L’Ordo Missæ nel rito romano
dal sacramentario gregoriano (sec. VII)
al Vaticano II e oltre
Prof. Davide Righi
L’Ordo Missæ nel rito romano dal sacramentario gregoriano (sec. VII) al Vaticano II
Nella lezione scorsa (la 1a)
1. Subito dopo l’approvazione del Novus Ordo Missae con la costituzione Missale Romanum
approvata da Paolo VI nel 1969 si alzarono voci critiche da parte di cardinali “di peso”
quali Ottaviani e Bacci.
2. Ritenevano che il NOM non si scostasse dalla “Messa normativa” che era stata
sperimentata durante il sinodo dei vescovi del 1967 e che non aveva riscosso un
consenso unanime. Non c’era stata l’approvazione da parte di un sinodo dei Vescovi.
3. Il fatto che si parli sempre della “cena” del Signore fa sorgere perplessità circa l’assenza di
espressioni quali “presenza reale”, “realtà del sacrificio”, “sacramentalità” e del valore
intrinseco del sacrificio eucaristico indipendentemente dalla presenza dell’assemblea.
4. Si denuncia l’assenza della dimensione teologica del sacrificio propiziatorio per i vivi e i
defunti e la soppressione del ruolo centrale della presenza reale.
5. Si critica l’aspetto pastorale e il fatto pastorale relativo al “colpo di grazia alla lingua
universale” cioè alla morte ormai decretata del latino.
6. Se c’è stato un avvicinamento è stato alle chiese protestanti non alle chiese orientali.
7. Sono state taciute verità sempre credute dal popolo cristiano.
8. Ricostruzione del lavoro post-conciliare pubblicato da Bugnini in La riforma liturgica (1948-
1975), CLV, Roma 1997.
https://www.vatican.va/content/john-xxiii/la/motu_proprio/documents/hf_j-xxiii_motu-proprio_19600725_rubricarum-instructum.html 2
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Nella lezione scorsa (la 1a)
9. Motivi per i quali lo schema dell’OM fu chiamato “Messa normativa”.
10. Perplessità circa i tre canti presenti nei riti di ingresso (inizio, kyrie, gloria);
11. Nella liturgia della parola introduzione di tre letture, omelia, il simbolo nei giorni di precetto,
introduzione della preghiera dei fedeli come elemento strutturale e stabile della stessa
liturgia della parola;
12. I problemi più delicati della liturgia eucaristica riguardarono il Canone Romano che fu
sperimentato in forma ritoccata secondo tre possibili forme (A, B, C).
13. I riti di comunione senza eccessivi ritocchi furono approvati in vista della sperimentazione.
14. Le perplessità circa l’attuazione della riforma dell’OM si riverberano nei decenni successivi
fino alla Summorum Pontificum di Benedetto XVI e alla Traditionis Custodes di papa
Francesco.
https://www.vatican.va/content/john-xxiii/la/motu_proprio/documents/hf_j-xxiii_motu-proprio_19600725_rubricarum-instructum.html 3
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L’Ordo Missae nel Sacramentario Gregoriano (600ca)
La genesi del Sacramentario Gregoriano
Ma qual era la sequenza dei gesti e delle parole
(cioè l’Ordo Missae) previste dal Sacramentario
Gregoriano cioè la fonte più antica dalla quale
possiamo desumere l’Ordo Missae dell’Eucaristia
nella tradizione Romana di rito Latino?
Qui si impone un po’ di storia sul secondo o terzo
libro liturgico che la chiesa ha avuto dopo la
bibbia, primo libro liturgico.
Vedremo cosa è il Sacramentario e in particolare
il Sacramentario Gregoriano
https://archive.org/details/dassacramentariu01cath/page/n5/mode/2up 4
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La genesi dei Sacramentari
Scrive Righetti (Manuale di Storia liturgica, I, p. 222):
L'adozione del latino come lingua liturgica (III-IV sec.), l'avvento
della pace, l'afflusso delle masse popolari nella Chiesa, determinano
un rapido, straordinario sviluppo liturgico a cui corrisponde un
intenso lavorio di produttività eucologica, specialmente in Africa e in
Italia. Attorno all'anafora, che resta la grande preghiera centrale,
sostanzialmente immutata, si moltiplicano formule d'ogni genere, sia
per il rituale dei sacramenti come dei sacramentali, ma sopra tutto
per la Messa. Di qui i primi libelli missarum, cioè fascicoli contenenti
Vat. Reg. 337 1r
qualche formulario di messa, di cui abbiamo un tipo in Oriente nel
libro VIII delle Costituzioni Apostoliche e in Occidente, nel cosiddetto
Messale di Stowe e nelle Messe di Mone. Questa imponente
efflorescenza liturgica, non sempre, come è facile supporre,
ortodossa e corretta, ci è largamente attestata alla fine del IV sec.
da un sinodo di Ippona (393), e, a principio del V, dai Concilii di
Cartagine, di Milevi, da S. Agostino, e dallo stesso Pp. Innocenzo I
(416).
Mario Righetti, Manuale di Storia liturgica, vol. I, Introduzione generale, ed. Àncora, Milano 1950 5
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La genesi dei Sacramentari
Continua il Righetti (Manuale di Storia liturgica, I, p. 222-223):
Un canone del cosiddetto IV Concilio di Cartagine (prima metà del V
secolo) prescrive che cum altari assistitur, semper ad Patrem dirigatur
oratio. Et quicumque sibi preces aliunde describit, non eis utatur nisi
prius eas cum instructioribus fratribus contulerit («Quando si sta
all’altare si diriga sempre l’orazione al Padre. E chiunque scrive per sé
delle preghiere prese da qualche altra parte, non si serva di esse se
non le ha confrontate precedentemente con dei fratelli più istruiti» trad.
mia). Anche S. Agostino, lamentando la scorrettezza di molte
composizioni liturgiche, redatte ab imperitis loquacibus, sed etiam ab
Vat. Reg. 337 1v
haereticis compositas («composte non solo da ciarlatani incompetenti,
ma anche da eretici» ndr), esige che vengano rivedute da persone
competenti; multorum enim preces emendantur cotidie, si doctioribus
fuerint recitatae et multa in eis reperiuntur contra catholicam fidem (De
baptismo contra Donatistas, VI,25.47) («Le preghiere di molti, infatti,
sono corrette ogni giorno, se le recitano i fedeli più dotti e vi trovano
molte espressioni contrarie alla fede cattolica»).
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Continua il Righetti (Manuale di Storia liturgica, I, p. 223):
I Padri del Concilio Milevitano [attuale Mila in Algeria ndr] (416)
sancirono senz'altro che potessero essere usate soltanto le
composizioni approvate dal Concilio; e ne enumerano una serie
svariata: preces, vel orationes seu missae, sive praefationes, sive
commendationes seu manus impositiones («preghiere o orazioni della
messa o prefazi o invocazioni o imposizioni delle mani» trad. mia).
Il disordine eucologico attestato per l'Africa trova esatto riscontro in
Italia; perchè Pp. Innocenzo I, nella lettera scritta nel 416 al vescovo di
Vat. Reg. 337 2r Gubbio, deplora che unusquisque, non quod traditum est, sed quod
sibi visum fuerit, hoc aestimat esse tenendum; inde diversa in diversis
locis vel ecclesiis, aut teneri, aut celebrari videntur; ac fit scandalum
populis… («ciascuno ritiene che si debba conservare non ciò che fu
trasmesso, ma ciò che gli sembra, per questo motivo in diversi luoghi
o chiese sembra che si celebrino cose diverse; e così c’è scandalo per
i popoli» trad. mia).
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Continua il Righetti (Manuale di Storia liturgica, I, p. 223):
4) Periodo delle prime collezioni; i Sacramentari.
Ad ovviare i gravi inconvenienti surriferiti, era naturale che si
pensasse di fare una selezione dei libelli migliori per ortodossia e
correttezza letteraria, radunandone parecchi, anche per la medesima
festa, in modo che il celebrante potesse scegliere a piacimento.
Queste raccolte sono state i precursori immediati del Sacramentario,
del quale i canoni del Conc. Milevitano lasciano già capire il disegno.
Vat. Reg. 337 2v
È questa la fase conclusiva dell'evoluzione eucologica, che vide
nascere i primi libri liturgici veri e propri. La possiamo delimitare
sostanzialmente al V-VII secolo, sebbene sia proseguita per molto
tempo ancora più in là.
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Continua il Righetti (Manuale di Storia liturgica, I, p. 223-224):
A quest'epoca infatti appartengono le più antiche notizie di
compositori o compilatori di formule liturgiche: Pp. S. Leone I (440-
461), Pp. S. Gelasio (492-496); Sidonio Apollinare, vescovo di
Clermont-Ferrand (470-480); S. Paolino di Nola (m. 431); Voconio,
vescovo africano (m. 460); Museo, prete di Marsiglia (V sec.); il così
detto Sacramentario Leoniano, i formulari più antichi della liturgia
ambrosiana.
S. Gregorio di Tours (m. 594) accenna più volte a vescovi, editori di
libelli missarum o compositori di nuove formule liturgiche negli ozi del
Vat. Reg. 337 3r loro esilio (Hist. Franc. II,22 parla di s. Sidonio compositore liturgico e
scrive di aver raccolto in un volume le Messe da lui composte). A
Ravenna, il famoso vescovo Massimiano (546-567) aveva scritto un
Messale completo, ora perduto. A conferma, sono pure di questo
tempo i primi accenni ad un libellus missarum letto all'altare dal
celebrante. Li troviamo in S. Agostino, e alla fine del V sec., nella
biografia di Sidonio Apollinare, scritta da S. Gregorio di Tours.
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Continua il Righetti (Manuale di Storia liturgica, I, p. 224):
169. - Noi abbiamo parlato fin qui prevalentemente dei formulari
riguardanti la Messa, ma è certo che il lavoro di raccolta dovette poco
a poco estendersi a tutti gli elementi eucologici della liturgia, e in
rapporto ai diversi ministri che vi prendevano parte. Poiché ogni classe
di ministri, che aveva nella Sinassi una funzione propria, ebbe altresì
un proprio libro. Troviamo così il Sacramentario ad uso del Celebrante,
l'Evangeliario e i Dittici per il diacono, il Lezionario per i lettori, il
Cantatorium e l'Antiphonarium per i cantori, e più tardi altri libri di
minore importanza.
Vat. Reg. 337 3v
Prima ancora della pace, le Chiese anche di scarso rilievo erano ben
provviste di codici. Il verbale-inventario di sequestro degli oggetti
trovati presso la piccola chiesa di Cirta in Numidia, redatto il 19
maggio 303, elenca, fra gli altri, più di 29 codici sacri, dei quali, quelli
consegnati dal vescovo si può credere non fossero scritturali.
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La genesi del Sacramentario Gregoriano
Continua il Righetti (Manuale di Storia liturgica, I, p. 224):
Altri vescovi, come a Calama, Cartagine, Tigisi, nella stessa
persecuzione di Diocleziano, che aveva ordinato di gettare al rogo tutti
i libri sacri, riuscirono con qualche sotterfugio a salvarli, sostituendoli
con libri profani o ereticali o con carte inutili. Ma, purtroppo, nella
maggior parte delle chiese, Roma compresa, moltissimi codici furono
requisiti e distrutti, e fra questi ve n'erano non pochi, ricordati come
pretiosi e pretiosissimi. Passata la bufera, in regime di libertà e con
maggiori risorse disponibili, le biblioteche sacre dovettero presto
ricostituire il loro prezioso patrimonio. S. Gerolamo, con un certo
Vat. Reg. 337 4r disdegno, accenna quasi ad una gara fra le Chiese più importanti per
procurarsi dei codici liturgici, scritti dai migliori calligrafi con tutte le
risorse dell'arte e rivestiti d'oro, d'argento e di gemme preziose. (...)
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Continua il Righetti (Manuale di Storia liturgica, I, p. 225):
Altri vescovi, come a Calama, Cartagine, Tigisi, nella stessa
persecuzione di Diocleziano, che aveva ordinato di gettare al rogo tutti
i libri sacri, riuscirono con qualche sotterfugio a salvarli, sostituendoli
con libri profani o ereticali o con carte inutili. Ma, purtroppo, nella
maggior parte delle chiese, Roma compresa, moltissimi codici furono
requisiti e distrutti, e fra questi ve n'erano non pochi, ricordati come
pretiosi e pretiosissimi. Passata la bufera, in regime di libertà e con
maggiori risorse disponibili, le biblioteche sacre dovettero presto
ricostituire il loro prezioso patrimonio. S. Gerolamo, con un certo
Vat. Reg. 337 4v disdegno, accenna quasi ad una gara fra le Chiese più importanti per
procurarsi dei codici liturgici, scritti dai migliori calligrafi con tutte le
risorse dell'arte e rivestiti d'oro, d'argento e di gemme preziose. (...)
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I primi Sacramentari
Righetti (Manuale di Storia liturgica, I, p. 225) sul sacramentario:
170. - Sacramentarium o Liber Sacramentorum nel linguaggio
liturgico medioevale era chiamato il libro che conteneva le preghiere
dette dal vescovo o dal sacerdote nella celebrazione della Messa e
nell'amministrazione dei Sacramenti e dei Sacramentali (collette,
secrete, postcommunii, prefazi, ìl canone coi Communicantes e Hanc
igitur speciali e infine orazioni e formule diverse). Le prime raccolte di
preghiere liturgiche per la Messa, vennero fatte come sopra
spiegammo, intorno al V sec., diverse una dall'altra, a seconda dei
criteri dei vari compilatori e soprattutto dell'influenza dei diversi centri
Vat. Reg. 337 4v liturgici sopra di loro. Tutte disgraziatamente andarono perdute.
I numerosi Sacramentari di epoca posteriore giunti fino a noi, e
composti nell'ambito liturgico della chiesa di Roma, si possono ridurre
a tre tipi principali: A) Il Leoniano; B) Il Gelasiano; C) Il Gregoriano;
perché attribuiti dai loro primi editori rispettivamente ai papi Leone I
(m.461), Gelasio I (m. 496), Gregorio Magno (m. 604)
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Qualche considerazione conclusiva
1) Non è indicato il segno di croce iniziale dopo l’ingresso. Il fatto che si parli dei tempi
stabiliti festivi o feriali (quotidiani) lascia intendere che si tratta di un canto.
2) Non è specificata la modalità con la quale si esegue il Kyrie eleison e l’alternanza
con il Christe eleison (Cf. lettera di Gregorio a Giovanni di Siracusa).
3) Non si parla del canto del Gloria ma solo che “si dice” (dicitur).
4) Il Gloria lo dice solo il Vescovo, se è presente, mentre il semplice sacerdote lo recita
solo a Pasqua.
5) In Quaresima non si canta né il Gloria a Dio né l’Alleluia.
6) Dopo l’orazione (sarebbe quella che oggi chiamiamo colletta) c’è solo la lettura
dell’Apostolo (Paolo) (non c’è quella che oggi chiamiamo prima lettura), cioè si legge
esclusivamente il Nuovo Testamento.
7) Non è indicata l’omelia eventuale e immediatamente dopo il Vangelo si procede
all’offertorio e all’orazione sulle offerte (super oblata) che si conclude ad alta voce
solo nella parte dossologica finale per permettere al popolo di concludere con l’amen.
8) Il dialogo il Signore sia con voi è come nella Tradizione apostolica
9) Il Canone romano è già “fissato” e sono indicati almeno 16 segni di croce durante il
canone.
10) Non si specifica la modalità di recita del Padre Nostro
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Qualche considerazione conclusiva
11) Il Canone romano è già “fissato” e sono indicati almeno 16 segni di croce durante il
canone che probabilmente non erano tutti presenti nel Canone originario (diversi
manoscritti non li indicano).
12) Non si specifica la modalità di recita del Padre Nostro
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