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La Conquista Dell'italia

Il documento analizza la conquista dell'Italia da parte di Roma, evidenziando la caduta della monarchia e l'emergere della Lega Latina. Descrive le guerre contro le popolazioni circostanti, come i Sabini, gli Equi e i Volsci, e il conflitto con la città etrusca di Veio, culminato nella sua conquista. Infine, discute l'invasione gallica e le conseguenze che hanno portato a una rapida ripresa e all'espansione dell'Impero Romano.

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La Conquista Dell'italia

Il documento analizza la conquista dell'Italia da parte di Roma, evidenziando la caduta della monarchia e l'emergere della Lega Latina. Descrive le guerre contro le popolazioni circostanti, come i Sabini, gli Equi e i Volsci, e il conflitto con la città etrusca di Veio, culminato nella sua conquista. Infine, discute l'invasione gallica e le conseguenze che hanno portato a una rapida ripresa e all'espansione dell'Impero Romano.

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LA CONQUISTA DELL’ITALIA

La situazione del Lazio alla caduta della monarchia di Roma


Alla caduta della monarchia Roma controllava nel Lazio, un territorio che si estendeva dal Tevere
alla Regione Pontina. Tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C. buona parte delle città latine,
approfittando delle difficoltà interne di Roma (sedare le proteste della plebe) per liberarsi dal suo
controllo e egemonia e si unirono in una lega, lega Latina, in cui i cittadini condividevano alcuni
diritti:
 Ius connubii: diritto di contrarre matrimoni legittimi con i cittadini di altre città latine
appartenenti alla Lega;
 Ius commerci: diritto di avere contratti legali tra cittadini appartenenti a diverse comunità
latine;
 Ius migrationis: con la quale un latino poteva assumere i diritti civici di altre comunità dopo
avervi preso residenza.
La lega era governata da un dittatore che aveva anche la carica di supremo comandante
dell’esercito.
La battaglia del lago Regillo e il Foedus Cassianum
La lega latina tentò di affermarsi definitivamente attaccando Roma: secondo la tradizione questa
guerra fu combattuta nel tentativo di ricollocare Tarquinio il Superbo sul trono di Roma. Ma
questa motivazione è da attribuire alla storiografia romana che aveva la tendenza di inquadrare
tutti i conflitti dei primi anni della repubblica come tentativi dell’ultimo re deposto di riprendere il
controllo di Roma. In realtà sembra probabile che il ruolo di Tarquinio in questo conflitto sia stato
secondario. Nel 496 a.C. i romani, guidati dal dittatore Aulo Postumio Albo, sconfissero la lega sul
lago Regillo. Tra gli esisti dello scontro si ebbe l’uscita di scena di Tarquinio e la conclusione di un
trattato trattato risalente al 493 ac che avrebbe regolato i rapporti tra i romani e i latini. Chiamato
trattato Cassiano (foedus Cassianum) perché sigillato dal console spurio Cassio: le due parti si
impegnavano a mantenere la pace e a creare un’alleanza difensiva, aiutarsi in caso una delle due
venisse attaccata; inoltre le due parti si impegnavano a dividere equamente il bottino delle guerre
sia per quando riguarda i beni mobili che le terre. Loro fondarono anche delle colonie sui territori
strappati ai nemici. I cittadini dei nuovi centri provenivano sia da Roma che dalle altre comunità
latine e spesso venivano inglobati anche gli abitanti della località colonizzata. Nel 486 Roma
completò il proprio sistema di alleanze stringendo un accordo con gli Ernici, popolazione che
abitava a sud-est di Roma, tra gli equi e i volsci.
I conflitti con Sabini, Equi e Volsci
L'alleanza stretta da Roma con la Lega latina e gli Ernici si rivelò preziosa per fronteggiare la
minaccia delle popolazioni che dagli Appennini premevano verso la piana costiera del Lazio a causa
delle scarse condizioni di sopravvivenza del territorio appenninico (Sabini, Equi e Volsci). Nel V sec.
i conflitti tra Roma e le popolazioni appenniniche furono moltissimi:
 I Volsci discesero dagli Appennini verso la fine del IV secolo a.C. e occuparono tutta la parte
meridionale del Lazio (un tempo parte del regno di Tarquinio il Superbo) e numerose città
latine come Anzio. Quindi i Volsci si stavano avvicinando a Roma.
 Gli Equi avanzarono conquistando alcune importanti città latine come Tivoli e Preneste,
minacciarono anche Tuscolo. In questa occasione si parla dell’episodio del dittatore
Cincinnati che, strappato dai lavori agricoli, dopo aver liberato l’esercito romano messo alle
strette dagli Equi, tornò a dedicarsi all’agricoltura.
 I Sabini furono una popolazione che mise molto a rischio Roma e furono i primi ad essere
integrati nell'impero: tale integrazione possedeva sia un volto pacifico sia uno minaccioso,
infatti i romani organizzarono una serie di campagne contro la Sabina (parte dell’Umbria e
dell’Abruzzo) con conquiste territoriali nella regione. Presto nel territorio sabino vennero
create due nuove tribù rustiche.
Tutte queste popolazioni erano Accomunate da un importante incremento demografico che
trovava soluzione solo nell'espansionismo. Una prova di ciò è data dalla primavera sacra, (ver
sacrum). Secondo questa pratica, negli anni di carestia, i prodotti dovevano essere consacrati alle
divinità e i bambini nati in quel mese, di quegli anni, raggiunta la matura età, avrebbero dovuto
migrare in un'altra regione seguendo le indicazioni di un animale totemico. Dal nome dell'animale
ne derivò, spesso, il nome della popolazione: i Piceni seguirono un picchio, gli Irpini un lupo. Si
ricordano anche gli Apuli (Puglia), i Lucani (Basilicata), i Bruzi (Calabria) e i Sanniti (Abruzzo, Molise,
Campania), una parte dei quali riuscì ad occupare quasi tutte le vecchie città etrusche e greche
della costa campana dando origine ai Campani. Le fonti riportano per il V secolo a. C. una serie di
conflitti tra Roma e queste popolazioni, tuttavia non si trattò di vere e proprie campagne di guerra
ma di razzie che indebolirono Roma.
Il conflitto con Veio
Se, per bloccare l’avanzata delle popolazioni montanare, Roma poté contare sull'aiuto dei latini e
degli ernici, per sconfiggere la città etrusca di Veio (centro Italia, Toscana), posta a 15 km a nord di
Roma, si trovò da sola. I rapporti erano abbastanza tesi a causa del controllo delle vie di
comunicazione nei pressi del Tevere e delle saline. Il contrasto tra Roma e Veio durò per tutto il V
secolo a.C. e si sviluppò in tre guerre:
1. Prima guerra veiente (483-474 a.C.): i veienti riuscirono ad occupare un’importante città
sulla riva sinistra del Tevere chiamata Fidene. Il tentativo di reazione di Roma finì con una
tragedia: un esercito di circa 300 soldati venne annientato. A seguito della vittoria, Veio si
vide riconoscere il possesso su Fidene.
2. Seconda guerra veiente (437-426 a.C.): i romani riuscirono a vendicare la sconfitta: il
tiranno di Veio fu ucciso in duella da un soldato romano. Fidene venne conquistata e
distrutta dai romani.
3. Terza guerra veiente (405-396 a.C.): il teatro delle operazioni si spostò lungo le mura di
Veio che godeva di un’invidiabile posizione difensiva, dal momento che sorgeva su una
collina, difesa da ripide scarpate e dal corso di due torrenti. Veio fu assediata per 10 anni
dai romani e importante da ricordare è il conquistatore di veio, Marco Furio Camillo che
privò i Veienti della loro divinità protettrice Giunone promettendole un tempio è un culto a
Roma. Alla fine del lungo assedio, la città fu presa e distrutta.nessuno la aiutò perché tutti
si schierarono dalla parte dei romani.
La presa di Veio segnò una grande svolta per Roma infatti a causa del lunghissimo assedio, i soldati
erano stati lontani dalle loro terre e x questo motivo venne introdotta una paga, lo stipendium, al
fine di assicurare il sostentamento dei soldati e dei loro familiari; fu poi introdotta anche una tassa
straordinaria chiamata tributum basata sul censo, per cui La tassazione colpiva di più le classi di
censo facoltose cioè le centurie.
La vittoria su Veio fruttò soprattutto la conquista di un ampio e fertile territorio, che venne
inglobato nello stato romano e in parte ridistribuito a coloni a titolo di proprietà privata, in parte
lasciato indiviso in qualità di ager publicus.
L’invasione gallica
I risultati raggiunti da Roma , dopo il successo di Veio, furono messi in pericolo da un evento
drammatico e improvviso cioè l’invasione dei Galli sulla città. Livio datata la prima invasione
intorno alla metà del VI sec.Ac e la causa era il sovrappopolamento della Gallia. I galli dopo aver
battuto gli Etruschi, diedero vita alla tribù degli Insubri e alla loro capitale mediolanum, l’odierna
Milano. Poi si aggiunsero altre tribù che spingendosi verso est e verso sud, occuparono tutta la
pianura padana. L’ultima tribù ad entrare in Italia fu quella dei Senoni che occupò il territorio più
meridionale noto come ager gallicus, che corrisponde alla Romagna meridionale e alle Marche
settentrionali. Nel 390 ac, i senoni guidati dal loro capo Brenno, invasero l’Italia centrale in cerca di
nuove sedi. Il loro primo obiettivo fu Chiusi, città etrusca (oggi in Toscana): qui si trovavano 3
ambasciatori romani che contrariamente alle norme intenzionali secondo cui i diplomatici non
dovevano usare le armi, aiutarono i Chiusini a opporsi agli invasori. I galli allora chiesero a Roma di
far fronte a ciò ma il senato respinse la richiesta. A questo punto, Brenno e i galli decisero di
puntare su roma per vendicarsi. L’esercito romano si arruolò frettolosamente per affrontare i galli
e, più che sconfitto, si dissolse al primo contatto e si rifugiò tra le rovine di Veio. Roma, priva di
difese, fu presa e saccheggiata. Poi i galli scomparvero in cerca di nuove imprese.
La ripresa
La calata dei Galli fu sicuramente traumatica per Roma ma ebbe, in realtà, conseguenze meno
gravi di quelle che le fonti antiche lasciano intendere. A testimoniarlo è la rapidità con cui Roma
organizzò un'ampia politica estera partire dal 390 a.C.; inoltre iniziarono a sentirsi gli effetti positivi
della conquista e della distribuzione del vasto territorio fertile di Veio ai cittadini romani. Negli
stessi furono anche costruite le mura Serviane perché Roma ebbe la possibilità di attingere alle
cave nei pressi di Veio. Nonostante la costruzione di questa grande opera difensiva, dopo il sacco
gallico, l'atteggiamento di Roma è decisamente offensivo:
- Vengono consolidati i confini settentrionali spingendosi al confine con la città etrusca di
Tarquinia, fronte che venne reso ancora più sicuro dalla stretta intesa con Cere.
- Sul fonte sud-orientale gli equi furono rapidamente annientati.
- Più dura e difficile fu la lotta contro i volsci, che trovarono appoggio negli ernici e in altre
città latine che speravano di riconquistare l’autonomia da Roma. Anche i volsci furono
costretti a cedere, nel 358 a.C.

Gli studiosi hanno ipotizzato tre diverse tipologie relative al concetto di imperialismo che ha
portato l'espansione dell'Impero Romano durante questo periodo:
1. Imperialismo difensivo - secondo il quale Roma ha esteso il proprio dominio grazie ad
alcune guerre difensive casuali e sparse nel territorio.
2. Roma aggressore - secondo il quale Roma si è estesa perché mossa da una volontà
espansionistica e per perseguire un duplice scopo: militarismo e benefici economici
3. Anarchia interstatale multipolare - secondo la quale Roma si è estesa grazie alla propria
bravura nel tessere alleanze favorevoli.
La prima guerra sannitica (343- 341 ac)
I sanniti erano una popolazione di lingua e cultura osca (lingua indoeuropea parlata nel Sannio,
Campania, Lucania, Puglia, Bruzio) che abitava lungo l’Appennino centro- meridionale in una
regione compresa tra l’odierno Abruzzo e il Molise. Era un’area prevalentemente montuosa che
consentiva però di svolgere l’attività agricola mei fondovalle e sugli altipiani e anche la pastorizia. Il
Sannio, però, se messo a confronto con altre regioni d’Italia era un territorio povero e incapace di
sostenere la loro forte crescita demografica infatti l’unico rimedio alle carestie era la migrazione
verso terre più fertili oppure veniva gestiva (crescita demo.) attraverso la Ver Sacrum (primavera
sacra) cioè una tradizione religiosa secondo cui ogni bambino nato in quella stagione, quando
diventava adulto, doveva abbandonare il luogo d’origine e emigrare in altre terre e fondare nuove
città. Dai sanniti si staccarono nuovi popoli come i lucani (Basilicata), i Bruttii che intorno al 356 ac
si stabilirono nell’attuale Calabria… dal punto di vista politico, il Sannio non aveva strutture
urbane, era organizzato in Cantoni (regione, distretto) in cui si trova uno o più villaggi governati da
un magistrato elettivo. Più cantini firmavano una tribù, in questo caso erano 4 e insieme
formavano la lega sannitica Che aveva una sorta di assemblea generale e poteva nominare un
comandante supremo in caso di guerra.
L’espansionismo sannitico aveva allarmato Roma infatti nel 354 ac avevano siglato un trattato che
stabiliva che il fiume Liri (fiume dell'Italia centro-meridionale, che si sviluppa tra l'Abruzzo, il Lazio e la
Campania, sotto il fiume territorio sannita) era il confine delle rispettive zone di influenza delle due
potenze. I sanniti infatti controllavano una zona più vasta rispetto ai romani, a quei tempi. Intorno
al V sec ac, alcune popolazioni si staccarono dai sanniti e occuparono le ricche regioni costiere
della Campania.Qui i sanniti adottarono l’organizzazione della città- stato e alcune di esse, nella
Campania settentrionale, si riunirono e formarono la lega Campana, cui centro era la città di
Capua. Ma i contrasti politici tra Sanniti e Campani stavano diventando sempre più aspri tanto che
le tensioni esplosero nel 343 ac quando i sanniti attaccarono la città di Teano (Campania
settentrionale) occupata da un’altra popolazione, i Sidicini che sentendosi minacciati, chiesero
aiuto a Capua che però incapace di fronteggiare l’offensiva sannita, chiese aiuto a Roma. Secondo
Livio, Roma non voleva intervenire perché ciò significava venire meno al trattato ma i capuani,
disperati, decisero di consegnarsi totalmente ai romani attraverso la deditio in fidem quindi ciò
generava l’obbligo di difenderli come se fossero proprietà dei romani. In questo modo i sanniti era
come se stessero attaccando i romani. Anche se è più probabile che Roma non volesse perdere
l’occasione di impadronirsi di una regione ricca e fertile d’Italia, anche a costo di infrangere i patti.
La prima guerra sannitica si risolse con molta rapidità e con il successo dei romani che sconfissero i
sanniti e li costrinsero a togliere l’assedio della città di Capua. Secondo le trattative di pace, Capua
passava, insieme alla Campania, sotto il dominio romano mentre il territorio dei sidicini divenne
area sannitica.
La rivolta della lega Latina 340- 338 ac
Dopo la prima guerra punica, l’insoddisfazione dei Campani e dei Sidicini si unì a quella della lega
Latina che voleva distaccarsi dall’alleanza con Roma e aveva timore della sua crescente potenza.
Ciò segnò l’inizio decisivo di un nuovo conflitto infatti scoppiò nel 340 ac la guerra Latina che
oppose Roma contro i latini e i popoli alleati. La guerra decisiva ebbe luogo a Suessa Aurunca
(Campania, provincia di Caserta) e ci è nota grazie al grande gesto di coraggio da parte del console
Decio Mure attraverso il rituale della devotio, consacrazione agli dei inferi. Gli esiti della guerra
furono decisivi per l’organizzazione dell’Italia romana. La lega Latina fu sciolta e le città furono
incorporate secondo diversi sistemi che le permisero di arrivare a controllare un territorio che si
estendeva dalla sponda sinistra del Tevere a nord fino al golf di Napoli a sud. Riorganizzazione del
Lazio dopo la guerra:
- Municipium optimo iure: sistema flessibile e strumento prezioso per l’ampliamento del
dominio romano, infatti su trattava di centri di piena cittadinanza romana, per cui
rafforzavano il potenziale demografico di Roma, che possedevano le proprie istituzioni, usi
e costumi ma avevano l’obbligo di prestare aiuti militari e di pagare le tasse a Roma.
- Civitates sine suffragio: centri che dovevano prestare servizio di leva e pagare le tasse a
Roma ma non avevano il diritto di voto nelle assemblee popolari di Roma, né potevano
essere eletti alle magistrature dello stato romano.
- Civitates foederatae: città straniere alleate di Roma alla quale dovevano fornire aiuti
militari.
- Coloniae civium latinorum: colonie di diritto latino, senza diritto di voto. Diritto di poter
commerciare, di spostarsi e di potersi sposare.
- Coloniae civium romanorum: colonie di diritto romano con piena cittadinanza. Erano meno
popolose rispetto a quelle latine e avevano il compito di sorvegliare le coste, anche per
questo furono chiamate colonie marittime (Anzio e Ostia).
- Socii di Roma: centri con completa autonomia interna per quanto concerne magistrature,
norme giuridiche lingue e culti. Tuttavia, erano legare a Roma per la gestione della politica
estera ed erano obbligate a fornire truppe in caso di guerra. I soci dovevano impegnarsi a
mantenere a proprie spese i contingenti di truppe che fornivano. Roma evitò di imporsi
come un'odiosa forma di dominio assoluto, tuttavia cercò di favorire un'integrazione tra le
comunità diffondendo la lingua latina e con la creazione dell'istituto del fundus fieri,
attraverso il quale una comunità poteva far propria una norma votata a Roma;
La seconda guerra sannitica (326- 394 ac)
Le cause della seconda guerra sannitica sono da attribuire alla divisione interna di Napoli in cui si
fronteggiavano masse popolari filosannitiche e classi più agiate filoromane (ai sanniti serviva x
distribuire la popolazione, ai romani perché era un ricco circuito di commerci). Un’altra causa è da
attribuire alla dedizione della colonia di Fregellae (Lazio) nel 328 ac, una zona che andava oltre il
territorio dei romani e quindi stavano infrangendo i patti. Durante i primi anni del conflitto, Roma
ebba una vittoria riuscendo a sconfiggere la guarnigione che i sanniti avevano installato a Napoli
infatti conquistarono la città. Protagonista fu Publio Filo, console romano, che divenne proconsole
infatti siamo davanti al primo caso di imperium. Ma se egli aveva ottenuto in Campania successo, il
seguente tentativo di penetrare più a fondo nel Sannio, precisamente nella Puglia settentrionale
cercando di creare una alleanza antisannita, fu un fallimento. Nel 321 ac l’esercito romano fu
circondato dai sanniti presso le forche caudine (Campania) e rimase affannosamente incastrato
senza possibilità di manovra e di rispondere agli attacchi, quindi fu costretto alla resa e sconfitto
con tanto di umiliazione. Ciò ebbe come conseguenza l’interruzione momentanea della guerra e
ad approfittarsene di ciò furono i romani che per compensare la perdita di alcune colonie e
rinforzare le proprie posizioni si allearono con L’Apulia e la Lucania. La battaglia riprese nel 316
a.C. quando i romani attaccarono Saticula, ai confini tra la Campania e il Sannio, ma i primi
Successi furono a favore dei Sanniti. Negli anni Successivi Roma, grazie alla propria strategia e
tenacia, conquista la città e le colonie perdute. In questi anni Poi riformò il proprio esercito
abbandonando lo schieramento a falange che si era rivelato inutile in un terreno irregolare,
montagnoso come quello del Sannio. Quindi si assiste alla riforma manipolare dell’esercito: la
legione fu suddivisa in 30 reparti di fanteria, detti manipoli, ognuno dei quali era formato da due
centurie di 60-80 uomini ciascuna. Furono introdotte anche nuove armi come il pilum (un
giavellotto) e lo scutum (uno scudo lungo) usati dai sanniti. Quindi il nuovo ordinamento era in
grado di dare flessibilità ai romani in campi montuosi, infatti Roma fu in grado di affrontare la
minaccia dei Sanniti a sud in contemporanea agli Etruschi a nord che attaccarono nel 311a.C.
L'esercito Etrusco fu bloccato e le città ostili a Roma furono costrette a una tregua. Dopo di che i
romani si dedicarono al Sannio: conquistarono Boviano (Molise) e ottennero una vittoria nella
battaglia di Aquilonia. Infine, nel 304 aC venne stipulata una pace che porto il rinnovo dell'alleanza
tra Roma e i Sanniti: nacque una tribù in alcuni territori confiscati, altre acquisizioni territoriali si
ebbero presso gli Appennini centrali a scapito di alcune comunità che si erano ribellate. Altre
furono costrette ad allearsi ai romani, altre ottennero la cittadinanza romana senza diritto di voto.
Insomma al termine della seconda guerra sannitica, Roma, grazie alle annessioni territoriali, era
diventata lo stato più forte dell'intera penisola.
La terza guerra sannitica (298- 290 ac)
Dopo le prime due guerre, i sanniti erano stati ridimensionati ma non sconfitti definitivamente, nel
298 ac non potendo più espandersi in Campania, decisero di scendere sempre di più a sud
puntando i Lucani (Basilicata) che cercarono aiuto a Roma. Le prime operazioni della terza guerra
sannitica si svolsero nella Lucania: una regione non schierata tutta dalla parte dei romani, anzi
c’erano delle comunità filosannitiche. La guerra si spostò poi verso nord, qui il comandate dei
sanniti per avere la meglio sui rivali, creò una coalizione antiromana che comprendeva gli etruschi,
gli umbri e i galli. Il loro scontro decisivo avvenne nel 295 ac a Sentino, Umbria, nella cosiddetta
battaglia delle nazioni. Gli eserciti romani riuscirono a prevalere su Sanniti e Galli
approfittandosene dell’assenza dal campo di battaglia degli etruschi e umbri e potendo contare su
un numero di alleati maggiore rispetto agli stessi legionari romani: ciò fu la dimostrazione di come
funzionava bene il sistema creato da Roma dopo la guerra Latina. I sanniti cercarono in tutti i modi
di resistere creando un’armata, legio linteata, nome che deriva dal giuramento che i soldati fecero
in un recinto coperto di drappi di lino di combattere fino alla morte. Nonostante ciò, ciò che
rimaneva dell’esercito sannitico fu sterminato nel 293 ac nella battaglia di Aquilonia (Campania)
dai romani. I sanniti incapaci di reagire alla fondazione della grande colonia Latina a Venosa
(Basilicata) (zona sudorientale del loro territorio), sempre più accerchiati, assistettero alla
devastazione del Sannio tanto che furono costretti a chiedere la pace nel 290 ac entrando nel
sistema dei foedera imposto dai romani ai nemici sconfitti.
Nel 283 a. C. si verificò un nuovo tentativo da parte dei Galli e di alcune città etrusche di penetrare
nell'Italia centrale. Tuttavia, i Romani li bloccano nella battaglia del lago Vadimone, nel Lazio
settentrionale. Alla conclusione della controffensiva romana nel 264 a. C., tutte le comunità
dell'Etruria e dell'Umbria erano soci di Roma, ad eccezione di Cere a cui fu concessa la civitas sine
suffragio. In questo periodo vennero fondate le colonie di Cosa, per presidiare l'area costiera del
Tirreno, una nuova Volsinii (la precedente era stata assediata e distrutta dai romani dopo il
rovesciamento del governo). Venne annesso il territorio un tempo appartenuto ai Senoni e venne
chiamato ager Gallicus, dove si insediarono alcune colonie che garantirono a Roma la possibilità di
affacciarsi sulla pianura Padana e sbarrare eventuali incursioni galliche. I Piceni, che abitavano le
attuali Marche, vedendosi accerchiati da ogni parte, tentarono nel 269 a.C. una fallimentare
guerra contro Roma e furono costretti alla resa. Dal risultato di tutte queste operazioni, ne risultò
che Roma era riuscita a portare i confini settentrionali sotto il suo controllo.

Il conflitto con Taranto 280 272 ac


Dopo le 3guerre sannitiche, questa popolazione non era stata definitivamente domandata anzi
Alcune popolazioni discendenti da essa, quali Bruzi, Lucani, mantennero la loro indipendenza ma
crearono delle tensioni perché iniziarono ad espandersi verso le città greche sulla costa italiana
come ad esempio Taranto (città greca dell’Italia molto ricca e potente), perché attratte dalle loro
ricchezze, avevano fiorenti traffici commerciali con tutto il Mediterraneo e possedevano un gran
numero di navi. Nessuno riuscì a fermarle infatti Taranto chiese aiuto:
- Alessandro il molosso (Re dell’Epiro) che rispose all’aiuto perché voleva creare un forte
impero nel Occidente. Le prime operazioni contro lucani e bruzi furono fortunate ma in
seguito, egli morì nel territorio dei Bruzi.
Successe poi che oltre alla minaccia delle popolazioni del sud Italia, si era aggiunta anche quella
dei romani che aveva fatto preoccupare Taranto dopo i successi ottenuti. Allora i tarantini
chiedono aiuto a Sparta (madrepatria) che gli inviò il principe Cleomino la cui fama fece sì che i
tarantini e i romani nel 301/2 ac siglassero un patto in cui i secondi promettevano di non
oltrepassare con le navi da guerra il Capo Lacinio, poco a sud di Kr, e dunque significava non
penetrare nelle acque del golfo di Taranto. Taranto, che era una colonia molto ricca e potente,
aveva sotto il suo controllo la città magnogreca di Thurii, erede dell’antica colonia di Sibari, questa
però era minacciata dai Lucani e per difendersi chiesero aiuto ai romani invece che ai tarantini
perché ostili per la loro egemonia. Roma allora, infranse il trattato, inviò una guarnigione nella
città e una piccola flotta nelle acque del golfo come gesto di sfida. Allo stesso tempo, poi, decide di
aiutare tutte le altre città greche del sud Italia quali Crotone, Locri, Reggio… e in questo modo
Roma si garantì il ruolo di patrona del meridione d’Italia. Intanto a Taranto, vedendo quello che
stava accadendo, prevalse la fazione democratica dell’aristocrazia che era ostile a Roma e
risposero attaccando le navi romane , affondandone alcune, marciarono su turi, tolsero i soldati
romani e i loro sostenitori e a questo punto la guerra fu inevitabile. Taranto, come aveva già fatto
in passato, chiese aiuto ad un sovrano ellenistico, uno dei più capaci e temibili del mediterraneo:
Pirro re dell’Epiro (re dei molossi) (Grecia nord-occidentale e Albania meridionale) che si trovava
sulla costa difronte alla Puglia. Da parte di Pirro c’era un tentativo di rivalsa perché essendo stato
in lotta contro la Macedonia per l’indipendenza aveva perso un grande numero di territori; inoltre
diverse parentele lo richiamavano verso l’Italia e la Sicilia: egli era imparentato con Alessandro
quindi voleva riprendere il progetto di conquista dei territori dell’Occidente,(aveva sposato la figlia
di Tolomeo I d’Egitto), aveva sposato la figlia di Agatocle di Siracusa e dopo al morte del re e
tiranno di Siracusa si era creato un vuoto di potere che Pirro sperava di colmare.
- Nel 280 ac Pirro sbarcò in Italia con un esercito formato da fanti, cavalieri e elefanti da
guerra contando sulle truppe che poteva fornirgli Taranto e le popolazioni italiche che
sperava si alleassero con lui. Per affrontare questo schieramento Roma si vide costretta ad
arruolare i capite censi cioè i nullatenenti che fino ad allora non potevano arruolarsi.
Nonostante I romani fossero superiori dal punto di vista numerico, sia per l’abilità tattica di
Pirro e sia per gli elefanti che, essendo sconosciuti ai romani, avevano messo in fuga la
cavalleria (pensavano fossero una razza di buoi dalla Lucania), il console P. Valerio Levino e
il suo esercito furono soggetti ad una sanguinosa sconfitta ad Heraclea (Lucania); Pirro
ottenne una vittoria ma gli costò gravissime perdite e un grande dispendio di energie.

La battaglia di Eraclea mise in pericolo il dominio romano sull’Italia meridionale: lucani e bruzi si
liberarono dai presidi romani e si schierarono dalla parte dell’Epirota. Nonostante ciò, Pirro non
seppe cogliere il suo successo strategico: il suo tentativo di dare vita ad una ribellione tra gli alleati
di Roma nell’Italia centrale e di collegarsi con gli etruschi, fallì. Il suo esercito, inoltre, era
insufficiente per assediare Roma che era difesa da alte mura. Allora Pirro decise di fare un trattato
di pace con i romani chiedendo autonomia e libertà per le città greche dell’Italia meridionale e la
restituzione dei territori strappati ai bruzi, lucani e sanniti; erano richieste dure infatti Roma,
trovandosi in difficoltà, le respinse. Pirro rispose muovendosi, con il suo esercito vero l’Apulia
settentrionale. Lo scontro avvenne nel 279 ac ad Ausculum (odierna Ascoli Satriano) sulle rive del
fiume Ofanto e la vittoria fu di Pirro ma, ancora una volta, perse molti uomini. Pirro non riusciva a
concludere la guerra, Roma era in grado di resistere all’infinito invece i rapporti tra Pirro e i suoi
alleati dell’Italia meridionale si stavano deteriorando a causa delle pesanti richieste finanziarie che
Pirro aveva imposto per colmare le perdite con truppe mercenarie. Per questo motivo accolse le
richieste di aiuto che gli venivano da Siracusa. La città a causa di problemi interni non era in grado
di lottare da sola contro i cartaginesi per il dominio della Sicilia (lo stretto di Messina, infatti, era un
punto strategico per il commercio, l’economia e conquistarlo significava imporre dazi a chi volesse
attraversarlo). Pirro pensava che il possesso di quella grande e ricca isola, che già voleva perché
imparentato con Agatocle, avrebbe accresciuto la sua potenza e fornito gli aiuti necessari per
sconfiggere Roma. Pirro decise di recarsi in Sicilia con parte del suo esercito.
Le prospettive di Pirro erano molto precarie soprattutto perché nel 279 ac Roma e Cartagine
avevano stipulato un trattato cui clausole prevedevano la collaborazione militare contro il nemico:
se una delle due potenze avesse concluso una pace con Pirro avrebbe dovuto far includere nel
trattato la possibilità di aiutare l’altra in caso di attacco da parte dell’Epirota. Inoltre i cartaginesi
dovevano aiutare i romani nelle operazioni che richiedevano l’intervento di navi. In un primo
momento Pirro godette di alcune vittorie e costrinse i cartaginesi a chiudersi a Lilibeo (Sicilia) ma
l’assedio si rivelò inutile in quanto Lilibeo poteva essere rifornita per via mare, campo in cui i
cartaginesi godevano di assoluta superiorità sulla flotta di Pirro il quale pensava di bloccare la
situazione rafforzandola e invadendo l’Africa ma il progetto fallì sia per le sue continue richieste e
sia per i suoi modi autoritari che avevano fatto sì che i suoi alleati e la Sicilia lo abbandonassero,
arrivando a considerarlo come un condottiero che voleva solo le ricchezze dell’isola. Anche in Italia
la situazione stava precipitando. I romani stavano riconquistando la loro posizione rispondendo
alle richieste di aiuto dei lucani, Bruzi e sanniti. Allora Pirro decise di lasciare la Sicilia e dirigersi in
Italia ma nell’ attraversare lo stretto fu soggetto a gravi perdite ad opera di una flotta cartaginese
che affondò molte delle sue navi mentre i convogli fecero sbarcare l’esercito di Pirro a Locri. Egli
aveva un disperato bisogno di denaro infatti impone un contributo straordinario a Taranto e alle
altre città magnogreche del sud Italia, poi saccheggia i beni sacri che si trovavano nei templi dei
suoi alleati come quello di Locri. Tutto ciò fece sì che le colonie greche dell’Italia meridionale si
allontanassero definitivamente da lui.
- Lo scontro decisivo con le forze romane che avevano a capo Curio Dentato avvenne nel
275 ac a maleventum: le truppe di Pirro in inferiorità numerica furono messe in fuga allora
il re dei molossi capì che non c’era più niente da fare, dopo aver lasciato una guarnigione a
Taranto, fa ritorno nell’Epiro con la maggior parte del suo esercito. Il nome venne poi
cambiato in Beneventum per mettere in risalto l’esito positivo della battaglia. Pirro morì
nel 272 ac, nello stesso anno in cui Taranto si arrende e Roma completa la sua vittoria.
Conseguenze: Taranto e altre colonie greche dell’Italia meridionale furono costrette ad entrare
nell’alleanza con Roma, a fornire navi ed equipaggi alla flotta romana. Le città greche del
mezzogiorno non subirono perdite territoriali, mantennero intatte le loro istituzioni, le loro leggi e
la loro autonomia interna. Meno cauta fu nei confronti delle popolazioni italiche che si erano
schierate dalla parte di Pirro infatti Roma decide di confiscargli i territori. Un esempio è ai bruzi ai
quali confiscò una porzione dell’area montuosa della Sila, molto importante dal punto di vista
economico per i suoi boschi e il legname che forniva, utile per la costruzione di navi. La lega
sannitica venne scuola e furono create le colonie latine di Beneventum e Aesernia. Roma, in
Puglia, , invece, costrinse la comunità locali a concludere trattati di alleanza, confiscò molti territori
e anni dopo fonda la colonia Latina di Brindisi, molto importante nelle vie di comunicazione e
come porto di imbarco per il mediterraneo orientale.
(Da Pisa a Reggio: romani)

Concetto di romanizzazione
Con il termine romanizzazione si intende il processo di uniformazione ai modelli romani della
penisola e del mediterraneo sotto il profilo giuridico, istituzionale, socio-economico, culturale. Un
processo in parte imposto da Roma e in parte è stato anche l’esito dell’adesione spontanea delle
comunità soggette ad essa. Questo processo però è stato sottoposto ad una critica: pensare ad un
processo unilaterale e unidirezionale mette da parte l’importanza che le diverse culture d’Italia e
del mediterraneo ebbero nella formazione di quella romana. Bisogna riconoscere che la parola
romanizzazione offre il vantaggio di cogliere un tratto fondamentale del processo cioè l’affermarsi
di caratteri unitari nelle istituzioni, nella società e nella cultura dei territori soggetti a Roma. In
conclusione è utile conservare il termine romanizzazione ricordando però che dietro di esso ci
sono complessi diversi che variano in base ai contesti geografici e cronologici e al tipo di fenomeni
che stiamo osservando, tenendo sempre presente che le relazioni tra Roma e le città ad essa
assoggettate, variano.

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