere Alcmena, prese le
sembianze di suo marito Anfitrione mentre questi era
assente. La gelosa Giunone per vendicarsi della
infedeltà di Giove con una mortale, fece in mo-
do che Alcmena, la quale doveva dare alla luce due
gemelli, ritardasse il parto, facendo nascere prima Eu-
risteo. (Vedi Calanti). Nel giorno in cui nacque Er-
cole il tuono si fece sentire in Tebe a raddoppiati
colpi, e molti altri prodigi cinnunciarono la gloria
del figlio di Giove. Volendo Anfitrione sapere qual
di essi fosse suo figlio, mandò due serpenti presso la
loro culla; Euristeo parve atterrito dallo spavento e
voleva fuggire; ma Ercole strozzò i due serpenti, mo-
strando fin dal suo nascere ch'egli era degno d'aver
Giove per padre. La maggior parte dei mitologi però
dicono che Giunone, la quale, dai primi giorni d'Er-
cole, diede più di una prova dell'odio che gli portava
per causa della madre, mandò due draghi alla eli lui
— 344 -

culla per farlo divorare; ma il fanciullo, senza spa-


ventarsi, liprese fra le mani e li fece in pezzi; la
Dea allora, alle preghiere di Minerva si raddolcì al-
quanto, e acconsentì anche a dargli il proprio latte
per renderlo immortale. Ercole divenne di una straor-
dinaria statura e di una forza di corpo incredibile;
era anche un famoso mangiatore; e doveva anche es-
sere un gran bevitore, se si deve giudicare dalla
grandezza della sua tazza, che dicesi fossero neces-
sari due uomini per portarla; egli però non aveva
bisogno che di una mano per servirsene quando be-
veva. — Ercole, diventato grande, andò in un luogo
isolato per decidere a qual genere di vita dovesse
applicarsi: allora gli apparvero due donne di gran-
de statura, una delle quali molto bella, che era la
Virtù, aveva un aspetto maestoso e pieno di dignità,
accompagnata dal pudore degli occhi, dalla modestia
in tutti i suoi gesti, e vestita di bianco. L'altra, che
chiamavasi Voluttà, era molto paffuta, più colorita,
con uno sguardo procace, e i magnifici suoi abiti
la facevano conoscere per quello ch'essa era infatti.
Ciascuna di esse procurò di guadagnarselo con le
promesse, ma finalmente decise di seguire la Virtù,
che qui viene considerata come il valore. Avendo
egli dunque abbracciato un genere di vita aspro e fa-
ticoso, andò a presentarsi a Euristeo, sotto i cui
ordini doveva, intrapprendere i suoi combattimenti e
le sue fatiche per la sorte della sua nascita. Alcuni
mitologi pretendono che questo procedere non fosse
volontario, e che da principio egli ricusasse di sotto-
mettersi alle leggi di Euristeo. Giunone per punirlo
della sua disubbidienza, lo colpì con tale delirio, che
egli uccise i propri figli, credendo di togliere la vj-
- 345 -
ta a quelli di Euristeo. Tornato in se slesso, ne fu
tanto addolorato, che rinunciò alla relazione degli uo-
mini, indi consultò l'oracolo di Apollo il quale gli
ordinò di sottomettersi per lo spazio di dodici anni
agli ordini di Euristeo, secondo il comando di Gio-
ve, e gli annunciò ch'egli sarebbe posto nel regno de-
gli Dei, allorché avesse compiuti i gloriosi suoi destini.
Euristeo, istigato da Giove, gli comandò le cose più
difficili, le quali furono poi chiamate le dodici fati-
che d'Ercole, che sono: I. Lotta col leone di Ne-
mea; il quaJe era un mostro che aveva la pelle in-
vulnerabile; edErcole non potendo ferirlo ne con
le frecce ne con la clava, lo cacciò entro la sua tana
e ivi lo soffocò tra le braccia. - 2. L'Idra di Lana.
Era un grosso serpente con nove teste, di cui una ira-
mortale. Ercole, dopo aver con le frecce starnata la
bestia, l'affrontò senza paura, tagliando con la spada
le teste, delle quali, però, appena tagliate, ne rinasce-
vano due. Allora, ricorrendo all'aiuto di lolao, suo
fido compagno, fece dare il fuoco a un bosco vicino,
e si fece portare dei tronchi in fiamme. Con questi
affrontò l'idra e bruciò mam mano tutte le tes:e; su
quella che era immortale gettò un masso enorme. Nel-
la bile velenosa sparsa dall'idra morente, intrise le sue
frecce, e ne ottenne che le ferite da esse prodotte di-
venissero insanabili. - 3. // cinghiale di Erimanto, che
Ercole inseguì e spinse fino alla cima del monte Eri-
manto che era coperto di neve, dove lo afferrò e lo
portò vivo a Euristeo. - 4. La cerva di Cerinea, dalle
corna d'oro e i piedi di rame; sacra ad Artemide.
Ercole dovendola prendere viva l'inseguì un anno in-
tero; infine la ferì con una freccia a un piede e la
prese. - 5. CU uccelli di Stinfalo, muniti di arti-
— 346 —

gli, ali e becco di bronzo e penne pure di bronzo,


che essi lanciavano qome frecce; e questi uccelli era-
no tanto grandi, che stendendo le ali toglievano la
luce del sole al mondo. Ercole ne uccise alcuni, al-
tri spaventò con un sonaglio di bronzo, in modo che
non comparvero più, - 6. // cinto d'Ippolita, regina
delle Amazzoni, che desiderava possedere Admeta, fi-
glia di Euristeo. Ercole, per averlo, entrò in rappor-
to con Ippolita, ma Giunone in sembianza di Amaz-
zone diffuse la voce che si voleva rapire la regina:
allora le Amazzoni presero le armi contro Ercole, il
quale, uccisa Ippolita, potè avere il desiderato cinto.
- 7. Ripulimenlo delle stalle di Augìa o Augea, re
degli Epei neir Elide, ricco d'immensi armenti. Ercole
doveva ogni giorno nettare dall'accumuilato letame
quelle stalle; impresa che pareva impossibile. Augia
stesso, sentito di che si trattava, non dubitò promet-
tere il decimo dei suoi armenti, tanto era persuaso
dell'ineffettuabilità di un simile tentativo. Pure Er-
cole vi riuscì; deviando il corso del fiume Alfeo o del
Penco, o tutti e due, facendo passare le acque nelle
stalle di Augia, così che la forza della corrente fa-
cilmente trascinò via il letame, - 8. // foro di Creta,
mandato da Nettuno, contro Minosse, il quale scor-
reva infuriato per quest'isola, e che Ercole prese e
portò a Micene vivo. - 9. Le cavalle di Diomede,
bestie feroci, a cui Diomede, re dei Bistoni in Tra-
cia, gettava in pasto gli stranieri che capitavano sul-
le sue rive. Ercole vinse Diomede e diede lui la
pasto alle sue bestie. Poi legò queste e le portò vive a
Euristeo, il quale le rimise in libertà. - 1 0. / buoi di
Cenone, di cui Ercole doveva impadronirsi e per rag-
giungerle questa impresa dovette Intrapprendere un lun-
- 347 —

go viaggio. Comunemente si fa viaggiare Ercole tra-


verso la Libia; e gli si fa piantare le colonne da lui
denominate sullo stretto di Gibilterra; si racconta che,
offeso dai raggi cocenti del sole trzmnontante, punto
contro di lui i suoi strali, onde il Sole, ammirato da
tanto ardire gli lasciò l'uso del suo battello d'oro
fatto a forma di tazza. Con l'aiuto di questo potè
l'eroe passare l'Oceauio e giungere a Eritrea. Quivi,
ucciso il gigante Eurizione e il cane Ortro che erano
a custodia del gregge di Gerione, se ne impossessò
(vedi Gerione). Durante quest'impresa Ercole ebbe
molte avventure. - II. / pomi d'oro delle Esperidi;
dono della Terra fatto a Giunone, in occasione dei
suo matrimonio con Giove. Questi pomi erano custo-
diti dalle Esperidi (vedi). Ercole doveva andare a
prendere questi pomi d'oro, senza sapere dove abitas-
sero le Esperidi. Per questo dovette fare nuovi e
lunghi viaggi, in cui ebbe occasioni d'incontrare di-
verse altre avvenuture accessorie. Prima di tutto an-
dò all'Eridano, allo scopo di interrogare le Ninfe di
questo fiume riguardo alla via da percorrere per giun-
gere alle Esperidi. Gli fu suggerito di ricorrere al-
l'infallibile Nereo; egli lo sorprese nel sonno, e lo
tenne stretto fintanto che non seppe che la via gli sa-
rebbe stata rivelata da Prometeo incatenato nel Cau-
caso. Allora Ercole, passata la Libia, si recò in E-
gitto ove v'era un re crudele, Musiride, che afferrava
i forestieri e li sacrificava a Giove. Anche Ercole do-
veva subire la stessa sorte, ma egli spezzò le catene
con cui era legato e uccise Busiride ed i suoi figli.
Dall'Egitto Ercole andò in Etiopia, poi di là dai
mare in India, e giunse così al Caucaso dove liberò
Prometeo uccidendo l'aquila che gli rodeva il fegato.
— 348 -

Insegnatagli Prometeo la via delle Esperidi, giunse


egli finalmente al paese degli Iperborei dove Atlante
regge sulle spalle il mondo. Qui terminava la sua
spedizione; poiché con l'astuzia persuase Atlante di
andare lui a prendere i tre pomi d'oro. - 12. La cai-
tura di Cerbero, che fu l'ultima e più pesante fatica
prescritta da Euristeo a Ercole. Giunto Ercole alle
porte dell'Inferno trovò Teseo e Piritoo legati in
seguito al tentativo fatto di rapire Proserplna. Er-
cole liberò Teseo, e voleva anche sciogliere dalle ca-
tene Piritoo, ma in quel momento tremò la terra e
allora egli abbandonò l'impresa. Plutone poi gli die-
de il permesso di portare con se il cane Cerbero,
purché riuscisse senz'armi a domarlo. L eroe strm-
gendo alla gola Cerbero, l'incatenò e lo trascinò su
alla luce del sole; e dopo averlo fatto vedere a Eu-
risteo, loricondusse all'Inferno. Con questa fatica Er-
cole siliberò dal servizio di Euristeo, e in seguito alla
quale compì altre gesta. Ercole, in una notte, rese
madri le cinquanta figlie di T'espi, e questo fatto si
conta come la tredicesima sua fatica. Ercole^ ebbe
molte mogli e gran numero di amanti. E amò cosi
ardentemente Onfale che, per piacerle, si vestiva da
donna e filava la lana lasciando che Onfale indos-
sasse la sua pelle di leone e portasse la clava pei
beffa. La causa della morte di quest'eroe fu la
vendetta di Nesso e la gelosia di Deianira. Essendo
questa principessa stata avvertita degli amori di suo
cre-
marito, gh mandò in dono la camicia di Nesso,
dendo che avesse la virtù d'impedirgli d'amar e altre
donne; appena indossatala, il veleno di cui era in-
trisa fece sentire il suo effetto introducendosi nelle
y^ne, e penetrò in un momento alle midolla dellf
- 349 —

ossa. Tentò egli, ma invano, di levarsi la mortifera


camicia, poiché erasi attaccata alla pelle, e quasi in-
corporata alle membra; a misura ch'egli la straccia-
va, laceravasi nel tempo stesso la propria pelle e le
carni. Vedendo finalmente seccarsi le membra, e che
si avvicinava il suo fine, alzò un rogo sopra il mon-
te Oeta, distese la sua pelle di leone vi si coricò
sopra, si pose la clava sotto il capx), e ordinò a Filot-
tete di appiccarvi il fuoco e di aver cura delle sue
ceneri. Appena fu acceso il rogo, dicesi che il ful-
mine cadesse dal cielo e riducesse tutto in cenere m
un btante, per purificare tutto ciò vi era di mortale
in Ercole. Giove allora lo collocò fra gli Dei; e m
cielo sposò la giovinetta Ebe. — Ercole era anche
ritenuto per il Sole. — Un antico autore dipinge Er-
cole estremamente nerboruto, con spalle quadrate, car-
nagione scura, naso aquilino, occhi grandi, barba
folta, capelli increspati od orribilmente trascurati; Er-
cole fu soprannominato Melampigo, cioè del nero se-
dere, perchè così chiamavano i Greci gli uomini forti
e robusti, e al contrario dicevano Leucopigo, cioè ctie
ha il sedere bianco, a chi era molle ed effeminato. —
Ercole si vede ordinariamente rappresentato con la
clava in mano (emblema di desiderio e di prudenza),
e con la pelle del leone Nemeo (emblema di gramdez-
za e generosità), ch'egli porta sopra un braccio o
sulla testa. Talvolta tiene nella sinistra tre pomi (To-
ro, come segno d'aver domato la Voluttà e seguita
la Virtù. Questo eroe trovasi spesso coronato di piop-
po bianco; albero consacratogli per essersene cinto il
capo quando discese all'Inferno; e la cui parte biaui-
ca delle foglie che aderivano al capo conservò il prò-
— 350 -
prlo colore, mentre quella esterna divenne nera per il
fumo.
Gli animali sacri a Ercole erano: Folaga, dedi-
catagli quale emblema della sua voracità; perchè era
ritenuto uccello grandemente vorace e ingordo. Nar-
ra la favola che Ercole, passando per l'isola di Ro-
di, sorpreso dalla fame, chiese a un contadino, che
arava, di vendergli i suoi buoi per sfamarsi, ma aven-
do egli ricusato. Ercole staccò i buoi dall'aratro, e
dopo averli immolati agli Dei se li mangiò con alcuni
suoi compagni, ritenendo per sua parte un bue intero.
Il povero contadino, disperato per la perdita dei
buoi, non potendo vendicarsi, si mise a bestanmiarc
e maledire Ercole, di che egli ne rise, dicendo che
mai mangiò con tanto piacere nel sentirsi ingiuriato.
Ciò diede origine, quando Ercole fu fatto Dio, che
la popolazione del paese gli consacrasse im altare
detto Giogo del bue, sul quale sacrifìcavasi un paio
di buoi col giogo; e durante la cerimonia i sacerdoti
bestemmiavano e dicevamo tutto il male possibile,
credendo in quel modo rinnovare a Ercole il piacere
ch'egli ebbe nel sentirsi bestemmiare e maledire dal
contadino a cui mangiò i buoi. A proposito di questo
séicrifìcio, si racconta che certi contadini, volendo sa-
crificare unbue a Ercole, essendo quello fuggito, lo
sostituirono con un pomo, facendovi le gambe e le
eorna con dei pezzetti di legno. E dicesi che ciò fu
cosa tanto grata e cara a Ercole, che d'allora in
poi restò presso i tebani l'usanza di sacrificargli dei
pomi. Leone, emblema della forza. Toro, che gli si
sacrificava.
Vedi Combattimento della ragione con l'appetito
— Eloquenza — Forza dell'eloquenza.
- 351 -
Ercok armato.
Dicesi che in Olimpia, città della Grecia, esistes-
se una statua di metallo alta dieci cubiti, che rappre-
sentava Ercole nudo, con intomo al corp>o la pelle
di leone, il cui cap>o con la bocca aperta faceva da
celata, con la clava in ima mano, l'arco nell'altra,
e la faretra che gli pendeva alle spalle. Anche i La-
cedemoni lo fecero armato, e ciò f>erchè Ercole es-
sendosi recato a Sparta conducendo seco un giovi-
netto suo cugino chiamato Eono, o Licinio, il quale
gironzando tutto solo p>er la dttà, capitato davanti
alla casa del re Ippocoonte, fu assalito da un terribile
cane, che Eono ferì con una pietra facendolo rientrare
in casa ; ma, al suo abbaiare, accorsero i figli di Ip-
pocoonte assalendo il giovanotto, uccidendolo a basto-
nate. Ercole, saputa la cosa, sdegnato e dolente per
la morte del cugino, affrontò gli uccisori, ma dopo
un lungo combattimento dovette ritirarsi per essere
slato ferito a una coscia, sottraendosi a ima moltitudi-
ne di gente ostile accorsa e a cui non poteva resistere;
ma ix>i, radunati anch'agli nryalti uomini, riuscì a
uccidere non solo i figli, ma anche il padre Ippocoonte,
devastémdo inoltre tutta la casa. E per questo, dicesi,
i Lacedemoni lo fecero armato.
Erculiani.
Legione Illirica ai tempi di Diocleziano; aveva
per insegna un'aquila azzurra con le ali distese, in
una rotella rossa, con un largo cerchio giallo alle
estremità, e spartito con una linea nera in due parti
egualmente distanti.
Èrebo.
Figlio del Caos e della Notte, o, secondo altri,
fratello della Notte, ch'egli sposò, e da lui ebbe
— 352 —
Etra e il Giorno. Presso gli antichi Èrebo era anche
una parte del loro inferno, e a coloro che stavano
nell'Erebo veniva inflitto un castigo speciale. Secondo
Virgilio, l'Èrebo forma una delle grandi divisioni
del mondo invisibile, che è al di là dello Stige, e
coimprende vari distretti particolari, che sono il luo-
go destinato ai bamibini; il luogo destmato a coloro
che si tolsero la vita; i campi del pianto con boschet-
ti, ove stanno coloro che morirono per amore; e al
di là di questi una campagna luminosa, destinata al
soggiorno di quelli che si distinsero per valore di
guerriero.
Eredità.
Salice, preso come simbolo di eredità divina; per-
chè il salice, albero giocondo, cioè rigoglioso, cre-
sce vicino alle correnti d'acqua; cosi dall'abbondan-
za dell'eredità, raffigurata neiracqua, nasce l'alle-
grezza ela giocondità; ciò lo dimostra la stessa pa-
rola ebraica vehirbe nachel, cioè giocondità, e sa-
lice del torrente, con cui il salice è chiamato nella
Bibbia.
Eredità invidiata.
Scimmia. Credevasi che quest'animale mettesse al
mondo due figli: uno, amato teneramente, l'altro tra-
scurato disprezzato
e quasi fino all'odio. E si voleva
che il scimmiotto preferito godesse di tutte le cure
materne, portandolo fra le braccia, mostrandolo a
tutti, passandolo ad altri, finché il scimmiotto, a
furia di stringerlo, da maneggiarlo e di sballottarlo,
veniva soffocato. Perciò la scimmia era costretta ad
allevare e custodire l'altro figUo. prima tanto disprez-
zato. Con questo geroglifico gli Egiziani volevano si-
gnificare un'eredità capitata a una persona invidiata.
Eremita.
Asino selvatico, simbolo biblico.
Eremo o eremitaggio.
Grotta, rustica capainna, dove abitavano i solitari
primi cristiani che segregati dal moiìdo si consacra-
vano alle meditazioni e alla preghiera. — Politala,
pianta che conserva sempre i suoi fiori, e che gli ere-,
miti volontieri
vero. Vedi Elia.piantavano all'entrata del loro rico-
Eresia.
Piombo.
Eretico.
Seguace o difensore di un'opinione contraria alla
credenza della Chiesa Cattolica. — Corvo, il quale,
mandato da Noè fuori dell'arca per sapere se il di-
luvio era cessato, fermatosi a mangiare certi corpi
corrotti dall'acqua, non ritornò; allusione a coloro
he, dcpK) aver presi gli ordini sacri, abbandonano
la fede cristiana per combatterla. Struzzo, perchè
quest'uccello, quantunque pro\A'isto di ali, non può
dzarsi a volo da terra ; similmente a chi, munito del-
e penne della scipienza, non sa innalzarsi alle cose
divine. Talpa che, nella Bibbia, è paragonata agli
uomini i quali, sebbene mostrino di veder qualche
:osa, non arrivano però mai a scorgere lo splendore
della verità che è tanto chiara.
rica.
Pianta poco socievole, che sccwnpare prontamente
:lai luoghi che si mettono a coltura. Vedi Solitudine.
Eri ce.
Figlio di Bute, re della Sicilia, e di Venere. Or-
goglioso della sua forza, portava per bastone un al-
23 — G. Ronchetti.
- 354 —

bero pieno di piombo, lottava con tutti i viandanti


e li uccideva, ma Ercole azzuffatosi con lui, lo sof-
focò e seppellì sotto il tempio che aveva dedicato a
Venere.
Ericina.
Soprannome di Venere derivato dal monte Ericc,
in Sicilia, ove aveva un famoso tempio edificato da
Enee, e secondo Virgilio, da Enea.
Eridano. Vedi Po.
Erinni.
Dee della vendetta, identificate più tardi con le
furie dei Romani. Vedi Furie.
Erittonio.
Quarto re d'Atene, creduto figlio di Vulcano e d
Minerva. Volendo Giove ricompensare Vulcano dal
l'avergli fabbricate le armi eccellenti nel suo confht'
to cogli Dei, gli promise in sposa Minerva; ma i
stto malincuore e sforzato da un giuramento fatt<
per le acque del fiume Stige, di accordargli la pri
ma grazia che chiedesse. Minerva, segretamente con
sigliata da Giove, difese con ogni sforzo la propri?
vergmità; ma rimasero sul suo corpo le tracce dell)
passione di Vulcano, delle quali essa purgandosi coi
un panno di lana, e dal cielo gettandolo in terra
nacque da quello Erittonio. Veduta poi Minerva V
deformità del neonato, il quale, fra le altre mestruo
sita, aveva le gambe a guisa di serpenti, lo nasco»
dentro un canestro e lo diede ad Aglauro,^ perch
lo allevasse, ma segretamente, Aglauro mancò al se
greto ingiuntogli; e allora Minerva raccolse il fan
ciullo in vm suo tempio, e quivi di nascosto crebb
sotto le sue cure. Erittonio cresciuto in età, veden
— 355 —
dosi le gambe deformate orribilmente, e non avendo
il coraggio di farsi vedere in pubblico, inventò un
carro, che nascondeva metà del suo corpo. Erittonio.
per la sua gran fama, d'uomo giusto, dopo morte me-
ritò d'essere posto in cielo, dove forma la costella-
zione deW Auriga.
Erma.
Figura rappresentante un busto umano, il quale
dal petto e dall'attaccatura degli omeri in giù conti-
nua in piramide tronca rovesciata, p>osante sopra una
sottile base. Vedi Ermete — Prìapo.
Erma di Giano. Vedi Fermezza dì propositi
Ermafrodito.
Figlio di Mercurio e di Venere. Il suo volto ai
lineamenti del padre accoppiava anche la bellezza
della madre. Essendo un giorno affaticato, si fermò
presso una fontana, le cui acque limpide e tranquil-
le lo invitarono a bagnarsi. La ninfa Salmace, che
persiedeva a quella fonte, l'amò per lungo ten^x> e
ottenne dagli Dei che i loro corpi rimanessero sempre
uniti, formandone uno solo, il quale conservasse am-
bo i sessi. Gli ermafroditi sono d'ordinario rap)pre-
sentati negli antichi monumenti con un braccio sotto
il capo per significare la loro mollezza. Secondo al-
cuni, l'ermafrodito sarebbe un'allegoria della natura.
Ermellino.
Piccolo quadrupede dal pelo bianco. Vedi In-
corruttibilità —Purezza — Tatto.
Ermete.
Antica divinità greca, che i Romani conobbero
sotto il ncwne di Mercurio; era figlio di Giove e di
Maia. Si crede che in principio fosse considerato
— 356 -

come Dio degli armenti e delle gregge, per cui le sue


statue sono spesso con un montone accanto o sulle
spalle. La forma fallica che distingueva la statua
d'Ermete in Atene, sembra anche indicare che que-
to Dio veniva considerato come promotore della fe-
condità dei campi e del bestiame. Più tardi venne
riguardato come Dio dell'eloquenza , e in questo sca-
so le sue statue erano poste come ornamento nelle
scuole e nelle accademie. Le statue d'Ermete erano
originariamente pezzi quadrati con sopra un testa m-
fu-
tagliata, a guisa di erma. Alle sue statue talora
rono attaccate delle catene, per significare che es-
sendo Dio dell'eloquenza, incantenava e conquistava
l'animo degli uditori. Vedi Mercurio.
Ernesto (Sanf).
Abate. — Intestini. Nel martorizzarlo, gli fu a-
del-
perto il ventre, e dopo aver attaccata l'estremità
j'intestino a un palo; lo si costrinse a corrervi intorno
^finche il santo cadde morto.
Ero.
Sacerdotessa di Venere. Leandro, giovane d Abi-
do, avendola veduta in una festa di Venere, se ne
invaghì perdutamente e fu corrisposto di pan amore.
Per visitarla. Leandro passav a di notte l'EUesporto
a nuoto; ed Ero aveva cura di porre ogni notte ura
fiaccola accesa in cima a una torre affinchè gh ser-
visse di faro. Dopo diverse visite fehcemente riuscite
in questo modo, avvenne che il mare si fece tanto
procelloso che per sette giorni a Leandro fu mipo?-
de
sibile di ritentarlo. Ma in fine vinto dall'ardente
siderio di rivedere l'amata, senza aspettare che il ma-
re si calmasse, si gettò a nuoto; travolto però dalle
onde, fu respinto morto sulla spiaggia. Ero. dispc-
- 357 -

rata, preciphossi in mare. Alcune medaglie rappre-


sentano Leandro preceduto da Cupido che vola da-
vanti a lui con una fiaccola in mano per guidarlo
nel pericoloso tragitto.
Erope.
Sposa di Atreo. Essendosi ìasciata sedurre da
Tieste suo cognato, n'ebbe due figli, che Atreo fece
mangiare in un convito allo stesso Tieste. Vedi Atreo.
Eros.
Nome prese© i Greci di Amore.
Errore.
Benda, che copre gli occhi.
Errori. Vedi Peccati umani.
Erta.
Scritto variamente Herta, Hertus, Aerta, Aorta
ed Eoria. Secondo la mitologia tedesca, è questo
il nome generalmeite dato alla divinità principale del-
le antiche nazioni germaniche e scandinave; rappre-
sentava lamadre terra, che si impicciava negli affari
degli uomini. Dicesi che nel Casto, isola dell'Oceano,
eravi un bosco dove stava riposto un carro coperto di
dr2iPF>o, che p>oteva toccare solo un sacerdote, il qua-
le conosceva quando era venuta la Dea a sedervis:
sopra, e a quella, tirata da due vacche, con gran
devozione andava dietro. Si facevano feste e giubilo
dove la Dea si degnava di passare o di fermarsi;
di gueiVa e ferro non si parlava; allora soltanto si
conosceva e si amava la pace e la quiete. Quando
essa era sazia delie conversazioni dei moitali, il sa-
cerdote larimetteva nel tempio. Alcuni scrittori sup-
pongono che la suddetta isola dell'Oceano sia Riga
altri lo Zetland. Erta era adorata sotto una va-
— 358 —

rietà di nomi, dii cui i principali sono del tutto ana-


loghi a quelli di Terra, Tellure, Rea. Cibele e Opi
dei Greci e dei Romani.
Erudizione.
Libro, in cui essa ripone la sua sapienza. Verga^
emblema dell'autorità.
Esame di coscienza.
cubano, usato un tempo nelle cerimonie sacre e
che, nella Bibbia, viene paragonato al cuore umano.
Dio comanda ai profeti di offrirgli alcune cose nel
olibano, cioè tacitamente in sé stesso esaminate, quan-
do l'uomo pentendosi degli errori cormnessd, la sua
coscienza segretamente si accende e rimorde, sfor-
zandosi così a poco a poco di purgare il suo peccato.
Esangue per libidine.
Airone. Credevasi che quest'uccello patisse talmen-
te nell'accoppiamento da perdere sangue dagli occhi
e, per lo sforzo, mandasse gridi acutissimi di dolore.
Escolano. Vedi Aesculanus.
Esculapio 0 Asclepio.
Dio della medicina; lìgHo di Apollo e di Coro-
nide, la quale essendo stata condannata a morire
sotto le frecce di Diana prima che avesse dato alla
luce il figlio d'Apollo, allorquando già il suo cada-
vere veniva bruciato sul rogo. Apollo stesso inter-
venne per salvare il bambino ancora vivo e farlo
uscire dal seno della madre; poi l'affidc) al centauro
Chirone che gli insegnò a guarire tutti i mali. ELscu-
lapio divenne così benefattore dell'uman ità; ma volle
far più del suo dovere, volle anche risuscitare i
morti; allora Giove adirato per questo sconvolgimen-
to dell'ordine naturale lo fulminò, anche perchè Più-
359 -
tone si lagnò che per lui si spopolavano le regioni del-
l'Inferno. Apollo vendicò la morte di suo figlio uc-
cidendo Ciclopi
i che fecero i fulmini a Giove. Ne-
gli ultimi tempi del paganesimo, in cui usavasi ve-
dere un'allegoria in tutti i racconti mitologici, si dis-
se che ELsculapio significava l'aria, mezzo della sa-
lute e della vita, che il Sole era suo padre, perche
esso variando il corso secondo le stagioni, produce
uno stato salubre nell'atmosfera. La stessa idea scor-
gesi nelle sue figlie, le quali hanno qualche relazione
il col padre. Igiea è la salute, Pcuiacea il rimedio uni-
}lversale, Jaso il medicare, Egle lo splendore. Escu-
ijlapio rappresentasi seduto; con una mano tiene un
i|bastone, con l'altra poggia sopra una testa di ser-
ip>ente, e un cane è steso ai suoi piedi. In alcune me-
daglie figura con una lunga barba, e porta un ba-
stone con un serpente attorcigliato. — Animali: Ca-
ne, alla cui lingua, come a quella del serpente, gli
antichi attribuivcUio virtù di guarire. Inoltre, secondo
la leggenda, Esculapio fu nutrito con carne di cane.
Callo, emblema della vigilanza richiesta da un buon
medico. Serpente, simbolo della sagacità e della lon-
gevità, edagli antichi ritenuto efficacissimo per molti
rimedi. Inoltre, il serpente, cambiando di pelle, era
paragonato al malato che, per op>era della medicina,
ricuperasse la salute. — Diversi: Pina, che presso i
Scioni era ritenuta come emblema d' Esculapio, per-
chè, dicesi, questo Dio era scolpito con una pina
n mano. Tazza, emblema delle medicine.
Esichia.
Figlia di Dice (Vedi).
Esperide.
Pianta il cui nome deriva dalle isole Esperidi;
— 360 -

patria degli aranci, secondo gli antichi autori. Vedi


Amore di patria.
Esperidi.
Figlie della Notte e del drago Ladone. Soggior-
navano in un bellissimo igiardino nelle parti occiden-
tali della terra in cui cresceva il famoso albero dei
pomi d'oro, custodito dal feroce drago Ladone, che
non dormiva mai. Alcuni autori pensano che il cu-
stodito tesoro consiistesse non in pomi, ma in peco-
re, poiché tanto gli uni quanto le altre si chiama-
vaino con la stessa parola greca. Altri vollero che
fossero cedri o arance. Secondo Nassio, la favola del-
le Esperidi sono le ore della sera, il giardino, il fir-
mamento; pomi
i d'oro sono le stelle; il drago è lo
zodiaco o l'orizzonte che taglia l'equatore ad angolo
obliquo. Ercole o il Sole rapisce i pomi d'oro, cioè
quando quest'astro comparisce fa sparire dal cielo
tutti gli astri minori.
Espero.
Fratello di Atlante, il quale saliva spesso sulla
cima di un monte per osservare gli astri. Persegui-
tato da Atlante, fuggì in Italia, che da lui prese il
nome di Esperia. Esperio fu cangiato in una stella
che splende dopo il tramonto, chiamata auiche Ve-
spero, era cara a Venere, e si credeva che avesse
il campito di guidare i cortei nuziali e accompa-
gnasse la nuova sposa a casa dello sposo. Rappre-
sentavasi in figura di un bel giovinotto con una fiac-
cola in mano.
Espiazione.
Callo. Nelle feste dell'Espiazione, presso gli <
brei, il capo di famiglia usava prendere un gallo,
girandolo tre volle intorno al cap>o, e intorno a quel-
- 361 -

li dei membri della sua famiglia, pronunciando le se-


guenti parole: Questo gallo sia in mia vece, e in mio
luogo succeda questa espiazione. Questo gallo vada
alla morte, e io alla vita. Amen. Le donne sacrifi-
cavano invece una gallina.
Esplorazione.
Stella. Una volta credevasi che le stelle fossero
abitate da angeli, i quali, vigilant.i investigassero tut-
ti ifatti degli uomini. Platone prende le stelle per gli
esploratori.
Essequie.
Acero campestre, con cui si cororwivano i giovani
ancora imberbi che, presso i Rodiani, celebravano
i giuochi funebri.
Estasi.
Angelica. I Lapponi si coronavano con questa pian-
ta f>er ispirarsi quando componevano dei versi.
Estate.
Stagione che, allegoricamente, viene personificata
in un giovanotto coronato di spighe, o rappresentata
sotto l'aspetto di una donna coronata di spighe matu-
re, tenendo in una mano la falciola, e nell'altra un
manipolo di spighe, o la cornucopia. Di secche spi-
ghe coronata andava — L'ardente state, e tutta
ignuda stava; canta il poeta. Nel paragone con le
quattro età dell'uomo, l'estate rappresenta l'età ma-
tura. — Animali: Scrofa selvatica (cinghiale); per-
chè si vuole che partorisca una volta sola e al prin-
cipio dell'estate ; donde nacque il detto, che non bi-
sogna aspettare più la pioggia qucuido la scrofa ha
partorito. — Diversi: Canestro di spighe. Cappel-
- 362 ~-

lo, che ripara il sole ardente di questa stagione. Ve-


di Mascherata — Stagioni delVanno.
Estia.
Figlia di Crono e di Rea. Estva rappresentava il
focolare domestico, come centro di tutta la vita del-
la famiglia. La Dea giurò per il capo di Giove di
rimanere per sempre vergine, e perciò le si offrivano
in sacrifizio giovenche di un solo anno. Estia non so-
lo era la protettrice della famiglia, ma anche patro-
na dello Stato. I Romani adoravano la stessa Dea
sotto il nome di Vesta (vedi).
Età (Le quattro) del mondo.
Dopo la creazione dell'uomo, il tempo che tra-
scorse fu diviso in quattro periodi principali corri-
spondenti alle condizioni d'animo degli uomini. Que-
ste età, progressivamente, sono:
Età deWoro. Durante la quale regnava Saturno,
ed erano tempi fortunati in cui il male era scono-
sciuto, e gli uomini, semplici, vivevano in piena feli-
cità, godendo dei frutti che la terra spontaneamente
produceva; non si sapeva che fosse vecchiezza: dopo
lunghi anni gli uomini rimanevano come assorti nel
sonno, e questa era la morte. — Ape, simbolo della
dolcezza nata dalla prosperità. Cornucopia, da cui
sporgono fiori e frutti, che laditerra produceva abbon-
dantemente. Olivo, simbolo pace.
Età dell'argento. Durante quest'età gli uomini co-
minciarono adiventare cattivi; rimanevano fanciulli
fino a tarda età e diventavano pigri in una morbosa
sonnolenza. La terra rifiutò di produrre spontanea-
mente ciò che serviva alla nutrizione. Allora Saturno
insegnò l'agricoltura. Le stagioni cominciarono a far-
si sentire. In questo periodo Giove regnava sugli uo-
- 363 —

mini. — Aratro, emblema del lavoro. Capanna, che


l'uomo dovette costruire per ripararsi dalle intempe-
rie. Spighe, quale simbolo del frutto del lavoro.
Età del rame. I mali fecero progressi costanti,
gli uomini divennero selvaggi e violenti; la perversità
degli istinti obbligò l'uomo a difendersi, e procurar-
si delle armi per assicurarsi la difesa: verme la lot-
ta e la guerra. — Armi. Elmo, sormontato d'una te-
sta di leone, poiché il corallo era ancora onorato.
Scudo, emblema della difesa. Spine, simbolo dei
mali che cominciarono ad assalire l'uomo.
Età del ferro. Ltà della decadenza morale e del
disordine, piena di tutti i delitti che macchiarono la
condotta degli uomini. Credono alcuni che quest'ul-
tuna condizione della società umana alluda allo sta-
to in cui era il mondo quando Dio volle punirlo col
diluvio universale. — Armatura completa, pnsichè
l'arte della guerra si era svili^jpata. Elmo, sormontato
da ima testa di volpe, quale segno che l'astuzia e gli
ingaimi sostituirono il coraggio. Scudo, Spada. Vedi
Eternità.
Etere.
Idea personificata di una delle sostanze elemen-
tari di cui si formò l'universo. Secondo Igino, l'Etere
fu, insieme con la Notte, col Giorno e coirtirebo,
generato dal Caos e dalla Caligine. Secondo ELsiodo,
era figlio dell'Erebo e della Notte sua sorella, e
fratello del Giorno. I figli dell'Etere e del Giorno era-
no la Terra, il Cielo e il Mare, e dal suo congiungi-
mento con la Terra nacquero tutti i vizi che distrug-
gono l'umana razza, come pure i Giganti e i TitanL
Questi ragguagli dimostrano che nelle cosmogenie gre-
che l'Etere veniva considerato come una delle sostan-
— 364 —

ze elementari di cui si formò l'universo. Più tardi ven-


ne considerato come l'ampio spazio del cielo, sede de-
gli Dei. Virgilio lo considera come il sovrano signo-
re della natura. Egli dice che nella primavera Etere
discende dal cielo, e s'insinua a poco a poco nel se-
no della terra, e versa sopra di essa una dolce piog-
gia che la rende feconda.
Eternità.

L'idea deireternità è fra quelle che l'intelletto no-


stro meno comprende. Da un lato vi deve essere una
durata infinita attualmente trascorsa; senza cui l'e-
ternità avrebbe avuto principio; dall'altro vm'etemità
intiera deve sempre scorrere affinchè essa non abbia
fine. Credevasi che l'Eternità accompagnasse sempre
tutti gli Dei eterni e immortaH: benché Boccaccio di-
ca che gli antichi la diedero p>er compagna soltanto
a Demogorgone (vedi), ch'egli considera il primo
di tutti gli Dei. Claudiano descrive l'antro dell'Eter-
nità coi seguenti versi:
In parte sì da noi lungi, e secrela.
Che alcun mortai vestigio non v'appare.
Ove all'umana mente il gir si vieta
Né ponno, anco gli Dei forse arrivare.
Una spelonca giace d'anni lieta.
Madre d'infiniti anni, e d'età pare.
La qual con modo, che mai non vien meno.
Manda e richiama i tempi all'ampio seno.
Questa col flessuoso corpo cinge
Un serpe pien di verdeggianti squame,
Qual ciò che trova avidamente stringe
Come chi divorar ei tutto brame.
- 365 —

E la coda si caccia in gola, e finge


Voler mangiarla con avida fame.
Vassene in giro, con l'usate tempre.
Onde partì, cheto ritorna sempre.
Alla porta con faccia riverenda,
E d'armi piena sta Valma Natura,
Come custode, che fedele attenda
Chi vien, e va con diligente cura;
D'intorno volan l'anime, e che penda
Ciascuna par con debita figura
Dalle membra, che a lei &on date m sorte.
E starmo con lei fino che piace a Morte.

Nell'antro poi, nella spelonca immensa


Un vecchio che ha di bianca neve asperso
Il mento, e il crine sta, scrhe e dispensa
Le ferme leggi date all'Universo.
E mentre che a disporre il tutto perua
Con l'animo al bell'ordine converso.
Certi numeri parte tra le stelle.
Onde n'appaion poi si vaghe e belle.
Con ordini immutabili prescrive
A ciascuna quando abbia a gire, o, stare
Da che quando tra noi si muore, o vive.
Ha vita, e morte, poi toma a guardare
E riveder come al suo corso arrive
Marte, qual, benché avvezzo a camminare
Per via certa, va pur a certo fine;
Che così vogUon le leggi divine.
Come con certo passo giri intomo
dove portando giovamento al mondo.
Come la Luna si nasconda il giorno,
E tosto muti il bel lume fecondo.
— 366 --

Come partendo sia tardo al ritorno


Saturno orrido, mesto, ed infecondo
Quanto Venere bella, e dopo lei
Errando vada il messaggier de i Dei.
E quando Febo alVantro s avvicina
Subito ad incontrarlo la potente
Natura viene, e agli alti rai s'inchina
Il bianco Vecchio umile, e riverente.
Allora da sé s'apre la divina
Spelonca, allor si veggono patente
L'adamantine porte, e a poco a poco
Tutti i segreti appaion di quel loco.
Quivi ì secoli sono di diversi
Metalli fatti in variati aspetti,
E pare ciaschedun di lor tenersi
Nel seggio suo con suoi compagni eletti.
Questo è di ferro, onde soventi fersi
I mortali fra lor danni e dispetti;
Di rame quello, al cui governo è stato
II mondo tutto un poco men turbato.

Uno ve n'è d'argento, che risplende


In bel
Ma seggio tra elevato
di rado d'ogni
noi mortai intorno;
discende
A far di sì bel lume il mondo adorno.
Quello, che più degli altri in alto ascende
E' d'oro, e d'oro son quei, ch'egli ha intorno.
Tutti p'eni di fede, e di prudenza.
Di bontà, di giustizia e di clemenza.
E son gli anni beati, che ai mortali
Apporteran felicilade immensa,
Allor che avrà pietà dei nostri mali
Febo, che questi a modo suo dispensa.
- 367 -

E farà che dal Ciel spiegando Vali


La bella Astrea di nuovo ancor accesa
Di riveder il mondo a star fra noi
Verrà senza piìi mai partirne poi.

L'eternità fu personificata in forma di donna in pie-


di, vestita di verde, perchè non invecchia mai, con una
palla nella destra, e un aunpio velo sul capo, che le
copre gli omeri.
Animali: Basilisco, simbolo degli Egiziani; perchè,
fra tutti i serpenti, credevano che questo fosse l'unico
che non si potesse uccidere con la forza. Serpente,
che si morde la coda formando così un cerchio senza
principio ne fine. — Vegetali: Cedro del Libano, ri-
tenuto fncorruttibile. Olivo. Credevasi che il legno di
quest'albero, resistente a qualunque algente distruttivo,
durasse eternamente. — Diversi: Circolo, figura sen-
za interruzione di continuità. Luna, allusione al rinno-
varsi delle sue fasi, in cui invecchia, per sempre i in-
giovanire. Inalcune mwiete di Faustina si vede una
figura con una veste di donna nella mano sinistra, por-
gendo con la destra un piccolo uccello con la luna,
con l'inscrizione /ETERNITAS. Inoltre, in altre
monete figura l'effigie di Severo Alessandro Augusto,
in atto di alzare con la destra la luna nuova, con
l'inscrizione PERPETVITATI AVG. Sale, il qua-
le presso gli antichi era simbolo dell'eternità e della
sapienza i>erchè non si corrompe. Sedia. In una me-
daglia, incui si vede l'effigie di Roma in una sedia
con un piccolo scudo, si legge: ROM/E /ETERNI-
TAS. Alla quale Giove, secondo Virgilio, non pose
termine o tenìpo, ma era promesso un regno etemo.
Il nome stesso di Roma fu interpretato per eternità.
In un'altra moneta, con l'inscrizione Eternità, si scor-
— 368 —

gè una figura seduta, che porge con la destra un ge-


òfera,
nio, econ la sinistra pone in terra una fiFeccia
Dio, diven ne anche quel-
la quale, essendo simbolo di lie di Faustina, che tu
lo dell'eternità. Nelle medag
stera,
deificata, figura una statuetta seduta sopra "^ 1 tK-
con la mano destr a stesa, e con rmscr izion e /t
ri-
NITAS. Sole e luna, simbolo degh Egiziaiu, che
tenevano questi due pianeti quali elementi eterni deLa
o, con-
natura, i quali con la propria virtù generasser inferi ori.
servas ero eperpe tuase sro tutte le cose
Eto.
Uno dei quattro cavalli del Sole.
Eucarestia.
Uno dei sacramenti della chiesa cattolica, che può
Gesù
definirsi: il sacrifizio del corpo e del sangue di
di pane e di vino; istituit o dallo
Cristo sotto le specie
essere spiritu ale nutrim ento dei te-
stesso Salvatore per
I ellt-
deli. — Animah: Agnello, simbolo di Cnsto.
— Ve-
cano, che nutrisce i propri figli di sua carne.
getali: Spighe. Vile, simbol o del doppio sacrifi zio: le
il pane, e la vite per il vino. — Diversi :
spighe per della purezza .
Azzurro, colore celeste . Bianco , colore
o con l'ostia sopra. Cibori o. Ostenso rio.
CaVce solo,
Ostia loreirradia ta col monogramma di Cristo. Rosso, co-
del sangue.
Eufrate.
ssime.
Fiume lo cui acque furono ritenute fertili
la solita cornu copia , e una tazza
Rappresentasi con
della
m mano in atto di porgere da bere, quale segno
bontà delle sue acque.
Eufrosine.
Una delle tre Grazie.
- 369 -
Eugenia (Santa).
Spada, con cui fu decapitata.
Eugenio (Sanf).
Vescovo. — Cina. Mezza ferrata, con cui fu am-
mazzato dai pagani. Vedi Vescovo.
Eumenidì.
Dee investigatrici e vendicatrici dei misfatti, chia-
mate Furie in terra. Dire in cielo, Eumenidi nell'in-
ferno; e più propriamente Erinni dai Greci. Vedi
Furie.
Eupatorio.
Pianta comune nei luoghi umidi, fiorisce in luglio e
agosto. Vedi Ritardo.
Euridice.
Moglie di Orfeo. Vedi Appetito — Orfeo.
Eurinome.
Figlia dell'Oceano e di Teti. Aveva la parte su-
periore del corpo di donna e quella inferiore di pesce,
oppure soltanto la testa di donna. Così chiamavasi an-
che una divinità infernale, che mangiava i morti fino
all'ossa; e rappresentavasi del colore di mosca, sedu-
ta sopra una pelle d'avvoltoio, digrignando sempre 1
denti. E' probabile che fosse una personificazione del-
la morte.
Euristeo.
Re Ercole.
Vedi di Mecene, figlio di Anfitrione e d'Alonena.
Euro. Vedi Venti.
Europa.
Figlia di Agenore re dei Fenici e di Telefassa. Un
giorno, mentre essa stava con altre fanciulle di Tiro
— 370

toro
sue compagne, vide fra gli armenti del re un bel
bianco come la neve, con piccole e ben tornite corna,
princi-
con aspetto placido e mansueto. Timidetta in
ardita, oso se-
pio, essa gli si avvicinò, poi fatta più
un tratto il toro
dergliesi sulla schiena. Allora tutt'a Eu-
si slancia nel mare, porta seco nuotando la bella
ropa, enon si ferma finche non giunse all'isola di Cre-
ta dove, riassunte le forme di Giove, egli si palesa
e, di
alia rapita fanciulla, che lo fa padre di Mboss bi
Radam anto, e second o alcuni anche di Sarped one.
vuole che al dolore dell'ingannata fancmlla, Venere
Eu-
andò a consolarla dicendole: (( Tergi il pianto, o
mondo porter à il tuo nome )>. La
ropa ;una parte del
del nome di Europ a non è conosci uto. Alcuni
origine e
credettero spiegarlo, dicendo che la figlia d Agenor
all'Eu ropa a cagion e dell e-
aveva dato il suo nome
se-
strema bianchezza della sua carnagione; poiché,
condo la favola, una figlia di Giove e di Giunone, ,
aveva rubato il belletto di sua madre per regalarlo :
all'Europa. Come nome greco. Europa signifi ca pro-
babilmente dai grandi occhi. Rappresentasi giocando
to che
sulla spiaggia con le sue compagne, al momen
si avvicina il toro, in una prateria, o da esso traspor-
tata in alto mare; oppure a Creta.
,
Come una delle cinque parti del mondo. 1 Europa
del conti-
personificata, porta la corona, quale ; regma
nente, con perle intrecciate coi capelh e tiene m mano
un canestro di fiori.

Eustachio (Sant»).
o Iraiano. --
Era pagano, capo dei soldati sott
circo ndato di fiamm e, nel quale tu rin-
Bue di bronzo un
chiuso con sua moglie e le sue figlie. Cervo che
— 371 -
dusse a farsi cristiano. Costume da cacciatore. Sporta,
ricordando cli'egli fu garzone di coloni.
Euterpe.
Una delle nove Muse. Presiedeva alla poesia liri-
ca e alla musica. Rappresentasi sotto l'aspetto di fan-
ciulla coronata di fiori, tenendo nella destra un doppio
flauto, e nella sinistra carte da musica ; con intorno
diversi strumenti musicali. Vedi Muse.
Eva.
Nome della prima donna. In ebraico Heva deriva
dalla medesima radice di haim, la vita, perchè doveva
essere la madre di tutti i viventi. — Ammali: Pecora,
di cui, dopo il peccato, dovette filare la lana p>er co-
prirsi. Serpente, che la tentò. — Diversi: Diavolo, In
forma di serpente. Pomo, causa del suo primo peccalo.
Evantgelario.
Libro dei Vangeli. Vedi Amor divino — Diaco-
no — Lorenzo {San) — Stefano {San) — Ve-
Iritàdella religione.
Evangelisti.
Sono quattro: Giovanni, Luca, Marco, Matteo.
I monumenti primitivi del cristianesimo rappresenta-
vano abbastanza frequentemente Cristo in persona o
sotto figura di un agnello, posto su un monticello di
dove scaturiscono quattro corsi d'acqua, simbolo dei
quattro evangelisti, i quali, in seguito, furono raffi-
gurati da quattro segni emblematici: un giovinetto,
un leone, un toro, un'aquila. Talvolta, questi animali
umbolici portano i libri degli evangelisti. Questi em-
Dlemi, secondo alcuni, esprimerebbero lo stile parti-
:olare a ciascuno degli evangelsti ; secondo altri, si
iferirebbero a Gesù Cristo, quale allusione alle di-
verse fasi della sua vita mortale.
— 372 -

Evento. Vedi Buon Evento.


Evirazione. Vedi Ingrato verso i genitori
Evonimo.
Il carbone ottenuto dal legno di questa pianta è
molto apprezzato per abbozzare disegni. Volgarmente
l'evonimo è noto sotto il nome di berretto da prete,
o fusaggine ; il fusain dei francesi, i quali, per l'espres-
sione le fusain, intendono un disegno a carbone. Ve-
di Arti del disegno.
Ezechiele.
Il terzo fra i quattro profeti maggiori. — Animali
alati simbolici della sua visione. Ossa umane, che co-
prono un campo, con cui il profeta figura il risorgi-
mento del popolo ; ossa, che al soffio profetico si scuo- i
tono,sa vivente.
riprendono carne, s'animano e formano una mas-

F. ^
F.
Nel sistema penale dei Romani era la lettera che
veniva impressa con ferro rovente sulla fronte di uno
schiavo sottrattosi al suo padrone con la fuga, e indi
cava fugitivus.
Facce (cinque). Vedi Siva.
Facce (due). Vedi Ciano.
Facce (otto). Vedi Bhadr acali.

I
Facce (quattro). Vedi Brahma.
Faccia e mani nere. Vedi Tardo e instabile
Faccia velata. Vedi Pudicizia.
Face o faceiia. Vedi Fiaccola.
373 -
Facoltà oratoria (Le tre partì della).
Chimera, in cui il leone rappresenta la parte giu-
diziaria, per il terrore che produce sui rei; la capra
la parte dimostrativa, perchè tale genere di parlare
suole andare liberamente vagando; e il drago, la de-
berazione, per la varietà degli argomenti, e per i
unghi giri e avvolgimenti con cui devesi quivi {persua-
dere.
Faetusa. ^
Figlia del Sole, alla quale, unitamente alla sorel-
a Lampezia. erano affidati in custodia le sette greggi
di giovenche e altrettzmti di elette pecore, ciascun
gregge di cinquanta capi, il cui nimiero mai cresceva
né diminuiva. Vedi Eliadi.
Faggio.
Albero d'asF>etto maestoso, sia per elevazione, sia
[>er l'elegcuìza del suo fogliaime. Vedi Giove —
Prosperità.
Falce. Vedi Giugno — Lavoro e milizia — ■
Morte — Punizione — Tempo.
alciola. Vedi Agricoltura — Cerere — Estate
- Giugno — Luglio — Pomona — Priapo —
Raccolto — Saturno.
Falco.
Uccello di rapina. Vedi Caccia — Dedalione
— Sanguigno.
Falco albicella. Vedi Aquila pigargo.
^Falconieri.
Soldati, che avevamo F>er insegna due serpenti az-
.urri, con orecchie aguzze e dritte, di tinta più chia-
a del fondo dello scudo color porp>ora; i quali si
►iegavano nella parte superiore verso una specie dj
— 374 —

tronco che li sosteneva, dal quale da ambo i lati


uscivano lunghi rami ad angolo acuto, e fra queste
inclinazioni trovavasi l'ombelico dello scudo, d'oro.
Fallo.
Presso gli Egiziani il fallo era l'emblema della fe-
condità, eda esso presero nome le feste falliche che
quella nazione celebrava in nome di Osiride. Durante
le celebrazioni di queste feste portavasi attorno un fal-
lo di legno. Tali feste furono poi imitate dai Greci, !
e presso gli Ateniesi la processione del fallo faceva^
parte delle feste dionisie. Coloro che portavano il fallo
all'estremità di una lunga pertica chiamavansi fallo- i
fori; e presso i Greci apparivano per lo più tinti di ;
mosto il viso, coperti di pelli d'agnello e con in capo
una corona d'edera. In generale il fallo in seguito j
era considerato come un segno protettore; lo si rap- ]
presentava sulle facciate delle case e lo si portava a
guisa di amuleto. Queste superstizioni rimasero popo-
lari fino al medioevo, e il fallo si trova ancora nelle
scolture delle facciate delle chiese del XI IT e XI V°
secolo. Vedi Baccanti — Bacco — Fecondità —
Priapo.
Falsa acacia. Vedi Robinia.
Falsa modestia.
Satirio.
Falsa religione.
Lanterna cieca.
Falsità.
Mancinella. Pianta il cui frutto, d'odore piacevo!^
e dall'apparenza di una mela verde, contiene un suj
caustico ch'è veleno potente.
- 375 —
Fama.
Messaggera di Giove. Dicesi generata dalia Ter-
ra, per pubblicare i delitti e le infami azioni degli Dei,
in vendetta della morte dei Gigjuìti, suoi figli, da loro
sterminati. Rap>presentavasi alata, e con tante orcc
chic, occhi e lingue, quanto erano le sue penne. An-
dava volando per il mondo di notte e di giorno, e
stava in vedetta sopra le torri e sui tetti; piccola da
principio, cresceva gradatamente camminando. Appor-
tando buone o cattive notizie, gli antichi finsero due
Fame; l'una era chiamata buona Dea che annun-
ciava ilbene, e l'altra cattiva o ria, che apportava il
male, alla quale per differenza della prima, si attri-
buivano ali di pipislrello. Per compagne alla buona
fama si dava il Grido, con gli occhi gonfi e infiam-
mati per il forte gridare; il Rumore veloce e strepito-
so; la Gloria trionfante e colma di piaceri, pallida
in faccia, e che a guisa di regina siede in alto seg-
gio, tenendo la Virtù sotto i piedi; il Vanto con le
mani stese verso il cielo, come chi giubili ; V Onore pie-
no di maestà ; e la Lode vestita riccamente e con orna-
menti sfarzosi. Mentre la cattiva Fajna si finse ac-
compagnata daW Esaltazione, con faccia simulatrice;
ÒaW Infamia ben vestita, ma brutta e deforme; dalla
Calunnia; dal Rimprovero, di gesto violento e minac-
cioso edi volto terribile; e dall'Obbrobrio scacciato
e schernito. Vasari rappresentò la Fama con una veste
piena di lingue; le ali aperte, dandole due trombe,
una di fuoco, l'altra d'oro; ponendola a cavallo del
globo terrestre; e mettendole accanto un tronco d'al-
bero secco sul quale vi sono due cicale. E al Princi-
pe, che gli chiese il significato del tronco con le cica
le. Vasari così spiega la sua invenzione: « Perchè la
— 376

Fama non dice mai tanto con le lingue, di che ha j


che '
piena la vesta, figurata per i savi, che le cicale
minore, non facciano mag-
odono, che sono il popolo
gior rumore, portando con le ali il nome di colui che
giun-
merita lode in quella parte di altezza, dove non
gono altro che le ali di fama; e la tromba di fuoco
è per la maldicenza delle opere tristi; e la tromba
d'oro per le lodi eterne di quelle buone che si lasciano
si fa
risonando per il mondo, dove ella cavalcando
Dai moderni la Fama viene comunem ente
sentire».
vestita
rappresentata come una donna alata, talora
che sembra cor-
da un panno sottile, e tutta succinta,
rere velocemente, con una tromba in bocca m atto di
a
banditrice. In un ballo pantomimico eseguito dinanzi
Luigi XIII, la Fama ridicola, ossia quella che sparge
le notizie del volgo, era raffigurata da una vecchia
di
sopra un asino, portandosi alla bocca una tromba
legno, per tromba alluderedi all'antic o proverbio: A persona dt
villassio legno.
Fulmine, che presso gli Egiziani era segno di una
ri-
fama largamente divulgata, perchè nessuna altra
sonanza epiù forte del tuono. Olimpi a, madre di A-
co
lessandro Magno, nella prima notte che passò
marito, credett e che le fosse corso un fulmin e nel
ventre, essendo si udito un tuono, che provoc ò un in-
cendio, propagandosi in seguito largamente in fiam-
me. E ciò. secondo gli indovini, fu indizio della
fama che doveva acquistare suo figlio. Apelle, nel
ritratto di Alessandro Magno, mise in mano al re
un fulmine, per mostrare la grandezza della sua fa-
ma ovunque divulgata. Mentre Lisippo, scultore, al-
la statua dello stesso Alessandro, invece di un ful-
mine, mise in mano una lancia, e ciò per signifi-
- 377 —

care che la fama di questo re non sarebbe durata una


sola età, se qualcuno avesse scritto il vero di Alessan-
dro e non delle favole. Pegaso, secondo alcuni, al-
ludendo al cavallo alato che figura in alcune meda-
glie antiche. Tromba. I Romani alla sommità del tem-
pio di Saturno collocarono i Tritcmi trcmibettieri con
le code nziscoste, volendo con ciò significare che la
storia delle cose fatte dal tempo di Saturno fino al lo-
ro, fosse nota, evidente, divulgata in modo che mai
possa essere dimenticata ; mentre le cose fatte prima
di Saturno, essendo oscure e incognite, rimangono na-
scoste nelle tenebre, raffigurate dalle code dei Trito-
li, chinate a terra e nascoste. Vedi Mala-Fama-
Fama oscurata.
Fuoco e sole. Gli antichi, volendo simboleggiare
m uomo d'ingegno superato e oscurato da un altro di
aggior ingegno, rappresentavano il fuoco sotto il so-
; perchè lo splendore del fuoco, quantunque di not-
si manifesti nel suo pieno vigore, emergendo; alla
resenza del sole {j^rde la sua forza illuminante.
àme.
Secondo Esiodo questa divinità era figlia della Not-
;. Virgilio la pose alle porte dell'Inferno, e altri sul
sponde del fiume Cocito, ove alberi spogli di foglie
anno un'ombra triste e malinconica. Seduta in mez-
D di un arido campo strappa con le unghie alcune
ante sterili. I Lacedemoni avevano nel tempio di Mi-
•rva un quadro rappresentante la Fame, la cui vista
►Itanto destava spavento. Aveva la figura di donna
acilenta, pallida, abbattuta, di un orribile magrezza,
n le tempie incavate, la pelle della fronte aggrin-
ta e secca, gli occhi quasi spenti e affossati, le guan-
— 378 —

ce color di piombo, le labbra e le mani spolpate e le-


gate dietro le spalle.
Cane. Parlasi di una certa fame canina, chiamata
dai Greci, bulimia o bulimo; malattia che produce
una fame insaziabile.» E' noto il detto: aver fame ca-
nina. Davide dice: Si volteranno verso la sera, e a
guisa di cani saranno cruciati, e trafitti dalla fame...
Locusta, allusione alla carestia derivata dalla devasta-
zione dei campi prodotti da questi insetti. — Vedi
Inferno dei poeti (Sackeville).
Famiglia prodiga e padre parco. Vedi Padre
parco e famiglia prodiga.
Fanatismo.
Figura umana con orecch'e d'asino, una benda agli
occhi, e in mano un pugnale.
Fanciulle. Vedi Berta (Santa).
Fanciullo. Vedi Biagio (San) — Claudio (San)
— :EUa — Eliseo {SanC) — Vincenzo dei Paoli
(San).
Fanfarone.
Uomo con la celata in testa, tutto il resto ben ve-
stito, tenendo in mano una spada.
Fantastico.
Uomo con due teste.
Faone.
Celebre amante di Saffo, era navicellaio a Mitilene,
già in età avanzata e di brutto aspetto ; ma avendo un
giorno tragittato graziosamente e senza accettar paga-
mento Venere, la Dea lo dotò di gioventù e bel-

à
lui, lezza. Dopo di ciò Saffo s'invaghì perdutamente di
- 379 —
Faretra.
Così chiamavano i Greci e i Romani la guaina en-
tro la quale si portavano le frecce. Vedi Amore —
Apollo Lirico — Cuore e consiglio — Diana.
Farfalla. Vedi Adamo — Ali di farfalla —
Anima — Distrazione — Incostanza — Leggerez-
za — Psiche.
Faro.
Torre o molo qualunque, in cima al quale sono ac-
cesi lumi durante la notte, per mostrare ai naviganti
il porto e i pericoli. Vedi Speranza — Vita.
Fardello. Vedi Novembre — Rapina.
Fascetto di fieno. Vedi Roma.
Fascia. Vedi Principe.
Fascio di verghe. Vedi Giustizia — Unione.
Fastidioso.
Riccio di mare, p>erchè coperto di spine, figurati-
vamente, riesce intrattabile al pari di un individuo
ruvido e difficile.
Fate.
Elsseri sovrumani che si rap>presentavano sotto la for-
ma di donne, e che erano ritenuti in possesso di un
certo potere magico. La fate del medio evo apparten-
gono a quel genere di divinità secondarie pagane —
le Ninfe dei Greci e gli Elfi dei Germani — che so-
pravvissero alpaganesimo e che il popolo mescolò
con le credenze del cristianesimo. Al pari delle Ninfe
genet'llidi, esse presiedevano al giorno di nascita de-
gli uomini, assistevano i neonati nella culla, e tal-
volta linutrivano del proprio latte; abitavano, come le
Ninfe, l'interno delle verdeggianti colline o le isole
dei laghi delle montagne, e avevano palazzi incantati.
JJOU -—

invul-
Le fate avevano il potere di rendersi invisibili,
nerabili, di interpretare il linguaggio profetico degx!
in
uccelli, di scoprire i tesori nascosti, di trasportarsi
all'alt ro. Il medio evo distin-
un attimo da un luogo
gueva due specie di fate. Le une, quali sarebbero la
fata Morgana, Melusina, Viviana. Alcina e altre,
non erano che incanta trici possent i sul fare delle Me-
dee e delle Circi pagane. Erano le Fate dei castelli
Fa.
baronali, le protettrici delle illustri stirpi. Le altre
le fontan e, e i luo-
te abitavano i boschi, le caverne,
an-
ghi da loro frequentati erano chamati e chiamansi di
cora le grotte delle fate, le pietre delle /afe; talune
nel
loro avevano un occhio di diamante brillantissimo
mezzo della fronte, che si togliev ano per bere alla fon-_
occhi
tana, e chiunque avesse trovato uno di questi
era sicuro di vivere felice tutto il tempo della sua
vano talvolt a ai mortal i m figura di
vita. Esse appari
e deform i, e altre volte come fan-
vecchie aggrinzate
ciulle della più sfolgorante bellezza. Danzavano di
collme e nei prati. L-
notte al chiarore di luna sulle
rano esse che nell'ombra misteriosa delle foreste si
ti a
occupavano a ricamare i preziosi tessuti destina
protetti . La tribù della fate
fregiare i principi loro
asi govern ata da una vergin e che le convoc ava
credev
o
una volta l'anno, puniva quelle che avessero abusat
e ricomp ensava quelle che se ne
del proprio potere,
fossero giovate a difesa dell'innocenza e era della vir-
tù. Una legge regolare del loro destino quella
di dover tutti gU anni assogge ttarsi a una spiace-
vole trasformazione in qualche animale, per un dato
numero di giorni, durante i quali erano esposte a
tutti i casi della nuova loro condizione e perfino alla
te
iporte. Il potere delle Fate risiedeva principalmen
- 381

nella magica loro bacchetta, ma questo non le sot.


traeva ai pericoli che correvano nei tempi segnati, m
cui rimcineva come sospeso il privilegio della loro so-
vrumana natura. Vedi Melusina.
Fatica
Personificata, si rappresenta vestita di pelle di asi-
no, che le copre la testa e le gambe. — Vite, i cui
tralci, méincando di sostegno, ripiegano verso terra,
come se fossero stanchi di reggersi. Inoltre neisun'ail-
tra pianta nella sua coltivazione richiede maggior
lavoro della \ite. Bacco all'uom die con fatica al-
legrezza, dice Esiodo. — Vedi Opera e fatica —
Quiete dopo la fatica.
Fatica instancabile.
Formica, allusione al suo iiK.essante lavoro, gior-
no e notte, nel raccogliere le provviste, e agli sforzi
con cui spinge o traiscina tutto ciò che f>er volume o
peso non può portare.
Fatica senza frutto.
Uomo che mette un ponte al di là dell'acqua.
Fatica senza sensOv
Uomo che tira l'aratro da sé stesso.
Fatica servile.
Asino col basto, animale che sembra destinato a
portare sempre dei pesi e faticare molto. Nella Bib-
bia (Ecclesiastico) si legge che all'asino è tanto ne-
cessario ilcibo, il bastone e la soma, quanto è neces-
sario al servo il F><ine, il c<istigo e il lavoro. Gli in-
terpreti dei sogni vogliono che chi sogna d'aver le
orecchie lunghe a guisa d'asino, è segno che sarà
sottoposto all'altrui servitù e a grande fatica.
Fatiche di Ercole. Vedi Ercole.
- 382 —
Faticoso.
Uomo che scava una fossa nella terra.
Fato.
Potere occulto che regola i casi degli uomini senza
che questi possano ribellarsi. — Filo, fuso, rocca.
Allusione alle Parche. Stella. Simbolo degli Egi-
ziani. Secondo Platone, le Parche sarebbero un sim-
bolo del lento moto del pianeta Saturno, pianeta, per
cui si completano e perfezionano tutte le cose. Vedi
Destino — Potenza e forza del fato.
Fatto più potente dall'avversità.
Cavallo morso alile natiche da un lupo. Crede-
vasi che i puledri i quali avessero combattuto col lu-
po, e riuscissero a salvarsi, diventassero migliori e ve-
loci alla corsa, facendosi più coraggiosi e pronti. Il
lupo era ritenuto talmente avverso al cavallo, da
credere che se un cavallo focoso avesse messo il pie-
de sulle pedate del lupo, perdesse ogni vigore diven-
tando poltrone, p>erchè gli si intormentivano le gambe.
Fatua. Vedi Bona Dea.
Fatuità.
Leggerezza e vanità, senza cattiveria. — Melagra-
no, albero dai fiori splendidi, ma senza odore. Nar-
ciso. -
Fauna. Vedi Bona Dea.
Fauno.
Dio campestre, genio benefico dei monti, della
campagna, del bestiame ; venerato specialmente da.
pastori i quali riconoscevano in lui il fecondatore del
gregge e il difensore contro i lupi. Viene rappresen-
tato senza peli dal fianco all'insù, e nel resto simile
- 363 -

a un Satiro, e, come questo, coronalo di gigli e


canne, talora di pioppo o di finocchio.
Fava.
Gli antichi pretendevano che la fava sia stata il
primo legume di cui siansi cibati gli uomini ; e secondo
gli scrittori latini, fe fave erano tenute in una specie di
venerazione. Gli Egiziani si astenevano dal mangiar
fave; perciò non ne seminavano, ne le toccavano nep-
pure con mano; e i sacerdoti più superstiziosi non o-
savano perfino di guardarle, considerandole come im-
monde. Pitagora ne a\eva interdetto l'uso ai suoi di-
scepoli, egli aveva una venerazione particolare per
le fave, perchè servivano alle sue operazioni magiche.
Fu detto che le facesse bollire, e le esponesse per al-
cune notti alla luna finche non si fossero convertite in
sangue (si dice che gli antichi credevano che le fave
nascessero dal sangue umano, e che i suoi fiori si
mutassero in sangue), di cui egli si serviva per scrive-
re sopra uno sjjecchio convesso ciò che voleva. Al-
lora c^p>onendo queste lettere in faccia alla luna,
quando era piena, faceva vedere ai suoi amici lonta-
ni, nel disco di quest'astro, tutto ciò che aveva scrit-
to sullo specchio. Vuoisi che Pitagora avesse preferi-
to lasciarsi uccidere da uomini che l'inseguivano, al
salvarsi attraverso un campo di fave. Presso gli an-
tichi offrivansi fave nere alle divmità infernali ; cre-
dendo che potessero servire di rifuso a certe anime.
Vedi Freno alla lussuria — Funesto — Mani —
Pianto.
Favo.
Celletta di cera dove le api depongono il miele. Ve-
di Amarezza nella dolcezza della vita.
— 384 —
Favola.
Deità allegorica, figlia del Sonno e della Notte. Dl-
ces: che si maritasse col Falso, e che si occupasse con-
tinuamente a contraffare la storia. Rappresentasi sotto
r aspetto di donna magnificamente vestita, sorridente
dolcemente, con una maschera in mano o avvicinata al
volto, oppure in atto di avvolgersi in un velo, su cui
sono disegnati diversi animali. Il Pignotti immagina
1 origine della favola coi seguenti versi:
Una dorma più bella assai del sole,
E più lucente e di maggior etade.
Mandala fu su la terrestre mole
Dalle celesti lucide contrade.
Per dissipar col suo divin fulgore
La cieca nebbia dell'umano errore.
Nude le membra aveva, il crine incolto,
E rozza era negli atti e semplicetta.
Ma cosa non mortai sembrava al volto,
Tanto più vaga quanto più negletta,
E fulgorando quasi accesi faci,
Cettavan lampi i negri occhi vivaci.
Mover vedevasi in portamento altero
Il franco pie sicura e baldanzosa.
Sereno era lo sguardo, e insiem severo,
E stava su la fronte maestosa.
Figlia della virtù, nobil fierezza.
Che i tardi suoi timidi amici sprezza.
Era costei la più lucida dea
Del del, la Verità: fiaccola ardente
Lassuso accesa in una man /enea.
Nell'altra uno specchio in guisa tal lucente
- 383 -

Che r immagine mostra d'ogni oggetto


Non qual ci sembra, ma qual è in effetto.
In questo se talor si specchia il rio
Ipocrita, non mirasi il soave
Volto, 0 le mani giunte in atto pio,
0 l'umil volger d'occhi, o l'andar grave.
Ma cade il manto, e appar sotto di quello
La man che stringe e cela il reo coltello.
Al suo primo apparir lieti e contenti
L'accolsero i mortali, e si piegaro
Umili a lei davanti e riverenti;
Ma quando nel cristallo si specchiaro.
Vedendo si sformato il proprio aspetto.
La cacciaron con rabbia e con dispetto.
La santa dea fra i miseri mortali
Pili non trovando allor atto soggiorno.
Già disdegnosa dispiegava l'ali
Per far dal basso mondo al del ritorno;
Quando
Che un'augusta
dolcemente il di dorma
lei voi erattenne.
lei sen venne.

Serio, ma non severo il volto avea;


Dolce negli atti, e accortamente schiva ;
Lento e sospeso il cauto pie movea,
A pochi saggi detti il labbro. apriva.
1 sguardi, i gesti a misurare intesa.
Quasi temesse altrui recar offesa.
Fermati, o dea, disse con dolce suono.
Frena lo sdegno, e rasserena il ciglio.
Guardami in volto, io la Prudenza sono:
E se udrai paziente il mio consiglio,
25 - O. Ronchetti.
— 386 —

Quanto fosti quaggiù finor schernita,


Tanto, credilo a me, sarai gradita.
Poscia a celar le insegna i suoi precetti.
Entro d'un velo saggiamento oscuro,
E a inviluppare in fra soavi detti
Il ver, sì che non sembri acerbo e duro.
Come su legno ruvido si stende
Gomma che liscio e dolce al tatto rende.

D'azzurro ammanto indi la dea riveste.


In vago ordin dispon le chiome bionde,
Tutta di lieti fiori orna la veste.
Il fatai vetro in bianco drappo asconde,
E In maschera gentil chiuso e raccolto
Stassi il severo maestoso volto.
Nel mondo ella tornò così mutata.
La saggia guida avendo sempre al fianco.
Da' cui dolci precetti ammaestrala.
Solo quando a lei piacque, il drappo bianco
Dal cristallo fatai la diva sciolse,
E dov'essa accennò soltanto il volse.
Lo specchio in guisa tale ella volgea.
Che chi si ritrovava ad esso avante.
Non la propria figura vi scorgea.
Ma d'un'altra persona il reo sembiante.
Onde veniva che nei difetti altrui
Qualche volta scopriva ancora ì sui.
Anzi, per ischivare ogni sospetto.
Mutò il temuto vetro in guisa tale.
Che invece di mostrar l'umano aspetto.
La figura pingea d'un animale.
- 387 -

E die la voce e le passioni umane


Al destrier generoso e al fido cane.
Onde se volle pingere un meschino
Oppresso da un potente scellerato.
Ella dipinse un tenero agnellino
Da un lupo predator preso e sbranato,
O un feroce sparvier che d'alto piomba
Su l'innocente e timida colomba.
Tutte la gente in lieta fronte udiva
Le graziose e finte istorielle.
Ed i difetti altrui tosto scopriva
Ciascuno, e non i propri espressi in quelle,
O se dei propri sospettava, ignoti
Credeali a ciascun altro e a sé sol noti.

Così l'uno dell'altro si rideva,


E il derisore stesso era deriso:
Così trovò ricette ancor la dea
Ornata alquanto: e con cambiato viso
Insegnò della vita il buon sentiero,
E così dilettò dicendo il vero.
Favonio. Vedi Venti.
Favore.
Divinità allegorica; figlio dell'Ingegno e della
Fortuna. I poeti lo rappresentano giovane, alato, sem-
pre pronto a fuggire, cieco, o con una benda agli
occhi; in mezzo alle ricchezze, gli onori e i piaceri;
con un piede sopra una ruota e l'altro in aria. Dico-
no che l'Invidia gli slava sempre accanto.
Favore celeste.
Ailanto.
- 386 -
Febbraio.
Il nome di questo mese deriva da februo, pur-
gare, purificare. Era consacrato a Nettuno, che i
marinai in questo mese pregavano anticipatamente di
essere propizio ai navigatori, i quali, all'aprirsi della
primavera, disponevansi a intrapprendere i viaggi di
mare. Il medio evo lo rappresentava con figure che
si scaldano. — Airone, uccello acquatico, allusio-
ne alle forti pioggie che avvengono in questo mese.
Pesce, che ha il medesimo siignificato. Urna che ver-
sa acqua. Vedi Zodiaco,
Febbre.
Capra, che gli antichi ritenevano mai senza feb-
bre. Leone. Secondo i naturalisti antichi, il leone
va molto soggetto alla febbre, e sopratutto alla quar-
tana.
Febbre.
Divinità che ebbe anticamente i suoi altari e i
suoi sacrifizi. Nel tempio di questa Dea p>ortavansi
i rimedi prima di darli agli ammcdati, e si lasciava-
no per qualche tempo esposti sul suo altare. Nel me-
dio evo, si riconosceva nel quartiere del Vaticano
una Madonna delle febbri, curiosa sopravvivenza ap-
parentemente pagana. La febbre veniva talvolta rappre-
sentata da una donna stesa sopra un leone, dalla
cui bocca esala del vapore.
Febea.
Cosi chiamavasi Diana in cielo.
Febo.
Dal greco phoìbos, brillante. Sopranonme di A-
pollo e di Elio. Vedi Sole.
— 3ft9 —
Fecondità.
Nei giuochi Lupercali, in una ^>elonca si sacrifi-
cava un cane al dio Pane ; dove lascivamente gio-
vami nudi portavano in mano delle sferze, formate di
striscie di pelle delle capre immolate, e le donne
spontaneamente si offrivano a essere con quelle bat-
tute, credendo così divenir feconde.
Animali: Coniglio, F>cr la sua fecondità straor-
dinaria. Gallina e uovo ; perchè la gallina depone
un uovo al giorno e alle volte da uno solo nascono
due pulcini. Dicesi che presso i Macedoni esistesse
una gallina, che in una sola volta facesse diciotto
uova, e, covatele, da ciascuno ne uscissero due pul-
cini. Lepre. Secondo una credenza antica, la natu-
ra fu tanto prodiga di fecondità a questi animali,
da dar loro la virtù di generare tanto i maschi quan-
to le femmine, senza il loro reciproco coiKorso. Pe-
cora. Quando le matrone mettevano alla luce dei ge-
melli, sacrificavamo a Giunone, protettrice dei parti
e patrona dell'abbondanza dei regni, una pecora con
due agnelli legati insieme. — Vegetali: Senape, per-
chè il suo piccolo seme, seminato in terra feconda,
produce una pianta più grande di tutti gli altri semi
simili; C03Ì, un piccolo principio, produce gramde
abbondanza. Gesù Cristo disse che chi avrà tanta
fede quémto è un grano di senape, al suo comando
farà muovere i monti, e farà tutto ciò che per virtù,
o immaginazione d'alcuno non sembra possibile a
farsi. — Diversi: Fallo, emblema più caratteristico
della fecondazione. — Vedi Lussuria feconda di figli.
Fede.
Deità allegorica, rappresentata cereria d'un velo
bianco, con le mani congiunte, accompagnata da un
3%

cane, oppure raffiigurata con due donne che si ten-


gono per mano. I Cristiani la rappresentavano se-
duta sopra un liocorno, condotto da un angelo e una
o,
vergine; perchè la castità, raffigurata nel liocorn
è sorretta dalla fede. Essa porta la tiara, ed è par-
zialmente coperta d'un manto bianco, essendo nuda
fino alla cintura; simbolo della luce e del mistero
al cie-
della religione. Inoltre essa è alata per volare
perchè la fede deve cre-
lo, e ha gli occhi bendati,
dere ciecament e ai misteri senza cercare di pene-
trarli Porta la mano al cuore. Solano, pittore, detto
piedi
comunemente lo Zingaro, l'ha rappresentata in
una benda sugli occhi, una fiaccol a accesa in
con
In un quadr o di
mano e un occhio aperto sul petto.
Mignard è raffigurata da una donna, vicmo a un
Testa-
altare, che regge una troce e ha il Nuovo un
mento sulle ginocchia; un fanciullo le porge
gono le Tavole delia legge
calice, e due altri sosten
con
antica. Un altro pittore la rappresentò seduta
nella si-
«n cuore nella mano destra, e una palma
nistra, liziano la raffigurò in una giovane donna,
endo con
che con una mano innalza il calice, e sosten
angeli.
l'altra una croce enorme con l'aiuto di due
lora cerule a. — Diversi : Anel-
— Vegetali: Passif
segno
lo presso gli antichi, che lo portavano come ne.
di fede dell'u omo libero, e non per orname nto,
uno. Anche nella
in origine, era lecito averne più di
della tede.
Bibbia l'anello è preso quale simbolo
il detto dell h-
A cui, secondo i teologi, si riferisce Presso gli
vangelo: Date l'anello nella sua mano.
tavole tte dei testame nti erano convahdate
antichi, le
i quali facessero
da sigilli d'anelli di sette testimoni dedicatole.
ento fatto. Bianco , colore
fede del testam
- 391 ^

Cero, simbolo della fede dei primi cristiani. Corona


dì fiori bicmchi, quale ricompensa. Corona di spine,
emblema della pjenitenza a cui la fede si sottopone.
Fiamma, che jporta in mauio, simbolo dell'ardore.
dallo, emblema della religione. Libri, ranrmientan-
do la Bibbia, le tavole della legge, i vangeli. Mano
destra piegata. Virgilio dice: Ecco la destra, ecco
di lui la fede — Che a noi portando i Dei, penati
riede. Ostia. Specchio, emblema della verità. In una
medaglia di Adriano si vede una figura con un
disco nella mano destra (che alcuni vogliono esse-
re uno specchio), con accanto una colonnetta dritta:
simbolo della rettitudine e la fermezza ' della fede.
Tripode, col fuoco sacro, allusione ai sacrifizi degli
antichi. Vela, simbolo della speranza. Velo bianco,
con cui Numa ordinò ai sacerdoti di coprire la ma-
no destra, per indicare che la fede va riguardata
con tutta sincerità. — Vedi Fidio.
Fede fallace.
Grembiale. Dice un proverbio. Non credere né
a donna ne a grembiule; alludendo alla leggerezza
e smemoratezza della donna che, talvolta, dimenti-
cando le cose poste in grembo, alzainlosi, sbadata-
mente le lascia cadere a terra.
Fedeltà.
Animali: Cane, la cui fedeltà è ben conosciuta.
Socrate prende il cane per simbolo del giuramento,
quando esorta d'essere fedeli e obbedienti a coloro
che tengono in mano il governo della città. — Ve-
getali: Veronica. Pianta i cui frutti sono in forma
di cuore. — Diversi: Anello, simbolo della fede giu-
rata. Chiave.
- Wl -
Fedeltà coniugale.
Artemisia. Allusione alla moglie del re Mausolo,
che polla il nome di questo fiore.
Fedeltà di messaggero.
Cornacchia sc^ra una colonna. Narrasi che un
re d'Egitto facesse innalzare una colonna quale mo-
numento a una cornacchia, per aver questa adempito

econfermandosi
cura e fedeltà
dove eral'ufficio di messaggero, volando
stata mandata.
Fedeltà eterna.
Semprevivo.
Fedeltà segreta.
Chiave e sigillo.
Federico (Sanf).
Vescovo. — Intestini, che escono da una ferita
fattagli. Spada, con cui fu ferito.
Fedra.
Figlia di Minosse e di Pasifea. Vedi Ippolito.
Felce.
Pianta perenne che cresce nei boschi e nei luoghi
umidi. Vedi Sicurezza — Sincerità.
Felice (Sanf).
Papa. — Ancora, oltre agli attributi del papa.
Felice presagio.
Calanto niveo.
Felicità.
I Romani la personificarono in una donna sopra
un bel seggio, col caduceo nella destra e una gran-
de cornucopia nella sinistra; il primo, emblema della
virtù, l'altra, della dovizia. — Vegetali: Centaurea
minore. In Oriente questo fiore rappresenta il bene
- 303 -

supremo e si chiama centaurea del sultano. Cotogno.


Olivo. Nelle monete di Antonino Pio si vede una
figura con un ramo d'olivo carico di frutti e di to-
glie in una mano, e nell'altra il caduceo, con l'in-
scrizione FELICITAS AVG. — Diversi: Agata,
pietra. Nave, la quale figura in certe medaglie di A-
driano e di Augusto, con l'inscrizione come sopra
Vedi Macaria.
Felicità futura delle anime.
Colomba, inargentata davanti e indorata sup>erior-
piente nella parte di dietro. Simbolo biblico in cui,
secondo i teologi, la parte inargentata raffigura !a
quiete acquistata nella vita presente, che ci è evi-
dente; mentre la parte dorata, non visibile, e s<^ra-
stante, indica l'oro promesso nella vita futura, cioè
la perp>etua felicità.
Felicità passeggera.
Rondine, jperchè ci visita nella buona stagione
e ci abbandona in quella cattiva.
Felicità pubblica.
Caduceo. Colonna. Nelle monete di Giulia Mam-
mea, vedesi una figura col gomito appxoggiato sopra
un capitello d'una colormetta e tenendo nella destra
il caduceo, con Tinscrizione FELICITAS PVBLI-
CA S. C. La colonna ha un significato relativo al
pubblico.
Felicità rinnovata.
Convallaria.
Felicità suprema.
Capricorno. (Vedi Anime dei mmit).
Femmina. Vedi Peccato e innocenza.
^ 394

Fenice. i j i
più celeb re fra gli anuna li favol osi del-
Nome del , ma-
rantichità. dagli Arabi defini to malùo mo Vismo
ce il no-
jnoùlo Ijismo, cioè creatura di cui non si conos
il corpo. La si immag inò della gran-
me signora di una certa
dezza di un'aq uila; con la testa ornat a
o ciuff o lumin oso; le penne del collo dorate,
cresta
, mescolata
le altre di color porpora; la coda bianca
a penne incarnatine, e gli occhi scintillanti come stel-
se
le. Si credeva che la fenice unica, isolata, abitas
se diver si secoli . Plinio
i deserti dell Arabia, e vives
da un al-
afferma che ie fu posto il nome derivato
bero detto fenice, il quale presso i Romani era la
sono sel-
stessa pabna. e ciò perchè tra quelle che seccava e
vatiche, se ne trovò una la quale moriva
poi da se stessa rinasceva e dal rinverdiva. Ahri vo(glio-
no che il suo nome derivi greco phonix, rosso,
allusione ai Fenici, i quali furon o i primi a scoprire
fenice, quan-
la porpora. La favola racconta che la morire cala
do preved e che si avvic ina il tempo di
si lacera,
a terra, e col becco rivolto contro se stessa
piena di plagh e versa molto sangu e, dal
e così tutta
e poi diventa
quale prima nasce un certo vermicello,
Uante all'u ccell o da cui e derivato
un pulcino somig
va insieme col
11 quale appena messe le penne, se ne
nata la
padre in Eliopoli. dove dicesi essere prima spunta
e appen a perve nuti, tosto che il sole
fenice,
e il nuovo uc-
fuori dall'orizzonte, il padre muore o, la fenice ,
cello ritorna donde venne . Secon do Ovidi
lunga vita, com-
dopo aver trascorsi i secoli della sua di
posto alla sommità di una palma un nido fatto m
cinna momo e mirra sopra quest o
cassia, nardo,
della sua
pone, e così in quelli odori finisce il tempo
- 395 -
vita, e tiice che dal corpo del jjadre subito nasce
un'altra fenice, la quale, dopo essere cresciuta, e ac-
quistata la forza sufficiente per sopportare il peso,
stacca quel nido dai rami, portandolo davanti alle
porte del tempio del Sole (in Eliopoli. città dedicata
al Sole). Aggiunge che i sacerdoti d'Egitto con gran-
de onore e riverenza prendevano questo uccello mor-
to, facendogli delle essequie misteriose, che a molti
altri animali sacri costumavano fare. La credenza
comune vuole però che la fenice rinascesse dalle pro-
prie ceneri. La favola di questo pieraviglioso uccel-
lo viene anche menzionata dagli scrittori rabbini e
dai più antichi padri della Chiesa cristiana. I primi
ritenevano che la ragione per cui la fenice vive co-
sì lungo temix), ed è in certo modo esente dalla mor-
te, è perchè fu il solo animale che non mangiasse del
frutto vietato del paradiso. Vedi Gesù Cristo —
Immortalità — Rinnovamento della vita — Risur-
rezione — Speranza.
Ferdinando (San).
Re di Spagna. — Bandiera. Egli era gonfalo-
niere di S. Giacomo. Chiavi, ricordando che scac-
ciò iMauri dalla Spagna. Spada. Allusione alle va-
rie sue campagne in onore di Cristo contro i Mao-
mettani.
Ferite amorose.
Arco, attributo priiKÌpale del Dio dell'amore, il
quale ferisce di lontano, come se una freccia uscisse
dagli occhi della persona amata, penetrando in quelH
dell'amante. Mirto, a foglie bucherellate; anblema
delle ferite d'eunore, dell'affanno e della tristezza, da
cui gli amanti sovente, per il desiderio che hanno,
ono tormentati.
— 3% -
Fermezza.
Ancora, che mantiene stabili i bastimenti. Bos-
so. Chiodo, che ferma saldamente ciò che unisce. Co-
lonna, dedicata dagli antichi alla fermezza. Anche
in diversi luoghi della Bibbia la colonna è presa co-
me simbolo di fermezza.
Fermezza di propositi.
Erma d'i Giano. La mancanza di piedi e di mani
denota che la forza d'animo non abbisogna d'altro
aiuto per compiere ciò che si è proposto di fare.
Fermezza nei fatti.
Uomo dritto con un bastone in mano.
Ferocità.
Animali: Montone. Questi animali, ancora pri\i
di corna, rivelalo già un istinto combattivo cozzan-
dosi ferocemente fra loro. Tigre. E' noto il detto
poetico: allattato dalla tigre arcana, per esprimere
la ferocità di qualcuno. — Vegetali: Quercia. I
poeti chiamavano nati di dura quercia, gli uomini sel-
vaggi, feroci e crudeli privi di ogni civiltà ; forse per-
chè i popoli primitivi, in mancanza di abitazione,
solevano ricoverare i loro figli nelle fessure delie
quercie o delle rocce.
Ferocità frenata.
Cavallo col freno in bocca; allusione a un uomo
feroce e indomabile, ma che obbedisca però alla leg-
ge e alla raigione.
Ferocità mitigata.
Tigre, animale feroce, sogigiogata al carro di Bac
co; perchè credevasi che l'uso moderato del vit
mitigasse la crudeltà di un animo Teroce. PlautJ
- 397 —

voleva che a un uomo molto adirato fosse dato del


vino, perchè col vino lavasse la bile.
Feponìa.
Dea protettrice degli schiavi affrancati, e presie-
deva ai boschi e agli orti. E.ssendosi un giorno appic-
cato il fuoco in una selva, ove aveva un tempio, co-
loro che si accfngevano a trasportare altrove la sua
statua accorgendosi che il legno, di cui era compo-
sta, rinverdiva, abbandonarono l'impresa. I suoi sa-
cerdoti camminavano sopra i carboni accesi senza
abbruciarsi.
Ferrata. Vedi Prigione.
Ferro.
Secondo la mitologia. Vulcano fu il primo che
adoperasse questo metallo per far armi da guerra
e gli strumenti da coltivare i campi. Vedi Crudeltà
— Dolore — Insolenza — Invìdia — Ira — La-
voro — Morie — Prova — Rapina — Sdegno —
Strage.
Fertilità.
Vite carica di grappoli. Allusione alla grande pro-
uzione di questa pianta, rispetto all'esilità del suo
ronco. Dicesi che nella Frigia si %"idero grappali
almente voluminosi, che uno solo ne riempiva un
arro.
Ferula.
Pianta celebre nella mitologia, nella storia e nella
tedagogia degli antichi. I suoi fusti hanno abbastan-
a solidità senza aver la durezza e il peso di un
astone ordinario. Gli adoratori di Bacco, nelle loro
este, andavano armati di questi fusti per potersi
attere impunemente fra loro ubriachi. Gli impera-
- 398 -
tori portavano uno scettro di ferula, quale emblema
dell'autorità paterna, che corregge senza ferire. I
poeti finsero che Prometeo avesse rinchiuso nel fu-
sto midolioso della ferula il fuoco rapito dal Cielo
per farne dono alla Terra. Vedi Ammonizione —
Bacco — Grammatica.
Fervore.
Rosso, colore dedicatogli.
Fessoti ia.
Dal latino fessus, stanco. Era presso i Romani
la Dea dei viandanti stanchi. Anche i guerrieri in-
vocavéuio il suo soccorso, per poter resistere alle lo-
ro dure fatiche.
Feste. Vedi Ascolie — Baccanali — Eleusinie
— Ipaìna — Matronali feste — Misie — Palilie
— Priapee feste — Quinquatro — Saturnali.
Festino.
Prezzemolo, con cui i Greci s'incoronavano nei
banchetti, credendo che questa pianta avesse la vir-
tù di eccitare l'appetito e l'allegria.
Fetìsci.
Specie d'idoh dei Negiri di Guinea, che possono
paragonarsi ai geni degli antichi. La parola fetiscio
è derivata dal p>ortoghese feitisso, che significa in-
cantesimo. Quesbe divinila variano a secooida del-
la volontà dei loro sacerdoti: consistono in animali
disseccati, in rami d'albero, in montagne, in pietre,
in gusci d'uovo, ecc., ne hanno delle piccole che
portano al collo o al braccio che sono d'ordinario
frammenti di metallo o di conchiglie. La domenica
i negri si radunano ai piedi di un albero che chia-
mano albero dei fetisci; vi apparecchiano una lavo
— 399 -
la imbandita di vino, di riso e di miglio; si passa
la giornata a ballare; un sacerdote, seduto sopra
una specie di altare, fa offerte ai fetisci e spruzza
gli astanti con acqua che estrae da un vaso in cui
e rinchiuso un serpente. Quest'albero è un oracolo
che si consulta in occasioni importanti, e non manca
mai di far conoscere la sua risposta p>er bocca di un
cane nero, che sarebbe il diavolo. Un enorme sco-
glio chiamato Tabra, sporgente in mare in forma di
penisola, è il gran fetiscio della Costa del Cajx».
Gli si rendono onori particolari, come al più px)tente
dei fetisci. Al Congo, nessuno beve senza fare un'of-
ferta al suo principale fetiscio, che è ordinariamente
un dente d'elefante. Il feticismo, cioè l'adorazione
dei fetisci, è una delle forme più degradevoli del-
l'idolatria.
Fetonte.
Figlio del Sole e di Climene. Avendogli Epafo
rinfacciato di non essere figlio del Sole, come van-
tavasi, andò a lagnarsene con sua madre, la quale
lo rimandò al Sole, per sapvere dalla propria sua
bocca la verità riguardo alla sua nascita. Fetonte noi
tardò quindi a recarsi al palazzo del Sole, e lo tro-
vò seduto sul suo trono rilucente per l'oro e le gem-
me; appena che il Sole lo vide entrare depose i suoi
-aggi, e sentito il motivo della sua venuta, in segno
iella sua paternità, giurò per lo Stige di nulla ricu-
argli. Allora il temerario giovane chiese permesso
l'illuminare il mondo per un giorno solo, lasciando-
gli condurre il suo carro. Il Sole, obbligato da ir-
evocabile giuramento, adoperò ogni mezzo per di-
togliere il figlio da così diffìcile impresa, ma tutto
u invano. Fetonte, che non conosceva pericoli, per-
- 400 -

sistè nella sua domanda e salì sul carro; ma inca-


pace di guidare i focosi cavalli, questi deviarono
dal solito cammino, e ora innalzandosi troppo in al-
to, minacciando il cielo d'inevitabile incendio, ora trop-
|x> al basso discendevano, disseccando i fiumi e bru-
ciando lemontagne. La Terra, irritata fino nelle in-
teme sue viscere, andò, a lagnarsi con Giove; que-
sti, per prevenire tutto lo scompiglio dell'universo,
con un colpo di folgore rovesciò dal carro Fetonte
e lo precipitò nell'Eridano, dove le Ninfe lo seppel-
lirono. Questa disgrazia scombussolò talmente il cie-
lo, che Giove fu costretto di rifarlo, e fu allora,
dicesi, che si rimase un giorno senza vedere il sole.
Questa favola, in sostanza, simboleggia l'azione ro-
vinosa del sole d'estate, i cui effetti possono essere
mitigati da Giove con opportuni temporali.
FJaccola.
Presso gli antichi si portava la fiaccola ai fune-
rali, sia iperchè questi erano per lo più cerimonie not-
turne, sia perchè serviva a dar fuoco alla pira; alla
quale il portatore della fiaccola dava fuoco volgen
do altrove la faccia. Vedi Amanti morti — Amor
— Amore divino — Amore reciproco — Auror.
— Baccanti — Bellona — Cerere — Como —
Ecale — Giovanni Battista {San) — Imene — Li-
bertà — Lucina — Luna — Morte — Nozze —
Segnale d'attacco — Sonrfb — Spirito umano —
yerità — Vesta — Vita.
Fiacre (San).
Si vuole che il nome di fiacre fosse dato alle vet-
ture di piazza perchè furono da principio destinate
a portare fino a S. Fiacre i parigini che vi andavano
— 401

in pellegrinaggio. — Corona, atribuendogli la leg-


genda iltitolo di principe. Libro. Peritola di rame.
Il santo è patrono dei calderai. Sedile di pietra. Nella
cappella di questo santo a S. Fiacre, esiste una pie-
tra su cui i fjellegrini si seggono devotamente p>er gua-
rire dalle emorroidi o, secondo altri, di una speae
di male detto San Fiacre. Vanga, F>er essere il pro-
tettore dei giardinieri.
Fiala.
Recipiente di vetro in forma di piccolo pallone
sormontato da un collo dritto e sottile. Vedi Medicina.
Fiamma. Vedi Avvenimento propizio — Collera
— Fede — Iconologia — Vesta.
Fichi secchi. Vedi Autunno — Bacco.
Fico.
Dicesi che sotto un fico venissero allattati Romolo
e Remo da una lupa, e celebre perciò divenne que-
st'albero. Tacito racconta che dopo aver questo esi-
stito 830 anni, seccò, poi fu veduto a rinverdire.
Il fatto è che il fico della piazza romaina fu qui/i
piantato per conservare la memoria di quello sotto
il quale, per popolare tradizione, voleyaisi che fos-
sero stati allattati Romolo e Remo. Non tagliavasi
mai, e si lasciava morire di vecchiaia. Quando era
secco, i sacerdoti ne sostituivéino un altro. Si chia-
I
mava ruminale, da ruma, méimmella. Il fico detto
Navio era quello che Tarquinio Prisco fece a Roma
piauitare nel comizio ove l'augure Azio Navia aveva
con un rasoio tagliato in due p>arti una cote. La
credulità pop>olare riponeva i destini di Roma nella
durata di quest'albero. Vedi Adamo — Bacco — ■
Cerere — Corona di fico — Dolcezza — Dolcezza
26 — Q. ROXCHETTI.
- 402 -

della verità — Dolcezza tolta — Foglie di fico —


Libidine — Presagio di beni — Priapo.
Fico selvatico. Vedi Caprifoglio.
Ficoide. -Vedi Mesembriantcmo.
FIdio.
Dio che presso i Romani presiedeva al manteni-
mento della fede; di cui esiste a Roma un'alle-
gorìa, consistente in un uomo sbarbato, con l'aspetto
però d'età matura, presso il quale è posta una figura,
con la parola HONOR. Questa porge e prende la
mano a una donna in sembianza di una vergine, con
la parola VERITAS. E nel mezzo a queste due
figure si vede un fanciullo, con la parola AMOR.
E tale composizione mostra che queste tre virtù so-
no le cose su cui la fede si appoggia e che la con-
servano inviolata; cioè la verità nelle promesse, ii
desiderio dell'onore, devono reggersi reciprocamen-
te, ma se l'amore non interviene col suo favore,
facilmente la fede si rompe; perchè la verità ge-
nera la fede, l'onore la mantiene, l'amore la nu-
trisce.
Fiducia.
Amalista.

Fieno. Vedi Fascetlo di fieno — Manipolo.


Fierezza.
Camelia.
Figli. Vedi Abbandono dei figli,
Flladelfo.
Dal greco philos, amico e adelphos, fratello. Pian-
ta i cui rami, naturalmente scostati l'uno dall'altro.
— 403 -

hanno la tendenza ad avvicinarsi e intrecciarsi in-


sieme. Vedi Amore fraterno.
Filatterio.
Pezzetto di pergamena su cui gli Ebrei scrive-
vano qualche passaggio della Scrittura, e che essi
attaccavano al braccio o alla fronte come amuleti.
Vedi Gabriele {San) — Profeti — Reilorica.
Filemone >■ Bauci.
Questa coppia viene celebrata nella mitologia co-
me modello dei costumi semplici e puri, e di rara
ospitalità. Viaggiando Giove e Mercurio sotto for-
ma umana nella Frigia, non trovarono chi volesse
dar loro ricovero; ma capitati nella capanna di Fi-
emone e Bauci, furono ospitalmente ricevuti da que-
sti due coniugi, che lavarono loro i piedi, e misero
loro davanti un parco pranzo campestre consistente
in frutta, miele e latte. Commossi i divini viaggia-
tori da tanta cordialità, si fecero presto a loro co-
noscere, la prima volta col far nascere, durante il
anchetto, il vino a misura che si beveva. Avvedu-
osi di ciò i due vecchi, corsero tosto a prendere
'unica oca che avevaro in Ccisa per sacrificarla agli
!)ei; ma l'oca corse a rifugiarsi in seno a Giove;
quindi i due numi condussero i loro ospiti a un
nonte vicino, e mentre questi si stavano guardando
)ieni di meraviglia, sii Dei affondarono il villag-
io che era ai loro piedi, eccetto la capanna di File-
one e Bauci, che convertirono in un magnifico tem-
io. Inoltre Giove disse loro di chiedergli qualunque
vore desiderassero, che egli li avrebbe soddisfatti;
[la quei modesti e contenti vecchi chiesero solo di
«ere sacerdoti di quel tempio, e morire tutti e due
404

insieme. Vennero appagati, e dopo essere vissuti in


una lunga e beata vecchiaia, un bel giorno, mentre
se ne stavano seduti davanti alla porta del tempio,
ecco che Filemone si avvede che Bauci si trasforma-
va in un tiglio, e Bauci si accorse che suo marito di-
ventava una quercia. Allora tutti e due a un tempo
si diedero e ricevettero parole di vicendevole addio,
e così cambiati, furono poi lungo tempo venerati
come alberi sacri davanti a quel tempio.
Filippo (San).
Apostolo. — Drago, uscito dall'altare di Marte
e che uccise diverse persone, le quali furono risusci-
tate dal santo, dopo aver scacciato il mostro. Tau,
all'estremità di un lungo bastone. Vedi Apostoli.
Fìiira.
Figlia dell'Oceano. Fu molto amata da Saturno.
Opi avendoli sorpresi insieme. Saturno si trasformò
in cavallo per fuggire più presto, e Filira andò va-
gando per le montagne, ove diede alla luce il centau-
ro Chirone, ed ebbe tanto orrore d'aver messo al
mondo un tal mostro, che pregò gli Dei di trasfor-
marla in ippocastano.
Flilide.
FigHa di Licurgo re di Tracia. Avendo concesso
i suoi favori a Demofoonte, figlio di Teseo, col pat-
to che la sposasse al suo ritorno da Creta, vedendo
che tardava troppo, si impiccò, e fu cangiata in
mandorlo. Demofoonte bagnò poi quell'albero col suo
pianto, il quale com\nciò subito a germogliare.
Filo. Vedi Fato.
Filo a piombo. Vedi Architettura.
~ 405 —
Filomela.
Figlia di Pandione re d'Atene, e sorella di Progne,
moglie di Tereo re di Tracia. Progne desiderando
rivedere la sorella, pregò Tereo di andare in Atena
e condur seco Filomela. Ma durante il viaggio Te-
reo la violò, e perchè non potesse parlare le tagliò
la lingua. Filomela però per mezzo di un ricamo
manifestò alla sorella l'infame offesa, e unitesi alla
vendetta uccisero il piccolo Ito, e lo diedero a man-
giare a Tereo. Dopo averne molto mangiato. Pro-
gne gli pollò ancora la testa del ragazzo, dalla
quale riconobbe il proprio figlio. E mentre Tereo
correva per punire le sorelle, le quali fuggivano, ven-
nero tutti e tre dagli Dei trasformati in uccelli. Pro-
gne in rosignolo, e fuggì nei boschi per piangere Ito;
Filomela in rondine, e come tale si lagna, garrendo
cioè quasi con la lingua mutilata, dal perfido Tereo,
il quale, cambiato in upupa, va gridando pu, pu.
cioè dove? dove? quasi cercando Progne e Filomela.
Secondo altri mitologi. Progne sarebbe stata cam-
biata in rondine. Filomela in rosignolo e Tereo in
sparviero.
Filomena (Santa).
Vergine e martire, fu decapitata. — Ancora, che
Diocleziano, che voleva violarla, le fece legare al
collo, per gettarla poi nel Tevere. Angeli, che sal-
varono la santa, liberandola dall'ancora. Frecce ar-
roventate con cui doveva essere saettata, ma che non
partirono dall'arco, o si rivolsero contro chi le sca-
gliava sulla martire. Ciglio, emblema di verginità,
\Palma del suo martirio. Staffile. Nuda e legata a
lun palo, fu flagellata con staffili piombati e di ferro
— 406 —

chiamati scorpioni. Piena di ferite, la santa venne


gettata in carcere, ove le apparvero due angeli, un-
gendole tutto il corpo, risanandola.
Filosofìa.
Fermezza di ragione, elevazione di spirito che
mette al di sopra degli accidenti della vita e delle
false opinioni del voilgare. Raffaello la personificò
in una giovane donna, seduta sopra una sedia di
marmo omiata di figure rappresentanti Artemide Efe-
siaca, vestita d'una stoffa su cui figurano tessuti i quat-
tro elementi, e avente dei libri sulle ginocchia, col
titolo Naiuralis e Moralis. Ha accanto due puttini
che reggono delle tavolette; su quella del puttino di
sinistra si legge Causarum, e su quella del puttino a
destra, Cogniiio. — Pino, albero che si eleva ovun-
que si trovi.
Filosofìa morale.
Allegoricamente, viene rappresentata con quattro
figure simboliche, cioè: Fortezza, Giustizia, Pruden-
za, Temperanza; cardinali virtù, su cui si poggia tut-
ta la filosofia morale.
Fine,
Capitello, che corona e finisce la colanna. Piedi.
qual segno di opera finita: una volta usavasi l'espres-
sione ad calcem, per significare che un affare, o una
opera era finita. Vedi Principio e fine.
Finezze.
Volpe. Allusione evidente alle furberie proverbia-
li di quest'animale.
Finocchio,
Pianta aromatica dai cui grani si fa un eccellenti
liquore piccante. Vedi Forza,
- 407 -
Finzione.
Datura stramonio.
Fionda o frombola.
Strumento di corda o di cuoio da lanciare sassi
o palle di piombo, usato dagli antichi. Vedi Davide
— Forza — Litigioso.
Fioraiiso u Fior d'ali so. Vedi Centaurea.
Fior cappuccio. Vedi Aquilegia.
Fior di passione. Vedi Passiflora.
Fior di primavera. Vedi Bellide.
Fiore di arancio.
Verginità.
Flore di cacto. Vedi Uomo raro.
Fiori Vedi Aria — Corona di fiori — Elisa-
betta d'Ungheria (Sant') — Gioventù — Lussuria
— Maggio — Odorato.
Fiorrancio. Vedi Calendula.
Fiume. Vedi Cesò Cristo — Ciuliano F Ospi-
taliere {San).
Fiumi.
Presso tutti i popoli cintichi i fiumi parteciparono
agli onori divini; e furono consacrati come figli del-
l'Oceano edi Teti. Quanto ai fiumi le cui acque
avevano qualche cattiva qualità, si dicevano fiumi
dell'Inferno. Gli attributi dei fiumi in generale sono:
Cornucopia, emblema della fertilità del terreno che
attraversano. Corona di canne ; per essere la canna
simbolo dell'acqua. Urna versante acqua, e su cui
ordinariamente si af^x»ggiano i fiumi. Vedi Acheloo
— Aci — Arno — Eufrate — A^i7o — Po — Te-
vere.
~ 408 -
Flamini.
Ordini di sacerdoti dell'antica Roma, istituiti da
Numa Pompilio. Ogni Flamino era destinato al ser-
vizio di qualche particolare deità; e godevano gran
reputazione, le loro mogli, dette Fiammica, assiste-
vano ai sacrifici e a altre cerimonie. I Flamini si
distinguevano per im pileo o cappello particolare,
di forma conica, color di fuoco, che fermavasi sotto
il mento; era formato di pelle di agnello, e aveva
alla sommità un grosso fiocco di filo o di lana. Il
loro numero, che originariamente era solo di tre,
crebbe poi secondo che si introducevano nuove dei-
tà; e in ultimo anche gli imperatori, venendo dopo
morte deificati, avevano un Flaminio a essi desti-
nato.
Flammeo.
Velo giallo fiammante che le sp>ose portavano nel
giorno del matrimonio. Vedi Imene — Nozze.
Flauto.
Questo strumento usavasi nella maggior parte del-
le cerimonie greche e romane, come in occaisione di
nozze, di espiazioni, di sacrifizi, e sopra tutto nei
funerali, in cui oantavansi le nenie, che richiedevano
necessariamente l'accompagnamento di flauti. Di qui
venne il detto ormai conviene mandare il flauio,
quando un malato era disperato di salute. Vedi Eu-
terpe.
Flegetonte.
Fiume dell'Inferno, ed era uno stagno le cui ac-
que esalavano vapori solforei, e il cui fango era

à
ardente. Sulle sue rive non crescevano alberi né ,
piante,
- 409 —

Flegone,
Uno dei cavalli dei Sole.
Flessibilità.
Butomo, allusione alla pieghevolezza dei rami di
questa pianta.
Flora.
Dea molto antica dell'Italia centrale, che presie-
deva allo sbocciar dei fiori e alla primavera. Rapita
da Zefiro, che la fece sua sposa, non solo la dotò
del privilegio di presiedere ai fiori, ma di quello
ancora assai più gradito di godere di una perpetua
giovinezza. Alcuni credettero che questa Dea fosse
la Clori dei Greci. Rappresentasi sotto l'aspetto di
bella Nmfa coronata di fiori, avendone anche in ma-
no, con una veste dipinta a fiorami di ogni colore,
ha per attributo \m canestro di fiori. Flora aveva
un suo sacerdote, e in suo onore si celebravano so-
!?nnissime feste dal 28 aprile al 1 . maggio, le così
cette Florali, la cui origine sarebbe la seguente. Un
sacerdote d'Ercole, trovandosi un giorno nel tempio
solo, per passare il tempo, propose al suo Dio una
partita ai dadi a condizione che se il Dio perdeva,
avrebbe dovuto dare qualche segno che manifestasse
di concedergli cosa degna della grandezza di Erco-
le; ma se vinceva, egli gli preparerebbe una sontuo-
sa cena, facendo intervenire una delle più belle don-
ne che potesse trovare, la quale resterebbe con lui
una notte. Poi cominciò a giuocare tirando i dadi
con una mano p>er se, e con l'altra per Ercole, e
fisultò che il Dio fu vincitore; per cui il sacerdote,
nantenendo il patto, ch'egli stesso propose, appa
ecchiò la cena dovuta, con un letto magnificamente
— 410 —

ornato, e fatta venire una bellissima donna, chiama-


ta Laurenlìa, la quale segretamente compiacevasi di-
spensare isuoi favori, la chiuse nel tempio con
Ercole, lasciandovela sola quasi tutta la notte. Nar-
ra la favola che Ercole l'avesse molto cara e che
perciò le apparve ordinandole di mostrarsi facile
e piacevole al primo che incontrasse andando
in piazza allo spuntare dell'aurora, ciò che ella
fece; e incontrò un Tarrutio ricchissimo, il quale si
invaghì di lei e l'amò tanto, che venendo a morte la
lasciò erede della maggior parte dei suoi averi, di-
venendo così assai ricca, e morendo poi fece suo
erede il popolo romano; il quale l'ebbe perciò in ;
grandissima venerazione sempre, ma vergognandosi ■
forse di far tanto onore a una metetrice, le cangiò ■
il nome chiamandola Flora, e le furono ordinate fe-
ste, in cui s'incoronavano le porte delle case, si por-
tavano corone in testa, e in queste feste, celebrate
con grande lascivia dalle meretrici, facevansi cacce ^
di lepri e di caprioli, perchè questi animali erano]
custoditi nei giardini sotto la protezione di questa]
Dea.
Fo.
Sotto questo nome i Cinesi adorano il Dio Budda.l
Sua madre trovandosi incinta di lui, sognò di aver
commercio con un elefante bianco, o secondo altr
di inghiottire uno di questi animali, favola che dii
de luogo agli onori che i re indiani rendono aj
elefanti bianchi. Fo uscì dal ventre di sua madl
dal lato destro. Fin dal momento della sua nasciti
era così robusto che camminava. Si racconta ci
fece sei passi, e che con una mano mostrando
- 4M —

cielo e con l'altra la terra, facesse udire queste pa-


role: Io sono il solo degno di essere onoralo sulla
lena. A diciassette anni sposò tre donne, con le qua-
li visse tre anni .Poi ie abbandonò e andò ad abi-
tare un luogo solitario con quattro filosofi, dei quali
scìguiva i consigli. A trent'anni si sentì inspirato,
prese il nome di Fo, e cominciò a predicare la sua
dottrina, facendo trasecolare i popoli con un gran
numero di prestigi. Malgrado la sua pretesa divi-
nità, Fo non fu esente dalla morte. I bonzi, sacerdoti
cinesi, assicurano che nacque ottomila volte e che
passò successivamente nel corpo di un gran numero
di animali, prima di elevarsi alla dignità di Dio. Per-
ciò egli è rappresentato sotto forma di un elefanle, di
un drago, di una scimmia, ecc.
Foca.
Sp>ecie di mammifero marino. Vedi Pe//e di Foca
— Sonnacchioso.
Foglie di fico. Vedi Generazione — Legge —
Partenza — Penitenza.
Foglie morte. Vedi Malinconia — Tristezza.
Foglie verdi. Vedi Speranza.
Folaga.
Uccello acquatico della famiglia delle anitre. Di-
cesi che le folaghe siamo prodotte senza uova; alcuni
le fanno provenire dalle conchiglie che trovansi in
mare, altri vogliono che esista un albero somigliam-
tissimo al salice, il cui frutto si cambia in folaga,
e le foglie di quest'albero che cadono nell'acqua
producono pesci. Altri ancora dicono che le folaghe
si formano nel legno in corruzione, mutandosi il le-
gno imputridito in veime e questo in uccello. Né
- 4J2 -

basta; si racconta che un prete avendo pescato una


grande quantità di alghe e canne marine, vide ali.
estremità delle loro radici certe conchiglie singolari,
le quali essendo state aperte, si trovò dentro un uc-
cello invece di un mollusco. Vedi Ercole — Mol*a
apparenza e poca essenza — Sciocco.
Folgore. Vedi Fulmine.
Follìa.
Personificata, si rappresenta con uno scettro da
buffone in mano, e in capo un berretto ornato di
sonagli. — Aquilegia del Canada; pianta i cui fiori
bizzarri rassomigliano alquanto allo scettro dei buf-
foni, emblema della follia. Cavallo di legno, che essa
cavalca.
Fontana. Vedi Berta {Santa) — Bonifacio {San)
— Bruno {San) — Clotilde {Santa) — Davidei
{San).
Fontanali feste.
Feste in onore delle Ninfe che presiedevano alle]
fontane. Si celebravano il giorno 1 3 di ottobre. Quel
giorno gettavansi nelle fontane delle ghirlande con cui
in seguito venivano coronati i fanciulli -
Fonte battesimale.
Vaso di pietra o di metallo in cui serbasi l'acqua ■
benedetta per battezzare nelle chiese parrocchiali. Ve-
di Battesimo.
Forbici. Vedi Parche.
Forchi.
Figlio di Nereo, fratello e spjoso di Cheto; coppia
che rappresentava quella terribile forza, per cui il
mare si popola di mostri, atterrisce l'animo di chi
- 413 -

su di esso si avventura. Forchi era il cap>o òi tutti i mo-


stri marini, che eran detti il suo esercito, e Cheto ra^;-
presentava il mare come patria di questi mostri.
Forcone,
Arnese di ferro con manico lungo, a due o tre
rami accuminati detti rebbi. Vedi Diavolo.
Forestiero.
Lupo, in opposizione del toro, simbolo del cit-
tadino; come risulta alla seguente storiella. Danao
movendosi contro gli Argivi, e chiedendo che fosse
scacciato Gelanore, il quale signoreggiava in Argo;
avendo veduto combattere un lupo e un toro, met-
tendo se in luogo del lupo, asfjettava la fine di
questa battaglia. E^seijdo poi il lujx) stato vincito-
re, promesse un tempio ad Apollo Licio, allo scopo
di far credere ai cittadini che quel segno era man-
dato dagli Dei per mostrare che lui, Danao, doves-
se essere vincitore; e i cittadini lo credettero facil-
mente, facendo Danao imperatore. Gelanore fu ri-
tenuto per il toro, perchè visse con loro; mentre
Danao fu preso per iorestiero perchè venuto di fuo-
ri. Uccelli Narraisi che Alessandro il Grande volen-
do edificare la città di Alessandria in Egitto, e gli
architetti non trovando gesso ne terra biéuica in nes-
sun luogo per tracciare la picmta, ricorsero alla fa-
rina, spargendola per segnare i confini delle mura
della città. Ora avvenne che gli uccelli si raduna-
rono ivi da ogni parte per cibarsi di quella farina;
e da questo fatto gli indovini predissero ad Alessan-
dro che la città doveva prosperare ed essere nutrice
e madre di tutte le genti, e che della fertilità del
suo terreno dovevano usufruirne i forestieri.
414 --
Forma. Vedi Materia e forma.
Formica. Vedi Abbondanza — Devastazione — ■
Effetti della concordia e della discordia — Fatica
instancabile — Frequenza degli uditori — Investiga-
zione — Lavoro — Morte — Pietà — Provvedi-
mento — Salvezza.
Fornace.
Dea che presiedeva ai luoghi dove si cuoceva il
pane.
Fornello. Vedi Clibano.
Forte.
Cammello, per la sua forza di resistenza nel por-
tare ilcarico per più giorni di seguito; sopportando
pazientemente la fame e la sete.
Fortezza.
La fortezza, considerata come una delle virtù car-
dinali, viene rappresentata sotto l'aspetto di dorma
armata di scudo della Fede, e tiene in una mano
la spada fiammeggiante. — Agata.
Fortezza d'animo..
Uomo seduto su un cammello fermo, — Incudine
Allusione a un uomo d'animo fortissimo, che non te
me ma affronta impavido qualsiasi colpo di sventura ;
un distico greco dice: A^è teme incude strepito o ru-
more. — A^è saldamente altrui forza, o furore. E
Cicerone: Assidui a un'opera dì e notte, battendo
la medesima incudine; volendo alludere a chi affati-
candosi continuamente raggiunge lo scc^o prefìsso.
Fortezza d'animo indebolita.
Cinghiale e leone. Allegoria di persona ardita
che si scoraggi in circostanze impreviste; p>erchè di
cesi che il leone malvolontieri affronta il cinghiale,
e che una volta volendo assalirne u.io, vedendolo ar-
ricciare lesetole, se ne fuggì.
Fortificato contro i pericoli.
Riccio. Allusione a una persona sicura dalle in-
sidie, dai p>ericoli e da qualsiasi caso di sfortuna
perchè si vuole che questo amimale, sentendo l'odo-
re delle bestie che lo cercano, o il latrare di un cane,
si raccoglie in palla, rizzando le spine per sua dife
sa, rendendosi cosi riparato e sicuro contro qualun-
que pericolo.
FoKifìcazione.
Corazza. Nel senso morale, la quale difende le
arti vitali. Il filosofo Antistene disse essere la virtù
arma (corazza), che non si toglie. Perchè la spa-
a e lo scudo possono sbalzare e perdersi; ma le
rmi della sapienza sono ferme e sicure Gli antichi
onevano la sede della sapienza nel petto (difeso
Jalla corazza) ; anzi talvolta è preso per la sa-
)ienza stessa. Orazio disse: Non eri già tu corpo
enza petto. Testuggine, per essere riparata dal gu-
cio in modo da resistere a qualsiasi f>crcossa.
'ortuna.
Questa Dea, dispensatrice del bene e del male,
nne talora rappresentata con due facce, una bian-
la buona, l'altra nera, la cattiva fortuna. Nei
armi antichi si vede seduta quale donna onesta-
ente vestita da mal-ona, mesta in viso e sconsola-
davéinti alla quale si trova una giovane bella.
ga d'aspetto e lieta, che le dà la mano destra, la
ale raffigura la Fortuna presente; e di dietro si
e un'altra fanciulla, malinconica, ap>poggiata alU
-- 416

nta la Pa-ata Fo
sedia della matrona, e rapprese
ntata cieca e calva
tuna Essa venne anche rapprese
quali poggia sopra un,
r le aU ai piedi, uno dei I Sciti rappresentavano la
\1\ l'altra in aria.

su un Cd vali frecce- in atto di col-

°r°' r;::ra/aTvero ip Sa Fortuna non i


^:Ì Sa o"r Livi oca Riana . Allora si rapP«.
la Dea sotto l'aspetto di una donna m p«d,
sitava

ruo..
::" Lfed .1 i beni materiali; la palla e la
rXi d,nstab,Utà e (u.acità; «^-- ™^-!,
ael governo dell, vicende umane. ^-^PP^f "S
.ione comune consiste -"XTa la "ent suS

rr^^^:=;-^tvX-:q
r.r:=: e:r'a:
Ina Albert rc:irà
o Durerò la rapp:n^^^^
resentò m^^^^^
una donn

r;a.^c» le ali, -p«- .-"■-- .H^;;:'


nrano sinistra un vaso prezioso. = « "f Ì^'„\ ",",
^
briglia. Un altro pittore rappresento '» F»"™^
cadere d^Ua mano d-
data su una roccia, lasciando por-
dei pezz, doro, e
Ta una corona, uno scettro,
gendo delle spine con la mano sinistra. Ved. Cup,Jo
— 417 -

e fortuna — Incostanza della fortuna — Mala-For-


tuna — Sorte.
Fortuna e Amore.
Dkesi che in Egira esistesse una statua della
Fortuna con la cornucopia in mano, con accanto un
Amorino alato, seduto; con cui si voleva mostrare
che, in amore, poco v«de la bellezza, la passione e
la gentilezza, se non si è protetti dalla Fortuna; poi-
ché, senza ricchezze, il solo amore ha poche attrat-
tive per le donne volubili, che non si danno per pas-
sione, ma per il danaro e preziosi doni, simboleggji-
ti nella cornucopia. I Latini chiamavano fortima le
ricchezze.
òrtuna prospera.
Capricorno (vedi Anime dei morti).
Gru lo.
Dio protettore delle porte che, girzmdo sui cardini,
si aprono e si serrano, dette dai Latini fores.
Fona.
Personificata in Elrcole. — Uomo con la lesta
di leone. Botticelli la réippresentò con una donna ro-
busta seduta su un trono. Rubens la figurò in una
donna con uno scudo, sul quale è disegnato un leo-
ne. La si vede rappresentata da una figura vestita
di pelle di leone, sostenendo con una méuio la base
di una colonna, tenendo nell'altra un ramo di quercia.
Animali: Rinoceronte. — Vegetali: Finocchio,
:he i gladiatori mescolavano ai loro cibi per acquistare
Forza, e i vincitori erano coronati di questa piémta.
Quercia, albero resistentissimo, consacrato a Ercole.
— Diversi: Barba, ornamento virile. Calamita, che
attrae il ferro. Clava, principale attributo di Ercole
27 — O. RoxcnBTTi.
— 418 -

Colonna, che la Forza sostiene. Corna. Fionda, allu


sione a Davide. Pollice. Mano stretta in pugno, col
pollice alzato, il quale, presso i Latini, era consi-
derato come il più utile all'uomo, e più forte delle
altre dita, attribuendogli inoltre una specie di domi-
nazione nella mano. Smeraldo, pietra dedicata alla
forza. Spalla, simbolo biblico di forza e vigore.
Forza d'animo. Vedi Fortezza d'animo.
Forza del corpo e dell'animo.
Cinghiale e leone aggiogati insieme: il primo rap-
presenta larobustezza del corpo; il secondo, la virtù
e forza d'animo.
Forza dell'eloquenza.
Gli antichi la rappresentavano con Mercurio bar-
buto, vecchio e di corpo macilente, ma col membro
eretto, cioè in questa sola parte giovane: emblema
della forza. I Francesi invece ricorrevano a Ercole,
ritenuto più gagliardo di Mercurio, raffigurandolo co-
me un vecchio quasi decrepito, calvo, con pochi capel-
li in testa, col viso di colore scuro, tutto crespato e
rugoso, vestito di pelle di leone; dandogli nella de-
stra la clava e un arco nella sinistra; portava la
faretra pendente agli omeri, e aveva molte catene
d'oro e d'argento sottilissime, attaccate alla lingua,
con le quali tirava dietro a se molte p>ersone, che
sembravano però seguirlo volontieri. Si raffigurava
l'eloquenza vecchia perchè essa è più perfetta nei
vecchi che nei giovani. — Fulmine; allusione alla for-
za dell'eloquenza che percuote l'animo degli uditori.
Nella Bibbia si legge: Manda fuori nubi dall' eslre-
mità della terra, converte in pioggia i lampi. Dove
- 419 —

per le nubi s'intendono gli uomini santi, per i lampi


la forza di persuadere, e per la pioggia, l'eloquenza.
Forza e stabilità.
Elefante, su cui è seduto un uomo.
Forza vinta dalla sapienza.
Leone prostrato con le gambe davanti a terra, aven-
te sul capo un caduceo dritto; attributo principale
di Mercurio. Dio dell'eloquenza ; il leone simboleggia
la forza. In una medaglia d'Antioco, si vede un leo-
ne chinato a terra, e una civetta che gli vola sopra,
la quale simboleggia Minerva, Dea della sapienza.
Alcuni vogliono invece che ciò sia un'allegoria del
crepuscolo vespertino, in cui il leone simboleggia il
sole e la civetta la notte.
Forziere,
Cassa di legno o di ferro per chiudere denaro. Ve-
di Avarizia.
Fosforo.
Figlio di Eos (Aurora) e d'Astreo o. secondo altri,
di Cefalo; dicesi che Venere lo rapì giovane e lo fe-
ce guardiano del suo tempio. Al pari di Espero,
rappresentavasi questa stella del mattino in figura di
bel giovane, con una fiaccola in marno. Fosforo era
chiamato Lucifero dai Latini.
Fossa. Vedi Faticoso — Giovanni Evangelista
{San) — Massonerìa.
Fotochi.
Divinità straniere introdotte nel Giappone. Un Dio
di questo nome separò l'isola di Fungo dalla terra
ferma. L'idolo era d'oro massiccio; alcuni ladroni
ne furono tentati, lo rapirono e portandolo in luogo
- 420 —

così nascosto, che non si è potuto più trovarlo. Fo-


tochi, sdegnato, si vendicò facendo dalle onde in-
ghiottire lalingua di terra che univa l'isola al conti-
nente, indi ebbe cura di togliere il suo idolo dalle
mani di quei profani, e quantunque massiccio, egli
lo fece galleggiare sulle acque e approdare senza
umano concorso all'isola di Mettogawma.
Fragilità umana.
Animali: Ragno, allusione alla fragilità della sua
tela. — Vegetali: Canna, simbolo biblico. Carciofo
selvatico ; allusione al suo '^fiore color porpora, sboccia-
to fra le spine, che presto si imbianca, ed è portato
via dal minimo soffio di vento; similmente allo sva-
nire delle umane speranze, e alla facilità con cui,
per ogni minima causa, gli uomini spesso perdono la
vita. Rosa. Fiore grazioso, odoroso; ma di breve du-
rata; paragonabile al bene fugace della nostra vita:

' L'età d'un giorno solo è della rosa:


Né prima è naia, che vecchiezza opprime
La beltà sua si vaga e graziosa.

Diversi: Bolla di sapone, o d'acqua, simbolo eviden-


te della fragilità umana.
Fragola.
Questa pianta ebbe il nome dalla particolare fra-
granza dei suoi frutti. I medici antichi attribuivano
molte virtù alle diversi parti della fragola. Vedi De-
lizia — Primavera.
Framea.
Specie di dardo o spiede, usato dagli antichi come
arma. Vedi Morte.
Frammassonerìa. Vedi Massoneria.
421

Francesco d'Assisi (Sani').


Fondatore dei frati minori. Fu battezzato col nome
di Giovanni, ma fu poi soprannominato Francesco,
forse perchè imparò con facilità la lingua francese.
■— Animali: Agnello (simbolo del Redentore), e che
tutti i giorni andava a messa e s'inginocchiava alla
elevazione dell'ostia. Asino. Bue. Un giorno di Na-
tale ilsanto fece assistere alla messa questi due ani-
mali in memoria della nascita di Gesù. Cicala. Narra
la leggenda che quest'animaletto, cantando su un
fico contiguo alla celletta di Francesco, col suo can-
to, lo eccitava, oltre il consueto, alle divine lodi. E
che un giorno le disse: Sorella cicala, vieni f]ui da
me. Tosto obbedì, e gli volò in marno. Lepre, che. pre-
sa nel laccio, fn regalata al Santo, e che, messala in
libertà, non volle fuggire, ma gli saltò in braccio.
Pesci, ai quali predicava. Raccontasi che una grossa
tinca, regalatagli viva, rimessa nell'acqua non simmer-
geva, ma guizzava a fior d'acqua intomo alla bar-
chetta in cui si trovava il santo: egli la licenziò e la
benedisse, e la tinca disparve. Tortore, con le quali
aveva divini colloqui. Uccelli, che chiamava fratelli.
— Vegetali: Centaurea celeste, ricordando il suo a-
more per la natura. Ciglio, emblema di verginità.
Spine, sulle quali si coricava per mortificare il corpo
e per resistere alle tentazioni. — Diversi: Angeli, che
lo confortarono durante una malattia, cantando e suo-
nando. Centauro, simbolo del diavolo e la forza bru-
tale, ch'egli respinse. Chiesa di Laterano che crolla-
va, e che il santo sostenne con le proprie spalle. Al-
lusione alsogno che ebbe lorquando il papa esitava
ad approvare le regole dell'ordine religioso fondato
— 422 —
da S. Francesco. Croce. Dicesi che il santo nascesse
con una croce impressa sulle spalle. Dalmatica, per-
chè era diacono. Gesù Cristo, che gli apparve. Libro
delle regole che fondò. Neve. Narra la leggenda che
il santo, mentre pregava fervidamente, venne jissalito
dalla tentazione, e per liberarsi si denudò, battendosi
con la disciplina, e dopo essersi avvoltolato nella
neve, fece sette figure di neve, e disse, indicandole
a una a una, questa è mia moglie, questi sono i mjei
due figli, queste le mie due figlie, la sesta la mia
donna di servizio, la settima il servitore, poi tornò
ad avvoltolarsi nella neve, e il diavolo tutto tremante
di freddo se ne fuggì. Rogo, sul quale voleva salire
per provare la sua fede, e per convertire una mon-
dana. Rosario. Serafino crocefisso, che gli impresse
le cinque piaghe della Passione di Cristo. Stalla, do-
ve nacque, perchè sua madre volle ch'egli venisse al
mondo come il figlio di Dio. Stella, che salì al cielo
alla sua morte. Stimate. Teste di morto, davanti a
cui meditava.

Francesco Saverio (San).


Bordone, per essere stato missionario. Capanna, do-
ve spirò. Crocefisso. Fuoco, che gli circonda il petco,
allusione alla consolazione ricevuta dal Signore. Ci'
elio, emblema della sua purezza. Granchio di mare.
Durante una tempesta di mare, volendo il santo quie-
tare le onde, vi immerse il crocefisso, che un'ondata
gli strappò, e dopo ventiquattro ore, vide comparire
un granchio che, a fior d'acqua, gli riportava il cro-
cefisso. Indiana, che Francesco liberò di morte Immi-
nente, per non potersi sgravare, e che battezzò. In-
fermo. Raccontasi che, in viaggio per la Terra Santa
423 -
giunto a Venezia si ritirò nell'ospedale degli incura-
bili, dove Irovavasi un infermo con una piaga talmen-
te orrenda e puzzolente, che quasi nessuno ardiva av-
vicinarglisi. Francesco stesso provò molta ripugnanza
nell'assisterlo, ma vergognandosi della sua debolezza,
abbracciò 1 infermo, e pose la bocca sulla ferita puz-
zolente fino a succhiarne il marciume Nave. Durante
una tempesta, che durò tre giorni, il Santo fu presente
contemporaneamente in due navi, distanti fra loro e,
facendo da pilota, le condusse salve In porto. Pelle-
grina da missionario.
Francia.
Ciglio, che nei secoli passati era emblema de! regno
di Francia.
Fratelli Campali. Vedi Arvalì Fratelli.
Frassinella. Vedi Dittamo.
Frassino.
Il frassino comune è uno dei più gramdi alberi del-
l'antico continente; non teme la vicinanza Si altri al-
beri, ma ai quali esso riesce nocivo appropriandosi il
loro alimento con le sue radici, che ampiamente di-
stende, in modo che venne paragonato a un lirauino,
il quale si compiace nel veder tutti soffrire e perire
intorno a lui, purché nulla gli manchi. Vedi Asgard
— Grandezza — Odino — Tirannìa.
Freccia.
Arma antica che si lanciava con l'arco. Alcune
popolazioni dell'Asia, usavano portare una sp>ecie di
corona di frecce, quale jq^pvmto si vede sulle teste
dei busti antichi di alcune divinità del paganesimo.
In mano di Apollo quale Dio solare, le frecce e l'ar-
- 424 ^

co rappresentano il vigore dei raggi solari vibranti sul-


la terra. Vedi America — Amore — Amore divi'
no — Apollo — Contrarietà — Cristina {Santa)
— Cristoforo (San) — Cuore e consiglio — Custode
di se stesso — Edmondo {Sant') — Dispiacere —
Filomena {Santa) — Peste — Piacere e Dispiacere
— Sebastiano {San) — Taddeo {San) — Ke/o-
cità.
Freddezza.
Agnocasto. Secondo Plinio, le sacerdotesse di Ce-
rere formavano i loro giacigli di questa pianta allo
scopo di conservare la castità. I monaci di un certo
ordine portavano un coltello, il cui mzmico fatto di
legno d'agnoceisto doveva rendere loro il cuore insen-
sibile. Doronico. Nufar. Pianta ritenuta come cal-
mante dell'ardore del sangue. Una Ninfa, che amava
appassionatamente Ercole, morta dal dolore per es-
sere egli stato insensibile alle sue attrattive, fu dal-
l'eroe trasformata in Nufar.
Freno.
Ordigno che si mette in bocca ai cavalli per gui-
darli. Vedi Nemesi — Temperanza.
Freno.
Ritegno. — Topazio.
Freno alla lascivia. Vedi Lascivia domata.
Freno alla lussuria.
Fava coperta d'un velo, secondo alcuni, nel senso
cioè, che si debba evitare, con gli occhi e con le ma-
ni, ogni occasione atta a eccitare la lussuria, per vi-
vere casti. Gli antichi, per la forma, paragonavano
la fava ai testicoH.
423 -
Frequenza degli uditori.
Formica. Secondo gli interpreti dei sogni, se i pro-
fessori diletteratura avessero sognato di sentirsi cam-
minare delle formiche sulle orecchie, era segno che
molti uditori avrebbero assistito alle loro lezioni.
Frey.
Fratello di Freya. Presiedeva alle nozze, all'ab-
bondanza, alla ricchezza, alla chiarezza del jole e a
tutti i frutti della terra.
Freya.
Figlia di Njord e Dea dell'amore presso gli Scan-
dinavi. Andava su un carro tirato da due oalt'i, e pos-
sedeva una collama meravigliosa, come il cinto di
Venere. Sposò Oder, e la loro figlia Hnoss racco-
glieva in se tutte le bellezze. Freya era il simbolo
dell'amore violento e agitato, come Frigga lo era
dell'amore calmo e coniugale.
Frigga.
Sposa di Odino, la quale, nella mitologia Scandi-
nava, corrispondeva all'Era dei Greci e alla Giuno-
ne dei Romami. Il suo amore per lo sposo e il suo
amore materno p>er uno dei suoi figli, Balder. e i suol
tentativi per farlo ritornare in vita dopo morte, ne
fanno il simbolo della sposa e della madre di fami-
glia. Rappresentava anche la terra abitata e colti-
vata.
Frisso.
Pioggja che scroscia. Figlio di Atcìmante e di
Nefele (nuvola); fratello di Elle (Helle, viva luce).
Avendo Atamante lasciata la moglie celeste per spo-
sare donna terrena. Ino figlia di Cadmo, Nefele, of-
- 426 -

fesa, per castigo mandò un'ostinata siccità sulla ter-


ra di Alamante, Ino volendo approfittare di questa
occasione per togliere di mezzo i figli del primo let-
to, cercava indurre lo sposo di immolare Frisso ed
Elle a Giove per ottenere la cessazione della siccità.
Allora, al momento del sacrificio Nefele intervenne
circondando i figli di una nube, dalla quale uscì un
montone dal vello d'oro, che li portò per aria, tra-
sportandoli verso Colchide. Nel péissare il mare, El-
le, spaventata dal frastuono dei flutti, cadde in mare.
Frisso la seppellì sulla spiaggia, e denominato quel
luogo Ellesponto dal nome di sua sorella, continuò
la sua fuga. Frisso, giunto felicemente in Colchide,
ivi sacrificò il montone a Giove, protettore dei fug-
genti, e appese il vello d'oro a un albero in una fo-
resta consacrata a Marte, facendolo custodire da
un terribile drago, il quale divorava tutti queUi che
venivano per toglierlo.
Friteilaria imperiale.
I fiori di questa pianta, chiamata anche corona
imperiale, formano alla sommità del fusto un elegante
verticello a guasi di corona, cui sovrasta un ciuffo di
foglie. Vedi Maestà — Potenza.
Frivolezza.
Banderola, che si volta a tutti i venti. Briza. Pian-
ta le cui spighe si agitano al minimo soffio, e che
simboleggia la mobilità dei sentimenti dell'animo.
Frode.
Apelle la personificò in una donna (vedi Calunnia);
mentre Dante la raffigura in un serp>ente con la testa
d'uomo e la coda che termina in scorpione, come ri-
sulta dai seguenti versi:
- 427 -

E quella sozza imagine di froda


Sen venne, ed arrivò la testa e il busto.
Ma iti su la rha non trasse la coda.

La faccia sua era faccia d'uom giusto.


Tanto benigna avea di fuor la pelle,
E d'un serpente tutto l'altro fusto.
Due branche avea pilose in fin l'ascelle;
Lo dorso e il petto ed ambedue le coste
Dipinte avea di nodi e di rotelle.
Con più color, sommesse e sovrapposte
Non fur mai in drappo Tartari ne Turchi.
Ne fur tai tele per Aragne imposte.
Immagine degli ingannatori e fraudolenti, che nello
aspetto si mostrano benigni, di modi piacevoli e mo-
desti, ma le cui azioni finiscono per rivelarsi piene di
mortifero veleno. — Corvo con una pietra nel becco,
vicino a un vaso. Dicesi che in Libia si usa conservare
l'acqua in recipienti di terra, in forma di anfora, che
vengono esposti scoperti sui tetti, e che i corvi, asse-
tati, non trovando acqua altrove, volano a questi vasi
e bevano introducendo la testa nell'apertura; ma
quando si accorgono che l'acqua si abbassa, vanno in
cerca di certe pietruzze che lasciano cadere nel vaso,
per far risalire l'acqua alla portata del becco. Rame.
Frombola. Vedi Fronda.
Frugalità.
Cicoria. Vegetale poco nutriente e buono per con-
valescenti.
Frumento.
Alcuni vogliono che questa piante sia originaria del-
la valle del Giordano, perchè la Vergine dei zodiaci
— 428 -

egiziani, copiata in seguito dai Greci e dai Romani,


tiene in mano un mazzo di spighe di frumento. Vedi
Abbondanza — Ricchezza — Spiga.
Frutta. Vedi Corona di fiori e frutta — Custo.
Frutto della continenza.
Mandorlo, simbolo di casta continenza, perchè la
scorza della mandorla oltre a essere amarissima, è co-
perta di un guscio duro; spogliata però dall'una e
dall'altro si trova un frutto saporito. La scorza e il
guscio figurano l'astinenza d'ogni piacere, che in prin-
cipio pare amara, ma da essa poi si coglie un frutto
dolce e piacevole.
Frutto delle altrui fatiche.
Fuco, simbolo di chi ricava utilità e godimento del
lavoro altrui; perchè il fuco vive delle provviste ra-
dunate con la fatica delle api.
Frutto delle opere malvage.
Stoppia (vedi Raccolto).
Fuco.
Maschio delle api. Vedi Frutto delle altrui fatiche
— Parassita.
Fuga.
Cane con la coda fra le gambe. E' noto il det
to: mettere la coda tra le gambe, allusivo alla viltà
d'animo e mancanza di coraggio. Cervo, che corre;
questo animale timido, per istinto, fugge ad ogni mi-
nima minaccia di pericolo. Dorso. Leggesi nella Bib-
bia che vicino all'idolo di Dagone fu collocata l'ar-
ca del Signore, la quale, di notte, spezzò l'idolo, di
cui, al mattino, se ne trovò soltanto il dorso, ciò fu
indizio che alla venuta del vero Dio, l'idolo falso
- 429 -

sarebbe scacciato e messo in fuga; perchè chi fugge


mostra le spalle.
Fuga dai pericoli.
Delfino. Dicesi che questi auiimali, quando pre-
vedono una tempesta, corrono verso il porto, saltando
sull'onda, quasi volessero invitare i naviganti a riti-
rarsi presto in porto, e non affidare le loro navi alle
onde.
Fuga popolare.
Sciame, con sotto il fumo. Le api, simbolo di po-
polo, da nessun altra cosa maggiormente sono spa-
ventate e messe in fuga che affumicandole. Di questa
similitudine se ne servì Apollonio, nel descrivere la
fuga dei Brebici quando videro ucciso Amico loro re.
Fugacità dei beni.
Pesca su un vassoio. Simbolo del fiore dell'età e
d'ogni bene che tosto passa, e della stessa instabilità
della vita umana; perchè nessun altro frutto quando
sia colto va a male così presto come la p>esca.
Fulmine.
Secondo gli antichi, quìuido il fulmine, partito dal-
l'oriente e non avendo fatto che sfiorare qualcuno,
ritornava dalla medesima parte, era segno di una
felicità perfetta. Tiberio portava una corona di lauro
per ripararsi dal fulmine. Gli antichi distinguevano
tre sf>ecie di fulmini: bianco, rosso, nero; il primo
era chiaro, penetrante e faceva dei miracoli: beveva
il vino passando per una botte, senza lasciar alcuna
traccia nella botte; fondeva l'argento e ogni altro
metallo che trovava nelle casse senza darmeggiarle :
uccideva le persone senza lasciar alcun segno negli
— 430 —

abiti, e si racconta che a una donna è stato fulminato


il feto che aveva in seno, senza far nulla a essa; ecc.
E questa specie di fulmine veniva da Minerva, ed
era bianco perchè ritenuto il più purgato. L'altro ab-
bruciava ciò che incontrava, perciò era rosso, ed era
mandato da Giove. Il terzo, che era umido, non ab-
bruciava, ma tingeva solamente, lo dissero nero, e fu
dato a Vulcano, che presiedeva al fuoco fumoso dei
mortali. Selce, emblema del fulmine. Vedi Asterie —
Barbara (Santa) — Caterina d'Alessandria (Santa)
— Clemenza — Fama — Forza delV eloquenza —
Giove — Velocità.
Fumaria.
Pianta dai fiori senza odore, di sapore amarissimo,
perciò è stata chiamata fiele di terra. Vedi Medi-
cina.
Fumo. Vedi Buona volontà ostacolata dal dubbio
— Ignoranza.
Fune. Vedi Corda.
Funesto.
Fava, che presso i Romani, ritenuta cosa funesta,
era usata nei sacrifizi che facevano ai morti, a cui la
fava era consacrata. Ancora oggidì nel dì dei morti
usasi mangiare fave.

Fungo. Vedi Cosa fatta all'improvviso — Scioc-


chezza — Sospetto.
Fuoco.
Tutte le nazioni adorarono il fuoco, come il più
nobile degli elementi, e come viva immagine del sole
Presso i Romani il fuoco era una divinità familiare;
e lo rappresentavano sotto la figura di Vulcano in
- 431 -

mezzo ai Ciclopi. Una Vestale presso un altare sopra


il quale arde il fuoco, opjpure una donna che tiene
un vaso pieno di fuoco e ai suoi piedi una salamandra.
sono pure simboli con quali gli antichi esprimevano il
fuoco. Numa istituì in Roma il culto del fuoco c-
terno, il quale circola in tutte le parti dell'universo,
che era affidato alle Vestali; e volle che il tempio
depositario del fuoco avesse forma rotonda, affinchè
rappresentasse l'universo, il cui centro, secondo i pi-
tagorici, èoccupato dal fuoco. Vedi Acqua e fuoco
— Allegrezza — Amore — Anlonio {Sant') —
Antonio da Padova {SanC) — Calamità — Fama
oscurata • — Francesco Saverio (San) — Guerra —
Inverno — Marte (pianeta) — Morte naturale e mor-
te violenta — Rovina — Spirito Santo — Vita di-
vina.
Fuoco e acqua. Vedi Acqua e fuoco.
Furberia.
Volpe, animale famoso per le sue astuzie prover-
biali.
Furie.
Divinità infernali, ministre della vendetta del Cie-
lo contro i malvagi, e incaricate dell'esecuzione delle
sentenze emanate contro di essi dai giudici dell'In-
ferno. Secondo Esiodo erano nate dal sangue che cad-
de sulla terra dalle ferite di Urano, lorquando questi
fu mutilato dal figlio Crono, in modo che il primo
delitto generato nella più antica famiglia divina si
supponeva generato subito dopo lo spirito della ven-
detta edella punizione. Altri le ritenevano figlie della
Notte, o delle Tenebre. I poeti ne finsero tre: Alef-
1 to, Tisifone, Megera, le quali venissero a turbare le
— 432 —

menti umane; perchè tre sono le passioni che induco-


no gli uomini a far del male, senza riguardo alla
propria fama, alla famiglia, né alla propria vita. Vira
che cerca la vendetta; la Cupidìgia, che brama la
ricchezza, e la Libidine che si dà in preda a diso-
nesti piaceri. Le Furie erano rappresentate come mo-
stri, dallo sguardo minaccioso, con grandi ali diste-
se, coi piedi di rame; munite di staffile, di torce, e
avevano dei serpenti arrotolati intorno alle mani ed
ai piedi. Alcuni danno loro ali di pipistrello, e le
mettono in mano una lorda, simbolo degH ardori su-
scitati nel petto dalle tre passioni suddette. Dante le
presenta coi seguenti versi:
Dove in un punto furon dritte ratto
Tre furie infernal di sangue tinte:
Che membra femminine aveano ed atto,
E con idre verdissime eran cinte;
Serpentelli e ceraste avean per crine.
Onde le fiere tempie erano avvinte.

Stazio descrive Tisifone d'asjjetto spaventoso, con la


capigliatura di serpenti, vestita d'un abito scucito a
tergo e allacciato al petto da fibbie di serpenti, met-
tendole nella destra una sferza d'idra e nella sinistra
il fuoco. Ovidio la dipinge turbata in volto, col ca-
pelli bianchi mescolati a serpenti, che le scendono
sulla faccia, coperta d'un vestito tutto cosparso di
sangue, con una cintura di serpenti attorcigliati insie-
me, e una fiaccola in mano tinta pure di sangue; fa-
cendola accompagnare dal Timore e lo Spavento. Ve-
di Lissa.
4i) -
Furie di Oreste.
Dito. Si vuole che in un cerio luogo della Sicilia
anticamente esistesse un dito di pietra pMJsto sopra un
sepolcro e che tale segno avesse rapporto con Oreste,
il quale, p>erseguitato dalle Furie, impazzito, si sa-
rebbe staccato un dito coi denti.
Furore.
Deità allegorica. Rappresentasi sotto l'aspetlc di
uomo terribile nel viso, quasi sanguinoso, talvolta ben-
dato, in atto di fremere, e seduto sopra corazze, el-
mi, scudi e altre armi, con le mani legate dietro la
schiena con catene; oppure con le catene spezza-
te, e in atto di stracciarsi i cap>elli. — Animali: Coc-
codrillo, che si percuote da sé stesso; perchè, se-
condo ali Egiziani, quando gli sfugge la preda,
inveisce furiosamente contro se stesso. — Vegetali:
Maudragora. La radice di questa pianta, la cui for-
ma può essere paragonata al corp>o umano, emette,
secondo la leggenda, delle grida orribili strappando-
la dal suolo. Gli stregoni se ne servivano per com-
porre una bevanda provocante un delirio furioso.
Vite, che gli Egiziani volevano nata dal Sangue dei
Gigamti, e considerata anche quale simbolo del fu-
lore provocato dall'ubriachezza. — Diversi: Vento,
allusione alla sua impetuosità.
Furore bestiale.
Leone, che sbrana i suoi leoncini; allusione a un
furore violentissimo e sfrenatamente sfogato sugli al-
tri. Di tale furore dice la favola essere stato preso
Ercole, e diventasse talmente smamioso, che non solo
[uccidesse i figli di un suo ospite, ma incrudelisse
Ianche talmente contro i propri figli da ucciderli; ciò
- 434 —

che non differisce dall'allegoria del leone che sbrana


i propri leoncini.
Furore implacabile.
Vipera piegata in molti giri, con fuori la lingua,
tripartita; simbolo biblico. Si vuole che nessun furo-
re possa paragonarsi a quello della vipera, la quale,
appena toccata, s'infuria a tal segno che mai si sa-
zia, finché non abbia avvelenato col morso chi l'a-
vesse disturbata, oppure non muoia di rabbia.
Furto.
Mano sinistra, che fu ritenuta inclinata al furto.
Secondo Plauto, Sofondidisca, mediatrice d'amori il-
leciti, chiesta la mano del fanciullo Pechinio, ed egli
avendole steso la destra, ebbe a dire: dov'è quell'al-
tra tua sinistra rubatrice? Al medesimo significato al-
lude Catullo dicendo che Marrucino non adoperava
rettamente la mano sinistra, ma scherzando e beven-
do, toglieva i fazzoletti a chi non ne aveva cura.
Fusano. Vedi Evonimo.
Fuso. Vedi Donna laboriosa — Fato — Nozze
— ■ Parche.

G.
Gabriele.
Uno dei primi angeli del paradiso, il suo nome
significa fortezza di Dio. — Croce astile, come scet- ,
tro. Filatterio, su cui sono tracciate le prime parole j
della salutazione angelica. Ciglio, emblema di purez-j
za, fKìrtato in mano nell'annunciare a Maria Vergine^
l'incarnazione del figlio di Dio.
- 435 —

Gaggia. Vedi Acacia.


Galanteria.
Mazzetto di fiori.
Galanti.
Serva d'Alcmena. Quando Alcmena stava p>er met-
tere alla luce Ercole, Giunone, sotto l'aspetto di
vecchia, si mise a sedere alla di lei porta stringendosi
le ginocchia per imp>edire il parto d'Alcmena, da
Giunone mortalmente odiata, perchè amala da Giove.
Galauiti accorgendosi che la padrona non f>oteva sgra-
varsi fintanto che Giunone teneva le ginocchia a quel
modo, andò a dirle che Alcmena aveva finalmente
messo al mondo un bel bambino. Ciò udendo la finta
Giunone Lucina, si alzò piena di rabbia, e nel me-
desimo istante Alcmena si sgravò. Giunone poi a-
vendo saputo l'astuzia di Galanti, le si gettò sopra
per mangiarla viva, e la trasformò in donnola.
Galante niveo.
Pianta chiamata volgarmente bucaneve, che sboc-
cia il suo fiorellino nel mese di febbraio, quando spes-
so la neve copre il terreno. Vedi Felice presagio —
Nuova speranza.
(«alatea.
Una delle Nereidi, amata da Polifemo e da Aci,
ma preferì questo giovane avvenente pastore al de-
forme ciclope. Sdegnato Polifemo di tale preferen-
jl za, schiacciò Aci con una rupe. Sentì tanto dolore
Gal atea per la sua morte, che si gettò in mare per
unirsi alle Nereidi sue sorelle. Il nome di Galatea
viene dal greco gala, latte; poiché secondo alcuni,
era la Ninfa dotata di mirabile bianchezza. Altri
invece asseriscono che così fosse chiamata perchè cai-
436 -
mava il mare medesimo, la spuma del quale fa bian-
cheggiare leonde. Galatea viene rappresentata sopra
un carro tirato da due delfini, in forma di conchiglia,
guidati talvolta da alcune figlie dei Tritoni, che cir-
condano la leggiadra Ninfa, la quale alzando le
candide braccia stende al dolce soffio di zefiro un pur-
pureo panno, facendo a se ombra. Ha le chiome ba-
gnate, che in parte scendono vagamente sul volto, e
in parte sopra le bianche spalle.
Galega.
Pianta che i medici antichi vantarono qual po-
tente rimedio antispasmodico. Vedi Ragione.
Galla.
Escrescenza prodotta sui vegetali dalle punture di
vari insetti Vedi Leggerezza.
Gallina. Vedi Dissipatore di ricchezze — Donna
impudica — Fecondità — Sanità — Sicurezza.
Gallina faraona. Vedi Meleagridi.
Gallo.
Caldo, animoso e vigilante, il gallo è sempre sta-
to considerato l'emblema del vigile coraggio, come
la gallina della sollecitudine materna. Il gallo era
riprodotto sulle medaglie greche e romane e sulle
gemme, e figurava negli spettacoli pubblici di quelle
nazioni. Quelli di Rodi e di Delo erano celebri per
la loro valentia nel combattere. Vedi Alettrione —
Apollo — Carro tirato da galli — Conservazione del-
le vigne — Empietà — Esculapio — Espiazione —
Lotta — Lussuria — Medicina — Mercurio — Mi-
nerva — Morte — Notte — Persia — Pietro (San)
I— Profeti I— Salute — Soldati persiani — - Ti->
more religioso — Vigilanza — Vittoria.
- 437 -

Gambero. Vedi Aspellaliva delusa — Cancro —


Elefante con coda di gambero.
Ganesa o Ganeca.
Dea della sapienza presso gli Indiani, rappresen-
tata in una figura piccola, tozza, di color giallo-
gnolo, fornita di quattro braccia, e in luogo del
volto una proboscide d'clcfarìte. La sua ordinaria ca-
valcatura era un topo, emblema della previdenza. Que-
sto topo era prima un Gigante, cui gli Dei avevano
concesso l'immortalità; ma egli abusando del suo pò
fere, portò la desolazione fra gli uomini, che implo-
rarono ilsoccorso di Ganesa; costei si strapf>ò uno
dei suoi denti e lo lanciò con tanta forza contro il
Gigante, che il dente gli entrò nello stomaco e lo
atterrò. Il Gigante si tramutò subito in topo grosso
come una montagna e assalì Ganesa, che gli saltò
sulla schiena dicendo: D^or in avanti tu sarai la mia
cavalcatura, e d'allora in poi non abbai>donò mai
i! vincitore. Oggidì Ganesa ha f>er ufficio di agitare
l'aria nei boschetti di Cailassa con un ventaglio di
penne per dar fresco ai suoi cari genitori Siva e
Parvadi, mentre Nureda suona la lira, con accompa-
gnamento dei cori celesti.
Ganga.
Una delle tre Dee delle acque (del fiume Gang?)
cui gli Indiani rivolgevano i loro omaggi. EUsa uscì
armata del cervello di Giove degli Indiani i quali rac-
contano di lei una favola che molto assomiglia a
quella di Alfeo e di Aretusa.
Ganimede.
Figlio di Troo, re di Troia, era talmente bello,
che Giove volle farlo suo coppiere. Perciò, mentre il
— 438 _

giovinetto stava un giorno cacciando sul monte Ida.


Giove, presa la forma di un'aquila, lo trasportò in
Cielo, e lo pose nel zodiaco sotto il nome di Ac-
quario.
Garofano. Vedi Ardore — Desiderio — Dignità.
Garrulità.
Rondine. Un poeta dice:
Se il molto dire, e molte cose presto
Di chi parla mostrasse la prudenza
La rondine più di noi savia sarebbe.
Vedi Vana garrulità.
Gatta. Vedi Laschia delle donne.
Gatto.
Raccontasi che un giorno il gatto di Maometto
si era accucoiato sulla manica penzolante della sua
veste, e sembrava meditarvi così profondamente, che
il profeta, sollecitato a recarsi alla preghiera, e non
osando distoglierlo dalla sua estasi, tagliò la manica
del suo vestito. Al suo ritorno trovò il gatto il quale
rinveniva dal suo assopimento estatico, e che, alla
vista della manica tagliata, accorgendosi della tene
rezza del suo padrone, si alzò per fargli riverenza,
con la coda ritta, e piegò la schiena in arco per testi-
moniargli maggior rispetto. Maometto, che capiva be-
nissimo ciò che tutto questo significava, assicurò al
prediletto gatto un posto nel paradiso. Poi passando-
gli tre volte la mano sulla schiena, gli comunicò per ^
contatto la virtù di non mai cadere che sulle quat- ,
tro zampe. Vedi Alpini — Augusta — Carro tiralo 5
(/a gatti — Dissimulazione </ei vizi — Domandare;
439 -
aiuto — Indipendenza — Libertà — Luna —
Svezia.
Gazza.
Uccello notissimo, chiamato zmche pica. Plutarco
narra di una gazza, la quale sentendo in Roma suo-
nare itrombettieri, come stordita, restò muta p>er più
giorni, ma appena che fu rinvenuta imitò tutte le mo-
dulazioni delle trombe. Vedi Adulazione — Bacco
— Gazzarra — Licenza — Loquacità — Pierie.
Oea.
Nome che i Greci davano alla Terra.
Gazzarra.
Cazza.
Gefjon.
Divinità scandinava la cui storia ha molta affinità
con quella di Frigga sopra tutto per la benefica in-
fluena che le si attribuiva sulla cultura de! suolo.
Protettrice speciale delle vergini, alle quali offriva
dopo m(Me la sua celeste dimora. Una vecchia leg«
genda racconta che Gefjon portò via un giorno un
véisto tratto di terreno che il re di Suithiod le aveva
consegnato per coltivare, e lo precipitò in mare. Da
questa rapina ebbe origine il lago di Maelar in Sve-
zia, el'isola di Seeland in Danimarca.
Gelosia.
Eliotropo — Menta (vedi Minta).
Gelso.
Il gelso non si affretta a germogliare e fiorire ai
primi tepori dell'aria, come fanno molti altri alberi
andando così soggetti agli sbalzi repenti di tempera-
ture e gli effetti dannosi della brina. Ma germoglia
— 440 —

quando il freddo è del tutto scomparso e sia venuta


la mite temperatura primaverile normale. Inoltre al-
cuni vogliono che il gelso germoglia e mette i fiori
in una sola notte, e il frutto si sviluppa prestamente
per evitare il danno che potrebbe soffrire dal soprav-
venire del caldo. Vedi Prudenza.
Gelsomrno. Vedi Amabilità.
Gemelli.
Costellazione e segno del zodiaco. Gli Egiziani li
facevano corrispondere a due divinità inseparabili. Oro
e Arpocrate; i Greci e i Latini le chiamavano Castore
e Polluce, altri diverse altre denominazioni. Pare che
si abbia voluto porre in cielo il simbolo deW amicizia.
Vedi Castore e Polluce — Zodiaco.
Gemito.
Pioppo tremulo.
Gemme.
Pietre
Vedi preziose
Venustà. lavorate per servire d'ornamento.
Generazione.
Animali: Scarafaggio, che gli Egiziani credevano
nascere dall'acqua, considerata quale origine di tut-
to quanto esiste al mondo. Omero chiama l'oceano
padre di tutte le cose. — Vegetali : Foglie di fico, em-
blema della generazione pronta e abbondante. Gli am-
tichi paragonavano la linfa delle foglie di fico e la
loro grossezza all'abbondanza dell'umore genitale. Ver-
ga d'oro — Diversi: Caduceo, simbolo degli Egi-
ziani.
Generosità.
Arancio coperto di fiori, frutti e foglie. Leone, ri-
- 441 —

tenuto come animale generoso. Una favola di La


Fonlaine accredita tale opinione.
Geni.

Spiriti, demoni buoni o cattivi, che, secondo l'opi-


nione degli antichi, presiedevano al destino di ciascun
uomo, e perfino di ciascun essere. Presso i Cristiani
ogni uomo credeva aver seguaci due geni, l'uno pro-
pizio e l'altro infausto, che vegliavano specialmente
sul mortale che il cielo loro confidava. Il buon genio
procurava ogni specie di felicità, e s'incolpava al-
l'altro tutto il male che succedeva. Tali geni venivano
rappresentati nudi o quasi con le ali d uccello: se
di sesso femminile, come fanciulle con le ali di pipi-
strello odi falena, e vestite da capo a piedi. Vedi
Junoni — Lari — Penali.
Genio.
Acanto. Platano, albero consacrato al godimen-
to dello spirito, e con cui s'incoronava il genio.
Genio e piacere.
Mirto, secondo i f>oeti, i quali ritengono quest'ar-
boscello fra tutti il più delicato e piacevole agli occhi,
tanto per essera sempre verde, quanto per la sua for-
ma leggiadra, possedendo inoltre un odore soave, in
modo d'essere meritatamente consacrato a Venere,
emblema del piacere e la più gentile delle Dee.
Gennaio.
Mese dedicato a Giove. Gli antichi lo rappresen-
tavano con persone sedute a banchetto, davanti a un
camino acceso. Vedi Zodiaco.
Genoveffa (Santa).
Angelo. Durante un pellegrinaggio della santa a
— 442 —

Saint-Denis, un angelo le riaccese il cero, che porta-


va, spentole dal diavolo. Bastone da pastore, ricor-
dando essere stata pastorella. Chiave, perchè protet-
trice di Parigi. Cieco, a cui rese la vista. Gregge, che
custodiva. Libro delle preghiere. Medaglia, messale
al collo da S. Germano. Pam, che porta, rammen-
tando le cure che ebbe del popolo durante una care-
stia. Rocca, perchè soleva filare. Velo, per aver vo-
tata la sua verginità a Dio.
Gentilezza.
Dafne laureola.
Gentili.
Nome dato a quelli che nei primi tempi del Cri-
stianesimo avevano religione diversa della giudaica.
E gli Ebrei li chiamavano Goijm, che significa le
nazioni die non hanno ricevuto ne la fede, ne la
legge del Signore. Negli scritti di S. Paolo sono per
Greci. —
lo più compresi sotto il nome di gli Asino. Ca-
ne; animali che simboleggiano eretici.
Genziana gialla.
Pianta i cui fiori mancano di odore.t Vedi Spregio.
Geometria.
Dicesi che Cicerone in Sicilia dalia sfera e cdm-
dro scolpiti sopra un marmo abbia scoperto il se-
polcro di Archimede. — Compas so. Regole. Solidi
geometrici.
Geranio.
Il nome di questo fiore deriva dalla parola greca
geranos, che significa gru, a cagione dell'appendice
a forma di becco assai lungo, di cui è munito il frutto.
Vedi Amore coniueiale — Tristezza,
- 443 —

Geremia.
Uno dei più grandi profeti degli Ebrei. — Cin-
lura di lino, emblema d'immacolità. Cisterna, in cui
fu gettato. Pietre, perchè lapidato. Vedi Profeti,
Gerione.
Secondo i p>oeti, gigamte mostruoso con tre corpi
dal ventre in su, figlio di Crisaore e di Callirroe
Regnava nella Betica, al mezzodì della Spagna; al-
tri vogliono che abitasse l'isola Eritrea situata all'è
stremo Occidente; e poss^eva una grande mandria
di buoi, custodita da un cane con aue teste, e un
drago con sette teste. Gerione nutriva i suoi buoi con
carne umana. Ercole uccise il suo cane, il drago e lo
stesso Gerione. I tre coipi di questo gigante rdippre-
sentavano forse tre piccoli eserciti che difendevano il
suo territorio, e che egli oppose a Ercole quando
venne ad assalirlo, oppure erano tre Provincie occu-
pate dallo stesso Gerione; o infine tre fratelli, coi
quali viveva in stretta unione e armonia, che pareva
avessero un'éinima sola, ma dei quali non potè im-
pedire la rovina. Altri mitologi, allegorizzando, asse-
riscono che Gerione significhi il fulmine che rompe
abbatte e incenerisce. Vedi Spagna.
Germano (San).
Catene sjjezzate, per aver liberato dei prigionieri.
Chiave, quale protettore della città di Parigi. Incen-
dio, che il Santo spense con le preghiere.
Germe.
Corpo organico esistente nei semi fecondi, che con-
tiene i rudimenti di una nuova pianta. Vedi Ori-
— 444 —

Geroglifici.
Parola che, derivata dal igreco hiéros (sacro) e
gluphein (scolpire), significa propriamente un inta-
glio sacro, un carattere sacro, per lo più scolpito nel
legno, nella pietra e in simile materia. Ma siccome
questo carattere scolpito riproduceva immagini d'ani-
mali o d'altri oggetti di natura e d'arte, e non pure
linee geometriche, come la maggior parte degli alfa-
beti, ne seguiva che la parola geroglifico da concreto
divenendo astratto, passava a significare qualunque
scritto (sia poi scolpito o dipinto, religioso o com-
merciale non importa), che si componga di figure imi-
tate dalla natura o dall'arte. Gli Egiziani fecero mol-
to uso dd geroglifici; adoperando segni figurativi o
rappresentativi, come p. es., la figura del cavallo per
indicare questo animale, due mammelle per indicare
questo membro, e così di molti altri; segni simbolici,
cioè quelli che furono tratti a significare qualche idea
per una relazione metaforica dell'idea con la figura;
come per esempio l'anima umana espressa per mezzo
dell'uccello a testa umana che vola sopra la mum-
mia, del braciere dal quale s'innalza il fumo verso
la divinità, ecc.
IServaso (San).
Albero, posto fra lui e suo fratello gemello S. Pro-
taso. Martello, del suo supplizio.
Gesù Bambino.
Pomo, che tiene in mano. Vedi Alberto {SanC)
— Antonio da Padova {Sani') — Cristoforo {San)
— Giovanni Battista {San) — Giuseppe {San).
Gesù Cristo.
Animali: Agnello, per la sua dolcezza. Delfino.
— 445 —
che nei monumenti dei Cristiani è il simbolo della mi
grazione delle anime, per la figura di Cristo. Fenica,
simbolo della Risurrezione. Pellicano, simbolo dell'a-
more ardente del Salvatore per gli uomini redenti col
divin sangue. Pesce, il quale, sopra tutto, presso i
Cristiani era il principale emblema del Redentore.
Nei monumenti dei primi secoli, il pesce figura ovun-
que, in lettere nella parola I \ H r I (pesce) la
quale è costituita dalle iniziali della frase lesùs Xristòs
Theù Uios Soler, cioè Gesù Cristo, di Dio figlio,
salvatore; o in figura. Serpente di rame posto su un
legno, emblema di Cristo crocifisso. — Vegetali: Ci-
glio, specialmente bianco, che nella Bibbia talvolta è
simbolo di Cristo. Vite, simboleggiando il vino del sa-
crifizio. Allusicele anche alle parole del Salvatore: io
sono la vite e voi i tralci. — Diversi : A. P. o a, w. Id-
dio, parlcuido di se stesso, dice ch'egli è Yalfa e l'ome-
ga, cioè il principio e la fine, il finito e l'infinito. Per-
ciò queste due lettere diventarono simbolo del cri
stianesimo. Bianco, simbolo della verità. Dopo la ri
surrezione di Cristo, le chiese si parano di bianco
Cristo stesso comparve ai suoi discepoli in veste can
.didissima, per dar loro segno della beatitudine celesta
\Cero acceso, simbolo della doppia natura di Cristo
La cera, raffigura quella umana, la fiamma quella
[divina. Corona di spine. Croce, della passione. Di-
\cerion, le cui due braccia simboleggiano le due natu-
re del Redentore. Fiume, simbolo biblico, adoperato

pi frequente,
\fiume rallegraperla esempio, dove che,
città di Dio, si legge: L'impero
secondo del
i teologi.
Luel fiume non è che Cristo, jjer i dolcissimi rivi
che da lui derivano. Globo crocifero, quale attribu-
to del salvatore del mondo. Monogramma di Cristo
Nimbo crocifero a lui speciale, e anche in forma di
mandorla. Pietra, simbolo biblico, che alcuni trag-
gono da Isaia, dove dice: Ecco ch'io metto nei fon-
damenti di Sion una pietra preziosa eletta, grandis-
sima, edi grande onore. Sole, emblema frequente nel-
le Sacre Scritture. Uovo di struzzo, simbolo della ri
surrezione. A Pasqua si usa ancora mangiar uova.
Vedi Caterina da Siena {Santa) — Francesco d'As-
sisi (San) — Gregorio il Grande {San) — Passione
di Cristo — Sacrifizio del Salvatore.
Ghianda. Vedi Antichità Oscenità.
Ghirlanda.
Corona intrecciata di fiori. Vedi Corona — Gli-
cera.
Giacinto.
Bel giovane di Sparta, assai amato da Apollo e
da Zefro. Avendo egli contraccambiato l'amore del
primo. Zefiro, indispettito della freddezza e indifferen-
za mostratagli da Giacinto, decise di vendicarsi del
suo rivale. E perciò, mentre Apollo giuocava al di-
sco con Giacinto, Zefiro soffiò sul disco lanciato do
Apollo, e lo fece cadere sul capo di Giacinto, che da
quel colpo morì. Apollo, dal sangue dell'amato gio-
vane fece nascere un fiore il quale ebbe nome giacinto
e ne pose il corpo fra le costellazioni.
Giacinto.
Si disputa tra i botanici se appartenga a quest.
genere di pianta il fiore in cui i poeti finsero trasfoi
mato da Apollo il giovane Giacinto ucciso da Zeli
ro. Alcuni pensano essere il delphìnium Ajacis, perche
sui suoi fiori, secondo Ovidio, si leggono le parol»*
— 447 —

AI AI, che rammentano le launentevole grida del


moribondo giovinetto. Altri vogliono che il giacinto
degli antichi sia il gladiolo comune; e altri pensano
che sia il giglio martagone. Vedi Apollo.
Giacinto.
Nomi di una pietra trasparente e di un bel rosse.
Vedi Condiscendenza.
Giacinto giunchiglia. Vedi Desiderio intenso.
Giaco.
Grande saio di maglie fitte d'acciaio o di fil di
ottone, o più comunemente di ferro, fatto in mode
che resisteva ai colpi di pugnale, difendendo così
chi l'indossava. Vedi Prudenza.
Giacobbe.
Patriarca. Per aver osservato che nascendo teneva in
mano il calcagno di Elsaù, suo fratello gemello, fu
chiamato Jacob, che vuol dire soppiantatore. — An-
gelo, contro il quale lottò. Scala, che toccava il cielo,
e che gli apparve in sogno.
Giacomo delle Marche (San).
Bandiera, per aver predicato la guerra santa. Cali-
ce, con due scriventi, perchè gM eretici tentarono di-
verse volte di avvelenarlo. Rana, il cui gracchiare lo
disturbava mentre leggeva il breviario, e che tacque
al comando del Santo.
Giacomo il Maggiore (San).
Bandiera, per aver condotto gli Spagnoli alla vit-
[toria. Bordone, ricordando il suo pellegrinaggio, di
jCampostelle. Cavallo bianco, su cui apf>arve alla
[testa dei soldati spagnoli. Coltello, perchè fu sgozza-
Ito. Conchiglm, col nome del Santo, e che i pellegrini
_ 448 —
usavano attaccare al loro mantello. Croce affilata in
pugnale. Mezzaluna, emblema della sua vittoria sui
Mauri, Spada con cui fu decapitato.
Giacomo il Minore (San).
Apostolo. — Gladio del suo martirio. Leva con
cui tu percosso sul capo e, ferito, dal popolo gettato
dal terrazzo del tempio. Pani, dei quali ne chiese la
moltiplicazione a Gesù Cristo. Vedi Apostoli.
Giallo.
Colore dedicato al Sole, perchè simile all'oro, me-
tallo principale ed emblema della luce e dei raggi
solari. Gli antichi ritenevano questo colore di buon
augurio, attribuendogli il significato di speranza cer-
ta di godimento. Perciò gli Ateniesi chiamarono l'au-
rora speranza, perchè si rinnova di giorno in giorno.
Vedi Affanno — Angustia — Chiarezza — Corru-
zione — Disperazione — Fede — Giuseppe {San)
— Gloria — Inganno — Inquietudine — Nobiltà —
Religione — Ricchezza — Speranza — Tradimenio.
Giano.
Secondo la mitologia, è il più antico dei re ita-
lici, e regnò nel Lazio contemporaneamente con Sa-
turno. E' detto portinaio del Cielo; apre l'anno 6;
da lui si denomina il primo mese; presiede alle sta-]
gioni, alla conservazione della terra, del mare e del
cielo. Giano era di rara prudenza, e sapeva indovi-
nare il passato e l'avvenire, perciò lo si rappresenta '
con due facce, e anche con quattro, munito di unaj
chiave, perchè credesi inventasse le serrature, e un|
bastone in mano, p>erchè accoglieva con cortesia i]
viandanti. Aveva un carro tirato da due montoni
Vedi Caos — - Incostanza — Potenza di Dio — •!
— 449 —

Principio dcllanno — Prudenza — Siagiorìi del'


l'anno.
Giganti.
Figli del Cielo e della Terra. Esiodo li fa nascere
dal sangue che stillò dalla piaga di Urano. Avevano
una mostruosa statura, grande forza, lo sguardo ter-
ribile eferoce, lunghi i capelli, gran barba, in luogo
di gambe due serpenti che terminavano dalla parte
della testa, e alcuni avevano anche cento braccia e
cinquanta teste. Ebbero l'ardire di dar l'assalto al
cielo per deironizzare Giove, e a questo scop>o lan-
ciarono contro gli Dei enormi scogli, alcuni dei quali
cadendo in mare divenivano isole, e gli altri cadendo
sul suolo formavano delle montagne. Giove stesso,
atterrito alla vista di uomini così formidabili, chiéimò
in sua difesa gli Dei, ma quasi tutti se ne fuggirono
in Egitto, dove per timore si nascosero sotto la figu-
ra di diversi animali. Un antico oracolo aveva pre-
detto che i Giganti dovevano essere invincibili e che
nessuno degli Dei potrebbe togliere loro la vita, al-
meno che non chiamassero qualche mortale in aiuto-
.Avendo Giove vietato all'Aurora, alla Luna e al So-
le di scoprire i suoi disegni, ne prevenne la Terra,
la quale cercava <li sostenere i propri figli, e per con-
siglio di Minevra mandò in traccia di Ercole perche
venisse a soccorrerlo. Assecondato da questo eroe,
giunse a sterminare i Giganti, precipitandoli nel Tar-
Itaro, o, secondo altri, li seppellì vivi, parte sotto l'Et-
Ina, parte in diversi paesi.
|Gigaro. Vedi Aro.
Uge.
Il Uno dei Titani, figlio del Cielo e della Terra, di
29 — G. Ronchetti.
— 450 —
cento mani e cinquanta teste. E-ssendosi per le grandi
dirottissime pioggie aperta la terra, Gige discese in
quell'abisso, dove trovò un cavallo di bronzo che
d'ambo i fianchi aveva una sp>ecie di porta, ch'egli
apri. In questo cavallo trovò un corpo morto di straor-
dinaria grandezza, il quale aveva in dito un anello
d'oro. Egli lo prese e se lo mise in dito, poi andò
a unirsi cogli altri suoi compagni. Quando girava
il castone dell'anello verso la parte interna, diventa-
va invisibile, mentre lui vedeva tutto; quando rimet-
teva l'anello col castone in fuori, ritornava a essere
visibile come prima.
Giglio.
Il giglio bianco, detto volgarmente fiore di San
Luigi, o giglio di sant'Andrea, è pianta celebre pres-
so ipoeti, che la supposero nata dal latte di Giunone.
In ogni tempo il giglio fu ritenuto come simbolo del-
l'innocenza, del candore e della purità verginale. Ve-
di Alberto {Sani') — Alfonso dei Liguori {SanC)
— Angelo — Antonio da Padova ISant') — Ar-
cangeli — Candore — Castità — Clara {Santa)
Clotilde (Santa) — Domenico di Cuzman {San)
Filomena {Santa) — Francesco d'Assisi {San) —
Francesco Saverio (San) — Francia — Gabriele
Gesù Cristo — Giovanni Battista {San) — Giunone!
— Giuseppe {San) — Innocenza — Luigi Gonzaga\
{San) — Maestà — Maria Vergine — Primavera
— Principati — Pudicizia — Purezza — Sovraniiò
— Tommaso d'Aquino {San) — Verginità.
Ginepro.
Arboscello sempre verde. Vedi Protezione.
— 451 —
Ginestra.
Arboscello che fiorisce nei luoghi incolli e i ter-
reni poveri, sabbiosi. Vedi Nobiltà senza ricchezza.
Ginocchio. Vedi Impedimento — Inclinazione al
vizio — Misericordia — Umiltà.
Giobbe.
Profeta — Lebbra, di cui era coperlo. Letame,
sul quale visse. Vedi Profeti.
Giocondità.
Olio. Simbolo biblico. Nei Salmi si legge: La mia
vecchiezza nel grasso olio-, qui l'olio viene interpre-
tato per l'ilarità e la giocondità, e ciò dalla deduzio-
ne del passo che viene dopo: acciò che faccia il volto
allegro nell'olio.
Gioele.
Secondo profeta minore. — Leone. Vedi Profeti.
Giogo.
Pezzo di legno curvo, col quale si attaccano i
buoi all'aratro. Vedi Concordia — Giunone dea del-
le nozze — Imene — Legge — Matrimonio — Pa-
zienza — Pietà — Servitù — Soggiogazione — Ti-
rannia.
Giogo spezzato. Vedi Anarchia — Libertà.
Gioia.
Corniola, pietra dedicatale. Verdura.
Giona.
Quinto dei profeti minori. — Balena, la quale, do-
po averlo portato nel ventre, lo rigettò sulla spiaggia
Idei mare. Zucca da pellegrino, suo attributo caratte-
Iristico.
— 452 —
Giorgio (San).
Martire. Protettore dell'Inghilterra. — ■ Animali:
Cavallo, perchè fu guerriero. Drago, che devastò la
provincia di Cappadocia, ove nacque, e ch'egli ucci-
se. L'uccisione del drago, e la difesa della vergine
(che accompagna quasi sempre il Santo) contro il
mostro, è un simbolo della vittoria del martire ripor-
tata sul paganesimo; rappresentando la giovane la
sua provincia che strappò all'idola tria, o, più comu-
nemente, la Fede di cui egli fu soldato valoroso.
Diversi : Armatura. Lancia, con cui trafìsse il
drago. Ruota, con punte di ferro, strumento del suo
supplizio.
Giorno.
Viene personificato in un giovane lieto risplendente
o circondato di luce, tutto vestito di bianco e incoro-
nato. Vasari lo raffigurò in un uomo che si scioglie
da un lenzuolo, mettendogli accanto il globo terre-
stre el'orologio a polvere. — Pavone con la coda
abbassata.

Giovanile sagacità preposta alla senile sa-


pienza. Il
Cornacchia, a cui un fanciullo trafigge gli occhi, la
quale raffigura l'età senile. Dice un vecchio prover-e
bio: Trafitii gli occhi alla cornacchia, per significar
che all'antichità è stata tolta o diminuita l'autorità
da nuove invenzioni dei moderni.
Giovanna di Cusa (Santa).
Una delle sante donne dell'Evangelo; la quale,
per essere — Cristo, non l'abban-
stata guarita da Gesù del
donò più. Agnello simbolo Salvatore. Borsa,
- 453 -
incaricata di prov\'edere ai bisogni e servire Gesù
Cristo ed i suoi discepoli.
Giovanni Battista (San).
Precursore di Gesù Cristo. Molti artisti celebri lo
rappresentarono vestito di una pelle, portante una ero
ce formata di due canne, vicino a una sorgente sgor-
gante da una roccia, accompagnato dal suo agnello.
Venne anche spesso rappresentato mentre battezza
Gesù Cristo nel Giordano, talvolta vicino a questo fiu-
me personificato, tal altra raffigurato dallo stesso
S. Giovanni. — Animali: Agnello pasquale. Locuste,
di cui si nutriva nel deserto. P^olpe, simbolo di Erode
suo persecutore. — Vegetali: Ciglio della sua vergi-
nità. Palma del martirio. Verbena, con cui nelle feste
del Santo usavasi ornare gli altari, e anche le porte e
le facciate delle case private. — Diversi: CaTcere,
in cui fu fatto gettare da Erode. Croce, perchè pre-
dicava lapenitenza. Deserto, dove visse. Fiaccola, per
aver annunciato la venuta di Gesù Cristo, luce del
mondo. Cesù Bambino, col quale si trastullava nella
sua infanzia. Pelle di cammello, con cui si copriva.
Spada, che servì a decapitarlo. Stendardo, perchè le
sue prediche lo circondavano di seguaci. Testa ta-
gliata, portata a Erode dopo la decpllazione del
Santo.
Giovanni Evangelista (San).
Apostolo. Molti artisti lo rappresentarono occupato
jnello scrivere YEvangelo o V Apocalisse. — Animali:
|y4<7ui7a, animale evangelico attribuito a questo santo,
|F>erchè, secondo S. Agostino, s'erge al cielo come
iquila, sopra le nubi dell infermità umana, e rivela
misteri della (ivinità di Cristo e della Trinità del-
— 454 -

l'Unità, e la beatitudine della vita eterna, e mira la


luce del vero immutabile con sguardo acuto e fermo.
Pernice, che il Santo addomesticò. — Diversi: Cal-
daia d'olio bollente, in cui lo fece mettere Domizia-
no. Calice, dal quale esce un serpente alato, perchè
si tentò di avvelenarlo. Catene che portava quando
venne condotto e Efiso. Fossa, scavata presso un al-
tare, e dove il Santo si coricò all'avvicinarsi della
morte. Maria Vergine, che gli apparve. Smeraldo,
dei
pietra dedicatagli. Tino, per essere stato protettore
vigneti. Vedi Apostoli.
Giove.
Astro. Rappresenta la vecchiaia, ed esercita la sua
influenza sulla fede.
Giove.
Divinità suprema dei pagani, chiamato Zeus dai
Greci. Jupiter dai Latini; il re del Cielo, il padre
degli Dei e degli uomini; l'artefice e il reggitore
del mondo. Questo Dio era figlio di Saturno e di
Opi, o Rea, la quale sottrasse il neonato alla vora-
cità di Saturno (vedi); consegnandolo ai Curibanti,
che unitamente ai Cureti percuotevano gli scudi in-
torno al bambino affinchè il padre non ne potesse u-
dire i vagiti. Due Ninfe lo presero in cura e lo nu-
trirono col latte della capra Amaltea. Quando Giove
fu aduho diede a Saturno una bevanda che gli fec(
rigettare i figli inghiottiti, ed erano Vesta. Cerere.
Giunone e Nettuno. Giove, scacciato il padre dal
si
Cielo, si impadronì del trono paterno, e in breve
tre parti, dan-
vide padrone del mondo, che divise in
do il dominio delle acque a Nettuno, e quello del-
l'inferno aPlutone, tenendo per se il cielo e la su-
- 455 -
premazla su tutto il rimanente. Giove dimorava sul
monte Olimpo, e le Ore erano le sue assidue ministre;
Mercurio ne portava i messaggi; Ebe gli versava
il nettare, finché egli rapì Ganimede per farlo suo
coppiere; Temi stava presso di lui seduta sul suo
trono; l'aquila gli stava ai piedi tenendo il fulmine
nei suoi artigli. Era rappresentato seduto, per mostra-
re che quella virtù, che regge il mondo e lo conserva,
è stabile e ferma, ne si muta mai. Aveva il torso
nudo, per significare che Dio si manifesta alle divine
intelligenze; e le parti inferiori erano coperte per in-
dicare le cose impercettibiH agli uomini. Teneva lo
scettro (con un'aquila in cima), nella mano sinistra,
perchè da questa parte del corpo si trova l'organo
principale, cioè il cuore, dal quale viene Io spirito,
che poi si diffonde per tutto il corpo. E così il mondo
ha vita da Dio, il quale come re la dispensa e go-
verna a suo modo. Porgeva con la destra un'aquila,
o una piccola immagine della Vittoria, mostrando
così che Giove è superiore a tutti gli Dei del Cielo,
come l'aquila a tutti gli uccelli, e che i>er conse-
guenza tutte le cose gli sono assoggettate, come se
le avesse conquistate con la vittoria, e governate a
modo suo. Aveva due urne accamto, di cui l'una con-
teneva beni,
i l'altra i mali, che egli voltava e rivol-
tava a suo piacere, e poi prendeva or dall'una or
dall'altra ciò che pareva a lui meritasse il mondo e
gli fosse mandato. Marziale così descrive Giove, men-
tre presiede al concilio di tutti gli Dei: a Egli ha in
capo una corona regale tutta risplendente e fiamman-
te, gli copre la nuca un lucido velo tessuto per mano di
Minerva; è vestito tutto di bianco, se non che di so-
:
45b —
, dipinto a
pra ha im manto, 11 quale pare di vetro due palle,
scintillanti stelle; nella mano destra tiene
ra
l'una d'oro, l'altra d'oro e argento; e nella sinist
e sono di verde sme-
una lira con nove corde; le scarp
to di
raldo, e siede sopra un panno fatto e tessu
un tridente»,
penne di pavone; e coi piedi calcae aveva un carro
Giove talvolta era coronato di olivo;
tre mogli, cioè
tirato da due aquile. Questo Dio, oltre
Metide, Temi e Giunone, ebbe un'mfinità di amanti,
e per
divine e mortali, cangiandosi in diverse form
e Europ a:
godere dei suoi amori: in toro per rapir
m cigno per
in pioggia d'oro per giungere a Danae;
per di-
ingannare Leda, ecc. Al padre degli Dei,
, e sotto divers i sopran-
verse cagioni, in diversi tempi
l'agn ello di due
nomi, gli si sacrificava la capra, .
anni e un toro bianco con le corna dorate
regma de-
Animali: Aquila, perchè oltre a essere la
da essa buon augur io quando
gli uccelli. Giove prese
guerr a (alcun i vo-
gli apparve mentre andava a certa ore;
gliono che fosse contro Saturno), in cui fu vincit
lotta contr o i
per cui in seguito fu finto che nella
nistr asse le armi a Giove , perciò
Titani l'aquila sommi
i negli
la si vede sovente con lui che porta i fulmm
i 1 aqui-
artigli; boltre si voleva che fra tutti gli ucceU
se essere colpi ta dal fulmi ne. — Vege-
la non potes e con
Alber o consa crato gh
tah- Faggio. Quercia.
tutte le statu e di que-
cui gli antichi ornavano quasi vasi data da
sto Dio, come segno di vita, che crede
che i Galli adora ssero Giove
lui ai mortali. Dicesi
ima. — Diver si: Fulmi ni, suo
in una quercia altiss
Giove talvol ta tiene m ma-
attributo principale, e che portati
no tal altra figurano ai suoi piedi; oppure
— 457 -

dall'aquila in bocca o negli artigli, e ciò per mostrare


i loro effetti terribili e fatali per castighi severi; lievi
e di poco male, per ammonimenti agli • errori degli
uomini.
Giove Ammone. Vedi Ammone.
Giove con quattro orecchie.
Così lo rappresentarono i Lacedemoni, p>er mo-
strare che questo Dio ode e intende tutto; oppure
per significare che per giudicare bisognava avere due
orecchie per sentire una parte, e due per sentire
Takra.
Giove con tre ocelli.
Si vuole che presso gli Argivi esistesse una sta-
tua di Giove avente due occhi disposti normalmente,
e un terzo nel mezzo della fronte; e ciò per aver
questo fernoDio tre regni da governare: il Cielo, l'in-
e il mare.
Giove Orcio.
Così chiamavano i Greci il Dio custode del giu-
ramento. Era rappresentato teneiulo i fulmini a due
mani.
Giove senza orecchie. Vedi Dominio giusto.
Giove statore.
Nome della statua che Romolo dedicò a Giove,
perchè, supplicato, fermò l'esercito dei Romani, fa-
cendogli voltar fronte e rianimandolo, che, combat-
tendo contro i Sabini, si era messo in fuga. Il Dio
era rappresentato nudo, in piedi, con Tasta nella de-
stra e i fulmini nella sinistra.
Giovenca.
Vacca giovane. Vedi Io — Luna.
— 458 -
Gioventù,
Personificala in una bellissima giovane, con una
veste variegata e coronata di fiori. Fiori Verde, em-
blemi della speranza, di cui la gioventù è sempre
piena.
Gioveintù rinnovata.
Aquila. Leggesi nei Salmi: Si rinnoverà la tua
gioventù a guisa d'aquila. Secondo S. Girolamo la
aquila, quando, invecchiata, si sente molto aggrava-
ta dalle penne, cerca di spogliarsi bagnandosi nel-
l'acqua, dalle quali alleggerita dentro se stessa rac-
coglie il calore, e tìosì ringiovanisce.
Giovii.
Soldati pedoni sotto l'impero di Diocleziano. A-
vevano per insegna un porco rosso seduto per terra
e col corpo dritto, in uno scudo azzurro circondato
da un circolo rosso, distintivo che portavano anche
sugli abiti.
Giovinezza.
Siringa, che fiorisce in primavera. Vedi Gioventù.
Gioviniani.
Legione istituita da Diocleziano. Avevano per m-
segna unaquila di colore naturale, con una mitra
in testa, in una stella gialla, circondata da un cer-
chio rosso, il quale a sua volta era marginato di co-
lor zaffiro; e dal petto le usciva una punta d'oro.
Girasole. Vedi Elianto.
Girolamo (San).
Celeberrimo padre e dottore della Chiesa latina.
— Animali: Drago, emblema del male e del demo-
nio, che lo tentò. Leone, che non abbandonò più il
Santo da quando gli estrasse una spina d'una zampa
- 459 —
— Vegetali: Palma, emblema del deserto ove visse.
— Diversi: Angeli, che lo punirono perchè apprezza-
va gli autori pagani. Capanna, suo ricovero nella soli-
tudine. Ciottolo, con cui si f)ercuoteva il petto per
mortificarsi. Crocefisso, davanti al quale meditava.
Deserto. Lampada, che illuminava le sue veglie. Li-
feri. Penna, perchè scrisse delle opere. Presepio, em-
blema di Betlemme ove il Santo si ritirò e fu se-
polto. Testa di morto.
Giubilo.
Cembalo.
Giuda Iscariote.
Il traditore di Gesù Cristo. Era il custode del da-
naro che doveva servire alla sussistenza del divino
maestro e di quelli che lo seguivano. — Albero a cui
si apf)ese con una corda. Borsa, nella quale teneva
il danaro. Nimbo nero, che gli era speciale.
Giudea. Vedi Palestina.
Giudeo. Vedi Ebrei.
Giudice.
Mani tagliale. Dicevi che a i ebe esistevano sta-
tue di giudici senza mani, e quella che rappresentava
il presidente era sen2:a occhi, o li aveva rivolti aì-
l'indietro, e ciò per mostrare che chi aveva l'incarico
di far giustizia, doveva assolutamente rifiutare doni,
ne intenerirsi per qualsiasi eloquenza di parole.
Giudici dell'inferno. Vedi Inferno.
Giuditta.
Donna celebre per l'eroica liberazione della sua
città. Betulia, assediata da Oloferne. — Sacco di
cuoio nel quale mise la testa di Oloferne. Spada, con
— 460 —

cui lo decapitò. Testa tagliala, del medesimo, che tie-


ne in mano per i capelli.
Giugno.
Mese consacrato a Giunone. Il medio evo lo rap-
presentava con una figura che tosa un montone. Ha
per attributi: Falce. Falciola. Quadrante solare, per»
che in questo mese i giorni raggiungono la loro mas-
sima durata. Vedi Zodiaco.
Giugatino. Vedi Nozze.
Giuliano l'Ospitaliere (San).
Sant'Antonio racconta, che avendo ucoiso invo-
lontariaunente suo padre e sua madre, Giuliano si
ritirò per fare penitenza, con sua moghe Castellama,
vicino a un gran fiume, in un luogo in cui il passag-
gio era pericolosissimo; ove costrusse un vasto ospi-
zio per ricevere i viandanti poveri. — Barca, con cui
tragittava /i forestieri. Cervo, a lui sempre vicino.
Narrasi che a caccia un cervo gigantesco gli predis-
se che avrebbe ucciso i propri genitori. Costume da
pellegrino, ricordando i suoi pellegrinaggi. Talvolta
è però anche rappresentato vestito da soldato. Fiume.
Lebbroso, ch'egli raccolse, curò e che era Gesù Cri-
sto. Letto, su cui sa adagiò per riscaldare il lebbro-
so raccolto. Maschera, per essere protettore dei me-
nestrelli.
Giunchiglia. Vedi Narciso giunchiglia.
Giunco.
Pianta dai rami arrendevoli, che s'intrecciano con
facilità. Vedi Docilità.
Giunone.
Divinità romana, corrispondente all'ara dei Gre-
ci. Figlia di Saturno e di Opi, sorella e moglie di
— 461 —

Giove. Dea del cielo. Giunone, sposato Giove, di-


venne così gelosa che non cessava di sorvegliarlo e
perseguitare le sue amanti, e i figli che da quelle
egli aveva. Suscitò mille contrarietà a Ercole, e a
molti altri, ma vedendo che Giove ìion le dava
retta, ritirossi in Samo, ove dimorò lungo temjxx
e Giove per farla ritornare, fece venire un carro
sopra il quale stava magnificamente addobbata una
statua, facendo gridare per le strade essere quella
Platea figlia d'As<^o, ch'egli voleva sposare. Giu-
none ciò udendo, adiratissima, fece in pezzi la sta-
tua, ma conosciuta F>oi l'astuzia di Giove si ricon-
ciliò. Dopo la sconfitta degh Dei, coi quali essa si
era unita nella loro ribeUione, Giove la sospese in
aria con un paia di pianelle, che Vulcano inventò
per vendicarsi di lei, che l'aveva fatto così brutto.
Le attaccò ai piedi due incudini dopo d'averle le-
pate le mani dietro le spalle con una catena d'oro.
Gli Del non poterono mai scioglierla, e pregarono
Vulcano di farlo, promettendo di dargli Venere per
moglie. Un autore antico così descrive l'immagine di
Giunone: « Ella ha il capo coperto cor\ un certo
velo lucido e bianco, cui è sopra una corona di pre-
ziose gemme, c«ne il verde scytide, l'affocato cerau-
no, ed il biancheg^ante giacinto, postovi da Iside:
la faccia quasi sempre riluce ed assai si rassomiglia
al fratello, se non ch'egli è allegro sempre ne si
turba mai, ma Giunone si muta in viso, e mostra
alle volte la faccia nebulosa. La veste, che ella ha
di sotto, pare di vetro chiara e lucida, ma il manto
di sopra è oscuro e caliginoso, ben f>erò in modo,
che se da qualche lume è tocco risplende, e le cinge
le ginocchia una fascia di colori diversi, che talvoi-
— 462 —

ta risplende con vaghezza mirabile, e talora così si


assottiglia la varietà dei colori, che più non appare.
Sono le scarpe pur anco di colore oscuro, ed hanno
suole così nere, che rappresentano la tenebre della
notte (alcuni le fingono però dorate). Tiene poi que-
sta Dea nella destra mano il fulmine, ed un risonan-
te timpano nella sinistra ». Tale immagine è una
allegoria evidente dell'aria. Pausania parla di una
certa statua di Giunone fatta d'oro e* d'avorio, con
una corona in capo nella quale con mirabile artifi-
zio erano incise le Ore e le Grazie, e in una mano
teneva una melagrana, nell'altra uno scettro di sormon-
tato da un cuculo. Giunone veniva coronala g/gtJ,
e talvolta di cotogno; e aveva un carro tirato da dm
pavoni
Animah: Cuculo. Non potendo intenerire Giuno-
ne, Giove fece un (giorno scatenare un tempKjrale
e si presentò alla Dea in forma di cuculo tremante
di freddo. E mentre Giunone lo scaldava nel suo
seno. Giove riprese la sua forma primitiva e Giuno-
ne acconsentì di sposarlo. Oca, consacratale dai Ro-
mani. Pavone. Allusione alla leggenda d'Argo, uc-
ciso da Mercurio, e da Giunone trasformato in pa-
vone, che è il suo attributo principale. Nella moneta
di Faustina Pia Felice si vede una piccola effige di
Giunone con l'asta, e una tazza presso cui figura un
pavone, con l'inscrizione IVNONEM. — Vegetali:
Caprifico (vedi Caprotina). Cipresso, perchè a que-
sta I>ea si facevano statue di cipresso, che veniva-
no portate da vergini. Ciglio, che gli antichi chia-
mavano rosa di Ciunone. Questo fiore nacque d'al-
cune gocce del suo latte caduto in terra, quando ri-
tirò il seno, accorgendosi di allattare Ercole, che
— 463 -

odiava. Melegrana, emblema dell'unio ne coniugale.


Inoltre, per essere stata protettrice dei regni, coloro
che sacrificavano a Giunone Regina, portavano in
testa una bacchetta ritorta di melagrano. — Diversi:
Cielo stellato, che la Dea personificava. Pina, emble-
ma della saggezza.
Giunone appesa. Vedi Elementi (/ quattro).
Giunone Conservatrice.
Nelle medaglie di Giulia Mammea Augusta, si
vede una figura che raccoglie le falde della veste
nella destra, con cui si appoggia sopra un'asta, em-
blema della difesa, e con la sinistra porge un ser-
pente ravvolto in circolo, emblema dell'impero, con
l'inscrizione Giunone conservatrice. — Cerva, perchè
di cinque cerve con le coma dorate e più grandi dei
tori. Diana che inseguiva a caccia, ne prese sol-
tanto quattro, che aggiogò al suo carro; la quinta
fu salvata da Giunone.
Giunone Dea delle nozze.
Rap>presentasi in piedi con capi di papavero in
mano, e un giogo ai piedi. Dicesi che in Roma esi-
stesse un altare dedicato a Giunone Ciugale, ove an-
davano novelli
i sposi, e che i sacerdoti legavano in-
sieme con certi nodi, per premunirli, che gli animi lo-
ro dovevano essere legati poi per sempre da un mede-
simo volere, come erano allora i loro corpi da tali nodi.
Giunone Dea della ricchezza.
Era nippresentata con lo scettro in mano, come
.se fosse in suo potere dispensare ricchezze e regni;
come essa promise di dare a Paride, se l'avessf giu-
dicata la più bella delle altre due Dee. Venne anche
raffigurata col capo avvolto in un velo, e lo scettro
— 464 —

in mano, prendendola come simbolo della terra, nella


quale sono nascoste le ricchezze: metalli e pietre
preziose.
Giunone Lucina.
Le donne partorienti invocavano questa Dea col
grido: Ciunone Lucina aiulamì e guardami, ti pre-
go, da morte. Nelle antiche medaglie di Faustina,
questa Dea è raippresentata da una donna in tazzaetà ma-
tura di matrona, tenendo nella destra una e
un'asta nella sinistra. — Ciglio. Avendo gli antichi
dato a ciascuna divinità la protezione di una parte del
corpo, fecero Giunone Lucina protettrice delle ciglia,
perchè queste proteggono rocchio, per cui si gode
la luce che la Dea dà ai nascenti a cui assiste.
Giuramento.
Gli antichi lo personificavano in un vecchio sa-
cerdote tutto spaventato. — Porco. Nei giochi Olim^
pici i concorrenti giuravano con certe parole solenrii sui
testicoli di un porco, in quell'occasione tagliati so-
lennemente, che in tali giochi non avrebbero ricordo
a nessun inganno. I Romani nel fare la tregua, giu-
ravano efacevano certe imprecazioni su un ixtrco,
in presenza di sacerdoti destinati a tale cerimonia.
Giuseppe.
Figlio di Giacobbe e di Rachele. — Cisterna, m
cui lo gettarono i suoi fratelli per abbandonarlo. Man-
tello, che lasciò nelle mani della moglie di Putifarre.
Spighe, sette. Vacche sette, ricordando, come le spi-
ghe, il sogno di Faraone spiegato da Giuseppe.
Giuseppe (San).
Sposo della Vergine Santissima. — Bastone. Ber-
retto ebraico, emblema della sua razza. Colomba, che
— 465 -

si posò sulle spalle del Santo, appyena fiorita la bac-


chetta che tene\a in mano. Gesù Bambino, che por-
ta in braccio, dallo, colore dedicatogli. Ciglio, sim-
bolo di castità. Rosario. Verga, la cui fioritura fu
segno che era destinato a essere lo sposo di Maria
Vergine.
Giusquiamo.
Pianta detta volgarmente dente cavallirìo, distuT-
bio, da cui si astengono tutti gli anknali. Riesce mor-
tifera ai polli, alle oche e altri uccelli. Vedi Di-
fetto.
Giustizia.
Deità allegorica che viene rap)presentata in diversi
modi. La figura più caratteristica e comune, tiene una
spada in una mano e la bilancia in un'altra, e talvol-
ta ha una benda sugli occhi. Alcuni la fecero in sem-
bianza di bella donna giovane, terribile neirasf>et-
to, né superba né imiile, occhi d'acuta vista, tutta
nuda, seduta sopra una pietra quadrata, tenendo in
una mano la bilcmcia e nell'altra la spada, ojjpure
un fascio di verghe con la scure, che portavano i lit-
tori davanti ai consoH. Vasari ideò la Giustizia in
abito succinto e sciolto, con la spada e le pandette
aperte. La raf^resentò anche in ima donna con in
testa un elmo d'oro e di ferro, con tre penne sul ci-
miero, ima bianca, una rossa e una verde; dandole
in mano uno scettro egiziano e lo scudo di Medusa
in braccio. L'elmo d'oro e di ferro, il quale arrugi-
nisce, indica che il giusto giudice deve avere il cer-
vello puro, e il petto disarmato e nudo, cioè privo
di passione e amimosità. Le perme, quella biémca sim-
boleggia la castità, quella rossa la fede e quella
verde la sperauiza, che deve nascere nel giudice giù-
- 466 -

sto. Il piede d'ippopotamo che forma la parte infe-


riore dello scettro è simbolo dell'empietà; la cico-
gna, alla sommità del medes.imo è simbolo della
pietà. Gli Egiziani la rappresentavano senza testa,
con la mano sinistra aperta e allargata di cui porge
i! palmo; ponendola fra un leone e la bilancia, per-
chè il giusto deve essere d'animo forte e intrepido,
pesare ed esaminare i falli e i meriti di ciascuno, af-
finchè sappia dare a ognuno ciò che ha meritato. La
mancanza della testa indica che il giudice non deve
guardare in faccia a nessuno, né aver riguardo a per-
sona alcuna.
Ammali: Bue, che per essere simbolo di abbon
danza delle biaide (agricoltura), sovente fu preso
come emblema della giustizia; e perciò i Gentili chia-
mavano Cerere apportatrice delle leggi. Nella Bib-
bia il bue è simbolo di chi porta il giogo della giu-
stizia, e si affatica nelle opere buone e virtuose.
Struzzo, allusione all'eguaglianza delle sue penne. In
una medaglia antica romana si vede una Bgurina co-
ronata di penne di struzzo con 1 inscrizione IVSl I-
TIA. — Vegetali: Palma, perchè si vuole che que-
st'albero faccia il frutto del peso eguale a quello
delle foglie. Inoltre la materia della palma era rite-
nuta incorruttibile, come dovrebbero esserlo gli am-
ministratori della giustizia. Papavero, per essere le
celle del suo capo separate egualmente e proporzio-
nalmente. Inoltre il papavero era consacrato a Ce-
rere, la quale simboleggiava l'origine della giustizia.
— Diversi: Bianco, colore immacolato. Carhortchio.
perchè dedicato ai Troni. Coltello a doppio taglio;
di cui si fa menzione nella Bibbia, alludendo al giu-
dizio che può colpire nello stesso tempo il corpo e
— 467 —

l'anima, ovvero punire col supplizio della pena pre-


sente e col timore dell'avvenire. Occhio aperto, gero-
glifico degli Kgiziani, per significare l'osservanza del-
la giustizia. I Greci usavano molto l'espressKxic: Oc-
chio di giustizia. Negli epigrammatici si legge il se-
guente verso: Della giustizia t'occhio, ogni opera
vede. Di qui derivò che, per acquistar fede alle pa-
role, chiamiavano in testimonio l'occKio della giusti-
zia. Oro. I troni degli imperatori e la sedia del papa
si fanno d'oro, dicesi, per significare che devono se-
dere e governare giustamente. Porpora, colore de-
dicato alla giustizia. Velo. Gli Ateniesi obbligava-
no i rei a coprirsi il capo con un velo, affinchè, nel
difendersi, non p>otessero suscitare la compassione dei
giudici*. — Vedi Filosofia morale.
Giusto dominio. Vedi Dominio giusto.
Gladio.
Specie di spada piuttosto corta e larga, in forma
di foglia lanceolata, a dofjpio taglio, usata dagli an-
tichi. Vedi Agnese (Sani') — Barbara {Santa)
— Dionigi {San) — Giacomo il Minore {San) —
Guerra — Paolo {San).
Gladiolo (dal latino gladius, spada).
Pianta dai fiori rossi e le foglie in forma di lama
di spada. Vedi Provocazione — Sfida.
Glauco Ponzio.
Pescatore, e tra le divinità minori rappresenta il
colore del mare quando il cielo sereno si rispecchia
nell'acqua tranquilla . Avendo Glauco un giorno os-
servato che i pesci da lui presi posti semivivi sopra
una certa erba ripigliavano forza e risaltavano in ma-
re, provò a mémgijire egli stesso quest'erba (erba di-
— 468 —

vina seminata da Saturno), e ne sentì tosto una tale


eccitazione che si gettò in mare, ove benevolmente
accolto da Oceano e Teti, e purificatosi di tutte le
debolezze umeuie, venne assunto fra gli Dei marini,
I Greci credevano che Glauco visitasse una volta
all'anno tutte le coste e le isole accompagnato da mo-
stri marini e pronunciando profezie. I pescatori e i
naviganti lo veneravano particolarmente e davano a-
scolto ai suoi oracoli assai stimati. Circe lo amò inu-
tilmente, ip>erchè egli amava Scilla. Rappresentasi con
la barba bianca, bagnata, e i capelli stillcuiti acqua
sparsi sulle spalle, con le sopracciglia irsute e unite
insieme; e col braccio alzato in atto di taigliare le
onde per aver più facile il nlioto, col petto coperto
d'erbe marine, e col ventre che a poco a poco si tro-
sforma diventando le cosce e le gambe pesce, e ter-
minando in coda dì pesce, che esce dall'acqua.
GMoera.
Cortigiana di Sicione, la quale faceva le ghir-
lande con tanta maestria, che le venne attribuita l'in-
venzione.
Glicine.
Pianta
cato. Vedidai fiori d'un violetto pallido molto deli-
Tenerezza.
Globo. Sfera. Vedi Astronomia — Atlante —
Autorità — Cielo — Clio — Concordia — Destino
— Domenico di Cuzman (San) — Dominazione
— Eternità — Mondo — Padre Etemo — Pel-
legrinaggio — Sapienza — Schiavitù — Terra —
Urania.
Globo OPOOlfero. Vedi Gesù Cristo - — Imperatore
— Potenza — Re — Sovrano.
— 469 —
Globo infiammato. Vedi llnccnzo dei Paoli
(San).
Globularia.
Pianta una volta considerata come assai malefi-
ca, e venne dai botanici del XV e XVI secolo indi-
cata col nome di herba terribilis. Vedi Violazione.
Gloria.
Azzurro, emblema del cielo: la gloria s'innalza
sopra le cose terrene. Corona. Giallo, colore che
le è proprio. Lauro, con cui i Greci e i Romani co-
ronavano glieroi. Oro — Vedi Stimolo alla gloria
— Sublimità della gloria.
Gloria dei giusti.
Corona di stelle.
Glovìs.
Parola composta con le iniziali di Gloria, Laus,
Virtus, luslizia, Salus, motto che Vasari mise sotto
un fusto di miglio, che sostiene un pap>pagallo verde.
Gnafalio.
Pianta volgarmente conosciuta sotto i nomi di
immortale, perpetuino, sempre vivo, zolfino da ghir-
landa; icui fiori, anche dopo che sono colti, conser-
vano inalterata la loro forma e colore, e che servono
per formare ighirlande e le corone con cui si ornano
le tombe nei camposanti in memoria dei defunti. Ve-
di Ricordo eterno.
Gnomi.
Popolo fantastico, invisibile, di natura benigna,
ma pieno di astuzia. Secondo i cabalisti, l'impero del
fuoco sarebbe stato da Dio assegnato alla salaman-
dra, quello dell'aria ai silfi, quello delle onde agli
pndini. e quello della terra, non però alla sua su-
— 470 —

perfide, ma dalla sua crosta al centro, ai gnomi.


de-
Questi geni di piccola statura, la cui scala può le
crescere alle proporzioni più minute sono, eccetto
fes-
femmine, alquanto deformi. Essi dimorano nelle
sure metalliche del globo, nelle grotte cristall me, sot-
to le rocce sottomar ine, luccican ti per verdogn ole sta-
lattiti e; non fanno che sonnecchiare leggermente sot-
to le volte d'oro e d'argento delle miniere di cui so-
no i guardiani. Le loro mogli, le gnomidi, sono di
una statura di 25 centimetri, ma di una grazia e di
una bellezza indescrivibile. Un dolce sorriso tiene
vo-
sempre semiaperta la piccola loro bocca; la loro
ce argentina rende immagin i del suono della più sot-
tile corda di un'aipa; esse vestono abati strani, biz-
zarri, come quelli di un altro mondo, ma abbagliajiti
per mille riflessi e di incantevole splendore. Tacitur-
ne per loro natura, la presenza loro sotterranea e
talora rivelata da leggero scalpiccio delle loro bab-
sme-
buccie, che tutte portano, formate l'una di uno
raldo e l'altra di un rubino incavati, ove imprigio-
nano i graziosi loro piedini, bianchi come gli strati
d'alabastro su cui camminano. Al pari dei loro ma-
riti, queste vezzose creature hanno l'ufficio loro, ed
è quello di stare a guardia dei diamanti, delle pietre
preziose e dei cristalli che la terra nasconde nel suo
seno.
Golosità.
Cane. Lupo.
Gonfrena.
Pianta a fiori lucidi, secchi e scabrosi, che durano
mollo tempo, sebbene stoccali, per cui viene volgar-
mente chiamata perpetua. Vedi Immortalità,
— 471

Gordiano Nodo.
Leggasi nella favola che Gordio, figlio di un bifolco
e padre di Mida, re della Frigia, possedeva un carro
il cui giogo era attaccalo al timone per mezzo di
un nodo fatto così ingegnosamente che non se ne po-
tevano scoprire i due capi. Mida, salito al trono,
in segno di riconoscenza, consacrò il carro paterno
a Giove, e a chi sarebbe giunto a sciogliere il nodo
fu promesso l'impero dell Asia. Più tardi, dice la
storia, Alessandro Magno, passando a Gordio, ca-
pitale della Frigia, mentre si recava a far guerra a
Dario, volle vedere il carro meraviglioso e scoprire
il segreto di quel nodo famoso, ma non essendogli riu-
scito, e temendo che questa prova di impotenza raf-
freddasse lozelo del suo esercito, trasse la spada,
tagliò il nodo, dicendo che poco importasse il come,
purché si sciogliesse, e in tal modo rese ai suoi sol-
dati quell'entusiasmo che gli acquistò ben tosto l'im-
pero promesso da Giove. Dalla favola e dalla storia
paissò il nodo gordiano nel linguaggio famigliare, e
si dà comunemente questo nome a ogni difficoltà che
credesi insormontabile e che non si può tagliare se
non con la spada d'Alessandro.
Gorgoni.
Figlie di Forchi, Dio marino, e Cheto. I loro no-
mi erano Medusa, Furiale e Steno. Dimoravano vi-
cino al giardino delle Esperidi, e potevano trasfor-
mare in pietra coloro che le guardavano. Avevano
glandi ali, unghie di leone, denti simili a zanne di
cinghiale, e capigliatura di serpenti, e un occhio fra
tutte e tre, di cui se ne servivano un po' per una a
vicenda. Siccome devastavano le campagne e insi-
— 472 —

diavano i viandanti, Perseo le uccise. Vedi A/e-"


àusa.
Goti.
Tribù germanica antica. — Orso, come insegna
Governo.
Timone, che i latini chiamavano guhernaclum, gu-
bernaculum, che equivale a governo.
Gramigna.
Pianta che infesta sovente i campi. Vedi Corona
di gramigna — Debolezza — Marte.
Grammatica.
Chiave, emblema della chiave delle lingue. Ferula.
allusione all'uso che ne facevano gli antichi insegnan-
ti p)er ammonire i discepoli.
Gran madre. Vedi Terra.
Granadiglia. Vedi Passiflora.
Granata.
Pietra. Vedi Dilezione — Lcallà.
Granchio. Vedi Cancro.

Granchio di mare. Vedi Bisognoso d'altrui aiuto


— Francesco Saverio {San) — Incostanza — So-
fista.
Grandezza.
Frassino. Grande albero delle foreste. Nell'Edda
gli Dei si riunivano sotto un frassino i cui rami co-
privano ilmondo, la cima toccava il cielo e le radici
penetravano nell'inferno.
Grandezza acquistata per opera del nemici.
Cipolla, da cui spunta un ramo di rosa fiorito; allu-
sione a una persona la cui grandezza sia stata prece-
- 473 -

dula da p>ersecuzioni. accuse e diffamazioni dei ne-


mici, e tanto più sia salita agli onori e fatta potente,
quanto più gli avversari cercavano di demolirla; F>ei"
che credevasi che le rose e le viole piantate vicino
all'aglio o alle cipolle, si facessero più odorose; così
la malvagità d'alcuni talora giova a farci ben volere
da altri.

Grappolo d'uva. Vedi Bonifacio {San).


Graticola. Vedi Lorenzo (San) — Penitenza.
Gratitudine.
Viene p>ersonificata in un uomo vicino a una rune
a picco, avente al dito un anello di ferro, tolto da
una catena legata al masso, con incastonata dentro
una piccola pietra. Allusione alla gratitudine di Pro-
meteo per la sua liberazione. — Animali: Cane in
atto di fissare una statua o un sepolcro: il cerne ma;
dimentica chi gli fu benevolo. Ibis, venerato dagli E-
giziemi, perchè lo ritenevano mandato per distruggere
i serpenti alati, senza il quale avrebbero infestato il
paese. — Vegetali: Agrimonia.
Gravidanz€u
Sole diviso in due parti, e fra queste una stella;
secondo gli Egiziani, i quali alla rotondità del sole
paragonavano il ventre posto nel mezzo del corpo non
solo, ma perchè il sole, col calore dei suoi raggi, dà
vita a tutte le cose. E siccome le stelle prendono luce
dal sole, così il feto nel ventre prende nutrimento
dalla madre.
Gravidanza celata.
Asina che si sgrava, quale simbolo di donna che
cerchi di nascondere la propria gravidanza; perchè
474 —
dlcesi che l'asina sentendosi vicina al parto fugga cer-
cando di nascondersi in luoghi oscuri.
Grazia. _
a cento
Diaspro. Mirto, dedicato a Venere. Rosa
e acco mpag nava no le Muse,
foglie. Quando le Grazi
onate di rose; di mirto se segui vano Ve-
erano incor zza e
nere Rosa senza spine , embl ema della belle
della grazi a con cui la-
dell'amore, e specialmente
Vero im-
more attira i cuori. Raccontasi che Eho
solev a adagi arsi su petali di rose raccol ti in
peratore modo
per acqui stare in tal
una sottilissima reticella,
o le nutrici
maggior grazia. Presso gli antichi, quand
loro bambi ni la grazi a (benevo-
desideravano per i
mando:
lenza) d'ognuno, facevano voti agh Dei, escla
i calpe sterà iosa divent i.
Tuilo quello cKcgl

e di
Le Grazie, o Cariti, erano fighe di Giove
ina; e rappr esent avano tutto quello
Eurinome, Ocean
nella natura
che vi ha di bello e di grazioso tanto
uommi. Secondo
quanto nei costumi e nella vita degli
la leggenda più comune, erano tre di numero, e si
chiam avano Aglai a, che signif ica maest à. £u/rosme.
ica piace-
che vuol dire allegrezza, Talia, che signifi di tutto
volezza. Esse erano vener ate come datric
vita. Senza
quello che abbellisce e rende gradevole la
esse, neppu re gli Dei potev ano goder e una piena
di
loro onore,
beatitudine. Si celebravano molte feste in
vera, sicco me la sta-
ma era loro consacrata la prima
Erano invoc ate a tavol a, come
gione delle Grazie. seconde erano
le Muse, e tanto le prime come le
facevano m
venerate per mezzo delle bevute che si
final mente giurav asi per la loro divinità.
loro onore;
- 475 —
Da principio le Grazie furono rappresentale velate,
indi nude affatto. Si voleva forse con ciò esprimere
che nulla vi ha più gradito della semplice natura, e
che, se talvolta essa chiama l'arte in suo soccorso,
non deve quest'ultima far uso di ornamenti estranei
se non con tutta Ta moderazione. Eiano rappresentate
giovani e vergini, perchè i piaceri sono stati sempre
riguardati come appartenenti alla gioventù. Erano di-
pinte anche piccole e di taglia svelta, p>erchè molle
volte i piaceri consistono in cose di poca entità, in
gesti, in sorrisi, ecc. Il loro atteggiamento di danza
indicava che esse, amiche della gioia innocente, non
sanno adattarsi a troppa austera gravità. Esse lene-
vansi per la mano, F>erchè le amabili qualità sono i
più dolci legami della società. Senza cintura e senza
fermaglio lasciano ondeggiare il loro velo in balia dei
zefiri. Talvolta gli antichi rappresentavano le Grazie
in mezzo ai più deformi Satiri. Sovente queste statue
erano incavate, e aprendole vi si trovavano delle piccole
figure esprimenti le Grazie. Forse con ciò si è voluto
indicare che non conviene giudicare gli uomini dal-
l'apparenza; che i difetti della figura possono essere
riparati dall'amabilità dello spirilo, e che talvolta an
infelice esteriore rinchiude le più interessanti qualità.
— Dado. Mirto. Rosa. Il dado è segno dell'inclina-
zione che la gioventù, età delle grazie, ha per i giuo'
chi e per il riso; il mirto e la rosa sono particolar-
mente sacri a Venere e alle Grazie.
Graziola.
Pianta molto comune nei prati umidi, e le cui
radici e le foglie una volta erano vaniate come ri-
medio medicinale. I miserabili di certi paesi ne femnQ
— 476 —

tutt'ora uso; da cui il nome di erba del povero uomo.


Vedi UTTìilià.
Gregge.
Branco di pecore o di capre. Vedi Genoveffa {San-
ta) — Margherita {Santa).
Gregorio il Grande (San).
Il primo papa di questo nome. — Angeli, che can-
tavano la Regina coeli mentre la processione delle
litanie passava sul ponte di Sant'Angelo. Arcangelo.
San Michele gli apparve, rimettendo la sua spada
nella guaina per avvertirlo che la peste era cessata.
Chiesa. Colomba. Mentre il Santo scriveva, erasinspi-
rato dallo Spirito Santo, che, in forma di colomba, gli
si posava sulle spalle. Gesii Cristo, che un giorno gli
apparve sotto l'aspetto di pellegrino, mentre si tro-
vava a messa con dei poveri. Libri, per avere com-
posto il Canto fermo, o Canto Gregoriano. Luce
Opponendosi egli alla sua elezione a papa, fuggì
travestito nascondendosi in una caverna in fondo a
una foresta, ove fu ritrovato seguendo una luce cele-
ste che ne indicava il luogo; ricondotto a Roma, vedi-
ne consacrato papa.
Grembiale. Vedi Fede fallace — Massoneria.
Grifo 0 Grifone.
Animale favoloso, con la lesta, il becco e gli arti-
gli d'aquila, o d'avoltoio, e il corpo di leone. I grifi
custodivano le miniere d'oro. Gli antichi chiamavano
grifone un uomo che avesse un gran naso, così fu
denominato il re di Siria, figlio di Cleopatra, Vedi
Apollo — Chiesa — Pan — Pupa,
477 -
Grigio.
Colore. Vedi Consolazione — Disperazione —
Lullo — Nemicizia — Pazienza — Pendenza —
Povertà — Semplicilà.
Grisolito. Vedi Crisolito.
Grossezza d'ingegno. Vedi Ingegno ottuso.
Gru.
Le gru viaggiìino in bianchi assai numerosi soll»-
vauidosi alle più alte regioni dell'atmosfera, e se il
vento non le sospinge, si ordinano quasi in figura
d'un triangolo isoscele. Vedi Abbondanza — Ali
di gru — Consiglio popolare — Investigatore di cose
sublimi — Osservatore dell'ordine — Penne di gru
— Primavera e Inverno — Testimonianza imprevisti
— Vigilanza.
Gru che porta un sasso. Vedi Prudenza.
Guadagno.
Uomo che porta pelli d'animali sulle spalle. — Ca-
po. Secondo gli spiegatori dei sogni, sognando im capo
più grosso dell'ordinario, è segno d'aumento di ric-
chezze. Orecchie. Secondo gli stessi, chi sogna di ve-
dere delle orecchie, è indizio che sentirà le voci di
molte persone che lavoreranno a suo profitto.
Guanti gialli. Vedi Bellimbusto.
Guanti violetti. Vedi Vescovo.
Guardarsi dagli stolti.
Elefante che fugge un becco. Geroglifico Egiziano,
che allude a un uomo prudente, il quale eviti di con-
versare cogli stolti e pazzi; perchè ritenevano l'ele-
fante talmente avverso al becco che, vedendolo, fug-
gisse.
r- 478 —

Guardia.
Cane. Presso alcune porte delle case scoperte a
Pompei vedesi dipinto un cane con le parole cava
canem, ciò che dimostra che chi non teneva un cane
per guardiano, ne voleva almeno la figura. Cicogna,
che gli indovini ritenevano quale segno di guardia
della città; perchè spesso nidifica nelle parti più alte
delle case. Attila, che per tre anni tenne l'assedio
di Aquileia, dopo ripetuti assalti, vide le cicogne
abbandonare la città, portando via i loro piccoli col
becco; ciò che fu preso per augurio che avrebbe espu-
gnata Aquileia.
Guerra.
Animali: Cavallo bardato. Virgilio dice; Per guer-
reggiar s'arma il cavallo, e ognora — Questo ardito
animai la guerra minaccia. E Lucrezio chiamò la pro-
le dei cavalli duellica, cioè bellica e guerreggiante.
Montone, per il suo istinto t>attagliero. Gli antichi
quando volevano intimare la guerra a qualcuno, man-
davano avanti un montone, spingendolo fino al paese
dei nemici; quasi quale ambasciatore il quale avesse
il mandato di dichiarare ia guena; oppure per mani-
festare in tal modo che essi avevano motivi giusti
per combattere, per essere stati provocati. — Vege-
tali: Polemonìa. — Diversi: Arco teso. Colontìa bel-
lica. A Roma, davanti al tempio di Bellona esisteva
una colonna in cui, quando si voleva dichiarare la
guerra a qualcuno, si tirava una lancia, qual segno
di speranza che tale guerra sgombrasse i nemici dai
confini, o che si estendesse il loro Impero oltre i con-
fini stabiliti. Fuoco. Geremia vide una pignatta acce-
sa verso tramontana, dalla quale si dovessero spar-
- 479 —

gere per tutto il mondo incendi di guerra. Cicerone


disse che l'Italia ardeva per la guerra. Dicesi che
ELcuba, (figlia di Dimanle re di Tracia, e moglie di
Priamo, cangiata in cagna) gravida di una fiaccola
accesa, partorì i fuochi matrimoniali, segno di futu-
ra guerra, per cui Troia doveva essere presa e arsa.
Gli indovini presero spesso il fuoco per tale augurio.
Gladio, emblema della guerra. Lancia. I Cartagi-
nesi, come segno di guerra, mandavano ai Romani
una lancia. Saio, preso come veste da guerriero, in
opiX)sizione della toga, emblema della pace. Vedi
Pace e guerra.
Guerra intimata.
Asta ferrata abbruciacchiala che. presso i Romani,
quale segnale di guerra intimata, un sacerdote, detto
Feciale. scagliava nel campo dei nemici, con testi-
moni d'età matura, dopo aver dichiarato il motivo
della guerra.
Guerriero.
Uomo che tiene in mzuio due dadi. — Achillea
millefoglie, allusione all'eroe Achille.
Gufo.
Uccello di cattivo augurio. Lo si considerava vol-
garmente come messaggero della morte; la sua pre-
senza, secondo Plinio, presagiva la sterilità. A que-
sto uccello misterioso, che cerca la solitudine e tal-
volta abita nei cimiteri, e fa sentire il suo grido lu-
gubre di notte, si attribuirono delle virtù meraviglio-
se: se si pone il suo cuore con la zampa destra so-
pra una persona addormentata, essa dirà tutto ciò
che avrà fatto, e risponderà alle domande fattele;
inoltre, se si mettono le medesime parti di questo uc-
— 480 —

cello sotto le ascelle, i cani non potranno più abbaiare


dietro la persona che le porta; e finalmente se si
attacca il fegato a un albero, tutti gli uccelli vi si
raccoglieranno sopra. Vedi Alcìioe — Larva —
Morte — Nittlmene — Notte — Tirannia.
Guglielmo (San).
Vescovo. — Lagrime ch'egli versava nel sentire
un'offesa fatta a Dio. Ostensorio; per aver il Santo
avuto una speciale devozione per il Santissimo Sacra-
mento. Vedi Vescovo.
Gule o Gole.
Chlamavansi così certi esseri soprannaturali e mi-
steriosi appartenenti alla mitologia araba e persiana,
i quali rappresentavano le parti che hanno i vampiri
nelle traduzioni popolasi dei popoli slavi e degli iso-
lani greci. Le Gule abitano luoghi sotterranei, donde
non escono che a mezzanotte per recarsi a fare
danno ai poveri mortali e tormentarli m mille modi.
Gli Afghani credono che qualsiasi deserto e solitu-
dine sia abitata da un demonio chiamato Guli-B'mbau
o spettro della solitudine. Le leggende dicono che le
Gule si cibano di carne umana.
Gusto.
Gli Egiziani quando volevano significare che qual-
che cosa fosse stata appena assaggiata e non piena-
mente gustata, rappresentavano una lingua fra i denti
un po' tirata fuori; mentre se volevano mostrare un
pieno e completo gusto d'una cosa, raffiguravano le
parti posteriori della gola a cui è attaccata la lin-
gua. — Frutta. Scimmia, che addenta una mela.
H.
Haroepì. Vedi Aruen.
Hathor. Vedi Aihor.
Heimdal <> Hallinskìdi.
Uno degli Dei principali scandinavi; aveva per
padre Odino e per madre nove figlie del gigante
Geirrendour. Egli aveva la custodia del ponte Bifrost
che univa il cielo alla terra. La sua vista era tanto
acuta, che vedeva, di notte come di giorno, a una di-
stanza dicento leghe; e il suo udito era così fino che
sentiva nascere l'erba nei prati e la lana sulla schie-
na dei montoni. Come Dio, non aveva moglie ne
figli; ma era anche uomo nello stesso tempo, e in que-
sta qualità, egli diede vita a tutta una razza.
Hela.
Divinità scandinava, regina della morte, la so-
vrana dell'impero nebuloso, dove fu rilegata da All-
fader, affinchè essa vi tenga imprigionati tutti coloro
che sono morti di malattia o di vecchiaia, e li puni-
sca della loro mancanza di coraggio e di valore guer-
riero. Figlia di Loke, che è il genio del male, e del-
la gigantessa Angerbote, la più terribile delle fu-
rie. Hela abita un palazzo chiuso da porte di ferro
e cinto da un'altissima muraglia, nel quale abitzmo
tutte le sventure. Il cane Garm fa le veci di custode
all'antro di Guipa che conduce a questo palazzo, e
dentro alla grotta la leggenda fa menzione di un
gallo nero che canta sotterra, e annuncerà la fine del
mondo. Alcuni fiumi, paragonabili allo Stige e all'A-
SI — o. Ronchetti.
cheronte della mitologa greca, sboccano nel soggior
no di Hela; la quale è d'aspetto terribile e ha la
parte superiore del corpo nero e azzurro,
Hom e Hum.
Divinità rammentata spesse volte nel Zend'Avesla
(nome dei libri sacri dei Parsi o antichi persiani) e
nei diversi trattati dei seguaci di Zoroaslro (fonda-
tore della religione dei Parsi). Esso presiede alla di-
stribuzione della pioggia nelle varie partf della ter-
ra, è il capo delle città e delle Provincie, il guardiano
delle gregge, e dà ai padri che ne son degni figli il-
lustri e pii. Ne soltanto in terra Hom e Hum esercita
il suo potere; egli combatte e distrugge i cattivi Geni,
creati da Arimane, e dona la meritata ricompensa
agli uomini buoni.
HOPO. Vedi Oro.

I.
I.
Secondo l'opinione di Platone, questa lettera ave-
va qualche cosa di misterioso in se, e serviva a me-
raviglia alla spiegazione delle cose delicate, secondo
n parere dello stesso filosofo.
ladi.
Ninfe, figlie di Atlante e d'Etra; secondo altri di
Cadmo o d'Eretteo. Erano cinque sorelle, le quali
tanto piansero per la morte del loro fratello lade.
sbranato da una leonessa o, secondo altri, da un
cinghiale, che gli Dei impietositi le trasportarono
in cielo, ponendole nella costellazione delle piogge
e delle tempeste marine, e dove piangono tutt'ora.
- 483 -
Iberide.
Pianta che fiorisce da marzo a ottobre. Vedi In-
d'inerenza.
Ibis.
Uccello d'Egitto che rassomiglia alla cicogna.
Quando esso nasconde il collo e la testa, la sua for-
ma rassomigla a quella del cuore umano. Vedi Cuore
— Egillo — Cratiludine — Male derivato da buo-
ni principi — Mercurio — Penne d'ibis — Salubrità
— Testa d'ibis.
Icaro. Vedi Dedalo.
Iconologia
Dal greco eilfon, immagine e logos, discorso o ra-
gionamento sulle immagini. L'iconologia viene definita
lo studio e le indagini sopra i lineamenti e gli attributi
caratteristici onde si possono conoscere le figure dei
personaggi allegorici o mitologici, di cui le art! devono
talvolta rappresentare le immagini. E' dissimile dal-
Viconografia in ciò, che questa si occupa delle sem-
bianze reali dei p>ersonaggi illustri, mentre l'iconologia
ha per scc^x> di ragionar delle forme convenzionali con
cui si vestirono le allegorie e i miti. L'arte ha pochis-
simi mezzi di far intendere quello che rappresenta; e
oltre all'essere circoscritta a esprimere in ogni quadro
o grupypo quello solo che si opera in un istante di tempo,
non può manifestare gli esseri intellettuali altrimenti che
personificandoli. Egli è ben vero che la poesia si vale
della medesima licenza per ottener miglior effetto e
produrre più viva impressione; ma elettivo è per la
poesia di ciò fare o non fare; l'arte è costretta. Essa
può nominare; l'arte non lo può. La poesia inoltre
dipinge con rapide immagini senza fermarsi al minuto
— 484 —

delle particolarità; l'arte dalla stessa natura sua e


obbligata a determinare con precisione i più sottili
che alla
lineamenti, e con lungo e arduo lavoro ciò
poesia basta talvolta una sola parola. Per ^"1 /. arte
gli esseri astratti e ideali m cambio di
personificando
essi tali attri-
nominarli, dovette fissare a ciascun di
buti e tal fisonomia, che al primo sguardo ognuno po-
e
tesse conoscerli. — Fin dai tempi più remoti dell'art
e storiche e monume n-
greca, di cui ci restano memori
con-
ti, gli artisti operavano già secondo una tacita
venzione, dando a ciascun nume o essere ideale attri-
,
buti e caratteri propri, così che il volto di Mmerva
diverse da
per esempio, aveva tagli d'occhi e fattezzeresto. Negh
quel di Venere, e via discorrendo del
parte
attributi gli artisti si attennero per la maggior
nei tratti carat-
ai poeti e specialmente a Omero;
teristici osservarono la bella natura, e ne scelsero i
lineamenti che meglio rendevanoprimi l'espressione che le
tradizioni religiose e i poeti, mterpreti della
religione, avevano assegna to a ciasche dun nume. La
i non
convenzione pertanto nelle forme e negli attribut
cogli spiriti religiosi e con
fu arbitraria, ma intima
e l'iconolo-
le credenze popolari celebrate dal poeti; e
gia greca e tutta ieratica è fondata sulla religione
e vaghezz a che le de-
partecipa di quella giocondità linguaggio degli artisti
rivò dalla poesia. Perciò il
nell'espressione dei miti non potè a meno di essere
n-
simbolico; e lo studio e le indagini per la conosce
mitico e simboli co usato da-
za di questo linguaggio
gli artisti, ecco ciò che. come abbiamo detto, costi-
tuisce la scienza iconologica. — L'iconologia stessa
seduta.
fu simboleggiata, e quindi si figurò una donna
— 485 -
che con la penna in mano descrive gli esseri moraii
che un genio presenta e sviluppa al suo sguardo.
Altri però la rappresentavano in figura di una donna
grande e ben fatta, vestita con gusto semplice al
tempo stesso e nobile, con la testa sormontata da
una fiamma che indica il genio mspiratore degli em-
blemi allegorici, atto a caratterizzare le virtù, i ta-
lenti, le passioni, e vizi, ecc. La bocca però è co-
perta da una specie di fascia, con che si vuole indi-
care che essa non parla se non per mezzo di segni.
Con la destra essa sembra piegare all'ingiù la cor-
nucopia, da cui escono fiori e frutti, simboli del pia-
cere e dell'utilità; con la sinistra appoggiata sulla
sfera celeste stringe una palma unita a un ramo di
olivo, una corona e una bilancia, per indicare che
essa dispensa con giustizia l'immortalità, e che gli
astri e i piameli sono del suo dominio, come gli og<
getti terrestri rappresentati su di una colonna coperta
di caratteri geroglifici, sulla quale inchinandosi si ap-
poggia. Il livello, l'olivo, il mirto, come pure un
leone che riposa ai suoi piedi, sono tutti attributi che
compiono i tratti caratteristici di quella scioiza o fa-
coltà ingegnosa. Ciascuno dei geni che la circondano
indica pure per mezzo di simboli caratteristici l'es-
sere morale o allegorico che esso rappresenta. Al
piede della figura sono sparse medaglie e cammei,
il che bastantemente indica che l'iconologia deve es-
sere fondata sopra la cognizione generale delle me-
daglie edegli antichi monumenti. — L'iconologia
assegna dunque a ciascun essere, a ciascun oggetto,
gli attributi che loro convengono. Essa rappresenta
quindi Saturno sotto i lineamenti di un vecchio ar-
— 486 -

mato d'una falce; Giove col fulmine tra le mani e


un'aquila da un lato; Nettuno col tridente, seduto
su un carro tirato da quattro cavalli marini; Pluto-
ne con una forca a due denti su di un carro tirato
da quattro cavalli neri; Cupido con un arco, un tur-
casso pieno di frecce, e talvolta con una fiaccola ac-
cesa o spenta e una benda sugli occhi; Apollo con
una bella capigliatura, con l'arco con e con le frecce e
talvolta con una lira; Mercurio un caduceo in
mano e le ali al petaso, e ai talloni; Marte armato
di tutto punto con un gallo accanto, volatile che gli
era consacrato; Bacco coronato di edera con un tirso
in mano, coperto di una pelle di tigre, e talvolta
tirato da tigri in un carro, seguito da una truppa di
Baccanti; Ercole coperto di una pelle di leone che
stringe con la destra una clava; Giunone portata sul-
le nubi con un pavone accanto; Venere sopra un car-
ro tirato da cigni o da piccioni, e talvolta seduta ia
una conchiglia; Minerva coll'elmo sul capo, ap^wg-
giata a uno scudo, e al lato una civetta; Diana ab-
bigliata da cacciatrice, con l'arco e le frecce tra le
mani e la lune calante sul capo; Cerere con un covo-
ne di grano tra le braccia e una falce da mietitore tra
le mani, ecc. — Siccome gli antichi avevano straor-
dinariamente moltiplicate le loro divinità, così i poe-
ti e i pittori si sono poi esercitati a gara a rivestire
di figure apparenti esseri puramente chimerici o im-
maginari, oppure a prestare una specie di corpo agli
attributi divini, alle stagioni, ai fiumi, alle virtù, ai
vizi, alle passioni, fino alle malattie, ecc. Così la For-
za viene rappresentata da una donna di aspetto guer-
riero, appoggiata su di un cubo con un leone ai piedi ;
- 467 -
si dà alla Prudenza uno specchio intorno al quale
si attorciglia un serpente, simbolo di quella virtù; alla
Giustizia si pongono in mano una spada e una bilan-
cia; alla. Fortuna si bendano gli occhi, e le si pone
una ruota volubile sotto i piedi; all'Occasione si la-
scia ima treccia di cap>elli sulla parte anteriore del
capo, mentre tutto il rimanente è calvo; ai Fiumi si
danno corone di giunchi e urne, daJle quali l'acqua
si versa; all'Europa si pone sul Ccipo una corona
chiusa e si dà uno scettro e un cavallo ; all'Asia un in-
censiere, ecc.
Idee. Vedi Ninfe.
Idolatria.
Adorazione, culto degli idoli. — Idoli. Vitello
d'oro.
Idolo.
Oggetto, statua o effigie rappresentante qualcJie
Dio. Gli idoli nei primissimi lempi non erano che
informi tronchi di legno, o sassi greggi; più tardi poi
statue vere rappresentanti uomini, dorme, o zinima-
li di ogni specie. Le immagini o simulacri di cui
parla la Bibbia eramo di due sorta: gli uni consacrali
a Jehova, e gli altri alle false divinità. Jehova veniva
rappresentato, specialmente, dal vitello d'oro. Vedi
Cristina (Santa) — Idolatria — Religione — Su-
sanna {Santa) — Vittore (San).
Idra.
Mostro spaventevole delle palude di Lema; figlio
di Tifone e di Echidna. Dicesi che avesse sette, na-
ve e perfino 1 0.000 teste, secondo alcuni. Faceva stra-
gi orribili nelle campagne e nelle mandre che tro-
_ 488 -

nella palude di Lerna. Vedi Ercole — Inv'r


vavansi
dia. —
Idrangea.
Questa pianta, chiamata volgarmente ortens ia, tor-
ma uno dei più belli ornamenti dei giardini: il suo
col
fogliame di un bel verde contrasta mirabilmente
colore roseo dei suoi numero si e ampi coromb i. I suoi
fiori sono per lo più sterili. Vedi Millanteria.
lena.
Intorno a quest'animale corrono le più strane ta-
vole; non solo la si credeva d'ambo i sessi, ma che
cambiava di sesso da un anno all'alt ro. Alla iena
di
si attribuisce anche, fra le altre facoltà, quella
imitare il linguaggio umano per attirar e a se i pastori

e divorarli a suo bell'agio, e quello d'mcantare k^


cani facendoli diventar muti. Vedi Carattere variahi
— Nemico vincitore — Anemico vinto — Pelle di
iena.
Ifianassa. . .
sua
Figlia di Preto, la quale insuperbitasi per la
i palazz i di suo padre al
bellezza e per aver preferiti
da schifo sa malatt ia che
tempio di Giunone, fu colta
per
la rese pazza, in modo che correva mezza nuda
i monti e boschi. Venne fine. cangiata in vacca. Le sue so-
relle subirono la stessa
Ifigenia. ,
Avendo
Figlia di Agamennone e di Clitennestra.
nuto tropp o lungo tempo l ar-
una calma ostinata tratte
mata greca nel porto di Aulid e. Calca nte, gran sa-
cerdote, rivelò che Diana, sdegnata contro Agamen-
none che aveva uccisa una cerva a lei sacra, ncu-
— 48^ —

sava al Greci il vento favorevole, e che per placarla


si doveva versare sangue di una principessa della sua
famiglia. Agamennone esitava, ma data rimpK>rtaaiza
della sp>edizione che doveva recarsi a Troia, accon-
sentì di sacrificare la propria figlia, la quale, nel-
l'atto che il sommo sacerdote stava per ferire la vit-
tima, fu da Diana rapita, facendo comparire in sua
vece una cerva. Ifigenia fu traisportata nella Tauride,
jxvt si fece sacerdotessa di Diana, e adla quale la
Dea diede l'incarico di sacrificare tutti i forestieri
che approdavano in quei lidi inospitali, allorché O-
reste capitò in Tauride, il quale, in espiazione del
•commesso matricidio, era stato condannato da Apollo
di andare nella Tauride a rapire la statua di Diana e
trasportarla nell'Attica. Egli vi si recò con Pilade»
ed essendo stati presi, dovevano essere sacrificati en-
trambi; quando Ifigenia, udito che erano d'Argo, of-
ferse di salvare uno di essi se volesse portare una
lettera a suo fratello Oreste. A tal nome avvenne
il riconoscimento, e pKii un accordo intorno al mezzo
di scilvarsi. Deluso intanto Toante, re della Tauride,
col pretesto di una supposta espiazione delle vittime
da farsi sulla spiaggia del mare, s'imbarcarono in-
sieme, portando seco la statua di Diana; dopo di
che Oreste fu libero dalle agitazioni delle furie.
Igiea.
Dea dell'igiene e figlia di Esculapio e di Lampe-
zia. Essa aveva, in un tempio di suo padre a Sicion«,
una statua coperta d'un velo, alla quale le donne dedi-
cavano laloro capigliatura, con cui la coprivano. Rao-
presentasi coronata di lauro, e, quale regina della me-
dicina, loscettro (asta) nella mano destra. Sul petto
- m -
ha un serpente attorcigliato in più giri, il quale sporge
il capo per bere in una tazza che la Dea tiene nella
mano sinistra. Viene anche rappresentata seduta su
un seggio, con la sinistra appoggiata all'asta, e nel-
l'atto diporgere con la destra una patera a un serpen-
te che, lambendola, s'innalza da un'ara a lei da-
vanti.
Ignaro di Dio.
Cieco, simbolo biblico.

Ignominia.
Gran disonore. — Quaranta. Esisteva presso gli
Ebrei una legge la quale, a chi avesse ricevuto una
sola vergata in piìi di quarauita, oltre a essere segno
di infamia, vietava di occupare qualsiasi carica ono-
rifica.
Ignorante.
Uomo con la testa d'asino, che gli Egiziani rite-
nevano come emblema d'una persona ignara di tutto,
e che vivesse segregata dagli uomini. Vedi Disputa
deW ignorante.
Ignoranza.
Personificata in una figura con un dado di piom-
bo in testa. — Animali: Pipistrello, che, per essere
amamte della tenebre, non può sopportare la luce.
Nella Bibbia, per questo animale, s'intende colui che
è privo d'ogni lume di scienza; perciò dispregevole.
— Diversi: Benda, che le copre gli occhi. Fumo. Ri-
tenendo illume (luce) simbolo del sapere, e op{X)nen-
dovi la caligine (tenebre); così il fumo che produce
la fuliggine sarà emblema dell'ignoranza. I Toscani
usavano dire caligare per oscurarsi. Libro chiuso.
- 4^1 -
Ilarità.
Cornucopia. Nelle monete di Faustina si vede una
figurina con la cornucopia nella destra, e nella sini-
stra tiene un'asta ornata da terra fino alla sommi-
tà di fronde e ghirléinde, con l'inscrizicne HILARI-
TAS. Gjn la medesima inscrizione, in un'altra me-
daglia siscorge un germoglio di palma, che uscendo
da terra s'innalza sopra la testa di una figura di don-
na, la quale, pigliandolo con la destra, lo avvicina
al mento, tenendo nella sinistra la cornucopia. Ve-
di Allegrezza — Letizia.
Ilitia. Vedi Eileitia.
Imene.
Dio delle nozze. Giovane, dotato di stra-
ordinaria bellezza, ma p>overissimo e di origine oscu-
ra. Egli era in età in cui un giovinetto può essere
ritenuto p>er una fanciulla, allorché divenne amante
di una ragazza ateniese; ma p>er essere essa di na-
scita molto superiore alla sua, non osava dichiararle
la sua passione, e si accontentò di seguirla ovunque
ella andava. Un giorno che le dcwme di Atene dove-
vcmo celebrare sulla spiéigga del mare le feste di Ce-
rere, alla quale doveva intervenire anche la sua fa-
vorita, egh si travestì, e quantunque sconosciuto, pu-
re l'asfjetto suo amabile lo fece ricevere in quella
devota compa^ia. Alcuni corsari intanto, scesi im-
prov isamente aterra nel luogo della cerimonia, ru-
barono tutta la brigata, e la traspKjrtarono sopra una
spiaggia lontana, ove, dopo aver sbarcata la loro
preda, F>€r la stanchezza si addormentarono. Imene,
pieno di coraggio, propose alle compagne di ucci
dere i loro rapinatori, e si pose alla testa per tale
scc^o. Andato pK>i in Atene, dichiarò in un'assem-
- 492 -

blea del popolo ciò che gli era accaduto, prometten-


do di far tonnare in Atene tutte quelle donne, pur-
ché gli fosse stata accordata la mano di quella ch'e-
gli tanto amava. La sua proposta venne accettata,
egli sposò la sua innamorata, e in memoria di un co-
sì fortunato matrimonio, gli Ateniesi sempre lo invo-
carono nelle loro nozze sotto il nome di Imene, e
celebravano delle feste in onore suo che furono chia-
mate Imenee. Altre favole contradditorie si raccon-
tano intorno a questo personaggio. In seguito i poeti
crearono una genealogia a questo Dio, gli uni lo fa-
cevano figlio di Urania, gli altri di Apollo e di Cal-
liope, odi Bacco e di Venere. Imene rappresentasi
sotto la figura di un giovinetto coi capelli riccàuti do-
rati, coronato di fiori e specialmente di maggiorana e
rose; con una fiaccola nella ilmano destra, e nell'altra
il flammeo con cui copriva capo alle spose, e due
socchi gialli aio piedi. Alcuni lo vestono d'un manto
nuziale, rosso giallo, e gU pongono in mano, oltre
alla fiaccola, fiori e frutti, e talvolta un flau-
to. Ipoeti lo dipingono anche vestito d'un abito bian-
co ornato di fiori. Si vede anche raffigurato con un
anello d'oro in mano, col giogo e con delle pastoie ai
piedi. Gli si diede anche una corona di rose e di
spine, un giogo ornato di fiori e due fiaccole che
hanno una fiamma unica.
Imer. Vedi Ymer.
Imitazione.
Scimmia, da cui venne il verbo scimmiottare, cioè
contraffare, imitare.
Immaginazione. ....
Lupino, perchè nei tempi antichi era il cibo più
comune dei filosofi greci, specialmente dei cinici.
— 493 —

Immagine di Alessandro. Vedi Prosperità.


Immondo.
Lingua etagliata
scellerato ; simbolo scacciato
dannosissimo, biblico d'uomo sporco,e
dai sacrifizi
fuggito dagli uomini religiosi e morigerati.
Immortalità.
Animali: Fenice, che rinasce dalle proprie cene-
ri. — Vegetali: Cedro del Libano, albero che vive
lunghissimo tempo. Confrena.
Impazienza.
Balsamina impaziente. Allusione allo scoppio del
frutto di questa pianta, al minimo contatto.
Impedimento.
Ginocchia accavalciate, con le parti inferiori delle
gambe intrecciate.
Imperatore.
Animali : Serpente avvolto in cerchio, con una
specie di palazzo nel mezzo; geroglifico degli Egi-
ziani rappresentante un imperatore o qualche re po-
tentissimo; ritenendo che la reggia dovesse essere po-
sta in mezzo all'impero, per essere comoda a tutti.
— Diversi: Cappa, Corona imperiale. Globo croci'
fero.
Imperfezione.
Rana, la quale, nascendo deforme girono, passa
attraverso diverse trasformazioni prima di giimgere
al suo sviluppo normale; inoltre credevasi che il gi-
rino, generato nel fango, fosse sovaite in parte ra-
nocchio e parte terra pura, e che per quanto que-
sto animale giunga alla sua maturità, rimanga sem-
pre imperfetto, per un suo difetto nella lingua.
— 494 —

Impero.
Animali: Ape, presso i Greci. Aquila, emblema
della potenza. Ezechiele profeta parla di un'aquila
di meravigliosa grandezza con le ali distesissime, di
smisurata lunghezza dii membra e coperta di perme
a vari colori, che arrivò velocemente al monte Li-
bano, e quivi, con le unghie minacciose svelse la mi-
dolla ei più teneri rampolli del cedro, strappò tutte
le sommità delle più alte frondi, tagliò anche le pro-
paggini delle viti, e tutte queste cose furono traspor-
tate lin Babilonia. Simbolicamente, l'aquila rappre-
senta Nabucodònosor, monarca di Babilonia, che pre-
se Gerusalemme e condusse prigiioniero il popolo col
suo re Sedecia e tutti i principi. Le ali distese dell'a-
quila inidicano i numerosi eserciti che Nabucodòno-
sor aveva condotto seco; la lunghezza delle membra,
il lungo tempo del suo regno ; le penne, la ricchez-
za di cui abbondava; le unghie, il terrore delle armi;
il monte Libano, lo splendore e la grandezza della
Giudea per molti anni continui illustre, donde l'aquila
svelse le midolle del cedro, cioè egli estirpò la no-
biltà, el'aver strappate le ultime frondi del cedro,
significa ch'egli non perdonò nemmeno alla teneris-
sima stirpe dei re, cioè ai bambini. Cavallo coi piedi
d'uomo. Gh indovini predissero l'impero del mondo a
colui, presso il quale sarebbe nato un tal cavallo;
caso che, dicesi, capitò a Giulio Cesare. — Diversi:
Berillo. Carro. Narrasi che Tarquinio .Superbo, a-
vendo quasi ultimato di far costruire il tempio di
Giove Capitolino, fece fare un carro di terra, il qua-
le messo nella fornace a cuocere, invece di ritirarsi
col perdere l'umidità, si gonfiò talmente e divenne
così voluminoso che si potè appena levarlo dopo aver
- 495 —
scoperchiato il tetto della fornace e demoliti 1 muri.
Domandato la causa di ciò agli indovini, risposero
che tale fatto era segno di felicità e impero a coloro che
avessero in custodia tale carro. Coltello, simbolo
biblico di potestà e impero. Oro. Zaffiro^ pietra sem-
pre tenuta in gran conto, perchè credevasi che f>os-
sedesse un certo potere datole da Giove e Saturno,

0il del
quale rendesse
sommo facile il conseguimento
sacerdozio. dell'impero

Impero del mare.


Delfino e tridente; il primo, simbolo del mare; il
secondo, attributo di Nettuno, re del mare; emble-
ma dell'impero.
Impero stabile.
Scettro di quercia. Dicesi che a Viterbo esistesse
una colonna d'alabsistro sulla quale figurava uno
scettro formato di fronde di quercia, coi rami infe-
riori tagliati, e quelli superiori intrecciati in modo
da sembrare un occhio. Secondo Plutarco, era que-
sto l'emblema di Osiri, il quale ebbe l'impero non
solo dell'Egitto, ma d'Italia e quasi di tutto il mon-
do. Si vuole che in questi scettri figurassero tanti ra-
mi quante erano le Provincie dominate da colui, in
onore e nome del quale veniva dedicata tale me-
moria.
Impeto.
Cinghiale, ritenuto come emblema di guerriero
feroce; perchè quest'animale piomba ciecamente su
qualsiasi nemico. Dicesi che il cinghiale, a caccia,
preso e atterrato, quasi morto, mostra le zanne tal-
mente infuocate, che strappémdogli delle setole dal
1 collo e avvicinandole ai denti s'increspano come se
fossero* accostate alla bragia, e finiscono per abbru-
ciare.
Impeto dei nemici.
Mare tempestoso, simbolo biblico. Gli oratori e gli
storici ricorsero sovente al paragone dei turbini e le
procelle con la guerra, ritenendo l'acqua in temp>esta
come simbolo delle più grandi sventure.
Impeto e agitazione di mente.
Trottola. I poeti, per il velocissimo movimento di
questo giocattolo, simboleggiarono un'agitazione di
mente che non può fermarsi mai né essere quietata
dalla ragione.
Importunità.
Mosca, la quale, per quanto scacciata da se, sem-
pre vi ritoma. Gcerone, alludendo a un giovane mo-
lestissimo, disse: scaccia quella mosca, o servo.
Impostura.
Zucca falso-arancio; allusione al suo frutto si-
mile a un'arancia, mentre è di nessuna utilità.
Impotenza virile.
Cinquanta. Eira opinione che l'uomo, passati I
cinquant'anni, non fosse più capace di procreare fi-
gli.
Impresa. Vedi Inefficacia delV impresa.
Impudico. Vedi Donna impudica.
Inabile alla guerra.
Mano senza il pollice. Presso gli antichi, chi vo-
leva sottrarsti alla guerra si tsigliava il pollice.
Inattitudine all'imparare.
Asino col freno in bocca. Gli astrologi, a chi
nascesse sotto il tredicesimo grado del Leone, come
^ 497 -
predizione della sua inattitudine airiir^Mrare, finsero
che allora nascesse un asino con la briglia in bocca.
Inabile all'impresa. Veài inefficacia deli impresa.
Incantesimo.
Moticella. Credevcisi che quest'uccello fosse do-
tato d'una certa attrattiva naturale amorosa. E di-
cesi che Venere lo portasse dal cielo per darlo a
Giasone, insegandoli l'incanto, con cui attrasse Me-
dea all'amor suo.
Incanto ingannatore.
Datura siramonio.

Incendio. Vedi EJigio {Sani') — Germano (San).


Incensorio. Vedi Turibolo.
Incisione.
Bulino, principale strumento degli incisori.
Incitamento.
Como, strumento a fiato.
Inclinazione al vizio.
Ginocchia piegate, simbolo della debolezza uma-
na che si china a terra, cioè i vizi che conducono
alle passioni impure.
Incorruttibilità.
Ermellino, per essere quest'cinimale tanto «unante
della pulizia, che se trova del fango davanti all'a-
pertura della sua tana, piuttosto cKe sporcarsi, si
lascia prendere dal cacciatore.
Incostanza.
Animali: Farfalla, che vola di fiore in fiore sen-
za fermarsi. Granchio di mare, perchè ora va indie-
tro e ora a traverso. — Vegetali: Delfinio consolida.
— Diversi: Crono. Secondo gli astrologi, nel vente-
32 — G. Ronchetti.
Simo grado sopra il Leone, si trova un segno d'uomo
con due teste, e a chi nascesse sotto tale segno, pre-
dicevano che sarebbe stato incostante e di volontà
alquanto mutabile.
Incostanza delia fortuna.
Corno di cervo, perchè quest'animale ora perde
ora acquista le coma, similmente alla luna. Simbolo
di chi dal basso stato, salito agli onori, per rovesci
di fortuna,
stabilità ricade
della nel nulla. Palla, emblema del'in-
fortuna.
Incredulità.
Aspide (vedi).
Incubi e Succubi.
Gli incubi, dice Ambrogio Pare, nel libro Dei mo-
stri e prodigi, sono demoni che assumono forma e
sembianza d'uomo e si congiungono con le streghe;
f succubi sono dèmoni che si trasformano in donne.
Tale congiungimento non ha luogo soltanto dormen-
do, ma anche vegliando; ciò che fu più volte con-
fessato e sostenuto dagli stregoni e dalle streghe,
quando venivano messe a morte. Secondo l'osserva-
zicne di coloro i quali si credeva appartenessero a
questa specie di ossessi, il demonio usava piuttosto
con le donne maritate che con le zitelle, perchè, tra-
scinando all'adulterio, maggiori erano i doveri cui
le faceva mancare. Il più delle volte presentavasi di
nottetempo a fianco del marito addormentato, o la
sera in un sito apipartato; compariva pure talvolta
di giorno sotto le sembianze ingannatrici di un a-
mante corrisf>osto, o d'un pretendente deluso; e ta-
lora infine, sotto quelle di un marito, sorprendeva
qualche f>overa moglie, la lusingava con belle pa-
role, e occorrendo, impiegava anche la violenza per
- 499 —
ndurla a far le sue voglie. Servio Tullio, che fu re
lei Romani, era il frutto degli amori di una bella
ichiava con Vulcano secondo alcuni antichi autori;
:on una salcimandra, secondo i cabalisti, con un de-
monio incubo, secondo i nostri demonografi. Altre
/ohe una donna non poteva avere un éunante che
lon fosse un demonio uscito dall'abisso, e avevansi
>rove della sua potenza amorosa, dai segni che egli
asciava sul corpo della sua prediletta. Si vuole che
il diavolo, il quale godette la madre di Augusto, im-
presse un serpente sul di lei ventre.

Incudine. Vedi Eltg'w {Sant') — Fortezza


d'animo Vulcano.
Indiana. Vedi Francesco Saverio (San).
Indifferenza.
Iberide della Persia. Pituita il cui aspetto non
:angia e sulla quale le stcìgioni non si fanno sentire.
Indipendenza.
Gatto, che gli antichi Alani, Burgundi e Svevi
portavano nelle bandiere, cernie emblema di libertà;
alludendo all'insofferenza dei gatti per la schiavitù.
Pruno selvatico. Albero ribelle alla coltura, e che
lon \TJol essere trapiauitato.
Indisciplinato.
Uomo seduto su un asino frenato.
Indiscrezione.
I Canna piumata. (Vedi Canneto).
Indocilità.
Mosca su un libro. Plutarco dice che vi sono
ioltanto due animali che al contatto dell'uomo non
>i addomesticano mai, né tollerano d'essere tocca-
i: la rondine e la mosca. Porco. Secondo i fisio-
— 500 —

gnomoni, la fronte di pK>rco, piccala, pelosa, coi ca-


tà e pelli volti all'insù, è segno evidentissimo d'indocili-
rozzezza.
Indole perversa.
Colchico autunnale; allusione alla proprietà vele-
nosa di questa pianta.
Ind amabilità.
Riccio di mare, perchè, coperto di spini, non si
lascia maneggiare; emblema di una persona aspra,
fastidiosa, difficile e renitente, con cui difficilmente sì
può trattare.
Indovino.
Donnola, che si credeva dotata di una certa fa-
coltà d'indovinare il futuro. Perciò gli antichi rap-
presentavano un cane sventrato, sulla cui spalla de-
stra camminava una donnola. Allusione evidente del
predire il futuro dalle interiora degli animali, come
facevano gli antichi indovini.
Indra.
Nome, che in sanscritto significa colui che piove,
dato dagli Indiani al Dio degli Dei e del firmamen-
to, il saettatore fulminante, colui che sparge la piog-
gia, che caccia le nuvole e fa di nuovo brillare il
sole nel cielo rasserenato. Questa divinità chiama-
vasi anche Machavan (il ricco in tesori). Calura (il
potente). A lui si attribuisce la vittoria sul serpente,
simbolo del male, sugh spiriti maligni, sulle divinità
ribelli, sui
lefante giganti.
Airavat. Viene rappresentato seduto sull'e-

Indugio.
Alcuni vogliono che sedendo sia segno di ritardo.
-^ Vedi Danni derivati dall'indugio.
- 501 —

Indulgenza. Vedi Remissione.


Industria.

conApe. Castoro. Animali


cui costruiscono le loro rinomati
abitazioni. per l'industria
Industrioso.
Lupino. Pianta che non richiede coltivazione, an-
zi si vuole che trascurandola divenga fertile; p>er
cui xm uomo con questa pianta in mano, emblema-
ticamente, rappresenterà una persona che col proprio
ingegno e l'industria sa procacciarsi il necessario per
l'esistenza.
Inefficacia dell'impresa.
Coccodrillo con una penna d'ibis conficcata nel-
la testa; geroglifico egiziéuio di un uomo talmente
inabile, da non sapersi aiutare con efficacia in niuna
impresa : p>erchè ritenevano che il coccodrillo, ani-
male assalitore e violento, toccato con una penna di
ibis, diventasse immobile e inoffensivo. Gli anrichi
credevano che anche i serp>enti diventassero immo-
bili, ponendo loro sopra vma penna d'ibis.
Inerzia.
Uomo con le mani in seno.
Infamia.
Dito medio dritto, con gli altri stretti in pugno,
in -modo d'imitare i genitali dell'uomo. Diogene, a
certi forestieri, che gli chiedevano di mostrar loro
Demostene, per vederlo e conoscerlo, l'indicò sten-
dendo verso di lui il dito medio invece dell'indice,
dicizia. con ciò contrassegnarlo d'inféunia e d'impu-
volendo
Infanzia.
Simboleggiata con la luna,
— 502 —
Infaticabile.
Uomo con in móino le ali e i piedi di gru. Volevasi
che chi avesse i nervi delle ali o gli stinchi di gru,
resistesse a qualunque fatica.
Infedeltà degli adulatori.
Delfino. Attirati i delfini dagli avanzi dei cibi
gettati dai naviganti, saziati, accompagnano con pia-
cere la nave, ma non escono mai siilla spiaggia;
così gli adulatori, mentre trovano da godere, corteg-
giano e onorano gli amici finche sono in condizioni
prospere, ma appena che la fortuna li abbandona,
si allontanano.
Infelice.
Uomo che piange, rasciugandosi le lagrime.
Infelicità coniugale.
Cornacchia. Gli antichi credevano che incontran-
do uno di questi uccelli scompagnati, fosse indizio di
vita coniugale infelice.
Infermo. Vedi Francesco Saverio {San).
Inferno.
Luogo di supplizio dove i malvagi dopo la presen-
te vita avranno a subire la f>ena dovuta alle loro col-
pe. Gli antichi, la maggior parte dei moderni, e so-
pra tutto i cabalisti, pongono l'inferno nel centro
della terra. Il dottore Swinden, nelle sue ricerche in-
torno al fuoco dell'inferno, pretende che l'inferno sia
nel sole, perchè il sole è i7 fuoco perpetuo. Taluni
hanno aggiunto che i dannati attizzano senza posa
questo fuoco, e che le macchie che appariscono nel
disco del sole, dopo le grandi catastrofi, non sono
prodotte che dall'esuberante numero di persone che vi
5J mandano, i
— 503 —
Inferno dei Greci. Luoghi sotterranei dove scen-
devano le anime dei mortali. Plutone n'era Dio e
re, e consistevano in quattro distinti sf>artimenti, che
i poeli hanno poi compresi sotto il nome generale
di Tartaro e di Campi Elisi. I Greci considera-
vano l'inferno come un luogo vasto, oscuro, diviso
in regioni diverse, l'una terribile, ove si vedevano
dei laghi, le cui acque fangose e infette tramzmdano
mortali esalazioni, delle torri di ferro e di bronzo,
delle ardenti fornaci, dei mostri accaniti a tormen-
tare gli empi; l'altra, ridente e pacifica, destinata
ai saggi e agli eroi. Chiamavano la prima Tartaro
e la seconda Can^i Elisi. In questi luoghi scorrevano
e s'incrociavano parecchi fiumi, il Cocito (pianto), il
Flegetonle (torrente di fuoco), che porta la rabbia
nei cuori, l'Acheronte (corrente di dolore) e lo Sti-
ge (fiimie dell'odio). Quest'ultimo avvolgevasi più
volte intomo all'Inferno, e non si poteva passarlo
senza l'aiuto del nocchiero Caronte. Perciò i Greci
usavano mettere in bocca ai morti un obolo, piccola
moneta di bronzo, come nolo p>er il passaggio dello
Stige. Il primo luogo, il più vicino alla terra, era
VErebo (vedi), ove si vedeva il palazzo della Not-
te, quello del Sonno e dei Sogni, il soggiorno di
Cerbero, delle Furie e della Morte. Ivi, per il corso
di cento anni, erravano le sfortunate ombre di co-
loro che non avevano avuto l'onore del sepolcro.
App)ena entrate le anime nel regno di Plutone, erano
sottoposte al giudizio davanti al tribunale di Rada-
manto, Eaco e Minosse. Il primo era incaricato
di giudicare tutte quelle provenienti dall'.Asia e dal-
l'Africa; ilsecondo quelle che venivano dall'Euro-
pa, e qualora fosse sorto qualche dubbio, allora spet-
— 504 —

ocché senza ingan-


tava a Minasse di decidere, acci ai mentati luoghi.
no alcuno fossero state desti nate
portavano una vei-
Nel giudizio. Baco e Radamanto dagli altri, teneva
oa in mano , e Mino sse, sepa rato
morti, che erano
uno scettro dorato. Le anime dei
se segn ate e impresse tutte
nude, portavano sopra di
oper arono me^re
le passioni che ebbero, e ciò che modo che i giudici
eran o congi unte al corpo . In
non domandavano
quando se le vedevano davanti, ma guardavano e
ne volevano saper e chi furon o,
pene o de^
mandavano al luogo meritato, o delle
o dei malvag
piaceri. Il secondo luogo era quell
ivi il nmor so divorava le
ivi ogni colpa era punita, grid a del dolore.
e si udiv ano le acut e
sue 4time.
circa le pene ri-
Celebri sono le invenzioni antiche
sono T.^o.
serbate ai malfattori. Di cui i più "-ti
idi II Tarla to (ve^
Tantalo, Sisifo. Issione e Dana
ente detto , veniv a dopo 1 1»|f^ ^"° ^^^
di), propriam
la prig ione degU Dei. Ivi stavano rmchiusi. per
era
giorno, gh antachi
non rivede^ più mai la luce del
Dei scacciati dall'Olimpo dai numi '^^gfelice "^"^/ jX
orno del e
citori. I Campì Elisi (veda), soggi
form avan o la quart a divis ione deU
ambre virtuose,
attraversare 1 t.
l'Inferno: per-giungervi bisognava

alcuni han-
'"inferno dei Romani. Fra i poeti latini che t o-
nelle regio ni sotter ranee,
no situato l'inferno Avern o. nella
il ago
vansi direttamente poste sotto vapor.
degk avvel enati
Campania felice, a motivo
che da questo lago esalano. Presso i R^- ' / 7:
era divis o in sette differ enti luoghi. Nel 1
ferno
aU istante del loro
slavano rinchiusi i fanciulli morti
to ^h affanm, m
nascere, i quali, non avendo pova
— 505 —

gustato i piaceri della vita, non avevano contribuito


ne alla felicàtà ne alle disgrazie degli uomini, e per
conseguenza non potevìuio essere ne ricompensati ne
puniti. Il 2° era destinato agli innocenti condannati
a morte. Il 3° conteneva i suicidi. Nel 4°, chiamato
Campo delle lagrime, erravano gli amanti spergiuri,
e specialmente le sfortunate zimanti. Vi si vedeva
l'audace Pasifae, la gelosa Procri, la coraggiosa Di-
done, la troppo credula Arianna, Erifile, Evadne,
Fedra, Ceneo e Laodanua. Nel 5° stavano gli eroi
il cui valore era stato oscurato dalla crudeltà; era
questo il soggiorno di Tideo, di Partenopeo e di
Adrasto. Nel 6° era il Tartaro, cioè il luogo dei
tormenti. Nel 7° finalmente eremo posti i Campi E.-
lisi.
Inferno dei Calli. Era una regione cupa e terri-
bile, inaccessibile ai raggi del sole, infestata da ve-
lenosi insetti, da leoni ruggenti e da carnivori lupi.
I colpevoli sempre divorati, rinascono per soffrire e-
ternamente. I colpevoli di grandi delitti erano inca-
tenati entro caverne ancora più orribili, immersi in
uno stagno di serpenti, e bruciati dal veleno che in-
cessantemente distillava dalla volta. Le persone inu-
tili, quelli che non avevano avuto che una bontà ne-
gativa, o che eremo meno colpevoli, soggiornavano
in mezzo a densi e penetranti vapori, posti al di so-
pra di quelle orride prigioni. Il supplizio più grande
consisteva nel freddo agghiacciante che tormentava i
corpi grossolani degli abitanti, e che dava il suo
nome a questa specie d'inferno.
Inferno dei Musulmani. Secondo il Corano, l'in-
ferno ha sette porte, ciascuna delle quali ha il suo
upplizio particolare. Gli interpreti per queste selt?
— 506 —

porte intendono sette quartieri differenti, nei quali so-


no punite diverse classi di peccatori. Il 1", che si
chiama Gehennen, è destinato per gli adoratori del
vero EHo; tali sono i musulmani, che per i loro de-
litti avranno meritato di piombarvi; il 2", chiamato
Ladha, è fatto per i cristiani; il 3", chiamato Ho-
thama, è per gH ebrei; il 4", detto Sahir, è per i
sabei; il 5°, chiamato SaCar, per magi o guebri; il
6°, chiamato Gehin, per gh idolatri ; il 7" e più
profondo abisso, il quale porta il nome di Haoviat,
è riservato per gli ipocriti. Altri credono che le sette
porte siano i sette peccati mortali. E altri vi trovano
i sette membri principali dell'uomo, i quali som> gFi
strumenti del peccato, cioè: gli occhi, le orecchie, la
Hngua, il ventre, le parti naturali, i piedi e le mani.
Quest'inferno è pieno di torrenti di fuoco e di zolfo,
dove i dannati, carichi di catene della lunghezza di
settanta cubiti, saranno immersi continuamente dagli
angeli delle tenebre. A ciascuna delle sette porte fan-
no guardia dicianove angeli, sempre pronti a eserci-
tare le loro barbarie verso i dannati e sopra tutto
-
verso gli infedeli, i quali soggiorneranno eternamen
te in quelle sotterranee prigioni, ove i serpenti, le
rane e le cornacchie, animali orribili presso i Per-
siani, renderanno sempre più gravi i tormenti dei con-
dannati. In quanto ai maomettani, essi non vi reste-
ranno più di settemila anni, e non meno di quattro-
cento. Durante tutto il tempo del loro supplizio, i
dannati patiranno la fame e la sete, ne sarà loro
presentato altro cibo fuorché dei frutti amari everrà so-
miglianti a teste di diavoli. U loro bevanda
attinta da sorgenti d'acqua solfurea e ardente, che ca-
gionerà loro insopportabili dolori di ventre. L'ispet-
— 507 —

tore degli angeli delle tenebre, i quali custodiscono


l'ingresso delle sette porte, deciderà del rigore dei
tormenti che dovranno esser a loro applicati, sempre
però prop>orzionati ai delitti e alla maggiore o minore
negligenza da loro commessa nel far l'elemosina e
. nell'osservare gli altri precetti del Corano.
Inferno degli Ebrei. I talmudisti distinguono tre
ordini di persone che compariramno al ^udizio fina-
le. Il {" dei giusti; il 2" dei cattivi; il 3" di coloro
che sono in uno stato di mezzo, vale a dire, che non
sono ne affatto giusti ne affatto malvagi. I giusti
saranno subito destinati alla vita eterna, e gli empi
all'orrore del baratro infernale; quelli dello stato di
mezzo, tanto ebrei come gentili, scenderanno coi lo-
ro corpi nell'inferno, e piangeranno per lo spazio di
dodici mesi, salendo e discendendo, andando ai lo-
ro corpi, e ritornando nell'inferno. Spirato questo
termine, i loro corpi saranno consumati, e le loro ani-
me abbruciate, e il vento le disperderà sotto i piedi
dei giusti; ma gli eretici, gli atei, ,i tirajini che
hanno desolalo la terra, quelh che trascinano gli uo-
mini alla colpa saranno puniti nell'inferno per se-
coli e secoli. I rabbini aggiungono che tutti gli anni,
nel giorno di tisri, giorno primo dell'anno giudaico.
Dio fa una specie di re\isione dei suoi registri, ossia
un esame del numero e dello stato delle anime che
trovansi nell'inferno.
Inferno dei cristiani. Secondo i teologi, nell'in-
ferno si soffrono due p>ene, cioè quella del danno e
l'altra de/ senso. La i>ena del dormo consiste nella
privazione della vista di Dio, la pena del senso con-
siste nel soffrire i più atroci tormenti senza alcun
minimo sollievo. La Scrittura ci indica questi toj--
— 508 —

menti col fuoco, che per virtù soprannaturale tor-


menta l'anima e il corpo senza distruggerlo. I repro-
bi saranno eternamente disgiunti da Dio e privi del-
la felicità eterna. Soffriranno per sempre in corpo e
in anima i suppliz.i più atroci, senza consolazione
alcuna e abbandonati alla disperazione assoluta. La •
privazione della vista di Dio sarà eguale per lutti
i reprobi; ma rispetto alle pene dei sensi, soffriranno
più o mieno in proporzione che avranno più o meno
peccato. Le pene dell'inferno saranno eterne e i re-
probi scenderanno col loro corpo effettivamente. L in-
ferno dei cristiani è considerato come un spavente-
vole sotterraneo, seminato di scogli dirupati, di aridi
fiamme dell'in-
deserti e di fitte tenebre, che tutte le traversan
ferno non possono dissipare. Colà, do un

ponte di ghiaccio, fatto a schiena d'asino, si scor-


gono ai suoi piedi precipizi senza fondo, ove i for-
nicatori bruciano eternamente, prorompendo in urli tre-
mendi, accompagnati da contorsioni spaventevoli. Qui,
in caldaie grandi come l'Oceano, si vedono bol-
lire, incessantemente, gli empi e igli increduli. Più
lungi stanno impalati, a migliaia sopra spiedi infuo-
cati, gli eretici e i scismatici che non vollero con-
fessarsi. Altrove gemono assiepati, come aringhe nel-
la botte, tutti i miscredenti che mangiarono carne nei
giorni proibiti dalla santa Chiesa cattolica. I diavo-
li che H tormentano li fanno arrostire sopra carboni,
rivoltando i loro corpi con forconi di ferro arroven-
tato, ed è permesso a questi diavoli, quando sono
sufficientemente cotti, di inghiottirli per sostenere le
loro forze; ma li rigettano dal loro ventre appena
è tornata l'ora dei tormenti. I laghi ghiacciati, gli
Stagni di fuoco, i mostri d'ogni specie, abbondano in
- 509 -

questi luoghi di dolore. Il cibo dei dannati è la car-


ne dei rospi e delle vipere; la loro bevanda, il fiele
e gli escrementi dei più infetti animali; i loro letti
graticole di fuoco ardente; e quando Dio vuole rin-
frescarli, manda loro una pioggia di piombo lique-
fatto, di zolfo e di olio bollente.
Inferno di differenti popoli. I Lnaf^>onesi non ri-
conoscono, perle anime dei malvagi, altro tormento
oltre quello di errare incessantemente intomo a im
luogo di delizie, abitato dalle anime virtuose senza
potervi maù entrare. I Siamesi éunmettono nove luo-
ghi di F>ena, situati molto sotterra, in profondi a-
bissi; ma non credono che ivi i supplizi siano etemi.
Nell'inferno dei Parsi o Guebri, i cattivi sono la
vittima di un fuoco divoratore che arde sempre e
mai si consuma. T_/no dei tormenti di così triste sog-
giorno èl'infetto odore che esalamo le anime scelle-
rate: gli uni abitano in carceri orribili, ove sono sof-
focati da un denso fimio, e divorati dai morsi di un
prodigioso numero d'insetti e di rettili velenosi; gli
altri sono immersi fino alla gola nelle agghiacciate e
nere onde di un fiume; questi sono circondati da de-
moni furibondi che loro laceramo il corpo coi denti;
quelli sono sospesi per le piante, e in tale stato sono
con pugnali traffitti in tutte le parli del corpo. Gli
abitanti del regno di Camboja contano tredici dif-
ferenti inferni, ove le p>ene sono regolate secondo la
natura dei delitti. Molti abitanti del regno di Laos
mamdano i colpevoli in una sp>ecie d'inferno di\'iso
in sei quartieri, ove i castighi sono prc^x>rzionati
alle colp>e, ma non li credono eterni. Le auiime cat-
tive ritorneranno sulla terra dopo una certa durati di
supplizi, e prima passeranno nei corpi di cuiimali più
- 510 -

vili; poi, entrando per gradi in altri più nobili, giun-


geranno finalmente ad abitare corpi umani. I Tala-
poini, dello stesso paese, credono che i malvagi sa-
ranno puniti con la privazione delle donne, e che
l'inferno delle donne colpevoli consisterà nell'essere
maritate con diavoh, oppure con qualche vecchio schi-
foso e nauseante. Nell'isola Formosa credesi che gli
uomini, dopo la loro morte, passino sopra un ponte
di bambù, sotto il quale vi è una fossa di lordure.
Questo ponte si sprofonda sotto i passi di coloro che
hanno mal vissuto, e perciò vengono precipitati in
quell'orribile fogna. Gli abitanti del Missisipi cre-
dono che le anime colpevoh vadano in un paese in-
felice dove non vi sia caccia. GH abitanti delle Vir-
ginie ritengono l'inferno un'immensaatifossa ripiena di
fuoco divoratore, dove sono precipit i malvagi. Gli
abitanti delle Floride sono persuasi che le anime dei
colpevoli vengono trasportate in mezzo delle mon-
tagne del Nord, ove restano esposte alla voracità de-
gli orsi, e al rigore delle nevi e delle brine. I Cafri
ammettono tredici inferni e ventisette paradisi, dove
ciascun trova il posto ch'egli ha meritato di occu-
pare, secondo le buone o le cattive sue opere. I
Calmucchi hanno un inferno per le bestie da soma;
e quelle che non ademipiono esattamente i loro do-
veri quaggiù, sono condannati, secondo loro, a por-
tare incessantemente nell'altro mondo i pesanti far-
delH.
Inferno dei poeti , „.. r
Dante. Dante pone l'entrata dell inferno sotto
a quel-
Gerusalemme; e la sua forma somigha molto
con-
la di un cono rovesciato. Tutti i cerchi ne sono
centrici, eper conseguenza vanno sempr e dimmu en-
- 511 —

dosi, e discendono in forma di ^ira. Lo ^>azlo che


si trova dalla porta dell'inferno fino al fiume Ache-
ronte, sidi\'ide in due parti. Nella prima stauino le
anime di coloro che vissero senza riputazione. Que-
sti peccatori pigri, vili e pusillanimi hannc- menato
una vita d'indolenza, senza fama e senza virtù. Il
loro corjx) vien punto e insanguinato da mosche e
da calabroni. Questi dannati corrono presso una ban-
diera che gira continuamente intorno al cerchio. Nel-
la seconda parte si vedono tutti i colpevoli, i quali
si affrettano per tragittare il fiume Acheronte nella
barca di Caronte. Ivi precisamente inccMnincia la di-
visione dell'inferno in nove cerchi concentrici. Il 1°
è formato dal Limbo. Egli contiene i fanciulli morti
senza battesimo, e tutti gli antichi che hanno nÌs-
suto secondo le leggi naturali, e che non avevano
conosciuto Gesù Cristo. Questi ultimi sono divisi in
tre classi. Quelli che non si sono fatti conoscere con
nessuna gloriosa azione, e il cui nome più non esiste
sulla terra, sono in mezzo aJle tenebre; i grandi uo-
mini, invece, che hémno acquistato una brillar»te ripu-
tazione, sia con la vita attiva, sia con la contempla-
tiva, trovansi posti separatamente in un superbo ca-
stello in mezzo a piacevoli e ridenti praterie. Queste
ombre msuidano gemiti e sospiri ; non sentono nessun
dolore corp>orale, e non soffrono che pene di spirito;
il loro tormento più crudele è quello di sperare, ma
invano, l'eterna felicità. Il 2° cerchio contiene i la-
scivi; essi sono incessantemente cigitati, e qua e là
trasportati sui vortici dei venti. Il 3" è pieno di go-
losi, stesi sul fango, ed esposti continuamente a un
diluvio spaventevole di pioggia, di neve e di gran-
dine. Il4° contiene i prodighi e gli avari, i quali so-
512 -
gli uni contro
no eternamente condannati a rotolare,
gli altri, degli enormi pesi. Il 5'immer è destmato ai col-
lerici egli accidiosi. Essi sono si nel tango. 1
collerici si lacer ano con le loro propn e mam. i pign
gemono tristament e nel fondo del pantan o. 11 b e
rosse e arden ti, nelle quali sono tor-
ripieno di toor^be Il 7 e diviso
mentati glieresiarca e i loro settar i.
primo conti ene color o che hanno usato
in altri tre. Il
e che lo hanno con
violenza contro il loro prossimo, si m
dei suoi beni: sono essi immer
la forza spogliato
nel secondo stanno color o i
un fiume di sangue;
affhzione. o
quali si son da se stessi uccisi, o per
dopo aver sciupati i loro beni. I prum ^"«/ ^^«^^^
spine, le Arpie
in tronchi d'alberi nodosi e coperti di
tano dalle lo-_
hanno il nido fra i loro rami si ahmen
fogli e, e cagio nano loro dei vivis simi dolori UH
ro
neri e affamati ca-
ultimi sono inseguiti e lacerati da
ni Il terzo contie ne i colpev oli che hanno usato
a e contro 1 ar-
violenza contro Dio. contro la natur pianu ra arenosa, ed
te Sono tutti in mezzo a una
I primi sono stesi su-
esposti a una pioggia di fuoco.
i secon di corro'io con-
pini sopra la sabbia ardente;
tinuamente,ie terzi ^^^^'^'^.'' '"^'^ ,;^'^''X\^ato l^^
. L 8 , chiam
stesso luogo e nella stessa attitudine
i; siccome vi so^
Maleholge, contiene tutti i fraudolent
enti, così quest ottavo
no dieci specie di frodi differ
in dieci bolge. La prima contiene i
cerchio è diviso
essi corrono perpe-
seduttori, suddivisi in due classi: lmente battuU da .
tuamente. e sono insegu iti e crude
stanno gh
demoni armati di sferze. Nella seconda
nel più disgu stoso e puzzo lente
adulatori, immersi
i simon iaci, cioè quell i che
sterco La terza contiene
cose sacre ; fitti con la testa m giù
trafficarono delle
— 513 —
in certi fori e specie di pozzi, né altro vi appare di
fuori che le gambe, dalle cui piante s'innalzano fiam-
me ardenti che le abbnicicUK). Nella quarta stanno
gli indovini, gli astrologi, gli stregoni: !a loro pena
consiste nell'aver il viso e la gola volti al contrario
verso le spalle, e nel camminare in questa guisa al-
l'indietro. Nella quinta stanno coloro che vendono e
comprano la giustizia, detti barattieri: essi sono tuf-
fati in un lago di bollente F>ece, e sotto la custodia
di demoni armati di corna, di artigli, di forche, ecc.
La sesta contiene gli ipocriti: il loro sup>plizio è quel-
lo di essere vestiti di pesantissime cappe con caF>puc-
ci di piombo, dorati ai di fuori, e di andare lenta-
mente intorno alla bolgia senza mai rifKJsarsi. Nel-
la settima stanno i ladri. Questa bolgia è ripiena di
velenosi innumerevoli serpenti che tormentano i dan-
nati. Alcuni vi subiscono le più stravaganti trasfor-
mazioni. Nell'ottava sono puniti i tristi e inganne-
voli consiglieri: Ctunminano continuamente, e ciascu-
no d'essi
Nella nonaè coperto e ravvolto
si trovano coloro inche
vortice di seminati
hanno fiamme.

scandaH, scismi, eresie e dissenzioni: gli autori di nuo-


ve religioni hanno il corp>o diviso dal mento fino alla
cintura: i difensori delle eresie, e coloro che aiutano
a spajiderle, hanno il volto diviso in due parti; co-
loro icui tristi consigli, la cui lingua è stata cagione
di guerra fra il principe e i suoi sudditi, hanno la
lingua tagliata interamente; coloro che seminarono o-
dio e discordia tra le famiglie e i parenti, hómno le
mani mutilate; coloro finalmente, i quali eccitano i
figli a ribellarsi contro i loro padri, portano davanti
a essi, con la mano, la testa separata dal busto.
Nella decima sono puniti i falsari, divisi in quattro
33 — G. Ronchetti.
_ 514 —

classi, ciascuna delle quali è to™e"tf strida d^^


orribili esala
castigo. Gli alchimisti mandano gli altri
bile, sono gli uni sopra
no un odore detesta
lordura; i loro corpi
accatastati^ e si trascinano nella

vole idropisia e da
sono
sano tor tormenta men tim dar -una iva ente
._„sspav febbreuu enta
arde ntis sima sete. Un ecce ssiv a ic torm ^^J^e vano con-
do la vent a, parl avan o
suma coloro che contraffacen Fina lmen te i!
lo che pens avan o.
diversamente da quel
t"e £0 cerchio, della forma di un pozzo o
nel centro e ne fon-
voragine, è posto precisamente ti 1 t-dUori, . qua-
do di tutto l'inferno; ivi sono puni qumdi il poeta ha
H sono divisi in quattro classi:
gin formati da una
distinto questo cerchio in quattro
ansi 1 traditori verso 1
pabde gelata. Nel primo trov
imme rsi nel ghiaccio fino al-
bro fratelH: essi sono Caina Nel secondo
Hesta Questa cerchia cham asi
ia, egualmente immer-
stanno i traditori verso la patr
non possono scorre-
ne^ ghiaccio: le loro lagrime
cond ensa , e le ^ela sulle lo-
e, poiché il freddo le
Antenore. Un pnn-
ro pupille. Questo giro chiamasi patna. e nascose
la sua
cipe di questo nome tradì
casa . Nel terz o trovans. 1 tradi-
Slisse nella propria 1 bene fattori sono
tori verso i loro simih e verso
. Ques to .-c hia ma-
rnch'e:si immersi nel ghiaccio
ci Tolomeo, perchè egU fece in suo. un banchetto ti^c
figb. NI qua
dare Simone suo suocero e 1 due
vers o 1 loro benefat-
to finalmente penano i traditon inta . Costoro sono
tori, ma di una cond izio ne pm dist
Ques to giro porla
Interamente coperti di ghiaccio.
- 515 -

il nome di Giuda, dall'infame Giuda Iscariote. Luci-


fero occupya il centro di quest'ulrimo cerchio e di
tutto l'inferno. Da questi particolari si scorge che
l'abisso infernale è diviso in dieci parti, le quali poi
vengono anch'esse divise in altre venti più piccole.
Sacl(eville. — Questo poeta, il quale viveva ai
tempi della regina Elisabetta, a imitazione di Dan-
te, ha composto una discesa all'inferno. Egli comin-
cia dal dipingere la Tristezza, il cui soggiorno, di-
c'egli, occupava tutto il recinto del Tenaro (promon-
torio all'estermità della Laconia, odierna Morea). Il
"suo corpo, simile a un tronco inaridito dall'ardore
del sole, era interamente seccato; il suo volto era pal-
lido e invecchiato: essa non trovava ristoro che nei
gemiti; e come uno sp>ecchio inondato di gocce d'ac-
qua, così sulle sue gote, a guisa di ruscelli, scorre-
vano le lagrime. I suoi occhi, gravidi di pianto, a-
vrebbero destato la compassione dei cuori più duri.
Ella giungeva sovente le deboli sue mani, mandando
dolorose strida che si perdevano nell'aria. I lamenti
ch'ella faceva, conducendo l'autore all'inferno, era-
no accompagnati da così frequenti sospiri, che mai
non si è offerto allo sguardo dei mortali più misero
e compassionevole oggetto. All'ingresso del terribile
soggiorno di Plutone stava seduto il cupo R'morso,
maledicendo se stesso, ne cessando di mandare or-
rendi singhiozzi. Egli era divorato da rodenti cure,
e invano consumavasi in pene e in cordoglio. I suoi
occhi irrequieti giravansi in ogni parte, come se do-
vunque le furie lo inseguissero. Era il suo spirito
perpetuamente desolato dalia penosa rimembranza
degli odiosi delitti che egli aveva commessi. Lanciava
i suoi sguardi al cielo, e sul suo volto era scolpito
516 -
11 fine dei suoi tor-
il terrore. Egli bramava sempre speranze. Dopo il
menti, ma vane riusciva no le sue
maci lent e, pallida e tre-
Rimorso, stava la Paura,
pass o vacil lante , con parole tron-
mante, la quale con
a caso e sen-
che e incerte, sguardo smarrito, corre
capel li irti face vanle alzare
za saper dove. I suoi
del capo. Spave ntata alla vista del-
l'acconciatura
l'ombra sua medesima, «^^--g^^^^^, ^^V '^. ^di
mille immaginari pericoli. La crudele V-ff^ f;
meditando i mezz
grignava i denti per la collera,
'per satollare la propria rabbiaverune riposo. di far .ern-e lai
Anche
silo nemico prima di prendere per il
era distinta per il collo scarnato,
Miseria vi
che pochi cenci ca-
suo corpo, sul quale non erano consumate.
denti eper le sue braccia fino ali osso
mano, e portava la bi-
Ella teneva un bastone alla a sua coperta
saccia sopra le spalle, che era la so
di frutti selvag-
nei rigorrdeWinverno. Ella nutriva,
gi, amari e infraciditi. L'acqua di fangosi n^scelh
bevanda, il concavo della sua mano di
k serviva di
di letto. La hqme-
tazza, e la nuda e fredda terra
per ja sua a-
iudim, che distintamente riconoscevasi
di pietà. Ella a-
gitazione, eccitava un altro gridare grinzose. Appena noi a-
veva le dita raggruppate e
Priamo gli occhi ai primi le raggi djl aurora^ ella ^
ritta in piedi, o piuttosto sue aride pupille non si
la notte faccia spa-
chiudono giammai. Per quanto
bende In-
rire il giorno, e spanda intorno le 5ue al lume
quietudine ciò non di meno non ha posa, e
Stava ella miran-
di una lampada segue a crucciarsi. steso sul
do, crni aria turbata, il Sonr^o, immobile
respirava egualmente in-
suolo che profondamente
che la fortuna de-
senlbile alle'disgrazie e di coloro
_ 517 -

prime, e di quelli che essa innalza. E' desso che porge


riposo al corpo, sollievo all'agricoltore, pace e tran-
quillità all'anima. Egli e il compagno della Notte, e
forma la miglior parte della nostra vita su questa
terra. Talvolta per mezzo dei sogni ci rammenta il
passato, annuncia gli eventi prossimi, e più sovente
ancora quelli che non accadranno giammai. Alla
p>orta della Morte stava il messaggero di lei, ve-
gliardo decrepito, curvo sotto il p>eso degli anni, sen-
za denti, e quasi cieco; egli camminava sopra tre
piedi, e talvolta stava su quattro. Ad ogni suo pas-
so sentivasi lo scricchiolio delle inaridite sue ossa.
La testa calva, il corpo golpato, coH'arido suo pu-
gno bussava alla p>orta della Morte, ansando, tossen-
do, respirando aippena. Al fianco del vegliardo era
la pallida Malattia, oppressa in un letto, senza polsi,
senza voce, senza gesto, mandando un alito infetto,
oggetto d'orrore a coloro che la miravano. Uno sf>et-
tacolo non meno deplorabile offrivasi presso di lei,
ed era la Fame, che, lanciando terribili sguardi, chie-
deva del nutrimento, come vicina a spirare. Sì gran-
de è la sua forza, che i muri stessi non potrebbero
a lei resistere. Le sue unghie adunche strappano e
squarciano tutto ciò che le si presenta; ella si divora
da se medesima, rodendo l'orribile suo scheletro, del
quale si possono contare le ossa, i nervi e le vene.
Finalmente comf>are la Morte stessa, divinità terri-
bile, che armata di falce, miete indistintamente tutto
ciò che sulla terra ha vita, senza che le preghiere,
le lagrime, la bellezza, il merito, la grandezza, la
potenza, i regni, gl'imiperi, tutte le forze unite dei
mortali e degli Dei possano sottrarre persona veru-
- Sie-

na dall'irresistibile suo potere. Ogni cosa è costretta


a subire le inesorabili sue leggi.
Milton. — Secondo questo poeta, l'inferno è un
globo enorme, circondato da una triplice volta di fuo-
chi divoratori; esso è situato nel seno dell'antico caos
e della notte informe. Vi si vedono cinque fiumi: lo
Stige, l'Acheronte, il Cocito, il Flegetonte e il Lete.
Alla porta dell'inferno stanno due figure che fanno
spavento; l'una rappresenta una vaga donna fino alla
metà del corpo, il quale dalla metà in giù, termina
in una coda enorme di serpente, ripiegato in lunghi,
squamosi giri, e armata, all'estremità, di un pungi-
glione mortale. Intorno alle reni le sta una muta di
cani feroci, che incessantemente spalancando la loro
Larga gola come altrettanti cerberi, empiono perpe-
tuamente l'aria dei più insopportabili latrati. Questo
mostro è il Peccato, figlio senza madre, uscito dal
cervello di Sateuia; e ad esso sono affidate le chiavi
dell'inferno. L'altra figura, nera come la notte, fe-
roce come le Furie, terribile come l'inferno, agita un
dardo formidabile; e ciò che sembra essere la testa
porta un'apparenza d'una corona reale. Questo mo-
stro èla Morte, figlia di Satana e del Peccato. Do-
po che il primo uomo divenne colpevole, la Morte e
il Peccato costruirono una strada solida e larga sul-
l'abisso. Ilbaratro infiammato è traversato da un
ponte, la cui meravigliosa lunghezza si estende dal
confine dell'inferno, al punto più lontano di questo
fragile mondo. Con l'aiuto di questa facile comuni-
cazione gli spiriti perversi passano e ripassano sulla
terra per corrompere o punire gli uomini. Ma se il
soggiorno dei reprobi è un soiggiorno orrendo, i suoi
ospiti non lo sono meno. Quando un suono orrendo e
- 519 -
lugubre, la tromba infernale, chiama gli abitatori
delle ombre eterne, il Tartaro si scuote nei suoi gor-
ghi neri e profondi; l'aria tenebrosa spande lunghi
gemiti. Ad un tratto le p>otenze dell'abisso accorrono
con passi precipitati: spettri strani, orribili, spaven-
tevoli; ilterrore e la morte abitano nei loro occhi;
alcuni, di figura umana, hanno zampe di bestie fe-
roci; iloro capelH intrecciati di serpenti; la loro
coda immensa e forcuta si ricurv a in pieghi tortuosi.
Vedonsi inunonde Arpie, Centauri, Sfingi, Gorgo-
ni, Scille che latrano e divorauìo. Idre, Pitoni, Chi-
mere che vomitano torrenti di fiamme e di fumo;
Polifemi, Gerioni, mille mostri più bizzarri di quanto
mai ne fantasticò l'immaginazione, mescolati e con-
fusi insieme. Elssi si collocauio gli uni a sinistra, gli
altri a destra del loro tenebroso monarca. Seduto in
mezzo a loro, egli tiene con una mano uno scettro
rozzo e pesante; la superba fronte armata di coma
suF>era menso
in altezza lo scogliononpiùsarebbero
Atlante medesimo elevato: in
Calpe, l'im-
confronto
a lui che semplici collme. (Milton dà a Satana per
lo meno 40.000 piedi d'altezza). Un'orribile mae-
stà impressa sul suo volto feroce accresce il terrore e
raddoppia il suo orgoglio. Il suo sguardo, simile a
funesta cometa, scintilla del fuoco dei veleni, da cui
i suoi occhi sono alimentati. Una barba lunga, foka,
irta, gli avviluppa il mento- e scende sul petto pe-
loso ;la bocca che cola sangue impuro si sp>alanca
come un vasto abisso; da questa bocca apf>estata e-
salano, un fiato avvelenato e turbini di fiéunme e di
fumo. Così l'Etna, dai fianchi infuocati, vomita con
un fragore orribile neri torrenti di solfo e di bitume.
Al suono della sua voce terribile, trema l'abisso,
- 520 -

Cerbero immobile.
arresta tace impaurito, l'Idra è muta, il Cocito si
Infula.
Ornamento del capo composto di fiocchi di lana
bianca e rdssa che pendeva a cordoni e a strisce dal-
la testa dei sacerdoti, delle vestali e delle vittime.
Vedi Sfinge.
Inganno.
Animali: Volpe, animale provert^iale F>er la sua
furberia e astuzia. — Vegetali: Apocina. CUmatite
vitalba. — Diversi: Amo, perchè viene mascherato
dall'esca per ingannare i pesci. Giallo chiaro. Laccio,
emblema degli inganni occulti e l'astuzia con cui si
preparano gli inganni: le insidie, come i lacci, si
tendono in luoghi nascosti. Rame.

Ingegno. Vedi Acutezza d'ingegno.


Ingegno mirabile.
Uomo che passeggia vicino a un cavallo, tenendo
in mano un serpente e nell'altra un uccello.
Ingegno ottuso.
Piombo. Si suol dire ingegno di piombo, per deno-
tare una persona tardiva a parlare, a deliberare, a
cominciare un'opera e finirla.
Ingenuità.
Coronilla.
Ingiustizia. Vedi Ate.
Ingordo.
Scaro. Simbolo di persona vorace e ingorda, simil-
mente a chi è soggetto al male anticamente detto la-
mia, e che mai si trova sazio. Gli antichi ritenevano
questo pesce un ruminante.
- 521 -

Ingratitudine.
Personificata in una vecchia brutta e pallida, con
in mano una sferza, con cui percuote una rana; l'in-
gratitudine cerca di offendere e ferire il benefattore.
Ingratitudine o cattivo pensiero.
Allegoricamente, rappresentasi con una figura «n
un attitudine scomposta e male accomodata sopra u-
na rana, emblema deirimF>erfezione, con davanti il
Malfjensiero ; magro, secco, pallido e collerico, che tira
a segno una freccia; ed è affatto nudo, per mostrare
ch'egli è talmente intento a offendere gli altri, che
non s'accorge d'essere veduto nudo, e riconosciuto
per malvagio.
Ingratitudine punita. V^edi Issione.
Ingrato. Vedi Empio e ingrato.
Ingrato verso i genitori.
Evirazione. Un'antica religione presso i Galli ob-
bligava sacerdoti
i della madre degli Dei a essere
evirati, e ciò, dicesi, per mostrare che coloro che a-
vessero disonorato il padre e la madre, dovevano es-
sere condannati a tale supplizio, per mai diventar
padri.
Iniquità.
Piombo. Secondo la visione del profeta Zaccaria,
l'iniquità siede sopra il talento di piombo (peso o
moneta presso gli antichi). Leggesi che l'esercito di
Faraone, indurito nell'iniquità, come un piombo pre-
cipitò nelle acque profonde, e quasi come piombo
giacque.
Iniquità domata.
Cervo, che coi denti estrae una vipera dalla fessu-
ra dì una roccia. Allusione a un re, o giudice, che
si mostri severo vendicatore della scelleraggine, op-
pure a chi correggendo la malvagità dei propri costu-
mi purghi gli errori ed emendi i vizi.
Innocenza.
Personificata in una giovinetta vestita di bianco,
coronata di palme, che tiene una mano sul cuore e
gli occhi volti al cielo, con un agnello coronato ai
suoi piedi. — Animali: Agnello. San Cipriano dice
che Cristo chiamava la sua plebe e il suo gregge, pe-
core e agnelli, per significare che l'innocenza cristia-
na deve essere uguale a quella delle pecore e degli
agnelli, che la semplicità della mente abbia d'imitare
l'indole dei semplici agnelli. Colomba bianca, colore
dell'innocenza. Pecora. Pesce, perchè a nessuno nuo-
ce, ne mai esce dal suo elemento, per insidiare gU al-
tri. Secondo alcuni, il precetto che ordinava l'astinen-
za dai pesci, alludeva al non doversi perseguitare gli
innocenti. — Vegetali: Bellide. Ciglio. Rosa bian-
ca. — Diversi: Bianco. Mani che si lavano. Vedi
Peccato e innocenza.
Ino.
Figlia di Cadmo e di Armonia, e seconda moglie di
Atamante, da cui ebbe Learco e Melicerte. Per avei
allattato Bacco, figlio di sua sorella Semele, morta;
incorse nello sdegno di Giunone. Cercò poi, per me-
glio favorire la propria prole, di far uccidere i figlia-
stri Frisso ed Elle; ma costoro, avvertiti in sogno
per mezzo dell'apparizione della propria madre, si
salvarono con la fuga; tentativo che stimolò maggior-
mente Giunone a soddisfare l'odio contro Ino. La
Dea fece perciò impazzire Atamante, il quale a
— 523 -
caccia uccise Learco prendendolo p>er un cervo; e
inseguì Ino che, fuggendo, tentava di salvare l'altro
figlio, finche tutti e due si gettarono in mare da uno
scoglio. Il corpo di Ino fu da un delfino portato a
riva; e alle preghiere di Venere. co«l Ino come Me-
licerte, furono posti nel numero delle divinità marine,
la prima sotto il nome di Leucotea, il secondo di Pa-
lemone.
inondazione.
Leone, con cui gli Egiziani raffiguravano l'ingros-
samento del Nilo. Il detto antico: quando il sol, jl
leone il dorso scalda, si riferisce alla causa dell'inon-
dazione del Nilo, la quale porta fertilità al terreno
invalso dall'acqua. Perciò gli abitanti di quelle regio-
ni, in riconoscenza al leone di tant'acqua benefica,
pensarono di munire le aperture degli scoli dei ca-
nali e dei tubi d'acqua con teste di leoni scolpite,
in modo che l'acqua sembra uscire dalle loro bocche
aperte.
Inquietudine.
Cornacchia coi pulcini; allusione a una persona
in continua agitazione di mente, che mai trova ri-
poso, nemmeno quando mangia; perchè si vuole che
la cornacchia, volando, ciba i propri figli anch'essi
al volo. Calendula dei campi, pianta dai fiori gialli,
simbolo dell'inquietudine. Giallo. — Vedi Inferno
dei poeti (Sackeville).
Insaziabilità.
Calla. Gli abitanti della Bosnia, riducono la ra-
dice di questa pianta in polvere, che mescolano alla
farina dei cereali per farne pane. Sanguisuga. Dice
- 524 -

Orazio: Finche non è dì sangue sazia e piena, —


Non lascia la mignatta mai la vena.
Insegne.
Dal latino insignia, distinzioni onorifiche, segni e-
steriori di una dignità, di un grado, di un ufficio.^ Seb-
bene molti si servano indistintamente delle parole in-
segne e attributi come due sinonimi, pure ciascuna di
esse ha un significato distinto, ne si potrebbe in vari
casi prendere l'una per l'altra. Indizi puramente con-
venzion,ali, le insegne non significano niente per sé
stesse, e non esprimono se non ciò che di un comune
accordo loro si vuol fare esprimere; e perciò non sono
a-
comprese che da coloro che ne conoscono il signific
to. All'incontro gli attributi (vedi), che sono rappre-
sentanze materiali dì una facoltà, di una potenza in-
tel et uale omorale, sono compresi da tutti. L'aquila,
emblema del coraggio e della dignità, sarà l'attribu-
to dei re, degH Dei; il leone, simbolo della forza,
darà l'idea di Ercole, ecc.; un ignorante, un selvag-
gio intendono tale linguaggio. Ma se uno non è al
fatto dei segni convenzionali, qual significato posso-
no mai avere per lui la porpora dei sovrani, il ber-
retto dei cardinali ed il gallone dei sergenti? Certe
insegne riuniscono le qualità costitutive degli attribu-
ti; onde nacque una con\fusione di parole, di cui di-
mostreremo l'inconveniente con alcuni esempi. Si di-
rà di un pittore che ha rappresentata la divinità coi
suoi attributi, e non già con le sue insegne; m una
m-
solennità il popolo riconosce i magistrati alle loro
a è l'attribu -
segne. e non ai loro attributi. La bilanci
to della giustizia, la toga è l'insegna del giudice. Le
insegne delle pubbliche podestà differiscono tra di lo-
- 523 -

ro secondo i paesi e i tempi. Così il diadema e la cO'


Tona, dopo essere stati il contrassegno del pontificato,
sono divenuti, fin dalla più remota antichità, le in-
segne della maestà reale. Il manto purpureo presso
gli antichi, e presso di noi il manto foderato d'ermel-
lino e sparso qua e là di stelle, di pecchie e di fior-
dalisi, ètutt'ora un'insegna del regio potere; lo scel'
tro e la mano della giustizia ne sono a un tempo le
insegne e gli attributi. La tiara, triplice corona, è
riserbata ai papi. Il numero delle code di cavallo che
i turchi portano davanti ai loro pascià indica il grado
d'elevazione di questi. — Abbiamo detto che le in-
segne erano i segni esteriori di una professione o di
una dignità. Così l'abito distintivo del clero, dei
membri dell'Università, dei corpi dotti e di certe am-
ministrazioni, come pure l'uniforme dell'esercito, so-
no insegne di professione che distinguono quelli che
le portano dai loro concittadini, senza però porli ai
di sopra di essi. Ma fra queste varie categorie ven-
gono poi le insegne di dignità, che classificano colo-
ro che ne sono insigniti, e servono a qualificare le loro
funzioni o i loro gradi agli occhi del resto della na-
zione, nonché a quelli dei loro pari. La sottana fa ri-
conoscere isacerdote:
l ma il pastorale e la mitra di-
stinguono ilvescovo; il cardinale porta il berretto, il
manto e il cappello rosso. La mozzetta è l'insegna dei
canonici ; e le canonichesse si riconoscevano, nel se--
colo dalla croce che portavano sosp>esa al collo con
un lungo nastro. Il mantello dei pari di Francia è
un'insegna che non si vede piìi che nei loro stenmii; lo
stesso dicasi del bastone di maresciallo. La spada, la
gorgiera, gli spallini d'oro e d'argento a frange sem-
— 526 —

plici o intrecciate; i galloni e i pennacchi del cap-


pello, costituiscono le insegne degli ufficiali dei vari
corpi militari; un braccialetto frangiato indica in
Francia un aiutante di campo; i bassi ufficiali porta-
no sul braccio un gallone d'oro o d'argento, e i ca-
porali un semplice gallone di lana. Una croce, una
medaglia, un pezzo di nastro distinguono i cavalieri
dei vari ordini, i membri superiori dei quali portano
la piastra o il gran cordone a tracollo. I ministri non
hanno insegne speciali; il loro portafoglio è piuttosto
un attributo. — La toga, insegna generale dei magi-
strati e delle Università, distingue, secondo che è
rossa o nera, i semplici giudici e i modesti professori,
i consiglieri
oppure mento, e gli alti dignitari dell'insegna-
cui dà ancor risalto il gallone di velluto o di
argento del loro berretto, e il batolo che hanno alle
spalle. Il mazziere è in certo modo un'insegna viven-
te dell'Università, come i littori lo erano un tempo a
Roma delle alte magistrature curuli. I duchi,^ i mar- ,
chesi, i conti, quando non hanno altre qualità, sono '
ridotti a confinare le insegne della loro dignità sui lo-
ro stemmi, ove una coron|a sormontata di perle pm
o meno numerose e disposte in un certo ordine deter-
minato serve a distinguere gli uni dagli altri. — Una
chiave in una rosetta, attaccata ai fianchi di un abito
ricamato, fa riconoscere uni ciambellano, ecc.
Insegne militari.
Le insegne militari ebbero erigine dalla necessita
di distinguere a certa distanza il corpo al quale ap-
partiene una truppa di soldati, e di offrire agli in-
dividui che la compongono facilità di riunirsi al lo-
ro corpo nel caso di essere dispersi. L'origine n'è
- 527 -

antichissima, e la Bibbia ci ha conservato la memo-


ria delle differenti insegne delle dodici tribù d'Israele.
Ciascuna aveva un colore e un segno simbolico tutto
suo proprio. La tribù di Giuda aveva per insegna
il leone, quella di Zabudon una nave, quella d'Issacar
un firmamento seminato di stelle, quella di Ruben,
di Dan e di Eifraim figure d'uomo, d'aquila, d'ani-
mali, ecc. Dopo la cattività di Babilonia, le inse-
gne dei Giudei non portarono che lettere o altri segni
a gloria di Dio, e quelli degli Egiziani, le imma-
gini dei loro Dei, o simboli dei loro principi; e si
videro disegnati il toro, l'ipfxypotamo, il coccodrillo»
il serpente e la lucertola. I Caldei e gli Assiri ebbero
sulle loro insegne una colomba che teneva cogli arti-
gli un dardo nudo, in memoria di Semiramide, nome
che in lingua caldea significa colomba. Ciro diede
ai Persi un'aquila d'oro. I Greci nei tempi eroici
portavano in cima a una leuicia un pezzo di porpora,
uno scudo, un elmo, una corazza, ecc. Nei tempi di
Romolo, un manipolo su una lunga pertica fu l'in-
segna dei primi romani, che poi fu sostituita dalla
lupa, dal minotauro, dal cavallo e dal cinghiale. Dopo
Mario, ogni legione ebbe la sua insegna: un'aquila con
le ali aperte e coi fulmini. Le aquile furono d'oro..
d'argento, di bronzo o di ferro, sopra un piedestallo
quadrato o rotondo della stessa materia, ed erano
grosse qucinto un piccione. Inoltre, ogni coorte, ogni
manipolo aveva il suo stendardo particolare, che so-
steneva una mano distesa e diversi emblemi: ani-
mali, vittorie, dischi di metallo, corone rostrate o
murali. Più tardi questi emblemi cedettero il posto
a medaglioni e figure rappresentanti immagini di di-
— 528 —

vinità o d'imperatori. Al tempo degli imperatori, le


legioni ripresero a poco a poco le figure d'animali,
mutamento che fu l'occasione dell'ammissione dei
Barbari negli eserciti romani. Vedi Alpini — Ar-
cieri — Baiavi — Cornuti — Corionacesi — Er-
culiani — Falconieri — Ciovii — Cioviniani —
Lacedemoni — Legione quinta — Manipulari —
Marcomanni — -Mauri feroci — Menapi — Mes-
semi — Onoriani — Sacerdoti di Marte — Teo-
dosiani.
Insensato.
Pietra, perchè immobile, e perciò nacque il detto:
Che fai tu qui pietra? Nella Bibbia si legge che co-
loro che adoravano le pietre diventavano simili alle
pietre,cose
delle cioèdivine.
stupidi, insensati e privi d'intelligenza
Insidia.
Animali: Scorpione. Sotto ad aspro, e breve sasso
pose — Lo scorpion velenoso i crudi agguati, dice
Nisemdro. — Vegetali: Aro. Dionea pigliamosche.
— Diversi: Rete, aillusiione alla rete che usavano >
gladiatori, detti reziari, come mezzo offensivo, get-
tandola sul capo dell'avversaro e nella quale restava
avviluppato.
Insolenza.
Ferro.
Inspirazione.
Angelica, con cui i poeti Lapponi s'incoronavano
dicendosi ispirati dal suo odore penetrante. Ver-
bena, pianta sacra presso gli antichi. Le pitonesse
si coronavano e i druidi ne portavano un ramo-
scellp nel rendere gli oracoli.
i
- 529 —
Instabilità.
Alga maTÌna. Banderola. Vedi Mutabilità.
Insuccesso.
Elefante con coda di gambero; allusione evid«ìtt
a grandi imprese non riuscite.
Insulto.
Chenopodio.
Intelletto divino.
Tortora; simbolo biblico dell'intelligenza derivata
dal divino spirito. Nel Cantico dei Cantici si legger
la voce della tortora se udita nella terra nostra.
Intestini. Vedi Ernesto {SanC) — Federico (San).
Invecchiata scelleratezza. Vedi Scelleratezza
invecchiata.
Inventore delle arti.
Prometeo con una fiaccola accesa in marno; rite-
nuto inventore della plaistica, p>erchè si \'uole che sia
stato il primo a formare una figura di terra, démdole
vita col fuoco di una fiaccola accesa a una ruota
del carro del Sole.
Inverno.
Deità allegorica che presiede al freddo. Viene
rappresentata sotto l'éispetto di un vecchio tutto cop>er-
to di ghiaccio, coi capelli lunghi e la barba bianca,
addormentato sopra una grotta. O anche da un vec-
chio vicino al fuoco, vestito di pelle di montone. —
Rimali: Citìghiale, allusione alla favola di Adone; e
per essere l'inverno umido, fangoso e nebbioso, am-
biente che ama il cinghiale, il quale inoltre si nutre
di ghiande, frutto invernale. Cornacchia, la quale,
dicesi, col gracchiare predice le pioggie invernali.
34 — Q. ROXCHETTI.
- 530 -

— Vegetali: Albero morto o disseccato. Viburno^


chiamato volgarmente palla o pallone di neve. — Di-
versi: Cappuccio, che ripara dal freddo. Corona di
canne, allusione alle pioggie abbondanti e alle inon-
dazioni. Fuoco. Mantello, che preserva dal freddo.
Vedi Mascherala — Primavera e inverno.
Investigazione.
Formica, perchè quest'insetto trova anche le cose
più accuratamente nascoste.
Investigazione di cose sublimi.
Gru che vola, emblema d'uomo dedito allo studio
di cose spirituali, elevate e sublimi; perchè quest'uc-
cello s'innalza assai in alto, e con velocità, di dove
vede molto lontano.
Invidia.
Divinità allegorica, rappresentata in una figura
estremamente brutta, con gli occhi torvi e incavati, la
pelle livida, il viso pieno di grinze, capelH di vipe-
ra, avente nella destra tre serpenti e un'idra nella
sinistra, e un serpente che le rode il cuore. Ovidio
dipinge l'Invidia coi seguenti versi tradotti dall' An-
guillara :
Pallido il volto, il corpo ha macilente,
E mal disposto e rugginoso il dente.
E lutto fele amaro H core e'I petto.
La lingua è infusa d'un velen che uccide;
Ciò che l'esce di bocca è lutto infetto;
Avvelena col fiato, e mai non ride.
Se non lalor che prende in gran diletto
S'un per troppo dolor languisce e stride;
L'occhio non dorme mai, ma sempre geme.
Tanto il gioire altrui l'affligge e preme.
- 531 -

Allor si strugge, si consuma e pena.


Che felice qualcun viver comprende:
E questo il suo supplizio e la sua pena.
Che se non noce a lui, se stessa offende;
Sempre cerca por mal, sempre avvelena
Qualche emol suo, finche infelice il rende.
Avvoltoio, che rode il fegato al gigante Tìzio. Ferro.
Vedi Calunnia.
Invidioso.
Uomo che guarda un serpente strisciante per ter-
ra, oppure che tiene per il collo uno scorpione.
Invincibile.
Coccodrillo, la cui schiena, coperta di stiuame re-
sistenti a qualunque percossa, simboleggia una perso-
na ardita che nulla sbigottisce.
lo.
Figlia d'Inaco e della Ninfa Melia. Resistendo es-
sa all'amore di Giove, questi, per averla, la circondò
di una folta nebbia, la quale per quanto li nascon-
desse, Giunone scoperse l'infedeltà di Giove; il qua-
le, per sottrarre la sua diletta all'ira della moglie,
la cangiò in bella e candida giovenca; ma Giunone
la riconobbe, e la chiese in dono al marito. Non so-
spettcìndo di alcun male Giove acconsentì alla sua
domanda e le cedette la giovenca, ma non tardò a
pentirsene, poiché Giunone le pose sotto la severa
custodia d'Argo dai cent'occhi. Mosso Giove a com-
passione della povera Io, per liberarla pensò di far
uccidere Argo, e diede l'incarico a Mercurio, il qua-
le .vi riuscì, addormentandolo a suon di flauto. Ma
appena che Io riebbe la libertà, fu dalla gelosia di
Giunone fatta impazzire, e spinta a correre senza
- 532 -

posa per la terra, perseguitata da un tafano, man-


dato da Giunone, che continuamente la pungeva. Nel
suo vagare. Io incontrò suo padre, ma nel punto che
Inaco voleva pigliarla, il tafano la punse così viva-
mente che Io si gettò nel mare Jonio, e passando a
nuoto il Mediterraneo, giunse in Egitto. Sulla rupe
caucasica trovò Prometeo che la consolò, e le indicò
la strada per giungere dove essa Quivi era diretta. Nell'E-
gitto finirono 1 suol patimenti. riebbe la sua
primiera forma e diede alla luce Epafo, che divenne
re d'Egitto e fondò Memfi, mentre essa fu coronata
col nome di Iside (vedi).
lolao.
Figlio di Ificle e di Automeduse, nipote di Ercole.
Bruciò le ferite all'Idra cui Ercole tagliò le teste.
In ricompensa Ebe lo ringiovanì quando divenne
vecchio.
lore. ^ , tr 1
Figlia di Eurlto, re d' Ecalia. Fu amata da ercole
che voleva sposarl1a;figlima Eurlto si oppose, perchè l'e-
roe aveva ucciso di Megara. sua prmia moglie.
Ercole assediò Eurito in Ecalla, e l'uccise. gonfiat Iole si
mura, ma avendo 11 vento o
precipitò dalle
la sua veste, ella si trovò quasi sospesa in aria, e
si
discese a terra senza il minimo danno. Ercole
questo suo amore fu causa della
impossessò di Iole, e
fatai
gelosia di Delanlra, la quale mandò a Ercole la
die-
camicia di Nesso. Dicesi che Ercole morendo,
de suo figlio Ilio in Isposo a Iole.
Ipaina. , ,
Nome che 1 Messicani davano a una delle loro
feste solenni, le quali eclebravansi nel mese di mag-
— 533 —
gio in onore di VitziliputzU, loro Dio. Due giovani
donne consacrate al servizio del tempio, formavano
una pasta, composta di miele e di farina di grano di
India, con la quale facevano un idolo che poi vestito
di ricchissimi ornamenti, era posto sopra una lettiga.
Allo spuntar dell'aurora del giorno della festa, tutte
le giovinette messicane, vestite di bicinco, ornate d:
braccialetti e di ghirlande della stessa materia, im-
bel et ate e acconciate con piume di color differente,
recavansi al tempio per f)ortare l'idolo fino alla corte.
Ivi alcuni giovinetti lo ricevevano dalle loro mani, e
lo posavano ai piedi dei gradini, ove riunivasi il po-
polo a tributargli omaggio; dopo di che il Dio era
portato processionalmente verso un monte, ove subito
6Ì faceva un sacrifizio. Quindi precipitosamente tutta
la comitiva allontanavasi da quel luogo, e fatte poi
due altre stazioni, ritornava a Messico. Il giro del-
la processione era di quattro leghe, e doveva ese-
guirsi nello spazio di quattr'ore. Il Dio era poi ri-
posto nel suo tempio in mezzo all'adorazione del
popolo, e veniva collocato in una specie di stivale pro-
fumato e ripieno di fiori; durante questa cerimonia,
le giovinette, con la medesima pasta di cui era stato
formato l'idolo, facevano dei jjezzi simili alle ossa,
cui davano il nome di ossa del Dio VitziliputzU. 1
sacerdoti offrivangli vittime, e benedicevano i pezzi
di pasta che distribuivansi al popolo; ciascuno li
mangiava con maravigliosa divozione, credendo real-
mente nutrirsi della carne del Dio. N'era portata una
parte anche agli cunmalati, ed era proibito di bere
e mangiare qualunque cosa prima d'aver ben dige-
riti e consumati questi pezzi di pasta;
-f34-
Iperìco.
Pianta assai comune, la quale oltre altri nomi vol-
gari, è conosciuta sotto il nome di scaccia-diavoli,
fuga-demoni. Vedi Oblìo dei mali della vita.
Iperione.
Dio errante della luce, figlio di Urano; sposò
sua sorella Tea (l'irradiante), e fu padre del Sole,
della Luna, dell'Aurora e di tutti gli astri.
Ipermnestra.
Una delle Danaidi. Vedi Danao.
Ipocrisia.
Maschera.
Ipocrita.
Struzzo, perchè fa l'uovo e non lo cova, ne nutri-
sce i suoi figli; così l'ipocrita, quantunque insegni
agli altri
ben fare. la via del bene, non dà però l'esempio del

Ipomea.
Specie di convonvolo. Vedi Attaccamento.
Ippocampo.
Animale favoloso, che ha i (juarti davanti e il cor-
po di un cavallo, ma termina a coda di pesce, che gli
antichi
Nettuno.poeti e artisti l'attaccarono al carro marino di
Ippocastano n Castagno d'India. Vedi Filtra.
Ippocrate.

I
Il più grande medico dell'antichità. — Cappello.
Dicesi che le sue statue portaissero il cappello, e ciò,
secondo alcuni, per significare che la testa deve es-
sere custodita, quale sede dell'animo, parte principale
bell'uomo, e dove è posta tutta la forza dell'intelUt-
— 535 —
lo. Altri invece presero il cappello quale emblema di
nobiltà della stirpe, facendo discendere Ippocrate da
Esculapio. Alcuni, però, interpretarono questo segno
con malignità, dicendo che il cappello gli fu dato, non
per significare nobiltà, ma come indizio di debolezza
di testa, o altro ancora di simile.
Ippocrena.
Celebre fontana che scaturì dal monte Elicona in
Beozia per un calcio dato nella rupe da Pegaso. Sa-
cra ad Apollo e alle Muse, la sua acqua aveva la
facoltà d'infondere l'inspirazione {X)^tica. Vedi Pe-
gaso.
Ippodamia.
Una delle più belle donne del suo tempo, figlia di
Adrasto, e maritata a Piritoo. Il centauro Eurito,
che assisteva alle di lei nozze, tentò rapirla e farle
violenza; ma Teseo punì il suo attentato, e l'uccìse
mentre era già in procinto d'ottenere l'intento. — Vi
fu un'altra Ippodamia, figlia di Enomao, re di Elide,
per celebrità non inferiore alla precedente. Vedi Mìt-
t'ilo.
Ippogrifo.
Animale quadrupede favoloso, metà cavallo e me-
tà grifone, che presso gli antichi era il simbolo di
Apollo. Ariosto così lo descrive:
Non è finto il dcslrìer, ma naturale.
Che una giumenta generò d'un grifo:
Simile al padre a\>ea la piuma e Vale,
Li piedi anteriori, il capo e il grifo;
In tutte le altre membra pareo quale
Era la madre, e chiamasi Ippogrifo,
- 536 -
Che nei monti Rifei vengon, ma rari.
Molto di là dagli agghiacciati mari.
Ippolita.
Figlia di Marte e di Otrera, era regina delle A-
mazzoni. Essa portava, come emblema della sua di-
gnità, un cinto datole dal padre, ciìito che fu causa
della sua morte per opera di Ercole, quando andò a
impadronirsene per comando di Euristeo.
Ippolito.
Figlio di Teseo e dell'amazzone Ippolita. Benché
Teseo avesse abbandonata Arianna nell'isola di Nas-
so, Deucalione, fratello di questa principessa e re
di Creta, dopo la morte di Minosse suo padre, per
ragioni di politica, risolvette di accordargli la mano
di Fedra, altra sua sorella. Poco tempo dopo l'arri-
vo di Fedra in Atene, Ippolito vi si recò per la ce-
lebrazione dei misteri. Quivi la giovane regina lo vi-
de per la prima volta, e sentì nascere per lui quel-
l'ardente passione che a entrambi divenne poi tanto
funesta; ma Ippolito, allevato da Pitteo nei principi
di un'austera vita, appariva saggio, prudente, casto e
nemico dei piaceri, unicamente occupato alla caccia,
nelle corse dei carri e dei cavalli, e in tutti gli esercizi
che a persona di alto grado si addicevano. Occul-
tava nascostamente la regina la sua passione; e non
avendo da un lato il coraggio di chiedere al re il
ritorno del giovane principe in Alene, e desiderosa
dall'altro di procacciarsi in certo qual modo una con-
solazione per l'assenza di lui, fece edificare un tem-
pio a Venere sopra un monte vicino a Trezene, ove,
col pretesto di recarsi a offrire voti alla Dea, godeva
stì<rsi a mirare Ippolito che si esercitava nella sotto-
— 537 —

stante pianura. S'indusse infine a dichiarare al gio-


vinotto la sua passione, e ciò essa fece al tempo in
cui Teseo era sceso all'Inferno. La dichiarazione fu
male accolta; perciò la regina risolvette di vendicar-
sene col far credere a Teseo che Ippolito avesse vo-
luto usarle violenza. Teseo, ingannato cosi dalla mo-
glie e senz'altro esame, lo maledì, piegando Nettuno
che lo punisse severamente. Ippolito fuggì sopra il
8UO carro, ma giunto alla spiaggia del mare, Nettu-
no per mezzo dei mostri marini, spaventò talmente *
cavalli d'Ippolito, che dandosi essi a precipitosa fu-
ga, trascinando l'infelice giovanetto fra precipizi e sco-
gli, dove egli perì sfracellato. Fedra confessò la sua
colpa, e si uccise per disperazione.
Ippomene. Vedi Atalanta.
Ippona. Vedi Equeja.
Ippopotamo.
Grande mammifero conosciuto anche sotto i nomi
volgari di cavallo fluviale o cavallo marino. Per gli
Egiziani era animale sacro, e generalmente lo consi-
deravano come simbolo di Tifone, gigamte che sparse
la morte e la distruzione fra le deità adorate in E-
gitto. Vedi Apet — Empietà — Nilo.
Ira. ~
Animali: Babbuino, che gli E.gizÌ2mi ritenevano,
sopra tutti gli altri animali, di natura collerica e stiz-
zosa. Orsa, simbolo d'ira smaniosa, perchè ritenuta
oltremodo irrascibile e soggetta a infuriare crudelmen-
te. — Diversi: Ferro.
Ira mitigata.
Olivo e quercia. Rami di questi alberi mtrecciati
— 538 —

insieme; l'olivo come emblema della pace, e la quer-


cia della ferocità. Credevasi che la quercia, piantata
vicino all'olivo, avesse il potere di far seccare questo
ultimo.
Ira provocata.
Elefante. Sebbene quest'animale si mostri abitual-
mente d'indole mansueta, provocato, va soggetto a
un'ira terribile. I Mauri davano all'elefante due cuo-
ri: uno lo faceva arrabbiare, l'altro lo rendeva affa-
bile e mansueto.
Iraicondo.
Uomo con uno staffile in mano.
Iride.
Figlia di Taumante e dell'Oceanina Elettra, mes-
saggera diGiunone, la quale la cangiò in arco, collo-
candolo incielo in ricompensa dei servizi che le fu-
rono resi. Giunone l'amava molto, perchè le portava
mai triste notizie. I poeti la finsero veloce come il
vento, con le ali d'oro, tutta piena di rugiada tra le
cui gocce scherza il sole dipingendola a mille colori.
Alcuni la rappresentano con ali di colori diversi, con
una veste parimente variegata, e talora gialla, tutta
succinta per essere più svelta nell'andare a eseguire gli
ordini della regina degli Dei. Iride s'impregna d'ac-
qua e porta alimento alle nubi. Vedi Arcobaleno.
Iride.
Questa bellissima pianta ha ricevuto il nome che
porta dagli svariati colori dei suoi fiori. Vedi Buona
notizia — Eloquenza — Messaggio.
Irminsul ossia Colonna d'Irmin.
Questa colonna, adorata dagli antichi Sassoni, et^
- 539 -
originariamenle simbolo del teutonico dio Irrain; ma
fu più tardi considerata come monumento innalzato
in onore di Arminio (Hermann).
Ironia.
Sardonia. L'effetto del veleno di questa pianta ma-
lefica èdi far contrarre la bocca in modo così strano,
che chi lo prende sembra ridere sardonicamente, pcT'
ciò le fu dato il nome di sardonia.
Isaia.
In ebraico Jesciaheja cioè salute di Jehova. 11 pri-
mo dei quattro profeti maggiori. — Albero di Isa-
ia. Carbone ardente, con cui un serafino gli puri-
ficò le labbra. Quadrante solare di cui egli fece in-
dietreggiare l'ombra in favore di Ezechiele. Sega, stru-
mento del suo supplizio: fu segato in due. Vedi Pro-
feti.
Iside.
Divinità Egiziana, la quale, in principio, sembra
essere stata la Dea delle pop>olazioni che abitavano
la parte paludosa del Delta. Si vuole che per virtù
propria avesse concepito e generato suo figlio Oro. Le
tradizioni popolari, poi la teologia la maritarono, dai
tempi più antichi, a Osiride, suo fratello, al quale die-
de Oro. Quando Osiride divenne re d'Egitto, Iside
salì con lui al trono dei viventi: e dicesi che abbia
inventato la medicina, unite le donne ai mariti con
dei legami legittimi, e mostrò il modo di macinare il
grano fra due pietre per fare il pane; e che fosse
la prima a tessere e imbiancare la tela. Osiride, par-
tendo alla conquista dell'universo, le affidò il governo.
Quando al ritorno egli fu assassinato da suo fratello
Tifone, Iside si tagliò i capelli, stracciò le sue vesti,
— 540 —

e partì in cerca del cadavere di suo marito. E«sa lo


trovò, lo mise al coperto sotto l'ombra di un'acacia
gigantesca, poi ritiratasi nelle paludi di Buto, diede
alla luce il figlio Oro (vedi Osiride). Avendo Oro
raggiunto l'età per vendicare suo padre, Iside parte-
cipò nella sua lotta vittoriosa contro Tifone, poi essa
raggiunse Osiride nel suo impero oltre tomba. Iside,
in principio, non aveva altra forma che quella di una
donna, rappresentata talvolta sola talvolta in compa-
gnia del bambino Oro. Questa Dea fu identificata
con la maggior parte delle divinità madri, e le si
diede la forma di donna con la testa di vacca. In
Egitto fu anche presa per la Luna, rappresentandola
con due cornetti di bue; allusione a Io, trasformata
in giovenca, e, in (juesto caso, le diedero nella mano
destra il sisifo, e nella sinistra un vaso. E alcuni cre-
dettero che quest'immagine rappresentasse il Genio del-
l'Egitto, incui il sistro simboleggiasse il rumore della
invasione delle acque del Nilo, e il vaso l'acqua fer-
tilizzatrice di quelle regioni. Altri la ritennero simbo-
lo della Natura, soggetta al Sole (Osiri). perciò la
facevano carica di mammelle. A Iside era consacralo
il nelumbio; e dicesi che veniva anche rappresentata
con una corona di abrotano, dandole la medesima
pianta nella mano sinistra e una navicella nella de-
stra, con cui volevasi forse significare ch'ella passò
in Egitto, e dove si celebravano feste dedicate alla
Nave di Iside; perchè sebbene le favole finsero che
Io passasse il mare mutata in giovenca, la storia vuo-
le che lo passasse su una nave; e perciò gli Egiziani
la fecero protettrice della navigazione, e le si diede
jl potere di spargere le acc^ue del Nilo, di soffia
- 541 -

i venti e di proteggere i naviganti. Nei misteri d'Isi-


de e Osiride, coloro che dovevano portare sul capo
i vasi pieni d'acqua o i canestri sacri erano obbli-
gati di farsi una corona di foglie di fico attorcigliate
per sopportarli. — Apuleo, fingendo di vedere in
sogno Iside (Luna), così la descrive: Con reverente
faccia usciva dal mare e a poco a poco mostrò poi
tutto il suo corpo lucido. Aveva il caf>o ornato di
lunga e folta chioma, lievemente increspata, che per
il collo si spargeva, cinta era di belle ghirlamde di
diversi fiori, e nel mezzo della fronte portava una
certa cosa rotonda, schiacciata e liscia, che risplendeva
come specchio, e dall'una all'altra parte stavano al-
cuni serpenti, sopra dei quali v'erano poche spighe
di grano. La veste di diversi colori era di sottilissimo
velo, che pareva essere ora bianco, ora giallo e ora
infiammato. E ne aveva ancora un'altra tutta nera
ma però lucente e coperta quasi tutta di stelle scin-
tillanti, fra le quali una luna risplendente, e intorno al
ilembo erano attaccati con bellissimo ordine fiori e
frutti di ogni sorte. Portava la Dea nella mano destra
certa cosa di rame fatta a guisa di cembalo, che
scuotendo il braccio faceva gran suono, e le pendeva
dalla sinistra un dorato vaso, cui faceva manico un
serpente, che di veleno pareva tutto gonfio, e ai pie-
di aveva certo ornamento fatto di foglie di palma.
Apuleo diede a Iside una vesta bianca, gialla e rossa-.
perchè la luna talvolta si mostra lucida e chiara, ri-
tenuto segno di bel tempo; talvolta fosca, segno di
pioggia, e talvolta rossastra, segno di vento. La veste
nera poi significa che la luna è per se stessa priva
di luce, ma la riceve da altri. E riguardo alla certa
- 542 -

cosa di rame (che sarebbe il sislro o il cembalo), mes-


so da Apuleo in mano alla Dea, si riferirebbe alla
usanza presso gli antichi di fare un certo strepito e ru-
more con vasi di rame e di ferro, pensando di gio-
vare alla luna in ecclisse, fenomeno di cui non cono-
scendo la causa, credevano che la lune fosse tirata
in terra a forza d'incanti, come pretesero fare alcuni
maghi.
Isidoro (Sant»), '^
Angelo, che conduceva l'aratro mentre il Santo, bi-
folco, predicava. Aratro. Bastone con( cui, conficcato
nel suolo, fece zampillare una sorgente per dissetare
il suo padrone. Covone dì frumento. Sorgente.
Isocaedro.
Figura geometrica solida. Vedi Acqua.
Issopo.
Pianta di cui si disputa tutt'ora i>er sapere se sia
r ezob della Bibbia, che gli Ebrei adoperavano nelle
purificazioni. Vedi Purgazione dei peccati.
Ispirazione. Vedi Inspirazione.
Issia.
Pianta che prese il nome di ruota d'Issione, per la
somiglianza che hanno le lacinie aperte del perigonio
coi raggi di una ruota. Vedi Tormenti.
I SS ione.
Re dei Lapiti, e sposo della bella Dia, figlia di
Dioneo. Contrariamente all'usanza di que» tempi, che
stabiliva di fare ricchi doni ai genitori di una fan-
ciulla per ottenerla in isposa, Issione rifiutò quelli che
aveva promessi a Dioneo, suo suocero; perciò questi
gli fece un giorno rubare i suoi cavalli che pascola-
— 543 -

vano. Sdegnato Issione di quell'affronto, ma dissi-


mulando ilsuo risentimento, finse di volersi accomo-
dare col suocero, e lo invitò a un banchetto nella
propria casa, ove lo fece cadere in una fossa ardente,
in cui perde la vita. Questo delitto destò tale orro-
re, che Issione, abbandonato da tutti, si rivolse a Gio-
ve, il quale sentì pietà dei suoi rimorsi, e lo ammise
in cielo alla tavola degli Dei. Quivi abbagliato dalle
attrattive di Giunone, l'ingrato Issione le dichiarò l'a-
mor suo; ma la severa Dea se ne lagnò con Giove.
il quale compose una nube somigliante alla figura
della sua sposa, e la offerse a Issione, che sfogò
sopra di essa la sua brutale passione (simbolo di co-
se finte o false e di speranze fallaci). Giove lo bandi
dal cielo, ma udendo poi che si vantava di avergli
disonorata la moglie, lo percosse con un fulmine, e
Io precipitò nel Tartaro, ove Mercurio ebbe ordine
di attaccarlo a una ruota, circondata di serpenti, la
quale doveva sempre girare. Secondo alcuni, questo
sup>plizio era il simbolo deW ingratitudine punita.
Issipìle.
Figlia di Toante, re di Lenno. Quando le donne
di quest'isola, per vendicarsi dei loro mariti, i quali
preferirono a esse le schiave della Tracia, uccisero
tutti i maschi, la pietosa Issipile salvò suo padre por-
tandolo di nascosto nell'isola di Chio. Allorché gli
Argonauti approdarono all'isola di Lenno, ella li ac-
colse benign aunente, specialmente Giasone loro c«ipo, il
quale se ne innamorò. Frutto di questo infelice amo-
re furono due figli, Nebrofono o Dripilo ed Euneo.
Qualche tempo dopo, aveivdo le donne di Lenno sa-
puto come Issipile aveva salvato suo padre, decisero
- 544 —

di ucciderla, ma essa si salvò con la fuga. Fatal-


mente alcuni corsari la pigliarono in mare e la ven-
dettero aLieo o Licurgo, re della Nemea, il quale
la fece balia di un suo bambino chiamato Ofelte. Pas-
sando setti
i prodi che andavano verso Tebe, sul ter-
ritorio diLicurgo, incontrarono Issipile, che sola in
un bosco stava allattando il bambino affidato alle sue
cure, i quali assetatissimi per il gran caldo e le fa-
tiche del viaggio, la pregarono a voler in cortesia
mostrar loro dove fosse acqua da bere, per questo
essa pose in terra il bambino e li condusse a una
fontana quivi vicina. Ma mentre essa adempiva a
questo pietoso servizio, un serpente uccise il fanciul-
lo. Sdegnatosi il re a tale notizia, la fece mettere in
prigione, ed ella avrebbe scontato quella disgrazia con
la vita, se i suoi due figli, che ebbe da Giasone, non
fossero accorsi in tempo a salvarla. Narra la favola
che le donne di Lenno, dopo aver uccisi tutti i ma-
schi, furono da Venere fatte diventare talmente brut-
te, che nessuno ardiva di avvicinarle, e desse Issipile
per loro regina.
Italia.
Animali: Bue. Avevano i Romani una tal stima
per i buoi, chiamati una volta iiali, che, dicesi, in
loro onore, diedero alla nostra penisola il nome Ita-
lia; quantunque altri lo facciano derivare da Italo
re. Cavallo, secondo alcuni, e ciò perchè in certe me-
dagHe romane si vede una testa di cavallo, con l'in-
scrizione ROMA; e di dietro a questa testa figura
uno scettro, sormontato da una testa di cavallo, e dal-
l'altra parte si vede Roma con la celata in testa.
Mentre in un'altra medaglia figura un cavallo bai'
— 545 —

danzoso, sopra il quale si vede un fiore, con l'inscri-


zione ROMANOR. Trovandosi però il cavallo tanto
sulle monete greche quanto latine, alcuni credono che
non sia emblema d'Itala, ma rappresenti piuttosto una
guerra, qualche viaggio, come risulterebbe da molte
medaglie di Nerone; oppure la velocità, come l'indi-
cherebbero altre medaglie. — Diversi: Corona mu-
rale. Stella, quali attributi.
Iti.
Figlio di Tereo. Progne sua madre lo tagliò a pez-
zi, e ne imbandì un convito. Vedi Filomela.
Izanaqui o Izanami.
Nella mitologia della religione primitiva del Giap-
pone Izanagui e sua sorella minore Izanami sono i
creatori del mondo, il padre e la madre degli Dei.
La loro prima azione fu di far sorgere la terra dal
caos dell'Oceano e dimenare la melma con una lan-
cia e il fango che sgocciolò dalla punta della lan-
cia ammucchiandosi produsse VOno^o-sh'ima o
mondo terrestre. Allora essi discesero dal cielo e fis-
sarono la loro dimora sulla terra, poi generarono car-
nalmente tutti gli Dei, cOTnpreso il dio del fuoco, la
cui nascita costò la vita a Izanami. Disperato, Iza-
nagui, scese nell'inferno a invocare la sua compa-
gna; ma Izanami, che gustò il cibo dell'inferno, non
gli può essere resa. Volendo lavarsi dalle immon-
dizie di cui si lordò in questa odiosa dimora. Iza-
nagui si gettò in un ruscello, e d'ogni parte del .suo
corpo immersa nell'acqua, nacque ima nuova divi-
nità; poi egli risalì in cielo. In quanto a Izanami,
essa divenne la grande Dea dell'inferno.
35 — G. Ronchetti.
— 546 -
Izedl.
Denominazione dei Geni buoni della mitologia dei
Parsi.

Junoni.
Fate o angeli custodi del sesso femminile, dei qua-
J. insieme a ogni donna,
li si credeva ne nascesse uno
per curarla e vegliarla durante tutta la sua vita, e
spirasse con essa alla sua morte. Sono figurate come
giovani fanciulle con ali di pipistrello o di falena
(farfalla notturna).
Jupiter. Vedi dove.

K.

Kneph. Vedi Cnufi.


Kouan-Ti.
Dio chin^se della guerra.
Krichna (il nero).
Dio principale dell'India attuale.

L.
Labaro.
Il vessillo imperiale portato davanti agli impera-
tori Romani da Costantino in poi. Gsnsisteva in un
pezzo rettangolare di seta, sospeso all'asta mediante u-
na sbarra traversale, riccamente ornato d'oro e di
ricami, e con la figura della croce e il monogrmama
di Cristo per stemma, col motto: In hoc signo VÌn'
ces. Vedi Costantino (San).
— 547 -
Labda.
Figlia d'Anfione, e una delle Baccanti, la quale,
perchè storpiata, veniva dalla sue compagne beffeg-
giata. Labda sp>osò Etione, da cui ebbe un figlio.
Cipfelo, e avendo l'oracolo predetto che un figlio di
essa si sarebbe un dì impadronito di Corinto, furo-
no mandati dieci uomini a casa di Labda per ucci-
dere il fanciullo; ma sul punto che uno di essi gli
voleva cacciare il pugnale nel p>etto. Cipfelo gli stese
le piccole braccia in atto tanto amoroso, che il sica-
rio non ebbe il coraggio di ucciderlo; questi Io diede
a un altro, a cui avvenne lo stesso, e non ebbe più
l'ardire del primo, così di mano in mano passò Cip-
felo fino all'ultimo, il quale lo restituì alla madre. L'-
sciti poi tutti, si rimproverarono il poco coraggio loro,
e mentre rientravano in casa di Labda, risoluti di
farlo morire, ella, che li aveva ascoltati, e che a-
veva intesa la loro risoluzione, nascose il figlio sotto
uno staio, e così lo salvò dal furore dei suoi nemici..
Labirinto. Vedi Dedalo.
Laborioso.
Uomo che tiene una cesta nella mano destra.
Laccio. Vedi Amore — Caccia — Inganno.
Lacedemoni.
Abitanti di una città, e di un reame di Grecia. —
/4, lettera che portavano sullo scudo, per insegna. A-
quila. Serpente. Dicesi che niel sigillo dei sacerdoti,
con cui sigillavano pubblicamente le loro lettere, fi-
gurasse un'aquila e un serpente.
Lachesi.
Una delle tre Parche, quella che avvolgeva il fi-
le nel fuso. Vedi Parche.
— 548 —
Lacinia.
Soprannome di Giunone, sotto il quale era adorata
nelle vicinanze di Crotone, ove aveva un ricco e fa-
moso tempio. Il nome deriva, secondo alcuni, dall'e-
roe italiano Lacinio, o dal promontorio Laciniano sul-
la costa orientale di Bruzio, il quale fu donato, di-
cesi, da Teti a Giunone.
Ladro.
Uomo con una grande lancia. — Mercurio, il qua-

lale,frode.
secondo i poeti, inventò l'arte dell'inganno e del-

Lagrime.
Cipolla che, tagliandola, fa lagrimare. Elenio. O-
pale, pietra preziosa un po' appannata. Perle. So-
gnando delle perle, secondo gli spiegatori dei sogni,
è indizio di abbondanti lagrime. — Vedi Gugliel-
mo (San) — Maddalena (Santa).
Lambicco. Vedi Chimica.
Lamento. Vedi Querela.
Lamentazione.
Pioppo tremulo che, al minimo soffio di vento, si
agita e geme.
Lamia.
Fantasma femminile, terrore dei fanciulli nell'an-
tichità. Secondo la tradizione, essa era originariaunen-
te una regina libica di gran bellezza, e figlia di Belo.
Amata da Giove, Giunone nella sua gelosia le rubò i
figli e Lamia per vendetta e disperazione rubò i
figli d'altre donne assassinandoli crudelmente. Fu can-
giata in cagna.
Lamie.
Secondo Ovidio, erano streghe, figlie delle Arpie,
— 549 —
che vagavano per i cimiteri, disseppellivano i morti,
li mangiavano e non lasciavano che solo le ossa. Le
Ltimie, agilissime alla corsa, per mgannare più fa-
cilmente coloro che volevano cHvorare, mostravano
loro la parte più bella senza parlare, perchè la loro
voce era un sibilo <ii serpente. Secondo Dione, in
certi luoghi deserti della Libia esistevano alcune
crudelisàme fiere, le quali avevano il viso e il pwlto
di donna bello in modo che meglio non si avrebbe
potuto dipingere, e si vedeva loro nell'aspetto e ne-
gli occhi tanta grazia, e una vaghezza tale, che chi
le mirava le giudicava tutte mansuete e piacevoli.
Il resto del corpo poi era coperto di durissime sca-
glie, e andava diventando serpente; in modo da fi-
nire in teste di serpentelli terribili e spaventevoli. Non
avevano queste bestie édi ne parlavano, e non a-
vevano altra voce se non che fischiassero, ed era»
no tanto veloci, che non vi era animale alcuno che
da loro potesse fuggire, e facevano la caccia agli uo-
mini in questo modo. Mostravano il loro bel petto
bianco scoperto, e chi lo vedeva rimaneva così affa-
scinato da desiderare di possederle, e da tale deside-
rio spinto, a loro se ne andava, ed esse, senza punto
muoversi, ma queisi vergognose chinavano gli occhi
spesso a terra, senza mostrare però gli adunchi arti-
gli, se non quando chi andò a loro fosse stato vicmo;
per pigliarlo allora con quelli, né lo lasciavano pri-
ma che il serpente, in cui finivano, con velenosi mor-
si non l'avessero ucciso, e poi lo divoravano.
Lampada.
Vaso senza piede nel quale si tiene acceso lume
d'olio, e sospendesi p>er lo più iimanzi agli altari e
all'immagine dei santi. Nella Bibbia si parla spesso
- 55Ó -
di lampade {lampana) e a queste si fanno frequenti
allusioni. Vedi Alberto {Sani") — Cirolamo {San)
— Vergini savie e Vergini stolte — Vigilanza —
Zelo.
Lampezia.
Una delle tre Eliadi (vedi).
Lancia.
Arma che presso i Sabini era il simbolo della
guerra, e perciò sotto questa forma essi rappresen-
tavano illoro dio Quirino. I Romani" pigliarono da
quella nazione lo stesso costume, che conservarono fin-
che non ebbero trovata l'arte di fare figure umane
alle loro divinità. Si vuole che altri popoli rendes-
sero un simile culto, e che da ciò sia derivato l'u-
so di porre lance in mano agli Dei. Vedi Asta
— Biasimo — Giorgio {San) — Guerra — La-
dro — Marte — Matteo {San) — Michele {San)
— Nemico dannosissimo — Nobiltà — Spogliatore
— Tommaso {San).
Languore.
Papavero; allusione alla proprietà narcotica di
questa pianta.
Lanterna cieca. Vedi Falsa religione.
Laocoonte.
Figlio di Priamo e di Ecuba, e sacerdote di A-
pollo. Mentre sacrificava un toro a Nettuno usci-
rono dal mare due serpenti smisurati, i quali divo-
rarono due figli che Laocoonte cercò invano di salva-
re, poi assalirono il padre, e strettolo fra le loro
spire, lo strangolarono. Questo terribile supplizio fu
considerato come mandato da Minerva a Laocoonte,
- 551 -

per aver inegliIroia cercato di dissuadere i troiani dall'in-


trodurre il celebre cavallo di legno.
Lapis
Sasso, pietra; donde gli italiani dissero lapida la
pietra sepolcrale. — Soprannome di Giove. Cre-
devasi anticamente che Giove Lapis fosse una sta-
tua in pietra del Dio, od originariamente una rozza
pietra quale simbolo, intorno al quale il pof>olo ra-
dunavasi per adorar Giove. Ma ora è noto general-
mente che la selce, pietra focaia, che i Latini chia-
mavano lapis Vivo; veniva considerata quale simbo-
lo della folgore, e perciò Giove, in alcune rappre-
sentcìzioni, teneva in mano una pietra in luogo di
fulmine.
Lappa. Vedi Bardana.
Lari.
Spiriti tutelari, che conforme alla credenza reli-
giosa dei Romani si su{>ponevauio fossero le anime di
persone morte, che facevano ufficio di protettori, nel-
l'interno delle case di ciascuno, sul proprietario, sulla
sua famiglia e la sua sostanza. Non erano conside-
rati quali divinità come i Penati, ma semplicemente
come spiriti guardiani. Si credeva pure che eserci-
tassero illoro ufficio di protettori anche fuori di ca-
sa, ove divenivano i sopraintenden^i di ogni cantuc-
cio e luogo abitato dagli uomini; come le vie, le
strade, i campi, gli edifizi, così in città come nella
campagna; di dove ne prendevano il soprannome.
I Lari si rappresentavano con statuine di giovani co-
ronati di lauro, con una corta tunica, oppure con un
corno da bere, tenuto al di sopra della testa; e an-
che da giovinetto vestito di pelle di cane, e coi piedi
di cane; come simbolo della fedeltà e guardia delle
— 552 -

case. Il culto dei lari era semplicissimo, specialmente


nei primi tempi e nelle campagne: le offerte veni-
vano loro fatte in piattelli, e quando gli abitanti
della casa sedevano a tavola, una porzione veniva
offerta ai Lari, e nelle feste di famiglia si aprivano
gli altari dei Lari e si ornavano di ghirlande votive-
Quando una sposa entrava in casa del manto, suo
primo dovere era quello di offrire un sacrifizio ai La-
ri. A questi spiriti tutelari, come ai Penati, era caro
il cane, che si immolava loro nei sacrifizi, come em-
blema della fedeltà. Vedi Lemuri
Larice.
Questa pianta la più . alta dei pini d'Europa.
za — è Audacia
Vedi Arditez
Larva.
Essere fantastico, che si suppone apparire agli
uomini e spaventarli, chiamato talvolta anche fanta-
sma. In generale si dava questo nome alle anime dei
malvagi, che dopo la morte assumevano orribili sem-
bianze° e specialmente a quelle dei colpiti di morte
improvvisa o violenta che erano condannati a vagare
sulla terra. Dice Svetomo che Caligola assassinato
errò per lungo tempo sotto forma di larva nel suo
palazzo. Si richiedevano libazioni e sacrifizi espia-
tori per placare questi spiriti malevoli, che avevano
per grandissima gioia il perseguitare qualche mno-
cente e precipitarlo nel delitto. Le larve erano rap-
presentate sotto forma di scheletri, o di vecchi con
lunga barba, capelli rasi, occhi incavati, e talora con
un gufo in mano. Gli antichi chiamavano Larva uno
scheletro artificiale, che introducevano nei loro ban-
chetti a ricordo della incertezza e brevità^ della vita ; -
e, come stimolo, quindi, a ricavare dall'ora presen- m
- 553 -

te 11 maggior godimento che si potesse; costume che


ebbe origme presso gli Egiziani, dai quali passò ai
Greci e ai Romani. Vedi Lemuri.
Lascivia^
Tre Satiri con vasi in mano in attitudine d'invitar-
si l'un l'ahro a bere. ^- Asino, che nella Bibbia
è simbolo di persone lascive, dove si legge: Le cui
carni sono, come le carni di un asma. Secondo Pla-
tone, gli uomini lascivi, dopo morte venivano trasfor-
mati in asini. Barbabietola, simbolo della disonestà
puerile e della lascivia effemminata. Diogene, mole-
stato da certi ragazzi sfacciati e dissoluti, chiaman-
dolo cane, mentre fuggivano, avendo loro doman-
dato perchè si allontanassero, risposero, perchè tu
non ci morda; soggiunse il cinico allora: 5ia/e pure
tranquilli, che i cani non mangiano bietole. — Vedi
Mollezza lasciva — Pentimento della lascivia.
Laiscivìa delle donne.
Catta, simbolo di donna libidinosissima; perchè si
vuole che le femmine di questi animali siano per na-
tura molto libidinose e lascive; attirando il maschio
invitandolo con nwine airaccop>piamento, e sforzan-
dolo anche con assalti minacciosi, qualora non accon-
discendesse. Perciò volgarmente si suol dire che fre-
quentano ilcommercio dei gatti, coloro che si danno
senza alcun ritegno alla libidine, e. noncuranti della
vergogna, s'ingolfano negli amori lascivi.
Lascivia domata.
Toro con dei rami di caprifico (simbolo di tem-
peranza) che gli circondano il collo e le spalle. Al-
lusione a chi, domata la lascivia a forza di volon-
tà, passa a una vita ordinata, perchè si vuole, per
quanto i tori siano feroci, che il caprifico abbia la
- 554 -

virtù di frenare il loro istinto, rendendoli quasi im-


mobili.
Latino odoroso. Vedi Cicerchia.
Latona.
Divinità adorata in Delo, in Argo, nelle Gallie e
in parecchi altri luoghi. Ma prima di giungere in
cielo e di ricevere gli omaggi dei mortali fu molto tor-
mentata da Giunone. Per quelli che vedono nella
mitologia i simboli di rivoluzione sociale, Latona se-
gnerebbe un'era nuova della civiltà. Era figlia del
Titano Ceo, e di Febea. Giove l'amò, e questo Dio
che succede a Saturno indicherebbe un nuovo or-
dine di cose fra gli uomini. Giunone aveva fatto na-
scere il serpente Pitone per punire la sua rivale, e
aveva fatto giurare alla Terra di non darle asilo.
Sono questi gli ostacoli che incontrano sempre gli
innovatori. Nettuno, impietosito dal lungo errare di
Latona, fece sorgere dal mare l'isola di Delo, dove
ella si rifugiò, e all'ombra degli olivi partorì Diéuia
e Apollo. Dal nascondersi che fece {laiere) le de-
rivò il nome di Latona. Quell'isola è culla di due
divinità, l'una delle quali. Diana, insegna il pudore
e la virtù della castità, il quale insegnamento annun-
cia migliori costumi; e l'altra, Afxillo, introduce la
coltura delle arti, della musica e della poesia; ingen-
tilisce glispiriti selvaggi ed è Dio delle nove Muse
che spandono nel mondo l'amore di tutte le disci-
pline liberali. Quando si paragona l'epoca dei Tita-
ni con quella di Apollo e Diana, il regno di Sa-
turno col regno di Giove, si scorge la differenza dei
tempi e dei costumi, e quand'anche quelle divinità
mitologiche procedessero da tutt'altro che da sociali
rivolgimenti, è sempre vero che gli uomini modifican-
„ 55$ -
do il culto, modificano anche la loro indole, le leggi
e le istituzioni.
Latrea clandestina.
Pianta a fusto brevissimo, nascosto ordinariamen-
te sotto i muschi e fra le pietre, così che non si po-
trebbe scorgere, senza i suoi fiori turchini o porpo-
rini, che appariscono fuori del suolo. Vedi Amore
celalo.
Latte. Vedi Beatiludme futura.
Lattuga. Vedi Afflizione.
Laureola. Vedi Dafne laureola.
Lauro.
Albero celebre presso gli antichi, che in ogni tem-
po fu la ricompensa delle gloriose gesta militari e
delle sublimi opere dell'ingegno. E' noto che i Greci
ne cingevano la fronte dei valorosi che tornavano vm-
citori dai giuochi Olimpici, e i Romani dei bene-
meriti Capitani cui concedevano l'onore del trionfo;
il giorno in cui questi entravano gloriosi le porte di
Rc«na, ne portavano sulla fronte una corona, e un
ramoscello ne stringevano in mano per segno della ri-
portata vittoria: intanto le tende, i vascelli, le lance
dei soldati vincitori, i fasci, le insegne, tutto era or-
nato di frondi di quest'albero onorato. Gli antichi
credevano che il lauro fosse inaccessìbile al fulmine:
ed è forse per questa prerogativa che piantavasi sul-
la porta dei palazzi degli imperatori e attorno al pa-
lazzo stesso. Tiberio, uomo vile e pauroso, se ne
cingeva la fronte nei giorni di temporale per allon-
tanare dal suo corpo il fulmine. I medici lo riguar-
davano come una panacea universale; quindi lo con-
suetudine di fregiarne le statue di Esculapio, e Tu-
- 556 -

sanza ancora in voga in certi paesi di mettere sul ca-


po dei baccalaurei (baccellieri) in medicina una co-
rona di lauro ; la parola stessa baccalaureo senza dub-
bio deriva da bacca lauri, bacca di lauro. Le fronde
di lauro entravano pure nel santuario in molte ceri-
monie religiose, e sopra tutto nei misteri dell'arte di-
vinatoria. Per esempio, se le foglie messe sul fuoco
crepitavano, era questo un indizio che gli auguri sa-
rebbero stati favorevoli; quando si desideravano so-
gni veritieri si mettevano alcune foglie di lauro sotto
il capezzale. Vedi Apollo — Corona di lauro
— Custodia — Dafne — Gloria — Litigioso —
Luna — Medicina provvidenziale — Muse — Poe-
sia — Profezia — Purgazione.
Lauro ceraso.
Pianta sempre verde, le cui foglie sono velenose.
Vedi Perfidia.
Laverna.
Dea protettrice idei ladri. Rappresentavasi sotto
forma di donna senza testa.
Lavoro.
Figlio di Èrebo e della Notte. E' rappresentato da
una figura muscolosa che tiene nelle mani strumen-
ti di lavoro. — Animali: Ape. Bue. Formica. A-
nimali appropriatissimi come emblemi del lavoro. —
Vegetali: Spighe, frutto della terra ottenuto col la-
voro dell'uomo. — Diversi: Ferro, metallo con cui
si fanno la maggior parte degli istrumenti da lavoro.
Vanga.
Lavoro e milizia.
Uomo con la falce nella destra e Varco nella si-
nistra; allusione a chi talora si dedica al lavoro r
tal altro si occupa degli esercizi militari.
- 557 -
Lavoro muliebre.
Digitale porporina, allusione ai suoi fiori di forma
simile a un ditale.
Lavoratore.
Uomo che lavora con un raslrello.
Lealtà.
Granata, pietra -preziosa dedicatale. Oro. Vio-
letto.
Leandro. Vedi Ero — Oleandro.
Learco.
Uno dei figli di Atamante.
Lebbra.
Malattia della pelle. Vedi Giobbe.
Lebbroso. Vedi Eligio {SanC) — Giuliano
l'Ospitaliere (San).
Leda.
Figlia di Testio e moglie di Tindaro. Viene so-
vente rappiresentata in atto di vezzeggiare im ci-
gno che le sta voluttuosamente nel grembo; la di
lei leggiadria s'accorda bene con la grazia del cigno,
il cui bel collo è paragonato al candido collo di don-
na. Dicesi che Giove volendo unirsi con Leda men-
tre era sulla sponda dell'Eurota, facesse camgiar Ve-
nere in aquila, ed egli trasformato in cigno inseguito
dall'aquila andasse a rifugiarsi nelle braccia della
giovane amiata. Leda dopo quell'unione partorì due
uova, dall'uno dei quali uscirono Polluce ed Ele-
na, e dall'altro Castore e Clitennestra. Si tenne Gio-
ve padre dei due primi, e Tindaro dei secondi. Que-
sto simbolo, come altri della mitologia, venne diver-
samente raccontato secondo i paesi dove significò
qualche fatto civile, religioso o astronomico, e se-
- 558 -

condo le modificazioni a cui soggiacque mutando di


luogo e di culto. Apollodoro dice che Giove, inna-
morato di Nemesi, si trasformò in cigno, e quella
cangiò in oca, e che diede a Leda luovo da lei con-
cepito, per cui divenne madre dei gemelli. Altri vuo-
le che Leda fosse deificata sotto il nome di Nemesi.
Sono vari i sistemi applicati alle favole con ingegno-
se congetture per conoscerne il senso, e si potrebbe
dir molte cose intorno a Leda; ma senza entrare in
particolari che sarebbero assai incerti, basti far no-
tare che in greco si esprime con lo stesso vocabolo
uovo e talamo, quasi che questo, a somigliauiza di
quello, serve all'arcano concepimento della genera-
zione. Cosicché il mito di Leda è relativo ai primi
tivi matrimoni, e una costituzione nuova della socie-
tà dipendente dalla relazione dei due sessi sottoposti
alle leggi sacre e civili; poiché Nemesi é figlia della
Giustizia, veglia sulla terra come punitrice dei col-
pevoli ed é superiore /allo stesso Destino. Mentre
questo indica una condizione stazionaria della so-
cietà. Nemesi é simbolo di progresso e di perfezio-
namento. E simile interpretazione sociale oggi adat-
tata da molti in mitologia sembra più ragionevole!
di quella che prevalse presso i Romani, e che sotto]
il velo mitologico rinviene una rozza fisica. E coni
tale sistema Giove sarebbe un canale d'acqua for-j
mato dalla pioggia, e i gemelli due fontane minerali.
Per quelli che spiegano tutto astronomicamente, il
cigno della favola non é che la costellazione di questo!
nome che scintilla nel cielo settentrionale, compostaj
di ottantacinque stelle.
Legame.
Cobea. Salice, i cui virgulti servono per legare.
- 559 -

Legame d'amore.
Lonicera caprifoglio. Pianta rampicante che si av-
volge strettamente al suo sostegno.
Legge.
Divinità allegorica, figlia di Temi e di Giove.
RappresentJisi sotto sembianza di una giovane donna
con lo scettro in mano. — Corona. Secondo S. Gi-
rolamo ildetto di Piteigora: Non guastar la coro-
na, significherebbe che le leggi mai devonsi rompe-
re, ma mantenerle nel loro vigore e fermezza. Fo-
glie di fico, che presso gli Egiziami erano l emblema
dei termini delle leggi che nascondono e coprono il
frutto, vale a dire lo spirito. Giogo, emblema del
peso della lègge sotto cui si è sottoposti. Libro, che
la contiene. Siepe, simbolo biblico, allusione alle ri-
trecciopidiegauna
ture e avvolgimenti
corona. dei rami paraigonaibile all'in-

Legge vecchia • legge nuova.


Bianco e rosso. Nel Cantico dei Czmtici si legge:
// mio zio bianco e rosso; e gh interpreti delle Sa-
cre Scritture, ritengono il colore bianco come sim-
bolo della legge vecchia, e per il rosso intendono la
predicazione dell'Evangelo. Dove nella Bibbia si
parla di cicatrici, si vuole che la cicatrice bianca
significhi trasgressione della legge.
Leggerezza.
Animali: Farfalla, per il suo volo leggero e ca-
priccioso. — Vegetali: Delfinio consolida, chiama-
to dai francesi pied d'aloutte (piede d'allodola), no-
me che spiega il simbolo, alludendo alla leggerezza
di quest'uccello. — Diversi: Berretto con piume.
Calla, l'allusione è evidente. Riso. Socrate voleva
dire che il riso fuori di proposito e fuori di tempo.
— 560 —

non è punto lodevole; riferendosi alla leggerezza


dei costumi.
Legione Quinta.
La legione era un corpo di soldati di cavalleria e
fanteria e ausiliari presso i Romani. Aveva per inse-
gna, sugli scudi e gli stendardi, un elefante, aven-
do questa legione ottenuto da G. Cesare di combat-
tere contro gli elefanti, nella guerra con Scipione.
Lemuri.
Nome generale degli spiriti dei trapassati. Con-
forme la credenza religiosa dei Romani, l'anima,
dopo la morte, era convertita in uno spirito, bene-
fico o maligno, secondo le azioni della persona, in vi-
ta, buone o cattive. Lo spirito buono diveniva allora
un angelo protettore, e pigliava propriamente il nome
di Lare. Quantunque i Lemuri venissero confusi con
le Larve, erano però considerati quali spettri di cattivo
augurio. Che gli antichi credessero alla presenza fra
di loro delle ombre dei trapassati è prova la festa del-
le Lemurie, che si celebrava per tre giorni alterna-
tivi, cioè il nono, l'undecimo e il tredicesimo di mag-
gio; in occasione della quale il cai>o di famiglia
s'alzava a mezzanotte, e lavatesi tre volte le mani in
acqua di fontana, si aggirava a piedi nudi per la ca-
sa facendo schioccare le dita e mettendo in bocca
fave nere che poi per nove volte gettava dietro se
ripetendo una certa formula di scongiuro. Si credeva
che le ombre si fermassero a raccogliere quelle fa-
ve. Allora il cap>o fauniglia ripeteva un'altra formula
con cui invitava le ombre a lasciar la sua casa; pen-
sando che tali cerimonie assicurassero la famiglia
contro i Lemuri, alla cui venuta si attribuivano le
spaventose apparizioni di spettri. Durante il tempo di
- 561 -

queste feste si chiudevano i tempi degli Dei, e rite-


nevasi di malaugurio le nozze che celebravansi in
tutto il mese di maggio, e credevasi che coloro i
quali si avventuravano a farlo, morissero poco dopo,
donde il proverbio mense majo male nubent. Vedi
Larva.
Leone.
Quest'animale, per la sua gran forza e suppo-
sta generosità d'indole, è stato salutato il re degli
animali, e considerato quale simbolo principale della
maestà e del potere. Vedi Adriano {Sanf) —
Africa — Astarte — Atalanta — Carro tiralo da
ieotìi — Collera — Coraggio — Daniele — Davi-
de — Dominazione dell'animo — Ercole — Feb-
bre — Febbre (IDea) — Fortezza d'animo indebolita
— Forza del corpo e dell'animo — Forza vinta dal-
la sapienza — Furore bestiale — Generosità — Cioe^
le — Girolamo (San) — Iconologia — Inondazione
— Malizia — Marco {San) — Paolo {San) —
Piacere nato dalla mestizia — Ragione — Salomone
— Sansone — Sole — Testa di leone — Timoie
leligioso — Vendetta — Vigilanza — Zodiaco.
Leone Nemeo.
Neli'Argolide eravi una città chiamata Nemea. e
poco lungi una foresta abitata da un leone, che co-
me la foresta medesima prendeva il nome della città.
La favola descrive questo leone come un mostro di
sterminata gramdezza: era di quei mostri che infe-
stavano la terra nei tempi primitivi e che venivano
uccisi da qualche eroe in cui si personificava la ci-
viltà nascente. Vedi Ercole.
Leonessa. Vedi Meretrice — Parto unico. —
Taciturnità.
36 — G. Ronchetti,
— 562 —

Lepp«.
E pregiudizio volgare che le lepri siano ermafro-
dite, e che ve ne siano perfinio di quelle che prima so-
no femmine, indi si trasformano in maschi, e vice-
versa. Inoltre è opinione che la lepre sia ruminante, e
ciò forse fu creduto per l'abitudine che essa ha di
muovere e agitare sovente il naso e le labbra, così da
sembrare che rumini. Infine si crede da molti che
a cagione dell'eccessiva timidezza, la lepre, non dor-
ma mai, mentre appunto per la vita inquieta a cui è
dalla sua indole condannata, prova più forte e più
sovente il bisogno di dormire e dorme più degli al-
tri animali. Vedi Caccia — Effeminatezza —
Emulazione — Fecondità — Francesco J'Asstse
(San) — Martino {San) — Paura — Solitario —
Udito — Vaghezza — Venere — Vigilanza.
Letame. Vedi Giobbe.
Letargo.
Papavero nero. Allusione all'assopimento che pro-
duce questo potente narcotico.
Lete.
Uno dei flumà dell'Inferno, detto anche Fiume
delVohlio. Amore stesso era adorato sotto il nome di
Leteo (vedi Amore Leteo); e gli amanti, stanchi di
amare una donna che per ritrosia o p>er infedeltà non
corrispondeva alle loro brame, lo pregavano di can-
cellarla dal loro cuore. Quest'oblio, tanto desiderato
nelle pene della vita, era conseguito, secondo i Gre-
ci, dopo morte, mediante il bere delle acque di que-
sto fiume. Gli antichi limitavano l'oblio ai dolori,
immaginando che le anime dell'Eliso ravvisassero la
persona con cui vivessero e ragionassero insieme della
prima vita. Il fiume col nome di Lete divideva iì
— 563 —

Tartaro dai campi Elisi. Secoiido il sistema di Pi-


tagora ela religione dei Bramini nell'India, questo
fiume sarebbe il simbolo di una palingenesi (rinno-
vazione del mondo dopo la sua distruzione), poiché
le anime dop>o aver bevuto l'oblio della vita che han-
no menato, tornano a una nuova esistenza in questo
mondo, e seguono un circolo etemo in cui si avvi-
cendéino le varie trasformazioni della natura.
Letizia.
Vite che, presso gli Egiziani, i Greci, i Romani
e perfino nella Bibbia, è simbolo del vino; il quale,
secondo Salomone, fu largito p>€r dare diletto, e be-
vuto moderatamente dà allegria all'anima e al corpo.
— Vedi Gioia.
Leto.
Nome che i Greci davano a Latona.
Letteratura.
Canna, seppia e vaglio. La prima. p>erchè gli E-
giziani scrivevémo con una canna: la seppia raqspre-
senta l'inchiostro, come anche le lettere e lo scritto
stesso; mentre il véiglio è emblema della sapienza.
Lettere.
Babbuino. Gli Egiziani credevano che quest'ani-
male avesse la virtù di comprendere le loro lettere,
e che per mezzo di questa conoscenza si tenesse in
relazione con loro; poiché tosto che il babbuino ve-
niva introdotto nel tempio, per esservi, secondo l'u-
sanza, allevato e adorato, il sacerdote gli metteva da-
vanti penna, carta e inchiostro per provare se esso
possedeva i requisiti necessari per essere mzmtenuto e
onorato nel tempio; allora l'animale veniva consa-
crato a Mercurio, considerato come inventore delle
lettere.
- 564 —

Letto. Vedi EUsabetla {SanC) — Giuliano l'Ospita-


liere {San).
Leucippe. Vedi Alciloe.
Leucotea. Vedi Ino.
Leucotoe.
Figlia di Orcamo, re di Babilonia, Il Sole o A-
pollo che conduceva il carro del giorno se ne inva-
ghì, ed ella non resistette all'incantesimo di un Dio
che agli occhi suoi ornava di luce il mondo. Ella a-
veva però una rivale, ed era Clizia, figlia dell'O-
ceano edi Teti, la quale fu tradita e dimenticata dal
l'infido Apollo per la sua nuova amante. Non ascol-
tando che la propria passione, scoprì a Orcamo la re-
lazione illecita che sua figlia teneva con quel Dio,
per cui il padre sdegnatissimo, fece seppellire viva
Leucotoe. Il Sole l'avrebbe ristiscitata, per dar pa-
ce così al suo dolore, ma il Destino era più forte del
suo dolore, e contro la cui potenza egli invano cercò
di reagire. Non essendogli permesso di far rivivere j
Leucotoe, la volle onorare inaffiando di nettare la
terra che la copriva, da cui poco dopo germogliò '
l'albero che produce l'incenso. Si dà una spiegazione j
a questo mito, e vi ha chi crede che Orcamo fosse il
primo a coltivare la pianta dell'incenso, che si chia-j
ma appunto leucotoe. E l'amore di Apollo è sim-^
bolo dell'azione che il sole esercita sulla pianta, ch<
la sviluppa col calore e fa che se ne spanda interne
la fragranza. Si disse poi che Clizia ingelosita foss^
cagione della morte di Leucotoe perchè appunto V(
liotropio (fiore in cui fu convertita Clizia) fa perir^
l'albero dell'incenso. Questa volta il mito ha ui
significato d'industria agraria.
Leva. Vedi Giacomo il Minore (San).
— 565 —
Levana.
Dea protettrice dei neonati. Vedi Terra.
Liana.
Si adottò questo nome dal francese lierì, legame,
per denotare certi virgulti sermentosi. che scelgono
altre piante per appoggiarvisi, arrampicano sui loro
tronchi e si confondono coi lóro rami. Vedi Nodi
— Vincoli
Liberalità.
Borsa aperta. Marìi slese, specialmente la destra,
perchè ritenuta più pronta al pigliare come nel por-
gere e utilissima nel donare. Piatto largo, allusio-
ne alla larghezza nel donare.
Liberatore della patria.
Berretto e pugnale che figurano nelle medaglie di
Cassio e Bruto liberatori della patria: il pugnale
è simbolo di uccisione, il berretto di libertà.
Libero.
Uomo con una catena in mano.
Libertà.
Deità allegorica. Rappresentasi in una figura di
donna robusta vestita di bianco, o drappeggiata d'una
toga con lo scettro in una mano e nell'altra un ber-
retto frigio, e talvolta porta una fiaccola o una pie»
ca sulla cui cima è piantato il berretto. Viene anche
raffigurata con accanto un gatto e un giogo spezza-
to. — Animali: Catto, come emblema del desiderio
di libertà (vedi Indipendenza). — Vegetali: Vite,
simbolo derivato da Liber, soprannome che i Latini
davano a Bacco, al quale era consacrata la vite. —
Diversi: Berretta, presso i Romani, che la davano a-
gli schiavi quando volevano rendere loro la libertà.
— 566 —

Tali liberti non se la toglievano dal capo finché i ca-


pelli erano cresciuti tanto da far scomparire la tonsura
la quale era il distintivo della schiavitù. Da ciò molti
pensano derivato l'uso nelle università di daraccennarela ber-
retta ai licenziati in qualche facoltà, per
che essi hanno riacquistata la libertà, cessando di es-
sere soggetti alla verga del superiore. Catene spez-
zate. Giogo spezzato. Oro. Strada, Veste h'ianca:
gH schiavi resi liberi si vestivano di bianco, in segno
d'onore.
Libia.

Figlia di Ejpafo, figlio di Giove e re dell'E-gitto.


Sposò Nettuno, dal qua^e ebbe Agenore e Belo: il
primo regnò sui fenici, l'altro sugli assiri.
Libidine.
Animali: Capra. Si vuole che nella Chimera la
parte di capra rappresenti gli affetti libidinosi. Vir-
gilio chiama i capretti lascivi. I piedi caprini dati
ai Satiri è indizio dell'insaziabilità delle voglie amo-
rose di questi abitanti silvestri. Scorpione, al quale
furono dedicati gli organi genitali dell'uomo, ed era
consacrato a Marte, Dio ritenuto adultero e lascivo.
Aristotile dice che i soldati sono effemminati e aman-
ti delle donne, perchè nacquero sotto l'influenza del-
lo Scorpione, e perciò anche gli astrologi vogliono
che i soldati siano lascivi. — Diversi: Botte fo-
rata, che venne paragonata a quella parte dell'uomo
che è agitata e insidiata dalla libidine e concupiscen-
ze carnali; e ciò, perchè gli uomini già continenti, di-
mentichi di quanto appresero di onesto e giusto, co-
me la botte forata, nulla possono ritenere di quanto
fu loro infuso, abbandonandosi a insaziabili voglie
- 567 -

disoneste. Fico, frutto. Rame. Vedi Arassa — Ri'


medio contro la libidine.
Libidine domata.
Becco domato da Ercole; finzione dei Greci, per
significare che l'eccesso della lascivia, domata dalla
virtù, deve avere un certo limite; perchè si trovò
un uomo, talmente lussurioso, che in una notte usò
con trenta donne. Il becco rappresenta una straboc-
chevole lascivia superiore a quella degli uomini stessi,
ed Ercole simboleggia la virtù.
Libidine precoce.
Pinna, che mostra i suoi parti; si vuole che que-
lle nicchiette generate nella conchiglia della madre,
prima che siano espulse, si congiungano fra loro; p>er-
ciò la conchiglia stessa fu dedicata a Venere.
Libidinoso.
Occhi con le palpebre senza peli; perchè si vuo-
le che i peli comincÌ2Uio a cadere quando si comincia
a godere i piaceri di Venere, e tanto più cascano,
quanto più si persiste nella Hbidine.
Libiti na.
Dea che presiedeva ai funerali. Le era sacro un
bosco e un tempio, ove le si poneva una moneta d'ar-
gento per ogni persona che moriva. E in tal modo
si conosceva ogni anno il numero dei morti. Sotto
questo nome di Libitina, che vale ad libitum, vuole
Plutarco che fosse adorata Venere, e altri Proser-
pina. O l'una o l'adtra Dea rapiva la vita degli uo-
mini a suo talento. E* da notarsi che Venere si con-
fondeva dagli antichi con Proserpina, che si face-
vano ambedue ministre di morte, mentre Venere è
piuttosto ministra di vita, e suole essere rappresen-
tala come il simbolo della generazione. Per questo
. — 568 —

simlx)lo appunto non disdice che Venere avesse gli


gittributi di Proserpina, essendo la generazione, nella
natura, composta di distruzione degli esseri e della
loro riproduzione con vicenda perpetua, e con quel
moto che affatica le cose. Proserpina stessa può es-
sere considerata così, in quanto dimorando sotter-
ra, come vuole la favola, mentre paté che distrug-
ga le cose, non fa che fomentarle nelle viscere della
terra perchè rigermoglino novelle. Per cui, come can-
tò qualche poeta moderno, la morte è sempre gio-
vane ebella, e senza di lei non vi sarebbe in natu-
ra la varietà e il rinnovellamento di tante forme, non
vi sarebbe progresso e perfezionamento, e tutto sa-
rebbe immoto o di decrepita eterna vecchiezza. La
morte è chiéimata Libitina impropriamente, perchè non
opera a talento come sembra agli uomini, ma secon-
do l'ordine e il destino del creato. Libitina diede il
nome a quelli che vendevano e procacciavano le cose
necessarie ai funerali, detti perciò UbWnarii : adem-
pivano a quest'ufficio nel tempio stesso della Dea.
Si chiamava anche Libitina la porta per la quale sì
portavano i cadaveri fuori della città; con lo stesso
nome la porta dell'anfiteatro per cui si trascinavano
i corpi dei gladiatori uccisi nei pubblici giuochi ; e
aveva pure nome da Libitina il feretro stesso; per
cui in ogni modo essa rappresentava sempre l'imma-
gine della morte.
Libra. Vedi Zodiaco.
Libro.
Parola derivata dal latino liber (scorza, cortec-
cia) perchè fra i primi oggetti materiali di cui si
servirono gli uomini per scrivere, i più comunemente
in u?o erano le sottili coste o corteccia della pianta
— 569 —

egiziana papiro. Chiamavasi questa dà%\ì Egiziani


biblo, dalla città di Biblo, nella cui vicinanza in
maggior quantità cresceva. Vedi Accademia —
Agostino {Sani') — Alberto {Sani') — Alfonso dei
Liguori (Sant') — Anarchia — Andrea {Sani')
— Antichità — Antonio {Sani') — Apostoli —
Barbara {Santa) — Benedetto {San) — Bonifacio
{San) — Bruno {San) — Calliope — Cccrlo Bor-
romeo {San) — Caterina d'Alessandria {Santa) —
Clio — Crist'ma {Santa) — Domenico di Cuzman
{San) — Empietà della terra — Erudizione — Fe-
de — Fiacre {San) — Francesco d'Assisi {San)
— Genoveffa {Santa) — Girolamo {San) — Gre-
gorio ilGrande {San) — Ignoranza — Legge —
Lorenzo {San) — Maddalena {Santa) — Medita-
zione — Padre Eterno — Paolo {San) Apostolo —
Pietro {San) — Predicatore — Preghiera — Re-
ligione — Saggezza — Scienza — Sibille — So-
litudine — Studioso — Teresa {Santa) — Tomma-
50 d'Aquino {San).
Lica.
Messo di cui Deianira si servì per mandare a Er-
cole la fatai camicia di Nesso, e che l'eroe, nel fu-
rore, lo prese per i cap>elli scaraventandolo nel ma-
re, dove divenne uno scoglio.
Licaone.
Avolo di Arcade, fu cangiato in lupo. Vedi Ar-
:ade.
Licenza.
Figura allegorica, che gli antichi raqspresentavano
otto l'aspetto di donna con una veste a vari colori,
n cui era involta una gazzQ.
— 570 —
Lichene,
Vegetale che vive per Io più sui tronchi degli al-
beri edelle rocce. Vedi Solitudine.
Lieo. Vedi Megara.
Lieo.
Soprannome di Bacco, e significa Libero.
Ligia.
Una delle Sirene, da Ligus, dolce, argentina. El-
la si gettò in mare con le sue compagne, e il suo cor-
po fu portato presso Terina; oggi Nocera Calabre-
se.
Lillà. Vedi Siringa.
Lima. Vedi Accademia.
Limemtinio.
Dio che presiedeva al limitare, o soglia della
porta.
Lince.
Animale che secondo la favola, venne dotato
d'una vista tanto acuta e prodigiosa da passare i
monti e i muri, per compenso di tale dono si volle
poi che fosse privo affatto di memorie. Secondo Pli-
nio, le gocce di orina della lince si trasformerebbero
in ambra, in rubini, in carbonchi; ma aggiunge che,
per un sentimento di gelosia avara, avrebbe cura di
nascondere le sue ricchezze. Vedi Lineo — Vista.
Linceo.
Uno dei cinquanta figli d'Egitto. Vedi Danao.
Lineo.
Re di Scitia, il quale si dimostrò ingrato a Trit-
tolemo mandato da Cerere a insegnargli l'agricoltura,
e voleva anzi farlo morire, ma Cerere lo cangiò in
lim?,
— 571 —
Lingua. Vedi Immondo — Mercurio — Sermone
— Silenzio — Sonno.
Lingua di bue. Vedi Cinoglossa.
Lino.
Pianta tessile utilissima. Vedi Benefattore — De-
stino — Veste di lino.
Lino.
Figlio della Musa Urania, e rallegrava dei suoi
canti le regioni d'Elicona. Alcuni vogliono che sia
la iJ^rsonificazione mitica di antico canto popolare
con cui si lamentava il perire della natura nella sta-
gione invernale, e chiamavasi appunto Uno. Lino in-
segnò la musica a Ercole, il quale essendo stato un
gioriK) acerbcunente rimproverato, gli schiacciò la te-
sta con la sua lira.
Liocorno.
Animale favoloso, al quale Plinio attribuisce la
testa di cervo, i piedi d'elefante, la coda di cin-
ghiale, la forma generale d'un cavallo, e sulla fron-
te im corno acuto e nero. Secondo lui, era la più
furiosa bestia del mondo. Gli scrittori nel medio evo
assolvendo il liocorno dalla taccia di furioso, gli fe-
cero dono di una virtù speciale, ed è quella di ama-
re la castità in modo che quando s'incontra in ima
fanciulla vergine, corre a lei, le posa il cap>o in seno
e si addormenta placidamente. Il suo corno fK)i è
dotato della meravigliosa facoltà di trasformare in
contravveleno tutte le acque di sorgente in cui esso
si immerga. Vedi Carro tirato da liocorni — Fede
— Fergfnf/ò.
Lira.
Strumento musicale dai poeti adoperato come sim-
— 572 —

bolo dei loro versi. In mano d'Apollo, come Dio


delle Muse, rappresenta il canto e la poesia, è imma-
gine anche della civiltà nascente, perchè le prime leg-
gi e le prime istituzioni furono espressi in versi. Can-
to e poesia dovevano nel tempo stesso addolcire i
costumi selvatici delle prime età. Vedi Amore
— Apollo — Armonia — Concordia — Dottrina
— Erato — Mercurio — Musica — Orfeo —
Tersicore — Udito.
Liriope.
Ninfa, figHa dell'Oceano e di Teli, e madre di
Narciso. Fu cangiata in fonte, in cui specchiatosi
Narciso, s'innamorò di se stesso. Vedi Narciso.
Lissa.
Alcuni antichi scrittori, alle Furie, ne aggiunse-
ro una quarta, chiamata appunto Lissa, il cui no-
me significa rabbia. Ella aveva l'incarico di far ar-
rabbiare imortali e perdere il senno. Rappresenta-
si col capo cinto di serpenti, e con una sferza in
mano.
Lite.
Due donne che si battono.
Litigioso.
Uomo con un bastone nelle mani. Uomo con due
cani sulle spalle. Uomo che tiene un coltello alzato.
Uomo che lancia un sasso con la fionda. Uomo con
un ramo di lauro in mano. Nel porto d'Amico esi-
steva un lauro chiamato bebrico, e chi ne avesse stac-
cato un ramo, dimostrava che voleva litigare, finche
non l'avesse gettato via. Uomo con la lesta di ca-
ne, con una mano stesa verso l'alto, e nell'altra tiene
un bastone.
- 573 -
Lituo.
Credesi che questa parola sia etrusca, e che signi-
fichi uncinato. Presso i Latini la parola lituus aveva
due significati. Prinùeramente così chiamavasi il ba-
stone piegato a uso uncino portato dagli auguri, col
quale essi dividevano in regioni Veslensione del cie-
lo quando facevano i loro indovinamenti ; le quali
regioni erano sedici secondo la dottrina eirusca, e
quattro secondo il rito romano. Cicerone descrive il
lituo: bastone incurvato in cima come un becco e
più grosso dell'incurvatura. Tito Livio ci ha lasciato
la descrizione dell'uso che facevasi del lituo all'e-
lezione del secondo re di Roma, u Si fece venire un
indovino, che prese il bastone con la mano destra e
si collocò a sinistra del principe. Eùgli osservò dap-
prima l'aspetto della città e del campo, pregò gli
Dei, e indicando l'oriente e l'occidente, si voltò ver-
so l'oriente, per aver il mezzogiorno a dritta e il set-
tentrione a manca ; dopo di che prese il lituo con la
mano sinistra, pose la destra sulla testa del principe
e fece questa preghiera: Padre Giove, se l'equità
doméuida che Numa Pompilio di cui tocco la testa,
sia re dei Romani, fate che ne abbiano segni evi-
denti nella divisione che io faccio ».
Liuto.
Strumento musicale in gran voga nel medio evo.
Vedi Musica.
Lobelia.
Erba perenne coltivata nei giardini e che contie-
ne un sugo acre, velenoso. Vedi Afalevolenza.
Locusta.
Questi insetti, chiamati anche cavallette, dove ca-
pitano instorme, devastano intere contrade. Vedi Ca-
— 574 —

restia — Fame — Giovanni Battista {San) —


Temperanza.
Locusta di mare. Vedi Aragosta.
Loglio.
Erba maligna che trovasi frequentemente nei se-
minati. Vedi Cattivi costumi.
Loke.
Divinità malefica, che fra gli Dei del Nord so-
stiene nel tempo stesso la parte di Momo e di Ari-
mane. Questo Dio è figlio del gigante Fardante e
di Lanseya; i suoi due fratelli chiamavansi Bilci-
ster e Helblinda {la ricca Morte). Bello e ben fatto
di persona, egli ha lo spirito perverso, leggero, inco-
stante, e nella scienza della furberia e della perfìdia
egli superava tutti gli uomini. Ha sovente esposti gli
Dei ai più gran pericoli, dai quali poi li ha tratti,
mediante i suoi artifizi. Da questa viziosa qualità egli
ebbe i soprannomi di calunniatore degli Dei, fabbro
d'inganni, obbrobrio degli uomini e degli Dei, quello
che gl'inganni, ecc. Sua moglie chiamiavasi Signia;
egli ebbe da lei Nare e alcuni altri figli. Ha avuto
anche tre altri figli dalla gigantessa Angerboda, mes-
saggera dell'infortunio; l'uno è il lupo Fenris, il se-
condo èil gran serpente di Mitgard, e il terzo chia-
mavasi Hela {la Morte). Il padre universale, pre-
vedendo ilmale che questi figli, allevati nei paesi
dei giganti, dovevano cagionare agli Dei, li fece con-
durre presso di se, e gettò il serpente nel fondo del
gran mare; ma quel mostro si accrebbe in tal gui-
sa, che dal fondo delle acque cinse tutto l'intero glo-
bo della terra, potendosi mordere da se medesimo
l'estremità della coda. Dopo aver con diverse asta-
— 575

zie e con diverse trasformazioni tentato di sottrarsi


alla vendetta degli E>ei, Loke si cangiò in salmone,
e lanciasi sopra la rete tesa nel fiume ove egli è
naiscosto. ma Ther lo afferra p)er la coda, ed è questa
la ragione p)er cui i salmoni hanno p>oi avuta la co-
da così piccola. Gli Dei, padroni di Loke, lo lega-
no a tre acute pietre, l'una delle quali gli preme le
spalle, l'altra le coste e la terza i garetti. Skada so-
spende sul suo capK) un serp>ente, il cui veleno a goc-
cia a goccia gli cade sul volto. Quantunque Signia, sua
moglie, gli sta seduta accanto, e riceve quelle gocce
in un catino, che va poi a vuotare quéuido è pieno.
Durante questo intervallo, il veleno cade sc^ra Lo-
ke, e lo fa urlare e fremere con tanta forza, che
ne è scossa tutta la terra, fenomeno al quale gli uo-
mini danno il nome di lerremolo. Resterà egli legato
fino al giorno delle tenebre; giorno in cui deve es-
sere, per mano degli Dei, sciolto dalle sue catene e
allora sarà rinnovato l'uraverso.
Longevità.
Cervo con le corna molto rcunose. E' noto che
ogni anno, dopo una certa età, le corna del cervo ac-
quistano un nuovo rauno; e gli Egiziani credevano
che quest'animale raggiungesse l'età di trecento anni.
Lonioera caprifoglio.
Bella pléinta chiamata volgarmente braccicdonne,
che si arrampica sui sostegni che le si dà, e rica-
dendo in ghirlande assai piacevoli per il loro asf>etto;
non meno per la vcighezza e per il profumo dei suoi
fiori. Vedi Legame d'amore.
Lontano da Dìo.
Asino davanti a un uomo inginocchiato, con un
coltello da sacrifizio in mano, ma con le mani le-
- 576 -

gate di dietro. Allegoria degli Egiziani, i quali rite-


nevano l'asino talmente immondo, da paragonarlo
al diavolo. Inoltre lo avevano in odio per il suo co-
lore grigio, colore che, nei sacrifizi divini, era abor-
rito.
Lontra.
Dice&i che le parti anteriori di quest'animale si
mangiassero per carne nei giorni di grasso, e quelle
posteriori per pesce nei giorni di magro, nei quali, la ;
Chiesa stessa, anche oggigiorno permette di man-
giare la lontra. Vedii Pena della lascivia.
Loppo. Vedi Acero campestre.
Loquacità.
Animali: Cazza, che i senesi chiamano scolla, e
la bassa plebe usa chiamare scolte i cicaloni. Que
st'uccello fu consacrato a Bacco, appunto per il suo
troppo parlare. Pappagallo. — Vegetali: Canna
palustre (vedi Canneto).
Loquacità disprezzata.
Elefante e porco, con cui gli Egiziani raffigura-
vano gli uomini loquaci disprezzati e fuggiti da qual-
che re; perchè si voleva che l'elefante fuggisse uden-
do il grugnito del maiale. Raccontasi che i Mega-
resi spinsero dei porci coperti di pece accesa contro
gli elefanti di Antipatro, mettendoli cosi in fuga.
Loquacità punita.
Cicala, dal cui canto stridulo nacque il detto: Non
grattar il ventre alla cicala; quale ammonimento a
un ciarlone dì reprimere la sua loquacità e presun-
zione; altrimenti continuando nel voler dire tutto ciò
che vuole, con parola o atto potrebbe suscitare l'im-
pazienza di chi l'ascolta, procurandosi un rimbecco
— 577 -
di cui potrebbe pentirsene. Se mal dirai, maggior
mal sentirai, dice Elsiodo.
Lorenzo (San)
Diacono e martire della Chiesa romana. — Bor-
sa, ricordéuido l'elemosina che faceva. Croce, per
essere stato porta-croce del papa. Evangelario. Ora-
ticola, su cui fu abbruciato vivo. Libro. Vasi sacri,
che il Santo vendeva per soccorrere i poveri, quan-
tunque affidatigli HI custodia.
Loto.
Il loto degli antichi era una specie di ninfea {nin-
fea loto) comune nel Nilo e nelle acque lentamente
scorrenti nell'Egitto; e quantunque fosse tenuto m
venerazione per una misteriosa relazione che gli E-
gizÌ2mi supponevano esservi fra l'astro che adoravano
e questa pianta, i cui fiori sorgono fuori dall'acqua
al levare del sole, e vi si tuffano al suo tramonto;
non deve però essere confuso col loto sacro a Iside e
a Osiride, che è il nejumhio. Vedi Driope — Elo-
quenza.
Lotta.
Callo, animale focoso sempre pronto alla lotta. I
Greci incitavano i galli alla lotta cibandoli d'olio;
e si vuole che i galli più battaglieri fossero quelli del-
l'isola di Rodi.
Lottatore.
Ampolla, emblema dei lottatori antichi, come ri-
sulta da diversi monumenti di quei tempi, e special-
mente da un'inscrizione greca p>osta ai piedi di una
statua di lottatore che dice: Egli è morto e non ha
portalo seco da questo mondo se non un ampolla J*o-
lio. Si noti che i lottatori usano ungersi il corpo.
37 — G, Ronchetti.
- 578 —

per aspargerlo p)oi di sabbia o di polvere, aftinché


potessero agguantarsi saldamente gli uni cigli altri.
Luca (San).
Uno dei quattro evangelisti. Secondo un'antica
tradizione, questo santo, oltre a essere stato medico,
era pittore e avrebbe eseguito un ritratto della Ver-
gine, che si trova a Roma in S. Maria Maggiore.
— Bue alato, perchè nei suoi scritti tratta dell'ufficio
sacerdotale, come dinota il bue, adoperato a vittima
nei sacrifizi. Cassetta d'unguenti, emblema della me-
dicina.
Luce. Vedi Gregorio il Grande {San).
Luce della Chiesa.
Cero pasquale.
Lucerna.
Lume generalmente d'ottone, formato di un'asta
con un anello in cima e sorretta, per base, da una
specie di piatto, con un vasetto per mettervi olio,
a due o più beccucci. Vedi Anima e vita — Dottori
— Minerva — Splendore del nome — Studi not-
turni.
Lucia (Santa).
Vergine e martire. — Bue. Alla Santa, legata
strettamente con funi, oltre a molti uomini, furono
attaccati due buoi, per trascinarla in luogo infame, ma
senza poterla smuovere. Corone, tre, ricordando la
sua nascita, la sua verginità e il suo martirio. Occhi
su un piatto, che le furono strappati. Pugnale, con
cui le fu passata la gola da una parte all'altra. Rogo.
Lucina. '
Nome che si dà, ora a Giunone, ora a Diana,
quando queste Dee presiedono al parlo delle donne
- 579 -

e alla nascita dei bambini; la parola viene da lux,


perchè l'uomo nascendo vede la luce. Diana o la Lu-
na è Lucina, percliè gli aiitichi credevano che la lu-
na influisse sul tempo della gravidanza, sui parti e
su certe malattie delle donne; ma più comunemente
si dava il titolo di Lucina a Giunone. Nel medio evo,
quando talvolta il cristianesimo si mescolava alle cre-
denze pagane, non era più una divinità, ma una stel-
la, una costellazione, un pianeta che versava il suo
lume prospero o avverso. Riguardo all'immagine di
questa Dea, dicesi che nell'Acaia esistesse un tempio
molto antico in cui trovavasi una statua tutta di legno
meno la faccia, la quale sembrava rappresentasse Lu-
cina, con le mani e i piedi di marmo, e la copriva
un velo sottile di lino, lasciando jjerò scoperte le par-
ti di pietra. Una delle mani era stesa; mentre nell'al-
tra teneva una fiaccola ardente; attributo quale Dea
apportatrice di luoe ai né^centi, e ai quali porgeva
aiuto a uscire dal grembo materno. Perciò i Greci le
mettevano in capo una corona di origano dittamo, er-
ba che, secondo la credenza, posta sotto le donne
partorienti giovasse loro assai. Inoltre gli antichi met-
tevano aLucina im arco in mano, simbolo dei dolori
che accompagnano il parto. Vedi Giunone Lucina.
Luglio.
Mese consacrato a Giove. Personificato gli si dan-
no capelli rossi; simbolo del calore di questo mese;
e coronandolo di spighe mature. Il medio evo lo rap-
presentava con uomini mezzi nudi, col cappello di
paglia in testa, alcuni falciando, altri affilando la
falciola. — Falciola. Spighe, due, o due fascetti di
spighe, che si attraversano. Vedi Zodiaco.
— 580 -
Luigi (San).
Re di Francia. — Bandiera, perchè intraprese la
sesta crociata. Cappella santa, monumento che eresse
a Parigi per riporvi le reliquie portate dall'Oriente.
Chiodi, tre, della Passione. Corona di spine della pas-
sione,che
' portò dall'Oriente. Quercia, sotto cui il
Santo rendeva giustizia. Scudo, con le armi di Fran-
cia.
Luigi Gonzaga (San).
Gesuita. — Corona ai piedi, rammentando che
egli sprezzò gli onori. Cotta, che indossava nelle sue
funzioni. Disciplina, con cui si mortificava. Giglio,
emblema di verginità.
Luna.
Astro. Rappresenta Yinfanzia. — Animali: Bab.
buino. Sì voleva che nell'ora in cui la luna, congiun-
gendosi col sole, si fa invisibile, al babbuino maschio
mancasse contemporaneamente la luce degli occhi, ne
in quel tempo mangiasse, anzi dolente stesse accovac-
ciato a terra, quasi gemendo per la scomparsa della
luna. La femmina poi, oltre agli stessi sintomi spar-
geva sangue dalla natura. E dicesi che la cagione
principale per cui igli Egiziani allevavano nei templi
i babbuini, fosse appunto per conoscere con sicurez-j
za la congiunzione del sole con la luna. Gatto, moI^|
to adorato dagli Egiziani, quale simbolo principale"
della luna, per essere avversario degli animali pro-
tetti dal Sole, come sarebbe il topo. — Vegetali:
Cipolla, perchè, tagliata in mezzo, mostra le varie fa-
si della luna, oppure perchè, secondo Plutarco, la ci-
polla acquista nuovamente il sugo, e cresce di ma-
no in mano che diminuisce la luna, e, all'opposto.
- 581 —
crescendo la luna si secca, come se del suo proprio
corpo si nutrisse. — Diversi: Argento, allusione alla
sua luce pallida, argentina. Vedi Eternità — Maria
Vergine — Materia e forma — Mezzaluna — Na-
tura umana — Notte — Sciocchezza.
Luna.
Così chiamavasi Diana in cielo. Rappresentasi con
le braccia bianche, la testa leggiadramente ricciuta e
ornata di un diadema di raggi, sorgente dalle onde
dell'Oceano su un carro tirato da due cavalli bianchit
o uno nero e l'altro bianco; perchè la luna si vede di
notte e di giorno. Fidia la figurò come una donna a
cavallo. Si dice che nel tempio di Giunone Olimpia
esistesse un'effigie della Luna con le ali, la quale te-
neva una pamtera con la mano destra e con la sini-
stra un leone. E si vuole che le ali fossero simbolo
del rapido corso della luna intorno alla terra, la pan-
tera rappresentasse le varie sue fcisi, e il leone, la
forza del sole, da cui essa s'illumina. La luna, per
attributo, ha la mezzaluna in testa, di cui la parte
posteriore è generalmente velata; e porta una fiacco-
la in mano. — Giovenca. Lauro. Papavero. Consa-
crati alla Luna. Vedi Iside.
Lunaria.
Il frutto di questa pianta giunto a maturità pre-
senta una forma quasi rotonda, la cui grandezza e il
colore bianco risplendente rammentano lo monete di
argento, per cui chiéimasi volgarmente erba moneta-
ria 0 argentina, o moneta del papa. Vedi Cattivo de-
bitore — Dimenticanza.
Lunette.
Specie di mezzelune d'oro, d'argento o d'avorio,
- 582 -

che
alle servivano d'ornamento
matrone romane. e distinzione ai patrizi e
Vedi Nobiltà.
Luno.
Dicesi che gli Egiziani, quantunque ritenessero
la Luna come Dea femminile, nei loro misteri l'invo-
cavano però come un Dio. E i Parsi adoravano il
Dio Luno con le corna, nei cui sacrifici gli uomini
vestivansi da donna e le donne d'uomo.
Lupercok
Antica deità italiana, adorata dai pastori come
protettrice delle loro greggi contro i lupi, e nello stes-
so tempo come promotrice di fecondità nelle pecore,
di che fu chiamata Inuus. Luperco era una divinità
simile al Fauno. Rappresentavasi coperto d'una pel-
le di capra, come Io erano i suoi sacerdoti chiamati
Luperci. Le sue feste si celebravano ogni anno al 1 5 di
febbraio nel Lupercale, dove, secondo la tradizione,
Romolo e Remo erano stati nutriti dalla lupa, e
dove erano un altare e un bosco sacro al nume. Qui-
vi in quel giorno radunavansi i Luperci, sacrificava-
no becchi e cagnolini, animali notevoli per forte istin-
to sessuale, e (juindi meglio adatti a essere offerti al
nume della fecondità. Menavansi poi due giovani di
nobile nascita ai Luperci, e uno di questi toccava lo-
ro la fronte con una spada intinta nel sangue delle
vittime ; altri ne asciugava le macchie con la lana
intrisa nel latte. A tale cerimonia i due giovani erano
obbligati a prorompere in uno scroscio di risa. Que-
sta cerimonia era probabilmente una purificazione sim-
bolica dei pastori. Terminato il sacrificio, i Luperci
sedevano a un pasto, durante il quale veniva loro som-
ministrato vino in grande abbondanza. Essi taglia-
- 5Ò3 -
vano poi le pelli di becchi, che avevano sacrificato,
in pezTÌ, con alcuni dei quali coprivansi alcune parti
del corpo, a imitazione del Dio Luperco, che era
mezzo nudo e mezzo coperto da una p>elle di capra.
Gli altri pezzi venivano tagliati a foggia di corregge,
e con queste in mano correvano pei le strade della
città, toccando le donne, che uscivano anche volonta-
riamente a tal fine, perchè credevano che tale ceri-
monia le rendesse feconde e procurasse loro facili
parti. Questo loro correre attorno con corregge di pel-
le caprina era una purificazione simbolica della ter-
ra, e il toccare le persone una purificazione degli uo-
mini.

Lupa. Vedi Prestezza — Presunzione delle mere-


trìci — • Prosperità — Roma.
Lupino.
I semi di questa pianta formavano l'alimento più
comune dei filosofi greci, e più particolarmente de:
cinici. Vedi Immaginazione — Industrioso.
Lupo.
Gli antichi erano persuaisi che gli uomini si tra-
sformassero inlupi, e questo avveniva specialmente
agli Arcadi, condotti al di là di una certa palude, i
quali, trasformati in lupi, se per nove anni si fossero
astenuti dal mangiar carne umana, nel decimo anno
ritornavano uomini, ma invecchiati di dieci anni. I-
noltre una volta credevaisi che il muso del lupo con-
ficcato davanti alle porte delle case, avesse il potere
di allontanare gli incantesimi e le malie. Vedi
Apollo — Augurio di morte — Avarizia — Citta-
- 504 -*

dino oppresso dal forestiero — Discordia — Dub-


bioso — Edmondo {Sant) — Fatto più potente dal-
l'avversità — Forestiero — Golosità — Licaone —
Marte — Pestilenza — Presunzione delle meritricì
— Rapacità — Rapina — Ritirata sicura — Sa-
cerdoti dìMarte — Sconciamento — Timore vano,
Lusinghe.
Rame.
Lussuria.
Animali: Cavallo. Leggesi che gli antichi chiama-
vano ippobino (da hippos, cavallo) un uomo eccessi*
vamente libidinoso, e che quando volevano tacciare
qualcuno di estrema lascivia e smisurata lussuria, so-
levano usare il soprannome di ippopornone, cioè stal-
lone. Anche Esichio Gerosolimitano chiamò i forni-
catori stalloni. Un profeta diede all'uomo la voce di
cavallo, per indicare in lui la lussuria simile a quel-
la di questo animale. Coccodrillo, che gli Egizia-
ni ritenevano animale fecondissimo e talmente libidi-
noso da credere che i denti della sua mascella destra
legati al braccio destro, incitassero e spingessero alla
lussuria. Inoltre volevasi che il muso e i piedi del
coccodrillo messi nel vino bianco, e così bevuto, a-
vresse la virtù d'infiammare nella lascivia. Colomba.
Allusione alla lussuria di Semiramide, la quale dice-
si allevata da una colomba, e poi in colomba trasfor-
mata, e sotto questa forma adorata dagh Assiri. Si
vuole che questa regina fosse stata talmente invasa
dalla libidine, che, oltre a darsi ai pastori e ai re,

4
s'innamorasse di un cavallo. Callo. Narrasi che Livia,
incinta, per sapere se avesse dato alla luce un ma-
^ 585 -

Schio, tolse un uovo a una gallina che covava, il qua-


le ora con le proprie mani, ora con quelle delle sue
dame di corte, veniva scaldato, finche nacque il pul-
cino, che, non solo predisse il sesso di Tiberio, ma
anche la sua libidine e disonestà, per cui fu poi fa-
mosissimo. Montone, che si trova raffigurato in
diversi monumenti quale emblema di libidine. E ciò
lo dimostrerebbe il montone fra i piedi di una leones-
sa, posto sul sepolcro di Laide, davanti alla città
di Corinto, come simbolo della libidine di quella
meritrice. Inoltre, a Elide, nel tempio di Venere
Pandemia (Dea delle cortigiane) esisteva la sta-
tua di questa Dea seduta sopra un montone. Perni-
ce. Dicesi che quest'uccello sia talmente desideroso
della femmina e invaso da tal furore libidinoso, che
talora il maschio romp>e le uova, che la femmina
cova, affinchè nel covare non sia trattenuta e impe-
dita dal congiungersi con luL Porco. I Greci tras-
sero dalla parola porco un verbo corri^)ondente al-
la lussuria, che significa sottomettere il corp>o a diso-
nesto e abominevole guadagno; inoltre, col nome di
porco, denotavcino la natura della donna. — Vege-
tali: Fiori, specialmente rossi. — Diversi: Aleito-
ria, pietra che gli antichi credevano si formasse nel
fegato del gallo veccliio. Cofano, pieno di gioie.
Mare, per la sua acqua salata; e che gli Egiziani
evitavano con la massima cura attribuendogli la pro-
prietà d'incitare alla lussuria. Aristotile dice che se
i topi rosicchiano il sale, diventano pregni. Vene-
re sorse dal mare. Il passo della Bibbia che dice
aver il fiume Giordano volto il corso indietro verso
U fonte, secMido S. Ambrogio, significherebbe che
- 566 -

la mollezza dell'ammo dopo il corso verso il mare


della lascivia, ritornò verso la sorgente, cioè a Dio.
Vedi Freno alla lussuria.

Lussuria feconda di figli.


Pirgite italico, allusione a un uomo lussurioso mol-
to prolifico; perchè si vuole che questo passero, per
abbondanza di seme, che lo eccita oltre modo alla
Ivtó&tiria, monta la femmina fino a sette volte in un
giorno, senza esaurirsi. Ciò che suggerì ai medici
antichi di far mangiare i passeri, e le loro uova, per
rinvigorire la debolezza virile. Il carro di Venere
era tirato da passeri.
Lutto.
Questa manifestazione di dolore, ha variato se-
condo itempi e luoghi. Gli Israeliti, alla morte dei
genitori e degli amici, si laceravano gli abiti, si co-
privano ilcapo con cenere e polvere, andavano scal-
zi e coperti di cilicio, dormivano a terra, si batte-
vano ilpetto, si radevano il capo e si strappavano i
capelli e la barba. Gli Egiziani compivano le slesse
pratiche, e, inoltre, si radevano le sopracciglia. Pres-
so i Greci, gli uomini si lasciavano crescere i capel-
li, e le donne li radevano. I Romani esternavano il
lutto astenendosi dai giuochi e dalle feste, in portar
abiti neri, barba incolta, ecc., e le donne pK>rtav^o_
una gramaglia bruna. Ma sotto gli imp>eratori quel
l'uso subì
rono il un vestite
lutto totale di
cambiamento, e le donne
bianco. I Galli porta^
non avevan<
abili da lutto, si radevano -il capo tutto intomo. —
Cenere — Cilicio — Grigio — Nero.
— 587 —

M.
W. Vedi Messemi
Ma. Vedi Tma.
Macareo.
Figlio di Eolo. Vedi Canace.
Macariau
Nome che i Greci davano alla Felicità. Era fi-
glia di Ercole e di Deianira. Quando Euristeo invase
l'Attica, un oracolo pr^nise agli Ateniesi la vitto-
ria, qualora uno dei figli d'Ercole si fosse sacrifi-
cato cigli Dei infernali. Appena sapiito ciò, Macaria
si tagliò la gola, sacrificandosi per la vittoria degli
Ateniesi, i quali perciò le eressero un tempio sotto
il nome di Endemonia, adorandola come apporta-
trice di vittoria e felicità; e le consacrarono anche la
fontana Maratona.
Macina.
Grande pietra rotonda, che serve a macinare.
Vedi Cristina (Santa) — Cristoforo {San) — Vec-
chio e nuovo Testamento — Vittore (San).
Maddalena (Santa) Maria.
Peccatrice per eccesso di amore carnale, diventata
santa per eccesso parimente di aunore, ma divino. —
Angeli, i quali, mentre faceva penitenza nel deserto,
la sollevavano in aria sette volte al giorno, e dopo
un'ora la riponevano a terra, cantando; e quando
morì, portarono la sua anima in cielo. Capigliatura,
con cui Maddalena asciugò i piedi al Redentore; e
che le servì per coprisi il corjx) nudo, quando si ri-
tirò dal mondo. Collana di gemme preziose, ricor-
- 588 -
dan<io la vita lussuriosa che conduceva prima della
sua conversione. Croce, davanti cui pregava. Diavoli,
sette, che Gesù Cristo scacciò dal di lei corpo. La-
grime, che sparse duréuite la sua penitenza in una
grotta. Libro, emblema della meditazione. Radici,
rammentando i suoi digiuni per mortificarsi. Specchio,
allusione alla di lei vita mondana. Testa di morto, su
cui meditava. Vaso contenente i profumi preziosi
che la Santa versò sui piedi di Cristo, dopo averli
bagnati di lagrime.
Madre- Vedi Rispetto alla madre.
Madre adottiva.
Sterpazzolo. Uccello che cova le uova deposte
dal cuculo nel suo nido, fa nascere i pulcini e li ciba
come se fossero suoi.
Maestà.
Fritellaria imperiale. Pianta d'aspetto maestoso. Ci-
glio ccxmune, per essere il suo fiore sp>es8o adottato
nelle armi gentilizie.
Maestà d'Impero.
Aquila, a cui, dice Orazio, Giove diede l'im-
pero sopra tutti gli uccelli vagabondi, e il Dio stes-
so la portava in cima al suo scettro. Inoltre si vuo-
le che l'aquila possegiga tutte le qualità proprie ai
costumi regali.
Maestà v sapienza del Salvatore.
Capelli bianchi. L'espressione dell'Apocalisse: ed
i capelli suoi erano candidi come la bianca lana,
sono l'emblema della maestà e sapienza, proprie del
Salvatore, che dall'inspirato apostolo veniva descrit-
to in visione con quei caratteristici tratti.
— 589 -

Maggio.
Mese presieduto da Apollo, mentre il primo mag-
gio è dedicato a Flora. Il medio evo lo rappresen-
tava portando dei fiori, e lo festeggiava col piantare
davanti alle case certi pali o piccoli arboscelli, con
sopravi qualche regalo, e cantando, ballando, una
canzone d'occasione detta maggiolata, che comincia:
Chi non è innamorato — Esca da questo ballo —
Che faria fallo a slare in si bel lato. Vasari raffigurò
questo mese in un grazioso giovinetto; posto in un
prato fiorito, con una ricca veste fino ai piedi, che da
un lato sventola; mettendogli in una mano dei fiori e
nell'altra delle piante odorose. Vedi Zodiaco.
IVIaggiorana. Vedi Origano.
Magnanimità.
Membro, che si trova scolpito in molte colonne e
obelischi, quale emblema di grandezza d'amimo e
di sentimenti elevati e generosi dell'uomo forte.
Magnolia a grandi fiori.
Magnifico albero sempre verde, coi fiori di un bian-
co puro e di soavissimo odore. Vedi Dignità.
Magnolia porporina.
Arboscello con le foglie d'un bel verde, e i fio-
ri per lo più solitari alla sommità dei rami, coi pe-
tali di un bel rosso porporino, internamente di un
bianco di latte. Vedi Pudore vergineo.
Magnolia precoce.
Pianta i cui fiori, assai numerosi, spuntamo alla pri-
mavera un po' prima delle foglie. Vedi Ansietà.
Mala.
La maggiore e la più bella delle sette Pleiadi, fi-
— 590 —

glie d'Atlante. Giove l'amò, e da lei ebbe Mercurio.


Nutrì anche Arcante, ciò che dispiacque talmente a
Giunone, che l'avrebbe molto perseguitata, se Gio-
ve non l'avesse cangiata in stella.
PVIalacohia.
Profeta. Vedi Profeti.
Mala-Fama.
Venne personificata in un mostro orribile, con tan-
ti occhi, orecchie e lingue, quante penne aveva nelle
ali, che Virgilio finge essere nere.
Maia- Fortuna
Rappresentasi sotto l'aspetto di giovane spensie-
rata, coi capelli sparsi al vento, sopra una palla in atto
di non saper dove andare, e con un timone in mano.
Malattia.
Anemone dei prati. In certi paesi credesi che que-
sto fiore sia dotato di un'azione tanto malefica da
avvelenare il vento che passa sopra di esso, e coloro
che lo respirassero fossero colti da malattie più tre-
mende. Stella. Secondo Ippocrate, il più gran me-
dico dell'antichità, sognando di vedere delle stelle
che cadono in mare o in terra, e spariscono, è indi-
zio di gravi malattie; mentre è segno di sanità se
corrono luminose e verso l'Oriente. — Vedi Inferno
dei poeti (Sackeville).
Maldicente.
Porpora, mollusco, con fuori la lingua, la quale
dicesi essere così acuta e forte da forare le conchi-
glie chiuse. Similitudine evidentissima.
Maldicenza.
Animali: Vipera, rettile velenoso. E' popolaris-
sima l'espressione: lingua di vipera, per denotare i
— 591 -

maMicentì. — Vegetali: Ranuncolo acre. — Di-


versi: Torcia, emblema della discordia, che trasci-
na alla maldicenza. Velo, perchè nasconde la ve-
rità.
Male. Vedi Bene circondato dal male — Provoca-
zione al malfare.
Male derivato da buoni principii.
Ibis che divora un basilisco. Gli cuitichi volevano
che il basilisco nascesse da un uovo d'ibis, uccello
ritenuto voracissimo, il quale, trangugiando ogni spe-
cie di serpenti velenosi, producesse le uova piene di
veleno, dalle quali nascesse l'animale tanto pernicioso e
cattivo, che è il basilisco. Quantunque gli Egiziani
avessero per l'ibis una gran venerazione, tuttavia
quando trovavamo le sue uova le romF>evano, per evi-
tare che nascesse il basilisco.
Malevolenza.
Lobelia. Pianta che contiwie un succo acrissimo.
Malia.
Circea. Piamta celebre nelle invocazioni magiche.
Malignità.
Quaglia. Dicesi che quest'uccello, quando trova
una sorgente d'acqua limpida, dopo aver bevuto,
'intorbida col becco e le zamjje, e cerca <E renderla
"angosa gettandovi dentro la terra, affinchè non sia
wvuta da altri animali. Donde, per questo suo ì-
dnto maligno, malizioso e iirvidioso, la quaglia di-
enne simbolo di persona maligna. Ezechiele, rimpro-
'erando tale cattiveria, dice: E poiché Vacqua pu-
ìssima bevuto avete, il restante coi vostri piedi intof'
ìdaie ?
_ 592 -

Malinconia

Wero. Piombo.
conica stagione nebbiosa.

""Sr ra'a U.ri tto. i c ,a .su uno s.aUUo.


s«auo
M a l i n c o n
appoggiato

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del med^l evo.^wòria'X
io ?^ figura nei n,.o.n«,

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Un'antica - favola
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"-°" \^^f ^ A^sandro il
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giorno sparse ovunque la
Srande,'che vantava e^ere -"J^^re' Sia ."«
*" '"'^^'° ^L^ttli UTI o;ti::ione, e ce.

te Tolomeo, re d'Egitto volendo, come a co^

o del loro -agg» e pr •


tZ. Confidarono lo scop per guardia e difesa
dendolo in comp agni a,
- 593 -

1 malandrini. Ora avendo egli saputo del danaro, dis-


se che anche lui possedeva una certa quantità di
monete, che aveva seco per le spese di visiggio, ma
non essendo abituato a portare pesi, gli davano mol-
to fastidio. Perciò li pregava di aggiungerle al loro
carico, che, ripartite, riuscirebbero di poco peso per
ciascuno. Accettarono gli altri cortesemente, e aven-
do fra loro diviso quelle sue monete, che erano po-
chissime, ognuno le mescolò con le altre nel proprio
sacco. E così seguendo il caunmino, pervennero nei
fertili campi dell'Asia, dove avendo il leone veduto
moltissimo bestiame, decise di fermarsi quivi un jx»'
di tempo, e fingendosi stanco, disse ai suoi compa-
gni d'aver bisogno di riposarsi per qualche giorno, e
richiese le monete che diede loro in custodia; gti
altri allora aprirono subito i sacchi, invitandolo a
prendersi tutto quanto era di suo. Il leene, scorgendo
nei sacchi gran numero di monete dello stesso co-
nio delle sue, mandando un gran ruggito di conten-
tezza, esclamò: ogni mia moneta ne partorì molte,
e così prese tutte quelle che erano fatte come le sue,
e per sue se le tenne. Ramarro, alludendo alle burle
di Aba (vedi) fatte a Cerere.
Malizia innocua-
Scorpione sommerso nell'acqua, che, come anche
i serpenti, quantunque all'asciutto possono far del ma-
le, nell'acqua, diventano incapaci di nuocere.
Malva.
Pianta dotata di proprietà emoliente, usata in me-
dicina come rinfrescante. L'etimologia di malva, de-

I
riva dal greco addolcisco, ammollisco. Vedi Dolcez-
za — Marìsuetudine.
38 — O. RoxcHHTn.
~- 594 "

Malvagità.
Citiso laburno. Nero. Seppia, perchè sparge un
umore nero, colore di pessimo augurio, e ritenuto dai
Romani come simbolo dei costumi infami e dannosi.
Solevano dire: Negro è costui, Roman da lui ti guar-
di. Vedi Cattiveria.
Malvagità servile.
Cappello, Presso gli antichi, quando un padrone
metteva in testa il cappello a un servo che voleva
vendere, era questo un eegno che costui era poltrone,
vile, tristo e malvagio, e che il padrone, vendendolo,
non garaintiva di lui nulla di buono, liberandosi d'o-
gni obbligo, che potesse costringerlo a riprenderlo.
Malvone. Vedi Altea.
Mammelle. Vedi Artemide Efesiaca — Cateri-
na d'Alessandria {Santa) — Iside — Natura.
Mammelle tagliate. Vedi Barbara {Santa).
Mammola.
Nome italiano della viola odorata. Comunissima
nelle boscaglie e nelle siepi, dove fiorisce di prima-
vera. Vedi Candore — Modestia — Umiltà.
Mammone.
Parola caldaica, significante ricchezza o ricchez-
ze, come rilevasi dall'Evangelo di S. Luca; ma ado-
perata anche da Gesù Cristo come una personifica-
zione del Dio della ricchezza: Voi non potete ser-
vire Dio e Mammone.
Manasse.
Re di Giuda, figHo di Ezecliia; il quale, dopo a-
ver fatto uccidere il profeta Isaia, si fece fare una
statua con cinque teste, per mostrare ch'egli preve-
- 595 —

deva molte più cose che i profeti, benché fossero chia-


mati chiaroveggenti.
Mancinella.
Albero di bell'aspetto, celebre per le sue proprie-
tà velenose, e il cui frutto maturo emana un odore
di limone che invita a coglierlo. Vedi Falsila.
Mandorla. Vedi Frutto della continenza.
Mandorlo.
Albero dai rami gracili, fiori solitari bianchi o leg-
germente rossi. Vedi Aronne — Fillìde — Vec-
chiezza.
Mandragora-
Pianta assai narcotica. Dicesi che gli antichi me-
dici facessero inghiottire un'infusione vinosa di man-
dragora agli ammalati sui quali si doveva praticare
l'arr^utazione di qualche membro, e che con questo
cadessero in istato di toipore che li rendevano insen-
sibili al dolore. La mandragora era ritenuta dotata
di senso e gemente quando la si schiantava, ed era
prova di coraggio sradicarla. Alcuni scrittori di cose
antiche pretesero che questa picuita corrispondesse al
dudaim, di cui si parla nella Bibbia come di un gra-
to alimento che Rachele acquistò dalla sorella Lia a
prezzo delle carezze dello sp>oso. Vedi Allegrezza
— Delirio — Furore — Orrore.
Mani.
Ombre dei morti, i Geni tutelari delle case dove
avevano vissuto. Ai Mani consacravasi il cipresso, e
sui monumenti si vedono i medesimi ora in atto di
sostenere l'albero funesto, ora di abbatterlo a colpi
di accetta, perchè il cipresso reciso non germoglia
più, immagine della morte, la quale, colpiti una volta
_ 5% -

speranza di rinascere
che ci abbia, ci toglie ogni
come ult.mo termme
Il numero 9 era loro sacro,
della prima progressione numerica, ^r^^^^'^^^^l
anch esse, considera
del termine della vita. Le fave
alle porte mfernali, erano
te per la forma simile
era ad essi
parimenti a essi consacrate; insopportabile li Ponevano n
e
o strepito del ferro e del bronzo, del
gradita invece a vista
fuga- ma riusciva loro
rinchiudevano
uo'; e quindi tutti i popoli d'Italia
tombe. I ricchi lasciavano
U^p de quadrate entro le e mantenerl era
agli schiavi la cura di accenderle
n.orosamen^ pu-
delitto spegnerle, e le leggi romane
nivano coloro che avessero violato cosi ^.^ ^-"^^^^^^^^^
antichi i Man
sepolcro. Sopra alcuni monumenti palrn, o D
ono hiamat! Dn sacri e anche Dn
comune opinione nei
protettori della famigUa. Era moni in
i mani di coloro eh erano
tempi eroici, che di",
e tentassero
erra straniera andassero errando a ma-
vuole che
tornare al loro paese nativo. Si
/^-tti di Virgilio er
TcW alata rappresentata -; Mani, dei quali eg^
l'emblema delle Ombre o dei
sembrava inspirato. Vedi
aveva svelato i segreti e ne
Ombre.
Mani alzate. Vedi Preghiera.
Mani battute. Vedi Applauso.
Mani che si lavano. Vedi Innocenza.
Veò\ Servizio scamhevole.
Mani che si stringono.
e. Vedi Eloquenza.
Mani con le dita allargat
Mani in seno . Vedi Inerz ia.

i
.
Mani legate. Vedi Prigione
Man i stes e. Ved i Libe rali là.
— 397 —
Mani stese al cielo. Vedi Adorazione.

Mani tagliate. Vedi Giudice — speranza vana


— Tommaso {San).
Mania.
Antica e formidabile divinità italica, probabil-
mente etrusca, annoverata fra le infernali e conside-
rata dagli antichi madre dei Mani o Lari. Le feste
compitali (celebrate dagli schiavi e dai liberti, i qua-
li durante tutto il tempo della festa godevano di una
piena libertà) venivano celebrate in Roma per pro-
piziarsi questa Dea insieme coi lari, e siccome uh an-
tico oracolo aveva sentenziato che dovevano offrirsi
teste per teste, così dicesi che venissero immolati, nel-
la celebrazione di esse, alquanti ragazzi a benefizio
delle famiglie cui appartenevano. Il primo custode di
Roma Giunio Bruto abolì, questi esecrabili sacrifizi
di vittime umane, sostituendovi capi di agli e teste
di fantocci. Le immagni della terribile Dea venivano
appesenerealle porte delle case, con l'intendimento di te-
lontano ogni pericolo. Mania presso gli antichi
simboleggiava il terrore.
Mania.
Elleboro.
Manipolo.
Era presso i Romani lo stendardo o l'insegna di
una compagnia di soldati, che nei più antichi tempi
della storia romana si dice che fosse stato un pugno
o manata di fieno, infisso in un palo, e portato da-
vanti agli uomini; di che fu preservato un ricordo
nei tempi posteriori nella figura di una mano d'uomo
posta in cima all'insegna. Vedi Fascelto di fieno.
— 598 —
Manlpulari-
Calza, quale distintivo di un manipolo di fanti,
secondo Livio erano trenta, i quali seguivano un'in-
segna detta manipulus. Erano questi soggetti ai Cen-
turioni, e chiamavansi Caligati, cioè soldati della
calza.
Mano. Vedi Avarizia — Baciare la mano — Co-
mando — Concordia — Fede — Furio — Opera —
Patto — Porgere aiuto — Salutazione.
Mano alzata. Vedi Consenso — Desiderio di pace.
Mano col pollice verso terra. Vedi PoHice verso.
Mano con le dita strette in pugno. Vedi Dia-
lettica. I
Mano con sette dita. Vedi Decorazione militare.
Mano divina.
La mano divina che figura sui monumenti ha tre
caratteri diversi : 1 . essa è benedicente, o aperta
di due o tre dita (secondo la benedizione greca o
latina); 2. è datrice {allora lascia cadere dei raggi);
3. è datrice e raggiante nello stesso tempo. Si vede
anche posta su un nimbo, il quale è talvolta diviso
con braccia di croce. I primitivi cristiani indicano
la potenza dì Dio nelle Scritture con la parola
manus (mano per eccellenza); onde credesi che gli
artisti abbiano poi ricavato tale simbolo. Vedi Dio.
Mano posta sul cuore. Vedi Amicizia.
Mano senza pollice. Vedi Inabile alla haliaglia
Mano stretta In pugno. Vedi Dialettica.
Mano tagliata Vedi Tommaso {^Sajì^.
— 599 —
Mansuetudine.
Animali: Agnello, simbolo di persona pura, sem-
plice, estremamente mamsueta. Bue. la cui passività
è conosciutissima. Elefante, che addomesticato diven-
ta docile. Si vuole che quest'animale, cammincmdo
fra un branco di pecore, con la proboscide scansa
quelle che gli vengono incontro, per evitare di calpe-
starne qualcuna inavvertitamente: e che anche in pre-
da al suo massimo furore, nello stato selvatico, veden-
do un montone diventa mansueto e si addomestica.
Si vuole inoltre che quando nella solitudine dei boschi
trova un uomo smarrito, non solo non lo molesta,
ma gli fa da guida, mostrandogli la strada. — Vege-
tali: Malva. Olivo. Dicesi che le statue degli Dei
si facevano d'olivo, non per altro, che per amore del-
la mansuetudine; averjdo con ciò voluto significare
quella bontà, che è cosa propria agli Dei. Narrasi
che il sacro tronco d'olivo presso gli abitzmti di Mi-
leto, da se stesso abbruciasse quando essi infierivano
fra loro crudelmente. Dicesi zmche aver l'olio d'olivo
tamta potenza contro il furore, che versato sulle onde
agitate del mare furioso, faccia cessare la tem-
pesta.
Mantello.
Il mantello era emblema del cittadino greco. Ve-
di Giuseppe — Inverno — Martino {San).
Manto.
Vesta da sovrani che copre le spalle e avvolge
la persona. Vedi Colomba {Sonta) — Re — So-
vrano,
— 600 —

Marco (San).
Evangelista, discepolo di S. Pietro. — Animali:
Cavallo, il Santo venne trascinato per terra da un
cavallo furioso. Leone, emblema della maestà e la
forza del suo potere e la dignità regia. Simbolica-
mente S. Marco è rappresentato sotto forma di un
leone alato. — Diversi: Bastone, che servì per ac-
copparlo. Mazza ferrala, strumento del suo supplizio.
Marcamannì.
Gente di razza germanica, che spiegava la sua
attività alle frontiere delle contrade germanicne, ma
principalmente a quelle dove urtavano con le mili-
zie dei Romani o dei loro alleati. Avevano per in-
segna un serpente giallo dimezzato in uno scudo bian-
co, con l'ombelico d'oro; e fra i pezzi del serpente
figurava dipinta una lunetta gialla.
Mare.
Pesci, come emblema. Tridente, posto in mano a
Nettuno, secondo Plutarco, rappresenta la terza re-
gione dopo il fuoco. In tutte le medaglie il tridente
figura quale emblema del mare. Ventre, il quale con-
sumando ogni cosa, venne paragonato al mare che
riceve in se stesso tutti i fiumi. Anche gli spiegatori
dei sogni prendono il mare per il ventre. Vedi Im-
pero del mare — Impeto dei nemici — Lussuria —
Molestie — Perdimento — Purificazione.
Margherita (Santa).
Vergine e martire. — Cintura. Le donne incinte
si cingevano le reni con una cintura contenente qual-
che reliquia d,i questa Santa. Croce, con cui vinse
il demonio. Drago. Mentre Margherita era in pri
gione, pregò il cielo di farle vedere il diavolo. 1,
_ 601 —

tosto le apparve un enorme drago che spalancò la


bocca per divorarla; e la sua gola era talmente gran-
de che. allargando .la mascella superiore sopra la
testa della Santa, e la lingua sotto i piedi, l'inghiottì.
Ma prima che il mostro avesse potuto digerirla, ella
gli forò le viscere con la croce che aveva seco, li-
berandosi. Gregge, ritiratasi presso sua madre, cu-
i
stodiva montoni. Tino, in cui si 'tentò invanamente
di affogarla.
Margheritina dei prati. Vedi Bellide.
Maria Vergine.
Madre del Salvatore. — Animali: Agnello, em-
blema di dolcezza e purezza. Serpente. Dio, prima
di condannare Adamo ed Eva, rivolto al serpente
seduttore fulminò contro di esso la sua maledizione
dicendo: Io porrò una nemicizia eterna fra te e una
femmina, sicché ella ti schiaccerà la superba testa col
suo piede vittorioso, e tenterai mai di porre insidie
al suo calcagno. Questa donna, secondo i teologi, fu
Maria. Perciò talvolta viene rappresentata con un
serpente sotto i piedi. — Vegetali: Giglio, simbolo
speciale della sua purezza. Spesso è contornato di
spine, per indicare i dolori ch'ella dovette patire.
Olivo, emblema di pace. Palma, nella sua assunzione
sovente viene rappresentata con una palma in mano.
Rosaio, simboleggiando specialmente la maternità del-
la Vergine. — Diversi: Azzurro, colore del cielo,
emblema della grazia celeste, divina. B'.anco, colore
dedicatole. Cintura, simbolo di verginità. Corona di
stelle. Luna. La Vergine viene rappresentata poggia-
ta su un arco di luna crescente e coronata di sette
stelle. Nimbo. Vedi Alfonso dei Liguori (Sani') —
— 602 —

Bernardo ^San) — Coletta {Santa) — Domenico di


Cuiman {San) — Giovanni Evangelista {San).
Marito di donna adultera. *
Becco. Gli antichi chiamavano i bastardi figli di
capra, perchè non si aveva certezza del padre.
Marito economo e moglie prodiga-
Un uomo che intreccia una corda di giunchi, die-
tro al quale un asino di mano in mano rode tutto
quanto l'uomo tesse. Allegoria attribuita a PoHgno-
to, per rappresentare un uomo che con indefesso la-
voro e industria guadagna molto; mentre, all'opposto,
sua moglie, prodiga, sciupa i di lui risparmi.
Marmotta.
Al principio d'ottobre questo animale si ritira in
tane sotterranee e vi rimane addormentato fino all'a-
prile. Vedi Sonno.
M arsi a.
Figlio di lagnide. Alcuni lo fanno un pastore e
altri un contadino. Si racconta che Minerva, mentre
Buonava il flauto, avendo veduto nell'acqua le pro-
prie fattezze contorte, gettò sdegnata lo strumento, il
quale fu raccolto da Marsia, che suonandolo, es-
sendo pieno del fiato della Dea, ne cavò naturai-
mente suoni dolcissimi. Di ciò inorgoglito Marsia,
si affrettò a sfidare Apollo a musicale gara, a condi-
zione che il vincitore farebbe del vinto ciò che gli
piacesse. Le Muse, o, secondo altii, i Nisei furono
testimoni e giudici della gara. Apollo suonò la ce-
tra e Marsia il flauto, ma il primo avendo aggiunto
il canto alla musica, fu dichiarato vincitore. In giusto
p?»stigo della presunzione di Marsia, Apollo lo legò
- 603 —

a un albero e lo scorticò vivo. Il suo sangue tu la


sorgente del fiume Marsia, e Apollo appese la sua
pelle nella grotta donde scaturisce.
Marta (Santa)
Croce, perchè crocefissa. Spada, con cui fu trafit-
ta mentre era sulla croce.

Marte. "
Pianeta che, secondo gli astrologi, esercitava la
sua influenza sul fegato. Rappresenta la maturità del-
l'uomo, ed è il simbolo del fuoco.
Marte.
Dio della guerra che i Greci chiamavano Ares e
Mars ì Romani. Figlio di Giunone. Questa Dea in-
vidiosa, p>er aver Giove fatta Minerva senza dd lei;
volle anch'essa fare altrettanto, e per virtù di certi
fiori che Flora le suggerì, o, secondo altri, batten-
dosi la natura con una mano divenne incinta di Mar-
te, e andò p>oi a sgravarsi nella Tracia, ove la gente
era terribilissima e facile alla guerra. Marte amò
Venere, con la quale Vulcano lo sorprese addor-
martato. Gli antichi rappresentavamo questo Dio fe-
roce e terribile nell'aspetto, armato da cap>o a piedi,
con la lancia e la sferza in mano, e talora lo mette-
vano a cavalcione di un carro tirato da due lupi o
da due cavalli: il Terrore e la Paura. (Alcuni vo-
gliono che fossero quattro, e tanto terribili, che sof-
fiavano fuoco). Talvolta fingevasi essere i cavalli per-
sone, lequali mai abbandonavano Marte, e che l'ac-
compagnassero anche l'Impeto, il Furore, e la Vio-
lenza. Stazio, dopo aver descritto le armi di questo
Dio, che erano, l'elmo così lucido che sembrava ar-
dere, quasi avesse l'infuocato fulmine per cimiero;
— 604 -

spaven-
la corazza dorala e tutta piena di terribili e
tevoli mostri, e lo scudo risple ndente di luce sangui-
gna; dice che gli stavano attorno ornandogli il capo
il Furore e l'Ira, il Terrore guidava le redini dei
cavalli, e davanti a questi andava scuotendo le ah
ve-
la Fama divulgatrice tanto del falso quanto del che
ro. Inoltre Stazio descri ve il palazz o di Marte,
risplen-
pone in Tracia. E' tutto di ferro non lucido mae quasi
dente, dice, nemmeno rugginoso e fosco,
to
infuocato, e che guardandolo solamente fa spaven
e affligge. E quivi pone rimpetuoso Furore, l'Ira
le
arrabbiata, l'Empietà crudele, il pallido Timore,
che vanno di nascost o, ne lascian o
occulte Insidie,
i che tengon o coper-
vedere agli altri gli acuti coltell te
ti, e la Discordia armata ambe le mam di taglien
palaz zo risuon ava di
fèrro E soggiunge che questo
e che nel mezzo vi stava la Virtù
minacciose voci,
va heto
me^a e addolorata, e all'opposto si mostra
Qui sedeva la Morte col viso insangui-
il Furore.
sparso nelle cru-
nato esugli altari v'era il sangue
deli battaglie. E intorno intorno stavano appese e
, e sulle
spoghe portate quasi da ogni parte del mondo
ni, in-
mura, sulle porte erano rappresentate uccisio
che portan o seco le guerre . Ero-
cendi ealtre rovine,
in bgitto .
doto così descrive la festa che si celebrava
a ciq—
in onore di Marte. Venuto il tempo della festa,
del paese, mentre pochi
prendeva parte tutta la gente
trovav ano intomo agli altari «nt<-nt> *
sacerdoti si
alle port-
fare i sacrifizi, tutti gli altri si mettevano
contro
del tempio con dei solidi bastoni m mano;
veniva no mille uomini fra i forestie ri acco
quali
di baston i. Qu'
di fuori alla festa, parimente armati d
8ti avevan o seco un tabern acolo di legno tutto
- 605 -
rato con dentro la statua di Marte, posto su un carro
a quattro ruote tirato da pochi uomini, e che volevano
far entrare nel tempio; ma i sacerdoti avendolo vie-
tato, ne nasceva una battaglia a bastonate fra quel-
li che difendevano le porte e quelli che volevano for-
zatamente entrarvi col loro Dio, e infine vi riusci-
vano. E in questa lotta, quantunque molti rimames-
sero mortalmente feriti, nessuno jjerò moriva. 1 ale ce-
rimonia ebbe origine, perchè gli antichi ritenevano
che la madre di Marte abitasse quel tempio, e che i!
figlio fatto grande vi andasse per possederla; ma
che i sacerdoti accortisi di ciò, non sapendo però
chi fosse, non lo lasciarono entrare; per cui fu co-
stretto di andarsene; ma poco dop>o avendo raccolto
gente vi ritornò, e bastonati i sacerdoti entrò a loro
dispetto a fare quanto desiderava.
Animali: Avvoltoio, uccello consacratogli, perchè
ritenuto voracissimo dei cadaveri, e p>er questo se-
guisse glieserciti nei combattimenti. Inoltre si voleva
che l'avvoltoio, tre, quattro e perfino sette giorni pri-
ma, sapesse che doveva avvenire una battaglia, e do\e
dovesse succedere, conoscendo anche da qual parte
\i sarebbero state più vittime, e ivi volgesse sempre
il suo volo. Cavallo. I Romani consacravano a Mar-
te il cavallo vincitore delle corse, per dimostrare di
riconoscere nel Dio la vittoria ; oppure per ammoni-
re che non bisognava sperare nella fuga. Lupo, a
lui sacio, p>er essere questo animale ritenuto dotato
d'una vista talmente acuta da vedere di notte; al-
lusione all'avvedutezza necessaria agli accorti capitani
per non cadere nelle insidie occulte dei nemici; oppure
perchè il lupo d'istinto rap)ace uccide e sparge sangue,
così confacente al Dio della guerra. Picchio nero, chia-
_ 606 —

come se fosse prò


malo scientificamente pìcus mariius,
hè, come ^--1 uccellochiperc uoten-
prio a Marte, sia operc tron degl a
do col forte becc 11 duro legno dei
spesse battene i soldati
beri gli incava, così con le
a città , che si fanno stra-
t^o battono le mura dell
entr are dentro; oppure per-
dT^r forza da potervi molt o negli auguri, a.
chè il picchio era osservat o
i solda ti dess ero molta importanza
culli pare che
am a Marte. - Ve-
Wione. consacrato dai Rom
que-
gS Gramma, perchè, secondo Boccaccic.
luoghi spazi o ^ a-
sta pianta nasce per lo più nei re acca mparsi gli eser
pertl. ove sogl iono quas i semp
^'/^/*'
citi. I Romani non ebbero corona pm d^f davano
la dell a gram igna , che
maggior onore di quel
coio ^-
ToWo a coloro che in qualche estremo ^.^n
vessero salvato tutto l'esercito, o^v^^^'"?^ ^^^ ° \^,
Diversi: Ruhno balasj va
^dio d'attorno. -
rietà rossa dello spinello, P-^-, ^^^^f^ ^^ ^Jj Z-
di ferro, sotto cui for
blema del sangue. S dm tana
della guerra. — Vedi
ma 1 Sciti adoravano il Dio

Martello. Vedi Eligio {SmO — Geryaso {San)


_ Massoneria - Neces sità - Provocaztone al mal-
fare — Scollura — Thor.
Martino (San). . „
Vescovo di Thours. - Anmiali: ^^^f ''' ^J
il Santo stato militare . Lepre, che egli d.tes.
essere
Oca, d.e con le sue gri-
ti: persecuzione dei cani.
ritiro. - V^eta •
da fece scoprire il luogo del suo pagani. -- ^v^;*'"
Albero a cui fu attaccato dai
a;yar,o,li la -">« sp.-a^ Man_-
ArZla. D;.v»/o spada, diede a un
IcUo la cui metà, diviso con
a Gesù Cnsto apparse
J^vero. e che vide indosso
- 607 —

gli la notte seguente, ciò che lo indusse a farsi bat-


tezzare. Spada.
Martiri.
Coloro che perdono la vita fra le torture piuttosto
che rinnegare la propria fede. — Agnello, come em-
blema della mitezza dei martiri. Corona, quale ri-
compensa. Palma, attributo speciale dei martiri. Ros-
so, a coloro che morirono per la fede di Gesù Cristo, ì
pittori usano dare il manto rosso, in segno del loro
martirio e il sangue sparso. Strumenti di supplizio.
Martirio.
Ampolla o vaso colorato in vermiglio e la palma.
Argento. Bianco, coloro che, come l'argento, rap-
presenta lapurezza della fede. Cilicio. Croce, stru-
mento di martirio. Palma la quale, se non è accom-
pagnata da un vaso di sangue, non basta, secondo
alcuni, per annunciare il premio del martirio nell'im-
mortalità dei beni celesti. Rosa rossa, simbolo de!
sangue versato. Rosso. Sarda, pietra dedicata al mar-
tirio. Vaso.
Marzo.
Quantunque questo mese abbia preso nome da
Marte, presso i Romani era consacrato a Mercurio.
E' personificato sotto la figura di un uomo vestito di
una pelle di lupo. Nel medio evo rappresentavasi
con un giovinotto che pota le viti. Ordinariamente
viene accompagnato da un becco e una rondine.
Vasari, alludendo a Marte, raffigurò il mese di mar-
zo in un uomo armato di arme bicuiche, con la spada
al fianco, nella mano sinistra lo scudo, e nella destra
l'asta, con l'arco e la faretra agli omeri. Vedi Zo^
diaco.
~ 608 —
Maschera.
Le maschere erano adoperate dagli allori greci e
romani in quasi tutte le rappresentazioni drammati-
che; e quest'uso nacque senza dubbio dal tingersi
il volto con mosto e con colori e dal comparire tra-
vestiti alle feste di Bacco. Gli antichi avevano pic-
cole maschere o immagine del viso, più specialmente
di Bacco, che i conladini sospendevano in una vigna
in modo tale, che la maschera girava e guardava in
diversi sensi (perciò la chiamavano oscillum) secon-
do era sospinta dal vento; essendo comune creden-
za che diventava feconda quella parte dei terreno,
verso la quale era volta la faccia di Bacco. Ve-
di Bacco — Danza — Dissimulazione — Favola
— Giuliano rOspitaliere {San) — Ipocrisia —
Melpomene — Momo — Pantomimo — Talia —
Verità.
Mascherata.
L'uso dei travestimenti e delle mascherate risale
alla più remota antichità. In Egitto, nella grande pro-
cessione di Iside, in cui quella Dea appariva sotto
la figura di orsa, per allusione alla costellazione del-
l'Orsa maggiore, i sacerdoti le formavano un cor-
teggio mascherato, portando sul volto le figure delle
costellazioni indicanti i quattro punti cardinali del
cielo. Tali maschere non coprivano il volto soltanto,
ma anche il di sopra della testa, ed eravi aggiunto
una specie di cappuccio che cadeva sopra le spalle
in modo che sembrava avessero quei sacerdoti, i:i
luogo delle loro teste, quelle degli animali che rap-
presentavano, l'illusione
e era perfetta. Il primo di
essi con la testa di toro indicava la primavera; il
secondo personificando il solstizio d'estate, mostra-
— 609 —

vasi in figura di leone; Vautumo era rappresentato


dal volto d'uomo, e Vinverno dalla testa di sparvie-
ro. La canicola era raffigurata dalla testa di cane;
la vendemmia da quella di un lupo; il ritiro del Nilo
entro il suo alveo da un ibis. ecc. In altre feste egi-
ziane alcune donne della plebe si travestivano, ap-
piccandosi grandi ali alle spalle, gesticolando e me-
nando danze licenziose. Le feste e i misteri di Iside
diedero origine alle feste e ai misteri di Bacco,
detti
Baccanali i quali altro non erano che mascherate,
poiché 1 baccanti e le baccanti correvano le strade
travestiti m mille fogge. Anche in Persia i
travesti-
menti dei mmistri di Mitra in vari animali erano
mascJierata simile a quelle finora accennate. una
maschio. Vedi Peccalo e innocenza.
Massoneria.
Associazione di persone che si obbligano con
giu-
ramento a tenere segreto inviolabile quanto è pro-
prio dell'ordine loro, e che per mezzo di segni
greti diparticolari toccamenti, di alcune parole sim- se-
boliche, possono riconoscersi fra gli estranei, da essi
chiamati profani Secondo la leggenda, l'origi
ne dei
massoni, o Uhen muratori rimonta al 1006
avanti
Cnsto, anno m cui Salomone cominciò la costru
zione
dei tamo«) tempio di Gerusalemme. Eccone
la sto-
na secondo i massoni. Tra gli architetti
spediti dal
re di Tiro al amico e alleato re degli
giava iram. il quale, incaricato da Salom ebrei primeg-
one di di-
rigerelavori
1 del tempio, aveva un così gran numero
di operai da pagare, che non poteva riconos
cerii
tutti, e per sapersi regolare nella paga
opera, m tre classi, novìzi, compagni distrib uì gli
e maestì, dan-
do a ciascuno una parola e un segno
39 - Q. ROXCHETTI. particolare per
del lo-
riconoscerli. Tre compagni, poco sod<lisfattila parola
ro salario, decUero di domandare a Tram
ntrarlo o di
dei maestri, appena lor fosse dato d'inco Lo a-
assassinarlo se avesse rifiuta to di palesa rla.
sera nel tempio, e si appo-
spettarono dunque una
il
starono, uno a tramontana, l'altro a mezzogiorno,
essen do entrat o solo dalla por-
terzo all'oriente. Iram
ta dell'occidente, e volendo uscire da quella di mez-
zogiorno, uno dei tre compagni gli domandò la pa-
rola dei maestri, levando su di lui il martello che
ricevuto
teneva in mano. Iram disse che non aveva
la parola dei maestri in quel modo: e il compagno
gli diede tosto una martellata sulla testa. Il colpo
non essend o stato forte abbas tanza per gettari o a
tana, ove
terra, Iram fuggì verso la porta di tramon
che gli fece altrett anto. Tuttav ia
trovò il secondo
ancora abbast an-
questo secondo colpo lasciandogli ove
za forza, tentò di uscire dalla porta di oriente,
ima doman da dei
il terzo, dopo avergli fatto la medes
di uccide rlo. Comme sso il delitt o, ne
due ultimi finì
sero il cadav ere sotto un ammas so di pietre, e
nasco
o sopra una monta gna
venuta la notte, lo trasportaron
pian-
dove lo seppellirono, e per riconoscere il silo,
tarono un ramo di acacia sulla fossa. Salomone, ^-
sendo stato sette giorni senza vedere Iram, mando
occi-
nove sperimentati maestri a cercario, tre dall
dentale, tre dall'o rienta le e tre dalla setten triona le por-
dbpo lungh e e vane ricerc he, ^re di loro
ta; i quali
poco stanchi , essend osi seduti
che si trovavano un
dei tre
presso il sito in cui Iram era seppellito, uno
d'acac ia, e si accors e
slaccò macchinalmente il ramo
che la terra era slata smossa in quel luogo da poco
si
tempo. I tre maestri, curiosi di saperne la causa,
— 611 —

rrasero a scavare e trovarono il corpo di Iram. Allo-


ra chiaonarono gli altri, e avendo riconosciuto il loro
maestro, supponendo che alcuni compagni {x>t^ssero
essere colpevoli di quel delitto, e che forse avessero
avuto da Iram la parola dei maestri, la cambiarono
subito. La parola dei maestri era Jehovah. Quella
che sj prese dopo significa secondo i massoni, il cor-
ico è corrotto, e andarono a render conto a Salo-
mone del triste caso. Questo principe ne fu commos-
so, e ordinò a tutti i maestri di tréisportare il corpo
di Iram nel tempio, ove fu sepolto con gran pom-
pa. Duramte la cerimonia tutti i maestri portavamo
grembiali e guanti di pelle bianca, per mostrare che
nessuno di loro non aveva lordate le mzmi nel san-
gue del loro capo. In memoria di questo preteso av-
venimentomassoni
i conservano i tre medesimi gradi:
hanno p)er simbolo arnesi da muratore, e nelle loro
iniziazione celebrajio i funerali del trucidato Iraon e
percuotono tre volte il camdidato.
Acacia, albero simbolico. Alabarda da diacono.
Archipenzolo con sotto una stella. Colonne del tem-
pio con melagrzine sovrapposte ai capitelli: una ha
un B sulla base, colonna del Settentrione, l'altra xm
J, colonna dell'Oriente. Compasso e squadra. Fossa.
Grembiale, su quello del maestro figura il tempio di
Salomone con due acacie ai lati, la luna, ima stella
e il sole. Martello. Il venerabile ne ha tre. Regolo.
Scalpello. Spada semplice, simbolo della fermezza
mjissonica. Spada fiéunmeggiante. Squadra. Stendar-
do; su quello della T, 2' e 3* loggia nel mezzo fi-
gura un trofeo composto del compéisso e la squadra
attorniato da rami d'acacia, sormontato d'una stella
e sopra questa un triangolo irradiato, e il tutto cir-
— 612 —

condato da una fune a nodi, e su quello della log-


gia capitolare, un trofeo composto d'una croce, il
compasso, il pellicano che nutre ì figli col proprio
sangue e rami d'acacia. Tempio di Salomone. 7 ena-
gUa. Triangolo insogna di primo grad^.
Materia e forma. .
in-
Luna e sole. La prima, simbolo della materia
forme, ilsecondo, della forma, ovvero della virtù
de
agente; perchè la luna quando è scura non possie
forma alcuna, se non viene illuminata dal sole, i cui
raggi sembrano plasmare la materia lunare, la quale,
quasi fosse molle cera, s'impronta ora in una ora
in un'altra forma.
Materialismo.
Porco, con cui gli Egiziani simboleggiavano una
persona di cervello grossolano affatto materiale, che si
preoccupi soltanto delle cure del corpo.
Matricaria camomilla. Vedi Camomilla.
Matrimonio.
o contrat-
Presso gli antichi, la celebrazione di quest permessi.
to aveva la propria stagione e i suoi giorm
sia per-
Il mese di maggio era riguardato come funesto,
chè incontrandosi fra il mese d'apri le consa crato a Ve-
nere, eil mese di giugn o consa crato a Giuno ne, sia per-
chè questo mese fosse impiegato nella pratic a delle più
onie della religi one, e che i sacer doti di
grandi cerim
nei
Giunone -affettassero una tristezza, che appariva fino
azione dei
loro vestimenti, o finalmente perchè l'obl
o mese, non era con-
trapassati, che avveniva in questche esigevano gli Dei
veniente algenere di sacrifizio
il Matri-
del matrimonio. Gli antichi rappresentavano
monio col giogo al collo e coi piedi nei ceppi, op-
— 613 -
pure con catene alle mani e ai piedi. I cepp., come
simbolo d'impedimento alla libertà del movimento del
corjx), cioè, figurativamente, trattengono l'uomo tra
un dato limite della ragione, né permettono di ab-
bandonarsi a sregolatezze; mentre le catene indica-
no l'obbligo a cui deve sottoporsi il padre di fami-
glia, se desidera la prosperità dei figli e un buon go-
verno della casa. Vedi Nozze — Vincolo matrimo-
niale.
Matrona.
Donna maritata di onesta condizione, presso i Ro-
mani. Vedi Bruno {San).
Matronali feste.
Feste che si celebravano religiosamente a Roma
il primo di marzo dalle persone maritate, cioè dalle
donne in memoria della pace fatta in tal giorno dalle
Sabine, ch'erano state dai Romani rapite, tra i loro
padri e i loro mariti ; e dagli uomini per implorare
sui loro matrimoni i favori degli Dei. La mattina,
le donne si recavamo al tempio di Giunone, presen-
tandole dei fiori, e di fiori eramo coronate anch'esse.
Le dame romane, di ritorno a casa, rimanevano il
resto del giorno sfarzosamente abbigliate, e riceveva-
no le felicitazioni e i regali degli amici e dei mariti,
con cui intendevasi quasi di ringraziare della felice
mediazione che avevamo esercitata le loro antenate.
Gli uomini ammogliati non mancavano di recarsi la
mattina di detto giorno al tempio di Giano, a far
dei sacrifizi e adorazioni. La solennità compivasi con
sontuosi banchetti che i mariti davano alle mogli,
poiché questa festa non riguardava che alle persone
maritate. In essa le daune concedevano alle loro
— 614 —

i per
serve gli stessi privilegi che godevano gli schiav
parte dei padroni nei Saturnali.
Matteo (San).
pa-
Evangelista e apostolo. Si rappresenta accom
simbo lo dell' umano e mes-
gnato da un giovanotto, palmen-
siaco carattere di Cristo, di cui Matteo princi
te tratta. — Altare, presso il quale fu arrestato mentre
all'orec-
celebrava la messa. Angelo, che gli parla
chio, e sotto il cui aspetto viene talvolta rappresen-
tato.' Borsa, per essere stato in origine di professioneche.
pubblicano, cioè ricevitore delle imposte pubbli
gelo. Corda , messag li
Calamaio. Egli scrisse l'evan
Dra-
al collo. Danaro, che riceveva come pubblicano.
fu
go, che il Santo mise in fuga. Lancia, con cui
izzato . Piane ta, che indos sava quand o venne
martor
arrestato. Sacchi, in cui riponeva il danar o che rice-
veva. Scure, strumento del suo supplizio.
Mattia (San).
Apostalo, patrono dei vignaioli. —a. Scure. Croce, per es-
sere stato crocefisso. Mazza ferrat Spada.
Strumenti del suo martir io. Vedi Aposto li.
Mauri feroci.
Soldati equestri; avevano per insegna due mezzi
cavalli d'oro in scudo bianco, in atto di combattersi,
e fra si trovav
essi rosso a un cerchio verde. L'ombelico era
di color giuggiola.
Mauritania. , „, » r • u
dato dagli antichi alla parte dell Africa che

i
Nome
ge-m È
compre nde oggi il Marocco, Fez e parte dell'Al
ria. — Cavallo. Nelle monete di Adriano figura uri
l'inscrizione MAV-
cavallo guidato da un pedone con monete
RETANIA. Alcun e di queste portano df
~ 615 -

una parte la testa di Adriano, e dall'altra un cavallo


guidato da una donna armata di due aste.
Mazza. Vedi Clava.
Mazza d'argento.
Insegna d'onore. Vedi Cardincle.
Msizza di San Giuseppe. Vedi Oleandro.
Mazza ferrata
Grosso bastone, nodoso e ferrato, che portavasi
in guerra. Vedi Eugenio {Sani) — Marco (San)
— Mattia (San) — Sovrano — Taddeo {San).
Mazzetto di fiori. Vedi Galanteria.
Medaglia. Vedi Genoveffa {Santa).
Medea.
Famosa maga, figlia di E^ta, o Eete, re della
Colchide, e di Idiia, secondo Esiodo. Coi suoi in-
cantesimi aiutò Giasone a rapire il vellp d'oro, e lo
portò sulla nave, seguito tia Medea; e salparono su-
bito pjer tornare in Occidente. Eete ordinò ad Ab-
sirto, suo figlio e fratello di Medea, d'inseguire i
Greci, ma il misero perì in quella impresa. Un'altra
versione dice che E,ete mandò gente a inseguirli, ma
Medea trovò modo di trattenere costoro uccidendo e
facendo a brani il fratellino che aveva portato con se,
Absirto, e gettando i pezzi a uno a uno nel mare;
e gli inseguitori fermandosi a raccogliere quei pezzi
per darvi onesta sepoltura, diedero così modo ai fug-
giaschi diguadagnar terreno. Giunta Medea in Tes-
saglia, insieme a Giasone, ringiovanì il vecchio ELsone,
padre di Giasone. Per vendicarsi di Pelia, usurpa-
tore del trono di Esone, inspirò alle figlie di quel
principe il desiderio di farlo ringiovanire, e per me-
^ 616 -

glio impegnare la loro fiducia, tagliò Io a pezzi un vec-


chio montone, e, in loro presenza, trasformò in
giovane agnello. Sedotte da tale esempi o, trucidarono
esse stesse il propri o padre; Medea lo pose in una
caldai a a fuoco ardente , e senza curars i di ringio-
vanirlo, ivilo lasciò finche fu intera mente consum ato
dal fuoco. Questo fatto sollev ò tutto il popol o di
Jolco contro Giason e e sua moglie Medea , perciò si
videro ambedue costretti a fuggire, e si ritirarono

presso Creonte, che regnava in Corinto. Dopo d'aver


ivi passati dieci anni in perfetta armonia coniugale,
to
frutto della quale furono due figli, Giasone, divenu
chia-
amante di Glauce figlia di Creonte, da alcuni
mata anche Creusa, e desiderando di farla sua spo-
tem-
sa, ripudiò la moglie e le accordo breve spazio di
po per uscire coi figli da Cormto . Second o alcuni
autori Medea, prima di andarsene, uccise i figli
sotto gli occhi di Giasone, poi fuggì ad Atene sopra
un carro tirato da due draghi alati. Vedi Medo.
Medicina.
a
Rappresentata da Esculapio. — Ammali: Cicogn
di
con un ramo di origano in bocca; quale simbolo
cicogn a, man-
rimedio efficace; perchè volevasi che la
giando tale pianta, si purgasse lo stomaco. Gallo,
medici-
sacro a Esculapio. Serpente, emblema della
na. Vegetali: Fumaria officinale. — Diversi:
Cassetta contenente unguenti. Fiala. Pitale.
Medicina provvidenziale.
d;
Colomba che porta nel becco un ramoscello
sanata con un ri-
lauro: segno votivo per un'infermità perchè credevasi
medio mandato dalla Provvidenza;
strap-
che la colomba ogni volta che si ammalasse,
- 617 -

palo un ramo di lauro, con quello si medicasse. Gli


antichi, guariti dopo aver domandato a Esculapio un
rimedio alle loro infermità, per ringraziamento della
grazia ricevuta, solevano dedicare al EXo della me-
dicina un segno votivo, come sarebbe questo:
ASCLEPIO. P.
XELIVS POLIO
MONITVS
POSIT
Uso comunissimo ancora oggidì presso i credenti nel-
l'esporre sugli altari un quadretto o qualche membro
del corpo umano in argento, cera, ecc., con le lettere
G. R. (grazia ricevuta); quale segno votivo di guari-
gione invocata dalla Vergine o qualche santo.
Medit€aione.
Figura allegorica rappresentata in un uomo che si
morde un dito o l'unghia; gesto che talvolta esprime
un pensiero profondissimo che quzisi conduce all'estasi;
tal altra il pentimento di qualche azione, o la minac-
cia di vendetta. — Civetta, che sembra meditare du«
rante le sue veglie. Libro, sul cui testo si medita. Viola
del pensiero, simbolo della meditazione.
Medo.
Figlio illecito di Medea e di Egeo. Fatto adulto
andò a cercare la propria madre la quale era fug-
gita d'Atene. Giunto Medo nella Colchide, fu arre-
stato e condotto davanti a Perse, fratello di suo
avolo, il quale aveva usurpato il trono di E,eta, pa-
dre di Medea. L'oracolo aveva annunciato a Perse
che s'egli non avesse avuto il più gran riguardo, sa-
rebbe anch'egli balzato dal trono e ucciso da uno
~- 618 -
dei discendenti di Eeta, suo fratello. In seguito a tale
predizione l'usurpatore faceva arrestare tutti gli stra-
nieri che entravano nei suoi Stati, e li teneva in car-
cere fino a tanto che avesse conosciuta la loro origine.
Medo, non osando manifestarsi per quello che egli
era, si fece credere Ippote, figlio di Creonte, re di
Colchide. Mentre praticavansi le necessarie indagini
per scoprire se Medo aveva detto la verità, Medea
giunse in Colchide, sdegnatissima contro Perse, e de-
cisa di vendicare il proprio padre. Per non essere
dall'usurpatore riconosciuta, essa si presentò alla di
lui corte sotto il nome e gli abiti di Diana. Avendo
ivi inteso ch'era detenuto in carcere un figlio di Creon-
te, la cui stirpe le era odiosa, allo scopo di indurre
Perse a farlo perire, giunse a persuaderlo che il pri-
gioniero altro non era se non Medo, figlio di Medea,
spedito dalla propria madre per trucidarlo; e lo pre-
gò di consegnarlo a lei stessa, volendo essa ucciderlo
sotto gli occhi suoi. Ma quale non fu la di lei sor-
presa, allorquando riconobbe il proprio figlio! Ripi-
gliando allora lo smarrito spirito, domandò al re il
permesso d'abboccarsi in particolare col supposto Ip-
pote, e approfittando dell'istante, armò il figlio del
pugnale che essa voleva immergere nel petto d' Ip-
pote, e gli ordinò di uccidere l'usurpatore del trono
di Eleta. Appena fu da Medo eseguito il comando,
Medea si fece conoscere qual figlia di Eeta, disse che
Medo era suo figlio, e il popolo lo riconobbe per re.
Medusa.
Una delle Gorgoni. Nettuno la violò nel tempio di
Minerva, e questa Dea irritata da un tal sacrilegio,
cangiò in serpenti i capelli di Medusa, che prima
- 619 -

erano d'oro, e diede loro la virtù di cangiare in pie-


tre tutti coloro che la guardassero. Perseo munito
dei calzari di Mercurio tagliò la testa a Medusa, dal
cui sangue nacque il cavallo Pegaso, che con un
calcio fece zampillare la fontana d'Ippocrene. Vedi
Gorgoni — T'esca di Medusa.
M egara.
Figlia di Creonte o moglie d'Ercole. Nel tempo
che Ercole discese nell'inferno. Lieo volle costringere
Megara a rinunciargli il regno, e a darsi a lui; ma
Ercole ritornò a tempo, e uccise Lieo. Giunone sempre
adirata contro Ercole, i>er essere figlio di una con-
cubina di Giove, trovò ingiusta la morte di Lieo, e
inspirò a Ercole un tal furore, che ammazzò Megara,
e i figli che da lei aveva avuti.
Megera.
Una delle tre Furie infernali. Vedi Furie.
Mela. Vedi Amore — Amore scambievole —
Melo — Pomo.
Melagrana-
Frutto del melagrano. Vedi Accademia — A-
frica — Concordia — Congregazione — Giunone
— Papato — Unità della Chiesa.
Melagrano.
Pianta il cui frutto coronato è, sotto la scorza,
diviso in due cellule, alla loro volta divise in tre o
quattro logge: ciciscuna loggia contiene semi nume-
rosi. Vedi Amicizia — Ati — Fatuità — Unione
— Vizio emendato.
Melampo.
Figlio di Amitaone e di Dorippe, si diede allo
- 620 -
studio della medicina, e divenne espertissimo nel co-
noscere lepiante. Gli venne dato questo nome, perchè,
fin da fanciullo, era stato dalla povera madre assuefa-
te a non portare calzature, e perciò il sole gli
aveva anneriti i piedi. Dicesi ch'egli intendeva perfino
il linguaggio degli animali; vantaggio che egli doveva
alla seguente avventura. I suoi domesitici scoperta una
famiglia di serpenti entro una quercia antica, a lui
ne portarono i piccoli parti, ch'egli fece allevare con
molta cura. Questi animali, divenuti più grossi, e a-
vendolo trovato un giorno addormentato, si attac-
carono alle sue orecchie, e così bene con la loro
lingua gliele pulirono, che allo svegliarsi egli rimase
sorpreso di capire il dialogo che tra di loro faceva-
no gli animali. Melampo guarì le figlie di Preto dalla
pazzia, con l'elleboro, cui poi venne dato il nome
di melampodium.
Melari ira.
Così chiamavasi Venere che, come Dea dell'impu-
dicizia, ama la tenebre.
Meleagridi.
Nome dato alle sorelle di Meleagro, due delle
quali, dopo aver lungamente pianto l'eroe, furono can-
giate in galline faraone, e le cui macchie sulle penne
rappresentano le lagrime.
Meleagro.
Uno dei più rinomati eroi dell'antichità, era fi-
glio di Oeneo, o Ejieo re di Caledone in EtoHa e
d'Altea figlia di Testio re di Pleurone; secondo al-
cuni, sua madre l'ebbe da Marte. Si dice che sette
giorni dopo che Altea ebbe dato alta luce Meleagro,
le Parche comparvero a lei dinanzi. Cloto le annun-
- 621 —

ciò che il dii lei ftglio sarebbe stato coraggioso, La-


chesi disse che avrebbe con la sua forza destato me-
raviglia, eAtropo, mettendo un tizzone nel fuoco
l'assicurò, ch'egli non avrebbe vissuto oltre la du-
rata di quello; poi disparvero. Altea, bramamdo di
prolungare la vita al proprio figlio, ritirò dal fuoco
il tizzone fatale, lo spense e lo custodì accurata-
mente. Un giorno, facendo Oer.eo dei sacrifizi a tut-
ti gli Dei in rendimento di grazia per la fertilità della
terra, dimenticò Diana, la quale, sdegnata per tale
trascuratezza, mandò un furioso cinghiale che devastò
tutti i dintorni di Caledone, fin dalle radici. Schiantò
gli alberi carichi di frutti, portzmdo il lutto e la de-
solazione nelle campagne. Meleagro, allora raccolse
un gran numero di cacciatori e di cani, p>erchè non
abbisognavamo meno di un'armata per combattere
quell'orribile cinghiale, il quale era di un'enorme e
mostruosa grandezza. Meleagro, col concorso di Aia-
lanta, che fu la prima a ferirlo, uccise il cinghiale;
ma Diana, non paga ancora, fece sorgere fra Etoli
e i Curiti un'accesa lite in proposito del ceffo e della
pelle del feroce animale ucciso, mentre ciascuno dei
popoli pretendeva che quella gloriosa spoglia fosse
al proprio valore dovuta. Tosto si venne a battaglia,
nella quale Meleagro uccise i fratelli di Altèa, la
quale profondamente addolorata pjer la loro perdita,
e spinta dall'ardente desiderio d' vendetta, afferrò il
fatale tizzone e l'accese. « Questo diss'ella, tenendolo
in mano e volgendosi alla fiamma, questo fuoco con-
sumi le mie viscere; poi, rivolgendo il parlare alle
Furie, soggiunse: voi o Dee, che siete destinate a
punire i misfatti, siate testimoni del sacrifizio ch'io sto
- 622 —
per offrirvi; e se io mi rendo colpevole di un delitto,
ciò avviene per espiarne un altro ». Poi volgendo al-
trove l'atterrito sguardo, pallida e tremante il mortai
tizzone nel fuoco lanciò: Meleagro allora sentì da
segreta vampa divorarsi lentamente con dolori crude-
lis imi, e colto da languore mortale, finche il tizzone
fu interamente consumato, mandò l'estremo sospiro.
Altea poi si uccise per disperazione vedendo il figlio
morto.
Meliadi. Vedi Ninfe.
Melianto.
Il nome di questa pianta deriva dal copioso umore
mielato, di colore nericcio, che emette per tutto il
tempo della fioritura. Vedi Melifluo.
Meli certe.
Figlio del re Atamante e d'Ino. Per sottrarsi al
furore del padre, si precipitò in mare, diventando un
Dio marino sotto il nome di Palemone.
Melifluo.
Melianlo, allusione a persona che ha parole di dol-
cezza non sincera.
Melissa.
Ninfa che aiutò sua sorella Amaltea a nutrire Gio-
ve col miele e il latte di capra. Fu trasformata in
ape.
Melissa.
Nome derivato dal greco melissa, ape, perchè que-
sta pianta è amata dalle api. Vedi Popolo frenato
dalla legge.
— 623 —
Melo.
Albero comunissimo, i cui fiori vengotìo fuori al
tempo stesso delle foglie. Vedi Progresso d'amore.
Melograno- Vedi Melagrano.
Melonla.
Dea delle api, di cui aveva cura.
Melpomene.
Una delle nove Muse, la quale presiede alla tra-
gedia. E' riccamente vestita perchè la tragedia rap-
presenta fatti di persone potenti: ha contegno grave
e serio, perchè gli affetti ch'ella desta sono nobili,
sublimi e commoventi, è calzata di coturni, con una
mano tiene scettri e corone, e coll'altra un pugnale
insanguinato, appunto p>erchè svolge sulla scena azioni
e delitti di re, di principi e di eroi. A significare la
diversa natura dei sentimenti che Melpomene inspi-
ra, venne dipinta seguita dal Terrore e dalla Pietà.
Un'antica pittura d'Ercolano rappresenta Melpome-
ne coronata di lauro, e coperta d'una specie di cuffia,
con
tienelaunagranclava
tunicae elacon l'ampio erculea.
maschera manto tragico; essa
La si vede
anche con un diadema regale in testa, oppure una
corona di fico. Una statua colossale al museo Pio
dementino rappresenta Melpomene abbigliata d'am-
pia tragica veste e d'una piccola cléunide; essa è cal-
zata di coturni la cui suola è molto rilevata; ha un
piede poggiato sopra uno scoglio. Colui che ristaurò
questa statua le mise in mano una spada e la ma-
schera erculea. Il piede posato sullo scoglio, è un
atteggiamento che talvolta gli émtichi solevano dare
agli eroi.
— 624 —
Mei u Sina.
Personaggio favoloso, figlio di Eiiinas, re d'Alba-
nia. Ricevette da sua madre, che era fata, la parti-
colarità d'avere tutti i sabati il basso del corpo in
forma di serpente. Melusina sposò nondimento il con-
te Raimondino, al quale fece promettere che non a«
vrebbe mai cercato di vederla al sabato. Ella costruì
per lui il castello di Lusignan. Essi vissero limgo tem-
po felici; ma un giorno Raimondino, per istigazio»
ne di suo fratello, violò la promessa e sorprese il
segreto di Melusina. All'istante questa si cangia in
serpente e fugge da una finestra del castello gettan-
do grida di dolore. D'allora, ella riappare e va a
gettare dei gridi simili sulle torri quando i signori di
Lusignan stanno per morire.
Membro. Vedi Fallo — Magnanimità.
Memoria.
Cane, perchè ricorda le cose passate. Menta. Tes-
sera. Vedi Mnemosine.
Memoria duratura.
Scure. In molti sepolcri antichi si vede scolpita una
scure, o un'ascia, con l'inscrizione: Vietò, che fosse
dato sotto l'ascia; e questo per indicare che il defunto
aveva proibito di togliere la memoria del sepolcro,
perciò la scure figura col taglio rovesciato.
Memoria estinta dopo morte.
Anguilla morta, la (juale, morta che sia, non risale
più alla superficie dell'acqua, ma resta in fondo, pu-
trefacendosi nel medesimo fango in cui nacque.
Menadi., Vedi Baccanti.
Menapi.
Militi della Gallia settentrionale; avevano per inse-
- 625 -

gna un serpente giallo tuorlo d'uovo in uno scudo


verde, circondato all'estremità di una lista rossa; la
parte intema era di colore argento, intorno a cui fi-
gurava un cerchietto giallo. E questo serpente era
piegalo in semicerchio, con la schiena rivolta al-
l'in giù.
Menefronte.
Giovane della Tessaglia, il quale usò di sua ma-
dre e Diana li cajigiò in catii
Menianto.
Erba perenne, detta volgarmente trifoglio acqua'
tico. Ritenuta come buon rimedio contro la febbre, e
gli antichi pretesero che avesse la proprietà di atti-
rare la mestruazione. Vedi Calma.
Mennone.
Principe degli Etiopi, figlio di Titone e dell'Au-
rora. Achille lo uccise dinanzi a Troia, p>erchè fornì
vettovaglie e armi a Fnamo; e quzmdo il suo corpo
fu sul rogo. Apollo lo cangiò in uccello, alle preghie-
re dell'Aurora. Questo uccello moltiplicò assai, e se
ne andò in Etiopia coi suoi piccoli, i quali venivano
ogni anno a immolarsi sulla tomba del loro padre
combattendo insieme. Dicesi che la statua di Men-
none rendesse un suono armonioso al comparire del«
l'aurora e de! sole in segno di gratitudine.
Mensa del Sole.
Narra la favola che in Etiopia esistevano certi pra-
ti ove si trovava quasi sempre carne arrostita d'ogni
sorta d'animali, che ognuno vi andava a mangiare
a suo piacimento; credendo che fosse prodotta dalla
terra così arrostita, o lo fosse per virtù del sole, per-
40 — Q. Rocchetti
— 626 —
che quel luogo era chiamato mensa del sole, molto
celebrato dagli antichi. Donde si chiamò mensa del
sole quelle case dei ricchi e dei potenti, ove i poveri
potevano andare liberamente a mangiare a loro pia-
cere.
Menta.
Pianta odorosa, adoperata in medicina. Vedi Ceio-
sia — Memoria — Minta.
Menta peperita
Da questa pianta si estrae un'essenza di odore
penetrante, e un sapore bruciante e aromatico. Vedi
Calore.
Mente tardiva.
Pipistrello, allusione a un tardivo nell'imparare
e che poco ritenga in mente: il pipistrello non esce
che tardi, verso sera, ne vola troppo lontano, ma si
aggira sempre sopra o intorno ai tetti, in uno spa-
zio limitato, e dopo alcune volate è sorpreso dalla
notte.
Menzogna.
Apocina. Buglossa. La radice di questa pianta ser-
ve alla composizione di diversi belletti.
Mera.
Nome della cagna d'Icaro.
Meragete,
Si vuole che in Grecia esistesse un altare dedica-
to al Dio Meragete, cioè capo e duce delle Parche,
che credesi fosse un soprannome di Giove, perchè
soltanto lui aveva in suo potere le Parche, e lui solo
conosceva ciò che ordinavano i Fati.
- 627 -
Mercante.
Uomo con una bilancia nella mano destra.
Mercante ricco.
Uomo seduto che nella mano destra tiene una
borsa e nell'altra un vaso d'oro.
Mercorella perenne.
Facendo macerare questa pianta si ottiene una tin-
tura turchina, che non si può fissare. Vedi Apparenza
fallace.
Mercurio.
Parola derivata dal latino Mercurius, da merx,
merce, mercanzia, perchè presiedeva al mercato e al
guadagno ; l'Hermes dei Greci. Figliuolo di Giove e
di Maia, figlia d'Atléinte. Era interprete degli Dei
dell'Olimpo, e specialmente di Giove; loro messag-
gero, ministro e oratore ; protettore dei viaggiatori, dei
pastori; condottiere delie anime all'inferno; Dio dei
negozianti, dei mercanti, dei ladri, degli oratori, dei
ciaurlatcmi e di ogni specie di ingannatori. Questo
Dio, appena nato, rubò cinquanta giovenche custo-
dite d'Apollo, nascondendole senza laisciare alcuna
traccia, ma che dovette poi restituire. Mentre Apollo
era occupato nel ricercare la sua mandra. Mercurio
trovò il mezzo di rubargli i suoi strali e la faretra.
Saputo Maia delle ladrerie del proprio figlio, gliene
fece i più vivi rimproveri; ma lungi Mercurio dall'ea-
Bcre intimorito, le rispose ch'egli aspirava agli onori
divini, che anzi li pretendeva, e che non senza in-
giustizia glisi ricusa di essere almeno onorato siccome
Dio dei ladri. Sembra che il rimanente della sua in-
fauizia fosse impiegata in simili prodezze. Non si av-
vicinava agli altri Dei fuorché per rubar loro ciò
— 628 —

giorno, par-
che avevano di più caro e prezioso. Un
lando con Nettuno, gli rubò il triden te, un altra vol-
Marte , gli tolse la spada dal fo-
ta, divertendosi con
accarez zandolo poi un giorn o Vener e e aven-
dero;
dell occa-
dolo preso sulle ginocchia, egli approfittò
sione per destramente rubar le il cinto. Visit ando le
e di Vulcan o, rubò parec chi strume nti a quei
fucin
, fu solo per
Dio; e s'egli non rapì il fulmine a Giove
ia gli tolse il suo scettro .
timore di bruciarsi, tuttav
una divini tà che abbia avuto maggi ori
Non vi fu mai
era obbligato
occupazioni di lui. Ogni giorno egli
si al levar di Giove , per riceve re da quello
di trovar
Volendo il
gli ordini e portarli dove era necessario.
agile, gh die-
sovrano degli Dei renderlo ancora più , e ai
de in dono un berret to che si chiam a petaso
Gli confer..
piedi gli attaccò delle ali dette talari
il potere dei miraco li, di cambi ar forma a suo
anche
bili. Egli era
capriccio, e di rendere gli uomini invisi
i e import anti affari, e con
incaricato dei più segret
mente le tunzio-
questa qualità esercitava simultanea te, cioè
che le più trivia li e abbiet
ni più nobili, non
di plen^poten-
quelle di oratore, di spia, di paciere, o 1 in-
ziario. d'assassino. Gli antichi gli attribuiscon
attacc ò sette corde in memo-
venzione della lira, cui
di, all'un a delle quali egli era
ria delle sette Manti Dio
debitore della vita. Ne fece dono ad Apollo
rdato come
dell'armonia, il quale bramava essere rigua
tale strum ento, e riceve tte m cambio di
inventore di
Apoll o pei
quella l'incantata verga di cui servivasi
Admet o. Quest a verga
condurre le mandre del re
dopo 1 avven tura de
pastorale fu chiamata caduceo,
Uno dei princi pali ufhci d
serpenti da lui pacificati.
— 629 —

Mercurio era quello di condurre le anime all'inferno


e di assistere al loro giudizio. Orazio lo descrive
qua! pastore che precede la propria mandria; ma quan-
do le anime avevano compiuto il tempo che passar
dovevano nei campi Elisi, questo Dio era incaricato
di farle rientrare in nuovi corpi, dopo d'aver loro fatto
bere l'onda di Lete, affinchè obliassero il loro stalo
di prima. Credevasi inoltre che Mercurio assistesse
gli agonizzanti, per scioglierne le anime ddà corpi.
— Nel combattimento dei Giganti contro gli Dei,
Mercurio si distinse col suo coraggio e con la de-
strezza. Egli liberò Marte dalla prigionia in cui l'a-
vevano tratto gli Aloidi; egli uccise Argo, da Giu-
none incaricato di custodire Io; egli purificò le Da-
naidi dall'omicidio dei loro mariti; trasportò Castore
e Polluce a Pallena; egli fu incaricato di portare
Bacco alle Ninfe di Nisa, le quali presero cura del-
l'infanzia diquel nume; egli attaccò Issione alla
ruota e Prometeo allo scoglio; fu Mercurio incaricato
di rendere Ercole a Onfale, regina di Lidia; di con-
durre Priamo nella tenda di Achille, facendogli sen-
za nessun pericolo traversare il campo dei Greci. —
Riguardo alla leggenda delle giovenche rapite, secon-
do alcuni. Mercurio non figurerebbe altro che il cre-
puscolo; ele giovenche d'Apollo da lui rubate sa-
rebberoraggi
i solari che il crepuscolo della sera na-
sconde in qualche abisso da cui viene il giorno dopo
a riprenderli il Sole. Secondo altri, egli sarebbe in-
vece un Dio del vento; è inventore della lira, perchè
risuonano le foreste, risuona la terra della musica
dei venti; le giovenche d'Apollo sono le acque del
cielo, che il vento ruba nascostamente alle nuvole;
— 630 —

ma Giove poi l'obbliga a restituirle gratificando i mor-


tali della benefica pioggia. Riguardo poi alla libe-
razione d'Io, custodita dall'Argo dai cent'occhi; se-
condo alcuni Io è la luna; e Argo dai cent'occhi la
notte stellata, cui il crepuscolo del mattino uccide. Se-
condo altri. Argo è il sole stesso onnipotente, che
guida al pascolo le giovenche celesti ossia le nubi
gravide di pioggia. Il vento tempestoso uccide Argo,
cioè oscura il sole e fa che la nuvola scorra qua e
là per le regioni del cielo. — La rappresentazione
di Mercurio prende diverse forme secondo il concet-
to mitologico-simbolico che si intende seguire. Come
pastore, porta un montone, immagine che nei tempi
dei primi cristiani servì di modello a figurare il Buon
pastore; come commerciante, ha una borsa in mano;
come messaggero e araldo di Giove, ha le ali ai piedi,
in testa il petaso e in mano il caduceo; inoltre, quale
messaggero, aveva un carro tirato da due cicogne; e
come Dio dei commercianti, un carro tirato da due
montoni bianchi. Veniva coronato di edera, olivo e
gelso; l'edera è simbolo dell'attaccamento di Mer-
curio verso gli Dei, servendoli con zelo infaticabile;
l'olivo quello della pace che è necessaria all'incre-
mento del commercio; il gelso bianco, quello della
prudenza del Dio dei mercanti.
Animali: Cane, consacratogH quale simbolo di vi-
gilanza e scaltrezza di cui questo animale è dotato.
Cicogna, sacro a questo Dio presso gli Egiziani. Callo
che i Greci sacrificavano a Mercurio; quale simbolo
della lotta e degli esercizi della palestra, a cui que-
sto Dio presiedeva. Inoltre è simbolo della vigilanza
necessaria ai mercanti nel loro commercio. Ibis, con-
— 631 —

sacratogli dagli egiziani. Montone, per essere Mercu-


rio protettore delle greggi. Testuggine. Secondo la
leggenda. Mercurio, nato al mattino, verso mezzogior-
no uscì dalle fasce, e dal guscio di una tartaruga
trovata davanti alla caverna ove nacque, si fece
una lira, mettendosi poi a ceuitare e a suonau-e. —
Vegetali: Olivo, emblema di messaggero, portatore di
pace. Verbena, per lo stesso motivo. — Diversi: A-
gata, pietra preziosa dedicatagli. Lingua che, secondo
gli astrologi, era consacrata a Mercurio, il quale pre
siede al parlare. Secondo gli Egiziani, questo Dio
oltre a essere l'inventore delle lettere, fu il primo che
diede alle parole un certo ordine, e nome a molte co-
se. E presso altri popoli, in onore di Mercurio, come
araldo degli Dei, a colui che doveva bandire o pub-
blicare qualche cosa, si soleva dare una lingua che
nei sacrifizi veniva divisa in due parti. Lira, che tal-
volta gli si diede in mano. Remo, attributo quale Dio
del commercio marittimo.
Vedi Agricoltura — Commercio — Discipline
— Ermete — Forza delC eloquenza — Ladro —
Scelleratezza invecchiata.
Mercurio tricipite.
La statua di Mercurio con tre teste, quale Dio
guardiano, figurava specialmente nei trivi, cioè dove
s'incontravano tre strade, per indicare ai passeggeri la
direzione da prendersi per andare in un dato luogo.
Nelle vie che si biforcavano tale statua aveva due
teste.
Meretrice.
Capra, perchè per i suoi duri denti, va in cerca
— 632 -

dei germogli e delle parti più tenere delle piante, si-


milmente alla meretrice, la quale mira specialmente
ai giovanetti che, per la loro inesperienza, meglio si
prestano a lasciarsi infinocchiare. Una meretrice Ate-
niese, di nome Nico, venne argutamente soprannomi-
nata Capra, per aver spogliato un certo 1 allo mer-
cante, giovanissiimo, andato ad Atene per comperare
fichi e mele di Caria. Soprannome felicissimo, poiché
il nome tallo esprime tenerezza e germoglio ; cosa tan-
to ricercata dalla capra. Per cui un poeta disse: Di
capra soprannome, o Nico avesti. — Perchè l'amico
Tallo rodesti. — Leonessa. Che questo nome sia stato
dato alle meretrici, si deduce da molti detti e ricordi
degli antichi. Aristofane, nella Lisistrata, nel giura-
mento delle donne, fa dire: 5e io sono leonessa non
è mia proprietà di star in luogo dove si grata il cacto.
Ezechiele chiéuna leonessa Gerusalemme. Dicesi che
alcune meretrici di Megara fossero chiamate sfingi;
perchè, quantunque con testa umana mostrassero in ap-
parenza mansuetudine, col rimanente corpo leonino
dessero però indizio della rapacità e impero verso i
loro amanti; e che le meretrici erano chiamate sfingi
megaresi per vituperio, e ciò per i vergognosi costumi
delle megaresi. Sulla tomba della famosa cortigiana
Laide figurava una leonessa e un montone, simbolo
quest'ultimo della lussuria. Sirena.
Merito occulto.
Coriandolo. Pianta d'odore sgradevole, mentre i
suoi grani spandono un profumo piacevolissimo, e si
adoperano per fare piccoli confetti.
IVIeritricef Vedi Meretrice,
— 633 —
Merodach
Nome di una divinità babilonsee, che credesi rap-
presentas e ipianeta
l Marte.
Merope.
Figliuola di Atlante e sposa di Sisifo figlio di Eolo.
Dopo la sua morte fu cangiata in astro, come le sue
sorelle, e formano la costellazione delle sette stelle
chiamate Pleiadi. Una di queste è meno visibile delle
altre, cioè Merope, la quale, secondo i poeti, non osa
farsf vedere, perchè fu la sola fra le Atlantidi che fu
sposa d'un mortale, mentre le sue sorelle ebbero al-
trettanti Dei per mariti. — Anche im re dell'isola
di Coo chicimavasi Merofje, alla quale diede il pro-
prio nome. Mossa Giunone a compassione dell'estre-
mo dolore cagionatogli dalla morte della propria mo-
glie Proserpina, uccisa da Diana a colpi di freccia,
lo trasformò in aquila e lo pose fra le costellazioni.
Mesembriantemo.
Pianta i cui fiori si aprono soltzmto a pieno sole,
verso il meriggio, e si chiudono verso sera. Vedi Ac-
cidia.
Messaggero della Morte. Vedi Inferno dei poeti
(Sackeville).
Messaggio.
Iride. Allusione a Iride, messaggera di Giunone.
Messenli.
AI. Lettera che portavano sullo scudo come in-
segna militare, e che era anche emblema della Mes-
senia.
Mestieri.
Si rappresentano con gli attributi ricavati da^li
— 634 —

arnesi usati nel singoli mestieri. E.sempio: Martel-


lo, per il fabbro. Spola, per i tessitori, ecc.
Mestizia. Vedi Piacere nato dalla mestìzia.
Meta.
Avvoltoio che vola in alto, simbolo di mira, sco-
po. Gli Egiziani volevano che quest'uccello, dota-
to di vista acutissima, al levar del sole guardasse
verso ponente, e verso l'oriente al suo tramontare,
e visto che avesse, anche lontanissimo, la preda^ ivi
direttamente si dirigesse con volo rapidissimo.
Meteo roiogia.
Ciclope, perchè V ciclopi presiedevano alle fol-
gori e a tutti i fenomeni che si manifestano nell'at-
mosfera.
Metide.
Divinità Greca, che personificava la prudenza e

la saggezza. Era figlia dell'Oceano e di ieli, e fu


la prima moglie di Giove. Vedi Minerva.
Mezzaluna. Vedi Diana — Ecate — Giacomo il
Maggiore {San) — Luna — Siva.
MIagro.
Dio delle mosche chiamato anche Miode. Dicesi
che in certe parti della Grecia, quando sacrificavano
a questo Dio, tutte le mosche volavano fuori del
paese. Vedi Achor — Belzebù.
Michele (San)
Arcangelo. Il nome di Michele, in ebraico Micael
significa: Chi come Dio? Chi mai è simile a Dio?
— Armatura completa, di cui è coperto. Bilancia,
quale giudice delle anime che introduce nel para-
diso. Conchiglia, ricordando il pellegrinaggio alla rn
— 635 —

pe detta Comba, nel golfo tra la Normandia e la


Bretagna, ove apparve S. Michele. Diavolo, sotto
forma di drago che il Santo preme sotto i piedi.
Lancia, con cui trafisse il drago. Scudo. Stendardo,
perchè egli era capo della milizia celeste.
Mida
Re di Migdonia o di Frigia, figliuolo di Gordio
o Gorgia. Dicesi che un giorno, ancora fanciullo,
mentre era addormentato, alcune formiche gli si in-
trodussero inbocca, e vi lasciarono un mucchio di
grani di frumento; ciò che fu presagio della pro-
spera fortuna di quel princip>e. PercorreiKlo Bacco
la Frigia, accompagnato da Sileno e dai Satiri, il
vecchio Sileno si fermò presso una fontana piena di
vino, in un giardino di Mida. Alcuni contadini lo
trovarono ubriaco in quel luogo, e, dc^x> averlo orna-
to di ghirlande e di fiori, lo condussero dinanzi al
re; il quale l'accolse cortesemente, e dopo dieci gior-
ni di banchetti e feste l'accompagnò nei campi di
Lidia e lo restituì a Bacco. Di che lieto il Dio,
volle compensare Mida promettendo di accordare tut-
to ciò che avrebbe desiderato. Mida, non preveden-
do le conseguenze della propria domanda, chiese che
si convertisse in oro tutto ciò ch'egli toccasse. Fu
soddisfatto, e il re credendosi giunto all'apice della
felicità, «i ritirò coirfentissimo dell'ottenuto favore.
Sicccane egli diffidava di tale prerogativa, così pri-
ma di tutto prese un ramo d'albero, il quale fu tosto
cangiato in oro; strappò alcune spighe di frumento,
che pure all'istante divennero le più preziose di tut-
te le mietiture; staccò una mela, che un momento
dopo poteva essere riguardata come una di quelle del
— 636 —

giardino delle Esperidi ; appena egli ebbe toccate le


porte del suo palazzo, tosto cominciarono a spandere
un sorprendente splendore; quando egli si lavò le
mani, l'acqua prendeva un colore che avrebbe ingan-
nato Danae. Fuori di se per la contentezza di pos-
sedere una virtù così straordinaria, abbamdonossi
a tutti i trasporti della sua gioia, allorché fu avver-
tito ch'era preparata la mensa. Quando Mida fu a
tavola, e volle prendere del pane, non trovò che
dell'oro sotto i propri denti, quando gli venne^ pre-
sentato ilvino mescolato coll'aqua, non inghiottì che
liquido oro. Sorpreso di così nuovo prodigio, ricco e
povero nel tempo stesso, egli detesta unamezzo tale opulen-
za, e si pente d'averla desiderata. In ali ab-
bondanza, egli non potè saziare la sua fame, ne spe-

gnere la sete che lo divorava; e quell'or o stesso che


formava l'oggetto di tutti i suoi voti, divenne lo
strumento del suo supplizio. le« Padre Bacco, diss'e-
gli allora alzando al cielo mani, conosco l error
mio! deh tu lo mi perdona, e liberami, ten prego, da
uno stato che del bene non ha se non nto, l'apparenza ».
Bacco, mosso a pietà del suo pentime gli ordmò
sabbie d'allora
di lavarsi nel fiume Fattolo, le cui
In poi divennero aurifere . Un'altr a leggend a relativa
a Miida è la seguente: Pan. applaudendosi un gior-
no, alla presenza di alcune giovani Ninfe che voce, sta-
vano ad ascoltarlo, della bellezza della propria
a
e dei melodiosi suoni del suo flauto, ebbe l'audaci e spinse
di preferir li alla lira e al canto di Apollo;
la propria vanità a sfidare quel nume. Mida, amico
dì Pan, fu preso per giudicare della sfida, e giudicò
fece
la vittoria a favore dell'amico; tutta l'assemblea
-
plauso al giudizio di Mida. Apollo, per vendicar
- 637 -

si gli cangiò le orecchie in quelle di asino. Mida


aveva tutta la precauzione di nascondere tale de-
formità coprendola di una magnifica tiara, ma il
suo barbiere se ne accorse. (Vedi Cannelo).
Miele. Vedi Beatiludine futura — Dolcezza della
verità — Favo.
Mietitura. Vedi Raccolto — Segesta.
Mignatta. Vedi Sanguisuga.
Migrazione delie anime.
Delfino. Gli artisti antichi rappresentavano le a-
nime beate portate da delfini nuotanti verso le isole
fortimate.
Militare. Vedi Arte militare — Discordia militare.
MilTzia.
Aglio, che, come la cipolla, era ritenuto quale
cibo speciale dei soldati. Aristofane, nella commedia
dei Cavalieri, fa menzione di soldati che, prima d'im-
béu-ciu-si sulle navi fecero provvista d'aglio. E al-
trove, ilcoro fa mangiare l'aglio ad Allantopole
(venditore di trippa), per incitarlo a combattere più
valorosamente.
Millanteria.
Idrangea ortensia.
Millefoglie. Vedi Achillea millefoglie.
Milone.
Atleta così robusto che portava un toro sulle spal-
le dopo averlo ammazzato con im pugno. Volendo
un giorno spaccare un albero, gU si serrarono le mani
nella spaccatura, così che senza difesa fu divorato
da un leone, o daù lupi, secondo altri.
— 638 -
Mimo.
Assiolo, che era ritenuto l'uccello sopra tutti gran-
de imitatore.
Mimosa pudica.
Pianta di una singolare eccitabilità. Vedi AbbaU
limento — Moralità — Pudicizia — Sensibilità.
Mineidì.
Erano tre figlie di Mineo, principe Tebano. Vedi
Alcitoe.
Minerva.
Figliuola di Giove, Dea della sapienza, della
scienza e delle arti. Dopo aver Giove instigata Me-
tide, sua prima moglie, a dare un vomitivo a Sa-
turno, per fargli rigettare i figli che aveva divorati;
ella gli annunciò che dopo la figlia di cui essa do-
veva diventar madre, avrebbe avuto un bambino cui
era assegnato dal destino il governo del mondo; e
Giove l'inghiottì per impedire che si effettuasse que-
sta predizione. Quando venne il momento del parto.
Giove sentì vivissimo dolore alla testa, e ricorse a
Vulcano, il quale con un colpo di scure gliela spac-
cò, e tosto uscì dal suo cervello Minerva armata da
capo a piedi. Ella impugnò le armi nella guerra dei
Giganti, e difese con molto valore il suo genitore.
Chi cerca nella favola i miti sociali troverà forse che
Metide è un partito o un regno assorbito da Giove,
che rappresenta maggior potenza, e che si rende for-
midabile dando leggi, fondando instituzioni e ordi-
nando la milizia. E v'ha chi crede che la lotta di
Giove coi Titani sia lotta di due ordini sociali e
trionfo di civilità. Minerva servì nell'antichità a sim-
boleggiare molti avvenimenti: è famosa la sua con-
- 639 -
tesa con Nettuno per dare il suo nome ad Atene: e
gli Dei chiamati a questa lite decisero che avrebbe
vinto chi avesse prodotto la cosa più utile a quella
città. Nettuno percuotendo col tridente la terra fece
balzar fuori il cavallo: Minerva fece spuntare con
i un colpo di lancia l'olivo, ed essa ebbe la vittoria.
I Varrone dà l'origine di questa favola. Cecrope, egh
I racconta, nel fabbricare le miu-a d'Atene trovò un
I olivo
in talee occasione
una fontana:
diede l'oracolo di dare
il diritto di Delfoil nome
consultato
alla
j città a Minerva e a Nettimo: il popolo e il senato
i scelsero il nome della Dea. Vossio crede che vi fos-
I se contesa fra marinai e il popolo e il senato uniti
insieme, e che la vita campestre protetta da Miner-
1 va prevalesse alla vita di pirata cui favoriva Net-
i\ tuno. Varrcme interpreta il mito materialmente, e Vos-
! sio filosoficamente. Intanto è certo che il regno di
f\ Giove simboleggia gli antichi progressi di civiltà, e
(i Minerva rappresenta le scienze, le arti e l'industria,
II che incivilì l'Attica. Ella è vergine pudica: acciecò
t! Tiresia che la vide al bagno, e qui s'intende forse la
;' rivelazione di qualche mistero pimito. Minerva è guer-
f! riera perchè la civiltà non poteva senz'armi propa-
t gare. Essendo ella nata in Libia, spiega forse l'origine
I; della civiltà greca foridata da Cecrope in Atene. Le
ì Minerve furoiK) parecchie, adorate con simboli e cul-
' to divwso secondo i diversi F>opoli. Cicerone ne am-
fi mette cinque: una madre di ApKjllo; im'altra nata dal
i| Nilo, onorata in Egitto; la terza figha di Giove, la
i' quarta nata da Giove e da Corife figlia dell'Oceano,
ìì\ chiamata Coria dagli Arcadi, inventrice dei carri a
Il quattro cavalli di fronte; la quinta, che si dipinge
— 640 —

col calzari, ebbe per padre Pallante, ch'essa uccise


perchè tentò farle violenza. Pausania parla di Mi-
nerva figlia di Nettuno in Africa, che divenne fa-
mosa nei lavori di lana. Minerva era simbolo della
natura, della sapienza, della ragione e del buon gu-
sto. Dicesi che gli abitanti di Rodi furono i primi
a innalzarle altari e che per questa ragione Giove
fece cadere una pioggia d'oro sulla loro isola. Co-
me Dea della guerra, rappresentavasi armata da ca-
po a piedi, con una lancia in mano. Come Dea della
prudenza e delle arti, secondo gli antichi, deve aver
la faccia quasi virile e assai severa nell'aspetto, con
gli occhi celesti, o di un verdiccio chiaro come quel-
li di gatta 0 di civetta; e portare la celata, la co-
razza e aver una limga asta in mano, e lo scudo di
cristallo al braccio. Il Gentile descrive Minerva, che
custodivasi nella cella del Partenone, detta Atena
Parteno, nel modo seguente: « Rappresentava la ver-
gine Dea protettrice di Atene nella serena maestà
della pace dopo la vittoria. Ritta, avanzava di alcun
poco il piede destro; la copriva un semplice chìton,
e a larghe pieghe scendeva ai piedi; nude le braccia
e il collo; il petto coperto dall'egida, nel cui mezzo
effigiato il capo anguicrinito della Medusa; la te-
sta difesa con l'elmetto attico, adorno sul dinanzi da
una figura di sfinge, e sui lati due grifoni in altorilie-
vo, simbolo quella della imperscrutabile sapienza del-
la Dea, questi della vigilante sua custodia come guar-
diana del pubblico tesoro deposto nel tempio. La ma-
no sinistra posava leggermente sull'orlo superiore del-
lo scudo, e insieme reggeva l'asta che come abban-
donata lesi reclinava alle spalle; di sotto allo scudo
-^ 641 —

ergeva il collo un serpente accovacciato. La mano


destra si stendeva innanzi sostenendo sulla palma una
statuetta della Vittoria alata. G>sì era raffigurata la
Dea come se reduce dalla battaglia si raccogliesse nel-
la tranquillità del tempio a deporre l'asta e lo scudo,
quando la Vittoria vola a porgerle corona. Il serpen-
te accovacciato fra i piedi e lo scudo è simbolo di E-
rittonio, mitico re dell'Attica, o anche del popolo a-
teniese prosperauite sotto la protezione della Dea. »
— Secondo Erodoto, in Africa, nei dintorni di una
certa palude, in onore di Minerva, ogni anno cele-
bravasi %na festa in cui convenivano quasi tutte le
fanciulle del paese; le quali divise come in due schie-
re di soldati combattevano insieme accanitamente con
pietre e bastoni; e quella che per comune giudizio si
fosse mostrata più valorosa, e avesse menato meglio
le mani, veniva armata tutta con un bell'elmo in cafXJ,
e postala sopra un carro la menavano all'ingiro della
palude, accompagnandola tutti con solenne pompa; e
quelle che restavano morte in questa lotta, jjerchè so-
vente ne morivano molte, erano credute non essere
siale veramente vergini, e che Minerva le aveva la-
Bciate perire. Poiché essa fu vergine sempre, F>erchè
la vera sapienza che talora rappresenta non si mac-
chia di cose mortali, e si mantiene sempre pura e
monda. Perciò le si sacrificavano vittime pure, e che
erano talora un cignelio, talora un loro bianco e ta-
lora una giovenca indomabile con le coma dorate,
per mostrare che la verginità non è soggetta al giogo
della libidine, ed è tutta pura e candida. Questa Dea
aveva un carro tiralo da due elvelle.
Animali: Civelta. Attributo principale di Minerva,
41 — G. Ronchetti.
— 642 —

da cui le venne il soprannome di Glaucopide, cioè da-


gli occhi di color giallo-verdognolo. Dicesi che questo
uccello le fosse consacrato perchè le civette abbonda»
vano in Atene, ove la Dea era principalmente onorata ;
per cui nacque il detto: tu porti le civette ad Atene,
nel senso di dare agli altri ciò che già posseggono in
abbondanza, e questo o perchè vi erano molte civette,
o per tante monete ateniesi che portavano l'effigie di
questo uccello. Cornacchia. Dicesi che Minerva a
masse una bella giovane che trasformò in quest'uccel-le
lo per sottrarla a Nettuno che, innamorato di lei.
correva dietro sulla spiaggia del mare; e Ig^enne al
suo servizio, ma quando accusò le figlie di Cecrope
la Dea, sdegnata, di bianca che era prima la fece
nera, e la scacciò da sé, prendendo in sua vece la ci-
vetta; donde sì vuole che nascesse una grande nemi-
clzia fra questi due uccelli. Drago, animale consa--
cratole, e che talvolta si vede scolpito nel suo elmo.
Gallo, che gli antichi ponevano qualche volta sull'el-
mo di Minerva, sja come simbolo dell'arditezza ne-
cessaria nei combattimenti, o quello della vigilanza ri-
chiesta nel capitani saggi e gloriosi. Serpente, datole
quale emblema di accortezza e prudenza. I serpenti
che soffocarono Laocoonte e i suoi figli, si rifugiaro-
no nel tempio di Minerva, ponendosi ai piedi della
Dea e sotto lo scudo. Sfinge. — Vegetali: Olivo,
che Minerva fece nascere, e che, dopo essere stato
abbruciato nell'incendio di Atene, rigermogliò nello
stesso giorno e crebbe di due cubiti. — Diversi:
Asta, simbolo della saggia prudenza, la cui potenza
vince ogni cosa per quanto difficile, e sovente s'in-
nalza talmente in alto da raggiungere il cielo. Per-
— 643 —

ciò l'asla di Minerva era lunga. Calalo, perchè Mi-


nerva riputavasi inventrice delle arti del disegno e
dei lavori d'ago. Celata, talvolta sormontata dalla
civetta. Egida. Elmo dorato, perchè l'ingegno umano
accorto è armato di saggi consigli, facilmente si di-
fende da quanto gli può nuocergli, e tutto risplende
nelle belle e degne opere che fa. E l'oro sull'elmo
di Minerva significa che essa sovente è presa quale
simbolo del divino splendore che illumina gli umani
intelletti, e donde viene ogni prudenza e ogni saipere.
Lucerna; perchè Minerva fu la prima che insegnas-
se il modo di spremere l'olio, e p>erchè la scienza non
si acquista se non dopo assiduo studio e lunghe ve-
glie, di cui la lucerna è simbolo. Perciò in Atene le
fu dedicata una hjcema d'oro, che ardeva continua-
mente, mettendovi l'olio soltanto una volta all'anno.
Anche ciò concorre a spiegare perchè l'olivo era
Baerò a Minerva. Peplo, che le matrone facevano dì
loro mano e l'offrivano a Minerva ogni tre anni, op-
pure, specialmente presso gli ateniesi, quando in qual-
che grave pericolo volevano imp>etrare il favore della
Dea. E su questo memto ricamavano o dipingevano
Encelado, o qualsiasi altro Gigante vinto da Minerva
e tcdvolta cuiche gli eroi più valorosi in battaglia, che
meritavamo per ciò maggior gloria. Scudo.
Minosse-
Figliolo di Giove e di Europa, re di Creta, e
giudice nell'Inferno, ove dicono che il Destino gli
pose in mano un'urna, in cui si chiudevano le sorti
dei mortali, e lo costrinse a dimorarvi eternamente
per giudicarli. Dante rappresenta Minosse con una
lunga coda. Vedi Inferno.
— 644 —
Minotauro.
Mostro in forma umana col collo e la testa dì
toro che nacque dagli amori di Pasifea, moglie di
Minosse, e un toro bianco mandato da Nettuno. Pa-
scevasi questo mostro di carne umana. Minosse lo po-
se nel labirinto di Dedalo, nutrendolo del corpo dei
rei condannati a morte, e ix>i dei giovani e delle ver-
gini che da Atene spedivansi in tributo. Teseo, aiu-
tato da Arianna, lo uccise, liberando gli ateniesi
dall'obbligo di mandare i loro figli per essere di-
vorati.
Minta.
Ninfa, figliuola di Cocito, la quale avendo atti-
rato l'attenzione di Plutone, Proserpina, gelosa, la
congiò nella pianta chiamata menta.
Mi od e. Vedi Miagro.
Miosotide.
Pianta erbacea a bei fiori celesti, chiamata anche
non ti scordar di me. Vedi Ricordanza.
Mirmidoni.
Formiche che furono cangiate in uomini. Vedi
Eaco.
Mirra.
Figliuola di Ciniro re di Cipro. Arse di nefando a-
more per il proprio padre, e appagò gli incestuosi
desideri col favore della notte, mentre una festa separa-
va la regina dal marito. Ciniro, presa in mano una fiac-
cola, la riconobbe, e inorridito, fu tentato di ucci-
derla. Mirra fuggì dalla casa paterna e andò a
cercare asilo in Arabia: ivi non potendo soppor-
tare il rimorso e la vergogna della sua colpa, pregò
- 645 —
gli Dei che le togliessero quel tormento. E gli Dei,
mossi a pietà, la convertirono in quell'albero che
produce il prezioso profumo che ebbe il nome di lei,
o, secondo altri, in mirto. Dopo nove mesi l'albero
scoppiò e nacque Adone. Dice anche la favola che
Venere avesse inspirato quella funesta passione a
Mirra, per aver Ciniro esaltata la bellezza di sua
figlia al di sopra di quella della Dea.
Mirra in lagrime. Vedi Pianto.
Mirtea.
Soprannome di Venere.
Mirtillo.
Piccolo arbusto ramoso che cresce nei boschi, i
suoi frutti sono bacche rotonde, di color rosso o nt»
ro. Vedi Perfidia — Tradimento.
Mirtilo.
Cocchiere del Re Enomao, figliuolo di Mercurio;
il quale aveva una bellissima figha chiamata Ippo-
damia; e di cui s'innamorò Pelope, chiedendola in
isposa: ma Ejiomao non voleva concederla che a
colui che sap>esse vincerlo alla corsa dei cocchi; a
condizione però che chi si lasciava vincere doveva
pagare il fio della sua audacia con la morte, p>erchè
egli raggiungendolo alla corsa l'avrebbe trapassato
da tergo con la sua lancia. Pelope si decise a tentare
la prova, il quale, oltre aver a sua disposizione due
cavalli donatigli da Nettuno, si fidò del famoso coc-
chiere Mirtilo, che gli promise da fargli' avere la
giovane purché gliela concedesse per una notte. Il
cocchiere era innamorato della principessa, e con la
lusinga che fosse appagato il suo desiderio, e che
- 646 -
Pelope mantenesse la promessa, levò i cavicchi delle
ruote del cocchio del padrone, sostituendoli con ca-
vicchi dicera. Così Pelope vinse la gara ed Enomao,
essendosi rovesciato il coqchio, si sfracellò la te-
sta, e morì. Quando Pelope fu in possesso della
sposa, Mirtilo gli rammentò la promessa, e Pelope
fu talmente irritato di tale audacia che, afferratolo,
lo gettò nel mare. E il mare in cui fu sommerso quel-
l'infelice fuchiamato Mirtileno.
Mirto.
Il nome di questa pianta, d'origine araba secondo
alcuni, greca {murtos) secondo i più, significa profu'-
mo nell'una e l'altra lingua. Per esalare tutte le sue
parti un gradevole olezzo, e per la perenne verdezza
del suo fogliame, sul quale spicca gradevolmente la
bianchezza dei suoi copiosi fiori, fin dai remoti tem-
pi questa pianta venne consacrata ai riti religiosi:
gli Ebrei portavano rami di mirto uniti alle foglie
di palma nella festa dei tabernacoli; tutti i poeti greci
e latini fecero del mirto un oggetto di svariate e rì-
denti finzioni, consacrandolo specialmente alla madre
d'Amore. Plinio racconta che il mirto fu il primo
albero che i Romani piantarono sulla piazza pubbli-
ca, e che lo riguardavano come sacro. Vedi Al-
le—
grza< Amicizia — Amore — Corona di mirto
— Corona dì mirto e rose — Ferite amorose — Ge-
nio e piacere — Grazia — Grazie — Mirra — Mi-
sericordia — Nozze — Poesia — Venere.
Misantropia.
Parietaria.
Misantropo
Alcione; quale simbolo di persona amante della
- 647 -
\ita ritirata e poco socievole, perchè dicesi che la
femmina di quest'uccello raramente si lascia vedere,
e non apparisce che d'inverno, e p>erchè al momento
di fare le uova il suo volo si riduce a un giro intoriK)
a una nave, per tosto scomparire, in maniera che non
si vede più in nessun luogo. Anguilla, simbolo degli
Egiziani, i quali credevano che mai le anguille si as-
sociassero con altri pesci.
Misantropo ozioso.
Vecchio decrepito che si sostiene sopra un ba-
stone.
Miscillo.
Abitante d'Argo. Non avendo potuto indovinare
il senso dell'oracolo, che gli disse di zmdare a fon-
dare una città dove avesse trovato la pioggia e il se-
reno, edificò la città di Crotona in un luogo in cui
trovò una cortigiana che pizmgeva.
Miseno.
Figliuolo di Eolo, Dio dei venti. Superò tutti ?
suoi contemporanei nell'arte di suonare la tromba. Egli
fu il più stimato nell'eccitare il coraggio dei soldati
alla battaglia. Avendo osato sfidare gli Dei del mare
a chi meglio suonasse la tromba, dicesi che Tritone,
trombettiere di Nettuno, ingelosito del di lui talento,
lo afferrò e lo piombò nelle onde, ove p>erì. Enea,
saputo dalla Sibilla il destino di Miseno, avendone
trovato il cadavere presso un promontorio, che prese
poi il suo nome, gli fece fare magnifici funerali e gli
innalzò un superbo monumento sul monte chiamato
poi Capo-Miseno. Alcimi pretendono che Miseno sia
stato sacrificato da Enea qual vittima per l'evocazione
del padre.
- 648 -
Miseria. Vedi Inferno dei poeti (Sackeville).
Misericordia.
Personificata in un povero pallido, stracciato, do-
lente, infermo, pieno di piaghe, in attitudine abban-
donata, lo sguardo dolente, lagrimoso e pieno di
malinconia, con la testa chinata, il collo torto, le ma-
ni sporgenti e le braccia allargate. — Animali: Av-
voltoio, che si squarcia le cosce. Secondo gli antichi,
durante i centoventi giorni che impiega per allevare
i piccoli, per non lasciarli incustoditi, l'avvoltoio mai
si allontana in cerca di preda, e quando non ne trova
nei luoghi vicini, allora nutrisce i pulcini col proprio
sangue, facendolo scaturire dalle cosce a colpi di
becco. Pellicano, presso i Cristiani, e per il mede-
simo motivo sopra citato. — Vegetali: Cedro, sim-
bolo di misericordia e pietà ; per il suo frutto odoroso
e. di sapore eccellente, a cui si davano virtù grandis-
sime e qualità utilissime di inestimabile giovamento
al genere umano. Gli Ebrei col frutto di questa
pianta celebravano un giorno solenne dedicato alla
invocazione dell'aiuto della misericordia divina. Mir-
to. Cavaliere in mezzo ai mirti, simbolo biblico. —
Diversi: Altare, che presso gli Ateniesi era partico-
larmente dedicato alla Misericordia. Calcedonia, em-
blema della misericordia. Cinocchio. Gli antichi, sic-
come presero l'orecchio quale sede della memoria, il
naso per quella dello scherno, ecc., così il ginocchio
divenne simbolo della misericordia. Domandando mi-
sericordia aiprincipi, si stringevano loro le ginocchia.
Vedi Carità Romana.
Misero.
Uomo che tiene in mano un piede staccato.
- 649 -
Misìe.
Feste che celebravcinsi in onoie di Cerere Misia
in un luogo detto Miseo, circondato da un bosco,
i cui alberi erano tutti eguali, inaffiati d'acqua peren-
ne, che scaturiva da apposite sorgenti. Queste feste
duravano sette giorni, e durante i primi due prende-
vcino parte alle celebrazioni uomini e donne; al terzo
gli uomini lasciavano il sjmtuario, e le donne che vi
restavano eseguivano nella notte certi misteriosi riti,
durante i quali neppure ai cani era permesso di ri-
manere nei sacri recinti. Il quarto giorno gli uomini
rientravano, e le donne facevano loro liete accoglien-
ze, ed essi le ricambiavano con risa e celie e piace-
voli burle.
Misura.
Canna. Nelle medaglie di C. Mamilio, soprain-
tendente alle misure dei termini dei campi; da una
parte figura Mercurio col petaso e il caduceo, e
dall'altra, Mamilio con una canna in marno, e ai suoi
biedi un cane in atto di abbaiare. La canna, i cui
ipazi fra i nodi rappresentavano ora i palmi ora i
piedi, era emblema della misura. Il cane era simbolo
della buona fede richiesta in chi veniva affidato quel-
l'incarico; eMercurio raffigurava la concordia che
doveva derivare dalla determinazione dei confini. Dito,
simbolo che si trova tamto nella Bibbia, quémto pres-
so gli Egiziani e i Greci.
Mito.
Narrazione che espone e svolge in forma di tra-
dizione storica e religiosa un fatto fisico o morale,
una legge naturale o della mente. Differisce dall'a/-
legoria, in ciò che è un prodotto spontaneo dello spi-
- 650 -

rito popolare in un'epoca primitiva, mentre l'allego-


ria deve la sua origine al pensiero individuale che
adatta a un concepimento riflesso una forma arti-
ficiale. Si distingue anche dal simbolo, in ciò che e-
sprime successivamente gli elementi dell'idea che il
simbolo rende intiere a un tempo con un'immagine,
come la dizione omerica, che scaglia ì suoi dardi, in-
dica Apollo e gli dà Varco per emblema. Un mito
può avere un senso storico, fisico o morale: il senso
storico suppone un fatto reale; per esempio, la ge-
neologia di Eaco, detto figlio di Giove e di Egina,
ha un fondamento che fu re di Egina, e fu detto
nutrito di dove, titolo comune agli antichi re. Il
senso fisico si trova nei miti antichi che procedono
dal naturalismo: per esempio, nella massima parte
degli irmi del Rig-Veda (dottrina degli Indù che
contiene l'evidenza della sua verità, cioè a dire la
rivelazione), il ritorno del giorno e della notte, la
lotta fra la luce e le tenebre durante i temporali e
gli altri fenomeni solari, sono rappresentati in tutti
i loro particolari con immagini tanto poetiche quanto
svariate, di cui molte hanno la loro analogia nella
mitologia greca. Il senso morale spiega alcuni miti,
come la favola di Pandora, la favola dell'Amore e
Psiche, ecc. I vari aspetti che offre così uno stesso
mito ha prodotto vari sistemi di interpretazione pres-
so gli antichi e i moderni.
Mitologia.
Propriamente è la storia favolosa degli Dei, se-
midei, ed eroi, ma più sovente si estende a tutte le
religioni dell'antichità, alla spiegazione delle loro ce-
rimonie, dei loro misteri, dei loro miti; in questo
- 651 -
senso abbiamo la Mitologia greca, la Mitologia indi-
ca, la Mitologia scandinava, ecc. I Greci, tanto no-
tevoli per le eminenti qualità dell'ingegno, cercarono
di trovare un senso ragionevole ai miti che presentava
loro Omero, sebbene ne ammirassero la poesia. Cer-
carono quindi tre modi di interpretazione che hanno
anche oggi certi partigiani. — Interpretazione morale:
queste favole sono state inventate dai saggi per for-
tificare leleggi e insegnare le verità morali; questa
spiegazione non serve che per certi miti p>oetici, per i
misteri filosofici e per le allegorie. — Interpretazione
storica: gli Dei sono re o eroi trasformati dall'imma-
ginazione in esseri divini. Questa teoria alla quale
Evemero diede il suo nome, da molti altri autori am-
messa parzialmente, servì ai padri della Chiesa per
combattere il pagsuiesimo. — Interpretazione fisica
e metafisica: gli autori dei miti si proposero di far
conoscere al volgo certe teorie fisiche, cosmogeniche e
teologiche, sia in una fraseologia loro particolare,
sia in un linguaggio destinato a velare piuttosto che
svelare i misteri della loro scienza sacra.
Mitra.
Genio della mitologia persiana, al quale furono
assegnate molte qualità e uffici, e vuoisi che fosse
stato il principale mediatore fra Ormuzd e gli uo-
mini, rappresentato come dotato di mille orecchie e
diecimila occhi. Egli è il vincitore dei tiranni e dei
demoni, quello che dà sicurezza alle città, e fertilità
alle campagne; egli è il protettore vigilante, l'eroe for-
tissimo, iltrionfatore invincibile, il genio della verità
e dell'amore. Esisteva un altro Mitra, diverso del pre-
cedente, efu fin da antichi tempi oggetto d'un culto
- 652 -

speciale misterioso; e che gli iniziati ai misteri lo ri-


conoscevano come il sole, Mitra Apollo. Era rappre-
sentato con una figura lunga d'uomo magro, barbuto,
con una grossa testa, munito di piccole ali; le gambe
strettamente unite, col corpo avvolto da un serpente,
la cui testa usciva per di dietro sull'estremità del capo;
con le braccia strette al corpo e l'avambraccio pinato
verso il petto, tenendo in ambo le mani una chiave,
e nella destra anche un bastone. Ai piedi aveva il
caduceo e un corvo. Oppure, più sovente, sotto for-
ma d'un giovane, coperto dal berretto frigio, con una
specie di mantello fluttuante gettato dietro le spalle.
Egli rattiene con la mano sinistra un toro per le
corna, e nella destra impugna il coltello per im-
molarlo.
Mitra.
Specie di ornamento da portare in capo, di sva-
riata forma, che fu in uso non solo nei tempi antichi,
ma anche nei moderni, e lo portano specialmente
nelle cerimonie della Chiesa cattoHca e greca i ve-
scovi, gli arcivescovi e i cardinali. Vedi Adolfo
[Sani') — Barnaba (San) — Bernardo (San) —
Bruno {San) —— Vescovo. Niccolo (San) '— Tommaso d'A-
quino (San)
Mnemosine.
Così chiamavano i Greci la Dea della Memoria,
figliuola del Cielo e della Terra, cui Giove sotto lo
aspetto di un pastore rese madre delle nove Muse.
Ella si sgravò sul monte Piero, di che le Muse dicon-
8Ì anche Pieridi. Generalmente si attribuisce a Mne-
mosine ilprimo uso di tutto ciò che serve a richia-
mare alla memoria le cose di cui bramiamo ricor-
— 653 —
darci. Raffaele Mengs rappresentò questa Dea seduta
sopra una sedia a braccioli, con un piede sopra uno
sgabello, in atto di toccarsi l'estremità di un orec-
chio con una mano, per far allusione al suo nome.
L'altra mano posa negligentemente sul seno, attitudi-
ne delle persone immerse in riflessioni profonde.
Moderazione-
Agnello.
Modestia.
Mammola, fiore d'odore soave, che si nasconde
quasi fra le foglie; e con cui i Celti e i Greci orna-
vano ilferetro delle fanciulle vergini. Occhi abbassati.
Velo, sotto cui la modestia nasconde le proprie fat-
tezze. Veste bianca, emblema di modestia e di un a-
nimo che, contento del proprio stato, nulla sembra
desiderare oltre.
Moglie prodiga e marito economo. Vedi
Marito economo e moglie prodiga.
Moglie che odia il marito.
Vipera, la quale, secondo gli éintichi, congiungen-
dosi col maschio ne prende in bocca la testa, e nel de-
lirio del piacere gliela mozza, uccidendolo; similmen-
te a donna che abbia in odio il proprio marito, la
quale pur sottomettendosi alle sue carezze, in cuore
gli augura la morte.
Moire. Vedi Parche.
Molestie.
Donna, fuoco, mare. Un poeta greco disse: //
mare, la donna e il fuoco son ire mali. Come se que-
ste tre cose fossero moleste agli uomini. I teologi vo-
gliono che nella Bibbia simboleggino le molestie e
— 654 —

la calamità, quale prova della fortezza umana, rife-


rendosi, per esempio, al detto del salmo: Siamo pas.
sali per il fuoco e per l'acqua.
Mollezza.
Capelli, che presso i Greci e i Latini furono segno
di morbidezza e rilassatezza; perciò volendo ingiu-
riare un fanciullo, lo chiamavano chiomato.
Mollezza lasciva.
Dito che gratta la testa; simbolo di grandissima
delicatezza carnale. Il'qual vizio fu attribuito da Plu-
tarco aGneo Pompeo talmente, che perfino dai ne-
mici gli fu rimproverato usare tal gesto. Inoltre un
segno di lascivia era ritenuto anche l'eccessiva cura
delle mani e degli anelli alle dita.
Moloch.
Nome sotto il quale la Bibbia indica una divinità
adorata dagli Ammoniti, e in generale dai Fenici.
Gli si sacrificavano fanciulH. Moloch era rappresen-
tato sotto la forma mostruosa d'un uomo, con la fac-
cia di toro; nell'interno s'accendeva un gran fuoco il cui
ardore consumava le vittime umane poste nelle brac
eia del mostro, questa statua era di metallo e Diodoro
dice ch'essa aveva le braccia assai distese per ricevere
i disgraziati che gli si offrivano.
Molta apparenza e poca essenza.
Folaga. Dicesi che nel deporre le uova questo uc-
cello mandi grida acutissime, mentre i suoi pulcini
nascono con molte penne e poca carne.
Momo.
Figlio del Sonno e della Notte, Dio dei motteggi e
delle arguzie. Satirico fino all'eccesso, ordinariamen-
— 655 -

le occupavasi nell'esaminare le azioni degli Dei e


degli uomini, nel metterli in ridicolo, nel beffarsene e
rimproverarli senza discrezione alcuna. Scelto da Mi-
nerva, da Nettuno e da Vulcano per giudicare le loro
opere, egli le criticò tutte. Nettuno doveva mettere le
corna al toro davanti gli occhi, per meglio colpire, o
almeno alle spalle, acciò portasse colpi più forti; la
casa di Minerva gli sembrò mal ideata, perchè non
era abbastanza movibile, per poterla facilmente tra-
sportare quando si avesse la disgrazia di un cattivo
vicino. Riguardo poi all'uomo di Vulcano, avrebbe
desiderato che il Dio gli avesse fatto una piccola fi-
nestra al cuore, per poter scoprire i suoi segreti pen-
sieri. Venere stessa non potè sottrarsi ai maligni suoi
frizzi ; ma siccome essa era troppo perfetta per dare
argomento alle sue censure. Momo trovò che la di
lei calzatura non era punto regolare, e che faceva,
camminando, troppo rumore. Questo Dio viene rap-
presentato nell'atto di togliersi la maschera dal viso,
e tenendo in mano uno scettro da buffone, emblema
della follia; oppure con la maschera aderente al vi-
so, lasciando vedere l'aspetto beffardo, scuotendo con
una mano dei sonagli, tenendo nell'altra lo scettro.
In certi epigrammi greci viene descritto in forma di
vecchio magro e secco, pallido, con la bocca aperta
e chinato verso terra, che percuote con un bastone, che
ha in mano, forse, dicesi, perchè tutti gli Dei degli
antichi furono detti figli della terra.
Momordica piccante.
Il nome di questa pianta viene dal latino mordos,
io mordo. Vedi Critica — Sarcasmo.
Monachella. Vedi Convallaria.
_ 656 —

Monastero- Vedi Agostino (SanC).


Mondo.
uomo coi
Gli antichi lo rappresentavano con uno
colori che lo copriva
piedi uniti, con una veste a vari una sfera
fino ai tallon i; il quale soste neva col capo
o un globo d'oro. Aveva i piedi riuniti porta per signifi-
care la fermezza, la stabilità della terra; va una
quale segno della variet à e
veste lunga e variegata,
elemen ti, e delle cose che da
grande quantità degli
arono , e di cui la terra si veste e s
questi si gener
ricopre; delgli posero sul capo il globo d'oro, come sim-
bolo cielo. — Scarafaggio, simbolo egiziano L
lare delU
noto che lo scarafaggio stercario usa svolto
dagh antich
pallottole di sterco; operazione che viene
o tempo dell anno, tro-
così descritta. In un determinat
vando lo scara faggi o dello sterco di bue alcuni le
pallot
vogliono d'asino) lo ravvolge formandone delle
la form<
toline. in tal modo d'imitare in principio
e rigira ndola, con le zamp*
del mondo, quindi, sempr
e; mentr.
posteriori le spinge dall'oriente all'occident quasi ch(
l'insetto rivolto indietro, guard a l'orie nte,
a fog
prendesse il cielo per modello, per industnarsi
che quell e pallot tolin
giarne l'immagine. Si credeva
essero già il seme dello scaraf aggio il qua.
conten
si trasformasser
generasse prima dei vermicelli, che
ciò nel mod
poi in certa e determinata forma, e tutto ma ce
in cui fu fatto tutto il mondo . Globo , emble
simo. Tempi o. Gli antich i roman i costruirono u
munis
che chiama
tempio rotondo, con cupola emisferica, , consa
vano Mondo. La parte sotter ranea del tempio
dei morti, non si apriva che tre voU
crata alle anime
facce nd
all'anno, nella qual ricorrenza cessava ogni
- 657 -

della Repubblica: non si combatteva, ne si elegge-


vano soldati, non si radunava il popolo, ecc., se non
un'estrema necessità lo esigeva.
Moneta.
Soprannome dato dai Romani a Giunone, sia
perchè ella presiedesse alla moneta, sia perchè, co-
me dice Cicerone, quella Dea avesse avvertito di im-
molare una scrofa pregna per far cessare un violento
terremoto, donde fu detta Dea monitrice, o moneta. E'
certo per altro che nel ten^io erettole sotto questa
denominazione essa veniva rappresentata col martel-
lo, l'incudine, le tenaglie, e il conio della zecca. Se
ne vede l'effìgie sulle medaglie consolari, e su quel-
la dell'impero questa è ripetuta tre volte per indica-
re itre metalli di cui si facevéino le monete. La ter-
za regione di Roma aveva ricevuto il nome dal tem-
pio di lei.
Moneta.
Bue. Omero ci racconta che l'armatura di Dio-
mede costava soltanto nove buoi, mentre quella di
Glauco ne costava cento. L'etimologia della p>arola
latina (pecunia) significante moneta, e tutti i suoi de-
rivati, testificano che il bestiame (pecus) fu la prima
moneta dei Romani. Di ciò venne, che le monete co-

chezza.niate in seguito, p>ortavano l'effige del bue. Vedi Ric-

Moneta d'argento. Vedi Argentina.


Moneta del Papa. Vedi Lunaria.
Moneta di rame. Vedi Aesculamus.
Monogramma di Cristo.
tL,' formato da un X e im P grechi intrecciati, o
., anche da im P greco la cui asta è traversata da u-
— 658 —
na linea orizzontale in modo da formare una croce
ansata egiziana, ottenendo le seguenti figure: ^ . j
Vedi Cesù Cristo.
Monosceli. Vedi Scìapodl
Montone, Vedi Àbramo — Carro tirato da montoni
— Custodia — Ferocità — Giugno — Guerra —
Lussuria <— Mercurio — Passione per le vecchie
— Principio dell'anno — Rivalità — Salubrità
— Testa di montone.
Montone dal vello d*opo. Vedi Frisso.
Mora. Vedi Africa.
Moralità.
Mimosa pudica.
Morello-
Colore violaceo. Vedi Elevazione.
Morfeo.
Uno dei ministri del Sonno. Addormentava tut-
to ciò che toccava con un gambo di papavero e fa-
ceva sognare.
Moro. Vedi Gelso — Piramo.
Morte.
Figilia della Notte e del Tempo e sorella del Son-
no. Abitava gli antri eterni, ed era la più implacabi-
le fra tutte le Dee. Rappresentavasi in figura di don-
na livida e macilente, con faccia trista, gli occhi chiu-
si o rivolti a terra, ma pure con tratti nobilmente gra-
vi. Annata di falce e fornita di orologio a polvere di
suo padre, par che aspetti l'ora per mietere colui,
che le è indicato dal Destino; e perchè rapida col-
pisce ha larghe ali, talora di pipistrello. TalvoUa un ,
Genio tristo e immobile che spegne in terra una fiac-^
- 659 —

cola rappresenta la morte, e perchè più estetica que-


sta figura, venne anche assunta dall'arte moderna per
simboleggiare la medesima cosa. Si vede anche rap-
presentata da uno scheletro «umnéuitato d'un drappo
nero, sparso di stelle, con le ali e talvolta con una
falce in mano. Alla morte si diede un cano tirato da
quattro cavalli neri.
Animali: Avvoltoio, presso gli amtichi simbolo del-
la Natura e della morte. Già presso gli Iberi gli av-
voltoi si ponevano davauiti le sepolture, come presso
gli Ircani si mettevano i cani. Civetta, che fu sempre ri-
tenuta come segno di cosa mortifera e infelice. Al-
cuni ricavano questo simbolo dal fatto che la civetta
vaga di notte, la quale è presa per la morte come ri-
sulta dal seguente verso: Si serran gli occhi in unC'
tema notte. Formica, secondo gli interpreti dei so-
gni, ritenendo le formiche figlie della terra, e abitéuio in
buche sotteranee, dentro cui si pongono i cadaveri
dei morti. Callo, che sacrificavasi alla Morte, e che
era simbolo del risveglio alla vita etema. Cufo, ri-
tenuto come segno di morte e di malaugurio; viven-
do esso nelle tenebre della notte che, come si disse
rappresenta la morte. — Vegetali : Cipresso, attributo
della morte. Anche presso gli indovini era segno di
morte. Narrasi che un certo Eliop)e, buffone fcunosis-
simo, presentatosi davanti a Severio con una corona di
cipresso, l'imperatore, offeso dal suo colore, gl'impose di
levarglisi davanti, e a questa intimazione, disse a
Severio: Tu hai fatto il tutto: tu hai vinto il tutto:
ormai così vincitore fia Dio. E pochi giorni dopo Se
verio morì. Pino, ptichh si voleva che una volta ta-
gliato non germogliasse piii. — Diversi: Capelli fa.
gitati. Secondo la mitologia Alceste non poteva morire
— 660 —

finché Mercurio, mandato dal Cielo, non gli avesse ta-


gliati capelli.
i Coltello. I Sciti, nei giuramenti solenni
invocavano quali testimoni il vento e Vacinare (col-
tello) ilquale, come per gli Egiziani, era segno di
morte, allusione
Ferro, e ij^ ventoallesimbolo dell'anima,
armi. Fiaccola cioè Framea.
spenta. la vita.
Nella Bibbia, come tutte le armi, anche questa è sim-
bolo della morte. Così la pigliano i teologi riferen-
dosi al passo del Salmo che dice: Libera V anima
mia dalla framea, cioè dalla morte. Nero, emblema
della notte. Piombo, attributo della morte, per la sua
pesantezza e il suo colore appannato. Rocca col fi-
lo rotto e il fuso per terra; allusione alla Parca A-
tropo. Scheletro.
Vedi Augurio di morte — Eurinome — Inferno
dei poeti (Sackeville e Milton) — Messaggero della
morte — Orco — Vita e morte.
Morte difficile.
Testa di testuggine. Allusione a chi, quauitunque
mortalmente ferito difficilmente muoia ; perchè si vuo-
le che la testa di tartaruga, specialmente marina, stac-
cata dal corpo conservi ancora tanta vitalità da man-
tenere gli occhi per qualche tempo socchiusi, e li a-
pre e chiude accostando loro la mano, anzi avvici-
nandola alla bocca tenta di mordere.
Morte naturale e morte violenta.
Fuoco, che lasciato consumare da sé stesso, sim-
boleggia lamorte naturale ; mentre, spento con vio-
lenza, èsimbolo di morte precurata col suicidio.
Morti. Vedi Amanti morti — Anime dei morti.

i
Morti per la patria.
Colonna. Dicesi che in Atene esistesse un luogi
— 6ól —

detto Ceramico, posto fuori della città, dove veni-


vano seppelliti a sp>ese del pubblico coloro che mori-
rono combattendo per la patria, e in loro memoria
s'innalzavamo ivi colonne con l'inscrizione che indi-
cavano la guerra in cui ciascuno dei combattenti era
caduto.
Mortili c£tzione.
Cilicio.
Morto risuscitato. Vedi Elena (Sanf).
Mosca. Vedi Achor — Belzebù — Desiderio car-
nale — Importunità — Indocilità — Miagro —
Pertinacia.
Mosca canina. Vedi Cinico.
Mosè.
Capo e legislatore del popolo Ebraico, Re Farao-
ne avendo veduto in sogno una bilancia e una ma-
no che pesava tutti gli Egiziani in un guscio della
bilancia, e nell'altra un bambino ebreo che pesava
più di tutto il suo regno, ne concluse che egli dove-
va temere per la sua potenza ; e prestando fede a tut-
ti gli indovini del paese, ordinò alle levatrici di ster-
minare tutti i bambini maschi, ma Dio permise che
Mosè fosse sottratto a quest'ordine .barbaro, nel mo-
do conosciuto, narrato nella Bibbia. — Colonna sor-
montata dal seri>ente di bronzo ch'egli innalzò nel
deserto. Corna, emblema di dignità. Rovo ardente,
in cui gli apparve Dio sul monte Herob. Serpente
di bronzo. Tavole della legge, decalogo, dettato da
Dio a Mosè sul monte Sinai. Verga, con cui fece
miracoli, fra i quali, due enormi leoni che custodi-
vano il palazzo di Faraone, toccati con la verga,
prostrandosi umilmente gli leccarono i piedi.
— 662 —
Mostro marino-
Essere favoloso metà uomo e metà pesce. Secon-
do alcuni, simbolo della doppia virtù dell'acqua, che
talora giova, talora nuoce. Vedi Tritone.
MoticeUa.
Uccello che dimena continuamente la coda, co-
nosciuto inItalia sotto vari nomi di batticoda bianca,
ballerina, monachina, ecc. Vedi Incantesimo.
Mugherino o Mughetto. Vedi Convallaria.
Mula. Vedi Astinenza sessuale — Avvenimento
fortuito — Donna avversa al concepire — Sterilità.
Mulo. Vedi Bastardo — Ostinazione — Servizio
scambievole — Testardaggine.
Munlfìoeinza.
Animali: Elefante. Tra le virtù regali, la muni-
ficenza èquella che maggiormente soleva acquistare
la benevolenza dei popoli, e per farne mostra i gran-
di principi ricorsero all'elefante come emblema di
questa virtù: sia perchè quest'ajiimale fosse ritenuto
d'indole assai liberale, o per essere creduto grande-
mente benevolo verso gli uomini. Così, nelle meda-
ghe d'Antonino Pio, e in quelle di L. Settimio Se-
vero, figura un elefante con la proboscide incurvata
verso l'alto, con l'inscrizione MVNIFICENTIA
AVG. Pecora, quale simbolo di abbondanza. —
Vegetali: Cece. Presso i Romìmi era un atto di
munificenza distribuire ceci al popolo. Cicerone di-
ceva che i Questori potevano fare cosa più munifica,
se quanto spesero in ceci si fosse impiegato in altre
cose più giovevoli alla Repubblica. Orazio parland-^
di ambiziose donazioni, disse:
— 663 —

In ceci, in fave, e in lupini spendi


Ogni tuo bene, onde tu possa lieto
Pel circo gir vagando, e il popol tutto
Ai tuoi don grato, la tua statua onori.
Mentre infelice, e stolto, ignudo e privo
Del paterno tesor misero vivi.
Murcia.
Nome di Venere, sotto cui questa Dea era ado-
rata in Roma, perchè aveva preso le mura sotto !a
sua protezione.
Murena.
Specie d'anguilla. Vedi Adulterio — Amatore
delle donne altrui — Tolleranza dei costumi del ma-
rito.
Musa.
Testa di donna senza ornamenti e coi capelli le-
gati di dietro con un nodo, o disordinatcunente spar-
si, secondo Diodoro, è emblema dell'inspirazione, il
genio del poeta.
Musco.
Pianta che cresce sui muri, sui sassi e sul tronco
degli alberi. Vedi Amore materno.
Muse.
Dee della poesia e protettrici delle scienze e delle
arti. Furono in origine come tante Ninfe delle fonti
inspiratrici, presso a cui venivano venerate, e nei di-
versi luoghi ebbero anche nomi diversi, finche pre-
valse ilculto tracobeotico delle nove Muse, che si dif-
fuse dalla Beozia sulle altre parti della Grecia, e
fu da ultimo generalmente adottato. La genealogia
delle Muse non è la stessa in tutti gli scrittori, ma i
più si accordano nell' ammettere che esse fossero le
— 664 —

ap-
figlie di Giove e di Mnemosine, nate nella Piena,
pie dell'Olimpo. La nutrice delle Muse chiamava-
si Eufeme (U fortunata, la onesta, la pia, la com-
mendevole), e ai piedi del monte Elicona ergevasi
la costei statua accanto a quella del poeta Uno. Ri-
guardo al numero delle Muse, è certo che m origine
solo tre avevano culto sul monte Elicona nella Beo-
zia, ed erano Melate (meditazione, e quindi cura,
esercizio, industria, diligenza), Mneme (memoria,
menzione, da cui Mnemosine, memoria per eccellen-
za, ossia la madre delle Muse, quasi rammen tatrice
di tutto alle sue figlie) e Aede (canto, carme, fa-
ma). Dicesi che il macedone Piero sia stato il pnmo
a introdurre il culto delle nove Muse dalla Tracia a
tem-
Tepsia, ai piedi del monte Elicona, dove avevano
pio e statue, e i Tepsi celebravano sullo stesso monte
una festa solenne alle Muse, che si chiamava le Mu<
see, ogni cinque anni, con ogni sorta di giuochi pubbli-
ci e scenici. Anche 11 monte Parnaso era alle medesi-
me sacro, con la fonte Castalia, presso a cui avevano
un tempio. — I diversi soprannomi con cui vengo-
no indicate le Muse dai poeti traggono per la massi-
ma parte la loro derivazione- o dai luoghi che erano
a esse sacri, o da quelli in cui erano venerate, mentre
parecchi altri esprimono la dolcezza dei loro canti.
Eccone i principaH: Agamppidt, dalla fontana dlp-
pocrene che portava il nome di Aganippe; Aoidi, dal-
le montagne d'Aonia nella Beozia; Camene o Dee
dell'ameno canto, dal latino cantus e amanm; Ca-
stalidi, da Castalia, fonte del Parnaso; Elkonidi, da
Elicona, montagna nella Beozia; lUssiadi. da II-
lisso, fiume nell'Attica; Libeirìd'i, di Libetra, fon
tana in Magnesia; Meonidi, da Meonia; Olimpiadi
— 665 -

o Olìmpiche, dal monte Olinqx); Pegasidl, dal fa-


moso cavallo alato Pegaso, che d'un colpo di piede
fece scaturire la fonte d'Ippocrene; Pieridi, da Pie-
ria o anche da Piero; Tespiadi, dalla città di Tep-
sia. A queste dodici denominazioni qualificative prin-
cipali aggiungonsi altre diciasette, derivanti all'incir-
ca dalle medesime circostzmze già enunciate, e sono:
Alate, Ardalidi, Citeriadi, lonzie sorelle. Ligie, Li-
die, Mnemosinidi, Parnassidi, Pamassie, Partenie,
Partenidi, Paieidi, Pimpleadi, Pimplee, Pimplie,
Tepsie e Vergini, per antonomasia, a denotare in
qualche modo che debbono essere scevre e monde di
ogni bruttura. — I nomi delle muse sono i seguenti:
Clio, Dea della storia ; Euterpe, Dea della mu-
sica e la poesia lirica; Melpomene, Dea della tra-
gedia; Talia, Dea della commedia; Polinnia, Dea dei
canti religiosi e mitici e delle allegorie; Erato, Dea
della poesia erotica e amorosa e della mimica; Ter-
sicore, Dea dei cori danzanti e ccuitanti; Urania, Dea
dell'astronomia; Calliope, Dea della poesia q>ica.
(Vedi questi nomi). Si dice che le Muse furono
così nonvnate, e di questo numero, perchè nove pro-
prietà appunto sono richieste a chi desidera pervenire
alla perfetta cognizione di qualche scienza: la pri-
ma, Clio, significa gloria, che per la gloria s'induce
principalmente l'uomo a dar opcTd alla scienza: la
seconda, Euterpe, vuol dire grazia di Dio, il cui
favore bisogna chi vuole perfettamente imparare: la
terza. Melpomene, rappresenta il diletto, poiché se
la scienza non dilettasse, mal si affaticherebbe alcu-
no per acquistarla: la quarta, Talia, significa ca-
pacità, abbisognando a colui che vuol imparare es-
sere capace, e intelligente di quello che legge: la
— 666 —

esprime molta memoria, essendo


quinta Polinnia,
una delle cose princi palmen te necess arie per
questa
one di
imparare: la sesta. Erato, vuol dire mvenzi
perchè colui che impar a ha bisogn o di
cose simili,
ragionamenti per trovare anch'egli cose nuove simili:
1 uo-
la settima. Tersicore, significa giudizioso, perche le
mo dotto deve aver buon giudizi o nel sceglie re
Urania,
cose buone e rigettare le cattive: l'ottava,
divini tà; perchè col scegli ere la par^e
rappresenta la
la
migliore si acquista il nome di celeste e divino:
pe, equiva le a perfez ione di scienza , ed
nona, C-allio
quan-
è la superiore e il capo di tutte le altre, ipoiche
do l'uomo è perfetto non ha più brsogiK) di altrui
Muse veni-
aiuto, ma egli è il superiore di tutti. Le
vano coronate di vari fiori e divers e frondi. L,li an-
re che le arti liberal i e tutte le scienze
tichi per mostra
insieme , diping evano
si seguono, e sono come legate
con 1 altra, moven-
le Muse tenendosi per mano l'una
che le guidava
do graziose danze in giro; e Apollo,
che illustra 1 umano
rappresenta quel lume superiore
mezzo a loro; e ciò perche
intelletto, oppure stava in virtù.
Apoll o diffon de ovunq ue la sua
alle Muse. --
Animali: Ape. Cigno. Ambi sacri
lette e delle Mu-
re
Vegetali: Canna, emblema delle
se Lauro, perchè riten evasi che quest albero confa-
cesse all'inspirazione, o perc hè gli antichi credevano
col suo sapo re si acqu ista sse la tacolta
che soltanto
erva sempre ver-
poetica, o piuttosto perchè si cons poeti ver-
de donde si dice che i versi dei buoni
no perpet uament e nell a bocc a degl i uomini.
deggia
per esser e quest al-
_ Diversi: Corona di palma; a e dal
bero dehzio so semp re verd e, di diffi cile salil
cui avevang
frutto dolce. Penne di diversi colori, con
— 667 —

cinto il capo; e ciò o per ricordare la vittoria delle


Muse riportata nella sfida al canto voluta dalle figlie
di Piero, che furono cangiate in gazze, o per la stes-
sa vittoria r^rtata nel canto con le Sirene.
Musica.
Animali: Cicala posata su un liuto. Dicesi che i
Greci innalzassero una statua a Eunomo citaredo, con
la cetra, su cui posava una cicala, e ciò p>erchè egli,
sfidato al canto da Aristone Meggino, fu vinto per
esserglisi spezzata una corda, la cui voce venne però
tosto supplita da una cicala, che gli volò sopra la
cetra. Cigno. Diversi di questi uccelli in riva a un
laghetto, o fiume, in atto di cantare, gareggiando fra
loro, e un puttino che dirige il tempo, rappresentante
la loro cantilena ed emblema di zefiro, che dolce-
mente inspira e invoglia al canto, e col suo soffio gon-
fia e fa tremulare le piume dei cigni. Ro^ignolo, sim-
bolo di musica perfetta, per la sua voce melodiosa, e
le variate e molteplici modulazioni di tono del suo
canto. — Vegetali: Canna palustre, allusione alla
zampogna di canne fattasi dal Dio Pan. Diversi:
Lira. Liuto. Zampogna. Vedi Apollo Lìrico — Ane-
mico della musica.
Mut o Maut.
Dea Egiziana, che rappresentava la madre uni-
versale della natura; o il principio passivo di tutto
l'universo. Sul tempio della Dea vf era quest'iscrizio-
ne: Io sono ciò che fu, ciò che è e ciò che sarà: niu-
no finora ha sollevato il velo che mi copre: il frutto
che ho partorito è il sole. Sarebbe difficile trovare e-
spressioni più grandi per simboleggiare la Divinità
creatrice. L'animale col quale gli Egiziani intende-
— 668 —

vano di concretizzare questo principio è l'avvoltoio,


come quello che ha annessa l'idea del sesso femmi-
njile e della maternità. I monumenti egiziani la mo-
strano sovente o ritta, o seduta accanto del prin-
cipio maschio Ammone. Talora ha il volto o la testa
d'avvoltoio, e spesso quella di femmina. Tiene nella
mano destra il tau, e nella sinistra un lungo scettro a
calice di loto, con le foglie aperte.
Muta- Vedi Silenzìa.
Mutabilità.
Palla. Ruota. L'una e l'altra simbolo della mu-
tabilità delk cose.
Mutante. Vedi Castità.
Mutino. Vedi Nozze.

N.
N.
Consonante che in tutte le lingue indica l'idea di
figlio, di essere prodotto o generato, di frutto, di tutto
ciò che è nuovo; non è quindi da meravigliare che
nella scrittura geroglifica venga rappresentata sotto
la forma di un frutto ancora attaccato all'albero che
lo generò.
Nahum.
Settimo nella serie dei dodici profeti minori. Ve-
di Profeti.
Naiadi.
Divinità femminili che presiedevano ai fiumi, alle'
fontane a i laghi. Erano loro che nutrivano le piante ,
— 669 —

e quindi anche le bestie e l'uomo; perciò erano rite-


nute in grande venerazione. Egle era la più bella. Si
lappresentano come giovani e leggiadre Ninfe, tal-
volta con un'urna in mano o ai piedi.
Napee.
Nome delle Ninfe che presiedevano ai prati e ai
boschetti.
Napoli. Vedi Parlenope.
Narciso.
Figliuolo del fiume Cefiso e di Liriope. Era di
bellezza straordinaria, e siccome riuniva in gè le
attrattive d'ambo i sessi, così fu del pari amato dai
giovani e dalle fanciulle; ma egli era insensibile e
pieno di tzmta vanità, che nessuno fK)tè piacergli. Un
certo Aminia, che egli aveva sprezzato più degli
altri, quantunque lo amasse di più, per disperazione
si uccise, pregéuido -gli Dei di vendicarlo. Possa egli
amare, disse in atto di collera, una delle donzelle
ch'egli aveva più delle altre disdegnato, e non posse-
dere giammai l'oggetto delle sue tenerezze! La qual
cosa poco tempo dopo si verificò. Avendo un giorno
veduta la propria imagine nelle acque di una fonta-
na, se ne innamorò talmente, che non potendosi al-
lontéinare dallo specchio d'acqua, né godere l'ogget-
to dell'amor suo, poiché inutilmente sforzavasi di af-
ferrare lapropria imagine immergendo nella fontana
le braccia, e così egli morì consunto dal dolore; e fu
cangiato in un fiore bianco e giallo detto narciso. Di-
cesi che le Nciidi e le Driadi gli avevano preparato
un rogo, e mentre erano in procinto di prendere il suo
corpo, non trovarono che il fiore citato. La mania di
— 670 —

specchiarsi accompagnò Narciso fino nel Tartaro, ove


sta sempre guardandosi nelle acque dello Stige.
Narciso.
Fiore che era creduto grato ai morti, forse per la
infelice fine del giovinetto in esso cangiato; perciò gli
antichi ne facevano ghirlande alle Furie infernali.
Vedi. Amor proprio — Corona di latta e di narcisi
■— Fatuità — Plutone — Vanità.
Narciso giunchiglia-
Pianta a fiori odorosi gialli, la cui corona ha la
forma di una coppa assai delicata. Vedi Desiderio
intenso.
Naso. Vedi Sagaciià.
Nasturzio acquatico.
Erba perenne, che nasce ordinariamente nelle ac-
que pure, chiamata volgarmente crescione. Vedi Sta-
bilità.
Natura.
Divinità rappresentata col corpo carico di mam-
melle, per mostrare che l'universo prende nutrimento
dalla terra, ovvero dalla virtù occulta della Natura.
— Avvoltoio, presso gli Egiziani, specialmente perchè
si voleva che questi uccelli fossero indistintamente tut-
te femmine, e che il vento Euro facesse le veci dei
maschi, nel modo con cui credevasi che Zefiro fecon-
dasse la terra e gli alberi in primavera.
Natura umana.
Luna. Dicesi che per essere il sole stato preso co-
me simbolo di una natura superiore, così la luna rap-
presenta quello della natura umana; variando essa
- 671 -

d'asp)€tto giornalmente, come variano le cose e le pas-


sioni umane.
Natura vinta dall'arte.
Argano, simbolo dell'arte nata dall'industria del-
l'uomo, laquale vince di gran lunga la natura e le
opere difficilissime, compiute con poco sforzo.
Navale vittoria. Vedi Vittoria navale.
Nave. Vedi Alberto {Sant') — Anima — Felicità
— Francesco Saverio {San) — Iside — Niccolo
(San) — Salvamento — Vita — Vittoria navale.
Nave del Sole.
Gli Egiziani ponevano l'immagine del Sole in una
nave, che era portata da un coccodrillo, quafe alle-
goria della causa prima che governa l'universo.
Navigazione.
Nibbio in volo. Si vuole che l'uomo abbia impara^
to da quest'uccello l'applicazione del timone alle na-
vi; avendo osservato ch'esso dirige il volo con la co-
da inclinata ora da una parte ora da un'altra, mo-
strando così il modo di remigare nell'aria, che fu
poi adottato a quello nell'acqua.
Necessità.
Divinità allegorica, figlia della Fortuna. Era ado-
rata ovunque, e tale era il suo potere, che Giove stes-
so era costretto a obbedire. Nessuno, eccetto le sue
sacerdotesse, poteva entrare nel suo tempio a Corin-
to. Era rappresentata in compagnia di sua madre; e
aveva lunghi cavicchi nelle mani, che erano di bron-
zo. — Chiodo, attributo del Destino, e che Orazio
pone nelle mani della Necessità. — Martello e chio-
di. — Nodo, secondo Macrobio, perchè le cose le-
gate non possono sciogliersi per sé stesse. Aggiungen-
- 672 -
il simbolo
do al nodo un coltello die lo tagli, si ha
il fato e la neces-
della virtù che supera la fortuna,
sità.
Neera.
Ninfa amata dal Sole.

Dio 'degli Egimni, chiamato anche ente Nefru-Aium.


dai mo-
o semplicemente Atuni, conosciuto solam co-
numenti. Come semplice Atum ha per emb ema la con
rona; come Nefru -Atum porta sul capo il disco

o col fiore di loto. E' comune figura la sua con-


due penne, molto
nesslone con la Dea Pecht. Questo Dio
consid erano A-
frequentemente negli obelischi. Alcuni ponent e, os-
sole al tramon to, il
tum come il Dio del e, il
servando che quando Phrè e Atum sono insiem
sigmfica 1 oca-
secondo è sempre al lato sinistro che
ò Atum sembr erebb e essere un Dio ^sole
dente. Perci
dopo Phre.
che segue immediatamente
Negligenza
Orologio capovolto.
NeQPOa
.
Uomo della razza nera. Vedi Caltiveria
Nelumbio. , .

Specie di ninfea, il cui ghfi fiore vedesi spesso rappre-


sentato nei monumenti gero ci, e si dubita che .1
nelumbio sia il loius sacr o degl i Egiziani ovvero a
i popoli dell India
fava d'Egitto. Intanto è certo che
si e i Giapponesi
e dell'Egitto, non meno che i Cine
dedi caro no a. loro De.
fin dalla più remota antichità
e bell ezza , che vede,
questa pianta d incomparabil o bianch
suoi fiori rosei e parp onm
rappresentata coi
- 673 —

sulle carte provenienti dalla Cina. Vedi Iside — ■


Osiride.
Nemesi.
Dea che veniva considerata come la personificazio-
ne della giusta ira degli Dei. EUsa viene ritenuta co-
me inflessibilmente severa verso i superbi e gli inso-
lenti. Secondo Esiodo, era figlia della Notte, e, se-
condo Pausania, madre d' Elena per mezzo di Giove,
e Leda, la creduta madre d'Elena, non era stata che
la nutrice. Rappresentasi con le ali, un timone accan-
to e una ruota sotto i piedi, dandole talvolta un freno
in una mano e nell'altra un legno col quale misura,
chiamato volgarmente braccio, per significare che gli
uomini devono frenare la lingua e far tutto con mi-
sura. Dicesi che in memoria della battaglia di Ma-
ratona, Fidia scolpisse Nemesi, con in capo una co-
rona di cervi ornata di piccole vittorie: nella mano
destra aveva un vaso con alcuni Etiopi scolpiti den-
tro, e nella sinistra un ramo di melo, o, secondo al-
cuni, di frassbo. Pausania dice che le statue di Ne-
mesi non avevano in principio le ali, come l'ebbero
poi presso gli Smirnei, i quali furono i primi che la fa-
cessero alata a somiglianza di Cupido, p>erchè cre-
devano che essa avesse a che fare assai cogli inna-
morati, col punire quelli che andavano troppo alteri
e superbi della loro bellezza.
Nemicizia.
Grigio scuro.
Nemico dannosissimo.
Uomo che tiene nella mano sinistra una lancia, con
la punta che tocchi terra; e con la destra accostata
alla bocca, in atto di sputarvi dentro: segno di una
43 — G. Ronchetti.
_ 674 -

anche oggigiorno
vigorosa botta; ciò che usano fare
gono a un lavoro che ri-
iani
gli artigchiede forza. quando si accin

Nemico dei buoni costumi. Vedi Scostumato.


Nemico della musica.
tigre avesse
Tamburo e tigre Credevasi che la
al suono del tamb uro che veden-
tanta avversione
dolo impazzisse, coi diventando talmente furiosa da la-
cerarsi la carne denti.
Nemico vincitore. .
tore, l^ui
Iena col lato sinistro volto verso il caccia
uiva una certa
bisogna ricordare che alla iena si attrib
lato destro di
virtù magica, risiedente soltanto nel
quest'animale; per cui trovatale ndosi col lato sinistro vol-
to al cacci atore , perde va virtù, mancandole la
ritenevasi aver la
forza; e non potendo girare, perchè
, senza ta-
iena la spina dorsale d'un sol pezzo rigido
tica veniva presa.
Nemico vinto.
atore; m
Iena col lato destro volto verso il cacci
della sua poten-
tale posizione la iena, potendo usare al cacciatore, il
za (vedi sopra) diventava superiore
quale, ammaliato, perdeva i sensi, e s egli si trova a
ucciso.
a cavallo cadeva, e così vinto veniva
NfìrfìidiB
Doride. Dicono
Ninfe marine, figlie di Nereo e di
più rigu arde vole tra di esse
che erano cinquanta. La
di Nett uno In origi ne le Ne-
era Anfitrite. moglie
eran o rappr esent ate come bell e Ninfe sedute su
reidi
delfini, ma poi vennero raffi gìirateiore come fanciulle da'
e con la parte infer simile a quella
capelli verdi
cato il corallo.
di pesce. Alle Nereidl era dedi
— 675 -
Nereo.
Dio marino più antico di Nettuno; alcuni lo vo-
gliono figlio dell'Oceano e di Teti, altri, dell'Oceano
e della Terra, e aveva sposato la propria sorella Do-
ride. Questo Dio rappresentava il lato bello, piacevo-
le e benefico del mare, e veniva raffigurato come un
vecchio pacifico e di dolce aspetto, pieno di giustizia
e moderazione, e per lo più munito di scettro o di tri-
dente.
Nero.
In molti luoghi della Bibbia questo colore è sim-
bolo d'infelicità. Aristotile disse che tutti gli Egiziani
parevano pazzi, perchè li vide vestiti di nero, e per-
ciò vogliono alcuni che il nero sia segno di furia e
di pazzia, perchè, come affermano i medici, i pazzi
e i furiosi sono presi e agitati da collera nera. Alle
tempeste, siccome apportatrici di tristezza e di moi^e,
si sacrificavano agnelle nere. Un cane nero era di pes-
simo augurio. Agli Dei infernali si sacrificavano vit-
time nere. Pitagora soleva dire che il nero appartene-
va alla natura del male. Secondo Aristotile, non po-
tendosi mutare, il nero è anche simbolo della stabili-
tà come dell'ostinazione. Vedi Lutto — Malinconìa
■— Malvagità — Morte — Notte — Ostinazione
— Pazzia — Stabilità — Tenebre — Tristezza.
Nespolo-
Pianta i cui frutti non maturano, se non esposti
qualche tempo sulla pagha. Vedi Speranza perduta.
Nesso.
Centauro celebre, figlio di Issione e della nube
formata da Giove sotto la forma di Giunone. Si of-
ferse aErcole per portare Deianira di là dal fiume
— 676 —

Eveno. ma appena egli ebbe presa in groppa la bella


Deianira per tragittarla, arse dal più cocente amore,
e giunto all'opposta riva, tentò di farle violenza, a
vista del marito, il quale gli scoccò una freccia intri-
sa dal fiele dell'idra di Lerna, e lo ferì. Il Centauro,
sentendosi morire, inzuppò la propria tunica nel san-
gue che sgorgava e ne fece dono a Deianira, assicu-
randola che quella tunica, o camicia, era un mezzo
infallibile per conservarsi l'affetto di Ercole e per
di
richiamarlo al dovere, qualora l'eroe s'innamorasse
un'altra donna. Alcuni vogliono che Nesso avrebbe
invece dato un po' del suo sangue a Deianira, dicen-
do che le servirebbe a preparare un unguento allo sco-
po sopraddetto. Deianira vi prestò fede, ma era quello
eroe.
un potente veleno, che fece morire quell'infelice
Nestore.
Uno dei dodici figli di Peleo e di Glori. Rimasto
solo della sua famiglia, dopo che gli undici suoi fra-
telH furono in un combattimento uccisi da Ercole,
sposò Euridice figlia di Climene. Si acquistò molta
fama nell'assedio di Troia. Apollo lo fece vivere tre-
cento anni, da cui venne che quando i Greci e i La-
tini volevano augurare a qualcuno una lunga e felice
vita, gli desideravano gli anni di Nestore.
Nettare. ,
Deliziosa bevanda degH Dei immortali; Ebe la
porgeva alle divinità. Quando in Roma si faceva la
ch'egli già beveva il
apoteosi
nettare nelle deglidicevasi
tazze o,
di qualcun Dei.
Nettuno.
Dio del mare, il Posidonc dei Greci, figlio di Cro-
no oSaturno e di Rea, e fratello di Giove e di Giuno
- 677 -

ne. Nettuno aveva per moglie Anfitrite, e Tritone era


suo figlio. Si vuole ch'egli producesse il cavallo nel-
la contesa che ebbe con Minerva (Atena) per il di-
ritto di porre nome alla città di Atene; per il qual
mito, secondo l'interpH-etazione d'alcimi scrittori, si
vuole intendere che il cavallo fu importato nella Gre-
cia per mare. Nettuno ebbe molte amanti, e fu scac-
ciato dal Cielo insieme ad Apollo per aver congiu-
rato contro Giove. Gli antichi raippresentavano que-
sto Dio re dei mari or tranquillo, quieto e pacifico,
or turbato, poiché tale è il mare in diverse condi-
zioni atmosferiche. Lo si finse che su un carro an-
dasse spaziando il mare seguito da altre divinità, co-
me descrive Virgilio in questi versi:
Ai superbi destrieri il carro aggiunge
E i fren schiumosi pone, e dalle rrìani
Lascia lulla cader la briglia, e vola
Col nero carro sopra il mar leggiero.
Stan salde l'onde; e sotto il grave peso
L'acque sue il mar parimente estende.
Fuggon dall'ampio del gli oscuri lembi:
Vengono in compagnia varie sembianze.
Smisurate balene, e i corpi antichi
Di Glauco, Inoo, e Palemone, e i presti
Tritoni; indi l'esercito di Forco.
Seguitan poi da man sinistra Teti,
E Melila, e la vergin Panopea,
Nisce, Spio, Talia e Cimodoce.
Rap^resentavéisi nudo, F>er lo più con la corona
radiata in testa, il tridente, o anche la buccina in ma-
no, ritto in piedi su una conchigha marina in forma
— 678 -

mì: oppure tirato da


di carro tirato da quattro dclf Stazio:
cavalli marini, come lo desc rive
m porto
Varcando il mar Egeo Netian, ieri.
suoi destr
Mena gli affaticati
e
Che ildicapo , il collo, il petto e j'ugneo, prim
Man cavallo che obbedisce al fren
i pesci.
E son nel resto poi guizzant
intorno un panno ce-
Talvolta gli fu anche posto mare; e alcuiu gh
rese nta il colo re del
lesti le rapp
; altr i volevano mvece
diedero capelli celesti e neri
Dei mari ni, rite nuti vecchi, che
còme tutti gli altri
giare la schium ^^^
TsLo bianchi, per simboleg anti che: luna di Vespa
mar e In cert e meda glie
vede NeUuno rappre
Z: e l'altra di Adriano, si
tentato nudo in piedi, con un P^^^ ^^^J/^^^P^f.^
mano destra una ster
dall'omero sinistro, e tiene nella
e con a sinistra -"f aMettuno i tr den
za di tre corregge, medaglia pure antica, e
te E in un'altra
piedi, con la man o si-
affigurato nudo e dritto in
ra
nist alza ta e appo ggia ta al .^^j.-^^'^ P^[Xtp"a
giando un piede sopra
delfino con la destra, e pog
descrive Nettuno nudo,
una prora di nave. Marziale
e l'a cua ^el mare, con una
u^Cde^Ute com rese nta la spuma
corona bianca in capo, che rapp
'
"Ximah: Cavallo, sacro al Dio del mare^ Delfi ma-
h altr i abit ator i del
no cTo a Nettuno più deg
le sue statue ne met-
"e e che secondo Igino, a tutte piede; ^o- pe-^
sott o un
e;ano uio in mano o
1 delfino era ritenuto iV%^",-"""VTandìe per
U anctie
U^n*. delle fiere e l'aqu la degh ucceli.
d per combinare ,1 ».c
- 6?^ -
matrimonio con Anfritrite. Tonno, dedicato al Dio
del mare. Toro, che col suo muggito rammenta il
rumore dei flutti. — Vegetali: Pino, sia per il suo
colore verde cupo somigliante talvolta a quello del
mare, o più probabilmente per l'utilità sua nella
costruzione delle navi. — Diversi: Buccina. Tri-
dente, emblema e insegna della regale dignità, e che
dicesi simboleggiare i tre golfi del Mediterraneo, i
quali vengono dall'Oceano; oppure le tre nature del-
l'acqua, f>erchè quelle delle fontane e dei fiumi sono
dolci, le marine sono salate, e quelle dei laghi ne
amare ne grate al gusto. Altri, come il Boccaccio,
dicono che il tridente fu dato a Nettuno invece di
scettro, quale simbolo della triplice proprietà dell'ac-
qua, cioè corrente, navigabile e buona da bere.
Neve.
Si vuole che S. Patrizio scaldcisse un forno con
la neve. Vedi Francesco d'Assisi {San).
Nibbio. Vedi Avarizia — Navigazione — Rapa-
cità — Rapina — Ricco.
N fecola (San).
Vescovo di Mira in Licia. — Ancora, per essere
protettore dei marinai. Borsa. Raccontasi che un nobile
signore caduto in estrema miseria con tre figlie nu-
bili edotate dalla natura di ogni avvenenza, non sa-
pendo ilpadre in qual maniera far fronte alle ur-
genti necessità della famiglia, trovavasi in procinto di
prostituire le figlie per vivere a spese dei loro pecca-
ti. Informato Niccola della diabolica risoluzione, e
compatendo l'avverso' caso riempì di monete d'oro una
borsa, e di notte da una finestra la gettò nella came-
ra di quel genitore disperato; così fece più volte, m
- 680 ^

modo che le tre figlie salvate dalla vergogna, ebbe-


ro una dote sufficente per maritarsi convenientemente.
Mitra, datagli da un angelo e che gli fu tolta dopo
aver schiaffeggiato Ario al Concilio di Nicea. Na-
ve, per essere il Santo protettore dei marinai, che l'in-
vocano ancora oggigiorno nelle tempeste. Pane, che
si moltiplicò nelle di lui mani, per darlo agli affa-
mati durante una carestia. Sciabola, quale difenso-
re e protettore della Russia.
Ni eh e.
Nome che i Greci davzino alla Vittoria, ed era
la personificazione del potere irresistibile e vittorioso
di Giove.
Nido d'alcione. Vedi Tranquillità.
Nido di piccione. Vedi Anna (San/').
Nido di rondine. Vedi Patrimonio ereditario —
Popolo che invoca aiuto.
Nigella di Damasco-
Pianta di bell'aspetto, chiamata volgarmente da-
migella, capelli di Venere, ecc. Vedi Vincoli d'amore.
Nilo.
Fiume, che era rappresentato seduto sopra un
coccodrillo o un ippopotamo, circondato da sedici
fanciulli lietamente scherzando, che rappresentavano
la massima altezza raggiunta dalle sue acque, che
raggiunse sedici cubiti. E contrariamente all'imma-
gine degli altri fiumi, quella del Nilo era scolpita in
marmo nero, per indicare che il suo corso verso il
mare passa per l'Etiopa, abitata da mori. Vedi A-
gricoltura — Serapide.
Nimbo.
Presso gh antichi era quel leggero vapore a fioc-
- 661 -
chi, di cui i poeti circondaroDO i loro Dei quando
apparivano sulla terra, simile a un luminoso velo, ir-
radiato da celeste splendore, che emanava da essi.
Come ornamento significa pregnamente una fascetta
tessuta con oro, di cui le donne ornavano la fronte.
Ma presso gli ecclesiastici mmbo equivale a diade-
ma che in vario modo suol contornare la testa dei
santi canonizzati, a guisa di raggi splendenti, o di
cerchio luminoso o simile. Tale uso pervenne dagli
antichi, i quali coprivano con un disco circolare di
metallo, collocato orizzontalmente, la testa di una
statua all'ciria aperta, per proteggerla dalle intempe-
rie e dallo sterco degli uccelli: oggetto di una in-
contrastabile utilità, ma malamente appropriato per
essere adottato come omémiento, per un Dio o per
un santo, quaindo si consideri le idee che associavano
con esso. In alcune pitture antiche si vede sopra la
testa di qualche figura un diadema quadrangolare; e
ciò significava essere ancora vivo colui che veniva
rappresentato in detta pittura. Il nimbo si trova an-
che perfino attribuito a certi animali simbolici, come
il leone di S. Marco e l'aquila di s. Giovéinni. Di-
ventato d'un uso generale, il nimbo subì diverse mo-
dificazioni, inrapporto con la dignità dei personaggi.
.Così, il nimbo triangolare è ordinariamente riservato
la Dio Padre; il nimbo crocifero a Gesù Cristo; il
inìmto dorato e l'attributo sia di persone divine, sia
Idi Maria Vergine, sia degli angeli e dei samti di
Iprimo ordine. Talvolta, si vede il monogramma di
ICristo o anche lo stesso nome del santo inscritto
lell'interno del nimbo. Vedi Angelo — Apostoli —
ìrlemide Efesiaca — Dio — Gesù Cristo — Giuda
- 682 -

hcarìote — Maria Vergine ità. — Pietro (San) — Po-


tenza — Profeti — Sovran

'Wome di una classe numerosa di deità fenuninili


di olimpiche,
inferiori, quantunque avessero il ùtolo
Olimpo, ta-
e assistessero alle adunanze degli Dei nell che
rano immaginate come belle e graziose fanciuUe
più ameni boschet ti, alle tonti
dicevansi abitare nei
nelle i-
dei ruscelli, nelle ombrose foreste montane,
deserte , in genere nei luoghi più belli dove la na-
sole
osamen-
tura è più rigogliosa. Quivi passavano delizi
a filare e a tessere , oppure mtrec-
te, o attendendo do le
ciando liete danze con suoni e canti, o tuffan
tenere membr a nelle fresch e e limpid e acque dei
loro
della na-
solitari laghetti o torrenti. Secondo il regnodomini o, le
tura in cui si pensava esercitassero il loro
ti categor ie: 1" Nin-
Ninfe erano distinte nelle seguen
acque; le quali rappre sentav ano anche le Nin-
fe delle
fe dell'Oc eano e quelle del Medite rraneo ; ma co-
munemente si intendevano solo le Ninfe dell'a cqua
dolce: Naiadi, Nereidi, Oceanìne. V Ninfe dei mon-
ti e delle grotte; dette Oreadi, ma chiamate anche
ano:
con nomi derivati dai monti particolari che abitav
Citeronie, Idee, Peliadi. 3° Ninfe delle foreste e
dei boschi; credev asi appari ssero alle volte per sgo-
mentare i viaggiatori: Napee. 4" Ninfe degli al-
beri, credevasi morissero insieme cogli alberi, ove
abitavano, e coi quaH nascevano: Amadriadi o Dria-
di, Epimelidi, Meliadi.
Ninfea bianca. x, ,. ,^ • ■
Pianta acquat ica dai fiori bianch i. Vedi Deiamra
— Rammarico.
Ninfea loto. Vedi Loto.
— 683 -
Nino.
Imperatore degli Assiri. Fu il primo che sacrifi-
casse agli idoli.
Niobe.
Figlia di Tantalo re della Frigia, la quale sposò
Anfione, da cui ebbe sei maschi e sei ferrmiine secon-
do alcuni, secondo altri dieci per sesso. Per aver
avuto una prole così numerosa. Niobe divenne tal-
mente orgogliosa, che dicesi insultaisse Latona, ma-
dre di Apollo e di Diana, e volesse impedire alle
donne di farle offerte, pretendendo di essere più de-
gna di culto e di sacrifizi di Latona, la quale non
era stata madre che di due figli. Sdegnata la Dea
di tanto ardire, incitò i suoi figli a vendicarla e a j>u-
nire l'arroganza di Niobe. Apwllo e Diana esaudi-
rono le preghiere della loro madre, e tutti i figli di
Niobe caddero sotto le frecce di Apollo, e le figlie
sotto quelle di Diana. La sola delle figlie di Niobe
che fu risparmiata fu Clori, moglie di Peleo re di
Pilo. La terribile vendetta di Latona accorò tal-
mente Niobe, che gli Dei n'ebbero pietà e la ceunbia-
rono in sasso trasportandola sul monte Sipilo in Fri-
gia, dove ancora non cessa di versare lagrime.
Nisa.
Nutrice di Bacco.
Niso.
Re di Megara. Nacque con un capello d'oro in ca-
po, dal quale dipendeva il destino di Megara, dove
egli doveva regnare fintanto che lo conservasse. Scilla
sua figlia, che amava Minosse, estirpò tale capello al
padre mentre dormiva e lo diede a Minosse, che s'im-
padronì diMegara. Niso correndo dietro a Scilla per
ucciderla, fu cangiato in sparviero ed essa in allo-
- 684 -
dola; mentre altri vogliono che Niso fosse cangiato
in aquila marina, e Scilla in uccello marino detto
cìris.
Nisroch.
Nome di una divinità assira che si trova rappre-
sentata con la testa d'aquila o d'avoltoio. Egli è
uno dei principali tipi sacri, che si rinviene sui più
antichi monumenti dell'Assiria. Non solo è in colos-
sali proporzioni sulle mura, o a custodia delle por-
te e delle stanze, ma anche costantemente rappre-
sentato fra i gruippi sopra gli abiti ricamati. Così,
quando questo Dio è introdotto, si vede generalmente
in lotta con altri favolosi animali, quali sono il leone
e il toro a testa umana; e in queste contese Nisroch
appare sempre vincitore. E' probabile che queste va-
rie forme rappresentino diversi attributi di un mede-
simo Dio: e che la vittoria dell'inunagine a testa di
aquila sopra quella a testa di leone o di toro possa
indicare ramente
la fisica.
sovranità dell'intelletto sopra la forza pu-

Nitaggine jalappa. Vedi Bella di notte.


Nitteo.
Re di Tebe e padre di Antiope.
Nittimene.
Fanciulla di Tessaglia. Dicono che per aver trop-
po cimato suo padre fu cangiata in gufo. Alcuni cre-
dono che sia un soprannome di Mirra.
Nobiltà.

J
Anello, presso i Romani, 1 quali ritenevano gli
anelli d'oro come segno di onore e di acquisto, come
le aste, le bandiere, le corone civiclie, ecc. Cappello,
presso i Greci. Si vuole che Ulisse fosse sempre rap-
— 685 —

presentato col capalo in testa, per essere stato no-


bile tanto per parte del padre quanto della madre.
Castello sopra un monte. Corona. Giallo. Lancia o
asta. In ima medaglia di Geta si vede sul rovescio
una donna in piedi con un'asta nella destra, e nella
sinistra una piccola Vittoria, con l'iscrizione NO-
BILTAS. S. G. A. Lunette. Presso gli Arcadi fu
segno di nobiltà portare ai calzari una specie di fib-
bia in forma di coma della luna, i quali furono p>er-
ciò chiamati Prosileni, poiché dicesi che pretendesse-
ro essere stati i primi che abbiano veduto nciscere la
luna dopo il diluvio. .Anche le nobili famighe Ro-
mane usavano jxtrtare le lunette au calzari.
Nobiltà della stirpe.
Cicala, presso gli Ateniesi, che usavano portare
in testa per ornamento ima cicala d'oro per distin-
guere gli abitanti del paese dai forestieri, e i liberi
dai servi. E ciò, secondo alcuni, perchè le cicale
più degli altri animali rimamgono sul luogo dove nac-
quero eivi vivono e muoiono, senza emigrare. E ogni
città più nobile era ritenuta quella in cui gli abitanti
ebbero antenati celebri e illustri che onorarono la
patria.
Nobiltà senza potestà.
Uomo senza testa.
Nobiltà senza ricchezza.
Ginestra. Allusione forse all'uso cui viene general-
mente adoperata, cioè a farne scope.
Nocciolo di pesca. Vedi Affanni.
Noce. Vedi Nocumento — Nozze.
Nocumento.
Noce, presa forse come radice del verbo nuoce-
— 686 —

re; oppure perchè restando lungo tempo all'ombra


di quest'albero è nocivo, e può anche riuscire fune-
sto. Porco, che presso gli Egiziani era simbolo di
persona dannosa e nociva, ritenendolo come animale
molto vizioso; e credendo che chi avesse bevuto il
latte di porca prendesse la lebbra e la rogna.
Nodi.
Liana. Pianta che si annoda a tutto ciò che la
circonda.
Nodo. Vedi Necessità.
Nodo d'Ercole. Vedi Nozze.
Nodo Gordiano. Vedi Gordiano nodo.
Noè.
Il primo patriarca della seconda età del mondo. Il
suo nome significa riposo. — Animali: Colonìba,
che gli portò il ramo d'olivo. Corvo, il quale, man-
dato da Noè, usciva dall'arca e vi rientrava continua-
mente, finche le acque asciugarono sulla terra, —
Vegetali: Vite. Si vuole che Noè fosse stato il pri-
mo a piantare e coltivare la vite, fare il vino e an-
che a ubriacarsi. — Diversi: Arca, che Dio gli co-
mandò di costruire e che lo salvò dal diluvio. Ar-
cobaleno, simbolo dell'allenza del cielo con la terra.
Nome- Vedi Splendore del nome.
Nonio.
Uno dei cavalli di Nettuno.
Nome.
Così chiamavansi le Parche della mitologia nordi-
ca. Il destino era considerato come indipendente dal-
la volontà degli Asi, e secondo che aveva deciso
erano le Nome che attaccavano il filo della vita a
ciascun uomo. Le Nome erano tre vergini chiamate
— 687 —

Orda (il passato). Verdanti (il presente) e Sckalda


(l'avvenire). Esse stavano sedute alla sorgente del-
rOurdar sotto il grande albero del mondo, Igdra-
sil, e governavano di là il mondo, secondo leggi im-
mutabili, decidendo della sorte degli Dei e degli uo
mini. Oltre queste tre Nome principali della specie
degli Dei, ve n'erano altre provenienti dagli Elfi e
dai Nani, e divise in buone e cattive, secondo la loro
influenza sugli uomini. Le Nome sono spesso com-
prese anche sotto il nome di IValkirie. Le donne pre-
dicanti l'awaiire e cognite nelle arti magiche e negli
incantesimi ricevevano anche il nome di nome presso
gli Scandinavi.
Nortìa.
Dea della sorte presso gli Etruschi. Aveva per at-
tributo un chiodo.
Notizia.
Penna d'oca da scrivere.
Noto. Vedi Venti
Notte.
Figlia del Caos, o, secondo altri, del Cielo e del-
la Terra, e moglie di Èrebo. Gli antichi la rappre-
sentavano con grzmdi ali alle spalle, talvolta di pipi-
strello, e spiegate in atto di volare, con una veste
nera sparsa di stelle. Alcuni le diedero un carro ti-
rato da due cavalli neri, altri un carro tirato da due
galli, o da due passeri neri. I poeti finsero il carro
della Notte a quattro ruote, le quali, secondo Boc-
caccio, simboleggiavano le quattro parti della notte,
in cui la dividevano i soldati e i naviganti. Ovidio dà
alla Notte una corona di papaveri, e l'accompagna
da sogni funesti. Come nutrice del Sonno e della
Morte, la Notte veniva personificata in una donna
— 688 —

che porta due fanciulli addormentati: uno, sul brac-


cio sinistro, era bianco (sonno); l'altro, sul braccio
destro, era nero (morte), e aveva i piedi storti.
Animali: Callo, che le si sacrificava. Gufo, uc-
cello amante della tenebre. Pavone con la coda spie-
gata, emblema del cielo stellato. Pecora nera, che
presso i Greci e i Romani s'immolava alla Notte. —
Vegetali: Bella di notte, pianta che non apre i fiori
che di notte. — Diversi: Luna, come emblema, per-
chè brilla soltanto di notte. Nero, colore del suo
vestito.
Nove. Vedi Mani — Numeri simbolici.
Novella giovinezza.
Ceroide siliquastro. Al principio della primavera
quest'albero si copre di fiori, prima di spuntare le
foglie.
Novembre.
Mese a cui presiedeva Diana. Il medio evo lo rap-
presentava con un uomo che raccoglie legna morta e
portando un fardello in spalla. Vasari lo raffigurò in
un bifolco barbuto che ara, mal vestito e mal cal-
zato, con un cappellaccio in capo incotto dal sole.
Vedi Zodiaco.
Nozze.
Celebrazione del matrimonio; denominazione che
deriva dal latino nubere (velare, coprire), perchè
nello sposarsi era uso antico di coprire le spose col
velo. Presso gli antichi Romani non ogni giorno era
ritenuto adatto alla celebrazione delle nozze. In gior-
ni feriali non celebravano matrimoni ; principalmen-
te con vergini era cosa scellerata il far violenza, e
nelle nozze si supponeva, per così dire, venisse fatta
violenza alle vergini. Osservavano pure di non cele-
— 689 —

brare le nozze nel giorno antecedente a uno di quel-


li i quali per decreto dei pontefici erano giudicati
atì, cioè infausti. Nel giorno in cui la sposa doveva
essere condotta alla casa del marito, dopo consultato
gli auspici, essa veniva ornata con trecce e pet-
tinata con la drappella (ferro ritorto) di un'asta
stata infissa nel corpo di un gladiatore ucciso. Le si
metteva una tunica chiaunata recia e una cintura di
lana di pecora ; una corona le cingeva le tempie, e
il capo era coperto con un velo giallo fiammémte
chiamato flammeo. La sposa, ornata in tal modo,
portando sotto il mantello una coroncina di fiori, ver-
bene ed erbe raccolte da lei, e tenendo una rocca col
pennacchio e un fuso col filo, era condotta verso
sera nella casa del marito da giovani vestiti di pre-
testa: di questi uno p)ortava davanti una fiaccola di
biancospino, due tenevano per le mani la sposa, e
un giovcine impubere in un vaso aperto portava gli u-
tensili domestici che servivano p>er il di lei uso e uf-
ficio. Il giovane era chiamato Camillo, e il vaso
dicevasi cumero o cumera, o anche Camillo, a cagione
del giovcuie ingenuo che lo portava. Giimta la sposa
davanti alla porta della c«isa del marito, la qual
porta era ornata di fronde; essa veniva interrogata
del suo nome; al che rispondeva chiaunarsi Caja, e
la formula solenne era questa: Ove tu sei Cajo, io
sono Caja; indi ornava la porta con la benda di
lana e l'ungeva con olio e con grasso lupino o por-
cino. Finita questa unzione che veniva fatta per al-
lontcuiare gli incantesimi, la sposa entrava in casa:
ma doveva badare attentamente che i piedi non toc-
cassero la soglia; perciò o la passava d'un salto, o
veniva pcwtata da due compagne. Varrone dice che
_ 6%

^ ^» """ ""
tale costume osservavasi affinchè
, mentre va^
mincia^ da un sacrilegio, toccando
una cosa consa crata a V^U
perdere la verginità, Plutarco dice che
(la sogUa), castissima dei num..
ratto delle Sabme, op-
co srfaceVa o in memoria del
vobntar,amen e
pure "perchè non paresse che la sposa
verg, n,.a. Dopo e -
^ra^ dove doveva perdere la te le eh avi, era
a, le veni vano cons egna
irata la spos
s'opra una pelle con la lana; o ^-o hioco
tea làZ per
la riceveva moglie, mediante 1 acqua e il
venendo incontro alla sposa le
Lo sposo intatti,
a da >» fancujk o
Ua^in un'urna acqua atmt fuoco dal focolare
e
da una fanciulla felicissimi,
felice Con qu«tac^
in un tizzone di legno d'albero
qua si asper geva la sposa , f "^^ j.-f. ^7, ^
rte; arde vano cinqu e tede g.ugah (ha«»'' *
conso
tico . Il manto dava alta
una specie di pino selva
In questa cena chi ■
Tglife al corteg^o una cena. arie (leggi che i-
mala cpd<c gmia Ue. le leggi suntu
di cene, d'ornamentr)
rùvano le iese di banchetti, n -
;:12vano Ta spesa alqi^nto -ggioreava che Ihalat-
Dura nte la cena si grid
«li altri conviti.
vasi imene. Livio raccon-
t cucirà i Greci grida amazione nuziale perche
TJTthalossio dive nne accl
srtlo Romolo nel rattocert delle Sabine, venendo rapi-
o Talassio -» anciuUa
Til squadra di
bellezza, a quell i che
che tutte le altre superava in
aA -
tnlXano cui fosse destinata, i rapiton
vano: a Talas sio. Alla
che non fosse violata, grida
lo sposo ^rge va noe
tela Intervenivano le dbie; oa^
ste le Prete ste, fac ev-
af ragazzi, ed essi, depo
sposi ^eni discorsi e, -'--° ^,'! ;::
ve >d"lla
/esccnnm., cosi detti o perone
- 691 -

città di Fescennia, o perchè credevasi valevoli ad al-


lontanare ilfascino. Frattanto nella camera del ma-
rito si apparecchiava il letto gemale, come se si di-
cesse genitalis, dal generare figli, ossia il letto nuzia-
le, e invocavasi il genio del marito. La sposa era
condotta nella camera preceduta da una fiaccola,
la quale solevano l'un l'altro togliersi di mano gli
euiuci dei due coniugi. Poi la sposa veniva dalle pro-
nube collocata nel letto nuziale; queste dovevano es-
sere donne di provata castità, le quali non avessero
preso marito più di ima volta, affinchè fossero d'au-
gurio della perpetuità del matrimonio. Finalmente il
marito scioglieva alla sposa la cintura verginale, fa-
scia o chìio stretto sulla camicia col nodo d'Ercole,
come augurio di essere felici nel l'aver figli, come fu
Ercole, che ne lasciò settanta. E nel sciogliere tale
nodo, invocava in suo aiuto la Dea Verginense, la
quale aveva la cura di far sciogliere felicemente la
cintura verginale, p>ortata dalle giovami tutto il tem-
po della loro verginità, appaia che fossero maritate.
Nella carniera nuziale si portavamo i simulacri di mol-
ti Dei, affinchè col loro aiuto la sposa potesse feli-
cemente congiungersi col marito. E questi Dei eramo
presieduti da Venere e Priapx», il quale aveva im in-
carico speciale, e in quella circostanza veniva chia-
mato Mutino, a cui era nella stamza dedicato vin
ako sedile al quade si ascendeva per gradini ornati
d'avorio: su questo sedeva la novella sposa per un
momento, affinchè paresse che il Dio ne avesse prima
delibata la pudicizia. Gli altri Dei erano Giugatino,
che era incaricato del congiungimento; Subigo, E^o
della sottomissione; Prema (da premere) e la Dea
Partunda, che non lasciava punto temere del parto,
_ 692 -

df l-o^'^
che avesse da veni.. Il BÌon,o dopo

™--r a"es:re ."i


minciava a esercudrc
i^
S i: di fa^i-
Giunone, quale
*;^4t'"cu:„t c^nsacrMo a
simbo lo di buon auguno;
p, j^tTce del matnmonb.
Sril canto de, cuculo anco, o^^^^ Z-
r ^i'aXr
n XVj:™ v^rno .an^t. da, ^..^
tt delle nozze ritenendo - f™?

puro dall'impuro, e «" 'J.''"^^ ' ,f ^a doveva


conservarsi pudica, pura _

tutto ciò che potesse macchiare ^ -^^^^^ /^^^^ j^.


monio. Fiaccola di spino b^^^<^°,; P°f^f^^.rio della
augurio u
• ,11o U rui luce T tenevasi quale buon
^Lirj ci: si aspettava ^al matrimomo po^^^^

di.pan. non p^
C etdTlite, perchè numero
- 693 —

più; e infine perchè cinque erano principalmente gli


Dei invocati dagli sposi: Giove, Giunone, Venere,
Suadela e Diana o Lucina. Flammeo, quale augurio
che il matrimonio non venisse mai sciolto; e ciò per-
chè, presso i Romani, le mogli dei sacerdoti porta-
vano qucisi sempwe un simile velo, non essendo loro
concesso, cernie agli altri, di divorziare in nessun mo-
do. Noci, sparse per terra, e ciò, secondo alcuni, per
non sentirsi altro rumore che quello prodotto dalie
noci cadendo, e lo strepito dei fanciulli che le rac-
cogHevano, se la sposa avesse gridato e dolevaisi men-
tre le si scioglieva il cinto verginale; secondo altri,
perchè la noce, avendo due involucri, il mallo e il
guscio, ha una certa scwniglianza con l'involucro del
feto. Rocca e fuso, che venivcino offerti alla novella
sposa, per rammentarle che se il giorno del matrimonio
fu piacevole e festoso, il giorno dopo doveva ripren-
dere le faccende domestiche. Trenta, secondo gli in-
terpreti dell'Evangelo di S. Matteo; ciò che dicesi
essere poco dissimile Jil significato del trentadue presso
gli Egiziani, con cui figuravano il congiungimento
dei due sessi, intervenendovi doppio piacere; perchè
il sedici è simbolo di diletto. Vedi Imene — Malr'i-
monio.
Nube. Vedi Nuvola.
Nufar.
Pianta acquatica appartenente alle ninfee. Vedi
Freddezza.
Numeri simbolici, mistici, cabalistici.
Correva un proverbio tra gli antichi che diceva:
I numeri governare il mondo. Tra i Cinesi. Hiu-chin.
dice: « Al primo cominciare la ragione esisteva nel-
l'unità: dessa
è che fece e divise il cielo e la terra.
_ 694 -

Assai prima di
convertì e perfezionò tutte le cose».
i prim a dell era volga re. Lx)a-tse.
ki, cioè cinque secol
uno. uno produ-
aveva detto « La ragione produce hanno prodotto
ce due, due produ cono tre. e tre
neoa Lao-tse.
tutte le cose». Confucio, contempora
dei primi dieci,
parlando dei numeri, ma specialmente ti e perfet ti,
ri dispa ri sono celes
afferma che i nume
e nota che i nu-
i cinque pari, terrestri e imperfetti;
meri celesti fanno, insiie me somma ti. ZX e i nu-
meri terrestr i. 30; e come le due addiz ioni diano 5^
è quel mede simo delle
aggiungendo che il numero 55 ^E
si dedu cono le sorti
vefghe cai mezzo delle quah
che tutta la loro virtù d a^
parfando degU spiriti, dice Pitagora, nato in-
zìorre prov enga solo dai numer i.
questa dot-
torno ai tempi di Confucio, spacciava le cose, non
cosa;
trina: « Il riamerò principio di ogni
, e 'n/im<o
altro che numeri; il fir^ito o circoscritto cose,
i e delle
o inàrcoscritto, fondamento dei numer ^ paru
re il finito e perfe tto,
i numeri dispari seca
; la mona de o umta , origi ne di
l'infinito e imperfetto
e passiva, moti-
utti i numeri; la diade, imperfetta
d'inc remen to, e a un temp o di separa-
vo e ragione uita dalla monade
zione odivisione; la triade , costit
due, e parte cipare
e dalla diade, nascere da queste
de, nume ro perfe -
della natura di entrambe; la tetra quat-
somm a dei primi
tissimo; la decade o tetracUde,
le proporzioni mus.cah
trT numeri, abbracciare tutte
.1 sistema del mon-
TarZtiche, e perciò disegnare
ào ». ... 1 11. •*-
unita.
/ . Numero del principio e dell
della mater ia.
2 Numero dell'unione e est
della perfe zione : Omne trmum
3 Numero
altro è il pm so-
pcrfectum. Il numero tre sopra ogni
— 695 —

lenne. E' memorabile la triade che s'incontra nel


culto di più nazioni. Gli Egiziani avevano una tri-
nità compcsta dall'intelletto primitivo, dall'intelletto
creatore, e dall'anima del mondo, spirito vivificatore
dell'universo intero. (Mercurio o Ermete. Trisme-
gisto). Un'altra triade divina (la Trimurti) venerava-
no gli Indiani, costituita dai tre Dei Visnù, Siva e
Brahma. Tre lettere rappresentavano questa triade,
e sono AVM, chiamate il sacro monosillabo, che gli
adoratori, secondo le leggi di Manu, devono profe-
rire sempre al principio e alla fine dello studio della
scrittura santa (i Vedas), con tre soppressioni di
fiato, ciascuna della durata di cinque vocali brevi, e
stando seduti, rivolti a oriente. I pitagorici nove-
ravcuio tre sorta di intelligenza, subordinate alla di-
vinità, cioè, gli Dei, ì Demoni e gli Eroi. Nel vec-
chio Testamento, nel quarto libro di Mosè si trova
un olocausto di tre animaili, un giovenco, un montone
e un agnello d'un anno, offerti ^in onore del Taber-
nacolo; e ima purificazione prescritta il terzo gior-
no a chi abbia toccato un cadavere. L'isléunismo di-
stingue tre gradi di digiuno, e crede che la risurre-
zione sarà preceduta da tre squilli di tromba. I Gre-
ci ebbero tre Grazie, tre Furie, tre Parche, tre Gor-
goni. Ecate è triforme, Gerione e Cerbero hanno ire
teste, la folgore è trisulca. La mensa d'oro di Apol-
lo in Delfo era sostenuta da un serpente di bronzo a
ire capi. Gli Etruschi avevano vasi a tre anse e le
lucerne a ire becchi. I Romzmi divisero il popolo in
tribù, avevano il triclinio, composero i trionfi, che
probabilmente significa tre scudi. Vi era la triga o

I
carro a tre cavalli, che dicesi essere stata costrutta in
onore degli Dei infernali, alludendo alle tre età in
— 696 —

cui l'uomo è rapito alla vita. Infine ire sono le per-


sone della S. S. Trinità, tre gli arcangeli, e ire le
Virtù teologali.
4. Numero terrestre. Quattro sono gli elementi;
quattro i fiimii del paradiso terrestre; quattro le sta-
gioni ei venti, quattro sono i Dottori e quattro gli
Evangelisti.
5. Nxmiero Giudaico. Cinque sono i libri di Mo-
sè, la cui legge, nel caso di usurpazione ai poveri,
comandava che altretteindo fosse restituito, aggiun-
gendovi cinque parti in più; cinque sono le Vergini
savie e cinque quelle stolte.
6. Numero che simboleggia le sei età dell'uomo.
7. Dopo il tre, il sette è il numero che figura mag-
giormente nell'antica simbolica. Sette sono i giorni
della creazione del mondo, compreso il sabato, o dì
di riposo. Al tempo del diluvio, sette paia, maschio
e femmina, di ogni specie d'cuiimali mondi popolano
l'arca redentrice; in«capo a sette dì, dopo il precetto
di lehova a Noè, si sprigioneranno le cateratte del
cielo; sette giorni as}>etta Noè a mamdare fuori dell'ar-
ca la colomba la secouda volta, e altri sette la terza;
nel ventisettesimo giorno del secondo mese, la terra
è tutta asciutta. Faraone sogna di sette vacche gras-
se e sette magre, di sette spighe piene e sette vuote;
e sono, secondo l'interpretazione di Giuseppe, sette
anni d'abbondanza e sette di carestia. Sette i luci-
gnoli che ardono sul candelabro del Tabernacolo,
la cui festa solenne è celebrata al settimo mese, per
sette giorni continui. Sette volte pecca il savio. Il set-
te, nella mitologia Greca, è numero consacrato ad
Apollo, la cui lira è di sette corde. Sette erano i
jVIacabei. sette i savi della Grecia sette le maraviglie
— 697 —

del mondo. E le leggende del medio evo europeo vi


aggiunsero i selle dormienti. Selle sono i precetti ca-
pitali, selle ì pÌ2uieti, ecc. ecc.
8. Numero della beatituciine e della risurrezione,
che ebbe luogo Voltavo giorno.
9. Ninnerò angelico: nove sono i cori degli an-
geli.
10. Numero del timore, ricordando le dieci pia-

dieci ghecomandatamenti
dell'Egitto. Numerodi delle
Dio. leggi, rammentauido i
12. Numero di buon augurio, e simbolo della
verità. Dodici sono i profeti che armunciano la veri-
tà, dodici gli apostoli che la insegnano, dodici gli
uOTnini inviati nel* paese di Canaan per vedere e ri-
portare laverità, su dodici pietre è stata costruita Ge-
rusalem e, e aveva dodici porte. Dodici sono i segni
del Zodiaco; dodici le stelle della corona di Maria
Vergine, ecc.
13. Numero della prevaricazione, ricordando il
tradimento di Giuda, tredicesimo apostolo di Gesù
Cristo. Nella cabala del lotto il tredici è il numero
più infausto, che essendo il dì della crocifissione di
Cristo, venne a simboleggiare la morte.
La mania dei numeri s'è cacciata perfino nei no-
mi, per esempio, il numero dispari cella vocale d'im
nome era ritenuto di malaugurio, presagendo una vi-
ta funestata da sinistri accidenti. Perciò i Greci eb-
bero per infausti i nomi di Antea, Deianira, Cassan-
dra, Paride, Ettore, Tzmtalo, Ecuba e altri. Per
finire, citeremo quanto scrisse Manu (il più antico
saggio indiano) dell'influenza dei numeri sulla pro-
creazione; egli dice: Le notti pari, fra le dieci non
vietate, sono favorevoli alla procreazione dei figli. ^
— 698 -

le notti dispari a quella delle figlie, per conseguenza


chi desidera un figlio deve accostarsi alla moglie nel-
la stagione favorevole e durante le notti pari. Vedi
Cinquanta — Nove — Quaranta — Sedici — Sey
santa — Tre — Trenta.
Nuotatore.
Babbuino. Sì vuole che quest'animale passi corag-
giosamente qualunque acqua a nuoto, senza dar al-
cun segno di stanchezza.
Nuova speranza.
Calanto niveo.
Nuovo e vecchio Testamento. Vedi Vecchio e
nuovo Testamento. #
Nuvola. Vedi Aria — Colomba {Santa) — Pro-
feti.

o.
o.
Questa vocale, fin dal tempo che fu compilata
y Apocalisse,, ebbe un significato simbolico, perchè
servì a indicare il termine, lo scopo finale delle cose;
come A ne indicava il principio. Nacque tale simbo-
lismo dall'espressione biblica, desunta dall'alfabeto
greco, in cui A è la prima e n l'ultima lettera,
per cui leggesi nella citata Apocalisse: Io sono a
(alpha) e w (omega), principio e fine, primo e
ultimo. Queste due lettere vennero pertanto varia-
mente adoperate dai primi cristiani, i quali le po-
nevano in cima alle inscrizioni lapidarie e in fron-
te agli atti pubblici, quasi volessero significare: Nel
pome, alla presenza di Dio; o anche nel nome del-
— 699 —
la santa indivisibile Trinità. Nei monumenti cristiani
questo simbolo abbonda, massimamente nella scol-
tura delle rap>presentazioni sacre, nei mosauci, i>elle
pitture a fresco che si vedono tutt'ora nelle cata-
combe. Per i primitivi cristiani la formula a e w
era sacra e inviolabile, e valeva nei trattati pubbli-
ci e privati come il più solenne e tremendo giura-
mento. Vedi Alfa e Omega.
Obbedienza.
Animali: Agnello, animale d'indole docile. Cane,
con la testa volta verso le spalle; {perchè al minimo
cenno del padrone obbedisce prontamente. Toro le-
gato p>er il ginocchio destro; poiché credevaisi che in
tal modo legato diventasse docile lasciandosi ccm-
durre a piacimento. Raccontasi che in Roma, al
tempo di Clemente VII, un certo Grecuzzo, usava
condurre per la città un toro furiosissimo, legato con
una sottilissima cordicella al ginocchio, e che perciò
il popolo ignorzuite lo riteneva per un mago sapien-
tissimo. — Diversi > Benda, per essere l'obbedienza
cieca. Orecchia. Nel Levitico si legge che Mosè, do-
po aver scannato il montone della consacrazione, col
sangue toccò l'estremità dell'orecchia destra di A-
ronne e dei suoi figli; ciò che, secondo i teologi, fu
segno di obbedienza. Orazio disse:
Niun è si fier, che benigno non venga.
Pur che a colui, che Vammonisce, e insegna,
^orecchia intenta, paziente tenga.
Oblio.
Tazza celeste, chiamata anche bicchiere di Bacco,
posta dagPi astronomi fra il Leone e il Granchio;
perchè, secondo i platonici, le anime mandate nei
corpi umani scendono dal cielo f)er la porta del gran-
— 700 —

chic, e sciolte di nuovo dal corpo risalgono in cielo


per la porta del Capricorno. Quando esse scendono,
bevono in tale tazza l'oblio, dimenticando così le
cose celesti in proporzione del liquore bevuto. Vedi
Lete.
Oblio dei mali della vita.
Iperico.
Oca.
Il sonno delle oche è così leggero che basta il
più lieve rumore a destarle; perciò gli antichi le pre-
ferivano ai cani nella custodia ded pollai. Vedi
Accusatore vano — Cura della propria famiglia —
Custodia — Danno — Ercina — Giunone — Mar-
tino {San) — Ozio — Proserpina — Silenzio op-
portuno — Stupidità.
Occasione.
Deità allegorica che presiedeva al momento più
favorevole per riuscire in un'impresa. Fidia la scolpì
nuda, coi piedi sopra una ruota, e coi capelli lunghi
tutti raccolti sulla fronte in modo che la nuca re-
stava scoperta, e le ali ai piedi come Mercurio, insie-
me a una donna coi panni logori che dirottamente
piangeva; era questa la Penitenza o il Pentimento,
poiché a chi lascia passare la buona occasione che si
presenta in qualunque cosa, altro non resta che di
pentirsi e lagnarsi di se stesso. Veniva anche rap-
presentata infigura di donna giovane calva di dietro
e con un piede alzato in aria, l'altro su una ruota,
e con un rasoio in una móino e un velo nell'altra; in
atto talvolta di correre sul filo di un rasoio senza fe-
rirsi. Vedi Chero.
Occhi abbassati- Vedi Modestia,
- 701 —

Occhi con le palpebre senza peli. Vedi Libi-


dinoso.
Occhio. Vedi Custode — Dio — Ciusiìzia —
Lucia {Santa) — Perdita cara — Prole numerosa
— Vita e morte.
Occhio in mezzo la fronte. Vedi Ciclope —
Polifemo.
Occidente.
Coccodrillo steso a terra; il quale stando la mag-
gior parte del giorno sulla terra, e passando la notte
nell'acqua, fu dagli ELgiziani paragonato al sole, che
al mattino sembra uscire dall'acqua e rituffarvisi la se-
ra; ritenevano inoltre che il coccodrillo stando nel-
l'acqua avesse la vista debole, mentre fuori l'avrebbe
acutissima; così al tramontare del sole le cose si o-
scurano, e al suo levarsi tutto si rischiara e si fa vi-
sibile.
Oceani ne.
Le Oceanine o .Ocenaidi erano figlie di Oceano
e Teti, e rappresentavano le acque corroiti onde si
nutrono i ruscelli e i fiumi. Esiodo ne numerava tre
mila. Vedi Ninfe.
Oceano.
Il più auitico Dio delle acque, figlio della Terra
e del Cielo; fu padre di tutti i fiumi e di tutte le
sorgenti della terra. L'immagine dell'Oceamo, che si
trova in Roma, è così descritta: n Tiene in caipo un
velo sottile, per mostrare che il cielo è vestito e ben-
dato dalle nuvole, ch'escono dal mare, e donde na-
sce la fecondità della terra a vantaggio delle piante
e d'ogni sorta di erbe, e perciò i cap)elli, barba e
peli di questa statua, sembrano ingegnosamente raf-
_ 702 -

e pieghevoli. E'
figurati in acawto e altre erbe molli fronte gli spun-
bello e singolare di faccia, e dalla
rare lo strepito
tano due piccole coma, sia per most
del mare agita to dai venti: sia per significare che
o e nflus so. e causato
il suo moto, chiamato fluss
che da Orfe o è chiam ata taun come.
dalla Luna,
per mo-
Ha nella manca un remo, o timone che sia, ardi rono di
strare che con quest o arnes e gli uomi ni
in lui; sta appo ggia to a un most ro marino,
internarsi
prodigiose ».
per essere genitore di bestie grandi e tirato da due
Fu anche rappresent ato sopra un carro
ne m ma-
balene, preceduto dai Tritoni con le buca seguito da
no, e accompagnato da molte Ninfe, o. e
numerose bestie marine guidate da Prote
Ocipete. Vedi Arpie.
Ociroe.
m
Figlia di Chirone e di Cariolea.^ Fu cangiata
ire.
cavalla per aver tentato di sapere l'avven
Odino. . .
nica) era
In principio, (secondo la mitologia germa
(Padr e univer sale) dal-
tenebre e caos. VAllfader
l'eternità esistlva solo; nel vuoto sconf inato . Lgli pro-
Mu-
dusse la terra gelata di Ginungapap e l'infocata ia i
spelheim. Il calore di questa penetra e squagl
te Yrner,
ghiacci del Nord, e dal misto nasce il gigan
quatt ro torren ti di latte, sgorganti
e vien nutrito da
vacca Odumb la. Una notte Ymer partorisce
dalla
dai piedi
dal braccio sinistro un uomo e una donna,
un fanciu llo, e diven gono i gigant i Rimtur si. La
vacca Odumbla, a forza di leccare una pietra co-
spuntare i
perta di brina, il primo giorno ne fece
do la testa, il terzo l'interaataperso na
capelli, il secon hglia
di- Bor Questi sposa Besla, che vien chiam
— 703 —

del gigante Baldom, e genera Odino, Vili, Ve, che


sono i maggiori fra gli A si (vedi) o Dei; e che uc-
cisero Ymer. Gli assassini trascinarono il suo cor-
po in mezzo adl'abisso e ne formarono la terra. L'ac-
qua e il mare furono fatti col suo sangue: le mon-
tagne con le sue ossa; e con le ossa concave, miste
al sangue che colava dalle ferite, essi formarono il
vasto mare, in mezzo al quale assodarono la terra.
Poi, avendo col di lui cranio formato il delo, lo
sospesero sopra la terra, lo divisero in quattro parti,
e posero un nano a ciascun angolo per sostenerlo.
Questi nani chiamavansi Est, Ovest, Sud e Nord.
Recaronsi poi a prendere dei fuochi nel Muspelsheim
(mondo inficimmato) e li pHJsero nell'abisso, nella par-
te più alta e più bassa del cielo, affinchè rischiaras-
sero la terra. Assegnarono a tutti quei fuochi dei p>o-
sti fìssi, donde venne la distinzione dei giorni e degli
anni. Gli Dei, per diifendersi dalle imprese dei Gi-
ganti, fabbricarono nel centro della terra una fortezza
che occupa tutt'intero il giro del mondo. A questa
costruzione essi impiegarono le sopraciglia di Ymer,
e diedero a quel luogo il ncwne di Midgard, soggior-
no del centro; poi gettarono le di lui cervella nell'aria
e ne formarono le nubi. Per quanto i Tedeschi s'in-
gegnino dispiritucilizzare quelle credenze dei loro an-
tichi, cidanno una creazione materiale, dove Odino
sarebbe preceduto da altri, come Giove da Satur-
no, da Crono, da Urano. Sole e Luna son figli che
Odino rapì al padre, e che continuamente fuggono da
due lupi, i quali minacciano di ingoiarli. Nel pae-
se degli Dei zampilla la fonte della scienza, che ap-
partiene aYmer, e Odino non lia pKJtuto assaporarne
se non a costo di un occhio. Gli Dei si radunano
— 704 —

a concilio sotto l'immenso frassino Igdrasil, i cui ra-


mi coprono la terra, la cima raggiunge il cielo, le ra-
dici penetrano nel centro della terra, dove una tocca
Gi-
r Inferno, una il paese nel quale si rifuggirono i
ganti. Sui rami di quel frassin o si aF»polla ia un aqui a
che sa infinite cose; ai piedi, un serpente ne rode le
radici; e da questo e quella corre uno scoiattolo,
spargendo diffidenza fra loro; quattro cervi brucano
i germogli, e quando verrà il crepuscolo degli Dei,
cioè la fine del mondo, non si farà che scuotere que-
sto albero, e tutto sarà finito. Gli Dei fabbricarono
il ponte Brifrost (arcobaleno) per comunicare con
la terra, e affinchè i Giganti non vi passino, ha un
Haim-
solco di fuoco nel mezzo, ed è custodito da
dalle mura d ar-
dal (vedi). Fra le case degli Dei,
gento, dai tetti d'oro. Odino ha una città, fulgida
come il sole, attorno a cui volteggiano gli Elfi, lu-
cidi spiriti alati. E' detta Walhalla, e vi entrano tutti
i prodi morti in battaglia. Odino è il primo fra
e
gli Dei maggiori, onni.potente, dispensiero del bene
principalmente della vittoria ; suprem o bene a popoli
al concilio
bellicosi: creatore e distruttore; presiede
celeste in seggio elevato, donde vede quanto si ta
e usurpo quello di AU-
nel mondo. Ha dodici nomi,
come Giove sposses sò suo padre; attraversa
fader,
-
l'aria con un cavalo da otto gambe. A lui i guerreg
di quei che uccidon o m
gianti consacrano le anime
fra le squadre , non visto ne da
battaglia. E passa
dai per-
segno l'ardore che invade gli eroi; si scosta la
denti, epresta la sua lancia ai vincitori: finita
donne celesti belle e grandi che
zuffa, le Walkyrie,
degli uccisi. Ha
vi assistettero, gli portano le anime,
mattme se ne vo-
sulle spalle due corvi, che tutte le
— 705 —

(ano, scorrono la terra, e a mezzodì tornamo per ri-


ferirgli all'orecchio quanto hanno veduto. Uno si
chiama Hag'm (spirito); l'altro Muniti (memoria);
Odino ha per moglie Frigga, una delle dodici Dee;
conscia delle sorti degli uomini, custode della saoiti-
tà dei giuramenti, presiede alle nozze e ai parti. Pao-
lo Warnefrido, diacono di Cividale del Friuli, fra
le tradizioni longobarde riferisce questa: I Vinili
stavano in guerra coi Vauidali; e questi invocarono la
vittoria da Odino, e si ebbero in rispKKta, che l'ot-
terrebbe quel dei due popoli che primo gli si presen-
tasse davanti all'alba del domani. Fra i Vinili era
una Saga, imparentata cogli Dei, chiamata Gamba-
ra, la quale corse a trovare Frigga, e impegnarla a
favore dei suoi. E Frigga consigliò che le donne dei
Vinili insieme coi mariti, prima del levar del sole,
si collocassero dalla parte ove Odino soleva guarda-
re al pruno svegliarsi; e per farsi più notevoli, esse
legassero tutte le lunghe chiome sotto il mento, in mo-
do che cadessero sul petto a foggia di barba. Aven-
do Odino rivolto lo sguardo a Oriente, vedendo quel-
le strane figure domandò: « Chi sono quei lunghe
barbe {langbarten)} ». Frìgga si asp>ettava ciò: e poi-
ché chi dava il nome a un fanciullo o a un popolo era
obbligato a fargli un regalo, disse al marito: « Es-
si son Vinili; ma poiché ti piace nominarli altrimenti,
è dovere che tu gli dia anche un regalo, e questo sia
la vittoria ». L'ebbero, e d'indi in poi furono detti
Longobardi. — Quando gli Dei, usciti da Asgard, e
scorrendo la terra deserta, visti in riva al mare due
ramioscelli ondeggianti, ne formarono Ask e Ambia.
Odino a questi diede l'anima e la vita, e furon la
prima coppia mortale. Heìmda, figlio di Odino, scor-
45 — 0. Ronchetti.
- 706 —
rendo il mondo generò tre figli; primo il servo
{Throell), nero, gibboso, con le méini callose; secondo
il libero {Karl), coi capelli rossi, viso colorato, occhi
sfavillanti; terzo il nobile {Jarl) con sguardo pe
netrante, gote vermiglie, capelli argentei; e tutti ebbero
discendenti, servi, liberi, nobili; e ultimo il re {Konr).
Conobbe gli Dei, comprese il canto degli uccelli,
seppe calmare il mare, estinguere l'incendio, quietare
i dolori. Di qui la costituzione civile degli Scandinavi,
riprodotta nelle principali razze germaniche. Quel che
noi chiamiamo Odino è lo stesso che Wodan.
Odio.
Pugnale circondato da serpenti Rovo, chiamato
dagli Ebrei sin. Simbolo che si trova in S. Girolamo,
dove parla degli ottavi alloggicunenti degli Ebrei.
Odorato.
Secondo Cardano, un eccellente odorato è segno
di molto spirito, perchè la qualità calda e secca del
cervello è confacente a rendere l'odorato più sottile,
e che queste medesime qualità rendono l'immaginazio-
ne più viva e più feconda. Mamurra, secondo Mar-
ziale, non consultava che il naso per sapere se il ra-
me che gli presentavano era di Corinto. Marcomacci
dice che un religioso di Praga distingueva dall'odo-
rato le donne impudiche. — Cane. Fiori.
Oleandro-
Arbusto sempre verde, di bell'aspetto per i suoi
fiori magnifici a mazzetti terminali; chiamato anche
mazza di S. Giuseppe. Vedi Baldanza — Candore.
Olfatto. Vedi Odorato.
Olimpo.
Il più vago e il più famoso monte dell'universo
— 707 —

in Tessaglia, le cui vette si pensava toccassero il


cielo, sulle quali sorgevano i palazzi degli Dei fab-
bricati da Vulcano.
Ohio. Vedi Giocondità — Renìissione.
Oliva.
Frutto dell'olivo. Vedi Parsimonia.
Olivo.
Columella lo chiama il primo e il più utile degli
alberi. Fu in grande venerazione presso i Romani:
Plinio dice che era vietato di adoperarlo per usi
profani, anzi pure di bruciarlo sugli altari degli Dei.
Vedi Agricoltura — Animo clemente — Arcan-
geli — Bruno {San) — Concordia — Corona d^oli-
\>o — Durezza mitigata — Elemosina — Eia del-
Voro — Eternità — Felicità — Ira mitigata — Man^
suetudine — Maria Vergine — Mercurio — /v/>
nerva — Pace — Palestra — Prosperità salutare
— Vergini savie e Vergirn stolte — Virtù spiritua-^
le — Vittoria.
Olivo selvatico. Vedi Sterilità.
Olla.
Vaso di terra. Vedi Bw ne parole.
Olocausto.
Sacrifizio nel quale la \lttima veniva consumata
mteramente dal fuoco; col quale riconoscevasi il su-
premo dominio di Dio su tutti gli esseri viventi. Vedi
Ostia.
Ombelico. Vedi Ammone -- Castità.
Ombre.
Così dagli antichi venivano chi.imate le ombre dei
morti. Secondo alcuni le ombre vagavano intorno alle
— 708 —

Si er-
tombe, secondo altri, scendevano nell'inferno.
zi
gevano altari in loro onore, e si facevano sacrifi
sa ed e-
per placarle. L'ombra non era cbe la preci
del corpo, la forma di esso
satta rappresentazione
fino
svincolata dall'ingombro della materia, e dotata
istint i e delle quali tà morali
a un certo punto degli
vita. — La
che avevano distinto l'uomo durante la
alle ombre non era egual e per tutte;
sorte destinata
esse conti nuava no a occuparsi
nella mitologia greca
e di vita; nella Scan-
di cose conformi al loro gener
dinavia le ombre andavano vagando P^^j^ ^f^^J'
e il Wallhalla
quelle degli eroi chiamate ad abitar
idromele, mangian-
passavano il tempo bevendo birra, dei vili erano
do selvaggine e comba ttend o; quelle
la m«j-
relegate nel tenebroso Niflelm- Presso a pocodai Cai-
profe ssava si dagli Assin e
drsima opinione
giaceva m-
d;;i. Presso i Greci, quando un defunto
superstiti non
stpolto, o per qualche dimenticanza dei
a di rame de-
gli era stata posta in bocca la monet per tragittare
sinata apagare la barca di Caronte
anni enare
lo Stige, l'ombra di lui doveva per cent
che im-
lungo le sponde della livida palude prima
sull al-
placabile nocchiere consentisse a trasportario
si facev ano offert e propi-
tra riva. — Alle ombre
potesse-
ziatorie divino, farina e miele, e si credeva
nte alcune pratic he supers ti-
ro essere evocate media ri,
ziose. Irami di cipresso posti o scolpiti sui sepolc
manda ti alle
etano indizio che i defunti erano racco
i Manes . Vedi
ombre dei morti, dette dagh antich
Mani.
— 709 —

Omega. Q.
Ultima lettera dell'alfabeto greco. Vedi Alfa e
Omega.
Omoroka-
Dea caldaica, moglie di Baal, e che può consi-
derarsi come simbolo del caos primitivo. L'univeiso
era tenebre e confusione; da questi due elementi lu-
rono generate infinite mostruose creature, alle quali
presiedeva la Dea Omoroka. Erano uomini con c'ue
o quattro ali, con due facce, l'una di maschio, l'il-
tra di fenmiina, con corna caprine e piedi di cavallo.
Altre avevano aspetto di tori con teste umane, di ca-
ni con quattro corpi terminanti in coda di pesce
o di cavalli con teste di cane. Baal, desiderando
distruggere questa imperfetta creazione primitiva, ta-
gliò in due la testa di Omoroka, e così tutti gli es-
seri perirono a un tratto. Con la parte superiore «lei
cranio della Dea egli fece il cielo, con la parte
inferiore la terra. L'umidità del globo produsse nut)vi
cmimali; l'uomo venne formato di terra e d'una por-
zione del corpo di Omoroka, donde la sua doppia
natura divina e materiale. Baal separò in seguito
le tenebre dalla luce, e fece il giorno e la notle;
ma gli esseri da lui creati non potendo sopportare
lo splendore della luce, perirono. Allora egli si ac-
cinse a una terza creazione, ordincindo a tutti gli
Dei di recidersi il capo e mescolarne il sangue aUa
terra, e l'opera fu compita.
Onca od Onga.
Soprannome fenicio dato a Minerva, o propiia-
mente a una statua di questa Dea nelle vicinanze
della Tebe di Beozia.
^ 710 -

Onde. Vedi Tribolazione.


Ondi ni.
dei popoli del Nord
Geni elementari nella mitologia
del laghi, dei fiumi e
i quali abitano la profondità
dire i custodi e gli
dell'Oceano, e ne sono, per così
i le Naiadi e le al re
Del. come erano presso i Grec
secondo quella mitolo-
Ninfe delle acque. Esistono,
Ondlnl e Ondine, ma 1 primi sono subordmai
gi d ordmano gli spo=i.
alle seconde, delle qual i sono
Teutom. hanno pel e
L Ondine, chiamate Nixe dai
stro, occhi d'un azzu rro ce-
Hanchissim; come alabad'or o, fisionomia attraente for-
ruleo capelli di color
:^%elte e voce argentina che esercita -esis^^'^
no Ques te mist erio se divin ità sono fighe di Nika
fasci
o Nocken, che è il Nettuno tutti scandinavo, o secando
Il Balt ico e i man del Nord
altri di Odino.
abit avan o msieme co
^rono lor culla, ed esse vi
ghiac^
vZmann (uomo dell'acqua) - mezzo ai e del-
scie nza dei pres agi
e fra i giunchi. Hanno la
antiche Sirene mandano
'avvenire e al par delle
viaggiatori m seno alle ac-
canti soavi per attirare 1
differenti melodie for-
que efarne lor preda. Undici
te canzo ni ; altri può r-
ra;ano l'incanteLo di ques delle dieci pii^
che sforz o, al pote re
Ttlre. con qual 1 -decima e
ascol tare
r ma allorché arriva ad
ad obbedire e onde a correre da-
Costretto suo malgrado nell' abisso delle . Le Un
tando aprecipitarsi ransi a a
ca, most
Te secondo la tradizione tedes
ed escono talvo^
tperficrdei laghi e del ^-1.
anche sulle rive per assistere ai giuochi dei p cat^^^^^^^^
ci ore, devono rituftarsi
ma appena suonano le undi
crudele le attende-
cque, altrimenti una morte
^ 711 -

rebbe. Secondo le antiche credenze, le Ondine ama-


vano molto i doni, perciò si soleva gettare nelle ac-
que da esse abitate oro, perle, fiori e frutti. I vecchi
poeti nordici, celebrarono il regno sottomarino delle
Ondine, nel quale sono magnifiche città con cristallini
palazzi. Una di queste città giace nel fondo del lago
di Steinberg, e gli abitanti, la sera intendono, dicesi,
il suono delle campéuie uscire dal seno delle onde.
Onfale.
Regina di Lidia. Ercole l'amò a tal segno che,
vestito da donna, filava fra le ancelle di Onfale.
Onice.
Pietra bianca venata. Vedi Potestà.
Onore.
Allegoricamente è rappresentato da un fanciullo
vestito di pcinno color porpora, coronato di lauro,
che prende per mano Cupido in atto di condurlo alla
Virtù, la quale lo precede. — Scudo. I Latini, in
segno d'onore davano uno scudo, detto clìpeo, nel
quale erano incise o disegnate le imprese o i fatti
memorabiH di colui a cui lo scudo era destinato;
per cui chi non erasi ancora distinto con qualche
fatto degno di memoria portava lo scudo bianco.
Come dice Virgilio: Poco famoso per il bianco
scudo. Questi scudi si davano spesso dagli imp>era-
tori ai soldati, e sovente erano anche consacrati agli
Dei, sosp>endendoli nei templi ; in questo caso eramo
talvolta d argento.
Onore e virtù.
Allegoria che si vede in alcune medaglie dell'im-
peratore Vitellio, ideata nel modo seguente: im gio-
vanotto con la celata in testa, ornata d'alcune penne.
- 712 -

tiene nella mano sinistra un'asta e nella destra uno


scettro: porta gli stivali a mezza gamba, e col piede
destro calca una testuggine. Questa figura è la Vir-
-
tù, la quale guarda l'Onore rappresentato in sembian
ze' femminili. La celata è simbolo della fortezz a ri-
chiesta dalla virtù, come pure lo è l'asta; le penne
indicano l'acutezza dell'ingegno rivolto alle cose su-
blimi e alte; lo scettro dimostra la potenza di domi-
nare ivizi e raffrenare la cupidità; gli stivaletti si-
gnificano che chi segue la virtù deve sempre essere
eser-
pronto e sollecito a cambiar luogo per poter
citarla, qualora necessitasse; la testuggine è simbolo
la De-
della prudenza che fortifica e difende econtro
bolezza umana, rappresentata dai piedi dalle gambe.
L'Onore è raffigurato da una donna, e ciò per signi-
ficare che le donne devono specialmente aspirare alla
zo
virtù. Tale figura è mezza nuda, segno di disprez
in mano una cornuco pia, e coi
della ricchezza; porta
e
piede calca una celata; poiché dalla virtù provien
di cose nobili, e un uomo per virtù o-
abbondanza
norato è tenuto da tutti in venerazione e in grande
stima.
Onore supremo.
per
Asta, che gli antichi non solo davano a chi
si fosse distint o m guerra ; ma la teneva no m
valore
mse
tal venerazione, da sostituirla al diadema, come
gna regale.
Onore trionfale.
Corona dì lauro, come si vede in molte medaghe.
lauro.
in cui figurano teste d'imperatori coronate di
Rigua rdo al lauret o che forniv a le corone per i
trionfatori, narrasi la seguent e storiell a: Un giorno
- 713 -

un'aquila lasciò cadere in grembo a Livia Augusta


una gallina bianca, che aveva un ramoscello di lau-
ro in bocca; piaciutale, fece nutrire la gallina e pian-
tare il ramoscello; e i polli e il lauro si propagarono
talmente, che gli imperatori, nei loro trionfi, quale
buon augurio, d'indi in poi si servirono di quel lau-
ro per le loro corone, e i trionfatori, in quel luogo
stesso, usavano piantarvi subito altri lauri. E il lau-
ro, tanto più fu ritenuto proprio ai trionfatori, per
aver osservato che in detto laureto oinii pianta de-
I>eriva alla morte di chi l'aveva piantala.
Onoriani.
Soldati equestri istituiti dell'imperatore Onorio. A-
vevano per insegna uno scudo bianco con l'ombelico
d'oro, circondato da un cerchietto giallo, a cui si
appoggiavano due porci di color verde, che si guar-
davano l'un l'altro.
Onta.
Peonia.
Onufì.
Nome di un antico Dio molto onorato presso i
primitivi Egiziani: era ritenuto un essere buono, e
si vuole sia stato l'immagine di Osiride.
Opale-
Pietra che, sebbene si presenti ornata dai più ful-
gidi colori, non ha in proprio che una tinta lattea
jutzurrognola. Vedi Lagrime — Perdono — Pre-
ghiera.
Opera.
Mano. Presso gli EgÌ2dani, una mano scolpita o
dipinta, indicava un uomo studioso nell'arte di edi-
- 714 -

ficare. Col suo aluto, nelle arti specialmente, si
forma alle Immagi ni concep ite dall mgegn o umano.
Anche nella Bibbia le mani sono prese come^ simbolo
dell'opera. Per esempio, dove nel Levitico è detto:
Le mani tue offuscano il sacrifizio al Signore; i teo-
logi interpretano le mani per l'opera. Come pure pres-
so gli indovini, sognando le mani, è segno di felice
successo delle cose da farsi, specialmente nelle opere
manuali.

Opera e fatica.
Teschio di bue ornato di fiori e con due ghirlande
di bacche d'edera sospese alle corna, soggetto che
ano,
figura in un fregio che circonda la mole d'Adri
il quale, sia che alludesse al sacrificio che si faceva
ai
del toro (in origine i teschi bovmi erano appesi
va, o con qua-
templi per indicare qual Dio si venera
le devozione l'onorava 11 popolo); o rappresentasse
tal-
qualche altro emblema e simbolo, figurandovi
volta anche scolpito insieme una patern a o una taz-
za, come si vede specialmente nelle facciate dei tem-
qua-
pli fra 1 triglifi (metopa) ; e quei teschi furono e
si sempre inghirl andati, second o alcuni, per mostrar
nel-
gli abbondanti premi della fatica, come in Roma
la medesima mole d'Adriano, in cui la tazza simbo-
leggia la munificenza, e il teschio bovino la fatica,
impera-
oppure cose fatte con fortezza. Perciò, gli
tori, dopo una vita finita onorat amente e dopo aver su-
perate le fatiche, si onoravano con mausolei o altri
noto
monumenti in cui figurava tal^ simbolo, per far
che coloro che ivi erano riposti avevan o vinti e supe-
rati di gloria gh altri uomini.
- 715 -
Opera vana.
Uomo che sega il fuoco col coltello. Simbolo che
corrisponde ai detti: Pestare i acqua nel mortaio, e
Lavare il mattoTìe. — Tela di ragno, perchè il ragno
la tesse con grande cura e fatica, ma per la sua fra-
gilità sirompe al minimo contatto.
Opi.
Moglie di Saturno e Dea dell'abbondanza, identi-
ficata con la madre terra produttrice di ogni umana
agiatezza. I Romani la rappresentavano sotto forma
di una donna d'aspetto venercindo. che stende la mano
destra, come in atto di offrire a tutti soccorso, e por-
gendo con la sinistra del pane ai poveri. Vedi Cibele.
Opinione.
Deità allegorica, che presiedeva ai sentimenti de-
gli uomini. Viene rappresentata ir una donna ne
bella ne brutta, ma in attitudine audace, e pronta
ad appigliarsi a ciò che le si presenta.
Oppurtunità.
Riccio terrestre, simbolo di chi si adatta a qual-
siaisi condizione dei tempi; perchè si vuole che que-
st animale faccia la sua tana con due aperture, una
verso tramontauia e l'altra verso mezzogiorno; turando
poi a vicenda or l'una or l'altra, a seconda che pre-
vede la direzione del vento, si ritira verso la parte
riparata ; prendendo così occasione del tempo per cam-
biare dimora.
Optllete, Optiletide, Oftalmitide.
Soprannome di Minerva, che vuol dire Oculista,
che conserva e restituisce la vista. Tale nome venne
dato a questa Dea, dal tempio che le fece mnalzare
- 716 -

Licurgo il legislatore in Lacedemone, in riconoscen-


za della guarigione dell'occhio che gli aveva ferito
Alcandro; altri pretendono che egli abbia ciò fatto
in memoria del non avergli Alcandro cavato l'altro
occhio, come intendeva di fare, se non gli fosse sta-
to impedito. Miinerva, fra i Greci, era riguardata
qual protettrice degli occhi, tamto per togliere quanto
per restituire la vista a coloro ch'essa voleva favorire
o castigare.
Oracolo.
Risposta che, secondo la credenza degli antichi, gli
Dei o gli eroi facevano alle domande loro indirizza-
te nei templi, nei boschi, nelle grotte e in altri siti
che si chiamavano Oracoli. Queste rispocte venivano
fatte, o verbalmente da un profeta o da una profe-
tessa, detta sibilla, o con sogno, con un rumore, con
un segno qualsiasi, che era poi interpretato dai sa-
cerdoti. Gli oracoli più famosi dell'antichità furono
in Grecia quelli di Apollo, che furono ventidue, fra
cui il più rinomato era quello di Delfo; di Giove,
sp>ecialmente quello di Dodona, che era il più anti-
co di tutti gli oracoli greci; di Esculapio a Epidauro;
di Trofonio a Lebadea; di Anfiarao a Oropo. In
Italia, si menzionano la Sibilla di Cuma e i libri si-
billini, i>oiigili oracoli di Fauno, quelli della Fortuna
di Frenesie, delle Ninfe Albunea Carmenta, Ege-
ria, ecc. I Romani consultavano gli auguri.
Oratore
Corvo. Simbolo derivato dal nome di Corace (cor-
vo) ;famoso oratore di Sicilia. Metello volendo ono-
rare ilsuo maestro Diodoro, pose sul suo sepolcro un
corvo di pietra, volendo dimostrare essere egli stato
— 717 —

quasi eguale a queirantlchissimo corvo. Ma Cicerone


invertì argutamente il simbolo a biasimo di Metello,
dicendo che aveva fatto bene, poiché i'. maestro ave-
va insegnato al discepolo più a volare che a orare,
alludendo all'incostanza di Metello.
Oratoria. Vedi Facoltà oratoria {Le tre parti della).
Orda. Vedi Nome.
Orco.
Essere bestiale immaginato nelle novelle. E' di sta-
ura gigantesca; ha il capo grosso come una zucca,
le sopracciglia e i capelli simili a scope di pungi'.opo.
gli occhi scintillanti come brage accese, il naso lun-
ghissimo, labocca da forno e la barba ispida e arruf-
fata. Mangia carne mnana, e per questo va a caccia
d'uomini, e presili li mette in prigione, donde li toglie
a saziare la fame canina che lo divora. Talora però
è cieco: tale è l'orco che Ariosto descrive nel suo
Orlando Furioso. Questi,

In luogo d'occhi, di color di fungo


Sotto la fronte ha due coccole d'osso...
Mostra le zarme fuor, come fa il porco;
Ha lungo il naso, e il sen bavoso e sporco.
Quindi, essendo cieco, a fiuto trova la preda sua
che per disgrazia gli si avvicina. p>erchè l'olfato in
lui è finissimo. Il suo gusto però è singolare, egli
conosce e si astiene dalla carne delle donne ch'egli
tien chiuse in un serraglio. Per queste prigioniere
e per suo peissatempo mantiene armento numeroso, di
cui talora, in mancanza di carne umana, egli pure
si pasce. Quando abbia a disp>osizione molto pasto suo
prediletto di uomini, ne mangia quattro o sei al
_ 718 —

giorno. La moglie dell'Orco talvolta partecipa ai


suoi gusti ferini e allo stesso trasporto per la car-
ne dell'uomo, talora però si mostra compassionevole
delle vittime di suo marito. — T Romani davano il
nome di Orco al loro Dìo della morte. S'immaginava
che l'Orco avesse il suo ripostiglio, dove riponeva le
ombre, come il mietitore raccoglie il frumento mietuto
nel granaio; e ora parlavasi di lui come di uno ar-
mato di falce che al tempo suo coglie chi deve, non
risparmiando i polpacci di chi tenta sfuggirgli: ora
si pensava come una figura dalle ali nere che in-
torno vola a sorprendere e trascinar via; sempre con-
cepivasi l'Orco come un essere silenzioso, e silen-
ziose sidicevan l'ombre dei trapassati.
Ordine-
Archìpenzolo, che serve a regolare la direzione
degli spigoli dei muri o altre cose che nchiedono esat-
tezza di linee. Vedi Osservatore dell'ordine.
One.
Figlie di Giove e di Temi. Presiedevano al cor-
so delle stagioni; facendo nascere a suo tempo i
fiori e maturare i frutti. Le Ore in principio erano
tre: Eunomia, Dice e Irene; ma più tardi diventaro-
no quattro, come le stagioni dell'anno. Esse stavano
alle porte del Cielo con Giano, e levavano le bri-
glie ai cavalli del Sole. Filostrate le descrive nel mo-
do seguente: Le Ore scese in teira vanno rivolgen-
do l'Anno, il quale è in forma di certa cosa rotonda,
con le mani, dal quale rivolgimento viene che la terra
produce poi di anno in anno tutto quello che nasce;
e sono bionde vestite di veli sottilissimi, e camminano
Bopra le aride spighe tanto leggermente, che non ne
— 719 -

rompono o toccano pur una. Sono di asp>etto soave


e giocondo, ccintano dolcissimamente, e nel rivolgere
quell'orbe, palla a circolo che sia, pare che porgano
mirabile diletto ai riguardanti; e vanno come saltan-
do quasi sempre, levando spesso in alto le belle brac-
cia. Hanno i biondi crini alle spalle, le guancie
colorite, come chi dal corso si sente riscaldato, e vXi
occhi lucenti, e al muoversi presti. A seconda della
stagione che le Ore rappresentano, si coronavano di
ghirlande, l'una di fiori, l'altra di spighe, la terza
di uva e pampani, l'ultima di olivo
Oreadi. Vedi Ninfe.
Orecchia. Vedi Contumace — Guadagno — Obbe-
dienza — Sapienza — Servitù.
Orecchia turata con una mano. Vedi Dominio
giusto.
Orecchie d'asino. Vedi Fanatismo — Mida —
5ervizù.
Orecchie mozzate. Vedi Calunniatore.
Orefice.
Uomo che tiene un agneUo con una corona d'oro
in testa.
Oreste,
Figlio di Agamennone, re d'Argo e di Micene, e di
Clitennestra, che quando fu creschAo m età uccise
la madre insieme con l'amante di lei Egisto, la quale
aveva partecipato all'assassinio di suo padre; poi an
dò in Epiro e uccise anche Pirro amante di Elrmione;
ch'egli voleva rapire. Ma essendo sempre dopo il
commesso matricidio agitato dalle Furie, consultò l'O-
racolo, che gli comandò d'andare a sacrificarsi in
— 720 —

recò
Tauride per purificarsi dei suoi falli, e dove si
con Pilade suo intimo amico, il quale non volle mai
abbandonarlo . Oreste morì dal morso di una vipera.
Vedi Furia d'Oreste — Ifigenia.
Orfeo.

Figlio d'Apollo e della Musa Calliope, o seconde


altri d'Eagro e di una Musa. Suonava così bene la
lira, che gli alberi e i sassi gli correvano dietro, i fiumi
uni-
sospendevano il loro corso, e ]e bestie feroci sisposa
vano intorno a lui per ascoltarlo. Ebbe per
Euridice, che morì per la morsicatura di un serpente,
al-
fattale mentre fuggiva da Aristei^. Orfeo discese
l'Inferno econ le magiche note dt1la s\ia lira indusse
Plutone e Proserpina a restituiigl' la perduta con-
sorte, ma a patto che jion si rivolgesse indietro a
re-
guardarla finche non fosse uscito à\i confini del
gno infernale. Impazie nte d'amore , egh ruppe il pat-
to ed Euridice disparve. Dopo questa disgrazia Or-
feo disprezzò le donne, preferendo a loxo gli uomini,
Le
da che irritate le Baccanti lo lacerarono a brani.
sue membra furono sparse per la pianura , ma il suo

capo fu gettato nell'Ebro. che lo portò nel mare fi-


i
no a Lesbo, dove fu sepolto. Le Muse raccolsero
brani del suo corpo e li seppelli rono a Libetra, dove
dicevasi che il rosignolo cantasse sulla sua tomba più
soavemente che in qualunque altra parte della Grecia
La sua lira venne da Giove collocata tra le stelle.
Rappresentasi ordinariamente con una lira in mano, e
talvolta con un cigno accanto.
Opfne.
Uno dei cavalli di Plutone.
- 721 -
Organo.
Strumento musicale. Vedi Cecilia (Santa).
Orgoglio.
Animali: Cavallo, attributo dell'orgoglio. Pavone.
orgogliosissimo delle sue p>enne, su cui Giunone spar-
se i cento occhi di Argo. Serpente con la testa di
donna, emblema dell'orgoglio. Tacchino che fa la
ruota. — Vegetali: Amarillide bellissima.
Oriente.
Personificato in una figura col capo circondato
di raggi, e con la msuio destra alzata; come si \edc
in ima medaglia di Gallieno con linscrizione ORIEN
AVG. — Coccodrillo, presso gli Egiziani, perchè
quest'animale naisce dall'uovo senza essere covato dai
genitori, similmente al sole che per se stesso nasce. Ele-
fante. IlSenato Romano decretò che ad Augusto fos-
se concesso nelle medaglie l'effige di un carro tirato
da quattro elefeuiti, perchè, credesi, litornò dall'O-
riente carico di spoglie. Simile segno d'onore ebbero
anche altri vincitori di battaglie in Oriente.
Origano.
Piémta che contiene un olio aromatico di proprie-
tà tonica. Ha le foglie di un rosso porpora e i fiori
d'un rosso rosato. Vedi Conforto — Devastazione
— Medicina.
Origano dittamo.
Nome che gli antichi davano al dittamo eretico o
di Candia, e che aveva la riputazione di chiudere le
ferite, e guarire le morsicature dei serpenti. Vedi
Corona di origano dittamo — Parto.
46 — Q ROXCHETTI.
\ - 722 -
Origine.
Germe. Seme.
Orione.
Viaggiando Giove, Mercurio e Nettuno msieme,
un giorno si ricoverarono in casa di I reo uomo po-
verissimo (alcuni vogliono che sia stato Ir ieo re d'I- gb
ria), e per essere stati ben ricevuti in ricompensa
promisero d'accordargli tutto ciò che avesse chiesto.
un
Ireo disse, che da lungo tempo desiderava avere
figlio, ma senza l'aiuto d'alcuna donna, avendo fatto
voto con la sua di non possederla. Allora gli Dei gli
dissero di bagnare nell'orina la pelle di bue, che da
avven-
quella ne uscirebbe un fanciullo, come infattiun gran
ne, e ne nacque Orione, il quale divenne
cacciatore. Avendo egli un giorno tentato di violale
fece
Diana, dopo averla sfidata alla caccia, la Dea
l'uccis e. Orio-
nascere un scorpione, che morsicandolo anni le Pleiadi,
ne aveva perseguitato durante cinque
di essere
le quali, per sfuggirlo, chiesero a Giove
morte, Orione fu traspor-
cambiate in stelle. Dopo
tato in cielo col suo cane Sirio, e tutti e due diventa ro-
no delle costellazioni. Lo si figurav a come un enor-
al ma-
me gigante, che talvolta camminava in mezzo di
re, e con la testa alzata fino alle stelle, armato
una spada d'oro.
Oro. ,. ,.
Figlio d'Iside e di Osiride, uno dei grandi numi
na-
egiziani. Alcuni intesero Oro per il Dio del sole
turale, eda cui venisse il nome delle ore. che divi-
dono il giorno. Altri lo prendono per il mondo.
forme:
Questo Dio veniva rappresentato sotto due
cioè l'Oro giovane, che era nudo con l'accon ciatura
— 723 —

dalla lunga treccia attorcigliata, battendo l'orecchia,


col dito in bocca secondo l'abitudine dei bamb'ni;
che talvolta figura sulle ginocchia della madre che lo
allatta. Come Oro detto il grande, in generale si
vede seduto su un trono dipinto di azzurro, ed è in
forma di sciacallo o cane, con la testa di sparviero,
con lo pschent, simbolo del potere che esercitava ! iel-
la regione superiore e inferiore. Alcune volte poi è rifiì-
gurato in piedi col corpo umano e la feita di spurAe-
ro con lo pschent, e tiene lo scettro nella mano sini-
stra e nella destra la croce ad ansa. Infine era rap-
presentato dallo stesso sparviero. La mitologia narra
ch'egli fece guerra al tiranno Tifone, assassmo d'O-
siride, edopo averlo vinto e ucciso di propria maino
egli salì al trono del proprio padre; ma dc^o io-
vette soccombere al potere dei Titani, che lo uccise-
ro. Iside, sua madre, siccome (juella che possed :va
i rari segreti della medicina e quello anche di rendere
immortale, avendo trovato il corpo di Oro nel Nilo,
gli rese la vita e gli procurò l'immortalità, insegnan-
dogli la medicina e l'arte della divinazione.
Oro.
Metallo prezioso. Vedi Allegrezza — Cielo —
Contentezza — Devozione — Dominio — Giu-
stizia — Gloria — Impero — Lealtà — Libertà —
Ricchezza — Troni.
Orologio. Vedi Negligenza — Vigilanza.
Orologio a polvere Vedi Giorno — Morte —
Tempo.
Oromaze.
Dio dei Persijuii, che, secondo loro, era calo
- 724 -

dalla luce pura , ed era il principio di ogni bene.


Il mago Zoroastro, dice Plutarco, ammetteva due
Dei, l'uno buono, l'altro cattivo; all'uno dava il no-
me di Oromaze, all'altro di Armane: l'uno si rife-
riva alla luce sensibile, l'altro alle tenebre e all'i-
gnoranza. Egli credeva che alcuni alberi e alcune
piante appartenessero al Dio buono, e le altre al
cattivo; e che, fra gli animali, i cani, gli uccelli e i
ricci di terra fossero del Dio buono, e tutti quelli
delle acque, del cattivo. Oromaze ha prodotto sei
Dei, il primo dei quali era autore della benemerenza;
il secondo della verità; il terzo dell'equità; il quarto
della sapienza; il quinto della ricchezza; e il sesto
dei piaceri che provengono dalle buone azioni. An-
che Arimane, quasi per emulazione, creò un numero
eguale di Dei. Essendosi Oromaze fatto tre volte più
gramde di quello ch'egH era, si allontanò tanto dal
sole quanto lo è il sole dalla terra: adomò il cielo
di astri, e uno ne fece di tutti più bello, e come
custode degli astri, cioè Sirio o il Cane maggiore.
Fece egli ancora ventiquattro Dei, e li pose tutti in
un uovo. Avendone Arimante fatto un numero egua^
le, questi forarono l'uovo, e allora col bene si trovò
mescolato il male. Verrà però il tempo in cui Ari-
mane perirà, e allora, essendo la terra divenuta tutta
uguale, non vi sarà più che una sola vita e una
sola società di tutti gli uomini felici, che abiteranno
nella stessa città e parieranno un medesimo linguag-
gio. Secondo l'opinione dei maghi, durante il corso
di 3000 anni l'uno degli Dei prevarrà sull'altro, e
per altri 3000 anni si faranno la guerra, e l'uno pro-
curerà di distruggere l'altro. Finalmente Arimane sa-
— 725 —

rà sconfitto, e allora gli uomini saranno perfcttaunen-


te felici.
Orrore.
Aro serpentino. Allusione ai suoi rami irti di spi-
ni, che sembrano serpentelli. Mandragora, La radice
di questa pianta, voluminosa e sovente biforcata, as-
sume talora una forma che ricorda grossolanamente
quella del corpK> umano; e ima volta credevasi ch'es-
sa gettasse delle grida orribili, sradicandola.
Orsa. Vedi Adolescenza — Calisto — Donna viri-
le — Ira —
Salvezza. Profitto con l'età — Prudenza —
Orso.
Una volta si credeva che chi avesse mangiato il
cervello di questo animale, venisse preso da vertigi-
ne durante la quale si credeva trasformato in orso,
assumendone i modi. Vedi Arcade — Cacciatore
— Colomba (Santa) — Eligio (Sanf) — Co-
ti — Selvatichezza — Testa d'orso — Violenza.
Orta.
Dea che esortava gli uomini alle azioni. Il suo
tempio era sempre aiperto.
Ortensia. Vedi Idrangea.
Ortica.
Pianta irta di peli che producono un forte bru-
ciore sulla pelle. Vedi Afflizione.
Ortro.
Cane a due teste che custodiva il gregge di Ge-
rione.
Oscenità.
Ghianda di quercia, per una certa similitudine
della sua forma con quella del glande.
— 726 —
Osea.
la
Il primo dei dodici profeti rnmon che predisse
soggiogazione di Babilo nia. Vedi Profet i
Osiride od Osiri.
contie-
11 libro del morti, cioè il papiro funerario, circos tanze
ne molti titoli di questo Dio. Tutte le
de rigua rdano il simbo lo della vi-
della vita di Osiri Dio
ta oltremondana. In origine, pare essere stato li
locale di diverse città egiziane, (poste all'orient- del
Delta, fra il ramo Sebeni tico e il ramo Pelusiaco del
e di
Nilo. E allora era un Dio del Nilo, in opposizion
o, la roccia infe-
Tilone, che rappresentava il desert
conda. Secondo una legge nda in epoca molto ante-
e e
rioie alla storia, Osiride e Iside da un lato, fifon
o fratel h e
sua moglie Nefti dall'altro, erano quattr la
sorelle nati dall' union e di Seb," il Dio-te rra, con
ila Dea-cl elo. Osirid e sarebb e quindi stato
Notte,
creazione del
il primo Dio che apparve dopo la
uomo, almen o il primo Uio
mo ido e, se non il primo
in se natur a umana e il primo che regno
che avesse
Era un Dio
sugli uomini, e ai quali diede la civiltà.
to, insegn ò la coltiv azione
bu<vno e, come re d'Egit
il culto e i nti dei di-
del grano e della vite, istituìor parte delle citta del
versi Dei, fabbricò la maggi
terminata la
pafse e Tebe stessa. Quando ebbe egh
opera . Tifon e, violen to e crudel e, cospiro contro
sua
o m sua
di lui e lo gettò nel Nilo, poi regnò in Egitt
do un'alt ra tradiz ione. Tifone avrebbe
v€oe. Secon
Osirid e, getta ndone le
fatto a pezzi il cadavere di ate,
nel fiume, ove i pesci le avreb bero rispett
membra
li rac-
eccetto il mormiro. Iside cercò i pezzi sparsi,
e da sua so-
colse, poi, aiutata da Anubi, da Tot,
Oro, avreb be invent ato e
ffila Nefti e da suo figlio
— 727 —

praticato su questi avanzi, ricomposti in un sepolcro,


dei riti che ricostituivano i corpi, permettendo loro
d'andare a godere di una nuova esistenza nei Ccunpi
di lalou. (Si vuole che questo sia stato il primo
esempio di mummificazione). Osiride divenne quinA
il primo degli uomini morti che, avendo abbaoidona-
to la vita, la ritrova nell'altro mondo e riesce a per-
F>etuarla indefinitamente. I suoi fedeli subirono il me-
desimo trattamento ch'egli aveva subito, sfuggendo
come lui alla distruzione per andare a prosperare sot-
to la sua autorità nei campi lalou, di cui «gli era
re. Le rappresentazioni d'Osiride, rimasteci, sono va-
rie, e fKjssono essere riassunte in queste: 1° un Dio
con lo scettro del superiore Egitto, e il tau, come
suoi
mone.principali emblemi,
Il cartello che hae accanto
con le due penneil d'Am-
contiene titolo:
Osiride Onofre re degli Dei; 2" una forma di mum-
mia, con la corcma del superiore Egitto, il segno
della vita, e il bastone del dominatore, col titolo di:
Osiride, signore d'Abido; 3° un Dio col pschent su-
periore edue perme, il bastone e lo scettro regio, col
titolo: Osiride Onofre re degli Dei; 4° un Dio in
forma barbara, con lo scettro reale e bastone, e sul
capo il nilometro e l'ornamento di FCneph (cioè le
coma con un disco o Ureo) col titolo: Osiride Tal;
5° un Dio con la testa di cavallo, il bastone e lo
scettro; ma col doppio capo d'ibis e di becco. Ta-
le rappresentazione ha questa serie di titoli: Osiri, il
figliuolo di Nupte, generato da Seb, l'abitante del'
l'Amenti, il rivelatore del bene (Onophrio), a rive-
latore dei beni della verità, figlio degli Dei, il po-
tente capo dei fabbricatori (cioè il signore delle tom-
be). Insomma nel culto di Osiride avevano principio
— 728 —
e fine i misteri della religione egiziana: e in quella
aveva fondamento l'agricoltura, che molto contribui-
va all'incivilimento
consacrato di tali contrade. A questo Dio era
il nelumbio.
Ospitalità.
Uomo che conduce sua moglie per mano. — Por-
te, due. Quercia, adorata dai Celti per riconoscenza
dell'ospitalità che il suo spesso fogliame e il suo
tronco dava all'uomo.
Ospite.
Uomo in piedi con una rocca o una chiave in
mano.
Ossa. Vedi Ezechiele.
Osservatore dell'ordine-
Gru. Emigrauido, nel loro volo, le gru osservano
sempre un dato ordine in forma di triangolo.
Ostensorio.
Arredo sacro in cui si pone l'ostia consacrata per
l'esposizione solenne dell'Eucarestia. Il tronco o pie-
de dell'ostensorio è talvolta formato con gruppi d'an-
geK, e gli ornamenti e guarnizioni consistono di em-
blemi e simboli allusivi al SS. Sacramento: il pelli-
cano che nutre i figli col suo sangue, o un grappolo
d'uva e spighe di frumento. Vedi Domenico di Guz-^
man (San) — Eucarestia — Guglielmo {San) —
Tommaso d'Aquino {San).
Ostentsizione.
Tulipano.
Ostia.
Co$ì chiamasi i<na vittima consacrata a^li Dei,
— 729 —

come un'offerta di pace per stornare la loro collera,


per contrapposto a victima, ch'era offerta a rendi-
mento di grazie di favori ricevuti. Le vittime consi-
stevano per lo più in animali domestici, come buoi,
maiali, ecc. ; e qualche volta uomini. Quando si sa-
crificavamo agli Dei deirOlimpK), eramo uccisi con la
lesta in su, se offerti alle deità delle regioni inferiori,
a eroi, o ai morti, con la testa verso terra. Le vitti-
me più grandi erano prima stordite con un colpo di
martello per mano del popa, primo sacerdote.
Ostia sacra.
Pane azzimo o senza lievito che si consacra nella
Messa. Questo nome esprime la vittima che s'immola
in sacrifizio alla divinità; e quindi Ostia dicesi il
corpo e il sangue di G. Cristo che sono contenuti nel-
l'Eucarestia sotto specie di pane e di vino, p>erchè si
offrano a Dio quale vittima in sacrifizio. Le ostie
che servono per la messa sono più gramdi di quelle
che si conservano p>er la comunione, dette anche par-
ticelle. Vedi Barbara (Santa) — Bernardo {San)
— Chiesa — Eucarestia - — Fede.
Ostinazione.
Animali: Asino. Asino duro, baston duro, dice
il proverbio, cioè cogli ostinati bisogna usare ostina-
zione. Mulo. Ostinato, caparbio come un mulo. —
Diversi: Nero. Piombo.
Ottaedro.
Solido d'otto facce. Vedi Aria.
Ottimo Re. Vedi Re ottimo.
Otto. Vedi Numeri simbolici.
— 730 —
Ottobre.
Mese presieduto da Marte. Il medio evo Io per-
sonificò inun giovanotto a caccia, o che semina. Va-
eari lo rappresentò in un giovanetto di prima lanug-
gine, col cap>o coperto di tela sottile, con una veste
bianca grossolana e stretta alla cintura, e che gli
sventola intorno; calzato fino ai ginocchi, con accanto
molte gabbie di uccelli. Vedi Zodìaco.
Ovazione.
Trionfo minore. — Corona di mirto, che porta-
vano in testa i trionfanti soldati Romani in segno di
vittoria conseguita senza spargimento di sangue.
Ovisara.
Dio africano, l'ente supremo a Benin. Invisibile,
presente dappertutto, creatore del cielo e della terra,
infinitamente buono; non è però mai invocato, i-'oichè
è buono, dicono i Negri, ciò sarebbe inutile. Un vaso
forato in fondo in tre luoghi è l'organo essenziale de-
gli oracoli che rendono i loro sacerdoti, e dal suòno
di tale vaso gli adqjti riconoscono la volontà del
Dio.
Ovo. Vedi Uovo.
Ozio-
Due uomini seduti sotto un albero che guardano
un'oca; meglio se questa pianta e un salice, f>erchc
non produce alcun séme che sia utile.
Ozioso.
Uomo senza mani, simbolo di un ozioso inutile.
— Velia, perchè quest'uccello nell'estate si ritira al-
l'ombra, e nell'inverno sta nei luoghi esposti al sole.
Qili oziosi amano l'ombra e i tepori del letto,
731 —

P.
Pace.
Deità allegorica, figlia di Giove e di Temi. I Gre-
ci la rappresentavano sotto l'aspetto di bella donna
avente
tra unainstatuetta
una manodi delle spighe,
Plutone reggendo
fanciullo, che con l'al-
talvolta
teneva in seno; e la coronavano di lauro; sotto i prie-
di aveva un ramo d'olivo: le spighe rappresenta-
vano la fertilità della terra coltivata in temF>o di pa-
ce; Plutone era simbolo della ricchezza derivata
dalla pace; l'olivo sotto i piedi era segno di trionfo
e quiete. Era anche rappresentata con un ramo d'oli-
vo in mano, talora coronata d'olivo o di lauro, e col
seno pieno di frutta, come dice Tibullo: Viene al-
ma Pace con la spica in mano — E di bei frutti col-
mo il bianco seno. Raffaello la rappresentò sotto l'a-
livo spetto
da un d'unaGenio.
giovane donna che riceve un ramo d'o-
Animali: Chiocciola. Dicono i toscani: Non fa
l'audace — Ma frigge e tace — Viva la chioccio-
la — Bestia di pace. Colomba, che portò a Noè il
ramo d'olivo in segno che il diluvio era cessato e la
terra pacificata. — Vegetali: Olivo. Verbena. Se-
condo Plinio, con questa pianta si coronavano gli
ambasciatori incaricati di chiedere la tregua o la pa-
ce, specialmente presso i Romani. — Diversi: Ca-
duceo. Attributo di Mercurio, che presiedeva al com-
mercio che prospera sempre in tempo di pace. In va-
rie monete antiche figura il caduceo con la parola
pace. Per esempio, in quella di Cesare Vespasiamo si
vede una piccola figura col caduceo e un ranio
— 732 —

abolivo, con l'inscrizione PAX una AVGUSTA. In un'al-


tra moneta v'è rappresentata figura alata col ca-
duceo, eun serpente che parte dai piedi, con l'inscri-
zione PACI AVGVST/E, e il serpente che se ne va
significa che la guerra è portata lontano. E in una
moneta di T. Claudio si vede una figurina alata, che
con la destra si leva la veste dal petto, alzandola ver-
so la faccia, e con la sinistra porge il caduceo, cal-
cando coi piedi un serpente travolto e ripieigato. E
ciò significa che, soffocata la guerra, venne la pace.
Corniola, pietra dedicata alla pace. Pelle di lupo. Di-
cesi che alcuni popoli della Spagna mandarono degli
ambasciatori a Marcello per ottenere da lui perdono
e pace, i quali portavano una pelle di lupo invece del
caduceo o l'olivo. Toga. Siccome presso i Romani
l'amministrazione civile era diversa da quella della
guerra, così qualche volta la toga fu presa come em-
blema di pace, alludendo alla tranquillità della vita
civile.
Pace e guerra.
Tempio di Ciano, raffigurato nelle medaglie in for-
ma quadrata e fortificato da stanghe, chiavistelli, ecc. ;
fu segno di pace; mentre, aperto, significava tempo
di guerra. E ciò lo testificao l'inscri zione d'una di tali
medaglie, che dice: Essend stata acquistata la pace
col popolo Romano, per mare e per terra chiuse il
tempio di Ciano. Nell'altra parte della medaglia si
legge: L'imperatore Nerone Claudio, Cesare Augu-
sto Cermanico tribuno della plebe, padre della patria.
Pacificazione.
Pollice piegato sotto la mano, segno presso i Roma-
ni di pace fatta e concordia. Secondo Quintiliano, lej
ftatue dei pacificati erano rappresentate col ca|X) eh»-'
- 733 —

nato sullarecchio,spalla destra, con un braccio steso verso l'o-


ela mano aperta col pollice però piegato.
Alcuni credettero di ravvisare tal segno nella statua
equestre di Marco Aurelio, davanti al Campidoglio,
la quale porge innanzi la mano destra (con cui, dicesi,
si vietano le contese) alquanto inclinata, con le dita
aperte e il pollice un po' piegato all'ingiù.
Pacifico.
Uomo che con la destra mostra varie cose del mon-
do, el'altra tiene alla cintura. — Colomba con la co-
da alzata, simbolo di persona d'indole pacifica; su-
scettibile però ad adirarsi in casi estremi; perchè la
colomba, secondo gli cmtichi, non avendo fiele, non ha
collera, e se pur l'avesse, risiede nella coda.
Padre.
Scarafaggio, simbolo della virtù e ufficio del ma-
schio, perchè, secondo gH Egiziani, quest'insetto non
è generato col concorso di nessuna femmina, ma n-
ceve la vita esclusivamente per opera del padre. Nello
stesso modo che raffigurano il sesso femmnile con l'a-
voltoio, perchè lo volevano generato senza concorso del
maschio.
Padre Eterno.
Dio padre, prima persona della Trinità. Personifi-
cata sotto l'aspetto di un vecchio vestito di azzurro.
— Corona, emblema d'onnipotenza. Globo, per essere
egli il creatore del mondo. Libro della vita eterna, su
cui figurano le lettere greche alpha e omega (A 2).
Scelto, perchè Dio è re dei re.
Padre parco e famiglia prodigsu
Asino che intreccia e zinnoda una lunga fune, e
dietro il quale «dtri asini nascostamente la svolgono e
- 734 —
sciolgono. AllegOiTÌa di un padre di famiglia che fac-
cia buoni guadagni e che sia parco; mentre la fami-
glia, prodiga, è scialacquatrice; poiché legare un no-
do significa radunare e accumulare la roba, e scio-
glierlo, sprecare e gettar via.
Paguro.
Crostaceo volgarmente noto sotto il nome di gran-
chio eremita. Vedi Segreti rivelati.
Paglia. Vedi Dialettica — Rottura — Unione.
Pale.
Dea dei pascoli e dei pastori, con cui va connesso
il nome di Palatium o monte Palatino, sede in origine
di una tribù di pastori latini, i quali formavano il pri-
mo nucleo della città di Roma. Vedi Falilie.
Palemone.
Proiettore dei porti, al quale sacrificavano i navi-
ganti salvi in porto. Vedi Melicerte.
Palestina.
Palma. Emblema ricavato dal suo maggior pro-
dotto del suolo, e perchè gli Ebrei adoperavano nelle
loro solennità le sue foglie, e avevano un giorno so-
lenne che portava il nome di palma.
Palestra-
Figlia di Mercurio; presiedeva al giuoco della
lotta. Era raffigurata in modo che non si poteva di-
stinguere se fosse fcmciuUo o fanciulla, tanto face-
vasi vaga con bionde chiome alquanto lunghe, col
petto di verginella non più rilevato di quello di un
giovane delicato, e le braccia colorite, con un ra-
mo di olivo che, sedendo, teneva in seno. Palestra
amava assai questa pianta, forse perchè i lottatori si
ungevano il corpo con olio di olivo.
- 735 -
Palici Dei.
Gemelli, figli di Giove e dì Talia. Dicesi che sor-
gesse un lago dove nacquero. Gli Dei Palici nel-
l'antica Sicilia erano venerati come vendicatori dello
spergiuro e protettori dell'innocenza. Pare che fos-
sero venerati in quello che ancora chiamasi Lago
dei Palici o di Nafta presso Mireo. Vedi Acadìna.
Palilie.
Feste che celebravzmsi annualmente nell'auitica Ro-
ma, il 2 1 di carile, in onore di Pale, la Dea tutrice
dei pcistori, dette anche da qualcuno Parilie (Pari-
lia), dal latino parto (partorisco), perchè oftnvansi
sacrifizi in tal giorno per il parto del bestiame. Il
2 1 aprile era, secondo le tradizioni primitive di Ro-
ma, quel giorno in cui RcMnolo aveva cominciato la
fabbrica della città, in modo che le feste venivano
celebrate nel tempo stesso come giorno natalizio di
Roma. Ovidio ci lasciò la descrizione di tali solen-
nità, dove si rileva che la prima parte di esse consi-
steva in una pubblica purificazione col fuoco e col
fumo, e adoperavansi, per produrre il secondo, il
sangue del cavallo Ottobre, le ceneri dei vitelli sa-
crificati alla festa di Cerere e i gusci delle fave. A-
spergevasi inoltre il popolo con l'acqua e si lavavano
le mani con l'acqua viva di fonte, e bevevasi latte
mescolato con mosto. Il sangue del cavallo Ottobre,
era il sangue stillato dalla coda del cavallo sacrifi-
cato nel mese di ottobre a Marte nel campo stesso di
Marte o Campo Marzio. Questo sangue veniva cu-
stodito dalle vergini Vestali nel tempio di Vesta per
uso appunto delle Palilie. Quando verso sera i pastori
avevano pasciute le loro greggi, prendevano delle
scope di lauro per nettare le stalle e spruzzarle d'ac-
— 736 -

lauro, e
qua, ornandole poi di rami parimente di
rmo, abete e in-
quindi profumandole di zolfo, rosma anche le greggi.
censo, profumi a cui partecipavano
m fo-
I sacrifizi offerti in questo giorno consistevano
cacce, miglio, latte e altri commes tibili , dopo di che
una pregh iera a Pale. 1 ermi-
i pastori porgevano a
nati questi riti solenni, cominciava la parte allegr,
della festa con fuochi di mucchi di fieno e di strame
e al suono di tamburelli e flauti le greggi vemvano
il
di nuovo purificate correndo tre volte attraverso
fuoico ; e i pastor i facev ano lo stesso . Finiva la festa
con un banchetto all'aria aperta, a cui prendeva par-
te il popolo, sedendo o sdraiandosi sopra panche di
terra erbosa e bevendo copiosamente.
Palla. Vedi Fortuna — Incostanza della fortuna
— Mala - Fortuna — Mutabilità.
Pallade.
Nome che i Greci davano a Minerva.
Palladio. .■
con
Statua di Minerva, che discese dal cielo
icava il tempio
l'aiuto di Abarite, quando si fabbr
di quella Dea in Troia, e si mano, collocò essa stessa sul-
l'altare. Aveva una lancia in che tratto tratto
rò che
scuoteva muovendo gli occhi. L'oracolo assicu to che non
la città non sarebbe stata presa mai. fintan
do venuti
veniva rapita questa statua. I Greci essen
Diome de e Ulise passa ndo per un sol-
ad assediarla. citta
terraneo la portarono via, e poco dopo la
fu presa.
Pallio.
Ornamento pontificale proprio dei papi, primata
e metropohtani, che la portano sopra i loro abiti
— 737 —

ponrificali. E' tessuto della lana di due agnelli bian-


chi benedetti a Roma nella chiesa di Sant'Agnese il
dì festivo di essa santa, e custoditi in qualche casa
religiosa fino al tempo di tosarli. Presso i Greci, il
pallio era un manto o mantello, corrispondente presso
a poco alla toga dei Romani. Vedi Papa — Pie-
tro (San) — Popolo greco.
Pallone di maggio. Vedi Viburno.
Palma.
Magnifica pianta dei climi intertropicali, nei quali
la terra ricusa all'uomo quei vegetali che formamo
altrove la sua sussistenza, e dalla quale esso ottiene
tutto ciò che è necessario alla vita. Vedi Amore
reciproco — Angelo — Armo — Antera — ApO'
stola — Astrea — Avvocato — Bruno {San) —
Daniele (San) — Filomena {Santa) — Cwvarmi
Battista {San) — Girolamo {Sem) — Giustizia —
Maria Vergine — Martiri — Martirio — Nozze —
Palestina — Paolo {San) — Perdita e danno — ■
Pietro {San) — Predica — Vita dei religiosi cri-
stiani — Vittoria.
Palmo. Vedi Brevità della vita.
Pampani.
Foglie delle viti. Vedi Corona di pampani.
Pan o Pane.
Antichissima deità greca dei boschi e dei pascoli,
in origine venerato solamente dagli abitanti delle mon-
tuose regioni dell'Arcadia e di altre popolazioni de-
dite alla pastorizia, ma più tardi riconosciuto da tutte
le nazioni elleniche e onorato di un culto diffusissimo.
Lo si diceva comunemente figlio di Mercurio e della
47 — O. Ronchetti.
— 738 —

Ninfa Penelope, figlia di Driope, che il Dio visitò


in forma di montone. Egli nacque pienamente svilup-
pato, vale a dire con le corna, la barba, la coda, i
piedi caprini e peloso così che la madre si spaventò
quando lo vide, ma Mercurio lo portò nell'Olimpo,
ove tutti gli Dei, e sp>ecialmente Bacco, si rallegra-
rono della sua comparsa. Pan fu allevato dalle Nin-
fe, e come Dio dei greggi era sua cura accrescerli e
custodirli, ma egH era anche cacciatore e Dio per con-
seguenza dei cacciatori, i quali costumavano in Ar-
cadia flagellare la sua statua se cacciavano inutil-
mente. Durante il meriggio usava dormire, e mdispet-
tivasi se lo disturbavano. Anche le api stavano sotto .
la sua protezione, del pari delle coste ove i jDescatori
gettavano le reti. Come Dio di tutte le cose connesse
alla vita pastorale, egli amava la musica, e inventò
la zampogna che suonava maestrevolmente, e in cui
ammaestrò molti altri, fra i quali Dafni. Pan, come
tutti gli altri Dei che dimoravano nei boschi, era
temuto dai viaggiatori, a cui qualche volta appari-
va sgomentandoli con terrore improvviso; di qui ogni
terrore improvviso, di cui si ignorasse il motivo, chia-
mavasi timor panico. Dicesi avesse una voce terribile
e sgomentasse con essa i Titani nella loro guerra
contro gli Dei. Mentre errava nella foresta s'innamo-
rò di Eco, da cui ebbe Ince. Ma il suo amore prin-
cipale fu quello per la Ninfa Siringa, la quale era re-
stia elo fugigiva, preferendo la vita libera dei monti.
Ma un dì in procinto di essere presa da lui che
la rincorreva, pregò la Terra che l'aiutasse; questa
la cangiò in canna: per cui Pan in luogo della Nin-
fa strinse canne palustri; ma il lamento armonioso
che usciva da esse suggerì al Dio di unire più canne
- 739 —

di diverse gradazioni e formarne così uno stnimeiito


musicale, il quale dal nome dell'amata chiamò siringa
(parola greca che vai zampogna). I sacrifizi che si of-
frivano aPan consistevano in vacche, montoni, agnel-
li, latte e miele. Questi sacrifizi gli venivano offerti in
comune con Bacco e le Ninfe. Le sue feste a Roma
venivano celebrate con corse in cui alcuni pastori, che
altro abito non avevano tranne una cintura di pelle
di pecora, correvano per le strade armati di sferze
percuotendo tutti quelli che incontravano. I^e don-
ne non temevano il loro incontro e offrivansi anzi ai
loro colpi nella fiducia che ciò le rendesse feconde.
Nell'arte figurativa è da distinguersi una figura an-
tica di Pan e una più recente. Nei migliori tempi
dell'arte greca Pan era rappresentato in figura pura-
mente umana, salvo che gli si eiggiungevano le cor-
na nascenti ai due lati della fronte. Più tardi lo si
figurò con coma più sviluppate, lunga barba e i pie-
di caprini. Rappresentavasi coronalo di pino, o di
fico, o un rémio di pino in mano, il bastone da pastore
e la zampogna. Questo Dio aveva un carro tirato da
due becchi bianchi e gli era sacro il pino, in cui
trasformò la Ninfa Piti da lui amata. Gli antichi
riguardavano il Dio Pan come il tipo deil'unrverso,
come risulterebbe dalla seguente descrizione: « Gli
antichi, lo rappresentavano con la faccia caprina, di
color rosso, con le coma ruvide e irsute, la parte
inferiore tutta pelosa coi piedi di capra, vestito d'una
pelle di pantera di vari colori. Aveva in mano una
zampogna di sette cann«, e nell'altra un bastone ri-
torto a guisa d'un pastorale: e m questa figura vo-
levano che si contenesse una immagine di tutto l'u-
niverso. Poiché la faccia rossa significa l'aria; le
— 740 —

due corna, il sole e la luna; la pelle di pantera, la


varietà delle stelle. La parte inferiore, si fingeva pe-
losa, per significare igli alberi, i virgulti e le fiere.
I piedi di capra dimostravano la solidità e stabilità
della terra: la zampogna di sette canne, l'armonia
del cielo, nella quale son sette suoni e sette varietà
di voci, sette cieli: il bastone ritorto, l'anno che in
se stesso ritorna, perciò fu detto pan, che significa
il tutto ». — Un bronzo antico rappresenta il Dio
Pan che sta suonando la zampogna davanti a un'ara
ove scorgesi del fuoco acceso; al di sopra dell'ara
vi è una stella e dinanzi un becco ritto sui piedi
di dietro, e con quelli davanti a quest'ara si ap-
fXJggia; tutt' intomo si vedono i dodici segni del zo-
diaco. Come si disse, gli antichi riguardavano Pan
come il tipo dell'universo: Apollo e Pan erano a-
dorati come una stessa divinità, per la medesima ra-
gione che le corna di quest'ultimo erano riguardate
come i raggi del sole. Anche il grifo era simbolo di
Pan come di Apollo, e l'armonia dell'universo era
regolata dal suono del flauto di Pan. Questa è dun-
que la ragione per cui il Dio Pan era collocato in
mezzo al zodiaco. La zampogna o il flauto ch'egli
suona, secondo Macrobio, significa l'ineguaglianza del
l'operazione del Sole. Il fuoco sull'ara, secondo Pau-
sania, indica il fuoco eterno che a lui consacravasi.
Panacea
Dal greco panakeìa; da pan, tutto, e alfos, rimedio.
Figlia di Esculapio e di Epione, ossia quella che le-
nisce, che mitiga, *che risana.
Pandemia.
Soprannome di Afrodite (Venere), e cioè in dop-
- 741 -

pio senso, come Dea delle cortlgiéine; e quella che


unisce tutti gli abitanti di un paese in un corpo so-
ciale e politico; significando il nome di Pandemia:
comune a lutto il popolo.
Pandione.
Figlio di Erittonio re d'Atene e della naiade Pa-
sitea, sposò Zeusippe, da cui ebbe Progne e Filo-
mela e i gemelli Ereteo e Bute.
Pandora.
Nome, isecondo la mitologia, della prima fem-
mina. Prometeo aveva formato un uomo animando-
lo col fuoco celeste. Giove se ne sdegnò, e com-
mise a Vulcano di formare, con l'argilla, una fem-
mina, e di presentarla al consesso degli Dei. Mi-
nerva lavestì con gli abiti risplendenti, e le coprì la te-
sta di un velo e di ghirlande di fiori sulle quali pose
una corona d'oro. Condotta per mano di Vulcano
innanzi a^li Dei, tutti ne ammirarono la bellezza, e
ciascuno volle farle un dono. Minerva le insegnò le
arti convenienti al suo sesso; Venere la circondò di
bellezza e di grazia con l'inquieto desiderio e le pe-
nose cure. Mercurio^ le comunicò la favella e l'arte
di lusingare e cattivarsi i cuori. E quando la fan-
ciulla ebbe doni da tutti, fu chicunata Péuidora, da
pan, tutto, e doròn, dono. Giove le diede un'urna
chiusa, e la incaricò di offrirla a Prometeo; ma que-
sti, sosp>ettando qualche insidia, rifiutò di ricevere
tanto il dono quanto la portatrice. Non così Epime-
teo, che, quantimque avvertito dal fratello Prometeo
di non ricevere alcuna cosa che venisse da Giove, so-
dotto dalle grazie di Pandora, s'innamorò di lei, e
- 742 -
delitti che inondarono la terra. Epimeteo, pentito
d'aver scoperchiato il vaso, fece tosto per chiuderlo,
ma non era più in tempo: riuscì soltanto a contene-
re la fallace speranza, che essendo in fondo rimase
agli orli nel punto che stava per fuggire. Così nelle
leggende greche non meno che nella tradizione mo-
saica la prima donna fu cagione di tutti i mali, che
afflissero l'umanità e primo di tutti la morte.
Pane. Vedi Abacucco — Abdia — Benedetto
(San) — Carità — Clara (Santa) — Domenico di
Cuzman (San) — Dottrina — Elia — Genoveffa
(Santa) — Giacomo il Minore (San) — Giovanna
di Cusa (Santa) — Nìccola (San) — Temperanza.
Panporcino. Vedi Ciclamino.
Pantera.
Carnivoro della famiglia dei igatti. Vedi Bacco
— Donna virile — Pelle di pantera — Ubriachez-
za — Virtù simulata.
Pantomimo.
Maschera, che portavano i pantomimi antichi.
Paolo (San).
Apostolo. — Animali: Agnello, Colomba, coi
quah S. Paolo è simboleggiato — Vegetali: Canna
palustre, ricordando il Tevere vicino .al quale fu de-
capitato. — Diversi: Colonna, attributo del Santo.
Croce, allusione al suo martirio. Gladio, con cui fu
decapitato. Libro, emblema della dottrina.
Paolo (San).
Eremita. — Animali: Corvo, che gli portava il
pane. Leoni, i quali scavarono la fossa del Santo, e
si allontanarono dopo aver ricevuta la benedizione di
- 743 -

S. Antonio, intervenuto per seppellire il suo amico.


— Vegetali: Palma, con cui si intrecciava il ve-
stito.
Papa.
Capo della Chiesa cattolica. — Animali: Cri-
fo, che nel secolo XIII simboleggiava la saggezza.
— Diversi: Chiavi, le quali, come emblema, fanno
parte dello stemma papade. Croce ponteficale. Pal-
lio. Sedia, su cui viene portato. Tiara, detta trire-
gno, segno di supremazia e dominazione.
Papato.
Dignità papale. — Chiavi, attributo del papato.
Melagrana.
Papavero.
Parola derivata dal celtico pappa; allusione al-
l'uso antico di mischiare i semi di questa piamta, o
il sugo alla pappa dei bambini, per farli dormire.
Vedi Amore — Duotì Evento — Cerere — Città
— Corona di papaveri — Giunone Dea delle Noz-
ze — Giustizia — Languore — Letargo — Luna
— Morfeo — Venere.
Papero. Vedi Biagio (San).
Papiro.
Pianta il cui uso più comune, consisteva nel fab-
bricare la carta presso gli Egiziauii. Vedi Stirpe
antica — Vitto.
Pappagallo. Vedi Coma — Eloquente — Lo-
quacità.
Paradiso.
Questa parola viene dall'ebraico o piuttosto dal
caldtiico pardes, da cui i Greci hanno fatto Para-
— 744 —

deisos, e i Latini Paradisus, e significa un giardi-


no d'alberi fruttiferi, ossia un verziere.
Paradiso dei Cristiani.
Luogo nel quale Iddio dà il premio della beatitu-
dine eterna ai giusti, chiamato con quel nome per a-
nalogia; non conoscendosi sulla terra luogo più deli-
, zioso di un paradiso o giardino lieto di fiori e di
' fruito. — Albero, con cui viene simboleggiato.
Paradiso terrestre.
Giardino o luogo di delizie, nel quale Iddio ave-
va collocato Adamo ed Eva dopo creati, dove stet-
tero finche durarono nello stato d'innocenza, e don-
de furono scacciati dopo la disobbedienza al Si-
gnore mangiando del frutto proibito. Vedi Alberi.
Paradiso dei Greci e dei Romani. Vedi Elisio.
Paradiso dei Siamesi.
I Siamesi pongono il loro paradiso nel più elevato
cielo, e lo dividono in otto diversi gradi di beatitu-
dine. Secondo la loro idea il cielo è governato come
la terra; vi pongono dei paesi indipendenti, dei po-
poli e dei re; e pretendono che vi si faccia la guer-
ra, e vi abbiano luogo delle battaglie. Non è nem-
meno escluso il matrimonio, almeno nel primo, nel
secondo e nel terzo di quei soggiorni, ove i santi pos-
sono avere dei figlioH. Nel quarto essi sono superio-
ri a qualunque sensuale desiderio, e la purità si \a
così aumentando fino all'ultimo cielo, che è propria-
mente ilparadiso, nel loro linguaggio chiamato niw-
pan, ove le anime degli Dei e dei Santi godono inal-
terabile felicità.
Paradiso degli Indiani.
Gli abitanti degli staiti di Cambodia, nella peni-
- 745 -

sola di qua del Gange, contano perfino ventisette


cieli, gli uni posti sopra gli altri, e destinati a essere
il soggiorno delle anime virtuose dopo la loro sepa-
razione dal corpo. Ciò che essi narrano della maggior
parte di quei cieli è molto conforme a quanto i Mao-
mettani spacciano del loro paradiso. Vi si trovano
dei giardini smaltati di fiori, delle mense coperte di
deliziose vivainde e di squisiti liquori, delle donne di
una rara bellezza, e in grandissimo numero. Tanti
beni non sono destinati soltanto alle anime degli uo-
mini virtuosi, ma a quelle anche delle bestie, degli
uccelli, degli insetti e dei rettili, i quali, nella loro
specie, avranno condotto una vita conforme all'istin-
to della natura e dell'intenzione del creatore. Da
questo si può concludere che gli abitanti di Cambo-
dia sup>pongono che le bestie, non solo abbiano un a-
nima, ma anche una specie di ragione, quantunque
di quella degli uomini meno perfetta.
Paradiso dei Cinesi.
GH abitanti dell'isola Formosa credono che le per-
sone dabbene, dopo la morte, passino sopra di un
ponte stretto, formato con una sf>ecie di canna chia-
mata bambit, dal quale sono condotte in un luogo
di delizie, ove gustano tutti i piaceri che possono lu-
singare i loro sensi.
Paradiso dei Persiani.
Il paradiso dei Persiani, o Guebri, unisce in sé
tutti i piaceri che si jK>ssono gustare in questo mon-
do, con l'eccezione però che la voluttà dei sensi si
trova libera da quella materialità che gli uomini car-
nali sogliono frammischiarvi. Da quanto riferisce Hy-
de, in quel paradiso vi sono fanciulle di una così
mirabile bellezza, che la suprema felicità consiste
- 746 -
soltanto nel mirarle. Quelle fanciulle furono sempre
vergini, debbono esserlo sempre, e non sono fatte che
per gli occhi.
Paradiso dei Musulmani.
Secondo l'Alcorano, vi sono sette paradisi; e il
libro d'Azar aggiunge che Maometto, salito sopra
l'Alborah, animale di media struttura fra l'asino e il
mulo, li ha tutti veduti; che il 1" è di fino argento;
il 2" d'oro; il 3" di pietre preziose, ove trovasi un
angelo, da una mano del quale, per giungere all'al-
tra, vi è uno spazio di 70.000 giornate, con un li-
bro ch'egH sta sempre leggendo; il 4" è di smeraldi;
il 5° di cristallo; il 6° di fuoco, e il 7" è un giardi-
no delizioso irrigato da fontane e da fiumi di latte, di
miele e di vino, con diversi alberi sempre verdi e cari-
chi di frutti, i cui granelli si cambiano in altrettan-
te fanciulle così avvenenti e così dolci, che se una
di quelle avesse sputato nel mare, l'acqua non avreb-
be più nessuna amarezza. Egli aggiunge che quel
paradiso è costituito da angeli, alcuni dei quaH han-
no la testa di vacca, guarnita di corna, le quali han-
no 40.000 nodi e abbracciano quaranta giorni di
cammino da un nodo all'altro. Gli altri angeli han-
no 70.000 bocche, ciascuna delle quali 70.000 lin-
gue, e ogni lingua loda Dio 70. 000 volte al giorno
in 70.000 sorta d'idiomi diversi. Dinanzi al trono
di Dio stanno quattordici candele di cera accese,
ciascuna delle quali da un'estremità all'altra contie-
ne cinquanta giorni di cammino. Tutti gli apparta-
menti di quei cieli immaginari sono ornati di tutto ciò
che di più brillante si può immaginare. I credenti vi
troveranno le più rare e le più squisite vivande, e spose-
ranno delle Houris, ossia giovinette, le quah, mal-
- 747 -

grado il continuo commercio che i Musulmani avran-


no con esse, sarainnno sempre vergini. Ap>pena i beati
sono entrati nel paradiso, vanno a sedersi sulla sponda
del gran fiume Kausser, fiume di delizie, il quale è
coperto d'un albero di tutta quell'immensa grandez-
za di cui si possa formare un'idea, p>erchè una sola
foglia è tanto grande che un uomo, correndo p>er lo
spazio di 50.000 cuini, non potrebbe uscire dall'om-
bra che spande quella foglia. Maometto e Ali sono
i coppieri del nettare delizioso delle sue onde. Lo
porgono in preziosi vasi, trovamdosi dz^jpertutto mon-
tati sopra dei Pay dui dui, animali che hanno i pie-
di di cervo, la coda di tigre e la testa di donna; e
sono essi accompagnati da innumerevoli gruppi di don-
ne celesti d'una meravigliosa bellezza, create per i
piaceri degli eletti.
Paradiso degli Africani.
La maggior parte dei Negri delle Coste d'Oro
s'immaginano che dopo la morte andranno in un
altro mondo ove occup>eranno lo stesso r<mgo che han-
no in quello che vivoncS Sono anche p>ersuasi che
tutte le cose le quali sarauino sacrificate dai loro pa-
renti per onorare i loro funerali, verranno a essi ri-
messe nel nuovo soggiorno. Gli Ottentotti non hanno
che xm'ic'ea molto grossolana dell'altra vita, come
pure delle F>ene e della ricompensa che devono ri-
cevere. Gli abitanti del regno di Benin credono che
il paradiso sia situato in qualche luogo del mare.
Paradiso degli A mericani.
Molti selvaggi del Mississippi sono persuasi che do-
po la morte, in ricompensa del loro valore e della lo-
ro probità, saranno trcisportati in un felice i>aese ove
troveréumo buona e abbondante cacciagione. Il pa-
- 748 - .

radiso degli abitanti della Virginia consiste nel pos-


sesso di miserabili cose, come in tabacco, in una pi-
pa, e nel piacere di cantare e danzare con una co-
rona di penne, e il viso dipinto di diversi colori. Ta-
le, secondo la loro idea, è il premio della virtù e
la felicità suprema. Quel luogo di delizie è situato
all'Occidente, di dietro ai monti, e per quanto sia
piccola la felicità che si igusta, tuttavia essi la trovano
molto grande per il basso popolo. Non vi sono che i
Verovanci e i sacerdoti cui sia permesso di entrare
in paradiso. Gli abitanti della Florida, nei dintorni
delle montagne d'Apalacchia, credono che le anime
dopofralale loro morte, s'innal-
al cielo edabbene,
delle zinopersone siano poste stelle.
Paradiso dei Messicani.
Gli abitanti del Messico credevano che il para-
diso fosse situato vicino al sole. In quel soggiorno di
felicità, coloro che erano stati uccisi pugnando co-
raggiosamente perla patria, occupavamo il posto più
distinto: dopo di loro venivano collocati tutti gli
infelici che erano stati sgozzati in onore degli Dei.
Parassita.
Assiolo, chiamato da Platone parassita e adulato-
re. Fuco, che vive alle spalle delle api.
Parche.
Dee che presiedono alla sorte degU uomini, rego-
i
landone destini. Sono sorelle e si chiamano Cloto,
Lachesi e Atropo. Gh uni le fanno figlie della Notte
e dell'Erebo; altri della Necessità e del Destino, e
altri ancora di Giove e di Temi. I greci le chiama-
vano Moire, e i Latini Parca, dalla parola parcus,
come se fossero state troppo avare nel dispensare la
vita degli uomini, che sembra troppo corta. Il loro
— 749 -

nome particx>lare denota le loro differenti funzioni;


perchè siccome ogni destino degli uomini che dice-
vasi sottortKsso alla |x>tenza delle Parche, riguar-
dava o il tempK) della nascita, o quello della vita o
quello della morte. Clolo (che in greco signfica e-
vocazione) la più giovane delle sorelle, presiedeva al-
la nascita degli uomini, e teneva la rocca e tirava il
filo; Lachesi (che vuol dire sorte) maiggiore della pre-
cedente, avvolgeva il filo intomo al fuso, e Atropo
(che significa senza ordine) tagliava il filo con !e
forbici. Lachesi nell'empire il fuso segna quel che
accade nella vita di un uomo, in cui gli uni agli al-
tri si succedono i giorni e le azioni, i dolori, i pia-
ceri, le vicende, le speranze, le illusioni, i disin-
ganni. A ogni ora che passa s'incalzano le idee: i
moti dell'animo, gli avvenimenti; non si p>erde nul-
la tanto nella natura quanto nella morale: l'affati-
carsi el'avvicendarsi delle cose ha una regola e un
fine stabilito dall'ordine generale: e il fuso è un sim-
bolo di quella successione delle cose umane che ha
luogo nella vita, perchè conserva il filo, non lo di-
sperde, e sembra che lo destini, come negli usi vol-
gari delle filatrici, a ordire qualche trama; e di fatti
ogni vita d'uomo concorre a formare il tessuto della
società generale. Per cui Lachesi, benché sia di mi-
nore attività delle altre due sorelle, ha un incarico
grave e misterioso. — Le Parche assistevano ai par-
li per rendersi padrone del bambino che nasceva. Se-
condo Esiodo sono le padrone assolute di tutto il be-
ne e di tutto il male che avviene nel mondo. .Altri
mitologi sottomettono le Parche agli ordini di Pluto-
ne; ma l'c^inione la più generale è che le Parche ser-
vono sotto gli ordini del Destino, a cui gli Dd, e
— 750 —

Io stesso Giove sono sottomessi. Platone, che le vuole


figlie della Necessità, raippresenta queste Dee se-
dute accanto alla madre — alla quale pone fra le
ginocchia un gran fuso di diamante — egualmente
distante l'una dall'altra; in alto ed elevato seggio;
che cantano insieme con le Sirene, che sono sopra le
sfere celesti. Lachesi canta le cose passate; Cleto
quelle presenti; Atropo, quelle dell'avvenire; e met-
tono parimenti mano al fuso insieme con la Necessi-
tà loro madre in questo modo: doto vi mette la de-
stra, Atropo la sinistra, e Lachesi con ambo le ma-
ni lo tocca di qua e di là. — Comunemente queste
Dee rappresentavansi con tre donne oppresse dalla
vecchiezza, con in testa una corona di lana e nar-
cisi intrecciati, annodata da nastri bianchi e una veste
parimenti bianca che copre loro tutto 11 corpo. La de-
crepitezza diqueste Dee denotava, secondo i mora-
listi, l'eternità dei decreti divini; la rocca e il fuso
significavano che spettava a loro di regolare il corso
della vita, e fi filo misterioso indicava il ix)co for"--
damento che si poteva fare di una vita che dipen-
deva da così poca cosa. La corona che portavano
in testa era segno del loro potere su tutto runiverso.
Le Parche adcperavauio lana bianca, grigia e nera;
la prima, per filare giorni lunghi e felici; l'ultima,
la vita corta e infelice. Si sacrificavano loro pecore
nere, quantunque fossero state Dee implacabili. —
Non si trovano che pochissime figure delle Parche. Di-
cesi che nell'anno I 500 fu in Stiria trovata una certa
lamina di piombo in cui: (( Vedesi un segno in cir-
colo, edentro questo siede sopra un piccolo poggetto
un giovane nudo, che con ambo le mani si copre
la faccia e gli occhi, ed ha scritto sopra il capo Ciato,
- 751 -

ed ai suoi piedi giace un fanciullo alato, pure nu-


do, che tiene la mano destra sul ginocchio destro, e
col braccio sinistro si app)oggia sopra un teschio u-
mano, che tiene in bocca uno stinco per traverso;
sopra il fanciullo v'è scritto Lachesi, ed al teschio A-
tropo. Parve poi che dalla destra del fanciullo p>oco
lontano da lui fosse una ardente fiaunma, e di die-
tro quasi verso il giovane, che sedeva, un cespuglietto
di erba con alcuni fiori, ed era tutto il resto arido
terreno con alcuni saissi sparsi disordinatamente ».
Nella raccolta del Museo Pio - dementino, esi-
steva una tavola che presentava solamente Cloto e
Lachesi; la prima aveva la rocca e filava, la secon-
da indicava con una verga il destino di tutto ciò che
esiste sulla terra; essa aveva inoltre sulle ginocchia
un volume in cui erano scritte tutte le azioni. Nella
stessa raccolta, tale volume si trova nelle mani di
Cloto sul frammento di un sarcofago intagliato. Delle
altre sorelle, una (Lachesi) è indicata da un globo
celeste e un raggio (allusione all'oroscopo); l'altra
mostra sopra un gnomone che il termine dell'esisten-
za è giunto. A Lione, sopra un basso rilievo della
badia d'Ainai, esse tengono un pomo (simbolo del
la fruttificazione). L'ideale delle Parche, differen-
ziandole per la rocca, il fuso e le forbici, si compor-
rebbe di lunghi veli bruni, di corone d'oro, di facce
severe, ma belle, finalmente d'ali, che contrastìuio
singolarmente col loro atteggiamento stazionario. Al-
cuni le raffigurarono con dorme che annunciano la
ventura, dando loro in mano un rotolo di carta, tal-
volta in atto di scrivervi sopra.
Paride.
Uno dei più celebri personaggi dei tempi leggen-
— 752 -

dari della storia greca, figlio di Priamo e d' Ecuba.


Avendo sua madre, mentre era gravida di lui, so-
gnato che il fanciullo che avrebbe dato alla luce sa-
rebbe stato la rovina della sua patria, Priamo, ap-
pena che il bambino fu nato, lo fece esporre da uno
schiavo sul monte Ida. Quell'ordine fu eseguito, ma
dopo cinque giorni essendo lo schiavo tornato al luo-
go dove aveva gettato il bambino, trovò che era
stato allattato da un'orsa, per cui, per non mostrarsi
meno umano di una fiera, lo raccolse e se lo portò
a casa, dove l'allevò qual figlio in mezzo ai pasto-
ri dell'Ida. Fattosi adulto, distinguevasi per bellez-
za e forza; e mostrandosi assai valente nel respin-
gere gli assalti delle fiere e dei ladroni, fu sopran-
nominato Alessandro. Fu poi riconosciuto dai suoi
genitori e ricevuto a corte dal padre; ma si volle
prima ch'egli lasciasse la pastorizia, fosse da Giove
stato eletto quale giudice della gara fra Giunone,
Minerva e Venere, alla quale diede il pomo d'oro
gettato dalla Discordia sulla mensa degH Dei alle
nozze di Teti e di Peleo. Paride sposò la Ninfa
Enone, figlia del fiume Cebreno, la quale gli predis-
se i mali che gli dovevano avvenire. Infatti, Paride,
dopo aver rapita Elena, la condusse a Troia; Giu-
none e Minerva, sdegnate per il suo giudizio in fa-
vore di Venere, instigarono i greci a vendicarsi di ta-
le affranto, i quali, dopo dieci anni d'assedio, arsero
Troia. Paride fu ucciso da Pirro, o, secondo altri
da Filottete, con una freccia d'Ercole,^ e vide, pri-
ma di morire, rovinata la sua patria per sua cagione.
Apf>ena ferito si fece portare sul monte Ida presso
la moglie Enone, espertissma nella medicina, affinchè
- 753 -

lo guarisse; ma Ejione, offesa dall'abbaiKlono, non


volle però guarirlo, perciò Paride dovette morire.
Parietaria.
Piéinta che trovasi comunemente nei luoghi fre-
schi, nelle siepi, nelle fessure dei vecchi muri, nei ru-
deri. Vedi Misaniropia.
Parlamentario.
Mandatario che jx>rta al nemico di guerra un'éim-
basciata. — Ancora, che gli Indiani mettevano in ma-
no agli ambcisciatori invece del caduceo. Dicesi che i
savi d'India, ad Apjollonio, prima di combattere, man-
darono un giovane che portava un'ancora d'oro, p>er
mezzo del quale verniero a trattative.
Parlare vano.
Pitale. Pitagora soleva dire di non mettere il cibo
nel pitale; cioè il parlare piacevole ed elegamte, para-
gonato al cibo dell'anima, non doversi mettere nel-
l'animo diun uomo vizioso, perchè sarebbe inutile.
Parole.
Coltello. Diogene, a un bel giovane che lo burlava
sfacciatamente, disse: Non ti vergogni cavare d'una
guaina d'avorio un coltello di piombo. Nd salmi si
legge: La lor lingua è un coltello acuto; e altrove:
Arrotarono la lor lingua come colteili, dove si parla
delle calunnie e degli inganni. S. Paolo, in un signi-
ficato diverso, dice che la parola di Dio è viva ed ef-
ficace, e più acuta, più penetrante di qualunque col-
tello adue tagli.
Parricida.
Vipera, che gli antichi rinchiudevano nel sacco con
l'uccisore del proprio. padre, gettandolo poi nel fiume.
48 — Q. Ronchetti.
754 -
Parsimonia.
o trullo, man-
Oliva Gli antichi ritenevano che quest
giandolo, avesse la virtù di rende re sobri , perciò ta-
preferendolo ad
ceva parte anche nei conviti sontuosi ando uno che
altre vivande gustose. Diogene, beffeggi
certo convi to, dissegh: òe
aveva mangiato ohve in un
desin ato, non così cener esti; volendo con
tu avessi così
monia, ma
ciò significare che non lo facesse per parsi
e viva nde de.
aver ripieno lo stomaco per le scelt
per are.
desin

e, ed essendo
Sirena, che cercò di ammaliare Uliss
pito in mare per
stata delusa dalla sua potenza, si preci
e rive del Medi-
disperazione. Approdò nelle più amen tomba nel! edi-
terraneo in Italia, ove fu trova ta la sua
mata l^ar-
ficare una città, che dal suo nome fu chia ficata, si
do la città fu riedi
tenope. Questo nome, quan
li, ^i
cangiò in Neapolis. Essa si chiama oggi Napo ia d,
simbo leggi asse una colon
vuole che quella Sirena
del Mailer-
Fenic.i che si stabilì nel golfo più bello
raneo
Partenza.
dovevano intrap-
Foglie di fico. Quando gU antichi
o davan ti alla pro-
prendere qualche viaggio, mettevan
fico con le foghe , come au-
pria porta alcuni rami di
di una felic e parte nza, riten endol e anche quale
gurio
presagio di felice ritomo.
Parto. f
delle nozze , tra
Chiavi. Anticamente, in occasione
alla sposa del-
altre cose, costumavasi mettere in mano
e per in-
le chiavi. E ciò. dicesi, come buon augurio, significato
vocare da Dio un parto facile. E in questo
e la vulva.
ne parla la Bibbia, dove si legge: aprir
— 755 —
Cintura sciolta. Le donne che partorivano la prima
volta scioglievano la cintura dedicandola a Lucina. Di-
cesi che in Atene esistesse un tempio a Diana sciogli
cintura. Origano dittamo. Sacro a Lucina Dea dei
partorienti.
Parto unico
Leonessa scolpita, con cui gli amtichi figuravano una
donna che avesse avuto un figlio unico, ritenendo che
quest'animale partorisse una volta sola in tutta la sua
vita.
Partunda.
Dea che incoraggiava al parto. Vedi Nozze.
Parvadi, Parvati o Bavanì.
Così chiamasi neil'indostan la terza persona della
trinità fenuninile. Vedi Bavani. Viene sovente rap-
presentata sotto la forma della sua incarnazione in
Badracali o Pelracari Pagoda, donna gigantesca con
otto facce, sedici mani nere come il carbone, occhi
grandi, zanne di cinghiale p>er denti, un elefante per
ogm orecchio a guisa di orecchini, serpenti attorci-
gliati alcorpo per vestimenta, e p>enne di pavone per
cap>elH; armate le mani di una spada, un tridente, una
scure, una sciabola, una freccia, una picca, una scim-
mia, edella ciacra o ruota mistica; e porta per orna-
mento, non di rado, un lungo collare di teste umane,
che le scendono ovalmente dal collo alle ginocchia.
Pascià.
Coda di cavallo, che in Turchia è l'insegna carat-
teristica dei pascià: essi la farmo portare davanti ad
essi, svolazzante in cima a uno stendardo composto
d'una lancia munita d'una mezzaluna. Il numero del-
le code aumenta con la dignità; e tre code rappre-
— 756 —

sentano la dignità più alta nella gerarchia militare.


Solo il gran Visir possiede cinque code.
Pasifae.
Figlia del Sole e di Perse o Perseide, e moglie di
Minosse. Venere adirata contro il Sole che l'aveva
fatta sorprendere da Vulcano con Marte, inspirò amo-
re a Pasifae per un toro, donde nacque Minolau-
ro (vedi).
Passera solitaria. Vedi Querela.
Passero. Vedi Carro tirato da passeri — P ir gite
italica — Solitudine — Venere.
Passiflora.
Pianta, chiamata anche granadiglia, i cui organi
sessuali rappresentano in qualche modo gli strumenti
della passione di Gesù Cristo, donde derivò il nome
di passiflora o fiore della passione. Vedi Culto — Fe-
de — Passione di Cristo — Religione.
Passione di Cristo.
E' la serie dei patimenti che il Redentore ha sof-
ferti dairultima cena che fece coi suoi apostoli in-
fino al tempo della sua morte, per il corso di circa
ventiquattro ore. — Calice. Passiflora cerulea, fiore
in cui si trovano gli strumenti della passione. Rosso,
colore della Passione.
Passione per le vecchie.
Montone; allusione alla preferenza di quest'ani-
male di accompagnarsi con le pecore vecchie, non
curandosi di quelle giovani.

Pastorale. Vedi Adolfo {Sant') ^— Barnaba {San)


— Bastone pastorale — Benedetto {San) — Bruno
{San) — Clara {Santa) — Vescovo.
— 757 —
Fateci o Patechì.
Dei custodi e difensori, di cui i Fenici colloca-
vano le immagini ora alla prora delle navi, per pro-
teggerle contro i pericoli del mare, ora sulle loro
mense. Tali immagini venivano rappresentate abitual-
mente sotto forma di nani o di pigmei, e talvolta
assumevano corpi panciuti e sferici. Sotto quest'ul-
tima forma erano, a quanto sembra, posd sulle mense
a motivo dei doni che profondevano.
Patera.
Piatto circolare talvolta munito di manico. Sulle
monete antiche la patera figura in mano alle divi-
nità, SF>esso anche in mano di principi, per indicare
la dignità sacerdotale unita in essi col p>otere sovra-
no. Vedi Dignità sacerdotale — Igiea — Salute.
Patrimonio ereditario-
Nido di rondine, con cui gli Egiziani simboleg-
giavano ilpatrimonio lasciato ai figli; p)oichè nessun
uccello costruisce il nido con tanta fatica e cura, e
che sia tanto durevole quanto quello delle rondini,
in modo di servirsene quando fanno ritomo, e di cui,
morti i genitori, i figli se ne impossessano, quasi co-
me di eredità patema.
Patto.
Alano destra sporta.
Paura.
Personificata, vedi Inferno dei poeti (Sackeville).
— Argento. Lepre, animale per natura timidissimo.
Un fKjeta Romano chiamava lepri con la celata i
soldati che fuggivano davanti al nemico. Lisandro,
celebre generale spartano, nell'assalto della città di
Corinto, vedendo levarsi una lepre d'un luogo vicino
— 758 -

alle mura, se ne valse per animare i suoi uommi, tac-


cian<lo di codardia gli avversari, assicurandoli che i
soldati nemici sarebbero facilmente presi, poiché quel-
la città, dove le lepri stavano con tanta sicurezza, non
era bellicosa.
Pauroso. ^ • j •
Elefante vicino a uno stagno d'acqua limpida, m
cui può specchiarsi. Si vuole che gli elefanti abbiano
orrore della propria immagine; perciò, dicesi, bevono
acqua torbida. Gh indiani per passare un fiume con
degli elefanti, aspettano una notte nuvolosa e senza
luna.
Pauroso e debole.
La natura della donna che si vede scolpita o in-
tagliata su antichi obelischi e colonne, è un emblema
il
d'uomini timidi ed effemminati, superati da coloro
segnat o di sopra. A que-
cui nome o cifra, vi figura
sto sembra alludere Omero facendo da Tersito rim-
proverare laviltà dei Greci con queste .parole: Voi
non più Greci, ma Grechette siete.
Pavenzia. ..
Dea che presiedeva alla paura dei bambini.
Pavone.
del-
In tutte le età, in tutti i paesi la magnificenza
razione
le penne di questo uccello ha destato l'ammi
comune. Fino dall'età più remota i poeti Greci lo
collocarono nell'Olimpo. Gli antichi, e il volgo o-
e-
dierno con essi, credevano che il pavone, consaplodi
vole della sua bellezza, ascoltar.se con piacere le
degli ammiratori, e che trionfanteriscuo di vanità spiegas-
se la sua magnifica coda per tere d plauso
dei circostanti, donde venne il verbo pavonemarst.
- 759 -
Credevano parimenti che quando egli si accorgesse di
non produrre il vagheggiato effetto sui riguardanti, ri-
piegcisse le penne e corresse a nascondersi F>er di-
spetto. Vedi Argo — Bruttura della ricchezza —
Carro tirato da pavoTìi — Concordia — Consacra-
zione — Giorno — Giunone — Notte — Orgoglio
— Prodigo — yanità.
Pazienza.
Personificata in una donna d'età matura seduta
sopra una pietra, reggendo un giogo sulle spalle; ha
le mani congiunte e i piedi nudi poggiati su un fa-
scette di spine. Ella ha l'aspetto triste e rassegnato.
e porta una veste verde, colore della speranza. Va-
sari mandò a Minerbelli, vescovo d'Arezzo, un dise-
gno della Pazienza, accompagnandolo con la seguen-
te descrizione: « Una femimna ritta, di mezza età,
ne tutta vestita né tutta spogliata, acciò tenga, fra la
ricchezza e la povertà, il mezzo: sia incatenata per
il pie manco p>er offender meno la parte più nobile,
sendo in libertà sua il potere con le mani sciolte sca-
tenarsi e partirsi a sua posta. Avamo messo la ca-
tena a quel sasso, e lei cortese con le braccia mostra
segno di non voler partire fin che il tempo non con-
suma con le gocciole dell'acqua la pietra dove ella
è incatenata, la quale a goccia a goccia esce dalla
clessidra, oriuolo antico, che serviva agli oratori men-
tre oravano. 0>sì, ristrettasi nelle spalle, mirando fis-
samente quanto gli bisogna aspettare che si consumi
la durezza del sasso, tollera e aspetta con quella spe-
ranza che cimaramente soffron coloro, che stanno a
disagio p>er finire il loro disegno con pazienza. Il mot-
to mi pare che stia molto bene ed a proposito nel
sasso: Diuturna tolleranza »,
— 760 —

Bue. dogo, perchè la pazienza si sottomette. Leo-


ne X scelse per impresa o insegna il giogo col motto
Soave, per mostrare che per cogliere il frutto di ta-
le virtù era necessario ogni pronta volontà, e che il
giogo sarebbe stato soave, a chi con pazienza lo por-
tava. Grigio violaceo. Romice paziente.
PazzìBL.
Uomo ben vestito con un pomo in mano. — Elle-
boro, che gli antichi vantavano come rimedio contro
la pazzia. Nero. Vedi Follia.
Peccati. Vedi Purgazione dei peccati.
Peccati umani.
Ventre, simbolo delle colpe e macchie degli uo-
mini; e che nel Levitico si comanda ora di lavare con
l'acqua, ora di estirparlo; poiché nella Bibbia lo ster-
co è preso per i peccati umani, i quali, se sono re-
missibili devono lavarsi con l'acqua; se irremissi-
bili, devono essere estirpati.
Peccato,
Personificato, vedi Inferno dei poeti (Milton).
Peccato e Innocenza.
Femmina. Maschio. Secondo i teologi, nei sacri-
fizi antichi il nome di maschio figurava l'innocente,
e un uomo senza macchie; e il nome di femmina,
il peccato. Nel Levitico, dove si parla dell'offerta del
vitèllo maschio senza macchia, Cirillo dice doversi
intendere colui che non conosce peccato e ciò perchè
la femmina rappresenta il peccato, essendo essa de-
bole, arrendevole e inclinata al peccato. Nella Bib-
bia un uomo evirato è simbolo di chi, dopo aver co-
minciato con una vita morigerata e santa, dedicandoci
— 761 —

nella ai
dato gioventù
vizi e ad
allaopere buone, siasi nell'età avanzata
scelleratezza.
Pecht
Dea Egiziana corrispondente all'Artemide dei Gre-
ci e alla Diana dei Latini. Rappresentavasi ordina-
riamente con la testa di gatto o di leonessa e col di-
sco solare, intorno a cui si attorciglia il seipente. Ve-
niva anche raffigurata sotto forma di un gatto, :1 qua-
le, secondo
relazione con l'opinione
la luna. degli antichi, era in qualche
Pecora.
Questo quadrupede di una docilità sorprendente,
che ci sembra stupido, fin dai più remoti tempi se^^'ì
a soddisfare ai più urgenti bisogni dell'uomo. Ve-
di Abbondanza — Amos — Danaro — Eva —
Fecondità — Innocenza — Munificenza — Nolte
— Prelati — Ricchezza — Scialacquatore — Stol-
tezza — Vescovo.
Pedum.

Bastone da pastore, piegato in curva a un'estre-


mità, per prendere le pecore e le capre per le ^am-
be. Vedi Bastone da pastore.
Pegaso.
Cavallo alato che nacque dal sangue di Medusa,
quando Perseo le troncò la testa. Appena egli vide
la luce, volò, dice Esiodo, nel soggiorno degli Im-
mortali, e secondo Ovidio, spiegò il volo sull'Elico-
na, montagna della Beozia, ove con un calcio fece
scaturire la fontana d'Ippocrene. Minerva lo d<xnò
e poi lo diede a Bellerofonte, che lo montò per com-
battere contro la chimera. Ma avendo voluto quell'e-
roe servirsene per salire al cielo, fu per ordine di
762 -
collo-
Giove precipitato sulla terra, e Pegaso venne
cato fra gli astri, ove forma una costellazione. irsi O-
vidio lo fa montar e anche da Perseo , per trasfer
attraverso alle aree regioni, nella Mauritania presso
doveva
le Esperidi, e per combattere il mostro che
divorare Andromeda. Alcuni voglio no che Pegas o ti-
rasse il carro di Aurora. Vedi Corinto — Fama.
Peleo. r IT
hrigia
Re di Tessagha, era figlio di Eaco re di
a un perpet uo esi-
e della Ninfa Endeide. Dannato
Telam one, ucci-
lio per avere, in un col suo fratello
so benché involontariamente. Foco, altro loro fra-
tello, si rifugiò in Ftia nella Tessag lia, dove sposo
Antigone, figlia del re Eurito, il quale gli diede in do-
to alla
te la terza parte del suo reame. Peleo, invita
ale di Caledo iie, vi andò col
famosa caccia del cinghi
la sventu ra di uccide re scagli ando
cognato, cui ebbe
nuova
un giavellotto contro il cinghiale: per questa
bi ri-
spensieratezza fu costretto a un secondo esilio puri-
tirò a lolco presso il re Acast o, dal quale fu
ficato. Quivi se ne viveva tranquillo, allorché Asti-
cor-
damia, moglie del re, invaghitasi di lui, e non
risposta, lo accusò al marito di aver tentat o di se-
durla. Acasto lo fece condurre sul monte Pehone,
• dove fu legato a un albero e lasciato esposto alle be-
ca-
stie feroci. Giove spedì Vulcano a spezzare le sue
tene ecol soccorso di alcuni amici, fra i quah Gia-
sone, Castore e Polluce, andò a lolco entrò per
reggia e uccise la regina. Morta Anti-
forza nella
gone, Peleo si unì in seconde nozze con fetide, so-
rella di Nicomede re di Sciro, una delle figlie di
stesso
Nereo. Questa Ninfa era così bella che Giove
aveva tentat o di farla sua. Peleo fu perciò il solp
- 763 -

mortale che abbia sposato una Dea. Da questa unio-


ne nacque Achille.
Peli a.
Figlio di Nettuno e di Tiro. Fu nutrito da una
bestia da soma e divenne il più crudele di tutti gli
uomini. Non contento di usurpare gli stati a Esone,
lo fece anche imprigionare, e non lo nutriva che di
sangue di toro. Fece uccidere la moglie e i figli di
Esone, meno il piccolo Giasone il quale a stento po-
tè essere salvato dalle persecuzioni di Pelia, e affi-
dato al centauro Chirone perchè segretamente lo e-
ducasse. Giunto ai venti anni, Giasone mosse p>er chie-
dere gli stati a cui aveva diritto. Per caso, avendo
p>erduto per istrada un sandalo, egli si presentò a Pe-
lia con un sandalo solo; ma Pelia era stato p>oco
prima avvertito da un oracolo che si guardasse da un
forestiero monosandolo. Perciò preso sospetto di lui,
e d'altra parte non osando ricorrere ad ap>erta vio-
lenza, accondiscese alle richieste di Giasone, a condi-
zione però ch'egli si recasse a prendere in Colchide e
portasse a lui il vello d'oro, sperauido che dovesse in
tale in^resa perire; ma Giasone riltómò vittorioso
con Medea, la quale punì Pelia di tutte le sue ini-
quità, consigliando le sue figlie a ucciderlo, promet-
tendo loro di volerlo ringiovanire. Le crudeli figliuo-
le l'uccisero, e lo fecero invano bollire in una caldaia
secondo il consiglio di Medea.
Pelle. Vedi Tribolazione.
Pelle di asino. Vedi Fatica.
Pelle di bestia. Vedi Elia.
Pelle di cammello. Vedi Ciovanni Battista (San),
Pelle di cane. Vedi Lari,
— 764 —
Pelle di foca. Vedi Difesa.
Pelle di iena- Vedi Domatore dell'avversità —
yirtto d air inferiorità.
Pelle di leone. Vedi Ercole — Sforzo grande con
inganno — Virtù.
Pelle di lupo. Vedi Marzo — Pace — Silenzio.
Pelle di montone. Vedi Adamo.
Pelle di pantera. Vedi Baccanti.
Pelle di pecora. Vedi Doveri della sposa.
Pelle di tigre. Vedi Baccanti — Vinto daW infe-
riorità.
Pelle umana. Vedi Bartolomeo {San).
Pelle di volpe. Vedi Baccanti — Sforzo grande
icon inganno.
Pellegrina. Vedi Francesco Saverio (San).
Pellegrinaggio.
Bordone, bastane ricurvo di cui si /servivano i
pellegrini. Globo terrestre, significando che si viene
da tutte le parti del monto. Rondine, perchè non vi-
ve nel luogo in cui è nata, ma viaggia sempre da
un luogo all'altro.
Pellegrino.

i
Zucca da pellegrino, quale attributo ed emblema
Pellicano.
La femmina di quest'uccello nutrisce i suoi picco^
li facendo sgorgare dinanzi a essi dei pesci ch'essa
lasciò macerare nella sua borsa; e siccome per vuo-
tare questa borsa, essa la schiaccia col becco contro
il petto, e le materie che ne escono sono più o meno
sanguinanti, diede origine alla credenza popolare se-
- 765 -

condo la quale il pellicano si apre il petto per nu-


trire del proprio sangue i suoi piccoli. Questa leggen-
da inspirò ai cristiaini il conosciutissimo simbolo del
pellicano, posto nel centro di un nido, che si straccia
il petto e verso cui si precipitano dei piccoli avidi; al-
ludendo aGesù Cristo che diede il suo sangue per la
salute dell'umanità o nutrendo l'uomo di sé stesso
nell'Eucarestia. Vedi Amore paterno — Bontà —
Eucarestia — Gesù Cristo — Misericordia — Pie-
tà — Redenzione — Sciocchezza — Solitudine.
Pelope
Figlio di Tantalo. Suo padre, volendo far prova
dell'onniscienza degli Dei che aveva invitati a un
banchetto, scannò Pelope, lo fece tagliare a pezzi e
fattolo cuocere, lo pose insieme ad altre carni sulla
mensa. Gli Dei conobbero il suo delitto, e si aisten-
nero di mangiare quell'orribile vivanda, tranne Ce-
rere, la quale, addolorata per il ratto di Proserpina
sua figlia, se ne cibò senza avvedersene. Giove, mos-
so a pietà della triste sorte di quel fanciullo, ne rac-
colse le sparse membra, e sostituita una ^alla d'avo-
rio a quella che Cerere aveva mangiato, gli rese la
vita. Dicesi che quella spalla, al solo toccarla, aveva
la virtù di guarire ogni specie di malattie. Pelope
sposò Ip^jodamia, dopo aver N-into Enomao suo pa-
dre (vedi Minilo) e diede il nome Peloponneso agli
stati conquistati al suocero. Morto in avanzata età,
la sua tomba diventò un altare e furono celebrate
feste annue dette Pelopee.
Peloponneso
Nome antico degli abitanti del paese, che oggidì
si chiama Morea. — Testuggine, che figurava sulle
monete.
— 766 —
Pena della lascìvia.
Lontra. Simbolo egiziano di un uomo punito per
la sua lascivia verso qualche donna; perchè erede-
vasi che la lontra, presa, coi denti si tagliasse i te-
sticoli, sapendo d'essere ricercata per causa di quelli:
anche agli adulteri solevasi dare il medesimo castigo,
evirandoli.
Penati.
Divinità romane, che venivano considerate come
protettrici del nutrimento della famiglia e delie prov-
viste annue a questo necessario. Santuario dei penati
era il focolare domestico, nell'atrio, come punto cen-
trale della casa, che non solo serviva alla prepara-
zione dei cibi quotidiani ma anche a scopi rehgiosì.
Sul focolare soleva tenersi acceso continuamente il
fuoco in onore dei Penati e di Vesta, e vicino al
focolare si conservavano in apposite nicchie le sta-
tuette dei Penati, che si mettevano anche a tavola po-
nendo loro davanti dei cibi come per far partecipare
alla comune mensa gli spiriti protettori della cucina
casalinga. I Penati si vedono rappresentati^ in diversi
modi sulle medaglie e le monete: sotto l'aspetto di
due giovanet ti dall'abi to e ornamen ti militari, seduti,
con un arco in mano; sotto la figura di vecchi uomi-
ni con la testa velata come sacerdoti intenti a sacri-
ficare.
Pene.
Calendula dei prati.
Penitenza.
Viene personificata sotto l'aspetto di donna vesti-
ta di panni logori, che piange dirottamente. — Calice,
ricordando' la Passione. Capelli sparsi, quale segno
della poca cura esteriore che si deve avere di se
- 767 -

stesso nella penitenza; poiché il primo pensiero deve


rivolgersi alla cura dell'anima. Cenere, con cui, se-
condo la Bibbia, si coprivano i prelati e i re in se-
gno di penitenza. Cilizio. Corona <t spine. Foglie
di fico, con cui si cinse Adamo, dicesi, in segno della
durezza e dolore della penitenza, per essere queste
foglie ruvide. E, secondo alcuni, perchè Adamo im-
pose a sé stesso ed a sua moglie tale cintura, quale
promessa di respingere gli stimoli della carne, sotto-
mettendosi alle punture del rimorso. Craticola, se-
condo iteologi, segno di gemiti, lagrime e lamenti
veraci con cui si esterna il p>entimerito delle azioni
tristi commesse. Grigio cenere, colore dedicato alla
p>enitenza. Testa di morto, simbolo della preghiera
e della p>enitenza. Violetto, colore proprio alla peni-
tenza. — Vedi Calurmia.
Penna da scrivere. Vedi Agostino {SanC) — Ber-
nardo (San) — Girolamo (San) — Notizia - Sibille
— Teresa (Santa) — Tommaso d'Aquino (San).
Penna d'ibis. Vedi Inefficacia all'impresa.
Penna di struzzo. Vedi Tma — Tot.
Penne. Vedi America — Muse — Vanità.
Penne d'aquila. Vedi Potenza dannosa.
Penne di gru. Vedi Costumi perseveranti.
Penne di pavone. Vedi Ambizione — Barbara
(Santa).
Pennello. Vedi Pittura.
Pensieri cattivi.
Volpe. Nel Cantico dei Cemtici si legge: Piglia-
teci, le piccole volpi che guastano le nostre vigne
fiorite; e, secondo gli interpreti della Bibbia, que-
-^ 768 —

ed i
ste volpi significherebbero i cattivi peivsÌerÌ
co gemo; per-
sentimenti perversi inspirati dal malefi siano
ciò si comanda di distruggerle prima che
cresciute, diventate ardite e pronte ad assalire Uo-
mo virtuoso. Vedi Scacci are i cattivi pensieri.
Pensieri triviali. „
che s im^
Pulce, emblema di pensieri vili e bassi
dell'
noeinquie uomo conducendolo a una vita tra-
padroniscovagliata ta.
Pensiero.
una strava-
Viene personificato in un vecchio, con
d un
gante acconciatura di nocciole in testa, e coperto tutta
nero, il quale lascia scopr ire il petto e
manto
da mille acutissime spine. —
la perso
Viola ro.iata
sgraff
delna pensie
Pentagono. . ,,,. ^ , ,^
Figura geometrica a cinque lati. Vedi òaLute.
Pentimento della lascivia.
che, tecon
Cervo nascosto in una fossa. Credevasi
l'abb andon asse sponta-
data la femmina, il maschio che
neamente, per un certo cattivo odore di becco
libid ine, e che. soli-
sentiva indosso, prodotto dalla finche la
tario scavata una fossa, vi restasse dentro
al pasco lo.
pioggia non l'avesse lavato, per ritornare
Pento la. Vedi Fiacr e {San) .
Peonia. ... m u
fosse una Ninfa
Dicesi che questo fiore in origine
e, aven do offes o il proprio
chiamata Peone, la qual
in peoni a, cons erva ndo que-
onore, venisse trasformata sparso sulla
sta il colore che la vergogna le aveva
si coglieva sol
fronte. Secondo gli antichi la peonia
fosse stato veduto
tanto di notte, e se chi la coglieva
- 769 —

da un cuculo, rischiava di perdere la vista. Ve-


di Onta — Vergogna.
Peplo.
Drappo ampio e fine, che copriva e avvolgeva
l'intera persona. Vedi Minerva.
Perdimento.
Mare; allusione alla sua profondità, che sommer-
ge e soffoca. E in questo senso i teologi spiegano
il passo del Salmo XVII, che dice: lui essere stato
cavato fuori di molte acque. Tutti gli inter^eti della
Bibbia prendono le onde turbate e gonfiate, per una
grande calamità, e l'acqua torbida per una certa e-
strema violenza di dolore, che vince ogni facoltà di
respiro.
Perdita cara.
Occhi. Secondo gli spiegatori dei sogni, sognando
d'essere stato accecato d'ambo gli occhi, è segno che
si deve perdere un figlio, un fratello o i genitori; i
fratelli, perchè, dicono, gli occhi sono congiunti da
una fratellanza comune; i genitori, perchè ci danno
la luce: i figli, perchè ebbero luce dai genitori.
Perdita e danno.
Palma sfrondata. Gli antichi credevano che una
padma, nenteguastata o déuineggiata,
danno; ccwne fosse segno
risulterebbe dalla vicendad'immi-
della
palma di metallo dagli Ateniesi consacrata nel tem-
pio di Apollo Delfico, in memoria della vittoria con-
tro ipopoli della Media, la quale, dicesi, fu pro-
nostico d'infelice successo p>oco prima che andasse-
ro contro i Siracusani, perchè i suoi frutti, che erano
d'oro, furono per diversi giorni guastati da uccelli di
malaugurio.
— 770 -

o. Gli anti-
^DifT anulare messo nell'orecc/ifo destr agli Uei,
mostr are d'ave r doma ndat o perd ono
chi per
prega ti da dimen tica-
che avessero offeso, e di averlimettere il dito anulare
re l'err ore comm esso , solev ano
ta la bocca;
nell'orecchio destro, dopo essersi tocca
con Nemesi. —
gesto.. con cui credevano riconciliarsi
OpcXo
Uomo perfetto.
Perfetto. Vedi Sapienza pzxUii<y —
Perfezione .

Ananasso, frutto che raggiunge la P^^f^^T/' (vedi P"^:


. Barba
che bello di forma, buono e fragrante
to il sacnhzicN
Uomo). Circolo. Gli antichi, consuma
nell'ahar e col sangue
solevano bagnare un circolo pronunciando una
delle vittime raccoho in un vaso,
^^
parola sacra in greco che significava aver fi^rdo Allusion e
di perfezion e. Sefie,
pendolo come segno
alla perfetta purificazione dell'argen to, che si rite-
ciò che facevas,
neva raggiunta alla settima cottura;
purgate col fuoco, c.me sa
p^re per altre sostanze
lo zucchero , il quale sette volte veniva purgato
rebbe
non ntenevasi più
e sette volte provato, oltre di che
possibile renderne maggiormente perfetta la rattma-
perfetta oppure
zione. Donde per indicare una cosa
ma o ingegnos a, nacque il detto:
una personadi astutissi
sette cotte.
Zucchero
Perfìdia. . ,.
con captgtiatw-
Viene personificata in una donna alla vita che
ra dì serpe nti, e un serpe nte arrot olato
^'^,0, alinhu^o
irrita e insidia sotto la veste con un che da 1 odore
della perfidia. - Lauro ceraso. Albero
- 771 —

contiene un veleno pwtente. Mirtillo. Allusione al


famoso cocchiere Mirtiio. Ranuncolo acre.
Perìcolo. Vedi Fortificalo contro i pericoli — Fuga
dai pericoli.
Pericoloso.
Coltello. L'avvertimento di Pitagora di fuggire e
riparasi dal coltello acuto, nel senso figurativo viene
da alcuni interpretato doversi fugare le faccende pe-
ricolose.
Perifete.
Gigante, figlio di Efesto, che ziggrediva i vian-
danti eli uccideva con una mazza di ferro (p>erciò
detto Corinete, dal greco coryrie, mazza). Si nutriva
di carne umana ; Teseo l'uccise, disperdendo le sue
ossa per la campagna di Epidauro.
Peristera.
Ninfa cara a Venere. Venuti un giorno Cupido e
Venere a gara a chi raccogliesse più fiori in un'ora;
Venere, aiutata da Peristera, riuscì vincitrice e Cu-
pido, irritato, cangiò la Ninfa in colomba.
Perla.
Gli antichi credevamo che le perle fossero gocce
di rugiada cadute tra le valve di un'ostrica e solidi-
ficata dal calore del sole. Vedi Candore — Co-
rona di perle — Europa — Lagrime.
Pernice.
In quanto alla tutela della famiglia, il maschio
di questi uccelli non mostra meno intelligenza o meno
coraggio della madre nel difenderla contro i suoi
nemici naturali. Vedi A cale — Amore disonestis-
simo — Astuzia Concordia nelle cure familiari
— Cosa precoce — Giovanni Evangelista {San) —
— 772 -

Lussuria — Ritorno sulla buona via — Riverenza


Triviale.
Pero. Vedi Davide {San).
Perpetuità.
Cipresso; con cui gli antichi facevano le statue
degli Dei, e ciò per la resistenza e incorruttibilità
del suo legno. Plinio testifica che una statua di Gio-
ve fatta di cipresso 661 anni dopo l'edificazione di
Roma, si conservava ancora ai suoi tempi. Platone
ordinò che le leggi pubbliche, le cose fatte e i decreti
si scrivessero su sacre tavole di cipresso, ritenendo
egh quel legno più durevole del bronzo. Pietra. In
Campidoglio, i Romcini celebravano con onori divini
un termine di pietra, che alcuni ritennero essere stato
il sasso che Saturno non potè inghiottire per la sua
grossezza, credendo di divorare Giove. Dicesi che
Cassiodoro, avendo domandato a un indovino, quan-
do l'impero dei Romani avesse fine, ebbe per ri-
sposta, quando cadrà il termine del Campidoglio; e
aggiungendo che se mai ciò avvenisse, dopo 30.000
anni detto segno ritornerebbe in piedi. Tale termine
era chiamato: del Campidoglio rimmulabile sasso.
Sedia, che, presso gli Egiziani, era simbolo di per-
petuità ed eterna quiete. Vedi Eternità.
Persefone.
Nome che i Greci davano a Proserpina.
Perseo.
Figlio di Giove e di Danae. Dicesi che essendo
stato esposto alle onde insieme a sua madre in una
una barca logora (o in una cassetta, come vogliono
alcuni), fu gettato sulle coste dell'isol a di Sento,
una delle Cicladi, ma fu salvato ed educato da
- 773 -
Polidette, che ne era il re. Ma poi innamorato di
Danae, pensò di allontanare il di lei figlio, e a que-
sto fine gli ordinò di combattere le Gorgoni e di por-
targli la testa di Medusa. Perseo, aunato dagli Dei,
ricevette per il successo di tale impresa da Minerva
uno specchio, da Plutone l'elmo, da Mercurio i ta-
lari alati, una scimitarra di dieunante e un magico
sacco da viaggio. I talari alati raqjpresentavano un
buon vascello a vela, del quale Perseo si valse F>er
andare sulla costa d'Africa; l'elmo <ii Plutone si ri-
ferisce al segreto che conveniva tenere in quell'im-
presa; elo specchio di Minerva la prudenza con la
quale si con^x>rtò in quella guerra. Diffatti vinse le
Gorgoni e tagliò la testa a Medusa, mettendola nel
sacco magico. Giunto nell'Etiopia, con l'aiuto del ca-
vallo Pegaso, imprestatogli da Minerva, liberò An-
dromeda dal mostro che stava p>er divorarla, e dopo
aver sposata la princip>essa che dovette conquistare una
seconda volta in combattimento contro Fineo, fece ri-
torno con lei nella Grecia. Ma poco dopo ebbe la
sventura di uccidere egli stesso Acrisio, suo avolo,
di un colpo di piastrella nei giuochi funebri che si
celebravano in onore di Polidette. Ne fu tanto afflit-
to che abbandonò il soggiorno d'Argo, e andò a fab-
bricare una nuova città, di cui fece la capitale dei
suoi domini, e che chiamò Micene. Perseo fu fatto
perire da Megaponte per vendicarsi della morte di
Preto, suo padre, da lui ucciso. Perseo venne col-
locato fra le costellazioni.
Perseveranza.
Personificata in una donna avente in mano un'ur-
na, donde
a incavare l'acqua scola a goccia a goccia, e finisce
una roccia.
- 774 -
Persia.
Aquila. Callo, la prima, insegna moderna, l'al-
tra, antica. Vedi Soldati persiani.
Persico. Vedi Pe&co.
Persuasione.
Agata. Rete, che nella Bibbia è presa quale sim-
bolo della persueisione che conduce gli uomini alla
cognizione della verità; come se la persuasione fosse
una rete in cui si rimane presi.
iPertinacia.
Personificata in una figura tutta di colore scuro
con brache abbarbicate di edera, la quale si attac-
ca tenacemente ai corpi a cui si aggrappa. — Mosca,
presa da Omero quale simbolo di un nemico feroce
che ne assale un altro, senza dargli requie o riposo
alcuno, finche non lo ferisce; come risulta dai se-
guenti versi: L'audace mosca, che ha F ardir nel
petto — Con grave pìorso offende il forte corpo.
Perturbatore.
Tafano, simbolo di chi turba la pace e la libertà
altrui, e che suscita tumulto nella tranquillità del po-
polo; allusione al tafano mandato da Giunone a tur-
bare la pace della giovenca Io.
Perturbazione d'animo.
Rovo, simbolo biblico delle afflizioni, fastidi, op-
pres ioni etutte le pene che turbano, affannano e la-
cerano ilcuore umano.
Pervinca.
Pianta dai bei fiori violacei, e le foglie di un ver-
de cupo. Vedi Dolci ricordi.
>— in —
Pesca
Frutto del pesco. Vedi -Cuore — Fugacità dei
beni — Nocciolo di pesca — Verità.
Pescatore.
Uomo in una barca ferma.
Pesce. Vedi Acqua — Arìima — Arìtonio da
Padova (Sant') — Battesimo — Coda di pesce —
Crapula — Dirce — Febbraio — Francesco d'As-
sise (San) — Gesù Cristo — Irmocenza — Mare
— Profano — Silenzio — Speranza in Dio —
Venere — Zodiaco.
Pesco.
Pianta proveniente dalla Persia, perciò chiamata
anche persico. Vedi Silenzio.
Peste.
Frecce di Apollo, le quali, tirate sull'esercito dei
Greci, secondo Omero, significavano la peste. Presso
gli antichi le saette, o frecce, simboleggiano i raggi
solari, i quali dzd cielo influiscono su questo mondo.
La religione Cristiana elesse S. Sebastiano p>er pro-
tettore contro la p>este, perchè fu trafitto da molts
frecce, simbolo del suo martirio.
Pestilenza.
Lupo che, secondo Filostrato, dove appare è in-
dizio di futura pestilenza.
Petaso.
Cap>pello di feltro, con la fascia bassa e la tesa
larga, usato dai Greci e dai Romani. Era uno dei
segni convenzionali, adottati dagli artisti greci, per
indicare che una persona era rappresentata in viag-
gio, e consisteva nel raffigurarla con un petaso so-
speso alla nuca. Vedi Mercurio.
Pettine. Vedi Biagio (San) — Cmtina {Santa) —
Venere barbuta.
Pettirosso.
Uccello notissimo che nell'estate si ritira nei luo-
ghi pili selvaggi e più freschi dei boschi, particolar-
mente montani. Vedi Solitario.
PhPè. Vedi Nefer.
Piacere.
Sedici. Ovidio volendo indicare che Narciso era
di tal età da potersi innamorare, disse: Un più, che
quindici anni aveva Narciso. Secondo gli astrolo-
gi, la luna curava i bambini fino quasi a cinque anni,
indi, p>er un decennio, erano affidati a Mecurrio. il
quale inspirava il desiderio di molte cose e la muta-
bilità; e al sedicesimo anno venivano in potere di
Venere, Dea del piacere.
Piacere e dispiacere.
Raffigurati: il primo in un giovane bellissimo di
faccia, dairaapetto gentile e piacevole, coi capelli
biondi inanellati; l'altro, in vecchio dall'aspetto tri-
sto e mesto; rappresentati in atto di volgersi le spal-
le, per indicare essere questi due sentimenti affatto
opposti. Il Piacere tiene nella mano destra una can'
na, e nella siniistra una rosa; simbolo la prima della
Vcuiità umana, la seconda, della fragilità dei pia-
ceri. Il Dispiacere ha nella mano destra delle frec-
ce, e nella sinistra un nudo ramo di rosa spinoso;
quelle, simbolo delle punture acute e velenose con cui
ferisce i cuori; questo, degli affarmi che seguono i
piaceri svaniti.
Piacere nato dalla mestizia.
Api che escono dalla bocca di un leone morto.
- 777 -

Allusione a persona che, combattuta, calunniata e


vilipesa dai nemici, abbia acquistato maggior ripu-
tazione e supremazia. Tale allegoria ebbe origine
dal fatto seguente: E,ssendosi Sansone incontrato in
un ferocissimo leone, i'zissalì strangolandolo, e così
morto, dalla pubblica strada lo trascinò in^ una sel-
va, e quivi nascosto lo lasciò. Ripassando alcuni
giorni per il luogo stesso, trovò nel corp» dell'anima-
le, già putrefatto, uno sciame di api, ciò che gli fornì
materia di un enigma che al banchetto propose scio-
gliere con scommessa di trenta abiti. L'enigma era:
Come fosse possibile, che una cosa crudele, fiera e
voracissima, mandasse fuori dalla sua bocca un cibo
soavissimo. I Filistei accettarono la scommessa e po-
terono risolvere il problema per informazione che
n'ebbero dalla sjxwa stessa di Sansone, la quale con
belle maniere gli aveva strcippato il segreto; pro-
metteiKk) che l'avr^be mantenuto. Sdegnalo Samsone
della rivelazione di sua moglie, in pieno convito, pro-
ferì l'acerba esclamazione: Niente essere più fallace,
che la donna; abbandonando poi la moglie, e pagan-
do la scommessa con le vestimenta di trenta Filistei
che uccise ad Ascalon.
Piacere pericoloso-
Tuberosa.
Piacevolezza.
Rosa, colore.
Plaga. Vedi Desolazione.
Pianeta.
Veste che il sacerdote mette sopra il camice. Ve-
di Matteo (San) — Pietro (San) — Prete.
Pianta geometrica. Vedi Architettura.
_ 778 -~
Pianto.
Animali: Rondine. Allusione ai pianti e lamenti
di Filomela, trasformata in rondine. — Vegetali:
Elenio; si vuole che i fiori di questa pianta fossero
in origine prodotti dalle lagrime della famosa Ele-
na. Fava, che i Romani ritennero funesta, e prete-
sero vedere nel suo fiore certe lettere che significa-
vano pianto; perciò la dedicarono ai morti. Prezze-
molo, consacrato alle anime dell'inferno, e dedicato
al pianto. Si vuole che il prezzemolo che si vede in-
tagliato inmolti sepolcri, nei calici e nelle tazze, an-
tichi, sia segno di morte e di pianto. Inoltre si soleva
spargere quest'erba nelle tombe, prima di porvi i
cadaveri; perciò gli antichi, nei loro conviti, si guar-
davano sopra tutto di non mettere nelle corone il prez-
zemolo, quale cosa affatto contraria all'allegria. — ■
Diversi: Mirra in lagrime. Sopracciglio. Gli indovini
dei sogni ritenevano ■ che sognando le sopraccigha pe-
late fosse segno di pianto; perchè una volta nei
pianti e nel cordoglio usavasi strappare i peli delle
sopracciglia.
Piatto. Vedi Liberalità.
Pica. Vedi Cazza.
Picca.
Grossa asta e forte con punta acuta di ferro. Un
tempo era considerata comedisegno d'onore; e alzarla
sopra il capo era indizio resa; mentre abbassata
orizzontalmente era segno di caricare il nemico. Ve-
di Assalto.
Picchio.
Uccello che abita nei boschi, turbando quasi conti-
nuamente laquiete o coi suoi forti gridi che ripete vo-
- 770 -

landò, o col risonante rumore che fa col suo becco


picchiando negli alberi. Vedi Marte — Pico.
Piccione, Vedi Carezze amatorie — Castità —
Empio e mgrato — Salubrità.
Pico.
Divinità profetica dd Latini, e in alcune tradi-
zioni è chiamato primo re d'Italia. Era un famoso
profeta e augure, e facendo uso in queste cose di un
picus (picchio), s'ebbe egli stesso questo nome, tra
rappresentato in modo rozzo e primitivo come una co-
lonna di legno con un picchio in cima, e ix>i come
un giovarne con uno di questi uccelli in ca^x). Dicesi
che amasse Pomona, e sdegnasse l'amore di Circe,
la quale lo cambiò in picchio, conservandogli però le
facoltà profetiche che jXKsedeva prima come uomo.
Picummo e Pilumno.
Erano considerati come fratelli e Dei benefici nel-
la rustica religione degli cintichi Romani. Veniva loro
preparato un letto nella casa in cui v'era un neonato.
Credevasi che Pilumno allontanasse tutte le malat-
tie dell'infanzia dal fanciullo mediante il suo pilum
(strumento per stritolare o sminuzzare materiali in un
mortaio) col quale insegnò a rompere il grano; e
Picumno, il quale sotto il nome di SterquiliTìio cre-
devasi avesse scoperto l'uso del concime per i campi,
conferiva al fanciullo forza e prosperità, di che am-
bedue erano éinche considerati come gli Dei dei buo-
ni fatti, ed erano identificati con Castore e Polluce.
Piede. Vedi Affetti libidinosi — Assalto — Fine
— Quiete — Ritorno — Servitù — Trionfatore
— Via.
Piede staccato. Vedi Misero.
- 780 -
Piede tagliato. Vedi Vittore {San).
Piedi di cane. Vedi Lari
Piedi di gru. Vedi Infaticabile.
Piedi nudi. Vedi Pietro (San).
Pie pile.
Figlie di Piero, re della Macedonia. Erano nove,
portavano il nome delle nove Muse, che osarono sfi-
dare al canto. Le Ninfe scelte a giudici, assegna-
rono la vittoria alle Muse. Ma invece di accettare
questa decisione, le Pierie inveirono contro le rivali.
Apollo le trasformò in gazze.
Pietà.
Dea del paganesimo, che presiedeva essa stessa
al culto che le si rendeva, come anche al risf>etto
dei figli verso i padri, e alle tenerezze dei padri ver-
so i figli. Rappresentavasi sotto l'aspetto di una don-
na seduta, coperta di un gran velo, tenendo nella
mano destra una cornucopia, e posando la mano si-
nistra sulla testa di un fanciullo. Due giovani posti
sotto il giogo, allusione alla favola dei fratelli Bito-
ne e Cleobi. I Cristiani la rappresentavano con Ge-
sù Cristo in piedi, nel sepolcro, visibile fino ai fian-
chi, sostenuto da due angeli, oppure con la Vergi-
ne avente in grembo il Salvatore morto. — Anima-
li: Cicogna, per la supposta sua gran cura verso i
suoi genitori diventati vecchi. Nelle medaglie di A-
driano, figura una cicogna con l'inscrizione PIETAS
AVGUSTI. Elefante. Si voleva che questi anima-
li all'apparire della luna nuova, quando si fossero
trovati in un luogo dove potevano vivere a loro mo-
do, entrassero spontaneamente in qualche fiume, pur-
- 781 —

gandosi qualora fossero stati soggetti a qualche in-


fermità, e gettando dell'erba verso il cielo, quasi co-
me se chiedessero aiuto a Dio, pregandolo mediante
l'offerta dell'erba. In tale attitudine, secondo gli an-
tichi, l'elefante è simbolo della pietà. Formica, em-
blema della pietà e di tutti quei sentimenti buoni
che gli uomini dovrebbero usare fra loro. Allusione
al reciproco aiuto delle formiche, e al fatto che,
trovandone una morta, ne portano il corpo nel for-
micaio; e quelle che escono dalla tana, incontrando
quelle che rientrano, quasi afflitte, tornano indietro.
Dicesi inoltre che trovauido una loro compagna fatta
a pezzi si ingegnano di ricomporli, sperando quasi
di ridarle la vita. PeUicano, emblema e simbolo
di pietà e misericordia. — Vegetali: Cedio (vedi
Misericordia). — Diversi: Altare, simbolo dell'uma-
na pietà verso Dio (qui la pietà è presa come segno
di devozione), e che porti, secondo gli antichi, le
preghiere, mediante il fuoco, all'eterno Dio. Nelle
monete di Adriano Augusto si vede una figura con
le mani stese, posta fra una cicogna e un altare
ornato di ghirlande di bacche d'edera, con l'inscri-
zione PIETAS AVGVSTI. Nelle medaglie di D.
Augusta Faustina figura una statuetta avente nella
mano sinistra un pallio, e nella destra il fuoco che
scintilla da un altare, e con questa medesima mano
sparge le libazioni, con l'inscrizione PIETAS. Vaso
d'incensi fumanti.
Pietà per I morti.
va Delfino,
i morti. secondo la favola quest'animale seppelli-
— 782 —
— Perpetuità
Pietra. Vedi Gesù Crhto — Insensato
— Scacciare i cattivi pensieri.
— Sapienze di Dio
Pietra manale. i j
speciale di
Così chiamavasi una pietra di forma
temp o di siccità per
cui gli antichi si servivano nel
impet rare la piogg ia dal cielo.
{San) — Geremia — Sfe-
Pietre. Vedi Barnaba
iano {San).
Pietre pr*eziose. Vedi Aronne.
Pietro (San). .
limo-
Apostolo e fu il primo papa. Chiamavasi
all'apostola to ne
ne ma il Salvatore chiamandolo a che
in quell o di Ceja, parol a siriac
cangiò il nome
vuol dire pietra. — Animah: Agnello emblema di
simbo lo dello Spint o Santo.
Gesù Cristo. Colomba,
quan do Pietr o rinne gò Gesù Cristo.
Callo, che cantò
— Diversi:
_ Vegetali: Palma del suo martino.
o. Barca . Camice.
Anello, insegna speciale del papat
rinch iuso. Caten e, da cui fu sciolto
Carcere, dove fu
o che lo liber ò dalla prigio nia. Chiavu
da un angel
smiboleg-
una d'oro, e l'altra d'argento: la prima
luzion e, la secon da la penite nza. Cingolo
gia l'asso
conse gnata gli diret-
che sostiene il camice. Corona, pensa . Croce.
tamente da Gesù Cristo , quale ricom
fisso con a le-
strumento del suo supplizio: fu croce della dottrina
sta all'ingiù. Croce pettorale. Libro
Pied
Nimbo, emblema di santità. Pallio Pianeta.
da sandal i. Pivial e verde. Wa/ ,
nudi, o calzati . 1 lara,
i sacra menti
Stola, indossata per amministrare
insegna di dominazione. Tonsura. Tunica ricoperta
edi Agata {Sant ).
— 783 —

Pigmei.
Popolo favoloso di nani. La loro vita durava fino
agli otto anni, le donne figliavano di cinque, e na-
scondevano loro
i parti nelle buche della terra, per
non lasciar rapire i bambini dalle gru, con le quali
questa nazione era sempre in guerra. Plinio dice
che le loro case erano fatte di gusci d'uova, mentre
altri pretendono ch'essi abitavano in buche sotter-
ranee. Secondo alcuni questi esseri minuscoli, taglia-
vano ogni spica con una scure piccolissima, come se
fosse un albero. Si vuole che viaggiassero sopra carri
tirati da pernici. Un giorno Ercole, dopo aver vinto
nella Libia il gigante Anteo, che alcuni fanno re
dei pigmei, s'addormentò, e durante il sonno fu as-
salito da un esercito di pigmei i quali presero, per
vincerlo, le precauzioni che si richieggono per impa-
dronirsi di una città. Le due ali di quest'esercito
piombarono sopra ciascuna delle mani di quell'eroe,
e mentre il grosso attacca la gola e gli arcieri danno
l'assalto ai piedi, la regina coi più valenti dà l'as-
salto alla testa. Ercole si desta, e ridendo di quei
sforzi, avvolge tutti i pigmei nella pelle del leone
nemeo e li porta a Euristeo.
Pignatta. Vedi Animo — Compatimento delia
suocera.
Pigrizia.
Deità allegorica, figlia del Sonno e della Notte.
Fu cangiata in teslugg'me per aver disobbedito a Vul-
cano. — Uomo con le marni in seno; oppure seduto
sopra un asino. — Albero morto o disseccato at-
tributo della pigrizia. Chiocciola, consacrata alla pi-
grizia, Testuggine. Gli antichi ritenevano la pigrizia
— 784 —

della testuggine talmente contagiosa, che mettendo un


suo piede dentro una nave, questa andasse jpiù
lenta.
Pigrizia e lascivia.
Donna che si nasconde dietro una cassa.
Pigro.
Uomo con un cane seduto sopra un carro.
Pilar

Vaso che contiene aclqua benedetta all'ingresso


delle chiese. Vedi Chìe&a.
Pileo.
Specie di berretto di feltro. Vedi Flamini.
Pilumno. Vedi Picumno.
Pina.
Frutto del pino. Vedi Anima — Esculapio —
Giunone -^ Saggezza.
Pinna
Mollusco con la conchiglia grande, cuneiforme. So-
vente la pinna ricovera fra i lobi del mantallo un
piccolo crostaceo, chiamato pinottero. Vedi Bisognoso
d'altrui aiuto — Libidme precoce.
Pino.
Albero sempre verde che può raggiungere una
grande altezza. Vedi Cihele — Filosofia — Morte
— Nettuno — Pan — Piti.
Pioggia.
Corvo, che si vuole presagisca la pioggia. 7*6/0 di
ragno, che il ragno tesse quando il cielo comincia
annuvolarsi, indizio quindi di pioggia. - • Vedi Dot-
trina celeste.
- 785 -

Piombo. Vedi Eresia — Ingegno ottuso — Iniquità


— Malinconìa — Morte — Ostinazione — Rigi-
dezza.
Pioppo. Vedi Coraggio — Ercole — Tempo.
Pioppo tremulo.
Si racconta che se le foglie di questa pianta sono
condzmnate a tremare perpetuamente, è perchè l'al-
bero prestò il suo legno p)er costruire la croce di
Cristo. Vedi Eliadi — Cernito — Lamentazione.
Pipistrello.
Mammifero crepuscolare o notturno; durante il
giorno se ne sta nel suo nascondiglio, dove pende
capovolto, tenendosi attaccato per mezzo dei piedi
deretani. Vedi Aiuto reciproco — Alcitoe — Dia-
volo — Ignoranza — Mente tardiva — Sicurezza
■— Tenebre.
Piramide.
Tomba degli antichi re d'Egitto. Vedi Anima.
Piramo.
Principe di Tessaglia. Non p)otendo liberamente a-
moreggiare con Tisbe, princip>essa da lui teneramen-
te amata, impediti dai parenti, si accordarono di
trovarsi un giorno in un luogo fissato, per fuggire
msieme; vi giunse la prima Tisbe, la quale vedendo
una leonessa venirle incontro, fuggì, e lasciò cade-
dere il suo velo, che da quella fiera fu lacerato, e
imbrattato dal sangue, di cui aveva ancora bagna-
ta la bocca. Poco dopo vi giimse Piramo, e tro-
vando il velo lacerato, credendo Tisbe morta, si
cacciò la spada nel petto. Tisbe, ritornata in quel
ilo, trovando Piramo moribondo, e avvedutasi del-
50 — G. Ronchetti,
- 786 —

si trafisse
la causa che l'aveva indotto a uccidersi,
del moro, sotto cui
con la spada stessa di lui. I frutti
a scena orrenda, diven nero neri, di bian-
avvenchineche quest
erano.
Pirgite Italica.
ria fe-
Specie di passero fecondissimo. Vedi Lussu
conda dì figli

Dia; secondo
Re dei Lapitl. figlio di Issione e di
re Ippoda-
altri di Dia e di Giove. Dovendo sposa
solennità delle
mia pregò i Centauri d'intervenire alla
ten-
sue 'nozze. Eurito. uno di questi, caldo die vmo. 1 eseo vi
tò rapire quella princ ipess a; ma Erco le
oo, stupe fatto al racco n-
si opposero. Nonostante Pirit venir con lui a
to delle gloriose gesta di Teseo, volle
una conte sa: ma quando
prova e cercò l'occasione di
del altro, com-
i due eroi si trovarono di fronte l'uno abbracciaro^K)
presi da scambievol e marav iglia , si
divenne il fedele
giurandosi eterna amicizia. Piritoo
Divi sarono entrambi
compagno di viaggio di Teseo.
Elen a, in età allor a di dieci anm,
di rapire la bella
col patto che il vmcitore sa-
e la trassero a sorte, e ali amico.
rebbe obbligato a procurare altra mogli
il qual e s impe gno d. andari
La sorte favorì Teseo,
rapir Prose rpina . mogli e di Plutone
con Piritoo a
giunti a questo scopo all'in ferno il Cerbero si ay-
Teseo fu incatenate
ventò a Piritoo e lo strangolò.
a un andòsasso aperliber coma ndo di Plutone, fino a che br-
cole arlo.
Plroo.
Uno dei cavalli del Sole.
— 787 —
Plrra.
Moglie di Deucalione.
Pisello odoroso. Vedi Cicerchia.
Pitake. Vedi Medicina — Parlare vatìo.
Piti.
Giovane Ninfa amata da Borea e da Pan; e
per aver Piti preferito il Dio campestre. Borea la
gettò contro una rupe, ma fu cangiata in pino, e Pan
si coronò poi sempre dei rami di quest'albero.
Plto.
Dea della p>ersuasione presso i Greci, e chiaonata
Suadela dai Latini. Era riguardata come hglia di
Venere, e d'ordinario trovavasi nel suo corteggio, o
al suo fianco, con le Grazie, per indicare che in
amore debbono esse reciprocamente aiutarsi. Aven-
do Teseo persuasi tutti i popoli dell'Attica di unirsi
nella stessa città, in quell'occasione si introdusse il
culto di questa Dea. Fidia la rappresentò sulla base
del tronoVedi
Venere. di Giove Olimpico, nell'atto di incoronare
Suadela.
Pitone.
Serpente di grandezza enorme, nato dal fango del-
la terra. Dopo il diluvio di Deucalione, Giunone fece
perseguitare Latona, una delle concubine di Giove,
da questo mostro, e Latona per sottrarsi fu costretta
a gettarsi in mare. Nettuno fece in quel luogo sor-
gere improvvisamene l'isola di Delo, che servì d'asi-
lo a questa fuggitiva. Ap>ollo uccise poi a frecciate
questo serpente; in memoria di che furono istituiti
i giuochi Pitoni; egli coperse con la pelle di questo
mostro il tripode, sopra cui i suoi sacerdoti e sacer-
_ 788 —

gli oracoli. Vedi Apollo


dolesse si sedevano per dar
Paio.
Pitonessa. Vedi Pìzia.

forrrìa di donna
'''personificata, rappresentasi sottopensie rosa con .a
d'aspetto trascurato in attitudine
seduta davant i al ca-
ZLza e i penne//! in mano -
quadro abbozz ato.
valleilo, su cui poggia una della pittura.
mula auricol are, emblem
Piviale o Pluviale. „ r • j„„i;
Paramento sacro che si adopera nelle funz.n.^^^^^^^
ecclesiastici. Ebbe origine ripararsi
con le dalla
P-^^^f^ ?^^^^^^
pioggia, per
sioni fuori di chiesa, per P«etro {San).
cuTsi chiamò plnViah. Vedi
Pizia, Pitia o Pitonessa.
alla sacerdotessa dA-
Nome che i Greci davano
va su d un tnpode co-
poUo a Delfo, la quale sede Pitone ucciso da Apol-
nerto dalla pelle del serp ente
ministero elette giovani
lo Da principio furono a tale
che esse fossero
fanciulle ancora vergini; volevasi
io, alle vate con semph-
na"e da legittimo matrimon . Femonoe fu la
vest isse ro mode stam ente
cit^ e che pacare
\ Pil e anche la prima che facesse
scegliere le P..
rSo mv^s^ eTametri. L'uso di
imo temp o; ma «3^."'^° ^^^ ^
giovani durò lunghiss
a assa i avve nent e rapi ta da un Tessalo, fu
una Pi^i
sse eleggere se non
?at'a una legge che non si dove cons ervar la memoria
anni ; e per
donne oltre i 50
abbigha. come gì.
tl'an.:: usanza, esse venivano
età loro. La t^^^za
vani fanciulle, qualunque fosse 1
acoli una sola volt a ali anno, ali entrare
- 789 —

di primavera. Essa vi si disponeva con varie ceri-


monie: digiunava tre giorni; si bagnava nella fonta-
na Caistalia; inghiottiva una certa quantità di quel-
l'acqua, perchè si credeva che Apollo le avesse co-
municata una parte della sua virtù. Dopo ciò le si
facevano masticare foglie di lauro, pur colto presso
detta fontana. Ciò fatto, Apollo stesso annunciava
la sua venuta al tempio, che scuotevasi fin dalle
fondamenta. Allora i sacerdoti conducevsmo la Pizia
e la collocavano sul tripode. Origine, san Crisosto-
mo e édtri padri della Chiesa primitiva, parlemdo
delle cose pagane, F>er mostrarne la ridicolezza, di-
cono che Pizia era collocata sul tripode in modo di
ricevere lo spirito del Dio per una parte del corpo
dalla natura a tutt'altro destinata. Per quella parte
il soffio divino in tutta la di lei persona si trasfon-
deva: vedevansi allora animarsi i suoi occhi, sul suo
capo rizzarsi i cap)elli, e un violento tremilo impa-
dronivasi di tutte le sue membra. In quello stato di
convulsione, essa mandava grida e urli che empi-
vano gli astcmti di un santo terrore, e pronunciava
alcune parole male articolate, dai sacerdoti che la
sostenevano, raccolte e spiegate a loro modo, acco-
modandole aloro piacimento. Appena pronunciato
l'oracolo, la Pizia era levata dal tripode e condotta
nella sua cella, dov'essa passava pzirecchi giorni per
rimettersi dalle fatiche sostenute. Talvolta una pron-
ta morte era la conseguenza dell'entusiasmo della
profetessa.
Plàtano.
Erodoto ed Eliano ricordano un platano della Li-
dia di prodigiosa grandezza, dalla cui ombra attratto
Serse, vi si trattenne qualche giorno, perdendo così
l'occasione della vittoria. Vedi Genio — Sicurezza.
Plebe. Vedi Bassa plebe.
Pleiadi
Nome collettivo delle sette figlie d'Atlante e di
Pleione, una delle figlie dell'Oceano. Si chiamavano
Maia, Elettra, Taigete, Asserope, Merope, Alcione
e Celano. Esse furono amate dai più celebri fra gli
Dei e fra gli eroi e n'ebbero figli i quali divenner o
non meno celebri dei loro genitori, e furono capi
di parecchi popoli. Furono cangiate in stelle perchà
il loro padre aveva voluto sapere i segreti degli
Dei. Vedi Maia — Merope.
Plettro.
Archetto o ditale col quale si toccava o pizzicava
la lira. Vedi Erato.
Plutone.
Questo Dio dei Greci e dei Romani, che pm
spesso dai primi era chiamato Ades, e dai secondi
Orcus e Dis, era fratello di Giove e di Nettuno, e
presiedeva alle regioni a cui se ne andavano lepadre ani-
me dei morti, ed era anche considerato quale
delle ricchezze. Plutone aveva per moglie Proser-
pina. Questo re dell'Inferno era presso gli antichi
ritenuto una divinità inesorabile alle preghiere uma-
ne, e il più odiato dagli uomini, fra tutti gli Dei.
e
Rappresentasi con un mazzo di chiavi in mano,
talora su un carro tiralo da quattro cavalli, chiamati
Dio
Orfneo, Tom, Nonio e Alestore. Preso come
Boccacci o, il carro di Plu-
della ricchezza, secondo
tone non aveva che tre ruote, ed era tirato da tre
— 791 —

cavalli, e ciò per mostrare quale sia la fatica e il


pericolo di coloro che cercamo di arricchire e l'in-
certezza delle cose future. E si vuole, come Dio della
ricchezza, che fosse cieco e zoppo quando andava fra
gli uomini, e che nell'abbandonarli mettesse le als,
godendo distribuire le ricchezze a capriccio e non se-
condo la ragione. Seneca, nell'Inferno, lo pone sopra
un alto seggio tutto intagliato a mostri spaventevoli,
col cajx) cinto di tetra nebbia; altri gli danno un tro-
no d'ebano e di zolfo, e una corona d'ebano.
Vegetali: Capelvenere, con cui talvolta Plutone
veniva coronato, forse perchè questa pianta vive nelle
grotte e altri luoghi umidi e scuri. Cipresso; per es-
sere quest'albero dedicato ai morti, oppure f>erchè
usavasi adoperare i suoi rami nell'abbruciare i cada-
veri, per evitare che il forte odore dei corpi abbru-
ciati nuocesse a coloro che assistevano alla crema-
zione. Narciso, con cui, secondo alcuni, veniva coro-
nato, perchè questo fiore era ritenuto gradito ai mor-
ti, forse per 1 infelice fine del giovéme mutato in
esso. Satirio. Pianta che gli antichi collocavano sul
tempio di Serapide, il Plutone degH Egiziani. —
Diversi: Chiave, i>erchè governatore delle anime, le
quali una volta rinchiuse nell'inferno non possono
più uscire. Elmo, che lo rendeva invisibile, simbolo
del mistero, perchè Plutone op>era occultaunente. Sceì-
ÌTO, quale re dell'Inferno. Pindaro, invece dello scet-
tro, dà in mano a Plutone una verga, con cui conduce
le anime nell'inferno.
Po.
Fiume più grande dell'Italia, chiamato dai Ro-
mani Pado ed Eridano. Virgiglio gli dà la faccia dj
I^L

toro con le corna dorate; perchè il rumore che fa


il suo corso è simile al muggito dei tori e le sue
rive sono torte come le corna. Riguardo alla sua^
rappresentazio ne Lomazz o dice: «Lo farei vecchie^
le berre
robusto, di aspetto grave e venerando, con
tirassero
grosse nei capelli e nella barba, sì che non
ad altri fiumelti fare si po-
allo squallido, siccome
trebbero; lo farei in atto poi tutto fiero, con le
e ro-
braccia e tutte le membra del corpo ben fatte
buste, col corno dell'ab bondanz a nella destra deno-
tando la fertiHtà che porta, e sotto il braccio manco

sopra il quale lo facessi posare gli aggmngerei
dalle quali impe-
grandissimo vaso di cinque bocche,
tuosamente ne uscisse acqua, per denotare l entrata
ico; e
ch'egli fa con cinque bocche nel mare Adriat
le frondi, delle
lo cingerei di corona fatta di tutte
assai acconci amente
quali si coronavano gli altri; ed
ovvero nella
vi si potrebbe porre appresso lo scettro,
E per dar luogo alla favo-
destra appresso il corno.
acciocc hé meglio fosse espress o, farei nella palude
la,
fanno 1 ombra,
intorno di quegli arbori (pioppi) che
le sorelle di Fetonte per lungo
nei quali si conversero
pianto )). Vedi F'ium.
Poioo senso.
Tino in cui è seduto un fanciullo.
Podcigra. j v e
da /.etiro.
Arpia famosa, amata teneramente
Po«®ia. ...

Rappresentasi sotto l'aspetto dianim una giovane Nin-


fa avente l'aria inspirata, il viso ato e gli occhi
è coronata di lau-
levati al cielo; ha in mano la lira ed
— 793 —

ro. Intorno le stanno ,gH attributi degli eroi, di cui


ne celebra la gloria. — Animali: Cicala, attributo
dei cattivi poeti. Cigno, attributo dei buoni poeti. —
Vegetali: Edera, simbolo della poesia lirica. Lauro,
simbolo del trionfo della poesia eroica. Mirto, sim-
bolo della poesia pastorale. Rosa canina, fiore dei
poeti. Nei giuochi Floreali essa era il premio di una
commedia celebrante le bellezze dello studio e della
eloquenza. I vincitori ricevevano una rosa canina
d'oro o d'argento. — Diversi: Ali, innalzando la
poesia assai in alto i suoi pensieri. Vedi Ameniiò
della poesia.
Poesìa nociva.
Polpo, cioè la testa di questo mollusco, simbolo
degli Egiziani, la quale acconciata nelle vivande quan-
tunque lavantassero di sapore squisito e molto gradi-
ta al palato, la ritenevano però causa di sogni orri-
bili e mostruosi. Similmente alla poesia che tratta
le favole e i soggetti erotici, pur essendo per la sua
grazia dilettevole, riesce però daoinosa ai buoni costu-
mi, la qual poesia Platone chiamò meretrice, e volle
che fosse bandita dalla sua città.
Poeta.
Cigno, perchè, secondo gli antichi, giunti i cigni
alla vecchiezza, per aver assottigliati gli orgaoii vo-
cali e ristretta la gola, mandano fuori la voce più
piena e piij soave; similmente ai buoni poeti che, ac-
quistata maggior perfezione con l'età, sogliono com-
porre con maggior eleganza e più dottamente. Co-
rona d'edera e di lauro, dedicata dagli a.ntichi ai
poeti, e ciò non solo per essere queste piamte sempre
— 794 —

ina per
verdi, simbolo della durata delle loro opere,
significare ro che coloro che furono degni dell'edera, e
che avesse meritato il lauro, eccellevano sugh altri
il lauro acutez-
per ingegno e arte; simboleggiando
za naturale dell'ingegno , e la fecond ità di vena ab-
bondante per ispirazione d'Apollo; e l'edera, 1 arte e
tate con costan tissim o esercizio; poi-
l'ingegnosità acquis
ché per diventare eccellenti necess ita tanto 1 estro
quanto lo studio ; come dice Orazio :
Non so veder quel che lo studio valga
Senza una ricca vena, o il rozzo ingegno
Senza studio, che l'un uopo ha dell altro,
E congiura amichevol fanno insieme.
Polemonìa. . r j j
che lu dedi-
Dal greco polémos, guerra. Pianta Guerr
cata a Polemone re del Ponto. Vedi a.
Polifemo. A ■ r-
dei U-
Il più celebre, il più forte e il più orrendo
di Nettu no e. di Toosa fi-
clopi. Era creduto figlio
signor e e capo di tutti i mostri mari-
glia di Forchi, asi
ni Era di una grandezza smisurata e non nutriv
umana . Quan do Ulisse fu gettat o sulla
che di carne
lo
costa di Sicilia, dimora dei ciclopi, Polifemo
gni e le gregg e dei
rinchiuse insieme coi suoi compa
ma U hsse
montoni nella sua caverna per divorarlo;
col racco nto dell as-
gli fece tanto bere, distraendolo suoi
sedio di Troia, che si ubriacò. Poi aiutato dai
legno aguz-
compagni, gli cavò l'umco occhio con un dolore,
zo e indurito al fuoco. Colto il Ciclope dal
i vicini, e doman -
manda grida orribili; accorsero
e: A'es-
datogli ilnome di chi lo aveva ferito, rispos
- 795 —

suno, poiché Ulisse gli aveva detto essere quello il


suo nome, allora se ne ritornarono, credendo che
avesse perduto il cervello. Frattanto Ulisse ordine
ai suoi compagni di attaccarsi al ventre dei monto-
ni, che erano assai grossi e di lana assai spessa, pe;
non essere sorpresi dal gigante quando conducesse
a pascolare il suo gregge, e avvenne quello che aveva
preveduto; poiché Polifemo avendo tolto una pietra
che cento uomini non avrebbero potuto smuovere, t
che chiudeva l'entrata della caverna, si collocò in
modo che i montoni non potessero passare che a uno
a uno tra le sue gambe; e quamdo udì Ulisse e 1
compagni gridare al di fuori, li inseguì e avventò
contro di loro una rupe di enorme grandezza; ma
essi la evitarono facilmente, e s'imbarcarono dopo di
aver p>erduto quattro di loro che il Gigante aveva
divorati. Riguardo agli amori di Polifemo con Ga-
latea, vedi Galatea.
Poligala.
Pianta che cresce ai margini delle selve e nei
[luoghi aridi e scof>erti. Vedi Eremo — Solitudine.
Polinnia.
Una delle nove Muse. Presiedeva agli inni o can-
ti in onore degli Dei. Rappresentasi con un dito alla
bocca e in un atteggiamento meditativo. Mettesi an-
che sotto la sua protezione l'eloquenza; allora viene
rappresentata vestita di bianco, coronata di perle, con
la mano destra in atto di gestire, e Io scettro nella
sinistra, con alcuni rotoli ai piedi su cui vi sono sent-
iti i nomi di Cicerone e di Demostene. Alcuni l^
— 796 —
misero in mano, invece dello scettro, un altro rotolo,
su cui è scritto suadere (persuadere). Vedi Muse.
Pollice- Vedi Alleanza segreta — Crudeltà —
Forza — Mano senza pollice — Pacificazione.
Pollice verso. Vedi Condanna.
Polluce. Vedi Castore e Polluce.
Polpo.
Animale dal corpo molle, d'aspetto gelatinoso ed
estensibile. Vedi Adattamento ai costumi altrui —
Avvilimento — Divoratore — Poesia nociva.
Poltroneria. Vedi Pigrizia.
Pomo.
Frutto del melo. Vedi Adamo — Diletto —
Discordia — Ercole — Eva — Gesù Bambino —
Mela — Pazzia — Pomona — Tentazione —
Venere.
Pomo granato. Vedi Melagrano.
Pomona.
Ninfa riguardevole per bellezza non meno che per
abilità nel coltivare i giardini e gli alberi fruttiferi,
così chiamata da pomum, pomo. Tutti gli Dei cam-
pestri andavano a gara per sedurla. Vertunno fu degli
altri più fortunato, dopo aver ricorso a diverse tra-
sformazioni. Pomona viene rappresentata seduta so-
pra un gran paniere di frutti, portando nella sini-
stra alcuni pomi, e nella destra una falciola. Indossa
una veste dipinta a frutti e fiori, con in testa una
corona di fiori e frutta intrecciati insieme, e special-
mente di pomi.
— 797 —
Pompa.
Ostentazione vanagloriosa. — Tulipano.
Ponte. Vedi Fatica senza frutto.
Popolare consiglio. Vedi Consiglio popolare.
Popolo.
Api, perchè vivono insieme numerose.
Popolo ohe invoca aiuto.
Nido di rondine coi pulcini a becco aiperto. Il ni-
do è simbolo della patria, e il becco aperto denota
l'invocazione.
Popolo frenato dalla legge.
Ape su una ciocca di melissa. Si vuole che sof-
fregando gli alveari con la melissa, le api non li
abbandonano più, essendo il fiore che gustano mag-
giormente. Eper essere l'ape simbolo del popolo, co-
sì figurando con la melissa, sarà quello di un popolo
regolato dalla legge, in questo caso rappresentata da
tale pianta, a cui le api sembrano assoggettarsi.
Popolo greco.
Pallio, emblema del cittadino greco.
Popolo romano. Vedi Romano.
Porco.
Quantunque S. Antonio l'abbia eletto per compa-
gno, anche il diavolo qualche volta si mostrò sotto
la figura di porco. Vedi Antonio (SanC) — Con-
tadino — Delizie lussuriose — Dicembre — Cio-
vii — Giuramento — Indocilità — Loquacità di-
sprezzata — Lussuria — Malinconico — Materia'
lìsmo — Nocumento — Onoriani — Profano —
Sacrifizio — Scostumato — Scrofa — Tctvema —
Vittima umana.
— 798 —

Popoospìno. Vedi Riccio.


Porgere aiuto.
Mano destra stesa, come si vede in qualche mone
ta con la figura di Opi, Dea dell'abbondanza, come
se promettesse porgere aiuto a tutti. Antica e comu- '
nissima ^ l'espressione: porgere la mano o dare una
mano, nel senso di dare aiuto a qualcuno.
Porger erba. Vedi Dichiararsi vinto.
Porpora-
Specie di mollusco. Vedi Maldicente.
Porpora-
Colore dedicato a Mercurio. Chiamasi porpora
anche una veste o indumento' di color rosso, quale di-
stintivo didignità e decoro. Presso i Romani il di-
ritto di portarla non apparteneva che ai trionfatori, e
più tardi agli imperatori. Per molto tempo, la porpo-
ra fu serbata ai sovrani. Ai nostri giorni non è più
portata che dagli alti dignitari della Chiesa catto-
lica: donde porpora romana, per indicare la digmtà
di cardinale. Vedi Cardinale — Giustizia — Pre-
gio Sovrano — Temperanza — Trionfo.
Porta. Vedi Anna {SanC) — Ospitalità.
Portuno o Portumno.
Genio protettore dei porti; presso i Romani mvo-
cavasi per ottenere un feKce ritorno da un viaggio
Rappresentavasi con una chiave in mano, significan-
do portus, del pari che porta, un luogo che si può
chiudere. Quando i Romani diventarono famigliari
con la mitologia greca fu identificato con Paiamone.
Posidone. Vedi Nettuno.
- 799 --
Postverta. Vedi Prorsa e Ponima.
Potente.
Cedro del Libano, simbolo biblico; dove si leg-
ge :// Signore spezzerà i cedri del monte Libano, si al-
lude ai più potenti. — Vedi Fallo più potente dal-
l'avversità.
Potentina.
Erba perenne, con belle foglie bianche, setacee,
brillanti, argentee nella pagina inferiore. Vedi Schiet-
tezza.
Potenza.
Animali: Aquila, attributo di Giove, re degli Del.
— Vegetali: Fritellaria imperiale, f)er il suo porta-
mento fiero, maestoso e forte. Semprevivo (barba di
dove). — Diversi: Calamita. Chiavi. Globo cro-
cifero. Nimbo, compreso lo scettro, sono tutti attri-
buti della potenza. Pugno, emblema della potenza.
Scettro.
Potenza dannosa.
Penne d'aquila, che frammischiate o avvicinate a
quelle di altri uccelU, ritenevasi avessero il potere di
danneggiarle, consumarle e abbruciarle. Era un sim-
bolo di principi potenti, tiranni e rapaci, a cui nes-
suno potesse avvicinarsi senza soffrirne darmo.
Potenza e forza del fato.
Caduceo. Simbolo della forza arcana che muove
e governa non solo gli uomini, ma anche tutte le
cose create, e della necessità del 'destino che costringe
e spinge le cose a un dato fine. Simbolo che credesi
vedere nei seguenti versi di Virgilio:
— 800 —

Prende la verga allor, con cui può ralme


Richiamar dall'oscuro infernal centro.
Altre tosto mandar pallide e meste
Sotto Vorrendo Tartaro e con questa
E può torre e può dar il grave sonno.
Con questa ancor per morte gli occhi serra.
In lei fidato, i venti muove e spinge,
E le torbide e oscure nubi Passa.
Potenza di Dio-
Giano in forma di erma, mostrando così che Dio
non ha bisogno di mani ne di piedi per governare il
mondo, bastandogU la volontà.
Potestà.
Uomo che tiene in mano la testa staccata.
Potestà.
Uno dei tre cori della seconda gerarchia degli
angeli, che hanno il potere di frenare la potenza dei
demoni. Rappresentano la potenza, la forza, la si-
curezza, ilgiudizio, e puniscono con stragi e guerre.
— Onice. Verde. Verga d'oro.
Potina.
Dea che presiedeva alla pozione dei bambini, cioè
alla loro bevanda. Vedi Terra.
Poverissimo.
Cinclo, il quale, secondo Eliano, è talmente mi-
sero di forza, che non è capace di farsi il nido, de-
ponendo leuova in quello degli altri uccelli.
Povertà.
Deità allegorica, "figlia del Lusso e dell'Ozio o
della Pigrizia. Alcuni la fanno m^dre dell'Industria
e delle Belle Arti. Rappresentasi pallida, mal ve-
— 801 -

stila, e qualche volta simile a una Furia, affamata,


feroce, sul punto quasi di disperarsi. Oppure sotto
l'aspetto di una donna cenciosa che guarda un vaso
di basilico. — Cappello teso, per ricevere l'eiemo-
sina. Clematite vitalba. Grigio scuro nerastro.
Pozzo. Vedi Verità.
Pratica dannosa.
Caprimulgo. Si credeva, e alcuni lo credono an-
cora, che quest'uccello seguisse le capre per succhia-
re le loro mammelle, le quali poi seccassero, e la
capra diventasse cieca.
Precauzione.
Agrifoglio, allusione ai suoi frutti rossi, protetti
da foglie spinose.
Precocità.
Salice, allusione al suo crescere rapido.
Predica.
Palma, sotto la quale predicava S. Giovanni Bat-
tista.
Predicatore.
Libro della dottrina.
Preghiera
Omero raffigura la preghiera in una donna zoppa,
con faccia mesta e occhi storti. — Animali: Cervo,
che corre alla sorgente fresca per attingere la vita:
così i credenti alla sorgente della religione trovano
consolazione nelle preghiere. — Vegetali: Elianto, il
quale gira il fiore verso il sole e lo segue nel suo
corso, similmente al credente che nella preghiera ten-
de le mani verso Dio, perchè lo illumini coi suoi
raggi divini. — Diversi: Cuore, posto su un turibo-
— 802 —

lo, simbolo di preghiera fervente e pura. Libro delle


preghiere. Mani alzate, col palmo rivolto al cielo;
come fanno i sacerdoti nel pregare Dio di concedere
agli uomini qualche grazia. Opale, pietra a tinte
tenui, dedicata alla preghiera. Rosso, colore che, per
la sua vivezza, simboleggia l'ardore. Turibolo, il cui
fumo sale verso Dio, come la preghiera.
Pregio.
Porpora, colore.
Prelati.
Dignitari della Chiesa cattolica. — Pecora, che,
simbolicamente, prende spesso la forma di Cristo
Prema.
Dea. Vedi Nozze.
Preocupazione delle cose terrene:
Bisaccia, che presso gli Ebrei e i Greci era sim-
bolo della cura e il pensiero per gli alimenti. I Gre
dicevano che Diogene aveva per dispensa una bisao
eia, cioè pochissimo pensiero per le cose terrene.
nell'Evangelo è detto di non portare la bisaccia
viaggio; comandando Dio che non bisogna pensar
al domani: non turbarsi, cioè, i>ensando al nutrime
to del domani. Sacco. Nella Bibbia si legge: Falcv
i sacchetti, che non invecchiano, cioè in questo pei
legrinaggio di pochi giorni della nostra vita non d
versi pensare' a far tesori.
Preparazione alla guerra.
Uomo che tiene nella sinistra una balestra e nel
l'altra una cintura.
Presagio.
Avvoltoio, simbolo egiziano. Dicesi che in tempo
- 803 -

di guerra i re antichi incaricassero delle sentinelle.'


per osservare da qual parte dell'esercito si fermas-
sero gli avvoltoi, e si voleva che dove scendesse il
maggior numero di questi uccelli, ivi sarebbe stata
una maggior perdita d'uomini ; p>erchè credevasi che
l'avvoltoio prevedesse molti giorni prima dove vi sa-
rebbero stati molti morti. Calendula pluviale; pisuita
il cui fiore si apre dalle ore sette alle quattro se il
tempo è bello; se non si apre o si chiude avanti tem-
po, allora è segno di pioggia.
Presagio dei beni.
Fico. Gli Etruschi volevano che sognando un al-
bero di fico coi frutti maturi, spec'almente Ixanchi.
fosse presagio di beni che dovevano venire.
Presepio. Vedi Girolamo {San).
Preservazione dalle epidemie.
Chiodo di ferro, che i Romcuii talvolta conficcava-
no nel muro di Giove Capitolino, quale rinìedio pre-
ventivo contro le epidemie.
Prestezza
Acciuga, perchè messa sul fuoco è subito cotta;
donde nacque il detto: l'acciuga è al fuoco, per
significare che una cosa è fatta prestamente. Lupa o,
meglio ancora, un lupicino, simbolo di cosa finita pre-
stamente, perchè si credeva che la lupa partorisse
in dodici giorni.
Presunzione.
Antirrino maggiore. Salicaria. Pianta che cresce
ai margini delle acque, in cui riflettendosi sembra
contemplare sempre la propria immagine.
- 804 —

Presunzione delie meretrici.


Lupa, allusione alla rapacità di quest'animale.
Latini chiamavano lupe le meretrici, donde venne
nome di lupanare. Dicesi che Messalma volendo ei
sere ritenuta tutta lupa, si compiaceva essere chia
mata Licisca, nome che vuol dire lupa.
Prete.
Calice. Pianeta.
Pretenrione.
Rosa muscosa.
Pretidi.
Figlie di Preto, le quali pretendevano d'essere pi
belle di Giunone, ma questa Dea mandò loro ur
schifosa malattia che le rese pazze e tanto furios(
che si misero a scorazzare mezze nude, immaginai
dosi essere vacche. Furono guarite da Melampo.
Prete.
Figlio di Abante, re di Tirinto. Costrinse Bellerc
fonte a conabattere la Chimera; perchè sua mogli
lo accusò, innocentemente, d'aver tentato di violai
la. Ebbe continua guerra con Acrisio suo fratelh
che entrambi cominciarono a odiarsi nel ventre del!
loro madre. Ebbe molte figlie chiamate Pretidi. -
Previdenza. %
Uomo con cinque leste (vedi Manassa). — Ai^r^
foglio. Pianta le cui foglie irte di spine, fino a un
certa altezza, sembrano quasi proteggere quelle pi
in alto, e che sono più tenere e unite. Questa piant£
inoltre, conserva il frutto nell'inverno, di cui si e
bano gli uccelli in questa rigida stagione. Castagni
il cui fruito, raccolto a suo tempo, e coriservatc
— 805 —
campagna specialmente, è serbato per nutrimento
rante Tinverno.
rezze molo.
Ortaggio comunissimo, che serve a condire le vi-
ande. I poeti si coronavano di fronde di prezzemo-
; forse per il suo odore forte e penetrante atto a
citare il cervello e esaltare la fantasia. Vedi Fé-
ino — Pianto.
riapee feste.
Queste feste si celebravano in onore di Bacco. Il
io era rappresentato in un boschetto sotto figura
un uomo con le ali alle spalle, con uno scettro
Ha mano destra e con la sinistra ferma sulle parti
nitali interamente sviluppate. Erano presso gli antichi
lesti gli attributi e gli emblemi della forza la quale
ifica la natura. Gli organi della generazione de-
■tavano il creatore delle innumerevoli e moltiformi
nerazioni, le quali con l'incessante loro riproduzione
ibelliscono la scena dell'universo; lo scettro allu-
va al potente signore della terra e del mare, e le
significavano la rapidità in cui, nel suo corso,
re si moltiplichi quasi all'infinito, e sia in pari tempo
sente ai diversi congiungimenti di tutti gli esseri,
n'aitare si facevano libazioni di vino e latte; si
rivano quindi alla divinità orzo abbrustolito e una
Irlanda di fiori o altro, quali li dava la stagione,
ili ghirlande eremo di rose in primavera, di spighe
estate, di pampani in autunno, d'olivo in inverno;
nei grandi sacrifizi si immolavano asini a questa
ònità,' La celebrazione di una priap>ea aveva luogo
Imodo seguente. Procedeva il corteggio la musica,
tenevano dietro le donne condotte dalla matrona
— 806 —

più anziana, la quale versava latte in abbondanza sulle


spalle del Dio ; seguiva un coro di fanciulle divise m
due schiere, le une sollevando al di sopra delle loro te-
ste vasi pieni di vino e cestellini pieni di fiori; le
altre in abito di baccanti, eseguivano danze amoro-
se, al suono della lira o sistro. Venivano poi tutte le
rappresentazioni del Dio, quali le avevano foggiate
il capriccio dei sacerdoti, e infine l'asino
doveva o essere sacrificato.
chescienza
la
Priapo.
Dio della generazione e custode dei giardini. Era
figlio di Bacco e di Venere. Giunone nocque con le
sue malie al fanciullo che Venere portava in" grem-
bo, e lo fece nascere oltremodo deforme. Allevato a
La'mpsaco, vi divenne il terrore dei mariti violent che lo scac-
ciarono, ma gli abitanti afflitti da una a ma-
lattia, lo richiamarono, e fu poi oggetto di pubblica
venerazione. Dicesi che dopo il richiamo di Priapo,
tutte le menti sconvolte si ricomposero senza alcun
fé-
strepito. Egli fu considerato qual promotore della
, quanto di tutti gli amma-
condita, tanto dei vegetali
li aventi relazione con la vita agricola, e per questa
sua virtù esso fu venerato qual protettore delle greggi
di tutte
pecorine e caprine, degli alveari, delle viti,
della pesca. I sacrifiz i che gli
le ortaglie -e perfino
no consist evano nelle primizi e degli orti, dei
si offriva
montoni
vigneti e dei campi, e in latte, miele, focacce
e pesci. L'imma gine di Priapo era diversa a
asini
era desti-
seconda che si poneva nei giardini, oppure
dei giardmi con-
nata aun culto speciale. L'immagine
genitah di straordi -
sisteva in un'erma, cogli organi
— Ò07 -

naria grandezza, frutta nelle vesti, e una falciola o


una cornucopia in mano, e talvolta un fascio di can-
ne in testa o coronato di tutto ciò che produce l'orto.
L'erme di P^apo in Italia, al pari di quelle di altre
divinità rusticane, dipingevansi ordinariamente di ros-
so, e quindi veniva chiamato rubro o rubicondo. Ri-
guardato come seguace di Bacco o di Venere, si
raffigurava come un vecchio barbuto, con un lungo
abito, berretto in testa all'asiatica, molte frutta e
grappoli in grembo. Come simbolo dell'eternità gene-
rativa della terrestre natura, l'immagine di Priapo
si collocava anche sulle tombe. Rappresentavasi an-
che con una borsa nella mano destra, un campanello
nella sinistra e con la cresta di gallo in testa. 11
campanello può indicare le orge, la borsa il F>oteie
dell'oro, e la cresta di gallo la grande lascivia del
Dio.
Animali: Asino, che gli si sacrificava principahnen-
te quale animale utile per gli orti e per la coltura
della terra, e secondo alcuni, f>erchè avendo Priapo
voluto sorprendere una notte la Ninfa Lotide, que-
sta fu svegliata dall'asino di Sileno e fuggi, ciò che
gli avvenne pure quando tentò Vesta. Secondo altri,
perchè un asino insuperbito per la favella umana, da-
tagli da Bacco in premio d'averlo portato oltre un
fiume, venne a contesa con Priapo per la suprema-
zia di un certo organo, e lo vinse, allora Priapo, sde-
gnato l'uccise. Becco, con cui gli Egiziami raffigura-
vano PriapK), p>er essere quest'animale precoce al mon-
tare e sempre pronto all'accoppiamento. — Vegetali:
Fico, consacratogli. Orazio fa dire a Priapo:
- 808 -

Un tronco fui di fico, che a niente


Potea servir già quando il fabbro m'ebbe,
Che dubbioso lo fece star sovente.
Perchè non sa che farne, e or vorrebbe
Vederne fatto qualche scanno, pensa
Che far Priapo assai meglio sarebbe.
A questo si risolve, e si dispensa
L'opra sua, che me fa, che il Dio son stato.
Poi ai ladri, e agli augei di tema immensa
Perocché, dell'incurve falce armato
La destra, porgo ai ladri assai spavento,
E col membro, onde ognun di noi è nato.
La canna poi che in testa aver mi sento
Piantata, fa che ogni importuno augello
Fugge dagli orti ratto come vento.
— Diversi: Fallo, come emblema principale.
Prigione.
Ferrata. •
Prigionia.
Uomo in piedi con le mani legate con una catena
dietro le spalle.
Primavera.
Presso gli antichi. Flora ne era la personificazio-
ne. Ma gli artisti, oltre aver spesso ringiovanita que-
sta antica allegoria, alcuni rappresentarono la pri-
mavera con un fanciullo vestito di bianco coronato
di fiori, tenendo con una mano un agnello e con l'al-
tra la cornucopia, un giglio o una pianta di rosa; al-
tri con pastori radunati in un prato. La celebre Al-
legoriia della primavera di Botticelli, ci mostra, in
un bosco d'aranci, le tre Grazie danzanti, mentre Ve-
- 809 -
nere segna con le mani il ritmo dei loro passi; a sini-
stra una fanciulla, vestita di fiori e spargendo rose,
simboleggia la Primavera, e Flora fugge le strette di
Zefiro. Si vede anche raffigurata con Flora e Zefiro
che coronano di fiori Cihele.
Come stagione dell'anno ha per simboli: Animali:
Capretto, allusione alla Pasqua. Cicogna, il cui ar-
rivo in Europa segna la primavera. Cuculo, che col
suo canto annuncia la primavera. Rondine. Nell'isola
di Rodi, in questa stagione si celebravano le feste
chelidonie (rondine) durante le quali alcuni féuiciulli
andavano raccogliendo di casa in casa doni come pei
le rondini ritornate, e cantando una c«mzone che esi-
ste tutt'ora e che incomincia: Venne, si venne la ron-
dinella, ecc. — Vegetali: Celidonia. Fragola, frutto
consacrato a Venere, Dea della giovinezza. Primula,
che fiorisce in primavera. Rosa. — Diversi: Canestro
di fiori. Verde, colore della giovinezza, di cui si co-
pre la vegetazione. Vedi Mascherata.
Primavera e Inverno.
Gru, la cui comparsa segna la primavera, e la sua
partenza l'inverno; poiché si vuole che quest'uccello
preveda tanto il caldo quémto il freddo, in modo che
all'approssimarsi del freddo, emigrando, esso vola in
alto, gridcindo forte, e appena che abbia trovata una
temp>eratura più mite, si mette a cantare sonunessa-
mente, e quasi tacendo scende verso il basso; indi-
cando così l'inverno e la primavera anche con la
voce.
Primo amore.
Siringa, pianta dai fiori belli e odorosi di colore
gridellino.
- 810 -
Primula.
Pianta che fiorisce in, primavera. Vedi Piliura
— Primavera.
Principati.
Uno dei cori della terza gerarchia degli angeli. Pre-
eiedono ai capi dei popoli e hanno cura delle cose
pubbliche. Rappresentano il trionfo e la vittoria. —
Armatura. Diaspro. Ciglio. Rosa, colore.
Principato.
Quercia, presso gli auguri; e ciò secondo molti
presagi, fra i quali citasi quello di una vecchia quer-
cia nella villa dei Flavi, consacrata a Marte, che.
in occasione dei tre parti di Vespasia, germogliò al-
l'improv iso un ramo ad ogni parto, ciò che fu preso
per un segno manifesto del futuro destino di ciascuno
dei neonati. Il primo germoglio fu sottile, e in breve
tempo disseccò, perciò la bambina che nacque non
visse un anno intero. Il secondo fu forte e lungo, che
significava grandissima felicità. Il terzo fu poi simile
a un albero, in modo che il padre Sabino, confermato
anche da questo augurio, disse alla madre esserle na-
to un nipote, che doveva essere Cesare.
Principe.
Cane, con una fascia stretta che, posta attraverso
il dorso, scende un po' al basso, lasciando così sco-
perto quasi tutto il corpo; emblema di un principe
o di un legislatore. Perchè siccome i cani dormono
leggermente, dice Lucrezio, stanno col cuore e col
pensiero intensissimi a riguardare le statue e i si-
mulacri degli Dei, così parimenti il principe che vo-
glia dar legge ai popoli, deve con grande attenzione
- 811 -

guardare a nudo quel re, che nei tempi passati sia


stato celebre, e andar esaminando tra se stesso le sua
opere. La fascia figura come insegna regale (vedi
Regia potestà). Riguardo al cane, non solo certi po-
poli dell'Africa ne onorarono l'effige come emblema
del lo!0 principe, ma elessero per re un cane vivo,
osservcuido i suoi movimenti, e prendendo devotamen-
te augurio quanto fosse bene da farsi, dove convenis-
se stare e in che luogo paresse meglio d'andare-
Principe debole.
Testa d'orso, emblema di una città governata da
un principe fiacco ; perchè ritenevasi aver quest'ani-
male il capo debole. A questo riguardo dicesi che
l'orso, inseguito, vedendosi in condizioni disperate,
consap)evole della debolezza della sua testa, se fug-
gendo giunge a qualche precipizio, si pone le zampe
sul capo, spingendolo fortemente sotto l'ascella, e fat-
to col resto del corpo come una palla, si lascia pre-
cipitare, ein questo modo si salva.
Principio.
Base di colonna. Capo, ritenuto presso tutti i po-
poli per il principale simbolo del principio. Secondo
Varrone, i sensi e i nervi prendono principio dal ca-
po. Arigie Adomanzio esp>onendo la visione di Isaia
dei due serafini, avente ciascuno sei ali, con due del-
le quali coprivano il capo di Dio, con altre due gli
nascondevano i piedi: per il capo interpreta i prin-
cipii di Dio incogniti, per i piedi nascosti, le ultime
opere di Dio a noi comprensibili , e per la parte sco-
perta le opere di Dio a noi visibili, cioè il creato.
D'altronde è d'uso comune l'espressione: questa o
quest'altra cosa ha capo, o non ha capo né piedi, ol-
- 812 -

tre al proverbio: Cosa fatta capo ha, nel senso di


principio. Ventre, che nella Bibbia, ora è segno di
principio, ora di origine. Giobbe disse: 5e io non fui
guida a quelli dal ventre di mia madre; parlando del-
la misericordia, con la quale aveva abbracciati i po-
veri fin dal principio della sua gioventù.
Principio dell'anno.
Giano che, secondo alcuni, presiede al chiudere e
all'aprire dell'anno; perchè, avendo due fronti, guar-
da l'anno che finisce e quello che comincia. Montone,
emblema degli astronomi, forse perchè è segno del
mese di marzo, il quale porta la primavera, in cui
la vegetazione comincia a germogliare.
Principio e fine.
Alfa e Omega, simbolo biblico comunissimo. Co-
rallo.
Private e pubbliche spese. Vedi Spese pubbli-
che e prhate.
Privo di potenza.
Uomo che porta una canna.
Privo di potestà.
Uomo che cavalca un cavallo senza briglia.
Proboscide d'elefante. Vedi Canesa.
Prodigo.
Pavone, emblema di persona prodiga per soverchie
spese, perchè la coda del pavone quantunque bellis-
sima non è di alcuna utilità né per volare né per
camminare, come lo è quella degli altri uccelli che
serve loro per volare o per nuotare.
Profano.
Anguilla, simbolo biblico, perchè priva di squame,
— 813 —

e s'immerge nel profondo dell'acqua, ravvolgendoei


volontieri nel fango. Similmente a chi non cura altro
che le cose materiali terrene. Pesce; presso gli Egi-
ziani principale simbolo di cosa profana e di per-
sona abominata e ritenendolo impuro, proibivano per-
ciò di mangiarlo. Inoltre, [jer essere il pesce soggetto
a corrompersi facilmente, non può essere conservato.
Porco, il quale presso gli Egiziani era talmente abor-
rito che se qualcuno, anche inavvertitamente, l'avesse
toccato soltanto con le vesti, andava subito a lavar-
si, e i guardiani dei porci non entravano mai in nes-
sun tempio, ne potevano sposarsi con altri. Presso i
Romani il sacerdote di Giove non poteva toccare il
porco senza peccato. Anche i pontefici cristiani sfug-
givano soprannomi che avessero relazione col porco:
Pietro Bocca di Porco, eletto p>apa, si fece chia-
mare Sergio, affinchè il suo nome originario non to-
gliesse autorità e risjjetto alla religione.
Profeti.
I Profeti sono in numero di diciasette. — Anima-
li: Cane (vedi Teologo). Colomba, come simbolc
dello Spirito Santo che li inspirava. Callo, emble
ma dei Profeti e dei Dottori, per aver essi fra le te-
nebre della presente vita, quasi cantando, predetti
la luce futura. — Diversi: Berretto ebraico. Filai-
ierio, sul quale sono scritte le profezie. Nimbo ro-
tondo, con cui talvolta si rappresentano. Nuvole,
simbolo biblico, come manifestazione della verità d
Dio. Isaia disse: E comanderò alle mie nuvole, che
non mandino sopra di quella la pioggia. Il profeti
chiamava la casa d'Israele vigna, e comandò alle nu-
vole di non piovere sopra di essa, cioè, che i Profet
— 814 -

non manifestassero più i loro oracoli al popolo d'Is-


raele.
Profezia.
Lauro, adoperato dagli antichi nelle cerimonie de-
gli indovini.
Profìtto.
Cavolo. Tanto i Romani quanto gli Alemanni a-
mavano assai questo vegetale, di cui facevano un este-
so commercio e ne ricavavano grande profitto.
Profitto con l'età.
Orsa gravida, con cui gli Egiziani raffiguravano
una persona in origine di cattiva fama, e poi fattosi
buon nome, o che in principio avesse condotto una
vita rozza e dissoluta, senza alcuna moderazione ra-
gionevole, e poi con l'età, la ragione, l'incivilimen-
to fosse vissuta Santamente; perchè rttenevasi che
l'orsa mettesse al mondo i suoi piccoli senza occhi,
senA pelo, dal corpo senza forma, più piccoli di
un gatto e più grandi di un topo; e in quel ammas-
so di materia simile al sangue coagulato si scorgevano
le unghie; la madre premendo poi il parto con le
cosce al petto lo covava nel modo che gli uccelli co-
vano le uova; e così a poco a poco l'andava for-
mando, e poi leccandolo gli dava forma completa
con la lingua. S. Ambrogio, esortando all'allevamen-
to dei figli, alludendo al parto dell'orsa, diceva do-
versi allevarli con la lingua degli ammaestraunenti, ri-
ducendoli alla forma dell'uomo; cioè farlo parteci-
pe della ragione. La lingua è simbolo dell'eloquenza.
Progne. Vedi Filomela.
Progresso d'amore.
Melo, albero dedicato a Venere, il quale in prin-
815 —
cipio manda fuori rami dritti e regolari, mentre nel
successivo biforcarsi tendono ad allargarsi, per poi
estendersi ampiamente; similmente all'amante nel cui
cuore l'amore comincia a spuntare con ingenua mo-
destia, ma quando esso ha preso radice, depone la
vergogna, e fatto più audace, liberamente si espan-
de. Inoltre quest'albero produce frutti gialli e rossi
segnati per cesi dire di pallidezza e di rossore. E le
mele tanto più rosseggiano, quanto maggiormente sono
esposte ai raggi del sole, e da essi percosse, come
avviene all'innamorato, che di maggior rossore si tin-
ge, quanto più è colto in colpa. Q)i amorini si fin-
sero nati sotto un melo.
Progresso delie cose.
Scarpa, che si vuole inventata per i viandanti, e
nella Bibbia è presa come augurio delle spedizioni.
Nel salmo si legge: Io dislenderò la mia scarpa fino
e Idumea, cioè i progressi, fino in Idumea, vale a di-
re che sarà sottemessa.
Progresso della vita.
Vìa, simbolo biblico, dove, durante la nostra vita,
dalla nascita fino all'ultimo giorno, siamo chiamiati
viandanti, forestieri e pellegrini, poiché gli uomini a-
bitano questa terra senza stabilità, con l'animo conti-
nuamente agitato, fino al raggiimgimento del rip>oso.
Prole numerosa.
Occhi; secondo gli interpreti dei sogni, sognando
d'aver tre occhi o più, e dovendo prender moglie, è
segno che si avranno molti figli; perchè questi sono
molto amati, come ci sono cari gli occhi; vive il det-
to: Amare più della luce dei propri occhi.
- 816 —
Prometeo.
Figlio di Giapete e di ClimeRe (di Temi secondo
altri). Il suo nome significa prevedere. Secondo la
leggenda, una volta durante il regno di Giove, quan-
do gli Dei e gli uomini contendevano fra loro a Mc-
cone, Prometeo, per ingaimare Giove e contendere con
lui in prudenza, uccise un bue e lo divise in due par-
ti, poi avvolse le parti migliori e gli intestini nella
pelle e pose in cima lo stomaco, che è una delle peg-
giori parti, mentre il secondo involto consisteva delle
ossa coperte di grasso. Quando Giove gli fece osser-
vare come avesse fatto male la divisione, Promoteo
lo invitò a scegliere, e Giove nell'ira sua scelse le
ossa coperte di grasso. Il padre degli Dei si vendicò
di questo tiro togliendo il fuoco ai mortali, ma Pro-
moteo lo rubò in un tubo. Giove per punire gli uo-
mini fece fare da Vulcano una vergine di creta.
Pandora (vedi); e fece incatenare Prometeo, come
si vedrà in seguito. Secondo Eschilo, Prometeo era
un Dio mortale, l'amico dell'umana razza, il datore
del fuoco, l'inventore delle arti utili, un veggente on-
niscente, un martire eroico, soverchiato dal potere di
Giove, ma senza piegare il suo spirito inflessibile.
Quantunque appartenesse egli stesso ai Titani, egli
è però rappresentato come difensore di Giove contro
di essi, e vuoisi inoltre aprisse la testa di Giove, quan-
do ne uscì Minerva armata. Ma quando Giove salì
sul trono del cielo e voleva spegnere l'umana razza
per dare il suo posto a un'altra, Prometeo si oppose
all'adempimento del triste progetto e salvò l'umanità
dalla distruzione. Egli privò gh uomini della cono-
scenza del futuro e diede loro la speranza in con-
forto. Oltre di ciò, insegnò loro l'uso del fuoco e li
- 817 -

ammaestrò nell'architettura, nella matematica, nell'a-


stronomia, nell'arte dello scrivere, nell'allevamento de-
gli animali domestici, nella navigazione, nella medici-
na, nella metallurgia e in tutte le altre arti. Ma a-
vendo in tutte queste cose operato contro la volontà
di Giove, questi ordinò a Vulcano d'incatenarlo su
una roccia della Scizia, ciò che fu fatto in presenza
di Grato e Bia, due ministri di Giove. Nella Scizia
Prometeo fu visitato dalle Oceanine; amche Io andò
a trovarlo, ed egli le predisse la sua vita errante e i
patimenti che l'aspettavano, del pari che la sua finale
liberazione. Sopraggiunse anche Mercurio per risape-
re una profezia la quale importava assai a Giove,
perchè Prometeo prevedesse che Giove genererebbe
da una certa donna un figlio che detronizzerebbe il
padre, e Giove voleva conoscere più precisamente
questo decreto del destino. Ma Prometeo ricusò osti-
natamente rivelarlo, di che Giove adirato, scjigliò un
fulmine e precqjitò nel Tartaro Prometeo e la roccia
a cui era incatenato. Dop>o un lungo {periodo di tem-
po, Prometeo tornò sulla terra per soffrire nuovi tor-
menti, giacche fu legato sul monte Caucaso e stra-
ziato da un'aquila, la quale ogni giorno divorava il
suo fegato, che rinasceva nella notte. Questi tormen-
ti dovevano durare finché qualche Dio pigliasse spon-
taneamente ilsuo posto e scendesse per lui nel I ar-
taro. Ciò avvenne quando Chirone, che era stato in-
sanabilmente ferito da una freccia d'Ercole, esternò il
desiderio di scendere nell'Averno e Giove gli per-
mise di prendere il posto di Prometeo. Secondo altri,
però, Giove stesso liberò Prometeo quando il titano
s'indusse infine a rivelargli il decreto del destino che
se avesse un figlio da Teti, questo figlio lo priverebbe
52 — G. ROXCHETTI.
— 818 —

isce che Pronie-


dell'impero. Un'altra leggenda rifer a al principio de.
teo creò l'uomo di terra e di acqu
diluvio di Deuc ahone, quan-
genere umano, e dopo il fare uomini
do Giove ordinò insieme a Minerva di
r vita in essi, vuoisi che
col fango e ai venti di soffia
uomin i una picco la parte di tut-
Prometeo desse agli la timu
te le qualità possedute dagli altri anmiali,
, 1 ambizione
dezza della lepre, l'astuzia della volpe
tà della terra con cui formo gn
del pavone. L.a quali
i indic avasi nel tempi poste riori presso Panopeo
uomin
to che Ueuca-
nella Focide, e fu per suo suggerimen
il diluv io, costru ì una nave e
hone, approssimandosi
egli e Pirra potes sero nutrir-
l'approvvigionò affinchè nda ap-
si durante la calamità. Prometeo nella legge
fra le al-
parisce spesso insieme a Minerva, e dicesi l a-
tre cose ch'egli sia stato punit o sul Cauc aso per
essa. Vuoisi
more criminoso ch'egli nutriva verso di
con l'aiuto di ^sa e accenpei -
inoltre che sahsse in cielotorci a al carro del bo\e
desse segretamente una
portare all'u omo il fuoco.
Vedi Inventore delle arti.
Pronostico di fertilità.
udendo cantare
Upupa. Gli egiziani volevano che
emmia fosse
quest'uccello prima del tempo della vend
vino.
segno di una futur a abbo ndan za di
verU.
Prorsa e Porri ma o Anteverta e Post
le che pre-
Erano ritenute a Roma per due sorel
dove-
siedevano aiparti, e per profetesse. Se i parti a la
, e il bamb ino prese ntava Prim
vano essere fehci
tutelare^ Mei
lesta, era Prorsa o Anteverta la divinità Prorsa
o Postv erta.
caso contrario essa era Porrmia
e proc lama vano . 1 una ciò che
e Postverta cantavano
— 819 —

non neè subalterna


ancora, dice
l'tdtrache
ciò lecheduenonsorelle
è più."furono
Una tradizio-
invitale
ai sacrifizio di Ercole, dopo la morte di Caco; Pror-
sa si trovò prima dell'ora del convegno, Postverta
arrivò quando tutto era finito.
Proserpina-
Questa Dea, che i greci chiamavano Persefone,
era figlia di Giove e di Cerere. Essa fu rapita da
Plutone mentre coglieva fiori nella bella pianura di
Nisia e fatta regina delle regioni dei morti. Cerere,
inconsolabile p>er la i>erdita della figlia, afflisse la ter-
ra di sterilità, perciò Giove acconsentì che Proser-
pina iK>tesse essere restituita alla madre ; ma siccome
essa aveva nel regno infernale già gustato cibo, fu
obbligata a passare un terzo dell'anno col suo rapi-
tore e gli altri due terzi con la madre Cerere. Tal-
volta Proserpina è presa per l'occulta virtù che ha il
seme di gemogliare, e allora veniva figurata in forma
di donna, la quale con le mani porge alcuni germo-
gli. Verme anche rappresentata con un'oca in méino
(vedi Eremo). Comunemente p>erò la si vede a fian-
co di Plutone sopra un carro tirato da cavalli neri.
Nelle arti, l'attributo più ordinario di Proserpina è
il calalo che ix)rta in testa.
Prospera fortuna. Vedi unirne dei morii
Prosperità.
Animali: Lupa, che nutrisce Romolo e Remo. —
vegetali: Faggio, albero che cresce in qualunque luogo
e tanto rapidamente, che fu preso come emblema del-
la prosperità. — Diversi: Agata, pietra dedicatale.
Caduceo, attributo principale di Mercurio, Dio del
commercio, da cui viene la prosperità. Immagine di
— 820 —

Alessandro. Volevasi anticamente che portando ad-


dosso una statuetta d'oro o d'argento di Alessandro,
avesse la virtù di far prosperare ogni cosa e rendere
favorevoli tutte le azioni di colui che la portasse. Le
e, ne-
donne la portavano nelle cuffie, nelle manich
S. Giovann i
gli anelli e agni specie d'ornamento. izione;
Crisostomo biasimò severamente tale superst
togliere
perchè ancora al suo tempo non fu possibile di
l'abuso di legarsi al capo, o ai piedi, le monete
Alessandro.
Prosperità degli eventi.
r via U
Aquila in volo, oppure nell'atto di porta lo cre^
gine di quest o simbo
cappello a un uomo. L'ori
i la favola
desi derivato dall'aquila di Giove; infatt
prima di andar contro i
racconta che a questo Dio,
un sacrif izio che fece al Cielo, il volo
Titani, durante
indizi o di prosp ero augur io e de -
di un'aquila gli fu
sua vittor ia. D'allo re in poi, gli auguri diedero rnol-
la
poiché se 1 a-
ta importanza ai movimenti dell'aquila; di augur io febeissi-
vessero vista volar e, era segno
veduta
mo, senz'alcuna contrarietà; ma se l'avessero celebre, il
ferma, allora era augurio di qualche fatto
, hra
cui successo doveva però costare grande fatica
prosp ero au-
moki esempi lesserà l'aquila segno di
Essen dosi un aquil a po-
Burio. citeremo i seguenti:
poverissi-
sata un giorno sul carro di Gordio, uomo
il regno
mo, perciò a Mida suo figlio fu pronosticato
uila tolse il
di Frigia. A Tarquinio Prisco, un'aq
Tranq uilla , sua mo-
cappello, augurio, come interpretò avvenne
futur o princ ipato . Un simile caso
ghe di
no; mentr e cammi-
a Diadumeniano, figlio di Macri
nava per il campo, un'aq uila gli tolse il cappe llo e
in testa a una statu a di re. prome ttend o gli
lo pose
— 821 —

auguri questo stesso onore al giovane. Nato Alessan-


dro il Grande, due aquile si posarono sul tetto della
sua casa, ciò che gli fu d'augurio del duplice impe*
ro dell'Europa e dell'Asia.
Prosperità della vita.
Cornacchia morta. Simbolo egiziano di persona che
avesse felicemente trascorsa la vita giungendo a un'e-
tà avanzata ; perchè volevano che la cornacchia cam-
paisse lunghissimo tempo. Inoltre pretendevcisi che man-
giando la carne di quest'uccello, per la sua vitali-
tà, non solo giovasse p>er vivere lungamente, ma fos-
se anche utilissima nelle lunghe infermità; e che il
suo nido F>^tato e ridotto in polvere fosse efficacissi-
mo come impiastro d'applicarsi sul male.
Prosperità salutare.
Api posate sopra un ramo di olivo, simbolo di pro-
^serità della vita e una sanità prolungata f>er mol-
lo tempH) senza alcun malanno. Democrito, al qua-
le venne domandato in qual modo si {x>lesse prolun-
gare la vita, rispose doversi inaffìare le interiora di
miele e le parti esterne di olio; cioè doversi mitigare
l'animo con quanta dolcezza fosse possibile, procu-
rando di stare allegri, scacciando ogni amaritudine,
e rinforzando il corpo con l'esercizio: l'olivo allude
all'olio di cui si ungevano il corpo i lotlatori.
Protervia.
Ricino.
Proteo.
Figlio di Nettuno e di Fenice, secondo altri del-
l'Oceano edi 1 eti. Egli era guardiano delle foche
e delle altre bestie marine di Nettuno, il quale, pei
ricompensarlo delle cure che aveva per il suo greg-
— 822 —

assu-
gè, gli diede il potere di predire il futuro, e di sulla
mere a piacere qualsiasi forma. Proteo aveva
re-
spiaggia una grotta in cui riposava, e in quella
cavansi i mortali a consultarlo; bisognava però sor-
prenderlo mentre dormiva e incatenarlo, perchè iion
mille
sfuggisse, poiché egH, per sottrarsi, assumeva
forme, di leone, di drago, di fuoco ardent e, di pian-
ta gigantesca, di acqua scorrevole; e se con tutto ciò
non riusciva a slacciarsi dalle catene, soltanto allora
manifestava la volontà divina a lui ben nota. Pro-
teo fu padre di due giganti crudelissimi, Timolo e Te-
legone, ai quali comparve in forma di spettro, spa«
ventandoli talmente, da indurli dal desistere dal com-
mettere le consuete scelleratezze, e che poi furono
uccisi da Ercole. Ebbe anche tre figlie, Cabira, Ei-
dotea e Beozia.
Protezione.
Ginepro, arboscello che serve di rifugio agli am-
mali perseguitati. Il forte odore delle sue bacche tal-
volta devia i cani da caccia dalla pesta della selvag-
gina.
Prova. j,
Ferro. Un ten^po, chi fosse stato accusato d aver
al-
commesso qualche scelleratezza, veniva sottoposto
la prova del fuoco, fatta dai sacerdo ti, e consist eva
nel far ritirare, dall'accusato, un ferro rovente fra
o-
carboni ardenti, per mostrarlo ai giudici e agli accusat
ri: se l'accusato restava insensi bile, non riporta ndo
alcuna scottatura, era assolto; ma se non avesse sop^
portato l'ardore del fuoco, allora i giudici lo con-
dannavano. Prima però di subire tale prova ghac>
ione
Qusati si purgavano con digiuni, con la confess
- 823 —

e con la comunione, poi erano sott(^x)sti a tale or-


renda prova.
Provincia
Corona murale, come emblema.
Provocazione.
Collello. Allusione alla massima: che non si deve
provare un uomo collerico e mane.<=co con parole as-
pre, le quali hanno per simbolo il coltello. Orazio
disse: E col collello il fuoco andar attizzando; vo-
lendo con ciò ammonire di non provocare gli animi
dei grandi. Gladiolo. Pianta le cui foglie hanno la tor-
ma di una lama di sciabola.
Provocazione al malfare.
Martello, perchè col suo battere si preparano le
armi offensive, da cui derivano fra gli uomini infiniti
mali e afflizioni. Col martello si fabbricano inoltre
le trombe, col cui suono vengono incitati i soldati a
uccidersi reciprocamente. Alcuni interpreti della Bib-
bia per la figura del martello intendono il zabulo
(diavolo), da cui derivano tutti i cattivi pensieri, i
consigli malvagi e la perturbazione delle opere buone.
Provvedimento.
Formica, che si provvede il cibo per l'inverno, de-
ponendolo in apix)site celle, e per conservarlo, in-
tacca isemi per evitare che abbiano a germogliare,
e quando s'accorge che vengono bagnati dalla piog-
gia, li porta all'aperto per farli asciugare, e ciò fa
soltanto a ciel sereno, quando l'aria è asciutta.
Provvidenza.
Deità allegorica, rap)presentata sotto l'aspetto au-
stero di vecchia matrona, con le braccia alquanto a-
perte. Una statua antica, denc«ninata Provvidenza,
— 824 —

e coronata di lauro, vestita d'una tunica a larghe ma-


niche, ha lo scettro in mano, e accanto una cornu-
copia rovesciata. — Stella. In una medaglia dell'im-
peratore Pertinace, si vede una figura con le mani al-
zate verso una grande stella, con l'inscrizione PRO-
VID. DEOR. COS. II.
Provvidenza divina. Vedi. Divina provvidenza.
Provvigione.
Elefante, che affonda un dente in terra, con cui
gH egiziani simboleggiavano una persona diligente,
utile e premurosa nel procacciarsi il vitto; perchè cre-
devano che appena l'elefante si accorgesse che i den-
ti gli stavano per cadere, da se stesso li cavasse, na-
scondendoli sotto k terra.
Prudenza.
Deità allegorica, rappresentata con in mano uno
specchio circondato da un serpente. Oppure in figu-
ra di donna giovane ornata di diadema e che si mi-
ra in uno specchio in cui si riflette il suo viso, ma
vecchio. Porta le ah, e accanto le stanno due put-
tini che contano delle monete. Si vede anche rap-
presentata con in mano un serpente attorcigliato intor-
no a una freccia. Antonio Pollajuolo la dipinse se-
duta sopra un trono. Raffaello l'accompagnò con la
Moderazione e la Forza. Paolo Veronese la rappre-
sentò con in mano delle corde, un bastone ferrato e
un triangolo, avente vicino un airone e un gatto. Al-
tri la dipinsero in atto di mirarsi nello specchio pre-
sentatole da tre Ninfe. — Animali: Gru, che porta
un sasso. Dicesi che questi uccelli durante il volo por-
tino con se una piccola pietra, per sapere se passano
sopra l'acqua o sopra la terra; e a questo scopo la-
- 825 —

sciano cadere la pietra, dal cui rumore sanno rego-


larsi se devono fermarsi o volare oltre. Altri voglio-
no però che le gru, prima di prendere il volo, pren-
dono fra le zampe una pietra per sostegno e contrap-
peso del loro corpo, perchè quando soffia il vento,
volando, sono sbattute come nave dall'onda. Orsa
che, rinculando, si ritira nella tana; perchè dicesi che
l'orsa sia tanto accorta che, inseguita, dovendosi ri
tirare nella sua tana, per far perdere le orme, ricor-
re all'astuzia d'entrarvi rinculando, lasciando così l'im-
pronta dei piedi nel senso opposto, come se, invece
di essere entrata, ne fosse uscita. Serpente, il quale
fu sempre ritenuto sapientissimo, perciò anche pru-
dente. Cristo esortava gli uomini a essere prudenti
come i serpenti. — Vegetali: Celso, allusione al ri-
tardo del suo germogliare in confronto degli altri al-
tri alberi, che si risvegliano ai primi tepori dell'aria,
talvolta a loro danno, per il sopraggiungere delle bri-
ne. Mentre il gelso non germoglia prima che il fred-
do sia del tutto scomparso e sia giunta la mite tem-
peratura primaverile. Sorbo, albero che simboleggia
la prudenza, perchè non dà frutti prima di raggiun-
gere tutta la sua forza, e lì conserva durante l'inver-
no. — Diversi: Giaco, che gli antichi indossavano
come preservativo dai colpi d'armi. Ciano. Dovendo
l'uomo prudente conoscere le cose passate e prevedere
il futuro, così Giano bifronte fu da molti preso come
simbolo della prudenza e la solerzia dei re. Il me-
desimo significato avrebbe una figura con tre teste,
cioè di cane, di leone e di volpe; la prima rappresen-
terebbe lamemoria, la seconda le cose presenti e la
terza quelle future,
_ 826 —

Apollo con quattro orecchie. — Filosofia


Vedi
moral e.
Pruno selvatico.
vuol essere
Pianta ribelle alla cultura, e che non
trapiantat a. Vedi Indip enden za.
Pschent. ..... , . r
divini tà e dai fa-
Berretto o corona, portato dalle
e del teshr. Il primo co-
raoni. Si compone della schaa
stituisce laparte superiore dello pschent, .«d e dell un ber^
nio a 0
retto conico bianco; simbolo <del domi
do, costi tuisc e la parte infer iore dello
Nilo II secon
rosso con o sen-
pschent ed è un berretto cilindrico
ta una punta incli nata all'in dietro , con o senza un
ti; simbo lo del domi^
ornamento a spirale sul davan
La maggi or parte degli Dei e del-
nio del basso Nilo. nt.
le Dee degli egiziani portavano il psche
Psiche.
tu para-
Giovane principessa di rara bellezza, che
gonata aVenere, e fu amata dallo stess o Amore,
tto ch'es sa avreb be avuto pei
L'oracolo aveva prede
ntevo le perfi no agh occhi de-
sposo un mostro, spave
ne bellez-
gli Dei, e aveva ordinato di esporre la giovi pre-
za su un nudo scoglio, ov'es sa ne dovev a essere
e la
da Quivi Zefiro per ordine di Amore la rapi,
ove avev a le
trasportò in un bellissimo palazzo,
tutto ciò che po-
Ninfe per ancelle, e le era concesso
eri. IN el-
teva lusingare i suoi capricci e i suoi desid
va ai pri-
la notte Amore andava a trovarla, e fuggi
ne veder e ne co-
mi raggi dell'aurora senza lasciarsi non
noscere. Psiche, che nulla aveva a desiderare,
di perme t-
tardò a sentir la noia. Supplicò lo sposo
fossero condot -
ter? almeno che due delle sue sorelle
— 827 —

te al palazzo, per aver alcuni testimoni della sua fe-


licità. Amore si arrese, non senza pena, ai suoi de-
sideri. Le due principesse, gelose della felicità di
Psiche, deliberarono di perderla. Esse le ricordarono
la predizione dell'oracolo, e l'animarono a tentare
ogni mezzo per conoscere il suo sjkko. Venuta la sera.
Zefiro ricondusse le due sorelle al palazzo del loro
padre, e Psiche risolvette di seguire in quella stessa
notte il perfido loro consiglio. Visto Amore già ad-
dormentato, sialza, prende la lampada, si arma di
un pugnale per uccidere il mostro, ma invece di que-
sto le si presenta allo sguardo Amore in tutta la sua
bellezza. Era già Psiche tutta in estasi, allorché sve-
gliatosi ilDio fugge precipitoso Psische disperata
vuol darsi la morte, ma ne fu imp>edita dall'invisi-
bile sposo. Si diede allora a rintracciarlo e stancò per
questo con le preghiere tutte le divinità. Sdegnata
Venere per aver Psiche sedotto suo figlio, l'oltraggiò
in mille modi e la diede in potere della Tristezza
e della Solitudine. La Dea, {>er saziare la sua rab-
bia, a questi mali aggiunse fatiche al di sopra delle
forze del suo sesso. Impose a Psiche di portarle un
vaso pieno d'acqua nera che sgorgava impetuosa-
mente da una fontana guardata da furiosi draghi;
di recarsi in luoghi inaccessibili a cercare su monto-
ni un bioccolo di lana dorata; di separare in breve
tempo le varie specie di grani fra un grosso mucchio in
cui ve n'era di ogni sorta. Assistita da un aiuto invi-
sibile. Psiche superò tutte queste difficoltà. Venere
infine le ordinò di scendere all'inferno per chiedere
a Proserpina la scatola che racchiudeva una parte di
sue attrattive. Persuasa Psiche che altro mezzo non
— 828 —

v'era per scendere fino a Plutone, che il morire, sta-


va per precipitarsi da una torre, allorché una voce
le insegnò la via che conduceva all'inìferno, le comuni-
cò la precauzione da prendersi, e le raccomandò sopra
tutto di non aprire la scatola. Psiche seguì i consigli,
ma stava già per uscire dal Tartaro, quando fu pre-
sa da curiosità di aprir la scatola per appropriarsi u-
na parte dei vezzi ch'essa conteneva. Ne uscì allora
un vapore infernale che la immerse in un sonno pro-
fondo; ne più si sarebbe risvegliata se Amore, fug-
gito dal palazzo di sua madre, non volava in soccorso
dell'amante. Egli la destò con la punta di una delle
sue frecce, fece rientrare nella scatola il funesto va-
pore, e ordinò a Psiche di portarla a Venere. Amo-
re intanto tornò all'Olimpo, e pregò Giove di con-
vocare ilconsiglio degli Dei, per deliberare sulla sor-
te di Psiche. Giove decise che Amore sarebbe uni-
to a Psiche, e che Venere non avesse a opporsi alle
loro nozze. Ordinò a Mercurio di trasportar Psiche
in Cielo, l'ammise al convito degli Dei, e le fece do-
no dell'immortalità. Le nozze furono celebrate in quel
giorno stesso, e dalla loro unione nacque la Voluttà.
Psiche è rappresentata con ali di farfalla agli ome-
ri, emblema ordinario dell'anima presso gli antichi.
Taluni le fanno svolazzare intorno una farfalla. L'i-
dea primitiva della favola di Psiche è fondata su due
allegorie. La bellezza dell'anima, rivale di quella
del corpo, inspira l'amor più tenero e più vivo. La cu-
riosa temerità, che tenta investigare misteri al di so-
pra dell'umana natura, e sollevare un velo sacro, rie-
sce fatale a coloro, i quali cedono alle proprie inspi-
razioni.
- 829 —

Pubbliche o private spese. Vedi Spese pubbli-


che e privale.
Pudicizia.
Deità allegorica. In una medaglia antica è rappre-
sentata da una donna seduta, con la faccia velata,
e l'indice della mano destra avvicinato alla fontanel-
la della gola. In un'altra medaglia si vede una don-
na, seduta, con una verga nella mano sinistra, e con
la destra si tira un velo davanti alla faccia, con l'in
scrizione PUDICITIA A V G. — Animali: Tor
torà. Nella circoncisione, gli Ebrei costumavano of
frire un paio di tortore, o dei pulcini di colomba, qua
le simbolo di pudicizia ed esempio di vita continente
Vegetali: Ciglio, secondo S. Girolamo, simbolo di
pudicizia e verginità. Mimosa pudica. Narrasi che un
pyastore, in procinto di unirsi a un,a Ninfa, che ama-
va perdutamente, non sapendo domare la sua pas-
sione, inseguiva l'amata nel bosco perseguitandola. La
Ninfa addolorata per gli assalti al suo pudore pregò
Imene di cangiarla in sensitiva. — Diversi: Faccia
velata.
Pudore.
Deità che gli antichi adoravano con rispetto, e che
presiedeva all'onesta vergogna della sposa. Gli Ate-
niesi gli consacrarono un altare, e i Lacedemoni gli
fecero una statua, secondo Pausania, per il fatto se-
guente. Icario promise di dare in sposa la figlia Pe-
nelope aUlisse, a condizione che la lasciasse sem-
pre presso la sua famiglia, con la quale avrebbe an-
ch'egli dovuto convivere. Ma, sposatala, Ulisse, de-
liberò di ritirarsi a casa sua. Addolorato il padre di
tale decisione, pregò la figHa di non abbandonarlo.
— 830 -

e quantunque Penelope fosse già incamminata per se-


guire ilmarito, non tralascia però di accompagnarla
pregai^dola di restare con lui. Infine Ulisse, vinto
dall'insistenza del suocero, acconsentì alla moglie di
far ciò che voleva, o andare con lui, o restare col
padre. Essa per risposta si tirò il velo sul capo, co-
prendosi lafaccia; ciò che pel padre fu un segno e-
vidente che la figlia desiderava seguire il marito; per-
ciò senz'altro la lasciò andare, e nel luogo, dove essa
si coperse il viso, il padre pose una statua al Pu-
dore, cioè a quella onesta vergogna, che mostrò Pe-
nelope nel contraddire il padre per non lasciare il ma-
rito; e questa statua era rappresentata con la faccia
coperta da im velo.
Pudore vergineo.
Magnolia porporina.
Pu eri ita.
Colutea; pianta i cui baccelli gonfiati, servono da
trastullo ai ragazzi.
Pugnale. Vedi Anarchia — Delitto — Discordia
Disperazione — Liberatore della patria —
Lucia [Santa) — Melpom ene — Odio.
Pugno. Vedi Potenza
Pulce. Vedi Pensieri triviali.
Punizione.
Falce. Zaccaria dice che la falce che gli parve di
vedere lunga venti cubiti e larga dieci, era arrotata
contro i ladri e quelli che giuravano il falso, e m ca-
sa loro essere adoperata. Allusione alla punizione.
Punizione severa.
Bipenne, che ai vede nelle antiche medaglie di
lenedo, figurando sul rovescio due teste, d'uomo e
— 831 —

donna, attaccate di dietro. Questo simbolo ebbe ori-


gine dalla legge di un re di Tenedo, che F)ennetteva
a chi cogliesse altri in adulterio di uccidere i colpe-
voli con la bip>enne; pena che dovette subire lo stes-
so figlio del re. Di qui venne il detto bipenne di Te-
nedo per esprimere un modo sommario di eseguir giu-
stizia, o come allusione ai giudici severamente cru-
deli.
Purezza-
Animali: Ermellino, per la bianchezza del suo
mantello. Gallo, che trova delle perle nel letame.
— Vegetali: Ciglio. — Diversi: Alabastro. Bianco.
Caraffa e turibolo; cioè una caraffa piena d'acqua
in un turibolo; la prima, simbolo dell'acqua, l'altro
del fuoco; perchè con questi elementi si purga qua-
lunque cosa. Presso gli antichi praticavasi la cosi-
detta fumigazione, che consisteva nel purgarsi dopo
aver accompagnata un morto, ritenendosi immondi,
bagnandosi con l'acqua e poi passare sul fuoco; cre-
dendo così liberarsi da qualsiasi macchia spirituale.
Veste di lino. Siccome le mutande di lino simboleg-
giano la castità, così la veste di lino è simbolo della
purezza; perchè il lino può essere lavato dalle mac-
chie, rendendolo candido. Zaffiro; pietra dedicata al-
la purezza.
Purgazione.
Lauro. Si vuole che i soldati seguissero il carro
trionfale coronati di lauro, per entrare in città qua-
si purgati delle uccisioni. Inoltre il lauro faceva par-
te in ogni genere di suffumigi.
Purgazione dei peccati.
Issopo, che nella Bibbia è simbolo di grazia spi-
- 832 —

rituale, per la quale l'uomo si è lavato da qualche


peccato, di cui era macchiato. Credevasi che questa
pianta avesse la virtù di guarire una certa specie di
lebbra, umettandosi col suo sugo, e nella Bibbia la
lebbra è simbolo dei peccati. Dice Davide: Aspar-
gìml Signore con l'issopo, e sarò mondo.
Purificazione.
Mare. Quantunque gli Egiziani ritenessero il ma-
re per cosa profana, tuttavia altri popoli gli davano
un significato assai diverso; poiché Cicerone parlan-
do della pena del parricida, dice che il motivo prin-
cipale per cui si cucivano i colpevoli nell'otre, era
quello di evitare che, buttati nel fiume, non fossero
stati trasportati nel mare, profanandolo; dal quale
credevano purgarsi d' cigni altra cosa violata. Dicesi
che Euripide avendo seguito Platone in Egitto, mo-
lestato da certa malattia, persuaso dai sacerdoti, la-
vatosi nel mare, ritornò sano; per cui in memoria di
ciò introdusse nelle sue poesie il seguente verso: Pur-
ga il mar l'uomo infermo d'ogni male. Questa puri-
ficazione presa dal mare vuoisi essere indizio del bat-
tesimo preveduto da tutte le nazioni, poiché nella Bib-
bia, secondo i teologi, per il singolo mare s'intende
il battesimo; e anche parve che il profeta Michea
chiamasse mare il battesimo, quando disse: Tu som-
i
mergeraipeccati nostri nel profondo del mare, per-
chè esso riceve le brutture delle anime, che ivi si la-
vano, e perchè purga. Allusione ai fiumi, i quali per
quanto siano fangosi, sono ricevuti dal mare senza ri-
tenere in sé alcuna materia impura, ma col suo flus-
so e riflusso rigetta i residui sulla spiaggia, purgati.
Purità. Vedi Purezza.
- 833 —

Quadrante solare. Vedi Giugno — Isaia —


Tempo. Q.
Quadrato, Vedi Roma Vecchia — Sapienza —
Uomo perfetto.
Quaglia. Vedi Asteria — Empietà — Malignila.
Quanon u Canon.
Dio dei Giapponesi, figlio di Amida, che presie-
de alle acque e ai pesci. In molte pagode è rap-
presentato con quattro braccia, e con la parte infe-
riore del corpo ingoiato da un enorme mostro mari-
no. In una mano tiene uno scettro, nell'altra un fio-
re, nella terza un anello, e la quarta è chiusa col
braccio steso. In un tempio del Giappone chiamato il
tempio dei mille idoli, si vede questo Dio con sette
leste sul petto, con trenta braccia e altrettante ma-
ni, ciascuna armata di una freccia; e credesi signi-
fichino le differenti apparizioni di Amida e le utili
invenzioni delle quali è autore.
Quaranta. Vedi Ignomonia.
Quattro. Vedi Numeri simbolici.
Quenavadl o Quenevadi.
Dio indiano con la testa di elefante, nato da Isso-
ra e Paravasti. Secondo i mitologi, ebbe la seguente
origine: passeggiando un di Paravasti col suo ma-
rito Issora per una delle pianure dell'India, incon-
trò due elefanti intenti alla propagazione della Spe-
cie. La donna, a tal vista, fu subito presa dal desi-
derio di accoppiarsi col marito, cui intimò di trasfor-
— 834 —

marsi in elefante e trasformare lei in elefantessa, per


congiungersi elefantescamente tra loro e prolificare;
e da questo strano congiungimento nacque appunto
un figlio, con testa di elefante, che fu chiamato Que-
nevadi, e riconosciuto un nume al pari del padre suo
Issora. Esso viene rappresentato con lunghi capelli
attorcigliati da un serpente, con una mezzaluna m
fronte, quattro braccia e grandissimo ventre. Le sue
gambe vengono circondate da anelli e canipanelli d'o-
ro; ed è specialmente onorato dagli artigiani, che gli
offrono le primizie del loro lavoro, e non ottengono
da lui nessun favore, se non dopo averlo servito per
lungo tempo. Cominciano però col consacrarsi al suo
servizio per dodici anni, terminati i quali, il nume
muove un orecchio per indicare di voler essere ser-
vito più a lungo. Alla fine di altri dodici anni scuote
l'altro orecchio; e finalmente se non si stancano di
servirlo ancora dodici, si mostra loro benignamente
propizio, li esaudisce e li ricolma di beni, contento
della loro fedeltà e costanza. Esso è straordinaria-
mente ghiotto, e perciò dimora in mezzo a un mare
di zucchero, circondato da gran numero di belle don-
ne, alcune delle quali non hanno altra occupazione
che di riempirgH la bocca di zucchero e miele, men-
tre altre lo rallegrano con continui canti. Natrasi che
questo Dio, ritornando una sera da un banchetto con
focacce squisite sotto il braccio, da cui sperava un
pasto delizioso, abbia urtato contro un vaso, quan-
tunque risplendesse la luna, e sia stramazzato a ter-
ra. La prima sua cura fu quella di cercare le fo-
cacce cadute, e nella gioia di averle ritrovate, noii
potè trattenersi dal mangiarne alcuni pezzi prima di
rialzarsi. La luna, testimone della di lui ghiottone-
— 835 -

ria, non gli risparmiò le più mortali celie: e il nu-


me se ne adontò e imperniali per modo, che vomitò
contro la schernitrice orribili imprecazioni, protestan-
do che chiunque la contemplasse in quel giorno ver-
rebbe punito con la perdita della virilità. Gli Indiani
affermano che tale giorno è il quarto dopo la luna
nuova di agosto; e quindi non osano in quel dì ne dì
uscire di casa, ne di guardare nell'acqua, per il ti-
more di vedervi la luna.
Quercia.
Si vuole che il primo albero che spuntasse fuori
della terra fu la quercia; la quale, secondo Esiodo,
fu èli mortali di doppio giovamento, p>erchè dai rami
ne raccolsero le ghiande, di cui vivevano prima, e dal
tronco ne fecero tetti. Secondo una curiosa spiegazione,
la forma lobata delle foglie di quercia, è dovuta
al seguente avvenimento: il diavolo aveva fatto mer-
cato con un uomo, j>^r comprargli l'anima all'epoca
in cui cadono le foglie della quercia; ma quando in
autunno il compratore si recò presso la quercia, sicuro
di trovarla priva di foglie, la trovò ancora guemita
della sua foltissima chioma, e l'albero non si spogliò
delle foglie antiche, se non quando già erano spuntate
le nuove. Truffato nel suo mercato. Satana si mise
a lacerare le foglie con tale violenza, che da quel
giorno esse serbarono sempre la forma sinuata. La
quercia era dagli antichi considerata come simbolo di
forza e gliene fu attribuito il nome {robur, fortezza) ;
fra le piante consacrate alle divinità mitologiche, es-
sa, qual re delle piante, venne dedicata a Giove re
degli Dei. Vedi Abramo — Amore coniugale —
Antonio da Padova (SanC) — Corona di quercia
— 836 —

— Ferocità <— Filemone — Forza — Giove —


Ira mitigata — Luigi {San) — Ospitalità — Prin-
cipato — Resistenza.
Querela.
Viene personificata in una donna coperta da un
drappo di color tanè, con una passera solitaria, che
nell'acconciatura della sua testa aveva fatto il nido.
Quietale.
Così veniva chiamato Plutone dalla parola latina
queis, cioè riposo. E' noto che Plutone regnava sui
morti.
Quiete.
Ali&mo. Piede messo sopra raltro, come si vede
in alcune statue sepolcrali. Aristofane, nella comme-
dia «Pluto », fa dire a Mercurio: Ma ora avendone
fame, mi sto con gran quiete con un pie sopra Vallro
posto.
Quiete dopo la fatica.
Bue sciolto, alla mangiatoia. I greci avevano il det-
to: bue nella stalla, oppure alla mangiatoia, con cui
denotavano una persona priva di autorità, fatta libe-
ra, e restituita all'ozio e a vita più tranquilla; perchè
solitamente, tolti i buoi dalla fatica, si conducono al-
la mangiatoia e vengono governati.
Quinquatro o Quinquatria.
Feste consacrate a Minerva ; celebravansi il 19 mar-
zo e duravano cinque giorni, e nel primo giorno non si
versava sangue, ma negli altri quattro vi erano com-
battimenti digladiatori, e si faceva ogni baldoria. Co-
loro che si occupavano delle scienze e delle arti, ne
desistevano in tale giorno, e facevano ai loro maestri
un regalo chiamato minervale. Si rappresentavano tra-
— 837 —

gedie, e si di^ulava fra dotti, poeti e oratori, e i! vin-


citore ne riportava un premio.
Quirino.
Antica divinità dei Sabini, corrispondente aJ Mar-
te dei Latini.

R.
Rà.
Dio solare presso gli Egiziani. Si vede per lo
più rappresentato sotto la figura d'uomo con la testa
di sparviero, il disco solare circondato da un serpente,
con lo scettro ad ansa nelle mani, in piedi, in atto di
camminare, e talvolta seduto su un trono. Rà cambiava
di nome secondo i momenti della sua esistenza giorna-
liera. Al mattino, all'istante in cui nasceva dal seno
della Dea Nouìi (il cielo); si chiamava Khopri (co-
lui che diventa). Identificato con Oro, esso faceva, o-
gni periodo di ventiquattr'ore, il giro del mondo dal
levante al mezzogorno, poi dal mezzogiorno al levan-
te, durante il giorno, dal ponente al settentrione e dal
settentrione al ponente durante la notte. All'entrata di
ciascuna di queste quattro case del mondo, egli sali-
va su una barca nuova che un equipaggio di Dei con-
duceva sul Nilo celeste. Durante il giorno, combat-
teva ilserpente Apophis che voleva impedirgli d'illu-
minare ilmondo; durante la notte, egli moriva, e la
sua forma morta, la sua carne Afou traversava le re-
gioni delle tenebre per andare a rinascere in oriente.
Rabbia. Vedi Lissa
Raccolto.
Falciola, attributo e principale embleme del raccolto.
- 838 —

Spighe. Nelle medaglie di L. Livineo Regolo, le due


spighe che figurano abbondante
dicano un raccolto ai lati di unditino pieno
frutti d'uva, dei
e fertilità in-

terreni, che si vide durante l'amministrazione di quel


prefetto. Anche gli indovini prendono le spighe come
segno di abbondante raccolto; poiché, a colui che so-
gnasse essergli nate delle spighe nelle orecchie, predi-
cevano un'eredità d'un fratello arricchito; le spighe
rappresentano un abbondante raccolto, e le orecchie i
fratelH, perchè sono prese come due sorelle. Anche
nella Bibbia le spighe figurano come simbolo di rac-
colto abbondante, quantunque lo sia nel senso delle
virtù, le quali nascono dal seme della divina parola.
Mentre la stoppia è presa come simbolo del frutto del-
le opere malvage; per cui il Profeta lamentandosi dice:
AhÌTTìè, ch'io son fatto come colui, che nella raccolta
raduna la stoppia.
Radamanto.
Figlio di Giove e di Europa e fratello di Minosse.
Avendo ucciso suo fratello, si rifugiò a Galea nella
Beozia, dove sposò Alcmena vedova di Anfitrione,
e si meritò la riputazione del principe più virtuoso e
più modesto dei suoi tempi. La sua equità e amore
per la giustizia lo fecero porre nel numero dei giudici
dell'Inferno, Quanldo gli antichi volevano esprime-
re un giudizio giusto, quantunque severo, chiamava-
Ù un giudizio di Radamanto, tanta e così grande era
l'opinione della sua equità. Presiedeva al Tartaro, o-
ve esercitava un potere formidabile: esso inquisiva sui
delitti e li puniva, obbligava i colpevoli a rivelare
gli errori della loro vita, e confessare i delitti che non
procurarono a essi che vani piaceri, e dei quali ab-
— 839 —

biano differita l'espiazione fino all'ora della morte-


Dal nome di Radamanto si chizunarono giudizi ra-
damantini i giuramenti che si facevano invocando
?. testimoni animali o cose inanimate. Così Socrate ave-
va l'abitudine di giurare per il cane e per il papero
Zenone per la capra. Radamanto è raf>presentato con
in mano lo scettro, seduto sopra un trono, vicino a
Saturno alla porta dei Campi Elisi.
Vedi Inferno del greci
Radici. Vedi Maddalena {Santa).
Raffaele (San).
Arcangelo il cui nome significa rimedio di Dio. —
Bastone, che gli servì da sostegno nelle lunghe marce.
Cane,
lo che emhblema di guardia,
condusse Tobia che accompagnò l'Ange-
a ELcbatana.
Ragione.
Figura allegorica rappresentata da una donna con
un elmo sormontato da un diadema, nell'atto di sog-
giogare un leone, emblema della passione che essa
deve dominare, e avente a tergo un olivo, simbolo
della pace dell'animo. — Galega, il sugo di questa
pianta si impiegava per acquietare i deliri del cer-
vel—
o.: Vedi Combattimento della ragione con l'ap-
petito.
Ragione posta nelle armi.
Armi, che gli antichi diedero in mano agli Dei,
come segno dell'autorità e della forza a cui ogni co-
sa deve soggiacere, e per mostrare che la ragione è
fondata nelle armi.

Ragno. Vedi Aracne — Dialettica — Dispera-


zione — Fragilità umana — Tela di ragno.
— 840 —
Ramarro.
Specie di grossa lucertola assai lesta n«i movimen-
ti. Vedi Aba — Malizia — Settembre.
Ramarino. Vedi Rosmarino.
Rame. Vedi Adulazione — Frode — Inganno
— Libidine >— Lusinghe.
Rammarico.
Asfodelo giallo. Ninfea bianca.
Ramo di rosa. Vedi Piacere e dispiacere.
Ramo di spino. Vedi Severità.
Ramo secco. Vedi Amiciza.
Ran o Rana.
Moglie del Dio gigante dell'Oceano, Aeger, nella
mitologia scandinava. Essa stessa passava per Dea
del mare.
Rana.
Una credenza molto popolare ancora àn voga,
vuole che all'estate dalle nuvole abbiano da piovere
ranuzze e rospicini, ovvero siano generate fra la pol-
vere per opera delle gocce d'acqua piovana, al mo-
mento in cui essa cade a terra, ciò che avverrebbe
principalmente in agosto e per lo più dopo i giorni di
siccità. Vedi Contadino — Curiosità — Giacomo
delle Marche (San) — Imperfezione — Ingratitu-
dine — Ingratitudine e cattivo pensiero — Sfacciato
— Sofista.
Ranuncolo acre.
Tutte le parti di questa pianta, chiamata anche
botton d*oro, sono acri a segno che, applicate sulla
pelle, agiscono a guisa di vescicante. Vedi Mal-
dicenza — Perfidia.
- 841 —
Ranuncolo scellerato. Vedi Sardonia.
Rapa. Vedi Semplicità — Sole.
Rapacità.
Lupo. Nibbio. Credendo gli antichi che gli uo-
mini si convertissero in quelli esseri di cui fossero
stati simili nei loro costimii e riella loro vita; così,
secondo Socrate, coloro che si fossero dati all'avari-
zia, alla frode e alla tirannia, rivivevano in lupi o
nibbi, perchè questi animali erano ritenuti rapaci per
istinto. Sparviero, simbolo biblico. Lo sparviero era
ritenuto la rovina di tutti gli altri uccelli.
Rapina.
Figura allegorica ré^jpresentata con un elmo in te-
sta sormontato da un nibbio; tiene in mano una spa-
da, e fK>rta un fardello. — Lupo che fugge con la
preda. Ferro.
Rasoio. Vedi Occasione.
Rassegnazione.
Croce.
Rastrello. Vedi Lavoratore.
Ravvedimento.
Assenzio; simbolo di chi, deviato dalla buona via
e datosi al vizio, ammonito, ritoma a una vita costu-
mata; perchè l'assenzio, per quémto sia amaro, co-
me amari possono riuscire i rimproveri, una volta in-
goiato riesce, secondo gli antichi, un rimedio efficace
per certe guarigioni.
Re.
Elefante, presso gli Egiziani, non solo perchè os-
servarono che andando in branchi il più vecchio di
_ ft42 -

se nazioni
questi animali guida tutti gli altri (diver
ro per re il più vecch io di loro) ; ma perche gli
elesse
la virtù di un animo regal e, non
attribuivano anche
l'elefante visibi lmente le gmocc hia come
piegando
legge rment e il cal-
fanno gli altri animali, ma torce che di sua
cagno; enon piega ndo le ginoc chia mostr a
agli altri ; men.re
natura non è inclinato a inchinarsi
tà, che dicesi es-
piegando il calcagno dimostra umam
come simbo b del-
sergli propria, ritenendo il piede In una
l'affetto verso le persone più basse e umili
un elefa nte con
medaglia di Giulio Cesare si vede
il quale si drizz a ^un
la proboscide alzata, contro
comba ttere . In un al-
serpente, in atto quasi di volerlo dai pie-
-lut ato e stnto lato
tra, figura un serpente Dalla pri
di dell'elefante, con l'iscnzione C/ESAR.
simbo lo della provo-
ma medaglia si può dedurre ilseconda, quello de la
cazdone al comba ttere . Dalla
giova far osservare che te, 1 ele-
guerra terminata. Qui il
fante era ritenuto sempre in guerra col serpen
del hiond o, di provi nce
quale, fra altri, è simbolo
esentarlo. Lo-
e di regioni secondo il modo di rappr
croci fero. Manto dop:
rona di pietre preziose. Globo
o freno , frena re era sinonimo
pio d'ermellino. Redini
e tener e le redin i; da tutti gli scrittori,
di governare,
o, al quale gli
adoperasi in luogo di reggere. Scettr .
Egiziani ponevano in cima un occhio
Re amato.
esce dall arma
Api, sciame, perchè la regina non
, e quan do essa esce
se non quando deve emigrare
dola amorosamen-
tutte le api la circondano custoden
luog o si ferm a la regin a, le api
te; e in qualunque
pongono la loro dimora.
- 843 -
Re misericordioso.
Aquila marina, quale simbolo di un re che prov-
vede a tutti i bisogni dei propri sudditi; perchè essa
prende per suoi, e nutrisce, i piccoli deiravvoltoio,
scacciati dal nido, bisognosi dei genitori, e mancan-
do loro ancora la forza di volare.
Re ottimo.
Serpente colla coda in bocca, avvolto in circolo,
nel cui mezzo figura la parola re.
Re senza dignità.
Elefante che dà la caccia a un topo; allusione a
un re, o qualsiasi persona illustre e di stirpe nobile,
che senza alcun riguardo alla propria dignità, si ab-
bassa a cose vilissime e vergognose; azione indegna,
come quella dell'elefante, animale così grande e gros-
so, nel dar la caccia a un tofX). Un esempio l'offre
Domiziano già fatto imperatore, il quale, dicesi, si
divertiva a trafiggere le mosche con un ago.
Re tutelare.
Serpente. Gli Egiziani volendo mjinifestare che
un re ebbe riguardo e cura del suo popolo, a testi-
ficare essere egli stato loro custode tutelare, scolpi-
vano sugli obelischi, o altro monumento, un serp)ente
col petto alzato e il capo dritto, e in luogo del nome
re (vedi Re ottimo) in questa figura, scrivevano la
parola custode, per esprimere la vigilanza necessaria
a un re a cui venga affidata la custodia e la difesa
di un pc^olo. Il serpente, fra molti altri, è simbolo
di prudenza, saggezza e salute.
Rea.
Moglie di Crono presso i Greci. Vedi Cibele.
- 844 -
Redenzione.
Pellicano, posto sulla croce, simbolo del Reden-
tore.
Redini. Vedi Re.
Reggenza.
Timone, emblema di reggenza e governo; infatti
la parola latina gubernaclum, esprime tanto il timone
quanto il governo. Nerone, poco tempo prima di mo-
rire, sognò che gli era stato tolto il timone con cui
guidava una nave, ed essere tirato da sua moglie Ot-
tavia nelle tenebre; ciò che fu interpretato! dagli
indovini quale segno che, cacciato dal governo, egli
finirebbe la vita miseramente.
Regia potestà.
Benda reale, così chiamavasi un diadema, perchè
il distintivo della dignità regale anticamente consi-
steva in una benda con cui i re si cingevano la
fronte. I calunniatori di Pompeo igli trovarono a dire
che egli era desideroso di cose nuove e molto a-
spirasse all'insegna di regia potestà, per aver alquan-
to tempo portato alla gamba una candida fasciola,
che gli serviva a coprire una piaga; perche dicevano
che non importava punto qual parte del corpo si le-
gasse con l'insegna di regia potestà, A tal proposito.
Seneca ebbe a dire: Sciogli la fascia, perchè mollo
male sia sotto quella nascosto. Antigono, re d'Asia,
a una certa vecchierella che della sua felicità si me-
ravigliava, rispose: Se tu sapessi o madre, quanti e
quanti mali starino sotto questo pezzo di panno (in-
dicando ildiadema), non ti degneresti raccoglierlo
neppure dal fango. Diadema.
Regina IVIarghepita. Vedi Astro della China.
— 845 -
Regnante egoista.
Aquila, in un nido sopra una roccia; simbolo dì
un re che pensi soltanto a se stesso, senza preoccu-
parsi dei bisogni o disagi altrui; perchè l'aquila si
annida in luoghi alti e inaccessibili; e s'innalza am-
ebe più in alto di qualsiasi volatile, F>er cui sembra
ch'essa fugga il contatto degli altri uccelli; similmen-
te a certi principi, di cui ne parla anche la storia,
i quali invece di vivere fra il loro popolo, per ren-
dersi conto dei suoi bisogni, si isolano f>er evitare
ogni suo contatto.
Regno.
Ape. Narrasi che a Cerone, famciullo, fatto e-
sperro in un bosco dal padre perchè nato da una
schiava, le api misero del miele in bocca; avveni-
mento che, per avvertimento degli arusf>ici, indusse il
padre a raccogliere il figlio, dargli un'istruzione de-
gna dello stato paterno, per cui pervenne all'onore
del regno. Scettro, simbolo biblico. Per esempio, nei
Salmi si legge: La verga del tuo regno.
Regolo.
Strumento usato nel disegno per rigare. Vedi Ar-
chitettura — Geometria — Massoneria — Tom-
maso {San).
Religione.
Figura allegorica, che sp>esso réippresenla una don-
na prostrata davanti all'altare, su cui ardono dei car-
boni. Vasari la rappresentò col Testamento vecchio
ai piedi, e in mano il Testamento nuovo, tenendo a-
perte le epistole di S. Paolo, e accennando una
croce sul triregno del papa. Chierico con un turibolo
in mano. — Animali: Cicogna, simbolo della pietà.
— 846 —

— Vegetali: Passiflora, nel cui fiore figurano tut-


ti gli strumenti della Passione. — Diversi: Altare.
Giallo. Idoli abbattuti. Libro chiuso, quale simbolo
dei misteri che racchiude la religione. Turibolo.
Religioso.
Elefante. San Clemente e Dione Cassio danno a
quest'animale sentimenti religiosi. Alla mattma, essi
dicono, saluta il sole con la sua proboscide; la sera
si inginocchia rispettosamente; e quando la luna nuo-
va comparisce sull'orizzonte; raccoghe fiori per far-
gliele un mazzo.
Reliquiario.
Specie di ostensorio, in cui si custodiscono reliquie
di santi o cose sacre. Vedi Clara (Santa).
Remissione.
al-
Cinquanta, numero dedicato alla remissione e
l'indulgenza; perchè, secondo una legge antica, al
cinquantesimo anno si rimetteva ogni obbligo, cioè,
si ridava una possessione perduta; un libero caduto
in schiavitù riacquistava la libertà ; al debitore veniva
condonato il debito; e il bandito ritornava m pa-
tria. Olivo, simbolo ebraico del perdono e misericor-
dia. Il Salvatore, quando perdonò all'adultera, ve-
niva dall'olivete.
Remo. Vedi Acqua — Mercurio — Oceano.
Reseda.
Pianta i .cui fiori spandono un odore soave. Ve-
di Tenerezza
Resistenza.
Quercia, albero dai rami enormi, d'aspet-
toCerro.
maestoso e forte, il cui legno supera ogni altro
per solidità e durata.
— 847 -
Resurrezione. Vedi Risurrezione.
Rete. Vedi Caccia — Insidia — Persuasione —
Silenzio.
Reitorica.
Figura allegorica rappresentata sotto l'aspetto di
donna riccamente vestita, in atto di parlare con vee-
menza, con un filatterio in mano, su cui sono scritti
i suoi pensieri.
Ricchezza.
Deità px>etica, figlia della Fatica e del Rispar-
mio. Rappresentasi magnificjunente vestita, tutta co-
perta di gemme preziose, con in mano la cornuco-
pia. — Animali: Pecora, emblema dell'abbondan-
za e del dcuvaro. — Vegetali: Frumento. Dando
questa pianta
considerata comel'alimento piùricchezze
una delle utile all'uomo, viene
della natura.
Per ricompensare l'ospitalità concessale mentre cer-
cava sua figlia. Cerere diede a Trittolemo una spiga
di frumento che divenne la sorgente delle sue ric-
chezze. — Diversi: Collana di pietre preziose. Gial-
lo, allusione all'oro. Monete. Oro. Vedi Affarmi
della ricchezza — Bruttura delle ricchezze — Dissi-
patore delle ricchezze — Mammone — Volubilità
delle ricchezze.

Rìccio. Vedi Danni derivali dall'indugio — For-


iificato contro i pericoli — Opportunità — Tatto.
Riccio di mare.
Si credeva che questo animaletto, prevedendo la
tempesta, si tirasse a se delle pietruzze per non es-
sere rotolato dalle onde. Vedi Fastidioso — Indo-
mabilità.
- 848 —
Ricco.
Uomo che tiene nella destra l'oro e nella sinistra
l'argento. — Cammello. Simbolo che si vuole derivato
dalle parole di Cristo, quando disse che è più facile
che un cammello entri nella cruna dell'ago, che il
ricco entri nel regno di Dio. Nìbbio che vola, sim-
bolo d'uomo ricco e padrone di grandi possessioni,
perchè, secondo alcuni, quest'uccello mentre cerca la
preda, col volo circonda un grandissimo spazio d'a-
ria, come se segnasse l'estensione dei campi. Donde
si disse:
Tanti campi il ricco ara, che non puote
Girarli il nibbio con larghe ruote.
Ricino.
Pianta da cui si estrae un olio di sapore ripu-
gnante. Vedi Protervia.
Ricompensa. ^ ^
Figura allegorica rappresentata in vma donna d età
m
matura, riccamente vestita, con una corona d'oro
testa.
Ricompensa alla virtù.
Corona di rose. San Medardo, vescovo di Noyon,
istituì a Selenci, suo luogo di nascita, quale ricom-
pensa dtìlla virtù un premio che consisteva in una
corona di rose, destinata alla fanciulla più casta e
modesta.
Ricompensa militare.
Corona di gramigna, che i Romani ritenevano fra
le più onorevoli che si davano per fatti militari, e
presentavasi da un esercito assediato al generale che
avesse levato l'assedio.
"- 849 —
Riconciliazione.
Allegoria ré^jpresentata da due donne che si ab-
bracciano. Una tiene in mano un ramo di olivo, l'al-
tra coi piedi preme un serpente con faccia umana.
Riconoscenza.
Agrimonia. Dalia.
Ricordanza.
Miosotide.
Ricordo.
^iola del pensiero.
Ricordo del bene ricevuto.
Figura allegorica rappresentata da un uomo \i-
cino a una rupe, che p>orta al dito un anello di ferro,
tolto da una catena éissicurata al masso, con dentro
una piccola pietra. Allusione a Prometeo, il quale
fu incatenato, poi liberato da Giove per compassione.
E vuoisi che in memoria del perdono ricevuto por-
tcLsse un anello, con un pezzo di pietra, staccato dalla
catena che lo legava. Di qui, dicesi, venne l'uso
d'incastonare le gemme negli anelli.
Ricordo doloroso.
Adonide.
Ricordo eterno.
Cnafalio, i cui fiori disseccati conservano forma
e colore.
Rifugio.
Altare che, presso gli antichi, e ancora oggi, è
ritenuto per sacro e inviolabile asilo e rifugio. An-
cora, tenuta in mano, come segno di scaJT^)ato pe-
ricolo in tempo procelloso, per aver gettato l'anco-
ra in un sicuro rifugio. Properzio, nei suoi tristi can-
— 850 —

ti, alludendo a questo simbolo, disse: Ho gettata V an-


cora. Anche nella Bibbia l'ancora è presa per i!
rifugio.
Rigidezza.
Piombo.
Rigidezza di costumi.
Scorpione. Apulejo parla di un certo Decurione,
che per troppa rigidezza della vita, era dal volgo
chiamato scorpione.
Rigore.
5/a#i7e.
Rimedio contro la libidine.
Serpente morto. Volevasi che lo sputo dell'uomo
digiuno potesse uccidere il serpente; allusione ai pia-
ceri carnali e gli ardori della libidine, che possono
smorzarsi col digiuno. Terenzio disse: Senza Cere'
re e Bacco, Venere è gelata, cioè senza ben man-
giare e ben bere, la lussuria si raffredda.
Rimedio contro l'ubriachezza.
Upupa, che porta nel becco delle foglie di capei'
venere; poiché si voleva che l'upupa mangiasse mol-
ta uva, in modo che, talvolta, accorgendosi di es-
sere ubriaca, ricorreva al capelvenere quale efficace
rimedio al proprio disturbo.
Rimorso.
Aconito. Avvoltoio, che rode un cuore. Vedi In-
ferno dei poeti (Sackeville).
Ringiovanire.
Serpente che cambia la pelle; allusione a chi, dopo
qualche malattia grave, guarito perfettamente, abbia
acquistata la forza primitiva quasi fosse ringiovanito.
- 851 —
Riguardo alla favola che spiega perchè il serpente
cambia la p>elle, vedi Asino.
Rinnovamento della vita-
Fenice, simbolo dei Cristiani.
Rinoceronte.
Al corno di quest'animale vennero attribuite me-
ravigliose virtù; fra' le quali quella di lendere inno-
cui ipiù micidiali veleni, così che i sospettosi despo-
ti dell'Asia se ne facevano fare delle coppe che pa-
gavano sovente prezzi favolosi. Vedi Forza.
Rinsavire.
Rondine trafitta negli occhi con un ago; perchè
credevasi che un pulcino di quest'uccello, accecato,
avesse la facoltà di riacquistare la vista, che, sim-
bolicamente, presa
è per la saviezza o sapienza, men-
tre la tenebre, cecità, rappresenta l'ignoranza e la
sciocchezza. Zampogna, simbolo di chi, già privo di
ragione, avesse acquistato il sermo e la ragione, rior-
dinando lapropria vita; perchè la zampogna, costrui-
ta da canne vuote (emblema di mente vana), anima-
ta col soffio, dà suoni armoniosi e regolati, mostramdo
in certo qual modo essere fatta partecipe di ragione
Inoltre si vuole che il suono della zamfjogna abbia
tale influenza su una persona imbestialita, che al sen-
tirlo ritorna in senno, quietandosi.
Riposo.
Bella di notte. Sedia.
Ripulsa vituperosa.
Corvo. Per un uomo gettato ai corvi, figurativa-
mente, s'intende una persona che abbia su'bito una
vergognosa ripulsa, o sia stata espulsa dal consorzio
— 852 —

è pre-
umano. Secondo alcuni, nella Bibbia, il corvo
so per il diavolo.
Riso. Vedi Leggerezza.
Rispetto alla madre.
'animale non
Cammello. Alcuni vogliono che quest
mai con la madre , anche volendo sfor-
si congiunga un guardiano
zarlo- ein propo sito si racco nta che
lli, non avend o altro stall one, fece montare
di camme
di ciò do-
la madre da un suo figlio, che, accortosi
a eb-
po aver compiuto l'atto, ricordandosene, appen
be occasione uccise il cammelliere a morsi.

nte:
Cane. Ariosto ne fa la descrizione segue
Come soglion venir due cani mordenti
O per livore, o per altr'odio mossi.
Avvicinarsi digrignando i denti.
Con occhi biechi e più che bragia rossi;
Indi a morsi venir di rabbia ardenti^
Con aspri ringhi e rabuffati dossi
Risuppezione.
col cui uo-
Fenice, simbolo dei Cristiani. Struzzo,
il giorn o di Pasqua.
vo il medio evo simboleggiava
Risveglio della natupa.
la natura co-
Rosignolo, simbolo del tempo in cui prima di
mincia asvegl iarsi ; perc hè quind ici giorm

spuntar le foglie, quest'uccello canta di continuo gior-


che sente nel
no e notte; quasi per esternare la gioia
e quan tunque canti
presentire la prossima primavera;
non lo fa pero cosi as-
e dae. quel tempo in poi,
anchament
sidu
— 853 —
Ritardo.
Eupatorio.
Ritirata sicura.
Lupo che corre con la coda ritirata sotto il corpo;
allusione a chi, sopraffatto da una forza che toglie
ogni speranza di resistenza, siasi ritirato al sicuro
senza alcun danno; perchè il lupo è molto astuto
nel fuggire i pericoli, e il suo primo intento è di sot-
trarsi con la fuga salvandosi nei boschi. Dice il pro-
verbio: mettersi la coda fra le gambe; cioè fug-
gire.
Ritorno.
Piede destro steso. Abitualmente, camminando, si
comincia il passo mettendo avanti il piede destro.
Ritorno sulla buona via.
Pernice, cioè alcuni pulcini di questo uccello fra
due adulti; allusione a una p>ersona che, sbagliando,
sia stata traviata da false opinioni, ma che infine
fosse rientrata nella buona via; perchè, dicesi, se la
pernice trovasse le sue uova rotte, smeuiiosa di covare,
toglie quelle delle altre, riponendole nel suo nido; ma
avviene che i pulcini appena nati sentendo la voce
della pernice che fece le uova, spinti dall'istinto, ab-
bandonano quella che li covò, p>er raggiungere la ve-
ra madre. Nella Bibbia, in Davide, si trova una
simile esposizione, in cui, secondo l'interpretazione di
alcuni teologi, la pernice raffigura il demonio il qua-
le spera con falsi sentimenti nutrire i parti di Dio
nel nido della sua malizia, e p>er le uova interpretano
la sp>eranza che egli ha di sottoporli e tenerli sotto
il suo dominio, e per la f>emice che è la loro madre,
— 854 —

cioè quella che depose le uova, intendono la congre-


gazione dei buoni e religiosi Cristiajni, alla quale, es-
sendo legittima e naturale madre, apipena che gli uo-
mini avranno udito la sua voce, se ne andranno,
lasciando la falsa. Adamanzio, per la pernice che
cova le uova che non sono sue, intende gli eretici,
uomini, a guisa di pernici, maligni, fraudolenti, astu-
ti e sempre pronti a ingannare chi li segue. Ma to-
sto che si è udita la voce della vera madre, cioè
d'una più santa istituzione e dottrina più sicura, .so-
no aLbandonati.
Rivalità.
Montoni, due, che si cozzano, perchè si vuole che
abbiano a combattere per rivalità d'amore, non tolle-
rando che le pecore da essi preferite siano da altri
godute.
Riverenza.
Pernice, che vola intorno a un cavallo; allusione
a un uomo debole che s'inchina a una persona in-
fluente e più potente di lui, perchè dicesi che la
pernice, posta davanti a un cavallo, lo guardi con
un certo fare riverente, e sembra che, volcuidogli
intorno, ora seguendolo, ora precedendolo, voglia mo-
strare la sua sottomissione servile.
Robigo.
Deità invocata, secondo alcuni scrittori latini, dal
Romani per proteggere le giovani biade dalla rug-
gine e dai soverchi calori. Celebravansi in suo ono-
re le Robigalie, offrendo al Dio in sacrifizio una pe-
cora e un cane con vino e incenso. E' incerto se que-
sta deità fosse maschile o femminile,
- 855 —
Rocca.
Arnese usato dalle donne per filare. Vedi Falò
— Cenovefa {Santa) — Morte — Nozze — Ospite
— Parche.
Roccia Vedi Barbara {Santa). — Elisabetta {Santa)
Rocco (San).
Bordone. Cane che gli portava il pane giornalmen-
te. Costume da pelle(^rino, che indossava durante il
viaggio a Roma.
Rododendro.
Pianta sempre verde, con bei fiori a grandi grap-
poli. Vedi 'Eleganza.
Rogo.
Catasta di legno destinata dagli antichi per ab-
bruciare icadaveri. Q)struivasi in forma di altare,
con quattro lati eguali, e p>erciò chiamavasi arxhe ara
del sepolcro o ara del funerale. I lati della catasta
dovevano lasciarsi rozzi e scabri, ma venivano coper-
ti sovente di foglie nere e alberi di cipresso coUo-
cavémsi talvolta davanti al rogo. Vedi Agnese {SanC)
— Barnaba {San) — Francesco d'Assisi {San) —
Lucia {Santa).
Roma.
Nome famoso e unico, col quale in ogni tempo e
presso agni naziooie venne chiamata la CITTA', che
fu sempre, sotto gli svariati suoi aspetti, regina del-
l'universo. — AnJmaU: Aquila, insegna speciale dei
Romani. Cinghiale. Lupa che nutrì Romolo e Remo,
emblema principale di Roma. — Diversi: CelalcL,
posta sulla testa che rappresenta Roma nelle meda-
glie, quale emblema del suo carattere bellicoso. Fa-
— 856 —

gli antichi Ro-


scelto dì fieno, insegna militare presso
mani (vedi Manìpolo).
Roma vecchia. . ,
ricordata
Quadr'ato. Secondo un'antica tradizione fosse stata una
da alcuni autori greci, sembrerebbe vi
a fondata da Ko-
Roma quadrata, diversa da quell
fu intesa da parec-
molo. e più antica di questa. Così ma dai raffronti
chi l'asserz ione di questi antich i,
e esservi stata
dei vari storici e archeologi si deduc
un ripostiglio qua-
una Roma quadrata, consistente in
al tempio d Apol-
drato sul monte Palatino, davanti
stati ripost i, prima della fondazione
lo in cui erano
augurio per le
dèlia città, tutti gli oggetti di buon
e eh era stato chiuso
fondamenta della città stessa,
qui la tradi zione di una
con una pietra quadrata. Di non
ore alla romule a, mentr e
Roma quadrata anteri
dappr ima che un picco lo ripost iglio, da
si chiamò così
a citta, che può
cui si denominò successivmente 1 inter
diisi Quadrata o Romulea, essendo una idenUca
cosa.

'^'^T^ga.^'emblema del cittadino Romano. Virgilio


togata.
disse: Ah signori Roman gente
Romice paziente. ; • .^
lapazio o ca-
Erba perenne, chiamata volgarmente
volacelo. Vedi Pazienza.
Rompere il silenzio.
Cinoglossa.
Rondine. ^^^. r
spars e non poche ta
Intorno alle rondini vennero
fecero argom ento dei
vole, non solo dai poeti che ne
— 857 -

loro canti, ma anche dai cultori della scienza. Fu det-


to e creduto per lungo tempo che esse si accoppias-
sero nell'aria. Si pretese che quelle pietruzze, di cui
è ingombro talvolta il loro stomaco, avessero la virtù
di preservare da una caterva di malattie le persone
che le portassero apF>ese al collo in una borsetta, i
medici antichi avevano insegnalo a ricavare non me-
no di diciasette preparati farmaceutici, l'uno più ma-
raviglioso dell'altro, dal corpo della rondinella. L ac-
qua di rondine, ottenuta distillando le carni dei gio-
vani rondinini mescolate con del castoreo (secrezio-
ne di glandole nelle borse prepuziali del castoro) e
dellaceto, costituiva una specie di panacea. Vedi A-
mico inutile — Architellura — Aria — Felicità
passeggera — Filomela — Garrulità — Marzo —
Nido di rondine — Pellegrinaggio — Pianto — Pri-
mavera — Rinsavire — Ugualità.
Rosa;
Emblema della giovinezza, della venustà, delle gra-
zie, la rosa inspirò in ogni temjx» i ix>*li <^' tutte le
nazioni, che la chiamarono figlia del cielo, ornamen-
to della terra, gloria della primavera, regina dei
fiori. La Bibbia celebra la rosa di Gerico; il gran
sacerdote d'Israele ornavasi di una corona di rose in
occasione dei sacrifizi. Vedi Affetto immutabile — ■
Amore — Amore lascivo — Amore puro — Bene
circondato dal male — Corona di rose — Discre-
zione — Disperazione occulta — Divertimento —
Fragilità umana — Grazia — Grazie — Grandez-
ZQ acquistata per opera del nemico — Irmocertza
— 858 —

Martìrio — Piacere e Dispiacere — Poesia —


Pretensione — Primavera — Silenzio — Venere.
Ross.
Colore, attributo della gioia spirituale. Vedi Bontà
Dolore — Piacevolezza — Principati.
Rosaio. Vedi Maria Vergine.
Rosario.
Corona di pallottoline infilzate che si percorrono
a mano a mano recitando il rosario per avere una
preci.
guida sicura nella numerazione delle singole
Vedi Agnese (Sant') — Alfons o dei Liguor i (Sani)

— Antonio [Sanf) — Aritmetica — Devozione
Domenico di Guzman (San) — Francesco d'Assisi
(San) — Giuseppe {San).
Rosignolo. . ,
II più celebre degli uccelli canon d buropa . e I u-
nell'Eli seo. Vedi Filome la
nico che poteva cantare
— Musica — Risveglio della natura — Veglia.
Rosmarino. . ,
Pianta conosciutissima, che possie de proprie tà ec-
citanti e aromat iche. In alcuni luoghi della Francia
meridionale si mettono ramoscelli di questa pianta
ve-
nelle mani dei morti e si crede che vi continui a
getare. Vedi Balsamo consolatore.
Rospo , „ ...
Animale ripugnante, prediletto dalle streghe di una
volta, e che vestivano d'una livrea verde. Gli antichi
scrissero che l'alito del rospo è mortale, e infetta ì
luoghi dove respira. Si citò l'esempio di due amanti.
un ro-
1 quali, avendo raccolto salvie ove era passato
spo morirono all'istante. L'opin ione volgar e che que-
— 859 —

sto animale ^uti veleno è un'assurdità. Alcuni In-


diani gli rendevano però gli onori del culto; con-
servavano cen cura i rospi sotto vasi F>cr ottenere la
pioggia o il bel tempo secondo i loro bisogni; ed era-
no talmente persuasi che dipendeva da questi animali
accordare l'una o l'altro, che li frustavano tutte le
volte che la preghiera non era prontamente esaudita.
Vedi Avarizia — Diavolo.
Rosso.
Colore dedicato a Marte. Presso gli antichi si
adoperava per coprire i cataletti nei quali erano ri-
p>osti coloro che avevano combattuto valorosamente,
e dietro questo esempio i pittori usarono vestir di
rosso, o almeno darne il manto ai martiri che mori-
rono per la fede di Cristo. Di questo colore gli an-
tichi Lacedemoni vestivano i loro soldati di leva,
quando li mandavano al campo, affinchè non si per-
dessero d'animo vedendo il loro sangue sparso. Il
rosso era il colore degli imperatori e dei re. Diana
e Venere portavano stivaletti rossi. Vedi Ardire —
Carità — Eucarestia — Fervore — Legge vecchia
e legge nuova — Martiri — Martirio — Passiorìe di
Cristo — Preghiera — Serafini — Spirito santo —
Trinità.
Rotella.
Scudo rotondo. Vedi Scudo.
Rotolo. Vedi Calliope — Clio — Polinnia.
Rottura.
Paglia spezzata, in opposizione della paglia inte-
ra, emblema dell'union?,
860 —
Rovina. , , i- r- • •
m
Animali: Coccodrillo. Simbolo presso gli Lgizia
sopra
del male, dartno e rovina portata agli altri; e
e ra-
tutto questo ' animale rappresentava l'insaziabil bio.
pacità. — Vegetali: Basìlico. Dice il prover
Quando
La scusa del basilico è la rovina delVorto.
e a forza di puntigl i si rovma
con la scusa d'inezie
con scuse piccol e, pre-
cose grandi e patrimoni, o
interes si. -^
testi sidanneggiano persone e grandi be-
ritenut o dagli Egizia ni come una
Diversi: Fuoco,
stia animata, perchè mancandole l'alime nto muore, la
quale mangia sse e consum asse ogni cosa.
Rovina dei popoli.
o cor-
Corna. Quattro fabbri che spezzano quattr il
na simbolo biblico dei popol i che perse guita rono
Calde i, 1 Persi ani, i Greci
o di Giuda, cioè i
epopol
i Romani.
Rovinato dagli adulatori.
Cervo, davanti a un pastore che sugna la zampo-
gna. Allusione a una persona ingannata con frode
ersi
dagli adulatori; perchè il cervo dicesl compiac
talmente del suono che, dimenticando se stesso, non
curando d'altro, senza sospetto si lascia facilmente uc-
cidere, diventando così preda dei lusingatori, per poi
che
servire a qualche convito. Antistene soleva dire
dei cervi che degli adula-
meglio era cader in mano
tori, perchè, soggiungeva, i cervi no^ essere tanto
o i
nocivi agli uomini quanto gli adulatori, cavand
(si dice che al-
cervi soltanto gli occhi del corpo;
cuni filosofi si cavassero spontaneamente gli occhi
pla-
ritenendoli come un certo ostacolo alla contem
— 861 —
zione) mentre gli adulatori cavano gli occhi della
mente, cioè oscurano il giudizio e l'intelletto, perduti
i quali ali uomo più nulla rimane.
Rovo.
Pianta munita di pungoli curvati. Vedi Crudeltà
— Odio — Perturbazione d'animo.
Rovo ardente. Vedi Mosè.
Rubino.
Bella pietra preziosa rossa e trasparente. Vedi Ele-
ganza — Marte.
Rumina-
Divinità che presiedeva all'allattamento. Vedi
Terra.

Ruota. Vedi Adriano {Sant') — Caterina d'Ales-


sandria {Santa) — Favore — Fortuna — Giorgio
{San) — Issione — Mutabilità — Nemesi — Oc-
casione — Troni — Vittore {San).
Rupe. Vedi Eco.
Ruta Capraia.
Pianta vantata una volta qual potente rimedio an-
tispasmodico. Vedi Bontà — Castità — Corona di
ruta — Sicurezza.
Ruvidezza.
Berberi.

Sabina.
s.
Pianta le cui foglie sono di sapore éimaro e nau-
seante, e adoperate internéimente in piccole dosi aigi-
scono qual potente rimedio specialmente nel) 'attira-
re la mestruazione; le donne che imprudentemente
- 862 -

usarono della sabina con mire criminali, per lo più ne


furono vittime. Il volgo diede a questa pianta il
nome di erba dannata, di cipresso dei maghi, ritenen-
dola un tempo efficacissima contro i sortilegi, perciò
in alcuni luoghi ancora ai nostri giorni si suole ap-
pendere rami di sabina sulle porte delle abitazioni.
Vedi Dannazione — Sconciamento.
SaiCCO. Vedi Giuditta — Matteo (San) — Preoc-
cupazione delle cose terrene.
Sacerdote.
Babbuino, secondo gli Egiziani, i quali credeva-
no che quest'animale non mangiasse pesci, di cui i
loro sacerdoti si astenevano rigorosamente, aborren-
done qualunque specie. Perciò, essendo a loro si-
mile nell'osservare strettamente le norme della loro
religione, tenevano il babbuino in gran venerazione.
Mentre i sacerdoti dei Gentili mangiavano pesci e
pane fatto di pesci, che si faceva con una specie di
farina ottenuta dai pesci essiccati pestati in un mor-
taio, eintrisa appunto come la pasta. Una tale os-
servanza religiosa è aniche entrata in alcune regole
dei sacerdoti cristiani, prescrivendosi essi un'assoluta
astinenza di mangiar carni.
Sacerdoti dei campi. Vedi Arvali fratelli
Sacerdoti di Marte.
Legione ai tempi di Teodosio e Onorio. Avevano
per insegna unlo scudo d'oro con un cerchio rosso
circondato da un altro più grande color viola sbia-
dito, nella cui sommità figurava una rosa, e da una
parte all'altra, fra i cerchi, due lupi che guardavano
la rosa soprastante, e l'estremità dello scudo termi-
— 863 —
nava in un contorno rosso. Il nome di Marte deriva
dall immagine del lup>o, animale sacro a quel Dio.
Sacerdozio.
Fin dai tempi più antichi il sacerdozio era un
ordine, una dignità sacra che includeva quanto è
nobile e grande, inspira risp)etto e timore, che mag-
giormente siavvicina alla divinità. — Ali di sparviero,
con cui i sacerdoti egiani si ornavano il cap>o, per
onorare lo sparviero, perchè volevano che quest'uc-
cello avesse p>ortato a Tebe un libro ai sacerdoti,
scritto a lettere rosse, in cui era insegnato quale ri-
spetto e onore si conveniva agli Dei, e in che modo
si dovessero procurare molti sacrifizi. Assenzio ma-
rittimo. Isacerdoti
lavamo rami d'Iside, in luogo dell'olivo F>or-
di assenzio.
Sacerdozio sacrosanto.
Serpente, che i sacerdoti egiziani, come insegna,
portavano avvolto in un cappello bianco, p>er mo-
strare che se qualcuno avesse osato di ribellarsi al
re (i sacerdoti avevano l'impero degli E^ziani), sa-
pesse, ch'egli sarebbe stato punito da un morso ve-
lenosissimo.
Sacerdozio sommo-
Zaffiro, che tanto presso gli cintichi come presso i
moderni è sempre stato ritenuto in gran considerazione,
perciò divenne segno di sommo sacerdozio e d'im-
perio. Alcuni vogliono che questa gemma, dal cielo,
traesse da Giove e da Saturno una certa virtù, la
quale preparaisse la strada al raggiungimento dei som-
mi onori, e rendesse più facile il successo a coloro
che li desideravano: così da Giove si otteneva il re-
^ 864 -

Il zaffiro di cui par-


gno. da Saturno il sacerdozio. di Dio.
la Ezechiele, significa la sede
Sacramento. ... ^^i
fica m generale
Secondo la mitologia latina, signi
senso proprio del lin-
una cosa santa e sacra. Ma nel
guaggio cristiano, la parola sacramento mdica ospe-a
aalmente i segn i sensi bili istit uiti da Gesù Cnst
termini, Per Prodmr«
nostra santificazione o in altri
d'oro a sette bracci,
in noi la erazia. — Candelabro
tab^nacolo. Il santuano
r MÌs.tce collocare nel
dei pam ^^blazione
l'altare dei profumi, la tavola
questi canf abr. che
on erano rischiarati che daspegnevansi al mattino.
s'accendevano alla sera e

^"Scif chiamavansi tutti i generi di offerte fatte


ro legittimo per rei,
a Dio sugli altari da un minist
dergli omaggio e invocare la grazia. ^^^e a^fl
z>: 1 . Voti o U
guevano parecchie specie di sacrifi
^ occasione di fa-
bere offerte promesse agli Dei
raccol to abbondante. 2. Of
vorevoli avvenimenti o di
calma re 1^ collera d gì.
ferte propiziatorie fatte per
riusci ta di qualche im-
Dei 3 Sacrifizi per la felice
da un oracolo. In prm-
presa. 4. Sacrifizi imposti ci offerte di
zi non furono che sempli
cipio i sacrifi
e ridotte m cenere sugli
piante strappate dalla terra
I Grec. vi sostituirono la
altari coi frutti e le foglie.
i. A stento sola-
^Ira, l'incenso e preziosi profum
vennero in uso i sacrifi zi di ammali, perche
Int
dallo scannar ani-
Tuomo per molto tempo aborrì e anche una legg*
Lale suo compa gno di lavoro ,
meritevole d
— 865 —

morte. L'uso della carne nei banchetti fece cambia-


re l'offerta nei sacrifizi, e il sangue delle vittime di-
venne per gli Dei omaggio più prezioso delle piante
e delle radici. La scelta delle vittime era la più im-
portante parte del sacrifizio. Essa doveva essere sa-
na e senza magagne. Certi animali erano particolar-
mente consacrati al culto di certe divinità; al Sole
sacrificavasi un cavallo, a Diana una cerva, una ca-
gna a Ecate. una colomba a Venere; Marte voleva^
per i suoi altari qualche belva feroce e selvaggia. La
scrofa, animale nocivo alle raccolte, sacrificavasi a
Cerere, e il becco devastatore della vendemmia, a
Bacco. Il toro, il bue, la giovenca, la pecora, ecc.,
e fra gli uccelli il gallo, il pollo, ecc., erano di mag-
gior uso. Anche l'età veniva considerala nella scel-
ta delle vittime: una giovenca giovane e bianca era
tenuta per la vittima più degna degli Dei. Sjjesso per
sacrifizi si immolavano molte vittime; come nell'eco^
tombe, sacrifizi di cento buoi; nel chiliombe, sacrifi-
zio di mille, e posteriormente la parola ecatombe si
applicava non solamente ai sacrifizi di cento vittime
qualunque fosse la specie degli animali, ma anche ai
sacrifizi composti di parecchie vittime senza distin-
zione. Silegge pure di un sacrifizio di sei vittime, una
pecora, una capra, un maiale, un pollo, un'oca e un
bue fatto di pasta. Generalmente, agli Dei celesti si
sacrificavano vittime bianche, a quelli infernali, vitti-
me nere; e agli Dei che presiedevano all'aria e al-
l'acqua sisacrificavano volatili, ai primi, bianchi, al
secondi neri. Non solamente gli animali si sacrifica-
vano, ma vi furono anche vittime umane. Così a
— 866 —

Saturno si sacrificava un fanciullo; al Sole,, gli Egi-


ziani immolavano tre uomini giovani e puri, ecc. Per
finire questi brevi cenni, aggiungeremo che in Ales-
sandria, per onorare Saturno, memdavano per ordine
del sacerdote le più belle matrone al tempio, le qua-
li di notte spente le torce erano dal sacerdote in per-
sona di Saturno stuprate. E presso i Nasamoni, tribù
della Libia, era costume che la sposa giacesse la
prima notte con tutti i convitati, per soddisfare Ve-
nere.
Sacrifizio del salvatore.
Agnello immolato sull'altare.
Sacrifizio iper le viti.
Capra di rame dorata, tenuta in grande conside-
irazione presso i Fenici, perchè, secondo Pausamia,
la stella della capra, al suo nascere nuoce alle viti;
e per questo le si facevano onori e preghiere pubbli-
che, con cui credevasi allontanare tale Influenza ma-
lefica.
Saga.
Così chiamavano 1 Latini una maga o fattucchiera.
In un dipinto pompeiano si vede rappresentata col
cappello, la bacchetta magica, il cane, la caldaia: em-
blemi simili a quelli che sogliono assegnare alle stre-
ghe inostri libri di fiabe per 1 bambini.
Sagacità.
Naso. Secondo Festo la parola nasuto significa sa-
gace; perchè il naso scopre e sente l'odore prima di
vedere di dove emana. E* comune il detto: Aver buon
naso, o buona nasia. Nello stesso modo, orecchiuto,
- 867 —

esprimeoculato
come la curiosità
denota diavvedutezza
udire e la finezza
e buonadell'udito;
vista.
Saggezza.
Figura allegorica che gli antichi rappresentavano
sotto le sembianze di Minerva, con un rauno d'olivo
in mano, e accanto una civetta. — Libro, in cui la sag-
gezza attinge la vera scienza. Olivo, simbolo della
pace interna ed esterna. Pina, attributo della sag-
gezza. Specchio, emblema della riflessione.
Sagittario. Vedi Chirone — Zodiaco.
Salo.
Specie di mantello che portavano i soldati Romani.
Adoperavasi in opposizione della toga, ossia veste di
pace, per cui si trova che quando eravi guerra in
Italia, tutti i cittadini indossavano il saio, salvo quel-
li del igrado consolare. Vedi Guerra — Sventura.
Salacia.
Da salum, mare. Moglie di Nettuno presso i Ro-
mani, t
Salamandra
Gli antichi credevano che quest'animale vivesse nei
fuoco. Secondo Bergerac, dimora sotto le montagne
di bitume acceso, come l'Etna, il Vesuvio e il Capo
Rosso. Trasuda olio bolloite e piscia acqua forte
quando si riscalda e bastona. E soggiunge che basta
il corpo di questo animale per aver fuoco in cucina.
Vedi Amante — Fuoco — Scellerato.
Sale.
Il sale, dice Bugnet, è un antidoto sovrano contro
la potenza dell'inferno, e siccome Dio comandò e-
spressamente che si avesse cura di mescolarne nei sa-
— 868 —

e uso nel
orifizi che gli si facevano, e che se ne facess
il diavol o prese talme nte m odio il sale,
battesimo,
streghe e
che al sabato nell'assemblea notturna delle
sotto forma
degli stregoni, presieduta da un demonio
avasi di sa^
di un cane o di un becco, nulla mangi
trovan dosi per caso presen te a una
lato. Un italiano,
infern ale, doman dò del sale con tanta
tale assemblea
a farglielo
importunità che il diavolo fu costretto
mo: Dio sia
servire. Dietro di che l'italiano escla e tutto
a quest o sale:
benedetto! perchè mi mand
all'istante. Vedi Amicizia salda — ticr-
scomp—arveSapien
niià za.
Salìcaria. ,. . i . ^ .•
rment e hmisa chia porpor i-
Pianta, chiamata volga
adope rata in medic ina, per il tanmn o
na, una volta
che contiene. Vedi Presu nzion e.
tà — Con-
Salice. Vedi Arrendevolezza — Casti
tinenza — Eredità — Lega me — Ozio — Pre-
cocità — Sterilità. •
Salice piangente.
Si racconta che questa pianta, dal momento in
il
cui i suoi rami flessuosi servirono per flagellare
non potè più levarsi al cielo. Vedi Ma-
Signore, ;essa Tristez za.
linconia —
Salii. , ,. . .
di Marte. Erano dodici e ogm anno nel
Sacerdoti
proces.
mese di marzo, sacro a Marte, percorrevano
custoditi
Rionalmente la città portando i dodici scudi
o dan-
dai Romani, fra i quali Vancih, e intrecciavan
e com-
ze guerresche e cantavano inni appositament
posti.
— 869 —

Saliva. Vedi Scacciapensieri — Sputo.


Salmone.
Pesce. Vedi Lolfe.
Salomone.
I filosofi, i botanici, gli indovini e gli astrologi
orientali riguardavano Salomone o Soliman come loro
protettore. Secondo loro. Dio, avendogli infuso la sua
sapienza, gli aveva anche comunicato tutte le cogni-
zioni naturali e soprannaturali, e fra queste ultime,
la scienza la più sublime e la più utile, quella di
evocare gli spiriti e i geni, e di comandare a loro.
Salomone aveva, essi dicevano, un anello ove era in-
castrato un talismano che gli dava un potere asso-
luto sopra questi esseri intermediari fra Dio e l'uo-
mo. — Leoni, due, che sostengono il suo trono d'a-
vorio. Tempio, quale emblema.
Salterio.
Strumento musicale a corde fìsse in forma di tra-
pezio, edi cui ogni nota aveva una corda doppia, una
d'acciaio e l'altra di ottone. Il salterio si toccava con
una verghetta di ferro o con un bastone ricurvo. Vedi
Davide.
Saltimpalo.
Uccello che depone comunemente sei uova; e quan-
do i giovani sono schiusi dall'uovo, i vecchi diven-
tano molto arditi; famno gran chiasso e mettono in
op>era molte astuzie per ingarmare i monelli e stor-
narli dal loro nido. Vedi Vendicatore dei figli.
Salubrità
Cicogna in atto di pulirsi l'orifìzio col becco; al-
lusione alla necessità di tenere il corpo purgato dalle
_ 870 —

nella stessa attitu^


feci, per mantenerlo sano. Ibis,
che c^uest'uccello ave.s
dine. Gli Egiziani volevano purg are gli intestini. ALum
loro inseg nato il modo di
vogliono che gli ibis fossero presi come ^^^^of sa-
dist rugg evan o dei serpe nti alat, che dal-
lute, perchè andolo cosi dalle
l'Aiabia volavano m Egitto, liber
D-esi che le aU
malattie mortali che apportavano.
simili a q^^Ue delle
di questi serpenti fossero assai
e senza pel • Mon^
nottole, coperte di pelle sottile
antica citta della Beo-
tane Si vuole che a Tanagra, o-
con un mon
r esistesse una statua d. Mercurio il nome di O^o^
sotto
ne sulle spalle, e veniva adorato
di arieti ), e che era simbolo deUa
foro (portatore
^ità ricuperata, perchè si mont voleva che M-cuno por-
tando intorno alla città un one, avesse fatto ces
che. quan^
ivi scoppiata. Piccione, esemp
a^ una pestilenza io di
! r X antichi lo ritenessero come
rihetp^"^;^^^^^^^ f- ^^i --^- rt
putì, Credendolo senza fiele, e ^^^ --^^.^^'•
mangiasse soltanto piccioni,
l tempo di pestilenza contagio.
restasse immune da qualsisai

®l/^o'°d"e!tra congiunta a unfahra mano destra.

una donna se^


^Bgu a allegorica rappresentata da
duta in alto seggi o con una pater a m --<> • y^^j^
vi un serpe nte ritor to che^ alz^
un altare, con sopra giova ne Ninfa d
m una
la testa. Oppure raffigurata
un bastone avvol o d.
al^o florido, con in mano attributo d. Esculapio.
™ti e un gallo accanto,
di^^
!!-^ALali: Serpente. Si voleva che kcener.
utilis simo contr o
fosse un nmedio
- 871 -

le morsicature della vipera stessa; e chi avesse man-


giato il fegato di vif>era, mai si sarebbe spaventato
dall'assalto di un serpente. Secondo Dioscoride, scrit-
tore greco di materia medica, coloro che ebbero l'a-
bitudine di mangiare qualche volta fra gli altri ci-
bi, vijjere condite, vissero lunghissimo tempo, e, sen-
za infermità, raggiunsero l'estrema vecchiaia. Si vuo-
le che certi Indiani vissero talora fino a centocin-
quant'anni, solamente per essersi nutriti di vip>ere.
Molte medaghe offrono l'esempio essere il serpente
simbolo di salute; fra le quali citeremo quella di
Marco Aurelio, in cui figura la sua effige, seduta,
e mentre stende la mano che tiene una coppa, un ser-
pente s'alza da terra; con l'iscrizione SALVS PV-
BLICA. — Vegetali: Artemisia. L'odore di que-
sta pianta, molto benefico, possiede la proprietà d'al-
lontanare l'aria malefica. Salvia, che presso i Greci
era asscii stimata per le sue virtù medicinali. — Di-
versi: Pentagono. Nella pietra di un antico anello fi-
gura intagliato un pentagono coi lati che si incro-
ciano, fra i cui angoli estemi v'è scritto SALVS
(salute) ; e in quelli intemi, cioè nei triangoli, la pa-
rola greca ITEIA, la quale corrisponde a Igiea, Dea
dell'igiene e figlia di Esculapio.
Salute perpetua.
Amaranto.
Salvamento.
Delfino col freno; perchè volevcisi che quest'ani-
male salvasse i naufréighi. Dicesi che in un tempio
di Nettuno esistesse un delfino che p>ortava Palemo-
ne fanciullo fatto d'oro e d'avorio, al quale i navi-
ganti facevano sacrifizi F>er ottenere un viaggio sicu-
ro. Stella che, in una medaglia antica, figura nell'ai-
— 872 —

si vede
bero di una nave con le vele; e al rovescio
l'inscr izione: Di Nettu-
una testa e il tridente, con
no, cioè con l'aiuto di Nettuno, salvo. La stella è
simbolo della Provvidenza.
Salvataggio. Vedi Salvamento.
Salvatore dei cittadini. i r>
.
Corona di quercia, chiamata civica dai Komam
assidi onale, cioè di gra-
presso i quali, dopo la corona
migna, era la seconda in onore e importanza; pre- un
sentavasi al soldato che aveva salvata la vita a
ed era perciò accom pagna ta dal-
cittadino in guerra
l'inscrizione servator (salvatore) o oh civem servatum,
o in
come si può vedere nella medaglia di M. Lepid
H. O. C. S., stanno per hosie m occi-
cui le lettere
dit, civem servavit; cioè uccise un nemico, salvo un
cittadino.
Salvezza
del-
Animali: Orsa con fuori la lingua stesa verso
le formiche. Allusione a una persona che, aggra-
vata e consumata da lunga malattia, con poco ab-
bia felicemente ricu|>erata la salute; perchè voleva-
6Ì che l'orsa, lasciandosi coprire la lingua di formi-
che, inghiottendole bevendo dell'acqua, le giovassoe
come rimedio alle malattie. E ciò fa, dicesi. quand
e
esce dalla tana, ove passò tutto l'inverno dignuna;
tio, la cui acerbe z-
prima di tutto mangia il dracon
za dilata l'intestino rattrappitosi per lunga inattività,
e se tale rimedio non le portasse giovamento, allora
ricorre a quello delle formiche. — Vegetali: Cecc.
al-
Alcuni vogliono che i ceci, messi nel granaio con
tri legumi, abbiano a preservarli dai vermi; inoltre
si credeva che seminando il cece con altri erbaggi
- 873 -

avesse la proprietà di tener lontani i bruchi. — Di-


versi: Capo, che era invocato nei pericoli estremi,
come risulta in Omero dove dice: Per il capo di
Ulisse, per il mio capo. T. Gracco, volendo racco-
nuuidare la sua salvezza al popolo, si pose la mano
sul capo e s'incamminò verso il Campidoglio, se-
gno, che fu anche la sua rovina ; perchè avendolo
i suoi nemici preso sinistramente, interpretarono, che
col ix>rsi la mano in testa, chiedesse la corona.
Salvezza umana.
Diluvio, di cui si parla nei Salmi, e che gli in-
terpreti della Bibbia ritengono come segno dell'u-
mama salute, alludendo alle genti che p)er la loro
cupidigia, sontvmersi nell'abisso dei vizi, furono libe-
rati e salvati dal Signore.
Salvia.
• Pianta il cui nome deriva da salvare, e che dagli
antichi era tenuta in grandissimo pregio. Vedi Sa-
lute — Virtù domestica.
Sandali.
Sp>ecie di scarpe di cui facevano molto uso gli
antichi. Vedi Pietro (San).
Sangue.
Dicesi che durante la devastazione dell'Italia per
ojjera di Annibale, si vide piovere sangue per due
giorni. — Vino, che usato nei sacrifizi era simbolo
di sangue; come anche nella Bibbia, il vino è preso
per il sangue, e il sangue per il vino.
Sanguigno.
Uomo con un falco in pugno e una scimmia.
Sanguisuga.
Animale voracissimo che si nutre di sangue, e do-
- 874 —

pò tósersii riempito può rimanere dei mesi senza pren-


dere nuovo alimento. Vedi Insaziahìl'iia — Spar-
gitore di sangue.
Sanità. tr i •
Gallina, che gli antichi sacnhcavano a hACulapio,
per la sua carne di facile digestione, assai confacen-
te ai malati e convalescenti.
Sansone.
Israelita , dotato di meravigliosa forza. Sansone per
vendicarsi della scommessa perduta per un enigma
da lui proposto in un banchetto (vedi Piacere nato
dovi
dalla mestizia), arse i campi dei Filistei mandan
dentro 300 volpi legate a due a due per la coda
con fiaccole accese. Dopo di ciò Sansone venne pre-
so e legato, ma a un tratto ruppe le funi e prese
in mano una mascella d'asino che trovò per terra, e
fece strage dei Filistei. Questi meditavano però sem-
pre vendetta contro Sansone, e avendo saputo da una
sua cortigiana, per nome Dalila, che tanta forza
stava nei capeUi che portava lunghissimi, glieli ta-
gliarono mentre dormiva, lo accecarono, e carica-
tolo di catene lo costrinsero a far girare una macina
a Gaza. Ma dopo un anno, essendogli nuovamente
cresciuti i capelli e con essi ritornata la forza, pen-
sò di vendicarsi; e infatti essendo stato un giorno
per dileggio condotto nel tempio a una festa dei^ Fi-
listei, atterrò due colonne su cui poggiava tutto l'edi-
fizio e tutti rimasero seppelliti sotto le rovine. — Leo-
ne, emblema della forza.
Santificazione.
^)im-
Aquila, che sorge dalle fiamme di un altare.
bolo dei Cristiani analogo alla consacrazione dei
Gentili. Vedi Consacrazione.
- 875 —
Santolina.
Pianta adoperata in medicina ; e che per il suo
forte odore si crede efficace per preservare dal tar-
lo itessuti di Icuia. Vedi Utilità.
Sapiente.
Uomo che guarda tre serpenti distesi per terra.
Sapienza.
Figura adlegorica rappresentata in una donna dal
viso quasi virile, ocelli celesti, con una lunga asta in
memo, uno scudo di cristallo al braccio, e un elmo
in testa coronato d'olivo; secondo Apulejo, col ci-
miero di un serpente e le chicwne alquanto lunghe.
Giéimbattista Vico l'ideò in una donna dalle tempie
alate, che ritta sul globo, tien lo sguardo fisso, as-
sorta in visione estetica, su un triangolo luminoso,
che ha dentro un occhio veggente, il quale reippre-
senta Dio con la sua prov\"idenza. La donna, che
personifica la sapienza, ha nel p>etto un gioiello con-
vesso. Un rciggio parte dall'occhio di Dio, e va
dritto al cuore della donna; poi si riframge e illumi-
na il petto del vecchio Omero. — Animali: Civetta.
ELmblema di Minerva Dea del consiglio e della pru-
denza. — Diversi: Barba. Uno dei distintivi dei fi-
losofi Greci era la lunghezza della loro barba ; e quan-
tunque vedevansi, in una data epoca, le statue dei
filosofi sfomiti di bcu^ba; quelli viventi non deposero
in generale il contrassegno della loro professione, e
la pompa che ne facevano diede origine al motto po-
polare, che una lunga barba non costituisce un fi-
losofo, e un uomo la cui sapienza faceva a calci
con la barba dicevasi il sofo della barba. Crisolite.
Diaspro, dedicato ai Prncipati. Orecchie. I Lacedo-
moni, rappresentando Apollo cx>n quattro orecchie
- 876 -

e altrettante mani, vollero significare che la sapienza,


di cui questo Dio era ritenuto simbolo e l'immagme,
si acquista con rascoltare molte cose (orecchie), e
facendo anche molte opere (mani); poiché non può
dirsi essere una persona degnamente sapiente, la qua-
le si occupi soltanto della conoscenza delle cose, se
di essa non si vedono anche opere tali che siano ap-
provate, eche colui che le fece, le abbia prima di-
ligentemente esaminate e considerate, in modo da
riuscire manifes tamente utili a se e agli altri. Qua-
drato. Siccome gli antichi raippresentavano la For-
tuna seduta sopra una pietra rotonda, così ponevano
la Sapienza su una quadrata; mostrando con ciò che
k Iprima è volubile, mentre la sede dell'altra è
ferma e immobile. Secondo i teologi, * i legni qua-
drati che Dio comandò prepararsi per la costruzio-
ne dell'arca di Noè, significavano i dottori e i mi-
nistri della Chiesa, con la cui sapienza, i popoli
dentro rinchiusi, si conservavano e si fortificavano
dalle procelle degli eretici che li oltraggiavano. Sale,
usato pel battesimo e che dicesi essere segno di sa-
pienza. Scudo. Molti vogliono che lo scudo dedi-
cato a Minerva, simbolicamente significhi il montlo,
il quale sia governato dalla sapienza sotto forma di
scudo. Tripode. E' certo che il tripode d'oro dedi-
cato dai Greci ad Apollo fosse simbolo della sa-
pienza.
Sapienza di Dio.
Fietra, donde scaturisce l'acqua, e di cui ne parla
la Bibbia, e secondo Filone, la pietra raffigura la
ferma e stabile sapienza di t)io, da cui si ricava la
dottrina ferma e stabile. Perchè le acque nelle Sacre
— 877 —

Scritture sono prese per la disciplina o insegnamen-


to, come presso gli Egiziani lo è la rugiada celeste.
Sapienza perfetta.
Vaglio, secorido alcuni, simbolo d'uomo perfetto e
consumato negli studi, il quale sappia discutere con
facilità cose profane e sacre, perchè, siccome il va-
glio serve a separare la pula dal grano, così la dot-
trina el'esperienza rendono l'uomo capace di distin-
gtiere il bene dal male, il giusto dall'ingiusto.
Sarcasmo.
Momordica piccante.
Sarda.
Varietà d'agata rossastra. Vedi Martirio.
Sardonia.
Pianta di cui tutte le sue parti, specialmente i
fiori e i giovani frutti, sono assai velenose e corro-
sive. Vedi Ironia.
Sardonica.
Pietra preziosa porpora digradata. Vedi Alle-
grezza — Angelo.
Sassifraga.
Pianta che nasce sulle rupi, fra i sassi, che sem-
bra dividere f>er giungere al sottoposto suolo. Vedi
Affezione.
Sasso. Vedi Edilizio.
Satana.
Parola {Satàn) che significa nemico, avversario,
colui che si leva contro di noi, che ci perseguita; ma
!a Scrittura indica frequentemente con questa parola
il nemico della nostra salute, lo spirito maligno, il
demonio. E' detto nella Bibbia che coloro i quali
giacciono nelle tenebre dell'idolatria sono sotto la pò-
— 878 -

stuoso d
testa di Satanasso. San Paolo dà fince
Satan a, cioè lo abban dona al-
Corinto nelle mani di
l'avversione dei fedeli, caccianiiolo dalla loro comu-
che
nione e vietando abbiano in nessun modo a
fare con lui. Vedi Abbadon.
Satiro.
una spe-
Come i Paini e i Fauni, i Satin erano
cie di esseri inter medi tra gli uomin i e le bestie, e
i caratteri che essi avevano comuni con le ultime
dalle capre. Nelle anti-
erano principalmente presi orecchie
d'art e vengo no rappre sentat i Icon
che opere
rincag nato, la
piuttosto \mghe e a punta, il naso
a guisa di cor-
testa spelata, con piccole protuberanze si
netti dietro le orecchie. Talvolta la loro figura
e, giacc he ve-
avvicina anche più alla forma animal
di ca-
nivano rappresentati con piedi e con corna la
pra. Durante il migli or period o dell arte greca,
anima lesco vie-
forma umana è intera, e il carattere
cata alle parti
ne espresso da una piccola coda attac
del dorso e da un consid erevol e grado di
Inferiori
attitud ini I Satin
sensualità nelle fattezze e nelle
e nelle proces-
erano costanti compagni di Bacco, con
sioni bacchiche essi mostransi sempre danzanti,
zampegne, flauti, nacchere in mano. —
Vedi elli,
tambur Lascivia.
Satirio. , j
no due
Specie di orchidea, alla cui base si trova
dei te-
tubercoli che rammentano vagamente la fonna e.
sticoli dicane. Vedi Falsa modestia — Pluton
Saturnali. „ . ,,

à
in no
Nome di feste che i Romani celebravano
fe»te agrari e, e si faceva no a
me di Saturno. Erano
- 879 -

un temix) in cui tutti i lavori della campagna eramo


terminati, e siccome in quella stagione ogni agricol-
tore era naturalmente disposto a far festa e a offrire
le sue preghiere éigli Dei; così i Saturnali erano feste
istiuite con lo stesso fine. Credesi generalmente che du-
rante l'aurea età del rejno di Saturno non vi fossero
schiavi, e perciò i Saturnali riconducevano per bre-
ve tempo quel felice stato di cose, concedendo ai
servi e a^li schiavi una completa libertà. In questa
occasione concedevcisi loro di comparire in abito di
libero cittadino, erano serviti a tavola dati loro pa-
droni, esenti da ogni genere di servizio, e godevajio
della più ampia facoltà di parlare. Talvolta anche
i colp)evoli riacquistavano la loro libertà e perciò de-
dicavano leloro catene a Saturno. Quella stagione
portava gioia universale a tutto il popolo, e la città
risuonava delle grida di Io, bona saturnalia! lo, bo-
na satumalia! Ognuno mangiava e beveva a ufo, e
invita vansi gli amici e i parenti. Usavano pure di
farsi dei doni, e i clienti regalavano ai loro padroni
candele di cera. Ai fanciulli davansi comunemente
delle figurine, che chiamavjmsi oscilla o sigilla, da
cui l'ultimo giorno dei Saturnali trasse il nome di
sigillaria. Durante tali feste sospendevasi ogni affare
così pubblico che privato; non incomincìavasi guer-
ra, né infliggevasi castigo ai colpevoli. Le persone le
quali offrivano sacrifizi a Saturno avevano il capx)
scc^erto.
Saturno.
Re favoloso d'Italia, figlio del Cielo e della Ter-
ra, il quale venne dai Romani identificato col gre-
co Crono. Narra la leggenda che Saturno, cap>o dei
Titani ribelli, tolse l'impero al padre, e dopo aver-
— 880 —

gli tolti gli organi della generazione, sposò la pro-


pria sorella Opi. Ma Titano, figlio maggiore del
Cielo, volendosi conservare il diritto di succedere
al trono, anche cedendolo a Saturno, impose al fra-
tello la crudele condizione di uccidere i figli maschi
che gli sarebbero nati dall'unione con Opi. Satur-
no, fedele alla data parola, divorava indistintamen-
te i suoi figli d'émibo i sessi appena venivano alla
luce; ma in ultimo Opi avendo partorito Giove, so-
stituì al neonato un sasso involto in un cencio che il
marito inghiottì con la solita voracità. Titano seppe
l'inganno di Opi, detronizzò Saturno e lo gettò in
prigione: ma Giove ne ruppe le catene e lo rimise
al potere; ma l'ingrato Saturno, avendo inteso dal
Destino che Giove era nato per dar legge all'univer-
so, tentò di far perire il figlio, il quale, vedendolo
tanto ingrato, lo scacciò per sempre dal Cielo. Al-
lora Saturno si rifugiò in Italia, dove fu accolto ospi-
talmente da Giano, e fondò una colonia sul monte
CapitoHno, o terra di abbondanza. Saturno intro-
dusse la civiltà, l'ordine sociale e l'agricoltura; e il
suo regno è riputato per l'età dell'oro dell'Italia e
specialmente dagli Aborigeni suoi sudditi. Essendo
rindustria agricola la sorgente della ricchezza e del-
l'ab ondanza, sua moglie Opi divenne la Dea dell'ab-
bondanza. Saturno era rappresentato con in mano
una falciola, e aveva i piedi cinti d'un nastro di la-
na. La sua statua era vuota e piena d'olio, e proba-
bilmente per significare la fertilità del Lazio in olive,
A questa deità si diede un carro tirato da due buoi
neri. Saturno era anche simbolo del tempo.
Sbigottimento.
Capra presa per la barba; allusione a molte per-
-^ 881 -

sono sbigottite e stupefatte. 5e in un branco di ca-


pre se ne prende una p>er i barbiglicni, si vuole che
tutte le altre, come spaventate, rivolgano gli occhi
verso quella.
Scabbiosa.
Erba chiamata fior di vedova, ; cui fiori assai
numerosi esalano un leggero odore di muschio. Ve-
di Vedovanza.
Scacciapensieri.
Saliva. Plinio il naturalista riferisce che gli an-
tichi costumavamo strofinare il dito con un po' di
saliva dietro le orecchie, per scacciare i fastidi e le
inquietudini.
Scacciare ì cattivi pensieri.
Pietra, contro cui un uomo sbatte un bambino.
Nei Salmi si parla di sbattimento dei bambini contro
la pietra; ciò che, secondo i teoloigi, significa che pri-
ma che i p>ensieri cattivi e puerili abbiano a invec-
chiare, e che siano radicati fortemente, devono es-
sere sbattuti nella pietra di Cristo (vedi).
Scaia. Vedi Alessio (5an/') — Assedio — Giacobbe.
Scalpello. Vedi Massoneria — Scoliura.
Scamandro.
Figlio di Giove e di Dori. Fu cangiato in fiume
affinchè divenisse immortale, e le sue acque scorreva-
no intorno a Troia. Scaméindro era chiamato Xanlc
dagli Dei. Insultato da Achille, venne alle prese con
l'eroe greco: ma Giunone mandò Vulcano in aiuto
di Achille e il Dio del fuoco prosciugò le acque del-
lo Scaimandro, e lo spaventò finche Giunone gli or-
dinò di risparmiarlo. Dicesi che i capelli delle don-
ne che si bagnavcmo nelle sue acque diventavano
— 882 —

fidanzate
biondi. Le fanciulle troiane quand'erano e gU offrivano
andavano a tuffarsi nello Scamandro
parole: Kr
la loro vergio^ità. proferendo le seguenti
la mia verginità. Lo Soamandro
cevì, 0 Scamandro,
aveva due sorgenti, una calda e una
anticamente
fredda.
Scandolo.
Elleboro.

Scarafaggio o scarabeo stercorario.


il quale rin-
Insetto sacro (presso gli Egiziani, eh esso
chiude le uova in una pallottola escrementale
o con le gamb e poster iori.
forma rotolando lo sterc
azion e — Mond o --
Vedi Dio ' Uomo — Gener
Padre — Soldato valoroso — Unigenito.
Scaro. , , • 1 o j^i
le per la singola rità del
Pesce marino, notevo
sua dentatura. Vedi Ingordo.
Scarpa. Vedi Progresso delle cose.
Scelleraggine.
coltello.
Ciuffo del capo tagliato col
Scelleratezza. .. ., o,i
perciò U ba -
Spine, simbolo dei peccati umani, e della scel-
di spine , quale segno
valore fu coronato suo ca-
leratezza dell'uomo, che prese a porta re sul
no in mano de.-
PO. Salomone dice che le spine nasco le sue azio-
con ciò signi ficar e che
l'ubria\, volendo
qualsiasi cosa
ni sono piene di scelleratezze e di
esser si aspet tato che la vigna
malfatta. Isaia dice'
e quell a prod usse spine ; simb olo queste
desse uva,
di iniquità, e l'uva di giustizia.
Scelleratezza invecchiata.
di questo
Mercurio. Si vuole che le erme e i busti
— 883 —

Dio venissero solitamente rafjpresentati con una ve


ste a strascico, la quale raffigurava la Iciscivia e in
tempeianza di uomini, che a guisa di femmine stra-
scicano levesti, prolungala cioè la loro lascivia fino
all'età matura.
Scellerato.
Salamandra. Ejnblema di persona abietta, danno-
sa a chiunque la pratichi, e af>portatrice di sciagure;
perchè volevcisi che la salajncUìdra possedesse per sua
natura un veleno capace d'infettare i frutti di qua-
lunque albero, mangiando i quali si morisse, e secon-
do alcuni, mangiando la carne d'un porco che a-
vesse divorata la salamandra, il suo veleno, non an-
cora digerito, produrrebbe una morte istantanea.
Scettro.
Bastone, bordone, verga, giusto il suo vero signi-
ficato, e poi simbolo di possanza e di autorità. Lo
scettro primitivo era un lungo béistone simile al fusto
di una lancia, fatto di un albero giovane tagliato
al piede che in tempi éissai remoti serviva non solo
per sorreggere i passi dei vecchi e infermi, ma an-
che per difendersi e assalire come un'arma, così il
privilegio di portarlo continuamente diventò emblema
di dignità e potenza. Ed ecco la raigione per cui
gli antichi lo attribuiscono più particolarmente a Gio-
ve, Giunone, re e principi. La Bibbia ne fa menzio-
ne fino dai tempi più antichi, indicandolo simbolo di
autorità e di dominio. Lo scettro dei re di Persia
ci vien descritto come aureo, cioè probabilmente d'o-
ro massiccio; se il monarca lo abbassava verso un
suddito, era segno di favore, se il suddito lo bacia-
va, esternava con questo atto la sua riverenza al so-
vrano. L'originario e primitivo bastone di legno se-
884 —

eburneo, specialmente quello regio,


T cr-^urn
brusca =
^U^ o a "Ro^a He della dinasda
"che si appropriarono poster.— . ^o„ ^ ^>^
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t,;iMeeracHsormon-
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via che e a o vestiti
di gala. Qi Egi..am s«,.
scettro sonnonta.o da un
Wggrtano il re con uno
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^X;iiorrLo1uiv:rsoscet tro in forma a un p.e
verno Avevamo anche uno
— o^
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i>"o
• •
y, L^ta
,. ppc
,de, d-i mo sormon
ÀiHnrilà
Vedi Ambizione — Autorim ^ n J„i
Giove - Cunonc Dea de -
_ Cognazione -
la ricchezza - hka - e '-"P"" i'^^''^- ^'^Ì!
Liberia — Melpomen — PaJre tlerno
_

Regno — Sovrano — Kesla.


__ ]^c —

Scettro ad ansa. Vedi 7 — Taxx.


Vedi Ann^e.
Scettro a fiore di loto.
Voma - Uomo.
Scettro da buffone. Vedi
e.
ro. Vedi Larva — Mori
— 885 —
Schiavitù.
Catena. Ceppi Globo circondato da una ca-
tena. Vedi Servila.
Schiera nemica.
Zanzare, allusione alle molestie che questi in-
setti portzmo agli abitanti dei luoghi che invadono,
similmente a un esercito di soldati (o qualsicisi altro
nemico) che in ogni luogo che passa riesce molesto
e dannoso.
Schiettezza.
Polentina argentina.
Sciabola. Vedi Niccola {San).
Sciacallo.
Animale simile al cane, che di notte manda un
grido terribile. Vedi Anuhi
Sciagurato.
Bertuccia; animale in generale preso come sim-
bolo d'uomo da tutti assai disprezzato, ritenuto per
un manigoldo e scia^rato.
Scialacquatore.
Pecora o capra che mangi V orìgano; con cui gli
Egiziani raffiguravano una persona che avesse, oltre
al suo avere, consumato interamente le sostanze pa-
terne e materne; perchè si credeva che questi ani-
mali, mangiato l'origano, fossero consumati da tal
insaziabile sete, da morirne. La ricchezza degli E-
giziani consisteva quasi tutta in bestiame.
Sciame.
Tutte le api di im alveare. Vedi Fuga popolare.
Sciapodi o Monosceli.
Popoli favolosi, che abitavano in un certo ps^ese
_ 886 —

un sol pie-
dell'India, o della Libia. Correvano con
ssimam ente, e intant o che una gamba si at-
de veloci
faticava, l'altra riposa va.
Scienza. r » j;
1 aspetto di
Figura allegorica rappresentata sotto
donna attem pata con accan to un compa sso, una
una
come emble ma.
sfera e dei libri — Berillo,
Scilla. , ^, ^. ^
Circe,
Ninfa siciliana. Fu amata da Glauco; ma
scogl io (chi dice in un
sua rivale, la cangiò in uno
donn a il cui bu-
mostro) che aveva la forma di una sopra delle acque,
sto e la testa s'innalzavano al di
sei cam
e i cui fianchi erano coperti dalle teste di
con le langh e e apert e gole latrav ano
orribili, che
allo sco-
continuamente. L'onda, turbinando attorno
un gorgo più terrib ile di quello di <^a-
che formava
riddi glio, era vicino.
Scilla di Niso. Vedi Niso.
Scilla marittima.
o, ado-
Pianta il cui bulbo contiene un sugo viscos
perato in medicina. Vedi Difesa.
Scimitarra. ,.
gli
Specie di sciabola particolarmente in uso presso
Orientali. Vedi Marte.
Scimmia. Vedi Amatore di se stesso — Cercopi
— Ere-
— Disprezzo della stoltezza — Epimeteo —
dita invidiata — Fo — Gusto — Imitaz ione
Sanguigno — Sfacciataggine — Talta.
Scintille. Vedi Anima.
Sciocchezza. i tr ■ •.,„,• ^ri
Pelli cano che, press o gli Egiziani era
Animali:
— 887 —

eimbolo di persona sciocca, incapace di discernimen-


to; e ciò perchè il pellicano potendo fare il nido in
luoghi alti; come fanno gli altri uccelli più prudenti,
evitando così d'essere molestati da altri animali, il pel-
licano con molta imprudenza va cercando piani este-
si, dove in buche fatte nella terra depone le uova,
esponendo così i pulcini nati a essere facilmente pre-
si. La pietà di questo uccello verso i suoi figli, ri-
conosciuta ingenerale, gli Egiziani l'attribuivano a
sciocchezza ; poiché volevano che non li difendesse
deliberatamente, come fanno altri uccelli, ma soltan-
to per una certa debolezza di mente e mancanza di
cervello. Struzzo; il più grande degli uccelli, ma
d'indole talmente sciocca che crede rendersi invisibile
nascondendo il collo fra gli sterpi lasciando scoperto
Lutto il resto del corpo. — Vegetali: Cocomero, em-
blema di sciocchezza fanciullesca. Fungo. Plauto
ebbe a dire: E' possibile, ch'io sia stato tanto fun-
go (cioè sciocco), ch'io gli abbia creduto. — Di-
versi: Luna, allusione alla volubilità della sua for-
ma, paragonabile all'incostanza della mente. Salo-
mone disse che il savio a guisa del sole sta fermo
nei prc^x)siti, e lo sciocco è mutabile come la luna.
Inoltre i detti: Nato a luna scema; più minchione
della luna; più tondo della luna, alludono a scioc-
chezza e minchioneria.
Sciocco.
Blito, emblema di persona sciocca, stolta e da
niente; perchè questa pianta, priva di vivacità, prò.
duce frutti simili a una fragola; ma insipidi. Laberio
disse che una bestia di due piedi è blitea. Folaga.
Si vuole che quest'uccello sia assai stupido e sciocco,
perchè cibandosi di sdiiuma marina, ciicesi, i pesca-
— 888 —

tori raccolgono la schiuma sulla spiaggia gettandola


in alto e lontano, attirando così questi uccelli, por-
gendola poi più bassa e vicina, senza alcuna fatica
li pigliano con la mano.
Scioglimento.
Conio, perchè, contrariamente al chiodo, che uni-
sce e rinforza, il conio, o zeppa, disunisce e scioglie
le cose che per loro natura sono solide, e special-
mente con arte ben incastrate o unite.
Sckalda. Vedi Nome.
Scodella. Vedi Carità.
Scolopendra.
Insetto con ventun paia di gambe. Vedi Anima
purgata dai vizi.
Scoltura.
Figura allegorica rappresentata da una donna am-
mantata. Ha per attributi: Martello. Scalpello. Stec-
che. Trespolo.
Sconciamente.
Animali: Cavalla che tira calci a un lupo. Cre-
devasi che questi animali fossero di natura talmen-
te avversi che se una cavalla pregna toccasse il lupo,
tosto abortisse; e ciò non solo col toccarlo, ma an-
che se avesse messo i piedi sulle sue orme. Vipera,
posta sotto il piede di una donna. Una tradizione
antica vuole che se una donna incinta passa sopra
una vipera, appositamente o p)er caso, abortisce; e
ciò, quéisi che la vipera volesse vendicarsi dal non
poter essa partorire facilmente. — Vegetali: Sabina,
pianta talvolta usata negli aborti criminosi.
Sconvien lenza.
Bue col basto, o cavallo legato all'aratro. Or<i-
— SS9 —

ùo disse: Il pigro bue portar la sella vuole — E


brama arar il feroce cavallo. L'una e l'altra cosa
non convenevole a questi animali.
Scoraggiamento.
Cavallo che incicimpa, o caduto a terra coi piedi
davanti; segno di disp>erazione o di un principio in-
felice di una cosa intrappresa, o abbandonata con
scoraggiamento, secondo gli auguri.
Scorpione. Vedi Africa — Insidia — Im^idioso —
Libidine — Malizia innocua — Marte — Rigidezza
di costumi — Zodiaco.
Scostumato.
Porco avvolto nel fango, oppure che calpesta e
spande delle rose. Nella Bibbia le rose e le cose
odorose simboleggiano la rettitudine della vita e dei
costumi, e il porco che disprezza le rose, raffigura
una persona di natura maligna e perversa; poiché di-
cesi che il porco fugge i profumi.
Scrofa. Vedi Cerere — Determinato numero
di armi — Estate.
Scudo.
Gli scudi dei Romani erano ornati di vari segni
blasonici, da cui derivarono poi gli stemmi; e si ve-
devano perciò incise o dipinte le gesta eroiche de-
gli avi, o anche scolpiti i ritratti. Ogni soldato por-
tava inoltre il suo nome inciso sul proprio scudo,
per poterlo trovare al momento d'indossare le armi
accatastate nel czmipo, e talvolta vi era anche il no-
me del duce sotto cui militava. Fra le armi degli
antichi, lo scudo era il più riguardevole, e i poeti
facevano a gara nel descrivere coi più vivi e splen-
didi colori le in^rese e le gesta di cui fregiavansi
— 890 —

per esempio, lo scudo


gli scudi aei loro eroi. Così, cavallo rnanno,p.r
un
di Achille aveva per msegna e
indicare la sua origine di Tetu Dea del mare
u quello di Agamennone vedevasi sguardi. 1 e^^- ^ ;-
Ricorde
aorLe che lanciava spaventevoli
scudi de. -guen^^ P^J^
emo inoltre le divise degli eroi alla scalata di
naggi- Eteocle, uno dei sette
u<^o ci.
tS. con lo scudo che raffigurava un Pareno
mura di una atta,
appressa la scala alle portante m^
dei sette eroi, con una sfinge
pZ altro
con Amore armato d,
uo^o fra le zampe; Alcibiade
Ettore con un \eo-
foWe- Menelao con un drago; con un dra- .
iT Imeneo con un gallo; Epaminonda
di mare; Uhsse con un
Z Amico con un granchio Il so^o
dei suoi viaggi marittimi.
delfino, emblema
fra 1 sette famosi eroi di Tebe non volle
Anfiarao
d. es-
alcuna Ugna sullo scudo, accontentandos
e coraggioso senza farne pompa.
sere prode
Arrendersi — Dife^
Vedi Ancile — Angelo —
Età del ferro -fortezza
sa -^ Età del rame -
(San ) - Minerva -
-1 Luigi {San) - Michele ale d attacco.
Onore - Sapienza - Segn
Scultura. Vedi Scoltura.

) -- ^onsolyomant--
Scure. Vedi Barnaba co{San{San
ti - Enri C) - Matteo {San)
eo {San
Elis Memoria duratura.
Bipenne.
Scure a due tagli. Vedi
Sdegno.
Ferro.

al Crono dei
^'Divinità Egiziana, corrii^onaente
Non ha nessun se-
G,S "al Saturno dei La.rn,.
— 891 —

gno caratteristico, eccetto qualche volta l'oca sul suo


capo, che è specialmente il distintivo suo ornamento;
ha per moglie Nepte (la Notte), chiamata la gene-
ratrice degli Dei.
Sebastiano (San).
Martire. — Frecce, con cui fu coperto.
Sedere. Vedi Deliberazione.
Sedia. Vedi Eternità — Papa — Perpetuità —
Riposo — Sicurezza — Vesta.
Sedici Vedi Eccesso — Piacere.
Sedile di pietra. Vedi Fiacre {San).
Sega. Vedi Acale — Battaglia dubbia — Isaia
— Simone {San).
Segesta.
Dea delle messi presso i Romani. Rappresenta-
vasi con una corona di spighe in testa.
Seggio. Vedi Sedia.
Segnale.
Campana.
Segnale d'attacco.
Bastone. Fiaccola. Prima di inventare la tromba,
il segnale d'attacco veniva dato con bastoni che gli
avamposti dei nemici si gettavano contro reciproca-
mente, o con fiaccole accese. Scudo. Quando gli
avversari, con le bandiere spiegate, si erano avvici-
nati al punto di cominciare la lotta, davano il segno
d'attacco p>ercuotendo gli scudi con le lance, facen-
do il maggior strepito possibile. Tale usanza fu con-
servata dai Greci, dicesi, per incitare i cavalli.
Segni del zodiaco. Vedi Zodiaco.
— 892 —

Segretezza.
Sfinge, statua che gli Egiziani mettevano nei lo-
ro templi, come segno di ammonimento che le cose
misteriose, i precetti e le sacre ordinazioni dovevano,
quasii dentro enigmi racchiusi, conservarsi inviolati
dalla moltitudine del volgo, e trattarsi soltanto in luo-
go segreto. Giulio Cesare usò l'impronta di una sfin-
ge per sigillare lettere e memoriali segreti.
Segreti rivelati-
Paguro. Alcuni di questi crostacei e una fiaccola
accesa; perchè soliti a dmiorare nelle tane, di notte,
alla vista del lume, escono dal nascondiglio, rivelan-
do la loro presenza.
Segreto.
Capelvenere, dedicato a Plutone, re misterioso e
delle cose occulte. Chiave. Sigillo.
Sdì, Vedi Numeri simbolici.
Seja.
Dea della seminagione presso i Romani.
Selce.
Pietra usata un tempo col nome di pietra focaia,
per armi da fuoco, e per accendere l'esca, poiché
percossa con l'acciarino manda scintille. Vedi Ful-
mine — Lapis.
Selene.
Divinità greca corrispondente all'italica Luna. In
tempi posteriori Selene fu identificata con Artemide,
con Ecate e Persefone (Proserpina). Vedi Luna.
Selvaggina. Vedi Autunno.
Selvatichezza.
Orso incatenalo.
S&me. Vedi Affanni della ricchezza — Origine.
- 893 —

Semplicità-
Crigio chiaro. Rapa.
Semprevivo.
Erba perenne, chicunata dagli antichi barba di
dove. Vedi Fedeltà eterna — Poteraa.
Senape.
Erba annua. Vedi Desiderio di grandezza — Fé-
condita.
Sensi. Vedi Gusto — Odorato — Tatto — Udito
— Vista.
Sensibilità.
Mimosa pudica o sensitiva.
Sensitiva. Vedi Mimosa pudica.
Senso.
Zampogna, attributo di Pan, che presiedeva al
mondo sensibile; perchè il suono non si percqjisce
che col senso.
Sensualità.
Tuberosa.
Seppia.
Animale che manda fuori un fluido scuro a pro-
pria difesa, tingendo in tal modo in nero l'acqua,
Der meglio sottrarsi alla p>ersecuzione del nemico, co-
me anche per offesa. Presso gli antichi questo sugo
era adoperato a uso d'inchiostro. Vedi Amore del
marito verso la moglie infedele — Belle imprese
finite malamente — Letteratura — Malvagità —
Tempesta.
Serafini.
Angeli del primo coro, il cui attributo è l'amiore.
Si rappresentano irradiarti intorno raggi a guisa di
soli, con sei ali rosse, accesi in viso, esprimendo così
— 894 —

ebraico vuol di-


retimologia del loro nome che in Rosso. Spada
re bruciare. — Candelabro acceso.
ai Serafim, per la
fiammeggiante. Zaffiro, dedicato
lo di conforto al cuo-
sua trasparenza e colore, simbo
. Vedi France-
re, e delle virtù che fa l'uomo febee
SCO d'Assisi {San).
Serapide o Sarapide.
grea
DivinUà egiziana che da alcuni sontton
derat a come ident ica con Osiri de, e da
viene consi
altri con Bacco, Plutone, Àmmo ne. Giove e h'an.
di Sera pide seco ndo Plut arco significa gioia
Il nome
Macrobio identifica quest o Dio col Sole, e dice
d'uomo con un mog-
che era rappresentato in forma
gio in testa, volendo quas i most rare che in tutte le
misura. Alcuni pre-
cose bisogna usare la conveniente
col moggio m te-
sero Serapide per il Nilo, il quale
a a misura-
sta, eun certo bastone, che si adoperav
vano espander-
re, significava che le acque sue dove
feco ndo 1 Egitt o. Nar-
si a certa misura, per rendere re d.
per favor ire Nico creo ne
rasi che questo Dio,
oracolo cosi si de-
Cipre:
scriv o; egli stesso per mezzo dell

stro chiaro.
Quel Dio son io, che or ti dimo
mond o celeste,
Ho per mio capo il gran
Uoscuro mar, e il larg o vent re mio.
lieve
Sono i miei pie la terra, e Vaer
chi miei , gli occh i la luce.
Son gli orec
a.
Che dal lucente sole immagin mostr
rappre-
Da tale descrizione risulta che Serapide
senta l'universo. Vedi Arricchimento.
— 895 —
Serenità.
Arcobaleno, che affare dopo il temporale, mentre
il cielo si rasserena.
Sermone-
Lingua presa con una mano: nel parlare si ri-
corre anche al movimento della mano per dar mag-
gior colorito e forza al discorso.
Serpente.
Gli antichi credevano che questo rettile nascesse
dal corpo umano putrefatto. Vedi Adulatore —
Africa — Agatodemone — Artima e corpo — An-
no — Asia — Astuzia — Bacco — Boria Dea —
Caduceo — Capigliatura di serpenti — Carro ti-
rato da serpenti — Cerere — Cornuti — Cristina
{Santa) — Cristoforo {San) — Diavolo — Di-
scordio — Dipsa — Disprezzo delle cose terrene
— Dominio — » Esculapio — Eternità — Eva —
Falconieri — Gesù Cristo — Giganti — Giunone
— Giunone Conservatrice — Igiea — Imperatore
— Ingegno mirabile — Invidia — Invidioso —
Lacedemoni — Laocoonte — Marcomanni — Ma-
ria Vergine — Medicina — Menapi — Minerva
— Mitra — Odio — Orgoglio — Pitone — Pru-
denza — Re ottimo — Re tutelare — Ringiova-
nire — Sacerdozio sacrosanto — Salute — Sapien-
te — Sfva — Tempo — Tentazione — Vecchio
e nuovo Testamento — Vipera — Virtù.
Serpente di bronzo. Vedi Chiesa — Continenza
— Mosè.
Servitù-
Personificata in un uomo con le orecchie d'asino.
— Anello. Pitagora disse di non portare l'anello stret-
— 896 —

non ™« 'n W«n


,0, cioè, secondo gli intetpreU, , a servitù che riesca
omet ters
Ibne e guardarsi dal sott
rasalo A. presso .
du« e 'gradevole. Basto. Capo
di servitù. Corda con un
Greci e i Latini era segno
ndo gli interpreti de, so-
Sdo dogo. Orecchie. Seco
d'av er più or«:ch,e e segno
8^ sognando un servo
e udire mot, co-
A 'uà' lunga servitù, perchè .dev
Piedi, perchè sost engo no tutto il peso del
mandi
ora
"r^ durant U lavoro dei servi, i quali, qual
evoU veni vano cast igat i con la pe-
sTtdei
na i. colp
es«oceppresi
Servizio scambievole. .

„„r^r;l:rE\^:tBt'/.-s?...
tam run Valtro, nel senso
Sessanta. Vedi Ved ova
di reciproco aiuto.
nza .

a non bere nel tem-


^ aWo, che Apollo condannò
pò caldissimo d'estate.
de onore presso gli
*^Nome di una divinità in gran
a sotto vane immag .
EgS Venne rappresentat
età nomi. Ma la più comune 'aPP^"^';^; ^7„
a corpo "--•-" -;rt.rd'an1mtruna di

FS.^r^}^i^r^^^ — ^
codrillo è sacro a Seti.
- Pcrfczwne -
sette. o SanVed i Numeri simbolici
Spiril to.
— 897 —
Settembre.
Mese a cui presiedeva Vulcano. Il medioevo lo
rappresentava vendemmiando. Personificato, porta u-
na corona d'uva, e tiene un ramarro in mano. Va-
sari lo rappresentò con una figura scalza, i capelli
intorno al collo e la veste raccolta intomo ai lombi.
Stende la mano sinistra prendendo da una vite un
grappolo d'uva, mettendone un altro in bocca con la
destra. Vedi Zodiaco.
Severità.
Ramo di spirìo. Sopracciglia, perchè nei vecchi,
a cui è propria la severità, le sopracciglia raggiun-
gono sovente una lunghezza di p>elo talvolta perfino
molesta.
Sfacciataggine.
Cane. Omero fa biasimare Agamennone da A-
chille, per aver gli occhi di cane, perchè si ritene-
va che chi avesse tali occhi fosse un po' troppo sfac-
ciato. GH astrologi volendo raffigurare uno sfacciato
litigante, posero in due luo^i dello zodiaco un uo-
mo con la testa di cane. Scimmia, mostrando di sé,
colle parti deretane rase e p)elate, una vista sconcia.
Inoltre i maschi si danno sfacciatamente alla meistur-
bazione alla presenza di tutti.
Sfacciato-
Rana, simbolo degli Egiziani, i quali credevano
che quest'cuiimale fosse privo di sangue se non negli
occhi, e gli occhi sanguigni, secondo alcuni, erano
ritenuti indizo di sfacciataggine.
Sfera- Vedi Eternità — Clobo — Iconologia
— Scienza.
Sferza. Vedi Bellona — Ingratitudine — Lissa —
Marte — Staffile.
57 — Q. Ronchetti.
_- 898 -

Sfida.
forma di spada.
'aaJiolo. per le sue foglie »

loso che Scontrasi nell a r^itoW» del-


Z
^'tX;. favo . Le stw
la Grecia, dell'EgiUo e dell India
che venivano «ppresen.a.e ,n van ™-^'; ». l'^,^„
fip,ra era sempre un m.sto del a t^™ .^ ^^^^
. della forma umana. Pf^ f/ ;„,^, d„„„a; altri
di cagna con le ali e la testa ai s j^
,a fanno tutta l-ne- '-"V e SI a fanno rleo-
danno anche la coda di drago, ™ , , .
ne 11 infer,o«^ P
„e nella parte superiore e ^onna
nore del corpo t-un i^
^.'-'"ri1o::%tt%aCe L-%„"athtudin
^ ;Ui.,i. ma La

viene sempre aescnua antichi


sfinge greca, di cui e i*me^'^neCu
beotica, na
TpKp STfa
r"•v- A\ T'^r descritta come

rJ e It: di naturale feroce Era M« ^^


' ''^%
mera, ::Tt
e abitava :^rù.:^
!>ui r^., . dove
..: ; r.a<;se2seri Co-
dava a sciogliere un ->f » ^^ '""' VP^TSe erano
1„„ che non »r'"?,''r!ranlp«ki a questo mo-
^d:': xX-trXa -f ;\:rcr, mità, Quando B
ti;enl%enne E*o n .^

-e';^ l;fs;nr,rTe:^\: inoneh:'V: eU^^^


che le ^e
greclie,
Lntate nella medesima pos lo
po è o umana e per
a plrte superiore del cor
n al-
a di montone, mful
più d feZina , o hanno test di una spec ie i c.
ni casi la testa è cop ert a
— 899 —

lateralmente bipartita, ahe copre anche parte del


collo. Vedi Acutezza d'ingegno — Minerva — Se-
gretezza.
Sfortuna.
Spillo, il quale, oltre aver portato disgrazia a co-
lui che lo inventò; l'infelice Anoia Bolena, che in-
trodusse lo spillo in Inghilterra, subiva sorte crude-
le e immeritata. Ancora oggi, dopo lungo tempo, il
pregiudizio popolare vieta il regalo di spilli, col dire:
Dono che punge, amor disgiunge.
Sfortunato.
Uomo che cade rovescio a terra, allusione alla
sfortuna in ogni cosa.
Sforzo grande con inganno.
Pelle di leone e di volpe, cucite insieme. Lisandro,
celebre generale Spartano soleva dire che bisognava
cucire la pelle della volpe insieme alla spoglia del
leone; volendo significare che dove non basta la
forza, devono supplire le astuzie e gli inganni ^ e a
cui egli ricorreva di fronte al oemico.
Sgabello. Vedi Applausi — Malinconia e umiltà.
Sibille.
Vergini, le quali avevano la cognizione del fu-
turo e del modo con cui si potevano distornare le
sventure, e specialmente del modo con cui placa-
re l'ira degli Dei, e che comunicavano la loro scien-
za per mezzo di versi ispirati. Esse acquistavano
questa loro cognizione del futuro per mezzo della
inspirazione diretta. Pare che anticamente il numero
di tali profetesse fosse assai grande, poiché si cono-
scono delle Sibille egizie, ebree, persiane, babilo-
900 -
„«i e italiaive. 11^
La flS.billa
vpstivafr^.a P-'^j-
di rosso; ^.^^^f
la UDica pui
1
sparsi per le spalle, e l^^^'^'.^^ ^.,3ti,, abito
tava una g^^'^^^"^^,."^'^ ' K Leo e così l'europe
cosi i h a,
.l'oro e coprivasi di velo bianco, e di faccia. Oh
j n l \\ leeee che fu bellissi ma

venjva per
t::\t ar: che .. u„a *Ua, o

'-^^rJ^arr^^reil^e^jr.'!
che per lutti nove. U re 1. "™ , . ; ^n,; tre,
quando la donna, dopo >''""' *°'"'™„ U sua
tornò domandando -™P-., '° ,f "" ^Tla donna

r''' ''o:
disparve. :f::tre:\r:
Uuesti lui a!:rSsM,inin ,o,.
contenevano
to rinoma,! nella s.™ ;^^X'rnr1l destino della
nientemeno che ■ ^" "■ "^J .Mia
città di Roma). Chi tosse P°' 4 , v j; non
Qlau-è

certo. Narrasi che ^^ S*' "a .* ^uma^ figl ^.^^, ^_


una spelonc a "tema aj
co, abitasse

"*• *ardr fXtertaral .uanti .a-


ciò divennbhi^
^rdi^:: decrepita,.tt.o^>e
e così:^ehhe .^e ,n ™^^^^
che non
profetare.
fuorché la voce per
Sicilia.
e, come emblema.
— 901 —
Sicurezza.
Vasari la personificò in una figura che, appoggia-
ta a un tronco, dorme pacificamente. — Animali:
Cicogna, che porta una foglia di platano, come se-
gno di rqjaro dai tradimenti e da malie. Volevasi che
la cicogna apf>ena deposte le uova, avesse cura di
mettere nel nido una foglia di platano, per difen-
derle dalla civetta, poiché si credeva che questa,
toccandole, le stregasse, impedendo che nascessero i
pulcini. Gallina, con un ramoscello di rula sotto le
ali, la quale credevasi avesse la virtù di allontana-
re le faine e le volpi dal pollaio. Pipistrello, col ca-
po rivolto all'indietro. Si voleva che portando que-
sto animale intorno alla casa, e posto con la testa
voltata indietro, sopra una finestra o sopra un archi-
trave di una porta, si scongiurassero i malefizi. — \ e-
getali: Felce, che credevasi avesse la virtù di te-
nere lontani i serpenti. A questo scopo una volta i
contadini usavano riempire i loro letti di felci. Pla-
tano. Ruta capraria. — Diversi: Chiave, attributo
di Giamo, quale signore delle porte. Colonna. In una
antica medaglia romana si vede una figurina di don-
na in piedi, in abito licenzioso e sottile, che con la
mano sinistra si appoggia a una colonna, e con la
destra tiene una palma innalzata sopra il cap>o, con
l'inscrizione: La sicurezza di Augusto. Sedia. In una
medaglia di M, Aurelio Antonino Brit. figura uiva
Dea con un raggio nella mano destra, e con la
sinistra appoggiata a una sedia sostiene il cap>o; con
l'inscrizione SECVRTATI PERPETV/E.
Siepe. Vedi Legge.
Sigillo. Vedi Bolla — Fedeltà segreta — Segreto.
_ 902 —

Vedi Comaìlark.
Sigillo di Saiomonet

di Bacco bambino
*"ve!chio Satiro che ebl^ cura
>1 più fedele comp agno de, u.
e lo^a evo e diveinne ginò come un vecchio
;,!,! Più lard lo si imma
calva, irsuto ;1 petto e
daTna JlJ. nato, la testa
come un otre « vmo
fémembra, grasso e tondo
si diceva che incapace d, reggers, >" P'= *';J^^!
e sorretto da due g,o
Racco a cavallo di un asmo
liraio daàuc m<m. Stleno,
^^i Sa'iri o su un carro
gh attnbut, der Sa-
r an'aslno come emblema, ha
tiri
Silenzio
allegorica rappresentaU sotto form d
'Sa talora
dito sulle labbr a e
u, giovane che tiene un
cappello m testa e av
^n/afacca con un piccolo
ta d occh, e d orec
voto in una pelle S lupo, coper
vedere e ud, re molto ma
che per significare dovers,
hbe^a che
airpoco' Il cappello era -gno .della
si pu6 sempre tacere c,ò che --« ^J P^^^^^ "!
I Ut», rapp e
„o» sempre dire ciò che s, vuole. d, donna,
tentavano il Silenzio sotto forma .
o Taaio
diedero il nome di Muta
pretta m bocca. / esce.
Animali: airone, con una
un pesce. — Ve
E' -omune il detto: più mut di o
che confene un vele o
geta i: Belladonna, p.anta
'potentissimo, e eh, ne assorbe è reso a »"--"S.le^f nzK.
^
co, alb ero con sac rai al
morte stessa. Pes
le cu, foghe vemrer pa-
e dedicato ad Arpocrate. e t, al cuore e
ragonate alla lingua umana, e , frut
ciò che sent e ,1 cuore, non
la Hngua. che manifesta
- 903 -

deve p>erò parlare se non dop>o una p>onderala rifles-


sione. Rosa bianca, che gli antichi raffiguravano sul-
a porta della sala dei festini per raccomandare il
silenzio ai convitati. — Diversi:^ Dilo posto sulle
labbra. Dicesi che a Padova esista una statua di
Tito Livio, in atto di porre un dito sulla bocca, qua-
5Ì per ammonire che scrisse trattando di tante cose,
in modo che tutti gli altri ingegni debbono e pos-
sono tacere. In Apuleio, nel primo libro della Meta-
morfosi, silegge: accostandosi alla bocca il dito, che
è presso, e congiunto al pollice, tutto pieno di stupo-
re, disse: taci, taci. Lingua, seccmdo Omero, il qua-
le disse: Su dunque ormai tagliatevi la lingua. E ciò
riferì in un luogo che doveva dire ormai fate silen-
zio, secondo gli interpreti. Rete, perchè i pescatori
procurano di eseguire il loro lavoro col massimo si-
lenzio. Inoltre dicesi essere i pesci muti.
Silenzio opportuno.
Oca con un sassolino nel becco; perchè questo
volatile non fa che strepitare continuamente; anche
mentre si pasce non può tacere.
Silfi.
Esseri fantastici che popolavano l'aria, a quel mo-
do che le ondine si ritenevano vivere nell acqua, la
salamandra nel fuoco, i gnomi nel seno della terra.
Quando un silfo si rendeva visibile agli uomini, as-
sumeva umane sembianze, ma adorno di tutti quei
pregi che possono renderlo non solo piacevole, ma
conciliarsi anche con la leggerezza e con la grazia
propria degli spiriti eterei. Avevano ali di sostanza
trasparente che li reggevano nell'aria, nella quale svo-
— 904 -

lazzavano più agUi ^ei colibn asp.ranao d p^^^^^^^^^


colon en^ro a un
dei fiori, o Mando di splendidi
dei silfi, erano
raggio di sole. Le silfidi, compagne
bellezza; bagnavansi nel-
un prodigio di eleganza e di celate entro I
le gocce delle rugiade, si tenevano
in cui, stanca la
calice dei fiori. V'ebbe un tempo
vita monotona cerco tra
famiglia dei silfidi di codesta
di diletti, e silfi e silfid
^ruommi nuova sorgente cuori amant
terra per trovare
l misero in corsa sulla
desideri. V'ebbero donne
che corrispondessero ai loro
e uomini che si lasciarono
dai silfi delle
trtali se'dotteattrattive silfidi.
vincere dalle
Slliquastro. Vedi Cercide siliquasiro.

"'n^r:::nde dei pescifiumi.


fWlid;^^^^^
Vedi Degenza pa^
cui fu chiamato balena dei
terna nelVallevare i figli-

^''ETeiir latina dei campi e dei boschi. Egli è rap-


sui campi e gì
presentato come un Dio che vigila ore dei conftm
è anche detto protett
Lricoltori ed
o fu il primo a p.-
r clpi. I.ino dice che Silvan dei campi. Lgli e an
re Dietre per segnar e i confini
rice ^egh armenti e
TdescrL come deità protett
promotrice della loro è fecondi tà. Come Dio dei bo-
cchi edegli armenti ritenuto amante della musica,
Venne rappresentato
gli era sacra la zampogna. apress o m test,
una corona di
com un vecchio con
nella mano smista
e un ramo della stessa pianta ferina
talvolta sostiene anche una pelle
- 905 -

piena di frutti, nella destra un coltello da giardinie-


re. Spesso gli si dava un cane per compagno.
Simboli tratti dagli uomini celebri.
Abele, innocenza — Agamennone, fierezza —
Alessandro, magnanimità, intrepidezza — Aristar-
co, buon critico — Artemisia, fedeltà nella vedo-
vanza — Beniamino, figlio prediletto — Biagio,
scienza preferibile all'opulenza — Caino, invidia e
odio fraterno — Catone, severità — Cesare, corag-
gio, grandezza d'animo — Cicerone, eloquenza —
Creso, ricchezza — Curzio, devozione alla patria
— Daniele, penetrazione nelle cose astruse — Da-
vide, dolcezza — Demostene, eloquenza impetuosa
— Diogene, cinismo — Elia, astinenza, zelo — Er-
cole, forza — Erosiralo, celebrità p>er il delitto de-
gli incendi — Ester, modestia, pudore — Eva, cu-
riosità — Faraone, ambizione ed empietà — Giobbe,
pazienza — Giuseppe, castità — Matusalemme, lon-
gevità — Mecenate, protezione delle scienze e delle
arti — Melchisedecco, sacrificio e dignità regale —
Messalina, dissolutezza estrema — Mosè, legge —
Nerone, crudeltà — Nestore, longevità e abbondan-
za di eloquenza — Oreste e Pilade, amicizia —
Pandora, curiosità — Penelope, fedeltà coniugale
— Salomone, saggezza — Sansone, forza — Sar-
danapalo, dissolutezza — Socrate, saggezza, pa-
zienza — Vitellio, ghiottoneria — Zoilo, critico ol-
traggioso, ingiusto e ignorante.
Simbolica del diritto.
Presso tutti i popoli gli atti giuridici furono ac-
compagnati daatti simbolici, e la storia ne abbonda.
_ 906 -

presso 1 Romani scegliamo 1 seguen-


esempi: usati
Da ti quelli
o di terrò;
Nelle nozze davasi alla sposa un anell
dello sposo le dava no le chia-
nel riceverla nella casa
do ne usciss e m caso di ri-
vi; e le si toglievano quan pudio, . .,
il pugno.
Si contraeva un impegno con lo strmgere
contr atto di mand ato col dare
Conchiudevasi il
la mano.
lanciare un
Il turbato possesso denunciavasi col
contr o il muro illeg almen te alzato.
sasso
ssione di un
Quando si contrastasse della posse
due parti si pren deva no le mani , fingevano
fondo, le
andavano a cerca re una
una specie di lotta, e poi
zolla del fondo contrastato.
l'erede faceva scoccare le
Per adire un'eredità,
dita, digllis crepahal.
rompere un ra-
Interrompevansi le prescrizioni col moscello. , r • J"
diceva:
Per assumere uno in testimonio, gli si
Licei, gli si replica
Licei antestari? Se rispondeva
toccan<logli l'estr emità dell orecch io.
va Memenlo,
un figlio dando -
Il padre di famiglia emancipava
gli uno schiaffo.
sollevare un
Si rincarava a un'asta pubbFica col

' ° Il debitore che faceva cessione dei suoi beni ai


l'anello doro.
creditori toglievasi e deponeva
ncia re che si vend eva uno schiavo sen-
Per annu
vend ita col cappello
gara.ntirlo, lo si esponeva in
za testa
in
— 907 —

Chi reclamava un mobile, lo pigliava con la mano.


Erano talmente obbligatori questi riti, che ne
venne la sentenza legale. Qui cadit a simbolo cadil
a loto.
Simbolo.
Figura o immagine che serve a indicare qualche
cosa, sia con l'aiuto del disegir.o, della pittura o
della scoltura, sia per mezzo di espressioni figurate;
ed è una rappresentazione delle cose morali con og-
getti sensibili. Il Cane è simbolo della fedeltà; la
Colomba dell'ingenuità; la Volpe dell'astuzia, ecc.,
ecc. Nello studio delle medaglie si chiamano simboli
certi segni emblematici, certi attributi propri di qua-
luntjue persona e di qualche divinità: il tridente è
simbolo di Nettuno; il pavone, quello di Giunone;
una figura appoggiata sopra un'urna, che versa ac-
qua, rappresenta un fiume. Le città hamno pure il lo-
ro simbolo sopra le medaglie. Nelle religioni, i sim-
boli sono di uso continuo, specialmente in quelle del-
l'Egitto, dell'India e degli antichi Greci. Lo studio
di questi simboli e del loro significato è importante
per conoscere la mitologia, e venne chiamato col no-
me di simbolica.
Simone^ San).
Apostolo. — Croce, p>erchè crocefisso. Sega, stru-
mento del suo martirio. Vedi Apostoli.
Simulazione.
Datura stramonio.
Sincerità.
Figura allegorica rappresentata de una donna che
tiene una colomba contro il seno, e un cuore sul pai-
_ 908 —

, le cm cenen. conte-
mo della mano. - Diaspro. Felce
zzate per - fabbncare^l
nenti molta potassa, -no utili
vecc hio prov erko che la venta
vetro; e dicendo un
la felce fu presa
trova;i in fondo al bicchiere, cosìtto.
come simbolo della since rità. Viole

due
^'NeirOdissea le Sirene vengono descritte come
mare, e con la do cezza
fanciulle che stavano in
te i naviganti, che
del loro canto allettavano talmen
fermi sul luogo, mimo
per ascoltarle essi rimanevano
vi morivai io. Ulisse , per consiglio di
a tanto che
nave e turo di
Circe, fecesi legare all'albero della
onde egli po e
cera le orecchie dei suoi compagni
alhnfl uenza di qu e
sentirne la musica e sottrarsi
delle Sirene fu m seguito
affascin,atrici. Il numero da
quah furono dati vari nomi
cresciuto a tre, alle
e hghe di 1 ei-
diversi scrittori. Dicevansi comunement e di Acheloo
do altri, di Melpo mene
Lre o, secon
Furono da Giunone istigate a contendere co« le
iarono oro le ah
Muse, le quali le vinsero e stracc
rappre sentat e col viso e a
di dosso. Le Sirene sono
dal mezzo in gm
Ita del corpo di fanciulla, ma
danno anche ah e
: forma di pesce. Alcuni le
o col viso di tau
piedi di gallo; aUri le rappresentan
di esse cantava; un al-
cblla e il corpo d'uccello. Una
la ira. Alcuni vogho-
Ta suonava il flauto; la terza
ro il fascino che 1 arte
no che le Sirene raffigurasse
e che c-tasse- le ve-
esercita sull'animo dell'uomo,
degni, esaltando m
re lodi di coloro che ne erano
le prendono per la bel-
quelle le virtù. Altri invece
la lascivia e gli allettamenti delle mere-
— 909 —

trici, anzi per le stesse meretrici, e si finse che can-


tando addormentassero i naviganti, e che accostatesi
alle navi, li uccidessero poi, perchè così avviene ai
miseri i quali vinti dalla piacevolezza delle rapaci
donne, chiudono gli occhi dell'intelletto, così che esse
poi fanno ricca preda e quéwi li divorzuio. Perciò
gli antichi qualche volta le dipinsero in verdi prati
sparse di ossa umane, come se con ciò volessero mo-
strare la rovina e la morte che accompagna, ovvero
vien dietro ai lascivi piaceri, e SF>ecialmente quelli
delle meretrici; le quali in viso e nei gesti sembrano
vergini, come Partenope, e in apparenza sono ben
ornate, ma impudiche come Leucosia, e nelle parole
sono dolci e lusinghiere come Ligia, cioè le tre Si-
rene. E' da notare che F>€r essere fatale il canto delle
Sirene, esse divennero quasi Geni della morte, p>er
cui invalse la consuetudine di riprodurne le figure
su monumenti sepolcrali. Vedi Eloquenza.
Siringa.
Pianta, chiamata ar.che /(7/à, che fiorisce in pri-
mavera ei suoi fiori spandono un odore soave. Vedi
Giovinezza — Primo amore.
Siringa.
Ninfa, la quale inseiguita da Pan, che se n'era
innamorato, fu per compzissione degli Dei cangiata in
canne. Vedi Pan.
Sisifo.
Figlio di Eolo e di Ejiarete, sposò Merope, figlia
d'Atlamte. Promosse la navigazione e il commercio,
ma fu fraudolento, avaro e di pessimo carattere. La
sua malvagità fu punita severamente nel basso mon-
— 910


spingere i-«santemente
do. ove fu condannato a

,„es.o castigo non sono egnah m tutt. ^T^^^J^

sasso. R.guardo aUa


Xdol! poi con un «rosso
sua morte, fra altre trad,z>om. ices, *= C^J/'^f.
vendkam del suo tradmento,mcat mando l^M°^e; che S-
rius cì a enar la, m modo
sifo il quale però
liberò e S.>fo st«so
nt'uo morì finche Marte la
moghe A non sep
"prò. Prima di morire ordinò al a
and o fu ade mp. uto e S,s,fo a-
pellirlo. Questo com se hcenza a PW
obe
gnandosi di essere trascurato, la moglie. Se
mon do per pum re
ne di far ritomo al
do supenore, non voi-
non che Giunto che fu nel mon
o finché Mercur.o ve lo
e pa ara ritorno all'Avern tradimento vuols, fosse
trascTnò per forza e ques to
una causa del suo castigo.

musicale degli antichi E^ziani,quale,che l'a-


^' Wento d-
doperavano peril culto di «<Jc (ve*), la
cesi, l'abbi a invent ato.
Siva o Sivah. ^ . , i •

Questa divinità, chea,è la personificazione del prm-


ciD ^ dist rutr ivo. form insi eme cogli altri due Dei
Indù. 1 culto odie^mo
BràLt e Visnù, la triade degli
di Siva è diff eren te di quel lo dell antico. ^^ ^^'f ^
Mah ade va (nome di S.v )
pL noto. E nel primo.
razione anziché della di
l rappresentante della gene resenta
ti, il culto del tipo che lo rapp
— 911 —

come principio vi\ificatore, il linga (fallo), pietra ne-


ra e liscia in forma di cono, con proiezione alla base,
simile alla bocca di un cucchiaio, è diffuso per tut-
ta l'India. Molte sono le altre sue forme, e variano
secondo che gli attribuiscono la qualità di creatore,
conservatore, distruttore e rigeneratore, o lo rappre-
sentano nei suoi vari avatari (incarnazioni), otto di
cui sono chiamati col nome di Bha'iTova e coi nomi
speciali di Asitanga ,Rura, Caindra, Crodha, Unma-
ta, Cupati, Bhisciama e Samhara, tutti alludenti a ter-
ribili qualità della mente e del corpo. Egli è talvolta
rappresentato con due memi, tal'altra con quattro, ot-
to o dieci, e con cinque facce, ha un terzo occhio in
fronte, i cui amgoli sono perpendicolari, cosa a lui
speciale; una mezzaluna nei capelli o sulla fronte,
la quale gli circonda il terzo occhio. Quajido MaJia-
deva \-iene rappresentato in questa maniera, ma con
un solo capK), esso ha quattro mani, in una delle
quali tiene un pasa, il cui uso è di estrarre l'anima
dal corpo degli uomini quando è giunta l'ora, ed è
un attributo comune a Jama, Dio della morte; con
un'altra sostiene un tris^ula e le altre stemno in atto
di benedire. Talvolta è rappresentato sotto la forma
chiamata ArJha-Nàri, cioè la metà destra del corpo
d'uomo, quella sinistra di femmina. Come Bhaùrava (si-
gnore dello spavento), egli è terribile a mirarsi; gran-
di zanne escono dalle sue grosse labbra; i capelli,
rigidi e ritti, gli danno un terribile asp>etto, e ha
una collana al collo rattenuta nel suo cadere da mol-
tissimi serpenti che gli si avviticchiano intomo al cor-
po. Siva è pure il Dio della giustizia. Nel quale ca-
_ 912 —

iota, simbolo della giu^


ratiere egli cavalca un bianco
so con una scure m mano
tizia divina, e vedesi spes
pitture è sovente rappre-
con la co da sacra. Nelle
com e ^ cene re e con un colo az-
strofinato jidi miacanla
enta
sent to zurro.^°
alo 11 soprannom e ui az-
collo e<'li
(dalJ^ll'aver
mem ora zio ne dell ave r e„i
zurro) gli fu dato in com min acc iav a di
nacque dal mar e e
bevut I veleno che uma no.
distruggere il genere

smeraldo. Vedi Casiiia -- - Cherubini - For^ --


sta {San ) Speranza - Vagì-
nità. anni Evangeli
Giov

soavità dall'asprezza.
allusione a cosa pva
Sparagio col seme maturo; a
da una spiacevole e aspr
cevole e soave derivata
Zte il seme, prodotto da una P-^Nel ^ -^^4^™;
li tene ri e gust osi. la Beozia le
Tato dà germog
nate di -mi d asparagio
pt; novelle venivano coro to avesse sopportato la
mari
oer significare che se il
^J^selvat ich ezz a e asp.z.dolc^^^ e ^^^
e piena
In a.
tezz seguito gustato una vita

/im ausiu.
Credevasij^ll' chezzaa. pietra
nhriaquest
che avesse !a
^°Am ^,a. Cammello, ri
dall ubr iac hez za ^
virtù di preservare

animale senza sete.

de-
oda e senza allacciatura
^T.àe di scarpa com com .o rom am.
e, di donne e
- 9i3 —
I socchi delle donne erano più eleganti e ornati.
Vedi Commedia — Imene — Talia.
Sofista.
Chi per convincere usa argomenti fallaci, vizio-
si. — Granchio di mare, similitudine derivata dal suo
modo incostante di andare, ora di traverso, ora in-
dietro e ora innanzi ; al pari dei sofisti che, quando si
vedono stretti e vinti da qualche validissima ragione,
per vie torte e traverse ritornano sull'argomento, dan-
do da far più di prima, volendo seguirli nei loro
ragionamenti viziosi. Rana. Si vuole che nell'allusio-
ne biblica alla pioggia di rane, queste raffigurino le
ciance dei sofisti e la loquacità dei dialettici, sia per
la pertinace e acuta voce delle rane, senza alcun si-
gnificato, oppure perchè amano vivere nel fango, l'u-
ao e l'altro, proprio ai sofisti.
Sofonia.
E' il nono dei profeti minori. Vedi Profeti.
Soggezione.
Uomo che conduce un cavallo per le briglie. —
Carta bianca.
Sogg log azione-
Giogo di ferro. Gli antichi solevano far passare
i vinti, spogliati dalle armi, sotto una specie di gio-
go, consistente in due aste conficcate in terra e una
terza legata in cima a quelle.
Sogni.
Deità sottoposte al Sonno; e a cui si davano le
ali, e si ritenevano sempre pronte a partire al minimo
"enno. Vedi Sonno.
58 — O. RoNCHBTri.
_ 914 -

Vedi Ambrogio {Sanf).


Soldati.

na,; galli, non,e preso da. po-


^°S l^arl, ^Ha-
poli :delti ptrl p cimieri che port o sul-,
avan^
^^^
1 llii Cari per certi
retoo per ornamerrto. S, vuc^e .^^^^ . ^_
ad ^
galli nascessero m rersia,
bero il soprannome.

\^ane coi di soldato alla


obbligatdio giù-
*°C af "col collare, segno rollare è simbolo

'^^ "\oTrrrairotbetn.a, U cane, deiruffi-


deve ess.e
Td? oltr ir;uale Pr-ipalmente

tosto similmente
roe; s. 7P--^"%,ti
ai soldati i "quali
q quantunque tal-
^^;^
e si con ten dan o tra loro,
volta alterchino
o il nemico comune.
concordamente assaltan

«tr /i^Quale simbolo di ^ ™>eJeUa


^, e del valore; la cu, figura --f ^^ V' l„
ti dai somat
scolpita negh aneli, porta
scarafaggio era anche ir^egna ^e. ^- - ,_^^ ^,

■re
fem ata. CrdLo^
minT:n lredalcunadebole«aet

il governo e la tute!
Asilo Gli antichi gli diedero

fecero signore di tutte le vm


— 915 —

se: il sole occhio del cielo vivificatore; Eraclito lo


chiama fonte del lume celeste; Platone lo dà figlio
di Dio; Giarablico immagine deirintelùgenza, ecc.
Omero e Aristotile dissero, che tali sono i moti no-
stri, quali li porta ogni giorno il sole. — AnimaH:
Leone radiato, emblema della forza del sole. Spar-
viero, geroglifico presso gli Egiziani della virtù fe-
condatrice del sole; perchè ritenuto fecondissimo. I-
noltre si credeva, al pari del sole, che si congiunge
ogni trenta giorni, che lo sparviero, trascorso questo
spazio di tempo, desiderasse la femmina. Tigre, pres-
so gli Indiani, che onoravano per aunore del sole, e i
quali mangiavano soltanto le parti deretane della ti-
gre, e ciò perchè volevano che quest'animale, app>ena
nato, alzasse i piedi davanti verso il sole nascente,
come per adorarlo. — Vegetali: Rapa, consacrata
dagli Egiziéuii al sole, in opposizi<Mie alla cipolla,
consacrata alla luna. Essi paragonavano il corpo del-
la rapa all'immutabile aspetto del sole; mentre as-
similavano levarie squame della cipolla alla varietà
di forma della luna. Perciò nel tempio di Apollo Del-
fico era dedicata una rapa di piombo. — Diversi:
Diamante, dedicato al sole. Disco, come lo mostrano
le deità egiziane.
Vedi Chiarezza — Dio — Eternità — Fama
oscurata — Cesù Cristo — Gravidanza — Materia
e forma — Tommaso d'Aquino (San) — Unità —
Verità — Verità della religione — Vita umana.
Sole.
Dio re della luce, colui che tutto vede e ascolta,
con la sua luce penetra nei più segreti luoghi, disco-
_ 916 -

p„ quel che 4 nascosto e.cas.i.. anche | ^^^^f


Peraò era invocalo ne, 8"»"'™'' ;, ""^ di cui
Gli antichi Sii d«iica«no una »o, «ale, ^^^^,_
Ovidio così ne parla Era '^ "!» ,isplenden-
cata
le perconla altissinre
chiarezza"Wjne ^t e ^^^'^'J,^^^
de pirop» ^el
^^ ^ lar„peggia-

""^'^-riltri tele. ::«oa'avorio. eie

::f ■•uilCandi -i ^e^ClTr Vt"-


, si vedeva ^"[VoeirrTni Tritone .ronrb.,
tiere di iNeuu nu, Eli„*»! con
one! aca nd,
ua ledelgrama-
f^i Netno Pròteo ed
braccia; Doride mezza "«7='^^"^' j ""ok. Eranvi
re, e mezza fuori co,, verd, "P'"' / ,,X„ £ ol-
"no ddl a - b
.colpili diversi pesci d,s^.h
.,e c,à vi erano -^''^'^XTrleTZ^, ne, c,uaU
e le fiere eh^'^"" 5^',\^„'^ t e le innnagini del
abitano le N,„fe; > De. campestn ^ ^^^
cielo se, segm dal 1^'° f- " /,^rive anche la
sei dal s,n,stro. In seguito .' r^ , i^i stava
maestà reale e , -- "-'!: ^ota Tn un -ggio "lu-
^^._
il Sole vest,to e velato d, porpor
cente di ="""»«■■,=. "^ l^^irvi aveva ancora
stra, i Giorni , Me. e * -^^ ^J, ,,„„,„,ano
,1 Mondo col Secolo e le Ure M j. ^^^

come il ten^o Irascorre '" '«- ^"^ ^^^ „„, coro-


,ald„ si vedeva m-^'■j';'^.^E^e:on ;„ ,^„ u„a
— 917 —

di vino, e il freddo Inverno cor capelli irrigiditi dal


gelo. Quindi descrive il carro del Sole: D'oro era
l'asse, e il timone d'oro, d'oro anche il cerchio del-
le ruote, e queste d'argento aveano i raggi, il cui la-
voro contenea in se mirabili cose belle. Si ricche gioie
avevan sopra di loro sparse, come nel ciel le vaghe
stelle: ricche perle, e bei rubini distmti, risplenden-
ti crisoliti e giacinti. Questo carro era tirato da quat-
tro cavalli, chiamati Piroo, Eoo, Eto e Flegone. O
ra il carro così lucente raffigura il moto del sole mai
interrotto, con la luce che mai non manca nel gira-
re di tutto il mondo. Le quattro ruote dimostrano che
le quattro stagioni dipendono dal suo girau-e; così
anche i quattro cavalli figurano le fasi del giorno:
Piroo (rosseggiante), che è il primo, è rosso, p>erchè
il sole quando leva ci appare rosso; Eoo (risplen-
dente), ilsecondo, è bianco, perchè il sole innal-
zandosi, dissipati i vap>ori, si mostra splendente e
chiaro: Eto (ardente) il terzo, è d'un rosso ten-
dente al ramciato, perchè a mezzogiorno il sole mo-
stra una luce ardente e infiarrmiata; Flegone (ama-
tore della terra), è d'un colore giallcistro tendente al
bruno, per mostrare la declinazione del sole verso
terra. Martiano, oscuro poeta africano del V se-
colo, così descrive il Sole stesso: Ha Febo in capo
una corona di dodici gemme lucidissime, delle quali
tre gh adornano la fronte, e sono lincurio, carboTi'
chio e ceruano; sei gli stanno d'cimbo i lati delle tem-
pie, che sono smeraldo, scithi, diaspro, giacinto, den-
drite, elitropia; le altre tre, chiéimate feracità, dia-
mante e cristallo, sono nella parte di dietro della co-
tona. La chioma ha così che par d'oro; la faccij»
— 918 —

,, .„„ primo a«,arire ^r^ ^ Sa^o'^rhl;


poi feroce giovane, i;'^^ ^^^ * £1,. e ha !e
p„e
penne a ai-'"f^^Xdfadn
pie* ornati ai issimi carbonchi. I-
porpora, con
d. pon» ^^
noltre ha un raanlo tessuto d oroe
la sinistra n,ano_ tiene ^j^'^X ardiri pietre pre-
destra porge un'accesa ^^f ' ^^'^j^^li. raffigurano
riose che ornano la corona, le '^ *«"",^ ' ,„.;

rr- « h:c:i:'n:^™àeI"etm ÌVgiantr rap-


:::;a'Vr ca^Whj>, Pnr ro«o
di lu,no; i,
nta ,1 gra^^
l più fulgido della p™a;app^e
f '°M' fu^o : 'SnàènTe: 'appresenta il me-
ra -
a sinistra de a co^ne
: r osi U tre piefe
B,nrano la ''"--^ J^^r il 'panmenti verde
presenta , mese di mar^o. ,,^p,a , e il
diaspro,''h:
che'èe ve me
V Xm^ciiiato ^^ maggi
'^di diverbi colon o,
, spe-
r'
ciahnente
Le pietre dia rosjo
destra -pprese"U
del a -1 rn^^^^^^_^ ,.^^_
,appresenta
tunno: il «iacinto di «lor g^au H y ,,„j,
dendrite di u _
i, ^ese di settembre, la
,i„ile ali-acqua pura, 'W-^f ^J ^ 1 '--• "P"
l'elitropia. di color verde eWro^str a ° ^^^^^ ^^^^
presenta il mese di novembre. Le pie. ^. ^^,^^
corona "«^'!"^° ' '"X' di penne di sparviero,
variato, nereggiante a ^L,^.^^ ji„„l, , i, dia-
rappresenta 1 orrido e '<' ., ,^„^,„,o gen-
_
mante, bruno e nero, raw
naio; il cnstallo. il -^ ^^J^^^J^'^tda d. Febo
cinando alla P^^^^^^f" .V e a^ua giovinezza ma-
risplendenti, e la sua ^
— 919 —
nifesta la virtù del sole, e che il calore che dà vita a
tutte le cose create è sempre il medesimo, ne invec-
chia mai tanto da indebolirsi. Lo scudo che porta,
rappresenta il nostro emisfero fatto in circolo. Tal-
volta al Sole si dava in mano delle frecce o una
lira a sette corde; simbolo, le prime dei raggi sola-
ri; la seconda, dell'armonioso movimento dei sette
pianeti che girano intorno al sole, conosciuti dagli an-
tichi. Nella mitologia Indiana, il Sole aveva un car-
ro tirato da sette cavalli, forse per alludere alle lo-
ro divisioni cosmografiche, in cui regna questo nu-
mero.
Solidi geometri. Vedi Geometria.
Solitario.
Lepre che s'appiatta nel covo; non trovandosi più
di due nello stesso covile, e le coppie si segregano
lontano l'una dall'altra. Pettirosso. Dicesi che que-
st'uccello ama talmente la solitudine, che raramente se
ne trovano due in una medesima selva.
Solitudine.
Figura allegorica rappresentata da una donna se-
duta in luogo deserto, con un libro nelle mani. —
Animali: Passero, vicino alla suddetta figura alle-
gorica. Pellicano, simbolo biblico. — Vegetali: E-
rìca comune. Pianta che cresce nei luoghi solitari. Li-
chene. Poligala.
Sollazzo. Vedi DivertimeTìto.
Sollievo-
Achillea millefoglie, le cui foglie pestate si appli-
cano sulle piaghe e sulle ferite.
Sommissione.
Cadavere. S. Ignazio di Loyola, pose a base dell?»
_ 920 —

vere; volendo ^^V^^^J^^^^^ ^,ere sottomessi cieca-


la compagnia ^^ ^^^^^^^ i.^i, senza opporre
mente alla vo lon a dei ^^J° ^J^ Testuggine, a

la.
Uomo.
Sonagli. Vedi Follia —

^f:ft:Z\^. dicesi, presa sen«,re da ^


prò-
sulla sp.a«g,a dormendo
nte. si sdraia
bile sonno,
fondame

no che "^a il
^TiX di Èrebo e della Notte. Dico
,„„'^;tla.zo in un luogo deserto = -"-' •.^IJ
„ggi del sole non P™-'»™" ^^ \^l, conci-
suo palazzo era ornata * J^P^^^'^' ^.scorreva
Banti il -"™^ "^rJ °^e°o Lnnorio delle
i„,„mo, e -" - -f ;\f,,L' in una sala steso su
sue acque_ll ionnose j. ^_^_^, ^„,
un letto d ebano e * P""' ,^"[^,i e Morfeo, suo
^^^
I Sogni gli stavano mtorno sdra.at, e
Principal ministro, stava v^'>""*° f 7P„ale ogni
Ln si facesse '™°- «"nT à^^sando continua-

rteTrr9alf ^ .anjda, v«^^^


::;deuior„„.,e
— 921 -

in xina mano teneva un corno, nell'altra un denfe


d'elefante. Il corno rappresentava i sogni veri, che
mostrano le cose nella loro reale apparenza; perchè
il corno assottigliato diventa trasparente; mentre il
dente d'elefante rappresentava i sogni falsi; perchè
l'avorio anche assottigliato quanto si vuole non di-
venta mai tra^arente da potervi passare la vista. Vir-
gilio finse che due fossero le porte per le quali ci
vengono i sogni, l'una di corno, l'adtra d'avorio, e
per quella passano i sogni veri, per questa i falsi.
(Alcuni raffigurano i sogni falsi intomo a un olmo
tutto cc^jerto di strani mostri). Talora il Sonno ha
una verga in mano, con cui tocca i mortali facendoli
dormire. Oltre a Morfeo, il solo che avesse forma u-
mana, il Sonno aveva per ministro anche Fobelore,
che fa ap>parire ogni specie di bestie; e un terzo, che
fa vedere terra, acqua, sassi, alberi, monti, piani e
ogni cosa inanimata, chicunavasi Fanlaso.
Fiaccola capovolta, come si vede nelle lapidi e
monumenti sepolcrali; simbolo del rip>oso, quiete. Lin-
gua posta sopra un altare. Gli antichi, prima di an-
dare a dormire, usavcuio bruciare a Mercurio delle
'ingue; e dopo aver bevuto gran tazze di vino in
onore di questo Dio, ne gustavano di nuovo dei-
altro; p>oichè si voleva che Mercurio rappresentas-
se il parlare, di cui l'orgamo è la lingua, la quale,
quando viene il sonno, tacita rip>osa. Marmotta. Pa-
pavero.
Vedi Inferno dei poeti (Sackeville).
Sopracciglio. Vedi Pianto — Severità.
Sorbo.
Piccolo arboscello ch^ cresce con grande lentez-
— 922 -

za e non fruttifica se non quando è giunto a una da-


ta altezza. Vedi Prudenza.
Sorgente. Vedi Isidoro (SanC).
Sorpresa.
Arnica.
Sorte.
Figura allegorica, rappresentata in una giovinetta
assai loquace, che non sta mai ferma, leggera e snel-
la, con le vesti gonfiate davanti, come agitate dal
vento. Alcuni vogliono che corrisponda alla Fortuna.
Sortilegio.
Circeo. Pianta celebre nelle evocazioni magiche.
Sospetto-
Personificato, vedi Calunnia — Fungo. Essen-
do molte specie di funghi velenosissimi, devesi sem-
pre essere molto guardinghi prima di mangiarli.
Sostegno.
Architrave.
Sottomissione. Vedi Sommissione.
Sovranità.
Ciglio, perchè nato dal latte di Giunone. Nimbo,
presso i Cristiani.
Sovrano.
I sovrani hanno per attributi: Corona, potenza,
Globo crocifero, impero. Manto doppio d'ermellino,
maestà. Mazza ferrata, forza armata. Porpora, co-
lore e vestito, dignità. Scettro, segno del potere. Tro'
no, autorità.

Spada. */edi Adriano {Sant') — Angelo — Astrea-


Avversità — Bonifacio (San) — Caterina d'Ales-
sandria i^Santa) — Cecilia (^Santa) — Celti — Co/-
— 923 —

lera — Davide — Discordia — Età del ferro —


Eugenia {SanC) — Federico {San) — Ferdirrando
{San) — Giacomo il Maggiore {San) — Giovan-
ni Battista {San) — Giuditta — Giustizia — Gla-
dio — Marta {Santa) — Martino {San) — Mas-
soneria — Mattia {San) — Rap'ma — Scimitarra
— Susarma {Santa) — Taddeo {San) — Tirannia-
Spada fiammeggiante. Vedi Elia — Fortezza
— Massoneria — Serafini
Spagna.
Coniglio, emblema che figura in alcune medaglie
di Adriano. Figliuol di Spagna di conigli piena; dis-
se Catullo. Cenone.
Spalla. Vedi Forza.
Spanna. Vedi Brevità della vita.
Sparagio. Vedi Soavità daW asprezza.
Spargitore di sangue.
Sanguisuga, simbolo d'uomo crudelissimo e san-
guinario.
Sparviero. Vedi Anima — Apollo — Aria — Bas-
sezza — Niso — Rapacità — 5e/i — Sole —
Velocità .
Spavento.
Aro serpentino.
Specchio. Vedi Fede — Maddalena {Santa) —
Prudenza — Saggezza — Vanità — Venere —
Verità — Vista.
Specchio di Venere. Vedi Campanula.
Speranza.
Divinità allegorica. Era sorella del Sonno, che so-
nende le nostre pene, e della Morte, che le finisce.
— 924

vaso di Pandora, vi n-
Quando Epimeteo apri i\
cons olare gì. uomm,. Rap-
Sse la sola speranza per
sotto la figura d, una naco-a
^eltasi in lersi modi, sorrKlente, coro
vane Ninfa, dal viso sereno e
ten end one un maz zo m mano. In
dHorinascenti e
figura con un grgl.o m ma
una medaglia di Adriano,
nte ,1 lembo d=l-
""e con I-altra mano rialza leggerme
ata - papave^ e
a veste. Venne anche rappres^t
una stat uetta della VrUorra
spighe in mano, oppure chmsa che, ^-ondo »1
talora con una certa c^a

«ppresentaziom antrche '» ^^^"^^^hrC""^ virtù


a una rocca sormontata d- 6°" = J^« „^ji„„i,.
cristiana, il medio evo la W'^J''^ ^i ^j^^m al
mente appoggiata a ™ »"^°"'. '^^' TcrUto, spe-

questa della giovinezza, qu,nd, .-^-"^ /Pf^^^^^^^.


ccpnvano
funerah di
Uoliti nei speranza ■ m^. * Wc^._,
un
spino, nella

pietra dedicata alla speranza.


,,, Smeraldo,
— 925 —
che conchice la nave in porto. Verde, colore proprio
alla speranza. — Vedi Nuova speranza.
Speranza certa nel dubbio.
Anguilla involta in foglie di fico; perchè queste,
con la loro ruvidezza, non la lasciano sfuggire, come
lo p>otrebbe se presa direttamente con le mani.
Speranza in Dio.
Pesce e ancora, combinati in forma di croce: sim-
bolo frequente sulle tombe dei primi secoli del cri-
stianesimo.
Speranza perduta.
Nespolo.
Speranza vana.
Mani tagliate, simbolo dell'impotenza delle opere
che talvolta manifestano i vani e falsi pensieri, e le
passeggere speranze degli uomini di riuscire a un fine
prestabilito.
Spese pubbliche e private.
Disco. Si vuole che certi dischetti, in forma di
monete, che talvolta si vedono scolpiti sulle pirami-
di o gli obelischi, si riferiscano al danaro speso per
questi monumenti, e se questi dischetti sono disposti
in cerchio, la spesa fu pubblica; mentre, se scolpiti
con un certo ordine lineare, fu privata.
Spettri.
Tutti i popoli hanno creduto agli spettri. I Cinesi
hanno i loro l^uei-scin, o mani, distinti in ffuei e in
scin, provenienti questi dalla parte più sottile dell'a-
nima, quelli dalla parte più grossolana, che éq>par-
tengono talvolta ai vivi, e ai quali si offrivano sacri-
fizi. Questa è precisamente la dottrina di Aristotele,
0 almeno di Teofrasto, suo discepolo. Secondo essi
_ 926 —

sono l anima,
l'uomo era composto di tre parti, che
e per conse guenza im-
sostanza spirituale, semplice, scom-
. fatto di parti e facil mente
mortale; il coipo
e spirito, specie di^ mediatore
ponibili, lo plast|co "-
più sottili deg i
sultante dall'intima unione delle parti
perciò prima di
elementi, e lentamente scomponibile,
errar e press o i luoghi cari
venire distrutto, gli piace
creat ura umana che vivificava, l
una volta alla due
loro ^ettr i m
Greci e i Latini distinguevano i
classi, che sono le larve e i lemuri (vedi): piace^
vvive nti per tare da
yansi quelle mostrarsi ai sopra
lia, prote ggend ola o avver-
Geni tutelari della famig non potevano da
tendo la dei mali immin enti quan do
Plauto fa appa-
se allontanarli. Tale è la larva che
rlre nel prologo di una suaggios commedia, la ^^f^J^^'
vanta o alla sua famJgha.
bina un matrimonio
il giro intero
Del resto, questa credenza ha fatto
ancor a viva in Iscoz ia e in Bretagna.
d'Europa, ed è
di tormentare i
All'incontro i lemuri si compiacciono
a loro far del male
vivi sebbene ai cattivi solo riesc per
perso ne vizio se morte
Erano queste le anime delle di-
sepol tura. La medes iina
violenza o lasciate senza e con-
ri in benef ici e malet ici si
stinzione degU spett neHe leggende che
servata nel medio evo; e si vede
e chied ono preghie e.
gli uni danno buoni consigli, o di peccato
no le perso ne in istat
oli altri perseguita
spettri urono spesso
0 compiono u'na vendetta. Tali con tanta cupa ener-
evocati sulla scena , ma da niuno
'^m/eio. Cardano ha
già come ha fatto l'autore del
apparizione d^h P^-
cercato di spiegare fisicamente dai corpi putretatti.
tri Le esalazioni provenienti
o m maniera da
dic'egli, si condensano di notte tem,p
sistema era già quel-
ffigurare il defunto. Ma questo
— 927 -

lo di Euripide. Paracelso attribuisce tali apparizioni


agli spiriti elementari; e i magnetizzatori al fluido
magnetico. Altri fanno entrare l'opera del demonio.
Spiede Vedi Cacciatori — Uberto {Sant').
Spiga. Vedi Abbondanza — Adamo — Africa
— Agosto — Astrea — Buon Evento — Cerere
— Corona di spighe — Età dell'argento — Eu-
carestia — Giuseppe — Lavoro — Luglio —
Pace — Raccolto.
Spillo. Vedi Sfortuna.
Spine. Vedi Benedetto {San) — Corona di spi-
ne — Crudeltà — Età del rame — Francesco
d'Assisi {San) — Scelleratezza.
Spirito maligno.
Aquila che, secondo S. Gregorio, rzipisce le anóne.
Quest'uccello, vedendo nel suo alto volto i pesci, ca-
la velocemente al basso e li rapisce. Il j>esce qui è
preso per simbolo dell'anima.
Spirito Santo.
Terza persona della S. S. Trinità. Secondo S.
Bernardo apparve visibilmente in forma di colomba
sopra a Gesù Cristo battezzato, in forma di lucida
nuvola, nella trasformazione di Gesù Cristo; in for-
ma di una specie di fiato, e in forma di lingue di
fuoco. — Colomba. Dito. Nell'Evangelo, dove il
Salvatore dice: Se io scaccio il demonio col dito di-
vino, senza dubbio alcuno è pervenuto in voi il regno
di Dio, S. Gregorio vuol vedere nel dito un simbolo
dello Spirito Santo. Inoltre S. Girolamo parlando
della divina essenza, afferma che il dito per il nu-
mero dell'unità si piglia per lo Spirito Santo, il quale
_ 928 —

.
frequente nella Bibbia

"^ir^orSolo biblico: n. Proverbi si le^:


fiaccola dmna.
Lo spìrito dell'uomo è
Splendore del nome.
/ ucerna Simbolo presso gli antichi di un uom

restai, mart,.
r tanti lum i d'umn™ illustri s.ano
Sp og li at op e.
la.
Uomo con la lancia m spal
Sport.
Coda di volpe.
- Eustachio {bant).
Sporta. Vedi ^bacucco
Sposa. Vedi A^ozze.

mani.
Spregio.
Genziana giat/a.

ezzln
sprAnui atone le . -.L ng
delcchia
e corna
iu
aquil rermae^e
a ri ^^^i^^

::rch: rcota^.i>^a a.^^^^^^^^^


^rcr'.e o«.e aella cor.
— 929 -

nacxhia, queuito farebbe un elefante di fronte a una


zanzara.
Sprone. Vedi Vigilanza.
Spugna. Vedi Armullamenlo — Bevitore — Deli-
catezza.
Sputo. Vedi Aborrimento.
Squadra. Vedi Architettura — Massoneria —
7 ommaso {San).
Stabilità.
Ancore, due, con cui fermata una nave, resiste al-
la furia della tempesta. Diamante. Nasturzio acqua-
lieo. Nero, colore.
Stabilità negli affari.
Uomo che guarda un toro nei pascoli, simbolo di
chi è stabile e fermo nei propri affari.
Staccio- Vedi Benedetto (San).
Staffile. Vedi Ambrogio (Sanf) — Caterina
d'Alessandria (Santa) — Filomena [Santa) — Ira-
condo — Rigore.
Statile.
Ninfa éunata da Bacco, e da lui trasformata in
vite.

Stagioni dell'anno
A ciascuna stagione personificata si suol accom-
i^agnarc la divinità attribuita loro dagH antichi, cioè
dlla Primavera, Venere; all'Estate, Cerere; all'Au-
lunno. Bacco; e all'Inverno, Vulcano oppure Eolo
:oi Venti. E con la Primavera si accompagna anche
Flora, coronata di fiori, con una veste tutta dipinta
a fiori di colori diversi. Gli antichi rappresentavano
le quattro stagioni anche con fanciulH alati. Si rap-
59 — O. Ronchetti.
_ 930 —

presentano anche con Giano rno quadrifronte. — Vedi


Aatmno — Estat e — Inve — Primavera.
Stagno. Vedi Tranquillità.
Stalla. Vedi Francesco d'Assisi {San).
{San).
Statura gigantesca. Vedi Cristoforo
Stecca. Vedi Scolt ura.
Stefano (San). ,„ ^,
Chiesa cristia-
Uno dei sette primi diaconi della
il prim o dei marti ri. Il nome di Stefano vuol
na, e
quale predica-
dire corona. — Colohio. Evangelario ato secondo
e, perc hè fu lapid
tore del Vangelo. Pietr
o i beste mmiat ori
la legge stabilita dagli ebrei contr
della loro religione.
o {San) -
Stella. Vedi Anima — Aurora — Brun
a di stelle — Dome nico di L.uz-
Celebrità — Coron
(^^^ 0 - Esplo razio ne --
man {San) - Eligio {San) -- Gravi danza
Fato - Francesco d'Ass isi
— Malat tia — Provv idenz a -
_ Italia —— Maia Temp o.
Salva mento
Giovanni BaUisia
Stendardo. Vedi Concordia--
{San) — littore
{San). — Massoneria — Michele
{San)
Stercuzio. , . ,, ,,
di Saturno, derivato dal letame peT
Soprannoi me
concimare campi.
Sterilità. ^^ , . „.
/Amman: iviuiu, nil —cui iparto era ritenuto .. tanto
Animali: Mula,
an-
prod igio so, che per simile avvenimento presso gli m-
dove va ricon cilia re gli Dei. Simb olo che
tichi si
tali: j4/beo
contrasi anche nella Bibbia - Vege e. Cli anti-
. Oliv o selva tico. Sa/ic
morto o disseccato
— 931 —

chi credevano che una donna mangiando il seme di


questa pianta diventasse infeconda.
Sterope.
Fabbro di Vulcano.
Sterpazzole.
Uccello cantatore assai comune. Vedi Madre a-
dotliva.
Sterquilìnio. Vedi Picumno e Pilumno.
Stige.
Fiume dell'odio, il principale del mondo sotterraneo,
intomo al quale scorre sette volte. Stige era figlia di
Oceano e leti; e come Ninfa dimorava all'ingresso
dell'Averne in una grotta sorretta da colonne d'ar-
gento. Come fiume lo Stige è descritto quale un ra-
mo dell'Oceano scorrente dalla sua decima fonte, e
il fiume Cocito quale un ramo dello Stige. Da Fal-
lante figlio di Crio o Crejo, Stige procreò Zelo (ze-
lo) Nice (vittoria), Bia (forza) e Grato (f>otenza).
tlssa fu la prima di tutti i mortali che portasse i pro-
pri figli a Giove invocando aiuto contro i Titani; e in
ricompensa fu accordato ai suoi figli vivere per sem-
;3re con Giove, e Stige stessa divenne la deità per cui
■>rendevansi i giuramenti più solenni. Quando uno de-
gli Dei giurava per lo Stige, Iride portava una coppa
piena d'acqua dello Stige che il Dio giurando ver-
sava, e quando uno violava il giuramento, rimaneva
cento anni privo della sua divinità.
Stile.
Strumento di ferro o d'osso a punta, con un ma-
nico a paletta, usato dagli antichi per scrivere sulla
tavoletta spalmata di cera. Vedi Calliope — Stu-
dioso.
932 —
Stimate o Stimmate.
Gesù Cmto^ Ved. {SanCafe-
Le cbque J>iaghe di - Fran cesc o d Assm ).
rìna da Siena {San ta)
Stimolo alla gloria.
ha voce
Ci^no Quest'uccello, secondo gli an ichi,
quando è incitato al ca'nt o dal vento ma-
più soave olat i al cant o dal des.deno
Hno; così i poeti son stim
di gloria e fama.
Stimula.
^che presso gli antichi stimolava gli uomini
alle''Oea
azioni.
Stirpe antica. ., „Un
iani essere ques ta pian-
Papiro. Ritenendo gli Egiz pres ero come emb lema di
ta la più antica come cibo ,
io di papiri.
antica progenia e stirpe, un fasc

nrriX^a „eUe .one. di Selenco «


rchia siriaca per es-
di Siria e fondatore della mona
ia; perciò i suo •
ser egli nato con un'ancora nella cosc fecero segnare
nti si
figli unitamente ai suoi discende
come segno naturale di
tale figura sulla coscia, quasi
quell'origine.
.
Stivale alato. Vedi Velociià
Stoicismo.
Bosso.

una larga
*'o™ame„lo ecclesiastico, che consiste in
di tre croci, le qual. sunbohcarnente
fasril ornala
d. C-st»per/.nno -
^Z^ giogo soave della legge buone ; cm e
cenza e la perseveranza nelle opere
clune la Lse Ira i cattolici, ,=l-« """^ 'uXoro
dal sentie
ell'innocenza, quando devia
- 933 —

dell'onestà e della virtù, uscendo dai limiti delle di-


vine e le ecclesiastiche leggi. Vedi Battesimo —
Pietro {San) — Uberto {SarìC).
Stoltezza.
Pecora. I Greci alludendo a uno sciocco, soleva-
no dire: vivere a modo di F>ecorelld. Riguardo alla
tardità e balordaggine di questo animale, tanto presso
i Greci quanto presso le altre nazioni, si trova il det-
to: Costumi da pecore, che i Latini altrimenti dico-
no: Essere a guisa di pecora.
Stolto.
Blito.
Stomaco.
Dito medio. Credesi che questo simbolo egiziano
sia derivato dall'uso di introdurre le dita nella gola
per eccitare il vomito, scaricando lo stomaco trop-
po ripieno.
Stoppia. Vedi Frutto delle opere malvage.
Storpio. Vedi Elisabetta d'Ungheria {Santa).
Stort£U
Vaso da stillare, col collo storto. Vedi Chimica.
Strada. Vedi Liberta.
Strage.
Ferro, allusione alle armi.
Stramonio- Vedi Datura stramonio.
Stravaganza.
Amaranto cresta di gallo. Pianta i cui fiori pre-
ientano forme delle più bizzarre.
Stravaganza paterna.
Aquila pigargo. Simbolo degli Egiziani di un pa-
dre stravagante e insopportabile verso i figli, perchè
- 934 —

strana-
ritenevano che quest'uccello si comportasse
mente coi suoi figli. Basilio condanna l'istin to di que-
st'aquila, peril modo crudel issimo di alleva re i pro-
pri piccoli.
strumenti della passione. Vedi Bernardo (San).
Strumenti di supplizio. Vedi Martiri
.
Strumenti musicali. Vedi Armonia — Euterpe
Struzzo. ,. , ,,
quest uccello
La legge mosaica vieta la carne di
dell'impero face-
come immonda; mentre i Romani naia di struz-
vano manicaretti con le cerve lla di centi
Ereti co — Giust izia — Ipocr ita — Ri-
zi. Vedi
surrezione — Sciocchezza.
Studi notturni. . ^
rne di Demostene.
Lucerna. Celebri sono le luce
d'Aristofane il Grammatico e di Cleante,^ e quella
più cele bre e la più preziosa
di Ejpitteto è ritenuta la
agli stud i nott urni e ai compo-
lucerna che si riferisce
si trova le-
nimenti di questi ingegni. In Epicarmo
cosa degna di e.-
spressione: Se tu cerchi qualche nel raccoglimento
e; cioè
sere saputa pensala di nott
e più comodo.
della quiete, in cui lo studio riesc
Studioso. ,
e lo
Fanciullo seduto con un libro aperto in mano
stile.
Stupidità. . , £
Elefante. Per quant o quest o anima le fosse ritenu-
to pieno d'intelligenza, pure alcuni lo vollero emble-
ma di stupi dità e balor daggi ne per la sua smisurata
a saocchis-
grandezza. Tertulliano lo chiama besti un oca.
sima Oca. ti' comune il detto: Stupido come
- 935 -
Suadela.
Dea del persuadere, chiamata Pitho dai Greci, e
che sovente accompagna Venere, quale simbolo del-
l'eloquenza degli innamorati che cercano di persua-
dere le loro amate a essere facili ai loro desideri.
Vedi Pilo.
Subigo. Vedi Nozze.
Sublimità-
zi fee/e; allusione all'altezza raggiimta da quest'al-
bero.
Sublimità della gloria.
Colonna, che gli antichi innalzavauio in memoria
d'uomini gloriosi s<^ra gli altri. Come sarebbe la co-
lonna Traiana e quella di Adriano. Ennio parlan-
do in lode di Scipione disse:
Quanto gran statua, e quanto alta colonna
Il Roman popolo drizza per suo onore
1 fatti tuoi mostrando, e tuo valore.
Sudario.
Panno con cui Veronica asciugò il sudore a Gesù
Cristo, restJUìdovi impressa l'immagine della faccióu
Vedi Veronica {Sonia).
Summano.
Soprannome di Giove quale scagliatore dei ful-
mini notturni.
Suocera e nuora. Vedi Viola del pensiero.
Superbia.
AmarìlUde formosa o bellis.^'ma. Collo, simbolo
dell'arroganza
le figlie di Sione camminaron
superbia. Nella Bibbia si legge che
o col collo teso.
— 936 —

Superstizione.
Viene personificata sotto l'aspetto di una donna
vecchia con degli amuleti al collo, e contemplando
un quadro in cui sono raffigurate delle stelle.
Suipplizio.
Cicuta, il cui succo era dagli antichi fatto bere
ai condannati a morte.
Supplizio capitale.
Calice, simbolo frequente nella Bibbia, che allude
al tormento della morte.
Supremo onore. Vedi Onore supremo.
Susanna (Santa).
Corona sotto i piedi, per aver rifiutato di spo-
sare ilfiglio di Diocleziano. Idolo, che atterrò, ricu-
Bando di adorarlo. Spada, con cui fu martirizzata.
Svergognata.
Donna nuda che porta sulle spalle un becco e un
agnello.
Sventura-
Saio, allusione alla guerra.
Svezia.
Catto, come insegna.

T.
T.
Lettera corrispondente al tau dei Greci, degli Ebrei
e dei Fenici. Presso gli Egiziani simboleggiava la vi-
ta, e propriamente la vita divina, e perciò vedevasi
sospesa in mano alle statue d'Iside e Osiride, i numi
più venerati in Egitto. Nella Bibbia, secondo alcuni
— 937 —

scrittori, il lau, rappresenterebbe il segno con cui


l'angelo dell'Apocalisse avrebbe marcalo la fronte
dei predestinati. Nel primo secolo del cristianesimo,
come simbolo, tale lettera era considerata un'imagine
della croce. I religiosi di Sant'Antonio sulle loro ve-
sti portavano una sF>ecie di croce troncata, in forma
di T. Alcuni eruditi pretendono che nelle liste degli
cuitichi soldati, il greco 0 (th) posto accanto ai
nomi dei medesimi indicasse la loro morte, mentre
la lettera T denotava quelli che erano ancora in vi-
ta. Vedi Tau.

Tacchino. Vedi Arroganza — Orgoglio.


Tacita. Vedi Silenzio.
Taciturnità.
Leonessa senza lingua. Narrasi che gli ateniesi
Armodio e Aristogitene, avendo giurato di liberare
la patria dai tiranni Ipparco e suo fratello Ippia, es-
sendo stata scoperta la congiura, Ipparco fece pren-
dere Leonessa, meretrice molto famigliare d'ambo i
congiurati, sottoponendola •• a vari torm«iti, martiriz-
zandola fino a morte, e ciò senza poter ottenere da
essa alcuna rivelazione. E gli Ateniesi, volendo ri-
cordare tale esempio memorabile di forza d'animo
in donna frivola, le dedicarono una leonessa di bron-
zo, ma senza la lingua. La leonessa è simbolo di
meretrice.
Taddeo (San).
Uno dei dodici apostoli. — Alabarda. Croce, per-
chè crocefisso. Frecce del suo martirio. Mazza fer-
rata, del suo supplizio. Spada, perchè decapitato.
- 938 -
Tafano.
Insetto ben noto per i tormenti che reca al buoi e
cavalli, forando loro la pelle per suggerne il sangue.
Vedi Perturbatore.
Tafne.
Dea egiziana di secondo ordine, che era quasi sem-
pre rappresentata sotto la forma di donna con la
testa di leonessa. Aveva l'abito delle donne egizie che
saliva fino ai fianchi, attaccato al collo per mezzo
di due cinture. Aveva un ornamento al collo, il tau
in mano e il fiore di loto nell'altra. In capo aveva il
disco solare col serpente d'oro.
Tagete.
Nipote di Giove. Era ancora fanciullo quando in-
segnò agli Etruschi l'arte d'indovinare. Dicesi ch'egli
fosse figlio di uno dei Geni creati da Giove, e che
fosse cangiato in fiume. Alcuni vogliono che questo
Dio etrusco uscisse d'un tratto, sotto la forma di
fanciullo, da un campo che un bifolco rivoltava.
Talari.
Piccole ali o calzari alati annessi alle cavigHe dei
piedi di Mercurio, e considerati come uno dei suoi
principali attributi. Vedi Mercurio.
Tali a.
Una delle nove Muse, che presiede alla comme-
dia. Viene rappresentata sotto le sembianze di una
bella donna giovane, d'aspetto giocondo e scherze-
vole, coronata di edera, tenendo in una mano il pe-
dum, o bastone da pastore, e nell'altra la maschera,
e sovente calzata di socchi. Talia ha per emblema
la scimmia. Portava il nome di Talia anche una del-
le tre Grazie.
- 939 -
Tallone rosso. Vedi Aristocratico.
Talpa.
Animale che passa la vita in tane scavate sotto
terra. Si suppose che questo mammifero non avesse la
vista, e ciò perchè i suoi occhi sono talmente picco-
li e nascosti sotto il pelame, che furono per lungo
tempo creduti mancanti. Vedi Cecità — Eretico.
Tamburo. Vedi Nemico della musica.
Tanaceto.
Pianta erbacea perenne coi fiori gialli e durevoli.
Vedi Amicizia costante.
Tantalo.
Re leggendario della Libia, figlio di Giove e della
Ninfa Pluto o, secondo altri, di Tmolo e padre di
Pelope e di Niobe. Oltre alla sua stroardinaria fe-
licità e ricchezza. Tantalo è celebre principalmente
nella storia antica per il severo castigo inflittogli dopo
la morte nell'Averno, di cui le cause sono narrate
variamente dagli antichi autori. La relazione più co-
mune dice che Giove lo invitò a tavola, e gli comu-
nicò isuoi disegni. Tantalo divulgò il segreto, e Gio-
ve lo pKinì finendolo
lo attaccarono nell'Averno,
a un albero dove e le
carico di frutti Erinni
in mezzo
a un lago limpido. Tantalo bruciato da una sete
ardente e tormentato dalla fame non poteva spe-
gnere la sete per il ritirarsi dell'acqua se si abbassa-
va per bere; e i rami carichi di frutta si alzavano
quando stendeva la mano per afferrarli. Scpra il suo
capo stava sospesa una roccia che minacciava schiac-
ciarlo. Un'altra tradizione riferisce che volendo egli
provare le prescienza divina, mise a pezzi il proprio
figlio Pelope, lo fece cuocere e lo servì agH Dei in
- 940 -

che Tantalo,
un convito. Una terza versione riferisce
ammesso alla tavola degli Dei, rubò il nettare e
per farli gustare ai mortali. — Vedi /i-
l'ambrosia,
);aro ricco.
Tarasi ppo. , • ^
nto ai ca-
Dio presso i Greci, che incuteva spavesi recavano
valli. Aveva un altar e roton do, al quale
Dio affinchè voles-
per invocare con certe cerimonieli ilbenevolo, prima di
se essere loro e ai loro caval
che Taras.ppo
mettersi alla corsa. Alcuni vogliono
un sopra nnome di Nettu no Eques tre.
sia
Tardo e instabile.
coi piedi
Uomo con la faccia e le mani nere, ma
bianchi.
Tartaro. . ., ^
aro era una
Secondo i Greci e i Romani, il Tart
era inacc essibile alla
parte del mondo infernale, ed pitava gU
ai venti , dove Giov e preci
luce del sole e
grave mente olteso.
Dei vinti e gli eroi che lo avevano
attor niato da mura
Secondo Esiodo, il Tartaro era o
, e sopra esso Pend evan
di bronzo e da triplice notte ro
e il mare . Pm tardi il Tarta
le radici della terra
in cui erano puniti
divenne quella parte dell'inferno
Tartaro era circon-
i malvagi. Secondo Virgilio il
dato da un triphce muro e dall mfuo cato fiume He-
era rinch iuso con porte d,i diamante.
getonte. ed
Tartaruga. Vedi Testuggine.

albero del
Albero d'aspetto malinconico, chiamato
tutto nei cimiteri. Vedi
la morte, che si pianta sopra
Angoscia.
— 941 —
Tatto.
Uno dei sensi, personificato in una donna con in
mano un uccello, tortora, e un fiore di sensitiva. —
Ermellino, dalla pelliccia morbida. Riccio dal pelo
spinoso. Questi animali esprimono le due sensazioni e-
streme che si possono provare al tatto.

Tau. Vedi Antonio (Sant') — Filippo {San) — T


— Vita divina.
Tau mante-
Figlio di Ponto (mare), e rappresenta gli aspetti
meravigliosi del mare, e sp>ecialmente quei meravi-
gliosi fenomeni celesti, a cui si attribuiva origine ma-
rina.
Taverna.
Porco, emblema di luogo da crapula e disonesto;
perchè, oltre a essere quest'animale simbolo di deli-
zie lussuriose, la sua carne, con cui si preparavano
delicate cene, si presta alla preparazione d'ogni sor-
ta di cibo, in cui furono trovati cinquanta sapori di-
versi; e si vuole che quando si cominciò a mangiar
carne, quella di porco fosse la prima.
Tavole della legge. Vedi Mosè.
Tavoletta.
Assicella spalmata di cera su cvd gli antichi scri-
\ evano con lo stile. Vedi Calliope.
Tazza. Vedi Agosto — Amicizia confermata —
Bacco — Benedetto (San) — Buon Evento —
Concordia — Ebe — Esculapio — Eufrate —
Giunone Lucina — Oblio — Temperanza.
Tela di ragno. Vedi Disuguaglianza della legge
— Opera vana — Pioggia.
- 942 —
Telescopio. Vedi Astronomìa.
Temi o Temide.
a-
Divinità greca, figlia di Urano e di Gea. Fu .
mata da Giove, al quale diede le Ore e le Parche
ap-
Temi era la personificazione dell'ordine di cose
provate dall'uso e dalla legge; perciò era la convo-
catrice degli Dei in esecuzione degli ordini di Giove,
e presidente delle assemblee del popolo. Questa Dea
rappre-
protettiice delle leggi e dell'ordine, veniva
sentata infigura simile a Minerva, ma con la cornu-
le
copia in una mano e la bilancia nell'altra. Alcum
bendarono gli occhi e le misero una spada m mano,
come Dea della giustizia. La sua bilancia fu da
Giove collocata fra" i segni del zodiaco.
Temperanza.
don-
Deità allegorica rappresentata sotto forma di
na che ha in mano un freno e una tazza. Ani-
mali: Agnello, simbolo biblico. Elefante. Si vuole
deterrni-
che quest'animale prenda giornalmente una molto
nata quantità di cibo, quantunque ne abbia
si che un guard iano di un elefan te
davanti. Narra
domestico avesse l'abitudine di rubargli metà dell'or-
zo destina togli giorna lmente , e che un giorno, pre-
senziando ilpadrone al pasto, il domestico diede a
della
razione intera all'elefante, il quale, accortosi
, con la probo scide divise il grano in
doppia misura
eguali , come se fosse stato misu-
due parti talmente
rato. Locusta, di cui viveva S. Giovanni Battista.
alla lus-
Vegetali: Azalea. Caprifoglio (vedi Freno
suria). Diversi: Cintur a, simbol o biblic o; nel sen-
so cioè di reprimere i grandi desideri, la cupidità.
e a frenare la lascivia e la lussuria, ordinando la
— 943 —

vita. Pane, nutrimento assai sobrio. Porpora, colore


dedicato alla temF>eranza. Reni, simbolo biblico. Nei
sacrifizi delle vittime i lombi venivano rigettati come
impuri, perchè si voleva che incitassero alla libidine.
E per precetto divino, devonsi cingere i lombi, quan-
do si celebra la solennità, che fu istituita allorché
uscendo dalla prigionia d'Egitto, cioè dalla dissolu-
tezza dei piaceri, viene comandato di mangiare l'a-
gnello, simbolo di purezza, e vivere castamente. Ve-
di Filosofia morale.
Tempesta.
Airone. Quando quest'uccello lascia la palude
per innalzarsi verso le nubi, si vuole che sia indizio
di procella. Seppia che, salendo alla sufjerficie del-
l'acqua guizzando, anch'essa segna prossima una tem-
pesta impetuosa.
Tsimpio. Vedi Dionigi (San) — Massoneria —
Mondo — • Salomone.
Tempio di Giano Vedi Pace e Guerra.
Tempo.
Il TemfX) o Crono, a cui corrisponde il Saturno
dei Remani, nell'arte moderna è rappresentato con
una falce; ma egli non ebbe mai f)er attributo che
un falcetto, con cui mutilò suo padre. In ■ generale
il tempo viene personificato in im vecchio scamato,
talvolta quasi nudo, con barba e capelli bianchi,
munito di ali, segno della rapidità del suo corso ; con
una falce, e qualche volta un orologio a polvere in
mano; la prima emblema della sua potenza distrug-
gitrice ; il secondo, del corso continuo degli anni.
Gli antichi diedero al Tempo un carro tiralo da due
elefanti.
_ 944 —

Animali: Serpente che "«""^^ >^ ;'^^„ H ,


,1 grro del anno ed
ta sotto la gola, rappresentante
presente e futuro ch«
tempo, considerato dal passato, non e visibile (la
risono incerti, perchè H passato
^<^r nascosa);' e non aven* P™-P'° "-/;?
P"^h<= "™ =
essere concepito; il futuro tanto meno, incognito. U pre-
suo fine ci è del tutto
ancora e il *ap.da-
sente poi essendo instabile e tras«rrendo
Alcun, voghono \
m^n'e appena si può comprendere. stendendosi in
del ten^, perchè
Traente simbolo
e, presenta mol-
luL e serpeggiando silenoosamen dei giorni
te plghe paragonabili alle successioni
derf anni - Vegetah: Pioppo bianco, che gh
tempo perchè le sue foghe,
antichi consacrarono al
brune dalPataa. -no m con-
bianche da una parte e
un'idea dell - «emam ^^
tinuo movimento , dando ora la superhae
siomo e della notte, nel mostrare
Diversi: QuoJronle so-
?Ea ora -quella scura. -
dietro una data legge, che dirige
ia e SfeHe, perchè
intervallo di
icoipi cdeS, sempre nel medesimo
periodo, ritornano donde comin-
tempore con stabile Zodiaco, i cu, segni mdicano il
3no a partire.
cammino percorso dal tempo.

''^t^Tnel senso di legare e abbrac ciare. Presso i


non solo era d. cat-
Romani, al sacerdote di Giove ma anche il nommaria
tivraugurio toccare l'edera,
ne co, fa^t
p™ non sembrare legato in alcun modo
Tneanche col pensiero; per ^^'^ TaZCIì Z
l'anello, volendo che ai sa
portarelibere.
o difossero
cerdotipermess
pure le cose
(Santa)
tenagli Vedi Agala (SonC) - Cnslma
a. ria.
— Massone
- 945 -
Tenebre.
Nero, colore. Pipistrello, perchè di giorno vive
ritirato nelle caverne e luoghi oscuri.
Tenerezza.
Glicine, allusione alla cedevolezza dei suoi rami.
Reseda, per il suo profumo delicato.
Tenerezza materna.
Chioccia, perchè allevando amorosamente i pul-
citìi, per essi si sacrifica.
Tentazione.
Pomo. Serpente, l'uno e l'altro causa del peccato
di Adelmo ed Eva.
Teodosiani.
Soldati di cavalleria scelti nella milizia sotto leo-
dosio; avevano per insegna un cavallo giallo nella
parte inferiore di uno scudo di ferro, alquanto più
colorato, con l'ombelico biiinco circondato d'un cer-
chio rosso a sua volta circondato da un cerchio
giallo.
Teologia.
Candelabro a sette bracci.
Teologo.
Cane, perchè il teologo, a similitudine del conti-
nuo abbaiare dei cani contro persone estranee alia
famiglia del padrone, deve continuéunente riprendere
i difetti degli uomini, essere severo e non perdona-
re eli scellerati. Tale fu presso i Greci Diogene, il
quale era perciò comunemente da tutti chiamato ca-
ne.
Teresa (Santa).
Mistica sublime, riformatrice dell'ordine delle Car-
melitane. — Angelo, che le confisse un dardo inficun-
60 — G. Ronchetti.
— 946 —

maio «I petto. Bordone, quale "-b"'» f'J"?^ ^^l


al colo da Gesù Cr,
quenti viaggi. Collam. messale quale simbolo de o
sto e Maria Vergine. Colombo,
Croce, attaccata aUa
Spirito Santo che l'assistette. da un dardo
collana. Cuore della santa trapassalo
infianunato. Dardo infiaounalo. L.fcro ■!•=»= J^_
scnsse diverse o
delle Carmelitane. Penna, perche
pere.
Tereo.
Re di Tracia. Vedi Filomela.
Termine. ,, r
ni e alle tron
Dfeità romana presiedente ai confi il
uito da Num a;
tiere II suo culto dicesi fosse istit
i confi ni dell a sua
quale ordinò che ognuno segnasse
consacrate a Uiove, a
proprietà terntoriale con pietre dette rerni.na/,an
L celeb ravan o feste annua li
i, essendo sacr^
cui si offrivano focacce, carne e frutt
e di confi ne con sangue. Il
legio macchiare le pietr che Giove nel suo
CHo Termine stesso pare non fosse
Famo so era il 1 er-
attributo di protettore dei confini. Giove nel
si trov ava nel temp io di
mine pubblico che
e sopra di esso esist eva un apertum
Campidoglio,
pote va stare coper-
nella volta, perchè nessun termine consisteva in una
to La figur a del Dio Term ine
virile al suo po-
lunga base quadrata, col membro Fauno di Giove
sto, e sormontata d'una testa di
, ecc. - Colo nna. GÌ. antichi,
Ammone. di Mercurio
una colonetta.
per termine, usavano porre

Egiziam. i qua •
Pianeta. Babbuino: secondo gh
ipali regioni la ter-
avendo fissato in sessantadue prmc
mortali a quo-
ra abitabile; diedero altrettanti parti
— 947 —

sto animale, di cui, mentre moriva, giornalmente se


ne consumava una in modo che in capo a sessanla-
due dì finiva di morire. I sacerdoti stavano molto
attenti a tagliar ogni giorno la parte del corpo mor-
ta, che, debitamente unta, veniva seppellita. Cubo.
Simbolo egiziano e adottato poi da Pitagora; per la
sua solidità e gravità, e perchè, come il dado, si
ferma sempre sulla parte che si volta, ne facilmente
si smuove, così la terra, come elemento, per se credu-
ta immobile, se per caso si muovesse per qualche
accidentale violenza, tosto nuovamente posémdo sta
ferma. Globo terrestre.
Terra.
Gli antichi credevano che la Terra (Gea) fosse sta-
ta la prima, e genitrice, di tutti gli Dei, p>erciò le si
diede il nome venerato di materna, e la si riteneva
madre e nutrice di tutti gli esseri, donde usavano
pórre in terra i bsmribini appena nati dal grembo ma-
terno, come nelle braccia della madre generale a
tutti; levandoli però subito. Dipendentemente dalla
Terra madre e nutrice si ebbero altre divinità, cioè
Levana, che vigilava afìinoliè il bambino appena
nato venisse felicemente levato da terra. Cunlna, che
custodiva le culle ; Vagliano, che presiedeva al piasi-
gere dei bambini, vagire; Rumina, che sopraintende-
va all'allattamento, da rumina, mammella. Inoltre
v'erano Patina ed Edusa; la prima Dea della pozio-
ne, cioè del bere dei bambini, e la seconda del cibo
o mangiare. Avendo dunque ricexiito la Terra i mor-
tali, app>ena nati, con cunorevole cura li nutriva in se-
guito eli custodiva, e quando erano da tutti abban-
donati, essa li raccoglieva nel suo ampio seno, ser-
randoli inse stessa. E non solo gli uomini e gli altri
— 948 —

terra produce,
animali, ma anche tutto ciò che la
perci ò fu, con ragio ne, chiamala
nutrisce e conserva;
Madr e. La Terra viene rappr esentata con
la Gran
ia, che turono
in capo una corona dì ghiande dì querc
e una chiav e in mano,
il primo alimento degli uomini;
terra si chmde . na-
per significare che nell'inverno la germogliando
scondendo in se i semi sparsi, i quali
e supposta
escono poi in primavera, in cui la terra
mano un disco , embl ema della
aprirsi; oppure ha in
terra.
Terra fruttìfera.
le cor-
Bue con la testa dì leone, che un uomo per
-
na tira fuori da un antro. La testa di leone rappre che
senta la forza nascos ta nelle viscer e della terra,
utilissimo
produce l'abbondanza dei frutti, il bue,
all'agricoltura, la terra.
Terra Santa. Vedi Palestina.
Terremoto. Vedi Loke.
Terrore.
con
Personificato in un uomo d aspetto terribile
di leone. — Testa di Medus a, la quale, in
la testa
nte il suo potere
mano di Perseo, indica che media
liberò la patria dal terrore.
Tersicore. , ,,
e della
Una delle nove Muse. Dea della musica
danza. Si rappreseinta sotto forma d'una giovane
domia con facci a sorrid ente, coron ata d. ghirlande
Vedi
o d'un diadema, con la lira o Varpa in mano.
Muse.
Teschio di bue. Vedi Opera e fatittca.
Teschio di cavallo. Vedi Combattimento.
— 949 —

Teseo-
Grande eroe iwzionale di Atene, figlio di E^eo e di
Etra figlia di Pitteo. Diede mentre visse segni di non
ordinario valore, e camminò sulle orme di Ercole.
Sconfisse alcuni mostri, e fra gli altri il Minotauro,
di cui era destinato preda (vedi Arianna). Rapì al-
cune donne, e fra le altre Elena, Arianna, Fedra;
ma le restituiva quando esse lo volevano. Discese al-
l'Inferno con Piritoo, per aiutarlo a réipire Proserpì-
na, ma fu condamnato da Plutone a essere legato a
un sasso, e vi stette fintanto che Ercole, o, come di-
cono altri, Euristeo non venne a liberarlo, ed era sta-
to così fortemente legato a quel sasso che vi lasciò
attaccata una parte della pelle. Domò le Amazzoni,
fece prigioniera Ipp>olita loro regina, la ^osò, ed ebhe
da lei un figlio chiamato Ippolito. Gli Epiroti lo tor-
mentarono molto avendolo fatto prigioniero, e intan-
to Menesteo figlio d'Eretteo s'impadronì dei suoi Sta-
ti; ma al suo ritomo gli ritolse il trono. Dicono che
gli Ateniesi gli eressero altari. Insomma meritò d'es-
sere ammesso fra i semidei, e fu il semidio creduto
dopo Ercole.
Tespl.
Figlio di Eretteo. Inneunoratosi delle virtù di Er-
cole, lo invitò a un con\ito, lo ubriacò, e gli diede
cmquanta donzelle in matrimonio.
Tessera. Vedi Memoria.
Testa. Vedi Avversario — Capo — Custodia —
Davide — Dei tutelari — Potestà.
Testa d'aquila. Vedi Nisroch.
Testa d'asino. Vedi I-gnoranie,
— 950 —

Testa d'avvoltoio. Vedi Mut.


Testa di cane. Vedi Ambi — Cristoforo {San)
— Litigioso.
Testa di capra. Vedi Dachscia.
Testa dì cavallo. Vedi Cartagine — Cerere Negra.
Testa di donna. Vedi Capriccio — Musa.
Testa di elefante. Vedi Quenavadi.
Testa di gallo- Vedi Abrax.as.
Testa di gatto. Vedi Bast — Pecht.
Testa di ibis. Vedi Tot.
Testa di leone. Vedi Abraxas — Forza — Nis-
roch — Terrore.
Testa di leonessa. Vedi Pecht — Tafne.
Testa di Medusa. Vedi Terrore.
Teista di montone. Vedi Ammone — Cnufi.
Testa di morto. Vedi Bruno {San) — Francesco
d'Assisi (San) — Girolamo {San) — Maddalena^
{Santa) — Penitenza — Tracia.
Testa di orso. Vedi Principe debole.
Testa di sparviero. Vedi Arueri — Oro — Rà,\
Testa di testuggine. Vedi Morte difficile.
Testa di toro. Vedi Astar te — Nisroch.
Testa di vacca. Vedi Astarte — Athor — Iside^
Testa tagliata Vedi Dionigi {San) — Giovante
Battista {San) — Giuditta.
Tostamente. Vedi Vecchio e nuovo Testamento,]
- 951 —

Testardaggine.
Mulo, allusione proverbiale.
Teste (cinque). Vedi Manasse — Previdenza.
Teste (due). Vedi Fanlastico.
Teste (sei). Vedi Cartigua.
Teste (sette). Vedi iincic/opeJia —Enciclopedico.
Teste (tre). Vedi Chimera.
Testimonianza Imprevista.
Gru. Ibico, poeta lirico, assassinato dai ladri;
prima di morire egli invocò testimonio del suo as-
sassinio uno stuolo di gru, che passarono a caso
\olando, e ch'egli pregò di vendicar la sua morte.
Più tardi, uno dei briganti assistendo, a Corinto, a
dei giuochi pubblici, vedendo passare una truppa di
gru esclamò: « ecco i testimoni di Ibico )>. Que-
sta esclamazione destò sospetto, e si arrestò l'assas-
sino, il quale messo alle strette finì col confessare
il suo delitto, svelando anche i suoi complici. Per-
ciò la gru divenne simbolo di testimonianze impre-
vedute che talvolta vengono miracolosamente in aiuto
della giustizia; e nacque il proverbio greco: le gru
d'Ibico.
Testuggine. Vedi America — Danaro — Di-
sprezzo deir avversità — Fortificazione — Mercurio
— Onore e virtù — Pelopormesi — Pigrizia —
Sommissione — Testa di testuggine.
Teti.
Figlia del Cielo e della Terra, si maritò con l'O-
ceano suo fratello, e fu madre di tremila Oceanine.
Sembra che sia questo un mito tellurico, e Teti in
greco significa nutrice, perchè appunto le acque del
— 952 —

mare sciogliendosi in vapori e formando i fiumi e le


fonti, nutriscono ogni cosa. La favola narra che Gio-
ve essendo stato preso dagli altri Dei, Feti, aiutata
dal gigante Egeone, lo liberò. Si rappresenta per lo
più sopra un carro tirato da delfini, carro, in forma
di conchiglia. — Alcione, uccello che fa il nido in
riva al mare.
Tetide.
Figlia di Nereo e di Doride. Fu sposa di Peleo e
alle nozze sue concorsero in gran festa tutti gli Dei
dell'Olimpo, ma il convito fu turbato da contese di
bellezza. (Vedi Discordia). Secondo un antico ora-
colo, Tetide doveva aver un figlio di gloria, e questo
fu Achille.
Tevere.
Re dei fiumi, secondo Virgilio, che lo fa coi-
nuto, e così lo dipinge:
Tra le populee frondi par mostrarsi
Già vecchio, cinto gli omeri ed il petto
Di verdeggiante velo, e ombrosa canna
Cuopre e circonda le bagnate chiome.
Sannazaro, chiamandolo trionfante, lo corona, non
come gli altri fiumi, di salici o di canne, ma di ver-
dissimi lauri, per le continue vittorie dei suoi figli, cioè
i Romani, Vedi Fiumi.
Thor.
Divinità scandinava potentissima, figlio di Odino
e di Frigga. Rappresentasi con la barba rossa, e una
corona di stelle in testa, con una cintura magica;
sopra un carro tirato da due capre. Porta in mano
un martello, con cui produce il tuono, poiché egli
suscita o calma la temp>esta.
— 953 —
Tiara.
Mitra di figura conica turbinata, guarnita di tri-
plice corona d'oro, donde il ncme di triregno, adope-
rata dal sommo pontefice. Vedri Benedetto {San)
— Fede — Papa — Pietro {San).
Tieste.
Figlio di Pelope e di Ippodamia. Vedi Atreo.
Tifone.
Figlio della Terra e del Tartaro. Gigante mo-
struoso che aveva due nature, umana e bestiale. A-
veva una forza enorme, e il suo corpo era in forma
d'uomo tutto coarto di p>enne tanto grosso e alto,
che sorpassava tutti i più alti monti, e toccava con
una mano l'occidente e con l'altra l'oriente; e da
queste uscivano cento serpenti, che sporgevano la te-
sta iimanzi. Le géunbe erano di serp>enti, che ne ave-
vano degli altri attorno, i quali saldavano avvolgen-
dosi su p>er il terribile corpo tanto, che arrivavano al-
l'alto capo, coperto di orridi e squallidi crini, che
pendevano giù per il collo e per le spalle, e tale era
anche la barba che scendeva dal gran mento sul-
l'ampio petto: gli occhi erano terribili e sfavillavano
come se fossero stati di fuoco, e la larga bocca ver-
sava parimente ardentissime fiamme. Presso gli Egi-
ziani Tifone rappresentava il Dio del male, ed era
ritenuto fratello d'Osiride, Dio del bene.
TigliO: Vedi Amore coniugale — Filemone.
Tigre.
Nell'isola di Sumatra i si^jerstizioni abitanti si a-
stengono dall'uccidere questi animali, pensando che in
essi vi siano le anime dei loro antenati. Plinio de-
scrive latremenda velocità della tigre e l'^unore che
— 954 —
dice di veloci
la madre porta ai suoi figli. Oppiano
Ugr" figliuole dello zefiro. Pare che Augusto unsia
a porger in Roma spettacolo di
S ifprimo
quattro e si
tigre. Claudio ne fece dopo mostrare
spettacolo alluda il mo-
suppone che a questo raro quattro ti-
saico scoperto in Roma, rappresentante
Vedi Amenca -
gri h atto di divorare la preda.
— Carro tirato da tigre - Ferocità --
Bacco - i>ole
Ferocità rr^itigata - Nemico della mus.ca
Velocità — Vendetta.

"^ Uomo^che passeggi a vicino a un cavallo sellato.


celeste.
_ Argento. Bella di notte. Centaurea
Timo. Vedi Attività.

''""Gr°o"s^o pezzo di quercia che sporge a poppa della


nave per dirigerne il corso.
verno Vedi Fortuna - Co-
Mala-fortuna — Nemesi — Reggenza.
Timore.
Timore. i
, con la
Personificalo in una figura spaventata
a. — Cervo ,
punta d'un coltello volto verso se stess chiamavano
Grcei
Limale d'indole assai pauroso. I
cervo. Colomba.
una persona paurosissima, uomo
Timore religioso. , ,

Leone, che fuggp un gallo bianco, preso quest ul-


timo per il sole, simbolo di Dio.
Timore vano . , •
che quest ani-
Lupo vicino a un sasso. Volevasi mimm o ru-
male, vagando di notte, si spav enta sse al
a; e che
more prodotto dalla percossa di una pietr
le pietre la cui
non temesse armi ne bastone quanto
sa, da mar-
percossa credevasi essergli tanto danno
— 955 —

cirgli la parte lesa, producendo in breve tempo i


vermi.
Tindaridi.
Nome dato a Castore e Polluce, quali figli di
Tindareo.
Tino, Vedi Ciovarmi Evangelisla {San) — Mar-
gherita {Sarìta) — Poco sertso.
Ti pula.
Insetto simile fino a un certo punto alla zanzara,
che vive sulla superficie dell'acqua. Vedi Agilità.
Tirannia.
Figura allegorica avente in testa una corona di fer-
ro, munita di catene, il giogo e la spada. — Frassiru).
Tiranno.
Aragosta. Simbolo egiziano di un magistrato che
usi tirannia verso i cittadini; perchè volevano che
l'aragosta avesse ima certa supremazia sul polfxj, il
quale temesse talmente la prima che se con essa
venisse preso nella rete morisse di paura. Gufo. Cal-
limaco disse che i tiranni parlano a guisa di gufi;
facendo le loro confabulazioni per lo più di notte,
e tenendole segrete, come i gufi che fanno strepito
specialmente di notte.
Tiresia.
Famoso indovino Tebano, figlio di Evero e della
Ninfa Cariclo. Un giorno vedendo due serp>enti, uc-
cise la femmina, e diventò a un 'tratto donna; sette
anni dopo trovò altri due serpenti, uccisone il ma-
schio, ritornò uomo. Giove e Giunone constrastando
un giorno fra loro, se fosse meglio essere uomo o
donna, fecero giudice della loro quistione Tiresia,
il quale decise a favore dell'uomo, soggiungendo
— 956

bili e Giove in
però, che le donne erano più sensi
ricompensa gli concesse di poter saper [^vvemre^A-
dare Minerva men-
vendo questo indovino osato guar o cieco, e
tre usciva dal bagno, diventò a un tratt
endo agk Dei che rivelasse
secondo altri, non piac
del Cielo , lo priv aron o del lu-
ai mortali gli arcani
me degli occhi.

"""'Ert una lancia, un dardo o giavellotto ravvolto


in pampim e foglie d'edera che nascondevano la pun-
e
ta- e comunemente era terminato a foggia di pma,
a guisa d.
qu'asi sempre ornato di fettucce ; talvohaotncelh. Nel-
lunghi
fettucce attaccavasi al tirso alcuni
il tirso era sim-
le mani di Bacco e delle Baccanti
bevitori abbisognavano
bolo indicante che i grandi
il vino ha loro tur-
d'un bastone per reggersi quando
bato la ragione. Al tirso i f ^^^ ^""^^^X ""una
che una
sorprendenti; dice fra gì» altri Eunpide. sca-
tirso il suolo, ne fece
Baccante, battendo col
d'acqua viva e un altra seppe far-
turire una sorgente Bacco
ne zampillare una di vino. Vedi Baccani. —
Danni occulti — Danza.

'N"k mitologia greca si dà questo nome a una


ossia del
certa classe di figh d'Urano e di Gea, primitivo
e della Terra. Si vuole che il nome
Cielo
i qua!,
di Gea fosse Titea, donde il nome di Titani,
maschi e sei femmine, e venivano per
erano dodici, sei
due. Le coppie più note-
lo più accoppiati a due a Crono
voli erano: Oceano e Tcii; Iperìone e Tea;
queste coppie vanno ricordati i 1 itani
e Rea. Oltre
che i 1 .-
Ciapeto, Temi e Mnemosine. Si raccontafanciullo, io
tani aizzati da Giunone presero Bacco
— 957 -

tagliarono a {>ezzi e Io divorarono, ma Giunone ne


portò il cuore a Giove, e questi lo inghiottì e più
tardi diede alla luce un altro Bacco, il Tebano.
mentre intanto fulminò i Titani. Dal cenere di que-
sti nacquero gli uomini, e di qui la lotta tra il bene
e il male nell'animo umamo, provenendo il bene dal
l'elemento bacchico che è in noi, il male dal tita-
nico.
Tìtone. Vedi Aurora.
Tizio.
Gigante smisurato, figlio della Terra. Stendendosi
al suolo, il suo corpo copriva nove stadi. Voleva far
violenza a Latona che si recava a Delfo. Apollo e
Dicma l'uccisero a colpi di frecce, poi lo precipitarono
nel Tartaro, dove due avvoltoi gli laceramo conti-
nuamente il fegato.
Tma o Ma.
Divinità Egiziana del secondo ordine. Corrispon-
de alla I emi dei Greci. La sua figura è quella di
una donna nuda, la quale in una mano ha il tau
e nell'altra il fiore del loto. Sul capo e intorno al
collo ha i soliti ornaimenti delle divinità egizie. L'uni-
co suo distintivo, che la separa dalle altre divinità, è
la penna di struzzo che porta in capo, perchè questo
geroglifico presso gli Egiziani era segno di giusti-
zia. Le due penne di struzzo sembrano le due ta-
vole della legge.
Tobia.
Nome che in ebraico significa Bontà del Signore.
— Pesce, col cui fiele rese la vista al padre.
Toga.
Veste di lana bianca del colore suo naturale.
— 958 —

per gente ioga--


Era talmente propria ai Romani, che nto come il
ta s'intendev a il popo lo Roma no, appu
comedm togaia,
pallio era proprio dei Greci; quindi
ata:no.commedie latin e, o grech e. Vedi / a-
ce —palli
ani Roma

Tolleranza dei costumi del marito-


chiamassero le
Murena. Si voleva che le vipere
che fu preso quale av-
murene col fischio, richiamo il carattere e le
verti mento alle donn e di soppo rtare
, aspro, villano,
abitudini del marito, anche se rozzo
ubriacone, ecc.

Vedi Caterina d'Alessandria {Santa) —


Tomba.
Clotilde (Santa).
Tommaso (San). ,, . ,. • u^ „i; ^^
ine che gli re-
Apostolo. — Cintura di Maria Verg Dito, che U
stò nelle mani il giorno dell'Assunzione. Lancia, con
e.
Santo mise nella piaga del Redentor
trafit to. Mano tagli ata del suo ospite porta-
cui fu
schiaffegg iato. Hegolo.
tagli, perchè questi l'aveva archit etto.
Squa dra, per esser e stato
Tommaso d'Aquino (San).
maso stu-
Domeràcano. — Animali: Bue Tom
suoi condisce-
diando aColonia, fu in principio dai
ro il so-
poli ritenuto d'intelletto tardivo, e gli diede
simbo lo del o Spi-
prannome dibue muto. Colomba io se-
rito Santo che l'assistette. — Vegetali: Gigl
ebbe il so-
gno di purezza. — Diversi: Ali, perche
scuol a e Dott ore angeh-
prannome diAngelo della
sua opera mti-
co Collana al collo, allusione a una angelo
tolata catena d'oro. Cordone, oon cw un
in suo ono-
gli cinse le reni. Croce, che si benedisce scrisse. Mi-
re. Libri, rammentando le sue opere che
- 959 -

tra ai piedi, per aver rifiutato l'episcopato. Ostensorio,


comparve l'immagine del S. S. Sacra-
perchè gli Penna.
mento. Sole, che apparve al Santo quando
morì.
Tonno. Vedi Nettuno.
Tonsura. Vedi Pietro (San).
Topazio. Vedi Arcangeli — Angeli — Freno.
Topo. Vedi Apollo Sminteo — Dormo — Debolez-
za — Delizie amatorie — Domandare aiuto — Ca-
nesa — Re senza dignità.
Torcia. Vedi Anarchia — Dicembre — Discor-
dia — Furie — Maldicenza.
Tordo. Vedi Vittima della propria astuzia.
Torello. Vedi Concupiscenza.
Tormenti.
Issia, allusione ai tormenti del malfattore leggen-
dario Issione.
Tormento- •
Croce, nel senso figurativo.
Toro. Vedi Adolfo {Sanf) — Agricoltura. — Api
— Cittadino oppresso dal forestiero — Ercole —
Europa — Lascivia frenata — Malizia — Mitra
— Nettuno — Obbedienza — Siva — Stabilità
negli affari — Zodiaco.
Torre. Vedi Barbara {Santa).
Torre infiammata. Vedi Cristina (Santa).
Torrente. Vedi Eloquenza.
Tortora. Vedi Ballerino — Erato — Francesco
d'Assisi
Vedovanza(San) — Intelletto divino —
conlinentissima. Pudicizia —
— 960 —
Tot o Thot.
pondente
Divinità egizia del secondo grado, corris
Kneph. L'imm agine sotto
a Mercurio, ed è figlio di di un uomo con la testa
cui è raffigurato è quella
di
d'ibis sormontata dal disco lunare e la penna
di giusti zia. Porta una corta
struzzo, come segno
cui pende
veste, una piccola fascia al fianco, da
Le sue brac-
qualche arma, e un ornamento al collo. papiro
cia sono disposte come in atto di scrivere col
e con la tavoletta da scrivano, e il pennello.
Tracia.
Testa di morto, come insegna.
Tradimento. ,. .,. .„ ■
o. Mutillo al-
Allodola (vedi Niso). Giallo ckar i Mtriilo).
lusione al cocch iere d'En omao . (Ved
Tragedia. . i i e .•
diede figurati-
Coturno, nel modo che al socco si
vamente il nome di commedia , perc iò disse t^e-
e di qui la
trarca: Materia da coturni e da socchi;
no per comp orre trage die per
frase di calzare il cotur
nel pigli ar cong edo da Mei-
cui Alfieri ebbe a dire,
pomene :
calzai
Senno mimpon che qui, se il pur
Dal pie mi scin ga V italo cotur no
mai.
E giuri a me di noi più assumer
Tranquillità. ,
hi aveva la
Alisma; pianta che secondo gli antic
d alcione. Ui-
proprietà di guarire la rabbia. Nido
che l'alc ione fa il nido, e
così che durante il tempo
il mare si manti ene semp re tranq uillo, btagno,
cova,
dall'acqua tranquilla.
- %l —
Trasf orinazione.
Cuculo, simbolo di chi abbia cangiato le abitu-
dini e le aqjparenze; perchè credevasi che il cuculo
fosse soggetto a cambiare la propria sembianza, pi-
gliandone un'altra.
Tre. Vedi Dio — Ecate — Numeri simbolici
— Trinità.
Tredici- Vedi Numeri simbolici.
Tremulo. Vedi Pioppo tremulo.
Trenta. Vedi Nozze.
Trespolo.
Specie di cavalletto usato dagli scultori. Vedi
Scoliura.

Triangolo.
Un triangolo, con la linea di base più larga e
lunga degli altri, è simbolo di costumi dissoluti, per-
che significa uscire dai limiti normali della vita e
della buona via, dandosi al vizio.

c
VPIDITAS
LATE PROFUSA

Mentre un triangolo, la cui base figura ritirata,


è simbolo di correzione, perchè significa il pentimen-
to del malfatto, correggendo la vita dissoluta, di-
ventando migliori di quanto si era per il passato.
61 — G. RONXHETTI.
962

Vedi Adorazione — Massonerìa — Trinità.


Tribolazione.
Croce. Onde, simbolo biblico. Pelle, sìmbolo bi-
blico delle tribolazioni che rodono l'uomo lino alla
morte, rendendolo infermo e debole; perchè la pelle
è la parte del corpo più suscettibile a logorarsi e a
patire in diversi esercizi.
Tpioerion.
Candelabro a tre bracci. Vedi Trinità.
Tridente.
Strumento con tre denti o con tre punte che i
poeti e gli artisti mettono in mano a Nettuno. Vedi
Impero del mare — Mare — Nettuno.
Trifoglio. Vedi Menìanto.
Trimo.
Lettera simbolica. Vedi Cresma.
Trinità.
Nella teologia cattolica, è il mistero dell'esistenza
di tre persone divine in una. — Ceri, tre. Colori, tre:
Bianco, per il padre; Azzurro, per il figlio; Rosso
per lo Spirito Santo. Tre, numero. Triangolo lumi-
noso, che figura sopra il capo di Dio. Tricerion.
Trionfatore.
Piede; perchè i re trionfatori costumavano calcare
— %3 —

coi piedi i corpi dei prigionieri in segno di soggio-


gazione. Nella maggior parte delle statue in Roma.
il distintivo di un trionfatore consiste appunto nel piede
in tale posizione, cioè poggiato su un rialzo.
Trionfo.
Vasari lo personificò in una figura seminuda che
vola in aria, con una corcma di lauro e delle palme
in mano. — Biga, come si vede nelle medaglie, ne-
gli altari e negli archi. Porpora, colore. Vedi O-
nore trionfale.
Trionfo del Cristianesimo-
Drago. Nell'ApKxalisse \iene descritto un angelo
che afferra « il dragone, quel serpente antico, che è
il diavolo e satanasso )> per cui nella pittura e nella
scultura rappresentasi spesso il trionfo del cristia-
nesimo sugli infedeli e sui pagani con un drago tra-
fitto e calF>estato. Questa rappresentazione forma pu-
re l'attributo di più sjmti nelle leggende cristiane, e
specialmente di Sem Michele, di San Giorgio e di
Santa Margherita.
Trionfo di Cristo e della Chiesa.
Carro lucente, allegoria di Damte nel Purgatorio.
Le due ruote, secondo il f>oeta sono i due Testamenti,
e i tre animali e l'uomo coronati di verde fronda,
simboleggiano gli Evangelisti e i loro libri.
Tripode-
Piccolo sedile cmi tre piedi, oppure una specie
d'altare di bronzo che presso gli antichi era desti-
nato per i sacrifizi. Vedi Apollo — Bacco —
Fede — Pizia — Sapienza — Verità.
— 964

Tristezza.
Foglie morte. Geranio triste. Nero, òaiice pian-
gente. — Vedi Inferno dei poeti (Sackeville).
Tristo e affamato.
Uomo che tiene la testa con ambo le mani.
Tritone. ,.»,■• r-
Dio marino, figlio di Nettuno e di Anfitnte. lira
il trombettiere di Nettuno, e aveva una conchiglia
con
(tritone) detta buccina, fatta in forma di corno,
cui suonava. La parte superiore del suo corpo era
d'uomo, il resto di pesce.
Triviale. ,
alato,
Pernice. Essendo, secondo Platone, 1 animo
cioè s'innalza; così quest'uccello vile, stupido, tardo
da terra,
e di corpo tanto pesante che a fatica s'alza
emble ma d'ani mo basso. E' pure sim-
fu preso come o dal-
bolo di affetti terreni, che tratte ngono l'uom
a cose alte, neppure col pensiero. — Ve-
l'innalzar^i trivial
di Animo e.
Trofei d'armi. Vedi Vittoria.
Troia. Vedi Scrofa.

Tromba. Vedi Bellona — Callìope — Clio —


Fama.
Troni. ,. , . , , . • 1-
Uno dei nove cori d'ange li, dove siede chi giudi-
che
ca, e su questo coro influisce lo Spirito Santo,
la quiete , la redenz ione del
raffigura la remissione,
chio,
mondo e la vita del secolo che verrà. — Carbon
ltissimo,
per essere i Troni la sedia eccelsa dell'A e lucen-
così questa pietra è, fra le altre, la più dura
te che risplende nelle tenebre. Ruota, su cui poggia
il trono. Oro. Verde.
— 965 -
Trono.
Sedia di parata dei sovrani. Vedi Dio — So-
vrano.
Trono di zaffiri. Vedi Decimo cielo.
Trottola.
Giocattolo antichissimo. Vedi Impelo e agilazione
di mente.
Tuberosa-
Pianta che produce fiori carnosi odoratissimi, Ve-
di Piacere pericoloso — Sensualità — Voluttà.
Tulipano.
Nome derivato dalla parola turca lolipend, tur-
bante. Fiore conosciutissimo. Vedi Ostentazione —
Pompa — Vanagloria.
Tumulto.
Gran fracasso per sollevazione. — Uomo con Var-
co teso in atto di scoccare la freccia, geroglifico egizia-
no per significare esser avvenuto tumulto e dato prin-
cipio alla battaglia.
Tunica.
Veste dei Greci e dei Romani. Vedi Bassa
plebe — Pietro {San).
Turbante.
Sorta di acconciatura del capo dei Turchi e di
parecchi altri popoli orientali. Non è permesso porta-
re il turbante che ai discendenti di Maometto. Vedi
Arroganza.
Turcasso. Vedi Faretra.
Turchese.
Pietra preziosa di colore turchino. Vedi Coraggio.
Turibolo.
Vaso per bruciarvi l'incenso, chiamato anche in-
— 966 —
censorio. Se ne fa uso durante la messa e la bene-
dizione, secondo la Chiesa cattolica. Vedi Adora-
zione — Devozione — Preghiera — Purezza —
Religione.
Tutelare. Vedi Re tutelare.

U.
u.
In questa lettera si pretende di scorgere il nero,
perchè i vocaboli ricchi di u si inflettono su fatti o
su oggetti cupi: dalle parole buio all'upupa not-
turna.
Uberto (Sanf).
Vescovo. — Cane, rzunmentando ch'esso fu cac- J
ciatore. Cervo, apparsogli con una croce luminosa "Ì|
tra le corna, parlandogli, ciò che fu causa della sua
conversione. Chiavi, che ricevette da S. Pietro, quan-
do si confessò. Corno da caccia. Spiedo, attributi del
cacciatore. Stola, offertagli da Maria Vergine.
Ubriachezza.
Pantera, ritenuta una volta talmente ingorda del
vino, che i cacciatori usavano riempire di vino vec-
chio le fontane aride dove scoprivano che le pcinte-
re solitamente andavano a bere, prendendole quan-
do le vedevano ubriache. Inoltre la pantera è sacra
a Bacco, Vite, producendo il vino.
Uccello. Vedi Autunno — Dubbio — Forestiero —
Francesco
Mennone. d'Assise (San) — Ingegno mtabile —
- %7 -
Udito.
Cervo con le orecchie tese. Dice il proverbio:
drizzar le orecchie. Lepre, allusione alle grandi sue
orecchie in proporzione del corpo. Lira, i cui buchi
raffigurano le orecchie, che ricevono il suono dalle
corde, rimandan dolo; simihnente al congegno dell'o-
recchio, per cui si percepisce il suono.
Ugualità.
Rondine, che porta il cibo ai suoi pulcini; sim-
bolo egiziano di un padre che distribuisca uguali par-
ti d'eredità, e anche di un principe il quale si ugua-
gliasse aisuoi cittadini; poiché credevaisi che la ron-
dine avesse molta cura nel ripartire il cibo fra i suoi
piccoli, curando che nessuno di loro ne avesse due
volte a danno degli altri.
Ulivo. Vedi Olivo.
Ulisse.
Eroe, figlio di Laerte, re d'Itaca, e di Anticlea.
Si finse pazzo per non andare all'cissedio di Troia,
ma Palamede per provarlo, pose Telemaco, (figlio
imico di Ulisse e Penelope) ancor baimbino davanti
ai buoi sotto l'aratro che Ulisse conduceva, il quale
per timore di fargli del male, rivolse altrove l'aratro,
palesando così la sua finzione, per cui fu costretto
a partire. Giovò molto ai Greci con la sua prudenza
e la sua éistuzia. Fu egli che andò a cercar Achille
alla corte di Licomede, ove lo trovò in abito femmi-
nile, elo scoperse col mostrare pietre preziose e anni
alle donne di quella Corte; perchè Achille scelse le
armi non curandosi delle pietre preziose. Ulisse ra-
pì il Palladio con Diomede, fu uno di coloro che
si rinchiusero nel cavallo di legno, e contribuì molto
col suo coraggio alla presa di TrcMa. Ritornato in
^ 968 —
Itaca corse molti rischi in mare, e lottò poi dieci
anni contro la cattiva sorte. Naufragò all'isola di
Circe, ove questa incantatrice lo trattenne qualche
tempo, e da lei ebbe un figlio detto Telegono. Per
ritenervelo più lungamente essa cangiò tutti i suoi
compagni in porci, e abbandonata quell'isola naufra-
gò in. quella dei Ciclopi, ove PoUfemo (vedi) divorò
quattro dei suoi compagni, e lo rinchiuse coi rima-
sti in una caverna e anche di qui, fortunatamente si
liberò. Si sottrasse accortamente agli incémti delle
Sirene, e partendo dall'isola Ex>lia, Eolo in segno dì
benevolenza gli donò alcune pelli, nelle quali stavano
rinchiusi i venti, ma i suoi compagni spinti dalla cu-
riosità le aprirono, e i venti fuggendo sollevarono
un'orribile burrasca, che gettò Ulisse sulle coste del-
l'Africa nel punto in cui stava per giungere in pa-
tria. Naufragò finalmente per l'ultima volta, per-
dette isuoi compagni e le sue navi, e a stento egli
si salvò su una tavola, giungendo così dopo tante
peripezie in Itaca, fra senza essere riconosciuto d'alcu-
no, e qui si mise gli amanti di Penelope sua
moglie, facwido le prove all'arco, che a chi l'avesse
teso dovevasi dare in premio Penelope, ed essendo
riuscito a tenderlo, si fece conoscere, rientrò nel seno
della sua famiglia, e uccise tutti i rivali. Qualche
tempo dopo rinunciò il regno a Telemaco, avendo in-
teso dall'oracolo che doveva perire per mano di suo
figlio, e fu veramente ucciso da Telegono. Fu posto
nel numero dei semidei.
Umana fragilità. Vedi Fragilità umana.
Umana natura. Vedi Natura umana.
Umana vita. Vedi Vita umana.
- 969 -
Uinani peccati. Vedi Peccati umani
Umanità. VecH Carità romana.
Umiltà.
Animali: Pecora, allusione alla sua timidezza.
Vegetali: Graziola. Mammola, fiore di profumo
soave, ma di colore malinconico, che sembra nascon-
dersi fra le foglie. — Diversi: Amatista, pietra che
ricorda il colore della mammola. Corda, che l'umiltà
porta al collo. Ginocchio, alle allusione all'atto di pie-
gare le ginocchia davanti superiorità. Violetto.
Uncino. Vedi Diavolo.
Unghia fessa- Vedi Distinzione.
Unigenito.
Scarafaggio. Simbolo, non nel senso di figlio u-
nico, ma di creazione di sé stesso; perchè si voleva
che quest'insetto nascesse da se, senza il concorso
del maschio e della femmina.
Unione.
Due, numero. Fascio di verghe legate. Melagrani,
due. Paglia intera, in opposzione della paglia spez-
zata, simbolo di rottura.
Unità.

solo.Sole. Come l'indica la sua etimologia solum, cioè


Unità della Chiesa.
Campanello e melagrana, perchè l'unità della Chie-
sa è unisone (campanello), cioè concord2uite nei me-
desimi comaindcUTienti ; e siccome sotto la scorza del-
la melagrzuia sono riuniti e protetti molti grani, così
per l'unione delle fede innumerevoli popoli sono pro-
tetti dalla Chiesa.
- 970 -
Universo.
Gli Egiz/icuii lo rappresentavano con due circoli
l'uno sopra l'altro; attraversati da un serpente col
capo di sparviero. Argo, il cui capo raffigura il cie-
lo; gli occhi, le stelle; i capelli rappresentano la ve-
getazione; ilcorpo la terra; le ossa i metalli e le
pietre. Pan (vedi).
Uno. Vedi Numeri simbolici
Uomo.
Barba, che dicesi data all'uomo per ornéimento
e per dignità. Diogene diceva che egli portava la
barba per ricordarsi d'essere uomo. Era opinione che
radersi la barba fosse cosa tanto brutta, quanto to-
sare la criniera del leone. Nel capitolo XXI del Le-
vitico, il Signore comanda ai sacerdoti figli di Aron-
ne di non radersi il capo ne la barba, la quale, se-
condo Esichio Gerosolimitano, è segno di sapienza e
perfezione dell'uomo.
Uomo €on la faccia di toro. Vedi Moloch.
Uomo di bassa condizione salito agli onori.
Coccodrillo, perchè nessun animale diventa tanto
grande quanto il coccodrillo nato da un uovo, in
proporzione del suo corpo piccolissimo. EUop>o, nella
favola in cui finge il coccodrillo gloriarsi con la vol-
pe della sua nobiltà e degli illustri fatti dei suoi an-
tenati, fa rispondere astutamente dalla volpe: la tua
vecchia pelle e il lungo esercizio ti mostra, chi tu sei,
senza ch'io te lo dica.
Uomo perfetto.
Quadrato, figura perfetta, per aver i lati e gli
angoli eguali. Gli antichi chiamavano uomo quadrato
una persona irreprensibile.
— 971 —
Uomo raro.
Fiore di cacto, p>erchè sboccia una volta sola ogni
secolo.

Uomo senza testa. Vedi Nobiltà senza potestà.


Uovo. Vedi Fecondità — Cesò Cristo.
Upupa-
Uccello il cui nome deriva dal grido che manda
in primavera. Vedi Filomela — Pronostico di fer-
tilità — Rimedio contro l'ubriachezza.
Urania.
Una delle nove Muse. Rappresentasi sotto le sem-
bianze d'una giovane donna in veste azzurra, e co-
ronata di stelle, che sostiene il globo celeste con due
mani, oppure con un bastone e il globo; avente in-
torno diversi strumenti di matematica, specialmente
il compasso. Vedi Muse.
Urano.
Urano {Cielo) era il più antico degli Dei e spo-
so di Gea {Terra). Ebbero per figli i Titani; i Ci-
clopi; gli Exatonchiri o Centomani giganti dalle cen-
to braccia. Racconta Esiodo che Urtino avendo in
odio i propri figli, la loro madre addolorata, offrì
un falcetto ai suoi figli instigéindoli a vendicarsi del
padre. Crono {Saturno), mentre i suoi fratelli esita-
vano intimoriti, afferrò il falcetto, 'e postosi in aiggua-
to mentre Urano stava per unirsi a Gea, lo mutilò
e ne gettò in mare le parti genitali. La schiuma del
mare ne restò fecondata, e produsse Afrodite. Dalle
gocce poi del sangue d'Urano, feconde cmch'esse,
ne germogliarono i Giganti, le Furie e altre terri-
— 972 —

bili divinità. Crono usurpò il trono del padre. Vedi


Saturno.
Urna. Vedi Abbondanza — Acqua — Amicizia
— Destino — Febbraio — Fiumi — Giove
Naiadi — Perseveranza.
Usignolo. Vedi Rosignolo.
Usura.
Borsa.
Utilità.
Santolina.

Uva. Vedi Asprezza — Corona di uva — Grappala


di uva.

V.
Vacca. Vedi Camadeva — Carestia — Giuseppe
— Ifianassa — Testa di vacca — Vizioso.
Vacuna.
Dea dei Sabini, che fu assimilata alla Vittoria
dei Romani.
Vagabondaggio.
Capra, perchè suol vagare ovunque.
Vagabondo vizioso.
Donna che tiene in mano la coda di un cavallo.
Vaghezza.
Lepre, sacra a Venere. Gli antichi credevano che
mangiando le lepri si diventasse più belli e più gar-
bati. Un epigramma di Valerio Marziale dice:
— 973 —

Se quando Gellia mi mandi la lepre


Con dirmi: Marco mangiando di questa.
In sette giorni diventerai bello:
Se non mi burli, se il ver CelUa dici,
Cellia tu non mangiasti giammai lepre.
Verde; attributo della vaghezza.
Vagìtano.
Dio. Vedi Terra.
Vaglio.
Arnese per pulire le biade e simili. Vedi Bac-
co — Discernimento — Letteratura — Sapienza
perfetta.
Valentianesi.
Soldati scelti comandali da Valente. Avevano per
insegna una targa gialla circondata d'un cerchio ver-
de, nel cui mezzo figurava una colonnetta di color
rosso acceso, che dal margine inferiore arrivava fino
al centro. Due mezzelune del medesimo colore, l'una
di faccia all'altra, toccavano la colonnetta con la
parte inferiore, scostandosi alquanto con quella su-
periore. Nel centro della colonna sporgevano late-

acceso. ralmente due mezze lepri, anch'esse di colore rosso

iValiisneria spirale.
Pianta acquatica, i cui fiori maschi, al momento
della fioritura, si staccano dal fondo montando sulla
superficie dell'acqua mettendosi a contatto coi fiori
femminei, i quali, fecondati che siano, si contraggo-

Vedi no, Amore


ripiegano sucivettuolo.
se stessi, poi s'immergono nell'acqua.
— 974 —
Valoroso.
Asta, con cui gli imperatori antichi usavano pre-
miare i saldati valorosi.
Vana garrulità.
Cicala, posata su una penna d'oca da scrivere,
allusione a persona ciarliera che, oltre a importunare,
non riesce a concludere nulla di positivo.
Vana speranza. Vedi Speranza vana.
Vanagloria.
Pavone con la coda spiegata; che spiega, dicesi,
quando s'accorge d'essere guardato da molti, sfog-
giando così tutta la sua ricchezza. Ovidio parlan-
do di una donna che compiacevasi troppo di se stes-
sa, disse: Più del pavone, s'è lodata, e superba; poi-
ché è proprio delle donne voler essere lodate in ogni
cosa, e d'essere vanagloriose. Tulipano.
Vanga. Vedi Adamo — Agricoltura — Fiacre
{San) — Lavoro.
Vangelo. Vedi Evangelo.
Vanità.
Campanula specchio di Venere. Canna, simbolo di
cosa vana. La canna posta in mano a Cristo, salutato
quale re, era segno di uno scettro vano e fragile, su
cui i gentili si appoggiavano. Il Salvatore, quando dis-
se : Siete venuti a vedere una canna agitata dal vento ;
alluse alla vanità. Narciso, simbolo ricavato dalla fa-
vola del giovinetto Narciso. Penne. Specchio.
Vano accusatore. Vedi Accusatore vano.
Vano parlare. Vedi Parlare vano.
Variabile. Vedi Carattere variabile.
Vaso. Vedi Animo — Battesimo — Corpo umano
— 975 —

— Giovanna di Cusa (Sanla) — Lorenzo {San) —


Maddalena (Santa) — Martirio — Mercante ricco
— Pietà.
Vecchia Roma. Vedi Roma vecchia.
Vecchiaia.
Canutezza. Raccontasi che mentre Gabba, entrato
in Spagna, sacrificava nel tempio pubblico, un fanciul-
lo, che teneva in mano il turribolo, diventò improvvisa-
mente affatto canuto. Fatto, che gli indovini interpre-
tarono per la mutazione delle cose, e che il vecchio do-
veva succedere al giovane; infatti Gabba successe nel-

ne aveva l'impero aNerone, morto a trent'anni, mentre Gabba


settantatre.
Vecchiezza.
Personificata in un vecchio col capo inclinato a
terra. — Edera, perchè si attacca agli alberi e agli e-
difizi consumati per età. Si vuole che l'edera fosse con-
sacrata aBacco, quale simbolo della bontà del vino
vecchio. Mandorlo, simbolo biblico della canutezza,
che è manifesto indizio della vecchiezza. Salomone
dice che fiorirà il mandorlo, s'ingrjisserà la locusta, e
sarà dissipato il capp>ero, e ciò comincerà qualido
l'uomo dovrà andare alla casa della sua eternità ; -cioè
come l'interpreta Eucherio; diventerà canuto l'uomo,
gli si gonfierómno i piedi e si raffredderà la concupi-
scenza, perchè queste cose spesso sogliono accadere
all'uomo nell'ultimo tempo della sua vita, ritornando
poi alla terra, come nella casa della sua eternità.
Vecchio e nuovo Testamento.
Agnello e serpente; il primo simbolo di Gesù Cri-
sto; ilsecondo, di Mosè. Macina. Il detto dell'Evan-
gelo: Due che macinano in una macina; secondo
— 976 —

macina,
Eucherio, significa che per opera di quella
del vecchio
cioè per la fatica degli interpreti il grano
per il pasto del-
Testamento sia convertito in farina
l'Evangelo.
Vedova continente.
ritenesse-
Colomba nera. Quantunque gli antichi
ro la colomba assai lussuriosa, tuttavia in essa trova-
rono un incomparabile esempio di continenza e una
conserva
grande pudicizia, perchè al suo compagno
un'inv iolabi le fede, e non l'abb andon a se non scom-
pagnata o vedova; perciò gU Egiziani volendo sim-
boleggiare una donna che perseverasse nella vedovan-
si-
za, dipinsero una colomba nera, volendo con ciò
gnificare ch'essa non si maritava più di una volta,
si fedele
ma così vestita di bruno, mostrava di serbar
al suo primo marito .
Vedovanza ^ . . ,,
sulle
Scabbiosa, una volta questo fiore si piantava
gli antichi , una don-
tombe. Sessanta, perchè, secondo
na di tale età non è più atta a concepire.
Vedovanza continentissima.- •
Tortora posata su un ramo secco: si vuole che la
tortora, morto che sia il suo compagno, sfugga la com-
pagnia delle altre tortore, danido segni di tanto do-
lore, che d'allora in poi non si accompagni più con
altro maschio, passando il resto della vita in perpetuo
celibato, volando soletta, non posando mai su un ra-
mo che abbia foglie.
Vedovina. Vedi Scabbiosa.
Veemenza.
Cateratta. Simbolo biblico della veemenza nel par-
lare o nell'operare. Presa nel senso di cascata natu-
— 977 -

rale, la cateratta, non significa che strepito e impeto;


e questa è simbolo di una naturale eloquenza e gran
facilità di parlare, la quale senza porvi studio alcuno
per se stessa si manifesta e abbonda. Mentre la ca-
teratta fatta per opera dell'ingegno dell'uomo, a sco-
po utile, è simbolo della facoltà che si acquista con
arte e con fatica, con diligenza, con sermo e molto
esercizio.
Veglia.
Rosignolo; allusione al suo contmuo cantare di
notte, canto che viene paragonato al diletto che pro-
caccia lostudio notturno della letteratura.
Vela. Vedi Fede — Speranza.
Velia 0 Verla.
Uccello. Vedi Ozioso.
Vello d'oro. Vedi Frìsso.
Velo. Vedi Allegoria — Bontà — Fede — Flam-
meo — Genoveffa {Santa) — Ciustizia — Maldi-
cenza — Modestia — Occasione — Oceano —
Vergini savie e Vergini stolte.
Velocità.
Animali: Cavallo. Nelle medaglie cmtiche, un ca-
vallo che corre, o il Pegaso, con le ali, è segno cB
una battaglia condotta a fine con gran velocità. Del-
fino, che era ritenuto il più agile e veloce degli ani-
mali acquatici e terrestri, e di cui si raccontano cose
incredibili: per esempio, d'essere stato visto saltare
sopra le anteime delle più grosse navi, veloce come
saetta. Sparviero che vola, ritenuto il più veloce degli
uccelli. Tigre. — Diversi: Ali. Freccia. Gli Ar-
meni chiamavano la freccia tigre; per essere la ti-
gre animale velocissimo, e il Tigri im fiume ra-
62 — Q. Ronchetti.
— 978 —

a, gli an-
pidissimo. Da questa velocità dellaperfrecci indicare una
tichi, che la chiamavano frezza,
affrezzare
cosa da sollecitarsi, formarono la parola
una gran-
(affrettare). Fulmine. I poeti, per esprimere ah del ful-
de velocità, sogliono dire più veloce delle
mine. In una medaglia antica si vede un cavallo in
ne che
corsa velocissima, con la coda stesa e un fulmi
ciò che pa-
lo segue, e una lancia dritta verso di esso,
un'im presa con gran preste zza condot -
re accennare a
una testa d'uo-
ta a fine. In un'altra medagaliadi figura capra selvatica, sotto
mo coperta con una spogli
il ca-
la cui gola si vede un fulmine, e un arco dietro
po; e dall'altra parte, il Pegas o con una frecci a po-
stavi di sotto: tutti simboli della velocità. Stivale a-
lato, attributo di Mercu rio messaggero. E' comune il
detto: Ha le ali ai piedi, per esprimere la rapidità di
qualcuno.
Velocità della vita umana.
Centauro. Avendo questo essere favoloso la parte
superiore in forma umana, e il resto del corpo simile
a un cavallo, alcuni lo vollero emblema del corso ve-
loce con cui sopravviene il termine della nostra vita.
Venidetta-
Animali: Cavallo sbranato da una tigre, come ri-
sulta dalla seguente narrazione. Appena che il cac-e
ciatore siaccorge che la tigre ha di poco partorito,
la madre si è allontanata in cerca di cibo, allora,
montando un cavallo velocissimo va a portar via i fi-
ti-
gli, fuggendo poi precipitosamente. Ritornata :a
gre, e trovato il covo vuoto, va in cerca del caccia-
tore, che fugge, e trovatolo gli si avventa contro;
quello, per sottrarsi alle sue furie, le getta uno dei
- 979 —

suoi figli: la tigre lo prende in bocca, r^ortandolo


nel covo, poi tosto raggiunge nuovamente il caccia-
tore, ilquale le getta un altro figlio, e senza rallen-
tare la cosa, corre veloce verso la nave. Piglia la
madre anche questo, lo riporta velocemente, e ciò fa
tre volte, talvolta quattro, finche il cacciatore salendo
sulla nave, a fatica, ne ruba uno o due, abbandonan-
do il cavallo, contro il quale la tigre, incrudehta in-
vano, rivolgendo ad esso tutta la sua rabbia, lo sbra-
na, vendicandosi della rapina del suo compagno. Leo-
ne trafitto da una freccia in atto di estrarla. Si rac-
conta che al seguito di Giuba re dei Mauri, mentre
attraversava col suo esercito i deserti dell'Africa, fa-
ceva parte un giovane, il quale con una freccia ferì
un leone che incontrarono. Dop>o un anno, ripassando
Giuba p>er il medesimo luogo, quello stesso leone, a-
vendo, fra tanti soldati, notato il giovane che lo ferì,
l'assalì sbranandolo misea-amente per vendetta. —
Vegetali: Aconito. — Diversi: Dito. Allusione al
gesto usato nel basso popolo di stringere fra i denti
l'indice piegato a uncino, come segno di vendetta giu-
rata. Vedi Inferno dei poeti (Sackeville).
Vendicatore dei figli.
Saltimpalo, geroglifico egiziano di un padre che
vendichi le ingiurie fatte ai figli. Facendo quest'uc-
cello ilnido fra le spine, per cui avviene, dicesi, che
l'asino, spinto dal prurito delle piaghe prodotte da)
basto, grattandosi contro le ^ine, guasta il nido, in
modo che il saltimpalo, sbigottito (appena che sente
il raglio dell'asino, o fa le uova prima del tempo o
i suoi pulcini per paura escono dal nido cascando in
— 980 —

pia-
vola
terra)ghe col addosso all'asino approfondandogli le
becco.
Venere. ,, . , i .• u- n»»
antichi, Uea
Una delle divinità più celebri degli
ore, regin a del riso com-
della bellezza, madre d'Am
ri. Pres iede va alla gè-
pagna delle Grazie e dei Piace Secon-
era prote ttric e delle corti giane .
nerazione ed erano conse rvati
do Plutarco, nel temp io di Vene re
per ramm enta re la fragi hta
gli ornamenti dei morti, ma la più
a vita. Cont avan si più Vener i
della nostr
(vedi), nata dal-
famosa è quella chiamata Afrodite
la schiuma del mare. Essa sulla fu portata n^Uisola di Ci-
terà dai zefiri, e ricevuta spiaggia dalle 5fag«o-
nì Poco dopo fu trasp ortat a in cielo, ove tutti gli
e tutte le Dee ne fu-
Dei ne ammirarono la bellezza
ma essa resi-
rono gelose. Giove voleva possederla, e le diede
ne l ostin azion
stette, di che il Dio per punir
figli o Vulc ano. Tale unione
a poso il deforme suo
colta m braccio
non "a ritenne dall'amoreggiare; e fu riso di tutti gì
olo e al
a Marte ed esposta al ridic
Cuprdo, Ermone;d.
Dei. Da Marte ebbe Antera
Bacc o. Priapo; da Net-
Mercurio, Ermafrodito; da
tuno. Bice. Anche tra i morta li vi furono pnvilega.
suoi: Adorre e Arrchse
Tche giunsero agh amplessi
esercitava sul cuore ve-
Il potere che la sua bellezza o cinto, il quale d-
niva aiutata dal famoso suo cesto
a a chiunque 1 avesse
va la bellezza, eleganza e grazi
a Giunone si giovo pe
a^xito indosso, e di cui la stess
d'am ore. E nota la palma
incatenare Giove nei lacci
tò nella gara della bellezza suscitata
LvenL ripor
re si rappre^
dal pomo d'oro della Discordia. Vene
ejo. descr ivendola, dice
senta sotto varie forme; Apul
— 981 —

che essa era di bellissimo aspetto, di color delicato e


florido, e quasi tutta nuda mostrava la sua perfetta
bellezza; perchè non aveva altro intorno che un velo
sottilissimo, che non copriva, ma solaunente adombra-
va le parti sue, le quali stanno nascoste quasi sempre,
e il vento soave leggermente soffiando, talora l'alzava
un poco gonfiandolo, perchè si vedesse il fiore della
giovinezza; talora lo stringe\a e accostava alle belle
membra, in modo che quasi più appariva. Il corpo
era tutto bianco, e il sottil velo di color ceruleo, per
essere tale il colore del mare donde ella nacque. Di-
nanzi le andavano i vezzosi Amori con ardenti facel-
le accese in mano, e dall'un lato aveva le Grazie, e
dall'altro le bellissime Ore, le quali con vaghe ghir-
lande di fiori in vari modi parveano adornare la Dea
dei piaceri. Altri, F>er essere Venere nata dal mare,
le diedero una conchiglia marina in mano, per dimo-
strare che la vita degli amanti infelici è congiunta con
l'amaritudine, e combattuta da diverse fortune, con
spessi naufraghi. Fu rappresentata nuda, per essere
nudi coloro che l'imitano, e per mostrare ciò a cui es-
sa è sempre preparata, e anche per manifestare che
chi va dietro ai lascivi piaceri, rimane spesso spoglia-
to e privo di ogni bene, avendo perso le ricchezze, di-
vorate dalle donne; e oltre di ciò per mostrare che i
fatti amorosi non possono sempre restare occulti. In-
torno alla Venere di Prassitele, nuda, di marmo bian-
chis imo, sinarra che era tanto bella, che un giovane
distinto innamoratosi, si nascose una notte nel tempio.
e la contaminò, e del cui atto rimase poi sempre una
certa macchia in un fiarxo della bella statua. Venne
anche rappresentata ritta sopra un carro tirato da dm
— 982 —

colombe candidissime, da cigni o passeri', questo car-


ro, se tirato dai cigni, era in forma di conchiglia ma-
rina. Dicesi che i Sassoni rappresentassero questa
Dea dritta sopra un carro tirato da due cigni e al-
trettante colombe, nuda, col capo cinto di mirto,
una haccola ardente nel petto, e una certa palla ro-
tonda in forma del mondo nella mano destra, e nella
sinistra tre pomi d'oro, ed era accompagnata dalle
Grazie con le braccia intrecciate. Pausania parla

di una Venere celeste che presiedeva all'amor puro


e sincero, alieno dal congiungimento dei corpi; e d'una
Venere terrestre o popolare, che presiedeva all'amore
donde viene la generazione umana, e che era rap-
presentata seduta sopra un becco, e col piede cal-
cava una testuggine. Anche Fidia scolpì una Venere
in piedi sopra una testuggine. Gli antichi prendevano
questa Dea anche quale simbolo dell'amor di spar- don-
na, figurandola in una giovane nuda coi capelli
si,' mettendole in mano uno specchio, e una catena
al collo, con un giovane dirimpetto che la trattiene
per la catena con la mano sinistra, e con la destra le
acconcia i capelli, mirandosi l'un l'altro; con accan-
to un fanciullo avente una spada o una freccia.^ Sotto
un altro aspetto la figuravano per la giocondità, pia-
cevolezza, robustezza e beltà; ed era giovane coi ca-
pelli sparsi e lunghi, vestita di bianco, con un ra-
mo di lauro in mano, un pomo o fiori; e nella sinistra
un pettine. — Amimali: Cigno, per la supposta dol-
cezza del suo canto, per cui si voleva accrescersi
grandemente il diletto nei piaceri amorosi; oppure
quale simbolo della candidezza della schiuma del
mare. Colomba, per la sua lascivia, e perchè questi
uccdli non si accoppiano prima di baciarsi, come so-
— 983 —

gliono fare gli innamorati. Delfino, che nuota accan-


to alla Dea, per ricordare che nacque dal mare. Le-
pre, per essere assai prolifica; inoltre gh antichi vo-
levano che mangiando per sette giorni carne di lepre,
si diventasse assai più belli e più graziosi; quindi, la
lepre, è simbolo della bellezza, propria a Venere.
Passero, consacrato alla Dea per la sua natura
calda e lussuriosa. I medici antichi, per rinvigorire
le forze virili indebolite, consigliavano di mangiare le
passere o bere le loro uova. Pesce (l'afia e il lico-
stomo). Quando Tifone dichiarò guerra agli Dei,
questi si diedero alla fuga sotto la forma di diversi
animali: Venere si cangiò in pesce. — Vegetali:
Mirto, con cui era coronata nel giudizio di Pa-
ride ; perciò questa pianta fu poi odiata da Giunone
e Minerva. Si vuole che il mirto, fra altri, sia sim-
bolo delle parti vergognose della donna; e si credeva
che avesse la virtù di iai rinascere l'amore fra le
persone e conservarlo. Elssendo anche emblema di pa-
ce, il mirto, fu consacrato a Venere, perchè aveva
in gran odio la violenza, la guerra e le discordie.
Papavero, che taluni mettono in mano a Venere, e,
oltre a essere simbolo d'cunore, sembra significare
l'abbondanza del seme. Rosa, per il suo soave pro-
fumo, che rappresenta la soavità dei piaceri amoro-
si. Inoltre la bellezza della rosa, che diletta, dura
brevissimo tempo e tosto languisce, come avviene dei
piaceri cui Venere presiede; perciò questa Dea co-
rona vasi di rose. — Diversi: Conchìglia citerea;
mollusco che nel congiungersi al maschio apre inte-
ramente le valve mostrandosi nudo, allusione abba-
stanza chiara. Pomo, che talvolta tiene in mano.
— 984 —

rammentanldo il giudizio di Paride. Vedi Adole-


scenza.
Venere armata.
Così la fecero i Lacedemoni, in memoria della
vittoria riportata dalle loro donne armate contro i
Messeni.
Venere barbuta.
Deità adorata in Cipro, con la faccia d'uomo,
benché vestita da donna. Anche i Romani avevano
una Venere con la barba, e un pettine in mano; e
ciò i>erchè le donne romane, infette da un certo mor-
bo che faceva loro cadere i capelli, votatesi a Ve-
nere, da questa ottennero che il morbo cessasse e
rinascessero loro i capelli caduti. Inoltre avevano an-
che una Venere che dal mezzo in su era maschio,
e dal mezzo in giù femmina, e presiedeva alla gene-
razione universale degli animali.
Venere Callipiga.
Raccontasi che due figlie di contadini, gioivanette
graziose, ogintendendo chi di loro avesse le nati-
che più belle; e non potendosi accordare fra loro,
ricorsero al giudizio di un giovane sconosciuto, il
quale, dopo aver attentamente esaminagE le parti da
cui nacque la contesa, giudicò che la maggiore le
aveva più belle, e la condusse seco a casa. Un fra-
tello di questo giovane, saputo dell'avventura, volle
vedere l'altra sorella, che se ne stava tutta mesta,
per essere stata giudicata aver meno belle le naticbe,
le quali, mostrate al giovane, gli parvero tanto bel-
le che tosto se ne innamorò e la prese per moglie;
in memoria di che, diventate le due sorelle, per tale
qualità, in poco tempo ricche, fecero poi fare un«
— 985 -
statua a Venere, chiamandola Callipiga, dalle belle
natiche.
Venere calva.
Statua di Venere col capo calvo, che i Romani
dedicarono in memoria delle donne che coi loro
capelli fecero funi da tirare le macchine, che usava-
no allora in guerra, quando i Romani, assediati dai
Galli nel Campidoglio, mancavano di tutto.
Venere Vittrice.
Deità dei Romani, rappresentata sotto forma di
donna bellissima con veste lunga, e con uno specchio
nella memo sinistra. Una medaglia di Faustina Au-
gusta, la quale con la mano sinistra tiene uno scudo
poggiato a terra, che ha due figurine scolpite nel
mezzo, e con la destra
scrizione: porge una vittoria, porta l'in-
VENUS VICTRIX.
Venezia.
Vasari la raffigura nella Ninfa Adria, tutta nuda,
giovane e lasciva, con una palma nella destra, e nel-
l'altra mano, alzando il braccio, tiene un ramo di co-
rolla sopra le spalle; coi cap>eUi bagnati e sparsi in-
dorati dal sole che li rasciuga con raggi fiammeg-
gianti. E^ssa siede sopra uno scoglio nell'acqua, te-
nendo una gamba in mare e l'jiltra in terra; nel mare
le stanno intomo Glauco, Nereo e Galatea col capo
coronato di palme, che le porgono nicchie piene di
corallo e ceste coperte di testuggini piene di perle e
di gioie.
Ventaglio. Vedi Africa — Agosto.
Venti.
Deità poetiche, figli del Cielo e della Terra, o.
secondo altri, di Astreo e dell'Aurora. Eolo (vedi)
— 986 —

era loro re e li teneva incatenati nelle sue caverne. Pri-


ma erano liberi e quieti, e furono da Giove rinchiusi
nelle caverne dopo essere stati incitati da Giunone
contro Giove per la nascita di Ejpafo, figlio di Io.
Quattro erano i principali: 1° Aquilone o Borea,
vento settentrionale, il cui soffio faceva tremare la ter-
ra e agitar la superficie del mare; ed era detto rapi-
tore delle fanciulle. E' rappresentato sotto l'aspetto
d'un vecchio alato con la barba, e coda di serpente
in luogo di gambe; vestito d'un lunga tunica svolaz-
zante. Le sue ali, la barba e i capelli sono cosparsi
di fiocchi di neve, e lo svolazzar della tunica solleva
un turbine di polvere. — 2° Austro o Noto, vento
del mezzogiorno, apportatore di pioggia e tempesta,
che rendeva il mare innavigabile e tutto involgeva di
densa tenebre. Viene rappresentato con ali bagnate,
la fronte coperta d'una densa nube e la barba ca-.
rica di nebbia. I poeti usano talvolta il nome di No-
to al plurale (Noti) per esprimere indifferentemente
[ venti. — 3° Euro, vento che spira dall'Oriente,
ora asciutto ora umido. Orazio lo dipinge un vento
impetuoso, e Valerio Fiacco come scarmigHato e tutto
in disordine, seguendo la tempesta da lui suscitata.
I moderni lo rappresentano come un giovane alato
che con ambo le mani va seminando fiori ovunque
passa. Dietro di lui figura il sole nascente. Viene di-
pinto di color nero, per essere quello degli Etiopi
o degli abitanti del Levante ov'egH domina. — 4°
Zefiro o Favonio, vento di ponente, nuncio della pri-
mavera, al cui soffio maturano le sementi. I poeti
lo dipingono sotto figura di un giovanetto di sereno
e dolce contegno: gli danno le ali di farfalla, e una
corona composta di fiori d'ogni specie, per indicare
— 987 —

la benefica sua influenza sulla natura. I Greci lo raf-


figuravano con la freschezza della gioventù e con
l'avvenenza di un Dio; libremdosi nell'aria con gra-
zia e leggerezza ammirabile, quasi nudo e tenendo
in mano im paniere pieno di fiori primaverili. Zefiro
amò teneramente Flora e Glori, e n'ebbe diversi figfi.
Vento.
A U. Vedi Aria — Furore.
Ventre Vedi Mare — Peccati umani — Principio.
Venustà.
Gemme, emblema di leggiadria.
Verbena.
Molte sono le proprietà che gli antichi attribui-
vano a questa pianta, alcune delle quali erano mira-
colose: Druidi
i mai ne coglievano i fiori, se prima
non offrivano sacrifizio alla terra; i Magi, adora-
tori del Sole, tenevano un ramoscello di verbena in
mano, quando facevano qualche cerimonia religiosa.
Presso i Latini la verbena era un arboscello di buon
augurio, e si dice che Tazio, al capo d'anno an-
dava nel bosco sacro della Dea Strema o Strenua,
la Dea della Salute; e vi raccoglieva foglie di ver-
bene e ne regalava agli amici. Vedi Giovanni Bat-
tista {San) — Inspirazione — Mercurio — Pace
— Sposa novella.
Vepdante. Vedi Adorne.
Verde.
Colore. Vedi Allegrezza — Angelo — Batte-
simo — Gioventù — Potestà — Primavera
Speranza — Troni — Vaghezza.
Verdura. Vedi Gioia.
- 988 —
Verecondia.
Bocca. Presso i Greci, pare che la bocca fosse
simbolo di un pudico riguardo e rispetto, perchè so-
levano dire delle persone sfacciate e senza vergogna,
che non avevano la bocca.
Verga.
Strumento di fustigazione, scettro o slmile, insegna
d'autorità. Vedi Concordia — Disciplina — E-
rudizione — Giuseppe (San) — Mosè — Potestà
— Vigilanza.
Verga d'oro.
Pianta a steli alti, un po' rossastri, coi fiori gial-
li in grappoli. Vedi Generazione.
Vergine. Vedi Zodiaco.
Vergine coi capelli tagliati. Vedi Debolezza
d'animo.
Verginense. Vedi Nozze.
Vergini savie e vergini stolte.
Parabola evangelica significante che l'uomo deve
tenersi pronto al giudizio di Dio, e che gli impru-
denti, che non saranno preparati, verranno esclusi dal
cielo. Ecco la parabola (S. Marco XXV): « Al-
lora (quando Dio verrà a giudicare) il regno del cie-
lo sarà simile a dieci vergini, le quali, prese le lo-
ro lampade, usciremno incontro al loro sposo. Ora cin-
que di esse erano savie e cinque stolte. Le stolte,
prendendo le loro lampade, non avevano preso seco
dell'olio; ma le savie avevamo, insieme colle loro
lampade, preso seco dell'olio nei va-vi. Ora, tardando
lo sposo, tutte divennero sonnacchiose e si addormen-
tarono. Ma verso la mezzanotte si intese un grido:
Ecco lo sposo viene, uscitegli incontro. AUpra tutte
- 989 —

le vergini si destarono, e prepararono le loro lam-


pade. E le stolte dissero alle savie: Dateci dell'olio,
perchè le nostre lampade si sp>engono. Ma le savie
risposero: Temendo che quello che abbiamo non ba-
sti per voi e per noi, andate da coloro che lo vendo-
no e comperatene. Ora, mentre quelle andarono a
comjjerarne, venne lo sp>oso; e quelle che erano pre-
parate entrarono con lui nelle nozze; e la porta fu
chiusa. Poi appresso vennero anche le altre vergini,
dicendo: Signore, Signore, ì^srici. Ma, lo sposo, ri-
spjondendo disse: Io vi dico in verità, ch'io non vi
conosco. Vegliate dunque, perchè non sapete né il
giorno ne l'ora (in cui il giudizio verrà ) ». — Ver-
gini Savie. Velo, che copre la testa in segno di
modestia. Lampada accesa che tengono in mano.
Olivo, simbolo di saggezza. Chiesa a porta aperta,
perchè è loro serbata la ricompensa celeste. — Ver-
gini stolte. Testa nuda, in segno di immodestia. Lam-
pada rovesciata. Olivo disseccato, perchè furono ab-
bandonate dalla S2iggezza. Chiesa chiusa, p>erchè la
Chiesa le recinge dal suo seno.
Verginità.
Animali: Ape, simbolo biblico. Liocorno. Secon-
do la leggenda, questo animale favoloso non si la-
sciava prendere che dalle vergini. — Vegetali: Fio-
re d'arancio. Ciglio bianco, simbolo di purezza e in-
nocenza. — Diversi: Bianco. Cinto. Allusione al
c'mio di verginità, che presso i Greci e i Romani fa-
ceva parte dei riti nuziali. Corona di rose bianche,
simbolo della ricompensa celeste alla verginità dei
martiri. Smeraldo, pietra dedicata alla verginità per
il suo colore verde puro, e, secondo alcuni, perchè si
— 990 —

voleva che si spezzasse, se toccato da chi fosse in


procinto di usare con una donna.
Vergogna.
Peonia, allusione al suo colore simile al rossore
della vergogna.
Vergogna delia dignità perduta.
Cervo, senza corna, nascosto fra un cespuglio, con
cui gli antichi raffiguravano un uomo che, perduta
qua,lche dignità acquistata, disonorato, 'ne sentisse
tanta vergogna da non ardire di mostrarsi in pubbli-
co; perchè volevano che il cervo qualora perdesse
le corna, fliuasi vergognandosi, cercasse di restare
nascosto finché cominciassero a spuntargli nuovamen-
te. Il corno, fra altri, è simbolo di dignità.
Verità.
Fiigura allegorica, rappresentata sotto forma di
donna bella, grande, decorosamente ornata, lumino-
sa, con gli occhi risplendenti come due stelle. Viene
anche figurata nuda, con una fiaccola e uno spec-
chio in mano (vedi Favola), e sorgente da un pozzo.
— Vegetali: Lauro, quale emblema del trionfo del-
la verità. Pesca, con una foglia, questa, simbolo
della lingua, e il frutto, del cuore. — Diversi: Bol-
la in forma di cuore, pendente al collo. Nei Pro-
verbi di Salomone al capitolo III si legge : Benignità
e verità non si abbandonano: legali in su la gola,
scrivili sulla tavola del tuo cuore. Maschera, che la
verità strappa. Sole, perchè è unico, come una sola
è ia verità, mentre sono molte le contrarietà del
vero. Pitagora soleva dire di non parlare con la
faccia rivolta verso il sole, cioè, secondo alcuni,
non contradd;ire alle cose che sono chiare. Tripode,
perchè l'oracolo che veniva da esso era creduto dire
— 991 —

sempre la verità. Per cui si vuole che gli antichi


usassero l'espressione parlare dal tripode, per indi-
care uno che dicesse la verità. Zaffiro, pietra dedicata
alla verità.
Verità della religione.
Evangelarìo ajjerto illuminalo dal sole.
Verla. Vedi Velia.
Veronica.
Pianta coi fiori turchini, che cresce nei luoghi mon-
tuosi. Vedi Fedeltà.
Veronica (Santa).
Sudario.
Vertunno.
Divinità romana che presiedeva alle stagioni e vi-
gilava, inquesta qualità, alla vendemmia. Alcuni vo-
gliono che Vertunno presiedesse ai pensieri umani,
e che si mutasse in diverse forme, perchè gli uomini
mutano spesso i pensieri. E' rappresentato con ima
corona d'uva o di fieno in testa, e in varie forme, se-
condo la parte che rappresenta, per cui Properzio gli
fa dire, fra molte trasformazioni: io sarò uomo se la
toga mi sarà data, e giovane se sarò in veste femmi^
nile, e mietitore se avrò la falce e la fronte ornata
di fieno, ecc. Vertunno sposò Pomona, e per quzui-
to sia stato di natura mutabile, fu però sempre fedele
alla moglie, e invecchiarono nella costanza» coniuga-
le finche Vertunno per mezzo di una ricetta parti-
colare ringiovanì insieme con lei. Questo Dio ha per
attributo la cornucopia.
Vescovo.
Animali: Pecora, perchè, figurativamente, il vesco-
vo è capo del gregge. — Diversi: Anello, dato ai
992 —
vescovi quale simbolo del potere spirituale e della lo-
ro unione alla Chiesa. Cappello verde, con tre ordini
di nappe. Guanti violetti Mitra. Pastorale.
Vespa. Vedi Combattimento.

come
Divinità adorata dai Romani sopra tutto
di Satur no. Ve-
protettrice dello Stato, ed era figlia mate-
sta era la Dea del fuoco , non di quel fuoco
fiamma
riale che abbrucia e fulmina, ne di quella
tutti i mali, ma di quel fuoco
impura che cagiona
benef ico che nutre e conse rva nel-
dolce, naturale e
princi pio fecon do della vita. Aveva per sim-
l'uopio il
famigha,
bolo la fiamma che bruciava sull'ara della attitudine
si rappr esent ava in piedi m
e più tardi la sulle spalle,
maestosa, con un velo che le cadeva
e in mano uno scettr o e una fiacco la. A questa Dea
fu dedicata la sedia; perchè dodici ordin i degli altri
segui re il carro
Dei partirono dalla loro dimora per
, riman endo a casa solta nto Vesta,
alato di Giove
seduta;
e perciò ordinariamente veniva rappresentata
si vede in una medag lia di Calig ola, dove h-
come
nell'atto di
gura su un trono pieno di gemme, e la ministra
porgere una tazza con la destr.a e con A.
ficca in terra una lancia, con Tinscnzione VLS 1
siano , pure se-
In un'altra medaglia di Tito Vespa
duta, ha la lancia , e con la destr a porge un gemo,
e porta la medesima inscrizione.
Vestali.
ver-
Sacerdotesse di Vesta, che dovevano essere
e la cui princi pale funzio ne era di manten ere
gini,
il fuoco sacro sull'altare della Dea. Se il fu:>co per
ettate
loro negligenza si spegneva, esse erano assogg
— 993 —

al supplizio degli schiavi, cioè vergate, dal pontefice


massimo. In princijMO le Vestali erano quattro, ma
poi divennero sei. Per trent'anni esse erìuio consacra-
te al servizio della Dea, e facevamo voto di mante-
nersi caste p>er tutto questo tempo. I primi dieci
anni le Vestali li passavamo in ima specie di novi-
ziato e nello studio delle funzioni sacre che dove%'ano
adempire, i dieci seguenti nell'esercitarle, e i dieci
ultimi nell'istruire
tevano rinunciare leal novizie. Spirato
sacerdozio il termine,
e anche po-
maritarsi.
La violazione del giuraonento di verginità era il
maggior dei delitti per le Vestali, e quello che in esse
si puniva con la maissima severità, seppellendole vive.
Veste bianca. Vedi Libertà — Modestia.
Veste di lino- Vedi Purezza.
Veste nera. Vedi Avversità — Notte.
Veste variegata. Vedi Adolescenza.
Via.
Piede, simbolo biblico della via e della parten-

dellaza,vita.
per l'uffizio che fanno i piedi. Vedi Progresso

Viaggio. Vedi Pellegrinaggio.


Viali.
Divinità che presiedevano éille strade più battute.
Mercurio era la principale di queste divinità, alle
quali si sacrificavano porci.
Viandante.
Uomo col bastone.
Viburno.
Bellissima pi«mta che si carica di fiori bianchi di-
six>sti a gruppi o palla, chiéunata volgarmente paU
Ione di maggio, palla di neve. Vedi Inverno.
63 — G. Ronchetti.
— 994 —

Vigilanza.
Animali: Gallo, emblema di sentinella e guardia:
perchè, battendo le ali, annuncia col canto il compa-
rire del giorno. Gru con una piccola pietra nella zam-
pa, simbolo di un capitano vigilante sulle insidie del
nemico; perchè si voleva che mentre le altre gru
dormivano con la testa sotto un'ala, una di esse tutta
la notte vegliasse tenendo strettamente una pietra nel-
la zampa, lasciandola cadere al minimo pericolo, sve-
gliando così le sue compagne. Leone, con la cui te-
sta gli E^ziani rappresentavcino la vigilanza e la
continua .guardia, credendo che fra tutti i quadrupedi
dall'unghia ripiegata, soltanto il kone vedere ap-
pena nato. I leoni accovacciati agli ingressi delle
chiese che veggonsi tutt'oggi hanno il medesimo si-
gnificato, esembra derivato dall'abitudine degH ar-
tisti d'introdurre nel cristianesimo gli stessi simboli
di cui valevansi i pagani. Gli Egiziani, gli Assin, i
Persiani e sopra tutto gli Indiani, li ponevano nei
loro templi affinchè fossero simbolo di vigile custo-
dia ai sacri recinti, credendo gli antichi che il leone
fosse un animale dormiente cogli occhi aperti, e che
quindi la sua immagine fosse l'emblema più adatto
a denotare la vigilanza sacerdotale, che deve star
sempre desta intorno alle cose attenenti alla religione.
Lepre, per essere d'istinto vigilante. Secondo Seno-
fonte, la lepre vede chiudendo le palpebre, e apren-
dole dorme. — Diversi: Crisolito, pietra dedicata
alla vigilanza. Lampada. Orologio. Sprone. Tutti e
tre emblemi dell'attività, perciò divennero attributi del-
la vigilanza. Verga di mandorlo, per essere questa
pianta la più lesta a mettere i fiori. Quando Dio
domandò a Geremia che cosa vedeva; il profeta
— 995 —

rispose che vedeva una verga di mandorlo; allora


Dio soggiunse: Bene hai veduto, però ch'io veglierò
su tutto. — Vedi Guardia.
Vigna. Vedi Conservazione delle vigne.
Vignaiolo.
Asino. Si vuole che quest'animale insegnasse la
coltivazione della vite, mostrando il modo di potar-
le; poiché si osservò che quando l'asino rodeva il
tralcio delle viti, queste producevano maggior abbon-
démza d'uva. Inoltre credevéisi che l'asino non solo in
vita, ma anche morto giovasse alla vigna ; ritenendosi
che sotterrando una testa d'aisino, fra le viti, que-
ste diventassero più fertili.
Vigore rinascente.
Ceroide siliquastro.
Vinca. Vedi Pervinca.
Vincenzo dei Paoli (San).
Fondatore della Congregazione delle missioni pcj
l'istruzione dei campagnoli. — Cuore, emblema del-
la sua umsuiità. Fanciulli, rammentando l'ospizio che
fondò per i trovatelli. Globo infiammato, in cui il
Santo vide l'anima di una santa mentre celebrava la
messa.
Vincoli.
Liana.
Vincolo cl*amope-
Nigella di Damasco.
Vincolo funesto.
Vischio, simbolo evidente.
Vincolo matrimoniale.
Anello.
— 996 —

Vino. Vedi Sangue.


Vinto dall'inferiorità.
Pelle di pantera e di iena; con cui gli Egiziani
raffiguravano un uoptno vinto da un altro a kii in-
feriore; perchè volevano che cucendo insieme queste
pelli, i peli della pantera cadessero, mentre non sof-
frissero affatto quelli della iena, la quale ritenevcisi
incutere tanta paura alla pantera che, incontrandola,
si sgomentasse in modo da non poter fare nessuna
resistenza; per quanto nessun animale sia più feroce,
più terribile e più furioso della pantera.
Viola del pensiero.
Fiore comunissimo. Vedi Meditazione — Pen-
siero — Ricordo.
Viola (mammola. Vedi Mammola.
Violacciocco. Vedi Compatimento.
Violazione.
ClobAlaria.
Violenza.
Divinità allegorica dei Corinti, nel cui tempio a
nessuno era lecito di entrare. — Orso, emblema della
violenza.
Violetto.
Colore. Vedi Amicizia — Arcangeli — Epi-
scopato — Lealtà — Penitenza — Sincerità —
Umiltà.
Vipera.
Serpente velenoso, la cui carne fino da tempi an-
tichissimi fu celebrata molto efficace nelle cure di
varie malattie. Gli antichi la facevano mangiare bol-
lita ai malati a guisa di pesce; presso i moderni, su-
perstizione forse non del tutto scomparsa, non viene
— 997 —

loro dato altro che il brodo. Vedi Adulterio —


Arassa — Ebreo — Furore mplacahile — Iniqui-
tà domata — Maldicenza — Moglie che odia il
marito — Parricida — Sconciamento.
Vi ri placa.
Divinità dei Romani. Aveva l'ufficio di riconci-
liare marito e moglie, i quali, quando avevcino qual-
che contrasto fra loro, andavano nel tempio di questa
Dea, e dopyo aver ciascuno detto le sue ragioni, si
doveva poi dimenticare tutto, se ne tornavano a ca-
sa contenti e pacificati.
Virtù.
Deità allegorica, figlia della Verità. I Romani le
diedero le ali, come emblema della gloria e dell'o-
nore, che quasi come leggerissime ali, sollevano le
persone virtuose. Veniva rappresentata sotto forma
di matrona, vestita di bianco, seduta sopra una pie-
tra quadrata; e in certe medaglie la si vede appog-
giata col braccio sinistro a una colonna, e con un ser-
pente nella mano destra. Luciano descrive la Virtù
dei suoi tempi tutta mesta e addolorata, coperta da
pochi stracci, e assai malamente trattata dalla For-
tuna. Altri la raffigurarono in sembianze di {pelle-
grino, come se non trovasse dimora a questo mondo,
perciò se ne va via. Nella religione la Virtù è rap-
presentata con un nimbo rotondo; un ramo d'olivo
e lo scudo. — Azzurro, colore celeste, dedicato alla
virtù. Barba. Castagna nel riccio. Clava, come si vede
in diverse medaglie romane, per esempio in quella
di Gordiano Pio, in cui è figurato Ercole nudo, con
la clava, e l'inscrizione VIRTVS AVGVSf I. Pel-
le di leone. Diogene esclamò: £ perchè vituperi il
- 998 —

vestito della virtù? — Vedi Bellezza della virtù —


Vizio domato dalla virtù.
Virtù domestica.
Salvia.
Virtù salda , «,
Collana d'oro che, secondo Vegezio, era premio
veniva prov-
alla virtù costante, e chi l'avesse meritata
vigionato per due anni.
Virtù simulata. . , ,
avano una
Pantera, con cui gli Egiziani simboleggi
sapes se dissi mular e tal-
persona d'istinti cattivi, che intimi possono
mente i propri vizi che nemmeno i più
1 odore del-
conoscere a fondo; perchè vc^levano che
forte mente i quadr upedi , che la
la pantera attirasse
ale, perciò
temevano; e conoscendo il suo istinto natur
do uso so -
essa si nascondeva accuratamente, facen
suo odore con cui li lusin gava prendendoli
tanto del
poi facil mente .
Virtù spirituale. * ,
Candelabro d'oro, posto fra due olivi; simbolo
biblico.
Vischio. . , , • . I
ita, dalla cui bacch e si estrae il vi-
Pianta parass drta, e
schio, ilquale si attac ca tenac ement e alle
uccell i. Vedi Vinco lo fu-
serve a prendere i piccoli
nesto.
Visnù.
Divinità che con Brahma e Siva formano la tri-
murti (cioè tre forme) ossia la triade dei principah
Dei indiani. Queste divinità talvolta vengono sempli-
cemente rappresentate coi rispettivi loro attributi, e
talvolta con un solo corpo a tre teste.
— 999 —
Visto.
Uno dei cinque sensi. Allegoricamente è rappre-
sentata sotto l'aspetto di un giovane davanti all'or-
cobaleno, avente uno specchio in mano, e un'aquila
accanto, che fissa il sole. — Lince, animale prover-
biale per la sua acutissima vista,
Vito.
Gli antichi, per emblema della vita, rappresenta-
vano un genio con una fiaccola in mano, la cui fiam-
ma s'innalza al cielo; mentre i Cristiani, paraigonan-
dola a una tempestosa navigazione, la simboleggia-
vano con V ancora, il faro e la ncree. — Acqua e fuo-
co. CredevEisi che questi elementi fossero l'origine del-
la vita. Cernerò, o granchio, simbolo di nascita e della
vita dell'uomo secondo i platonici, i quali volevano
che le anime mandate nei corpi uméini uscissero F>cr
il cancro, che chiamavano p>orta degli uomini, come il
capricorno porta degli Dei. Vedi Anima e vita —
Brevità della vita — Prosperità della vita.
Vito dei religiosi cristiani.
Palma, perchè, siccome per essere sottile al piede
del suo tronco, e avendo una corteccia scabrosa, in-
trec iata a squame, riesce sgradevole alla vista; men-
tre la parte superiore diventa piacevole, tanto per l'am-
piezza del tronco quanto per i rami che si allargano
in una verdura bella e piacevole; così a prima vista
la condizione dei religiosi pare essere disprezzata,
ma poi finisce per riuscire meravigliosa di bellezza,
di costumi e di virtù.
Vito divina.
Fuoco, allusione al fuoco sacro custodito dalle
Vestali, il quale, nutrito continuamente, divenne sim-
— 1000 —

bolo deireternltà, paragonabi le alla vita divina e ce-


leste. Tau, simbolo degli Egiziani.
Vita e anima. Vedi Anima e vita.
Vita e morte. , .
vita; chiuso, em-
Occhio, aperto, emblema della
blema della morte. Comuni sono le espressioni: a-
ere; e chiu dere gh occhi, per
prire gli occhi, per nasc sacro chmdere gli
mori re. Pres so i Roma ni era rito
quando fossero pò-
occhi ai moribondi, per riarprirli
abbr ucia rli; e ciò perche era vietato
sti sul rogo per
m agonia.
guardare gli occhi di una persona
Vita umana. i j . .:^
endente, sim-
Sole il quale, quando è terso e rispl
boleggia la tranq uilli tà della nostr a vita; mentre, se
le nostr e tnbo laziom e
oscurato da nubi, raffigura
un amma lato sognas-
sofferenze. Presso gli antichi, se i, per mai
se di veder e il sole oscur arsi e nasco nders
di perde re
riapp
la arire, era segno di un gran pencolo
vita.
Vitalba. Vedi Ckmatite vitalba.
Vite. , ,.„..., .. „
iutiss ima, che gli Egizi ani la ritene-
Pianta conosc no
vano nata dal sangue dei Giganti. Vedi Autun
one dei Cnsti am — tc-
— Bacco — Congregazi

dtazione — Eucarestia — Fatica — Fertilità
e — Gesù Cristo — Letiz ia — Liber ta --
fijror
Noè .— Sacrifizio per le viti — Stufile — Ubrta.
chezza
Vitello. Vedi Allegrezza.
Vitello d'oro. Vedi Aronne — Idolatria — Idolo.
Vìttima della propria astuzia.
che.
Tordo, preso al vischio; simbolo di persona
- 1001 -
come suol dirsi, cascò nelle proprie reti. Gli antichi
volevano che il tordo si cacasse da sé slesso la mor-
te; perchè ritenevano che il vischio maturasse nel
ventre degli uccelil, e specialmente dei tordi, e fosse
mandato fuori col loro stronzolo.
Vittima umana.
Porco, che nei sacrifizi degli Dei fu sostituito al-
le vittime umane, e ciò, p>er iniziativa degli Ateniesi.
Vitto.

Papiro, simbolo degli Egiziani, tanto per l'ab-


bondanza del cibo, quanto per una proprietà sp>ecia-
le di questa pianta. Poiché quantunque producesse
frutti inutili, tuttavia la sua radice oltre a servire da
combustibile, porgeva loro una grande risorsa ali-
mentare; mangiandola cruda, cotta, arrostita, ingo«
iando il sugo, sputando il masticato; alimento che
bastava a nutrire quel popolo sobrissimo.
Vittore (San).
Armatura. Il santo apparteneva alla milizia eque-
stre. Cavallo. Idolo di Giove che rovesciò. Macina,
attaccatagli ai piedi. Piede tagliato. Ruota, strumen-
to di tortura. Stendardo.
Vittoria.
Divinità allegorica, chiamata Niche dai Greci,
e che vien detta figlia di Stige e della Terra. Gli A-
teniesi la rappresentavano senza ali, affinchè non se
ne volasse via: portava la celata e aveva nella mano
destra una melagrana. La Vittoria comune era però
per lo più fornita d'ali, e in forma di bella vergine,
in atto di volare per aria e porgeva con la destra
una corona di lauro, oppure di olivo bianco; con un
• amò di palma nella sinistra. Claudiano, descrive la
— 1002 -

vittoria vestita di trofei, con la palma, e le ali agli


omeri, le quali mostrano gli incerti successi della
guerra, passando sovente la vittoria or dall'una, or
dall'altra parte; e per essere l'esito della guerra in-
certo, fu chiamata la Vittoria Dea comune, come se
essa si trovasse nel mezzo, e si avvicinasse a chi me-
glio sapesse attirarla a se. — Animali: Aquila, per-
chè vince di valore tutti gli altri uccelli, da che ven-
ne forse che, fra tutte le altre insegne che i Romiani
portavano in guerra, nello stendardo l'aquila fu la
principale e la più frequente. Bue ucciso, principal-
mente presso i Romani, era segno di vittoria, perchè
sacrificavano il bue dopo aver ottenuto la vittoria con
la strage dei nemici, e quando senza combattere e
senza sparger sangue avessero fatto qualche conqui-
sta, allora immolavano la pecora. Civetta, simbolo
degli Ateniesi, il cui volo divenne proverbiale, poiché,
quando volevano significare la disfatta dei nemici e
aver acquistata la vittoria, solevano dire: la civetta
ha volato. Callo, secondo gli auguri, perchè quest'uc-
cello quando è vinto, suol tacere, mentre canta se
vincitore. Perciò gli Ateniesi dopo aver vinti i ne-
mica sacrificavano un gallo, i quali, contrariamente
ai Romani, sacrificavano solitamente un bue, quando
fossero stati vittoriosi senza vittime. — Vegetali:
Olivo, con cui gli antichi usavano spesso coronare
i vincitori, come, per esempio, lo erano quelli dei
giuochi Olimpici. Palma, ritenuta dagli antichi come
emblema della vittoria, per la sua grande elasticità
e forza di resistenza, senza spezzarsi, che possiede
il suo legno. Nelle opere d'arte, quando vicino a qual-
siasi oggetto si vede un ramo di palma, o sia in ma-
no a una figura, è segno che l'oggetto è stato dato
— 1003 -

come premio a qualche vincitore, e che la ptersona


così rappresentata essa stessa è il campione della
vittoria. — Diversi: Ali, F>cr essere la marcia della
vittoria rapida. Cariatide. In Lacedemonia esisteva
una loggia, chiamata Persica, dove in luogo di co-
lonne figuravano delle cariatidi in abito persiano, e
ciò in memoria della vittoria ottenuta contro i Per-
mani nella guerra di Platea. Diga, con cui sono co-
onati gli archi trionfali. Trofei d'armi.
Vittoria dei popoli.
Cibele, con la corona murale in testa; simbolo
della terra e delle città su di essa fondate, domate e
vinte; oppure di una vittoria acquistata d'agricoltori
sediziosi.
Vittoria navale.
Colonna rostrata, come quella famosa innalzata
:]ai Romani in onore di Duilio vincitore della gran-
Je battaglia contro i Cartaginesi. Nave con tre rostri.
Vituperio. Vedi Ignominia.
Vitzillputzii.
Dio Messicano. Vedi Ipaina.
Vizi. Vedi Anima purgata dai vizi.
Vizio domato dalla virtù-
Idra uccisa da Ercole.
Vizio e lascivia.
Cane in mezzo a due donne.
Vizio emendato.
Melagrano, trapassato da un conio di pino vicino
alla radice; éillusione a una persona che, abbando-
nata una condotta cattiva, o il vizio, siasi messa
sulla via della virtù; perchè, secondo S. Basilio, fo-
— 1004 —

rando nel modo suddetto la midolla del melagrano,


di sapore forte e aspro, i suoi frutti diventano dolci
e squisiti.
Vizioso.
Vacca, simbolo biblico d'uomo pieno di vizi cor-
porali.
Volontà.
Personificata in una igiovane bella, lasciva e vaga
per gli artificiosi ornamenti che la contornano.
Volpe. . ,, ,. .
Animal e proverb iale per le sue astuzie. Vedi A-
stuzìa — Diavolo — Difesa — Finezze — Fur-
beria — Giovanni Battista (San) — Inganno —
Pelle di volpe — Pensieri cattivi
Volubilità delle ricchezze.
Coda di pavone. Simbolo di persona che or ab-
bondi di ricchezza, or sia oppressa dalla miseria,
secondo la volubilità della fortuna; perchè il pavone
perde la coda ogni anno, quando cadono le prime fo-
glie degli alberi; e quando germogUano, la riacquista.
Voluttà.
Dea del piacere e figlia d'Amore e Psiche. Per-
sonificata indonna che come regina siede in alto
seggio, tenendo sotto i piedi la Virtù. — Tuberosa,
simbolo di voluttà in Persia.
Voluttuoso.
Uomo col gomito appoggiato a un cuscino. Eze-
chiele disse: Guai a quelli che acconciano il guan-
ciale sotto il cubito delle mani; cioè che abbando-
per darsi alla mollezza dall'ani-
corpo. virili,
icostumi
mo enanodel
Vomere. Vedi Dala-Ràma.
— 1005 —
Voracità. Vedi Ingordìgia.
Vulcano-
Dio del fuoco, figlio di Giove e di Giunone; ed
era fin dal suo nascere così debole e brutto, che
sua madre, volendosene disfare, lo laisciò cadere dal-
l'Olimpo. Ma lo raccolsero due divinità marine, Teti
ed Eurinome, presso le quali egli stette nove anni, e
durante questo tempo fece loro bei ornamenti. Tutte
le volte che egli rammentava l'atto crudele di sua
madre, sdegnavasi pensando al vergognoso tratta-
mento che aveva ricevuto, ma del resto era aissai
mite ed era obbediente, e in im'occasione tenendone
egli le parti contro Giove, questi lo afferrò per un
piede e lo gettò giù dall'Olimpo. Egli rotolò per un
giorno intero e cadde nell'isola di Lenno, dove fu
benignamente accolto dagli Sinzi. Fece poi ritorno
all'Olimpo, dove abitava in un palazzo fabbricato
da lui medesimo. Quivi aveva la sua fucina con
l'incudine e venti mantici che soffiavano a suo pia-
cimento; e quivi faceva squisitissimi lavori per gli
Dei e per i privilegiati mortali. A Vulcano fu dato
Venere per moglie, p>erchè la generazione non si pro-
duce senza Cadore. Venere non gli serbò però la fe-
deltà coniugale, e mentre godeva l'amore di Marte,
Vulcano informato dal Sole, tese una rete entro la
quale pigliò gh amanti, e chiamò tutti gli Dei a
mirare lo spettacolo. Ma alle preghiere di Nettuno,
li mise in libertà. Gli furono attribuiti tre fabbri, chia-
mati Bronte, Sterope e Piracmone. I due primi rap>
presentano gli effetti dei fulmini, perchè Bronte si-
gnifica tuono, e Sterope baleno; e Piracmone raffi-
gura gli strumenti del fabbro, perchè significa il fuo-
co e anche l'incudine. Esiodo invece di Piracmone lo
— 1006 —
chiama Arpete, per denotare la violenza del fulmine,
che ogni cosa distrugige. Vulcano era rappresentato
zoppo, perchè così sembra la ficumma che ardendo
non s'innalza dritta, ma si torce e quasi s'inclina, ora
da una parte ora dall'altra, come l'andatura di uno
zoppo. Lo fecero con la faccia nera, brutto e affu-
micato per tutto il corpo, come appunto sono i fabbri,
e talvolta ne nudo ne vestito, ma soltanto con dei
cenci indosso, oppure con una corta tunica che la-
scia scoperte le spalle e il braccio destro ; e portava
in testa il somatracio, beretto ovale di color azzurro.
Ha per attributo Vincudine. Dicesi che in Roma il
tempio di Vulcano era custodito da cani, che non
latravano mai se non quando alcuno fosse andato
per rubare qualche cosa. Vulcano aveva un carro ti-
rato da due cani, e sembra che abbia avuto anche
una specie di automobile; poiché si legge che alle
nozze di Amore e Psiche, egli intervenne seguendo
il carro di Venere, « ma assai da lungi; perocché il
suo piccolo carro per segreto artifìcio da se stesso
moveasi, bensì lentamente, senza aver ch'il traesse,
e solo un affumicato Ciclope lo reggea )).

Y.
Ylmep.
Secondo la mitologia degli Scandinavi, era que-
sto il nome del gigante, il quale fu formato dagli
scioglimenti dei va^pori gelati. Vedi Odino.

Walhalla.
w.
Paradiso o luogo di delizie, destinato, secondo
la mitologia degli antichi Celti, per quelli che peri-
— 1007 —

vano nelle battaglie. Questo Walhalla era propria-


mente ilpalazzo chimerico di Odino; i guerrieri do-
vevano ogni giorno armarvisi, esservi passati in raa-
segna, mettersi in ordine di battaglia, e tJigliarsi con
piacere in pezzi gli uni e gli altri; ma venuta l'ora
del banchetto, non si doveva più parlare di ferite,
p>erchè si trovavano subito guariti ; essi dovevano por-
tarsi nella sala di Odino, e bervi a piacere birra e
idromele nei crani dei loro nemici, e rendere le tazze
nefaste alle Walkirie, ninfe destinate a servirli.
Walkìrie.
Figlie di Odino, di bellezza sorprendente; la loro
mansione era quella di andar a cercare i guerrieri
morti sul camp» di battaglia e trasjjortarli nel Wal-
halla, offrendo loro birra e idromele. Portavano l'ar-
matura.
Wodan. Vedi Odino.

Z.
Zaccaria.
Il nome di questo penultimo dei profeti minori
deriva dall'ebraico Zechariah ossia Rimembranza del
Signore. Vedi Profeti.
Zafferano.
Pianta che fiorisce in primavera e in autunno. Ve-
di Croco.
Zaffiro.
Pietra preziosa colorata in azzurro. Vedi Con-
forto — Coscienza pura — Impero — Purezza —
Sacerdozio sommo — Serafini — Trono di zaf-
firi — Verità.
— 1008 —
Zampogna.
Strumento antico a fiato, generalmente di selite
canne disuguali unite insieme. Vedi Aprile — Mu-
sica — Pan — Rinsavire — Senso — Silvano.
Zanzara.
Insetto avido di sangue e molestissimo all'uomo.
Vedi Dialettica — Schiera nemica.
Zappa.
Strumento per lavorare la terra. Vedi Agricoltura.
Zefiro. Vedi Venti.
Zelo.
Lampada.
Zeppa. Vedi Conio.
Zete. Vedi Calai.
Zeto.
Figlio di Giove e di Antiope. Vedi Anfione.
Zingari.
Gente vagabonda che va facendo stregonerie e
di paese in paese vivendo sotto baracche e tende,
— Cincia. Sì vuole che questo uccello sia tanto misero
e che non abbia dimora in nessun luogo, appunto co-
me i zingari.'
Zizzania.
Graminacea che cresce in mezzo al fnmiento e
altri vegetali, e se in grande quantità comunica al
pane qualità malefiche. Vedi Cattiveria.
Zodiaco.
Nome derivato dal greco zoon, animale, e ciò per-
chè le costellazioni che si trovano nel Zodiaco, nelle
carte celesti hanno per lo più figure d'animali, I se-
gni dello zodiaco sono dodici, cioè: Ariete, che cor-
— 1009 —

risponde al mese di marzo. Toro, che corrisponde al


mese di aprile. Cemelli, corrispondenti al mese di
maggio. Cancro, o gambero, corrispondente al mese
di giugno. Leone, che corrisponde al mese di luglio.
Vergine, corrispondente al mese di agosto. Libra, o
bilancia, corrispondente al mese di settembre. Scor-
filone, corrispondente al mese di ottobre. Sagittario,
corrispondente al mese di novembre. Capricorno,
corrispondente al mese di gennaio. Pesci, che cor-
rispondono almese di febbraio. Gli astrologi, aggrup-
pando a tre a tre i segni, diedero allM riete il prin-
cipio del fuoco, il mezzo al Leone e il fine al Sagit-
tario. AI Toro assegnarono il principio della terra, al-
la Vergine il mezzo e al Capricorno il fine. Attri-
buirono ilprincipio dell'aria ai Cemelli, il mezzo alla
Libra e il fine air/4 cquario. Il principio dell'acqua
l'assegnarono a! Cancro, il mezzo allo Scorpione e
il fine ai Pesci. — Vedi Tempo.
Zolla.
Fetta o pezzo di terra unito. Vedi Sommissione.
Zucca da pellegrino.
E' una zucca in forma un p)o' allungata, ma ri-
stretta verso la parte sup>eriore, che termina in cavi-
tà più piccola dall'inferiore, e perciò chiamata anche
zucca biventre. Vedi Giona — Pellegrino.
Zucca falso - arancio.
Zucca col frutto ramciato. Vedi Impostura.
Zufolo. Vedi Claudio {San).
T.AV. I.

AB - AF

I - O. RONCUETTI
TAV. II.
AI - AM
I
TAV. m.

AM

Amore Leteo

Amore nei vari effetti e potenza d'amore


TAV. IV.

AM

Amore vincitore dei cuori

Amore e Antero (vedi Antero)


i
TAV. V.

AN

^^
TAV. VI.

AP
TAV. VII.

AP

Apollo
TAV. Vili.

Alt

Aritmetica

Arpie
TAV. IX.

AR
AR • AS

Arueri

Astante
^W , M

AS - AT

Astronomia Athor

Athor Atlante
TAV. xn.

AU - AV

Aurora

Augure Avversario
TAV. xin.

BA
TAV. XIV.
BA . BE

Basilisco

Bast

Bellona e Bdlonarì
TAV. XV.
BE • BI • BO . BR

Berretto frigio

Besa

Bifronte Bipenne

Bona Dea Brahma


TAV. XVI.
CA ■ CE
TAV. xvn.

CE
<
TAV, xvrii.

CH . CI

Chimera

Cittadino oppresso dal forestiero


l
TAV. XIX.

CI
/
TAV. XX

CO
TAV. XXI.

CO

Concordia

Consacrazione
TAV. XXII.

co
TAV. XXIIl.

CO - CU - DI

Corona di gramegna

Custodia

Corona di quercia

Corona murale Diana


TAV. XXiV.

DI

Discordia

Divinità
TAV. XXV.

DO - DR

Dominazione dell'animo

Drago
TAV. XXVI.

EC - EN - ER
TA\ . XX VII.
ER - ES - ET

^•^s^/y
^
^
^
y
'%'
TAV. XXVIII.

FA
TAV. XXIX.


TAV. XXX.

Fede (Fidio)

Felicità
TAV. XXXI.

Fenice

Feti sci
TAV. XXXII.

FI - FO
i
TAV. XXXIII.

FO

5 — U. Ro.VCHKTTJ
TAV. XXXI V

i l
FO

gm!_
^^^
^1 \
^^ ?^f ■ ] 1
TAV. XXXV.

FO
TAV. XXXVI.

FR - FU
TAV. XXXVIl.

FU • G A
TAV. xxxvm.
G A - Gì
TAV. XXXIX.


TAV. XL.

Giove in trono
TAV. XLI.

Giunone
TAV. XLII.

CI

Giunone Dea delle nozze

Giustizia
TAV. XLlll.

Giustizia senza testa

<s=^^^^
Gladio

Gorgone
TAV. XLIV.

GR

Grazie
TAV. XLV.

GR - GU

Grifo

Guardia
TAV. XLVI.

GU - IG

Guerra

Igieia
4
TAV. XLVII.

IG ■ IM

Ignoranza

Imene
TA\. XLVll!.

IM ■ IN

Impedimento

Iniquità domata
TAV. XLIX.

IN - IP - IR

il,<^

Innocenza
Ippogrifo

Invidia Iride
TAV. L.

IS
TAV. LI.

LA
TAV. Lll.

LA - LE

^^^^^^ì^,^^<J^^':=^f.
Lascivia domata

Legge
TAV. LUI.

LE . LI - MA

^
iiti \^

s
V^
l^

A'
V
^

f
TAV. LIV.

MA

Mansuetudine

Marito economo e moglie prodiga


i
TAV. LV.

ME
TAV. LV

ME

Mercurio

.Meretrice
TAV. LVII.

ME ■ MI
TAV. LVIII
MI - MO
TAV. LIX.

MO - MU

D D

Monogramma di Cristo

Muse

1 . Clio ; 2. Tolta ; 3. Erato ; 4. Euterpe ; 5. PùUmaia ;


6. Calliope ; 7. Tersicore ; 8. Urania ; 9. Melpomene.
i
TAV. LX.

MU ■ NA

Musica

Natura
TAV. LXI.

NE

Nettuno
TAV. LXIl.

NO

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TAV. Lxin.
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Oceano — *- —
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TAV. LXIV.

ON - OR
i
TAV. L.W.

OS

9 — Q. Ronchetti.
TAV. LXVI.
PA

Pace

Pan
TAV. LXVII.

PA

Parche

Parche
TAV. LXVIII.

PE - PI

l'etaso

Pietà
TAV. LXIX.
PL - PO
TAV. LXX.

PR

Priapo

Principe
-xx;

PR

TA'
TAV. LXXII.

PR
TAV. LXXIII.

PR - PS

Prudenza

Prudenza Pschent
TAV. LXXIV.

PU - RA . RI . RO

Pugnacità (vedi Combattimento)

Ri

Riverenza Roma personificata


TAV. LXXV.

SA

Salubrità

Salute
TAV. LXXVI.

SA

-#^^.

4-^-
#^-
TAV. L\X\

SA - se

Saturno

Scettro da buffone Scettro egiziano


TAV. LXXVIII.

se - SF
TAV. LXXIX.

SI

Sibilla

Sicurezza
TAV. LXXX.

SI
TAV. LXXXl.

Silvano
TAV. LXXXIl.

ST

Stagioni dell'anno

Primavera
Autunno Stagioni dell'anno
TAV. LXXXIII.

TA - TE

Talari
t Tau

Tempo Terreno fruttifero

J^-^^^t^v^S^
Tevere
TAV. LXXXIV.

TI

Tifone

Tirso
TAV. LXXXV.

TO - TR
TAV. LXXXVI.

TR
TAV. LXXXVII.
VE

Venere
TAV. LXXXVIII.

VE
TAV. LXXXIX.

VE - VI

EP^IX,
TAV. XC.

VI - vo
TAV. XCl.
vo . vu

Voluttuoso

Vulcano
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