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Lezione 3 Filologia Romanza Avanzata

Il documento analizza il concetto di autorialità e la sua evoluzione nel tempo, evidenziando come nel medioevo l'autore non fosse completamente riconosciuto e come il testo fosse soggetto a modifiche durante la copia. Viene discusso il problema della conformità tra i testi e la volontà degli autori, con una distinzione tra modifiche preterintenzionali e intenzionali. Infine, si esplora la dinamicità dei manoscritti e le varie grafie utilizzate nel corso dei secoli, sottolineando l'importanza della conservazione e della trasmissione dei testi.

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Lezione 3 Filologia Romanza Avanzata

Il documento analizza il concetto di autorialità e la sua evoluzione nel tempo, evidenziando come nel medioevo l'autore non fosse completamente riconosciuto e come il testo fosse soggetto a modifiche durante la copia. Viene discusso il problema della conformità tra i testi e la volontà degli autori, con una distinzione tra modifiche preterintenzionali e intenzionali. Infine, si esplora la dinamicità dei manoscritti e le varie grafie utilizzate nel corso dei secoli, sottolineando l'importanza della conservazione e della trasmissione dei testi.

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5/10/11

L’autorialità
All’origine di un testo c’è sempre un soggetto che lo ha elaborato e che chiamiamo autore. Oggi all’autore
attribuiamo la paternità del testo quindi la ‘proprietà letteraria’ che investe: le idee, i contenuti, lo stile, la
lingua. C’è una grande differenziazione tra l’autore della prima e della seconda età feudale (rivedi appunti
filologia romanza). L’autore della seconda età feudale, il quale si ritiene responsabile della propria
creazione, firmandola, inizia ad imporre il proprio stile. Spesso anche tra le diverse copie di un testo, ci sono
delle modifiche che possono riguardare lo stile, il lessico… Nel medioevo il concetto di autorialità letteraria
non è proprio completamente affermato.

Il concetto di autore ha ricevuto una formulazione giuridica alla fine del ‘700 con la Rivoluzione francese. È
solo nel 1793 che viene emanato le droit du génie, base di tutta la legislazione moderna del copyright che
difende l’originalità dell’opera e la sua riproducibilità.

Se oggi la riproducibilità di un testo è legato alla stampa, è standardizzata perché si riproduce fedelmente il
testo originale. Nel medioevo ovviamente non era così. I copisti copiavano il testo commettendo tutti gli
errori del caso, potevano cambiare il testo, il quale era in continuo mutamento.

Il moderno testo in rete presenta più o meno gli stessi problemi. In effetti il testo può essere soggetto a
modifiche nel corso del tempo, da parte dell’autore. Non c’è mai un’ultima volontà dell’autore, proprio
come avveniva nel Medioevo.

Cosa succede quando ci sono gli errori con i testi stampati? Si procede con le errata codige : alla prossima
stampa del testo, si corregge l’errore.

Conformità dei testi

C’è un problema generale di corrispondenza o conformità tra i testi a noi noti e la volontà degli autori che li
hanno creati, non sempre facilmente rilevabile.

Il testo romanzo dei primi secoli viene spesso profondamente modificato nel corso della sua stampa.

Ci sono modifiche:

1. Preterintenzionali ovvero legate all’atto della copia per cui a volte si compiono errori non voluti o di
distrazione;
2. Intenzionali ovvero il copista vuole intenzionalmente cambiare il testo. Anche le modifiche di
amplificatio o abbreviatio di un testo vi confluiscono.

Partendo da queste modifiche, un saggio di Varvaro, parla di tradizioni quiescenti e attive. La differenza
risiede nel modo che ha il copista di porsi di fronte ad una data opera letteraria. Il copista tende ad esser
più preciso e ad intervenire meno nell’opera quando si trova davanti ad una che non comprende bene (ad
esempio a causa di mancata conoscenza della lingua, operando una traduzione mot à mot) o perché si
nutriva una sorta di rispetto verso i testi classici. Le tradizioni quiescenti sono proprio quelle che non
cambiano nel tempo. Le tradizioni manoscritte del mondo romanzo sono attive perché ci sono tante
modifiche, soprattutto con i testi narrativi. Solo nelle liriche dei trovatori c’è una tradizione più quiescente
che attiva. Questo perché le liriche trobadoriche hanno un problema di rime molto strutturate. Intervenire
nel testo diventa dunque molto difficile.

Per i manoscritti si parla di dinamicità:

1. Linguistica con cui si fa riferimento al fatto che nel medioevo non abbiamo l’utilizzo di una grafia
standardizzata e questo fa si che anche in uno stesso testo, una medesima parola viene scritta in un
modo diverso. Il cambio di grafia può portare a errori di comprensione quindi di copia che potrebbe
stravolgere il senso del verso. I copisti possono cambiare la grafia delle parole in base alle loro
abitudini grafiche. Si parla di dinamicità linguistica anche per quanto riguarda il processo di
modernizzazione della lingua per cui i copisti sostituiscono parole, forme grammaticali ecc con altre
più attuali.
2. Testuale
È indicativa in questo senso la concezione che Juan Ruiz Arcipreste de Hita espone nel suo Libro de
Buen Amor. Ci fa capire che il testo veniva tramandato oralmente. Egli era un autore ma dimostra
anche di sapere che con il lavoro di copia delle opere, ci sarebbero stati dei cambiamenti. Per
l’autore sa “ben comporre” chi modifica correggendo i suoi errori o accrescendolo. Egli vuole che il
testo circoli il più possibile.

Importante è anche la distinzione tra macro-varianti (sostituzione di una novella con un’altra,
aggiunta di parti inedite ed eliminazione di parti originale) e micro-varianti (sostituzione di una
parola con un’altra, grafia diversa di una parola). Ci rendiamo conto di ciò attraverso la collatio. Con
i manoscritti unici, si applicano altri metodi.
PROBLEMI DELLA CRITICA TESTUALE
1. Problema dell’autore: inteso come problema relativo all’attribuzione di un’opera letteraria dato
che molte opere sono anonime. Succede con molte opere medievali.
2. Problema del testo: ovvero della sua variabilità nella sua traduzione, dove interviene il copista e
dove no.
3. Problema del manoscritto: ovvero delle convenzioni che regolano l’allestimento di un testo
medievale, molto diverse da quelle moderne. Sono legati anche alla lettura dei manoscritti.
Spesso sono manoscritti che mancano di parti che vengono perse. Alcuni fogli possono venire
strappati, altri essere rovinati da macchie di umidità, ad esempio.

Partendo dal manoscritto, specifichiamo che i primi testi classici venivano scritti su pergamena.
Durante l’epoca del papiro, si scriveva pure su tavolette di cera (oggi questi testi non ci sono più).
Spesso venivano utilizzate dagli studenti all’università per prendere appunti.
La pergamena veniva detta anche carta pecora, dunque, spesso non era un supporto liscio. Il
termine pergamena proviene dalla città di Pergamo, da qui provengono le prime. Si uccidevano le
pecore, si tosavano, la pelle si levigava. Di seguito il risultato si tagliava e si piegava in foli, i quali
venivano divisi in due. Con 4 foli si formavano i fascicoli, i quaderni. Mettendo più fascicoli insieme
si aveva il manoscritto. I fascicoli venivano cuciti insieme.
I testi su pergamena si numeravo sia sul recto, sia sul verso della pagina.
Anche se si cercava di sbiancare la pergamena, rimaneva una piccola differenza di chiarezza tra il
recto ed il verso (meno bianco). Con testi meno importanti, addirittura la pergamena non era stata
raschiata bene quindi si notano ancora i puntini. Alcune pergamene potevano presentare delle
macchie o bucate perché se si fosse raschiato troppo, sarebbe potuto accadere. Spesso si scriveva
attorno ad esso.
Una volta pronto il folio, il copista lo preparava per la scrittura. Come? Faceva la squadratura del
foglio usando una matita o un punteruolo che non lasciava tracce ma essendo la pergamena
morbida, comunque rimaneva un segno sul foglio. Di seguito preparava le colonne. Se poi il testo
conteneva delle miniature, il copista già preparava il posto, lasciando ad esempio un rettangolo, un
quadrato ecc.… Il miniatore poi si sarebbe occupato dell’aggiunta di miniature o lettere minate.

Per far capire quale lettera dovesse disegnare il miniatore, spesso il copista disegnava una piccola
lettera.
Di solito il testo passava nelle mani del rubricatore che aveva il compito di inserire le rubriche,
un’indicazione del genere letterario, una frase o riassunto della novella come nel Decameron.
Poteva inserire anche una sorta di titolo, seppur poco frequenti durante il medioevo.
I copisti scrivevano con il calamus (da cui deriva la parola calamaio).
L’ultima mano era quella del fascicolatore, dunque, solo alla fine si mettevano insieme i fogli per
formare il manoscritto. Per questo motivo a volte i fogli venivano persi o scambiati.
Per evitare questo problema, sovente i copisti mettono delle “parole di richiamo” al margine del
folio, in modo tale che il fascicolatore ne teneva conto per mettere bene insieme i testi.

Il palinsesto
Se un testo non veniva più richiesto, si raschiavano le pergamene e venivano riutilizzate, inserendo
un testo diverso. Siccome la pergamena è morbida e la penna d’oca lascia un segno, non dato solo
dall’inchiostro, attraverso la lampada a raggi ultravioletti di Wood, si ritrovano le tracce dei testi
precedenti. Testi che stanno al di sotto di altri testi ed è proprio questo il palinsesto.
Addirittura, si sono trovati testi nelle coperte di altri ovvero nelle copertine.
Si recuperano così testi ormai andati perduti.
Le grafie
La grafia si trasforma nel tempo e cambia da persona a persona. Siamo attualmente in un’epoca di
particolarismo grafico.
Nel medioevo si cercava di usare una grafia comune.
Partendo dalla capitale romana del terzo secolo, vediamo che la grafia usata assomiglia allo
stampato, grafia più antica.
C’erano delle particolarità come la mancata distinzione tra U e V rese entrambe da V. La pronuncia
di grafema variava da esito a esito.
Durante il IV secolo, abbiamo la capitale romana elegante. La grafia è meno schematica ma più
tonda questo perché prima si incideva con lo scalpello sul marmo. Invece durante quest’epoca si
scrive su un altro supporto ovvero il papiro, infatti parliamo del primo esempio di scrittura libraria .
Ogni parola è staccata dall’altra con un puntino.
Durante il V-VI abbiamo prima la scrittura onciale e poi la semionciale. Cosa accade? Crolla l’Impero
romano d’occidente, si giunge ad una frammentazione del latino e si iniziano a formare le lingue
romanze. La lingua non è più la stessa nell’Impero e quindi anche la grafia  particolarismo grafico
in ogni zona.
Particolarismo grafico: Merovingia, VI-VIII secolo, parte francese dell’Impero.
Particolarismo grafico: Visigotica, VI VIII secolo, parte spagnola dell’Impero.
Particolarismo grafico insulare: VI- VIII secolo, Inghilterra del sud.
Beneventana: Nell’Italia del sud assistiamo all’adozione di una nuova scrittura che si userà fino al
secolo XI.
Carolina: IX secolo, dovuta all’intervento di Carlomagno che voleva riportare in auge la cultura
latina, doveva tornare la lingua ufficiale dell’impero. Cercò anche dal punto di vista grafico di unire
l’impero con l’utilizzo di una nuova scrittura.
Fece raccogliere tutti i testi sacri, soprattutto Bibbia e Vangeli e li fece ricopiare utilizzando una
grafia univoca ovvero la carolina.
Gotica: si impone dal XI secolo tanto che la troveremo in tutti i testi successivi, anche solo come
base. Abbiamo la gotica standard, aulica, classica, corsiva (XII secolo e molto frequente).
Cancelleresca: XIII secolo, lo usano soprattutto cancellieri e giuristi.
Mercantesca e testuale: XIV secolo.
Umanistica corsiva: XV secolo, riprende grossomodo la carolina.

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