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Lo Statuto Fondamentale Del Regno D Ital

Il documento è una copia digitale di un libro di pubblico dominio, digitalizzato da Google per preservare e rendere accessibili le informazioni. Include annotazioni storiche e legali riguardanti lo Statuto fondamentale del Regno d'Italia, con riferimenti a legislazioni comparate e giurisprudenza. Google invita a utilizzare il materiale in modo legale e non commerciale, sottolineando l'importanza della filigrana e delle restrizioni sull'uso illecito.

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Lo Statuto Fondamentale Del Regno D Ital

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Ital
84.6

URTOLLE

STATUT
REGNO
D'ITALIA

HARVARD
tal
34.6

COLLE

ATUT
EGNO

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URTOLLER
STATUTO
REGNO
D'ITALIA
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COLLEGE
LIBRARY
881
RTOL
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COLLEG
LIBRARY
188
Ital846 Bd.Jerly,1883.
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ECCLESIAE

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BOUGHT WITH

THE INCOME FROM THE

SUBSCRIPTION FUND

BEGUN IN 1858 .

26 Dec., 1882.

88 :
1
1.1248
BIBLIOTECA DI SCIENZE SOCIALI
I.

5
G. URTOLLER

LO STATUTO FONDAMENTALE
DEL REGNO D'ITALIA

ΑΝΝΟΤΑΤΟ.

TESTO DELLO STATUTO

DELLE LEGGI , DEI DECRETI E REGOLAMENTI RELATIVI


LEGISLAZIONE COMPARATA

DOTTRINA DEGLI AUTORI MASSIME DI GIURISPRUDENZA

ATTI PARLAMENTARI .

PARTE PRIMA

DELLO STATO E DELLA MONARCHIA.

VOLUME UNICO .

CESENA ,
LIBRERIA EDITRICE GHERARDO GARGANO.

1881.
BIBLIOTECA DI SCIENZE SOCIALI "
1.

LO STATUTO FONDAMENTALE
DEL REGNO D'ITALIA

ΑΝΝΟΤΑΤΟ.
S
' intendono riservati a norma della legge tutti i diritti di proprietà
tanto per l' Autore quanto per l' Editore .

Cesena, Tipografia Nazionale di G. Vignuzzi 1881 .


GIOVANNI URTOLLER

LO STATUTO FONDAMENTALE
DEL REGNO D'ITALIA

ANNOTATO.

TESTO DELLO STATUTO

DELLE LEGGI, DEI DECRETI E REGOLAMENTI RELATIVI


LEGISLAZIONE COMPARATA

DOTTRINA DEGLI AUTORI MASSIME DI GIURISPRUDENZA

ATTI PARLAMENTARI .

PARTE PRIMA

VOLUME UNICO.

DELLO STATO E DELLA MONARCHIA.

CESENA ,
LIBRERIA EDITRICE GHERARDO GARGANO.

1881 .
Ita184.6
Ital75.6
1248

DEC261882

Dubecristionfund.
(I.1.)
C'est donc l' État qu'il faut connaître pour avoir
la clef de tout le reste.
DE TOCQUEVILLE.

Incivile est nisi tota lege perspecta, una aliqua


particula ejus proposita, judicare, vel re-
spondere.
FF . DE LEGIBUS .
ERRATA CORRIGE

A pagina XX linea 27 , del diritto di veto si del diritto di veto quando


unisca quando
» » II » 10,30 Ottobre 13 Ottobre
» » II »
35 , Settembre 1867 Settembre 1787
» » 26 »
14 , giuri giure
» »
92 »
33, se un dissidente abbbia se un culto dissidente abbia
» 104 13 , che è conceduto alla leg- che è conceduto dalla

ge sulle Guarentigie in legge sulle Guarentigie in


ordine al culto cattolico ordine al culto cattolico,
debba pur essere ac- debba pure essere ac-
cordata cordato
» )
)
123 )) 18 , difendersi diffondersi
» )
130 » 18 , perchè , egli dice non perchè ,egli dice , non è
essere

»
152 » 26, le morte le mort
SOMMARIO DELLE MATERIE.

AI MIEI GIOVANI ALUNNI NELLA R. UNIVERSITÀ DI PARMA pagina IX

PREFAZIONE, LE COSTITUZIONI ITALIANE E LO STATUTO


FONDAMENTALE DEL REGNO D' ITALIA DEL 4 MARZO 1848 » XV

ARTICOLO I. I

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI RELATIVI » ivi

LEGISLAZIONE COMPARATA. (Austria, Baviera, Belgio, Brasile,


Cantone di Ginevra, Francia, Grecia, Inghilterra, Paesi Bassi,
»
Portogallo, Prussia, Rumenia, Spagna, Stati Uniti d'' America) 3
DOTTRINA DEGLI AUTORI . » 12

LEGISLAZIONE (Testo delle leggi, dei decreti e regolamenti rela-


tivi, citati a pagina 1, 2) »
32
GIURISPRUDENZA. (Abuso dei ministri del culto - Culti non cattolici
tollerati - Disprezzo verso il Re - Exequatur - Fondo pel
culto Potere spirituale - Relazione dello Stato con la
Chiesa - Riapertura di Chiese al pubblico) » 91
ATTI PARLAMENTARI. (Guarentigie del Sommo Pontefice - Libertà
dei culti - Rappresentanze degli ordini religiosi residenti
all'estero. - Exequatur e placet regio ) -
Discussioni » ΙΟΙ
ARTICOLO II . pagina 113
LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI RELATIVI. » ivi

LEGISLAZIONE COMPARATA. (Europa ed America - Russia, Mo-


naco, Francia, Svizzera, Brema, Amburgo, Lubecca, S. Ma-
rino, Andorra, Baviera, Belgio, Brasile, Grecia, Inghilterra,
Paesi Bassi, Portogallo, Prussia, Spagna, Svezia e Norvegia) »
115
DOTTRINA DEGLI AUTORI » 124

LEGISLAZIONE. (Testo delle leggi, dei decreti e regolamenti, citati a


pagina 113 , 114 ). 158
GIURISPRUDENZA (Formola esecutiva delle sentenze.
-

Cambia-
mento di Governo). » 172

ATTI PARLAMENTARI. (Unione della Lombardia e delle provincie


venete di Padova, Vicenza, Treviso e Rovigo nel 1848 -
Annessione dell' Emilia e della Toscana. - Autorizzazione al
Governo del Re di accettare e stabilire per Decreti Reali l'an-
nessione allo Stato di quelle Provincie dell' Italia centrale e me-
ridionale nelle quali si manifesti liberamente e per suffragio
diretto ed universale la volontà delle popolazioni di far parte
integrante della Monarchia Costituzionale italiana. -

S. M.
Vittorio Emanuele II assume per sè ed i suoi successori il
titolo di Re d' Italia.Annessione delle provincie venete e
-

mantovane al Regno d' Italia Annessione delle provincie di


Roma al Regno d' Italia) - Progetti di legge, discussioni
e relative votazioni » 174
AI MIEI GIOVANI ALUNNI

NELLA REGIA UNIVERSITÀ DI PARMA.

Al progresso politico di un popolo contribuisce


la perfetta conoscenza delle istituzioni e delle leggi
che regolano i rapporti della vita pubblica e privata.
Ma il solo testo della legge o la sola trattazione teorica
non sempre sono bastanti a dirigere l'individuo nella
retta interpretazione dei suoi doveri e dei suoi diritti; oc-
corre che l'uno e l' altra completati dalla giurisprudenza,
servano ai cittadini per apprezzarle ed usufruirle.
Mosso da questi intendimenti credetti opportuno
pubblicare to Statuto fondamentale del
Regno corredato dalla legislazione relativa e di
annotazioni che espongono il mio pensiero, e riassu-
mono la dottrina degli autori sui punti più contro-
versi del diritto pubblico.
Conscio dell' utilità degli studi comparativi, lode-
volmente iniziati in Italia dal Palma, dal Brunialti,
dal Padelletti e dal Genala, volli citare ad ogni arti-
colo dello Statuto nostro i corrispondenti articoli delle
legislazioni politiche straniere, riportando ancora le
più importanti leggi elettorali e quelle sulla stampa,
come valido sussidio alle riforme che in proposito si
vorrebbero attuare in Italia.
A completare questo lavoro sul nostro diritto
costituzionale, non mancai di esporre le relative mas-
sime di giurisprudenza e gli atti parlamentari ri-
sguardanti le discussioni più importanti sul nostro
risorgimento politico.
Il metodo da me seguito nella trattazione del-
l'opera è l'esegetico sembrandomi più confacente al-
l' indole ed all' efficacia del lavoro . L' esegesi di fronte
ai testi ed alla legislazione li interpreta e li spiega;
essa sa trarre dai testi tutto ciò che contengono ; poichè
la scienza produce in giurisprudenza gli stessi effetti
che la legge in teologia; essa illumina i commentatori
ed i testi, e mantiene la legislazione in armonia coi
tempi, coi suoi progressi, e con la sua mobilità.
Ed accid l'opera mia potesse riuscire a tutti più
facilmente accessibile, volli dividerne la trattazione in
cinque parti, formanti sei volumi, e corrispondenti
alle principali partizioni dello Statuto, ossiano :
Parte I. (Volume unico) Dello Stato e della Monarchia.
»
II. ( » unico) Della divisione dei poteri. - Del Re.
Parte III. (Volume primo) Dei diritti e dei doveri dei Cittadini -Ugua-
glianza e libertà.
» III. ( >> secondo) (Segue) Dei diritti e dei doveri dei Cittadini.
Del diritto di proprietà, e del diritto di
riunione e di associazione.

» IV. ( unico) Del Senato e della Camera dei Deputati. -


Disposizioni comuni alle due Camere.
)
)
V. ( »
unico) Dei Ministri e dell' Ordine giudiziario. -Di-
sposizioni generali e transitorie.

Questo lavoro comprende quanto esposi dalla Cattedra


nei varii anni d'insegnamento ufficiale del diritto
Costituzionale nella R. Università di Parma; perciò a
Voi, Giovani Egregi, voglio sia dedicato; a Voi, che
nell' entusiasmo dei cuori, nell' energia della mente,
nella fermezza dei propositi compendiate le qualità
che formare debbono il vero cittadino, il vero italiano
che il D' Azegtio augurava alla nazione risorta; a
Voi infine si addice questo mio lavoro perchè con
esso si resero comuni i nostri intendimenti, le no-
stre aspirazioni nel cammino della scienza e si uni-
rono i nostri cuori nel sacro vincolo della libertà,
dell' amore d' Ilatia e della gloriosa sua Dinastia.
Accettate con animo benevolo questo attestato di
affetto sincero e vivete felici.
Cesena, Ottobre 1881

G. URTOLLER.
PREFAZIONE.

LE COSTITUZIONI ITALIANE

E LO STATUTO FONDAMENTALE DEL REGNO D'ITALIA

DEL 4 MARZO 1848 .

I. L'influenza che il progresso della vita morale ed intel-


lettuale apporta nello sviluppo della vita politica, si manifesta
presso ogni popolo, in ogni epoca della sua storia, or latente
e limitata, or palese ed impetuosa ; ed a seconda dello stato di
civiltà, or più o meno efficace per il benessere della umana fa-
miglia. In questo processo storico, massime ai tempi nostri, una
nazione non procede isolata; ma riceve impulsi da altre ed a
sua volta ne dà, creando quel reciproco scambio d'idee, di
sentimenti, di costumi, di tradizioni, che sono causa ai mag-
giori progressi civili. È quindi di non lieve importanza il co-
noscere l'origine e l'indole delle varie Costituzioni che furono
elaborate in Italia, sebbene alcune effimere o mai poste
seriamente in atto, poichè in esse stanno racchiusi i germi
di quelle libertà, le quali, insinuatesi da lungo tempo e ad
onta di molti ostacoli , nelle nostre consuetudini e nelle
XVI PREFAZIONE.

nostre leggi ricevettero, all epoca memoranda del nostro risor-


gimento, una nuova e solenne sanzione nello Statuto Albertino,
benchè questo nella sua preparazione affrettata, andasse sulle
traccie della Carta francese e della belga.
II. La prima costituzione che comparve in Italia al fi-
nire del secolo scorso fu la Costituzione della Repubblica
Cispadana, foggiata a modo di quella di Francia e pubblicata
dai rappresentanti dei popoli di Bologna, Ferrara, Modena e
Reggio, riuniti in Modena ed accettata dal popolo con la maggio-
ranza di due terzi dei voti. Essa fu proclamata il 27 marzo 1797.
Surta sotto l'influenza della Rivoluzione francese doveva neces-
sariamente accogliere i principii che aprivano un'era novella
di libertà politica e civile ; perciò premette alle sue disposizioni
la dichiarazione dei diritti e dei doveri dei cittadini, preposta
alla Costituzione francese che si può veramente considerare un
vero « riassunto di tutta la scienza politica ». La politica ha
I

potuto non tenere gran conto, osserva un illustre scrittore di


una specie di dissertazione filosofica messa in testa ad una
Costituzione effimera. Interamente assorbita negli interessi
e nelle preoccupazioni del momento, la politica, non ha il
tempo di rimontare ai principii. Siccome essa non pensa che
alle conseguenze ed alle applicazioni non ha saputo vedere
che è da questi diritti riconosciuti e proclamati che la
Rivoluzione attingeva non solamente la sua legittimità ma
ancora la sua potenza ; che essi erano il fondamento dell' or-
dine nuovo intero, la sorgente inestinguibile dalla quale dove-
vano avere origine e discendere tutte le istituzioni necessarie
alla sua organizzazione ed alla sua durata.
Nell' ordinamento del potere politico la citata Costituzione Ci-
spadana disponeva che il potere legislativo fosse esercitato da due

Barthélemy-Saint-Hilaire - Politique d' Aristote, Préface.


PREFAZIONE . XVII

consigli, l'uno di sessanta membri, l'altro di trenta. Spettava


al consiglio dei sessanta esclusivamente la proposizione di
qualunque legge ed al consiglio dei trenta il diritto di approva-
zione o di rigetto delle risoluzioni del consiglio dei sessanta.
Il potere esecutivo era delegato ad un direttorio di tre membri
nominati dal corpo legislativo, che in tal caso faceva le funzioni
di comizio elettorale in nome della repubblica. Il direttorio prov-
vedeva alla sicurezza della repubblica si per l'interno che per
l'esterno. Poteva fare dei proclami conformi alle leggi, e per
la esecuzione delle medesime. Disponeva della forza armata
senza però che in verun caso potesse comandarla nè colletti-
vamente nè per mezzo di alcuno dei suoi membri tanto in
tempo delle sue funzioni, quanto pel corso di due anni com-
piti immediatamente consecutivi al termine di queste stesse
funzioni. Ai corpi amministrativi e municipali erano devolute
le stesse attribuzioni che godono presentemente. Il potere
giudiziario , indipendente dagli altri poteri compiva fun-
zioni che non potevano essere esercitate nè dal potere le-
gislativo nè dall'esecutivo, e nessuno veniva giudicato, se non
sopra un'accusa ammessa dai giurati, nei casi di delitti che
apportassero pene afflittive.
III. Ordinatosi dal Ticino all' Adige, dall' Adda al Ru-
bicone un nuovo governo a forma repubblicana, mercè le vit-
torie napoleoniche, veniva data da Napoleone, una nuova Costi-
tuzione, essa pure tutta a foggia francese : un direttorio esecutivo,
due consigli : uno generale di 160 membri, l'altro degli an-
ziani di 80 per deliberare le leggi. La Costituzione della Repub-
blica Cisalpina proclamata e giurata in Milano nel giorno
21 Messidoro anno V. (9 luglio 1797) portava il seguente
preambolo :
<< La repubblica cisalpina era da parecchi anni sotto il do-
minio della casa d' Austria .
b
XVIII PREFAZIONE .

La repubblica francese è succeduta a questa per diritto di


conquista. Essa vi annunzia da questo giorno, che la repubblica
cisalpina è libera ed indipendente. Riconosciuta dalla Francia e
dall' Imperatore essa lo sarà ben tosto ancora da tutta l' Europa.
Il direttorio esecutivo della repubblica francese non pago
di avere impiegata la sua influenza e le vittorie delle armate
repubblicane per assicurare l'esistenza politica della repub-
blica cisalpina, spinge più lungi le sue sollecitudini ; ed es-
sendo convinto, che se la libertà è il primo dei beni, una ri-
voluzione ci trascina dietro il più terribile di tutti i flagelli,
dà al popolo cisalpino la propria costituzione, che è il risul-
tato delle cognizioni della nazione più illuminata.
Dal regime militare il popolo cisalpino deve dunque pas-
sare ad un regime costituzionale.
Perchè questo passaggio possa farsi senza scosse, senza a-
narchia, il direttorio esecutivo ha giudicato dovere questa
sola volta far nominare i membri del governo e del corpo le-
gislativo: di maniera che il popolo non nominerà che dopo
un anno alle piazze vacanti conformemente alla costituzione.
Ben da molti anni non estistevano più repubbliche in Ita-
lia. Il sacro fuoco di libertà vi era soffocato, e la piú bella
parte dell' Europa viveva soggetta al giogo degli stranieri.
Spetta alla repubblica cisalpina di manifestare al mondo
colla sua saviezza ed energia, e colla buona organizzazione
delle sue armate, che l'Italia moderna non ha degenerato, e
che essa è degna ancora della libertà. >>
Firmato : BONAPARTE.
IV. A questa faceva seguito la Costituzione dell'anno
1798 che conteneva i seguenti considerandi :
<< Considerando che la repubblica francese, la quale per mezzo
del Generale in capo Bonaparte, aveva dato alla repubblica
cisalpina una costituzione, ha creduto per la conservazione e
PREFAZIONE. XIX

per la felicità della repubblica cisalpina medesima di doverla


in alcune parti modificare :
Considerando che la costituzione medesima modificata è
stata ricevuta in forma anteutica dai consigli legislativi, affi-
ne di promulgarla in tutta la repubblica : - risolve :
I. La costituzione rimessa in forma antentica dall'ambascia-
tore della repubblica francese ai due consigli legislativi sarà
pubblicata in tutta la repubblica.
II. La Costituzione suddetta è d'ora in avanti la sola legge
fondamentale della repubblica.
,

V. Si pubblicano contemporaneamente alla costituzione sud-


detta sei leggi, colle quali la repubblica francese l'ha accom-
pagnata, riguardanti :
1. La divisione della repubblica in dipartimenti.
2. L'organizzazione e la formazione dei corpi amministrativi.
3. L'organizzazione dei tribunali.
4. La polizia dei consigli legislativi .
5. I clubs, o circoli, ed i fogli periodici.
6. L'indenizzazione degli individui sortiti dai due consigli
per effetto della riduzione. »
V. Ispirata ai medesimi principii è la Costituzione del Po-
polo Ligure dell' anno 1797, sanzionata il 2 dicembre dai co-
mizi popolari con centomila voti favorevoli e diciasettemila con-
trarii. Essa contiene il seguente preambolo : <<< Il popolo ligure con-
siderando che il passato suo avvilimento è provenuto dall'essere
stato soggetto ad un governo aristocratico, ereditario e di es-
sersi separato in classi differenti, ha stabilito di non formare in
avvenire che una sola famiglia coll'adottare una Costituzione
fondata sui veri principii della libertà e della uguaglianza. »
VI. La Costituzione della Repubblica romana, bandita e
giurata in Roma nel giorno 20 Marzo 1798 benchè sembrasse in
XX PREFAZIONE .

apparenza discostarsi dalla servile imitazione degli ordinamenti


francesi, non ne era però lontana nella sostanza. Fedele alle an-
tiche tradizioni, in luogo dei consigli dei trenta e dei sessanta i-
stituiva un Senato ed un Tribunato . Al direttorio sostituiva il
Consolato composto di cinque consoli, nominati dai consigli legi-
slativi che funzionavano da assemblea elettorale a nome della
nazione. Le attribuzioni dei consoli erano quelle stesse af-
fidate al direttorio, poichè provvedevano secondo la legge
alla sicurezza esterna ed interna della repubblica ; facevano
proclami conformi alle leggi e per la loro esecuzione ; dispo-
nevano della forza armata senza però poterla comandare, nè
collettivamente, nè per mezzo di alcuno dei suoi membri tanto
nel tempo delle loro funzioni, quanto pel corso di due anni
immediatamente successivi al termine delle dette funzioni.
Se il consolato era informato che si tramasse qualche cospi-
razione contro la sicurezza interna od esterna dello Stato, po-
teva decretare mandati di presentazione e di arresto contro
quelli che erano sospetti di esserne autori o complici. Eragli
pure concessa facoltà d'interrogarli, ma correvagli l'obbligo di
rimetterliav anti l'uffiziale di polizia nello spazio di 24 ore, sotto
la pena prescritta contro il delitto di detenzione arbitraria.
È da notarsi che neppure da questa Costituzione era con-
cesso al potere esecutivo il diritto di veto e ciò conformemente
alle teorie delle più notevoli costituzioni repubblicane. E per
vero in Isvizzera tale diritto non è attribuito nè al Consiglio,
vero potere esecutivo, nè al Presidente. In America non è data
facoltà al Presidente dell'esercizio del diritto di veto si unisca
quando la legge sia stata votata alla maggioranza di due terzi
I

dei membri dell' assemblea.

1 Tali disposizioni ci sembrano contrarie ad ogni vero principio politico, poichè


non si può obbligare il governo di dare esecuzione a leggi che egli disapprova .
PREFAZIONE. XXI

VII. La Costituzione partenopea dell' anno 1799 è


opera principalmente di Mario Pagano, e benchè fosse impron-
tata sulla francese non poco se ne allontanava. È perciò che il
Botta scriveva di essa : « In mezzo alla imitazione servile de-
gli ordini di Francia, vi si vedono alcuni ordini nuovi di
non poca importanza e di utilità evidente. » Per bene apprez-
zare lo spirito di questa.Costituzione non potremmo far di me-
glio che riportare il Rapporto del Comitato di legislazione
al Governo provvisorio, in cui tutto l'acume dei greci inge-
gni si discopre, atti sempre a provare i principii astratti
con astrattezze maggiori. Eccolo nella sua integrità :
«
Una costituzione che assicuri la pubblica libertà, e che
slanciando lo sguardo nella incertezza de'secoli avvenire, guardi
a soffocare i germi della corruzione e del dispotismo, è l'o-
pera più difficile a cui possa aspirare l'arditezza dell'umano
ingegno. I filosofi dell'antichità, che tanto elevarono l'umana
ragione, ne presentarono solamente i principii, e le antiche
repubbliche le più celebri e sagge ne supplirono in più cose la
mancanza, colla purità de' costumi e colla energia dell'animo,
che ispirò loro una sublime educazione. Gran passi avea già
fatti l'America in questa, diremo, nuova scienza, formando
le costituzioni de'suoi liberi stati. Novellamente la Francia,
che ha contestato straordinario amore di libertà con prodigi
di valore, ha data fuori altresì una delle migliori costituzioni
che si sieno prodotte finora. Il comitato di legislazione del
governo provvisorio autorizzato dal generale in capo Cham-
pionnet, ha terminato il suo lavoro, e vi presenta un pro-
getto di costituzione che sottomette al vostro esame.
Esso ha adottata la costituzione della madre repubblica
francese. Egli è ben giusto, che da quella mano istessa, da
cui ha ricevuto la libertà, ricevesse eziandio la legge, custode
e conservatrice di quella. Ma considerando che la diversità
XXII PREFAZIONE.

del carattere morale, le politiche circostanze, e la fisica posi-


zione delle nazioni richieggono necessariamente dei cangiamenti
nelle costituzioni, propone alcune modificazioni a quella della
repubblica madre, e vi rende conto altresi delle ragioni che
a ciò l'hanno determinato .
La più egregia cosa che ritrovasi nelle moderne costitu-
zioni, è la dichiarazione de' dritti dell'uomo. Manca alle an-
tiche legislazioni questa solida ed immutabile base. Noi ci
siamo giovati della dichiarazione che porta in fronte la costi-
tuzione francese. Ma ci siamo pure avvisati che l'eguaglianza
non è già un diritto dell' uomo, secondo l'anzidetta dichiara-
zione, ma la base soltanto di tutti i diritti, ed il principio
sul quale vengono stabiliti e fondati. L'eguaglianza è un rap-
porto, e i dritti sono facoltà. Sono le facoltà di operare, che
la legge di natura, cioè l'invariabile ragione e conoscenza
de' naturali rapporti, ovvero la positiva legge sociale concede
a ciascuno. Da tal rapporto di eguaglianza di natura che è
tra gli uomini deriva l'esistenza e l'eguaglianza dei dritti ,
essendo gli uomini simili, e però eguali tra loro, hanno le
medesime facoltà fisiche e morali : e l'uno ha tanta ragione
di valersi delle sue naturali forze, quanto l'altro suo simile.
Donde segue che le naturali facoltà indefinite per natura, deb-
bono essere definite per ragione, dovendosi ciascuno valer di
esse per modo, che gli altri possano ancora adoperar le loro.
E da ciò segue eziandio, che i dritti sono eguali ; poichè negli
esseri eguali, eguali debbono essere le facoltà di operare. Ecco
adunque come dalla somiglianza ed eguaglianza della natura
scaturiscono i dritti tutti dell' uomo, e l'eguaglianza di tai
dritti.
Abbiamo derivati tutti i dritti dell'uomo dall'unico e fon-
damentale dritto della propria conservazione. La libertà, la fa-
coltà di opinare, di servirsi delle proprie forze fisiche, di ma
PREFAZIONE. XXIII

nifestare i proprii pensieri, la resistenza all' oppressione, sono


tutte modificazioni del primitivo dritto dell'uomo di conser-
varsi quale la natura lo ha fatto, e di migliorare se stesso
come la medesima lo sprona.
La libertà è la facoltà dell'uomo di valersi di tutte le
sue forze morali e fisiche come gli piace, colla sola limitazione
di non impedir agli altri di far lo stesso. Questo dritto si con-
fonde con quello primitivo. Perciocchè quando l'uomo viene
impedito di far uso delle sue facoltà, egli non si conserva
nello stato suo naturale. Le facoltà paralizzate dalla violenza
sono nulle, e l'uomo schiavo è l'uomo deteriorato.
Potendo l'uomo valersi di tutte le sue facoltà, può far uso
della principale, ch'è la sua ragione, in tutti i modi ed in
tutta l'estensione. E perciò può aversi di quelle opinioni che più
gli sembrano vere. La sola limitazione dell' esercizio della fa-
coltà di pensare sono le regole del vero. La tirrania che in-
ceppa gli spiriti, è più detestabile di quella che incatena i
corpi.
Poichè l'uomo ha la facoltà di valersi dell'azione del suo
corpo ; poichè è per natura stabilito che le idee e le volizioni
determinano il moto del corpo ; il dritto di manifestare le sue
opinioni e volizioni colla voce, colla parola, coi segni, o colla
scrittura, è conforme all'ordine della natura.
Da quel primo fonte di tutti i dritti deriva altresì quello
della proprietà. La proprietà reale è una emanazione e con-
tinuazione della proprietà personale. L'uomo impiegando le
sue forze sopra una porzione del comune patrimonio cioè sulla
terra, dandole nuova vita e nuova forma colla sua industria
e col suo lavoro, fa passare in quella le sue facoltà personali.
Quella nuova forza che acquista la terra coltivata e migliorata
dalla mano dell'uomo, quella nuova facoltà di produrre è del-
l'uomo, della cui attività è l'opera. Il prodotto delle sue fa-
XXIV PREFAZIONE.

coltà è similmente suo, come le facoltà medesime. E poichè


l'uomo ha il dritto di conservare le sue forze e facoltà, egli
ha benanche il dritto di farle passare nella terra, e di occu-
parne una porzione, senza la quale malamente o per nulla si
potrebbe conservare .
Ma i dritti non guarentiti dalla forza, sono come disegni
senza esecuzione, come le idee non realizzate. Quindi contro
la oppressione ogni uomo ha il diritto d'insorgere. Ma stabi-
lire l'assoluto dritto d'insurrezione è fondare un principio an-
tisociale, è fomentare lo spirito di anarchia, che rende ognora
ondeggiante la società, e finalmente la mena al totale discio-
glimento, o a quella stanchezza che poi l'abbandona nelle
braccia del dispotismo. Come dunque segnare quel giusto punto
tra la passiva pazienza, base del dispotismo, e l'anarchica in-
sorgenza ? Abbiamo creduto dar la risoluzione di questo inte-
ressante problema, fermando che ogni cittadino abbia il dritto
d'insorgere contro le autorità ereditarie e perpetue, tiranniche
sempre , ma che il popolo tutto possa solamente insorgere con-
tro gli abusivi esercizii de' poteri costituzionali. Ma quando
diciamo popolo, intendiamo parlare di quel popolo, che sia
rischiarato ne' suoi veri interessi, e non già d'una plebe as-
sopita nella ignoranza e degradata nella schiavitù, non già
della cancrenosa parte aristocratica. L'uno e l'altro estremo
sono de'morbosi tumori del corpo sociale, che ne corrompono
la sanità. È increscevole al certo, che non abbiamo nelle mo-
derne lingne voce per esprimere la nozione che vogliamo de-
signare. E però non potendo precisare la nozione di popolo,
abbiamo prefinita la sua facoltà dicendo, ch'esso può insor-
gere per darsi una nuova costituzione, ma libera soltanto.
Dal medesimo principio della somiglianza ed eguaglianza
di natura abbiamo fatto scaturire tutti i doveri dell'uomo.
Essendo gli uomini tutti simili ed eguali, ciascuno deve com
PREFAZIONE . XXV

portarsi co' suoi simili non altrimenti che con se stesso, se


egli è pur vero che sieno simili i rapporti dell'essere istesso
verso degli esseri simili. Il fondamentale dovere, base di ogni
morale, è che ciascuno sia verso gli altri affetto come è verso
di se stesso.
Dal principio istesso dell'eguaglianza degli uomini svilup-
pasi un secondo luminoso principio, base del diritto politico,
il quale scorto prima dal napoletano Gravina, adottato di poi
da' celebri giuspubblicisti francesi Montesquieu e Rousseau, è
la feconda sorgente dei dritti e doveri del cittadino, dei dritti
del popolo, e de' doveri de' pubblici funzionarii.
La società viene formata dalla unione della volontà degli
uomini che voglion vivere insieme per la vicendevole guaren-
tigia de' proprii diritti. L'unione delle forze fa la pubblica
autorità, e l'unione de' consigli forma la pubblica ragione, la
quale avvalorata dalla pubblica autorità, diviene legge. Quindi
l' imprescrittibile dritto del popolo di mutar l'antica costitu-
zione, e stabilirne una nuova più conforme agli attuali suoi
interessi, ma democratica sempre, e quindi il dritto di ogni
cittadino di esser guarentito dalla pubblica forza, e il dovere
di contribuire alla difesa della patria ; quindi finalmente i
dritti e doveri de' pubblici funzionarii, che per delegazione e-
sercitano i poteri del popolo sovrano, e per dovere sono vit-
time consacrate al pubblico bene.
Passiamo intanto all'esame della costituzione. La riparti-
zione ed armonica corrispondenza de' poteri fu nella costitu-
zione francese eccellentemente stabilita ; onde abbiamo esatta-
mente camminato per le sue tracce, eccetto poche mutazioni.
Ci arresteremo soltanto su di quelle che meritano maggior at-
tenzione, e passeremo le più leggiere, che si possono ravvisare
nella stessa lettura.
Ci è sembrato necessario di lasciar sussistere le due par
XXVI PREFAZIONE .

tizioni del corpo legislativo, non ostante ció che si è detto o


si possa dire in contrario. Un tale stabilimento fuor di ogni
dubbio arresta la naturale rapidità del corpo legislativo, e dà
la necessaria maturità alle leggi, la moltiplicazione e la pre-
cipitanza delle quali inviluppa e sconvolge la repubblica. Ma
dall'altra banda abbiamo considerato, che la sezione, la quale
dee proporre la legge, convien che sia piuttosto un ristretto
corpo d'uomini di età matura, che una numerosa assemblea
di giovani . Oltre l'esempio delle antiche repubbliche, nelle
quali un ristretto senato proponeva le leggi, e numerosa as-
semblea popolare la rigettava o approvava, solide ragioni ci
hanno a tal parere determinati.
La moltitudine, del pari che un solo, mal riesce a pro-
porre la legge. Un solo difficilmente richiama innanzi alla
sua mente i lati tutti e le possibili combinazioni che debbono
guidare il legislatore nel proporre la più generale, esatta e
chiara forma di utile legge. Per lo contrario, laddove la di-
scussione si fa da gran moltitudine, egli è quasi impossibile
che non si abbandoni l'oggetto principale e che il divaga-
mento di molte subalterne ed inutili questioni non faccia tra-
viare dall'essenziale scopo. Un mediocre numero ischiva gl'in-
convenienti opposti, ed accoppia l'uno e l'altro vantaggio.
Iscorge le moltiplici combinazioni che uno o pochi diffi-
cilmente veggono, e non si disperde nell'infinità d'inutili
considerazioni, che impediscono di reassumere la discussion e
e richiamarla al suo vero oggetto,
Nè ci ha fatto mutar sentimento la considerazione, che i
molti e i più giovani fossero più abili a proporre le leggi dal
perchè la fervida gioventù e la moltitudine osa più, tenta
sempre nuove cose e si lancia a nuovi oggetti. Proporre le
leggi è più l'effetto della fredda analisi che dell'ardito genio,
richiede più estensione di lumi che voli di spirito. Ritrovare
PREFAZIONE . XXVII

la propria, esatta e chiara forma di legge, è più l'opera del


riserbato giudizio, che dell'audace invenzione. Ond'è che po-
chi ed uomini maturi vi riescano meglio, che ardente molti-
tudine di giovani. Finalmente quella unità che regna in tutte
le opere della natura, e che deve ritrovarsi in tutte le produ-
zioni dell'arte, perchè la rettitudine ed energia delle opera-
zioni vi si rinvenga, quella unità che forma la bontà e la
perfezione della legislazione per mezzo della corrispondenza
ed accordo di tutte le sue parti, più facilmente si potrà con-
seguire da pochi che da molti.
D'altra parte poi la moltitudine è propria assai più a ri-
levare i vantaggi o gl'incomodi di una legge ; poichè ciascuno
separatamente riguarda l'oggetto per un lato diverso, e la co-
municazione di diverse vedute presenta all' assemblea sanzio-
natrice quel tutto che deesi aver presente per approvare o
rigettare con verità.
Per siffatte considerazioni, nel nostro progetto di costitu-
zione un Senato di cinquanta membri prepara la legge e la
pone, e l'assemblea ed il consiglio di centoventi membri fa
le veci de' comizii e delle agore delle antiche repubbliche, con
tanto maggior vantaggio, che mentre conserva la generalità
della discussione, va pure esente dai tumulti e dalla confu-
sione che di necessità porta seco la numerosa ed inquieta po-
polare assemblea.
Le circotanze locali e la premura di semplificare per quanto
è possibile la costituzione, ci hanno spinto a fare alcuni can-
giamenti altresì nel potere giudiziario. Il portare ne' giudizii
civili l'appello da un dipartimento all'altro, secondo la costi-
tuzione francese, è fuor di dubbio incomodo assai e dispen-
dioso ancora ai litiganti, sopratutto ai poveri, che si dovranno
recare per ottener giustizia nella centrale di un dipartimento
forse più giorni lontana dal luogo della loro dimora. E per
XXVIII PREFAZIONE,

ciò avendo diviso il tribunale civile in quattro sezioni, di


cinque giudici l'una, abbiamo stabilito che si porti l'appello
dali' una all'altra sezione. Per tal modo si assicura la giustizia,
nè vengono disagiati i litiganti.
Il tribunale criminale ha ricevuta eziandio una leggiera
modificazione. La giustizia censoria o correzionale ci sembra
più propria per quelle funzioni alle quali venne destinata nelle
antiche repubbliche, vale a dire a correggere i vizii, germe
di delitti, che a punire i piccoli misfatti. Ei ci paré più
convenevole lasciare alla stessa giustizia criminale l'incarico
di punire così i grandi come i piccoli delitti. Non deve farsi
distinzione alcuna per la maggiore o minor grandezza de' de-
litti e delle pene. Si appartiene alla giustizia criminale così
la pena di due anni di carcere, che vien riserbata nella co-
stituzione della repubblica madre alla giustizia correzionale,
come la pena di dieci o venti anni di ferri.
Egli è vero, che la costituzione francese non richiede l'in-
tervento de' giurati ne' giudizi de' piccoli delitti, che sono i
più frequenti, per render quelli più spediti. Ma la pena di due
anni di carcere imposta senza l'intervento de' giurati può non
leggermente offendere la libertà civile, e preparare lentamente
le catene alla nazione. Il sorgente occulto dispotismo può va-
lersi di questa molla per innalzare la macchina fatale che
fulmini gli amici della libertà. Per la qual cosa abbiamo nei
piccioli delitti come nei gravi, eccetto il castigo de' leggieri
disordini alla polizia commessi, richiesta la medesima solen-
nità, ed affidato alla stessa giustizia criminale il procedimento.
Per tale metodo si conserva meglio l'unità del sistema giu-
diziario, si rende più semplice la macchina politica, e la li-
bertà civile più sicura.
Avendo tolto di mezzo i tribunali correzionali, ci è conve-
nuto di far eleggere i presidenti de' due giuri dalle assemblee
PREFAZIONE . XXIX

elettorali, riserbando ad essi le funzioni medesime che vengo-


no loro attribuite dalla costituzione francese. Dalle medesime
assemblee elettorali verranno nominati i giudici criminali, es-
sendoci sembrato minor male caricar la repubblica di un nuo-
vo ma non grave dispendio, che sospendere le funzioni dei
giudici civili, i quali secondo la costituzione francese, dovreb-
bero adempire per giro le funzioni dei giudici criminali. Pres-
so di noi per la moltiplicità degli oggetti debbono essere per
molti anni, assai occupati i giudici civili.
Ad imitazione delle antiche repubbliche abbiamo richia-
mata la censura alle sue nobili funzioni di emendare i costu-
mi, correggendo i vizi : perciocchè si è stabilito un collegio
di censori da crearsi in ogni anno in ciascun cantone coll'in-
carico d'imporre le pene della privazione del dritto attivo o
passivo di cittadino a coloro che non vivessero democratica-
mente. Una vita soverchiamente voluttuosa, una sregolata con-
dotta tenuta nel governo della propria famiglia, costumi su-
perbi ed insolenti mal si confanno col vivere democratico, e
preparano insensibilmente una voragine, nella quale presto o
tardi corre a precipitarsi la libertà. Ma la loro facoltà non
deve estendersi ad imporre sospensione di dritti civili oltre
il terzo anno; nè potrà su' pubblici funzionarii esercitar la
censura, se non dopo spirato il tempo delle loro funzioni ;
ed allora potranno esser puniti ancora per que' vizi, che
nel corso delle loro cariche avranno forse manifestati. In tal
modo sarà rispettata l'autorità de' pubblici funzionarii, ed
imbrigliata la baldanza de' viziosi.
Questi che possiamo chiamare i sacerdoti della patria, ver-
ranno eletti tra le persone le più savie e le più probe del can-
tone, e dell' età assai matura di anni 50, nella quale è spento l'ar-
dore delle passioni, ma non è mancata l'energia necessaria a
stendere la mano ardita per curare le piaghe della repubblica.
XXX PREFAZIONE.

La censura, più che spegnere il male, deve prevenirlo. Fon-


dare i buoni costumi è il metodo più proprio per estirpare i
corrotti. Quindi ella deve invigilare sulla privata e pubblica
educazione. La pubblica morale, tanto coltivata dagli antichi
quanto negletta dai moderni, le istituzioni repubblicane, esser
debbono il principale oggetto delle sue cure.
Un celebre politico dice, che le leggi dell'educazione deb-
bono esser sempre relative alla costituzione, come eziandio le
altre leggi tutte, civili, criminali ed economiche. Ma noi siam
d'avviso che i principii delle leggi tutte, e particolarmente di
quelle che riguardano l'educazione, convien che formino parte
integrale della costituzione. Essa deve contenere i germi dell' in-
tera legislazione, e deve rassomigliare il tronco dell'albero da
cui sbucciano i rami, che sono segnati nei suoi nodi. Vi sono
delle leggi civili, criminali ed ammistrative immediatamente
connesse alla costituzione, da cui non possono distaccarsi, sen-
za che essa vacilli ; non altrimenti che un edifizio è necessi-
tato a crollare ove si atterri quel muro che lo attacca alle
vicine fabbriche. Per si fatta ragione nella costituzione della
repubblica francese vengono compresi i principii della crimi-
nale legislazione. Per siffatta ragione eziandio nella costituzione
convien dispiegare i principii della pubblica educazione. La
libertà non è minacciata soltanto dalle usurpazioni dei poteri
costituiti, ma benanche dai privati cittadini e dalla pubblica
corruzione. Anzi le autorità costituite, avvalorate di qualsiasi pote-
re, se non si trovano nelle mani dei potenti cittadini, se il veleno
della corruzione non ha per avventura infettato il corpo sociale nè
paralizzato lo spirito repubblicano, non aspirano mai alla tiran-
nide. La costituzione per tanto deve innalzare un argine altissimo
contro la corruzione dei costumi non meno, che contro l'eccessivo
potere de' funzionarii. Cosa che non si può altrimenti conseguire
se non per mezzo dell' educazione e delle istituzioni repubblicane.
PREFAZIONE . XXXI

Non è negletta l'istruzione nella costituzione francese ; ma


riguarda piuttosto la parte intellettuale che la morale.
L'eguaglianza politica non deve far sì che venga promosso
all'esercizio delle pubbliche funzioni colui, che non ne ha
l'ingegno per adempierle. Il dritto passivo di ogni cittadino
è, secondo la nostra vedata, ipotetico, vale a dire che ogni cit-
tadino, posto che divenga abile, acquista il dritto alle pubbli-
che cariche. Un tal dritto si risolve nella facoltà di acqui-
stare il dritto di eleggibilità.
Nelle democrazie un uomo della infima plebe può armar la
sua mano de' fasci consolari, quando abbia il valor di un
Mario e l'ingegno di un Tullio. Ma un ignorante venditor di
salumi, che vien proposto al governo di Atene, necessariamente
perderà la repubblica, e sarà l'oggetto de' pungenti sali di Ari-
stofane. Quindi la legge deve prefinire le qualità morali del citta-
dino che può essere eletto. Ella deve stabilire quale educazione,
quali studi ed esercizi si richieggono nel cittadino eleggibile. Il
dritto di eleggere può essere più esteso di quello di essere eletto,
richiedendosi minore ingegno per discernere l'ingegno altrui,
che per amministrare la repubblica. Per la qual cosa abbiamo
individuate un poco più esattamente le qualità e l' educazione del
cittadino eleggibile, affidandone ai censori l' ispezione e la cura.
Primieramente portiamo opinione, che qualsiasi cittadino
non possa esercitare il diritto di eleggere, se non abbia servito
almeno nella milizia sedentanea. La libertà non si conquista
che col ferro, e non si mantiene che col coraggio. Conviene
di più, che abbia apprese le prime lettere, l'abbaco e 'l ca-
techismo repubblicano. Ma il cittadino che deve ascendere al
sublime grado di legislatore, di direttore o pur di giudice, fa
d'uopo che abbia date alla patria molte testimonianze del suo
ingegno e della sua virtù. Egli deve aver compito un corso
di studi nelle pubbliche scuole, e deve aver ricevuta l'educa
XXXII PREFAZIONE.

zione fisica e morale che la legge stabilisce. Deve inoltre aver


trascorse le minori magistrature, tirocinio e prove per le maggiori.
E deve di più non esser mai stato notato dal corpo censorio.
Finalmente, cittadini rappresentanti, vi proponiamo un'ag-
giunzione fatta da noi alla costituzione francese, per quel sa-
lutare timore che dobbiamo noi avere del dispotismo e di ogni
potere arbitrario, al cui cenno si è pur troppo per lo corso
di tanti secoli abituata la nostra nazione.
Se il potere esecutivo sia troppo dipendente dal corpo le-
gislativo, come lo era nella costituzione francese del 1793, in
tal caso l'assemblea assorbirà il potere esecutivo, e concen-
trandosi in essa tutti i poteri, ella diverrà dispotica. Se poi
sia indipendente l'uno dall' altro, potranno sorgere due disor-
dini, o l'inazione ed il languore della macchina politica per
la poca intelligenza de' due corpi che rivalizzino tra loro, ov-
vero l'usurpazione dell' uno sull'altro per quella naturale ten-
denza di ogni potere all ingrandimento .
Ecco la necessità di un altro corpo di rappresentanti del
popolo, che sia come un tribunale supremo, il quale tenga in
mano la bilancia de' poteri, e li rinchiuda ne' loro giusti con-
fini : che abbia in somma la custodia della costituzione e della
libertà. Esso farà rientrare il potere esecutivo nella sua linea
ove l'abbia oltrepassata. Esso opporrà un veto al corpo legi-
slativo, se in qualche caso usurpi l'esecuzione ; e nel tempo
stesso richiamerà l'uno e l'altro corpo, quando faccia mestieri,
all' adempimento de' proprii doveri, riparando insieme agli eccessi
di commissione ed a' difetti di omissione. Il potere tribunizio ri-
siederà in questo corpo, che noi abbiam chiamato degli efori.
Ma perchè sia baluardo di libertà e non già seme d'arbi-
trario potere, conviene che sia spogliato d'ogni altra funzione
legislativa, esecutiva, e giudiziaria, perché non abbia interesse
alcuno d'inceppare le altrui funzioni per estendere le proprie.
PREFAZIONE . XXXIII

Nè per altra ragione i tribuni di Roma, e gli efori a Sparta


sollevarono talvolta delle politiche tempeste, se non perchè
mescolavansi ne' giudizii, nella legislazione e nella esecuzione.
Il riguardo medesimo ci ha fatto stabilire che non possano
costoro, spirate le loro funzioni, passare in senato o in con-
siglio prima di tre anni. Imperocchè l'interesse per un corpo
al quale potrebbero aspirare, li potrebbe agevolmente travolgere.
Egli è stato mestieri limitare i poteri di questo imponente
collegio il più che fosse possibile. E però vieta la costituzione
che i suoi membri potessero prima di cinque anni essere rie-
letti, e richiede ancora l'età matura di anni quarantacinque
compiuti. La durata delle sue funzioni non eccederà l'anno.
Le sue sessioni si terranno una sola volta nell'anno, nè la
durata di quelle potrà oltrepassare lo spazio di 15 giorni: le
più frequenti riunioni potrebbero più turbare che riordinare ;
poichè gli uomini voglion sempre fare qualche cosa, o che
sia o no a proposito, quando sono riuniti per fare. Verranno
finalmente eletti nel modo istesso che i membri del corpo le-
gislativo. Le loro decisioni avranno nome di decreti e non di
legge: e questi decreti saranno sacrosanti ed inviolabili : e po-
tranno giudicare tanto ad istanza de' poteri per terminare le
loro controversie, quanto di ufficio.
Cittadini rappresentanti, son queste le considerazioni sopra
i pochi cangiamenti fatti alla costituzione della repubblica
madre, che il comitato di legislazione vi propone. Ponderatele
col vostro eletto ingegno, esaminatele colla vostra alacre atten-
zione, adottatele o rigettatele, secondo che il bene della patria
lo richiede. »
VIII. Riconquistate da Napoleone le provincie della re-
pubblica cisalpina, occupate dagli austriaci, v'introdusse nuovi
ordini, creando una consulta legislativa ed una commissione
di governo, la quale doveva poi pubblicare la Costituzione li-
C
XXXIV PREFAZIONE .

gure del 1802. Ossequente ai voleri di Francia, la Consulta


legislativa deliberava che altra se ne adunasse a Lione per
istabilire una nuova Costituzione della Repubblica. Adunatisi i
Cisalpini in Lione, il 26 gennaio 1802, deliberarono che la Re-
pubblica abbandonasse il titolo di Cisalpina per assumere
quello d'Italiana, ed attribuirono l'ufficio di presidente al ge-
nerale Bonaparte.
La Costituzione della Repubblica Italiana, votata il 26
gennaio 1802 si discostava in parte dalle precedenti, sanzio--
nando principii che in quelle non erano accolti. Riconosciuto che
la sovranità risiede nell' universalità dei cittadini, ne fa suoi
organi i collegi elettorali divisi in tre diverse categorie: il
collegio dei possidenti, che aveva sede in Milano, quello dei
dotti, che riunivansi a Bologna e quello dei commercianti, in
Brescia, ai quali collegi erano devolute le elezioni dei corpi dello
Stato : Consulta di Stato, corpo legislativo, tribunali di revisio-
ne e di cassazione ed i commissari della contabilità. Essi poi
avevano facoltá di pronunziarsi su qualunque riforma di ar--
ticoli costituzionali, che loro venisse proposta dalla Consulta
di Stato.

La Censura, Commissione composta di 12 membri nomi-


nati dai collegi aveva attribuzioni importantissime ; eleggeva
agli impieghi costituzionali sulla lista proponente dei tre col-
legi alla pluralità assoluta di voti : eleggeva pure ai posti va-
canti nel collegio dei dotti e giudicava sulla ammissibilità
delle accuse riguardanti la incostituzionalità di taluni atti,
ed i dilapidatori della pubblica fortuna. È poi da notare come
indipendentemente dall'esito del giudizio, il decreto con cui
la censura ammetteva l'accusa, privava il funzionario della
sua carica e lo inabilitava per quattro anni ad ogni pubblico
impiego. Oltre i casi di denunzia testè citati, la censura po-
teva direttamente far conoscere al governo che qualche fun-
PREFAZIONE . XXXV

zionario aveva perduto la confidenza della nazione ovvero che


aveva dilapidata la sostanza pubblica.
Tale partecipazione era segreta.
Agli accennati istituti aggiungevasi una Consulta di Stato
composta di 8 membri ed incaricata specialmente dell'esame
dei trattati diplomatici e di tutto ciò che aveva rapporto agli af-
fari esteri dello Stato. Sulla responsabilità dei pubblici fun-
zionari la Costituzione disponeva che i ministri erano respon-
sabili : 1, degli atti del governo ; 2, della inesecuzione delle
leggi e regolamenti d'amministrazione pubblica ; 3, degli or-
dini particolari che avessero dato contro la Costizione ed ai
regolamenti veglianti ; 4, della malversazione della sostanza
pubblica.
IX. Non andò guari che questi ordini parvero troppo de-
mocratici ; ed il corpo legislativo disparve, sostituito da un
Senato, non più non meno servo di quello di Francia o degli
alloggiamenti di guerra dell'imperatore e re senza che gl' Italiani
avessero ad infastidirsi d'altro che di obbedire. Questo cam-
biamento avvenne colla Costituzione della Repubblica Ligure
dell'anno 1802, la quale durò fino all'epoca in cui la Ligu-
ria venne aggregata all'impero francese. Il Senato, nel quale
riassumevasi tutto l'ordinamento politico ed amministrativo,
era composto di trenta membri aventi trent'anni. Esso era pre-
sieduto da un doge di anni quaranta almeno, e si divideva
nei seguenti cinque magistrati :
Il magistrato supremo ;
Quello di giustizia e legislazione ;
Quello dell'interno ;
Quello di guerra e marina ;
Quello delle finanze.
I presidenti dei quattro magistrati particolari facevano
ciascuno nella parte che li concerneva, le funzioni di ministro.
XXXVI PREFAZIONE .

X. Le aspirazioni monarchiche che avevano cominciato a


commuovere anche i minori Stati, condussero la Repubblica Li-
gure ad abdicare la propria sovranità per vero dire apparente,
onde ripetute, osserva lo Zini, le usate commedie nel 4 giu-
gno 1806 venne riunita all'Impero formando i tre dipartimenti
di Genova, di Montenotte, degli Appennini. Già fino dall'anno
precedente Napoleone desideroso di rifare un' Italia od almeno
riordinarla in due o tre Stati potenti, nazionali secondo che le
necessità dei tempi richiedevano o consentivano, impose ai de-
putati della Repubblica Italiana che avessero a domandare di
mutare gli ordini repubblicani in monarchici ed il Presidente
di quella pregassero ad accettare quella corona. Ossequente ai
voleri del conquistatore la Consulta Italiana a nome degli Ita-
liani sottoponeva all'accettazione dell'Imperatore gli stessi or-
dini suoi ( 17 e 18 marzo 1805 ) ed in tal modo la Repubblica
costretta fra il Ticino, l'Adige, le Rezie ed il Rubicone di-
venne il nuovo regno d'Italia. Questo venne retto da Costitu-
zione fondata sopra le stesse basi di quella dell'impero fran-
cese e sopra i principii medesimi delle leggi già date da
Napoleone all'Italia. Tali costituzioni sono contenute in rove
decreti che furono pubblicati in diverse epoche col nome di
Statuti Costituzionali che ressero il Regno Italico fino alla
caduta di Napoleone. Detta Costituzione portava il seguente pre-
ambolo:
<<Uno stato nuovo creato in mezzo a tante commozioni poli-
tiche, non poteva tutto ad un tratto salire ad un grado tal di
consistenza, di perfezione, di forza, che assicurarne per sem-
pre potesse l'esistenza, il riposo e la prosperità. Il genio
del fondatore, per quanto vasto ed ardito si fosse, doveva pur
esso arrestarsi agli ostacoli che si opponevano, e la medesima
penetrazione sua doveva consigliargli di non ispingere al di
là di quello che permettevano le circostanze. Tale fu la sorte
PREFAZIONE. XXXVII

della nostra repubblica, allorchè inaspettatamente la prima vol-


ta comparve sull'orizzonte politico dell' Europa.
Ella fece al certo un gran passo quando ne' comizii radu-
nati in Lione sotto gli auspici e la mano del suo creatore,
rifuse la costituzione, e proclamò un capo, i lumi ed il potere
del quale l'avrebbero più rapidamente innalzata alla felicità
ed alla considerazione, a cui le permetteva pretendere il suo
destino.

Ma anche questa seconda organizzazione non poteva essere


che precaria, onde non fece che conformarsi in quel punto
alie combinazioni contemporanee, e commettersi per il seguito
all' esperienza. Ha questa di fatti provato che molto mancava
ancora al compimento dell' edifizio ; e per quanto sieno state a-
bili e pure le mani che vi hanno dato opera, la marcia era ancora
troppo lenta per non accorgersi che le fondamenta ed i mezzi
non erano per anche abbastanza, solide quelle, questi efficaci.
Alfine il grande esempio presentato dalla Francia terminò
di convincere i più pertinaci, e l'esito il più felice ci disse
ch'era tempo omai ancora per noi di imitarla.
Da quell' istante la Consulta di Stato, incaricata per istituto
di vegliare alla sicurezza della Repubblica, prese ad esami-
nare con quali modi operare un salutare cangiamento, pre-
scritto non solo da quanto vedevamo operarsi d' intorno a noi,
ma da un interesse ben anche più grande, quello cioè della
nostra conservazione .
Già aveva essa comunicati i suoi pensieri e detti i suoi
voti all' augusto Capo dello Stato ; già gli aveva essa sottomessa
il risultato delle sue meditazioni, quando fu invitata di re-
carsi a Parigi del pari che una numerosa deputazione com-
posta di membri tratti da tutte le autorità costituite, onde
assistere alla solenne incoronazione di Napoleone imperatore
dei Francesi .
XXXVIII PREFAZIONE .

Allora fu che avendo occasione di osservare più da vicino


le opere luminose di questo genio prodigioso ; che ammirando
lo stato di prosperità e di gloria a cui egli ha d'un lampo
di nuovo innalzata la nazione ch'egli governa ; che vedendo
per tutto regnare la tranquillità e la confidenza, la Consulta
rivolse lo sguardo sulla patria, e non potette resistere ad in-
vidiare per lei la felicità, di cui era venuta ad essere testi-
monio .

Per altra parte la Consulta era ognor tormentata dal pen-


siero di futuri pericoli, ne poteva dissimularsi quali, e quanti
si sarebbero sempre uniti per far minaccia. Essa non dimenti-
cava i disegni e gl interessi d' altre potenze, ed il disequilibrio
delle forze e il danno d'una posizione si esposta, nè quello
delle attrattative del nostro territorio.
Giudicò dunque essa del dover suo di riassumere l'inco-
minciato lavoro, e, riunendosi ai deputati, distinti tutti ugual-
mente per le cariche da loro sostenute, non che pel loro zelo
e per i loro lumi, d'emettere di voce unanime il voto che
tutti hanno creduto il più vantaggioso, e che senza fallo era
di già formato da tutti i cuori.
Questo voto che l'amore e la gratitudine dettavano ed in-
culcavano inoltre con ugual forza, fu accolto. Napoleone è re
d' Italia. La corona è ereditaria di maschio in maschio nella
sua discendenza diretta e legittima, sia naturale, sia adottiva.
Ma egli soltanto potrà riunire nella sua persona la corona d' I-
talia e quella di Francia; e tutti i successori di lui avranno a
risedere costantemente sul territorio della nostra repubblica.
È l'interesse nostro che ha condotto e mosso Napoleone ad
acconsentirvi. Di fatti, questa corona egli ricusa di ritenerla,
nè la riterrà se non fino a tanto che questo interesse ne im-
porrà la legge alla sua saggezza ad all' affetto che egli ci con-
serva : moderazione però fatale per noi, che, mentre potevamo
PREFAZIONE . XXXIX

lusingarci d'averlo a presidente per sempre, ci pone a rischio


di non averlo a re che un istante : poichè se il suo regno va
a cessare ogni volta che cesseranno i nostri pericoli, il genio
suo e la sua preponderanza non lasceranno durar lungo tempo.
Avendo voluto porre un limite alla durata del suo potere,
egli ne limiterà di più, e regolerà l'estensione e l'uso. Ci sa-
ranno date costituzioni che ci garantiranno la nostra religione,
l'integrità del nostro territorio, l' uguaglianza dei diritti, la li-
bertà politica e civile, l'irrevocabilità delle vendite dei beni
nazionali, il diritto esclusivo di coprire le cariche dello Stato
che riserberanno alla legge sola l'autorità di stabilire le im-
posizioni, e che insomma consacreranno, consolideranno tutti
i grandi principii sopra i quali è fondato il vero bene dei
popoli e la loro tranquillità. Napoleone ne ha assunto l'impe-
gno; chi può dubitare che egli non voglia, che egli non sap-
pia adempirlo ?
Tali sono i risultati dello Statuto costituzionale unito a
questo proclama, cioè :

LA CONSULTA DI STATO

Presieduta dal vice-presidente, ed i deputati per i collegi e


per i corpi costituiti della repubblica italiana ;
Considerando la posizione dell' Europa e quella della patria ;
Sono d' unanime opinione :
1.º Che sia giunto il momento di dare l'ultima mano alle
istituzioni, delle quali furono a Lione gittate le basi, e di-
chiarare a quest' effetto il governo della repubblica italiana
monarchico ereditario, seguendo gli stessi principi che costi-
tuiscono il governo dell' impero francese ;
2.º Che l' imperatore Napoleone primo, fondatore della re-
pubblica sia dichiarato re d'Italia ;
XL PREFAZIONE .

3.º Che il trono d' Italia sia ereditario di maschio in ma-


schio nella sua discendenza per retta linea legittima. naturale
o adottiva, escluse in perpetuo le femmine e loro discendenza;
ben inteso che il diritto d'adozione conferitogli non possa e-
stendersi ad altri che ad un individuo dell'impero francese o
o del regno d' Italia ;
4.º Che la corona d' Italia non possa essere riunita alla co-
rona di Francia, se non che nella sua persona ; chè tal facoltà
sia interdetta a tutti e ciascuno de' suoi successori, e che nes-
suno di essi possa regnare in Italia se non risiede nel terri-
torio della repubblica italiana ;
5.º Che l'imperatore Napoleone, vita sua natural durante,
possa nominarsi un successore fra i suoi figli legittimi, sieno
naturali od adottivi; diritto di cui egli non potrà però far
uso senza compromettere la sicurezza, l'integrità, l'indipen-
denza di uno Stato, l'esistenza del quale è uno de' più bei
pregi della sua gloria, sino a tanto che le armate francesi oc-
cuperanno il regno di Napoli, le armate russe Corfù, le forze
britaniche Malta, e che la Penisola d' Italia sarà ad ogni mo-
mento minacciata d'aver a servire di campo di battaglia alle
maggiori potenze d' Europa ;
6.° Che la sicurezza dello Stato non permette la separazione
delle corone di Francia e d'Italia, se non quando queste cir-
costanze si saranno cangiate ;
7.° Che regolato che sia il punto più importante per le na-
zioni, cioè la natura e la fissazione del potere supremo, sia
l'imperatore Napoleone pregato di recarsi a Milano per assu-
mervi la corona, e dopo avere sentita la Consulta di stato e
le deputazioni straordinarie de' collegi, dare al regno una co-
stituzione definitiva che garantisca al popolo la sua religione,
l'integrità del suo territorio, l'eguaglianza dei diritti, la li-
bertà politica e civile, l'irrevocabilità delle vendite de' beni
PREFAZIONE . XI

nazionali ; alla legge sola la facoltà di stabilire le imposizioni


ed ai nazionali il diritto esclusivo d' essere chiamati a coprire
le cariche dello Stato ; principii tutti che l' imperatore ha con-
sacrati colle leggi che ha già date all' Italia, e la proclama-
zione dei quali fu la prima voce che si fece intendere dalla
sommità delle Alpi, tutte due le volte che egli ne discese per
conquistare e liberare la patria.
8.° Che infine l'Europa dovrà essere convinta che tutte le
parti dal regno d' Italia sono omai consolidate per sempre, e
che nessuna ne può essere separata senza distruggere il prin-
cipio sopra cui è fondato il tutto. >>>
Parigi, li 15 Marzo 1805, anno IV.
XI. Chiamato al Trono di Spagna Giuseppe Napoleone,
prima di lasciare il Regno di Napoli, volle darvi una Costitu-
zione « per consacrare, egli diceva, i principii che debbono
reggere la monarchia. » Lo Statuto Costituzionale del Re-
gno di Napoli e Sicilia dell'anno 1808 accenna ad un con-
cetto imperfetto dell'ordinamento politico, poichè, mentre non
vediamo concesso al re il diritto di veto, mantiene una sola Ca-
I

mera legislativa. Rispettando le antiche tradizioni, il parlamento


nazionale, composto di 100 membri, fu diviso in cinque sedili :
sedile del clero, sedile della nobiltà, sedile dei possidenti , sedile
dei dotti, sedile dei commercianti. Disponeva poi che il sedile
del clero sarebbe collocato sulla diritta del trono ; il sedile
della nobiltà sulla sinistra ; i tre sedili dei possidenti, dei dotti,
e dei commercianti, dirimpetto al trono. Eravi altresi un Consi-
glio di Stato, composto di un numero di membri in numero non
minore di 26 nè maggiore di 36 e diviso in quattro sezioni : della
giustizia e del culto, dell'interno e della polizia, delle finanze,

1 Il diritto di veto e la divisione del corpo legislativo ci sembra siano due


principii fondamentali di una monarchia costituzionale. Sviluppermo il nostro
concetto annotando gli articoli 7 e 33 dello Statuto.
XLII PREFAZIONE .

della guerra e della marina. Ogni sezione era composta di un


presidente e di cinque membri almeno. Il Consiglio di Stato
era presieduto dal Re o da persona che il Re destinava. Spet-
tava al Consiglio di redigere i progetti di legge civile e cri-
minale, ed i regolamenti generali di pubblica amministrazione,
però nelle sue attribuzioni non aveva che voce consultiva.
Per vero, la detta costituzione era in parole e non in fatti, ne
sia prova il principio sancito che gli atti del re, intorno
agli oggetti compresi nelle attribuzioni assegnate al Parlamento
nazionale, avevano forza di legge, fino alla prima assemblea
I

di quello allorchè erano stati discussi nel Consiglio di Stato.


Al Parlamento nazionale dovevano essere sottoposte le pro-
vincie, i cambiamenti notabili da farsi al codice penale, al
sistema monetario .
XII. Ferdinando III di Sicilia, avendo abdicato al Trono
in seguito all' influenza manifesta del capo inglese, Lord
Bentinck, il suo figlio Francesco ricevè il titolo di vicario ge-
nerale. Egli pubblicò la Costituzione di Sicilia del 1812,
informata a principii ampiamente liberali, quali erano accolti
dalla dottrina e pratica inglese, ed in base ai principii stabiliti
dal generale Parlamento convocato da Ferdinando III, rias-
sunti nei seguenti capitoli :
I. Che la religione dovrà essere unicamente ad esclusione
di qualunque altra, la cattolica, apostolica romana, e che il
re sarà obbligato professare la medesima religione ; e quante
volte ne professerà un'altra, sarà ipso facto decaduto dal
trono.

II. Che il potere legislativo risiederà privativamente nel solo


Parlamento. Le leggi avranno vigore, quando saranno da sua

Questa disposizione distruggeva la Costituzione, rendendo illusorie le gua-


rentigie concesse coll'istituzione del Parlamento nazionale.
PREFAZIONE . XLIII

Maestà sanzionate. Tutte le imposizioni di qualunque na-


tura dovranno imporsi solamente dal Parlamento ed an-
che avere la sovrana sanzione. La formola sarà veto 0
placet dovendosi accettare o rifiutare dal re senza modifi-
cazione .

III. Che il potere esecutivo risiederà nella persona del re.


IV. Che il potere giudiziario sarà distinto ed indipendente
dal potere esecutivo e legislativo, e si eserciterà da un corpo
di giudici e magistrati. Questi saranno giudicati e puniti e
privati d'impiego per sentenza della Camera dei Pari, dopo
l'instanza della Camera dei Comuni come meglio rilevasi
dalla Cosituzione d'Inghilterra, e più estesamente se ne par-
lerà nell' articolo Magistratura.
V. Che la persona del re sarà sacra ed inviolabile.
VI. Che i ministri del re e gl' impiegati, saranno soggetti
all' esame ed alla censura del Parlamento ; e saranno dai me-
desimi accusati, processati e condannati, qualora si trove-
ranno colpevoli contro la Costituzione e l'osservanza delle
leggi, o per qualche grave colpa nell'esercizio della loro
carica.
VII. Che il Parlamento sarà composto da due Camere; una
detta dei Comuni, o sia dei rappresentanti delle popolazioni
tanto demaniali che baronali, con quelle condizioni e forme
che stabilirà il Parlamento nei suoi posteriori dettagli su questo
articolo : l'altra chiamata dei Pari la quale sarà composta
da tutti quegli ecclesiastici e loro successori, e da tutti quei
baroni e loro successori e possessori delle attuali Parie, che
attualmente hanno diritto di sedere e votare ne' due bracci ec-
clesiastico e militare, e da altri che in seguito potranno essere
eletti da sua Maestà giusta quelle condizioni e limitazioni,
che il Parlamento fisserà nell' articolo di dettaglio in questa
materia .
1

XLIV PREFAZIONE .

VIII. Che i Baroni avranno, come Pari, testaticamente un


voto solo, togliendosi la moltiplicità attualmente relativa al
numero delle loro popolazioni. Il protonotaro del Regno pre-
senterà una nota degli attuali baroni ed ecclesiastici e sarà
questa inserta negli atti parlamentari.
IX. Che sarà privativa del re il convocare, prorogare e scio-
gliere il Parlamento, secondo le forme ed istituzioni che stabi-
liranno in appresso, Sua Maestà nondimeno sarà tenuta di con-
vocarlo in ogni anno.
X. Che. niuno siciliano potrà essere arrestato esiliato o in
altro modo punito, e turbato nel possesso e godimento dei suoi
diritti e dei suoi beni, se non in forza delle leggi d' un nuovo
Codice, che sarà stabilito da questo Parlamento e per via di
ordini e di sentenza di Magistrato ordinario ed in quella forma
e con quei provvedimenti di pubblica sicurezza che diviserà
in appresso il Parlamento medesimo. I Pari godranno della forma
dei giudizi medesimi, che godono in Inghilterra, come meglio
si diviserà dettagliatamente in appresso.
XI. Che non vi saranno più feudi, e tutte le terre si pos-
sederanno in Sicilia come in allodii, conservando però nelle
rispettive famiglie l' ordine di successione, che attualmente si
gode. Cesseranno ancora le giurisdizioni baronali; e quindi i
baroni saranno esenti da tutti i pesi a cui finora sono stati
soggetti per tali diritti feudali.
Si aboliranno le investiture, relevi, devoluzioni al fisco, ed
ogni altro peso inerente ai feudi conservando però ogni famiglia
i titoli e le onorificenze.
XII . Finalmente, che ogni proposizione relativa a sussidi
debba nascere privatamente, e conchiudersi nella riferita Camera
dei Comuni ; ed indi passarsi in quella dei Pari, dove solo si
dovrà assentire senza punto alterarsi ; e che tutte le proposte
riguardanti gli articoli di qualunque altra materia, saranno
PREFAZIONE. XLV

promiscuamente avanzate dalle due Camere restando all' altra


il diritto di ripulsa.
XIII. Dell'anno 1815 è la Costituzione del Regno di
Napoli, accordata dal re Gioachino. Essa porta la finta data
di Rimini, ma fu mandata a Napoli soltanto il 12 maggio
e pubblicata il 18, vale a dire due giorni prima del trat-
tato di Casalanza, che ricondusse i Borboni sul trono di
Napoli. Essa conteneva per basi fondamentali che la rap-
presentanza nazionale fosse composta del re e di un Parlamento
diviso in due camere, cioè il Senato ed il Consiglio de' no-
tabili. L'autorità legislativa apparteneva alla rappresentanza
nazionale, quindi niuna legge si poteva fare, nè abrogarsi
o modificarsi senza il concorso dell'intiera rappresentanza na-
zionale ; niuna imposta crearsi, nè percepirsi ; niuna leva di
truppe poteva farsi (eccetto l'arrolamento volontario) se non
in vigore di una legge, e quindi del consenso della nazione
espresso per mezzo della rappresentanza nazionale. Benchè la
Religione cattolica, apostolica romana fosse la religione dello
Stato, niuno però poteva essere molestato per le sue opinioni
religiose, quando altronde conformavasi alle leggi nelle azioni
esteriori . I ministri responsabili, ed il potere giudiziario indi-
pendente. La libertà individuale ed il diritto di proprietà u-
gualmente garantiti a ciascuno.
XIV. Il re Ferdinando I nel 1820 avvertiva i suoi
popoli che, « in conseguenza degli atti dei 7 e dei 22 luglio
1820, coi quali fu adottata la costituzione politica della mo-
narchia spagnuola, con le modificazioni (salve le basi) che la
rappresentanza nazionale costituzionalmente convocata avesse
creduto di proporre, per adottarla alle circostanze particolari
del regno delle due Sicilie, il Parlamento nazionale essendosi
di ciò accupato col più maturo e scrupoloso esame; ed avendo
indagato tuttociò che fa d'uopo a soddisfare il grande oggetto
XLVI PREFAZIONE.

di promuovere la gloria, la prosperità ed il bene di tutta la


nazione ; decreta modificata, la costituzione politica per lo
buon governo e per la retta amministrazione dello Stato »
Notiamo in essa la definizione che dà dello scopo del go-
verno. Per essa l'oggetto del governo è la felicità della nazione ;
non essendo altro scopo di ogni politica società, che il ben es-
sere di tutti gl'individui che la compongono. Il Parlamento,
formato da una sola Camera e da deputati che rappresentano
la nazione, aveva facoltà larghissime da invadere tutto l'or-
dinamento economico-sociale dello Stato. Merita particolare
menzione un Istituto che non troviamo in altre Costitu-
zioni: la Deputazione permanente del Parlamento. Prima che
questo si sciogliesse, veniva nominata una deputazione col
nome accennato di Deputazione provinciale del Parlamento
e composta di sette membri di esso , due de' quali dove-
vano essere della Sicilia oltre al Faro. Le facoltà di tale
deputazione erano : I. Invigilare su la osservanza della co-
stituzione e delle leggi, onde dar conto al prossimo Parlamento
delle infrazioni che avessero osservato . II. Convocare il Parla-
mento straordinario nei casi prescritti dalla Costituzione. III. Di-
simpegnare gl'incarichi ordinati dalla Costituzione e cioè: di
fare inscrivere nella segreteria del Parlamento i nomi dei de-
putati che si sono ad essa presentati ed il nome della provin-
cia che li ha eletti. Nell'anno in cui si doveva seguire la rin-
novazione dei deputati, si convocava la prima assemblea pre-
paratoria a porte aperte nel giorno 15 febbraio. Faceva in es-
sa le funzioni di presidente colui che l'esercitava presso la
deputazione permanente ; ed alle funzioni di segretario e di scru-
tinatori la stessa deputazione nominava coloro che giudicava fra
gl'individui rimanenti. A questa prima assemblea tutti i depu-
tati presentavano i loro poteri : e dalla stessa si nominavano a
pluralità di voti due commissioni : una di cinque individui,
PREFAZIONE. XLVII

onde esaminasse i poteri di tutti i deputati ; l'altra di tre,


onde esaminasse i poteri dei cinque individui che componevano
la commissione suddetta. Nel giorno dello stesso mese di feb-
braio si convocava parimenti a porte aperte una seconda as-
semblea preparatoria, cui le due commissioni nominate face--
vano rapporto della legittimità dei poteri esibiti, tenendo
presenti le copie degli atti della elezione provinciale. In questa
assemblea e nelle altre che fossero state necessarie sino al giorno
venticinque del mese accennato, si risolvevano definitivamente
e a pluralità di voti, i dubbi che sorgevano su la legittimità
dei poteri e su le qualità dei deputati. È pure da notare che
questi , giurando, si vincolavano a difendere la religione cattolica,
apostolica romana senza ammetterne alcun' altra nel Regno.
Fra le prerogative concesse al re eranvi pur quelle di nomi-
nare e dimettere a suo piacimento i ministri segretari di Stato
edi concedere l' exequatur o trattenere il corso dei decreti con-
ciliari e delle bolle ponteficie, previo il consenso del Parlamento
quando contenevano disposizioni generali, o ascoltato il Consiglio
di Stato, quando cadevano su di affari particolari o di governo
o rimettendone la cognizione e la decisione al tribunale di
giustizia, quando fossero oggetti contenziosi affinchè quel tribu--
nale potesse deliberare in conformità delle leggi.
Il Consiglio di stato composto di 24 individui aveva una
larga ingerenza negli affari amministrativi poichè come и-
nico consiglio del re, egli ne udiva il parere in tutti gli
oggetti gravi di governo, segnatamente per dare o negare la
sanzione alle leggi per dichiarare la guerra e per istipulare i
trattati. Spettava al consiglio di stato proporre al re per terne
la provvista di tutti i benefizj ecclesiastici e quella di tutti
gl'impieghi di giudicatura,
Riguardo all' amministrazione della giustizia era assoluta-
mente vietato che il parlamento ed il re esercitassero in ve-
XLVIII PREFAZIONE.

run caso le funzioni giudiziarie nè potevano richiamare a se


le cause pendenti, nè ordinare di aprirsi giudizi definitiva-
mente terminati.
XV. Gli eventi fortunosi del 1848 imponevano ai so-
vrani assoluti la necessità di cedere alle aspirazioni popolari ,
le quali, avvalorate dal progresso della scienza politica, venivano
appagate con nuovi statuti più consoni ai principii di libertà e
sapienza politica. Primo a darne esempio fu Ferdinando II di Sici-
lia che per ottemperar al desiderio del popolo « di piena, libera e
spontanea volontà » dava una Costituzione, egli diceva, corrispon-
dente alla civiltà dei tempi. Ciò che merita speciale menzione
di questa Carta, è la divisione del Parlamento in due rami, corri-
spondenti più esattamente alla teoria costituzionale : la Camera
dei pari e la Camera dei deputati. I pari erano eletti a vita
dal re il quale nominava fra i medesimi il presidente e il vice-
presidente per quel tempo che giudicava opportuno. La Camera
dei pari si costituiva in alta corte di giustizia per conoscere
dei reati di alto tradimento e di attentato alla sicurezza dello
Stato, di cui potevano essere imputati i componenti di ambedue
le camere legislative, come pure ad essa spettava il diritto di
giudicare i ministri posti in istato di accusa dalla Camera dei
deputati per gli atti di cui erano responsabili.
Il potere legislativo era esercitato dal re e dalle Camere,
conformemente alle teorie prevalse nelle principali costituzioni
monarchiche, quali ad esempio la Portoghese del 1826, la Belga
del 1831, la Spagnuola del 1837.
XVI. In quest'opera del risorgimento nazionale i popoli
ed i re si mostravano talmente uniti dall'interesse, dalla ragione
e dalla morale che sembrava a lungo dovessero mantenersi
inalterati i loro rapporti, mantenuti ancor più intimi dal re-
ciproco riconoscimento di diritti , da lungo tempo concul-
cati. È un fatto generale che tutti i monarchi d' Italia
PREFAZIONE . XLIX

per rafforzare la loro autorità sentirono in questa epoca la ne-


cessità di fare ai sudditi concessioni, che se menomavano il
loro potere , lo affermavano con una nuova e solenne sanzione
dei popoli. Compreso di queste necessità Leopoldo II di To-
scana , dichiarava esser giunto il tempo di procurare ai
suoi popoli quella maggiore ampiezza di vita civile e poli-
tica alla quale era chiamata l'Italia nella solenne inaugu-
razione del nazionale risorgimento. « Ne' tal pensiero, egli af-
fermava, sorge nuovo nel petto nostro, siccome non fu ignoto
a quello del padre nostro e dell'avo, dei quali il governo ebbe
gloria dal procedere sempre coi tempi od antivenirli: nè le
istituzioni novelle che a noi piace il concedere tali sono, che
non si conformino alle abitudini di tutta la vita nostra o alle
tradizioni della Toscana, cultrice antica di ogni sapere. >>>
Lo Statuto della Toscana, pubblicato il 15 febbraio 1848
si conformava ad un completo sistema di governo rappresenta-
tivo. Al Granduca era concesso il diritto di veto, il Parlamento
diviso in due rami: il Senato, composto di senatori nominati
a vita dal Granduca; il Consiglio generale, formato da 86 De-
putati, eletti dai Collegi. Dobbiamo però notare che l'età sta-
bilita pei Senatori era di anni 30, e pei Deputati al Consiglio
generale di 50 anni compiti. Il potere legislativo era afidato
collettivamente alle Camere ed al Granduca, e ad essi pure
spettava la interpretazione autentica delle leggi. Tutte le libertà
di commercio, di industria, di stampa ecc; erano riconosciute
e garantite nella parte speciale della Costituzione denominata :
<<Diritto pubblico dei Toscani »
XVII. Le parole di Gioberti che pronosticavano in Pio
IX <<un creatore e redentore dell' Italia morta ed incadaverita, >>
sembrava dovessero realizzare il sogno di tanti Italiani, appa-
rendo una giusta e fondata promessa lo Statuto fondamentale
del Governo temporale, sanzionato da Pio IX il XIV marzo
d
L PREFAZIONE .

MDCCCXLVIII, anno secondo del suo Ponteficato. <<< Nelle istitu-


zioni, egli ivi diceva, di cui finora dotammo i nostri sudditi fu
nostra intenzione di riprodurre alcune istituzioni antiche le
quali furono lungamente lo specchio della sapienza degli Au-
gusti nostri Predecessori, e poi col volgere dei tempi volevansi
adattare alle nostre condizioni per rappresentare quel maestoso
edificio che erano state da principio.
Per questa via procedendo eravamo venuti a stabilire una
rappresentanza consultiva di tutte le Provincie, la quale do-
vesse aiutare il nostro Governo nei lavori legislativi e nella
amministrazione dello Stato, e aspettavamo che la bontà dei
risultamenti avesse lodato l'esperimento che primi Noi fa-
cemmo in Italia. Ma poichè i nostri vicini hanno giudicato
maturi i loro popoli a ricevere il benefizio di una rappresen-
tanza non meramente consultiva, ma deliberativa, Nơi non
vogliamo fare minore stima dei popoli nostri, nè fidar meno
nella loro gratitudine non già verso la nostra umile persona,
per la quale nulla vogliamo, ma verso la Chiesa e questa A-
postolica Sede, di cui Iddio ci ha commessi gl'inviolabili e
supremi diritti e la cui presenza fu e sarà sempre a loro di
tanti beni cagione.
Ebbero in antico i nostri comuni il privilegio di gover-
narsi ciascuno con leggi scelte da loro medesimi sotto la san-
zione sovrana.
Ora nón consentono certamente la condizione della nuova
civiltà, che si rinnovi sotto le medesime forme un ordinamento
pel quale la differenza delle leggi e delle consuetudini sepa-
rano sovente l'un comune dal consorzio dell' altro. Ma noi in-
tendiamo di affidare questa prerogativa a due consigli di probi
e prudenti cittadini nell'uno da noi nominati, nell' altro de-
putati da ogni parte dello Stato, mediante una forma di ele-
zioni opportunamente stabilita: i quali rappresentino gl'in-
PREFAZIONE . LI

teressi particolari di ciascun luogo dei nostri dominii, e


saviamente gli contemprino con quell'altro interesse grandissimo
d'ogni Comune e di ogni Provincia ch'è interesse generale
dello Stato.

Siccome poi nel nostro Sacro Principato non può essere


disgiunto dall'interesse temporale dell'interna prosperità l'al-
tro più grave della politica indipendenza dello Stato della
Chiesa , pel quale stette altresì l'indipendenza di questa
parte d'Italia, così non solamente riserviamo a Noi e ai
Successori Nostri la suprema sanzione e la promulgazione
di tutte le leggi che saranno dai predetti consigli determinati ,
e il pieno esercizio dell'Autorità sovrana nelle parti di cui col
presente atto non è disposto ; ma intendiamo altresi di man-
tenere intera l'Autorità nostra nelle cose che sono naturalmente
congiunte colla religione e la morale cattolica. E ciò dobbiamo
per sicurezza a tutta la cristianità che nello Stato della Chiesa
in questa nuova forma costituita, nessuna diminuzione patisca-
no la libertà ed i diritti della Chiesa medesima e della S. Sede,
nè veruno esempio sia mai per violare la santità di questa
religione che Noi abbiamo obbligo e missione di predicare a
tutto l'universo come unico simbolo d'alleanza di Dio cogli
uomini come unico pegno di quella benedizione celeste per cui
vivono gli Stati e fioriscono le nazioni. »
Come sopra è accennato, il Corpo legislativo era diviso
in due Consigli: Alto Consiglio e Consiglio dei Deputati, cui
erano devolute le discussioni e votazioni di tutte le leggi in
materia civile , amministrativa , governativa, comprese le
imposizioni di tributi e le interpretazioni e declaratorie che
avessero forza di legge, però era vietato nei due Consigli ogni
discussione che riguardasse le relazioni diplomatiche-religiose
della S. Sede all'estero, e proporre leggi che riguardassero af-
fari ecclesiastici o misti, che fossero contrarie ai canoni, alle
LII PREFAZIONE.

discipline della Chiesa, o che tendessero a variare e modifi-


care lo Statuto. Ogni sessione legislativa doveva durare sola-
mente tre mesi. I trattati di commercio e quelle soltanto
fra le clausole di altri trattati che riguardassero le finanze dello
Stato, prima di essere ratificati erano portati ai Consigli, i quali
li discutevano e votavano. Erano pure presentati al Consiglio
dei deputati i progetti di legge riguardanti il preventivo e
consuntivo di un anno, quelli tendenti a creare, liquidare, ed
accettare debiti dello Stato; quelli sulle imposte, appalti ed altre
concessioni o alienazioni qualsivogliano dei redditi e proprietà
dello Stato. Però quando anche ambedue i Consigli avessero
ammessa la proposta di legge, era sempre presentata al Som-
mo Pontefice e proposta nel Concistoro segreto. Il Pontefice udito
il voto dei Cardinali dava o negava la sanzione.
Era poi il sacro Collegio che, secondo le regole stabilite
nelle Costituzioni Apostoliche, confermava i ministri e ne
sostituiva altri. Durante la sede vacante i diritti di sovranità
temporale risiedevano nel sacro Collegio, il quale ne usava a
forma delle Costituzioni Apostoliche e dello Statuto. Al Consiglio.
di Stato, composto di 10 consiglieri e di un corpo di uditori
non eccedenti il numero di 24, spettava, sotto la direzione del
Governo, la redazione dei progetti di legge, i regolamenti di
amministrazione pubblica, nonchè dar pareri, sulle difficoltà in
materia governativa. Il suffragio per l'elezione dei deputati
era ristretto ; nè tutti gli elettori potevano essere eleggibili. Il
godimento dei diritti politici subordinato alla professione della
religione cattolica.
XVIII. Costituitasi la Sicilia a Stato indipendente, il
giorno 10 luglio 1848, dal generale Parlamento éra decretato uno
Statuto fondamentale del Regno di Sicilia, in cui fa posta
come condizione indispensabile alle funzioni regie, la qualità
di cattolico, e di non regnare o governare su verun altro paese,
PREFAZIONE. LIII

in caso diverso il re si considerava decaduto ipso facto. Il


Parlamento era formato da due camere, detta l'una dei depu-
tati e l'altra dei senatori ; e ad ambedue era deferita l'inizia-
tiva delle leggi e la loro approvazione. Nel caso che le due
camere fossero d'accordo in alcuni punti e discordi in altri
dello stesso progetto di legge, potevano deputare un numero
eguale dei rispettivi membri perchè sedendo insieme procuras-
sero conciliare le differenze e ridurre le camere alla conformità
dei voti. Il nuovo progetto era recato alia discussione delle
Camere. Una proposta definitivamente rigettata non poteva ri-
prodursi che alla nuova sessione. La legge fatta dal Parlamento
era promulgata nello spazio di 30 giorni, e, con apposite osser-
vazioni, rimandata al Parlamento. Quante volte nella sessione
immediata a quella in cui la legge fu fatta, il Parlamento per-
sistesse, il re fra 15 giorni doveva necessariamente promulgarla.
La Camera dei deputati si rinnovava per intero, quella dei se-
natori per un terzo in ogni biennio. Le Camere non potevano
essere disciolte, ne sospese dal re. Tutte le quistioni di succes-
sione erano decise dal Parlamento. Nella prima sessione i sena-
tori si dovevano dividere a sorte in tre classi : la prima durava
per due anni, la seconda per quattro, la terza per sei.
XIX. Proclamatasi la Repubblica dall'Assemblea Costi-
tuente a Roma nel giorno 9 febbraio 1849, essa fondava il
Governo sopra nuove basi che formavano la Costituzione della
Repubblica Romana, nella quale venivano statuiti i seguenti
principii fondamentali : I. La sovranità è per diritto eterno nel
popolo. Il popolo dello Stato Romano è costituito in repubblica
democratica. II. Il regime democratico ha per regola l'egua-
glianza, la libertà, la fraternità. Non riconosce titoli di nobiltà
ne' privilegi di nascita o casta. III. La repubblica colle leggi
e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni
morali e materiali di tutti i cittadini. IV. La repubblica ri-
LIV PREFAZIONE .

guarda i tutti popoli come fratelli: rispetta ogni nazionalità: pro-


pugna l'Italiana. V. I Municipi hanno tutti uguali diritti : la loro
indipendenza non è limitata che dalle leggi di utilità generale
dello Stato . VI. La più equa distribuzione possibile degli inte-
ressi locali in armonia con l'interesse politico dello Stato che
è la norma del riparto territoriale della Repubblica. VII. Dalla
credenza religiosa non dipende l'esercizio dei diritti civili e
politici. VIII. Il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repub-
blica tutte le guarentigie necessarie per l'esercizio indipendente
del potere spirituale.
Il potere era esercitato da un' Assemblea, dal Consolato e
dall'Ordine giudiziario. L'Assemblea aveva il potere legislati-
vo; decideva della pace, della guerra, e dei trattati. La propo-
sta delle leggi apparteneva ai rappresentanti e al Consolato .
L'Assemblea era indissolubile e permanente, salvo il diritto di
aggiornarsi per quel tempo che credesse. Eravi pure un Consi-
glio di Stato che doveva essere consultato dai Consoli e dai
ministri sulle leggi da proporsi, sui regolamenti e sulle ordi-
nanze esecutive: poteva pure esserlo sulle relazioni politiche.
XX. Di tutte le Costituzioni Italiane che sopravvissero
con efficacia e per volere di popoli e di Principi fu lo Statuto
fondamentale del 4 marzo 1848, promulgato da Carlo Alberto,
e di cui intraprendiamo il commento. Sul principio dell'anno
1848 il Re di Piemonte prometteva la Costituzione col seguente
proclama :
<<I popoli, che per volere della Divina Provvidenza governia-
mo da diciasette anni con amore di padre, hanno sempre com-
preso il Nostro affetto, siccome Noi cercammo di comprendere
i loro bisogni ; e fu sempre intendimento Nostro, che il Prin-
cipe e la Nazione fossero coi più stretti vincoli uniti pel bene
della patria.
Di questa unione ognor più salda avemmo prove ben con
PREFAZIONE. LV

solanti nei sensi, con cui i Sudditi Nostri accolsero le recenti


riforme, che il desiderio della loro felicità Ci avea consigliate
per migliorare i diversi rami di amministrazione, ed iniziarli
alla discussione dei pubblici affari.
Ora poi che i tempi sono disposti a cose maggiori, ed in
mezzo alle mutazioni seguite in Italia, non dubitiamo di dar
loro la prova la più solenne che per Noi si possa della fede
che conserviamo nella loro devozione e nel loro senno.
Preparate nella calma, si maturano nei Nostri Consigli le
politiche istituzioni, che saranno il complemento delle riforme
da Noi fatte, e varranno a consolidarne il benefizio in modo
consentaneo alle condizioni del paese.
Ma fin d'ora Ci è grato il dichiarare, siccome col parere
dei Nostri Ministri e dei principali Consiglieri della Nostra Co-
rona abbiamo risoluto e determinato di adottare le seguenti
basi di uno Statuto fondamentale per istabilire nei Nostri Stati
un compiuto sistema di governo rappresentativo.
Art. 1. La Religione Cattolica, Apostolica e Romana é la
sola Religione dello Stato.
Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente
alle leggi .
Art. 2. La persona del Re è sacra ed inviolabile.
I suoi Ministri sono responsabili.
Art. 3. Al Re solo appartiene il potere esecutivo. Egli è il
Capo supremo dello Stato. Egli comanda tutte le forze di terra
e di mare ; dichiara la guerra : fa i trattati di pace, d'alle-
anza e di commercio : nomina a tutti gl'impieghi : e dà tutti
gli ordini necessarii per l'esecuzione delle Leggi senza sospen-
derne o dispensarne l'osservanza.
Art. 4. Il Re solo sanziona le leggi, e le promulga.
Art. 5. Ogni giustizia emana dal Re, ed è amministrata in
suo nome. Egli può far grazia e commutare le pene.
LVI PREFAZIONE.

Art. 6. Il potere legislative sarà collettivamente esercitato


dal Re e da due Camere.
Art. 7. La prima sarà composta da Membri nominati a vita
dal Re : la seconda sarà elettiva sulla base del censo da deter-
minarsi .

Art. 8. La proposizione delle Leggi apparterrà al Re ed a


ciascuna delle Camere .
Però ogni Legge d'imposizione di tributi sarà presentata
prima alla Camera elettiva.
Art. 9. Il Re convoca ogni anno le due Camere : ne proroga
le sessioni, e può disciogliere la elettiva : ma in questo caso
ne convoca un'altra nel termine di quattro mesi.
Art. 10. Nessun tributo può essere imposto o riscosso se
non sarà consentito dalle Camere e sanzionato dal Re.
Art. 11. La stampa sarà libera, ma soggetta a Leggi re-
pressive.
Art. 12. La libertà individuale sarà guarentita.
Art. 13. I Giudici, meno quelli di Mandamento, saranno
inamovobili dopo che avranno esercitate le loro funzioni per
uno spazio di tempo da determinarsi.
Ci riserviamo di stabilire una Milizia Comunale composta
di persone che paghino un censo da fissare.
Essa verrà posta sotto gli ordini delle Autorià Amministra-
tive, e la dipendenza del ministero dell' Interno.
Il Re potrà sospenderla o discioglierla nei luoghi dove cre-
derà opportuno.
Lo Statuto fondamentale, che d'ordine Nostro vien preparato
in conformità di queste basi, sarà messo in vigore in seguito
all' attivazione del nuovo ordinamento delle amministrazioni
comunali.

Protegga Iddio l'era novella che si apre per i Nostri popoli ;


ed intanto ch'essi possano far uso delle maggiori libertà ac
PREFAZIONE . LVII

quistate, di cui sono e saranno degni, aspettiamo da loro la


rigorosa osservanza delle Leggi vigenti, e la imperturbata quiete,
tanto necessaria ad ultimare l'opera dell'ordinamento interno
dello Stato » .
Dato in Torino addi otto febbraio mille ottocento quarantotto .

Le vicende politiche portarono a rompere ogni indugio


sulla definitiva promulgazione dello Statuto. In base ai prin-
cipii sanciti nel proclama delli 8 febbraio, Carlo Alberto, nel 4
marzo 1848, sanzionava lo Statuto fondamentale del Regno ,
al quale era premesso il seguente preambolo :
<< Con lealtà di Re e con affetto di Padre Noi veniamo oggi a
compiere quanto avevamo annunziato ai Nostri amatissimi sud-
diti col Nostro proclama dell'8 dell'ultimo scorso febbraio, con
cui abbiamo voluto dimostrare, in mezzo agli eventi straordi-
narii che circondavano il paese, come la Nostra confidenza in
loro cresce colla gravità delle circostanze, e come prendendo
unicamente consiglio dagli impulsi del Nostro cuore fosse
ferma Nostra intenzione di conformare le loro sorti alla ragione
dei tempi, agl'interessi ed alla dignità della Nazione.
Considerando Noi le larghe e forti istituzioni rappresenta-
tive contenute nel presente Statuto Fondamentale come un
mezzo il più sicuro di raddoppiare coi vincoli d'indissolubile
affetto che stringono all'itala Nostra Corona un Popolo, che
tante prove Ci ha dato di fede, d'obbedienza e d'amore, ab-
biamo determinato di sancirlo e promulgarlo, nella fiducia
che Iddio benedirà le pure Nostre intenzioni, e che la Nazione
libera, forte e felice si mostrerà sempre più degna dell'antica
fama, e saprà meritarsi un glorioso avvenire. >>
Questa la ragione della nostra legge fondamentale politica,
che le condizioni sociali concorsero a rendere necessario ri-
durre ad atto. Lo Statuto però non si può considerare all'in-
fuori dal grande movimento intellettuale europeo. Dalle dottrine
LVIII PREFAZIONE .

provengono le mutazioni sociali di ogni sorta; poichè l'a-


zione umana deriva sempre dal pensiero, ed il mutarsi delle
operazioni esterne e libere degli uomini ha la radice nè cam-
biamenti correllativi, che di mano in mano succedono negli
spiriti . La rivoluzione iniziato nell' 89, mercè l'opera feconda
degli scrittori del secolo XVIII ebbe il suo seguito nel 48, е
sebbene il movimento politico e sociale di quest'epoca non
raggiungesse intero il suo fine, pure è necessario rendere giu-
stizia alle idee dell' 89 e ritenere che esse lo raggiungeranno mal-
grado gli errori e lo scoramento degli uomini. Nelle continue
evoluzioni della vita materiale, nella lotta dei popoli, nel suc-
cedersi degli umani rivolgimenti, incolume rimane l'idea scien-
tifica, la quale, attraversando laboriosi tempi per la vita in-
tellettuale, viene tramandata di generazione in generazione te-
stimone della potenza di un uomo di un popolo, di una na-
zione, e svolgendosi gradualmente, come seme racchiuso in un
germe primitivo, essa si rende più o meno efficace a seconda
delle condizioni speciali di tempo e di luogo. Da ciò si può
inferire se la espressione contenuta nel preambolo dello Statuto
di legge perpetua ed irrevocabile della monarchia, possa ac-
cettarsi .

XXI . Attualmente si è manifestato in Italia un insi-


stente desiderio di riforma dello Statuto, da far ritenere che
questo non più corrisponda ai nuovi bisogni della Nazione.
In Parlamento si sono già manifestate opinioni in propo-
sito. Il Bon-Compagni così si espremeva nella seduta del 12
marzo 1874. « Io professo il culto dello Statuto, ma non un
omaggio superstizioso. Rendo omaggio a quella monarchia a
cui l'Italia è tenuta della unità e della sua indipendenza.

1 Laurent Êtudes sur l' Histoire de l'humanité -

La Philosophie de
l'Histoire.
PREFAZIONE. LIX

Credo tuttavia che nessuna costituzione è tanto perfetta che


tutte le sue disposizioni possano durare eternamente senza al-
cuna modificazione, e credo che in questa monarchia costitu-
zionale non vi sia altra potestà la quale possa modificare lo
Statuto se non quella che dà la legge allo Stato, quella della
Corona e del Parlamento uniti insieme.
Con tutto ciò troverei strana l'opinione per cui si facesse
tanto a fidanza cogli articoli dello Statuto da mutarli come si
muterebbe un articolo di una tariffa postale o doganale.
Il giorno in cui i grandi poteri dello Stato risolvessero di
modificare un articolo dello Statuto, essi entrerebbero in una
risoluzione molto grave, nè si avrebbe da muovere passo senza
pensarci molto e poi molto; una deliberazione, la quale non
potrebbe essere assennata se non in quanto si fosse spalleg-
giati dalla grande potenza della pubblica opinione. >>>
Il Minghetti , nella tornata delli 2 gennaio , affermava
potere il Parlamento fare leggi costituzionali e perciò modifi-
care lo Statuto, e nel 12 marzo 1875, mentre si riportava al-
l'accennata opinione, soggiungeva, « il modificare un articolo
dello Statuto è cosa seria assai, è una cosa che, dinanzi al-
l'opinione pubblica, nel concetto delle istituzioni nostre a-
vrebbe una insolita gravità » . Il Bonghi pure, nella Relazione
alla legge sulle guarentigie ritiene che il Parlamento possa
fare modificazioni allo Statuto. I più autorevoli scrittori con-
vengono nella stessa sentenza.
I

Il Balbo fattasi la questione se in caso di riforme debbasi


convocare un'assemblea straordinaria o costituente, ovvero ser-
virsi di quelle ordinarie, << io dico, egli risponde, è sempre
preferibile il secondo al primo modo. In generale, per l'anda-
mento e l'educazione politica di una nazione parmi molto più

1 Della Monarchia rappresentativa in Italia,


LX PREFAZIONE .

vantaggioso, più regolare e per dire così più morale, l'avere


come in Inghilterra una sola sorta di legge, nulla al disopra
della legge, niuna legge la quale, dichiarata più sacra, renda
meno sacre le altre. E poi , quantunque sia il modo determinato
dallo Statuto, quali sieno gli indugi e le precauzioni imposte
da questo per la convocazione della costituente speciale e
determinata, e per quanto si faccia bene questa determinazione
io vi vedo sempre un grave pericolo ; quello che la costituente
in qualunque modo determinata, salti a piè pari su questa
determinazione, usurpi o più o meno del terreno non conce-
dutole al di là, si ponga in somma sul campo lato delle costi-
tuenti indefinite ed onnipotenti . >>>
I

Così il Broglio scriveva « Gli articoli dello Statuto non sono


il Tabù della China, in guisa che non si possano mai toccare per
tutti i secoli dei secoli. Nulla s'impone al Parlamento, che può
e deve anzi, quando occorre, toccare ogni cosa, perchè è onnipos-
sente, perchè è l'interprete costante e riformatore dello Statuto,
che è addirittura egli stesso la costituzione viva, incarnata, per-
petua..... La teoria della immobilità e della intangibilità dello
2

Statuto è teoria falsa, assurda ». Il Bruniatti esprimeva il


suo pensiero sulla riforma in queste parole <<< accanto alla
...

costituzione ed alle leggi che ne formano il complemento, due


altre forze elaborano anche tra noi il diritto pubblico : la tra-
dizione e la scienza ....
noi dobbiamo cercare il progresso
delle nostre istituzioni politiche nell' accordo di quei tre ele-
menti, temperare la costituzione scritta alla necessità del ca-
rattere nazionale, riprendere il filo di tradizioni storiche offu-
scate, non spente, e preparare così una di quelle grandi filo-
sofie politiche, che da Aristotile a Brougham, e a Bluntschli

• Delle forme parlamentari .


2 La Costituzione italiana. Prolusione
PREFAZIONE. LXI

riassumono i progressi dell' organismo politico di un popolo. »


I

Il Palma osserva : « ... negli Statuti in cui espressamente,


comunque erroneamente, fosse distinto un potere costituente,
certo si dovrà come legge positiva riconoscere un organo spe-
ciale per l'azione costitutiva del potere politico. Ove, come
da noi, lo Statuto non ne parla, non si potrebbe ammettere
un potere costituente a parte non riconosciuto dalla Costitu-
zione. A chi appartiene, al Re solo ? No certo; alla Nazione ?
ma in qual guisa, con quali norme? Bisognerebbe cominciare
dal dare queste norme. Perciò per noi in diritto positivo la
questione è più semplice; o lo Statuto è immutabile, errore
inammissibile, perocchè le costituzioni che, contro le più ovvie
leggi di sviluppo o di vita della società umana e delle costi-
tuzioni politiche, si dichiararono im nutabili sono state per lo
meno sempre smentite dai fatti; o si può mutare. e salvo un
atto apposito che regoli le mutazioni dello Statuto, il potere
così detto costituente di necessità si confonde col legislativo.>>>
Per non troppo dilungarci omettiamo di citare le parole di
2

altri scrittori che convengono nella stessa opinione. * V'ha però


chi senza toccare anche in minima parte allo Statuto fonda-
mentale del regno propone un piano graduale di riforme del
3

potere legislativo ed esecutivo, che noi esamineremo anno-


tando i singoli articoli cui si riferiscono.
Infine vi è chi propugna lo stesso principio della modifi-
cazione dello Statuto, ma credesi debba essere opera di una
4
costituente.
XXII. Benchè diversi siano i mezzi proposti, la mag-
gioranza però degli scrittori ritiene, come abbiamo veduto, che

1 Corso di Diritto Costituzionale . Volume I.

2 Malgarini , Gallini, Arcoleo , Amedeo di Lamporo , есс .


3 Brignone- Piano guaduale di riforme dei due poteri , legislativo ed esecutivo .
4 Mazzini e la sua scuola .
LXII PREFAZIONE .

uno Statuto non può rimanere immutabile ma si debba mo-


dificare a seconda del progresso scientifico e giuridico di una
nazione. Molte fra le costituzioni accennata hanno stabilito per
ciò norme speciali .
La costituzione della Repubblica Cisalpina, dell' anno 1797,
stabiliva che se l'esperienza avesse fatto conoscere gl'incon-
venienti di qualche articolo della Costituzione, il Consiglio dei
seniori ne avrebbe proposta la revisione. Tale proposizione do-
veva essere sottoposta alla ratifica del gran Consiglio. Allorchè
nello spazio di nove anni , la proposizione del Consiglio
dei seniori, ratificata dal gran Consiglio, fosse stata fatta in
tre anni l'una dall'altra, si sarebbe convocata un'assemblea
di revisione. Quest'assemblea veniva formata da quattro
membri per dipartimento, tutti eletti nella stessa maniera
con cui si eleggevano i membri del corpo legislative, e che
avessero tutte quelle prerogative che si richiedevano pel con-
siglio dei seniori. Questo consiglio destinava per la riunione
dell'assemblea di revisione un luogo distante almeno sedici
miglia da quello dove resiedeva il corpo legislativo. L'as-
semblea di revisione aveva il diritto di mutare il luogo di
sua residenza, osservando la distanza prescritta dall'articolo
precedente. L'assemblea non esercitava funzioni legislative
nè di governo ; ma si limitava alla sola revisione degli arti-
coli costituzionali che le venivano indicati dal corpo legisla-
tivo. Tutti gli articoli di revisione, niuno escluso, continua-
vano ad avere vigore finchè i cangiamenti proposti dall'as-
semblea di revisione non fossero stati accettati dal popolo. I
cittadini che erano membri del corpo legislativo, nel tempo
in cui una assemblea era convocata, non poteano essere mem-
bri della detta assemblea. I membri di essa non potevano es-
sere citati, accusati nè giudicati in alcun tempo, per quanto
avessero detto o scritto nell' esercizio delle loro funzioni ; e
PREFAZIONE. LXII

per tutta la durata di cosiffatto esercizio, non potevano essere


chiamati in giudizio, se non in virtù di una decisione degli
stessi membri dell'assemblea di revisione. Ai detti membri
apparteneva un'indennità eguale a quella dei membri del
corpo legislativo. La durata dell'assemblea non doveva in nes-
sun caso oltrepassare i tre mesi, ed essa si scioglieva appena
spedito il progetto di riforma alle assemblee primarie.
Le medesime disposizioni erano sancite dalla Costituzione
della Repubblica Romana dell'anno 1798 e della Partenopea
del 1799, variando solamente, la Romana, nei termini del tempo
che doveva passare dall'una all'altra proposizione.
Nella costituzione monarchica napoletana del 1820 era pre-
scritto che fino a tanto non fossero passati otto anni dopo essersi
messa in eseguimento la costituzione in ogni sua parte, non si
poteva proporre in alcun articolo di essa nè alterazione, nè addi-
zione, ne riforma veruna. Affinchè fosse fatta nella costituzione
qualche alterazione, addizione, o riforma, era necessario che la
deputazione, da cui doveva essere decretata, venisse a ciò autoriz-
zata con procura speciale. Ogni proposizione di riforma in qualun-
que articolo della Costituzione doveva farsi per iscritto ed essere
appoggiata e firmata da tredici deputati almeno. La proposi-
zione era letta tre volte con l'intervallo di sei giorni dall'una
all'altra: e dopo la terza lettura deliberava, se fosse da am-
mettersi a discussione. Ammessa alla discussione si procedeva-
in appresso con le formalità di legge, usate nella formazione
delle leggi, e quindi si votava per decidere se dovevasi di
nuovo trattare nella seguente deputazione generale; per tal de-
cisione erano necessarie le due terze parti di voti. La seguente
deputazione generale, previe in tutto e per tutto le stesse for-
malità in qualunque dei due anni delle sue sessioni e purchè
v'intervenissero le due terze parti dei voti, poteva dichiarare
di esservi luogo alla spedizione di speciale procura per ese
LXIV PREFAZIONE .

guire la riforma. Questa dichiarazione si pubblicava e comu-


nicava immediatamente a tutte le provincie, e secondo il tem-
po in cui fosse fatta, determinava il parlamento, se dovevasi
spedire il mandato di procura per la prossima immediata de-
putazione oppure per la seguente. La procura era data dai
congressi elettorali di provincia, e dovea aggiungersi alle so-
lite formole dei mandati la clausola seguente : « Accordano inol-
tre la procura speciale per fare nella costituzione la riforma,
di cui si tratta nel decreto del Parlamento, il cui tenore è il
seguente ( qui era copiato il decreto ); tutto ciò dovrà eseguirsi
a norma di quanto è prescritto dalla costituzione medesima ; e
si obbligano di riconoscere e tenere per costituzionale ciò che
in seguito si stabilisce > La proposta di riforma era discussa
di bel nuovo; e qualora fosse stata approvata da due terze
parti dei deputati, passava ad essere legge costituzionale e si
pubblicava per tale nel Parlamento. Una deputazione presen-
tava il decreto di riforma al re onde lo facesse pubblicare e
circolare per tutte le autorità ed in tutti i paesi della mo-
narchia.

Nella costituzione del Regno di Sicilia del 10 luglio 1848,


troviamo pure disposizioni sulla revisione della Costituzione.
Ivi è detto: « Qualunque riforma di costituzione può essere
solo domandata nell' ultimo anno della legislatura da un terzo
almeno dei rappresentanti. L'assemblea delibera per due volte
sulla domanda all'intervallo di due mesi. Opinando l'Assem-
blea per la riforma alla maggioranza di due terzi, vengono
convocati i comizii generali, onde eleggere i rappresentanti
per la costituente, in ragione di uno ogni 15 mila abitanti.
L'assemblea di revisione è ancora assemblea legislativa per
I

tutto il tempo in cui siede, da non eccedere tre mesi.


1Contengono disposizioni relative alla modificazione e revisione delle rispettive
Costituzioni i seguenti Stati: Baden (C. 64), Baviera (C. tit . x 7), Eelgio ( C. 84 ),
PREFAZIONE. LXV

XXIII . Benchè il nostro Statuto non contenga disposi-


zioni in proposito, non crediamo necessaria per la sua riforma
l'opera di una Costituente, sia per ragioni di diritto pub-
blico, sia per la stessa pratica costituzionale. Infatti si può ri-
tenere indispensabile una Costituente quando abbiasi da sta-
bilire una nuova organizzazione politica, ossia quando la na-
zione ritenga necessario di creare un nuovo patto fra gover-
nanti e governati ; spetterà appunto alla Costituente determi-
nare la forma del reggimento politico, le condizioni dei nuovi
istituti che dovranno agire pel reciproco accordo dell'autorità
e della libertà ; ma quando questi organismi sono già stabi-
liti e procedono regolarmente nell'orbita del potere legale
riconosciuto dalla nazione, non è necessario che si debba
ricorrere ad altri mezzi politici, fuori della Costituzione, per
attribuire loro un potere legislativo di cui erano già investiti
i supremi organi dello Stato. Perciò il Parlamento, ottenuta
la sanzione del re, senza occorra Costituente, può benissimo
riformare lo Statuto secondo i bisogni della nazione. E per
vero noi vediamo che alcune disposizioni furono abrogate
I

espressamente, altre modificate o abrogate da disposizioni


2 3

successive con esse contradditorie, o abrogate per dissuetudine;

Brasile ( C. 174), Danimarca (C. 85), Stati Uniti (C. fed. art. 5.), Norvegia ( L. fond.
112), Paesi Bassi (C. 196) , Portogallo (C. 140), Prussia (C. 107) , Svezia ( C. 1) Sviz-
zera ( 111), come pure la Bolivia e Lunigiana, nelle loro recenti costituzioni .
I citati Statuti ammettono che prima di procedere alla revisione della Costi-
tuzione la proposta debba essere accettata dal Parlamento, alla maggioranza di
due terzi dei votanti, e questo pure possa deliberare e decretare le riforme.
Art : 76. É istituita una milizia comunale sovra basi fissate dalla legge .
2 Art: 1. (ultimo inciso) Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conforme-
mente alle leggi .
3 Art : 28. (capoverso). Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di pre-
ghiere non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo.
Art : 62 (capoverso ) É però facoltativo di servirsi della francese (lingua) ai
membri che appartengono ai paesi, in cui questa è in uso od in risposta ai me-
desimi.
e
LXVI PREFAZIONE .

di altre si rinunciò temporaneamente l'osservanza quando si


trattò dell unificazione legislativa ed amministrativa del Regno.
Tale pure fu la pratica costituzionale inglese. Nè si deve
ritenere una violazione della legge politica, poichè mentre
nessuna legge può assumere il carattere d' invariabile, in
mezzo alle evoluzioni continue dell'ordine morale e materiale,
così pure tutti i progressi umani si riducono alla successiva
esplicazione delle conseguenze contenute potenzialmente nei
principii onde prese le mosse.
Nel porre termine a questo rapido esame delle Costi-
tuzioni italiane possiamo trarre un proficuo insegnamento : che
il popolo d' Italia, ribelle sempre agli oppressori, giammai ad
essi si sottomise vinto, neppure quando la libertà concessa
cogli Statuti poteva sembrare sufficiente a soddisfare le proprie
aspirazioni, ma solo depose le armi e si compose a Nazione
quieta ed operosa, quando vide nell' affermazione dei suoi di-
ritti l'opera feconda e leale di una Dinastia forte e generosa.

1 Art : 53. Le sedute e le deliberazioni della Camera non sono legali, nè valide,
se la maggiorità assoluta dei loro membrl non è presente .
Art. 55. Ogni proposta di legge debb'essere dapprima esaminata dalle Giunte
che saranno da ciascuna Camera nominate per i lavori preparatorii. Discussa ed
approvata da una Camera la proposta sarà trasmessa all'altra per la discussione
ed approvazione ; e poi presentata alla sanzione del Re.
Le discussioni si faranno articolo per articolo .
LO STATUTO DEL REGNO
ΑΝΝΟΤΑΤΟ

DELLO STATO E DELLA MONARCHIA.


ARTICOLO I.

La Religione Cattolica Apostolica e Romana è la


sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora
esistenti sono tollerati conformemente alle leggi.

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI RELATIVI . '

R. Decreto 29 Marzo 1848 n. 688 col quale S. M. ordina che


gli Israeliti regnicoli godranno di tutti i diritti civili e della
a
facoltà di conseguire i gradi Accademici Legge 19
Giugno 1848 n. 735 promulgata da S. A. S. per la quale
la differenza di culto non forma eccezione al godimento dei
diritti civili e politici - Legge 9 Aprile 1850 n. 1013
colla quale si aboliscono il foro e le immunità ecclesiastiche c
Decreto 4 Luglio 1859 N. 43 sull'eguaglianza dei cittadini
davanti alla legge qualunque sia il culto religioso che pro-
fessano d- Legge 27 Ottobre 1860 n. 4381 che abolisce il
concordato con la Santa Sede vigente in Lombardia e R.
-

Decreto 5 Marzo 1863 n. 1169 contenente le norme per

V. il testo in Appendice all'articolo .


URTOLLER Lo Statuto ecc . 1
2 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

ľ uniforme esercizio del diritto di exequatur in tutte le pro-


vincie del Regno, e relativo regolamento f -

R. Decreto
26 Luglio 1863 n. 1374 contenente le norme per l'uni-
forme esercizio del regio placito in tutte le provincie del
Regno escluse le siciliane & R. Decreto 12 Luglio 1864
n. 1848 portante un' aggiunta all' art. I, del R. Decreto
26 Luglio 1863 sulle concessioni del regio placito h
R. Decreto 8 Marzo 1866 n. 2834 che estende alle provincie si-
ciliane il Decreto 12 Luglio 1864 n. 1848 relativo al regio
placito i R. Decreto 28 Luglio 1866 n. 3089 che abroga
nelle provincie Venete le patenti imperiali 5 Novembre 1855
ed 8 Ottobre 1856 relative al concordato tra l'Austria e
la Santa Sede ed alla giurisdizione ecclesiastica in materia
matrimoniale 1 - Legge del 7 Luglio 1866 n . 3036 sulle cor-
porazioni religiose e sulla conversione dei beni immobili
degli enti morali ecclesiastici m Legge del 15 Agosto 1867
n. 3848 sulla liquidazione dell' Asse ecclesiatico n Legge
del 29 Luglio 1868 n. 4493 sulle pensioni e gli assegna-
menti ai membri delle corporazioni religiose soppresse •
Legge dell' 11 Agosto 1870 n. 5784 sulla conversione dei
beni delle fabbricerie P - R. Decreto 13 Ottobre 1870 n. 5916
col quale viene stabilito che tutti i cittadini della provincia di
Roma sono uguali davanti alla legge, qualunque sia il culto
che professano q - Legge 13 Maggio 1871 n. 214 sulle
prerogative del Sommo Pontefice della Santa Sede e sulle
relazioni dello Stato con la Chiesa r -

R. Decreto 25
Giugno 1871 n. 320 contenente disposizioni circa l'exe-
quatur ed il regio placito con relativo regolamento s
Legge 19 Giugno 1873, n. 1402 sulle corporazioni religiose
ed asse ecclesiastico nella provincia di Roma t Codice pe-
nale, art. 268, 269, 270 riguardanti gli abusi dei Ministri
dei culti nell' esercizio delle loro funzioni. u
ARTICOLO I. LEGISLAZIONE COMPARATA. 3

LEGISLAZIONE COMPARATA .

AUSTRIA -

Leggi fondamentali dello Stato 21 Decembre 1867.


Art. 14. La libertà piena ed intera di religione e di coscienza
è garantita a tutti.
Il godimento dei diritti civili e politici è indipendente dalla
confessione religiosa ; però l'esercizio della libertà religiosa non
può in alcun caso nuocere al compimento dei doveri di cit-
tadino .

Nessuno può essere costretto a compiere un atto prescritto


dalla Chiesa, ed a partecipare ad una solennità religiosa a meno
che esso non sia sottomesso all' autorità di una persona investita
1

di questo diritto dalla legge.

1 Queste disposizioni trovano il loro complemento nella legge sui rapporti


confessionali votata il 3 Aprile 1868, che qui riportiamo :
Art. 1. I figli legittimi seguono la religione dei loro genitori, dal momento
che il padre e la madre appartengono alla stessa religione. Nei matrimoni
misti i maschi seguono la religione del padre; le femmine quella della madre.
Però gli sposi possono stipulare per contratto di matrimonio che l'ordine potrà
essere invertito o che ogni figlio seguirà la religione del padre o quella della
madre. - I figli illegittimi seguono la religione della madre. In mancanza di
genitori è quello incaricato della educazione dei fanciulli che determina la religione
che dovranno seguire. Gli impegni verso i capi ed i servitori di una Chiesa o
corporazione religiosa od altre persone, della confessione nella quale i fanciulli
dovranno essere allevati , saranno senza effetto .
Art . 2. La confessione fissata in seguito all'articolo precedente non può essere
cangiata per regola finché il fanciullo non possa mutarla da se stesso in seguito
a libera scelta. Però li genitori possono cangiarla finché il fanciullo non ha sette
anni compiti e se essi la cangiano, i fanciulli di meno di sette anni sono consi-
derati come nati dopo il mutamento di religione dei genitori .
Art. 3. I genitori ed i tutori sono responsabili della stretta osservanza di
queste disposizioni. Nel caso in cui esse fossero violate, i più prossimi parenti ed i
superiori della Chiesa e delle corporazioni religiose hanno il diritto d'invocare
l'aiuto delle autorità, le quali dovranno esaminare il caso e prendere le misure
necessarie .
4 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ.

Art. 15. Ogni Chiesa o società religiosa, legalmente ricono-


sciuta, ha il diritto di praticare in comune esercizi religiosi ;
essa regola ed amministra liberamente i suoi affari interni, resta
in possesso ed in godimento degli stabilimenti , fondazioni e

Art. 4. Dopo l'età di anni 14 compiti, ciascuno ha il diritto di sciegliere libe-


ramente la sua religione, in seguito alla propria convinzione, e le autorità deb-
bono al bisogno tutelare questa legittima scelta
Art. 5. Per il cangiamento di religione la Chiesa o la corporazione religiosa
che una persona ha lasciato perde tutti i suoi diritti resultati dalla comunità
verso questa persona e reciprocamente .
Art 6. Ma perché questi cangiamenti abbiano tutti i loro effetti uguali, colui
che esce da una Chiesa o corporazione religiosa deve darne avviso all' autoritá
pubblica che comunicherà questo avviso ai superiori della Chiesa che è stata
abbandonata.

Art. 7. Le disposizioni legali del codice civile e del codice penale che privano
della successione quelli che lasciano la religione cristiana; che qualificano delitti
gliatti tendenti a determinare qualcuno ad abbandonare il cristianesimo o la propa-
gazione di dottrine erronee contrarie al cristianesimo; che qualificano colpevoli di
delitto quelli che cercano a propagare una setta che un' autorità pubblica ha ricu-
sato di riconoscere, sono abrogate . Però è interdetto ad ogni partito religioso
di determinare, per forza o con dolo, gli aderenti ad un'altra confessione di con-
vertirsi. Una legge speciale regolerà le misure di protezione da prendersi a tal
riguardo.
Art. 8. I capi, servitori, od aderenti di una Chiesa o corporazione religiosa
debbono astenersi di adempiere a funzioni religiose a riguardo di persone di altra
confessione, allorquando non sono richiestí a tal effetto da persone che sono in
diritto di farlo.

Art. 9. Le persone appartenenti ad una Chiesa o corporazione religiosa non


possono essere tenute a contribuzioni in argento od in natura, ad istituzioni di
culto o di beneficenza di altra Chiesa, se non allorquando l'obbligazione a simili
prestazioni riposi sopra diritti constatati da titoli o da registri fondiarii, od allor-
quando queste persone sono sottomesse alle obbligazioni di patronato reale Non
si potrà far valere delle pretensioni a contribuzioni o prestazioni di questo genere
se non per le vie del diritto. Un ecclesiastico non può esigere dagli aderenti
delle altre confessioni, tasse o diritti casuali , se non è per funzione fatta in se-
guito alla domanda di tali persone
Art. 10. Le disposizioni dell'art. precedente sono applicabili ancora alle con-
tribuzioni e prestazioni per le scuole , eccettuati i casi in cui gli aderenti di diverse
confessioni si sono intesi per il mantenimento di una scuola comune.
Art. 11. Ogni altra pretensione di ecclesiastici, sacrestani organisti ed institu-
tori, come pure per gli stabilimenti del culto, d'istruzione pubblica e di beneficenza
verso gli aderenti di un'altra confes sione, sono abolite.
ARTICOLO I. LEGISLAZIONE COMPARATA . 5

somme destinate al culto, all'istruzione ed alla beneficenza, però


resta sottomessa, come ogni altra società, alle leggi dello Stato .
Art. 16. I membri di una confessione che non è legalmente
riconosciuta possono praticare i loro esercizi religiosi in edifizi
privati, finchè non sono contrari nè alla legge nè ai buoni costumi.
BAVIERA -

Costituzione del 19 Maggio 1818, modificata con Leggi


del 25 Luglio 1850, del 28 Maggio 1852, del 4 Giugno 1848.
Tit. IV.
Art. 9. Ad ogni abitante è garentita la libertà assoluta di co-
scienza ; il culto domestico non può dunque essere interdetto ad
alcuno in qualsiasi religione.
Le tre confessioni cristiane esistenti nel regno godono degli
stessi diritti civili e politici.
Le persone che professano un culto non cristiano hanno una
libertà di coscienza assoluta ; ma esse non partecipano al diritto
dei cittadini che nella misura loro assicurata dagli editti orga-
nici sulla loro accettazione nella società politica .
La proprietà delle fondazioni ed il godimento delle loro

Art. 12. Il comune è incaricato dei luoghi di sepoltura ed il sotterramento


dei morti è da regolarsi dalle leggi dello Stato. Ciascuna Chiesa o corporazione
determina le cerimonie del culto per i seppellimenti seguendo le sue prescrizioni.
Art. 13. Nessuna comunità religiosa può ricusare di lasciare seppellire conve-
nientemente nel suo cimitero un aderente di un'altra confessione quando 1º si
tratti di seppellirlo in una tomba di famiglia, 2 non si trovi nella circoscrizione
del comune dove ebbe luogo la morte un cimitero speciale per la Chiesa o la
corporazione religiosa del defunto.
Art. 14. Nessuno può essere obbligato di astenersi dal lavoro i giorni di festa
di una Chiesa che non è la propria. - Però nei giorni festivi di una Chiesa qua-
lunque essa sia, ognuno si dovrà astenere, in prossimità all' edificio delculto, da tutto
ciò che potrebbe disturbare la festa o pregiudicarla. - La domenica, si dovrà in
oltre sospendere, durante il servizio divino, ogni lavoro pubblico che non fosse
urgente.
Art. 15. Nessuna comunità religiosa può essere tenuta ad astenersi dal suonare
le campane il giorno in cui, in seguito alle prescrizioni di un'altra comunità, non
si dovesse intendere il suono delle campane.
Art. 16. Nelle scuole che sono frequentate da aderenti di più confessioni, si
dividerà per quanto è possibile l'istruzione, di maniera che la minorità possa
compiere i proprii doveri religiosi.
6 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

rendite secondo gli atti di fondazione e secondo li possesso


legittimo , che esse siano destinate al culto , all' istruzione ed alla
beneficenza, sono interamente garantiti a tutti i culti senza
distinzione .

L' autorità ecclesiastica non deve mai essere impedita nella


sfera delle sue attribuzioni proprie e l'autorità laica non deve
punto ingerirsi negli affari puramente ecclesiastici delle dottrine
e della coscienza, salvo l'esercizio del diritto sovrano di pro-
tezione e di sorveglianza secondo il quale le ordinanze e le
leggi dell' autorità ecclesiastica non possono essere pubblicate
ed eseguite se non dopo un esame preventivo e con l'autorizza-
zione del Re .
Le Chiese e gli ecclesiastici sono sottomessi nelle loro azioni
e rapporti civili, come pure i loro beni, alle leggi dello Stato ed
ai tribunali laici ; essi non possono pretendere ad alcuna esen-
zione dai pubbliei carichi. Le altre disposizioni concernenti
-

i rapporti esteriori degli abitanti del regno in ciò che si riferisce


alla religione e le società religiose sono contenute nell' editto
I

speciale supplementare alla presente costituzione.


Art. 10. La proprietà di tutti i beni di fondazione secondo
il triplice scopo di culto, d'istruzione e di beneficenza è ugual-
mente posta sotto la protezione speciale dello Stato ; essa non
può essere colpita sotto alcun pretesto dal tesoro, essere alie-
nata od impiegata ad altro fine all' infuori dei tre sopra ricor-
dati senza il consenso dei partecipanti, e, nelle fondazioni ge-
nerali, senza il consenso degli Stati del Regno .

1 Trascriviamo le disposizioni dell' Editto religioso bavarese le quali hanno


stretto rapporto con le precedenti degli articoli citati e le completano.
<<<Editto religioso bavarese § 80 Le comunità religiose esistenti nello Stato
sono tenute ugualmente a rispettarsi reciprocamente; contro la non osservanza di
questo precetto può essere invocata la protezione dell' autorità, che non può essere
negata; al contrario però a nessuno è permesso di farsi giustizia da sè. § 82.
Nessuna società religiosa può venire obbligata di prendere parte al culto interno
dell' altra, ma a ciascuno deve essergli libero di esercitare in tale giorno il suo
mestiere e la sua industria, tuttavia senza perturbamento del culto divino del-
l'altro partito e senza che venga con ciò violato il rispetto che giusto il§ 80 ogni
società religiosa deve all' altra nell' esercizio delle sue operazioni e costumanze.>>>
ARTICOLO I. -

LEGISLAZIONE COMPARATA . 7

BELGIO -

Costituzione del 7 Febbraio 1831. Tit . II.


Art. 14 Lalibertà dei culti, quella del loro esercizio pubblico,
come la libertà di manifestare le proprie opinioni in ogni materia
sono garantilte, salva la repressione dei delitti commessi dal-
l'uso di questa libertà.
Art. 15. Nessuno può essere obbligato di concorrere in una
maniera qualunque agli atti ed alle cerimonie di un culto, ne
di osservarne i giorni di riposo.
Art. 16. Lo Stato non ha il diritto di intervenire nè nella

nomina nè nella istallazione dei ministri di un culto qualunque,


nè di proibire a questi di corrispondere coi loro superiori e di
pubblicare i loro atti, salva in questo ultimo caso la responsa-
bilità ordinaria in materia di stampe e di pubblicazioni.
Il matrimonio civile dovrá sempre precedere la benedizione
nuziale, eccettuate le esenzioni da stabilirsi per legge se vi è
luogo.
BRASILE -

Costituzione dal 25 Marzo 1824, modificata con Legge


delle riforme costituzionali del 12 Agosto 1824. Tit. VIII.
Art. 179 § 5. Nessuno può essere molestato in causa della
propria religione, purchè rispetti quella dello Stato e non of-
fenda la morale pubblica.
CANTONE DI GINEVRA. Costituzione del 24 Maggio 1847.
-
-

Tit : II. modificata dalla Legge costituzionale 19 Febbraio


I 2

1873 Legge organica del 27 Agosto 1873.


Art : 10. La libertà dei culti è garentita. Ciascuno d'essi
ha diritto a una eguale protezione per parte dello Stato.
Per tale libertà non può essere derogato ai trattati nè a
condizioni che regolano, nella presente Costituzione, l'esercizio
dei due culti (culto cattolico e protestante) riconosciuti e sala-
riati dallo Stato .

Tutti i culti sono tenuti di conformarsi alle leggi generali


come pure ai regolamenti di polizia sul loro esercizio esteriore
dei ministri della religione dominante.

1 Stabilisce l'elezione dei curati e vicari per parte del popolo.


2 Determina le forme e le condizioni delle elezioni, il giuramento da pre-
starsi nonchè i casi ed i modi della revoca degli eletti.
8 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

FRANCIA - Atto Costituzionale del 24 Giugno 1793.


Art, 122. La Costituzione garantisce a tutti i Francesi ..........
il libero esercizio dei culti .

Carta Costituzionale del 4 Giugno 1814.


Art. 5. Ciascuno professa la propria religione con eguale
libertà , ed ottiene per il suo culto le stesse protezioni.
Art. 6. Però la religione cattolica, apostolica, e romana è
la religione dello Stato. '
GRECIA Costituzione del 16-28 Novembre 1864 .
Art, 1. La religione dominante in Grecia é quella della Chiesa
ortodossa , orientale di Cristo . Ogni altra religione conosciuta è
tollerata, ed il libero esercizio del suo culto è protetto dalle
leggi . Il proselitismo ed ogni altro intervento pregiudicevole alla
religione dominante sono proibiti.
Art. 2. •
I ministri di tutti i culti riconosciuti

sono sottomessi da parte dello Stato , alla stessa sorveglianza


INGHILTERRA
Benchè non possieda una costituzione allo stato di legge
scritta, dove i principii di diritto pubblico siano formulati dal
legislatore stesso, dai suoi antichi statuti però si rileva già
sanzionata la libertá religiosa e dichiarate nazionali le Chiese :
anglicana, (istablished Church) e presbiteriana (Kirk of Scotland)
i cui ministri sono salariati e le fondazioni mantenute con fondi
dello Stato . Un solo stabilimento cattolico è dotato dallo Stato ,
il collegio di Maynoot in Irlanda, fondato nel 1795. -
Si
considera però come di ordine pubblico l'osservanza della do-
menica e delle feste, quindi è imposta come obbligatoria per
ogni persona residente nel territorio britannico.
PAESI BASSI - Legge fondamentale promulgata nel 1815, modifi-
cata nel 1840 e nel 1848. Cap. VI.
Art. 164, Ciascuno professa le proprie opinioni religiose in
piena libertà, salva la protezione della società e dei suoi membri
contro ogni trasgressione della legge penale .

• Delle numerose Costituzioni che governarono il popolo Francese accen-


niamo queste due, poichè in ordine alla libertà di coscienza, le altre si unifor-
marono agli stessi principi dei citati articoli .
ARTICOLO I. - LEGISLAZIONE COMPARATA . 9

Art. 165. Uguale protezione è accordata a tutte le comunità


religiose del regno.
Art. 166. 1 componenti le diverse credenze religiose godono
degli stessi diritti civili e politici, e sono ugualmente capaci ad
occupare ogni dignità, funzione, ed impiego.
Art. 167. L'esercizio pubblico di ogni culto religioso é per-
messo nell'interno degli stabilimenti e nei recinti chiusi, salve le
misure necessarie per assicurare l'ordine e la tranquillità pubblica .
Sotto la stessa riserva l'esercizio del culto è permesso fuori
degli edifici e dei recinti chiusi, ovunque le leggi ed i regola-
menti lo permettano presentemente .
Art. 168. Gli stipendi, le pensioni ed altre rendite di cui
attualmente godono le differenti comunioni ed i loro ministri,
sono garantiti a queste comunioni.
Ai ministri dei culti che fino qui non godessero di uno
stipendio sul tesoro pubblico, o che esso non fosse sufficiente,
può essere decretato uno stipendio od un aumento dei loro
stipendi attuali.
Art. 169. Il re veglia acciò tutte le comunioni religiose os-
servino l'obbedienza che esse debbono alle leggi dello Stato .
Art. 170. Le differenti comunioni religiose hanno il diritto
di corrispondere coi loro superiori e di pubblicare ogni prescri-
zione religiosa senza il mezzo del governo, sotto la loro re-
sponsabilità conformemente alla legge.
PORTOGALLO -

Carta Costituzionale del 29 Aprile 1826, modifi-


cata con Atto addizionale del 5 Luglio 1852. Tit. I.
Art. 6. La religione cattolica, apostolica e romana continua
ad essere la religione del Regno. Tutte le altre religioni saranno
permesse agli stranieri col loro culto privato in edifici a ciò
destinati, non avendo forma esteriore di tempio .
L'art. 75 $ 2 accorda al re le nomine dei vescovi ed il
conferimento dei benefizi ecclesiastici , come pure (§ 14) spetta
al re accordare o ricusare l' approvazione ai decreti dei concilii,
alle lettere apostoliche e ad ogni altra costituzione ecclesiastica
che non siano in opposizione colla Costituzione dello Stato , sotto
riserva dell' approvazione delle Cortes se esse contengono di-
sposizioni generali.
10 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

All'art. 145 § 4 è stabilito che nessuno può essere molestato


per la propria religione, purchè si rispetti quella dello Stato e
non si offenda la morale pubblica .
PRUSSIA Costituzione del 31 Gennaio 1850, modificata con Legge
del 30 Aprile 1851 , 21 Maggio e 5 Giugno 1852 , 25 Aprile,
7 e 24 Maggio 1853 , 14 Aprile 1856, 30 Aprile 1857, e5
Aprile 1873. Tit. II.
Art. 12. La libertà dei culti, il diritto di formare delle as-
sociazioni religiose e di celebrare le cerimonie del culto in un
edificio privato o pubblico sono riconosciuti. Il godimento dei
diritti civili e politici è indipendente dalla religione praticata
dal cittadino ; l'esercizio della libertà religiosa non deve nuocere
al compimento delle obbligazioni civili e politiche .
Art. 13. Le associazioni religiose e le società ecclesiastiche
che non hanno i diritti di corporazione non possono ottenerli
se non in virtù di una legge speciale.
La Chiesa evangelica e cattolica romana, come tutte le altre
comunità religiose, sono indipendenti nel regolare ed ammini-
strare i loro affari ; ma essi restano sottomessi alle leggi dello
Stato ed alla sua sorveglianza, tale come è organizzata dalle leggi.
Nelle stesse condizioni, tutte le comunità religiose hanno il
godimento ed il possesso dei loro edifici , stabilimenti, fondazioni
destinati a provvedere ai bisogni del culto, dell'insegnamento e
della beneficenza.
Art. 16. I rapporti delle societá religiose coi loro superiori
non sono impediti ; la pubblicazione di scritti pastorali è sotto-
messa alla stessa legge di ogni altra pubblicazione.
Art. 17. Sarà stabilito con legge speciale sul patronato della
Chiesa e le condizioni sotto le quali esso può essere determinato.
Art. 18. Il diritto di nomina, proposizione, elezione e con-
ferma per le cariche ecclesiastiche è soppresso in quanto appar-
tiene allo Stato e che esso non riposi sul patronato o sopra titoli
speciali.
Queste disposizioni non si applicano alla nomina degli im-
piegati ecclesiastici nell'armata o negli stabilimenti pubblici.
ARTICOLO I. LEGISLAZIONE COMPARATA . 11

RUMENIA -

Costituzione del 30 Giugno 1866, Tit. II, modificata


con Legge del 13 Ottobre 1879, che rivede l'articolo 7 della
Costituzione.
Art. 5. I Rumeni godono dellà libertà di coscienza......
Art . 7. della Costituzione -

La qualità di Rumeno si ac-


quista si conserva e si perde in seguito alle regole determinate
dalle leggi civili.
Gli stranieri di rito cristiano possono solo ottenere la natu-
ralizzazione .

Articolo 7 della Legge 30 Ottobre 1879, che modifica il


precedente :
Art : 7. La distinzione delle credenze religiose e delle con-
fessioni non costituirà in Rumenia un ostacolo all'acquisto dei
diritti civili e politici ed al loro esercizio.
Art. 21. La libertà di coscienza è assoluta .
La libertà di tutti i culti è garantita finchè la loro cele-
brazione non minacci l'ordine pubblico od i buoni costumi.
La religione ortodossa d' Oriente è la religione dominante della
Chiesa rumena. La Chiesa ortodossa rumena è e resterà indipen-
dente da ogni supremazia straniera, conservando pure le sua unità
con la Chiesa ecumenica d' Oriente in ciò che concerne i dogmi.
Gli affari spirituali, canonici e disciplinari della Chiesa or-
todossa rumena saranno regolati da una autorità sinodale cen-
trale unica, conformemente ad una legge speciale.....
I metropolitani ed i vescovi diocesani della Chiesa ortodossa
rumena sono eletti nel modo determinato da una legge speciale.
SPAGNA Costituzione del 30 Giugno 1876. Tit. I.
Art. 11. La religione cattolica, apostolica, e romana è la
religione di Stato. La nazione si obbliga a mantenere il culto
ed i suoi ministri. Nessuno potrà essere molestato sul territorio
spagnuolo per le sue opinioni religiose nè per l'esercizio del
suo culto , salvo il rispetto dovuto alla morale cristiana.
Le manifestazioni pubbliche e le cerimonie della religione di
Stato sono le sole autorizzate .

STATI UNITI D' AMERICA – Costituzione federale del 17 Settembre 1867.


Art. 1. (Emend.) Il Congresso non potrà fare nessuna legge
relativa allo stabilimento di una religione o per proibirne alcuna.
12 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

DOTTRINA DEGLI AUTORI .

La libertà religiosa consacrata dalla legislazione di quasi tutte


le nazioni europee e da quelle dei maggiori stati del nuovo mondo,
corrisponde ad un bisogno dell'individuo, che nella insufficienza
della ragione a rispondere ai quesiti formulati dal sentimento
e dalla scienza, suole rivolgersi alla fede, come soccorritrice a
colmare le lacune del ragionamento. Si obbietta che essendo la
fede facoltà tanto intima ed il libero movimento dello spirito nulla
avendo da temere dal di fuori, è superfluo il dichiarare la libertà di
coscienza. Ma si hanno pur troppo esempi che le opinioni re-
ligiose come le idee, furono scrutate ed indagate e sovra supposi-
zioni di opinioni si fondarono processi, s'inflissero pene e torture.
Non basta rispettare la fede dell'uomo senza rispettare la sua
tendenza a comunicarsi al difuori, la quale comunicazione è un
complemento della libertà intima. È per vero, un costante fenome-
no di ogni credenza religiosa tendere a manifestarsi sempre a un
maggior numero d'individui, trasformandosi da credenza individuale
in professione comune. E questo si spiega con la natura stessa
della credenza, in quanto che, se essa è il riconoscimento di un
ordine superiore che governa l'umanità e dal quale si fa dipen-
dere in gran parte la moralità delle nostre azioni, quindi un me-
rito od un demerito, è naturale che colui il quale ha una determinata
opinione religiosa desideri di farla abbracciare ai suoi simili e
specialmente a coloro che maggiormente gli sono prossimi per
legami di parentela e di affetto.
Ecco che per la natura intrinseca della credenza abbiamo bi-
sogno di proclamarne anche la libertà collettiva. Ora siccome questo
sentimento intimo tende a tradursi in molti atti esterni di ossequi
verso la divinità ed a comunicarsi fra i membri di una medesima
credenza, ne viene che ogni professione di fede dia luogo ad una
ARTICOLO I. - DOTTRINA DEGLI AUTORI . 13

organizzazione esteriore sociale che è il culto. Data la libertà di


fede individuale e data la libertà di esternarla e comunicarla, bi-
sogna accettare anco la libertà del culto . Essa non è una conces-
sione del legislatore, ma un diritto naturale di ogni uomo, dipen-
dente, come dianzi ho accennato, dalle condizioni e dai bisogni
dello spirito umano.
Questa organizzazione esterna, che ha principii e fini suoi pro-
prii e per conseguenza mezzi per raggiungerli che la individua-
lizzano, viene necessariamente a contatto con gli altri organismi
che si formano nelle società civili; quindi il culto viene ad essere
in rapporti con la Famiglia, con lo Stato, con la Scienza e con
Arte. Noi esamineremo la libertà di culto nei rapporti con la
organizzazione politica.
È ufficio dello Stato guarentire il nesso sociale, la esistenza
della società nei suoi istituti principali e fondamentali, quindi è
inerente alla sua natura il diritto di contrastare ed impedire tutto
ciò che potrebbe scuotere i cardini su cui la società è basata. È
inoppugnabile quindi il diritto suo d'impedire la formazione e la
pratica di tutti quei culti che fossero riconosciuti antisociali e
che coi loro dogmi mettessero la divisione in seno della società e
le togliessero la fede nei principii che l'animano. Da ciò risulta
nello Stato il diritto di sorveglianza; diritto che gli compete non
solo rispetto al culto ma ancora verso gli altri organismi sociali.
D'altra parte è diritto e dovere dello Stato di proteggere tutte
le libertà, quali estrinsecazioni della umana personalità, non però
egli dovrà spendere tutta la sua forza in favore o di uno o di un
altro culto particolare perchè incompetente a decidere fra di essi.
Ravvisati in astratto i doveri dello Stato, i principii che rego-
lano le sue relazioni col culto, per parlare più in particolare, dob-
biamo partire dalla considerazione che la Chiesa è un ente mo-
rale fornito di qualità sue proprie, quindi operante non altri-
menti dello Stato e con fini suoi particolari.
Chiesa e Stato debbono essere indipendenti l'uno dall'altro e
tale indipendenza devesi reciprocamente guarentire e rispettare.
14 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

Lo Stato non dovrà in alcun modo minorare la indipendenza della


I

Chiesa, come questa non deve intromettersi ed influire nei modi di


azione e sui fini dello Stato .
È legge costante nell'universo, legge di progresso, la divisione
degli uffici; bisogna che non vi sia confusione di competenza se
vuolsi che le attività sociali si estrinsecano in modo normale e pro-
gressivo. Ora ragionando a riguardo dello Stato da questo principio
d' indipendenza ne viene che egli non può ingerirsi della vita inti-
ma della Chiesa senza grave offesa alla libertà che deve esserle
propria nel prendere quegli atteggiamenti che meglio conducano ai
suoi fini; egli non può diversamente procedere perchè mancante dei
criteri a giudicare in materia di religione la quale riveste nelle sue
origini al massimo grado un carattere d'individualità. Nemmeno può
lo Stato valersi della Chiesa per suoi fini particolari. È massima
di altri tempi, che le religioni dovessero considerarsi come strumento
di governo, come infatti avveniva nella società pagana e fino a
jeri nella società cristiana. Questa opinione però non è del tutto
cessata (esempio ci offre la Russia più della stessa Turchia).
Ma chi tale la giudica, le toglie l'efficacia che può avere. Nello
stesso modo, osserva il Constant, che cercando nelle bellezze della
natura un fine positivo, un uso immediato, un' applicazione alla vi-
ta abituale è tolto l'incanto di questo magnifico assieme; così nel
prestare alla religione una utilità volgare, si mette nella dipenden-
za di questa utilità. Essa non ha più che un posto secondario; non
apparendo più che un mezzo, perciò è avvilita.
La stessa incompetenza che ha lo Stato in materia religiosa ha
pure la religione in materia politica, poichè la Chiesa non può pre-
tendere di farsi giudice degli ordinamenti e delle leggi dello Stato,
1 Abbiamo in proposito una massima già stabilita dalla Camera dei Depu-
tati avendo essa accettato il seguente ordine del giorno, ( 18 Marzo 1871 ) svolto
nella discussione portata in Appendice sotto la rubrica Atti parlamentari :
La Camera udite le dichiarazioni della Commissione e ritenendo che sarà
mantenuta l'esclusione di ogni ingerenza governativa nell'esercizio di tutti i culti
professati nello Stato , passa all'ordine del giorno. ( Mancini )
2 Cours de politique , Tom. I.
ARTICOLO I. DOTTRINA DEGLI AUTORI . 15

ed a nome della superiorità dell'ordine spirituale subordinare que-


sto a quella in materia di politica e civile libertà. La diversità del-
l'obbietto cui tendono l'organizzazione politica e la religiosa, porta
necessariamente ad una varietà di mezzi e di apprezzamenti nel-
l'indirizzo delle loro attività, che male potrebbero uniformarsi ad
un solo principio direttivo. Lo Stato è l'unico giudice nell'ap-
prezzare il modo in cui deve regolare la sua vita, come la Chiesa
e le altre associazioni lo sono per la propria.
In secondo luogo i ministri del culto non debbono uscire dalle
proprie competenze. Gli ecclesiastici nelle loro funzioni si aster-
ranno da ogni discussione politica ; nè biasimare o lodare un
sistema politico; devono pure evitare le discussioni teoriche so-
pra leggi, come qualunque polemica diretta contro le persone o
le istituzioni sociali. Ogni contravvenzione a questo principio
meriterà una repressione altrettanto più severa, in quanto che si
tratta dell' abuso di un'alta e grave funzione sociale. La religione,
per rimanere nella sua sfera sublime ed adempiere alla sua missione
augusta, deve collocarsi al disopra di tutti i partiti e delle loro
dispute sovente tanto frivole, e procurare di penetrare tutte le
anime del sentimento di Dio, il quale deve far tacere ogni di-
I

scordia >> Questo principio è già contenuto in quello preceden-


temente dichiarato, ma presentato sotto questa forma da luogo
ad una questione che si fa da alcuni ed è : se i ministri del culto
che hanno uffici affatto speciali e diversi dal politico, debbono es-
sere colpiti d'incapacità politica, poichè, si dice, qualora non ab-
biano tale incapacità ne nascerà un' ingerenza della Chiesa in ma-
teria riguardante lo Stato .
Esaminando le origini e lo sviluppo della società noi vediamo
sorgere associazioni particolari con determinati uffici che richiedono
attitudini speciali e distinte ; ma se un individuo svolge le sue atti-
vità di preferenza in una data cerchia, può altresì prendere parte
ad altra, quindi far sentire l'influenza sua sugli altri ordini. Da

1 V. Ahrens Corso di Diritto naturale.


16 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

ciò risulta che vano sarebbe proclamare l'assoluta incapacità a tutti


gli uffici politici che non siano incompatibili con gli uffici religiosi.
Dovremmo dunque noi negare l'elettorato e l'eleggililità a chi
si dedica al culto ? Dovremmo, forse, negargli tale facoltà perchè
appartenga al clero ? L'azione sua tornerà più vantaggiosa alla Na-
zione corroborata dagli attriti e dalle discussioni della vita pubblica
di quello che rimanendo in ristretta cerchia a degenerare in ostilità
verso istituzioni che ci reggono.
Ben altrimenti si può dire della sua capacità educativa, avuto
riguardo all' indirizzo attuale della scienza.
L'insegnamento dato da ecclesiastici è e non può non essere ispi-
rato dal dogma; quindi tale da escludere il libero esame, ponendo
le sue basi in un ordine superiore rispetto al quale l'uomo è affatto
passivo. Potremo noi nell'insegnamento civile accettare questa influ-
enza esclusiva del dogma, noi che abbiamo principii animati dalla
libera discussione e dal libero esame ? Se ammettiamo un uomo
avvezzo a piegare sempre la sua ragione innanzi i principii dogma-
tici non possiamo pensarlo atto a dare un insegnamento superiore
quale è inteso da noi. Da questo lato l'incompatibilità è evidente ;
non è quindi possibile che lo Stato, il quale è animato dal principio di
libertà possa affidare questo uffizio a chi, legato al dogma, non può ap-
2

parire libero. L'istruzione e l'educazione, osserva Ahrens, esigono


abilità diverse da quelle che sono necessarie per adempiere i doveri
prescritti dallo scopo dell'edificazione religiosa. Mentre l'istruzione e
1 Ricordiamo a tal proposito che recentemente la Camera brasiliana ha
riconfermato il principio costituzionale della incapacità politica di coloro che
non professano la religione dello Stato. La Romania al contrario stabiliva l'op-
posta massima; (v. sopra Legis , comp. ) certamente tale esclusione è contraria ad
ogni principio di giustizia e contraddetta dalla stessa Costituzione che stabilisce
l'eguaglianza di tutti di fronte alla legge. Maggiormente poi è a deplorarsi questa
disposizione in quanto che essa è nota discordante nel comune accordo di tutti i
popoli civili di proclamare la libertà religiosa senza fare della rellgione un re-
quisito all'esercizio dei diritti civili e politici, conformemente a quanto stabilirono
la Luigiana, la California, il Cantone dei Grigioni, nelle loro Costituzioni recen-
temente votate o riconfermate .
2 V. Ahrens -Op . cit .
ARTICOLO I. DOTTRINA DEGLI AUTORI. 17

l'educazione presuppogono un genio metodico, un carattere dolce e


al tempo stesso fermo ed una libertà di moto intellettuale che non
sia impedita dal maestro con preoccupazioni di dogmi e di forme
religiose ; al contrario la religione domanda ai suoi funzionarii più
ispirazione , maggiore trasporto ed ossequio. Di più l'istruzione
scientifica occorre sia affidata ad una classe speciale perchè la
religione trovi nella scienza un contrappeso una condizione di
progresso. Se i ministri della religione dirigessero nel medesimo
tempo la scienza e l'istruzione, sarebbero quasi, per la prepon-
deranza, padroni assoluti della società e potrebbero mantenere per
lungo tempo quello stato intellettuale nel quale loro piacesse
di lasciare la maggior parte di una nazione ; e quando pure fos-
sero animati da intenzioni favorevoli al progresso dell' intel-
ligenza , le loro dottrine più o meno appoggiate alla tradi-
zione, le loro convinzioni anticipatamente risolute sopra le più im-
portanti questioni dell' umanità , non lascerebbero la libertà di
spirito necessaria per ben comprendere la verità. Un miscuglio
della religione colla scienza e coll'istruzione, inevitabile forse nello
stato d'infanzia dei popoli, sarebbe una grave calamità per le na-
zioni in mezzo alle quali si sono già sviluppati e formati gli or-
gani principali per le diverse funzioni sociali. La religione e la
scienza coll'istruzione costituiscono uffici differenti e sarebbe ve-
ramente paralizzare il corpo sociale in quello dei suoi organi che
è la sede della intelligenza, se si opponesse la sua attività natu-
rale con un eccesso di forze dato ad un organo diverso.
Bisogna adunque che la leva più potente di ogni cultura so-
ciale sia confidata a coloro che si trovano nella posizione intellet-
tuale e morale conveniente per servirsene, e che la scienza, per e-
sercitare la sua influenza per mezzo dell'istruzione sopra le na-
scenti generazioni, ordinariamente le più capaci ad assimilarsi le
nuove dottrine e le più giuste, le idee di miglioramento e di ri-
forma, rimanga indipendente dalle dottrine le quali di loro natura
sono sempre più o meno stazionarie.
Questi principi generali applicati a tutti i culti indistinta-
URTOLLER - Lo Statuto ecc. 2
18 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

mente, vengono a dire che tutti i culti sono uguali dinanzi alla
legge e la loro uguaglianza consiste in ciò che la libertà loro sia
guarentita ugualmente dallo Stato. Perciò lo Stato avrà cura di
rimuovere quegli ostacoli che opponendosi al libero esercizio dei
I

culti possano essere causa di perturbamento sociale.


A questo sistema della libertà dei culti ne sono preceduti altri
contrari ai concetti superiormente esposti. Primo viene quello del culto
esclusivo , secondo il quale la legge non tollera che una religio-
ne e la proclama la sola vera e la sola rispettabile. Con ciò lo Stato si
fa l'interprete dell'ordine superiore divino, l'organo delle coscienze.
Dichiarando di non tollerare che una sola religione ad esclusione
di tutte le altre, eccede i limiti delle proprie attribuzioni perchè
s'ingerisce in materia che sfugge alla sua competenza, non potendo
2

per la natura sua e per i suoi fini possedere i criteri atti a


rettamente giudicare ; oltre a ciò viene quasi ad imporre quello
che si deve credere, se non direttamente, almeno in modo indiretto
dal momento che la esclusività di un culto toglie agli altri di
liberamente manifestarsi. Questo sistema, è anche antireligioso
perchè sostituisce l'azione materiale dello Stato a quella della
Provvidenza, che è riconosciuta dalle varie professioni. Se si crede
pericolosa la lotta alla religione proclamata colle altre escluse,
significa non aver fede in quell'ordine provvidenziale a cui si
vuole soccorrere con la forza delle istituzioni.
D'altra parte dichiarando esclusiva una religione non si toglie-
ranno di mezzo le dissidenze ed anzi combattendole si metterà in
dubbio che quella credenza dissidente possa mantenersi da sè sola
senza l'aiuto dello Stato. Essa apparisce bisognosa di un soste-
gno esteriore, mentre le credenze religiose divengono rispettabili
ed invincibili solo per la forza che esercitano sulle coscienze.
Questo sistema che è quello seguito dalla Russia , fu sosti-
tuito da altro pel quale una religione è dichiarata dominante sopra
* V. le Costituzioni: Belga, Austriaca, e l'Editto religioso bavarese, nella
Legisl. comp .
2 V. all'Art. II : natura e scopo dello Stato..
ARTICOLO I. DOTTRINA DEGLI AUTORI . 19

tutti gli altri culti, benchè tutti pure possano essere riconosciuti
e tollerati.
Nell'accennato sistema noi troviamo inconseguenza e falsità di
concetto. Se lo Stato è competente a giudicare in materia religiosa
è più logico lo ammettere la esclusività della religione, se poi
vuolsi affermare l'assoluta sua incompetenza, manca il criterio per
proclamare dominante una religione. Si risponde : per proclamare
una religione dominante non si giudica dal punto di vista delle
credenze che la costituiscono, ma dal numero delle persone che la
professano. È vero che il diritto delle maggioranze va rispettato
ma senza però violare il diritto delle minoranze. Il diritto è sempre
uguale appartenga esso alla maggioranza od alla minoranza ,
ed è nella lotta dei due diritti che lo Stato trae la sua forza per
provocare i progressi civili. È uno dei più grandi uffici di uno
Stato libero quello di proteggere le minoranze perchè in esse so-
venti volte sono i germi del progresso ; vi è quel nucleo di forze
che un giorno svolgendosi sono destinate a prendere successiva-
mente il posto di altre forze le quali col progresso vanno perdendo
terreno .

Nell'interesse pure della Chiesa devesi bandire ogni apparenza


di privilegio che potesse manifestarsi col dichiarare una religione
esclusiva o sulle altre dominante, poichè si verrebbe a creare una
lotta fra la religione professata e le altre, che non solo ha effetti
morali e carattere religioso, ma pure grandissimi effetti politici.
Le guerre religiose dei secoli passati ebbero somma influenza sulle
condizioni della civiltà e degli Stati.
La più antica storia degli Stati dà, per vero, una particolare
direzione confessionale. I primi Stati erano o cattolici od ariani,
quindi o cattolico-greci o cattolico-romani. Lo Stato medioevale
sopra tutto è vincolato confessionalmente. Anche dopo la riforma
gli Stati europei furono decisamente cattolici o protestanti. Essi
professarono con energia una forma particolare della religione cri-
stiana e solo qualche Stato, come la confederazione Svizzera e
l'Impero Tedesco, fu necessitato all' uguale riconoscimento di due
20 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

o tre confessioni per la impossibilità di unificare le diverse con-


fessioni o di dare la preferenza ad una delle due.
Solo del tempo moderno è il concetto di sciogliere completa-
mente i legami dello Stato con la religione e propugnare l'oppo-
sto principio che lo Stato non può e non debba professare un'o-
pinione.
Da quanto siamo venuti dicendo si può fin d'ora comprendere
se il sistema seguito dal nostro Statuto sia conforme ai principii
della scienza, e meglio ci apparirà analizzando di per se stesso
l'articolo primo, come ora faremo.
Religione dello Stato. Questa espressione non ha un significato
esatto. Quando s'afferma che le coscienze debbono essere libere,
si viene a dire che le credenze religiose sono la cosa più indivi-
duale che pensare si possa. Se il sentimento religioso non fosse
tutto intimo, se cioè non si svolgesse secondo la spontaneità di cia-
scuno, non porterebbe con sè nè merito nè demerito. Or quando
parliamo di religione dello Stato non possiamo parlare di un'o-
pinione religiosa di un ente collettivo, poichè esso non può avere
opinioni religiose come non può averle scientifiche, industriali ecc :
essendo queste il prodotto dell' attività individuale. Se lo Stato
fosse competente a giudicare delle diverse opinioni egli non sa-
rebbe che intollerante, poichè credendo di conoscere la vera via
si spingerebbe in quella con tutte le forze con tutti i mezzi , non
persuasivi, ma con ordini e sanzioni.
Puffendorf e Rousseau parlarono della religione dello Stato,
( religion civile ) in un altro senso. Siccome lo Stato, essi osservano,
come comunanza giuridica guarentisce uguale diritto ai cristiani e
ai non cristiani, così esso può anche per le sue relazioni politiche
attenersi alla religione naturale, come base comune delle differenti
religioni professate.
Ma quando lo Stato istesso, come il Rousseau propose, vuole
stabilire legislativamente la massima fondamentale di questa co-
mune fede in Dio, allora egli cade di nuovo nel pericolo da cui
deve guardarsi ; esprime una formula la quale a molti non può
ARTICOLO I. - DOTTRINA DEGLI AUTORI. 21

soddisfare . Rende una confessione, una condizione di diritto che


non conviene e lega l'esterno e visibile giuridico ordinamento al
rapporto invisibile dello spirito umano con Dio. '
Fermiamoci ora all'obbiezione che viene fatta all' articolo primo.
Si dice che la libertà data alla Chiesa non è sufficiente e che essa
avrebbe il diritto di dominare sulle altre.
Osservo che qui si parla di Religione non di Chiesa, cioè di
opinioni professate da individui e non da quella organizzazione
esterna che la Chiesa si dà; quindi si deve intendere nel senso che
lo Stato dovrebbe preferire la religione cattolica quando egli
dovesse ricorrere ad una religione qualunque per qualsiasi atto
nei bisogni suggeritigli dalla oppurtunità.
Si dice ancora che la religione è la credenza e come tale è
un diritto dei cittadini, e questo diritto sancito dallo Statuto è
quello della maggioranza la quale, perchè prevalente, potrà mo-
dificare questo diritto con deliberazione presa nelle forme co-
stituzionali onde rendere migliore la sorte della Chiesa. A tale
proposizione si può osservare che già la maggioranza si è pro-
nunciata quando accettava i decreti : 29 Marzo 1848, relativo al
culto israelitico ; 4 Luglio 1859 relativo ai culti nella Lombardia ;
13 Ottobre 1870 riguardante i culti nella provincia romana, non-
chè le leggi: 19 Giugno 1848 e 13 Maggio 1871 decreti e
2

leggi che, interpretando l'art. I dello Statuto dichiarano la perfetta


uguaglianza di tutti i culti di fronte alla legge. Infine, se la Chiesa
è amata dal popolo non vi sarà alcuno che possa offenderla ed il
Parlamento dovrà rispettarla, perchè egli è la più diretta rappre-
sentanza e l'organo della maggioranza e quindi non potrà che
interpretare se non il sentimento pubblico ; se poi non è amata qua-
lunque speciale privilegio, non sarà sufficiente a difenderla. Per-
ciò il clero deve accettare francamente la libertà anche per pro-
vare che può vivere in mezzo alla civiltà moderna. Sarebbe certa-

BLUNTSCHILI -

Diritto pubblico universale, Trad Trono .


2 V. il relativo testo ed Atti parlamentari in Appendice.
22 LO STATUTO DEL REGNO , ANNOTATO .

mente un grave danno alla fede l'opinione che il clero non possa
sussistere senza l'appoggio della spada. Noi vediamo che tutti i
popoli hanno sofferto ogni sorta di sacrifizi per ottenere la libertà,
credendola guarentigia dei loro diritti più sacri. Perchè questa
libertà non deve essere creduta sufficiente a tutelare questo diritto
di professare e praticare il proprio culto ? E se talora apparisce che
la maggioranza dia un'interpretazione alla libertà della Chiesa
contraria ai suoi voleri, come può accadere per qualunque libertà
civile, sarà una ragione voluta dalla mutazione delle idee nel sen-
so del progresso, a cui non sfugge nemmeno la libertà religiosa.
Le Chiese adunque vivano mediante la libertà e rinunzino alle
pretese di privilegio che spesso le ha rese odiose presso le popo-
I

lazioni.
A questo punto si collega una grave questione quella del po-
tere temporale. È esso necessario per guarentire la libertà della
Chiesa ? Attesa la ristrettezza necessaria del lavoro non potremo
trattare la questione che in modo sommario.
Se stiamo alla Storia, la Chiesa stessa sembra non andare
d'accordo sul sigificato del potere temporale. Il concetto antico che
essa se ne formava è ben diverso dal moderno ; quello aveva qualche
cosa di grandioso, questo di meschino. In antico il potere temporale
si faceva discendere come diretta conseguenza della supremazia spiri-
tuale. Al mandato che ha la Chiesa di condurre gli uomini al
Cielo tutto doveva essere subordinato, ed a poco a poco la Chiesa
venne a sostenere che tutte le Corone le dovevano ossequio essen-
do essa la padrona di tutti gli stati. Questa era la teoria dei Leoni,
degl'Innocenzi, dei Gregori, teoria che se può apparire dannosa è
almeno logica, come diretta conseguenza della sua missione.
Ora invece si argomenta all'opposto ; non già che abbia la
Chiesa rinunziato alle sue pretese antiche, ma dà al potere temporale
un significato più ristretto. A nome della fede e per effetto della
supremazia sua, essa reclamava in antico una potestà universale ;

V. Ordine del giorno votato dalla Camera dei Deputati, in Appendice.


ARTICOLO I. - DOTTRINA DEGLI AUTORI . 23

oggi invece per salvare la fede, per conservare l'indipendenza del


potere spirituale chiede una potestà temporale non più universale
ma limitata. E questa potestà così piccola si proclama neces-
saria per salvare quella fede che una volta bastava per assog-
gettare tutte le Corone; si proclama necessario un mezzo mate-
riale acciocchè la fede non perisca.
Senza entrar giudice in sì grave questione parmi bastante ac-
cennare la contraddizione in cui si aggira la Chiesa per conoscere
che il suo argomentare non ha sicura base. Ma meglio si giudicherà
questo tema conoscendo le diverse fasi delle relazioni fra Chiesa
e Stato.
Parlando della Chiesa cattolica occorre fare una distinzione,
che in realtà apparisce ricorrendo alle origini sue. Infatti se guar-
diamo al manifestarsi di essa vediamo annunziata una dottrina supe-
riore innovatrice. Questa comunicata a più persone non ha bisogno
di mezzi esterni e di condizioni materiali per la sua propagazione :
è un idea nata nello spirito umano che comincia gradatamente a
difendersi. Quando questa dottrina, questa idea propagata, viene
ad acquistare importanza nella società civile si trova in opposizione
colle idee e dottrine ricevute e regnanti ; comincia quindi una lotta
alla quale non bastano la sua vita intrinseca, le sue forze naturali,
ma abbisogna di forze estrinseche materiali che debbono preser-
varla. Ecco che dobbiamo distinguere la dottrina cristiana dalla
organizzazione ecclesiastica che suffraga questa dottrina e la di-
fende. Questa è una società esterna la cui formazione va soggetta
a condizioni di tempo e di luogo ed obbedisce alle leggi di tutte
le società, di tutti gl'interessi. Avvertasi che parlando di Chiesa
non intendiamo parlare di principii, ma di società, di istituti che hanno
per iscopo di proteggere e difendere non solo la dottrina ma ancora
gli interessi che intorno alla Chiesa si compongono. In questi primi
conati essa vive separata dallo Stato ; a nome di un grande prin-
cipio tende a riformare la vita privata e la pubblica ; rinnovare non
solamente la vita dei cittadini, ma quella bensì dello Stato. La
Chiesa non poteva quindi cercare appoggio nella potestà civile,
24 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

anzi doveva temerne le persecuzioni. Perciò non altro chiede che


a lei sia consentita la libertà comune. « Si osservi verso di noi,
esclama il filosofo Atenagora, la stessa regola di equità che si usa
verso gli altri ; e non il nome, ma si punisca il delitto. >>>
Malgrado le traversie d'ogni maniera che ebbe a sostenere, l'o-
pera iniziata raggiunse la prefissa meta di farsi guida allo Stato,
il quale a sua volta si rese suo discepolo per potere coll'au-
torità morale di essa mantenere in obbedienza le moltitudini
rozze e feroci.
In questa età vi è confusione di uffici fra le due potestà da
poter veramente dire col Poeta :
che l'un nè l'altro già parea quel ch'era.
L'accordo fra loro stabilito presto si ruppe, per le condizioni
in cui si trovavano le popolazioni, poichè la Chiesa esercitava so-
pra di esse maggiore influenza dello Stato, il quale, non organiz-
zato come attualmente, mancava di unità di azione e gran parte
delle sue forze erano assorbite dalla Chiesa, la quale coi suoi mi-
nistri manteneva vivo il sapere, assicurandosi anche con tal mezzo
la supremazia desiderata. Succede perciò un terzo periodo in cui
con mezzi vari e con vicende molteplici, la potestà ecclesiastica
riesce nel suo intento di assoggettarsi tutto lo Stato.
Ma questo predominio non resse a lungo per causa degli ec-
cessi cui giunse. È da attribuirsi a quell'epoca l'ordinamento dei
benefizi, coi quali alla forza morale aggiungeva a se stessa la forza
economica ; è a quell'epoca che la Chiesa accampò per bocca di
Gregorio VII le sue pretese riguardo al principato temporale;
che tutti i principi dipendevano dalla Chiesa romana, ed essi
poter essere deposti, rimanendo i popoli sciolti dal giuramento di
fedeltà qualora i principi fossero stati scomunicati. Devesi altresì
menzionare la celebre legge d' Ildebrando per la quale il clero è
ridotto ad una milizia del papato col domandargli il celibato, che
lo separa dalla società. Questo ordine di cose durò dal XII al
XIV secolo .
In quel tempo l'impero era soggiaciuto, ma durante la lotta e
ARTICOLO I. - DOTTRINA DEGLI AUTORI. 25

per cagione di essa nuove forze si vennero formando le quali sal-


varono le società dalla doppia minaccia di una dominazione
teocratica o di una dominazione imperiale. Vediamo infatti la
regalità costituirsi con le rappresentanze dei singoli popoli e così
lo stesso ardore con cui tenne testa al partito aristocratico servi
per liberarsi dall' egemonia di Roma. In questa impresa la vedemmo
aiutata dal terzo stato di cui si era fatta il principale alleato e
di cui aveva saputo indovinare le aspirazioni ed i sentimenti. A
questa reazione della politica pratica contro Roma prendevano parte
la Nazione, il Principato e spesso anche il clero ; cominciava a
manifestarsi pure la evoluzione dottrinale.
È nel secolo XIV che vediamo prevalere agli scrittori Guelfi i
Ghibellini, i cui scritti hanno il merito della grande opportunità ;
per essi Cesare rappresenta la legge, il diritto comune ; egli è la
L

sola egida contro la superstizione e l'ignoranza. In questo pe-


riodo comincia la reazione contro la scolastica che sola teneva il
campo negli ordini ideali e possiamo dire con Locke che la teoria
2

dei nominali segna il crepuscolo della civiltà moderna. Alla


tendenza della speculazione si sostituiva il sistema sperimentale ;
cosicchè l'interesse principesco, nazionale e scientifico cospirano
insieme a far cessare il predominio papale sulle cose civili.
In questi tempi la regalità avendo mezzi bastanti per prov-
vedere alla propria indipendenza ed autorità regola da se stessa
le materie religiose ed ecclesiastiche nei rispettivi Stati con
atti chiamati : Prammatiche. Celebri fra esse sono quelle di

• Tutta la scuola del Bartolo era persuasa del sommo jus dell'impero. Cre-
deva tutto il mondo soggetto all'imperatore e dovere venir tempo che gli obbedi-
rebbe - Bart: de regim: Civit : Iract : XIII n. 24 .
2 Esprimiamo questa idea in ordine al libero svolgimento della filosofia
moderna, poichè, contrariamente invero quanto afferma Ritter nella sua opera :
Geschischte der christlichen Philosophie, noi riteniamo che i nominalisti del
quattordicesimo secolo siano stati i precursori dei liberi pensatori . Partigiani
della teoria nominalista fra i moderni sono : Hobbes, Loche , Beeckeley, Con-
dillac, Destutt Tracy.
26 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.
2

Luigi IX il santo ', di Carlo VII di Edoardo I e di E-


doardo IV. 3
Ma questi atti che rivestivano un carattere di ostilità verso la
Chiesa, non potevano reggere a lungo i rapporti delle due potestà.
Naturalmente la sede pontificia non poteva vedere di buon occhio
questo movimento particolare delle chiese nazionali, che sotto la
direzione del potere regio agivano indipendentemente da lei, anche
quando si conformavano alle sue dottrine, ai suoi precetti.
D'altra parte anche ai sovrani, che erano a capo delle singole
nazioni, potevano riuscire moleste le incertezze ed apprensioni degli
spiriti, in quanto potessero tornare di ostacolo al regolare compi-
mento dei loro disegni. 4
Perciò le parti scesero ad accordi e regolarono assieme il
giuri ecclesiastico con atti chiamati Concordati. Questi per verità
segnano una vittoria dello Stato poichè affermano il suo potere di
fronte all'autorità ecclesiastica e fanno parte di quel sistema che
svolgendosi di più sino ai giorni nostri tende di togliere alla Chiesa
i mezzi e gli istrumenti da lei raccolti per offenderlo.
Questa politica liberale vanta i nomi di Carlo I di Napoli,
Francesco IIdi Modena, Maria Teresa e Giuseppe II d' Austria
e Leopoldo di Toscana ; oltre questi principi, molti illustri uomini
di Stato si fecero seguaci di essa ; il Pombal in Portogallo, il Ta-
nucci a Napoli, il Kaunitz in Austria ecc.
In Piemonte tale politica riformatrice ha monumenti antichi ;
ma vi è stato colà un periodo di reazione che durò dal 1815 al
1847 : però con lo Statuto cessò questo stato di cose e cominciò un
periodo di progresso. 5 Recenti leggi hanno abolito le corpora-
1 fondamento alle libertà ecclesiastiche della Francia.
2 conferma la precedente.
3 proclama la libertà del clero.
4 V. Scolari - Istituzioni di Scienza politica .
5 Cade qui in acconcio di ricordare le Leggi Siccardi, colle quali lo spirito
pubblico e la legislazione sarda addimostrarono d'informarsi alla nuova era di
civile progresso.
Crediamo opportuno far precedere al testo un breve cenno storico di dette leggi,
ARTICOLO I. -

DOTTRINA DEGLI AUTORI . 27

zioni religiose (R. Decreto 7 Luglio 1866 - Legge 19 Giugno 1873)


ed hanno ordinato la vendita dei loro beni (Legge 15 Agosto 1867).
Il Codice ha introdotto il matrimonio civile e fra gl'impedimenti

riprodotto dallo Soria che tratta questo argomento assai dottamente nella sua opera :
Corso completo di Diritto pubblico elementare .
Le Leggi Siccardi rivendicano alla società civile il libero esercizio della giu-
stizia, la tutela dei propri interessi, diritti imprescrittibili, usurpati per secoli dal
Clero cattolico col consenso dei principi assoluti, che come tali , ne erano essi
stessi usurpatori .
Cotali usurpazioni del Clero cattolico avevano a poco a poco operato una
completa sovversione politica ed economica in tutti gli ordini sociali ed appalesano
I' ostinata tendenza di quella casta al dominio universale.
Ecco come ebbe origine il privilegio del foro ecclesiastico. Nei primi tempi
della Chiesa solevano i vescovi studiarsi di comporre amichevolmente le dissidenze
che insorgevano fra cristiani, ed acconsentendo il piû delle volte entrambe le
parti a subire il giudizio arbitramentale di quegli uomini venerandi , ne nacque la
consuetudine nei fedeli di sottoporre quasi sempre alla decisione dei vescovi i
propri litigi.
Fatto libero l'esercizio della religione cristiana, chiesero i vescovi ed ottennero
dagli imperatori la grazia, che venissero dichiarate obbligatorie le sentenze arbi-
tramentali da essi pronunziate e che fosse al bisogno concesso il braccio secolare
per farle eseguire Nessuno però era costretto a portare le sue liti davanti al ve-
scovo, nemmeno se si trattava di agire contro un chierico.
Cosi andarono le cose ne' sei primi secoli della Chiesa. Più tardi e nei Parla-
menti e nei concilii e con false leggi introdotte nel corpo del diritto ecclesiastico
e per successive usurpazioni di papi sull' autorità dei vescovi e di questi su
quella dei laici, si fece prevalere la massima funesta ugualmente alla disciplina
ecclesiastica ed alla civile uguaglianza: non potere cioè gli ecclesiastici essere
giudicati dai laici.
Nè di questo si tenne pago il Clero. Sotto colore di protezione alla sventura,
osurpò ai giudici laici le cause degli orfani e delle vedove, specialmente se ricchi
epotenti, come regine vedove e re minorenni; volle decidere sui cosi detti delitti
ecclesiastici , come l'eresia, e lo scisma ed istitui gli orrendi tribunali dell'inqui-
sizione. Giudicò dell'usura e del concubinato e togliendo a pretesto il sacramento
del matrimonio volle prendere cognizione delle convenzioni matrimoniali dello
stato civile e della legittimità dei figli. E supponendo non potervi essere testa-
menti senza legati pii, anche di questi volle averne cognizione e sopraintenderne
l'eseguimento. E stipulandosi molti contratti col vincolo del giuramento, che è
atto religioso , anche alle cause ad essi relative estesero la loro giurisdizione e
finalmente perchè nessuna causa fosse al loro giudizio sottratta, trovarono che in
ogni contestazione una delle parti sostiene una pretesa ingiusta, quindi peccami-
28 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

non ha annoverato il voto. Infine con Legge del 13 Maggio 1871


si sono definitivamente regolati i rapporti dello Stato colla Chiesa
in modo da far sparire quegli ultimi avanzi di restrizioni arbitrarie
e di protezioni male intese pel diritto dello Stato e per la libertà
della Chiesa.

nosa, che i preti soli hanno il diritto di legare e di sciogliere dai peccati, e che
perciò tutti i litigi erano di competenza della ecclesiastica giurisdizione .
A far completa la sovversione politica, il Capo del cattolicismo erasi eretto
supremo giudice dei Sovrani di Europa anche in materia politica e contro dí essi
lanciava sovente, a sostegno delle proprie pretese, il tanto temuto flagello della
scomunica.

Ai giorni nostri in Piemonte l'abuso non ispingevasi tant'oltre . Tuttalvolta


sotto il nome di foro ecclesiastico intendevasi un tribunale istituito a decidere le
contestazioni in materia civile fra ecclesiastici e laici ; non che a portare sentenza
sui reati commessi da ecclesiastici o contro ecclesiastici .
Questo tribunale dicevasi anche foro privilegiato , appunto perchè i preti
avevano il privilegio di non potere essere tradotti innanzi ad altro tribunale e
perchè il tribunale ecclesiastico non accettava altrimenti le leggi vigenti per
tutto lo stato ma giudicava secondo le leggi ecclesiastiche .
Di qui avveniva che tanto i chierici convenuti in causa civile coi propri su-
periori, come i laici litiganti coi preti erano privi del beneficio delle leggi dello
Stato nonché delle forme processuali in uso presso i tribunali laici incomparabil-
mente migliori a quelle antiquate ed assurde ecclesiastiche.
Nelle cause criminali poi era non di rado offesa la morale pubblica dall'im-
punità che il foro ecclesiastico accordava a qualche sacerdote nell' intendimento
di evitare lo scandalo e di non iscemare la venerazione a qualche dignitario
dell' ecclesiastica gerarchia .
Un altro abuso, conosciuto sotto il nome di immunità locali impediva all'au-
torità giudiziaria di procedere all' arresto d'individui rifuggiatisi nelle chiese,
nei monasteri, nelle abitazioni dei vescovi e simili. Privilegio questo, che, se ha
saputo in tempi tristissimi salvare alcuno dalle ingiuste persecuzioni di prepotenti
attribuirebbe oggi ai luoghi pii la triste prerogativa di proteggere gli scellerati.
I testamenti , i pij legati, i donativi, le indulgenze le tasse per isciogliere da
tale o tale altra ecclesiastica disciplina e sopratutto i canoni che proibiscano l'a-
lienazione dei beni ecclesiastici , furono i mezzi con cui il clero pervenne a com-
piere la sovversione economica sovraccennata. Vi ebbe diffatti un'epoca in cui era
il píù ricco proprietario del secolo. (V. Legge Siccardi, N. 1013 in Appendice.
1 Il Consiglio di Stato in adunanza delli 27 Febbraio 1878 ha fissato che la Legge
del 13 Maggio 1871 sia una Legge di diritto pubblico interno dello Stato delle più
importanti. Riportiamo la parte più notevole di quel responso :
» Questa è una Legge di natura affatto speciale e che per gli effetti testé indi-
ARTICOLO I. -
DOTTRINA DEGLI AUTORI . 29

Si obbietta che questa legge non era necessaria e che male


risponde al concetto della separazione fra la Chiesa e lo Stato,
facendovi eccezione alcune attribuzioni che il potere politico si è
riservato di fronte al potere ecclesiastico. Il Patronato regio,
l'exequatur ed il regio placet parvero offendere la libertà ed indi-
pendenza della Chiesa.
Innanzi tutto, converremo col Minghetti che la legge delle gua-
rentigie continuerà ad avere vigore finchè presso altre nazioni che
sono cattoliche ed hanno sudditi cattolici, avrà vigore il sistema
giurisdizionale, onde la Chiesa è un'istituzione connessa allo Stato
ed il suo Capo ha una potestà pubblica, uguale, paralella a quella
del monarca e che fra loro sono concordati o convenzioni di pub-
blico diritto.
È da notarsi che le guarentigie possedute dallo Stato non
offendono la libera attività delle associazioni, poichè le cautele
che un corpo assume di fronte all'altro non sopprimono la sua
indipendenza.
In ordine poi al Patronato regio diremo che esso non costituisce
una specie distinta ed aggiunto alle tre specie di patronato cano-
nicamente conosciute sotto la denominazione di ecclesiastico, laicale,
emisto, che traggono origine da certi atti (fundatio, exstractio dota-
tio) i quali patronati agli occhi della Chiesa divennero valevoli a man-
tenere nelle persone che contribuivano al suo bene particolarmente
colle fondazioni e colle dotazioni, un patrimonio sui benefici ed a
conferire loro certi diritti esclusi però l'alto dominio, sia l'inge-
renza nell'amministrazione dei beni. I diritti principali sono quelli

> cati ha un suo proprio carattere, onde va distinta da qualunque altra Legge, ma
>> essa, sia pel suo soggetto, sia per gl'interessi universali che mirò a garantire ,
> a tutela di, un grande interesse nazionale, è Legge di diritto pubblico interno e
>> di somma importanza politica ; e se ad altra Legge oltre allo Statuto costituzio-
>> nale che dal suo magnanimo Datore fu detta la Legge Fondamentale della mo-
>> narchia, può attribuirsi una tale qualificazione, non sembra dubbio che sia da
> attribuirsi alla Legge di cui si tratta. »
• Minghetti Stato e Chiesa .
30 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

di presentazione e nomina del beneficato; i quali diritti si eser-


citano dal principe come si eserciterebbero da qualunque pa-
trono.
Riguardo all' exequatur ed al placet occorre fare una distinzione.
Il primo si riferisce alla provvisione di ogni natura proveniente dal-
l'estero e fu introdotto e richiesto, come spiega il Giannone ' con
autorità storica, perchè il Principe che deve vigilare a che non sia
perturbato il governo del suo Regno, sappia che cosa contiene ciò
che viene da fuori del suo dominio; mentre il placet è il ricono-
scimento, la sanzione degli atti emanati dalle autorità ecclesia-
stiche locali ; atti che sono tassativamente enumerati nel Regola-
mento 26 Luglio 1863 emanato in esecuzione del R. Decreto di
pari data, nonchè nel R. Decreto 12 Luglio 1864 n. 1848 che
modifica l'accennato Regolamento, i quali si riferiscono alle nomine
2

dei beneficati o disposizioni relative ai beni. Tale distinzione emerge


più chiaramente consultando l'articolo 18 dello Statuto, ove è detto
che : i diritti spettanti alla potestà civile in materia beneficiaria
e concernenti all' esecuzione delle provvisioni d'ogni natura pro-
venienti dall' estero, saranno esercitati dal Re. Ma relativamente
all' exequatur, inteso nel senso dall'articolo accennato non ha più
ragione di esistere nelle nostre leggi dal momento che al Pontefice
non si accorda la prerogativa delle extraterritorietà, che serviva a
dargli il carettere di Sovrano estero e quindi giustificava nella
potestà civile il diritto di exequatur. 3
In ordine al placet regio è da osservarsi che gl'investiti di un
benefizio non possono esser ammessi a godere le temporalità pri-
ma che emani detto atto od altro che ne tenga luogo ; il che
se trovasi conforme al concetto del diritto di regalia sui benefizi
vacanti, ha per iscopo principale di riserbare all'autorità civile lo
statuire sugli effetti giuridici dei decreti dell'autorità ecclesiastica

1 Ist civ. del Regno di Napoli .


2 V. il relativo testo in Appendice all'articolo annotato.
V. Tiepolo - Leggi ecclesiastiche, annotate, nella raccolta di Leggi speciali,
di Pacifici -Mazzoni .
ARTICOLO I. DOTTRINA DEGLI AUTORI . 31

in quanto essi si presentino conformi o contrari alle leggi dello


Stato ed all'ordine pubblico, lesive o non lesive i diritti dei
terzi. Così inteso il regio placet soddisfa alle esigenze della op-
portunità e della convenienza politica, alle quali s'inspirano le
leggi tutte conformi alla equità ed alla giustizia.
Informata la politica nazionale a questi sommi principii non si ha
da temere venga danno allo Stato, ma si creerà anzi quella corrente
di influssi da cui scaturisce il massimo legame sociale, il massimo
sviluppo dei progressi civili.

(1) V. Bettini Vol. XXIII part. II ag. $68 - Corte d'Appello di Firenze,
18 Dicembre 1871 .
32 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ

APPENDICE .

LEGISLAZIONE .

a) CARLO ALBERTO

per grazia di Dio Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme ecc. ecc.

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per gli affari
dell' Interno abbiamo ordinato ed ordiniamo :

Gli Israeliti regnicoli godranno dalla data del presente di tutti i diritti
civili e della facoltà di conseguire i gradi accademici, nulla innovato quanto
all'esercizio del loro culto, ed alle scuole da essi dirette.
Deroghiamo alle leggi contrarie al presente.
Il Nostro Ministro Segretario di Stato per gli affari dell' Interno è in-
caricato dell'esecuzione del presente, che sarà registrato al Controllo Ge-
nerale, pubblicato ed inserito nella raccolta degli Atti del Nostro Governo.
Dato dal Quartiere Generale in Voghera addi 29 di marzo 1848 .
CARLO ALBERTO .

FRANZINI .

b) EUGENIO DI SAVOIA

Principe di Savoia- Carignano, Luogotenente generale di S. M.


nei Regi Stati in assenza della M. S.

Volendo togliere ogni dubbio sulla capacità civile e politica dei citta-
dini, che non professano la Religione cattolica,
Il Senato, e la Camera dei Deputati hanno adottato,
Noi in virtù dell'autorità delegataci abbiamo ordinato ed ordiniamo
quanto segue :
ARTICOLO UNICO

La differenza di culto non forma eccezione al godimento dei diritti


civili e politici, ed all'ammissibilità alle cariche civili e militari .
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE . 33

Li Ministri Segretari di Stato sono incaricari nella parte che li ri-


riguarda dell'esecuzione della presente legge che sarà pubblicata ed inserita
nella raccolta degli Atti del Governo.
Dato in Torino addi dicianove giugno 1848 .
EUGENIO DI SAVOIA .
VINCENZO RICCI .

C) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Duca di Sa-


voia e di Genova, ecc. ecc., Principe di Piemonte, ecc . ecc . ecc.

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno adottato;


Noi abbiamo ordinato ed ordiniamo quanto segue :
ART. I. Le cause civili tra ecclesiastici e laici od anche tra soli ec-

clesiastici, spettano alla giurisdizione civile, sia per le azioni personali,


che per le reali o miste di qualunque sorta.
ART. 2. Tutte le cause concernenti il diritto di nomina attiva e passiva
ai benefizi ecclesiastici, od i beni di essi o di qualunque altro Stabilimento
ecclesiastico sia che riguardino al possessorio, ovvero al petitorio, sono
sottoposte alla giurisdizione civile.
ART. 3. Gli ecclesiastici sono soggetti, come gli altri cittadini, a tutte
le leggi penali dello Stato.
Pei reati nelle dette leggi contemplati, essi verranno giudicati nelle
forme stabilite dalle leggi di procedura, dai Tribunali laici, senza distin-
zione tra crimini, delitti e contravvenzioni.
ART. 4. Le pene stabilite dalle leggi dello Stato non potranno appli-
carsi che dai Tribunali civili, salvo sempre all'ecclesiastica Autorità l'eser-
cizio delle sue attribuzioni pell'applicazione delle pene spirituali, a termini
delle Leggi ecclesiastiche.
ART. 5. Per le cause contemplate nei quattro articoli precedenti, come
per tutte quelle che in ragione di persona, o materia ecclesiastica si recavano
in prima istanza alla cognizione dei Magistrati d'appello, si osserveranno
d'or innanzi le regole generali di competenza stabilite dalle vigenti leggi.
I Magistrasi d'appello riterranno però la cognizione delle cause che
già si trovassero presso di essi vertenti nell'epoca, in cui emanerà la pre-
sente legge.
URTOLLER Lo Statuto ecc . 3
34 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

ART. 6. Rifugiandosi nelle Chiese od altri luoghi, sino ad ora conside-


rati come immuni, qualche persona alla cui cattura si debba procedere,
questa vi si dovrà immediatamente eseguire, e l'individuo arrestato verrà
rimesso all' Autorità giudiziaria pel pronto e regolare compimento del pro-
cesso, giusta le norme statuite dal Codice di procedura criminale.
Si osserveranno però nell'arresto i riguardi dovuti alla qualità del
luogo e le cautele necessarie, affinchè l'esercizio del culto non venga
turbato.

Se ne darà inoltre contemporaneamente o nel più breve termine pos-


sibile avviso al Parroco, od al Rettore della Chiesa in cui l'arresto viene
eseguito.
Le medesime disposizioni si applicheranno altresi al caso di perqui-
sizione e sequestro di oggetti da eseguirsi nei suddetti luoghi.
ART. 7. Il Governo del Re è incaricato di presentare al Parlamento un
progetto di legge inteso a regolare il contratto di matrimonio nelle sue
relazioni con la legge civile, la capacità dei contraenti, la forma e gli effetti
di tale contratto .

Il Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato per gli affari


ecclesiastici, di grazia e giustizia, è incaricato dell'esecuzione della pre-
sente legge, che sarà registrata al Controllo generale, pubblicata ed in-
serta nella Raccolta degli Atti del Governo.
Data in Torino il nove d'aprile 1850.
VITTORIO EMANUELE .
SICCARDI.

d) IL GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA

(VIGLIANI )
pubblicava nel 4 Luglio 1859 il seguente Decreto :

Considerando che la differenza esistente in Lombardia, in forza delle


leggi del cessato governo, tra i cittadini in ragione del culto che profes-
sano, è contraria a quella perfetta ugualianza di diritto che si osserva nelle
altre parti dei regii Stati, e non è compatibile coi principii della civiltà
moderna
Ha decretato e decreta :
ART. I. Nella provincia lombarda tutti i cittadini sono uguali davanti
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE . 35

alla legge qualunque sia il culto religioso che professano come già si os-
serva nelle antiche provincie del Regno ; essi godono ugualmente di tutti
i diritti civili e politici.
ART. 2. Ogni contraria disposizione così del codice civile e di procedura,
come delle altre leggi e provvedimenti si civili che politici, è abrogata.
ART. 3. Nulla è innovato in quanto alle disposizioni che regolano
l'esercizio del culto si degli acattolici che degli israeliti.

e) EUGENIO

Principe di Savoia- Carignano Luogotenente generale di S. M.


nei Regii Stati.

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato ;


Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue :
ART. I. Colla pubblicazione della presente legge cessa nelle Provincie
Lombarde ogni rimanente effetto delle Patenti Imperiali 5 novembre 1855 ,
e 8 ottobre 1856.
ART. 2. Le leggi ed i regolamenti abrogati nelle dette Provincie per
effetto di quelle Patenti sono rimessi in vigore in quanto non sia altrimenti
provveduto con leggi e regolamenti pubblicati dopo il 4 giugno 1859 .
Tutte le cause in materia matrimoniale non definite con sentenze passate
in giudicato prima della pubblicazione della presente legge saranno rimesse
ai competenti Tribunali civili in quel grado d'istanza in cui si troveranno.
Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserta
nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di os-
servarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Torino addì 27 ottobre 1860.
EUGENIO DI SAVOIA .

G. B. CASSINIS .

f) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia .

Viste le diverse leggi che nelle varie Provincie del Regno regolano
l'esercizio del supremo diritto del Regio Exequatur ;
36 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

Volendo ridurre ad uniformità, per quanto le speciali condizioni delle


dette Provincie il consentano, l'esercizio di cotesto supremo diritto del
civile Principato :
Visto l'art. 18 dello Statuto ;
Preso il parere del Consiglio di Stato ;
Sentito il Consiglio dei Ministri ;
Sulla proposizione del Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato
di Grazia e Giustizia e dei Culti ;
Abbiamo decretato e decretiamo :

ART. I. Qualunque provvisione ecclesiastica proveniente da Autorità


non residente nel Regno non potrà ricevere pubblicazione od esecuzione
esterna, pubblica o privata, se non dopo che sia munita del nostro assenso,
ossia del Regio Exequatur, sotto le pene sancite pe' contravventori alle
leggi dello Stato .
ART. 2. Ogni pubblico funzionario, al quale venisse presentata una
delle provvisioni anzidette non munita del Regio Exequatur, dovrà trasmet-
terla d'ufficio al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello del luogo
in cui si trova, pei procedimenti prescritti dalla legge.
Qualunqne trasgressione di questo dovere darà luogo a procedimenti
disciplinari, salva l'applicazione delle pene maggiori menzionate nel pre-
cedente articolo 1 .

ART. 3. Chiunque intenda di far uso di una provvisione proveniente


da Autorità ecclesiastica non residente in Regno dovrà presentarla in ori-
ginale al Nostro Procuratore Generale presso la Corte di Appello da cui
dipende il luogo dove si vuole eseguirla, e chiedere con apposita istanza
la concessione del Regio Exequatur.
Le provvisioni riguardanti interessi generali dello Stato, o di più Pro-
vincie, saranno da colui o da coloro che le avranno ricevute, rassegnate
direttamente al Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti.

ART. 4. L' Exequatur sulle provvisioni riguardanti interessi generali


dello Stato, o di più Provincie sarà concesso o negato con Reale Decreto
sulla proposta del Guardasigilli Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti,
sentito il Consiglio di Stato.
In tutti gli altri casi la facoltà di concedere o negare il Regio Exequatur
è delegata dai Nostri Procuratori Generali presso la Corte di Appello, nel
modo che sarà stabilito col presente Decreto e coll' annesso Regola-
mento.
ARTICOLO I. - APPENDICE - LEGISLAZIONE. 37

ART. 5. Essi potranno impartire il Regio Exequatur, senza bisogno di


farne previa relazione al Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti, e di
provocare le Nostre Reali Determinazioni, in tutti i casi non contemplati
nel seguente articolo.
ART. 6. Dovranno i Nostri Procuratori Generali prima di impartire il
Regio Exequatur far relazione allo anzidetto Ministero, con un ragionato
loro parere, ed attendere le Superiori Determinazioni , quando si tratti
delle provvisioni seguenti :
1. Dispensa da impedimenti matrimoniali tra zio e nipote, tra prozio
pronipote, oppure tra affini collaterali di secondo grado di computazione
civile, eccettoche la impetrazione della dispensa sia stata preceduta dal
Regio Gradimento notificato dal predetto Ministero al Procuratore Generale
cui spetta di provvedere ;
2. Dispense matrimoniali che contengano scioglimento di matrimonio
ratc, non consumato ;
3. Commutazioni di volontà di pii fondatori, e derogazioni alle leggi
di fondazione in quanto si riferiscano ad oneri e materie spirituali ;
4. Permissione di professione monastica mediante abbreviazione del
tempo del noviziato ;
5. Permissione a' beneficiati incaricati di cura d'anime di assentarsi
per più di due mesi dalla loro residenza ;
6. Unione e divisione di beneficii di qualunque natura maggiori o
minori;
7. Nomina di coadiutori con diritto di futura successione qualunque
sia il beneficio maggiore o minore, e nomina di semplici coadiutori o am-
ministratori si in spiritualibus che in temporalibus, anche senza diritto di
futura successione per beneficii maggiori ;
8. Imposizioni di pensioni o d'altri pesi a beneficii di qualunque
natura, anche a favore di patroni ;
9. Autorizzazione di contratti di alienazione di beni ecclesiastici di
un valore eccedente le lire seimila.

ART. 7. Dovranno parimenti i Procuratori Generali delegati per l'im-


partizione del Regio Exequatur fare al Ministero de' Culti relazione prescritta
nel precedente articolo, semprechè sieno di avviso che il Regio Exequatur
debba esser negato .
ART. 8. Sarà in facoltà dei suddetti Procuratori Generali di riferire
eziandio al Ministero de' Culti per le Superiori Determinazioni, quei casi
38 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

ne' quali incontrino qualche novità od altra circostanza che lor sembri
degna di essere sottoposta allo esame del medesimo Ministero.
ART. 9. Nelle Provincie Siciliane, in quanto concerne ad affari mona-
stici, le provvisioni Pontificie o di Generali degli ordini religiosi dovranno indi-
stintamente presentarsi al Nostro Giudice della Regia Monarchia ed Apostolica
Legazia.
Egli rimetterà ai Nostri Procuratori Generali per l'esecutoria e con suo
ragionato parere le carte che rileverà essere della loro competenza, indi-
cando anche le clausole da potersi apporre nella esecutoria a tutela della
speciale polizia ecclesiastica di quelle Provincie, e dei Regii diritti dell' A-
postolica Nostra Legazia e suo Tribunale, e trasmetterà al Ministero di
Grazia e Giustizia e de' Culti, con una simile relazione, quelle altre carte
che crederà meritevoli d'una speciale diretta ingerenza governativa.
ART. 10. Sono abrogate tutte le disposizioni ed usanze precedenti in
quanto sieno contrarie al presente Decreto, ed allo annesso Regolamento,
che resta approvato e che sarà d'ordine Nostro firmato dal Nostro Mi-
nistro Guardasigilli .
Rimangono quindi rivocate tutte le Delegazioni fatte con precedenti
Decreti per la concessione del Regio Exequatur ad altre Autorità, e son
parimente soppresse nelle Provincie ove sussistono le speciali Delegazioni
che all'uopo vi erano costituite.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare .
Dato a Torino il 5 marzo 1863 .
VITTORIO EMANUELE.
G. PISANELLI.

REGOLAMENTO in esecuzione del Regio Decreto del 5 marzo 1863 .

ART. I. Saranno sottoposti al Regio Exequatur


1. Tutte le Bolle, i Brevi, i Decreti, i Rescritti, le carte missive ed
in generale tutte le carte o provvisioni provenienti dalla Santa Sede o
dalla Curia Romana, per le quali sia richiesto o si voglia fare alcun atto
di pubblicazione, o di esecuzione esterna, pubblica o privata ;
2. Tutte le carte o provvisioni provenienti sotto qualunque titolo da
Autorità ecclesiastiche non residenti in Regno ;
ARTICOLO I. -

APPENDICE LEGISLAZIONE . 39
'

3. Tutte le carte o provvisioni dei Generali o di altri superiori degli


Ordini monastici ove sono ammessi, qualunque sia il luogo della loro se-
gnatura e fuori o dentro del Regno.
ART. 2. Gli interessati dovranno presentare in originale e non in copia,
nė per trasunto, ancorchè autentico, le dette provvisioni o carte al rispet-
tivo Procuratore Generale o al Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti,
secondo è disposto nell' art. 4 del Regio Decreto, ovvero al Giudice della
Regia Monarchia, secondo ciò che è statuito per le Provincie Siciliane circa
le provvisioni concernenti ad affari monastici.
Alle provvisioni o carte sarà unito un ricorso in carta bollata nel quale,
accennato l'oggetto delle provvisioni o carte presentate, si domanderà che
sia impartito il Regio Exequatur.
Di tal ricorso saranno accompagnate anche quelle carte che dovranno essere
presentate al Ministero, quando l'istanza per l'esecutoria muova da privati. Ove
I esecutoria su di esse si chiegga da qualsiasi Autorità, saranno inviate d' ufficio.
ART. 3. Sulle carte che saranno state presentate direttamente al Mini-
stero di Grazia e Giustizia e dei Culti, sarà dal Ministro ordinata quella
istruzione che crederà conveniente ; e presa, dopo sentito il parere del
Consiglio di Stato, la risoluzione del Re, sarà questa per Decreto Regio
partecipata alle competenti Autorità, restando la carta originale, ove non
sia da restituirsi, negli archivii del Ministero.
ART. 4. Il Procuratore Generale richiesto della concessione del Regio
Exequatur dovrà prima di tutto accertare
1. Se la provvisione o carta istessa od altra consimile sia stata altre
volte presentata, e se sopra di essa sia intervenuta una risoluzione ;
2. Se la provvisione o carta, provenendo dalla S. Sede o dalla Curia
Romana, sia munita del certificato della Legazione o del Consolato di S.
M. a Roma.

Verificandosi il caso a cui accenna il n. 1, o non producendosi il cer-


tificato espresso nel n. 2, non sarà dato corso alla domanda senza un
ordine speciale del Ministro dei Culti.
Non verificandosi nè l'uno nè l'altro degli accennati ostacoli, si pro-
cederà alla occorrente istruzione informativa col mezzo delle Autorità che
si reputerà più opportuno di interpellare.
ART. 5. Le opposizioni che taluno stimasse di fare alla concessione
del Regio Exequatur saranno ricevute dall' Autorità delegata a provvedervi,
quando siano presentate con ricorso in carta bollata, e ne sarà tenuto quel
40 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO..

conto che la natura dei motivi addotti o dei titoli presentati e le assunte
informazioni consiglieranno, avuto sempre riguardo allo scopo del Regio
Exequatur.
ART. 6. Ne' casi in cui il Procuratore Generale del Re crederà d'im-
partire il Regio Exequatur senza bisogno di superiore autorizzazione ed in
tutti i casi non contemplati nell'articolo 6 del Regio Decreto, distenderà a
tergo o in margine o in piè del ricorso un Decreto cencepito nella forma
seguente :
Visto o vista (s'indicherà la provvisione o carta con un sunto del suo
oggetto) ;
In virtù di Regia Delegazione si eseguisca - (soggiungendo, ove occorra,
le clausole, le limitazioni o spiegazioni che saranno reputate convenienti
per la custodia dei diritti regii, delle leggi del Regno e delle ragioni dei
terzi ) ;
Sulle carte Generalizie il Decreto sarà Si concede il Regio Beneplacito
con le clausole sopra accennate.
ART. 7. Per tutti i casi in cui siano da provocarsi le superiori deter-
minazioni, giusta gli articoli 6, 7 ed 8 del Regio Decreto, secondo ciò che,
sentito il Consiglio di Stato, sarà dal Ministero de' Culti partecipato ai
Procuratori Generali, dovranno questi o negare il R. Exequatur, o conce-
derlo con le clausole, riserve e condizioni e limitazioni che saranno supe-
riormente ingiunte.
Il rifiuto del R. Exequatur si farà trattenendo presso l'ufficio del Dele-
gato la provvisione o carta presentata, e restituendo il ricorso con la se-
guente annotazione -

Non si fa luogo al chiesto Exequatur - La stessa


annotazione si farä sul dorso o a piè o a margine della carta originale
che resterà nell' Archivio. Nei Decreti di concessione di Exequatur preceduta
da superiore autorizzazione, dopo le parole — In virtù di Regia Delegazione,
-

si soggiungerà ed in conformità delle intervenute Sovrane Determi-


nazioni.
ART. 8. A tutti i Decreti di concessione di R. Exequatur si apporrà
sempre la seguente clausola generale salve le leggi, gli usi e i privilegi
del Regno e le ragioni dei terzi.
Quando dal contenuto delle provvisioni o carte apparissero violate le
leggi, gli usi o i privilegi del Regno, od anche la giurisdizione ordinaria
dei Vescovi, i Regii Delegati si asterranno dal concedere il R. Exequatur,
uniformandosi al disposto degli articoli 7 ed 8 del R. Decreto.
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE . 41

ART. 9. Nel concedere il R. Exequatur alle provvisioni portanti dispense


da impedimenti matrimoniali, i Procuratori Generali sono pure autorizzati
a concedere contemporaneamente sopra distinta domanda la dispensa dal-
l'impedimento civile che andasse congiunto all'impedimento canonico.
Similmente le concessioni di R. Exequatur a provvisioni beneficiarie
terranno luogo del R. Placito per immissione in possesso del beneficio.
ART. 10. Quando vengano apposte al R. Exequatur condizioni ed ob-
blighi che interessino il R. Economato dei beni ecclesiastici, ne sarà dato
al medesimo avviso, acciocchè possa vegliare al loro adempimento.
ART. 11. Presso gli Uffici dei Procuratori Generali sarà tenuto un ap-
posito registro nel quale saranno annotate per sunto tutte le provvisioni o
carte presentate pel R. Exequatur, la loro data, l'Autorità da cui emanano,
il montare dei diritti pagati, il giorno della loro presentazione e quello
della concessione o del rifiuto della esecuzione.

Al fine d' ogni quadrimestre i Procuratori Generali invieranno al Mini-


stero dei Culti uno stato delle provvisioni o carte alle quali sia stato
concesso o negato l' Exequatur, con succinta indicazione del loro oggetto
e delle clausole con cui l' Exequatur sia stato concesso.
ART. 12. Nulla è innovato in quanto alla esazione dei diritti che per
legge ed uso si sogliono pagare per la spedizione del R. Exequatur.
ART. 13. Gli Impiegati che si trovano addetti alle Delegazioni del R.
Exequatur, ora soppresse, potranno essere destinati a prestar servizio presso
gli Uffici dei Procuratori Generali o presso il Giudice della Regia Monar-
chia in Palermo, secondo la richiesta che ne sarà fatta al Ministero di
Grazia e Giustizia e de' Culti ; epperò sarà provveduto, ove occorra, al-
l'aumento del personale della Segreteria del detto Giudice della Regia
Monarchia in seguito al progetto che a tal fine egli rassegnerà al Mini-
stero dei Culti .

Ciascuno degli Impiegati anzidetti continuerà a ricevere, sino alla defi-


nitiva sua collocazione, lo stipendio di cui trovasi in atto in godimento,
sui fondi stessi da' quali finora è stato soddisfatto.
ART. 14. Le carte che si trovano in corso di istruzione, sia presso gli
Uffici delle Autorità a cui finora è stata delegata la impartizione del R.
Exequatur, sia presso gli Uffici di altre Autorità a cui sia stato commesso
l'incarico di istruire e di riferire, verranno inviate al Procuratore Generale
della Provincia a cui si appartengono.
Le carte appartenenti agli Archivi delle soppresse Delegazioni saranno
42 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

inviate a que' grandi Archivi presso cui sono state depositate le carte dei
disciolti Dicasteri da cui le dette Delegazioni dipendevano.
Visto d'ordine di S. M.

Il Guardasigilli Ministro di Grazia e Giustizia de' Culti


G. PISANELLI .

g) VITTORIO EMANUELE II .

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d'Italia.

Visto l'articolo 18 dello Statuto ;


Visto l'art. 1. del Nostro Decreto in data del 26 settembre 1860, num.
4314, in cui è determinato che il rilascio di beni di qualsivoglia beneficio
dovrà essere preceduto sempre dal Regio Placito ;
Volendo ridurre ad uniformità la concessione del Regio Placito ;
Preso parere dal Consiglio di Stato ;
Sentito il Consiglio dei Ministri ;
Sulla proposizione del Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato
per gli Affari di Grazia, Giustizia e dei Culti ;
Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue :
ART. I. La facoltà di concedere o negare il Regio Placito ai Rescritti
degli Ordinarj diocesani portanti nomina a beneficj vacanti od altre dispo-
sizioni, che secondo le norme stabilite nelle diverse Provincie del Regno
vi siano soggette, è delegata ai Nostri Procuratori generali presso le Corti
d'Appello nel modo espresso nel presente Decreto e nell' annesso Rego-
lamento.
ART. 2. I Nostri Procuratori generali potranno impartire il Regio
Placito senza bisogno di farne precedente relazione al Ministro di Grazia,
Giustizia e dei Culti, e di promuovere le Nostre Reali Determinazioni in
tutti i casi non espressi nel seguente articolo.
ART. 3. Dovranno i Nostri Procuratori generali prima d'impartire il
Regio Placito far relazione all'anzidetto Ministro con un ragionato loro
parere ed attendere le superiori determinazioni quando si tratti di Rescritti
degli Ordinarj diocesani portanti nomina a dignità od a canonicati ne'
Capitoli delle Chiese metropolitane e vescovili, ovvero disposizioni risguar-
danti i beni ecclesiastici di un valore eccedente le L. 6000.

ART. 4. Dovranno parimente i Procuratori generali fare al Ministro di


ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE . 43

Grazia, Giustizia e dei Culti la relazione prescritta nel precedente articolo,


semprechè siano d'avviso che il Regio Placito debba esser negato .
ART. 5. Nei casi di cui è cenno nei due precedenti articoli, il Ministro
di Grazia, Giustizia e dei Culti promuoverà le Nostre Reali Determinazioni,
sentito il parere del Consiglio di Stato.
ART. 6. Sarà in facoltà dei Procuratori generali di riferire altresì al
Ministro di Grazia, Giustizia e dei Culti quei casi, nei quali incontrino
qualche novità od altra circostanza che loro sembri degna di essere sot-
toposta ad esame per le superiori determinazioni.
ART. 7. I nominati ad un beneficio in virtù di Decreto Regio o Mi-
nisteriale, o di una provvisione ecclesiastica proveniente da autorità non
residenti nel Regno, che sia stata munita del Regio Exequatur, non avranno
bisogno di domandare la concessione del Regio Placito.
ART. 8. Gl'investiti d'un beneficio non possono essere ammessi a
goderne le temporalità prima che emani il Regio Placito o quell' atto che
ne tenga luogo giusta l'articolo precedente.
ART. 9. Dalla data di concessione del Regio Placito o di quell' atto
che ne tenga luogo giusta l'articolo 7, potranno i nominati ad un beneficio,
che siano canonicamente idonei, essere ammessi al godimento delle tem-
poralità del beneficio stesso.
ART. 10. I Giudici di Mandamento, i Sindaci ed in genere tutti i pub-
blici funzionarj , che per ragione dei loro uffici possono avere notizia del-
l'assunzione di possesso di un beneficio per parte di chi non abbia riportato
il Regio Placito, dovranno denunciare il fatto al Procuratore generale.
ART. II . Nulla è innovato quanto all'esazione dei diritti che per legge
od uso si sogliono pagare nelle diverse Provincie del Regno per la spedi-
zione del Regio Placito o della Regia Cedola di nomina.
ART. 12. Sono abrogate tutte le disposizioni ed usanze precedenti in quanto
siano contrarie al presente Decreto ed all' annesso regolamento, che rimane ap-
provato, e che sarà d' ordine Nostro visto e firmato dal Nostro Ministro Guar-
dasigilli, ferme rimanendo nelle Provincie Siciliane le disposizioni colà vigenti,
fino a che non vi sarà effettuata la istituzione dell' Economato generale.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d' Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Torino, addi 26 luglio 1863 .
VITTORIO EMANUELE.
G. PISANELLI .
44 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

REGOLAMENTO in esecuzione del Regio Decreto del 26 luglio 1863 .

ART. 1. Saranno sottoposti al Regio Placito :


1. Tutti i Rescritti o Decreti degli Ordinarj diocesani, abbiano la
denominazione di Bolle od altra, portanti nomina a beneficj vacanti ;
2. Tutti i Rescritti o Decreti degli Ordinarj diocesani che inchiudono
disposizioni sopra i beni ecclesiastici in quelle Provincie dov'è stabilito che
esse non abbiano efficacia senza l'approvazione dell' Autorità governativa.
ART. 2. Gl' interessati dovranno presentare in originale i detti Rescritti
o Decreti al Procuratore generale presso la Corte d' Appello avente giuri-
sdizione nel Circondario in cui sono posti il beneficio o i beni ecclesiastici
con un ricorso in carta munita del competente bollo, nel quale, accennato
l'oggetto del Rescritto o Decreto, si domanderà che gli sia concesso il
Regio Placito.
ART. 3. Il Procuratore generale richiesto della concessione del Regio
Placito procederà tosto, ove ne sia il caso, alla occorrente istruzione infor-
mativa, e quando si tratti di Rescritti portanti nomina a beneficj, verranno
all' uopo chiesti da esso gli opportuni ragguagli da' Prefetti e Sotto-Prefetti.
ART. 4. Nei casi di cui è cenno nell'art. 3 del Decreto, il Procuratore
generale trasmetterà al Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti i Rescritti
degli Ordinarj diocesani col ricorso degl'interessati e con tutte le carte
annesse, e nel suo ragionato parere esprimerà se avvisi doversi il Regio
Placito concedere o negare.
ART. 5. Nei casi in cui il Procuratore generale concederà il Regio
Placito senza aver chiesto le superiori determinazioni, la concessione sarà
espressa a tergo o in margine o a piè del Rescritto nella forma seguente
-

Visto il Rescritto dell' Ordinario di (se ne indicherà l'oggetto) In virtù


di Regia Delegazione si concede il Regio Placito. Nei casi in cui il Procura-
tore generale avrà chiesto le superiori determinazioni dopo le parole - In
virtù di Regia Delegazione - si aggiungerà ed in conformità delle inter-
venute superiori determinazioni.
ART. 6. Il rifiuto del Regio Placito si farà trattenendo presso l' ufficio
del Procuratore generale il Rescritto o Decreto vescovile, e restituendo il
ricorso con la seguente annotazione non si fa luogo alla concessione del
chiesto Placito .

ART. 7. A tutte le concessioni di Regio Placito si apporrà sempre la se-


guente clausola - salve le leggi, gli usi e i privilegi del Regno e le ragioni de' terzi..
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE. 45

ART. 8. È rigorosamente vietato agli Economi generali ed ai Subeco-


nomi dei beneficj vacanti di concedere l' immissione in possesso di alcun
beneficio se prima non si faccia loro constare dell'ottenuto Regio Placito.
Venendo a notizia dei detti Economi generali o Subeconomi che alcuno
siasi immesso di fatto nel possesso di un beneficio senza il Regio Placito
ne informeranno il Procuratore generale per gli opportuni provvedimenti.
Ogni concessione di Regio Placito sarà dal Procuratore generale notifi-
cata al Prefetto ed all' Economo generale dei beneficj vacanti della Provincia,
al Giudice del Mandamento ed al Sindaco del Comune in cui il beneficio
è situato.

ART. 9. L'esazione dei diritti che in talune Province del Regno si so-
gliono pagare per la spedizione del Regio Placito o della Regia Cedola di
nomina, si farà dai Subeconomi diocesani o di Mandamento nell' atto che
i nuovi investiti d'un beneficio presenteranno loro o il Regio Placito o il
Decreto di nomina Regia o Ministeriale o la Regia Cedola per essere im-
messi nel possesso delle temporalità del beneficio.
Tali diritti saranno dal Subeconomo versati semestralmente nella Cassa
della Direzione del Tesoro della Provincia.
ART. 10. Al fine di ogni quadrimestre i Procuratori generali invieranno
al Ministero di Grazia, Giustizia e dei Culti uno stato dei Rescritti o De-
creti degli Ordinarj diocesani ai quali sia stato concesso o negato il Placito,
con succinta indicazione del loro oggetto e delle clausole con cui il Pla-
cito sia stato concesso .

Torino, addì 26 luglio 1863 .


Visto per ordine di S. M.
Il Guardasigilli Ministro Segretario di Stato di Grazia,
Giustizia e dei Culti
G. PISANELLI.

h) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia.

Visto l'articolo 18 dello Statuto ;


Visto il Nostro Decreto in data del 26 luglio 1863, n. 1374, contenente
le norme per l'uniforme esercizio del diritto del R. Placito in tutte le
Provincie del Regno, escluse le Siciliane;
46 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

Preso parere dal Consiglio di Stato ;


Sentito il Consiglio dei Ministri ;
Sulla proposta del Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato
per gli Affari di Grazia e Giustizia e dei Culti ;
Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue :
ART. I. Oltre i Rescritti o Decreti di cui è cenno nell'articolo 1. del

regolamento in esecuzione del Decreto surriferito, saranno sottoposti al


Regio Placito :
1. Tutti i Rescritti o Decreti degli Ordinari Diocesani, abbiano la
denominazione di Patenti od altro, portanti nomina di Economi, Curati o
Vicarii Spirituali ;
2. Tutti indistintamente i Rescritti o Decreti degli Ordinari Diocesani
che inchiudono disposizioni sovra i beni ecclesiastici in tutte le Provincie
del Regno, escluse le Siciliane, quando non siano atti esecutivi di Provvi-
sioni provenienti dall'estero muniti del Regio Exequatur.
ART. 2. Un' apposita Istruzione firmata d'ordine Nostro dal Nostro
Ministro Guardasigilli darà ai Nostri Procuratori Generali presso le Corti
d' Appello le norme opportune circa la concessione del Regio Placito ai
suddetti Decreti o Rescritti .

Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Torino addì 12 luglio 1864.
VITTORIO EMANUELE.
G. PISANELLI .

i) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia.

Visto l'art. 7 del Regio Decreto 23 dicembre 1865, n. 2711, col quale
fu definitivamente provveduto allo stabilimento dell' Economato generale
dei beneficj vacanti nelle Provincie Siciliane ;
Sulla proposizione del Nostro Guardasigilli, Ministro di Grazia e Giu-
stizia e dei Culti ;
Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue :
ARTICOLO I. -

APPENDICE LEGISLAZIONE . 47

ARTICOLO UNICO .

Il Regio Decreto del 12 luglio 1864, n. 1848, con cui è fatta un' ag-
giunta all'art. I del Regolamento sulla concessione del Regio Placito,
viene esteso eziandio alle Provincie Siciliane .

Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Firenze, l'8 marzo 1866 .
VITTORIO EMANUELE.
DE FALCO .

1) EUGENIO

Principe di Savoja- Carignano Luogolenente generale di S. М.


VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia.

In virtù dell'autorità a Noi delegata ;


Sulla proposta del Ministro Segretario di Stato per gli Affari di Grazia
e Giustizia e dei Culti ;
Sentito il Consiglio dei Ministri ;
Abbiamo decretato e decretiamo :

ART. 1. Coll'attuazione del presente Decreto cessano di avere effetto


nelle Provincie italiane liberate dalla dominazione austriaca le Patenti Im-

periali 5 novembre 1855 e 8 ottobre 1856, relative al Concordato 18 ago-


sto 1855 stipulato dall' Impero d'Austria con la Santa Sede, ed alla giuri-
sdizione dei Tribunali ecclesiastici in materia matrimoniale.

ART. 2. Le leggi ed i Regolamenti abrogati nelle dette Provincie per


effetto di quelle Patenti sono richiamati in vigore.
ART. 3. Tutte le cause in materia matrimoniale non definite con sentenze
passate in giudicato all'attuazione del presente Decreto, saranno rimesse
ai Tribunali civili competenti in quel grado di istanza in cui si tro-
veranno .

ART. 4. Il presente Decreto ha vigore dal giorno dell' attuazione del Reale
Decreto 19 luglio corrente, n.º 3065 ; sull'intitolazione e pubblicazione de-
gli atti del Governo.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
48 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Firenze addì 28 luglio 1866.
EUGENIO DI SAVOJA.
BORGATTI .

EUGENIO
m
)
Principe di Savoja-Carignano Luogotenente generale di S. M.
VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia.

In virtù dell'autorità a Noi delegata ;


Veduta la legge del 28 giugno 1866, n.º 2987, colla quale il Governo
del Re ebbe facoltà di pubblicare ed eseguire come legge le disposizioni
già votate dalla Camera elettiva sulle Corporazioni religiose e sull'asse ec-
clesiastico;

Udito il Consiglio dei Ministri ;


Sulla proposta del Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato per
gli Affari di Grazia, Giustizia e dei Culti, di concerto col Ministro delle
Finanze;
Abbiamo decretato e decretiamo :

ART. 1. Non sono più riconosciuti nello Stato gli ordini, le Corporazioni
e le Congregazioni religiose regolari e secolari, ed i Conservatori e Ritiri,
i quali importino vita comune ed abbiano carattere ecclesiastico.
Le case e gli stabilimenti appartenenti agli Ordini, alle Corporazioni,
alle Congregazioni ed ai Conservatori e Ritiri anzidetti sono soppressi.
ART. 2. I membri degli Ordini, delle Corporazioni e Congregazioni re-
ligiose, Conservatori e Ritiri godranno, dal giorno della pubblicazione della
presente legge, del pieno esercizio di tutti i diritti civili e politici.
ART. 3. Ai religiosi ed alle religiose, i quali prima del 18 gennaio 1864
avessero fatta nello Stato regolare professione di voti solenni e perpetui, e
che, alla pubblicazione di questa legge appartengono a Case religiose esi-
stenti nel regno, è concesso un annuo assegnamento :
1°. Pei religiosi sacerdoti e per le religiose coriste di Ordini possidenti di
lire 600, se nel giorno della pubblicazione della presente legge hanno 60
anni compiti ,
ARTICOLO I. - APPENDICE LEGISLAZIONE . 49

lire 480 se hanno da 40 a 60 anni,


lire 360 se hanno meno di 40 anni ;
2.º Pei laici e converse di Ordini possidenti, di
lire 300 da 60 anni in su,
lire 240 da 40 ai 60 anni,
lire 200 se hanno meno di 40 anni ;
3.° Pei religiosi sacerdoti e per le religiose coriste di Ordini mendi-
canti, di lire 250 ;
4.º Pe laici e converse di ordini mendicanti , di
lire 144 dall'età dei 60 anni in su,
lire 96 se hanno meno di 60 anni.
Ai religiosi e alle religiose, che prima del 18 gennaio 1864 avessero
fatta nello Stato regolare professione di voti solenni e temporanei, e che
sino alla pubblicazione di questa legge hanno continuato e continuano ad
appartenere a Case religiose esistenti nel Regno, è concesso l'annuo asse-
gnamento attribuito ai laici e converse nei numeri 2 e 4 secondo la natura
dell' Ordine.

Agl' inservienti e alle inservienti addetti da un decennio ad un Convento


esistente nel Regno sarà accordato per una sola volta un sussidio di lire
100 ; a quelli che vi sono addetti da un tempo minore, ma anteriormente al
18 gennaio 1864, un sussidio di lire 50.
ART. 4. I religiosi degli ordini possidenti che all'epoca dell' attuazione di
questa legge giustificassero di essere colpiti da grave ed insanabile infermità,
che impedisca loro ogni occupazione avranno diritto al massimo della pensione
stabilita a seconda delle distinzioni fatte nei numeri 1 e 2 del precedente
articolo.

Quelli degli Ordini mendicanti nelle stesse circostanze avranno diritto


ad una pensione annua di lire 400.
ART. 5. Alle monache contemplate nell' articolo 3, le quali all' epoca
della loro professione religiosa avessero portato una dote al Monastero, è
concesso di sciegliere tra l'assegno anzidetto ed una pensione vitalizia re-
golata sul capitale pagato in ragione della loro età a norma della tabella
A unita alla presente legge e vista d'ordine Nostro dal Ministro Guardasi-
gilli predetto.
Alle monache, che hanno fatto la loro regolare professione dopo il 18
gennaio 1864, sarà restituita la dote, quando sia stata incorporata nel pa-
trimonio della Casa .

URTOLLER Lo Statuto ecc . 4


50 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

ART. 6. Alle monache, che ne faranno espressa ed individuale domanda


fra tre mesi dalla pubblicazione di questa legge, è fatta facoltà di conti-
nuare a vivere nella casa od in una parte della medesima che verrà loro
assegnata dal Governo.
Nondimeno quando siano ridotte al numero di sei, potranno venire con-
centrate in altra Casa.
Potrà anche il Governo per esigenze di ordine o di servizio pubblico
operare in ogni tempo con Decreto Reale, previo parere del Consiglio di
Stato, il detto concentramento.
ART. 7. Le pensioni, di cui all'articolo 3, decorreranno dal giorno della
presa di possesso dei chiostri, la quale non potrà essere ritardata oltre il
31 dicembre 1866.
Qualora la rendita del fondo per il culto non fosse sufficiente a soddi-
sfare immediatamente a tutti i pesi portati dai numeri I e 2 dell'articolo
28, l'amministrazione del fondo per il culto è autorizzata, per la somma
deficiente, a contrarre un prestito da rimborsarsi con gli avanzi che si ver-
ranno d'anno in anno verificando.

ART. 8. Qualora i membri delle Corporazioni soppresse conseguano


qualche ufficio che porti aggravio sul bilancio dei Comuni, delle Provincie,
dello Stato o del fondo per il culto, o i religiosi ottengano un beneficio od
un assegno per l'esercizio di culto; la pensione sarà diminuita di una som-
ma uguale alla metà dell' assegnamento nuovo, durante l'ufficio.
ART. 9. Restano ferme le pensioni già definitivamente attribuite ai re-
ligiosi e alle religiose in esecuzione delle leggi di soppressione emanate in
alcune Provincie del Regno; quelle non assegnate definitivamente saranno
regolate dalle leggi anteriori. Tuttavia i membri di Case religiose già sop-
presse, quando la loro pensione raggiunga il massimo stabilito da questa
legge, non avranno diritto agli aumenti concessi dalle leggi anteriori ogni
qualvolta il caso che dà luogo all' aumento si verifichi sotto l'impero della
legge presente.
ART. IO. Le pensioni concesse da questa e dalle precedenti leggi di
soppressionė non potranno essere riscosse da coloro che dimorano fuori il
territorio dello Stato senza l' assentimento del Governo.
Le rate scadute durante la dimora all'estero si devolveranno al fondo
per il culto.
ART. II . Salve le eccezioni contenute nei seguenti articoli, tutti i beni
di qualunque specie appartenenti alle Corporazioni soppresse dalla presente
ARTICOLO I. - APPENDICE -

LEGISLAZIONE . 51

legge e dalle precedenti, o ad alcun titolare delle medesime, sono devoluti


al Demanio dello Stato coll'obbligo d'inscrivere a favore del fondo per il
culto, con effetto dal giorno della presa di possesso, una rendita 5 per
cento uguale alla rendita accertata e sottoposta al pagamento della tassa
di manomorta, fatta deduzione del 5 per cento per ispese d'ammini-
strazione.

I beni mobili di qualsiasi altro ente morale ecclesiastico, eccettuati


quelli appartenenti ai benefici parrocchiali e alle chiese ricettizie, saranno
pure convertiti per opera dello Stato, mediante iscrizione in favore degli
enti morali, cui i beni appartengono, in una rendita 5 per cento, eguale
alla rendita accertata e sottoposta come sopra al pagamento della tassa
di manomorta.
Se vi sieno beni, le cui rendite non sieno state denunziate e sieno
sfuggite alla revisione degli agenti finanziari nell' applicazione della tassa
di manomorta, ne sarà determinata la rendita con le norme stabilite dalla
legge del 21 aprile 1862, quanto ai beni degli enti non soppressi, e me-
diante stima quanto ai beni delle Corporazioni soppresse.
Gli oneri inerenti ai beni, che non importino condominio, s'intenderanno
trasferiti coi diritti e privilegi loro competenti sulla rendita come sopra
iscritta.

Con legge speciale sarà provveduto al modo di alienazione dei beni


trasferiti allo Stato per effetto della presente legge.
ART. 12. La presa di possesso sarà eseguita secondo le norme da sta-
bilirsi in un regolamento approvato per Decreto Reale sopra proposta dei
Ministri di Grazia, Giustizia e dei Culti, e delle Finanze.
ART. 13. I superiori ed amministratori delle Case religiose e delle
Corporazioni e Congregazioni regolari e secolari e dei Conservatori e Ritiri
e gli investiti ed amministratori degli altri enti morali dovranno denunziare
al Delegato alla presa di possesso entro il termine di quindici giorni dalla
pubblicazione della presente legge, la esistenza dell' ente e dei membri
che a questo appartengono al momento della soppressione, indicando la
data della professione o dell' assunzione in servizio e la età di ciascun
membro e dovranno notificare tutti i beni stabili e mobili e tutti i crediti
e debiti ad esso spettanti.
Dovranno altresi intervenire agli atti d'inventario e presentare tutti gli
altri documenti, che saranno richiesti dagli agenti incaricati della esecuzione
della presente legge.
52 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

Il rifiuto, il ritardo all' osservanza di questi obblighi, l'alteramento e la


falsità delle indicazioni richieste, il trafugamento, la sottrazione o l'occul-
tamento di qualunque oggetto o documento spettante alle Case religiose,
Congregazioni od agli enti morali suindicati, sarà punito con una multa da
lire 100 a lire 1000, a carico dei contravventori e dei complici, e colla
perdita dell'assegnamento, della pensione, dell' usufrutto o della porzione
di proprietà, che potesse spettare al contravventore medesimo, oltre alle
altre pene stabilite dalle vigenti leggi.
ART. 14. Indipendentemente dalle denunzie indicate nel precedente ar-
ticolo, gli agenti incaricati dell' esecuzione della legge potranno prendere
possesso definitivo di tutti beni spettanti agli enti morali contemplati nella
medesima, e dove non si potesse avere l'intervento del rappresentante
dell'ente morale, vi sarà sostituito l'intervento del pretore o di un suo
delegato, e in mancanza del medesimo, del sindaco o suo delegato.
ART. 15. Gli incaricati della presa di possesso sono riguardati come
Agenti di una pubblica Amministrazione. L'attacco, la resistenza, gli ol-
traggi e le violenze usate contro di essi saranno puniti secondo i casi e
nei termini delle leggi penali vigenti.
ART. 16. Sorgendo contestazioni sulla applicazione della legge presente
o delle leggi precedenti a qualche corpo od ente morale o sulla devolu-
zione o divisione dei beni, il possesso di questi sarà sempre dato al De-
manio fino a che non sia provveduto altrimenti, secondo i casi particolari,
o dal Governo o dai Tribunali competenti.
ART. 17. Non saranno mantenuti gli affitti dei beni immobili devoluti
al Demanio giusta l'articolo 11, se sieno stati fatti in frode. La frode si
presume se il fitto sia inferiore di un quarto a quello risultante da perizia
o da locazioni precedenti.
Non potrà essere opposto il pagamento di fitti anticipati, salvo che sia
stato fatto in conformità della consuetudine locale.
ART. 18. Sono eccettuati dalla devoluzione al Demanio e dalla con-
versione :
1. Gli edifizi ad uso di culto che si conserveranno a questa destina-
zione, in un coi quadri, statue, mobili ed arredi sacri che vi si trovano;
2. Gli episcopii, i fabbricati dei seminari e gli edifizi inservienti ad
abitazione degli investiti degli enti morali, cogli orti, giardini e cortili
annessi, e gli edifizi inservienti ad abitazione delle religiose, finchè duri
l'uso temporaneo a queste concesso ;
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE. 53

3. I fabbricati dei conventi soppressi, pei quali è provvisto cogli


articoli 20 e 21 ;
4. I beni delle cappellanie laicali e dei benefizi di patronato laicale
o misto;
5. I mobili e gli effetti necessari all'uso personale di ciascun membro
delle Corporazioni soppresse ;
6. I libri, i manoscritti, i documenti scientifici, gli archivi, oggetti
d'arte, mobili inservienti al culto, quadri, statue, arredi sacri che si trove-
ranno negli edifizi appartenenti alle Corporazioni religiose soppresse, per la
cui destinazione si provvede coll'articolo 24 ;
7. Gli edifizi colle loro adiacenze e coi mobili, dei quali è parola
nell' articolo 33 .
Nondimeno gli Agenti della pubblica Amministrazione prenderanno pos-
sesso, nel termine assegnato dall'art. 14, anche degli edifizi inservienti ad
abitazione delle religiose e dei beni indicati ai numeri 3, 6 e 7 del pre-
sente articolo.

ART. 19. Ai Comuni, nei quali esistono le Case religiose soppresse,


saranno devoluti tutti o quella parte dei beni mobili esistenti al tempo della
consegna e tutta o parte della rendita pubblica iscritta a norma del prece-
dente articolo II e corrispondente ai beni che, pei titoli legittimi, si trovino
destinati alla cura degli infermi o alla pubblica istruzione elementare o
secondaria.
Per ottenere siffatta devoluzione i Comuni dovranno farne domanda
entro il termine di cinque anni dalla pubblicazione della presente legge e
conservare la destinazione dei beni, o sostituirvene altra equivalente con
approvazione governativa, sotto pena di decadenza a favore del fondo del
culto; assumendo inoltre gli obblighi inerenti ai beni stessi ed il pagamento
al fondo per il culto delle pensioni dovute ai membri delle Case o degli
Stabilimenti soppressi in proporzione dei beni che loro pervengono.
ART. 20. I fabbricati dei conventi soppressi da questa e dalle prece-
denti leggi, quando sieno sgombri dai religiosi, saranno conceduti ai Co-
muni ed alle Provincie, purchè ne sia fatta dimanda entro il termine di un
anno dalla pubblicazione di questa legge, e sia giustificato il bisogno e
l'uso di scuole, di asili infantili, di ricoveri di mendicità, di ospedali o di
altre opere di beneficenza e di pubblica utilità nel rapporto dei Comuni e
delle Provincie.

Per le case destinate all' abitazione delle religiose secondo il disposto


54 LO STATUTO DEL REGNO , ANNOTATO.

dall'articolo 6, il termine per fare la domanda decorrerà dal giorno in cui


le case saranno rimaste sgombre .
Tale concessione non avrà luogo per quei fabbricati che al giorno della
pubblicazione di questa legge si trovassero occupati dallo Stato per pubblico
servizio, o che potessero essere adattati a locali di custodia di carcerati.
Da questa concessione saranno sempre escluse quelle parti dei fabbricati
che si trovano destinate ad uso produttivo di rendita. Potranno nondimeno
i Comuni e le Provincie ottenere la concessione delle parti suddette qualora
assumano l'obbligo di pagare la stessa rendita redimibile al 5 per cento.
ART. 21. Saranno definitivamente acquistati allo Stato, alle Provincie ed
ai Comuni gli edifizi monastici destinati agli usi indicati nell' articolo pre-
cedente e già concessi in esecuzione delle leggi anteriori di soppressione.
Dal primo gennaio 1867 in poi non decorrerà ulteriore canone od affitto
annuo che per dette concessioni si fosse stipulato, salvo gli altri obblighi
assunti in occasione della concessione o inerenti agli edifizi concessi.
ART. 22. La rendita iscritta sul Gran Libro in corrispondenza ai beni
delle Corporazioni soppresse in forza di questa legge, che, dato il caso di
soppressione, siano soggetti per espressa condizione, a riversibilità in favore
dei privati, o a devoluzione in favore dei Comuni od altri enti morali che
non siano ecclesiastici, sarà consegnata agli aventi diritto, ritenendo sulla
medesima quella parte proporzionale de' pesi, oneri e passività di ogni
specie, cui i beni erano soggetti, e delle pensioni vitalizie ai membri delle
Corporazioni religiose.
A misura che cesseranno le pensioni anzidette sarà gradatamente au-
mentata di una somma equivalente la prestazione della suindicata rendita
netta. Saranno inoltre gli aventi diritto a cui favore si effettua la devolu-
zione, tenuti al pagamento dei debiti quantitativi esistenti a carico dell'ente
morale nella proporzione della rendita che loro perviene, capitalizzata alla
ragione del cento per cinque.
In nessun caso potrà la riversibilità o devoluzione aver luogo pei beni,
i quali sono devoluti ai Comuni pel disposto dell' articolo 19.
ART. 23. I diritti di devoluzione o di riversibilità riservati da questa o
dalle precedenti leggi di soppressione, e quelli che siansi già verificati per
cause diverse dalla presente legge, dovranno farsi valere, sotto pena di
decadenza, entro il termine di cinque anni dalla pubblicazione della pre-
sente legge.
ART. 24. I libri e manoscritti, i documenti scientifici, gli archivi, i
ARTICOLO I. - APPENDICE LEGISLAZIONE. 55

monumenti, gli oggetti d' arte o preziosi per antichità che si troveranno
negli edifici appartenenti alle Case religiose e agli altri enti morali colpiti
da questa o da precedenti leggi di soppressione, si devolveranno a pub-
bliche biblioteche od a musei nelle rispettive Provincie, mediante decreto
delMinistro dei Culti, previi gli accordi col Ministro della pubblica Istruzione.
I quadri, le statue, gli arredi e mobili inservienti al culto saranno
conservati all'uso delle chiese ove si trovano.

ART. 25. Il fondo per il culto, è costituito dalle rendite e dai beni,
che gli sono attribuiti da questa legge, e dalla rendita e dai beni in virtù
di leggi preesistenti già devoluti alla Cassa ecclesiastica o assegnati in
genere per servizio o spese di culto.
ART. 26. Il fondo anzidetto sarà amministrato, sotto la dipendenza del
Ministro di Grazia e Giustizia, da un Direttore assistito da un Consiglio
d'Amministrazione, nominati tutti per Decreto Reale.
Una Commissione di vigilanza composta di tre Senatori e di tre Depu-
tati, eletti ogni anno dalle rispettive Camere, e di tre membri nominati,
sopra proposta del Ministro dei Culti, dal Re, che ne designerà pure il
presidente, avrà l'alta ispezione delle operazioni concernenti il fondo per il
culto e sulle medesime rassegnerà annualmente al Re una relazione, che
verrà distribuita al Parlamento.

A questa Commissione dovranno essere presentati il bilancio preventivo,


i resoconti annuali dell' amministrazione del fondo per il culto, lo stato
delle pensioni liquidate e di quelle esistenti o cessate nel corso dell' anno,
eun notamento degli edifici e delle rendite pubbliche, che saranno passati
ai Comuni, alle Provincie od agli altri aventi diritto da questa legge.
ART. 27. L'amministrazione del fondo per il culto dovrà sorvegliare
alla presa di possesso, e provvedere alla liquidazione ed al pagamento
delle pensioni e degli assegnamenti concessi colla legge presente ed al
riparto ed alla consegna della rendita e dei beni, alla conservazione e re-
stituzione dei mobili ed immobili, il cui usufrutto è concesso agli odierni
investiti di enti morali soppressi.
ART. 28. Saranno pagati a carico del fondo per il culto nell'ordine
sotto indicato e nella misura dei fondi disponibili :
1. Gli oneri inerenti ai beni passati al Demanio e trasferiti sulla ren-
dita pubblica a norma dell' art. 11 , e quelli incombenti alla Cassa ecclesiastica;
2. Le pensioni dei membri degli Ordini e delle Corporazioni religiose
a termini di questa e delle precedenti leggi di soppressione;
56 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

3. Tutti gli oneri che gravano il Bilancio dello Stato per spese del
culto cattolico;
4. Un supplemento di assegno ai parrochi che, compresi i prodotti
casuali calcolati sulla media di un triennio, avessero un reddito minore di
lire 800 annue. Le parrocchie che conterranno meno di 200 abitanti, quando
non concorrano gravi circostanze di luoghi o di comunicazioni, potranno
essere escluse in tutto o in parte dal supplemento anzidetto ;
5. I pesi che le diverse leggi del Regno pongono a carico delle Pro-
vincie e dei Comuni per ispese di culto, in quanto non derivino da diritto
di patronato, da contratti bilaterali o non siano il corrispettivo o la condi-
zione di concessioni fatte dal Governo da un corpo o ente morale o da
privati.
ART. 29. Non saranno riconosciuti i debiti, gli oneri e qualsiasi altra
passività, se non siano stati contratti secondo le leggi ed i regolamenti
vigenti in ciascun luogo e per ciascun corpo od ente morale soppresso, e
se i relativi titoli non abbiano acquistato data certa prima del 18 gennaio
1864, a meno che non fosse provato che le somme mutuate vennero ri-
volte a vantaggio del patrimonio della Corporazione soppressa.
Si eccettuano debiti per somministrazioni dell'ultimo anno, in quanto
siano verisimili e corrispondenti ai bisogni o all' annua rendita di ciascun
corpo od ente morale, e risultino o dai registri del corpo od ente morale
medesimo, o dai libri dei negozianti o somministratori.
Questi ultimi debiti dovranno essere denunziati all' Autorità delegata
per la presa di possesso dei beni entro sei mesi dalla pubblicazione di
questa legge, altrimenti rimarranno estinti.
ART. 30. Pel pagamento dei debiti degli oneri, e di qualsiasi altra pas-
sività degli enti e corpi morali soppressi, il fondo per il culto, le Provincie
e i Comuni non saranno tenuti ad un ammontare maggiore di quello risul-
tante o dalla rendita netta accertata definitivamente nella presa di possesso,
o dal capitale formato dal cento per cinque della rendita medesima.
ART. 31. Sarà imposta sugli enti e corpi morali ecclesiastici conservati
e sopra i beni od assegnamenti degli odierni investiti di enti soppressi una
quota di concorso a favore del fondo pel culto nelle proporzioni seguenti :
1. Benefizi parrocchiali, sovra il reddito netto di qualunque specie o
provenienza eccedente le lire 2,000, in ragione del 5 per cento fino alle
lire 5.000; in ragione del 12 per cento dalle lire 5,000 fino a lire 10,000,
ed in ragione del 20 per cento sopra ogni reddito netto maggiore ;
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE . 57

2. Seminari e fabbricerie, sopra il reddito netto eccedente le lire


10,000 in ragione del 5 per cento; dalle lire 15,000 fino alle lire 25,000
del 10 per cento; e finalmente in ragione del 15 per cento per ogni red-
dito maggiore ;
3. Arcivescovadi e vescovadi, in ragione del terzo del reddito netto
sopra la somma eccedente le lire 10,000; in ragione della metà sopra somma
eccedente le lire 20,000; in ragione dei due terzi sopra la somma eccedente
le lire 30,000; e del totale eccedente le lire 60,000 ;
4. Abbazie, benefizi canonicali e semplici, opere di esercizi spirituali,
santuari e qualunque altro benefizio o stabilimento di natura ecclesiastica
od inserviente al culto non compreso nei paragrafi precedenti, sopra il
reddito netto, di qualunque specie, o provenienza, eccedente le lire 1,000,
nella proporzione indicata al n. I di questo articolo.
Per la liquidazione, lo stabilimento e la riscossione della quota di con-
corso saranno seguite le basi, i modi e le norme delle leggi e dei Rego-
lamenti relativi alla tassa di manomorta. Oltre le deduzioni ivi determinate,
I

non se ne ammetterà altra che quella della tassa di manomorta.


ART. 32. I beni immobili che gli enti morali riconosciuti dalla presente
legge potranno acquistare secondo le norme della legge 5 giugno 1850,
n. 1037, o per esazione di crediti nei casi di espropriazione forzata, e
quelli che cessassero di essere destinati a taluno degli usi contemplati
nell'art. 18, saranno convertiti in rendita pubblica a norma dell' art. II .
ART. 33. Sarà provveduto dal Governo alla conservazione degli edifizi
colle loro adiacenze, biblioteche, archivi oggetti di arte, strumenti scientifici
e simili delle Badie di Montecassino, della Cava dei Tirreni, di S. Martino
della Scala, di Monreale, della Certosa presso Pavia e di altri simili sta-
bilimenti ecclesiastici distinti per la monumentale importanza e pel com-
plesso dei tesori artistici e letterari.
La spesa relativa sarà a carico del fondo del culto.
ART. 34. Le disposizioni della legge 10 agosto 1862, n. 743, continue-
ranno ad essere eseguite nelle Provincie Siciliane. Le relative operazioni di
censuazione saranno proseguite nell'interesse, ed in confronto del Demanio .
ART. 35. A ciascun Comune è concesso il quarto della rendita iscritta

L'art. 6 del R. Decreto 4 novembre 1863 n. 3346 esento dalla quota di con-
corso le case o porzioni di case che servono di abitazione ai parroci e loro coa-
diutori .
58 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

e corrispondente ai beni delle Corporazioni religiose soppresse dalla pre-


sente e dalle leggi precedenti nel Comune medesimo, dedotti gli oneri e le
passività gravitanti sulla rendita stessa. I Comuni saranno obbligati, sotto
pena di decadenza in favore del fondo per il culto, ad impiegare il quarto
anzidetto in opere di pubblica utilità, e specialmente nella pubblica istruzione.
Questo quarto sarà dato ai Comuni a misura che estinguendosi le pen-
sioni, e pagato il debito che il fondo del culto avesse contratto ai termini
dell'art. 7, si andrà verificando un avanzo delle rendite del fondo stesso
destinato al pagamento delle pensioni ai religiosi.
Ai Comuni di Sicilia sarà dato questo quarto dal primo gennaio 1867
coll' obbligo però di pagare il quarto delle pensioni dovute ai religiosi
dell'isola, e colla devoluzione a vantaggio dei Comuni stessi di quanto
risulterà per la cessazione delle pensioni.
Le altre tre parti dell'avanzo che si andrà verificando nelle rendite del
fondo per il culto collo estinguersi delle pensioni, e dopo pagato il debito
che fosse stato contratto ai termini dell' art. 7, saranno devolute allo Stato.
Dalla concessione del quarto saranno eccettuate le rendite delle Case
religiose contemplate nell' art. 33, i di cui edifizi devono essere conservati
a spese del fondo per il culto.
ART. 36. Rimangono estinti i crediti appartenenti alle Corporazioni
religiose soppresse, che vennero posti a carico dello Stato in disgravio dei
Comuni Siciliani col Decreto prodittatoriale 17 ottobre 1860, richiamato
col Reale Decreto del 29 aprile 1863 , n. 1223 .
Questi crediti non saranno computati in ogni caso di devoluzione o di
riparto che sia stabilito da questa legge.
ART. 37. La Cassa ecclesiastica verrà soppressa alla pubblicazione di
questa legge.
Gl'impiegati addetti alla medesima conserveranno i diritti loro attribuiti
dalle leggi d'istituzione della Cassa ecclesiastica e godranno, a carico del
fondo per il culto, delle disposizioni transitorie contenute negli art. 13, 14
e 15 della legge sulle disponibilità ed aspettative dell' II ottobre 1863,
num. 1500.
L'anno di favore indicato nell' art. 13 di detta legge decorrerà dalla
pubblicazione della presente.
Saranno però tenuti detti impiegati a prestare servizio presso gli uffici,
ai quali fossero applicati dal Governo sotto pena della perdita della qualità
di impiegati e dello stipendio.
ARTICOLO I. - APPENDICE LEGISLAZIONE . 59

Finchè dura la loro applicazione a qualche ufficio percepiranno il loro


stipendio attuale .
ART. 38. Sono mantenuti nelle antiche Provincie la legge 29 maggio
1855, n. 878, nelle Marche il Decreto 3 gennaio 1861, n. 705, nell' Umbria
il Decreto II dicembre 1860, n. 168, e nelle Provincie napoletane il De-
creto 17 febbraio 1861, nelle disposizioni che non sono contrarie alla pre-
sente legge.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Firenze addi 7 luglio 1866.
EUGENIO DI SAVOJA.
BORGATTI .

SCIALOJA.

TABELLA . (Pensioni vitalizie, articolo 5).

Età fino a 30 anni, 6 per cento da 30 a 35 , 6 112 per cento da -

35 a 40, 7 per cento da 40 a 45, 7 112 per cento da 45 a 50, 8 112


per cento da 50 a 55 , 9 112 per cento
-

da 55 a 60, 10 112 per cento


-

da 60 a 65, 12 112 per cento da 65 a 70, 16 per cento da 70 a


75, 22 per cento da 75 a 80 ed oltre, 28 per cento.
Visto d' ordine di S. A. R.
Il Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti
BORGATTI .

n) VITTORIO EMANUELE

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato ;


Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
ART. I. Non sono più riconosciuti come enti morali :
1. I capitoli delle chiese collegiate, le chiese ricettizie, le comunie e
le cappellanie corali, salvo, per quelle tra esse che abbiano cure d'anime,
un solo beneficio curato od una quota curata di massa per congrua par-
rocchiale;
60 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

2. I canonicati, i benefizi e le cappellanie di patronato regio e lai-


cale de' capitoli delle chiese cattedrali ;
3. Le abbazie ed i priorati di natura abbaziale ;
4. I benefizi ai quali, per la loro fondazione, non sia annessa cura
d'anime attuale, o l'obbligazione principale permanente di coadiuavare al
parroco nell'esercizio della cura ;
5. Le prelature e cappellanie ecclesiastiche, o laicali ;
6. Le istituzioni con carattere di perpetuità, che sotto qualsivoglia
denominazione o titolo sono generalmente qualificate come fondazioni o
legati pii per oggetto di culto, quand' anche non erette in titolo ecclesia-
stico, ad eccezione delle fabbricerie, od opere destinate alla conservazione
dei monumenti ed edifizi sacri che si conserveranno al culto. Gli istituti
di natura mista saranno conservati per quella parte dei redditi e del patri-
monio che, giusta l'articolo 2 della legge 3 agosto 1862, n. 753, doveva
essere distintamente amministrata, salvo quanto alle confraternite quello che
sarà con altra legge apposita ordinato, non differito intanto il richiamo
delle medesime alla sorveglianza dell' autorità civile.
La designazione tassativa delle opere che si vogliono mantenere perchè
destinate alla conservazione di monumenti, e la designazione degli edifizi
sacri da conservarsi al culto, saranno fatte con Decreto Reale da pubbli-
carsi entro un anno dalla promulgazione della presente legge.
ART. 2. Tutti i beni di qualunque specie, appartenenti agli anzidetti enti
morali soppressi, sono devoluti al Demanio dello Stato sotto le eccezioni
e riserve infra espresse :
Quanto ai beni stabili, il Governo, salvo il disposto dell'art. 21, inscri-
verà a favore del fondo del culto, con effetto dal giorno della presa di
possesso, una rendita del 5 per cento, uguale alla rendita dei medesimi
accertata e sottoposta alla tassa di mano-morta, fatta deduzione del 5 per
cento per spese d'amministrazione. Per le Provincie Venete e la Mantovana
la rendita da inscriversi corrisponderà a quella accertata per gli effetti dell'e-
quivalente d' imposta a termini del Regio Decreto 4 novembre 1866, n. 2346.
Quanto ai canoni, censi, livelli, decime ed altre annue prestazioni, pro-
venienti dal patrimonio delle corporazioni religiose e degli altri enti mo-
rali soppressi dalla legge 7 luglio 1866 e della presente, il Demanio le
assegnerà al fondo del culto, ritenendone la amministrazione per conto del
medesimo : rimane per conseguenza abrogato l'obbligo della iscrizione
della relativa rendita, imposto dall'articolo 11 delle legge 7 luglio 1866.
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE. 61

I canoni, censi, livelli, decime ed altre annue prestazioni, appartenenti


agli enti morali non soppressi, seguiteranno a far parte delle rispettive dota-
zioni a titolo di assegno.
Cessato l'assegnamento agli odierni partecipanti delle chiese ricettizie
edelle comunie con cura d'anime, la rendita inscritta come sopra, e i
loro canoni , censi, livelli e decime assegnate al fondo del culto passe-
ranno ai Comuni in cui esistono le dette chiese, con l'obbligo ai mede-
simi di dotare le febbricerie parrocchiali e di costituire il supplemento di
assegno ai parroci di cui è parola nel numero 4 dell'articolo 28 della
legge del 7 luglio 1866.
ART. 3. Gli odierni investiti per legale provvista degli enti morali
non più riconosciuti a termini dell'articolo primo, gli odierni partecipanti
delle chiese ricettizie, delle comunie e delle cappellenie corali, che sieno
nel possesso della partecipazione, riceveranno, vita durante e dal dì della
pubblicazione di questa legge, dai patroni se trattasi di benefizi o cappel-
lanie di patronato laicale, e negli altri casi dal fondo del culto, un assegna-
mento annuo corrispondente alla rendita netta della dotazione ordinaria,
purchè continuino ad adempiere gli obblighi annessi a quegli enti.
L'assegnamento anzidetto non potrà mai essere accresciuto, nemmeno
per titolo di partecipazione alla massa comune, per la mancanza o la
morte di alcuno tra i membri di un capitolo, e cessarà se l'investito ven-
ga provveduto di un altro benefizio, o si verifichi qualunque altra causa
di decadenza .
Quando l'odierno investito abbia diritto di abitazione in una casa che
faccia parte della dotazione dell'ente ecclesiastico soppresso, continuerà
ad usarne.

ART. 4. Salvo le eccezioni di cui all'articolo 5, i diritti di patronato,


di devoluzione o di riversibilità non potranno, quanto agli stabili, farsi
valere fuorchè sulla relativa rendita inscritta.

I diritti suaccennati, sopra qualunque sostanza mobiliare od immobiliare


devoluta al Demanio, dovranno essere nelle forme legittime e sotto pena
di decadenza esercitati entro il termine di cinque anni dalla pubblicazione
della presente legge, salvo gli effetti delle leggi anteriori quanto ai diritti
già verificati in virtù delle medesime.
I privilegi e le ipoteche lagittimamente inscritte sopra i beni immobili
devoluti al Demanio dello Stato in forza della legge 7 luglio 1866 o della
presente, conserveranno il loro effetto.
62 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ.

Però si dovrà nell'iscrizione nel Gran Libro del Debito pubblico della
rendita al fondo del culto, od all'ente ecclesiastico rispettivamente, fare la
deduzione della somma corrispondente agli interessi del credito ipotecario
inscritto.

I privilegi e le ipoteche inscritti per guarantire l'adempimento degli


oneri annessi alla fondazione s'intenderanno di pien diritto cessare da ogni
effetto.

ART. 5. I patroni laicali dei benefizi di cui all'articolo 1. potranno ri-


vendicare i beni costituenti la dotazione, con che nel termine di un anno
dalla promulgazione della presente legge, con atto regolare, esente da tassa
di registro, ne facciano dichiarazione, paghino contemporaneamente un quarto
del 30 per cento del valore dei beni medesimi calcolato senza detrazione
dei pesi, salvo l'adempimento dei medesimi, si e come di diritto, e si ob-
blighino di pagare in tre rate eguali annue gli altri tre quarti cogli inte-
ressi, salvo, nei rapporti cogli investiti, e durante l'usufrutto, l'effetto del-
l'art. 507 del Codice civile.
Qualora il patronato fosse misto, ridotto alla metà il 30 per cento di
cui sopra, il patrono laicale dovrà inoltre pagare negli stessi modi e ter-
mini una somma eguale alla metà dei beni depurati dai pesi annessi al be-
nefizio.

Se il patronato attivo si trovasse separato dal passivo, i vantaggi loro


accordati colla presente legge saranno tra essi divisi.
I beni delle prelature e delle cappellanie, di cui al numero 5 dell' arti-
colo 1, delle fondazioni e legati pii ad oggetto di culto, di cui al numero
6, s'intenderanno, per effetto della presente legge, svincolati, salvo l'adem-
pimento dei pesi, si e come di diritto, e mediante pagamento, nei modi e
termini sopra dichiarati, della doppia tassa di successione fra estranei, sotto
pena, in difetto di decadenza.
ART. 6. I canonicati delle chiese cattedrali non saranno provvisti oltre
al numero di dodici, compreso il beneficio parrocchiale e le dignità od uf-
fici capitolari.
Le cappellanie e gli altri benefizi di dette chiese non saranno provvisti
oltre al numero di sei.
Quanto alle mense vescovili, le rendite ed altre temporalità dei vesco-
vadi rimasti o che si lascieranno vacanti, continueranno ad essere devo-
luti agli economati, i quali dovranno principalmente erogarle, come ogni
altro provento, a migliorare le condizioni dei parrochi e sacerdoti bisognosi,
ARTICOLO I. APPENDICE -

LEGISLAZIONE . 63

alle spese di culto e di ristauro delle chiese povere, e ad altri usi di ca-
rità, giusta le disposizioni del Regio Decreto 26 settembre 1860, n. 4314.
I conti di queste erogazioni saranno annualmente presentati al parla-
mento in un col bilancio del Ministero di Grazia, Giustizia e Culti.
ART. 7. I beni immobili, già passati al Demanio per effetto della legge
7 luglio 1866, e quelli trasferitigli in virtù della presente legge, saranno
amministrati ed alienati dall' Amministrazione demaniale sotto la immediata

sorveglianza di una Commissione istituita per ogni Provincia del Regno,


e mediante l'osservazione delle prescrizioni infra espresse.
La Commissione provinciale delibera sui contratti di mezzadria, affitta-
menti e alienazioni; sulla divisione in lotti e sopra ogni altro incidente
che riguardi l'amministrazione e le alienazioni. Il Direttore demaniale avrà
l'amministrazione di fatto e la esecuzione delle deliberazioni della Com-
missione provinciale.
ART. 8. La Commissione provinciale sarà composta del Prefetto, che
ne sarà il presidente, del Procuratore del Re presso il Tribunale del capo-
luogo della Provincia, del Direttore del Demanio o di un suo delegato, di
di due cittadini eletti, ogni due anni, dal Consiglio provinciale anche fuori
del suo seno.

Una Commissione centrale di sindacato, composta di un Consigliere di


Stato, di un Consigliere della Corte dei conti, del Direttore generale del
Demanio e Tasse, del Direttore del fondo pel culto, e di altri due membri
nominati per Decreto Reale, presieduta dal Ministro delle Finanze, soprain-
tenderà all'amministrazione e vigilerà all'andamento delle alienazioni nel
modo infra espresso e secondo le norme che verranno stabilite per Rego-
lamento da approvarsi con Regio Decreto.
Essa presenterà al Parlamento una relazione annuale sull' andamento
dell' amministrazione e delle alienazioni anzidette, la quale relazione sarà
esaminata dalla Commissione del bilancio.
ART. 9. I beni saranno divisi in piccoli lotti, per quanto sia possibile,
tenuto conto degli interessi economici, delle condizioni agrarie e delle
circostanze locali.
ART. 10. Le alienazioni avranno luogo mediante pubblici incanti col-
l'assistenza di uno dei membri della Commissione provinciale.
Il prezzo su cui si aprirà la gara sarà determinato dalla media aritme-
tıca, fra il contributo principale fondiario moltiplicato per sette e capitaliz-
zato in ragione di cento per ogni cinque; la rendita accertata e sottoposta
64 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

alla tassa di manomorta od equivalente l'imposta, moltiplicata per venti,


con l' aumento del dieci per cento; ed il fitto più elevato dell' ultimo de-
cennio, depurato dalle imposte, moltiplicato per venti, se i beni si trovino
attualmente o sieno stati locati in detto periodo di tempo.
Non si farà luogo a perizia diretta se non nei casi in cui la detta
Commissione, con deliberazione motivata, ne dichiari la necessità.
ART. II . Sarà ammesso a concorrere chi provi avere depositato in
qualunque cassa dello Stato, in valore che sarà specificato all' articolo 17,
il decimo del prezzo determinato a norma dell' articolo precedente.
ART. 12. Andato deserto il primo incanto, l' Amministrazione demaniale
procederà coll' assistenza di un membro della Commissione provinciale, ad un
secondo incanto mediante schede segrete. Le offerte a schede segrete saranno
presentate col certificato del seguito deposito del decimo del prezzo, e secondo
l'articolo precedente saranno dissuggellate in pubblico nel giorno prefissato
dagli avvisi. L'aggiudicazione sarà proclamata in favore di colui, la offerta
del quale superi le altre e sia per lo meno eguale al prezzo prestabilito
per gli incanti.
Se nemmeno questo secondo esperimento abbia ottenuto risultato, si
potranno aprire nuovi incanti con ribasso del prezzo, purchè il provvedi-
mento e la misura del ribasso sieno deliberati a voti unanimi dalla Com-
missione provinciale. Vi sarà bisogno dell' approvazione della Commissione
centrale se la deliberazione della Commissione provinciale sia stata presa
a semplice maggioranza.
Non si farà mai luogo ad alienazione per trattative private.
ART. 13. Proclamata l'aggiudicazione, l'acquirente dovrà, entro dieci
giorni, versare in una cassa dello Stato la differenza fra il decimo del
prezzo di aggiudicazione, oltre le spese e tasse di trasporto, di trascrizione
e d'iscrizione ipotecaria indicate negli avvisi d'asta ; e se abbia fatto il
deposito in titoli del debito pubblico, dovrà inoltre convertirlo in valori
indicati all' articolo 17 .
Entro il periodo dei dieci giorni anzidetti, la Commissione dovrà esa-
minare ed approvare, ove ne sia il caso, l'atto di aggiudicazione .
Entro otto giorni dalla presentazione dell' attestato della Tesoreria, com-
provante l' effettuato versamento, il Prefetto rilascierà all'acquirente un estratto
del processo verbale d'aggiudicazione relativo al lotto acquistato, da esservi
almeno sommariamente descritto; farà a piedi dell' estratto menzione dell' ap-
provazione data dalla Commissione e lo munirà di una sua ordinanza esecutiva.
ARTICOLO I. - APPENDICE LEGISLAZIONE . 65
Questo estratto, firmato dal Prefetto, munito del sigillo della Prefettura,
avrà forza di titolo autentico ed esecutivo della compra-vendita, in virtù
del quale si procederà alla presa di possesso, alla voltura catastale ed
alla trascrizione.

Se saranno trascorsi trenta giorni senza che l'aggiudicatario abbia a-


dempiuto a quanto è prescritto nel presente articolo, si procederà a nuovi
incanti del fondo, a rischio e spese dell'aggiudicatario, il quale perderà
l' eseguito deposito e sarà inoltre tenuto al risarcimento dei danni.
ART. 14. Gli altri nove decimi del prezzo saranno pagati, a rate e-
guali, in anni 18 con l'interesse scalare del 6 per cento.
Il valore delle cose mobili poste nel fondo per il servizio e la coltiva-
zione del medesimo, a senso dell'articolo 413 del Codice civile, dovrà es-
sere pagato congiuntamente al primo decimo del prezzo.
I boschi di alto fusto non potranno essere tagliati, nè in tutto nè in
parte, finchè l'aggiudicatario non ne abbia pagato l'intiero prezzo, od una
parte di esso corrispondente al valore del taglio; o non abbia previamente
fornita all' Agente del Demanio idonea garanzia del pagamento, uniforman-
dosi in ogni caso alle disposizioni delle leggi forestali.
Sarà fatto l'abbuono del 7 per cento sulle rate che si anticipano a
saldo del prezzo all' atto del pagamento del primo decimo, e l'abbuono
del 3 per cento a chi anticipasse le rate successive entro due anni dal
giorno dell' aggiudicazione.
ART. 15. La ipoteca legale competente al Demanio pei fondi venduti
in virtù dell' articolo 1969 del Codice civile, sarà inscritta d'ufficio dal
Conservatore delle ipoteche a senso dell' articolo 1985 dello stesso Codice,
sulla presentazione che sarà fatta, a cura del Prefetto, dello estratto del
verbale di aggiudicazione, di cui è parola nell' articolo 13.
Gli articoli 20 e 22 della legge sul credito, fondiario del 14 giugno 1866
saranno applicabili contro i debitori morosi per la riscossione degli inte-
ressi, o di tutto o di parte del prezzo.
ART. 16. Resta mantenuta per la Provincia di Sicilia, e pei beni ai
quali si riferisce, la legge to agosto 1862, n. 743.
ART. 17. È fatta facoltà al Governo di emettere, nelle epoche e nei
modi che crederà più opportuni, colle norme che verranno stabilite per
Regio Decreto, tanti titoli fruttiferi al 5 per cento, quanti valgano a far
entrare nelle casse dello Stato la somma effettiva di 400 milioni.
Questi titoli saranno accettati al valore nominale in conto di prezzo
URTOLLER - Lo Statuto ecc. 5
66 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

sull' acquisto dei beni da vendersi in esecuzione della presente legge, ed


annullati man mano che saranno ritirati.

ART. 18. Una tassa straordinaria è imposta sul patrimonio ecclesia-


stico, escluse le parrocchie, e ad eccezione dei beni di cui nell'ultimo ca-
poverso dell'articolo 5, nel caso e sotto le condizioni ivi espresse. Questa
tassa sarà nella misura del 30 per cento, e verrà riscossa nei modi seguenti :
a) Sul patrimonio rappresentato dal fondo del culto sarà cancellato
il 30 per cento della rendita già intestata al medesimo in esecuzione delle
precedenti leggi di soppressione ; sarà inscritto il 30 per cento di meno
della rendita di cui dovrebbesi fare la inscrizione in virtù di dette leggi e
della presente; e da ultimo sul 70 per cento che rimarrebbe da assegnare,
si inscriverà in meno tanta rendita, quanta corrisponda al 30 per cento del
valore dei canoni, censi, livelli, decime ed altre annue prestazioni, appli-
cate dal Demanio al fondo del culto, sui quali cespiti non si farà preleva-
zione diretta ;
b) Sul patrimonio degli enti morali ecclesiastici non soppressi si riterrà,
inscrivendolo in meno, il 30 per cento della rendita dovuta a ciascun ente,
in sostituzione de' beni stabili passati al Demanio. Sul 70 per cento che
sarebbe ancora dovuto per questo titolo, si terrà, inscrivendolo in meno, il
30 per cento del valore dei canoni, censi, livelli, decime ed altre presta-
zioni, appartenenti all'ente stesso, sui quali non si farà in questo caso pre-
levazione diretta. Se il 30 per cento del valore di queste annualità supe-
rasse quello del 70 per cento, la differenza della rendita da inscrivere in
sostituzione degli stabili, sarà riscossa prelevando una corrispondente quota
di detti canoni, censi, livelli, decime ed altre prestazioni ;
c) Sui beni delle soppresse corporazioni religiose di Lombardia si ri-
scuoterà la tassa straordinaria del 30 per cento, in quattro rate annuali,
nei modi e col procedimento relativo alla riscossione del contributo fon-
diario.

ART. 19. Quando, per effetto della tassa straordinaria del 30 per cento
il reddito netto di un vescovado fosse ridotto ad una somma inferiore alle

lire 6, 000, gli attuali investiti riceveranno dal fondo del culto una somma
annuale che compra le 6,000 lire.
ART. 20. La quota di concorso imposta con l'articolo 31 della legge
del 7 luglio 1866 sarà riscossa sul reddito depurato dai pesi inerenti all' ente
morale ecclesiastico non soppresso.
ART. 21. La riscossione dei crediti dell' Amministrazione del fondo del
ARTICOLO I. - APPENDICE - LEGISLAZIONE. 67

culto si farà coi privilegi fiscali determinati dalle leggi per la esazione
delle imposte.
ART. 22. Le disposizioni della legge 7 luglio 1866 continueranno ad
avere il loro effetto in tutto ciò che non è altrimenti disposto nella
presente .
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta
nella raccolta ufficiale delle leggi e dei Decreti del Regno d'Italia, man-
dando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge
dello Stato.

Dato a Torino addi 15 agosto 1867.


VITTORIO EMANUELE .
U. RATTAZZI .

S. TECCHIO .

0) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia.

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato ;


Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue :
ART. I. Pel conseguimento delle pensioni attribuite dalla legge 7 lu-
glio 1866, n. 3036, sono assimilati ai sacerdoti :
1. I religiosi professi ordinati in sacris prima della pubblicazione della
rispettiva legge o Decreto di soppressione, e non dopo il 18 gennaio 1864,
per le Corporazioni soppresse con la legge 7 luglio 1866 ;
2. Gli ex-frati dell'ordine di San Giovanni di Dio, detto dei Fate-
bene-fratelli, ad eccezione degli inservienti.
ART. 2. Non sarà di ostacolo al conseguimento delle pensioni suindicate
la circostanza di aver fatta professione fuori lo Stato :
I. Pei religiosi, i quali per regola del proprio istituto non potevano
professare altrove che in Roma ;
2. Pei religiosi, i quali avessero professato in paese tuttora soggetto
al dominio ponteficio, perchè trovavasi quivi la sede del noviziato della
provincia monastica cui appartenevano.
ART. 3. A tutti quei religiosi o religiose che, per aver fatta la loro pro-
fessione nell'età prescritta dai Canoni, ma prima di quella voluta dalle leggi
civili, non avevano diritto alla pensione che l'articolo 3 della legge 7 luglio
68 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

1866 consente ai membri delle soppresse Corporazioni religiose, è concesso


l' annuo assegnamento a titolo di alimento di L. 250 se sacerdoti, diaconi,
suddiaconi e coriste, e di L. 144 a tutti gli altri professi.
ART. 4. L'assegnamento di cui si parla sarà vitalizio per quelli che, al
momento della promulgazione della presente legge, abbiano compiuti cin-
quanta anni, e sarà di un quinquennio per gli altri. Esso non si concederà,
ovvero cesserà ogniqualvolta risulti avere il religioso dal privato patrimonio
od altrimenti un reddito netto e stabile uguale all'assegnamento.
ART. 5. Le disposizioni contenute negli articoli 8 e 10 della legge 7
luglio 1866 , sono applicabili anche agli individui contemplati nella
presente.
ART. 6. Non godranno dei benefizi della presente legge coloro che,
essendo affiliati a conventi di Roma o di altri paesi estranei al Regno
d' Italia, siano stati trasferiti a conventi del Regno posteriormente al 18
gennaio 1864.
ART. 7. Il suddeto assegnamento decorrerà dal giorno della promulga-
zione della presente legge.
Ordiniamo che la presente munita del sigillo dello Stato, sia inserta
nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, man-
dando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello
Stato.

Dato a Firenze addi 29 luglio 1868.


VITTORIO EMANUELE
DE FILIPPO.

p) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e volontà della Nazione Re d' Italia.

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato ;


Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue :

ART. 5. È approvata la legge sulla conversione dei beni immobilidelle


Fabbricerie, che costituisce l' allegato P.

Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta
nella raccolta ufficiale delle leggi e dei Decreti del Regno d' Italia man
ARTICOLO I. - APPENDICE LEGISLAZIONE . 69

dando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge


dello Stato.

Dato a Firenze addi II agosto 1870.


VITTORIO EMANUELE.
QUINTINIO SELLA.

ALLEGATO P.

Legge sulla conversione dei beni immobili delle Fabbricerie.

ART. I. Sono compresi nella conversione disposta dal paragrafo secondo


dell'articolo 11 della legge 7 luglio 1866, n. 3036, i beni immobili delle
Fabbricerie e di altre Amministrazioni in genere delle chiese parrocchiali,
delle sussidiarie, dei santuari ed oratorii presentemente riconosciuti quali
Enti morali ed aperti al culto.
ART. 2. Sono compresi parimenti nella conversione disposta dal para-
grafo secondo dell' articolo II della legge 7 luglio 1866, n. 3036, i beni
spettanti ai Capitoli cattedrali, ancorchè investiti di parrocchialità, o collet-
tivamente o singolarmente abbiano cura d'anime abituale ed attuale, obbli-
gazione principale e permanente di coadiuvare il Parroco nell' esercizio
della cura, salvo sempre una sola prebenda curata, se esiste separata dalla
massa, ovvero una quota curata di massa, da separarsi per costituire la
congrua di un solo Parroco.
Agli altri Enti morali collettivi, ancorchè abbiano parrocchialità o cura
d' anime nelle condizioni indicate nel precedente paragrafo, deve ritenersi
applicabile l' articolo I del numero I della legge 15 agosto 1867, n. 3848,
in modo però che anche riguardo ai medesimi rimanga salvo un solo Be-
neficio curato od una quota curata di massa per congrua parrocchiale.
ART. 3. Rimangono escluse dalla conversione dei beni appartenenti alle
Fabbricerie le cave di marmi addette a quelle chiese che con Decreto
Reale verranno dichiarate monumenti patrii, e che sono destinate esclusiva-
mente alle manutenzione , riparazione e completamento delle suddette
chiese.

ART. 4. Nella esenzione della conversione stabilita nell'art. 18 della .


legge 7 luglio 1866 sono compresi :
a) Gli edifizi ad uso di culto ;
b) Gli edifizi necessari ad uso d' Uffizio delle rispettive Amministra--
70 LO STATUTO DEL REGNO , ANNOTATO.

zioni, o di abitazione dei Rettori, Coadiutori, Cappellani, custodi ed inser-


vienţi della chiesa, con limitazione alla parte strettamente necessaria.
ART. 5. La tassa straordinaria del 30 per cento, imposta dall'art. 18
della legge 15 agosto 1867 n. 3848, non si applicherà al singolo Beneficio
che costituisce la congrua dei singoli Parroci a norma dell'articolo 2, nè
ai Benefici cui sia annessa l'obbligazione principale permanente di coadiu-
vare al Parroco nell'esercizio della cura; ed a partire dal 1. gennaio 1871
non si applicherà più al patrimonio delle chiese parrocchiali e delle suc-
cursali amministrato dalle Fabbricerie, Opere od altre Amministrazioni.
Rimane al Governo il diritto di esigere il 30 per cento sulla rendita
del patrimonio predetto, corrispondente al tempo anteriore al 1. gennaio 1871.
ART. 6. Saranno pure esenti dalla tassa straordinaria del 30 per cento
quegli edifizi addetti a' culto e non contemplati nei precedenti articoli, che
siano dichiarati monumentali con Decreto Reale, sentito il parere della
Giunta centrale d' antichità e belle arti, e dimostrato che, fatta la suddetta
riduzione, la rendita rimanente non potrebbe bastare al loro mantenimento.
ART. 7. Le Fabbricerie che siano state dichiarate immuni da conver-
sione per sentenza passata in giudicato, vi saranno soggette per effetto
della presente legge, salvi i diritti dei terzi.
ART. 8. Per l'articolo 6 della legge 15 agosto 1867, n. 3848, devono rite-
nersi soppressi nelle chiese cattedrali i Canonicati che eccedono il numero
di dodici e gli altri Benefici e le Cappellanie che eccedono il numero di sei.
ART. 9. Resta mantenuta per le Provincie di Sicilia la legge 10 agosto
1862, n. 743 .
Saranno parimenti applicate le disposizioni delle leggi 7 luglio 1866 e
15 agosto 1867, in quanto non sia altrimenti disposto dalla presente.
Visto: Il Ministro delle Finanze
QUINTINO SELLA .

१) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia.

Visto l'articolo 24 dello Statuto ;


Sentito il Consiglio dei Ministri ;
Sulla proposta del Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato
per gli Affari di Grazia e Giustizia e dei Culti ;
ARTICOLO I. - APPENDICE LEGISLAZIONE . 71

Abbiamo decretato e decretiamo :

In Roma e nelle Provincie Romane cessa ogni disuguaglianza fra i Cit-


tadini in quanto riguarda il godimento e l'esercizio dei diritti civili e po-
litici, e la capacità ai pubblici uffici, qualunque sia il culto che professano.
ART. 2. È abrogata ogni legge e disposizione contraria al presente De-
creto il quale avrà effetto immediatamente dopo la sua pubblicazione.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato, sia
inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei Decreti del Regno d' Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Firenze addi 13 ottobre 1870.
VITTORIO EMANUELE.
M. RAELI .

г) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvata;


Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue :

TITOLO Ι.

Prerogative del Sommo Pontefice e della Santa Sede.

ART. 1. La persona dal Sommo Pontefice è sacra ed inviolabile.


ART. 2. L'attentato contro la persona del Sommo Pontefice e la pro-

1 Questa legge fu presentata alla Camera dei Deputati il 9 Dicembre 1870; ne


fu relatore Bonghi, il 16 Gennaio 1871 e discussa dal 23 al 31 Gennaio, dal 1 al 16
Febbraio e dal 9 al 21 Marzo 1871. - In Senato venne approvata il 2 Maggio 1871 .
Il risultato della votazione fu il seguente :
alla Camera dei Deputati
Presenti e votanti 291 - Maggioranza 185.

Voti favorevoli 185 Voti contrari 106.

al Senato
Votanti 125 Voti favorevoli 105 - Voti contrari 20 .

Nella sostanza questa legge è consona alla proposta fatta dal Barone Bettino
Ricasoli nel 1861 è compendiata in 12 articoli.
72 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ.

vocazione a commetterlo sono puniti colle stesse pene stabilite per l'atten-
tato e per la provocazione a commetterlo contro la persona del Re.
Le offese e le ingiuria pubbliche commesse direttamente contro la
persona del Pontefice con discorsi, con fatti, o con imezzi indicati nell'ar-
ticolo 1 della legge sulla stampa, sono puniti colle pene stabilite all' art.
19 della legge stessa.
I detti reati sono d' azione pubblica e di competenza della Corte
d' Assisie.

La discussione sulle materie religiose è pienamente libera.


ART. 3. Il Governo Italiano rende al Sommo Pontefice, nel territorio
del Regno, gli onori Sovrani, e gli mantiene le preminenze d'onore rico-
nosciutegli dai Sovrani cattolici.
Il Sommo Pontefice ha facoltà di tenere il consueto numero di Guardie
addette alla persona e alla custodia dei palazzi, senza pregiudizio degli
obblighi e doveri risultanti per tali Guardie dalle leggi vigenti del Regno.
ART. 4. È conservata a favore della Santa Sede la dotazione dell' annua
rendita di L. 3,225,000.
Còn questa somma pari a quella inscritta nel bilancio romano sotto
il titolo: Sacri palazzi apostolici, Sacro Collegio, Congregazioni ecclesia-
stiche, Segreteria di Stato ed ordine diplomatico all'estero, s'intenderà
provveduto al trattamento del Sommo Pontefice e ai varii bisogni eccle-
siastici della Santa Sede, alla manutenzione ordinaria e straordinaria, e alla
custodia dei palazzi apostolici e loro dipendenze; agli assegnamenti, giubi-
lazioni e pensioni delle Guardie, di cui nell'art. precedente, e degli addetti
alla Corte Pontificia, ed alle spese eventuali; non che alla manutenzione
ordinaria e alla custodia degli annessi Musei e Biblioteca, e agli assegna-
menti, stipendi e pensioni di quelli che sono a ciò impiegati.
La dotazione di cui sopra, sarà inscritta nel Gran Libro del Debito
pubblico, in forma di rendita perpetua ed inalienabile nel nome della Santa
Sede; e durante la vacanza della Sede si continuerà a pagarla per supplire
a tutte le occorrenze proprie della Chiesa Romana in questo intervallo.
Essa resterà esente da ogni specie di tasse od onere governativo, co-
munale o provinciale: e non potrà essere diminuita neanche nel caso che
il Governo italiano risolvesse posteriormente di assumere a suo carico la
spesa concernente i Musei e la Biblioteca.
ART. 5. Il Sommo Pontefice, oltre la dotazione stabilita nell' articolo
precedente, continua a godere dei palazzi apostolici, Vaticano, e Lateranense,
ARTICOLO I. APPENDICE - LEGISLAZIONE. 73

con tutti gli edifizi, giardini e terreni annessi e dipendenti, nonchè della
villa di Castel Gandolfo con tutte le sue attinenze e dipendenze.
I detti palazzi, villa, ed annessi, come pure i Musei e la Biblioteca e
le collezioni d'arte e d' archeologia ivi esistenti, sono inalienabili, esenti
da ogni tassa o peso e da espropriazione per causa di utilità pubblica.
ART. 6. Durante la vacanza della Sede Pontificia , nessun Autorità
giudiziaria o politica potrà, per qualsiasi causa, porre impedimento o limi-
tazione alla libertà personale dei Cardinali.
Il Governo provvede a che le adunanze del Conclave e dei Concili
ecumenici non siano turbate da alcuna esterna violenza.
ART. 7. Nessun Ufficiale della pubblica Autorità od Agente della forza
pubblica può, per esercitare atti del proprio ufficio, introdursi nei palazzi e
luoghi di abituale residenza o temporaria dimora del Sommo Pontefice, ο
nei quali si trovi radunato un Conclave o un Concilio ecumenico, se non
autorizzato dal Sommo Pontefice, dal Conclave o dal Concilio.
ART. 8. È vietato di procedere a visite, perquisizioni o sequestri di
carte, documenti, libri o registri negli uffizi e Congregazioni pontificie ri-
vestiti di attribuzioni meramente spirituali.
ART. 9. 11 Sommo Pontefice è pienamente libero di compiere tutte le
funzioni del suo ministero spirituale, e di fare affiggere alle porte delle
basiliche e chiese di Roma tutti gli atti del suddetto suo ministero.
ART. 10. Gli Ecclesiastici che per ragione d'ufficio partecipano in
Roma all' emanazione degli atti del ministero spirituale della Santa Sede,
non sono soggetti, per cagione di essi, a nessuna molestia, investigazione
o sindacato dell' Autorità pubblica.
Ogni persona straniera investita di ufficio ecclesiastico in Roma gode
delle guarentigie personali competenti ai cittadini italiani in virtù delle
leggi del Regno.
ART. II . Gli inviati dei Governi esteri presso Sua Santità godono nel
Regno di tutte le prerogative ed immunità che spettano agli Agenti diplo-
matici secondo il diritto internazionale.
Alle offese contro di essi sono estese le sanzioni penali per le offese
agli inviati delle Potenze estere presso il Governo Italiano.
Agli inviati di Sua Santità presso i Governi esteri sono assicurate, nel
territorio del Regno, le prerogative ed immunità d'uso, secondo lo stesso
diritto, nel recarsi al luogo di loro missione e nel ritornare.
ART. 12. Il Sommo Pontefice corrisponde liberamente coll' Episcopato
74 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

e con tutto il mondo cattolico, senza veruna ingerenza del Governo Italiano.
A tal fine gli è data facoltà di stabilire nel Vaticano o in altra sua
residenza Uffizi di Posta e di Telegrafo serviti da impiegati di sua scelta.
-

L' Ufficio postale pontificio potrà corrispondere direttamente in pacco


chiuso cogli Uffizi postali di cambio delle estere Amministrazioni, o rimet-
tere le proprie corrispondenze agli uffizi italiani. In ambo i casi, il tra-
sporto dei dispacci o delle corrispondenze munite del bollo d' Uffizio pon-
tificio sarà esente da ogni tassa o spesa pel territorio italiano.
I corrieri spediti in nome del Sommo Pontefice sono pareggiati nel
Regno ai corrieri di Gabinetto dei Governi esteri.
L'ufficio telegrafico pontificio sarà collegato colla rete telegrafica del
Regno a spese dello Stato.
I Telegrammi trasmessi dal detto Ufficio colla qualifica autenticata di
pontifici saranno ricevuti e spediti con le prerogative stabilite pei telegrammi
di Stato e con esenzione da ogni tassa nel Regno.
Gli stessi vantaggi godranno i telegrammi del Sommo Pontefice, o
firmati d'ordine suo, che, muniti del bollo della Santa Sede, verranno
presentati a qualsiasi Ufficio telegrafico del Regno.
I tegrammi diretti al Sommo Pontefice saranno esenti dalle tasse messe
a carico dei destinatarii .

ART. 13. Nella città di Roma e nelle sei Sedi suburbicarie, i Seminari,
le Accademie, i Collegi e gli altri Istituti cattolici, fondati per la educa-
zione e coltura degli Ecclesiastici, continueranno a discendere unicamente
dalla Santa Sede, senza alcuna ingerenza delle Autorità scolastiche del
Regno.

TITOLO II.

Relazioni dello Stato colla Chiesa.

ART. 14. È abolita ogni restrizione speciale all'esercizio del diritto di


riunione dei membri del clero cattolico.

ART. 15. È fatta rinuncia dal Governo al diritto di legazia apostolica


in Sicilia, ed in tutto il Regno al diritto di nomina o proposta nella col-
lazione dei benefizi maggiori.
I vescovi non saranno richiesti di prestare giuramento al Re.
I benefizi maggiori e minori non possono essere conferiti se non a
cittadini del Regno, eccettochè nella città di Roma e nelle Sedi suburbicarie.
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE . 75

Nella collazione dei benefizi di patronato Regio nulla è innovato.


ART. 16. Sono aboliti l' exequatur e placet regio ed ogni altra forma
di assenso governativo per la pubblicazione ed esecuzione degli atti delle
Autorità ecclesiastiche.

Però, fino a quando non sia altrimenti provveduto nella legge speciale
di cui all'art. 18, rimangono soggetti all' exequatur e placet regio gli atti
di esse autorità che riguardano la destinazione dei beni ecclesiastici e la
provvista dei benefizi maggiori e minori, eccetto quelli della città di Roma
e delle Sedi suburbicarie .

Restano ferme le disposizioni delle leggi civili rispetto alla creazione


e ai modi di esistenza degli Istituti ecclesiastici ed alienazione dei loro beni.
ART. 17. In materia spirituale e disciplinare non è ammesso richiamo
od appello contro gli atti delle Autorità ecclesiastiche, nè è loro ricono-
sciuta od accordata alcuna esecuzione coatta.

La cognizione degli effetti giuridici, così di questi come d'ogni altro


atto di esse Autorità, appartiene alla giurisdizione civile.
Però tali atti sono privi di effetto se contrari alle leggi dello Stato
od all' ordine pubblico, o lesivi dei diritti dei privati, e vanno soggetti alle
leggi penali se costituiscono reato.
ART. 18. Con legge ulteriore sarà provveduto al riordinamento, alla
conservazione ed alla amministrazione delle proprietà ecclesiastiche del
Regno.
ART. 19. In tutte le materie che formano oggetto della presente legge,
cessa di avere effetto qualunque disposizione ora vigente in quanto sia
contraria alla legge medesima.
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta
nella raccolta ufficiale delle leggi e dei Decreti del Regno d'Italia, man-
dando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge
dello Stato.

Dato a Torino addi 13 maggio 1871 .


VITTORIO EMANUELE.

G. LANZA, E. VISCONTI-VENOSTA, G. DE FALCO,

QUINTINO SELLA , C. CORRENTI, E. RICOTTI,


G. ACTON, S. CASTAGNOLA, G. GADDA.
76 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ.

s) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia.

Visto l'art. 18 dello Statuto;


Visti gli articoli 16 e 18 della legge 13 maggio 1871, n. 214 (Serie 2ª),
per le guarantigie delle prerogative del Sommo Pontefice e della Santa
Sede, e per le relazioni dello Stato colla Chiesa;
Sulla proposta del Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato
per gli Affari di Grazia e Giustizia e dei Culti ;
Sentito il parere del Consiglio di Stato;
Udito il Consiglio dei Ministri ;
Abbiamo decretato e decretiamo :
ART. I. Fino a quando non sia altrimenti provveduto colla legge spe-
ciale, di cui negli articoli 16 e 18 della citata legge del 13 maggio 1871,
n. 214 (Serie 2ª), saranno soggetti all'Exequatur gli atti e le provvisioni
della Santa Sede che riguardano la destinazione dei beni ecclesiastici e la
provvista dei Benefizi maggiori o minori, eccetto quelli della Città di Roma
e delle Sedi suburbicarie.

Ove le provvisioni e gli atti siano emanati dagli Ordinari Diocesani,


saranno soggetti al Regio Placet.
ART. 2. Nelle provviste beneficiare si comprendono le collazioni dei Be-
nefizi anche di patronato Regio, e le provvisioni che conferiscano, coll' eser-
cizio di un ufficio ecclesiastico, il diritto di ammistrare la dote del beneficio, o
di goderne in tutto o in parte i frutti, o di percepire su di essi un assegno.
ART. 3. Il Regio Exequatur sarà concesso o negato con Decreto Reale
sulla proposta dal Guadasigilli, Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti
sentito il parere del Consiglio di Stato.
ART. 4. La facoltà di concedere il Regio Placet è delegata al Procu-
ratore generale presso la Corte d' Appello del luogo in cui sono posti il
Beneficio o i beni ecclesiastici.
Il Procuratore generale dovrà non pertanto riferire al Ministero di Gra-
zia e Giustizia e dei Culti ed attendere le Sovrane determinazioni :
1. Quando si tratti di nomine a dignità o Canonicati ;
2. Quando si tratti di nomine a Benefizi o Cappellanie corali nelle
Chiese Metropolitane e Vescovili, fino a che questi non sieno ridotti al
numero definito dall'art. 6 della legge del 16 agosto 1867, n. 3848;
ARTICOLO I. APPENDICE - LEGISLAZIONE . 77

3. Quando si tratti di destinazioni di beni ecclesiastici per un valore


eccedente lire cinquecento ;
4. Quando sia di avviso che il Regio Placet debba essere negato.
ART. 5. Gl'investiti di un Beneficio non saranno ammessi al possesso
del medesimo prima che il loro titolo sia munito del Regio Exequatur o
del Regio Placet.
Dalla data della concessione dell' Exequatur e del Placet il nominato al
Beneficio avrà diritto ai frutti, agli assegni ed alle temporalità dello stesso.
Dalla data medesima avranno effetto le provvisioni che concernano de-
stinazione di beni ecclesiastici.
ART. 6. Le norme per la concessione dell' Exequatur e del Placet sono
determinate dal Regolamento annesso al presente Decreto, firmato d'ordine
Nostro dal Ministro Guardasigilli.
ART. 7. Tutte le disposizioni ed usanze contrarie al presente Decreto ed
annesso Regolamento sono abrogate.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigilio dello Stato, sia
inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei Decreti del Regno d'Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Firenze addi 25 giugno 1871 .
VITTORIO EMANUELE.
G. DE FALCO.

REGOLAMENTO in esecuzione del Regio Decreto del 25 giugno 1871.

ART. I. Tutte le Bolle, Decreti, Brevi, Rescritti e provvisioni della


Santa Sede, e parimente tutte le Bolle, Rescritti, Decreti o provvisioni degli
Ordinari Diocesani concerenti destinazione di beni ecclesiastici o collazioni
di Benefici maggiori o minori, eccetto quelli della Città di Roma e delle
Sedi suburbicarie, per avere esecuzione devono esser muniti, i primi di
Regio Exequatur ed i secondi di Regio Placet.
Lo stesso avrà luogo per gli atti d'investitura alle nomine di patronato
Regio, e per le provvisioni che conferiscono, con l'esercizio di un ufficio
ecclesiastico, il diritto d'amministrare la dote di un Beneficio, o di goderne
in tutto o in parte i frutti ovvero di percepire su di esso un assegno.
ART. 2. Chiunque intenda far uso di una provvisione della Santa Sede
concernente alcuno degli oggetti indicati nell'articolo precedente, dovrà pre-
sentarla in originale al Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti, e chie
78 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

dere con apposito ricorso in carta da bollo la concessione del Regio


Exequatur.
La provvisione e il ricorso potranno pure essere presentati al Procura-
tore generale presso la Corte d'Appello del luogo dove si vuole eseguirla,
perchè li rimetta al Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti .
ART. 3. Il Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti, esaminati gli atti
e raccolti i documenti che crederà necessari, promoverà le Sovrane deter-
minazioni , sentito il parere del Consiglio di Stato.
La concessione dell' Exequatur si farà con Decreto Reale, che sarà tra-
smesso al Procuratore generale, e da questo comunicato agli interessati.
Se l'Exequatur viene negato, si tratterrà presso il Ministero l'originale
della provvisione, e si restituirà il ricorso colla seguente annotazione : « Non
si fa luogo al chiesto Exequatur. »
ART. 4. Chiunque intenda far uso di una provvisione degli Ordinari
Diocesani , la quale concerna alcuno degli oggetti indicati nell'art. 1,
dovrà presentarla in originale al Procuratore generale presso la Corte d'Ap-
pello del luogo in cui sono posti il Benefizio e i beni ecclesiastici, e chie-
dere con apposito ricorso in carta da bollo la concessione del Regio
Placet.

Il Procuratore generale, esaminati gli atti e raccolti i documenti che


crederà necessari, concederà o negherà il Regio Placet secondo le norme
dei seguenti articoli.
ART. 5. Il Procuratore generale, prima di provvedere sulla domanda
di Regio Placet dovrà farne relazione al Ministro di Grazia e Giustizia e
dei Culti, ed attendere le superiori determinazioni :
1. Quando si tratti di nomine a dignità o Canonicati ;
2. Quando si tratti di nomine a Benefizi o Cappellanie corali nelle
Chiese Metropolitane e Vescovili, fino a che questi non siano ridotti al
numero definito dall'art. 6 della legge 15 agosto 1867, n. 3848, e dal-
l'art. 8 della legge dell' II agosto 1870, allegato P;
3. Quando si tratti di destinazione di beni ecclesiastici per un valore
eccedente lire cinquecento ;
4. Quando sia di avviso che il Regio Placet debba essere negato.
Egli trasmetterà in questi casi al Ministero di Grazia e Giustizia e dei
Culti i Rescritti o Decreti degli Ordinari Diocesani, il ricorso degli interes-
sati, i documenti relativi, ed un suo ragionato parere, nel quale esprimerà
se avvisi doversi il Regio Placet concedere o negare.
ARTICOLO I. - APPENDICE LEGISLAZIONE . 79

ART. 6. Nei casi indicati nell'articolo precedente il Ministro di Grazia


e Giustizia e dei Culti potrà richiedere nuove informazioni . Promuoverà
quindi le Sovrane determinazioni che saranno comunicate al Procuratore
generale.
Ove sia di avviso doversi negare il Regio Placet, sarà sentito il parere
del Consiglio di Stato.
ART. 7. Fuori dei casi contemplati nell' art. 5, il Procuratore generale
impartirà il Regio Placet senza bisogno di precedente relazione al Ministro
di Grazia e Giustizia e dei Culti. Potrà non per tanto riferirne al Ministro
e chiedere le sue istruzioni, qualora ravvisi qualche circostanza che gli
sembri meritevole dell'esame del Ministro medesimo .

ART. 8. Le domande pel Regio Placet alle nomine di Economi Curati


o Vicari spirituali, che vi sieno soggette ai termini del secondo paragrafo
dell'art. 1 , potranno essere presentate al Procuratore del Re del luogo ove
è posto il Benefizio.
Il Procuratore del Re, entro cinque giorni, raccoglierà le necessarie in-
formazioni, e ne farà rapporto al Procuratore generale, al quale trasmetterà
il ricorso, il rescritto di nomina, e i relativi documenti.
Il Procuratore generale provvederà con la massima sollecitudine sulla
domanda.

ART. 9. Nei casi in cui il Procuratore generale concederà il Regio


Placet senza aver chiesto le superiori determinazioni, la concessione sarà
scritta al margine o al piede della provvisione nella forma seguente :
<< Visto il Rescritto dell'Ordinario di.... (se ne indicherà l'oggetto). In
virtù di Regia delegazione si concede il Regio Placet.
Nei casi in cui il Procuratore generale avrà chieste le superiori de-
terminazioni, dopo le parole « In virtù di regia delegazione, » si ag-
giungerà: « ed in conformità delle superiori determinazioni ; » ed ove siano
state ingiunte clausole, riserve, condizioni o limitazioni, saranno queste indi-
cate nella concessione.

Se il Regio Placet viene negato, si tratterrà presso l'Uffizio del Procu-


ratore generale il Rescritto o Decreto Vescovile, e si restituirà il ricorso
con la seguente annotazione : Non si fa luogo alla concessione del chiesto
Placet.
ART. IO. A tutte le concessioni di Regio Exequatur, o di Regio Placet
sarà sempre apposta la clausola : « salve le leggi dello Stato, e le ragioni
dei terzi. »
80 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ.
ART. II . Se alcuno crede aver diritto di fare opposizioni alla conces-
sione del Regio Exequatur o del Regio Placet, dovrà presentarle con ricorso in
carta da bollo, corredato dei relativi documenti, all' Autorità delegata a prov-
vedervi. Questa ne terrà il conto che sarà di ragione, salvo sempre, nei
casi di questioni giuridiche, il ricorso all'Autorità giudiziaria.
ART. 12. Ogni concessione del Regio Exequatur o del Regio Placet
sarà dal Procuratore generale partecipata agli interessati, al Prefetto
ed all' Economo generale dei Benefizi vacanti della Provincia, al Pretore
ed al Sindaco del Comune in cui il Beneficio o i beni ecclesiastici sono
posti.
L'esazione dei diritti per le concessioni dell' Exequatur o del Placet si
eseguirà secondo le norme stabilite dalla legge sulle concessioni governa-
tive del 26 luglio 1868, n. 4521, e del relativo Regolamento del 18 agosto
1868, n. 4559.
ART. 13. Alla fine di ogni quadrimestre i Procuratori generali invie-
ranno al Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti uno stato dei Rescritti
o Decreti degli Ordinari Diocesani, ai quali è stato concesso o negato il
Regio Placet, con indicazione succinta del loro oggetto e delle clausole con
cui il Placet sia stato concesso.
ART. 14. Fino all'attuazione nelle Provincie della Venezia e di Mantova
della legge sull'ordinamento giudiziario del Regno, le attribuzioni deman-
date ai Procuratori generali saranno quivi esercitate dai Prefetti delle
Provincie.

ART. 15. Gli atti attualmente in corso d'istruzione e non ancora riso-
luti, saranno definiti secondo le presenti disposizioni.
Visto d' ordine di S. M.
Il Minitro di Grazia e Giustizia e dei Culti
G. DE FALCO .

t) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia.

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato;


Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue :
ART. I. Nella Provincia di Roma sono pubblicate ed eseguite, colle
eccezioni e modificazioni derivanti dalla presente legge:
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE . 81

1. La legge del 7 luglio 1866, n. 3036, sulle Corporazioni religiose e


sulla conversione dei beni immobili degli Enti morali ecclesiastici ;
2. La legge del 15 agosto 1867, n. 3848, sulla liquidazione dell' Asse
ecclesiastico;
3. La legge del 29 luglio 1868, n. 4493, sulle pensioni e gli assegna-
menti ai membri delle Corporazioni religiose soppresse ;
4. La legge dell' II agosto 1870, n. 5784, allegato P, sulla conver-
sione dei beni delle Fabbricerie .
ART. 2. I beni delle Corporazioni religiose soppresse nella città di
Roma, con riserva della conversione e con gli oneri loro inerenti e con
quelli stabiliti dalla presente legge, sono devoluti ed assegnati come segue :
1. I beni delle Case in cui i religiosi prestano l'opera loro nella cura
degl'infermi, sia in ospedali loro proprii, sia in altri ospedali, o che atten-
dono ad opere di beneficenza, sono conservati alla loro destinazione ed
assegnati agli ospedali, alle corrispondenti Opere pie od alla Congregazione
di carità di Roma, per essere amministrati a norma della legge del 3
agosto 1862 ;
2. I beni delle Case i cui religiosi attendono all'istruzione sono del
pari conservati alla loro destinazione, ed assegnati, per la parte che con-
cerne l'insegnamento e l'educazione popolare, al Comune di Roma pel
mantenimento di Scuole primarie, Asili ed Istituti di educazione di simil
genere; e per la parte che concerne la istruzione secondaria o superiore,
a Scuole od Istituti del medesimo grado, mediante Decreto Reale, secondo
le norme stabilite dalle leggi dello Stato;
3. I beni delle Case cui sono annesse chiese parrocchiali saranno
ripartiti fra le chiese stesse e le altre chiese parrocchiali di Roma, tenuto
conto della rendita e della popolazione di ciascuna parrocchia. La somma
da ripartirsi non eccederà lire 3,000 per ciascuna parrocchia, compresa la
dotazione attuale ;
4. Sui residui dei beni, detratto il capitale delle pensioni in ragione
di sedici volte il loro ammontare, sarà assegnato alla Santa Sede una
rendita fino a lire 400 mila, per provvedere al mantenimento delle rap-
presentanze degli Ordini religiosi esistenti all' estero.
Sino a che la Santa Sede non disponga di detta somma, potrà il Go-
verno del Re affidarne l'amministrazione ad Enti ecclesiastici giuridicamente
esistenti in Roma.

È data facoltà al Governo del Re di lasciare, mediante Decreto Reale


URTOLLER . Lo Statuto ecc. 6
82 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

da pubblicarsi insieme colla presente legge, agli attuali investiti delle rap-
presentanze anzidette, sino a che dura l'ufficio loro, i locali necessari alla
loro residenza personale e al loro ufficio.
Quando una Casa soppressa attendesse a più di una delle opere e degli
uffici di sopra indicati, i beni saranno distribuiti secondo la originaria loro
destinazione ; e, quando questa mancasse, in ragione della parte di rendita
assegnata in media negli ultimi tre anni a ciascuno di essi uffici od opere.
Gli assegnamenti e le ripartizioni dei beni, secondo il disposto di questo
articolo, saranno proposti dalla Giunta di cui all'articolo 9 e sanciti con
Decreto Reale, sentiti la Commissione di vigilanza, di cui è parola nell'ar-
ticolo stesso, ed il Consiglio di Stato.
ART. 3. I beni delle Corporazioni ed Enti ecclesiastici soppressi nella
città di Roma, pei quali non è altrimenti provveduto colla presente legge,
sono costituiti in un fondo speciale per usi di beneficenza e di religione
nella città di Roma; il qual fondo sarà regolato dalla legge sulla proprietà
ecclesiastica di cui all'articolo 18 della legge 13 maggio 1871 .
Con questo stesso fondo si provvederà al pagamento delle spese che
ora gravano il Bilancio dello Stato per ragioni di culto e per edifizi sacri
ed ecclesiastici nella città di Roma .

La somma da ripartirsi fra le singole parrocchie, ai sensi del num. 3


dell'art. 2, non potrà eccedere le lire tre mila di rendita, computata la
rendita propria che già possedessero.
ART. 4. La facoltà data al Governo col numero 4 dell' articolo 2 non
si estende al rappresentante dell'Ordine dei Gesuiti.
ART. 5. Ove le Istituzioni contemplate nei numeri 1 e 2 dell'articolo
2 fossero collocate fuori di Roma o stabilite a beneficio esclusivo di per-
sone che abitano fuori di Roma, la Giunta provvederà nei modi indicati nel
detto articolo a che siano mantenuti in quei luoghi o a beneficio di quelle
persone od abitanti di Comuni o Provincie a cui vantaggio erano destinate.
ART. 6. Salve le disposizioni della legge del 3 febbraio 1871 , le quali
sono prorogate per altri due anni dalla pubblicazione di questa legge, gli
edifizi che servono attualmente al Convitto di religiosi e di religiose di
Case soppresse nella città di Roma e sua Provincia non saranno occupati
e continueranno a servire di dimora ai religiosi ed alle religiose ivi raccolti
e professi prima della presentazione di questa legge al Parlamento, fino
alla effettiva assegnazione delle pensioni, non più tardi però di un biennio
dalla pubblicazione della presente legge.
ARTICOLO I. APPENDICE - LEGISLAZIONE . 83

La assegnazione delle pensioni dovrà essere compita entro lo stesso biennio.


L' occupazione del convento non sarà ritardata pei casi contemplati
dall'ultimo paragrafo dell'articolo 13 e dall'articolo 15 della legge del 7
luglio 1866.
Eseguita la occupazione del convento, e ferme le disposizioni dell' arti-
colo 6 della legge 7 luglio 1866, il Governo potrà permettere che conti-
nuino a convivere concentrati in due o tre conventi quei religiosi dei vari
Ordini della Città e Provincia di Roma che per condizione di età, di salute
o di famiglia non potessero senza gravi difficoltà uscire dal convento, e
che ne facciano espressa ed individuale domanda.
ART. 7. I beni degli Enti religiosi soppressi nella città di Roma sa-
ranno convertiti in rendita pubblica dello Stato, salve le eccezioni stabilite
dalle leggi di cui all'articolo 1, e dalla legge presente.
La rendita sarà intestata all' Ente cui sono devoluti i beni, col godi-
mento temporaneo alla Giunta fino a che saranno eseguite le liquidazioni
e fatte le assegnazioni stabilite dalla presente legge. Queste rendite, salvo
i diritti dei terzi, sono inalienabili.
ART. 8. Salvo il provvedimento contemplato al numero 4, paragrafo 3
dell' articolo 2, sono eccettuati dalla conversione i seguenti beni degli Enti
ecclesiastici soppressi nella città di Roma:
1. I beni indicati ai numeri 1, 2, 3 e 7 dell' articolo 18 della legge
7 luglio 1866 ;
2. Gli edifici destinati ad ospedali od a speciali istituzioni di benefi-
cenza o di istruzione, e quelli che fossero necessari per grandi biblioteche
o collezioni di oggetti d'arte o preziosi per antichità ;
3. I fabbricati dei conventi di cui il Comune e la Provincia di Roma
facciano domanda, a sensi e per gli effetti dell'articolo 20 della legge del
7 luglio 1866, entro un anno dal loro sgombro contemplato dall'articolo 6
della presente legge.
ART. 9. Una Giunta composta di tre membri, nominati per Decreto
Reale sulla proposta del Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti, sentito
il Consiglio dei Ministri, attenderà alla liquidazione ed alla conversione
dei beni, invigilerà all' amministrazione temporanea dei medesimi, provvederà
all'assegnazione delle rendite e farà quanto altro è prescritto dalla presente
legge o potrà occorrere alla sua esecuzione.
Essa prenderà il nome di Giunta liquidatrice dell' Asse ecclesiastico di
Roma ed eserciterà il suo ufficio sotto la vigilanza di una Commissione
84 LO STATUTO DEL REGNO , ANNOTATO .

composta nel modo e con le facoltà indicate all'articolo 26 della legge del
7 luglio 1866. Di questa Commissione faranno parte anche due membri
del Consiglio provvinciale di Roma nominati dal Consiglio stesso.
La Giunta per l'esecuzione della presente legge potrà valersi dei Con-
tabili, e, per le riscossioni e pagamenti, dei Tesorieri dello Stato.
ART. 10. Gli amministratori delle Case religiose soppresse nella città di
Roma dovranno, entro il termine di tre mesi e colle norme e sanzioni
dell'articolo 13 della legge del 7 luglio 1866, presentare alla Giunta un
prospetto dei beni, crediti e debiti appartenenti a ciascun Ente.
Al detto prospetto sarà unito un elenco nominativo delle persone reli-
giose professe, dei laici e delle converse conviventi in ciascuna Casa.
La Giunta procederà, secondo le norme stabilite dalla detta legge, alla
presa di possesso dei beni, e, fino a che ne sarà eseguita la conversione e
la destinazione, veglierà all'amministrazione degli immobili, alla custodia
dei mobili, e specialmente alla conservazione delle biblioteche, delle colle-
zioni scientifiche e degli oggetti d'arte e d'antichità.
La Giunta continuerà nell'amministrazione dei beni contemplati nell'ar-
ticolo 3 fino a che sia pubblicata la legge di cui nell'articolo stesso.
ART. II . La conversione degli immobili delle Case religiose e degli
altri Enti ecclesiastici soppressi nella città di Roma sarà fatta dalla Giunta
colle norme e colle sanzioni della legge del 15 agosto 1867, compiendo
gli incarichi deferiti all' Amministrazione del Demanio, alla Commissione
provinciale ed al Prefetto. Le funzioni delegate alla Commissione centrale
di sindacato saranno esercitate dalla Commissione di vigilanza di cui al-
l'articolo 9.
I compratori verseranno in moneta legale, nelle Casse designate dalla
Giunta, il prezzo dell'acquisto per essere investito in rendita pubblica dello
Stato al corso del giorno dell' investimento.
Saranno del pari investiti in rendita pubblica dello Stati i capitali pro-
venienti da vendita di mobili, da riscossione di crediti o da riscatto di
censi, di canoni od altre rendite particolari. Le spese occorse per la con-
versione saranno detratte dalla somma da investirsi.

Il pagamento del prezzo non potrà essere fatto coi titoli contemplati
dall'articolo 17 della legge del 15 agosto 1867, e dall'articolo 6 della
legge II agosto 1870. Questi titoli saranno invece ricevuti in pagamento
del prezzo dei beni che saranno venduti per conto del Demanio nella Pro-
vincia di Roma.
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE . 85

ART. 12. Le pensioni ai religiosi ed alle religiose delle Corporazioni


soppresse nella città di Roma sono fissate ad annue lire 600 per i sacer-
doti e le coriste, e lire 300 per i laici e le converse degli Ordini possi-
denti ; e ad annue lire 300 per i sacerdoti e le coriste, e lire 150 per i
laici e le converse degli Ordini mendicanti. Se questi giustifichino di es-
sere colpiti da grave ed insanabile infermità che impedisca loro ogni occu-
pazione, avranno una pensione annua di lire 400 se sacerdoti o coriste, e
lire 300 se laici o converse.
Rimane salva per le religiose la disposizione dell'articolo 5 della legge
del 7 luglio 1866.
ART. 13. Avranno diritto alle dette pensioni i religiosi e le religiose
delle Corporazioni che, prima della presentazione di questa legge in Parla-
mento, abbiano fatto professione di voti secondo le regole del loro istituto
e che, denunziati come appartenenti alla Casa nelle schede compilate per
la legge del 20 giugno 1871 , n. 297, si trovino alla pubblicazione della
presente legge o conviventi nella Casa stessa, o assenti da essa per rego-
lare permesso dei loro superiori.
Il diritto alla pensione comincierà dal giorno della occupazione del con-
vento a norma della disposizione dell' articolo 6.
Fino a questo giorno i superiori od amministratori della Casa perce-
piranno le rendite, sia dei beni ad essa appartenenti, sia dei titoli del De-
bito pubblico in cui si andranno convertendo ; e provvederanno, come per
lo innanzi, alla soddisfazione degli oneri ed al mantenimento dei religiosi
della Casa .

I frutti pendenti, che si percepiranno dopo l'epoca della occupazione,


saranno da ripartirsi in ragione di tempo.
ART. 14. Sulla massa formata dalle rendite dei beni delle Corporazioni
religiose e degli altri Enti ecclesiastici soppressi nella città di Roma, dagli
interessi dei titoli del Debito pubblico surrogati ai beni e dalle tasse dovute
per rivendicazione di Benefizi o svincolo di Cappellanie ed altre fondazioni
di patronato laicale della città di Roma, sarà provveduto agli oneri ine-
renti ad essi beni, alle spese di amministrazione della Giunta e de' suoi
uffizi, alle pensioni dei religiosi e religiose delle Case soppresse, alle spese
di culto delle chiese ufficiate dalle Corporazioni disciolte ed alle opere di
beneficenza e di istruzione contemplata dall'articolo 2.
La Giunta determinerà la somma che debba essere annualmente impie-
gata per ciascuna delle opere indicate ai numeri 1, 2 e 3 dell'articolo 2,
86 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

in maniera che non siano interrotti questi servizi secondo lo stato attuale.
Di mano in mano che verranno cessando le pensioni, si soddisferanno
innanzi tutto colle rendite rese disponibili i debiti che si fossero contratti
per le necessità indicate nell'articolo seguente, e il rimanente sarà in fine
di ogni anno proporzionalmente distribuito fra le opere contemplate dai
numeri 1 , 2 e 3 del detto articolo 2, fino a che non raggiungano l'intiera
rendita dei beni ad essi devoluti. Il residuo andrà a favore del fondo indi-

cato nell' articolo 3 .


La Giunta determinerà altresi la somma che debba essere annualmente

erogata per lo scopo designato nel n. 4 dell'articolo 2, nell' intervallo di


tempo fra la occupazione dei rispettivi conventi e la liquidazione definitiva
dell'assegno contemplato dallo stesso n. 4 dell' articolo 2.
ART. 15. È data facoltà al Governo di anticipare alla Giunta fino ad
un milione di lire con l'interesse al cinque per cento, perchè non rimanga
sospeso l'adempimento degli oneri e servizi messi a suo carico. La Giunta
potrà anche, coll' approvazione della Commissione di cui all'articolo 9, e
coll' autorizzazione del Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti, contrarre
un prestito o fare quelle operazioni di credito che possano essere neces-
sarie ai bisogni della sua amministrazione.
ART. 16. Nella città di Roma e nelle sedi suburbicarie, il disposto del-
l'articolo I della legge del 15 agosto 1867 avrà effetto solamente pei Cano-
nicati, Benefizi , Cappellanie, Abazie ed altre istituzioni ecclesiastiche di
patronato laicale, pei quali rimangono in vigore le disposizioni dell'arti-
colo 5 della stessa legge .
Il primo e secondo paragrafo dell'articolo 6 della detta legge del 15
agosto 1867 non saranno applicati nella città di Roma e nelle sedi subur-
bicarie.

I beni degli Enti ecclesiastici soppressi col presente articolo e la tassa


di rivendicazione e di svincolo degli Enti stessi, quanto a quelli esistenti in
Roma, sono devoluti al fondo contemplato nell'articolo 3, e quanto a
quelli esistenti nelle sedi suburbicarie saranno destinati ad uso di benefi-
cenza e di istruzione a favore dei Comuni in cui gli Enti medesimi esistono
salvo l'assegno vitalizio della rendita a favore degli attuali investiti.
ART. 17. La conversione, a cui per le leggi enunciate nell'articolo I
sono soggetti gli immobili degli Enti ecclesiastici conservati nella città di
Roma e nelle sedi suburbicarie, potrà essere fatta dai legittimi rappresen-
tanti di detti Enti, che entro il termine di tre mesi dichiarino alla Giunta
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE . 87

di voler essi medesimi eseguire la conversione, presentino un prospetto dei


beni soggetti a conversione coll'indicazione del metodo di effettuaria, che
dovrà essere approvato dalla Giunta, ed ottenuta questa approvazione ,
intraprendano e proseguano senza interruzione le operazioni della con-
versione.

Le vendite saranno fatte all' asta pubblica, davanti a pubblico notaio


designato dalla Giunta, in base al prezzo ed alle condizioni generali e
speciali pure approvate previamente da essa, alla quale spetta anche di
renderle esecutive.

Il prezzo sarà impiegato in rendita dello Stato al corso del giorno


dell' investimento, od in titoli italiani del Credito fondiario; e la rendita e
i titoli saranno intestati all' Ente a cui i beni appartengono.
ART. 18. Ove nei tre mesi i rappresentanti degli Enti indicati nell'ar-
ticolo antecedente non presentassero la dichiarazione ed il prospetto ivi
contemplati, ovvero la Giunta giudicasse che le operazioni della conversione
non procedessero con regolare continuità, le eseguirà essa stessa secondo
le norme stabilite negli articoli 7 e 11 .
ART. 19. Sia che la conversione venga eseguita dai rappresentanti degli
Enti contemplati all'articolo 17, sia che venga eseguita dalla Giunta, i beni
incolti o bonificabili potranno essere conceduti, mediante pubblici incanti e
colle norme prescritte dagli articoli II e 17, in enfiteusi perpetua redimi-
bile, a termine del Codice civile.
In caso di devoluzione a benefizio dell' Ente, questo dovrà, entro un
anno, o riconcedere i beni devoluti in enfiteusi, o convertirli in rendita.
ART. 20. La quota di concorso stabilita dall' articolo 31 della legge 7
luglio 1866 e la tassa straordinaria imposta dall'articolo 18 della legge del
15 agosto 1867 non sono applicabili alle rendite derivanti dai beni delle
Corporazioni religiose di Roma e degli Enti ecclesiastici conservati nella
stessa città di Roma e nelle sedi suburbicarie .

ART. 21. Rispetto agli Enti ecclesiastici compresi nelle diocesi subur-
bicarie, ma aventi sede fuori della Provincia di Roma, nulla è innovato
quanto agli effetti delle anzidette leggi del 7 luglio 1866 e del 15 agosto 1867.
ART. 22. I libri, i manoscritti, i documenti scientifici, gli archivi, i
monumenti e gli oggetti d'arte o preziosi per anchità, che si trovano negli
edifizi appartenenti alle Case religiose soppresse in Roma, saranno dati,
previo accordo col Ministro della Pubblica Istituzione, alle Biblioteche, ai
Musei o ad altri Istituti laici esistenti nella detta città. I quadri, le statue,
88 LO STATUTO DEL REGNO , ANNOTATO .

gli arredi ed i mobili inservienti al culto rimangono all'uso delle chiese


dove si trovano .

Gli archivi speciali annessi agli Uffici di cui al paragrafo 4dell' articolo
2 rimarranno presso i medesimi Uffici.
Sarà a cura del Governo provveduto alla conservazione degli edifizi od
altri stabilimenti ecclesiastici di Case soppresse, segnalati per ricordi storici,
per importanza monumentale, artistica o letteraria. La spesa relativa sarà
a carico del fondo contemplato nell' articolo 3 della presente legge.
ART. 23. L'amministrazione dei beni degli Enti ecclesiastici che in
virtù di fondazione sono attualmente destinati a benefizio di stranieri nella
città di Roma, e che sono compresi nella presente legge di soppressione, è
conservata negli attuali amministratori, o, sorgendone il bisogno, affidata
ad altri che la Giunta nominerà fra individui appartenenti alla Nazione
straniera .

Ciascuna Amministrazione procederà alla compilazione dell' inventario


del patrimonio dell' Ente da esso rappresentato coll'intervento di un dele-
gato della Giunta; ed assumerà l'obbligo di provvedere al mantenimento
dei religiosi e delle religiose delle Case soppresse ed all' adempimento
degli oneri e dei servigi cui attendevano gli Enti religiosi soppressi. È
escluso ogni obbligo a carico dello Stato.
Gli immobili tanto degli Enti ecclesiastici soppressi, quanto di quelli
conservati, saranno convertiti a cura della stessa Amministrazione in ren-
dita pubblica italiana o dello Stato straniero, da iscriversi nominativamente
in favore del nuovo Istituto, od in altri capitali fruttiferi.
ART. 24. Nel corso di due anni l'Amministrazione del patrimonio degli
Enti soppressi, di cui è detto all' articolo precedente, potrà proporre nuove
fondazioni in Roma a benefizio dei propri connazionali per scopi permessi
dalle leggi del Regno. Il Governo del Re provvederà per la necessaria ap-
provazione.
Trascorsi i due anni senza che siano proposte nuove fondazioni, il Go-
verno del Re fonderà in Roma e doterà cogli stessi beni, previa la con-
versione, Istituti aventi uno scopo congenere a profitto delle stesse Nazioni
straniere.

I diritti di riversibilità e qualunque altro diritto di terzi sui beni anzi-


detti restano salvi e non pregiudicati, e potranno sperimentarsi avanti i
Tribunali competenti.
ART. 25. In tutto il Regno, a cominciare dal 1. gennaio 1873, la tassa
ARTICOLO I. APPENDICE LEGISLAZIONE . 89

straordinaria del 30 per cento, imposta dall'articolo 18 della legge del 15


agosto 1867, sarà applicata soltanto alla parte di annuo reddito eccedente
le lire 800 pei Canonicati, e le lire soo per gli altri Benifizi e Cappellanie,
sì conservati che soppressi, delle chiese cattedrali.
Gli assegni dovuti dall' Amministrazione del Fondo per il culto, a norma
dell'articolo 3 della legge 15 agosto 1867, agli investiti e partecipanti
degli Enti religiosi soppressi, saranno soggetti alla detta tassa straordinaria,
soltanto sulla somma eccedente annue lire 500.
Per gli effetti di quest' articolo il reddito di ciascun Ente s'intende co-
stituito, non solo dai frutti della dotazione ordinaria della prebenda o par-
tecipazione corrispondente al numero organico dei partecipanti, ma anche
da ogni altra somma che permanentemente venga corrisposta all'investito
per causa del suo ufficio sul patrimonio dell' asse ecclesiastico e della chiesa
per adempimento di legati pii o per altri titoli, e dovrà risultare da docu-
menti confermati da una deliberazione capitolare compilata nei modi che
verranno prescritti da apposito Regolamento.
Per costituire l'annuo reddito sul quale si deve fare la ritenuta del 30
per cento si dovrà anche tener conto dei redditi di altri Benefizi e Cappel-
lanie di cui il canonico o il benefiziario sia investito.

La disposizione di questo articolo non sarà applicabile ai Canonicati, il


cui annuo reddito ecceda le lire 1,600, ed agli altri Benefizi semplici e
Cappellanie, il cui reddito ecceda le lire 800.
Nulla é innovato al disposto dell'articolo 18 della legge 15 agosto
1867 nei rapporti fra il Fondo del culto ed il Demanio.
ART. 26. È prorogato di tre anni il quinquennio di cui all'articolo 2
della legge 29 luglio 1868 pei religiosi e religiose contemplati all'articolo
3 della legge stessa.
ART. 27. Gli Enti dalla presente legge eccettuati dalla soppressione
ordinata dalle leggi di cui nell'articolo 1, non potranno per nuovi acquisti
accrescere l'attuale loro patrimonio.
ART. 28. Saranno nulle le disposizioni ed atti fatti in frode delle inca-
pacità stabilite dalle leggi per gli Enti ecclesiastici, ancorchè siano simulati
sotto la forma di contratto oneroso o fatti sotto nome d'interposte persone.
ART. 29. Negli articoli 3, 5 e 29 della legge del 7 luglio 1866 e
nell'articolo I della legge del 29 luglio 1868, alla data del 18 gennaio
1864 è sostituita quella della presentazione di questa legge al Parlamento.
È data facoltà al Governo di provvedere con Decreti Reali, sentito il
90 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

Consiglio di Stato, a tutto quanto può essere richiesto per la esecuzione


della presente legge.
È accordata facoltà al Governo di provvedere mediante Reale Decreto
alla iscrizione nel Bilancio dell' anno corrente delle nuove entrate e delle

nuove spese procedenti dalla esecuzione della presente legge.


Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta
nella raccolta ufficiale delle leggi e dei Decreti del Regno d'Italia man-
dando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge
dello Stato.

Dato a Torino addi 19 giugno 1873 .


VITTORIO EMANUELE.

G. LANZA , G. DE FALCO, QUINTINO SELLA ,

VISCONTI -VENOSTA , RICOTTI , A. RIBOTY ,

A. SCIALOJA, G. DEVINCENZI, CASTAGNOLA .

CODICE PENALE SEZIONE III .


u)

ART. 268. Il ministro di un culto, che nell'esercizio del suo ministero


con discorso proferito o letto in pubblica riunione, o con scritti altrimenti
pubblicati, abbia espressamente censurato o con altro pubblico fatto, abbia ol-
traggiato le istituzioni, le leggi dello Stato, un decreto reale o qualunque altro
atto della pubblica Autorità, sarà punito col carcere fino a 6 mesi o colla
multa sino a lire mille.

ART. 269. Se il discorso, lo scritto o il fatto pubblico di cui nell'arti-


colo precedente, sono diretti a provocare la disobbedienza alle leggi dello
Stato o ad atti della pubblica Autorità, la pena sarà del carcere da sei
mesi a due anni, e della multa da mille a due mila lire.
Ove la provocazione sia seguita da sedizione o rivolta, l'autore della
provocazione, quando non sia complice, sarà punito col carcere da due a
cinque anni, e colla multa da due a tre mila lire.
ART. 270. Ogni altro atto che costituisca reati secondo le leggi penali
o secondo la legge della stampa commesso dal ministro del culto nell' e-
sercizio del suo ministero sarà punito con le pene quivi stabilite, non ap-
plicate nel minimo a norma delle leggi medesime.
ARTICOLO I. APPENDICE GIURISPRUDENZA . 91

GIURISPRUDENZA .

Abuso dei Ministri del culto. Quel ministro della religione che in discorso
pronunziato in pubblica adunanza e nell'esercizio del suo ministero qualifica
come una usurpazione a mano armata la occupazione avvenuta di una parte
delle provincie pontificie, non commette il delitto contemplato dal codice
penale italiano, cioè la censura delle istituzioni e delle leggi dello Stato ; e
quella qualificazione può secondo l'intenzione dell'agente, costituire ingiuria
alla persona del Re d'eccitamento all' odio e disprezzo verso il Governo e dar
luogo all'applicazione delli art. 109, 126, e 127 cod. penale toscano
Legge, 6, II. C. C. di Toscana II nov. 1861 .
La pubblicazione di circolari ed istruzioni al clero fatta dai superiori eccle-
siastici senza l'assenso del Governo che per il codice penale italiano, rien-
trando fra gli abusi dei ministri dei culti nell'esercizio delle loro funzioni ,
costituisce delitto, per la legislazione toscana vigente costituisce trasgressione
e quindi è prescrivibile nel mese di che all'art. 19 del toscano regolamento
di polizia. Ivi 1042, II. C. C. di Firenze 1 Ottobre 1862 ric. Baravisi.
Altra cosa è la pubblica adunanza cui allude l'art. 268 Codice penale,
altra è la pubblica piazza. Onde non ritenersi fatto in pubblica adunanza
un discorso fatto in pubblica piazza .
Perchè vi sia l'elemento della pubblica adunanza è neccessario che vi
sia gente raccolta con uno scopo determinato, e nel caso dell' art. 268 Cod.
penale con uno scopo religioso.
I discorsi del ministro del culto contenente censura alle leggi dello
Stato pronunziati da lui non in pubblica adunanza per quanto in una piazza
e fuori dell'esercizio del suo ministero, costituiscono un reato comune come
per ogni altro cittadino, ma non il reato speciale prevveduto dall'art. 268
Cod: pen: -

Ivi 900 C. C. di Torino 28 Luglio 1869 ric: Baralis.


Non entrano nei fatti costituenti reato pei ministri del culto quelli che
non sono diretti propriamente ad eccittare il disprezzo ed il malcontento
contro le istituzioni, e le leggi dello Stato e che non furono commessi
nell'esercizio di funzioni di ministri .

In questi fatti non cadenti sotto sanzioni di legge penale non entrano
quindi le interpellanze, i consigli, le istruzioni ed i carteggi del tutto privati
tendenti a regolare il foro interno o della coscienza in occasione di acqui-
sto di beni dei soppressi corpi ecclesiastici, nè pure, se sia stato minacciata
92 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

scomunica a nome della curia vescovile, e se per dichiarare assolto l'ac-


quirente siasi pretesa ed ottenuta una data dichiarazione dal medesimo.
Ivi 753. IX C. C. di Torino 2 Luglio 1869 ric. P. M. imp : Carminati
e Bella.

Quel ministro del culto che dall'altare si pone a declamare contro la


enormità della tassa il mal uso della pecunia pubblica a fomento d'immo-
ralità e contro la politica del Governo, dicendosi ostile alla religione, com-
mette il delitto di censura ed oltraggio alle istituzioni dello Stato ed agli
atti della pubblica autorità, di cui la legge 5 Giugno 1871 , non già il delitto
ordinario di diffamazione contro persone rivestite dell' autorità medesima.
Epperciò in rapporto a questo delitto, il Pubblico Ministero è abilitato
a promuovere azione penale, come di reato perseguitabile d'ufficio nell'in-
teresse diretto della pubblica amministrazione e di ordine pubblico indipen-
dentemente da qualsiasi querela di pubblico funzionario che pretendasi diffa-
mato. Ivi, 18, XIV C. C. di Firenze 13 Settembre 1873 ric. Tommasi .
Culti non cattolici tollerati. I culti non cattolici tollerati, alla cui prote-
zione è ordinata la disposizione dell' art. 188 del Codice penale sardo, sono
i culti che esistevano ed erano riconosciuti nelle diverse provincie d' Italia
al momento in cui vi fu pubblicato lo Statuto del regno
-

Cass. Torino

6 Settembre 1871. Corsi e Binelli (Ann. V, I, 249; Racc. XXIII 1, 650;


Parma 21 Marzo 1872, Corsi e Binelli) Monit. M XIII 345. Laonde le ag-
gregazioni, o sette religiose posteriori, non appartengono alla classe degli
enti morali che s'intitolano culti tollerati. Ivi.
La esistenza dei culti tollerati viene stabilita dal riconoscimento che
di essi viene fatto dall'autorità governativa conformemente alla legge
Parma 21 maggio 1872 (Monit. M XIII, 345.)
Quindi non può dirsi tollerato un culto per ciò che i funzionari ammi-
nistrativi o politici conoscono le riunioni che allo scopo di esercitarlo
vengono tenute dalla associazione che lo professa. - Ivi.
Così ritenendo, si scambia l'esercizio del diritto di riunione accordato
dall'art. 32 dello Statuto, colla ricognizione legale necessaria ad impri-
mere ad un culto dissidente la qualità di tollerato. Ivi.
I Tribunali per decidere se un dissidente abbia a dirsi tollerato o non
tollerato, non possono entrare nella disamina dell'indole e dei caratteri
peculiari del culto stesso ma debbono limitarsi all'indagine tutta di fatto
della esistenza giuridica del culto stesso ossia se sia stato o no ricono-
sciuto dall'autorità governativa conformemente alla legge. Ivi.
ARTICOLO I. APPENDICE GIURISPRUDENZA . 93

Non può dirsi culto tollerato quello professato dalla congrega od asso-
ciazione che s'intitola chiesa evangelica libera italiana. Ivi.
Quindi le ingiurie fatte a chi si qualifica ministro del detto culto non
possono pigliare il carattere di oltraggio ed essere punite a termini del-
l'art. 188 del Codice penale; tali ingiurie mantengono la loro indole
naturale come se fatte ad un privato cittadino, e cadono sotto la sanzione
dell'art. 572 di detto Codice. Ivi.
Una semplice dichiarazione, rivocabile ad ogni momento con parole
o con fatti, non è idonea per sè sola a stabilire un mutamento di stato
Cass. Torino 14 Settembre 1872. Università Israelitica d' Ancona-Terni
(Giurisprud. TIX 655 ; Legge XII, I, 1134 .
Cosi non devesi aver riguardo al preteso abbandono del culto di fronte
agli effetti civili che ne possano discendere, quali sono i debiti di tasse,
forme di giuramenti civili e politici, forme per celebrazione di matri-
monio, in quei paesi in cui la legge si appaghi dei riti religiosi propri
dei contraenti e generalmente qualunque azione civile con cui l'individuo
si facesse a rivendicare i benefizi del culto da lui già preventivamente ri-
nunciato e che pretendesse d'avere poscia ripreso. Ivi.
Un israelita non può esimersi dal concorrere a sopportare le spese
dell' università, cui appartiene per ragione di domicilio, allegando puramente,
semplicemente che egli abbandonò il culto israelitico. Ivi.
Disprezzo verso il Re sono questioni di apprezzamento quelle
che hanno per oggetto di determinare se gli scritti od i fatti attribuiti al-
l'imputato sono di natura da eccitare lo sprezzo ed il malcontento contro
la persona del Re, o contro la persona della reale famiglia, o contro le
istituzioni costituzionali, giusta l'art. 471 del codice penale. Ivi 398,
III C. C. di Milano, II Marzo 1863 ric : P. M. della C. di Parma.
V n. 26 .

È giudizio di fatto non soggetto all'esame della Corte di Cassazione


quello che tende a riconoscere se la ommissione del nome del Re nelle
preci pro Rege abbia provocato lo sprezzo delle istituzioni dello Stato ed il
turbamento della pubblica coscienza. Ivi 457, III C. C. di Napoli, 19
Gennaio 1863 ric : Vescovo di Nardo.
Exequatur. Anche i brevi o rescritti della Sacra Penitenzieria i quali escono
dai naturali limiti della coscienza e per qualunque ragione e fine mirano ad
avere effetto nel foro esterno non sono dispensati dall' obbligo dell' e-
xequatur.
94 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

Conseguentemente cade nel reato previsto dall'art. 270 del Codice pe-
nale italiano il vescovo che riferendosi ad un rescritto della Sacra Peni-
tenzieria con notificanza diretta ai parrochi ed al clero della diocesi dichiara
proibito sotto pena ad esso vescovo arbitraria, di partecipare con religiosa
funzione od altrimenti alla festa stabilita colla legge 5 Maggio 1861 Ivi,
723, II C. d'appello, di Torino 26 e 28 Luglio 1862 ric. Gianotti c. Ve-
scovo di Saluzzo .

Alcune provvisioni ecclesiastiche provenienti dall'estero, particolarmente


di Penitenzieria, possono essere esenti dalla solenne formalità dell' exequatur,
ma sono però sempre sottoposte al vidimus il quale importa un' exequatur
tacito.

È principio di gius pubblico ecclesiastico sempre e costantemente am-


messo in ogni Stato cattolico, e particolarmente nei paesi soggetti alla
Casa di Savoia: « niuna legge o pontificio rescritto, solo forse eccettuate
le mere provvisioni dogmatiche, potere obbligare i cattolici se non in virtû
della pubblicazione che se ne faccia nei singoli Stati ; e niuna legge o re-
scritto ecclesiastico proveniente dall'estero potere essere pubblicato ed ese-
guito se non sia stato presentato al Principe dello Stato in cui vuolsi pub-
blicare ed eseguire e non siasene da esso ottenuto il consenso » Ivi 730,
II, C. C. di Milano 25 Luglio 1862 ric : Canzi.
La esecuzione senza previo ottenimento dell' exequatur di un breve o
rescritto, sia del Sommo Pontefice, sia della Sacra Penitenzieria, proibente
l'intervento alla festa nazionale italiana e quindi invadente il foro esterno,
costituisce una contravvenzione all'art. 270 del codice penale. Ivi II, Trib.
civile di Parma, 12 Agosto 1862 ric : Cantinieri.
Per la legge sulle guarentigie essendo mantenuto il regio placet e l'exe-
quatur per quegli atti delle autorità ecclesiastiche che « riguardano le prov-
viste dei benefizi maggiori o minori >> ogni presa di possesso per parte di un
beneficiario, delle temporalità ammesse al benefizio senza il placet è illegale
ed improduttiva di effetto giuridico. Per conseguenza il beneficiario non
può più considerarsi come legalmente investito dei redditi di ricchezza mo-
bile che sono colpiti dalla legge.
Nessun atto può supplire alla mancanza del placet per costituire il bene-
ficio, e farlo quindi considerare come soggetto ai doveri delle imposte sulla
ricchezza mobile che s'impone ai possessori e contribuenti ordinari e regolari.
Epperciò il beneficiario non è tenuto ad ottemperare al disposto dall'art:
108 del regolamento 25 agosto 1870 per la esecuzione della legge per la
ARTICOLO I. APPENDICE GIURISPRUDENZA . 95

tassa sulla ricchezza mobile non può essere colpito dalla pena prestabilita
per la contravvenzione a questo articolo stesso. Ivi., 647 II Pret: di Acqua-
pendente 15 Aprile 1872 imp : Creti.
L'art. 16, si è detto, assoggetta all' exequatur la provvista dei benefici
maggiori e minori; ma beneficio importa solo temporalità, dote annessa
all'ufficio; dunque questo non dipende dallo exequatur. Se qui fosse neces-
sario di guardare codesto assunto rispetto al gius canonico, potrebbe dirsi
che se nella sua origine prima la parola beneficio potè significare i beni
annessi allo esercizio di un ufficio spirituale, più tardi nel linguaggio dei
canonisti assunse più largo significato ; valse ad esprimere ciò che era di
fatto, un istituto complesso, ma individuo nel tempo stesso, l'ufficio ed il
diritto alla temporalità. Sicchè può affermarsi che il beneficio non sia la
rendita presa oggettivamente, ma invece il diritto a goderne, ratione spiri-
tualis uffici, e quindi è identificato con questa. A così fatto concetto risponde
difatti la ordinaria definizione del beneficio, per la quale si è detto essere
questo: Jus perpetuum spiritualibus anexum ...

jus ad percipiendos
redditus ecclesiasticos spiritualis officiis. Può altresi affermarsi che appunto
il beneficio s'identifica coll'ufficio, ed è inseparabile da questo, in quanto
non è dissentita dai canonisti, che il benefizio implette questi tre fattori ;
l'obbligazione che impone, sia l'ufficio; il diritto ai frutti che non è, ma
diviene spirituale ; per l'ufficio spirituale aderisce : i frutti stessi qui dici pos-
sunt temporales. E di fatti in tanto ha un significato la classificazione dei beneficii
in curati e semplici in secolari e regolari, in quanto non esprime la sola tempora-
lità, perocchè, non avesse senso il dire beni curati o semplici, beni regolari o seco-
lari, massa curata ; ove non fosse l'ufficio solo che puossi invece distinguere in
curato e semplice, in secolare e semplice in dignità, prelatura, abazia, e simili.
Se ciò è vero s'inferisce da qui che, quando la legge del 1871 disse sog-
getta all' exequatur la provvista dei benefizi, espresse col vocabolo beneficio
l'idea complessa in cui questo si risolve, cioè l'ufficio, il diritto ai frutti , i
beni da cui quelli derivano : tre fattori che s'identificano in una entità sola.
Per il che a buona ragione la legge del 1871 assoggettò all' exequatur la
provvista del beneficio, nella quale si comprendono non solo la sola tem-
poralità, ma gli elementi costitutivi del beneficio stesso. ( Corte d'appello
di Palermo -

16 Ottobre 1875 .
Fondo pel culto. L'amministrazione del Fondo pel culto è un'istituzione
autonoma ed insieme governativa. È autonoma perchè per ragione di alta
morale e di politica convenienza non si vollero confondere le rendite dei beni
96 LO STATUTO DEL REGNO , ANNOTATO.

provenienti dall'asse ecclesiastico con quelle per tutt' altro titolo spettanti
al Demanio dello Stato; ma è altresi governativa perchè è certamente un
fondo pubblico intimamente collegato e connesso coll'erario dello Stato di-
rettamente interessato alla di lui conservazione. Archivio Amm. Tribunale
civile di Perugia, sentenza 18 Dicembre 1880.
Potere Spirituale. Il potere spirituale non può mai essere spinto tant' oltre
che ne resti invaso il potere temporale del Principi nei loro Stati, e quindi
un breve della S. Penitenzieria, il quale, qualunque ne sia la forma e la
denominazione provochi alla disobbedienza delle leggi, ecciti alla diserzione,
promuova una pressione morale sui sudditi altrui per indurli ad abiurare i
fatti e gli ordinamenti del proprio Governo ecc. non è un atto di potestà
spirituale del Pontefice ma un'attentato all'esistenza del principato civile.
Legge 729, II C. C. di Milano, 25 Luglio 1862 ric. Lanzi.
Relazione dello Stato con la Chiesa. La separazione della Chiesa e dello
Stato è principio fondamentale di ogni governo libero e nazionale: questo
principio pur dividendo le materie appartenenti al governo civile ed al go-
verno religioso, ed attribuendo a ciascuno il fatto suo, mantiene però nella
sua integrità il diritto della difesa dello Stato contro gli eccessi del governo
ecclesiastico ; e in ciò differisce dalla formola libera libera Chiesa in libero
Stato, la quale proclamando il principio puro e perenne della separazione,
vi frammischia un elemento di politica fluttuante e transitoria coll' accennare
ad una più o meno larga tolleranza del governo civile in riguardo alle esor-
bitanze del governo ecclesiastico; elemento che solo ( a chi ben guardi )
dà e può dare materia a dibattimenti politici, intanto che rimane fermo in se
stesso incontestabile il principio della separazione assoluta, il quale importa
che lo Stato riconosca bensì le istituzioni religiose, ma ritolga alle mede-
sime ogni sanzione civile e coattiva, commettendole alla coscienza ed alla
spontaneità dei credenti. (Cass : di Torino Decis : 12 Genn : 1876. Ben-
zano contro Ferrando . )
Considerato che la legge 13 Maggio 1871 ha due parti, l'una concer-
nente le guarentigie dal Sommo Pontefice e della Santa Sede, l'altra le
relazioni dello Stato con la Chiesa, la prima attuò in tutta la sua pie-
nezza uno dei principi della soluzione del problema romano, assicurata al
più alto grado di dignità, l'indipendenza ed il decoro del S. Pontefice.
L'altra applicò in larghissima parte il secondo principio della libertà della
Chiesa, per tutto quello che concerne l'esercizio spirituale delle sue fun-
zioni e solo serbo allo Stato quella suprema tutela dei diritti e delle giuri
ARTICOLO I. APPENDICE - GIURISPRUDENZA . 97

sdizioni delle sovranità civile, che non poteva, soprattutto nelle presenti con-
dizioni, essere smessa od abdicata. In conformità di questo concetto l'art : 15
dichiara rinunciarsi dallo Stato al diritto di legazione apostolica in Sicilia ,
e in tutto il Regno meno per i benefizi di patronato regio al diritto di
nomina o proposta nella collazione dei benefizi maggiori; non essere richiesto
dai vescovi il giuramento al Re: potersi liberamente dalla Chiesa conferire
i benefizi, però a cittadini del Regno ; condizione questa neppure richiesta
nella città di Roma e nelle sedi suburbicarie. Proseguendo ad attuare lo
stesso concetto, l'art. 16 dichiara abolito l'exequatur o placet regio ed ogni
altra forma di assenso governativo per la pubblicazione ed esecuzione degli
atti delle autorità ecclesiastiche nè esser loro riconosciuta od accordata

alcuna esecuzione coatta. Dall'altra parte gli ultimi paragrafi dello stesso
art. 16 dichiarano, restar ferme le disposizioni delle leggi civili rispetto
alla creazione ed ai modi di esistenza degli istituti ecclesiastici ed aliena-
zione dei loro beni, e sino a quando non sia altrimenti provveduto, rima-
ner soggetti all' exequatur o placet regio gli atti di esse autorità che riguar-
dano la destinazione dei beni ecclesiastici e la provvista dei benefici mag-
giori o minori , eccetto quelli della città di Roma e delle sedi suburbicarie.
E gli ultimi paragrafi dell'art. 17 stabiliscono che la cognizione degli ef-
fetti giuridici degli atti delle autorità ecclesiastiche appartiene alla giuri-
sdizione civile e che codesti atti sono privi di effetto, se contrari alle leggi
dello Stato ed all' ordine pubblico, o lesivi dei diritti dei privati, e sog-
getti alle leggi penali, se costituiscono reati. E così col primo ordine di
disposizioni la legge medesima attuò il principio della separazione dello
Stato dalla Chiesa, e concesse a questa la più ampia libertà per tutto quello
che concerne l'esercizio spirituale del suo ministero. Con le altre mantenne
la competenza allo Stato in tutto quello che riguarda gli effetti giuridici e
civili degli atti delle autorità ecclesiastiche i quali si esplicano nelle rela-
zioni esterne della società e non si riferiscono al puro ministero spirituale.
Informata a questi principii la seconda parte dell'art. 16 è manifesto
rimaner per essa la provvista dei benefici maggiori e minori libera alla
Chiesa quanto alla loro concessione, ed efficace quanto all'esercizio del-
l'ufficio spirituale che ad esso beneficio è congiunto ; ma non avere codesta
provvista alcun effetto giuridico ed essere come non avvenuta di fronte allo
Stato, per tutto quello che si attiene all' esercizio di alcun diritto civile, fino
a tanto che la provvista stessa non sia dallo Stato riconosciuta e munita del-
Pexequatur o placet regio. L'interpretazione che vorrebbe darsi all'art. 16
URTOLLER Lo Statuto ecc . 7
98 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

il riguardare cioè l'exequatur o placet regio come necessari soltanto al con-


seguimento dei beni del beneficio per modo che anco senza di essi il bene-
ficiato abbia intera la sua potestà non solo spirituale e disciplinare, ma an-
cora giurisdizionale e civile ripugna alla lettera ed allo spirito della legge
e contrasta con tutto quello che dai ministri e dai relatori della legge del
13 Maggio 1871 fu detto nell'una e nell'altra Camera a spiegazione e com-
mento della stessa. Ed invero, il non concedersi se non dipendentemente
dall' exequatur o placet regio al sacerdote nominato dalle autorità ecclesiasti-
che ad un beneficio il godimento e l'amministrazione dei beni nel mentre e
l'uno e l'altro appartengono a colui che rappresenta l'ente, è al tempo stesso
conseguenza e riprova che lo Stato non riconosce nel nuovo eletto la rappre-
sentanza giuridica dell' ente ecclesiastico, se non quando abbia chiesto ed otte-
nuto il regio assenso. Oltre a che questa restrittiva interpretazione darebbe
a tale disposizione, ispirata da grandi interessi pubblici, un senso meschino
e ristretto che non risponde affatto allo scopo ed all'importanza della
legge medesima. Nè a confortare a quella ristretta interpretazione giova
invocare il disposto dall' art. 18 per dedurre che, riferendosi l'art. 16 alla
legge speciale promessa da quest'articolo, ed essendo questa legge relativa
soltanto al riordinamento, allo conservazione ed all' amministrazione della
proprietà ecclesiastica, sia prova che il placet ed exequatur non riguardi che
il solo possesso dei beni del benefizio. Egli è vero che l'art. 16 dice :
<< Fino a quando non sia altrimenti provveduto nella legge speciale di cui
all'art. 18, rimangono soggetti all' exequatur o placet regio gli atti delle auto-
rità ecclesiastiche che riguardano destinazione di beni e provvista di benefizi
maggiori o minori » Ma per cessare l'exequatur o placet regio, è mestieri
secondo il testo medesimo della legge, che non solo sia fatta la legge spe-
ciale preveduta dall'art. 18, ma che sia altrimenti provveduto con essa legge.
E questi altri provvedimenti non potranno certo essere suggeriti che dal modo,
come quel complicato problema dell'ordinamento della proprietà ecclesiastica
sarà risoluto, dal giusto intervento del laicato nello stesso, e dalle guaren-
tigie che saranno ritenute necessarie per tutelare in questa materia delle
provviste beneficiarie i diritti dello Stato, che senza offesa per la libertà
della Chiesa sono rimasti di presente affidati alla temporanea conservazione
dell' exequatur o placet regio. Torna così che sino a quando l'atto che con-
tiene la provvista beneficiaria non sia munito dell'exequatur o placet regio
esso non esiste legalmente innanzi allo Stato, nè può avere efficacia giuri-
dica; il beneficio vuol essere civilmente riguardato come vacante. E di con-
ARTICOLO I. APPENDICE GIURISPRUDENZA 99

seguenza l'esercizio dei diritti che ad esso si riferiscono, non può essere
fatto che da colui e contro colui che legalmente lo rappresentava prima
che la nuova provvista, non ancora riconosciuta dallo Stato, abbia avuto
luogo. Ha considerato che la rappresentanza legale del vescovato costituita
che sia per vacanza nel capitolare non può da lui passare al novello vescovo
se questi non ottenga il regio exequatur ; senza del quale la sede episcopale
è da ritenersi vacante, specialmente per tutto ciò che concerne rappresentanza
giuridica dell' ente e le relazioni con le autorità civili ( Cass. di Torino, 23
Luglio 1877) .
L'art. 16 si è detto, assoggetta all' exequatur la provvista dei benefizi
maggiori e minori; ma benefizio importa solo temporalità, dote annessa
all'ufficio; dunque questo non dipende dall'exequatur. Se qui fosse neces-
sario di guardare cotesto assunto rispetto al gius canonico, potrebbe dirsi
che se nella sua origine prima la parola beneficio potè significare i beni
annessi all'esercizio di un ufficio spirituale, più tardi nel linguaggio dei
canonisti assunse più largo significato : valse ad esprimere ciò che era di
fatto un istituto complesso, ma individuo nel tempo stesso, l'ufficio e il
diritto alla temporalità. Sicchè può affermarsi che il beneficio non sia già
la rendita presa oggettivamente, ma invece il diritto a goderne ratione
spiritualis officii, e quindi identificato con questo.
A così fatto concetto risponde difatti la ordinaria definizione del bene-
ficio per la quale si è detto essere questo: Jus perpetuum spiritualibus
annexum,.... jus ad percipiendos redditus ecclesiasticos ratione spiritualis
officii.-

Può affermarsi altresi che appunto il beneficio s'identifica col-


l'ufficio ed è inseparabile da questo, in quanto, non è dissentità dai gius
canonisti; che il beneficio implette questi tre fattori : l'obbligazione che
impone, sia l'ufficio ; il diritto ai frutti che non è, ma diviene spirituale, per
l'ufficio spirituale aderisce ; i frutti stessi qui dici possunt temporales. E di
fatti, in tanto ha un significato la classificazione dei benefici in curati e
semplici, in secolari e regolari, in quanto non esprime la sola temporalità
perocchè non avesse senso il dire beni curati o semplici, beni regolari o secolari,
massa curata ecc., ove non fosse l'ufficio solo che puossi invece distinguere
in curato e semplice, in secolare e regolare, in dignità, prelatura, abazia e
simili. Se ciò è vero s'inferisce da qui che, quando la legge del 1871 disse
soggetta all'exequatur la provvista dei benefizi, espresse col vocabolo bene-
fizio l'idea complessa in cui questo si risolve, cioè, l'ufficio, il diritto ai frutti,
i beni da cui quelli derivano; tre fattori che s'identificano in una entità sola.
100 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

Per il che, a buona ragione, la legge del 1871 assoggetto all' exequatur
la provvista del beneficio, nella quale si comprendono non le sole tempo-
ralità, ma gli elementi costitutivi del beneficio stesso. (Circolo giuridico,
V. VI. Corte d' app. 16 Ottobre 1875) .
Riapertura di Chiesa al pubblico. Il Cardinale Vicario del Sommo Pon-
tefice è carente di azioni e non ha diritto a chiedere che siano riaperte al
culto le chiese appatenenti alle corporazioni ecclesiastiche soppresse in
Roma, alle quali l'autorità governativa ha data altra destinazione. (Arch :
amm :, Cassazione di Roma, sentenza 28 Gennaio 1881 ). Il giornale la
Legge porta integralmente la citata sentenza ).
ARTICOLO I. APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 101

ATTI PARLAMENTARI .

Sotto questa rubrica intendiamo riportare quanto serva a chia-


rire il concetto del legislatore sulle leggi da noi accennate nell'o-
pera, compiendo in tal modo il divisamento di esporre tutto il nostro
diritto costituzionale .
La discussione parlamentare sulle « Guarentigie del Sommo
Pontefice, toglie alcuni dubbi che possono sorgere dalla semplice
lettura del testo della legge ; riproduciamo perciò le parti più no-
tevoli di tale discussione.

Mancini....... Nella prima parte dell'articolo, (Art : 2) dove si parla


delle pene, vorrei sapere dalla Commissione se intende di estendere contro
gli offensori del Pontefice anche il sequestro generale dei beni, e la multa
elevabile a lire cinquanta mila. Mi pare che valga la pena di avere un pre-
ciso schiarimento in proposito.
Nella seconda parte dove sono contemplate le offese e le ingiurie pub-
bliche, domando se la parola pubblica si applica non solo alle ingiurie, ma
anche alle offese.

Inoltre anche nella stessa seconda parte veggo scritto le offese commesse
contro la persona del Pontefice non solo con scritti, discorsi o stampe, ma
anche con fatti (è la precisa espressione del testo della Commissione) sono
punite colle pene stabilite nell'articolo 19 della legge sulla stampa. Io dovrei
lasciare correre siffatta locuzione, o perchè ognuno vede che la locuzione
della Commissione importerà che qualunque offesa reale commessa con fatti
e perciò con percosse, ferite e lesioni di ogni genere contro la persona del
Pontefice, non avrà maggior pena di quelle stabilite nell'art: 19 della legge
sulla stampa.
Ministro di Grazia e Giustizia....... sotto la parola pene non vi ha
dubbio che nel linguaggio legale si dovrebbe estendere anche all'art : 181
il quale stabilisce la multa. Si noti però che l'ammontare di questa multa
non è dalla legge determinata in una somma certa per tutti i casi : la somma
di cinquantamila lire tante volte ripetuta, è il maximum ; può essere ancora
di sole cinquantuna. Si tratta dell' attentato reato che bisogna augurarsi
non sia mai commesso, e di certo sarà un caso straordinario ; e non mi
102 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

sembra quindi sia il caso di rifare in questa circostanza la nostra legisla-


zione su questa materia.
In quanto al sequestro, di cui all'art : 182 ; mi sembra che invece di
costituire per se stesso una pena sia piuttosto un mezzo di assicurare il
pagamento della multa e però non credo vi si possa ricorrere per l'arti-
colo propostovi che si limita a rendere comuni all' attentato contro il Pon-
tefice le pene stabilite per l'attentato contro la sacra persona del Re ; e
bisogna per regola d'interpretazione, intendere restrittivamente la parola
pene. Credo d'altronde se ben mi ricordo che dopo la pubblicazione del Cod.
Civile e di procedura penale nel 1865 , si ritiene non eseguibile l'art : 182,
e di certo non è stato eseguito nei vari procedimenti che hanno avuto
luogo per reati contro la sicurezza dello Stato. Credo quindi a ragione che
tutti dobbiamo essere d'accordo col ritenere che l'art : 182 relativo al se-
questro non è affatto applicabile.
In quanto alla domanda se la parola pubbliche riguardasse tanto ingiurie
quanto le offese, mi sembra che, come è redatto l'articolo, sia troppo evi-
dente che si richieda la pubblicità tanto per le offese quanto per le in-
giurie, in quanto che, o signori, si è ritenuto che da una pubblica offesa
gravi conturbazioni possano derivare.
Finalmente quanto alla critica di avere punito le ingiurie come le vie
di fatto contro la persona che in alcuni casi, secondo il diritto comune,
meritano pena maggiore, osservo che la parola fatti, usata nell'articolo
propostovi, non importa le violenze o le offese contro la persona fisica e
che più esattamente si dicono vie di fatto, ma s'intendono fatti che offen-
dono moralmente la persona, e che perciò costituiscono la ingiuria o l'ol-
traggio punibile. Ed è in questo senso la parola fatti usata negli articoli
185 , 471 , e 583 del Codice penale. Trovate infatti nell' art. 185 si parla di
fatti che siano di natura da offendere la religione.....
Mancini . Domando la parola per uno schiarimento .
Ministro di Grazia e Giustizia...... od eccitarne il disprezzo. Nell' art. 471
si parla di fatti che siano di natura da eccitare lo sprezzo contro la persona
del Re ecc. Si dice finalmente nell' art. 583 : « tutte le ingiurie (osservate
signori d'onde abbiamo presa la parola usata nella proposta), tutte le
ingiurie o verbali o commesse con fatti, » chè di certo vi può essere un
fatto materiale, il quale senza offendere fisicamente la persona, costi-
tuisca l'ingiuria, l'oltraggio , il dileggio, il disprezzo della persona me-
desima.
ARTICOLO I. APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 103

Con questi schiarimenti credo di avere risposto anche a nome della


Commissione alle domande direttemi dall'onorevole Mancini.
Mancini . Ho chiesto di avere almeno uno schiarimento ulteriore alla
Commissione.

Prego o signori di avere un pò di tolleranza perchè è questione abba-


stanza importante ; spetterà poscia a molti fra noi di trovarsi di continuo
davanti i magistrati, che, nell'applicare la legge potranno togliere a guida
queste dichiarazioni.
Presidente. Formoli la sua domanda.
Mancini . L'onorevole ministro, che solo ha risposto nel silenzio della
Commissione, ha detto che la parola fatti era relativa all' art. 583 del Codice
penale; ma compiacciasi riflettere alla diversità del soggetto in quel testo di
legge e nell' attuale.
L'articolo 583 è scritto così: « Tutte le ingiurie commesse con fatti,
scritti, od in altro modo qualunque, ecc :, sono punibili » Ognuno sa che vi sono
le ingiurie consistenti in gesti, o atti dispregiativi, che non sono parole, negli
scritti . L'imbarazzo nasce da che la Commissione non ha voluto trasportare
questa locuzione nell' articolo che ora propone ; ma in esso si legge « le
offese e le ingiurie......
Ministro di Grazia e Giustizia. Domando la parola.
Mancini...... pubbliche commesse direttamente contro la persona del
Pontefice con discorsi, con fatti o coi mezzi indicati nell' art. I della legge
sulla stampa , sono punite con le pene dell'articolo 19 della stessa
legge sulla stampa . »
Vede l' onorevole ministro che, se si dicesse solo le ingiurie, non avrei
nulla da osservare, e mi terrei pago della sua risposta, per essersi adope-
rata la locuzione stessa consacrata nell' articolo 583 ; ma quand' invece in
questo testo della Commissione si contemplano oltre le ingiurie, tutte le
offese commesse contro la persona del Pontefice con fatti di ogni specie di-
chiarandole punibile coll' articolo 19 dell' accennata legge sulla stampa, io
lascio che la Camera giudichi se una tale locuzione può essere scusata .
Ne deriverà che, offendendosi con fatti il Pontefice, questa legge accorda
per eccezione una minorante delle pene ordinarie delle offese contro privati ;
che qualunque cittadino è protetto assai più del Pontefice ; domando se
questa sia veramente l'intenzione della Commissione.

Ministro di Grazia e Giustizia...... nell'articolo 19 della stampa si parla


104 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

di offese contro la persona, e certo colla stampa non può essere colpita la
persona fisica, ma la persona morale.
Eccovi perchè con ragione si è potuto usare la parola fatti come cor-
rispondente ad offese morali non già ad offese fisiche: l' alinea della legge
non provvede altro se non che a quelle offese morali che derivano dalle
ingiurie od oltraggi verso la persona; ed anzi era perciò che si sostitui
alle parole vie di fatto che prima si erano usate, la parola fatti perchè era
questa la parola che si trovava nel Codice, e che meglio corrispondeva
all' offesa morale, perchè vi sono infinità di fatti materiali che possono
importare ingiuria, oltraggio, dileggio, vituperio, senza offesa materiale alla
I

persona fisica.

Sorta la questione nella Camera dei Deputati se fosse utile


dichiarare che tutto ciò che è conceduto alla legge sulle Guaren-
tigie in ordine al culto cattolico debba pure essere accordata a tutti
gli altri culti, così si espresse il Relatore della legge accennata :

Bonghi (relatore) La Commissione non è stata , e non è punto con-


traria ad una dichiarazione favorevole alla libertà dei culti in Italia, ma
essa si è molto preoccupata di sapere in che maniera si potesse e dovesse
farla perchè paresse seria.
E per questo è necessario di fissar bene in che condizioni siano cotesti culti.
Ebbene la condizione giuridica è questa.
Tutti ricordano il primo articolo dello Statuto.
In Italia si ha per esso un culto riconosciuto come religione dello Stato,
e dei culti tollerati ; tutti sanno come questo articolo dello Statuto è stato
sviluppato dalla successiva legislazione nel senso più conforme e più favo-
revole alla libertà ed alla parità dei culti..... Una prova grande, palpabile
di questo fatto, è questa che da tre mesi che noi stiamo discutendo la pre-
sente legge la quale si riferisce al culto cattolico, non è arrivata alla
Camera alcuna petizione di alcun culto in Italia che chieda di essere
svincolato da qualche restrizione, da qualche catena di cui senta il nodo ai
piedi ; il che significa che non si sentono punto legati.
Ed ora ecco come ciascuno di questi culti tollerati si regge .

1 V. Rendiconti del Parlamento italiano Sessione del 1870-71 Camera dei

Deputati . Tornata delli 7 Febbraio 1871 .


ARTICOLO I. APPENDICE - ATTI PARLAMENTARI . 105

Gli israeliti sono retti nelle diverse parti dello Stato da diverse leggi.
Nella maggior parte delle provincie italiane sono retti ora dalla legge pie-
montese del 1857 ; in Toscana da una legge antecedente toscana; nel Na-
poletano non vi sono congregazioni israelitiche riconosciute dalla legge, e
quelle che vi sono, sono perfettamente libere. Nel Veneto regge ancora la
precedente legislazione austriaca. Ebbene, lasciando stare le associazioni
israelitiche del Napoletano e della Sicilia, che, come ho detto, sono asso-
lutamente volontarie, quale è il concetto della legislazione che regge gli
israeliti in tutte quante le altre parti del regno ? Il concetto è questo : che
gl'israeliti hanno libertà di appartenere o no all' Università israelitica,
dichiarando di essere israeliti o di non essere ; ma una volta che vi appar-
tengono, sono obbligati a pagare la tassa nella forma e nella misura che
al Consiglio da essi eletto viene deciso ; così che queste Università israeli-
tiche non rispondono davvero al concetto assoluto della libertà delle asso-
ciazioni religiose, poichè, se da una parte è libera il parteciparvi o no,
dall' altro è obbligatorio non solo il contribuire alle loro spese, ma alle
misure delle contribuzioni ; è obbligatorio, quando se ne faccia parte, di
sottostare alle tasse che il Consiglio decide, e che sono resi esecutorie da
un atto del potere ministeriale o prefettizio, come i ruoli delle imposte
comunali.

Le Università israelitiche adunque sono enti morali che partecipano


della natura del comune, sono enti morali composti di persone che pos-
sono liberamente farne parte o no, ma che, ripeto, una volta che vi
partecipano, sono astretti a sottostare ad una tassazione. Io credo possi-
sibile che si faccia una legge nella quale sia libera la tassazione come la
partecipazione, una legge, cioè, in cui la tassa necessaria sia convertita in
oblazione, e l'Università spogli il carattere di ente morale che la legge
civile le può solo attribuire e le ha attribuito; ma è evidente che questa
è materia da studiarsi e che non si può pregiudicare con un inciso passeg-
giero; è una materia sulla quale bisogna sentire la voce di quelli stessi che
in queste istituzioni hanno interesse.
Nel 1865, il ministro di grazia e giustizia Vacca propose all' Assemblea
italiana di estendere a tutta quanta l'Italia la legge del 1857 ; ma di
tutte le petizioni delle università israelitiche che vennero allora alla Ca-
mera, neanche una sola, se ricordo bene, tendeva a chiedere la mu-
tazione dell' università in un' associazione libera sotto ambedue quei ri-
spetti che vi dicevo poc'anzi ; domandavano bensì alcune altre modifi
106 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

cazioni di poco rilievo, ma queste non impedirono all'israelita Levi ,


che era nostro collega, di consigliare, appunto nella sua relazione alla Ca-
mera, la estensione della legge del 1857 a tutta l'Italia, pur lasciando al
ministro facoltà di alterarla in due punti. Io non voglio nè punto nè poco
giudicare la bontà della legge, non voglio nè punto nè poco giudicare se
questa legge debba essere mutata o no ; voglio solamente fare avvertire
all'onorevole Mancini ed ai miei colleghi, che non è una materia che si
possa decidere su due piedi, senza un maturo e profondissimo studio.
Quali altri culti vi sono in Italia ? Lasciando stare i greci scismatici,
ai quali sono stati sciolti i ceppi di una Bolla di Benedetto XIV, dall' ono-
revole Mancini in Napoli e dall'onorevole Crispi in Sicilia non abbiamo
in Italia altro culto tollerato che quello dei valdesi. Ebbene, i valdesi in
che condizione sono ? Ho voluto interrogare di qua e di là, ed ho pregato
un Collega nostro di scrivere nelle valli se la libertà fosse perfetta. Ho ri-
cevuto comunicazione delle discussioni e deliberazioni del loro Sinodo del

1867 e tra quelle ho letto questa che vi prego di voler sentire, poichè
prova che almeno dai valdesi siamo benedetti. Eccola.
« Le Synode appelle toutes les bénédictions de Dieu sur le Roi Victor
Emmanuel et son auguste famille, ainsi que sur les ministres et le Parlement,
et renouvelle l'expression de sa reconaissance pour la libertè religieuse
maintenue par le Gouvernement. » E non mi sono contentato di questo,
ho voluto procurarmi qualche informazione precisa attuale da chi ha inge-
renza nell' amministrazione della direzione di quella società valdese, ed ho
avuto dalla persona più autorevole che si possa pensare la risposta, che
prego la Camera di voler sentire, acciocchè ogni dubbio scompaia dal
suo animo.

<< Jusqu'en 1847 le Gouvernement s'était réservé le droit d'autoriser


la tenue de nos synodes, et il s'y faisait représénter par un délégué
qui était ordinairement l'intendant de la province. Il fallait dans le recours
adressé au Roi pour obtenir l'autorisation voulue, indiquer exactement
les objets dont le synode devait s'occuper.... » Quindi soggiunse :
<< Anciennement nos synodes ne se réunissaient que chaque cinq ans;
en 1855 nous les avons rendus annuels et nous n'avons pas lieu de nous
en plaindre >>
Conviene avvertire che nel 1855 la Tavola valdese si era liberamente
costituita da sé, senza ingerenza nessuna del Governo.
« Les séances sont pubbliques, et lorsqu' il s'y discute des questions
ARTICOLO I. - APPENDICE - ATTI PARLAMENTARI . 107

particulièrement intéressantes, les auditeurs sont extrêmement nombreux.


« Le Gouvernement pas plus que les autorités de le province, ou des
communes, n'ont du reste aucune ingérence ni directe, ni indirecte, dans
la nomination des pasteurs ou de la Table, ou des nos autres Commissions.
Comme nos hôpitaux et nos oeuvres de bienfaisance, ou Bourses des pau-
vres ne reçoivent ancun subsides d'acucune des caisses de l'Etat, de la
province ou des communes, ils sont régis par leurs propres règlements, ap-
prouvés par l'autorité compétente, et ne transmettent à la députation pro-
vinciale que leurs comptes financiers.
Cosi stando i fatti, a che cosa giova qui una disposizione di legge, la quale
darebbe motivo all'Europa di credere che veniamo ora soltanto a dare la
libertà agli israeliti e ai valdesi d' Italia ? Ciò non migliorerebbe nè punto
nè poco la loro condizione, anzi non potrebbe che peggiorarla ; poichè
queste due credenze religiose non sono soggette nè a exequatur nè a placet
per la nomina dei loro ministri, placet ed exequatur che ieri ho dovuto pure
invitare la Camera a mantenere rispetto ai ministri della Chiesa cattolica.
Ed è facile comprendere la ragione di questa differenza. Le due opinioni
religiose di cui si tratta non hanno alcuna ingerenza od influenza politica
nello Stato ; mentre molta anzi infinita ne ha avuta e ne ha la Chiesa
cattolica. Ora per quale ragione andremo qui a rilevare questa diffe-
renza ?

Nella Venezia invece i ministri della credenza israelitica sono ancora

soggetti alla conferma del Governo; ma nella Venezia vige ancora l'antica
legislazione austriaca per la quale il rabbino ed il ministro acattolico eser-
citano le funzioni di uffiziali pubblici rispetto ai registri dello stato civile e
dei matrimoni. Quindi, perchè nella Venezia la nomina del rabbino non
sia soggetta alla conferma del Governo, occorre che la legislazione in ciò
sia prima conformata all'italiana.
A che dunque inserire in questa proposta di leggi una disposizione di
legge circa i culti tollerati ? E non dico nulla di quella dell' onorevole
Sulis che vorrebbe non già solo abolire restrizioni che non ci sono, ma
introdurre nel nostro diritto pubblico il principio della dotazione per parte
dello Stato dei culti acattolici ; principio che non dubito punto non ci es-
sere nessuno in questa Camera che vorrebbe accogliere .
Riserviamo adunque questa materia. Se l'onorevole Mancini e gli altri
nostri colleghi vogliono proporre un ordine del giorno, una dichiarazione
per la quale ci si obblighi a fare quando che sia una legge sulla libertà
108 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

dei culti, non ci sarebbe certo alcuna ragione di rifiutare questa dichiara-
zione. Sulla libertà dei culti potremmo cominciare dal definire a quali culti
e come vogliamo accordare libertà, secondo è definito diversamente nelle
diverse Costituzioni ; potremmo comprendere tutte le disposizioni che sono
necessarie a regolarla, come è appunto fatto nello editto della Baviera del
1818, nelle recenti leggi confessionali dell' Austria, tutto quello che è speci-
ficato nelle leggi degli Stati nei quali parecchi culti davvero esistono, e si
è dovuto per ogni ragione pareggiarli.
Questo bisogno urgente oggi non vi è in Italia, e dirò, se volete, che
pur troppo non c'è ; poichè non manca la legge alla libertà dei culti, ma
mancano i culti alla legge, e non mancano perchè lo Stato li vieti, ma man
cano perchè il sentimento religioso pur troppo non è tra i sentimenti più
vivaci e spiccati tra gl' Italiani; è un fuoco che langue, anzichè una fiamma
che arda.

Noi dobbiamo adunque fare una legge seria, piena, completa in questa
materia: una legge che regoli così i punti che rilevano gli onorevoli Man-
cini e Sulis, come quelli che propone l'onorevole Crispi, il quale ha in
gran parte attinto dalla legge confessionale dell' Austria, poichè vuole rego-
lare come in quella le relazioni di famiglia, gli effetti giuridici dei matri-
moni di persone appartenenti a culti diversi. È meglio riservare questa
materia, poichè altrimenti si farebbe ora più male che bene ; si guasterebbe
il carattere proprio, speciale della legge, che è l'abolizione parziale per ora
del diritto speciale del culto cattolico, che era davvero soggetto ad un
diritto speciale per effetto di ragioni storiche che tutti sanno, e si neghe-
rebbe implicitamente il verissimo ed onorevolissimo fatto che non c'è
nessuno dei culti tollerati in Italia il quale abbia mai trovato, per parte del
potere esecutivo o del potere legislativo, alcuno ostacolo od impedimento
ad esercitare sulla società quella qualunque azione che potesse spettare alle
virtù delle idee che lo informano e degli uomini che lo rappresentano.
Presidente. Onorevole Mancini, ella mantiene il suo articolo 20 ? ¹
Mancini. Lo converto in un ordine del giorno e domando la parola.

1 L'onor Mancini proponeva si aggiungesse alla legge sulle Guarentigie il


seguente articolo :
L'abolizione delle istituzioni preventive, e di ogni sorveglianza ed ingerenza
governativa nell'esercizio del culto e della libertà religiosa, avrà effetto anche a
vantaggio degli altri culti professati nello Stato.
ARTICOLO I. - APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 109

Prego la Camera di osservare che non è più una questione nè di prin-


cipio, nè di diritto, che si combatte in occasione di questo articolo, ma
piuttosto un dubbio di fatto.
La Commissione, come già nella sua relazione , oggi ancora, per organo
del suo relatore, ci dice : nessuno può mettere in dubbio che la medesima
libertà, che si viene ad accordare con questa legge al culto cattolico, quelle
medesime esclusioni della istituzione preventiva e di ogni ingerenza gover-
nativa che andiamo oggi a stabilire rispetto al culto ed alla Chiesa catto-
lica, essere debbono e sono veramente comuni a tutti gli altri culti tolle-
rati o dissidenti professati nello Stato : solamente, questi culti tollerati si
trovano già in possesso di siffatta libertà, e non hanno ulteriormente biso-
gno di una esplicita e testuale disposizione di legge che li riguardi.
Se l'ora non fosse inoltrata, e la Camera ragionevolmente impaziente
sarebbe opportuno l'esaminare se a fronte dei due decreti reali del 17 febbraio e
29 maggio 1848, i quali dichiararono che nulla era innovato circa l'esercizio di
culti tollerati nella legislazione preesistente, ed a fronte della estensione suc-
cessivamente data a questi decreti dopo il 1860 in varie delle provincie
che si vennero annettendo alle antiche, possa reputarsi esatta in fatto cote-
sta affermazione; e tanto più rispetto agli israeliti a fronte della legislazione
esistente ancora nel Veneto, e della stessa legge piemontese del 1857, la quale
non permette che un rabbino entri in possesso del suo ufficio se prima il
prefetto
Bonghi . (relatore) No! nossignore !
Mancini . ( Mantengo l'esattezza della mia assertiva, e se la s'impugna, mi
si legga il testo della legge ) ..... se prima il prefetto non abbia esaminato la
regolarità della convocazione e della deliberazione dell' assemblea israelitica.
Senza entrar nel merito della questione, io chiedo se il Governo si crede
ancora o no investito di una potestà, di una ingerenza più o meno impor-
tante sui culti dissidenti.

Tuttavia, o Signori, è giustizia dare al Governo questa lode, che dal


1848, e sempre più coll'andare degli anni e colle nostre progressive abitu-
dini alle franchigie politiche, esso ha lasciata la maggiore libertà ai culti tolle-
rati nello Stato; sicchè era l'espressione di una legittima gratitudine quella
che l'onorevole Bonghi ci ha rammentato trovarsi deposta negli atti di
uno degli ultimi sinodi valdesi.
Però, Signori, quale è il mio scopo ? Io voglio che questo non rimanga
uno stato di tolleranza, ma sia uno stato di diritto; e voglio altresì che
almeno un voto della Camera ammonisca il Governo che in avvenire egli
110 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

non si potrebbe riputare investito della facoltà di esercitare e di stabilire,


rispetto ai culti diversi dal cattolico, quella ingerenza preventiva o ristret-
tiva che certamente non potrà più esercitare, dopo l' emanazione di questa
legge, rispetto al culto cattolico.
Ora, poichè questo risultamento può anche ottenersi colla votazione di
un ordine del giorno (e mi è sembrato che l'onorevole relatore della Com-
missione fosse disposto, a nome della medesima, ad assentirvi ), io mi limito
a proporre all'accoglimento della Camera il seguente ordine del giorno :
« La Camera udite le dichiarazioni della Commissione, e ritenendo che
l'abolizione delle istituzioni preventive e di ogni ingerenza governativa
nell'esercizio del culto a della libertà religiosa sarà mantenuto ed applicata
a profitto di tutti i culti professati nello Stato, passa all' ordine del giorno. »

Presidente

Il Ministero accetta quest'ordine del giorno ?


Ministro di Grazia e Giustizia. Dichiaro di non aver difficoltà ad accet-

tarlo, dopo le dichiarazioni che ha fatte l'onorevole relatore in quel senso.


Presidente. Dunque lo pongo ai voti.
I

(È approvato) .

Dopo approvato l'articolo 2 del progetto di legge per l'esten-


sione alla provincia di Roma delle leggi sulle corporazioni religiose
e sulla conversione dei beni immobili degli enti morali ecclesiastici,
la Camera dei Deputati, nella Tornata delli 21 maggio 1873, ap-
provava il seguente ordine del giorno :

« La Camera prendendo atto delle dichiarazioni del Governo che alle


rappresentanze degli ordini religiosi residenti all'estero non sono applica-
bili le disposizioni dell'articolo 8 della legge 13 maggio 1871 sulle preroga-
2

tive del Sommo Pontefice passa all'ordine del giorno » ( Nicotera ).

Crediamo opportuno di far conoscere quali furono gl'intendi-


menti della Commissione parlamentare nel mantenere l'exequatur
ed il regio placet.
1 V. Rendic : acc: Sessione del 1870-71 Discussioni della Camera dei
Deputati Vol 1. - Tornata del 18 Marzo 1871 .
V. Rendic : acc. Sessione del 1871-72 Discussioni della Camera dei De-
putati Tornata delli 21 Maggio 1873 .
ARTICOLO I. APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 111

Bonghi (relatore)
Come ho detto, la libertà della Chiesa è questa : libertà di nominare
come le pare i suoi ministri, libertà di ordinarli .
Difatti, col mantenere l' exequatur ed il placet, rispetto alle provviste dei
benefizi, noi non turbiamo nè la libertà dell' elezione, nè la libertà della de-
terminazione dei modi coi quali questa elezione debba essere fatta .
L'exequatur ed il placet non furono mai confusi, e l'onorevole De Falco
potrà farmene testimonianza, non furono mai confusi con nessuna delle
forme dell' assenso regio ; dell'assenso regio che precedeva l'elezione o la
seguiva, dava l'investitura o faceva la nomina o la proposta. Cotesto as-
senso, comunque concepito e in qualunque intervallo della collazione dei
benefizi avesse luogo, costituiva una vera ingerenza, una vera partecipa-
zione civile alla nomina dei vescovi, alla nomina dei beneficiati ; ma l'exe-
quatur ed il placet non costituivano una siffatta partecipazione.
Ed io non voglio che lo crediate a me, ma vogliate crederlo ai Ponte-
fici stessi. Quando la casa d'Angio fu da Clemente IV investita del regno
di Napoli, Clemente IV pose a questa come condizione d'investitura che
dovesse rinunciare all' assenso regio posteriore all' elezione dei vescovi per
parte del Capitolo; ma la casa d'Angiò non rinunzio con questo all'exe-
quatur. Anzi tutte le dinastie che si succedettero nel regno napoletano con-
tinuarono ad esercitarlo .

E si può affermare che, rispetto alle provviste beneficiarie non è mai


stato negato assolutamente, direttamente dalla Chiesa stessa, quantunque
fosse aspramente, ostinatamente combattuto da questa rispetto a tutte quante
le altre materie della sua giurisdizione e legislazione, nelle quali era fatto
intervenire. La Chiesa non ha mai negato che i Governi avessero qualche
diritto di sorveglianza o di sindacato ad esercitare rispetto alle persone le
quali fossero dall'autorità ecclesiastica, indipendentemente da qualunque
assenso regio, investite di una potestà giurisdizionale, anche spirituale, nello
Stato, e del godimento di alcuni beni, per i quali la suprema potestà civile
ha l'obbligo di tutela. La Chiesa non ha mai negato ciò, e non è neanche
nella sua indole il negarlo.
Siate sicuri che, ogni volta che voi staccate in qualche maniera la
Chiesa dallo Stato, la Chiesa subisce questo distacco a forza, non lo desi-
dera, non lo chiede. Se ama la libertà sua, non ama di certo la separa-
zione. La Chiesa cattolica, come ha bene osservato l'onorevole mio amico
Borgatti, non ha mai ammesso negli Stati cattolici il sistema della separa
112 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ.

zione, quantunque l'abbia ammesso negli stati protestanti. Però, anche in


questi ammette che, la persona scelta all'ufficio ecclesiastico, deve essere
grata al principe. Coll' exequatur e col placet noi guarentiamo lo Stato, che
questa persona non gli debba riuscire troppo ingrata. Ecco quello a cui in
fine questo diritto torna, mantenuto cosi solo: si lascia alla Chiesa catto-
lica facoltà di scegliere i suoi ministri a sua posta e colle norme che crede
più adatte; ma, quando gli abbia scelti, lo Stato gli chiede di dirgli chi
debba essere la persona che dovrà esercitare sulla società una grandissima
autorità morale non solo, ma dovrà esercitarvi anche una grandissima giu-
risdizione spirituale, i cui atti non sono tutti privi di effetti civili, e dovrà
possedere altresi una parte di quella proprietà ecclesiastica, che è sotto la
tutela sua. Lo Stato vuole saperlo e giudicare se questa persona non è
tale da cagionare gravissimo danno ad esso non solo, ma alla Chiesa stessa.
Vuole e deve saperlo; ed interpone il suo giudizio nell'interesse dell' au-
torità acclesiastica, perchè può occorrere che l'autorità ecclesiastica non ab-
bia della qualità delle persone quell'accurata notizia che lo Stato è talora
in grado di averne. Un mio amico mi ha registrato qui parecchi casi di
negazione di placet, nei quali si è dato davvero che l'autorità ecclesiastica
non aveva cognizione dei precedenti della persona alla quale aveva confe-
rito l'ufficio. Sarebbe inutile riferirli qui per l'appunto coi loro particolari ;
è chiaro che in codesti casi lo Stato, ricusando il placet ha fatto cosa utile
alla Chiesa stessa.

E può essere altresi nell'interesse dello Stato; perchè la giurisdizione


spirituale, l'impero morale, che il vescovo o il parroco esercitano, possono
essere adoperati in ogni tempo ; e domando se non lo possano essere
sopratutto ora. Giova che il carattere delle persone garantisca lo Stato che
ciò non debba non possa facilmente succedere a danno dello Stato. Ebbene,
perchè non vorreste riservare, almeno per ora, un diritto di sorveglianza, un
diritto di tutela sopra codeste provvisioni della potestà ecclesiastica ? Come
potreste rinunziarvi senza aumentare le difficoltà vostre, senza rinunciare
non a un diritto ma ad un dovere (e ad un dovere non si può rinunciare),
ad un dovere, dico, che vi è imposto da tutta quanta la storia della Chiesa,
da tutta quanta la storia della potestà civile dalle relazioni attuali in cui
questa è con quella in Italia ?

Rendic: acc: Sessione del 1870-71 - Discussioni della Camera dei Depu-
tati V. I. Tornata del 17 Marzo 1871 .
ARTICOLO II .

Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rap-


presentativo. Il Trono è ereditario secondo la
legge salica.

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI RELATIVI . '

Plebiscito della Lombardia, 8 Giugno 1848 I


Plebiscito della
Toscana, 11 e 12 Marzo 18602 Plebiscito dell' Emilia,
11 e 12 Marzo 1860 3 Plebiscito delle Provincie na-

poletane 21 Ottobre 18604 Plebiscito della Sicilia, 21


Ottobre 1860 5 -

Plebiscito delle Marche, 4 e 5 Novembre


18606- Plebiscito dell' Umbria 4 e 5 Novembre 18607 -

Plebiscito delle provincie di Venezia e di Mantova, 21 e 22


Ottobre 1866 8 -

Plebiscito di Roma e delle provincie ro-


mane 2 Ottobre 18709

R. Decreto , 7 Dicembre 1859 che pubblica in Lombar-


a
dia lo Statuto degli Stati Sardi 4 Marzo 1848

V. il testo in Appendice all'articolo.


8
URTOLLER - Lo Statuto ecc .
114 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

Decreto 18 Marzo 1860 n. 4004, col quale le provincie


dell' Emilia sono annesse al Piemonte b Decreto 22

Marzo 1860 n. 4014 mediante il quale le provincie


della Toscana sono annesse al Piemonte c Legge 15
Aprile 1860 n. 4059 che convalida il Decreto 18 Marzo
1860 п. 4014 d Legge 15 Aprile 1860 n. 4060 che con-
valida il Decreto 22 Marzo 1860 п. 4014 е - Legge 17
Dicembre 1860 n. 4498 che annette le provincie napoletane
al Piemonte f Legge 17 Dicembre 1860 n. 4499 che
annette le provincie della Sicilia al Piemonte s - Legge 17
Decembre 1860 n. 4500 che annette le provincie delle Mar-
che al Piemonte h Legge 17 Decembre 1860 n. 4501 che
annette le provincie dell' Umbria al Piemonte ' - Legge 17
Marzo 1861 п . 4671 con cui S. M. Vittorio Emanuele II

Re di Sardegna , Cipro ecc. ecc. assume il titolo di Re


d'Italia i - Legge 21 Aprile 1861 n. 1 sulla intitolazione
degli atti R. Decreto 28 Luglio 1866 n. 3088 per la
pubblicazione nelle provincie venete dello Statuto del Regno m
R. Decreto 4 Novembre 1866 n. 3300 riguardante l'an-
nessione delle provincie venete e mantovane al Regno d' I-
talia n Legge 18 Luglio 1867 n. 3841 che convalida
il R. Decreto 4 Novembre 1866 п. 3300 ° R. Decreto 9

Ottobre 1870 n. 5903 riguardante l' annessione delle provin-


cie di Roma al Regno d' Italia p -

R. Decreto 9 Ottobre
1870 п. 5904 col quale è pubblicato nella città di Roma
e nelle provincie romane lo Statuto del Regno - Legge
31 Dicembre 1870 n. 6165 che convalida il R. Decreto 9
Ottobre 1870 п . 5903. г
ARTICOLO II . LEGISLAZIONE COMPARATA . 115

LEGISLAZIONE COMPARATA .

EUROPA ED AMERICA
Gli Stati loro sono tutti retti a forma rappresentativa ad ec-
I

cezione della Russia e di Monaco² . La Monarchia costituzionale

ed ereditaria è generalmente accettata meno in Francia 3 Svizzera 4

1 Il governo, in Russia, è monarchico-assoluto. Un consiglio dell' impero o


consiglio di Stato , di cui fanno parte i ministri , conduce gli affari generali ; il
Senato dirigente che prima della creazione del consiglio dell' impero, del con-
trollo generale e della cancelleria privata dell'Impero, riuniva la direzione di
tutti gli affari : legislazione, controllo ecc., presentemente diviso in dipartimenti
promulga , registra le leggi , ukasi ecc. conferisce i titoli di nobiltà, giudica in
ultima istanza i delitti di Stato. gli affari civili e criminali, rivede le sentenze
dei tribunali di provincia ecc .
2 La Costituzione di Florestano I ( 12 febbraio 1848) era informats a principio
rappresentativo, stabilendo (art. 13) che il Consiglio di Stato, chiamato a deliberare
sulle leggi ed ordinanze d'amministrazione generale , fosse composto di membri
nominati per metà dal principe e per altra metà dagli elettori . Questa Costituzione
oggi non esiste più . Il Principe è investito dell'intera sovranità ; governa però con
l'assistenza di un Consiglio di Stato la cui organizzazione data dal 1857. Il Presi-
dente del Consiglio, chíamato governatore, è il primo funzionario del paese . Gli
altri membri sono l'avvocato generale, Vice-presidente, il Segretario di Stato, il
Presidente del Tribunale supremo, ed un Consigliere . Le leggi ed ordinanze sono
elaborate da questo Consiglio, ma esse emanano solamente dal Principe .
3 In seguito alla proclamazione della Repubblica (4 Settembre 1870) con legge
delli 25 Febbraio 1875 veniva stabilito che il Fresidente della Repubblica sarebbe
eletto per 7 anni dall'Assemblea nazionale, formata dal Senato e dalla Camera
dei Deputati, ed è rieleggibile.
4 Il Presidente del Consiglio federale, potere esecutivo, è il Presidente della
Confederazione, il quale, come il Vice-presidente è eletto pel periodo di un anno
dal Consiglio federale fra i suoi propri membri. Il Presidente non può essere rie-
letto per l'anno susseguente nè come Presidente nè come Vice-presidente. La
stessa persona non può essere eletta per due anni consecutivi alle funzioni di Vice
presidente . Costituzione federale proclamata il 29 Maggio 1874 dall' Assemblea
federale .
116 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.
2

Brema Amburgo Lubecca 3 S. Marino 4 Andorra 5 ed Ame-


rica 6 eccettuato il Brasile, nei quali Stati vige il governo
repubblicano .
Riguardo all'ordine di successione al Trono così dispongono
gli stati seguenti : 7
BAVIERA -

Costituzione accennata Tit. II.


Art. 2. La corona è ereditaria nella discendenza maschile
della famiglia reale secondo l'ordine di primagenitura e per
agnati maschi di ramo in ramo.
Art. 3. Per essere ammessi alla successione , bisogna essere
figlio legittimo nato da matrimonio tra persone di nascita uguale,
concluso col consenso del Re .

Art. 4. La discendenza maschile ha la preferenza sulla

1 Il Borgomastro, Presidente del Senato, a cui è confidato il potere esecutivo,


è dal Senato eletto per un anno, benchè possa restare in tale funzione per tempo
maggiore . Costituzione riveduta del 5 Marzo 1849, modificata il 21 Febbraio
1854 ed il 17 Novembre 1875 .
• Il Senato; potere esecutivo elegge il Borgomastro, il quale, come Presidente
del Senato non può rimanere in tale ufficio per tempo maggiore di un anno.
Costituzione del 28 Settembre 1860

3 Anche Lubecca nella sua Costituzione delli 7 Aprile 1874 ha stabilito gli
stessi principii politici delle altre due città libere Brema ed Amburgo.
4 La Costituzione e legislazione di S. Marino sono delle più antiche d'Italia.
IlGoverno si compone 1º di un Consiglio principe , che conta sessanta membri a
vita appartenenti al patriziato : 20 di un piccolo consiglio di dodici membri, rin-
novati per un terzo ogni anno e che forma, in certo modo, un Senato od una
camera alta ; 3 di due capitani reggenti eletti dal piccolo consiglio per sei mesi
e scelti nel seno dell'assemblea sovrana. Essi sono investiti del potere esecutivo.
La piccola Repubblica di Andorra è governata da un Sindaco investito del
potere esecutivo, che presiede al Consiglio elettivo e composto di 24 membri,
eletti per 4 anni ; da due giudici superiori o vicari che amministrano la giustizia,
l'uno nominato dalla Francia, l'altro dal Vescovo d'Urgel.
6 Il Presidente, capo del potere esecutivo è eletto per quattro anni , nel modo
determinato dalla Costituzione, come vedremo commentando l'art. 39.
7 Le Costituzioni monarchiche emanate in Italia dall'anno 1805 al 1849, ossia :
Primo Statuto Costituzionale , 17 Marzo 1805 ; Statuto Costituzionale del
Regno di Napoli e di Sicilia del 15 Luglio 1808 ; Costituzione di Sicilia del 1812;
Costituzione del Regno di Napoli, 18 Maggio 1815; Costituzione napoletana, 10
Febbraio 1848; Statuto fondamentale del Regno di Sicilia, 10 Luglio 1848 , si
uniformarono alla legge salica nell'ordine di successione al Trono.
ARTICOLO II . -

LEGISLAZIONE COMPARATA . 117

discendenza femminile e le principesse sono escluse dalla suc-


cessione al trono finchè esiste nella famiglia reale un ramo
maschio atto alla successione o un principe che abbia diritto alla
successione al trono per alleanza .
Art. 5. Dopo l'estinzione completa della discendenza maschile,
ed in mancanza di una alleanza fatta per tale caso con una
famiglia principesca della Confederazione germanica, la succes-
sione al trono passa alla discendenza femminile nello stesso
ordine di successione stabilito per la discendenza maschile, di
maniera che le principesse di Baviera vive al momento della
morte del Re regnante o loro discendenti, senza distinzione di
sesso, sono chiamate alla successione come se esse fossero prin-
cipesse della discendenza maschile principale, secondo l'ordine di
primagenitura e l'ordine di successione collaterale .
Se nella nuova famiglia regnante, nascono discendenti dei
due sessi, il sesso maschio godrá nuovamente la preferenza sul
sesso femminile.
Art. 6. Se la corona di Baviera ritornasse , all' estinzione
della discendenza maschile , al sovrano di una monarchia piû
grande , che non potesse o non volesse stabilire la sua residenza
nei regno di Baviera, essa passerebbe al principe secondoge.
nito di tale alleanza , e la sua discendenza osservera l'ordine
di eredità superiormente indicato .
Se la corona passa alla sposa di un sovrano straniero, que-
sta diverrà regina ; ma essa dovrà nominare un vice-re che
prenderà residenza nel regno di Baviera, e la corona apparterrà,
dopo la sua morte, a suo figlio secondogenito .
BELGIO -

Costituzione accennata Cap. II. Sez. I.


Art . 60. I poteri costituzionali del re sono ereditarii nella
discendenza diretta, naturale e legittima di S. M. Leopoldo -
Giorgio - Cristiano - Federico di Sassonia Coburgo, di maschio
in maschio per ordine di primogenitura e con la esclusione per-
petua delle femmine e della loro discendenza .
Art. 61. In mancanza di discendenza maschile di Leopoldo -
Giorgio - Cristiano -

Federico di Sassonia Coburgo, egli potrà


nominare il suo successore coll' assenso delle Camere.
118 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

Se non havvi nomina fatta in seguito al modo sopra espresso


il trono sará vacante.
BRASILE Costituzione accennata Cap. IV.
Art. 117. La sua discendenza legittima (di Don Pedro I)
succederà al trono secondo l'ordine regolare di primogenitura
e per rappresentazione, la linea anteriore essendo sempre pre-
ferita alla linea posteriore ; nella stessa linea il grado più
prossimo al più lontano ; ad uguaglianza di grado , il sesso ma-
schile al femminile ; ad uguaglianza di sesso, quello di mag-
giore età al più giovane .
Art. 118. In caso di estinzione di linee dei discendenti legit-
timi di Don Pedro I. l'Assemblea, durante la vita dell'ultimo
discendente e durante il suo regno , sceglierà una nuova
dinastia .

Art. 119. Nessuno straniero può succedere alla corona del-


l'impero del Brasile .
Art. 120 . Lo sposo (della principessa ereditiera
presuntiva della corona) non avrà parte alcuna al governo ;
egli sarà chiamato Imperatore allorquando avrà avuto dall'im-
peratrice un figlio od una figlia .
GRECIA Costituzione accennata Tit. V.
Art . 45. La Corona ellenica ed i diritti costituzionali relativi

sono ereditari e si trasmettono, per ordine di primogenitura, ai


discendenti diretti e legittimi del re Giorgio I ; gli eredi maschi
sono sempre preferiti alle femmine .
Art. 46. In mancanza di successori in seguito alle disposi-
zioni dell' articolo precedente, il re ne nomina uno, con l'assenso
della Camera dei deputati convocata appositamente . Questo con-
sentimento è emesso alla maggioranza assoluta di due terzi di
voti sul numero totale dei deputati, che dànno il loro voto per
appello nominale e ad alta voce .
INGHILTERRA -

Uno statuto emanato dalla regina Anna nell'anno VI del


suo regno , dichiara colpevole di tradimento • chiunque abbia
osato di sostenere con stampati, scritti o pubblicazioni che ire e
le regine d'Inghilterra non abbiano il diritto di fare, coll'as-
senso del parlamento , leggi o statuti capaci di restringere i di
ARTICOLO II .
-

LEGISLAZIONE COMPARATA . 119

ritti della corona come pure di modificarne l'ordine di succes-


sione, le attribuzioni, la trasmissione ereditaria ed il regime.
Perciò , osserva Fischel , 1 : I, l'atto di settlement del 1701
chiamò al trono la casa di Hannover trasferendo la corona alla
linea protestante della casa Stuart, discendente da Giacomo I
per mezzo di Elisabetta di Boemia e Sofia di Hannover ad esclu-
sione della linea cattolica discendente ugualmente da Giacomo
I per mezzo di Carlo I. È accettato però come principio di diritto
che il trono è creditario per ordine di primogenitura e che gli
eredi maschi sono preferiti alle donne, ma solamente nello
stesso grado di parentela.
PAESI BASSI - Legge fondamentale, promulgata nel 1815, modi-
ficata nel 1840 e nel 1848. Cap . II.
Art. 11. La corona del regno dei Paesi Bassi è e resta
deferita a S. M. Guglielmo- Federico, Principe di Orange- Nassan,
ed ereditariamente a'suoi discendenti legittimi, in conformità
alle disposizioni seguenti.......
Art. 12. I discendenti legittimi del Re regnante sono i figli
nati o da nascere dal suo matrimonio con S. M. Federica-
Luisa- Guglielmina principessa di Prussia ed in generale i di-
scendenti nati da un matrimonio contratto o consentito dal Re ,
di comune accordo con gli Stati Generali .
Art. 15. La corona è ereditaria per diritto di primagenitura,
di maniera che i figli maggiori del Re, o suo discendente di
maschio in maschio gli succeda per rappresentazione.
Art. 14. In mancanza di discendenza maschile del figlio
maggiore la corona passa a' suoi fratelli od ai loro discendenti
maschi ugualmente per diritto di primogenitura e di rappre-
sentanza .

Art . 15. In mancanza totale di discendenza maschile della casa

d' Orange- Nassan, la corona passa alle figlie del Re per ordine
di primagenitura .
Art. 16. Se il Re non ha figlie, la principessa maggiore
della linea maschile discendente più prossima dell'ultimo Re fa
passare la corona nella sua famiglia, ed in caso di morte antece-
dente, essa è rappresentata da suoi discendenti .
Art. 17. Se non esiste linea maschile discendente dall' ul
120 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

timo Re, la linea femminile primogenita, discendente da questo


Re, succede alla corona, in questo senso, che il ramo maschile
è sempre preferito al femminile, ed il maggiore al minore, ed
in ciascun ramo il maschio alla femmina, ed il primogenito
al secondogenito .
Art. 18. Se il Re muore senza lasciare posterità e se non
havvi discendenza maschile della casa d'Orange -Nassan , il
più prossimo parente dell'ultimo Re, della casa reale , e, in
caso di morte precedente, i suoi discendenti, succedono alla
corona .

Art . 19. Allorquando una donna ha fatto passare la corona


in altra casa, questa casa è subentrata a tutti i diritti della
casa allora regnante, e gli articoli precedenti le sono applicabili
di maniera che i suoi discendenti maschi succedono alla corona,
ad esclusione delle femmine o della discendenza femminile, e
nessun' altra linea non può essere chiamata al trono finchè
questa discendenza non è interamente estinta.
Art. 20. Una principessa che si sarà marilata senza il con-
senso degli Stati Generali non ha più il diritto al trono.
Una Regina abdica contraendo matrimonio senza il consenso
degli Stati Generali.
Art. 21. In mancanza di posterità del Re Guglielmo- Fe-
derico d' Orange-Nassan attualmente regnante, la corona è devo-
luta a sua sorella, la principessa Federica- Luisa- Guglielmina
d' Orange, vedova del fu Carlo- Giorgio -Augusto principe ere-
ditario di Brunswick- Lunebourg, od ai suoi discendenti legit-
timi, nati da un matrimonio contratto conformemente alle di-
sposizioni dell'art . 12, come sopra.
Art. 22. In mancanza di discendenza legittima di questa
principessa, la corona passa ai discendenti maschi legittimi
della principessa Carolina d' Orange, sorella del fu principe
Guglielmo V, sposa del fu principe di Nassan - Veilbourg , sempre
per diritto di primagenitura e di rappresentazione .
Art. 23. Se circostanze particolari rendono necessario qual-
che cangiamento nell'ordine di successione al trono, il Re può
presentare a tale oggetto agli Stati Generali un progetto di
legge, il quale sarà discusso nel modo prescritto dagli articoli
ARTICOLO II. -
LEGISLAZIONE COMPARATA. 121

196, 197 e 199 relativi alle modificazioni della legge fonda-


I
mentale .

Art. 24. Le stesse disposizioni sono applicabili allorquando


non havvi successore al trono secondo la legge fondamentale.
Se il successore non è nominato e non esiste alla morte del
Re ne è nominato uno dagli Stati Generali, convovati in doppio
numero ed in assemblea riunita .

Art. 25. Nei casi menzionati agli articoli 21, 22, 23, 24, la
successione si regola seguendo le disposizioni degli articoli 12,
13, 14, 15, 16, 17, 18 e 19 .
PORTOGALLO -

Costituzione accennata Cap. IV.


Art. 86. La Senhora Dona Maria II, per la grazia di Dio e
la formale abdicazione di Don Pedro I, imperatore del Brasile,
è regina di Portogallo.
Art. 87. La sua discendenza legittima succederà alla corona
secondo l'ordine di primogenitura, e per rappresentazione, la
linea anteriore essendo sempre preferita alla linea posteriore ;
nella stessa linea, il grado più prossimo al più lontano ; nello
stesso grado il sesso maschile al femminile, e, il sesso essendo
lo stesso, la persona di maggiore età alla più giovane.
Art. 88. In caso di estinzione delle linee dei discendenti

legittimi della Senhora Maria II, la successione si opererá in


linea collaterale .

Art. 89. Nessuno straniero potrà succedere alla corona del


regno di Portogallo .
Art. 90. Il matrimonio della principessa ereditiera presuntiva

1 Art. 196. Ogni proposizione di modificazione della legge fondamentale indica


tassativamente la modificazione proposta. La legge dichiara che vi ha luogo di
prendere in considerazione il progetto quale lo presenta.
Art. 197. Dopo la promulgazione di questa legge, le Camere sono sciolte .
Le Camere nuovamente elette prendono in considerazione questa proposizione
e non possono adottare il cangiamento proposto dalla legge sopra accennata se
non riunisce almeno due terzi di suffragi .
Art. 198 Non può essere apportato, durante la reggenza, nessuna modifica-
zione alla legge fondamentale o all'ordine di successione.
Art. 199. Le modificazioni della legge fondamentale approvate dal Re e dagli
Stati Generali sono solennemente promulgate ed annesse alla legge fondamentale.
122 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

della corona sarà fatto col consenso del Re e giammai con uno
straniero . Se il Re non esiste al momento in cui si tratti questo
matrimonio , non si potrà effettuare senza l'approvazione delle
Cortes generali.
Lo sposo non prenderà mai parte al governo, e porterà il
titolo di Re allorquando avrà avuto dalla regina un figlio od
una figlia .
PRUSSIA -

Costituzione accennata Tit. III .


Art. 53. La corona è, in conformità delle leggi di famiglia
reale , ereditaria nella discendenza maschile , per ordine di
primagenitura e seguendo la successione agnata diretta .
SPAGNA Costituzione accennata Tit. VII.
Art. 60. La succesione al trono di Spagna segue l'ordine
regolare di primogenitura e la rappresentanza, nel proferire la
linea posteriore alla linca anteriore, e nella stessa linea il grado
più prossima al grado più lontano , e nello stessa grado, il sesso
maschile al sesso femminile, e nello stesso sesso , il maggiore.
Art. 62. Se tutte queste linee sono estinte, le Cortes faranno
le nuove scelte che converranno meglio alla nazione.
Art. 63. Qualunque deroga essa sia all'ordine di successione
della corona non potrà aver luogo se non con una legge
Art. 64. Le persone incapaci di governare, o che hanno
perduto ogni diritto alla Corona, saranno escluse dalla succes-
sione per legge .
Art. 65. Quando regna una femmina, il principe sposo non
puó avere parte alcuna nel governo del regno .
SVEZIA E NORVEGIA - Legge fondamentale del 4 Novembre 1814.
§ 6. La successione al Trono è riservata alla discendenza
diretta , mascolina ed agnatica.
§ 7. Se non esiste un principe chiamato alla eredità del
trono , il Re può proporre il suo successore allo Storthing di
Norvegia nel medesimo tempo che agli Stati di Svezia. Tosto
che il Re avrà fatto la sua proposta, i rappresentanti dei due
popoli sceglieranno , nel loro seno , una commissione che avrà il
diritto di determinare la scelta pel caso in cui la proposizione
del Re non fosse, alla maggiorità di voti, approvata dai rappre-
sentanti di ciascuno dei due popoli separatamente. Il numero
ARTICOLO II . LEGISLAZIONE COMPARATA . 123

dei membri di questa Commissione, sarà composta da un numero


uguale eletta da ciascun dei due regni, cosicchè l'ordine che
dovrà essere riservato fuori della elezione, sarà determinato da
una legge che il Re proporrà nello stesso tempo allo Storthing
seguente ed agli Stati del Regno di Svezia. La Commissione ri-
unita, uno dei suoi membri designati dalla sorte, dovrà ritirarsi.
124 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ.

DOTTRINA DEGLI AUTORI.

Analizzando l'Articolo 2, è mestieri chiarire i concetti di Stato e


di Governo poichè non solo meglio giungeremo alla perfetta in-
telligenza dell'annotato articolo, ma bensì di tutto l'organismo co-
stituzionale.

Società, Stato e Governo sono i tre sommi aspetti nei quali


si concretano le manifestazioni della vita collettiva di un popolo.
Nati dalla medesima causa a vicenda si completano, non essendo
possibile Governo senza Stato, come Stato senza Società.
Occorre appena accennarla per comprendere la necessità dell'u-
mano consorzio e come da questo solamente possa l'uomo trovare
soddisfazione ai suoi bisogni, alle sue tendenze. È invero stranissima
fantasia quella che suppone possibile il vivere fuori della società
e che questa non si abbia a ritenere come vero stato di natura.
Giustamente osservava il Romagnosi ' , che l'uomo isolato non già
indipendente, ma impotente dovrebbesi dire, non essendogli con-
cesso di preservare anche per poco la propria esistenza e preser-
2

vatala di darle aumento se non in società, ²


Costituito l'umano consorzio esso deve dividersi in tante società
particolari quanti sono i fini formanti oggetti dell'operare umano

1 Assunto Primo di Diritto Naturale

2 Alcuni attribuirono alla società un'origine diversa. La scuola teologica, di


cui furono principali rappresentanti De Maistre, De Bonald in Francia, Adam Mul-
ler e von Haller in Germania , sostennero che la società non deve essere conside-
rata come una istituzione dell'uomo, ma come un opera divina, stabilita da Dio
secondo leggi immutabili e per un fine religioso. Per conseguenza la società esiste
e si sviluppa dietro alcune leggi superiori alle forze ed alle facoltà umane .
Grozio, Hobbes, Rousseau credettero potere affermare che l'uomo in origine
vivesse isolato, e solamente uscisse da tale isolamento in virtù di un patto libe-
ramente acconsentito, e cosi essi diedero origine alla teorica del patto sociale
che ebbe tanta influenza in Francia, nel secolo passato.
ARTICOLO II. - DOTTRINA DEGLI AUTORI . 125

e sociale. Ora, posto che ogni idea fondamentale la quale abbraccia


un insieme di fatti sociali richieda un'istituzione che ne prosegua
l'applicazione e lo sviluppo, è naturale che il diritto il quale si
riferisce alle prime condizioni dell'esistenza abbia trovato nei pri-
mordii sociali un'autorità e forme che provvedano alla sua esecu-
zione secondo il grado d'incivilimento di ogni epoca. Difatti, dap-
pertutto ove uomini vissero insieme ed ammisero relazioni pacifiche
tra loro, dovettero pure convenire da una parte sulle condizioni
primarie di comune esistenza, condizioni che rientrano nella nozione
del diritto, e riconoscere per altra parte una forza ed un'autorità
qualunque che invigilasse alla loro conservazione. Da ciò l'origine
dello Stato che è la creazione di una individualità morale, che ha
per fine diretto la giustizia, ossia l'applicazione del diritto per
mezzo di un potere sociale, conformemente ai bisogni ed al grado
di civiltà di un'epoca.
Riguardo poi alle sue origini storiche , esse sono diverse
perchè determinate da fatti speciali quali ad esempio l'aggregazione
spontanea di tribù sommesse ad una sola autorità, come nei tempi
antichi ; la mescolanza di più razze per mezzo della emigrazione e
della conquista, come avvenne all' epoca della invasione dei barbari
alla caduta dell' Impero Romano ; il patto sociale fra il popolo e l'au-
torità suprema dello Stato, come fu convenuto all' epoca della forma-
zione degli Stati Uniti d'America e come recentemente in quasi
tutti gli Stati Europei.
Lo Stato essendo distinto dalla società per la natura sua e pei suoi
fini, non può assorbire nel suo potere tutte le attività sociali, ma è
in dovere lasciare loro ampia libertà di esplicazioni ; libertà però
soggetta a tutte le condizioni (speciali e necessarie dell' umano
incivilimento.

La questione dei limiti del potere politico è fra le più ardue


e dibattute che presenti la nostra scienza , chiamata dal Mill
‫ב‬

questione vitale dell'avvenire, e dal Laboulaye questione inter-


1 V. Ahrens . Op. cit .
2 La libertà - Torino 1865 - Trad : G. Marsiaj .
126 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.
I

nazionale ; il Dupont-White la chiama la più grande contro-


2

versia teoretica dei nostri giorni. A noi sembra, come aperta-


mente dichiara Jules Simon, 3 che tutta la scienza politica con-
sista nella esatta distinzione di ciò che conviene dare al Potere e
ciò che deve essere lasciato nel libero dominio dell'attività indivi-
duale, poichè con essa si creeranno quegli impulsi o quei freni
che sono causa ai maggiori progressi civili e politici.
Dal diverso concetto formatoci dell'ente morale Stato si può
dire esistere o no il problema dei limiti da imporsi all'azione sua.
E per vero se noi lo consideriamo come parte distinta dalla Società
con mezzi, doveri e diritti proprii, dovremo necessariamente ricono-
scere alla sua azione limiti determinati, onde essa non degeneri
in tirannia di fronte al libero esplicamento delle attività individuali;
ma se al contrario lo consideriamo come una sola cosa con la

Società, quindi quale unico rappresentante dei suoi bisogni, delle


sue aspirazioni e come solo a potervi soddisfare, allora è vano, è
dannoso stabilire limiti all'azione sua. Egli deve a tutto provvedere
pel migliore indirizzo sociale ; perciò la indipendenza della famiglia,
la paterna educazione, la stessa fedeltà coniugale non saranno più
al sicuro dalle violazioni dello Stato e molto meno saranno ricono-
sciuti come naturali i privati diritti dei cittadini.
Questo concetto proprio della antica politica greca e di Roma
imperiale, si riflette nelle epoche di decadimento morale ed intel-
lettivo dei popoli. 4 Cesare, Carlo Magno, Luigi XIV, Napoleone I,
rappresentano nello svolgimento storico dell'idea di Stato, non già
l'arbitrio personale, come vollero alcuni, ma le necessità dei tempi
ossia la inferiorità dei loro popoli bisognosi di tutela. Distrutte
quelle individualità, se ci fosse dato seguire il cammino di genti
<

L'État et ses limites - Paris, Charpentier edit : 1874.


2 Prefazione alla trad: dell' Op. di Stuart-Mill : La Libertà.
La liberté politique Paris 1871 - Librerie Hachette.
4 V. sull'azione del potere dello Stato presso gli Antichí : Beniamino Constant
De la liberté des anciens comparée a celle des modernes Scolari Op. cit.-
Bluntschli Op. cit. vol. 1.
ARTICOLO II . DOTTRINA DEGLI AUTORI . 127

soggiogate dalle passioni e dalla ignoranza, bene ci apparirebbe la


missione providenziale dei loro duci e non despoti come ebbero
a dire i loro detrattori . Essi furono ciò che li resero le necessità
storiche.

L' aforisma romano : quod principi placuit legis habet vigorem


trova riscontro nel famoso detto di Luigi XIV : L'état c'est moi
ed ambedue riassumono le condizioni speciali dei loro tempi, nei
quali la forza s'impone ai popoli e li guida nello svolgimento della
loro vita politica e sociale.
A mano che la coscienza individuale nella maggiore conoscenza
di sè afferma i suoi diritti di fronte alla società, più circoscritta
diviene l'azione dello Stato .
Il Medio Evo ci offre un risveglio di vita individuale che ab-
batte l'antico assioma essere lo Stato tutto in tutto. Per il Germano la
libertà individuale è il bene supremo, quindi soltanto per essa egli
ne sacrifica una parte allo Stato affinchè possa godere con sicurtà
il rimanente.
Un effetto necessario di questo carattere si è che la germanica
idea dello Stato più efficacemente che la romana debba attendere
all'indipendenza del diritto privato. La libertà delle persone, delle
famiglie, dei legami sociali è in conseguenza più assicurata e più
ampia che nell'antico impero romano. Il diritto pubblico deve
anche assoggettarsi ai limiti imposti dal diritto privato.
Questo concetto si può dire abbia informato lo svolgimento
successivo dell' idea di Stato nella natura sua e ne' suoi fini.
Sebbene, negli ultimi tempi dello spirante Medio Evo sino al
secolo XVIII vi sia l'apparenza che nelle monarchie assolute de-
gli Stati Europei si rinnovelli l'assolutismo degli antichi Impe-
ratori Romani, pure i popoli in contraccambio si rammentano
della libertà naturale. La grande verità che gli uomini non sono
fatti semplicemente per lo Stato, influisce di continuo e viene
riconosciuto profondamente. Il diritto naturale delle persone e la
libertà personale vengono affermate anche di fronte alla società
politica. Il diritto privato comune viene riconosciuto come un or-
128 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

dinamento giuridico in sè indipendente da cui è limitata la


I

potestà dello Stato.


Benchè avviata ad una meta più consona cogli interessi individuali,
il concetto politico però era spinto da taluni a tali esagerazioni,
da far disconoscere le vere funzioni dello Stato. Così ad esempio
Bacone afferma che ufficio dello Stato: non alius est quam ut
cives feliciter degunt. Et id fiat si pietate et religione recte insti-
tuti moribus honesti, armis adversus externos tecti, legum auxilio
adversus seditiones et privatas injurias muniti, imperio et magistra-
tibus obsequentes, copiis et opibus locupletes et florentes fuerint. 2
Questa è la dottrina accolta dai grandi pensatori del secolo
XVI. Contro essa insorsero gli economisti francesi della scuola
fisiocratica i quali bandirono la massima del lasciar fare, e la-
sciar passare. Furono essi che fecero conoscere per primi i funesti
effetti dell' ingerenza governativa sia riguardo all'interesse indivi-
duale, sia riguardo all' interesse sociale.
In oggi ancora le discrepanze si mantengono, accresciute dal
vario e rapido sviluppo morale ed economico dei popoli.
Se vogliamo tener conto dell' attuale progresso scientifico in ordine
agli uffici e limiti dello Stato, occorre pur confessare che nella scienza
prevale l'antico concetto. In Germania, in Francia, in Danimarca,
è accolto il principio dovere lo Stato curare la coltura ed il be-
nessere della nazione e ne invocano il suo intervento anche nelle
faccende economiche.

Non crediamo potersi decretare invariabile l'ufficio della so-


cietà politica. Essa quale creazione dell' umana attività prende
da questa carattere e forme speciali che determinano il suo og-
getto e l'efficacia sua. Da ciò il vario modo di azione , che in
tempi di civiltà incipiente si mantenne forte e potente, come si vede
presso tutti i popoli dell'antico Oriente ed in epoche di civiltà
già progredita è meno invadente ed oppressiva, come presso i po

1 V. Bluntschli Op . cit. Vol . I.


2 De Augmentis L. VIII . c. 3, Apof. 5.
ARTICOLO II . DOTTRINA DEGLI AUTORI. 129

poli dell' Occidente nei periodi di intellettivo e morale risorgi-


mento.
Ammesso il principio precedentemente enunciato che lo Stato
è la più grande manifestazione della socievolezza umana, emerge
il concetto dovere esso coordinare le varie attività sociali al loro
principale scopo del bene comune, quando queste, per insufficienza
di energia propria o per ostacoli esteriori, deviino dal fine supremo
che è il bene generale ; quindi suo primo scopo è di serbare inal-
terate le relazioni di diritto e di giustizia conducenti al detto fine.
Questa definizione ci sembra soddisfare le esigenze delle diverse
scuole in quanto che essa ammette l'ingerenza governativa non
come un male ma come efficace istrumento di prosperità e pro-
gresso sociale, rifiutandola qualora le condizioni della società si e-
splichino rettamente in tutta la loro vigoria e potenza.
Esaminate le origini dello Stato, la natura e gli ufficii suoi,
passiamo a vedere che intendasi per Governo.
Se stiamo al significato etimologico Governo esprime il prov-
vedere col pensiero e coll' opere ai bisogni ed al benessere di ciò
che sta sotto la sua custodia e giurisdizione.
Per noi, come avverte il Palma la parola Governo si prende
qualche volta in senso lato e cioè vuol dire il complesso dei varii
reggitori della Società nel legislativo come nell'esecutivo : Re, Mi-
nistri e Parlamento. Ma senza dilungarci in osservazioni, per Go-
verno dobbiamo intendere l'esercizio della suprema potestà dello
Stato, la quale nel suo vario operare può assumere diverse forme a
seconda, dello stato sociale a cui si applica. Monarchia, Aristocrazia,
Democrazia sono le principali classificazioni delle forme di Governo.
Questa distinzione che fu creduta appartenere ad Aristotile la
2

troviamo prima che presso ad altri in Erodoto. * Aristotile però ha


il merito di averle pel primo dato ordine e messa in evidenza.

• Corso di Diritto costit . Vol. I.


* Erodoto . - Storie ; Lib . III , Talia.
Ivi si legge che Otane avendo proposto in seguito all'uccisione dei Magi,
di rimettere il governo in mano ai Persiani cosí si espresse :
URTOLLER. - Lo Statuto ecc . 9
130 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

Chiamasi Monarchia lo Stato in cui il comando, diretto all'in-


teresse comune, appartiene ad un solo; Aristocrazia, quello in
cui è confidato agli ottimi; denominazione presa, 0 dalle po-

LXXX. Il mio parere è che nessuno di noi debba più essere re ; ciò non è nè
gradevole, nè buono ; e per vero voi sapete fin dove Cambise ha spinto l'arrogan-
za e voi avete sofferto, ciascuno la vostra parte, quella dei magi. Come la monar-
chia potrà essere uno Stato ben organizzato, permettendo essa, ad un uomo che
nonha contradditori di fare ciò che egli vuole ? Il miglior dei mortali, investito
di tale autorità, si allontanerebbe dall' abituale suo buon senso.
Nell'uomo l'orgoglio proviene dai beni che lo circondano, e dalla sua nascita,
l'invidia lo tormenta naturalmente . Colpito da queste due miserie tutte le altre
gli sopraggiungono. Egli non tarda molto a commettere una moltitudine di azioni
colpevoli le une nell'eccesso del suo orgoglio, le altre per invidia. Un tiranno
però dovrebbe essere senza invidia, poiché egli possiede tutto ciò che ha di pia-
cevole; ma per la sua natura egli è disposto in maniera tutta all'opposto di
fronte ai suoi concittadini. Egli porta invidia ai migliori finché esistono ; si com-
piace dei menzogneri ; è il più pronto ad accogliere la calunnia; è il più sregolato
di tutti. Se si ammira con misura egli se ne affligge perché, egli dice, non essere
bastantemente onorato ; se egli è assai onorato se ne affligge, perchè a parer suo,
è ingannato. Ma il peggio voglio farvelo intendere; egli cambia gli usi degli avi ; fa
violenza alle donne; fa mettere a morte gli uomini senza giudizio. La moltitudine
sovrana porta il più bello di tutti i nomi ; si chiama l'isonomia (eguaglianza di
diritti) Di più essa non commette alcuno degli eccessi che io ho accennati come
propri al monarca; essa dà per mezzo della sorte, gli uffici pubblici a magistrati
responsabili ; essa porta alle comune deliberazione tutti gli affari .>>
LXXXI . Dopo lui Megabise propose in questi termini di affidare il governo
all'oligarchia : « Approvo pienamente quanto Otanė dice per abolire la tirannia.
Ma laddove ha consigliato di far passare il potere alla moltitudine, si è allon-
tanato dalla sana opinione. Infatti nulla v'è di piú irriflessivo ed insolente,
che una folla ignorante, e non sarà possibile tollerare che quelli stessi che vo-
gliono sottrarsi all' arroganza di un monarca, ricadono sotto l'arbitrio di un po-
polo disordinato. Il tiranno, se fa qualche cosa , sa ciò che fa ; il popolo non può
saperlo : come potrebbe questi essersi istruito , se nulla gli si è insegnato di buono
nè di giusto ? Egli si precipita inconsideratamente sugli affari pubblici e li spinge
simile ad un torrento d'inverno. Che coloro i quali vogliono male ai Persiani si
servano del popolo; ma noi preferiamo un' assemblea di uomini ottimi e diamo
loro la sovranità. Ne faremo parte noi stessi, ed è verosimile che le risoluzioni
piú salutari nasceranno dalla riunione di uomini più saggi. >>>
LXXXII . Dario, per terzo, dette il suo parere in questi termini : << Megabise ha,
secondo me, parlato giustamente a riguardo delle moltitudini, ma sulla oligarchia
non già. Di queste tre forme supposte eccellenti, di un popolo eccellente, di una oli-
garchia, di una monarchia, io sostengo l'ultima essere lamigliore. Poichè nulla è
ARTICOLO II. - DOTTRINA DEGLI AUTORI . 131

che persone cui il governo è confidato, o da ciò che esse non hanno
in vista se non il maggior bene dello Stato e de' suoi membri ;
Democrazia quello in cui governa la moltitudine.
Queste forme possono degenerare in :
1º. Tirannia o Dispotismo, cioè signoria assoluta, che ha prin-
cipalmente per iscopo il vantaggio del Sovrano ;
2°. Oligarchia, dominio dei ricchi per loro vantaggio ;
3º. Oclocrazia, signoria arbitraria delle moltitudini povere.
Questa è la classificazione accettata da tutti gli scrittori fino a
I

Montesquieu. Cicerone stesso avverte : quum penes unum est


omnium summa rerum, regem illum unum vocamus, et regnum
eius reipublicae statum. Quum autem penes delectos, tum illa ci-
vitas optimatium arbitrio regi dicitur. Illa autem est civitas po

da preferirsi ad un uomo eccellente ; e per vero egli si conduce con abbastanza


prudenza per amministrare in modo irreprovevole ; sopratutto egli sa mantenere il
segreto riguardo alle sue risoluzioni contro i nemici esterni, tanto che in una oli-
garchia se molti praticano la virtù nell'interesse comune , scoppiano alcuni odii
particolari abitualmente violenti; ognuno vuol essere signore e far trionfare la
propria opinione ; tutti finiscono col detestarsi scambievolmente : da ciò nascono le
discordie pubbliche e le discordie pubbliche generano i massacri. Dagli assassinii
si passa alla monarchia ciò che mostra essere questa il miglior governo . Se il po-
polo è il padrone, sarà impossibile impedire alla malvagità d'introdursi: dall'ap-
parizione di essa non è più odio che nasce ma una solida amicizia Quelli che
opprimono la comunità lo fanno con accordo . Questa situazione continua fino a che ,
un uomo prendendo in mano l'interesse del popolo venga a porre un freno ; il po-
polo allora ammira quest'uomo il quale , ammirato , non tarda a divenire re. In tal
modo dunque è ancora provato che la monarchia è il miglior governo
Ma per riassumermi in una parola, di dove ha origine la nostra libertà ? Chi
ce l'ha data ? Viene forse dal popolo, da una oligarchia, o da un monarca ? La
mia opinione dunque è che se un sol uomo ci ha resi liberi, il nostro dovere è
di tenerci fermi ad esso >>>

Platone ancora ammette l'accennata divisione dei governi (V. Repubb :) Spinoza
e Montesquieu hanno lo stesso metodo, l'uno nel suo trattato Teologico -politico ,
l'altro nel suo Spirito delle leggi. Questa distinzione da lungo tempo accettata dalla
scienza crediamo non si debba cangiare. V. Macchiavelli, Discorsi sopra le De-
cadi di Tito Livio Rousseau Contratto Sociale .
1 Cicero De Republica .
132 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ .

polaris, in qua in populo sunt omnia..... Ex rege dominus, ex opti-


matibus factio, ex populo turbo et confusio.
Benchè rese indiscutibili queste tre forme tipiche di governo si vide
però che oltre le degenerazioni loro vi era una quarta forma di-
chiarata da taluni la migliore. Così si esprime Aristotile : alcuni
pensano che la migliore forma è quella che è mista di tutte le altre,
e vantano per questa cagione quella di Lacedemone come mista di
oligarchia, di monarchia e di democrazia; il primo di questi poteri
esercitato dal Senato, il secondo dal Re, il terzo dagli Efori tratti dal
popolo ...... Coloro sono più assennati che mescolano insieme tutte
le forme. Invero la migliore è quella che riunisce tutte le altre....
Quando si vuole che uno Stato sia di lunga durata conviene inte-
ressare tutte le sue parti alla sua conservazione e fargliela desi-
derare. In Lacedemone i re vi prendono interesse per la loro pre-
minenza ; le genti di merito ed i nobili per entrare nel Senato,
onore che non s'accorda se non al più gran merito, e sino il sem-
plice popolo per l' Eforia a cui egli è ammesso come ogni altro ordine.
In Stobeo troviamo il seguente insegnamento d'Ippodamo sul
governo misto : Le leggi sopratutto produrranno la stabilità se lo
Stato è di natura mista e composto di tutte le altre costituzioni
politiche, io intendo di tutte quelle che sono conformi all'ordine
naturale delle cose. La tiranuia, per esempio, non più della oligar-
chia è mai di alcuna utilità per gli Stati. Ciò che importa dunque
di porre per prima base é il regno ed in secondo luogo l'aristocrazia.
Il regno difatti è una specie d'imitazione della Provvidenza divina ed è
difficile alla provvidenza umana di conservargli questo carattere,
snaturandosi bentosto per il lusso e la violenza. Non bisogna dun-
que usarne senza limite ma riceverlo così potente quanto bisogna
e nella proporzione più utile allo Stato. Non importa meno di am-
mettere l'aristocrazia, perocchè ne risulta l'esistenza di molti
capi, in gara di emulazione fra loro, ed un frequente spostamento
del potere.

1 Aristotile Politica .
ARTICOLO II. - DOTTRINA DEGLI AUTORI . 133

La presenza della democrazia è ancora necessaria. Il cittadino


che è una parte di tutto lo Stato ha diritto di ricevere la sua
parte di onore, ma bisogna prestarvisi moderatamente, perocchè la
moltitudine è intraprendente e si precipita.¹
Polibio ancora così si esprime in ordine a questa forma di go-
2

verno: La più parte di quelli che hanno voluto ragionare in


questo argomento, hanno riconosciuto tre forme di governo il -

regno, l'aristocrazia e la democrazia. Ma mi sembra che si avrebbe


diritto di domandare loro se essi ci hanno dato queste forme come
le sole che esistessero e come le migliori. Se è così mi pare che
abbiano commesso un doppio errore ; dapprima è evidente che si
deve ritenere per più perfetta quella che si comporrebbe delle tre
che essi nominano. Noi abbiamo in questo per noi la ragione ed
anche l'esperienza, perocchè si è secondo questo principio che Li-
curgo aveva osservato questa conseguenza necessaria e naturale
dei governi e si era convinto che ogni forma semplice e che si ap-
poggia sopra un solo principio non saprebbe durare, perocchè cade
bentosto nel difetto che gli è proprio e che è inerente a questo
principio medesimo. Difatti come la ruggine è talmente connatu-
rale al ferro ed il tarlo al legno, che preservati da ogni azione e-
steriore il legno ed il ferro periscono per questa causa di rovina
che essi contengono , parimenti ogni forma di governo rinchiude
costantemente in sè un germe di distruzione ; il regno, la tiran-
nia ; l'aristocrazia, l' oligarchia; la democrazia, l'oclocrazia e i suoi
selvaggi furori. Queste rivoluzioni possono non mancare di aver
luogo. Licurgo che l'aveva ben compreso non ha stabilito una co-
stituzione semplice ed uniforme, l'ha composta di tutte quelle qua-
lità, di tutti i vantaggi dei migliori governi ; di maniera che nes-
suno di essi eccedendo, non sviluppasse i vizi che gli sono naturali ;
ma che grazie ad una bilancia esatta di tutte le forze niuno per-
desse o piegasse da una parte, il governo restasse lungo tempo in

In Villemain Discorso preliminare alla Repub: di Platone.


* Polibio, Storie L. VI § 10 .
134 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

un perfetto equilibrio, come il vascello che il movimento uguale


dei remi mantiene sulle acque. Il regno era impedito di abusare
del potere per timore del popolo che aveva la sua parte agli af-
fari pubblici. Il popolo alla sua volta non osava punto distruggere
i re per timore dei senatori, che reclutati fra gli uomini scelti per
le loro virtù, dovevano sempre collocarsi dal lato della giustizia.
Così bene che quello dei partiti il popolare od il regio che

sembrava indebolirsi, diventava sempre il più forte ed il più potente


grazie all'appoggio del senato, protettore delle consuetudini antiche.
Per mezzo di queste combinazioni Licurgo assicurò a Lacedemone una
libertà più durevole di quella di alcuno dei popoli che noi conosciamo.
E per compiere la rassegna delle principali opinioni degli an-
tichi in ordine alle forme di governo accenniamo ancora l'opinione
di Cicerone : Una forma politica degna di elogio particolare, è
quella che si compone della mescolanza e della contemperanza delle
altre tre dette ....
Il regno è preferibile alle altre forme, ma
è inferiore a quello che si comporrà dalle mescolanze delle tre mi-
gliori forme di governo, riuniti e contemperati l'un l'altro. Io
amo difatti che nello Stato esista un principio eminente e reale,
che un'altra parte del potere sia conferita ai Grandi, ed altre ri-
servate al volere della moltitudine. Questa costituzione ha prima
di tutto un gran carattere di eguaglianza, condizione necessaria
all'esistenza di ogni popolo libero, offre inoltre una grande stabi-
lità. Difatti gli elementi primi dei quali ho parlato, quando sono
isolati, si snaturano facilmente e cadono nell'estremo opposto : di
maniera che al re succede il despota, ai Grandi l' oligarchia faziosa,
al popolo la turba e l'anarchia. Spesso ancora sono sostituite e
come espulse l'una dall'altra. Ma in questa combinazione di go-
verno che le riunisce e le contempera una tal cosa non saprebbe
accadere senza grandi vizi nei capi dello Stato, imperocchè non vi
ha punto causa di rivoluzione ove ciascuno è sicuro nel suo grado,
e non vegga al disotto luogo libero ove possa cadere.

▲ Cicero Opera citata.


ARTICOLO II . DOTTRINA DEGLI AUTORI. 135

Pure nel Medio-Evo fu professata la dottrina che il miglior


governo sia il misto, così insegnò S. Tommaso d'Aquino, nel suo
libro la Somma teologicae così la sua scuola. Fra i moderni Ma-
chiavelli nei Discorsi, Giannotti nella Repubblica Fiorentina e
Veneziana, Calvino nelle Instituzioni cristiane, Bacone nei suoi
Saggi e molti altri, seguono le stesse idee.
In mezzo a questo quasi unanime consenso nell'accettare il Go-
verno misto non abbiamo però da dimenticare che alcuni lo con-
dannarono, quali ad esempio Mario Pagano e Filangieri, cui parve
un' anomalia che il potere supremo fosse diviso fra vari elementi.
Sebbene la qualità della sovranità dia il carattere particolare a
tutta la costituzione dello Stato collegandosi ad essa ogni principio
2

politico di governo, pure collo Schleiermacher crediamo che le


antiche forme della Monarchia, Aristocrazia, Democrazia si com-
penetrino l'una nell'altra, poichè nelle antiche costituzioni i capi
del popolo sembra formassero un'aristocrazia e talora anche, come
ad esempio sotto Pericle, una monarchia. Nota Mirabeau 3 in un
certo senso le repubbliche sono monarchie, e le monarchie all'in-
contro sono repubbliche.
Queste osservazioni possono trovare la loro conferma in oggi,
dall'esempio di qualche Stato in cui l'elemento democratico pre-
vale in modo al monarchico da rendere quello a questo soggetto
e togliergli quel carattere che gli viene dalla forma particolare
assunta .

1 A proposito delle varie opinioni che si sono manifestate circa l'autenticità


delle opere attribuite a S. Tommaso, Paul Janet ci avverte che « Natalis Anglois
de l'ordre des fréres prêcheurs .... ami et disciple de Saint Thomas d'Aquin, nous
apprend que ce saint avait fait sa politique ( politica ), mais qu'il l'a laissée incom-
plète. Pierre d'Auvergne son disciple, l'aurait achevée.... C'est dans la Somme
teologique, et dans le Commentaire sur les sentences , qu'il faut recuillir les passa-
ges certains, qui interprétés et comparés, peuvent nous servir à réconstruire la poli-
tique authentique de Saint Thomas. ( Histoire de la Science politique . - Tom. 1)
2 Atti dell'accademia delle Scienze di Berlino, 1814, sopra il concetto delle diverse
forme di Governo .

Discorso del 1790 nelle sue opere.


136 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ .

In ordine poi allo Stato misto osserviamo col Bluntschli


che se intendesi per Stato misto soltanto una moderazione o limi-
tazione della Monarchia o dell' Aristocrazia o della Democrazia per
mezzo delle altre potenze politiche, per esempio: la limitazione della
monarchia mercè l'istituzione di un Senato aristocratico, o Camera
alta e di un'Assemblea popolare democratica o rappresentanza po-
polare, allora è vero che una costituzione politica organizzata così
variamente, sia migliore di un'altra in cui il dominio appartenga
unicamente ed illimitatamente, o ad uno, od alla moltitudine. Ma
allora per siffatta mistione non si è generata già una nuova specie
di Stato ; poichè pure la suprema potestà del governo è concentrata
nelle mani del monarca o dell' aristocrazia o del popolo.
Se la mistione al contrario s'intenda nel senso, che lo stesso
supremo potere del governo sia diviso fra il monarca, l'aristocrazia
ed il popolo, in modo che esistano due o più potestà supreme le
une accanto alle altre, ognuna dall'altra indipendente, ognuna in
una certa sfera riconosciuta come la suprema, allora ha ragione
Tacito, il quale riprovò questo pensiero dello Stato misto e osser-
vò che un cosiffatto Stato non potrebbe giammai realizzarsi od
avrebbe ben poca durata.
I moderni, per verità han creduto che l'Inghilterra sia per
l'appunto un tale Stato, in cui la sovranità è divisą fra tre poteri
supremi, il Re, la Camera alta, e la Camera bassa, e che precisa-
mente su di ciò si fondi l'eccellenza della costituzione inglese, per-
chè essa ha realizzato l'ideale di questa quarta forma mista di
Stato.
Ma la costituzione inglese non si è punto originata da una di-
visione della suprema potestà del governo. Invece la Monarchia,
la quale negli antichi tempi diè allo Stato una sua forma specifica,
fu in più modi limitata e moderata da una potente aristocrazia e po-
steriormente dall'intervento di elementi democratici.
La forma esterna dello Stato è rimasta continuamente monar-

Opera citata V. I.
ARTICOLO II . DOTTRINA DEGLI AUTORI . 137

chica, e dal diritto pubblico inglese è assegnata al Re non solo la


suprema potestà del governo, ma ancora il supremo grado nel corpo
riunito del Parlamento legislativo.
Del resto ordinariamente non si avverte che la divisione ari-

stotelica non si fonda sulle qualità e sulle composizioni del potere


legislativo ; poichè in questo come esso è organizzato, si manifesta
regolarmente l'intiero Stato con tutti i suoi elementi principali.
Ma essa si fonda sull'antitesi di governanti e governati e sulla qui-
stione, a chi spetta la suprema potestà del governo. Poi questo
non si divide ad un dipresso fra il re ed i ministri. Una simile
diarchia o triarchia contraddice all' essenza dello Stato, il quale
come un organismo vivente abbisogna di unità. In tutti gli orga-
nismi viventi per vero noi troviamo una varietà di forze e di or-
gani, ma in pari tempo un' unità in questa varietà, una cospirazione
comune degli organi, un organo supremo, in cui è concentrata la
direzione unica. Capo e corpo non hanno una vita separata ognuna
per sè e non si possono neanche mettere alla stessa stregua. Così
pure nello Stato un organo supremo è la condizione indispensabile
della sua vita e questa non può essere scossa, perchè lo Stato
stesso deve rimanere indiviso .
Detti governi vanno distinti dai rappresentativi, nei quali il po-
tere viene dato al popolo considerato organicamente nelle varie parti
dello Stato, rappresentato nelle deliberazioni di esso dai suoi eletti.
Questo principio unico , può produrre e produce due diverse forme
di governi : la monarchia e la repubblica, rappresentative ambedue.
Se non che vi si attenda bene, per quanto diverse siano o si di-
cano queste due forme, esse riescono forse sempre meno diverse
tra sè, che non delle forme antiche ed antiquate della monarchia
assoluta o consultativa, e delle repubbliche con libertà diretta.
Alcuni hanno creduto che la forma di governo possa talmente
influire sui progressi civili da far dipendere da essa il benessere
I

dell'umanità. La forza e la bontà di un governo risiede in se


Dei molti scrittori che trattarono quest' argomento, notiamo i principali: J.
Stuart-Mil : Del governo rappresentativo ; Bluntschli : La politica come scienza,
138 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

stesso, ossia nelle sue leggi, nei suoi ordinamenti, che ne formano
l'essenza. Date saggie e provide leggi che tutelino i diritti nella
misura del giusto e dell'onesto e qualunque sia la forma di governo,
malgrado le condizioni opposte di una data epoca storica, l'uma-
nità deve subire quelle modificazioni che il vero ed il bene apportano
ovunque.
Non consideriamo alla stregua del presente e commossi dalle
passioni, gl'insegnamenti ed i giudizi della storia.
Se la forma di governo non è la causa prima della prosperità
sociale è altresì vero che i popoli essendo diversi per la natura
loro, per la loro storia, pel loro spirito e per le loro aspirazioni,
abbisognano anche di diverse forme costituzionali. Sarebbe perciò
somma pazzia tanto di raccomandare a tutti i popoli la repubblica
come l'unica forma politica, quanto volere asseggettare tutti i popoli
alla monarchia. Il concetto di una costituzione valevole per ogni
tempo e per ogni popolo è falso. Sarà più facile introdurre per
tutta la terra e per tutta l'umanità la stessa foggia di vestimento
e lo stesso stato di fabbricazione.
Vi è tuttavia una misura universale a cui possiamo rapportare
il pregio ed i vantaggi di una costituzione. Essa si determina dai
compiti principali che la politica deve adempiere :
1. Per la libertà dei singoli individui che vivono nello Stato e
perciò pel massimo sviluppo della capacità individuale e sociale.
2. Per l'unità, la capacità d' azione e la prosperità di tutto il
popolo, cioè lo sviluppo della capacità nazionale la quale abbisogna
di un' autorità del potere dello Stato perchè sià preservata al più
che è possibile dai pericoli di un arbitrario dispotismo e che sia con-
temporaneamente efficace ed energica.
3. Pel favoreggiamento della umanità.

trad : Trono. Saredo : Principii di Diritto costituzionale . Palma: Corso di


Diritto Costituzionale, Parieu : Principe de la science politique - Passy: Des
formes de governement e des lois qui les regissent - Prevost-Paradol: La
France nouvelle . Bagehot : Constitution d'Angleterre ecc.
ARTICOLO II. DOTTRINA DEGLI AUTORI . 139

È evidente che la costituzione di uno Stato, allora è il più che


si possa perfetto, quando essa per quanto è possibile, secondo i
mezzi e le forme che possiede lo Stato storico, provvede per questi
tre compiti principali di ogni politica : la libertà dei singoli, la
prosperità di tutto il popolo, la destinazione dell' umanità; quando
esso adunque lega con la più ricca varietà nel particolare la piena
energia dell'unità, ed esercita nel miglior modo i doveri che i
singoli ed i popoli hanno verso l'umanità. '
Se questi sono i requisiti che distinguono i migliori ordinamenti
politici, non sempre però raggiungono l'efficacia loro, non trovando
nei popoli la necessaria corrispondenza di sentimenti, di educazione
ed idee per saperli conservare e maggiormente sviluppare a van-
taggio della società. Nella vita dei popoli hannovi periodi di de-
cadimento in cui l'energia e l'attività che sorreggono l'azione loro,
mancando al proprio ufficio, gettano l'apatia e l'inerzia dove sarebbe
ancora necessaria la più forte vitalità. È allora che all' azione propria
entra soccorritrice l'altrui ; è allora che all' indipendenza succede la
servitù ed alla libertà s'impongono tutti quei vincoli che rendono
gli animi soggetti e schiavi.
Ma come l'umanità nei suoi traviamenti trova provvidenzial-
mente il faro luminoso che ne impedisce la rovina, così alcuni po-
poli nel loro decadimento morale ed intellettivo ebbero l'avventura
di affidare le loro sorti ad uomini che per l'energia del valore, per
l'altezza dalla mente li avviarono a maggiori destini. Cesare mal-
grado la corruzione politica seppe dirigere le masse mediante il
principato all'antica grandezza della repubblica. Carlo Magno in
mezzo alle tenebre del Medio irradiò nuova luce vivificatrice per
la concordia dei popoli col suo ardito concetto della monarchia u-
niversale. Gli uomini della Convenzione malgrado gli eccessi cui
giunsero, innalzarono sulle rovine della Feudalità il vessillo dell'u-
guaglianza civile e politica degli uomini, proclamando la libertà, sola
guarentigia dei diritti loro. Napoleone imitò quasi servilmente Cesa-

V. Bluntschli -

La politica come scienza.


140 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

re ed i due suoi successori fondatori dell'impero romano : pressato,


incalzato anch'egli dalle condizioni della umanità, fece solo ed in
cinque anni ciò che essi fecero fra tre, ed in settant'anni, trascinando
le genti soggiogate dal suo genio a veri prodigi di sapienza e di
valore. E così le virtù dei grandi, le verità della scienza, la forza
della giustizia s'impongono ai popoli e li fanno progredire nel
cammino della civiltà
Il governo che sembra destinato a mantenersi presso i popoli
civili è il rappresentativo. Per esso vengono chiamati alle delibe-
razioni dello Stato non più, come avveniva fra gli antichi, di-
rettamente i cittadini di una città oppure del suo territorio, ma
indirettamente, per deputazione e rappresentanza, i cittadini dello
intero Stato.

Il gran principio della partecipazione alle deliberazioni nazionali


estesa a tutti i membri dello Stato, esistente del pari nelle due
forme rappresentative, ed escluso all'incontro dalla monarchia asso-
luta, dalla consultativa e dalle repubbliche all'antica, fa di tutte
queste tante forme inapplicabili nella civiltà presente, inapplicabili
a tutti i popoli che abbiano provata una volta e talor desiderata
solamente la libertà, allargata la libertà indiretta, ma sola vera
per tutti la libertà rappresentativa. E che ciò sia incontrastabile è
addimostrato dal fatto che in mezzo a tanta abbondanza e so-
prabbondanza, in tanto lusso e lussuria di costituzioni ultimamente
sperimentate, decretate, proposte ed ideate, in mezzo a tanta libertà
o licenza scagliata nel mondo dei fatti e delle idee presenti, nes-
suna costituzione o libertà o licenza fu tentata, proposta od ideata
che non fosse di queste rappresentative. - Oramai non è possibile
l'ordinamento di niun governo nuovo od il riordinamente di niuno
antico, se non in un sistema rappresentativo, sia monarchico o
repubblicano .
Non dissimuliamo che un tal governo può suscitare molte oppo-
sizioni, poichè l'incostanza delle moltitudini, il fermento delle pas-
sioni, le ire di parte maggiormente s'impongono ne' governi a forma
popolare. Qualunque però esso sia dobbiamo ben rammentare che da
ARTICOLO II. - DOTTRINA DEGLI AUTORI . 141

una saggia organizzazione politica dipendono i destini degli Stati ,


delle Nazioni e della civiltà.
Le origini di tal governo parve a Montesquieu rintracciarle
presso gli antichi Germani, desumendo questa sua supposizione
dalle parole di Tacito : <<< delle cose minori, i principi consultano ;
delle maggiori tutti: ma in guisa che anco quelli, che sono in ar-
bitrio della plebe, appresso i principi si trattino, » quindi non
dubitò di affermare che: ce beau système a ètè trouvé dans les
bois. Certamente non si vorrà accettare l'asserzione dell' illustre

filosofo nel più stretto e rigoroso significato ; le istituzioni tutte, al pari


della vita individuale, vanno soggette alle vicende inevitabili delle
varie età, accrescendo, sviluppando e migliorando quegli elementi
che formano l'essenza loro. Così questo ordinamento politico dei
barbari in Europa si sviluppò gradatamente e con modificazioni
appo i vari popoli ; ma poscia tra più giacque, tra pochi continuò
imperferto, tra gl'Inglesi ed i Siciliani, nella maggiore isola del-
l'Oceano Europeo , e nella maggiore del Mediteraneo perdurò ed
aggiunse sua amplitudine ed eccellenza. 3
Trattando di governo rappresentativo accade, presso qualche
scrittore, di veder questo confuso colla monarchia rappresentativa
o costituzionale, scambiando in tal modo il genere con la specie ;
il che procureremo noi di evitare esaminando distintamente cia-
scun governo e così chiarire l'espressione dell'articolo che com-
mentiamo .

Il principio fondamentale del governo rappresentativo si è di


attribuire la suprema potestas, il primitivo ed assoluto diritto di
dare la legge, ossia la sovranità, non in qualche porzione della
societá : uomo, monarca, senato o popolo, poichè quando fu ad essi
attribuito si creò sempre la tirannia, non appartenendo all'imper

De moribus Germanorum .
• Montesquieu Esprit des Lois .
3 V. D. Ondes Reggio - Discorso sul reggimento politico in Europa dalla
conquista barbarica allo stabilimento della Feudalità , premesso alla Storia costi-
tuzionale d'Inghilterra, di Hallam, tradotta dallo stesso.
142 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

fetta nostra natura l'applicazione fissa ed imperturbabile della giu-


stizia e della ragione, ma bensì in una legge superiore all' uomo,
creata per lui e da lui distinta, dalla quale la sua volontà deve
essere regolata.
L'uomo per altro per la sua natura libera ed imperfetta non
obbedisce sempre alla legge. Porta dentro di sè altri moventi
di azione e benchè ne conosca il vizio non di rado vi cede.
Ma obbedire o no la legge suprema dell'uomo è sempre là; egli
non può pensarvi senza riconoscere che è posta al disopra di lui.
Ecco dunque l'individuo continuamente in presenza di una regola
che egli non ha fatta, che lo obbliga e non lo abbandona giammai.
Se entra o si trova in società coi suoi simili quale altra regola
egli avrà, se non questa ? La società umana sarà ella un'abdica-
zione dell'umana natura ? No per fermo : l'uomo nella società
deve restare, e resta effettivamente ciò che è, e siccome la società
non è che una collezione d'individui, così la legge suprema della
società deve essere quella che regola gl'individui medesimi.
Ecco dunque la vera legge della società, la legge del governo
trovata. È la medesima legge che obbliga gl'individui. E a quel
modo che per l'individuo la vera legge è sovente oscura, e l'individuo
anche quando la conosce non la seguita sempre, egualmente pel
governo, qualunque esso sia, la vera legge che deve sempre passare
per lo spirito dell'uomo, limitato nel suo intelletto ed agitato dalle
passioni non è sempre conosciuta ed obbedita. Egli è pertanto
impossibile di attribuire ad un uomo, od a più uomini la so-
vranità di diritto, perocchè si supporrebbe che sanno e vogliono,
in tutti i casi, ciò che la giustizia e la ragione esigono ; suppo-
sizione inammissibile attesa la radicale imperfezione della nostra
natura .

E nondimeno, a motivo appunto di questa medesima imperfezione


gli uomini accettarono, o piuttosto crearono idoli e tiranni. Una
legge bell'e preparata parve loro più comoda che la ricerca penosa
e continua della ragione e della giustizia a cui si sentivano obbli-
gati da una coscienza ostinata, di cui non potevano sbarazzarsi.
ARTICOLO II . DOTTRINA DEGLI AUTORI . 143

Però non riuscirono ad ingannare affatto la loro coscienza o a sot-


trarvisi. La coscienza disfa tutte le combinazioni dell' ignoranza e
della infingardaggine, e costringe gli uomini loro malgrado a com-
battere per se stessi. Giammai gli uomini non accettarono intera-
mente in fatto la sovranità che avevano ammessa in diritto ; e
questa loro impotenza di consentirvi proclama il principio sovrau-
I

mano della sovranità. Alcuni scrittori si sono opposti a questo


principio. Il Brusa nelle sue note al Diritto Costituzionale del
Casanova afferma che diritto e dovere fuori della coscienza non
esistono; e così coscienza legislativa, non legge essa stessa, legge
suprema, neppure. Ma noi consideriamo la giustizia come assoluta
ed indipendente delle condizioni variabili e soggettive dell' indivi-
duo; se così non fosse la legge morale sarebbe contingente e mu-
tabile a seconda dello stato individuale e quindi non avrebbe quel
carattere di obbligatorietà che è proprio della sua natura.
Riguardo all'origine del potere sovrano hannovi due princi-
2

pii, due dogmi, come dice il Constant, ugualmente dannosi :


l'uno, il diritto divino, l'altro la sovranità illimitata del popolo.
L'uno e l'altro hanno fatto assai male .
È pur vero che il potere sovrano, come legge della natura u-
mana socievole, proviene da Dio, ma non però si deve intendere
per questo che gl'investiti di tal potere siano i rappresentanti
personali di Dio. Tale interpretazione mentre sarebbe in opposi-
zione colla natura umana delle persone investite di tal potere le-
gittimerebbe la più assurda conseguenza. Questo principio ricono-
sciuto nel Medio Evo è pure rimasto in parte nel concetto della
moderna monarchia costituzionale ; ma però è stato tolto il medio-
evale frazionamento del potere regio in altri parziali ed indipen-
denti.

V. Guizot : Histoire des origines du Gouvernement representatif et des Institu-


tions politiques de l'Europe. Tome I. - Il Casanova, che divulgò in Italia le dot-
trine del Guizot sul Governo rappresentativo, espone queste stesse idee nella sua
opera tanto diffusa: Del Diritto Costituzionale.
2 Discours , di B. Constant , Tome I.
144 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

La dottrina della sovranità popolare, che professata da Locke,


assunse con Rousseau nel suo Contratto sociale il maggior sviluppo
si fonda sul principio : essere ciascun individuo sovrano di se stesso
ed uguale ad un altro ; e l'unione e la somma delle volontà indi-
vidue formare la volontà generale e questa la sovranità. Tale con-
cetto contraddice e sovverte l'ordine di natura, poichè sotto l'ap-
parenza di volere mantenuta l'eguaglianza legittima introduce vio-
lentemente l'uguaglianza dove non è, sconoscendo la ineguaglianza
legittima. Conseguenza di questo principio sono il dispotismo del
numero, la dominazione delle inferiorità sulle superiorità, cioè la
I

più iniqua delle tirannie.


Tale non può essere il principio del governo rappresentativo.
In esso la vera legge è la ragione, la verità, la giustizia, cui nes-
suno possiede ma cui certi uomini sono più capaci degli altri a cercare
ed a scoprire. Fedele a questo intento il governo rappresentativo ri-
posa sulla divisione del potere di fatto, in ragione della capacità di
agire secondo la verità e la giustizia, donde deriva il potere di
diritto. Si è questo principio, che, per confessione di tutti ed in
virtù del puro buon senso viene applicato nella vita comune e nel-
l'interesse degli individui.
Si è questo principio che non accorda la sovranità della propria
persona, della sua famiglia, de' suoi beni, se non all'individuo che
si presume capace di farne uso ragionevole e la toglie a colui che
se ne è mostrato positivamente incapace. Il governo rappresentativo
applica agl'interessi generali, al governo della società, lo stesso
principio che il buon senso del genere umano applica agl'interessi
generali, al governo dell'esistenza di ogni uomo. Ei distribuisce la
sovranità secondo la capacità corrispondente, vale a dire, colloca il
potere di fatto, ossia una porzione del potere di fatto, soltanto là
dove scopre la presenza del potere di diritto, presunto dietro a
certe condizioni, o giustificato con certe prove ; nè dimentica mai
che il potere di diritto non deve trovarsi intero e permanente in
nessuna parte.
Casanova - Del Diritto Costituzionale . V. II .
ARTICOLO II. DOTTRINA DEGLI AUTORI . 145

Si va sovente dicendo che il governo rappresentativo è il go-


verno della maggioranza. Questa proposizione è vera in parte ; ma
sarebbe errore il credere che sia il governo della maggioranza,
come accade nel sistema della sovranità del popolo che prende tutti
gl'individui, per ciò solo che esistono senza domandar nulla di più.
Prende in seguito la maggioranza di questi individui e dice : ecco
la ragione, ecco la legge. Il governo rappresentativo procede in
altra maniera. Egli considera quale sia l'atto a cui si chiamano
gl'individui, esamina quale sia la capacità necessaria per quest'atto ;
indi chiama gl'individui che si presumono possedere questa capacità,
I

nè questi soli, ma tutti. Cerca infine la maggioranza fra i capaci.


Da ciò si comprende che tal governo non già si basa sulla maggioranza
numerica, che offre di preferenza elementi non avvalorati dalla indipen-
denza e conoscenza necessarie a sì alte funzioni, ma esso è il go-
verno della maggioranza dei capaci. Tale ordinamento politico non
potrà essere applicato o riuscire efficace presso quei popoli ove non
sia sufficentemente sviluppato il sentimento della propria dignità
ed indipendenza , nè dove gli animi soggiogati dalle passioni si
lasciano imporre la tirannia di uno o di pochi; al contrario esso
diviene necessario alla stessa monarchia ove i più elevati senti-
menti che nobilitano gl'individui ed i popoli: l'amor di patria,
l'abnegazione, la libertà ne siano la guida e la pratica costante e
sincera. Ed appunto in Italia surse il governo rappresentativo nel-
l'epoca più bella, più splendida e più gloriosa della sua storia :
all'epoca dei Comuni, per ricadere poi, e risorgere dopo tante vi-
cende e per fermezza di propositi, con tante pene, tanto spreco di
ricchezze e di sangue nel nostro attuale riscatto. Furono infatti i
Comuni che col loro contegno fermo ed ardito, sciogliendosi dal
giogo dei signori feudali, dettero inizio al governo rappresentativo,
costituendosi a repubbliche democratiche od aristocratiche. Dove
però eravi potestà regia nazionale, per liberarsi dai baroni, mar-
chesi, conti e vescovi si appoggiarono al re, il quale, considerando

V. Guizot - Op : cit .
10
URTOLLER - Lo Statuto ecc.
146 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

i Comuni quali successori dei signori da cui si erano liberati, con-


cesse loro il diritto di assistere ai parlamenti feudali. Non potendo
certamente recarvisi nè tutti i cittadini, nè tutti i magistrati mu-
nicipali fu forza deputare alcuno di questi, come avvenne, e così
la grande innovazione fu fatta, benchè non avvertite le gravi con-
seguenze. In seguito a ciò la potestà regia veniva limitata dai di-
ritti e dai privilegi accordati ai Comuni ed ai privati, che pote-
vano anche difenderli con le armi ; ed il potere di far leggi era
esso pure soggetto al consentimento non solamente dei Grandi
della Chiesa e dei Baroni, ma ancora dai rappresentanti della borghesia o
della città. Avvenuta questa notevole innovazione nell'ordine pra-
tico dell'organizzazione politica ed educati i popoli all'esercizio
della libertà, la monarchia aveva tracciata a se stessa quale era la
via da seguire per conciliare le aspirazioni popolari con la tradi-
zione monarchica.
Il concetto della monarchia rappresentativa è di considerare il
potere sovrano come ripartito fra i vari organi dello Stato, in nes-
suno però particolarmente concentrato benchè ciascuno lo eserciti
secondo certi limiti.
L'esperienza dei secoli dimostrò che quando il governo dello
Stato si trova interamente nelle mani di una unità qualunque,
questa unità potendo fare tutto ciò che vuole, è ben presto con-
dotto a fare ciò che può ; per modo che ne risulta infallibilmente
il dispotismo, sia di uno, sia di alcuni, sia di tutti, secondochè
l'unità governativa è re, aristocrazia o popolo. La monarchia, l'a-
ristocrazia e la democrazia, tre forme semplici di governo, hanno
ciascheduna delle qualità proprie e speciali, che sono attissime al
buon reggimento di uno Stato ; dunque, si è detto, il governo de-
vesi fra di esse dividere ; così si metteranno a profitto le doti per
cui vanno distinte evitandone gl'inconvenienti.
Due cose costituiscono la sovranità : volere ed agire, risolvere
ed eseguire ; in altri termini, decidere ciò che deve farsi e fare
ciò che è deciso. Il popolo, siccome è evidente, non può esercitare
per se stesso questa sovranità tutta intera, bisogna necessariamente,
ARTICOLO II . DOTTRINA DEGLI AUTORI . 147

almeno in parte, ne deleghi l'esercizio. Ora se conservando quella


porzione della medesima che può esercitare da sè, divide l'altra
fra più mandatarii, cosicchè queste differenti somme di potere ri-
messe in diverse mani si bilancino le une colle altre, vi è luogo
a credere che non nasceranno abusi, e il governo moderatamente
ed in guisa normale procederà.
Il popolo ossia la nazione è senza dubbio capace di manifestare
la sua volontà, imperocchè più di ogni altro è in grado di cono-
scere i suoi bisogni, e di sentire, almeno in modo generale ciò
che gli è vantaggioso. Ma se la nazione può manifestare la sua vo-
lontà è per lo più inabile a discernere i mezzi di applicare sana-
mente questa volontà ai fatti e di tradurla in legge. A tal fine
bisogna deliberare, discutere, scegliere, cose tutte che una nazione
non può fare tutti i giorni, e tuttavia ad ogni istante nuovi bisogni
dimandano leggi nuove. « Si de lui mème le peuple veut toujours
son bien, dice Rousseau, de lui mème il ne le voit pas toujours.
La volontè gènèrale est toujours droite, mais le jugement qui la
guide n'est pas toujours éclairé. »
Pertanto, esprimere la sua volontà in modo generale ed eleg-
gere i più illuminati dei suoi membri col mandato di formulare
questa volontà, applicandola ai fatti, tale è il mezzo più ragione-
vole che uu popolo adoperar possa per giungere a una manifesta-
zione completa e saggia della propria sovranità. Resta l'altra parte
della sovranità, vale a dire l'azione, ossia l'esecuzione delle deli-
berazioni che furono prese. Ora l'azione, perchè riesca come con-
viene, pronta, forte ed energica vuol essere raccomandata ad uno
solo. La monarchia si presentava naturalmente a quest'uopo. In con-
seguenza al popolo manifestare la sua volontà, ai rappresentanti
1

tradurla in legge, al monarca si appartiene farla eseguire.


Questa dottrina mentre accenna al concetto fondamentale della
monarchia rappresentativa non devesi però intendere nel senso di

• Casanova, Diritto Costituzionale -

Rousseau, opera citata Mirabeau ,


Oeuvres .
148 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

volere esclusa ogni ingerenza del re dal governo. Fu appunto que-


sta interpretazione che, accolta in Francia nell'89 e nel 90, diede
luogo a quella erronea ed ibrida creazione che è un re mero ese-
cutore e semplice agente del potere della maggioranza senza fa-
coltà alcuna, con, a fronte, un'assemblea investita di ampi poteri.
Quali ne furono le conseguenze ad ognuno son note.
Però ad alcuno sembra non trovare sufficiente garanzia nei limiti
attualmente imposti all'azione del potere regio, e proclamano
più confacente alla dignità e libertà umana quel governo che si basa
sulla elezione popolare, non già nella tradizione ereditaria. Noi non in-
tendiamo di porre a fronte le ragioni che possano militare a favore del
governo repubblicano e monarchico, fermi al concetto già espresso
che l'efficacia di ogni governo sta nelle condizioni particolari di
ogni popolo, e di civiltà le quali fanno preferire or l'una or l'al-
tra forma ; notiamo però che la monarchia offre nell'eredità, e conti-
nuità del potere, garanzie di ordine e di stabilità che difficilmente
può dare la repubblica. È certo però che il progresso democra-
tico della società moderna, fondato sulla maggiore coscienza dei
diritti individuali, sulla libertà ed uguaglianza degli uomini, non
mancherà di applicare pure nell'ordinamento della suprema pote-
stà dello Stato, gli stessi principii che dànno origine agli altri po-
teri politici. Questa nostra opinione viene avvalorata dalla storia,
poichè vediamo la monarchia imporsi a popoli incapaci ad un reg-
gimento proprio, ed essa assumere diverse modificazioni, da asso-
luta a consultiva e deliberativa o rappresentativa a grado a grado
che la società, avantaggiandosi nella educazione politica ed intel-
lettuale, si emancipava dalla tutela che si era imposta.
A noi sembra pericoloso e prematuro il volere dedurre dallo
stato presente della società l'organizzazione politica che essa potrà
assumere nell'avvenire ; ad ogni modo quando pure dovesse giun-
gere a quella forma di governo che taluni giudicano più consona
al diritto naturale, dovrà però sempre ricercare nelle condizioni
proprie di civiltà quelle qualità di ordine, di stabilità e di mode-
razione che in oggi offre la monarchia costituzionale. È appunto
ARTICOLO II . DOTTRINA DEGLI AUTORI . 149

questo suo pregio principale che faceva dire a Cherbuliez che « au-
cune institution ne s'est montrée plus salutaire. Sons sa protection
l'Angleterre a obtenu des siècles de prospéritè et de puissance.
Aussi les pubblicistes de tous les pays ont-ils ètè saisis d'une
juste admiration pour cette organisation, si anormale en apparence
et l'at-on vue s'introduire sur le continent européen partout
où la civilisation était en progrés. Les tentatives, au contraire, qui
ont été faites ça et là pour substituer immédiatement à la mo-
narchie absolue un gouvernement républicain, n'ont eu ancun suc-
cès ; elles n'ont servi qu'a faire mieux comprendre le mécanisme,
et apprécier les avantages de la monarchie constitutionnelle. Plus
un État est grand, riche, centralisé surtout, moins il est propre à
recevoir un gouvernement républicain. La république est une plante
dont les fruits sont excellents san doute, et dignes d'envie ; mais
elle ne croit et ne prospère que sur un sol convenablement prè-
parè, partout ailleurs ou la voit s'étioler et languir sans porter ni
fleurs ni fruits ; jusqu'à que un soldat heureux vienne l'arracher
et planter son sabre à sa place. Il est aussi impossibile d'ètablir
un gouvernement républicain dans un État, où l'organisation tant
morale que matérielle s'y oppose, qu'il le serait d'introduire le
gouvernement monarchique dans un petit État, gouvernè démocra-
tiquement depuis dès siecles ; tel que le Canton de Schwytz ou
d'Uri. Ceux qui rèvent une telle métamorphose font abstraction
de tout ce que la connaissance du passé et l'observation du pré-
sent nous apprenent de plus certain: ils se livrent á une chimère
qui ne vaut pas la millième parti des talents qu'on a employé à
la soutenir, ni une seule goutte du noble sang qu'elle a fait couler. >>>
L'efficacia di questa forma di governo consiste nell'organizza-
zione sua, poichè il monarca non agendo solo, trova nell'intreccio
dei vari poteri dello Stato, un freno alla di lui azione, mentre egli
serve agli altri poteri di forza moderatrice. E per vero nella monarchia
costituzionale abbiamo tre poteri governativi, distinti e separati che
non possono agire indipendentemente ed in contraddizione l'uno dal-
l'altro, ma debbono però a vicenda sorvegliarsi e contenersi. Re, Ca
150 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

mera e Senato, sono ammessi a prendere una parte uguale nelle deli-
berazioni, le quali non possono acquistare forza di legge se non in se-
guito al loro comune consenso. Il Re poi è il centro attorno il quale
tutti gli altri poteri si coordinano, per formare un tutto solo senza che
egli sia estraneo a nessuno dei grandi poteri dello Stato. Vedremo
nei successivi articoli le loro singole attribuzioni.
Passiamo ora ad esaminare l'ultimo inciso dell'articolo : Π
Trono è ereditario secondo la Legge salica. Per lo Statuto adun-
que è formalmente esclusa la forma elettiva. Essa, per vero, è sem-
pre stata, nell'ordine delle idee monarchiche, una forma eccezionale,
che non ha mai per lungo tempo resistito dacchè il popolo, presso
il quale si era stabilita, si è avanzato nella civiltà.
Il Trono è ereditario per ordine di primogenitura di maschio, in
maschio, in conformità, dice l'articolo che annotiamo, della Legge
salica. Siccome a parer nostro i redattori della Costituzione si ri-
feriscono poco esattamente a quella legge per esprimere un con-
cetto che non contiene, crediamo opportuno, prima di esaminare la
convenienza pratica e ragione giuridica di tale disposizione, di far
1

precedere un'esposizione storica di detta legge.


La legge salica era la legge di popoli barbari, dei Salii, la
cui redazione , ebbe luogo dopo la loro invasione in Occi-
dente. Era la legge di uno di quei popoli germanici presso i
quali non si potrebbe dire rigorosamente che vi fosse una monar-
chia, neppure molte terre appropriate, poichè i popoli germanici,

1 Chi desidera maggiori schiarimenti sull'accennata legge può consultare :


Pertile, Storia del diritto italiano;- Pardessus , Loi salique ou Recuil contenant les
anciennes redactions de cette loi et le texte connu sous le nom de: Lex emen-
data, avec des notes et des dissertations- Grimm, De historia legis salicae -Mon-
tesquieu , Esprit des Lois Rossi P. Cours de Droi. Constitutionnel T. III Mehel,
Lex salica herausgegeben - Zoepft, Storia del diritto tedesco Wattz . L'antico
diritto dei Franchi salici - Stobbe , Storia delle origini del diritto germanico -Blun-
tschli , Diritto pub : univ : Vol : I - Guizot, Histoire de la civilisation en France,
Vol. I- Saredo, Il passaggio della Corona, secondo il Diritto pubblico italiano -
Gallini C , Lo Statuto del Regno ecc :
ARTICOLO II. DOTTRINA DEGLI AUTORI . 151
I

come sono stati descritti da Tacito, non possedevano che case,


isolate da poca terra. Il resto delle fortune particolari consisteva
in armi, armenti, schiavi, cavalli, e cose mobili. È dunque sin-
golare si sia partiti da simile legge per dedurre il principio della
esclusione delle donne dal trono .

Anche Montesquieu attribuisce a detta legge carattere pura-


mente civile ; però essa ha esercitato una grandissima influenza
sull'applicazione del suo principio al diritto politico, ed appunto
l'esclusione delle donne dalla successione al trono si trova am-

messa nei paesi soggetti alla Legge salica, e non negli altri. Presso
i Borgognoni, ad esempio, ove vigeva la Legge salica, non dando essa
alle donne il diritto di succedere nella terra coi loro fratelli, nep-
pure succedevano alla corona. Per la legge dei Visigati al contrario,
ammettendosi le donne a succedere nelle terre coi loro fratelli, fu-
rono pure dichiarate capaci a succedere nella corona. Riportiamo
senz'altro il testo del titolo degli allodii, quale si trova nell'edi-
zione della legge salica, pubblicata sulle formule di Marcolfo :
§ I. Si quis homo mortuus fuerit, et filios non dimiserit, si pa-
ter ant mater superfuerint, ipsi in hereditatem succedant.
§ II. Si pater ant mater non superfuerint, et fratres vel sorores
reliquerit, ipsi in hereditatem ejus succedant.
§ III. Quod si nec isti fuerint, sorores patris in hereditatem
ejus succedant.
§ IV. Si vero sorores patris non existerint, sorores matris
eius hereditatem sibi vindicent.
§ V. Si antem nulli horum fuerint, quocumque proximiores
fuerint de paterna generatione, ipsi in hereditatem succedant.
§ VI. De terra vero salica nulla portio hereditatis mulieri ve-
2

niat ; sed ad virilem sexum tota terrae hereditas perveniat.

• Nullos Germanorum populis urbes habitari satis notum est, ne pati quidem
inter se junctas sedes ; colunt discreti ac diversi , et fons, ut campos, ut nemus
placuit . Vicos locant, non in nostrum morem connexis et cohoerentibus edificiis ;
suam quisque domum spatio circumdat. ( De moribus Germanorum )
2. Nel 1317, dopo la morte di Luigi X, e sulla proposta di Filippo V, il Lungo,
152 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

Alcuni vorrebbero giustificare l'esclusione delle donne dal trono


con argomenti di convenienza e di opportunità pratica, affermando
che l'attuale sistema sociale è condizionato alla distinzione dei
sessi pei diversi uffici. Non seguiremo su questo terreno irto di
molte difficoltà i vari contradditori e benchè partigiani della ugua-
I

glianza giuridica dei due sessi, riconosciamo però essere que-


sta una di quelle tante questioni alla cui soluzione concorrono
insieme la tradizione, i costumi, e mille circostanze di fatto che
impediscono di stabilire a priori un principio assoluto e regolatore
2

di ogni nazione. Solo però notiamo con Dora d'Istria che le donne
ressero i loro Stati in modo da rendere molto contestata la loro
incapacità politica. Fourier spinge la sua ammirazione per le donne
regnanti al punto d'affermare che si sono sempre mostrate supe-
riori agli uomini, quando abbiano potuto spiegare sul trono i loro
mezzi naturali, dei quali il diadema loro assicura un pieno uso.
Escluso che la Legge salica possa essere riguardata come prin-
cipio su cui si fonda la successione al trono, quali saranno le
norme regolatrici di detta successione ? Esse sono quelle stesse della
legge comune in quanto si possano applicare al diritto pubblico.
Perciò a seconda di quanto prescrive il Codice Civile ( art. 720, 721,
759, 1380 ) non si potrà mutare nè per testamento nè per contratto
l'ordine legale della successione. Secondo pure il Codice Civ. (art.
923, 925 ) la successioue si apre al momento della morte ; e il
possesso dei beni dal defunto passa di diritto all'erede, senza bi-
sogno di materiale apprensione, ossia, secondo l'espressione a noi
tramandata dal diritto francese : le morte saisit le vif. Come pure
è stabilito dalla legge civile (Cod. civ : 933, 1034) che l'effetto
dell'accettazione, in qualunque tempo sia fatta, risale al giorno in

questo articolo, che non era stato applicato fino allora che alle sole proprietà pri-
vate, fu per la prima volta applicato in Francia nella successione al trono ; egli
poi è stato in questo senso accolto come una delle legge fondamentali della mo-
narchia.
1 Urtoller La Donna ed i nuovi Tempi .
2 Les femmes par une femme .
ARTICOLO II . DOTTRINA DEGLI AUTORI. 153

cui si è aperta la successione, senza che vi sia neppure per un momento


interruzione o sospensione di dominio nella proprietà ereditaria.
Questi principii applicati al diritto pubblico, ci fanno stabilire
che il re non può in guisa alcuna mutare l'ordine di successione e
che il trono non resta mai vacante, operandosi la trasmissione dei
diritti ad esso ope legis e se anche il successore assume il trono
più tardi, si presume che la sua assunzione risalga al momento
I

in cui il trono rimase vacante.

A questi principii furono recate due limitazioni, una di origine


monarchica, il privilegio della linea maschile ; l'altra di fonte ple-
biscitaria : la legittimità della discendenza ; 3 quella è consacrata
nella frase che ora abbiamo esaminata : secondo la Legge salica ;
questa nella formula dei plebisciti colla parola : legittimi successori. 4
Abbiamo già veduto che la Legge salica regolava il diritto di
successione non già in ordine alla primogenitura, ma bensì esclu-
dendo le donne.

1 V. Romagnosi , La Scienza delle Costituzioni Saredo, Il passaggio della


Corona ecc. - Gallini, Op : cit.
• Cade qui opportuno notare che il privilegio monarchico della primogenitura
nella linea maschile, fu introdotto in Germania per la prima volta negli Elettorati ;
si estese poscia a tutti gli altri Stati tedeschi . L'atto a cui si riferisce tale pri-
vilegio è chiamato Bolla d' Oro redatta da Bartolo e promulgata dall' Imperatore
Carlo IV nel 1356, nella quale furono accettate le decisioni di due Diete. Riportiamo
dal Bluntschli un brano di detta Bolla che riguarda l'accennato privilegio :
§ 2.... « praesenti lege perpetuis temporibus valitura decernimus, ut postquam
iidem Principes Electores seculares, ut eorum quilibet esse desierit, jus vox et po-
testas electionis hujusmodi ad filium suum primogenitum, legitimum laicum, illo
vero non extante, ad ejusdem primogeniti filium similiter laicum, libere et sine
contradictione cujuspiam devolvatur .
§ 3. Si vero primogenitus hujusmodi absque heredibus masculis, legitimis , lai-
cis ab hac luce migraret, virtute praesentis , imperialis edicti, jus vox et potestas
e lectionis praedictae ad seniorem fratrum laicum per veram paternalem lineam
descendentem et deincops ad illius primogenitum laicum devolvatur. >>>
3
Lo Zoepft nella sua storia del diritto tedesco , stabilisce il seguente princi-
pio di diritto pubblico, che i figli nati da matrimonio morganatico sono capaci di
succedere al trono quando mancano le persone a cui favore fu fatta la esclusione.
4 V. Gallini , Op . cit .
154 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ.

Quanto alla legittimità dei natali, essa si prova nei modi pre-
scritti dal nostro Codice civile o dalle leggi civili che hanno pre-
esistito al Codice. E poichè la legittimità dei natali ha la sua
prova nella legittimità del matrimonio, così dovrà pure aversi ri-
guardo alla legge civile, e, per ciò che non dispone, allo Statuto,
onde ritenere legittimo il matrimonio del Re. Locchè importa ne-
cessariamente la esclusione ed inefficacia di certe forme speciali di
matrimonio, quali il morganatico, il religioso ed altri, soventi in
I

uso presso le famiglie regnanti.


La successione al trono può dar luogo ad alcune questioni im-
portanti, di cui crediamo opportuno far conoscere le principali.
Posto il principio fondamentale di una monarchia ereditaria :
la continuità della Corona, ossia che il trono non rimanga mai
2

vacante ; Rex non moritur, avverrà che la devoluzione si compia


senza che occorra un fatto qualsiasi per l'assunzione al trono,
o una entrata in carica, od anche soltanto la notizia della devolu-
zione comunicata al successore. Il Parlamento non interviene che
per ricevere il giuramento. La Costituzione belga invece ha dero-
gato a questo principio, subordinando l'esercizio del potere della
Corona alla prestazione del giuramento. 3
1 V. Saredo - Op. cit.
2 Imperator mori non potest, sed ipsa dignitas, officium imperatoris est im-
mortale Baldus . Consil:
3Art: 79. Alla morte del Re le Camere si riuniscono senza convocazione,
al più tardi, nel decimo giorno dopo il decesso. Se le Camere sono state disciolte
anteriormente, e la convocazione sia stata fatta nell' atto di dissoluzione per un'e-
poca posteriore al decimo giorno, le antiche Camere riprendono le loro funzioni
sino alla riunione di quelle che le debbono surrogare.
Se non havvi che una Camera disciolta si segue la stessa regola a riguardo
di questa Camera .
A datare dalla morte del Re e fino alla prestazione del giuramento del suo
successore al trono o del reggente, i poteri costituzionali del re sono esercitati
in nome del popolo belga, dai ministri riuniti in consiglio e sotto la loro respon-
sabilità.
Art. 80 . ...

Egli (il Re) non prende possesso del trono che dopo avere solennemente pre-
stato in seno alle Camere riunite, il giuramento. ....
ARTICOLO II. DOTTRINA DEGLI AUTORI . 155

Le stesse disposizioni dello Statuto avvalorano la nostra opi-


nione. Leggiamo all'art. 23 che il reggente, prima di entrare in
funzioni presta il giuramento di essere fedele al Re e di osservare
lealmente lo Statuto e le leggi dello Stato. All'art. 49 è detto : I
senatori ed i deputati, prima di essere ammessi all' esercizio delle
loro funzioni, prestano il giuramento di essere fedeli al Re, ecc. ecc.
mentre all'art. 22 trattando dell'avvenimento al trono del Re
nulla è accennato che l'esercizio delle funzioni regie sia subordi-
nato alla prestazione del giuramento.
Stabilita la regola che « il Re come rappresentante della sovra-
nità, non muore mai » ne segue che egli deve considerarsi, nelle,
ragioni di diritto pubblico, non come una persona, ma come una
istituzione. Ora le istituzioni non muoiono, non subiscono interru-
zioni o sospensioni, non si concepisce un interregno dello Statuto
o della legge. Lo Statuto e le leggi imperano sempre, tanto pel
Re come pel Governo, così pel Parlamento, come pei cittadini.
Il Re ha funzioni che debbono essere sempre adempiute ; e le
autorità giudiziarie ed amministrative che agiscono in suo nome,
non possono cessare mai di attingere nel capo dello Stato; non
come persona, ma come organo supremo della sovranità, il jus
imperii e il jus jurisdictionis.
Ammettendo la dottrina contraria, si verrebbe a queste con-
seguenze :
1.º Nell' intervallo che corre fra la morte del Re e la prestazione
del giuramento per parte del suo successore, l' ordine legale sarebbe
sospeso, e tutte le autorità giudiziarie ed amministrative sarebbero
paralizzate nella loro azione .
Ora : sappiamo che : a) la giustizia emana dal Re ed è ammi-
nistrata in suo nome da giudici che egli istituisce. (Statuto, art. 68) ;
b) le sentenze sono pronunciate ed eseguite in nome del Re (Cod :
proc. civ. art. 54 e 556).
Come potrebbero pronunciarsi sentenze e in nome di chi, e con

4 Saredo Istit, di proc. civ.


156 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

quale facoltà se ne ordinerebbe l'esecuzione ? Non si potrebbero


intitolare in nome del Re nuovo, perchè non sarebbe ancora. Si
avrebbe quindi, come dicemmo, un interregno della legge, che sa-
rebbe causa dei più gravi disordini che non potrebbero essere le-
galmente impediti o repressi.
2.º Posto che la prestazione del giuramento fosse condizione
così essenziale per determinare gli obblighi del nuovo Re, ne se-
guirebbe che, fino a che egli non avesse giurato non eserciterebbe
senza dubbio le sue funzioni ; ma non sarebbe tenuto agli obblighi
che lo Statuto gli impone. Ora, la vera dottrina costituzionale è
che il Re, abbia o non abbia giurato, se ha il diritto di esercitare
le sue prerogative ha altresì l'obbligo di adempirne i doveri. Lo
Statuto non rimane sospeso mai per lui, come non rimane sospeso
pei cittadini. Se anche non lo giurasse lo Statuto sarebbe ugual-
1

mente obbligatorio per lui, perchè lo ha fatto Re : a lege rex.


2

Anche Fischel e Blackstone 3 sostengono lo stesso principio, е


quest' ultimo afferma che se un Re ricusasse di prestare giuramento, il
suo rifiuto dovrebbe considerarsi come un' abdicazione ; ma tutti i
suoi atti anteriori al rifiuto conserverebbero la loro giuridica validità.
Altra gravissima questione a cui può dar luogo il passaggio
della Corona, ossia la successione al trono, è quella che riguarda
gli atti dell' autorità giudiziariaria. Le sentenze e le ordinanze mu-
nite di formola esecutiva in nome del Re Vittorio Emanuele quando
egli viveva, qualora l'esecuzione non sia ancora cominciata dovranno
essere modificate, colla sostituzione del nome del Re nuovo a quello
del Re defunto ?
A questa questione risponde il Saredo con la consueta dot-
trina e spirito pratico, che la mutazione di Governo, o della persona
che è a capo del Governo non porta alcuna interruzione nell'adem-

1 V. la dotta monografia di Saredo sul Passaggio della Corona, secondo il


Diritto pubblico italiano, la più estesa che siasi pubblicata sull'argomento in
Italia.

Costituzione inglese.
3 Comm : on laws of Englaud .
ARTICOLO II. DOTTRINA DEGLI AUTORI . 157

pimento delle funzioni della sovranità ; che la formola esecutiva


una volta emanata, deve seguire il suo corso : che non è dalla
persona del capo dello Stato che viene l'autorità al giudicato
dell' atto, bensì dall'ufficio che esso copre che la regola Rex non
moritur deve produrre, fra le altre conseguenze, anche la validità
dell' esecuzione degli atti intitolati durante la vita del Re defunto.
In Francia la giurisprudenza e la dottrina inclinano in questo
senso. Così hanno deciso la Corte di Bruxelles (25 Giugno 1807),
quella di Nancy (14 Marzo 1836), quella di Parigi (3 Gennaio
1852). Fra gli autori francesi hanno propugnato questa dottrina il
Boitard ', il Carrè , il Dalloz 3, Rolland de Villarguest.
Ad essa acconsentirono pure il Mancini, Pisanelli e Scialoia, nel
loro Commentario al Codice di procedura civile.
Non crediamo però si debba intendere l'enunciata teoria in
modo assoluto. Essa devesi ritenere per vera quando si tratti di
formola esecutiva rilasciata in nome del nuovo sovrano, quando la
successione al potere si è compiuta in virtù d'istituzioni che sono
rimaste identiche e sotto un sovrano e sotto l'altro .
Quando però il cambiamento avvenuto nelle istituzioni politiche si
è compiuto o con una rivoluzione, o con la sostituzione di una forma
di Governo ad un' altra, in questo caso la formola esecutiva rilasciata
in nome del Governo passato non ha più efficacia sotto il nuovo.
Esposte, in modo sommario, le norme regolatrici dello Stato e
della Monarchia, passiamo ora ad esaminare le loro singole attri-
buzioni nei rapporti coi cittadini e con l'ordinamento costituzionale,
il che formerà argomento dei successivi articoli .

1 Leçons de procedure civile .


2 Lois de la procedure civile .
V. Jugement .
4 Repert: du notariat.
158 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

APPENDICE.

LEGISLAZIONE .

PLEBISCITI.

1) Plebiscito della Lombardia.


8 giugno 1848 .

Per l'unione immediata Voti 561,002


Per la dilazione del voto )
) 681

2) Formola del blebiscito della Toscana.


11 e 12 marzo 1860 .

Unione alla Monarchia Costituzionale


del Re Vittorio Emanuele II, ovvero : Regno separato.
Per l'unione Voti 366,571
Pel regno separato » 14,925

3) Formola del plebiscito dell' Emilia.


11 e 12 marzo 1860.

Annessione alla Monarchia Costituzionale


del Re Vittorio Emanuele II, ovvero : Regno separato.
Per l'annessione Voti 426,006
Pel regno separato » 756
ARTICOLO II . APPENDICE - LEGISLAZIONE. 159

Formola del plebiscito delle provincie napoletane.


21 ottobre 1860 .

Il popolo vuole l'Italia una e indivisibile


con Vittorio Emanuele Re Costituzionale
e suoi legittimi discendenti ?
SI . ,
Voti 1,302,064
No .

10,312

5) Formola del plebiscito della Sicilia.


21 ottobre 1860 .

Il popolo Siciliano vuole l' Italia una e indivisibile


con Vittorio Emanuele Re Costituzionale
e suoi legittimi discendenti ?
SI . Voti 432,053
No 667

6) Formola del plebiscito delle Marche.


4 e 5 novembre 1860:

Volete far parte della Monarchia Costituzionale


del Re Vittorio Emmanuele II ?
SI Voti 133,807
No »
1,212

7) Formola del plebiscito dell' Umbria.


4 e 5 novembre 1860 .

Volete far parte della Monarchia Costituzionale


del Re Vittorio Emanuele II ?
SI . • Voti 97,040
No »
380
160 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

8) Formola del plebiscito delle provincie della Venezia e di Mantova .


21 e 22 ottobre 1865 .

Dichiariamo la nostra unione


al regno d' Italia sotto il Governo Monarchico Costituzionale
del Re Vittorio Emanuele II, e de' suoi successori.
SI . Voti 647,246
No »
69

9) Formola del plebiscito di Roma e delle provincie romane.


2 ottobre 1870 .

Vogliamo la nostra unione


al regno d' Italia sotto il Governo Monarchico Costituzionale
del Re Vittorio Emanuele II, e suoi successori.
SI . Voti 133,681
No »
1,507

a) La indicazione del citato Decreto fu presa dall' Indice analitico della


Raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno dal 1861 al 1878, del
Cav. Antonio Zorzi, ma per quante ricerche siansi fatte non abbiamo po-
tuto ritrovarne il testo

b) VITTORIO EMANUELE II

Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Duca di Savoia e di


Genova, ecc . ecc. , Principe di Piemonte, ecc. ecc. ecc.

Visto il risultamento della votazione universale tenutasi nelle Provincie

dell'Emilia, dalla quale risulta essere generale voto di quelle popolazioni


di unirsi al Nostro Stato ;
Udito il Nostro Consiglio dei Ministri :
Abbiamo decretato e decretiamo :
ART. I. Le Province dell'Emilia faranno parte integrante dello Stato
dal giorno della data del presente Decreto.
ARTICOLO II. APPENDICE LEGISLAZIONE . 161

ART. 2. Il presente Decreto verrà presentato al Parlamento per essere


convertito in legge.
I Nostri Ministri sono incaricati dell'esecuzione del presente Decreto, il
quale, munito del Sigillo dello Stato, sarà inserto nella raccolta degli atti
del Governo, e pubblicato nelle Provincie dell' Emilia.
Torino li 18 marzo 1860.
VITTORIO EMANUELE .

Il Presidente del Consiglio,


Ministro degli Affari Esteri Reggente il Ministero dell' Interno
C. CAVOUR .

Il Ministro di Grazia e Giustizia


G. B. CASSINIS .

Il Ministro di Guerra e Marina


M. FANTI .

Il Ministro delle Finanze


F. S. VEGEZZI .

Il Ministro dell' Istruzione Pubblica


Τ. ΜΑΜΙΑΝΙ.

Il Ministro dei Lavori Pubblici

S. JACINI.

c) VITTORIO EMANUELE II

Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Duca di Savoia e di


Genova, ecc. ecc. , Principe di Piemonte, ecc. ecc. ecc.

Visto il risultamento della votazione universale delle Provincie della

Toscana, dalla quale consta essere generale voto di quelle popolazioni di


unirsi al Nostro Stato ;
Sentito il Nostro Consiglio dei Ministri ;
Abbiamo decretato e decretiamo :
ART. I. Le Provincie della Toscana faranno parte integrante dello Stato
dal giorno della data del presente Decreto.
ART. 2. Il presente Decreto verrà presentato al Parlamento per essere
convertito in Legge.
I Nostri Ministri sono incaricati dell' esecuzione del presente Decreto,
URTOLLER Lo Statuto ecc . 11
162 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ .

il quale, munito del Sigillo dello Stato, sarà inserto nella raccolta degli
atti del Governo, e pubblicato nelle Provincie della Toscana.
Dat. Torino, addi 22 marzo 1860.
VITTORIO EMANUELE.

Il Presidente del Consiglio,


Ministro degli Affari Esteri Reggente il Ministero dell' Interno
C. CAVOUR.

Il Guardasigilli Ministro di Grazia e Giustizia


G. B. CASSINIS .

Il Ministro della Guerra e Marina


M. FANTI .

Il Ministro delle Finanze


F. S. VEGEZZI .

Il Ministro dell' Istruzione Pubblica


Τ . ΜΑΜΙΑΝΙ .

Il Ministro dei Lavori Pubblici

S. JACINI .

d) VITTORIO EMANUELE II

Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Duca di Savoia e di


Genova, ecc. ecc. , Principe di Piemonte, ecc. eсс . есс.

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato ;


Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue :
ARTICOLO UNICO.

II Governo del Re è autorizzato a dar piena ed intiera esecuzione al-


l'articolo primo del Regio Decreto del 18 marzo 1860, del tenore seguente:
« Le Provincie dell'Emilia faranno parte integrante dello Stato dal
<< giorno della data del presente Decreto. »
Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserta
nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osser-
varla e di farla osservare come legge dello Stato .
Dat. in Torino addi quindici del mese di aprile, l'anno del Signore
mille ottocento sessanta.
VITTORIO EMANUELE.
CAVOUR.
ARTICOLO II. - APPENDICE - LEGISLAZIONE . 163

e) VITTORIO EMANUELE II

Re di Sardegna , di Cipro e di Gerusalemme , Duca di Savoia e di


Genova , ecc. ecc. , Principe di Piemonte , ecc. ecc. ecc.

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato ;


Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue :
ARTICOLO UNICO .

Il Governo del Re è autorizzato a dar piena ed intiera esecuzione all' ar-


ticolo primo del Regio Decreto dei 22 marzo 1860, del tenore seguente :
« Le Provincie della Toscana faranno parte integrante dello Stato dal
« giorno della data del presente Decreto. »
Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserta
nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osser-
varla e di farla osservare come legge dello Stato.
Dat. in Torino addi 15 del mese di aprile, l'anno del Signore mille ot-
tocento sessanta.

VITTORIO EMANUELE .
CAVOUR .

f) VITTORIO EMANUELE II

Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Duca di Savoia e di


Genova, ecc. ecc. , Principe di Piemonte, ecc. ecc . ecc.

Visto il Plebiscito sottoposto al suffragio universale e diretto del popolo


delle Provincie Napoletane convocato in comizi il 21 scorso ottobre ;
Visto il processo verbale di presentazione e di accettazione di tale Ple-
biscito, seguito in Napoli il giorno 8 scorso novembre ;
Vista la legge del 3 corrente mese, con cui il Governo del Re è auto-
rizzato ad accettare e stabilire per Decreti Reali l'annessione allo Stato di
quelle Provincie dell' Italia Centrale e Meridionale, nelle quali si manifesti
liberalmente per suffragio diretto universale la volontà di far parte inte-
grante della Nostra Monarchia costituzionale ;
Udito il Consiglio dei Ministri ;
Abbiamo decretato e decretiamo :
164 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ.
ART. 1. Le Provincie Napoletane faranno parte integrante dello Stato
Italiano dalla data del presente Decreto .
ART. 2. L'articolo 82 dello Statuto, con cui è stabilito che fino alla
prima riunione delle due Camere il Governo provvederà al pubblico ser-
vizio con sovrane disposizioni, sarà applicabile alle Provincie suddette sino
alla riunione del Parlamento nazionale, fermi rimanendo i poteri prima
d'ora da Noi conferiti al Nostro Luogotenente Generale delle Provincie
Napoletane.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
inserto nella raccolta degli atti del Governo, e pubblicato nelle Provincie
suddette, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare
Dat. a Napoli addi 17 dicembre 1860.
VITTORIO EMANUELE.

G. B. CASSINIS, M. FANTI, C. CAVOUR,

M. MINGHETTI , F. S. VEGEZZI , S. JACINI,

T. MAMIANI , T. CORSI .

g) VITTORIO EMANUELE II

Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Duca di Savoia e di Ge-


nova, ecc. ecc . , Principe di Piemonte, ecc. ecc. ecc.

Visto il Plebiscito sottoposto al suffragio universale e diretto del popolo


delle Provincie Siciliane convocato in comizi il 21 scorso ottobre ;
Visto il processo verbale di presentazione e di accettazione di tale Ple-
biscito, seguito in Palermo il giorno 2 corrente ;
Visto la legge del 3 corrente mese, con cui il Governo del Re è auto-
rizzato ad accettare e stabilire per Decreti Reali l'annesione allo Stato di
quelle Provincie dell' Italia Centrale e Meridionale, nelle quali si manifesti
liberalmente per suffragio universale la volontàdi far parte integrante della
Nostra Monarchia costituzionale ;
Udito il Consiglio dei Ministri ;
Abbiamo decretato e decretiamo :

ART. 1. Le Provincie Siciliane faranno parte integrante dello Stato Ita-


liano dalla data del presente Decreto.
ART. 2. L'articolo 82 dello Statuto, con cui è stabilito che fino alla prima
riunione delle due Camere il Governo provvederà al pubblico servizio con so
ARTICOLO II . - APPENDICE - LEGISLAZIONE. 165

vrane disposizioni, sarà applicabile alle Provincie suddette sino alla riunione
del Parlamento nazionale, fermi rimanendo i poteri prima d'ora da Noi
conferiti al Nostro Luogotenente Generale delle Provincie Siciliane.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
inserto nella raccolta degli atti del Governo, e pubblicato nelle Pro-
vincie suddette, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo os-
servare .

Dato a Napoli addi 17 dicembre 1860.


VITTORIO EMANUELE.

G. B. CASSINIS, M. FANTI, C. CAVOUR,

M. MINGHETTI , F. S. VEGEZZI, S. JACINI,


T. MAMIANI , T. CORSI .

h) VITTORIO EMANUELE II

Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Duca di Savoia e di Ge-


nova, ecc. ecc. , Principe di Piemonte, ecc. ecc. есс .

Visto il Plebiscito sottoposto al suffragio universale e diretto del popolo


delle Provincie delle Marche convocato in comizi il 4 ed il 5 novembre
ultimo;
Visto il processo verbale di presentazione e di accettazione di tale Ple-
biscito, seguito in Napoli il giorno 22 novembre suddetto ;
Vista la legge in data del 3 corrente mese, con cui il Governo del Re
è autorizzato ad accettare e stabilire per Decreti Reali l'annessione allo
Stato di quelle Provincie dell'Italia Centrale e Meridionale, nelle quali si
manifesti liberamente per suffragio diretto universale la volontà delle po-
polazioni di far parte integrante della Nostra Monarchia costituzionale ;
Udito il Consiglio dei Ministri ;
Abbiamo decretato e decretiamo :
ART. I. Le Provincie delle Marche faranno parte integrante dello Stato
Italiano dalla data del presente Decreto.
ART. 2. L'art. 82 dello Statuto, con cui è stabilito che fino alla prima
riunione delle due Camere il Governo provvederà al pubblico servizio con
sovrane disposizioni, sarà applicabile alle Provincie suddette sino alla riu-
nione del Parlamento nazionale.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
11 *
166 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

inserto nella raccolta degli atti del Governo, e pubblicato nelle Provincie
suddette, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Napoli il 17 dicembre 1860.
VITTORIO EMANUELE.

G. B. CASSINIS, M. FANTI, C. CAVOUR,


M. MINGHETTI, F. S. VEGEZZI, S. JACINI ,
T. MAMIANI, T. CORSI.

i) VITTORIO EMANUELE II .

Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Duca di Savoia e di Ge-


nova. ecc. ecc. , Principe di Piemonte, ecc . ecc. ecc .

Visto il Plebiscito sottoposto al suffragio universale e diretto del popolo


delle Provincie dell' Umbria convocato in comizi il 4 ed il 5 novembre ultimo ;
Visto il processo verbale di presentazione e di accettazione di tale Ple-
biscito, seguito in Napoli il giorno 22 novembre suddetto ;
Vista la legge in data del 3 corrente mese, con cui il Governo del Re
è autorizzato ad accettare e stabilire per Decreti Reali l' annessione allo
Stato di quelle Provincie dell' Italia Centrale e Meridionale, nelle quali si
manifesti liberamente per suffragio diretto universale la volontà delle po-
polazioni di far parte integrante della Nostra Monarchia costituzionale;
Udito il Consiglio dei Ministri ;
Abbiamo decretato e decretiamo :
ART. I. Le Provincie dell' Umbria faranno parte integrante dello Stato
Italiano dalla data del presente Decreto.
ART. 2. L'articolo 82 dello Statuto, con cui è stabilito che fino alla
prima riunione delle due Camere il Governo provvederà al pubblico ser-
vizio con sovrane disposizioni, sarà applicabile alle Provincie suddette sino
alla riunione del Parlamento nazionale.

Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
inserto nella raccolta degli atti del Governo, e pubblicato nelle Provincie
suddette, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Napoli addi 17 dicembre 1860.
VITTORIO EMANUELE.

G. B. CASSINIS, M. FANTI, C. CAVOUR,

M. MINGHETTI, F. S. VEGEZZI, S. JACINI,


T. MAMIANI , T. CORSI .
ARTICOLO II. - APPENDICE - LEGISLAZIONE . 167

j) VITTORIO EMANUELE II

Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Duca di Savoia e di Ge-


nova, ecc. ecc. , Principe di Piemonte, ecc. ecc . есс.

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato ;


Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue :
ARTICOLO UNICO .

Il Re Vittorio Emanuele II assume per sè e suoi Successori il titolo di


Re d' Italia .

Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserta
nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di os-
servarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Dat. Torino addi 17 marzo 1861 .
VITTORIO EMANUELE.

C. CAVOUR, M. MINGHETTI, G. B. CASSINIS,


F. S. VEGEZZI, M. FANTI , T. MAMIAMI,

T. CORSI, U. PERUZZI .

1) EUGENIO

Principe di Savoia-Carignano Luogotenente Generale di S. M.


VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re D' Italia

In virtù dell'autorità a Noi delegata ;


Visto l'articolo 18 del Reale Decreto 18 luglio corrente, n. 3064;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio, Ministro Segretario di Stato
per gli Affari dell' Interno ;
Sentito il Consiglio dei Ministri ;
Abbiamo decretato e decretiamo :
ART. I. Sarà pubblicato nelle Provincie italiane liberate dalla domina-
zione austriaca lo Statuto del Regno del 4 marzo 1848.
ART. 2. Il presente Decreto insieme al testo del detto Statuto verrà,
a cura dei commissari del Re, affisso in ciascun Comune delle Provincie
suddette.

Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
168 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .
inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d' Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Firenze addi 28 luglio 1866.
EUGENIO DI SAVOJA.
RICASOLI .

m) VITTORIO EMANUELE II
per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia

Vista la legge del 17 marzo 1861 , n. 4671 ;


Visto il risultamento del suffragio nazionale, col quale i cittadini delle
Provincie italiane liberate, convocati nei comizi il giorno 21 ed il 22 ot-
tobre scorso, hanno dichiarata l'unione al Regno d'Italia colla Monarchia
Costituzionale di Vittorio Emanuele II e suoi successori ;
Sentito il Consiglio dei Ministri ;
Abbiamo decretato e decretiamo :
ART. I. Le Provincie della Venezia e quella di Mantova fanno parte
integrante del Regno d' Italia.
ART. 2. L'articolo 82 dello Statuto sarà applicabile alle Provincie sud-
dette fino a che le Provincie medesime saranno rappresentate nel Parla-
mento Nazionale.

ART. 3. Il presente Decreto sarà presentato al Parlamento per essere


convertito in legge.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia
inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d' Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Torino addì 4 novembre 1866.
VITTORIO EMANUELE.

RICASOLI, BORGATTI , SCIALOJA, DEPRETIS,


CUGIA, JACINI, CORDOVA, BERTI , VISCONTI-
VENOSTA .
ARTICOLO II. APPENDICE - LEGISLAZIONE. 169

n) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato ;


Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue :
ARTICOLO UNICO.
È data forza di legge al Regio Decreto 4 novembre 1866, n. 3300, col
quale fu dichiarato che le Provincie della Venezia e quella di Mantova
fanno parte integrante del Regno d' Italia,
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta
nella raccolta ufficiale delle leggi e dei Decreti del Regno d'Italia, man-
dando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge
dello Stato.

Dato a Firenze addì 18 luglio 1867 .


VITTORIO EMANUELE .
U. RATAZZI .

0) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia

Vista la legge del 17 marzo 1861 , n . 4671 ;


Visto il risultamento del Plebiscito, col quale i cittadini delle Provincie
Romane, convocati ne' comizi il giorno 2 del corrente mese di ottobre,
hanno dichiarato l'unione al Regno d'Italia colla Monarchia Costituzionale
di VITTORIO EMANUELE II e de' suoi Successori ;
Considerando che i voti espressi dal Parlamento per compiere l'unità
nazionale, e le conformi dichiarazioni del Governo, ricordate anche nei
Bandi, che invitarono le popolazioni Romane a dare il suffragio per l'u-
nione al Regno, mantennero costantemente il concetto, che, cessato il do-
minio temporale della Chiesa, si avesse ad assicurare l'indipendenza dell'Au-
torità spirituale del Sommo Pontefice ;
Sulla proposta del Consiglio dei Ministri ;
Abbiamo decretato e decretiamo :
ART. I. Roma e le Provincie Romane fanno parte integrante del Regno
d' Italia.
170 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.
ART. 2. Il Sommo Pontefice conserva la dignità, la inviolabilità e tutte
le prerogative personali di Sovrano.
ART. 3. Con apposita legge verranno sancite le condizioni anche con
franchigie territoriali, l'indipendenza del Sommo Pontefice, e il libero eser-
cizio della Autorità Spirituale della Santa Sede.
ART. 4. L'articolo 82 dello Statuto sarà applicabile alle Provincie Ro-
mane sino a che le Provincie medesime non siano rappresentate nel Par-
lamento Nazionale.

ART. 5. Il presente Decreto sarà presentato al Parlamento per esser


convertito in legge.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigillo dello Sato, sia
inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei Decreti del Regno d' Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Firenze addì 9 Ottobre 1870.
VITTORIO EMANUELE.

G. LANZA , RICOTTI, QUINTINO SELLA ,

G. GADDA , CASTAGNOLA , VISCONTI-VENO-


STA , M. RAELI, G. CORRENTI, G. ACTON.

p
) VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia

Visto il Nostro Decreto in data d'oggi, col quale, in seguito al Plebi-


scito emesso il giorno 2 del corrente mese dalla popolazione di Roma e
delle Provincie Romane, si è dichiarato che la detta Città e Provincie fanno
parte integrante del Regno d'Italia;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, Nostro Mini-
stro Segretario di Stato per gli Affari dell' Interno ;
Udito il Consiglio dei Ministri ;
Abbiamo decretato e decretiamo :

ART. 1. È pubblicato nella Città di Roma e nelle Provincie Romane lo


Statuto Costituzionale del Regno del 4 marzo 1848 .
ART. 2. Gli esemplari del presente Decreto e di detto Statuto saranno
affissi nei luoghi soliti della città di Roma e di ciascun Comune delle dette
Provincie.

Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato, sia
ARTICOLO II. - APPENDICE LEGISLAZIONE . 171

inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei Decreti del Regno d'Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Firenze addi 9 ottobre 1870.
VITTORIO EMANUELE.
G. LANZA .

१) VITTORIO EMANUELE II.

per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d' Italia


Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato ;
Noi abbianio sanzionato e promulghiamo quanto segue :
ART. I. È data forza di legge al Regio Decreto 9 ottobre 1870, n. 5903 ,
col quale fu dichiarato che Roma e le Provincie Romane fanno parte inte-
grante del Regno d'Italia.
ART. 2. Le disposizioni degli articoli 2 e 3 saranno particolarmente de-
terminate con apposita legge.
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta
nella raccolta ufficiale delle leggi e dei Decreti del Regno d'Italia, man-
dando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge
dello Stato.

Dato a Roma addi 31 dicembre 1870.


VITTORIO EMANUELE.
G. LANZA .
172 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

GIURISPRUDENZA .

Formola esecutiva delle sentenze. Un titolo esecutivo di data anteriore al-


l' unificazione d'Italia non può legittimamente mettersi in atto, senza la for-
mola indettata dall'articolo 556 del Codice di procedure civile. Fu sempre mai
riconosciuto che l'esecuzione si faccia in nome dell'imperante. Una potestà
pubblica non più esistente, poteva dar forza di esecuzione all'atto nel tempo
del suo imperio; ma non più esistendo, gli agenti della forza pubblica che
devono ridurre ad effetto il contenuto del titolo, derivano la loro azione
legittima dal sovrano regnante capo del potere esecutivo dello Stato.
Ma è nullo un decreto presidenziale, con cui imprimesi la forza esecu-
tiva ad un giudicato portante l'intitolazione del cessato Governo, perchè
renduto non dall' autorità giudiziaria da cui il giudicato medesimo derivò
ma da quella del luogo ove l'esecuzione si compie, perchè la forza ese-
cutiva di un giudicato, quale è quello che viene dalla intestazione del so-
vrano che regna, non può essere data se non dalla autorità giudiziaria da cui
il giudicato stesso deriva, altrimenti sarebbe turbato l'ordine giurisdizionale:
non è questione di forma, ma di giurisdizione, i cui precetti sono di ordine
pubblico e quindi imprescindibili. Il legislatore ha fatto rilevare la differen-
za dei due luoghi, quello in cui l'atto si compie dall' atto in cui si esegue,
dando al primo tutta l'importanza giuridica. E non perchè ciò ricavasi dal-
l'art. 556 questo risolve la questione in disamina; ma perchè rileva il
concetto generale e razionale che deve prevalere ciò che tanto i giu-
dicati , quanto gli atti contrattuali acquistano la loro forza esecutiva
nel luogo in cui hanno vita. A questi principii è informata la ministe
riale del 25 Settembre 1860 con che si determina, che le ordinanze
simiglianti debbono essere accordate secondo la rispettiva competenza del-
l' autorità giudiziaria. Molto più il difetto di giurisdizione si rivela quando
questa forza esecutiva fosse apposta ad un giudicato di un tribunale supe-
riore. Onde la nullità è manifesta. A farla valere, non è mestieri di un' ap-
posita azione di nullità ma può bene sperimentarsi in linea di opposizione
al precetto, non essendo ciò consentito nè dalla serietà, nè dalla economia
dei giudizii . ( Tribunale di Salerno, 22 Decembre 1868. - Gargiulo - Comm.
al Cod. di Proc. Civ. ).

1
ARTICOLO II. APPENDICE - GIURISPRUDENZA 173

Cambiamento di Governo. Il Governo della Dittatura che attuatosi nelle


Provincie meridionali d'Italia il 7 Settembre 1860 vi funzionò sino al 21
Ottobre successivo, giorno della pubblicazione del plebiscito per cui si i-
naugurò ivi definitivamente la monarchia costituzionale sotto il glorioso
scettro di Vittorio Emanuele II e suoi legittimi discendenti, se ebbe im-
pronta di vero, legittimo, regolare Governo sino dal primo suo nascere,
comechè stato per tale universalmente riconosciuto ed accettato fu tale poi
ancora e massimamente perciocchè stato dal bel principio ordinato ed e-
sercitato col nome di Vittorio Emanuele II in tutti gli atti compiutisi dal
Governo stesso dittatoriale sino al 21 Ottobre 1860.

Esso fu quale un'attuazione anticipata del Governo costituzionale di


Vittorio Emanuele II.

Quindi il plebiscito del 21 Ottobre 1860 non altrimenti segnò il punto


di cominciamento del Governo del Re nelle provincie meridionali d' Italia,
ma fu quasi una conferma e ratifica del passato Governo della Dittatura,
mercè la prova solenne e complementare del suffragio universale. — ( С. С.
di Milano, I Ottobre 1862 ric: P. M. della C. d'app: di Acquila).
174 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

ATTI PARLAMENTARI.

Riportiamo il progetto di legge, presentato il 15 Giugno 1848,


le relative votazioni ed i discorsi degli Onorevoli Giovanetti e Sclo-
pis al Parlamento in risposta alle varie obbiezioni per l'unione
della Lombardia e delle quattro provincie venete di Padova, Vi-
cenza, Treviso e Rovigo, i quali riassumono il concetto generale
della discussione.

PROGETTO DI LEGGE .

ART. 1. La Lombardia e le provincie di Padova, Vicenza, Treviso e


Rovigo fanno parte integrante dello Stato.
ART. 2. A partire dalla promulgazione della presente legge sino all' a-
pertura del Parlamento comune successiva alla Costituente, la Lombardia
e le dette provincie saranno governate colle norme infra stabilite.
ART. 3. Al popolo lombardo sono conservate e guarentite nella forma
ed estensione attuale di diritto e di fatto la libertà della stampa, il diritto
I
di associazione e la istituzione della Guardia Nazionale.
ART. 4. Il potere Esecutivo sarà esercitato dal Re col mezzo di un
Ministero responsabile verso la Nazione rappresentata dal Parlamento.
ART. 5. Gli atti pubblici verranno intestati in nome di S. M. il Re
Carlo Albeto.

Art. 6. Sono mantenute in vigore le leggi ed i Regolamenti attuali


della Lombardia.

ART. 7. Il Governo del Re non potrà conchiudere trattati politici e di


commercio senza concertarsi previamente con una consulta straordinaria
composta dei membri attuali del Governo provvisorio di Lombardia ; ed in
quanto alle quattro provincie Venete sopra indicate, con una consulta
straordinaria, composta di due delegati per ciascuna provincia.
ART. 8. La legge elettorale per l'assemblea costituente sarà promulgata
entro un mese dall' accettazione della fusione. Contemporaneamente alla
promulgazione della legge stessa sarà convocata la comune assemblea co-

Fu fatta dal Parlamento, la seguente aggiunta : Gli stessi diritti s'intendono


guarentiti per le Provincie Venete appena saranno liberate dallo straniero.
ARTICOLO 11. - APPENDICE - ATTI PARLAMENTARI. 175

stituente, la quale dovrà effettivamente riunirsi nel più breve termine possibile,
e non mai più tardi del giorno primo di novembre prossimo venturo.
ART: 9. La legge elettorale sarà fondata sulle seguenti basi :
Ogni cittadino che abbia compiuto l'età di anni ventuno è elettore,
salvo le seguenti eccezioni, cioè :
Nei paesi soggetti allo Statuto Sardo sono escluse le persone che si
trovano colpite da esclusione a termini della legge 17 marzo p : p .
Nella Lombardia i cittadini in istato d' interdizione giudiziale, eccetto i
prodighi. I cittadini in istato di prorogata minor età. Quelli che furono
condannati o che sono inquisiti per delitti, non che per reati commessi con
offesa del pubblico costume, o per cupidigia di lucro; nella quale seconda
categoria però non si riterranno comprese le contravvenzioni boschive, di
finanza e di caccia. Quelli sui beni dei quali è aperto il concorso dei credi-
tori, qualora pel fatto del loro fallimento sia stata contro di loro pronun-
ciata in via civile condanna all'arresto . I cittadini che hanno accettato

da uno Stato estero all' Italia un pubblico impiego civile o militare, qualora
non provino d'avervi rinunziato, eccettuati i consoli degli Stati esteri e
loro addetti.

Il numero dei Deputati è determinato nel rapporto di uno dai venti ai


venticinque mila abitanti. Per la Lombardia non avente circondari elettorali
si seguiranno i riparti amministrativi attuali ed il riparto e la nomina dei
deputati si farà per provincia.
Il suffragio è diretto per ischeda secreta.
I Ministri sono incaricati nella parte che riguarda ciascun dicastero del-
1

l' esecuzione della presente legge.

Il Progetto fu adottato alla Camera dei Deputati il 10 Luglio 1848.


Votanti 148. - Maggioranza 75.
Voti favorevoli 132 -

Voti contrari 17 .
Adottato in Senato il 19 Luglio 1848 con voti 31 contro 1 .

Furono introdotte alcune aggiunte al progetto per ciò che riguarda le basi
del sistema elettorale da stabilirsi per la Costituente.
176 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ.

Il relatore Giovanetti riassumeva al Senato nei seguenti termini


le varie osservazioni fatte al progetto citato :

Giovanetti (relatore). Con brevissime parole io riassumerò la questione


generale: fra tanti oratori, la maggior parte, e credo di non errare dicendo
tutti, hanno riconosciuti i vantaggi eminenti dell'unione e la necessità su-
prema di affrettarla. Solamente alcuni hanno espresso dei timori in grazia
della condizione apposta alla loro offerta dai Lombardi ; che le basi e la
forma di una nuova monarchia costituzionale si stabiliscano da una Costi-

tuente comune ; altri fecero rimprovero al Governo che non avesse con-
dotto la cosa per modo da non potere essere noi liberi di rispondere con
quelle condizioni che meglio a noi convenissero..
Quanto ai primi oratori che si sgomentarono della Costituente, credo
che si siano di soverchio preoccupati dell'idea troppo vaga ed indetermi-
nata che offrono sovente nella storia queste parole : il principio costitutivo;
certo esiste e vive sempre nei popoli, e vanno, a mio avviso, errati coloro
che sperano di addormentarlo o spegnerlo, abbandonando il sistema speri-
mentale ed attenendosi a quel sistema filosofico, col quale, presumendo di
emulare il Supremo Fattore nell'opera della creazione, s'immaginano di
dettar leggi immutabili alla struttura sociale, quasi che l'uomo potesse
aspirare alla divina perfezione delle leggi naturali ; qui grandemente s'in-
gannano. Il principio costitutivo non s'infrena e non si spegne, come nulla
non si frena e non si spegna di ciò che procede dall'ordine providenziale.
Se si pretende d'infrenarlo egli si svolge indomito e prepotente tra le fol-
gori ed i tuoni, in quei tempi di tempesta sociale in cui le idee di giustizia,
represse lungamente e conculcate, passano ardentissime e scoppiano in
disordinato furore.

Essendo pertanto incontestabile l'esistenza del principio costitutivo e tro-


vandoci noi in condizione che sia utile, che sia necessario prestargli ragio-
nevole campo ad operare, affinchè incompostamente e fuor dei convenienti
limiti non agisca, è mestieri , a tranquillità di tutte le coscienze, esaminare
in qual parte ed in qual senso il medesimo si trovi in azione, mercè la
progettata Assemblea Costituente .
A questo riguardo io debbo rammentare che la questione è stata fatta
da un eloquente oratore, quando domando se colla costituente si veniva
ad immutare il principio fondamentale dello Statuto, a sostituire cioè il
principio della sovranità popolare al principio monarchico. Io credo di po
ARTICOLO II . -
APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 177

ter apertamente negare che segua tale immutazione. Il principio monar-


chico di cui ho già avuto l'onore di favellare nella mia relazione, è posto
fuori d'ogni possibile questione. Questo principio è stabilito e riconosciuto
per un contratto bilaterale, che ho chiamato irrevocabile appunto perchè
succedeva tra due popoli liberi di accettarlo o non accettarlo ; appunto per-
ché noi lo volevamo ed il vogliamo, ed i Lombardo-Veneti lo assentirono
formalmente e lo sancirono col loro voto, noi l'assentiremo.
Lo sanciremo in oggi come l'ha assentito e sancito l'altra Camera. Nè
senza il concorso di tutti coloro che in questo solenne contratto interven-
gono potrebbe il medesimo disciogliersi ; e noi siamo troppo convinti della
necessità di tale principio d'ordine per non rigettarlo mai.
Per la qual cosa chiara ed evidente ne viene la conseguenza che questo
principio non può dalla nostra Camera Costituente alterarsi, e che le forme
di governo le quali saranno per essere adottate dalla medesima, non pos-
sono aggirarsi che sull'equilibrio nazionale degli attributi del Governo e
del popolo; non può che regolare saviamente alcune clausole fondamen-
tali coordinate al principio monarchico, lasciando ai futuri Parlamenti di
provvedere a una legislazione ed amministrazione, e, se vi ha da essere
una monarchia costituzionale, per nuova che sia, non vi ha dubbio che al
potere esecutivo bisogna dare tutta la naturale libertà d'azione che gli è
necessaria per essere dentro il limite dei rispetti dei dritti popolari. Se vi
ha da essere monarchia, non vi ha dubbio che ad evitare il colpo tra l'im-
peto democratico ed il potere esecutivo deve intermettersi un potere che gli
altri due opportunatamente moderi e bilanci.....

Votato ed approvato per alzata e seduta l'articolo unico della


Legge, votato alla Camera dei Deputati (v. p. 179, 180) si procedè
alla votazione sul complesso di essa.
I

Risultato della votazione: 35 favorevoli, su 37 votanti.

Sclopis (Ministro di grazia e giustizia, sale alla tribuna) Egli ha seguito


con la massima attenzione la discussione insorta sulle conclusioni del rap-
porto della Commissione;... « Ponderate le varie opinioni più o meno
consenzienti o dissenzienti ho dovuto convincermi che nella sostanza

• Atti del Parlamento subalpino . Sessione del 1848 Senato del Regno. Tornata
delli 6 Luglio 1848.
URTOLLER Lo Statuto ecc . 12
178 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

tutta la Camera accordavasi, divergendo solo quanto alla forma per op-
posti sentimenti di timore: perocchè temano gli uni che una dichiarazione
di più aggiunta alla formola della legge lombarda debiliti o rimuova il
proposito di quel popolo di unirsi con noi, e temano gli altri che, tal di-
chiarazione non aggiunta, avverarsi possano non lievi pericoli nella prossima
contingenza dell'Assemblea Costituente. A veder qual d'esse sia men ragio-
nevole e politica, ed a farci una precisa idea della questione, è forza risa-
lire alla legge lombarda, occasione di tanto dissidio. Essa porta che la fu-
sione sarà immediata, semprechè il Governo Sardo accetti la condizione
dell' Assemblea Costituente quale oggetto nella stessa legge indicato ; e il
timore di alcuni sarebbe perciò certamente fondato se la dichiarazione, che
l'emendamento del Ministero vuole introdurre, implicasse contradizione
coll' esecuzione dal voto lombardo ; il che non è ; perocchè quella dichiara-
zione non aggiunge, non detrae, ma spiega e chiarisce soltanto e previene
2

il dubbio di una erronea interpretazione.


Má se riguardasi alle ragioni del timore destatosi negli altri per la
probabilità dei pericoli di una Costituente, niuno fin quì è riuscito a dimo-
strarle compiutamente vane. La storia passata e contemporanea non ci rin-
franca ; ci mostra anzi quasi inseparabili compagni ad ogni Assemblea rior-
dinatrice di un reame quei pericoli che, funesti dovunque, sarebbero fatali
per noi. Il cercare di premunirsi contro di essi il toglierne l'occasione ed
il pretesto, è dunque savia previdenza, la quale ispirò al Ministero di pro-
porre l'ammendamento di cui ragionasi.
Fra queste due apprensioni la Camera si agita incerta e dubbiosa a

1 Formola del voto del popolo Lombardo per l'unione immediata :


Noi sottoscritti, obbedendo alla suprema necessità che l'Italia intera sia libe-
rata dallo Straniero, e all'intento principale di continuare la guerra dell'indipen-
denza colla maggiore efficacia possibile , come Lombardi in nome e per l'in-
teresse di queste provincie , e come Italiani per l'interesse di tutta la nazione, vo-
tiamo fin d' ora l'immediata fusione delle provincie lombarde cogli Stati Sardi
semprechė sulle basi del suffragio universale sia convocata negli anzidetti paesi
ed in tutti gli altri aderenti a tale fusione , una comune Assemblea Costituente, la
quale discuta e stabilisca le basi e le forme di una nuova monarchia costituzionale
colla Dinastia di Savoia.
2 Emendamento ministeriale: - « L'Assemblea Costituente non ha altro man-
dato che quello di discutere le basi e la forma della Monarchia. Ogni altro suo
atto legislativo o governativo è nullo di pien diritto . La sede quindi del potere e-
secutivo non può essere variata che per legge del Parlamento.>>>
ARTICOLO II. APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 179

quale di esse sottomettere debba il proprio giudizio. Ma è certo incompa-


rabilmente maggiore e più fondata quella di avventurarsi in una Costituente
non abbastanza definita; imperocchè il popolo lombardo, soddisfatto nella
sostanza del suo desiderio, non potrà a meno di assentire a quella più
chiara ed esplicita spiegazione che ora si vuol dare alla formola del suo
voto per conseguenza ogni timore che a riguardo suo tuttavia si nutrisse
debba necessariamente svanire. >>

Svolti questi argomenti, dichiarato di non voler ottenersi rigorosamente


alle formole dell'emendamento proposto dal suo collega ministro dell' in-
terno, ma di essere anzi disposto di accogliere qualunque altra versione
che meglio adempia allo scopo di non lasciare incertezze sui limiti della
Costituente, egli tocca brevemente della questione insorta sulla capitale del
nuovo regno, e dimostra com'essa non muova da gretto spirito di munici-
palismo, ma da considerazioni politiche le quali, non abbastanza ponderate
aver possono cattive conseguenze ; e conchiude raccomandando l'unione
necessaria ora più che mai, e di cercar modo di conciliare anche i dissensi
di forma, giacchè concordasi nella sostanza .
Ratazzi . (relatore) Dichiara che il voto espresso dal ministro della
giustizia, è il voto stesso della Commissione, la quale non ad altro mai
intese che a proporre una forma che conciliasse le varie sentenze, e fosse
consentanea alla votazione del popolo lombardo ; che se altri avesse a pro-
porre emendamenti che meglio corrispondano ai bisogni, essa è pronta
ad accoglierli volenterosa ; e che anzi, per dimostrare che nulla lascia
d' intentato al fine di accordare gli opposti partiti, manda presentare una
nuova redazione all'articolo già consentita dallo stesso Ministero ; e la
legge:
« ARTICOLO UNICO. L'immediata unione della Lombardia e delle pro-
vincie di Padova, Vicenza Treviso e Rovigo, quale fu votata da quelle
popolazioni é accettata >>>
« La Lombardia, e le dette provincie formeranno cogli Stati Sardi, e
cogli altri Stati già uniti, un solo regno.

1 V. il plebiscito della Lombardia a pag: 158.


Il risultamento della votazione seguita nelle quattro provincie venete , nel
giorno 8 Giugno 1848, fu il seguente :
Votanti . 143, 536
Per l'unione immediata 140, 726
Per la dilazione 2, 840
180 LO STATUTO DEL REGNO , ANNOTATO.

« Col mezzo del suffragio universale sarà convocata un' Assemblea Co-
stituente, la quale discuta e stabilisca le basi, e le forme di una nuova mo-
narchia costituzionale colla Dinastia di Savoia, in conformità del voto e-
messo dai Veneti, e dal popolo lombardo sulla legge 12 maggio 1848 del
Governo provvisorio di Lombardia .
« La formola del voto suespresso contiene l'unico mandato della Co-
stituente e determina i limiti del suo potere. »
Dopo vari emendamenti proposti e svolti dai Deputati proponenti, il
Presidente mette ai voti la proposta della Commissione, per alzata e
seduta :

(Tutta la Camera si alza) .

Fa quindi procedere alla votazione per iscruttinio segreto sul


complesso della legge :
Votanti 134 . Maggioranza 68.
Voti favorevoli 127. Voti contrari 7 .
I

Proclama perciò solennemente adottata la legge.

A ricordo dell' Annessione delle Provincie italiane al Regno di


Piemonte nel 1859-60, riportiamo le votazioni fatte in proposito,
precedute da parole dei relatori.
Votazione dei due progetti di legge per l'annessione allo Stato
dell ' Emilia e della Toscana .

Saracco. (relatore) Signori, i rappresentanti del diritto e delle speranze


della nazione, affrettavano col desiderio questo giorno benedetto, per
attestare con segni autorevoli e sicuri il sentimento universale del paese e
consacrare con solennità di voto la indissolubilità di un patto scolpito nella
coscienza dei popoli, innanzi ancora che ne facesse amplissima testimo-
nianza la splendida manifestazione della volontà popolare. Raccolti perciò
senza indugio nei loro uffici per chiamare ad esame i regii decreti onde le
provincie dell'Emilia e della Toscana furono dichiarate parti integranti

1 Atti del Parlamento Subalpino, Sessione del 1818. - Discussioni della Ca-
mera dei Deputati. Tornata 28 Giugno 1848 .
ARTICOLO II . APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 181

dello Stato, vennero tutti a quest'unico pensiero di acclamare l'unione di


quei popoli alla monarchia delle speranze italiane.
Facile adunque e gradito sovra ogni altro è il compito che rimane alla
vostra Giunta, la quale unanime ancor essa, si onora con patriottica esul-
tanza di proporre alla Camera un voto di acclamazione onde approvare
quei provvedimenti governativi che affrettano l'unione di due nobilissime
provincie a questo regno italiano e diedero a quei popoli la sicurità e
l'immediato esercizio di tutte le franchigie costituzionali che sono il no-
stro orgoglio ed il secreto del nostro avvenire.
Però la vostra Giunta crederebbe, o signori, di fallire al debito di giu-
stizia, se, plaudendo ai nuovi fratelli e stringendo ad essi amica la mano,
intralasciasse di rendere pubblico omaggio di stima agl'insigni uomini, che
in tempi difficili rimasero con senno e con fortuna al governo dei popoli
dell' Emilia e della Toscana , i quali a lor volta riscossero meritata fama
di sapienza civile ; e più ci sentiamo superbi di poter cogliere la presente
opportunità, per esprimere col puro accento del cuore la riconoscenza che
undici milioni di italiani, raccolti quasi per incanto in una sola famiglia,
serbano profonda ed incancellabile verso Vittorio Emanuele, simbolo delle
nostre speranze, amore e gloria delle genti italiane. Riceva egli, il nostro
Re, in cambio della eroica costanza, riceva Italia in questo giorno così
lieto e solenne, il sacramento che noi facciamo di non sostare un istante
nel glorioso cammino. Così ne aiuti Dio giusto a ricomporre sul capo
della veneranda madre la nobile ed invidiata corona.

Risultamento della votazione, alla Camera dei Deputati, ri-


guardo alla legge di annessione dell'Emilia al Piemonte :

Deputati presenti 215. - Votanti 214. - Maggioranza assoluta 108.


Voti favorevoli 214. - ( Si astenne il Deputato Chenal ).

Risultamento della votazione per l'annessione della Toscana al


Piemonte :

Presenti 215. - Votanti 212. - Maggioranza assoluta 107.


Voti favor. 211. - Voto contr. 1.- (Si astenne il deputato Chenal).
182 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

Relazione al Senato del Regno, e approvazione immediata dei


due progetti di legge per l'annessione della Toscana e dell' Emilia
agli Stati di S. M.

Des Ambrois (relatore) Fu giorno di festa nazionale quello in cui con-


vennero per la prima volta in questa Aula attorno al trono del Re i rap-
presentanti dell'Emilia e della Toscana. Con gli stessi sentimenti d'intima
compiacenza voi ammetteste poc'anzi nel seno del Senato gli eminenti per-
sonaggi di quelle provincie che ci onoriamo di noverare fra i nostri colle-
ghi. Le leggi sottoposte in oggi alle vostre deliberazioni sono l'ultimo sug-
gello apposto ad un'unione che tutti erano già avvezzi a considerare come
moralmente compiuta. Nobili e generosi popoli con mirabile concordia di
animi a fermezza di propositi vengono a dividere le nostre sorti ed accre-
scere lo splendore del regno col ricco loro retaggio di civiltà e di gloria.
Accogliendoli con ricambiato affetto noi provvediamo alla forza ed all' in-
dipendenza comune, e l'Europa imparziale comprenderà che nel soddisfare
alle aspirazioni del cuore noi diamo l'unica soluzione che sia oramai pra-
ticamente possibile a questioni che da anni la tenevano in perpetua inquie-
tudine.

L'ufficio centrale che volle scegliermi a suo relatore m' incarica di pro-
porvi l'adozione pura e semplice dei progetti di legge.

Risultamento della votazione, al Senato, per l'annessione della


Toscana :
Votanti 73. - Voti favorevoli 70. - Voti contrari 2 .

Risultamento della votazione per l'annessione delle Provincie


dell ' Emilia
Votanti 72. - Voti favorevoli 62. - Voti contrari 10.

Il 2 Ottobre 1860, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ca-


vour, presentava alla Camera un progetto di legge col quale si dava
autorizzazione al Governo di accettare e stabilire per Decreti reali
l'annessione allo Stato di nuove Provincie italiane. La Commissione
incaricata dell'esame del progetto presentava relazione in proposito
ARTICOLO II . APPENDICE ATTI PARLAMENTARI. 183

alla Camera dei Deputati il 6 Ottobre 1860. Riportiamo un brano,


di detta relazione, più importanti pel nostro Diritto Costituzionale :

Nella sostanza sua e nel suo fine ed oggetto la legge non ha bisogno
d'essere giustificata. È l'affermazione del diritto nostro nazionale; è lo
sviluppo, e poco meno che il compimento del nostro nazionale programma .
L'unione che speriamo, e che si tratta di formalmente autorizzare, è con-
seguenza logicamente necessaria dell'unione già fatta delle altre provincie
innanzi affrancate. È applicazione del medesimo diritto ; è coerenza a quel
sistema per cui la costituzione politica della nazionalità italiana fu inde-
clinabilmente determinata in unità di Regno sotto lo scettro di casa Savoia .
Opporsi alle nuove annessioni potrebbe soltanto chi si fosse avvisato d' op-
porsi alle prime, di che la nostra Camera non diede esempio veruno
Nè come serio dubbio pensiamo che s'abbia a trattare la singolare ob-
biezione di alcuno che dice contrario alle disposizioni dello Statuto lo au-
torizzare anticipatamente il Governo ad accettare ed effettuare annessioni
future. S'invoca l'articolo 5 dello Statuto il quale parla di variazioni che
siano per operarsi nel territorio dello Stato in virtù di trattati ; supponendo
che s' applichi pure a varazioni operabili per altre cause ed in altri modi ;
e che la parlamentare approvazione che esige, a tenore del suo disposto,
non possa susseguire al trattato, od altro atto da cui la territoriale varia-
zione sia per dipendere.
Ma di tali supposti alla Commissione vostra è sembrato che niuno sia vero.
L'allegato articolo dello Statuto, parlando con univoca specialità di
trattati ha una così chiara definizione del suo tema, che trarlo ad altro
qualunque senza violarne il tenore non è possibile, tanto più che nel tema
di trattati, possono occorrere peculiari ragioni, che in altri temi non si veri-
fichino; e segnatamente per la prerogativa che ha la Corona di liberamente
concluderli .

Escludendo la pretesa estensione non s' intende che variazioni territoriali


per altre cause e modi diversi si possano operare senza l' approvazione del
Parlamento. S'intende bensì che siano materia ordinaria di legge, e gene-
ralmente niuna disposizione è allegabile, in cui si possa dire prescritto che
la legge approvativa debba precisamente sempre succedere, e non possa
antecedere mai all'atto da approvarsi.
184 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

Ma neppure in tema di trattati è poi vero che dallo Statuto sia pre-
scritta normalmente la necessaria posteriorità dell' approvazioue parlamentare
alla convenzione loro. Di ciò lo Statuto non parla minimamente. Dice sol-
tanto che i trattati portanti variazioni di territorio non debbano avere ef-
fetto se non dopo che siano dal Parlamento approvati ; prescrive insomma
che l'approvazione parlamentare debba all' effettuazione del trattato antece-
dere. Ed evidente si è che per l'osservanza di quest' unica prescrizio-
ne è indifferente che anteceda o succeda alla convenzione e conclusione;
poichè, anche antecedendo alla convenzione, certissimo è che all'effettua-
zione pure antecede.
Contro quest' aperta chiarezza niente varrebbe lo addurre come incon-
veniente possibile che l'atto anticipatamente approvato non segua, e che
rimanga vana la legge. È questo un pericolo, anco generalmente par-
lando, poco temibile ; meno che mai nel caso presente.
Generalmente parlando è credibile che la legge non si proponga se non
per atti che abbiano sufficiente probabilità di successo. Nel caso presente
poi è ben difficile dubitare che, chiamati od ammessi a libera votazione i
popoli delle provincie nuovamente affrancate non siano per seguire l'e-
sempio che tutti gl' Italiani concordemente finora hanno dato, e come gli
altri votare l'annessione. Farebbe ingiuria al patriottismo loro, o alla
bontà della causa comune , il dubitarne. Del resto se anche vi fosse
caso che in questo voto non convenissero tutti, all' utilità della legge ba-
sterebbe pure che alcune soltanto votassero così, ed in ogni ipotesi, il pe-
ricolo del supposto inconveniente sarebbe un male immensamente minore
del rischio che si correrebbe prolungando senza necessità la durata di un
provvisorio, i cui pericoli non v'ha chi non vegga e non senta, e, messi
già in viva luce dalla relazione del ministro, non hanno bisogno di ulteriore
dimostrazione...

Risultato della votazione, alla Camera dei Deputati, avvenuta


1'11 Ottobre 1860 :
Presenti e votanti 296. - Maggioranza 149.
Voti favorevoli 290. Voti contrari 6.
Risultato della votazione in Senato, il 16 Ottobre 1860 :
Votanti 96. -

Voti favorevoli 84. -

Voti contrari 12.


ARTICOLO II . APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 185

L'importanza e solennità della legge proposta all' approva-


zione del Parlamento, compendiando in sè i più grandi interessi che
siansi dibattuti in assemblea politica, ci fanno riportare le relazioni
e votazioni avvenute in Senato ed alla Camera dei Deputati sul
progetto di legge per cui S. M. Vittorio Emanuele II assume il
titolo di Re d' Italia .

Presidente del Consiglio dei Ministri. Presento d'ordine di S. M. uno


schema di legge. Stante l' importanza dell' argomento, e la brevità della re-
lazione prego il Senato a volermi concedere di dare lettura della medesima.
Signori Senatori.
I meravigliosi eventi dell'ultimo biennio hanno con insperata prosperità
di successi, riunite in un solo Stato quasi tutte le sparse membra della na-
zione. Alla varietà dei principati fra sè diversi e troppo sovente infra di
sè pugnanti per disformità d'intendimenti e consigli politici è finalmente
succeduta l'unità di governo, fondata sulla salda base della Monarchia na-
zionale. Il Regno d'Italia è oggi un fatto ; questo fatto dobbiamo affer-
marlo in cospetto dei popoli italiani e dell'Europa.
Per ordine di S. M. e sul concorde avviso del Consiglio dei Ministri,
ho quindi l'onore di presentare al Senato il qui unito disegno di legge per
cui il Re, nostro Augusto Signore, assume per sè e i successori suoi il titolo di
Re d'Italia. Fedele interprete della volontà nazionale, già in mille modi
manifestata, il Parlamento nel giorno solenne della seduta reale, coll'entu-
siasmo della riconoscenza e dell'affetto acclamava Vittorio Emanuele II
Re d' Italia.

Il Senato sarà lieto di dare per il primo sollecita sanzione al voto di


tutti gl'Italiani, e di salutare col nuovo titolo la nobile Dinastia, che nata
in Italia, illustre per otto secoli di gloria e di virtù, fu dalla Provvidenza
Divina serbata a vendicare le sventure, a sanare le ferite, a chiudere l'era
delle divisioni italiane .

Col vostro voto, o Signori, voi ponete fine ai ricordi dei provinciali ri-
volgimenti, e scrivete le prime pagine di una nuova storia nazionale.

PROGETTO DI LEGGE .

ARTICOLO UNICO. Il Re Vittorio Emmanuele II assume per sè e suoi


successori il titolo di Re d'Italia.
186 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

L'ufficio centrale del Senato, adottando in termini identici


l'accennato articolo, propose l'aggiunta di un secondo articolo in
questi termini :

ART. 2. Gli atti del Governo, ed ogni altro atto che debba essere in-
titolato in nome del Re, sarà intestato colla formula seguente :

(Il nome del Re)


Per Provvidenza Divina, per volontà della Nazione
Re d' Italia.

A tale proposta fecero le seguenti osservazioni il Ministro


di Grazia e Giustizia ed il Presidente del Consiglio dei Ministri :

Ministro di Grazia e Giustizia. Il Governo del Re riconosce giustissimo


ed apprezza in tutta la sua pienezza e verità la formula che costituisce l'og-
getto dell' emendamento proposto.
La Provvidenza di Dio siccome guida ogni opera di quaggiù, così an-
cora visibilmente accompagna questa grande aspirazione che, nutrita da se-
coli nel petto degl' Italiani, riuscì alla costituzione della Nazione italiana
sotto il migliore dei Re.
Come il voto della Nazione consacra questo memorando fatto, non è
mestieri il dirlo: egli è nella coscienza di tutti; ogni anima italiana lo
sente, ogni labbro italiano lo esprime.
Sono dunque queste verità così solenni, così sentite direi, che non pare
necessario siano dichiarate per legge. Ma importa che questo memorando
fatto o per valermi delle parole cosi degnamente espresse nella relazione,
importa che il principio giuridico della novella Monarchia sia ognora pre-
sente al popolo italiano e congiunto al nome del suo Re. Sta bene adunque
che negli atti del Governo sia questo gran fatto rammentato, incluso. Esso
sarà un tributo di riconoscenza all'Ente Supremo: esso sarà ricordo ai po-
steri della virtù dei loro padri. Quindi crederebbe il Governo che la for-
mula, degna per se stessa e che esso accetterebbe, se cosi piace al Senato,
possa trovare migliore sede o nelle disposizioni preliminari del Codice ci-
vile, dove si tratti delle forme della promulgazione degli atti del Governo,
od in altra legge apposita e speciale.
Per queste considerazioni, dichiarando pur sempre che il Governo del
Re, come ne accetta e ne apprezza il concetto, così ancora accetta l'arti
ARTICOLO II . APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 187

colo di legge che lo esprime; propongo alla saviezza vostra, o signori, di


considerare se non sarebbe più opportuno di farne l'oggetto, o delle di-
sposizioni preliminari del Codice civile, o di apposita legge speciale.
Questo sarebbe l'avviso del Governo, questa la dichiarazione che io
ne fo a suo nome.

Presidente del Consiglio dei Ministri . L' ufficio centrale e il ministro si


sono posti d'accordo pienamente, intorno all'aggiunta che si era proposta;
aggiunta ottima in sè e che certamente avrebbe raccolto il voto unanime
del Senato se fosse presentata in circostanza più opportuna. L'onorevole
mio collega ha gia dichiarato a questo riguardo l'intenzione del Governo,
di proporre all' approvazione del Parlamento quanto forma argomento del-
l'aggiunta, sia all' occasione delle modificazioni al codice civile, sia anche
quando così venga riputato opportuno, per mezzo di legge speciale; giacchè
o Signori, sta a cuore al Ministero, quanto all' ufficio vostro d'introdurre
negli atti nostri giuridici nuova formula, che proclami altamente i nuovi
principii sui quali riposar deve il nostro sociale edificio.

L'onorevole Senatore (Pareto) manifestava rincrescimento che questo


progetto, cui si dichiarava pronto a dare voto favorevole non fosse sorto
dell'iniziativa parlamentare.
Io intendo il sentimento generoso che moveva l'onorevole Senatore a
fare quest'osservazione ; io intendo come chi consacrò tutta la sua vita alla
grande causa d'Italia, sentisse vivo desiderio di trovarsi fra gl'iniziatori
dell' atto che deve in certo modo coronarla ; tuttavia considerando la que-
stione dal lato politico, io credo che il Senato riputerà esser più conve-
niente che l'iniziativa sia stata presa dal Governo.
Difatti , o Signori, se i voti dei popoli potessero essere dubbi, se qualche
incertezza potesse regnare intorno al desiderio dell'immensa maggioranza
dei cittadini del nuovo regno, intorno al titolo che deve assumere il loro
Re, io capirei che il Governo avesse sentito scrupolo a farsi iniziatore di
una così grave proposta. Ma può essere dubbio intorno a questi voti ? in-
torno a questi desideri ?
I popoli d'Italia da Palermo a Milano non hanno essi tutti salutato
Vittorio Emanuele II come Re d'Italia ?

E qui, o Signori, mi sia permesso una brevissima digressione nel campo


della politica.
188 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

Vi sono due sistemi che un Governo illuminato, liberale desideroso di


rimanere in armonia col popolo, può seguire : o aspettare che l'opinione
pubblica si manifesti e che dopo essersi manifestata eserciti sopra il Go-
verno una certa pressione per ispingerlo più in un senso che in un altro,
per mostrargli la via che ha da seguire ; oppure cercare d'indovinare gl'i-
stinti della Nazione, determinare quali siano i veri suoi bisogni, ed in
certo modo, spingere lui stesso ; essere, in una parola, o rimorchiato ov-
vero rimorchiatore .

1 due sistemi possono essere opportuni nelle diverse circostanze.


Io non istituirò paragoni tra l'uno e l'altro, non ne discuterò i meriti
rispettivi : dirò solo al Senato che dacchè ho l'onore di far parte dei Con-
sigli della Corona, ho sempre creduto dover seguire il secondo; e mi pare
che gli eventi abbiano dato ragione a questa mia scelta.
Mi rimane a rispondere alla seconda ed ultima osservazione dell'ono-
revole Senatore Pareto.

Egli lo ripeto senza combattere il progetto di legge, senza proporre modi-


ficazioni , senza volere turbare l'unanimità del Senato, manifestò il desiderio
che al titolo di Re d'Italia fosse stato sostituito quello di Re degli Italiani.
Il vero argomento che si può far valer per dare la preferenza al titolo
di Re degli Italiani su quello di Re d' Italia si è che si crede vedere in
queste parole Re d' Italia un non so che di antico e di feudale.
Ma, o Signori, io penso che questo sia un grandissimo errore .
Nel sistema costituzionale il sovrano è quello che concentra e riassume
la grande idea nazionale, e questa idea si esprime molto meglio col titolo
di Re degli individui che la compongono.
E difatti, o signori, i popoli più liberi della terra hanno essi ideato ed
imitato questo modo di dire ?
No, o Signori. In Inghilterra vediamo che, a malgrado delle varie rivo-
luzioni che si sono succedute, i sovrani hanno sempre conservato il titolo
di sovrani del Regno unito.
Ma mi si dirà, l' Inghilterra è il paese delle tradizioni feudali, dove ac-
canto all'applicazione delle più larghe massime di libertà, si vedono conser-
vate istituzioni molto antiquate.
Ebbene, o signori, io traverserò l'Atlantico e andrò in America, e vi
dirò che il Presidente degli Stati Uniti non ha assunto il titolo di Presi-
dente degli Americani ma quello di Presidente degli Stati Uniti, magistrato
che rappresenta l'intera nazione.
ARTICOLO II. - APPENDICE ATTI PARLAMENTARI. 189

Dunque questo esempio deve rassicurare interamente l'onorevole Sena-


tore Pareto, che il Re Vittorio Emanuele, assumendo il titolo di Re d' Italia
non rimane perciò nessuna macchia di fendalismo alia sua corona.
Ma, o Signori , se il titolo di Re d' Italia non può essere imputato di
feudalismo a confronto del titolo di Re degli Italiani, esistono ben altri e
più gravi motivi perchè diasi la preferenza al titolo di Re d'Italia.
Perchè il titolo di Re d' Italia eccita cotanto entusiasmo nella nazione ?

Perchè esso ha la virtù di eccitare gli animi vostri, e di farvi prorom-


pere in applausi, quando ve ne proponiamo l'adozione ? Perchè esso è la
consecrazione di un fatto immenso ; è la consecrazione del fatto della co-
stituzione dell'Italia, è la trasformazione di questa contrada, la cui esistenza
come corpo politico era insolentemente negata, e lo era, conviene pure
dirlo, da quasi tutti gli uomini politici dell' Europa, la trasformazione di
questo corpo potrei dire disprezzato, non curato, in Regno d' Italia.
È questa idea della formazione di questo Regno ; della costituzione di
questo popolo ; è questa idea che viene meravigliosamente espressa, affer-
mata colla proclamazione di Vittorio Emanuele II a Re d'Italia.
Io mi lusingo che l'onorevole Senatore Pareto, cui tanto sta a cuore
quest'idea nazionale, ed ha pure lavorato per tutta la sua vita onde venisse
attuata, si troverà pago di queste mie osservazioni, e che non solo darà un
voto per condiscendenza, e per non turbare l'armonia, ma darà un voto
plaudente al presente progetto di legge, il quale spero, non incontrerà nes-
sun contradditore in questo illuminato e patriottico Consesso.
1

Alla Camera dei Deputati l'onor. Giorgini eprimeva gl'intendi-


menti della Commissione nei seguenti termini :

Giorgini . (relatore) « Signori, la Commissione incaricata di riferire


sul progetto di legge per cui il Re Vittorio Emanuele II assume il titolo
di Re d'Italia, ha bisogno appena di avvertire come questa legge, tanto
per il suo oggetto quanto per la sua importanza, non abbia nulla di co-
mune con quelle sulle quali siamo d'ordinario chiamati a deliberare. Dal
punto di vista costituzionale ella potrebbe credersi forse anche superflua.
I titoli del Re Vittorio Emanuele II alla corona d'Italia sono scritti in

dodici anni di prodezza, di fede, di costanza. Questi titoli furono ricono-


sciuti da migliaia di volontari riuniti intorno al glorioso vessillo che egli
aveva raccolto dalla polvere di Novara per innalzarlo al sole di Palestro e
190 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

di San Martino, riconosciuti dalle cento città, che sotto gli occhi stessi dei
loro tremanti oppressori piantavano sulla loro terra questo glorioso ves-
sillo; riconosciuti, validati, sanciti dal suffragio unanime della nazione. Il
diritto di Vittorio Emanuele II al Regno d' Italia emana dunque dal po-
tere costituente della nazione, egli vi regna in virtù di quegli stessi plebi-
sciti ai quali si deve la formazione del Regno d' Italia.
Il voto che il Governo ci chiede non è dunque un atto nuovo desti-
nato a produrre tale o tale altro effetto giuridico ; è la ripetizione o per
meglio dire il riassunto finale, il compendio magnifico di tutti gli atti,
mediante i quali il popolo italiano ha in tanti modi ed in tante occasioni
manifestata la sua volontà; è per dirlo colla parola della relazione che
precede il progetto di legge, un' affermazione solenne del diritto nazionale,
un grido d'entusiasmo convertito in legge.
Ma la significazione e il valore morale del voto non dispensavano la
Camera dall' obbligo di considerare le pratiche conseguenze, che per av-
ventura avrebbero potuto derivarne .
Parve anzi alla maggioranza degli uffizi che, se questo grido d'entusia-
smo dovesse essere nel tempo stesso la formula ufficiale per l' intestazione
degli atti, questa formola non avrebbe in tutto corrisposto all'essenza vera
della monarchia rinnovellata dal suffragio universale.
Ora un tale scopo al quale mirava la maggioranza, poteva essere conse-
guito col provvedere per mezzo di una legge speciale e successiva.
Gli uffizi non ostarono a pronunziarsi per questo partito.
Prima di tutto doveva considerarsi che la legge, nella forma sotto la
quale era stata proposta, aveva già ottenuto l'approvazione del Senato.
Emendata da noi, avrebbe dovuto essere di nuovo sottoposta alle delibera-
zioni di quell'assemblea. Sarebbe stato doloroso che un atto politico di
tanta importanza, aspettato con una impazienza così viva e così confidente
dall'intera nazione si trovasse ritardato. Ma il partito scelto ha inoltre il
vantaggio di separare appunto le questioni secondarie, sulle quali si possono
avere opinioni diverse dal grande atto politico, la grandezza e l'efficaccia
del quale starebbe tutta nella prontezza e nella unanimità dei suffragi.
Ritenuto adunque che non dovesse più a lungo differirsi nè subordinarsi
a tutti gl'incidenti di una questione parlamentare il primo e solenne atto
col quale l'Italia vuole affermare se stessa al cospetto del mondo, la vo-
stra Commissione non aveva che a proporvi, da una parte, l'approvazione
pura e semplice della legge colla quale il Re Vittorio Emanuele II as-
ARTICOLO II. -

APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 191

sume il titolo di Re d'Italia, e assicurarsi dall'altra, che il suo Governo


ci avrebbe, senza indugio, presentata la proposta di legge, diretta a met-
tere negli atti pubblici l'intitolazione del Re in armonia col diritto pubblico
del regno.
E sebbene l'impegno formale preso dal Governo del Re nella discus-
sione di questa medesima legge che ebbe luogo in Senato bastasse ad esclu-
dere ogni dubbio a questo riguardo, tuttavia la Commissione desiderò in-
terpellare il presidente del Consiglio, che recatosi nel suo seno, confermò
e ripetè le dichiarazioni già fatte nell'altra Camera dal suo collega il mi-
nistro della giustizia ; aggiungendo di più, come il solo motivo che aveva
finora trattenuto il Governo di presentare la proposta di legge sull' inte-
stazione degli atti pubblici, fosse stato un sentimento di rispetto verso la
Camera elettiva, che non si è anche pronunziata su questa prima legge,
dalla quale quella seconda non sarebbe che la conseguenza ed il compi-
mento .

Le questioni che furono sollevate negli uffici in ordine alle intestazioni


degli atti pubblici sono per tal modo riservate alla discussione che avrà
luogo quando ci sia presentata la legge relativa.
Il voto che oggi ci si chiede conserva dunque il carattere puramente
nazionale che il Governo ha voluto dargli, e la Commissione unanime con-
fida che sarà veramente un grido d'entusiasmo convertito in legge.
Ci sono delle oasi nei deserti della storia; ci sono nella vita delle na-
zioni dei momenti solenni che potrebbero chiamarsi la poesia della storia
momenti di trionfo e di ebbrezza, nei quali l'anima assorta nel presente,
si chiude ai rammarichi del passato, come alle preoccupazioni dell' av-
venire.

Noi traversiamo una di quelle oasi ; noi siamo in uno di quei momenti ;
e come mai in tale momento si sarebbe invano fatto appello all'entusiasmo
della Camera ? Come mai il nostro voto non sarebbe oggi immediato ed
unanime ? Quale tra i sentimenti che ci animano potrebbe essere più forte
di quello che ci riunisce tutti l'amore d' Italia ?
Rendiamoci una volta giustizia ! quanti qui convenuti dalle varie parti
d' Italia sediamo su questi scanni :
si ripieni
Che poca gente omai vi si desia,
quanti sediamo sui banchi di questa Camera tutti abbiamo diversamente
lavorato per la medesima causa; tutti abbiamo portato la nostra pietra al
190 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.
di San Martino, riconosciuti dalle cento città, che sotto gli occhi stessi dei
loro tremanti oppressori piantavano sulla loro terra questo glorioso ves-
sillo; riconosciuti, validati, sanciti dal suffragio unanime della nazione. Il
diritto di Vittorio Emanuele II al Regno d' Italia emana dunque dal po-
tere costituente della nazione, egli vi regna in virtù di quegli stessi plebi-
sciti ai quali si deve la formazione del Regno d' Italia .
Il voto che il Governo ci chiede non è dunque un atto nuovo desti-
nato a produrre tale o tale altro effetto giuridico; è la ripetizione o per
meglio dire il riassunto finale, il compendio magnifico di tutti gli atti,
mediante i quali il popolo italiano ha in tanti modi ed in tante occasioni
manifestata la sua volontà ; è per dirlo colla parola della relazione che
precede il progetto di legge, un' affermazione solenne del diritto nazionale,
un grido d'entusiasmo convertito in legge.
Ma la significazione e il valore morale del voto non dispensavano la
Camera dall' obbligo di considerare le pratiche conseguenze, che per av-
ventura avrebbero potuto derivarne.
Parve anzi alla maggioranza degli uffizi che, se questo grido d'entusia-
smo dovesse essere nel tempo stesso la formula ufficiale per l' intestazione
degli atti, questa formola non avrebbe in tutto corrisposto all'essenza vera
della monarchia rinnovellata dal suffragio universale.
Ora un tale scopo al quale mirava la maggioranza, poteva essere conse-
guito col provvedere per mezzo di una legge speciale e successiva.
Gli uffizi non ostarono a pronunziarsi per questo partito.
Prima di tutto doveva considerarsi che la legge, nella forma sotto la
quale era stata proposta, aveva già ottenuto l'approvazione del Senato.
Emendata da noi, avrebbe dovuto essere di nuovo sottoposta alle delibera-
zioni di quell'assemblea. Sarebbe stato doloroso che un atto politico di
tanta importanza, aspettato con una impazienza così viva e così confidente
dall'intera nazione si trovasse ritardato. Ma il partito scelto ha inoltre il
vantaggio di separare appunto le questioni secondarie, sulle quali si possono
avere opinioni diverse dal grande atto politico, la grandezza e l'efficaccia
del quale starebbe tutta nella prontezza e nella unanimità dei suffragi.
Ritenuto adunque che non dovesse più a lungo differirsi nè subordinarsi
a tutti gl'incidenti di una questione parlamentare il primo e solenne atto
col quale l'Italia vuole affermare se stessa al cospetto del mondo, la vo-
stra Commissione non aveva che a proporvi, da una parte, l'approvazione
pura e semplice della legge colla quale il Re Vittorio Emanuele II as-
ARTICOLO II . APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 191

sume il titolo di Re d'Italia, e assicurarsi dall'altra, che il suo Governo


ci avrebbe, senza indugio, presentata la proposta di legge, diretta a met-
tere negli atti pubblici l'intitolazione del Re in armonia col diritto pubblico
del regno.
E sebbene l'impegno formale preso dal Governo del Re nella discus-
sione di questa medesima legge che ebbe luogo in Senato bastasse ad esclu-
dere ogni dubbio a questo riguardo, tuttavia la Commissione desiderò in-
terpellare il presidente del Consiglio, che recatosi nel suo seno, confermò
e ripetè le dichiarazioni già fatte nell'altra Camera dal suo collega il mi-
nistro della giustizia ; aggiungendo di più, come il solo motivo che aveva
finora trattenuto il Governo di presentare la proposta di legge sull' inte-
stazione degli atti pubblici, fosse stato un sentimento di rispetto verso la
Camera elettiva, che non si è anche pronunziata su questa prima legge,
dalla quale quella seconda non sarebbe che la conseguenza ed il compi-
mento .

Le questioni che furono sollevate negli uffici in ordine alle intestazioni


degli atti pubblici sono per tal modo riservate alla discussione che avrà
luogo quando ci sia presentata la legge relativa .
Il voto che oggi ci si chiede conserva dunque il carattere puramente
nazionale che il Governo ha voluto dargli, e la Commissione unanime con-
fida che sarà veramente un grido d'entusiasmo convertito in legge.
Ci sono delle oasi nei deserti della storia ; ci sono nella vita delle na-
zioni dei momenti solenni che potrebbero chiamarsi la poesia della storia
momenti di trionfo e di ebbrezza, nei quali l'anima assorta nel presente,
si chiude ai rammarichi del passato, come alle preoccupazioni dell' av-
venire.

Noi traversiamo una di quelle oasi ; noi siamo in uno di quei momenti ;
e come mai in tale momento si sarebbe invano fatto appello all'entusiasmo
della Camera ? Come mai il nostro voto non sarebbe oggi immediato ed
unanime ? Quale tra i sentimenti che ci animano potrebbe essere più forte
di quello che ci riunisce tutti l'amore d' Italia ?
Rendiamoci una volta giustizia ! quanti qui convenuti dalle varie parti
d' Italia sediamo su questi scanni :
si ripieni
Che poca gente omai vi si desia,
quanti sediamo sui banchi di questa Camera tutti abbiamo diversamente
lavorato per la medesima causa; tutti abbiamo portato la nostra pietra al
192 LO STATUTO DEL REGNO, ΑΝΝΟΤΑΤΟ.

grande edificio, sotto il quale riposeranno le future generazioni. Qui i vo-


lontari di Calatafimi potrebbero mostrarci sul petto le gloriose cicatrici; qui
i prigionieri di Sant' Elmo intorno ai polsi, il callo delle pesanti catene; qui
colla canizia, colle rughe precoci, oratori, scrittori, apostoli di quella fede
che fece i soldati ed i martiri; qui i generali che vinsero le nostre batta-
glie; qui gli uomini di Stato che governarono le nostre politiche; di qui
parta unanime adunque quel grido di entusiasmo ! qui finalmente l' aspettata
fra le nazioni si levi e dica : Io sono l
' Italia!

Il progetto fu adottato, al Senato, coi voti seguenti:


Votanti 131. -

Favorevoli 129. Contrari 2.

alla Camera dei Deputati:


Presenti e votanti 294. -Maggioranza 148. - Voti favorevoli 292.
Deposti per errore in urne non corrispondenti al colore della palla, 2.

II 16 Maggio 1867 la Camera dei Deputati approvava il De-


creto 4 Novembre 1866 n.° 3300, senza alcuna discussione, e colla
seguente votazione :
Presenti e votanti 211. Maggioranza 106.
Voti favorevoli 207. Voti contrari 4.
Al Senato il detto Decreto fu approvato il 25 Maggio 1867
con la seguente votazione :
Votanti84. Favorevoli 83. Contrario 1.

Per legravi questioni suscitate dal fatto dell' annessione di Roma


al Regno d' Italia, è utile riportare un discorso dell' onore-
vole Ministro per gli affari esteri, pronunciato alla Camera dei
Deputati, nel quale sono manifesti gliatendimenti del Governo
in ordine all'annessione delle Provincie romane.

Ministro per gli affari esteri. Io non comprendo signori, come si discuta
se la questione romana sia una questione nazionale od una questione in

(V. Rend: ace: Discuss: del Senato. Sessione 1861-62 - Tornata del 26 Feb-
braio 1861. Camera dei Dep Sessione del 1861 Tornata 14 Marzo 1861 -)
ARTICOLO II . APPENDICE ATTI PARLAMENTARI. 193

ternazionale. Essa è, per qualche cosa che val meglio di una teorica arbi-
traria, per la forza stessa delle cose e per gli elementi distinti e diversi
che la costituiscono una questione nazionale, e, sotto altri rapporti, una
questione internazionale. È una questione nazionale perché l' Italia non può
ammettere che Roma sia una manomorta della cattolicità, è una questione
nazionale per quanto concerne il diritto dei Romani di disporre delle loro
sorti, il diritto dell' Italia d'integrare l'unità del proprio territorio e della
propria politica. È una questione internazionale perchè non si può disconoscere
il carattere universale del Papato nell' esercizio delle sue funzioni religiose,
riguardo ai cattolici del mondo intero, e l'interesse di tutti i Governi
aventi popolazioni cattoliche che la S. Sede non diventi suddita e soggetta
alla particolare sovranità di uno Stato.
Negare questa verità è negare la questione romana medesima ; ma o
signori, se per risolvere una quistione bastasse il negarla, non sarebbe più
possibile al mondo che il regno della violenza e della forza.
Ciò dipende, o signori, dal particolare carattere che è proprio all' orga-
nizzazione del cattolicismo, carattere sostanzialmente diverso da quello delle
altre religioni.
Il Pontefice non é solo il capo spirituale dei cattolici italiani ; esso rap-
presenta la suprema autorità religiosa che esercita una giurisdizione sulle
società cattoliche le quali fanno parte del Diritto Pubblico di altri Stati, e
come potere ecclesiastico, ha con questi Stati dei concordati e dei patti con
una forma internazionale, che regolano e riconoscono, nel tempo stesso
questa giurisdizione.
Non vi è forse alcuno in questa assemblea il quale, fra i diritti che il
Pontefice conserva, voglia negargli quello di avere presso di sè i rappre-
sentanti delle altre potenze per trattare con essi degli interessi religiosi di
questi Stati. Ora, signori, che forse si accorderebbe un simile privilegio
all' Arcivescovo di Firenze, oppure all' Arcivescovo di Torino, la cui auto-
rità non si estende oltre i confini del Regno, e che sono sudditi italiani ?
Riconoscere al Pontefice il diritto di rappresentanza diplomatica e negare
un carattere internazionale alla situazione giuridica del papato, come isti-
tuzione religiosa, mi sembra un' evidente contraddizione.
Per compiere, signori, un fatto di tanta gravità, per sciogliere con una
ardita iniziativa una delle più difficili questioni dei tempi moderni, una
questione che tocca agl'interessi ed alla credenza del mondo intero, senza
URTOLLER Lo Statuto ecc . 13
194 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

creare dinanzi a noi gli ostacoli d' immediate complicazioni o dar luogo a
proteste od a riserve che avrebbero avuto in sè il germe di complicazioni
future, ci era pur d'uopo rassicurare intorno alle nostre intenzioni i Go-
verni che si sentivano responsabili dinanzi alla viva sollecitudine delle po-
polazioni cattoliche.
Ora, signori, sarebbero state rassicuranti le nostre dichiarazioni, se noi
avessimo accampato la pretesa di essere noi i giudici soli ed esclusivi di
tutto, non solo di quello che riguardava il Diritto nazionale dell'Italia, ma
anche di quello che concerneva gl'interessi religiosi delle altre nazioni, vale
a dire l'indipendenza spirituale del Pontefice ?
Noi abbiamo detto ai Governi : questi interessi noi non vogliamo disco-
noscerli, e siamo pronti ad esaminare con voi le guarentigie che li possono
interamente assicurare nelle nuove condizioni fatte al Papato dalla caduta
del potere spirituale e dal Plebiscito.
Io sfido d'altronde, o signori, di trovare nei miei dispacci una parola
la quale pienamente non riserbi il Diritto nazionale e si riferisca ad altro
che all' indipendenza spirituale e religiosa del Pontefice.
Dirò di più, o signori ; quando si fosse trattato di una esplicita sanzione
internazionale sarebbe stato duopo fare una distinzione di cui alla Camera
non isfuggirà l'importanza. La legge che noi abbiamo presentata al Parla-
mento e che sarà presto discussa, contiene un doppio ordine di guarentigie.
Il primo si riferisce alla situazione giuridica del Pontificato, in faccia al-
l'Italia e alle sue libere comunicazioni col mondo cattolico. Il secondo
ordine di guarentigie concerne i rapporti della Chiesa e dello Stato d' Italia.
Questa seconda parte si può considerare in modo distinto e appartiene al
Diritto pubblico interno dello Stato.
Non spetta ad un patto internazionale il determinare se in Italia saranno
o non saranno aboliti gli exequatur, i placet e gli appelli per abuso, in che
modo saranno nominati i vescovi, e se loro sarà, o non sarà mantenuto
l'obbligo del giuramento.
Ma, signori , l'inviolabilità della persona del sommo Pontefice, le sue
immunità e le immunità per quelle istituzioni che dividono col papato il
suo carattere universale, le libere comunicazioni col mondo cattolico, il
Diritto di rappresentanza diplomatica e la stessa condizione economica fatta
alla S. Sede, corrispondono a quel carattere generale che sarebbe vano
disconoscere alla Sede pontificia, e credete voi che, vi sia o non vi sia
una sanzione ed un patto, gli Stati aventi sudditi cattolici non consi-
ARTICOLO 11. APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 195

derebbero che questa situazione costituisce per tutti un interesse inter-


nazionale?

Io credo, signori, checchè ne abbia detto l'onorevole Toscanelli, che in


questi termini la sanzione dell' Europa non avrebbe altro effetto che di
sgombrare questa quistione di una parte considerevole delle sue difficoltà,
voglio dire dalle sue difficoltà internazionali : non avrebbe altro effetto che
di consacrare, sotto questo aspetto, una soluzione definitiva e sicura di
rendere maggiore e non minore, la libertà della nostra politica estera, e di
ricondurre all'interno, per quanto riguarda alla questione romana, quel
sentimento di sicurezza e di pace di cui abbiamo grandemente bisogno ed
a cui il paese aspira coi suoi più vivi desideri.
Questo, o signori, è il programma col quale siamo andati a Roma, il
programma che dieci anni fa venne consacrato dai voti del Parlamento e
della Nazione.

L'onorevole deputato Ferrari non l'accetta .


Signori, questo programma è complesso. Esso dice abolizione del potere
temporale; Roma riunita all' Italia, capitale d' Italia ; il Pontefice indipen-
dente; la Chiesa libera. Noi non possiamo o Signori, scindere questo pro-
gramma senza rinunziare a tutta la tradizione della nostra politica.
Sarà un titolo di onore per la politica italiana, che, trovandosi innanzi
ad una politica che tocca i sentimenti morali e le coscienze religiose, abbia
mostrato per esse un sincero rispetto ed abbia cercato di associare in un'
equa ed imparziale soluzione, insieme coi propri interessi, tutti gli altri
legittimi interessi che era duopo assicurare e guarentire.
Io pure, o Signori, e sono lieto di associarmi in questo alle eloquenti
parole deli' onorevole Carutti, io pure non comprendo quell' orgoglio che
consiste nel non tenere conto delle altrui convinzioni e degli altrui diritti,
che non conosce che la forza, che non si arresta che dinanzi alla forza.
Sarà la politica della conquista ma non quella della libertà e della civiltà.
Credo anzi che vi è un orgoglio più alto e più vero nell' essere giusti ed
equi, e nel cercare con questo criterio quei risultati che, non essendo il
frutto delia forza, non richiedono, per essere mantenuti, l'uso costante
della forza .
Abbiamo detto in nome del nostro Diritto nazionale al mondo cattolico :
il potere temporale non assicura l'indipendenza del pontefice poiche questo
potere temporale non ha mai potuto reggersi senza porsi sotto il protteto-
rato militare dell' una e dell'altra potenza; il potere temporale non è ne
196 LO STATUTO DEL REGNO , ANNOTATO .

cessario all' indipendenza religiosa perchè è impossibile sostenere che la


religione del vangelo richiegga il cieco sacrifizio di un popolo.
Abbiamo detto : noi non vi riconosciamo il diritto d'imporre ai Romani
un Governo che nessuno fra voi accetterebbe in casa sua, e di contendere
Roma all' Italia. Ma nello stesso tempo abbiamo detto : noi riconosciamo
altamente che il Pontefice deve essere indipendente da ogni umana sovranità,
e che, unita Roma, l'autorità civile non deve estendere la sua mano sul
dominio delle cose spirituali. Invece di una guarentigia fattasi inadeguata
e compromettente per la religione, noi vi convinceremo, colle nostre dichia-
razioni dapprima, colla fedeltà a queste dichiarazioni dappoi, che vi sono
altre guarentigie più sicure, più vere, più conformi all'interesse religioso
che non le sterili lotte del potere temporale. Noi non dividiamo i nostri
diritti dai vostri, i nostri legittimi interessi dai vostri legittimi interessi e
cerchiamo la soluzione definitiva e duratura nella conciliazione di tutto ciò

che è giusto e che è vero.


Questo programma l'abbiamo mantenuto nella sua integrità e l'onorevole
deputato Ferrari ce ne biasima vivamente. Al momento in cui stavano per
compiersi i voti dell' Italia, abbiamo creduto che fosse e un debito di cuore
ed un atto di buona politica il mostrare che rimanevamo fedeli alle promesse
fatte solennemente in faccia all' Europa, quando tanti ostacoli ci dividevano
ancora da Roma.

Lasciate, signori, che vi ricordi quello che certamente è rimasto im-


presso nell' animo di molti fra noi: le parole che pronunziava il Conte di
Cavour al momento stesso in cui poneva arditamente dinanzi all' Italia e
all' Europa il programma di Roma. Egli riconosceva che molti cattolici
temevano che coll' unione di Roma all' Italia, il pontefice avrebbe perduto
nella sua dignità e nella sua indipendenza, e sarebbe diventato dipendente
dall' Italia, ed aggiungeva : se questi timori fossero fondati, se la caduta
del potere temporale dovesse avere tali conseguenze, io non esiterei a dire
che la riunione di Roma all' Italia sarebbe fatale, non solo al cattolicismo
ma anche all' Italia .

Io credo, signori, che il Conte di Cavour non ha mai dato una più
splendida prova del suo spirito profondamente liberale. Non poteva egli
credere che quella causa italiana della cui giustizia era così vivamente
convinto, potesse contrastare ad alcun interesse legittimo, ad alcun senti-
mento vero e rispettabile. Appunto perchè era liberale, aveva una profonda
deferenza per tutto quanto toccava al sentimento religioso. E nel tempo
ARTICOLO II. APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 197

stesso egli aveva un chiaro concetto del vero interesse dell' Italia perchè
quando si studiano da vicino le questioni, se ne vedono le solidarietà ed i
rapporti , e quando si tratta di soddisfare alle condizioni di un problema
morale, alcun interesse legittimo non può essere definitivamente assicurato
colla negazione e col sacrifizio di altri interessi legittimi.
L'onorevole Toscarelli e l'onorevole Ferrari mi hanno chiesto quale è
ora la situazione nostra negli affari di Roma, dal punto di vista interna-
zionale. Noi abbiamo occupato Roma ed il territorio romano, prevenendone
prima i Governi di Europa, senza che alcuno di essi abbia proceduto a
quegli atti che implicano un biasimo ed un' opposizione formale.
L' Europa, signori, ci lascia al sentimento della nostra responsabilità.
Essa ha fatto le sue riserve per quella parte della questione romana che
tocca agl'interessi religiosi degli Stati e delle popolazioni cattoliche ; e
osserva se noi sapremo mantenere le nostre promesse. Appunto, o signori,
perché noi siamo andati a Roma in una condizione di cose creata da un
concorso di eventi straordinari, è necessario di avere tanta maggiore cura
e tanta maggiore prudenza per assicurare in modo definitivo e pacifico il
resultato ottenuto. 1

Noi non possiamo nascondere che un partito solleva in tutta l'Europa


una poderosa agitazione contro di noi. Finchè questo partito rimane solo,
il pericolo non è grave, ed in ogni modo inevitabile. Ma esso mantiene
l'incertezza e solleva l'inquietudine nelle coscienze cattoliche e questo
stato di cose è certamente cagione di difficoltà anche pei Governi meglio
disposti per noi .
Questi Governi non ci nascondono, o signori le loro difficoltà ; non ci
nascondono che la loro attitudine dovrebbe modificarsi se gli atti nostri
non fossero conformi alle nostre parole; non ci nascondono che, ponendo
fede nella promessa da noi fatta, essi hanno assunto, in faccia alle popo-
lazioni cattoliche, una responsabilità alla quale intendono di non mancare.
Ora, o signcri, che lo scopo nazionale è raggiunto, un pensiero di pru-
denza e, nel tempo stesso, di giustizia deve porre per norma alla nostra
condotta di astenerci da tutti quegli atti che, senza una necessità assoluta
possono offendere i sentimenti cattolici, di astenerci da quegli atti che pos-
sono ingenerare il dubbio che realmente la libertà del pontefice sia me-
nomata .

Da noi, o signori (ne ho la profonda convinzione) dalla nostra condotta


dipenderà il porre un termine alla questione romana, con comune vantaggio
198 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

dell' Italia, del mondo cattolico e della religione, od il risollevarla, con


danno ed irreparabile.
L'onorevole Ferrari crede che non si possa assicurare la libertà al pa-
pato senza gettare l'Italia in preda alla reazione; ciò che l'Italia si pro-
pone di fare é, per esso, la negazione della libertà.
Ma, o signori, come può essere un'opera di reazione quel sistema della
separazione della Chiesa dallo Stato, in cui le menti più liberali del nostro
tempo hanno veduto la formola dei rapporti avvenire fra la società civile
e la società religiosa ?
Forse che noi proponiamo all' Italia di resuscitare qualche fatto, in cui
lo Stato dia alla Chiesa una situazione privilegiata, e la Chiesa per gl' in-
teressi dello Stato, comprometta la sua sanzione religiosa ? Forse che
proponiamo di resuscitare l'illusione neo-guelfa, e di fare dell'Italia una
piramide di cui il papato sia il vertice ?
No, signori, noi 'proponiamo di consacrare definitivamente la libertà di
coscienza separando la diversa e distinta competenza delle due autorità.
L'onorevole Ferrari, colla sua mente elevata ed imparziale non può disco-
noscere che l'attuale generazione d'Italia avrà una gloria e sarà quella di
avere fatta l'Italia con la libertà. È questo, o signori, l'onore del nostro
risorgimento nazionale, è la nostra ambizione di risolvere colla libertà quei
paurosi problemi della nostra storia, che assediano la mente dell' onore-
vole deputato Ferrari, il quale alle volte mi sembra diventare la vittima
della propria erudizione.
Quell' antagonismo delle città italiane, che tanto preoccupava l' onorevole
Ferrari come dunque l'abbiamo conciliato ? Colla piena libertà che regna
in questo recinto e con la libertà ancora noi vogliamo conciliare lo stori-
co antagonismo del papato con l'Italia.
Noi intendiamo applicare il principio di libertà a tutte le parti della so-
cietà civile e religiosa, quindi vogliamo applicarlo ai rapporti tra la Chiesa
e lo Stato.

Abolito il potere temporale, il papato si troverà in diretto contatto colla


società italiana.

Nè avverranno tutti i mali dei quali l'onorevole Ferrari ci minaccia. Il


papato si troverà in contatto con una società, nella quale se non vi è
una religione di Stato, non vi può essere nemmeno una irreligione di Stato.
Esso si troverà in contatto con una società, in mezzo alla quale, sotto
la salvaguardia della libertà moderna, l'autorità religiosa del cattolicismo
ARTICOLO II . APPENDICE ATTI PARLAMENTARI. 199

potrà svolgere tutte le forze morali, che sono in esso, in un campo che
noi vogliamo rispettato e sicuro, il campo della coscienza e della libera
adesione morale, e lo Stato non avrà altra cura che di assicurare a tutti
il comune diritto del rispetto e della libertà. Ecco in che modo la nostra
andata a Roma significherà giustizia, come vuole l'onorevole Ferrari.
E quando, o signori, noi avremo ciò fatto, forse che avremo stabilito
in Italia una sovranità a due teste come diceva l'onorevole deputato Fer-
rari ? Forse che avremo messo in Roma, come egli diceva, tutti gli ele-
menti d'anarchia dell' Italia del medio-evo ? No, o signori, noi avremo co-
stituita definitivamente la nazione, e nello stesso tempo avremo compiuta
un' impresa feconda di benefizi per il mondo intero, avremo consacrata un'
opera di pace e di armonia tra il sentimento religioso e le condizioni della
società moderna, avremo in Roma stessa inaugurata la formola sovrana
I

della libertà civile e della libertà religiosa.

Procedutosi alla votazione per iscrutinio segreto sul progetto di


legge che dava forza di legge al R. Decreto 9 ottobre 1870 n. 5993 (V.
in Appendice: Legislazione lettera p.) si ebbe il seguente risultato :
Presenti e votanti 259 Maggioranza 130 .
Voti favorevoli 239 Voti contrari 20 .

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell'interno


(Lanza) presentava al Senato, il 22 Dicembre 1870 il progetto di
legge per l'accettazione del Plebiscito delle Provincie romane, ac-
compagnandolo con le parole seguenti :

Signori ,
L'unione di Roma all' Italia libera non poteva altrimenti seguire che
con la soppressione di un principato, il quale ci opponeva la resistenza di
dodici secoli e che dell' indipendenza Pontificia pretendeva far scudo alla
propria conservazione. Ciò rendeva singolarmente ardua la quistione ro-
mana. E per riuscire a risolverla, non si richiedeva meno del simultaneo

1 (V. Rend: acc: Sessione del 1870-71 Discus . della Cam , dei Deputati. Tornata
del 21 Decembre 1870 ).
200 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

concorso di queste due condizioni : l' una, che l' Europa vedesse nel nostro inter-
vento una necessità del diritto della difesa nazionale ; l'altra, che non sì
potesse dubitar da nessuno del nostro inalterabile rispetto pel capo della
cattolicità.

L'adempimento della prima condizione fu straordinariamente secondato


dalle circostanze. La guerra che dura tuttavia, turbando, per un lato, l'e-
quilibrio europeo, fece allo Stato un obbligo urgente di compiersi ed ordi-
narsi stabilmente per essere preparato ad ogni futura eventualità; e, per
l'altro ridestando in Italia l'agitazione ed il desiderio infrenabile dell' ac-
clamata metropoli impose al Governo il dovere di non lasciarsi antivenire
dal movimento patriottico, e di non compromettere col soverchio indugio
il compimento della impresa nazionale.
La seconda condizione fu adempiuta dalle solenni parole, con le quali
il Re, confermando i ripetuti voti del Parlamemto, accettò l'unione espressa
con mirabile concordia ed esultanza delle popolazioni romane e dichiarò,
insieme, di rimaner fermo nel proposito di volere assicurate la libertà della
Chiesa e l' Indipendenza del Sommo Pontefice.
Il Reale Decreto col quale fu sanzionato il Plebiscito romano, già ebbe
l'approvazione dell'altra parte del Parlamento, ed ora si presenta ai suf-
fragii di questo eminente concorso.
Le basi con le quali fu dato forma ed esplicazione dal Governo del Re for-
mano oggetto d'altro schema di legge che vi sarà parimenti sottoposto, appena
compiuto l'esame e il giudizio che ne ha intrapreso la Camera dei Deputati.
E se non ci si mostra contraria l' Europa circa l'opportunità ed il mo-
do con che abbiamo risoluta la prima parte del gran problema entrando in
Roma, confidiamo nel Vostro efficace concorso per non fallire alla seconda
cercando di accordare la civiltà con la religione, l'integrità del Regno con
l'indipendenza del Pontefice e la libertà della Chiesa.

Alle osservazioni di alcuni Senatori sul progetto di legge per


l'accettazione del plebiscito delle provincie romane e di Roma,
così rispose il Ministro di Grazia e Giustizia :

Ministro di Grazia e Giustizia. Il Ministero è stato attaccato sia nella .


condotta tenuta per arrivare all'occupazione di Roma, e per venire al fatto
che forma il soggetto delle vostre deliberazioni, sia anche per avere osato
di accettare il Plebiscito, e così privare il Pontefice del dominio temporale.
ARTICOLO II . APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 201

La questione prima e suprema quindi, secondo me, è quella che si propo-


neva l'onorevole Senatore Mameli, se l'accettazione del Plebiscito, la ces-
sazione cioè del potere temporale sia un atto talmente ingiusto da doversi
da voi disapprovare. Egli è però vero che l'onorevole Senatore Mameli,
nel prendere una seconda volta la parola, accennava che non era poi te-
nero del potere temporale, e che piuttosto faceva una questione di modo
sulla cessazione, e di guarentigie da potersi dare per l'indipendenza e li-
bertà del Pontefice ; e io sono lieto di questa sua restrizione, come lo sono
stato della sua eloquente perorazione in sostegno del potere temporale, per-
chè il mondo cattolico conosca come questa tesi abbia anche qui avuto la
difesa di autorevoli parole, come la Rappresentanza nazionale risolva dopo
avere ben ponderato tutte le ragioni, e non cedendo ad un momento d'en-
tusiasmo, o come fu detto, ad un momento di debolezza del Governo
verso l'agitazione delle popolazioni .
Dissi, ne sono lieto, perchè sarà utile conoscere il vero sulle accuse
tutte che contro l'occupazione di Roma, e contro poi l' andamento della
cosa pubblica, sono state proclamate dai nostri nemici, con tutta la esage-
razione della passione.
Il rivenire sulla questione se la cessazione del potere temporale era una
necessità per l'Italia, dirò meglio una necessità per lo stesso sentimento
religioso, che tutti siamo interessati a mantenere e far rispettare, sarebbe
una discussione a mio avviso superflua dopo che per 10 anni non sola-
mente dagli scrittori e da quelli che la questione hanno trattata in una
maniera scientifica, ma da voi legislatori le mille volte si è ripetuto che
doveva cessare il potere temporale purchè si fosse nello stesso tempo as-
sicurata e guarentita la indipendenza e libertà del Pontefice.
Nè più conveniente mi sembra, o Signori, la discussione che si è impe-
gnata fra due valorosi atleti e compagni, l'onorevole Senatore Musio e l'o-
norevole Senatore Mameli sull' origine e sull'esercizio del potere temporale.
Il Senato ben comprende come, in questo momento in cui l'Italia, in forza
del suo diritto nazionale, e del diritto dei Romani, proclamando la cessa-
zione del potere temporale, si è ben anche impegnati, e con ragione, a
dare delle guarentigie al Sommo Ponteficie, onde porlo in condizioni tali
da potere adempiere con tutta libertà alla sua missione spirituale non solo
nei rapporti con gl' Italiani, ma bensì con tutto il mondo cattolico, sia da
evitare quanto possa eccitare le passioni.
E a questo eccitamento si anderebbe incontro col riandare sul passato
202 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

istorico di una istituzione che tanta influenza ha esercitato sui destini del-
l'Italia e dell'umanità, e la quale, per quanto spirituale ne sia la missione,
e sublime il suo scopo, pur non di meno ha dovuto sentire l'influenza
delle miserie umane e delle passioni degli uomini che la rappresentavano,
ha dovuto ben anche subire le vicissitudini della civiltà, dei vizi e delle
virtù della società, nella quale si esplicava e visse e per la quale eserci-
tava il suo potere. Lasciamo da canto, ve ne prego o Signori, lasciamo da
canto il riandare una storia che se talora offre sublimi esempi di virtù e
di eminenti servigi resi alla umanità, offre ben anco deplorevoli fatti : par-
liamo piuttosto dello stato attuale delle cose; vediamo quale è la sua situa-
zione, vediamo se veramente vi fosse necessità indispensabile del potere
temporale per l'esercizio dell'autorità spirituale; vediamo se nell'attuale
stato di civiltà e secondo il diritto pubblico si possa esigere e permettere
che si imponga ad una parte dei cittadini un potere che non sia quello da
loro scelto e che non corrisponda al diritto nazionale.
L'autorità del Sommo Pontefice, per quanto sia suprema nella gerarchia
ecclesiastica, se si guarda nel rapporto di ciò che è proprio al ministero
sacerdotale, per se stessa non ha bisogno d'altro, se non se di non essere
soggetta al potere civile nella sua missione d'insegnare ciò che bisogna
credere, e ciò che bisogna praticare, cioè la teologia dommatica e la teo-
logia morale. E però non ha bisogno della sovranità politica e territoriale,
perchè parla alla coscienza dello individuo, e la fede non s'impone : ha bi-
sogno soltanto della libertà.
La sovranità temporale non è stata difatti dalla Corte Pontificia, anche
negli ultimi tempi, richiesta come una condizione indispensabile per lo eser-
cizio del potere spirituale, ma piuttosto come una guarentigia delle sue li-
bertà e come tale si reclama dai cattolici stranieri, i quali temono, o mo-
strano di temere che, cessato il potere temporale, e restando il Sommo
Pontefice nel Regno Italiano, non possa più liberamente insegnare, ed eser-
citare il proprio ministero, ed invece possa essere influenzato dal Governo
Italiano.

Ma cos'è stato il potere temporale in questi ultimi tempi ?


Io ripeterei ciò che le mille volte si è detto se volessi oggi dimo-
strarvi colla storia come questo potere dall' ultimo secolo non ha vissuto
se non se sostenuto dall'appoggio e dall'influenza di estere Potenze ; se vo-
lessi ricordare ciò che ben conoscete ed è stato di già avvertito in que-
st'Aula cioè, come il potere temporale non faceva se non se assoggettare
ARTICOLO II . APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 203

il principio e l'esercizio della potestà spirituale, l'interesse della Chiesa


alle esigenze della politica, all'interesse del dominio temporale. Bisogna
invece assicurare al Sommo Pontefice una condizione tale per la quale i
Cattolici tutti, e specialmente gli esteri, possano essere certi che tutto ciò
che egli ordina nell'esercizio della sua potestà spirituale non solamente
non sia l'effetto della influenza del laicato, ma di più non possa neanco
esporlo ad essere molestato o colpito dall'effetto delle leggi civili. A que-
sto intese il Governo provvedere col Decreto per l'accettazione del Plebi-
scito, che oggi forma il progetto di legge sul quale siete chiamati a dare
il vostro voto .

Abbiamo ritenuto che non vi sia necessità del potere temporale, che
non vi sia necessità assoluta ed intrinseca, per l'esercizio del potere spiri-
tuale e dell'autorità suprema del Sommo Pontefice di essere egli una po-
tenza territoriale. Nello stesso tempo però, in ragione della sua condizione,
in ragione dell'autorità spirituale che egli esercita, e che si estende oltre
i confini del Regno, abbiamo ritenuto la necessità che egli fosse posto in
una condizione per la quale fosse escluso il timore di essere sotto l'in-
fluenza del Governo italiano e di essere egli responsabile verso il Governo
medesimo degli atti che come autorità spirituale egli farebbe.
Questo era il concetto che determinava il Governo ad aggiungere, nel-
l'accettazione del Plebiscito, due articoli, per i quali alcuno ci moveva cri-
tica. Il Decreto contiene un' accettazione pura, ma con dichiarazione di ciò
che vuol farsi nello stesso tempo in favore del Sommo Pontefice.
Non vi sono condizioni nello stretto senso giuridico della parola ; ma
il Governo volendo soddisfare agl'interessi di tutti i cattolici, dovendo u-
sare loro quei riguardi che impone il diritto internazionale, era in obbligo
nello stesso tempo che proclamava la cessazione del potere temporale, di
riconoscere e dichiarare quali erano le guarentigie che intendevasi dare al
Sommo Pontefice per assicurare la sua indipendenza nello esercizio del po-
tere spirituale. A questo mira l'articolo secondo in una maniera determi-
nando la posizione che si faceva al Pontefice; e si promette con l'articolo
terzo sviluppare le conseguenze del principio formulato nell' articolo secondo
e dare quelle altre guarentigie che siano necessarie ad assicurare la indi-
pendenza del Sommo Pontefice , ed il libero esercizio dell'Autorità spiri-
tuale della S. Sede.

Si è detto che le date guarentigie non sono sufficienti per la indipendenza e


la libertà del Sommo Pontefice perchè dipendono dalla legge da farsi.
204 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

Ma il principio dell' indipendenza personale del Sommo Pontefice è


scritto nell'articolo 2º ; là voi trovate sanzionato che il Sommo Pontefice
è sottratto all' autorità delle leggi nostre nell'esercizio del suo potere spi-
rituale ; la sua inviolabilità, le sue prerogative di Sovrano lo mettono in
condizione di potere, in qualunque tempo e modo, di potere liberamente i-
struire, predicare, parlare ai fedeli senza timore di essere colpito dalle leggi
nè dalle Autorità del Regno. La legge, cui rimanda l'articolo 2º del Decreto non
potrà fare che la esplicazione di questi principii, e determinare i modi,
come codesta sua inviolabilità si sviluppi e si esplichi in tutti i modi per
assicurare l'indipendenza e la libertà del suo potere spirituale.
Si è altresì obbiettato che tutte queste leggi, tutte queste guarentigie che
noi promettiamo non possono rassicurare i cattolici perchè, si dice, voi
non avete rispettato, non rispettate i Concordati e non rispetterete neanco
una legge che oggi fate per poi disfarla domani .
Sentii con pena ripetere questo rimprovero, perchè, o Signori, lo ritengo
non meritato : che se i Concordati non sono stati osservati, la è stata una
conseguenza dei cangiamenti sopravvenuti nella stessa esistenza dei varii
Stati, nei quali era divisa l'Italia, del nuovo regime politico, e della osti-
lità della Santa Sede verso il Regno.
La più sicura garanzia che si può dare per il mantenimento della legge,
oltre la dignità e l'onore della nazione che vi si impegna, io credo che sia
e consista nell' interesse dell' Italia stessa. Una volta, o Signori, che siamo
convinti che, ricongiunta Roma alla Italia, e cessato il potere temporale,
sia necessario, per rassicurare le coscienze cattoliche, il guarentire l'indi-
pendenza e la libertà dell' esercizio del potere spirituale, e che la osser-
vanza di queste guarentigie influisca ad evitare ostacoli ; in questo interesse
voi trovate la certezza che il senno di una nazione resisterà a qualsiasi
tentativo di mancare alle medesime guarentigie.
Si obbietta ancora che il Governo non può ispirare alcuna fiducia, perchè
la sua condotta e prima e dopo la entrata in Roma, non è stata conforme
ai principii del dritto, ai principii di giustizia ; e ci si rimprovera lo avere
usata la forza per entrare a Roma, e si ripetono le notizie o esagerate, o
false date da alcuni giornali.
Il mio onorevole collega degli Affari Esteri e il Presidente del Consiglio
più convenientemente vi diranno, se ne fosse bisogno, che i fatti che si
consumarono nel mese di Settembre erano una necessità, non solamente
per l'esperimento del diritto nazionale e per l'assicurazione del diritto dei
ARTICOLO II . -

APPENDICE ATTI PARLAMENTARI. 205

Romani, ma per la conservazione anche dell'esistenza propria, della esi-


stenza della Nazione ; non già per un pericolo dell' oggi, ma perchè il Go-
verno deve anche provvedere a tutte le conseguenze che da certi fatti pos-
sono avvenire a danno del paese stesso.
Ora il Vattel e tutti gli scrittori che furono citati riconoscono sempre
come accanto al rispetto pei Trattati e le convenzioni anche le più formali,
vi sta un altro grande principio, il principio che sta anche per l'individuo,
quello, cioè, della conservazione della propria esistenza della propria perso-
nalità, sia fisica sia morale .
Ora, o Signori, io credo che ciascuno di noi sia ben convinto e co-
nosca che la soluzione della questione romana, in vista dei grandi e
straordinari avvenimenti che si sono compiuti in Europa, era per noi una
questione di esistenza, di esistenza per l'unità, di esistenza per le nostre
istituzioni.

Voi lo riconoscevate quando nei primi giorni di settembre, occupandovi


della questione medesima, impegnavate il Governo a risolverla. E però era
nostro dovere il risolverla in corrispondenza alle aspirazioni ed agl' inte-
ressi della Nazione.

Alcuni ci rimproverano che abbiamo però mancato alle convenienze, ai


riguardi di uso in simili casi : ma ciascuno di voi conosce che furono of-
ferte al Santo Padre condizioni le più ampie per una soluzione pacifica ;
ma queste proposte non furono accolte ; esse furono respinte, e voi com-
prendete o Signori, che in questi casi, quanto più gli avvenimenti stringe-
vano, tanto più urgeva al Governo di provvedere in tutti i modi alla solu-
zione della questione, soluzione che la coscienza pubblica, non solamente
la nostra, ma di tutta l' Europa, avevano riguardato come una necessità
per la conservazione dell' unità nazionale e delle patrie istituzioni.
In progresso, Signori, ha mancato forse il Governo ? Si può veramente
dire che sino dal primo giorno in cui siamo entrati in Roma si sia dimo-
strato la impossibilità della dimora nella stessa città del Papato e del Go-
verno ? E qui permettete che anticipi un' idea, cioè che mentre cotesta in-
compatibilità accenna pittosto alla questione della Capitale, i ragionamenti
che si fanno porterebbero a conchiudere per il rigetto del plebiscito, impor
terebbero la conservazione della sovranità temporale sopra Roma in favore
del Papa.
Si accennava a varii fatti così raccolti sulle notizie sparse nei giornali ;
ma davvero su questi particolari, io sono lieto che mi si offra l'occasione
206 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO.

di dichiarare che la massima parte dei fatti non sono veri, e che vi è per
tutti alterazione e esagerazione nelle circostanze o nelle cause.
Si è detto che sono stati insultati ministri del santuario nell'esercizio

delle loro funzioni, che sono state manomesse le sacre immagini, che si é
fatto insulto a tutto ciò che vi era di più sacro .
Il Governo, al momento che ha letto l'annunzio di questi fatti, ha
usato le più severe indagini, sia mercè l'autorità di sicurezza pubblica sia
mercè l'autorità giudiziaria con procedimenti formali.
Ebbene, o signori, da questi procedimenti è stato luminosamente dimostrato
per la confessione stessa di coloro che custodivano queste immagini e le chiese,
che nulla vi era di vero ; e di certo si sono avute denunzie e indizi dei
fatti dapprima con tanta asseveranza pubblicati. Accadde un fatto doloroso,
il fatto cioè di un forsennato che ha feriti tre periti; è un fatto che dimo-
stra la esasperazione di alcuni contro il passato Governo, e che varrebbe
a provare come il potere temporale nuocesse alla religione ed ai suoi mi-
nistri ; comunque sia, il Governo è stato pronto, la giustizia ha corrisposto
a quanto le leggi esigevano; l'autore di questo fatto, in prima istanza ed
in appello, è stato condannato alla pena severa che infligge la legge vi-
gente in Roma.
Non si può dire quindi che il Governo italiano non assicuri la libertà
dei ministri dell'Altare e delle funzioni religiose. In Roma è stata pubbli-
cata ed affissa l'Enciclica dell' Ottobre, se non erro, per la sospensione del
Concilio, senza che vi si facesse ostacolo, ancor che non si risparmiasse ingiu-
rie contro il Governo .

Ma, sento rimproverare al Governo, e principalmente al Guardasigilli,


il quale più di ogni altro deve rispondere in questi argomenti, il seque-
stro avvenuto della Enciclica del 2 novembre, e dedurne la prova che non
saremmo per mantenere ed osservare la legge delle guarentigie.
Ma sembrami che dal sequestro non si possa dedurre la conseguenza
suddetta: non si dubita che la legge esistente sulla stampa autorizzi, direi
meglio, imponeva all'autorità giudiziaria il sequestro: la legge era stata
modificata nel pubblicarla nella Provincia di Roma in forza dell'articolo 82
dello Statuto, ma per quella Provincia soltanto, e per le pubblicazioni che
il Sommo Pontefice avrebbe fatto nelle solite forme. La Enciclica del 2 no-

vembre non fu pubblicata in Roma, e nelle solite forme, che anzi, a giu-
dicare dal modo insolito di pubblicazione, se anco non si potesse dire apo-
crifa, si dovea ritenere che era diretta in segreto ai Vescovi e nonperpub
ARTICOLO II . APPENDICE ATTI PARLAMENTARI . 207

blicarla; arroge l'aggiunta fattavi dal giornale l'Unità Cattolica, che per il
primo la pubblicava, e che ribadiva sulle recriminazioni, e le querele conte-
nute nella Enciclica medesima .

In conseguenza, Signori, non si può dire che si è violata una promessa,


non si può dire che si è violata una legge, che anzi si deve riconoscere di
averla osservata. Nè si dirà che era nostro interesse, era nostro dovere
politico il non sequestrarla : è ozioso il discorrere su questo argomento,
poichè se anco fosse esatto un tale apprezzamento, sarà sempre vero che
il Ministro di Grazia e Giustizia avrà mancato politicamente nel non vie-
tare il sequestro, nell'aver lasciato libero il corso alla giustizia, ma non si
potrà rimproverargli di avere violato una legge e trarne argomento da questo
fatto che non si osserverebbero le guarentigie promesse e sancite per legge.
Mi sembra quindi che il voler sostenere che le guarentigie che si pro-
mettono non valgono per assicurare l'indipendenza del Sommo Pontefice,
e che l'Italia, il Governo, sarebbero facilmente indotti a violare le pro-
mosse, o quanto sarete per disporre, sia una proposizione che importa una
ingiuria gratuita, la quale può essere scusata agli esteri, i quali nella igno-
ranza della verità vi sono spinti da un cieco zelo per il potere temporale,
ma non sarebbe giusta, nè ragionevolmente pronunziata in una Sala legi-
slativa ed innanzi al paese, il quale troppo conosce come da parte nostra
si fa di tutto per assicurare sempre più la libertà e l'indipendenza del
Sommo Pontefice.

Ma basteranno le guarentigie che abbiamo proposte ?


Il progetto di queste guarentigie sarà sufficiente a rassicurare i cattolici ?
Questo esame lo farete quando verrà in discussione il relativo progetto
di legge. Per ora siete chiamati a dare il vostro voto sul Decreto Reale
riguardo al Plebiscito, Decreto che io prego l'onorevole Senatore Alfieri
di credere che non è un atto che il Ministero abbia fatto come un atto

proprio del potere esecutivo, ma è un atto che ha bisogno della sanzione


legislativa, un atto, per così dire, che s'incarna nel nostro diritto pubblico
interno, nel nostro diritto statutario, e perciò viene sottoposto alla sanzione
del Parlamento.

Voi non potete negarlo senza rinnegare tutti i fatti per i quali si é co-
stituita l'unità nazionale : non potete negarla perchè il plebiscito ed il De-
creto che l'accetta sono il portato del diritto nazionale all' integrità del
territorio, e del diritto dei romani a scegliersi un Governo ; voi non do-
vete temere di accettarlo e darvi la vostra sanzione per il pericolo di estere
208 LO STATUTO DEL REGNO, ANNOTATO .

opposizioni, inquantochė, o Signori, se i cattolici hanno un interesse a ri-


chiedere che il Sommo Pontefice, nell' esercizio della sua potestà spirituale,
abbia tutta la possibile libertà ed indipendenza, non possono richiedere, non
possono esigere che sia per questo loro interesse manomesso il diritto del-
l'Italia e dei Romani alla cessazione del potere temporale ; voi dovrete ac-
cettarlo senza bisogno di attendere la legge esplicativa delle guarentigie,
perchè negli articoli 2 e 3 vé la dichiarazione e il riconoscimento di quei
diritti che dal Governo sono ritenuti e spero che lo siano anche da Voi,
come una necessità nell'interesse stesso dell' Italia per rassicurare le co-
scienze cattoliche in quanto all'esercizio del potere spirituale del Sommo
Pontefice ; ed io credo che voi, accettando il Decreto che vi si propone,
I

avrete ben corrisposto all'interesse d'Italia e della Religione.

Risultato della votazione in Senato :


2

Votanti 78 -

Favorevoli 56 Contrarii 22 .

1 Rend: acc: Discussioni del Senato del Regno. - 1. Sessione del 1870-71 . Tor-
nata del 27 Decembre 1870-
2 Rend: acc: Discussioni del Senato del Regno . Sessione 1870-71 Tornata
del 30 Dicembre 1870 .

FINE DELLA PARTE PRIMA.


ITVIDOS NOTESECO
ACREA CIND
PREZZO DEL PRESENTE VOLUME LIRE QUATTRO .

Di prossima pubblicazione la

PARTE SECONDA

DELLA DIVISIONE DEI POTERI.

DEL RE

VOLUME UNICO.

In preparazione:

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Un Volume della BIBLIOTECA DELLE SCIENZE SOCIALI.


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