La Conquista Dell'italia
La Conquista Dell'italia
Gli studiosi hanno ipotizzato tre diverse tipologie relative al concetto di imperialismo che ha
portato l'espansione dell'Impero Romano durante questo periodo:
1. Imperialismo difensivo - secondo il quale Roma ha esteso il proprio dominio grazie ad
alcune guerre difensive casuali e sparse nel territorio.
2. Roma aggressore - secondo il quale Roma si è estesa perché mossa da una volontà
espansionistica e per perseguire un duplice scopo: militarismo e benefici economici
3. Anarchia interstatale multipolare - secondo la quale Roma si è estesa grazie alla propria
bravura nel tessere alleanze favorevoli.
La prima guerra sannitica (343- 341 ac)
I sanniti erano una popolazione di lingua e cultura osca (lingua indoeuropea parlata nel Sannio,
Campania, Lucania, Puglia, Bruzio) che abitava lungo l’Appennino centro- meridionale in una
regione compresa tra l’odierno Abruzzo e il Molise. Era un’area prevalentemente montuosa che
consentiva però di svolgere l’attività agricola mei fondovalle e sugli altipiani e anche la pastorizia. Il
Sannio, però, se messo a confronto con altre regioni d’Italia era un territorio povero e incapace di
sostenere la loro forte crescita demografica infatti l’unico rimedio alle carestie era la migrazione
verso terre più fertili oppure veniva gestiva (crescita demo.) attraverso la Ver Sacrum (primavera
sacra) cioè una tradizione religiosa secondo cui ogni bambino nato in quella stagione, quando
diventava adulto, doveva abbandonare il luogo d’origine e emigrare in altre terre e fondare nuove
città. Dai sanniti si staccarono nuovi popoli come i lucani (Basilicata), i Bruttii che intorno al 356 ac
si stabilirono nell’attuale Calabria… dal punto di vista politico, il Sannio non aveva strutture
urbane, era organizzato in Cantoni (regione, distretto) in cui si trova uno o più villaggi governati da
un magistrato elettivo. Più cantini firmavano una tribù, in questo caso erano 4 e insieme
formavano la lega sannitica Che aveva una sorta di assemblea generale e poteva nominare un
comandante supremo in caso di guerra.
L’espansionismo sannitico aveva allarmato Roma infatti nel 354 ac avevano siglato un trattato che
stabiliva che il fiume Liri (fiume dell'Italia centro-meridionale, che si sviluppa tra l'Abruzzo, il Lazio e la
Campania, sotto il fiume territorio sannita) era il confine delle rispettive zone di influenza delle due
potenze. I sanniti infatti controllavano una zona più vasta rispetto ai romani, a quei tempi. Intorno
al V sec ac, alcune popolazioni si staccarono dai sanniti e occuparono le ricche regioni costiere
della Campania.Qui i sanniti adottarono l’organizzazione della città- stato e alcune di esse, nella
Campania settentrionale, si riunirono e formarono la lega Campana, cui centro era la città di
Capua. Ma i contrasti politici tra Sanniti e Campani stavano diventando sempre più aspri tanto che
le tensioni esplosero nel 343 ac quando i sanniti attaccarono la città di Teano (Campania
settentrionale) occupata da un’altra popolazione, i Sidicini che sentendosi minacciati, chiesero
aiuto a Capua che però incapace di fronteggiare l’offensiva sannita, chiese aiuto a Roma. Secondo
Livio, Roma non voleva intervenire perché ciò significava venire meno al trattato ma i capuani,
disperati, decisero di consegnarsi totalmente ai romani attraverso la deditio in fidem quindi ciò
generava l’obbligo di difenderli come se fossero proprietà dei romani. In questo modo i sanniti era
come se stessero attaccando i romani. Anche se è più probabile che Roma non volesse perdere
l’occasione di impadronirsi di una regione ricca e fertile d’Italia, anche a costo di infrangere i patti.
La prima guerra sannitica si risolse con molta rapidità e con il successo dei romani che sconfissero i
sanniti e li costrinsero a togliere l’assedio della città di Capua. Secondo le trattative di pace, Capua
passava, insieme alla Campania, sotto il dominio romano mentre il territorio dei sidicini divenne
area sannitica.
La rivolta della lega Latina 340- 338 ac
Dopo la prima guerra punica, l’insoddisfazione dei Campani e dei Sidicini si unì a quella della lega
Latina che voleva distaccarsi dall’alleanza con Roma e aveva timore della sua crescente potenza.
Ciò segnò l’inizio decisivo di un nuovo conflitto infatti scoppiò nel 340 ac la guerra Latina che
oppose Roma contro i latini e i popoli alleati. La guerra decisiva ebbe luogo a Suessa Aurunca
(Campania, provincia di Caserta) e ci è nota grazie al grande gesto di coraggio da parte del console
Decio Mure attraverso il rituale della devotio, consacrazione agli dei inferi. Gli esiti della guerra
furono decisivi per l’organizzazione dell’Italia romana. La lega Latina fu sciolta e le città furono
incorporate secondo diversi sistemi che le permisero di arrivare a controllare un territorio che si
estendeva dalla sponda sinistra del Tevere a nord fino al golf di Napoli a sud. Riorganizzazione del
Lazio dopo la guerra:
- Municipium optimo iure: sistema flessibile e strumento prezioso per l’ampliamento del
dominio romano, infatti su trattava di centri di piena cittadinanza romana, per cui
rafforzavano il potenziale demografico di Roma, che possedevano le proprie istituzioni, usi
e costumi ma avevano l’obbligo di prestare aiuti militari e di pagare le tasse a Roma.
- Civitates sine suffragio: centri che dovevano prestare servizio di leva e pagare le tasse a
Roma ma non avevano il diritto di voto nelle assemblee popolari di Roma, né potevano
essere eletti alle magistrature dello stato romano.
- Civitates foederatae: città straniere alleate di Roma alla quale dovevano fornire aiuti
militari.
- Coloniae civium latinorum: colonie di diritto latino, senza diritto di voto. Diritto di poter
commerciare, di spostarsi e di potersi sposare.
- Coloniae civium romanorum: colonie di diritto romano con piena cittadinanza. Erano meno
popolose rispetto a quelle latine e avevano il compito di sorvegliare le coste, anche per
questo furono chiamate colonie marittime (Anzio e Ostia).
- Socii di Roma: centri con completa autonomia interna per quanto concerne magistrature,
norme giuridiche lingue e culti. Tuttavia, erano legare a Roma per la gestione della politica
estera ed erano obbligate a fornire truppe in caso di guerra. I soci dovevano impegnarsi a
mantenere a proprie spese i contingenti di truppe che fornivano. Roma evitò di imporsi
come un'odiosa forma di dominio assoluto, tuttavia cercò di favorire un'integrazione tra le
comunità diffondendo la lingua latina e con la creazione dell'istituto del fundus fieri,
attraverso il quale una comunità poteva far propria una norma votata a Roma;
La seconda guerra sannitica (326- 394 ac)
Le cause della seconda guerra sannitica sono da attribuire alla divisione interna di Napoli in cui si
fronteggiavano masse popolari filosannitiche e classi più agiate filoromane (ai sanniti serviva x
distribuire la popolazione, ai romani perché era un ricco circuito di commerci). Un’altra causa è da
attribuire alla dedizione della colonia di Fregellae (Lazio) nel 328 ac, una zona che andava oltre il
territorio dei romani e quindi stavano infrangendo i patti. Durante i primi anni del conflitto, Roma
ebba una vittoria riuscendo a sconfiggere la guarnigione che i sanniti avevano installato a Napoli
infatti conquistarono la città. Protagonista fu Publio Filo, console romano, che divenne proconsole
infatti siamo davanti al primo caso di imperium. Ma se egli aveva ottenuto in Campania successo, il
seguente tentativo di penetrare più a fondo nel Sannio, precisamente nella Puglia settentrionale
cercando di creare una alleanza antisannita, fu un fallimento. Nel 321 ac l’esercito romano fu
circondato dai sanniti presso le forche caudine (Campania) e rimase affannosamente incastrato
senza possibilità di manovra e di rispondere agli attacchi, quindi fu costretto alla resa e sconfitto
con tanto di umiliazione. Ciò ebbe come conseguenza l’interruzione momentanea della guerra e
ad approfittarsene di ciò furono i romani che per compensare la perdita di alcune colonie e
rinforzare le proprie posizioni si allearono con L’Apulia e la Lucania. La battaglia riprese nel 316
a.C. quando i romani attaccarono Saticula, ai confini tra la Campania e il Sannio, ma i primi
Successi furono a favore dei Sanniti. Negli anni Successivi Roma, grazie alla propria strategia e
tenacia, conquista la città e le colonie perdute. In questi anni Poi riformò il proprio esercito
abbandonando lo schieramento a falange che si era rivelato inutile in un terreno irregolare,
montagnoso come quello del Sannio. Quindi si assiste alla riforma manipolare dell’esercito: la
legione fu suddivisa in 30 reparti di fanteria, detti manipoli, ognuno dei quali era formato da due
centurie di 60-80 uomini ciascuna. Furono introdotte anche nuove armi come il pilum (un
giavellotto) e lo scutum (uno scudo lungo) usati dai sanniti. Quindi il nuovo ordinamento era in
grado di dare flessibilità ai romani in campi montuosi, infatti Roma fu in grado di affrontare la
minaccia dei Sanniti a sud in contemporanea agli Etruschi a nord che attaccarono nel 311a.C.
L'esercito Etrusco fu bloccato e le città ostili a Roma furono costrette a una tregua. Dopo di che i
romani si dedicarono al Sannio: conquistarono Boviano (Molise) e ottennero una vittoria nella
battaglia di Aquilonia. Infine, nel 304 aC venne stipulata una pace che porto il rinnovo dell'alleanza
tra Roma e i Sanniti: nacque una tribù in alcuni territori confiscati, altre acquisizioni territoriali si
ebbero presso gli Appennini centrali a scapito di alcune comunità che si erano ribellate. Altre
furono costrette ad allearsi ai romani, altre ottennero la cittadinanza romana senza diritto di voto.
Insomma al termine della seconda guerra sannitica, Roma, grazie alle annessioni territoriali, era
diventata lo stato più forte dell'intera penisola.
La terza guerra sannitica (298- 290 ac)
Dopo le prime due guerre, i sanniti erano stati ridimensionati ma non sconfitti definitivamente, nel
298 ac non potendo più espandersi in Campania, decisero di scendere sempre di più a sud
puntando i Lucani (Basilicata) che cercarono aiuto a Roma. Le prime operazioni della terza guerra
sannitica si svolsero nella Lucania: una regione non schierata tutta dalla parte dei romani, anzi
c’erano delle comunità filosannitiche. La guerra si spostò poi verso nord, qui il comandate dei
sanniti per avere la meglio sui rivali, creò una coalizione antiromana che comprendeva gli etruschi,
gli umbri e i galli. Il loro scontro decisivo avvenne nel 295 ac a Sentino, Umbria, nella cosiddetta
battaglia delle nazioni. Gli eserciti romani riuscirono a prevalere su Sanniti e Galli
approfittandosene dell’assenza dal campo di battaglia degli etruschi e umbri e potendo contare su
un numero di alleati maggiore rispetto agli stessi legionari romani: ciò fu la dimostrazione di come
funzionava bene il sistema creato da Roma dopo la guerra Latina. I sanniti cercarono in tutti i modi
di resistere creando un’armata, legio linteata, nome che deriva dal giuramento che i soldati fecero
in un recinto coperto di drappi di lino di combattere fino alla morte. Nonostante ciò, ciò che
rimaneva dell’esercito sannitico fu sterminato nel 293 ac nella battaglia di Aquilonia (Campania)
dai romani. I sanniti incapaci di reagire alla fondazione della grande colonia Latina a Venosa
(Basilicata) (zona sudorientale del loro territorio), sempre più accerchiati, assistettero alla
devastazione del Sannio tanto che furono costretti a chiedere la pace nel 290 ac entrando nel
sistema dei foedera imposto dai romani ai nemici sconfitti.
Nel 283 a. C. si verificò un nuovo tentativo da parte dei Galli e di alcune città etrusche di penetrare
nell'Italia centrale. Tuttavia, i Romani li bloccano nella battaglia del lago Vadimone, nel Lazio
settentrionale. Alla conclusione della controffensiva romana nel 264 a. C., tutte le comunità
dell'Etruria e dell'Umbria erano soci di Roma, ad eccezione di Cere a cui fu concessa la civitas sine
suffragio. In questo periodo vennero fondate le colonie di Cosa, per presidiare l'area costiera del
Tirreno, una nuova Volsinii (la precedente era stata assediata e distrutta dai romani dopo il
rovesciamento del governo). Venne annesso il territorio un tempo appartenuto ai Senoni e venne
chiamato ager Gallicus, dove si insediarono alcune colonie che garantirono a Roma la possibilità di
affacciarsi sulla pianura Padana e sbarrare eventuali incursioni galliche. I Piceni, che abitavano le
attuali Marche, vedendosi accerchiati da ogni parte, tentarono nel 269 a.C. una fallimentare
guerra contro Roma e furono costretti alla resa. Dal risultato di tutte queste operazioni, ne risultò
che Roma era riuscita a portare i confini settentrionali sotto il suo controllo.
La battaglia di Eraclea mise in pericolo il dominio romano sull’Italia meridionale: lucani e bruzi si
liberarono dai presidi romani e si schierarono dalla parte dell’Epirota. Nonostante ciò, Pirro non
seppe cogliere il suo successo strategico: il suo tentativo di dare vita ad una ribellione tra gli alleati
di Roma nell’Italia centrale e di collegarsi con gli etruschi, fallì. Il suo esercito, inoltre, era
insufficiente per assediare Roma che era difesa da alte mura. Allora Pirro decise di fare un trattato
di pace con i romani chiedendo autonomia e libertà per le città greche dell’Italia meridionale e la
restituzione dei territori strappati ai bruzi, lucani e sanniti; erano richieste dure infatti Roma,
trovandosi in difficoltà, le respinse. Pirro rispose muovendosi, con il suo esercito vero l’Apulia
settentrionale. Lo scontro avvenne nel 279 ac ad Ausculum (odierna Ascoli Satriano) sulle rive del
fiume Ofanto e la vittoria fu di Pirro ma, ancora una volta, perse molti uomini. Pirro non riusciva a
concludere la guerra, Roma era in grado di resistere all’infinito invece i rapporti tra Pirro e i suoi
alleati dell’Italia meridionale si stavano deteriorando a causa delle pesanti richieste finanziarie che
Pirro aveva imposto per colmare le perdite con truppe mercenarie. Per questo motivo accolse le
richieste di aiuto che gli venivano da Siracusa. La città a causa di problemi interni non era in grado
di lottare da sola contro i cartaginesi per il dominio della Sicilia (lo stretto di Messina, infatti, era un
punto strategico per il commercio, l’economia e conquistarlo significava imporre dazi a chi volesse
attraversarlo). Pirro pensava che il possesso di quella grande e ricca isola, che già voleva perché
imparentato con Agatocle, avrebbe accresciuto la sua potenza e fornito gli aiuti necessari per
sconfiggere Roma. Pirro decise di recarsi in Sicilia con parte del suo esercito.
Le prospettive di Pirro erano molto precarie soprattutto perché nel 279 ac Roma e Cartagine
avevano stipulato un trattato cui clausole prevedevano la collaborazione militare contro il nemico:
se una delle due potenze avesse concluso una pace con Pirro avrebbe dovuto far includere nel
trattato la possibilità di aiutare l’altra in caso di attacco da parte dell’Epirota. Inoltre i cartaginesi
dovevano aiutare i romani nelle operazioni che richiedevano l’intervento di navi. In un primo
momento Pirro godette di alcune vittorie e costrinse i cartaginesi a chiudersi a Lilibeo (Sicilia) ma
l’assedio si rivelò inutile in quanto Lilibeo poteva essere rifornita per via mare, campo in cui i
cartaginesi godevano di assoluta superiorità sulla flotta di Pirro il quale pensava di bloccare la
situazione rafforzandola e invadendo l’Africa ma il progetto fallì sia per le sue continue richieste e
sia per i suoi modi autoritari che avevano fatto sì che i suoi alleati e la Sicilia lo abbandonassero,
arrivando a considerarlo come un condottiero che voleva solo le ricchezze dell’isola. Anche in Italia
la situazione stava precipitando. I romani stavano riconquistando la loro posizione rispondendo
alle richieste di aiuto dei lucani, Bruzi e sanniti. Allora Pirro decise di lasciare la Sicilia e dirigersi in
Italia ma nell’ attraversare lo stretto fu soggetto a gravi perdite ad opera di una flotta cartaginese
che affondò molte delle sue navi mentre i convogli fecero sbarcare l’esercito di Pirro a Locri. Egli
aveva un disperato bisogno di denaro infatti impone un contributo straordinario a Taranto e alle
altre città magnogreche del sud Italia, poi saccheggia i beni sacri che si trovavano nei templi dei
suoi alleati come quello di Locri. Tutto ciò fece sì che le colonie greche dell’Italia meridionale si
allontanassero definitivamente da lui.
- Lo scontro decisivo con le forze romane che avevano a capo Curio Dentato avvenne nel
275 ac a maleventum: le truppe di Pirro in inferiorità numerica furono messe in fuga allora
il re dei molossi capì che non c’era più niente da fare, dopo aver lasciato una guarnigione a
Taranto, fa ritorno nell’Epiro con la maggior parte del suo esercito. Il nome venne poi
cambiato in Beneventum per mettere in risalto l’esito positivo della battaglia. Pirro morì
nel 272 ac, nello stesso anno in cui Taranto si arrende e Roma completa la sua vittoria.
Conseguenze: Taranto e altre colonie greche dell’Italia meridionale furono costrette ad entrare
nell’alleanza con Roma, a fornire navi ed equipaggi alla flotta romana. Le città greche del
mezzogiorno non subirono perdite territoriali, mantennero intatte le loro istituzioni, le loro leggi e
la loro autonomia interna. Meno cauta fu nei confronti delle popolazioni italiche che si erano
schierate dalla parte di Pirro infatti Roma decide di confiscargli i territori. Un esempio è ai bruzi ai
quali confiscò una porzione dell’area montuosa della Sila, molto importante dal punto di vista
economico per i suoi boschi e il legname che forniva, utile per la costruzione di navi. La lega
sannitica venne scuola e furono create le colonie latine di Beneventum e Aesernia. Roma, in
Puglia, , invece, costrinse la comunità locali a concludere trattati di alleanza, confiscò molti territori
e anni dopo fonda la colonia Latina di Brindisi, molto importante nelle vie di comunicazione e
come porto di imbarco per il mediterraneo orientale.
(Da Pisa a Reggio: romani)
Concetto di romanizzazione
Con il termine romanizzazione si intende il processo di uniformazione ai modelli romani della
penisola e del mediterraneo sotto il profilo giuridico, istituzionale, socio-economico, culturale. Un
processo in parte imposto da Roma e in parte è stato anche l’esito dell’adesione spontanea delle
comunità soggette ad essa. Questo processo però è stato sottoposto ad una critica: pensare ad un
processo unilaterale e unidirezionale mette da parte l’importanza che le diverse culture d’Italia e
del mediterraneo ebbero nella formazione di quella romana. Bisogna riconoscere che la parola
romanizzazione offre il vantaggio di cogliere un tratto fondamentale del processo cioè l’affermarsi
di caratteri unitari nelle istituzioni, nella società e nella cultura dei territori soggetti a Roma. In
conclusione è utile conservare il termine romanizzazione ricordando però che dietro di esso ci
sono complessi diversi che variano in base ai contesti geografici e cronologici e al tipo di fenomeni
che stiamo osservando, tenendo sempre presente che le relazioni tra Roma e le città ad essa
assoggettate, variano.