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Lo Stato Ebraico Che Si Era Ricostituito Verso La Fine Del VI Secolo A

testo sullo stato ebraico

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Lo Stato ebraico che si era ricostituito verso la fine del VI secolo a.

Intere comunità non


ebree, insediate nel nuovo Stato ebraico, furono costrette a convertirsi con la forza, mentre
il principale centro di culto divenne il tempio di Gerusalemme. Le sette avevano anche un
peso politico, poiché alcune erano più propense all'accordo con i Romani, mentre
altre, decise a resistere ai conquistatori, propugnavano la resistenza armata contro i
conquistatori. Gesù nacque a Betlemme, ma crebbe a Nazareth e iniziò a predicare i
principi della sua nuova religione all'età di trent'anni, radunando attorno a sé un gruppo di
seguaci.

Tre anni dopo fu arrestato a Gerusalemme per iniziativa dei sacerdoti ebraici del
sinedrio, che vedevano in lui un corruttore della religione tradizionale, e consegnato alle
autorità romane. Fu poi processato di fronte al governatore romano Ponzio Pilato e infine
crocifisso, nel 33 d. Le origini della dottrina e della predicazione di Gesù vanno quindi
ricercate all'interno della tradizione ebraica e collocate nel contesto del dominio romano
sulla Palestina. Per molti aspetti la figura di Gesù si inserisce nella tradizione dei profeti*
dell'Antico Testamento, che si proclamavano inviati da Dio per riportare il popolo eletto
sulla giusta via, e che perciò - per il potere di rottura e contestazione insito nella loro
missione - furono spesso ostacolati da oppositori sia interni sia esterni.

Lo stesso Gesù, del resto, affermava di essere non un semplice profeta, ma il "Messia" da
sempre atteso dal popolo ebraico, il figlio di Dio la cui venut significava l'avvento del
"regno del Padre" . Dal punto di vista storico e non religioso, comunque, è certo che in
origine il cristianesimo fu una delle diverse sette ebraiche diffuse in Palestina e come tale
fu percepito dai suoi contemporanei. Le notizie sulla vita di Gesù - come pure sulla sua
morte e resurrezione, che sarebbe avvenuta tre giorni dopo la crocifissione - e sulla sua
dottrina furono diffuse dai suoi primi seguaci, chiamati "apostoli" . Ben presto, anzi, le
notizie sulla vita e sulla predicazione di Gesù furono raccolte in una serie di libri, detti
"Vangeli", attribuiti in modo più o meno attendibile ai testimoni diretti delle opere del
maestro.

Grazie all'opera degli apostoli, comunque, il cristianesimo si diffuse ben presto in diverse
regioni dell'Impero romano.

Paolo predicò la nuova dottrina pubblicamente, girando per tutto il


Mediterraneo e l'Asia

Minore, e giungendo infine a Roma, dove fu messo a morte nel 67, all'epoca
dell'imperatore Nerone. Le prime importanti chiese cristiane sorsero prima in Palestina, poi
ad Antiochia ed Efeso in Asia Minore, a Corinto in Grecia, ad Alessandria e Cartagine in
Africa, a Roma in Italia . Si diventava cristiani attraverso un rito purificatorio, il "battesimo"
e, una volta entrati nella comunità, si accettava l'autorità morale e spirituale dei
superiori. I fedeli versavano elemosine alla comunità, che provvedeva con esse al
mantenimento di presbiteri e vescovi, all'assistenza dei poveri e al loro riscatto durante
guerre e persecuzioni.

"I fondi erano amministrati da congregazioni di fedeli, che prestavano denaro senza
interesse ai cristiani, ma esigevano dai pagani" gli interessi pattuiti. Si gettarono così le
basi di una struttura solida e organizzata in modo gerarchico che consentì al cristianesimo
di diffondersi rapidamente e svilupparsi. "Le comunità cristiane sparse nel
mondo, inoltre, erano in contatto tra loro e tra tutti i vescovi assunse man mano una
maggiore autorità quello della comunità cristiana di Roma, la capitale dell'impero, in cui
avevano subito il martirio" i due maggiori apostoli, Pietro e Paolo. Per quanto riguarda la
composizione sociale, almeno in origine le comunità cristiane erano costituite in massima
parte da individui provenienti dagli strati umili della popolazione, ma dal II secolo
aumentarono le conversioni di persone appartenenti ai ceti più elevati, tra le quali membri
della burocrazia e dell'esercito imperiale.

La figura della donna fu in effetti valorizzata dal cristianesimo, che mise in discussione
molte convinzioni radicate nella cultura ebraica e pagana. Per gli Ebrei il matrimonio era
sacro, ma al suo interno le donne erano viste come strumento di procreazione e sottoposte
al potere del marito, che poteva avere più di una moglie e ripudiarla quando voleva. I
Romani erano invece monogami, ma fin dai tempi più antichi ammettevano il diritto al
divorzio e ne usufruivano ampiamente. In questa rivalutazione del ruolo della donna non
mancarono contraddizioni - e lo stesso Paolo, nella Prima lettera ai Corinzi, dopo aver
affermato l'uguaglianza dei coniugi nel matrimonio, aveva scritto che «capo della donna è
l'uomo» -, ma ciò non toglie che la concezione cristiana della parità uomo-donna ebbe una
carica innovatrice comunque forte e in parte rivoluzionaria.

Nel I secolo . Secondo lo storico Tacito, per esempio, tra le masse i cristiani erano «odiati
per i loro vizi», e anche Origene, uno scrittore cristiano, afferma che «la gente di Cristo è
odiata da tutti i popoli, anche da quelli che abitano le più remote parti del mondo». , per
esempio, la comunità cristiana di Lione fu assediata dalla folla e le autorità dovettero
intervenire per evitarne il linciaggio. Nel corso del I e Il secolo d.

gli episodi di violenza organizzata contro i cristiani furono comunque limitati. La


persecuzione dei cristiani successiva all'incendio di Roma del 64 d. La situazione cambiò
tra il II e il III secolo, perché l'aumento significativo del numero dei cristiani cominciò a
costituire un problema che non poteva più essere trascurato dalle au-torità. Per questo le
persecuzioni divennero più accanite, soprattutto sotto gli imperatori Decio e
Valeriano , che tentarono inutilmente di estirpare il cristianesimo dall'impero. Una delle
ragioni per cui il cristianesimo trovò così ampia diffusione fu la sua capacità di rispondere
a profonde esigenze spirituali che erano maturate tra gli abitanti dell'Impero romano. Il
cristianesimo fu solo una tra le religioni e le correnti filosofiche che si svilupparono nel I e II
secolo d. L'antica religione romana, infatti, trascurava un aspetto importante del fenomeno
religioso, ossia il rapporto intimo fra uomo e dio, e non forniva risposte adeguate
all'inquietudine relativa alla vita nell'aldilà. Fu quella che Eric Dodds ha definito «un'epoca
d'angoscia».

Questo clima spirituale spiega perché in epoca imperiale si diffusero religioni nelle quali il
fedele poteva trovare una risposta personale al proprio bisogno di rassicurazione. Erano
culti incentrati su divinità già esistenti, spesso legate all'agricoltura e al ciclo di morte e
rinascita della vegetazione, ma ora reinterpretate in una nuova ottica, quella della
sopravvivenza dell'anima dopo la morte. Alcuni di questi culti erano incentrati su divinità di
origine grec come quelli di Dioniso o della coppia Demetra- Persefone , altri invece su dèi
orientali o egizi, come Mitra e Iside. Il carattere più evidente della religiosità di epoca
imperiale fu infatti il sincretismo, ossia la fusione dell'antica religione romana, aperta ad
accogliere elementi propri di altri culti, con le dottrine orientali con le quali era venuta in
contatto.

Anche gli uomini colti furono investiti dalla crisi spirituale del tempo ma, pur non essendo
in linea di principio ostili alla religione, dimostrarono un maggior interesse per la filoso-
fia. Molti di loro, per esempio, pensavano che le divinità tradizionali fossero puri simboli e
che dietro alla molteplicità degli dei si celasse in realtà un unico principio divino, una forza
assoluta e universale. Questo dio dei filosofi, molto diverso dalla folla di divinità venerate
dalla gente comune, era un dio unico, immateriale, lontano dal mondo, perfetto. La filosofia
stoica, in particolare, conobbe ampia diffusione nei primi secoli dell'età imperiale, ma dal III
secolo si affermò un nuovo movimento filosofico di tendenza misticheggiante, fondato da
un uomo proveniente dall'Egitto, chiamato Plotino .

Già alla fine del II secolo d. Il processo di crisi, dunque, iniziava ad autoalimentarsi. Nel
corso del III secolo aumentò anzitutto il divario tra città e campagna, che, pur all'interno
del tessuto unico dell'impero, rappresentavano ormai due realtà ben distinte. La
maggioranza dei campi, d'altro canto, rimaneva nelle mani dell'aristocrazia cit-tadina, che
però evitava di impegnarsi nell'amministrazione diretta dei propri possedimenti, perdendo
quindi anche l'occasione di migliorarne la produttività . « Lesercito romano diventò un
esercito di contadini, anzi dei più poveri tra i contadini, in quanto questi erano gli unici che
si presentavano volontari o venivano presentati dalle comunità di villaggio quando veniva
indetta una leva obbligatoria». Nel corso del III secolo, quindi, i soldati reclutati nelle
campagne e provenienti dai bassi ceti contadini delle regioni di confine giocarono un ruolo
di primo piano nella difesa dell'impero.

Questo, per esempio, accadde a Besançon nel 269 e, poco prima di questa data, nella città
di Autun , che venne razziata da unorda di contadini e di soldati in rivolta. Ad aggravare
questa già complessa situazione di crisi intervenne anche una pesante e progressiva
svalutazione* della moneta, che alimentò il fenomeno dell'inflazione*, incidendo
soprattutto sui costi delle derrate alimentari. Per avere un'idea di questo vertiginoso calo
del potere d'acquisto della moneta, basta pensare al fatto che in Egitto, nel I e Il secolo, il
prezzo di una misura di grano era rimasto assestato sulle 7-8 dracme, all'inizio del Ill
secolo era salito a 20 dracme e alla fine del secolo aveva raggiunto addirittura le 120.000
dracme. In molte parti dell'impero si tornò addirittura al baratto, ossia a uneconomia pre-
monetaria, e le tasse venivano pagate dai contadini in prodotti agricoli e in animali.

Le attività artigianali si ridussero al minimo indispensabile , molte botteghe artigiane


furono costrette a chiudere e le stesse tecniche di produzione regredirono. Tutto ciò fece
aumentare la disoccupazione, anche nelle città, costringendo le autorità imperiali a
provvedere al sostentamento di masse ormai ridotte quasi alla mendicità. Anche dal punto
di vista politico, il passaggio dal II al III secolo fu caratterizzato da una profonda
instabilità, che avrebbe poi segnato il corso di tutto il secolo della crisi. Commodo, figlio e
successore di Marco Aurelio, era caduto vittima di una congiura nel 192 e con lui si era
conclusa la successione degli imperatori "per adozione", che avevano assicurato allo Stato
romano un lungo periodo di prosperità, o quantomeno di stabilità.

Alla sua morte fu proclamato imperatore Elvio Pertinace, che era prefetto di Roma ed era
stato compagno d'armi di Marco Aurelio. Il suo regno durò solo tre mesi, poiché la politica
che intraprese, volta al ripristino della disciplina nell'esercito e al contenimento della spesa
pubblica, non era gradita ai pretoriani, che quindi lo assassinarono . La politica dei donativi
ai militari portò però al tracollo le già esauste finanze statali e influì negativamente
sull'economia. Per fare fronte all'aumento delle spese, infatti, Settimio dimezzò la
percentuale d'argento presente nelle monete, in modo da poterne emettere in maggiore
quantità.

Per sostenere le spese dell'esercito, d'altro canto, Settimio impose una nuova
tassa, l'annona militaris, cioè l'obbligo di contribuire regolarmente all'approvvigionamento
dell'esercito, gravando ancora di più sui già magri redditi di molti cittadini
dell'impero . Proseguendo la politica paterna, Caracalla distribuì enormi somme di denaro
ai militari per guadagnarsene la fiducia e, di conseguenza, fu costretto ad aumentare le
tasse, specialmente a carico dell'aristocrazia senatoria, che gli divenne fieramente
nemica. I nuovi cittadini potevano avvalersi dei diritti previsti dalla legge romana, ma
erano tenuti anche a pagare tutte le tasse. Caracalla, insomma, pose tutti gli abitanti
dell'impero nelle medesime condizioni davanti al fisco, per garantire alle casse dello Stato
maggiori introiti.

Nel giro di pochi mesi, però, anche Macrino fu deposto e ucciso dai militari, che portarono
al trono Marco Aurelio Antonino, detto "Eliogabalo", il quattordicenne nipote di Caracalla. Il
trono fu consegnato ad Alessandro Severo, figlio di Giulia Mamea e cugino di Elioga-
balo, che nel 222 aveva appena tredici anni. Il potere, quindi, fu ancora saldamente
detenuto dalla nonna e dalla madre dell'imperatore, che ora però cercarono di mantenere
buoni rapporti con il Senato, soprattutto per ridurre l'invadenza dei militari negli affari di
Stato. Con lui finiva anche la dinastia dei Severi. Lesercito proclamò imperatore un
semplice centurione, Massimino , un ex pastore analfabeta soprannominato "il Trace"
perché proveniva dalla Tracia, una delle regioni più arretrate dello Stato romano. Secondo
le fonti antiche, Massimino era dotato di un vigore fisico e di un coraggio ecce-
zionali, grazie ai quali si era reso popolare tra i commilitoni. Durante il suo breve
regno, che segnò il trionfo dell'esercito, si impegnò soprattutto in estenuanti campagne
militari a difesa dei confini settentrionali.

La dinastia dei Severi, pur con i suoi limiti, era riuscita a mantenere complessivamente
funzionante la macchina dello Stato e soprattutto a difenderne i confini. Questa situazione
di incertezza istituzionale ebbe effetti devastanti sulla vita economica e civile, in
un'epoca, per giunta, in cui molti nemici stranieri premevano sui confini di Roma, spesso
causando gravi devastazioni ai territori dell'impero. Mancando un'autorità centrale stabile
ed essendo ormai esautorate le magistrature, il potere era quindi assunto da chi aveva la
forza e i mezzi per imporsi, cioè i soli militari. Nel frattempo, la situazione economica
peggiorava sempre di più.

Se, infatti, le necessità militari richiedevano grandi spese e mancavano l'oro e l'argento
per coniare monete, come contromisura furono aumentate le tasse sulla popolazione . Ad
aggravare la crisi socio-economica, infine, contribuì l'arruolamento forzato dei con-
tadini. Alle frontiere del Reno e del Danubio premevano grandi masse di Germani, che a
loro volta venivano sospinte dalle migrazioni di altre popolazioni dell'Europa centrale . A
causa delle loro pressioni, quindi, l'esercito romano fu impegnato in un logorante lavoro di
tamponamento, che comportò pesanti perdite umane.

Il regno dei Parti diventò potentissimo grazie all'ascesa della nuova dinastia dei
Sasanidi , che affermavano di essere i discendenti dei sovrani persiani e ambivano a
ripristinare i confini dell'antico impero.

Dopo Gordiano divenne imperatore il prefetto del pretorio Filippo Marco


Giulio, detto

Fu proprio Filippo a celebrare nel 248 le feste per i mille anni dalla fondazione di
Roma . Filippo l'Arabo cadde vittima di un'ennesima rivolta militare, che portò al potere
Decio , uno dei più abili generali dell'esercito. Così facendo, Gallieno sancì definitivamente
la distinzione fra la carriera civile, riservata ai senatori e quindi a un ceto di origine
romana, e la carriera militare, che poteva compiersi solo all'interno dell'esercito . In questo
periodo, anche per arginare più efficacemente l'avanzata di popolazioni stranie-re, alcune
regioni poste all'interno dei confini dell'impero si resero autonome, talora con il
beneplacito dello stesso governo di Roma.

Per difendere Roma dalle incursioni barbariche che sembravano minacciarla, Aureliano nel
271 aveva dato inizio alla costruzione di una nuova cinta muraria, le cosiddette "mu-ra
aureliane" . Aureliano introdusse ufficialmente a Roma il culto del sole, identificato con
Mitra , e dedicò alla nuova divinità un tempio, quello del Sol invictus , al quale l'imperatore
tendeva a sovrapporre la propria im-magine. Aureliano fu infine ucciso in una congiura nel
275. Tra i suoi successori vi furono Tacito , che regnò soltanto dal 275 al 276, e Probo, che
sconfisse ripetutamente i Vandali e altre popolazioni germaniche.

Infine, nel 284, il potere giunse nelle mani di un generale proveniente dalla
Dalmazia, Diocle-ziano, che avrebbe conservato la corona imperiale per lungo tempo e
attuato una profonda riorganizzazione dell'impero. Il periodo dell"anarchia militare" e la
crisi generale che interessò l'Impero romano nel corso del III secolo produssero un
profondo stacco rispetto al passato, aprendo una nuova fase storica che gli studiosi sono
soliti definire "tarda antichità". Come tutte le periodizzazioni storiche, d'altro canto, anche
le delimitazioni della tarda antichità devono essere considerate approssimative, poiché la
storia non fa salti, né procede per cesure nette. "I cristiani, invece, sempre più numerosi e
capaci di creare proseliti" della nuova religione, vedevano nell'avvento degli stessi barbari
il segno che stesse iniziando una nuova civiltà, cristiana appunto, per sostituire il vecchio
mondo romano, e pagano. Popoli nuovi furono così attirati nell'orbita culturale della
religione cristiana prima ancora di diventare protagonisti della nuova storia politica
europea.

11 IV secolo segnò anche un mutamento nel rapporto dei cristiani con la cultura
pagana, ossia greco-latina. Nei primi secoli di vita della nuova religione, infatti, i suoi
sostenitori avevano evitato i contatti con il sistema culturale pagano, ritenendo necessario
affermare soprattutto i principi originali ed esclusivi del messaggio di Cristo, e dunque i
suoi aspetti di differenziazione rispetto alla morale classica. Molte regioni dell'Europa
centrale e settentrionale si trovavano ancora oltre il limes, la frontiera dell'impero, ed
erano considerate terre di confine, dove la vita era primitiva. Il IV secolo si aprì in un clima
politico di apparente stabilità.

Il numero dei soldati assegnati a ciascuna legione fu diminuito, affinché nessun


comandante disponesse di grandi masse di soldati , ma in cambio fu aumentato numero
delle legioni. risiedevano in accampamenti fortificati presso il limes e dovevano pattugliare
i confini, mentre le truppe da combattimento erano stanziate nelle retrovie, sotto il diretto
comando dell'imperatore e pronte ad accorrere dove fosse necessario. Problemi che erano
maturati nel corso del III secolo e che ora, appunto, si stavano manifestando appieno. Nel
clima generale di sfiducia e di crisi, in particolare, il cesare Galerio iniziò a fare pressioni
sull'imperatore perché punisse i seguaci di Gesù Cristo, che secondo lui erano la causa dei
mali che affliggevano l'impero. Diocleziano avviò quindi una nuova campagna di
persecuzioni anti-cristiane, con una serie di editti emanati negli anni 303-304 che
imponevano la distruzione delle chiese, la proibizione della celebrazione dei riti e
l'esclusione dei cristiani dalle cariche pubbliche. I libri sacri del cristianesimo dovevano
essere sequestrati e bruciati pubblicamente, mentre ai cittadini più nobili di religione
cristiana furono revocati i privilegi di legge.

A questi provvedimenti fece seguito un'ondata di arresti e di condanne a morte, che non
riuscirono comunque a impedire la diffusione del cristianesimo. E infine proprio
Galerio, divenuto augusto, avrebbe emanato un nuovo editto che segnò l'inizio di una
svolta e l'inizio di una politica di tolleranza della religione cristiana da parte dello Stato
romano. La situazione sembrò precipitare quando poi, a Roma, si fece eleggere
augusto, con l'aiuto dei pretoriani, Massenzio, il figlio di Massimiano. Nel 308 Diocleziano
tentò di far trovare un accordo ai contendenti e fece emergere una nuova figura, quella di
Licinio, un comandante a lui fedele, ma ciò non bastò per far tornare l'ordine.

Per anni, poi, i rapporti tra Costantino e Licinio sarebbero rimasti distesi, o comunque sf
gnati da conflitti sporadici, sino a che, nel 324, Costantino attaccò e sconfisse le truppe
Licinio a Crisopoli, in Bitinia, riunendo così tutto il potere nelle proprie mani. Costantino
fu, di fatto, l'ultimo grande imperatore della storia romana e la sua azione influì in modo
determinante sulla storia successiva. Licinio, peraltro, era fedele alla religione tradizionale
romana e con il tempo si sarebbe mostrato piuttosto ostile ai cristiani, pur senza
perseguitarli. Di certo, comunque, Costantino si pose ufficialmente come tutore della
religione cristiana, pur rivestendo ancora la carica di pontifex maximus.

E proprio nel solco della tradizione romana, anzi, si sentiva autorizzato a esercitare una
diretta influenza sulle questioni religiose, o a intervenire nelle questioni politiche in
funzione di motivi religiosi. Nel 325, per esempio, Costantino inaugurò come un benigno
protettore il concilio* di Nicea, che fu il primo concilio "ecumenico", cioè "universale". I
primi secoli del cristianesimo videro aspre contese teologiche tra i fedeli su vari aspetti
della dottrina cristiana. Coloro che deviavano dall'ortodossia, ossia dall'interpretazione
ufficiale dei testi sacri e dei principi del cristianesimo fornita dalla Chiesa, erano
considerati eretici e condannati.

L'eresia più importante nei primi secoli del cristianesimo fu appunto l'arianesimo, che
prese il nome da un prete di Alessandria, Ario, vissuto agli inizi del IV secolo. Un altro atto
di Costantino gravido di conseguenze per la storia dell'Impero romano fu la fondazione di
una nuova capitale imperiale, costruita nel sito dell'antica città greca di Bisanzio , sulle
sponde del Bosforo. Così, prima ancora delle invasioni esterne, l'organismo più importante
dello Stato si iniziò a "barbarizzare" già nel corso del IV secolo. L'imperatore morì nel
337, lasciando una situazione in apparenza tranquilla, che si sarebbe protratta per circa un
sessantennio. La morte di Costantino aprì un periodo di instabilità politica dovuto ai
contrasti tra i suoi successori e al costante stato di allerta delle frontiere, soprattutto
settentrionali, che continuavano a essere esposte al rischio di invasioni. Nel 337, alla
scomparsa dell'imperatore, i suoi tre figli - Costantino II, Costante e Costanzo II - furono
riconosciuti come eredi legittimi del potere, ma Costante, essendo troppo giovane, fu posto
sotto tutela e quindi il potere fu di fatto diviso tra Costanzo Il e Costantino Il . I centri
nevralgici del potere erano, all'epoca, Costantinopoli e Milano , mentre Roma, dove pure
continuava a risiedere il Senato, stava assumendo un ruolo politico sempre più secondario.

Alla guida della parte orientale dell'impero fu allora nominato Valente, mentre sulla parte
occidentale dell'impero si affermò suo fratello Valentiniano, cui poi succedette
Graziano . Per sfuggire alle loro incursioni, attorno al 375, i Visigoti, stanziati in prossimità
dei confini danubiani, chiesero di essere ammessi nel territorio dell'impero. Come raccontò
lo storico Ammiano Marcellino, «nella storia di Roma non vi fu un disastro peggiore di
questo, tranne la battaglia di Canne». Di fronte alla gravità della situazione, nel 379
Graziano, in qualità di augusto d'Occiden-te, pose sul trono di Costantinopoli un generale
di origine spagnola, Teodosio, che scelse di non mobilitare l'esercito contro i Visigoti, ma
piuttosto cercò un accordo con loro.

Lia linea politica di Teodosio fu influenzata dalla constatazione che il numero dei barbari
residenti nei territori romani era in costante crescita, quindi una contrapposizione frontale
tra Romani e stranieri avrebbe provocato nuove guerre intestine. In un primo tempo, co-
munque, la scelta di Teodosio sembrò dare i suoi risultati, perché per un'intera generazione
molti militari goti divennero cortigiani imperiali o sposarono donne dell'aristocrazia
romana, alimentando il sogno di una vera integrazione. Teodosio e Graziano regnarono
insieme sulle due parti dell'impero per alcuni anni e nel 380 pubblicarono congiuntamente
l'editto di Tessalonica, che ammetteva il cristianesimo come unica religione dell'impero
e, anzi, colpiva duramente i culti non cristiani . Così, mentre prima cristianesimo e
paganesimo avevano trovato modo di convivere, ora furono i pagani a essere perseguitati.
Leditto di Tessalonica, del resto, era espressione del potere e dell'influenza - anche politica
- ormai detenuti dalla Chiesa cristiana e della necessità di governare in accordo con la
Chiesa. L'elezione "romana" di Eugenio produsse una guerra, che si concluse solo nel 394
con una battaglia combattuta sul fiume Frigido, presso Aquileia , con la morte dello stesso
Eugenio. Ipazia nacque ad Alessandria d'Egitto nel 370. Ipazia, quindi, avendo rifiutato di
convertirsi al cristianesimo, suscitava ammirazione sconfinata in alcuni e odio feroce in
altri.

La sua posizione si fece ancora più difficile nel 412, quando divenne vescovo di
Alessandria Cirillo, un militante cristiano intransigente, che iniziò a scacciare gli ebrei dalla
città ed era fermamente determinato a limitare le libertà dei filosofi pagani. Per questa sua
politica, Cirillo si scontrò violentemente con Oreste, prefetto del pretorio e amico di
Ipazia. Infine un giorno, nel 414, un gruppo di fanatici cristiani seguaci di Cirillo aspettò
Ipazia al suo rientro a casa, la costrinse a scendere dal carro, la trascinò in una chiesa, le
strappò di dosso le vesti e lacerò il suo viso e il suo corpo con alcune conchiglie
affilate, sino a quando essa morì. Teodosio fu l'ultimo imperatore a riunire nelle sue mani
tutto il territorio dell'Impero romano.

In Occidente, quindi, il vero artefice della politica imperiale fu Stilicone, un condottiero


vandalo che era divenuto comandante dell'esercito , aveva sposato la figlia di Teodosio ed
era stato nominato tutore di Onorio. Per far fronte a questa situazione di tensione, per
prima cosa Stilicone spostò la capitale da Milano a Ravenna, che era circondata da paludi e
vicina al mare, quindi meglio difendibile. Quando poi i Visigoti penetrarono in Italia, guidati
dal re Alarico, Stilicone li affrontò in battaglia, a Pollenzo , e riuscì a riportare un'impor-
tante vittoria . A questo punto, però, Stilicone preferì non annientare i nemici, per
proseguire piuttosto la politica di Teodosio, volta ad assimilare i Goti e inglobarli
nell'esercito.

Questo atteggiamento fu malvisto dai membri della aristocrazia romana, fra i quali iniziò a
serpeggiare il sospetto che egli volesse favorire i barbari. Per potere addestrare nuove
truppe e versare altri tributi ai barbari, Stilicone chiese a Onorio maggiori
finanziamenti, che nei suoi piani sarebbero stati recuperati da imposte sulle grandi
proprietà terriere. Questo provvedimento, però, suscitò le proteste di molti patrizi e
senatori italici, che suggerirono a Onorio di liberarsi di Stilicone. Il grande generale fu
arrestato e poi messo a morte nel 408 senza neppure un regolare processo, quasi fosse
stato un traditore. In particolare i Vandali, sotto la guida del re Genserico, penetrarono in
Africa e nel 429 conquistarono Cartagine e l'intera provincia. In seguito, unici tra i
barbari, essi allestirono una flotta, con la quale divennero in breve tempo padroni del
Mediterraneo occiden-tale. Ormai, dal punto di vista territoriale, l'Impero d'Occidente era
costituito soltanto dall'Italia e da alcune parti della Gallia e dei Balcani. Gli Unni erano un
popolo nomade di origine asiatica che, muovendo dalle regioni della Mongolia e della
Siberia ai confini con la Cina, si era spostato lentamente verso l'Europa, soggiogando già
agli inizi del V secolo molte tribù germaniche e costringendole a fornire loro contingenti
militari.

Così facendo gli Unni, guidati da Attila, avevano dato vita a un vasto regno nomade che
premeva contro i deboli confini imperiali. Attila assali prima le regioni orientali
dell'impero, devastando città e deportandone gli abi-tanti, e perfino mettendo sotto
assedio Costantinopoli , che si salvò solo grazie alle sue possenti mura. Poi, dopo aver
costretto l'imperatore d'Oriente a versargli pesanti tributi in cambio di una tregua, Attila si
rivolse verso Occidente. Gli Unni assalirono prima la Gallia devastando molte città , e solo
a prezzo di pesanti tributi i Romani riuscirono a patteggiare una tregua.
In quegli anni l'esercito romano era comandato da Ezio, un nobile di origine gallica, l'ultimo
abile generale dell'Impero d'Occidente. Ezio riuscì a ottenere l'alleanza del regno visigoto
di Tolosa e così a sconfiggere Attila in uno scontro sanguinosissimo avvenuto nel 451
presso i Campi Catalaunici . Quando si vide vinto, Attila fece innalzare una pira all'interno
del suo accampamento, deciso a bruciarsi vivo se il nemico fosse riuscito ad arrivare sino a
lui, ma Ezio non volle che gli Unni fossero completamente distrutti, per evitare che i
Visigoti diventassero troppo potenti e rappresentassero a loro volta una minaccia per
l'impero. Conquistata anche Milano, Attila scelse come dimora il palazzo che era stato
dell'impera-tore Costantino.

Poi, inarrestabile, ordinò ai suoi guerrieri di marciare su Roma, dove non esisteva più un
esercito in grado di fronteggiarli. Fu allora che emerse la personalità di papa Leone
I, che, animato da una forte fede e assai coraggioso, si mise in cammino alla testa di un
corteo di sacerdoti e vescovi per andare incontro agli Unni. Il papa incontrò Attila sulle rive
del fiume Mincio, vicino Mantova, e riuscì a trovare un accordo con lui, arrestandone
l'avanzata. Tra gli Unni, però, era nel frattempo scoppiata una terribile pestilenza e si era
diffusa la notizia che Ezio aveva raccolto un forte esercito.

Nel frattempo, sul trono di Ravenna si era insediato l'ultimo rappresentante della dinastia
di Teodosio, Valentiniano III, figlio di Galla Placidia. Nessuno di loro, però, poté fare nulla per
arginare il tracollo dello Stato, ormai del tutto privo di risorse politiche e militari. Anche un
tentativo di scacciare dall'Africa i Vandali, condotto con le forze dell'Impero d'Oriente, fallì
completamente.

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