5 Paul Corner
Mussolini e il fascismo
Storia, memoria e amnesia
l’antidoto viella
l’antidoto
5
l’antidoto
Comitato scienti co
Luca Baldissara, Salvatore Botta, Fulvio Cammarano, Maddalena Carli,
Michele Cento, Filippo Focardi, Gian Luca Fruci, Ilaria Pavan (coordina-
mento redazionale), Carmine Pinto.
Il comitato scienti co non ha un direttore, ma un coordinatore redazionale
che organizza i lavori della collana
Nata da un’idea di Fulvio Cammarano, la collana “l’antidoto” ospita volumi
che intendono decostruire e confutare interpretazioni e narrazioni prive di
credibilità scienti ca, ma che ormai fanno parte dell immaginario pubblico
e storiogra co. La collana nasce dunque per rispondere alla s da di una dif-
fusa domanda di storia alla quale il mondo della ricerca non pu sottrarsi.
Agili ma rigorosi, i volumi sono realizzati con criteri scienti ci e sottoposti
a referaggio. Il loro obiettivo quello di ricostruire vicende al centro di
controversie interpretative, fornendo un antidoto a invenzioni, approssima-
zioni, mitogra e che spesso, pi del falso conclamato, di ondono forme di
autentica fake history . Muovendosi tra opinione pubblica e storiogra a,
la collana non intende solo contestare ricostruzioni infondate, ma anche
suggerire un approccio alla conoscenza che restituisca la complessità dei
fenomeni e promuova il ruolo del metodo storico nel dibattito pubblico.
Paul Corner
Mussolini e il fascismo
Storia, memoria e amnesia
traduzione di Teresa Bertilotti
viella
Copyright © 2022 - Viella s.r.l.
Tutti i diritti riservati
Prima edizione: luglio 2022
ISBN 978-88-3313-989-0
,6%1HERRNSGI
CORNER, Paul
Mussolini e il fascismo : storia, memoria e amnesia / Paul Corner ; traduzione di
Teresa Bertilotti. - Roma : Viella, 2022. - 160 p. ; 21 cm. (L’antidoto ; 5)
ibliogra a p.
Indice dei nomi p.
ISBN 978-88-3313-989-0
. Mussolini, enito iudizi dei contemporanei . ascismo Memoria col-
lettiva I. Bertilotti, Teresa
. C .ed cheda bibliogra ca iblioteca ondazione runo essler
viella
libreria editrice
via delle Alpi, 32
I-00198 ROMA
tel. 06 84 17 758
fax 06 85 35 39 60
www.viella.it
Indice
Introduzione. Storia, memoria e amnesia 7
1. Un “fascismo bonario”? 21
1. La violenza 23
2. I meccanismi del controllo e della repressione 32
2. Tra consenso e coercizione 39
1. Un popolo di fascisti? 40
2. Irreggimentazione e legittimazione: il ruolo del Partito 49
. Legalità fascista e ma a 56
. Le cose andavano meglio quando c era L I 63
1. Tutti al servizio della Nazione 65
. Le gerarchie dei bene ci
3. Concessioni e premi:
pensioni, assicurazioni sociali, assistenza 78
4. Il fascismo domestico: salute, famiglia, genere e casa 83
4. Una dittatura modernizzatrice? 91
. Le aludi ontine la boni ca come metafora 95
. La piani cazione economica
protezionismo, autarchia ed enti statali 98
6 Mussolini e il fascismo
5. Mussolini grande statista? 103
1. Hitler: il solo errore? 103
2. Illusioni imperiali: l’Etiopia e oltre 106
3. Razzismo, antisemitismo e leggi razziali 113
4. Prepararsi alla guerra (male), combattere la guerra (male) 118
6. Mussolini: mito e memoria 127
1. Il mito 127
2. La memoria 135
ibliogra a 145
Indice dei nomi 157
Introduzione. Storia, memoria e amnesia
Sappiamo tutti cosa successe a Piazzale Loreto: il cadavere di
Mussolini fu appeso a testa in gi alla pensilina di un distributore
di benzina, dopo che la folla inferocita lo aveva preso a calci, gli
aveva sputato addosso e, secondo alcuni rapporti, vi aveva urinato
sopra. Nei mesi successivi alla Liberazione, in vari paesi e piazze,
la furia popolare si scagli contro i responsabili dei due decenni di
repressione, dando vita ad altrettante manifestazioni di odio, che la-
sciavano pochi dubbi riguardo ai risultati conseguiti dal leader fa-
scista e dal suo movimento.1 A quel punto aprile si poteva
presumere che il fascismo fosse nito e che Mussolini si fosse ormai
assicurato un posto nella storia come un dittatore fallito, un uomo
che aveva portato morte e distruzione alla propria nazione. Non era
così: Mussolini è tornato, alcuni ne parlano addirittura bene. Sorge
inevitabilmente una domanda: com’è che un uomo giustiziato e ol-
traggiato dagli italiani, il cui corpo fu esposto all’esecrazione pubbli-
ca, diventato una gura di cui si parla con un certo riguardo, per no
con nostalgia Altrettanto si pu dire del fascismo stesso. erch la
memoria del fascismo, invece di provocare un brivido di ripugnanza,
ruota attorno a quello che, tutto considerato, ora visto come un pas-
sato accettabile, talvolta invocato quasi con un senso di rimpianto
1. Per un resoconto aggiornato delle reazioni popolari alla caduta del fascismo
cfr. Andrea Martini, Dopo Mussolini. I processi ai fascisti e ai collaborazionisti
(1944-1953), Roma, Viella, 2019, in particolare i capitoli 2 e 3. Si veda anche Philip
Cooke, L’eredità della Resistenza. Storia, cultura, politiche dal dopoguerra a oggi,
Roma, Viella, 2015 (ed. or. The Legacy of the Italian Resistance, Palgrave Macmil-
lan, New York 2011).
8 Mussolini e il fascismo
Che cosa successo alla nostra memoria del fascismo il nostro
rapporto con il passato fascista per indurre una tale svolta
Ora non stiamo parlando del neofascismo, che non richiede
molte spiegazioni. L’estrema destra ha bisogno dei suoi eroi e dei
suoi martiri per darsi una sorta di legittimazione spuria. erci non
stupisce che gli attivisti neofascisti mettano ancora Mussolini su
un piedistallo; il vanto fascista “molti nemici, molto onore” è uno
slogan che si adatta perfettamente alla mentalità di un’esigua (ma
purtroppo in crescita minoranza. i di cile da spiegare il modo
in cui, nella società odierna, in quella che potrebbe essere de nita
una memoria popolare generalizzata il regime fascista ha cessato di
essere visto in termini totalmente negativi. Sono riconosciute le sue
macchie, naturalmente, e l’alleanza con Hitler è di solito indicata
come un “errore” di Mussolini, ma il concetto stesso di “un errore”
implica che il resto di ci che il fascismo realizz non era sbaglia-
to, era accettabile. Stranamente, la dittatura fascista non sconcerta
pi , non serve pi a ricordarci dove non vogliamo andare. In alcuni
ambienti il fascismo viene considerato un “regime bonario”, che ha
portato un certo grado di modernizzazione e non è stato certamente
privo di aspetti originali, anche di colore. er qualche ragione si
perso di vista Piazzale Loreto. Cosa è successo alla nostra memoria
del fascismo?
La risposta pi ovvia che la nostra memoria si dissolta, ab-
biamo dimenticato. È passato molto tempo da Piazzale Loreto, le ge-
nerazioni che hanno vissuto il fascismo sono in gran parte scompar-
se, l’esperienza diretta e la testimonianza personale non occupano
pi la nostra attenzione. Inoltre, le nostre prospettive sono cambiate.
Altri tiranni, altri orrori sono intervenuti a o uscare le impressioni
sul regime e a collocarle in una luce relativamente neutrale, a volte
quasi favorevole. Mussolini non era itler il ritornello spesso ripe-
tuto, n era talin, n come ci ha ricordato erlusconi era ol ot
la lista lunga e pi si allunga meno Mussolini si distingue dalla
folla. solo un altro dittatore, e poi non cos male. erch agitarsi
Dopotutto, come recita il luogo comune popolare, in ultima analisi
Mussolini ha fatto anche “molte cose buone”.
uanta verità c in questo giudizio ante cose buone sso
implica che la storia è stata severa nei confronti del leader fascista,
che i giudizi negativi generalmente formulati dagli storici di pro-
Introduzione. Storia, memoria e amnesia 9
fessione nei riguardi di uno dei principali dittatori d’Europa sono
infondati, forse nient’altro che la storia scritta dai vincitori. E luo-
ghi comuni popolari, come le “molte cose buone”, suggeriscono
che Mussolini merita pi credito di quello che gli stato concesso.
Ma la storia lo conferma davvero A questo punto il terreno diventa
scivoloso perch nell era delle false notizie, della post verità e del
disprezzo per la competenza, la storia vive un momento di cile,
dato che le false notizie, comprese le false notizie sul passato, non
conoscono con ni deontologici la prova veri cabile non pi il
fattore determinante e i fatti possono essere sia inventati sia ignorati,
a piacimento.
er quanto riguarda i luoghi comuni sul fascismo, non ci rife-
riamo inoltre alla storia in senso stretto che, se certamente inter-
pretazione del passato, ha o dovrebbe avere le sue prove, regole e
convenzioni che giusti cano una determinata interpretazione , ma
alla memoria e questa una bestia pi sfuggente. La storia la storia
e la memoria è la memoria, è necessario distinguere tra le due.
La memoria riguarda i modi in cui le persone costruiscono un
senso del passato, i modi in cui cercano di dare senso al passato.
on dipende dai documenti e dagli archivi, n si riferisce necessa-
riamente ai “fatti”. In un certo senso, la memoria non ha regole, non
ha vincoli, la potremmo considerare semplicemente lo sguardo di un
individuo indietro nel tempo. ppure, per quanto paradossale pos-
sa sembrare, la memoria non è solo guardare indietro. Sotto molti
aspetti, la memoria riguarda tanto il presente quanto il passato e se,
a di erenza della storia, non ha regole rigide, obbedisce comunque
a certi schemi, dal momento che formata non solo da ci che leg-
giamo sul passato, ci che ci viene detto del passato, ma anche, cosa
pi importante, da ci che scegliamo di dimenticare e da ci che sce-
gliamo di ricordare. quanto scegliamo di ricordare intimamente
legato a ci che sembra rilevante per il nostro presente. La memoria
è la presenza del passato nel nostro presente.
Le società ricostruiscono infatti il loro passato e le loro me-
morie secondo gli interessi prevalenti del presente e, molto spesso,
secondo le aspettative per il futuro. i solito questo non un pro-
cesso puramente individuale la formazione diretta di una visione
personale del passato ma piuttosto un ri esso, l assorbimento
di una memoria collettiva formata socialmente da atteggiamenti e
10 Mussolini e il fascismo
discussioni attuali relativi al passato, da quello che si vede in televi-
sione e su Internet, si legge sui giornali, si ascolta al bar.
La memoria collettiva che determina la nostra interpretazione
individuale del passato il prodotto di tutta una serie di informa-
zioni provenienti da molte fonti diverse, i cosiddetti “veicoli della
memoria”. Laddove la memoria collettiva ha a che fare con la politi-
ca pu , naturalmente, essere altamente strumentale. A volte noi cre-
iamo la memoria che ci fa comodo, altri possono creare per noi una
memoria che fa comodo a loro. Quello che è certo è che la memoria
collettiva diventa una visione sociale del passato. A questo punto
viene fatta propria dal pubblico e genera luoghi comuni e giudizi
solitamente sempli cati sul passato, accettati e spesso ripetuti senza
ulteriore ri essione.2
Ovviamente, le “memorie collettive” del fascismo possono
di erire a seconda degli input, dell interpretazione, dello scopo,
del gruppo sociale (o etnico) che ricorda. Per esempio, la memoria
collettiva della classe operaia sarà probabilmente diversa da quella
dell alta borghesia, quella degli uomini diversa da quella delle don-
ne. Come ampiamente riconosciuto, in un aese nel quale la storia
anzich unire divide, una visione comune e condivisa del passato
italiano stata di cile da realizzare. on esiste un unica narrazio-
ne storica in cui tutti possano identi carsi, di conseguenza esistono
diverse “memorie collettive”. Qui ci occupiamo di una memoria col-
lettiva di usa, che ha selezionato alcuni aspetti del regime e ne ha
dimenticati altri. ci che stato selezionato signi cativo, cos
come rivelatore ci che stato dimenticato. i ricorda l Agro ro-
mano, i treni in orario per molti, questa diventata una sorta di me-
tafora dell intero regime e qualcuno addirittura richiama il elfare
2. La letteratura sulla memoria è ormai enorme e continua a crescere. Su come
si è venuta costruendo la memoria dell’Italia si veda I luoghi della memoria. Perso-
naggi e date dell’Italia unita, a cura di Mario Isnenghi, Roma-Bari, Laterza, 1997.
Un’utile, breve introduzione al cambiamento nella natura delle commemorazioni
u ciali Aline ierp, History, Memory, and Trans-European Identity: Unifying Di-
visions, London, Routledge, 2014. Per una sintesi generale, cfr. Paolo Jedlowski,
Memoria, Bologna, Clueb, 2000. Per un’analisi critica degli studi sulla memoria in
generale si veda Alon Con no, Collective Memory and Cultural History: Problems
of Method, in «American Historical Review», 5 (1997), pp. 1386-1403. Per ulteriori
riferimenti ai lavori sulla memoria del fascismo si veda la nota di questo capitolo.
Introduzione. Storia, memoria e amnesia 11
fascista e la pensione sociale come una conquista del regime. Alcuni
fanno riferimento alle nuove forme di socializzazione e di utilizzo
del tempo libero, altri indicano esempi straordinari di architettura fa-
scista. Ma si tendono a dimenticare la violenza, la repressione delle
libertà, la polizia segreta, i massacri coloniali e la progressiva mar-
cia verso la guerra da parte di un regime che esigeva soprattutto che
la gente credesse, obbedisse e combattesse. u questi ultimi aspetti
si prodotta una strana amnesia. Anche per quanto riguarda il duce,
si è registrato un generale ammorbidimento dell’atteggiamento nei
suoi confronti, Mussolini non viene pi associato alla violenza e alla
distruzione della guerra. La sua gura stata resuscitata come l au-
tore delle molte “cose buone” e la sua memoria celebrata attraverso
tutto l’armamentario mussoliniano che popola tante nostre edicole.3
Questa “resurrezione” è un prodotto degli ultimi anni? Non
esattamente. In realtà la “normalizzazione” del fascismo, e in par-
ticolare del ruolo del duce, ha una lunga storia, che non è mai stata
priva di elementi apologetici. Anche se questa normalizzazione non
è in alcun modo un fenomeno recente, essa è tuttavia legata alla
realtà attuale. er capire questa evoluzione bisogna guardare pi da
vicino la memoria collettiva che ricorda le “tante cose buone”. Due
domande sono d obbligo. La prima immediata quanto le molte
cose buone” fatte dal fascismo corrispondono alla realtà storica degli
anni tra le due guerre per quanto ci dato conoscerla e quanto si
tratta piuttosto di un idea basata sul mito e sulla misti cazione La
veri ca di quanto la realtà corrisponda alla leggenda l argomento
di cui principalmente si occupa questo libro. La seconda domanda,
anticipata nelle righe precedenti, pi complessa e si riferisce ai
giorni nostri perch cos tante persone sono oggi disposte a condi-
videre la memoria positiva del fascismo e a ripetere il mantra delle
“tante cose buone” a fronte di una dittatura violenta e repressiva?
In teoria, se ci che la gente crede oggi fosse basato su informa-
zioni che possono essere confermate o confutate, una risposta alla
prima domanda potrebbe risolvere il problema della seconda. Ad
3. Confuta in maniera accurata l’argomento delle “tante cose buone” (espres-
so, come vedremo, anche da Antonio Tajani) Francesco Filippi, Mussolini ha fatto
anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo, Torino, Bol-
lati Boringhieri, 2019.
12 Mussolini e il fascismo
esempio, sembrerebbe possibile veri care la portata e la qualità
della boni ca stata una cosa buona o no In realtà la valutazione
del passato spesso pi un ri esso dei problemi attuali che ci indu-
cono a evidenziare alcuni aspetti del passato e a ignorarne altri che
una risposta all’analisi storica. Possiamo addirittura, senza render-
cene pienamente conto, “inventare” un passato che ci sia di conforto
nel presente. E se, come sembra essere il caso delle fake news, ci
che decisivo ci che scegliamo di credere ci che vogliamo
credere, piuttosto che ci che pu essere veri cato il fatto storico
pu essere di scarsa utilità per cambiare o in uenzare una memoria
collettiva inventata. Il tentativo di screditare i miti politici con meri
fatti e statistiche è spesso un’impresa frustrante.
e tutto questo sembra una formulazione complicata, senza
una soluzione ovvia, ci dovuto in larga misura al fatto che, an-
che nei confronti del fascismo, operiamo su due livelli quello della
storia e quello della memoria. uesti due livelli inizialmente erano
intrecciati ma, con il passare del tempo, si sono separati. Quelle che
erano in realtà deliberate distorsioni della storia distorsioni che
spesso servivano a un preciso e, come vedremo, talvolta lodevole
scopo politico hanno assunto una vita propria, contribuendo alla
formazione di una memoria che lentamente ma insistentemente si è
allontanata dai fatti. er capire come iniziato tutto questo bisogna
tornare alla ne della guerra.
Come è noto, nei negoziati per il trattato di pace dopo il 1945, la
delegazione italiana, nel comprensibile tentativo di ottenere il miglior
trattamento possibile per un Italia scon tta, fece di tutto per enfatiz-
zare il ruolo della Resistenza popolare contro i tedeschi dopo il 1943 e
minimizzare l’alleanza fascista con Hitler. Il messaggio che recava con
s questa strategia era chiaro gli italiani erano stati dalla parte degli
Alleati, erano i fascisti i sostenitori del nazismo. eguendo questo tipo
di ragionamento il passo era breve per giungere all’idea che gli italiani
fossero stati le vittime innocenti del fascismo: come recita la famosa
frase di Churchill, «un uomo e un uomo solo» era stato il responsabile
del ruolo dell’Italia nella Seconda guerra mondiale. I fascisti diven-
tavano cos l Altro e gli italiani, in quanto vittime essenzialmente
vittime passive dei fascisti, erano esonerati da ogni colpa. u una
conclusione ampiamente sancita nella fondazione della Repubblica,
legittimata dal richiamo ai valori dell’antifascismo, come se la forte
Introduzione. Storia, memoria e amnesia 13
corrente popolare rappresentata dalla Resistenza avesse sempre carat-
terizzato il popolo italiano, anche nel Ventennio del regime.
enza entrare qui nel merito della portata del consenso popolare
al regime argomento che a ronteremo nel capitolo , non di cile
vedere che tale rappresentazione del rapporto tra il popolo italiano e
il fascismo era, a dir poco, piuttosto forzata. Era una linea di argo-
mentazione che costituiva un ovvio uso strumentale della storia per
ni politici e senza dubbio era funzionale a uno scopo politico imme-
diato. uttavia, ponendo la distinzione tra italiani e fascisti i primi
vittime innocenti, i secondi attori colpevoli questa interpretazione
strumentale degli eventi creava una storia de nita e confortante
dell immediato passato che sottovalutava il signi cato del regime e
contribuiva a impedire qualsiasi processo teso a fare i conti con il
passato fascista dell’Italia. Era come se i problemi posti dal fascismo,
le molte domande rimaste senza risposta sul perch il regime avesse
prosperato cos a lungo, non richiedessero pi alcuna risposta. li
italiani erano stati vittime del fascismo, avevano vendicato l’Italia
attraverso la esistenza al fascismo. oco altro c era da dire in quel-
la che era ormai u cialmente una nazione antifascista. In assenza
di una Norimberga italiana e con l’amnistia che permise a molti ex
fascisti di mantenere ruoli pubblici senza vedere infangato il pro-
prio nome, sembravano esserci poche ragioni per voltarsi indietro.
La ricostruzione, con tutto ci che implicava e prometteva, concen-
trava l attenzione altrove, confermando quella che era, in e etti, una
sorta di amnesia architettata a tavolino. Le circostanze internazio-
nali favorirono questa amnesia. Con l avvento della uerra fredda,
l anti totalitarismo cio la polemica contro il nazismo e il comuni-
smo divenne il leitmotiv internazionale dell ccidente, relegando
le questioni scomode relative all Italia e al fascismo sullo sfondo.4
Negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, cosa im-
plicava tutto ci rispetto alla memoria del fascismo Certamente,
all’indomani della devastazione e della guerra civile, erano in pochi
ad avere una buona opinione del regime e del suo leader (o, almeno,
4. Michele Battini, Peccati di memoria. La mancata Norimberga italiana,
Roma-Bari, Laterza, 2003; Hans Woller, I conti con il fascismo. L’epurazione in
Italia 1943-1948, Bologna, il Mulino, 1997. Sul ruolo degli Alleati nella gestione
dei rapporti con i fascisti si veda David W. Ellwood, L’alleato nemico. La politica
dell’occupazione anglo-americana in Italia 1943-1946, Milano, Feltrinelli, 1977.
14 Mussolini e il fascismo
a esprimere tali opinioni in pubblico . La memoria u ciale quella
reiterata dai politici in occasioni formali quali le commemorazioni e
le celebrazioni si basava largamente sull immagine dell Italia an-
tifascista, mentre le memorie personali e private del regime che non
corrispondevano esattamente a questa visione non trovavano modo
di esprimersi ed erano perci poco note. L enfasi posta pubblicamen-
te sulle ultime fasi della guerra e i mesi conclusivi della Resistenza
armata ebbe l e etto immediato di distogliere l attenzione dal re-
gime, tanto che, nel tempo, nella memoria popolare l’antifascismo
venne ad essere privo di una chiara comprensione di ci a cui la
esistenza si era opposta in altre parole, l antifascismo militante
conviveva con l’assenza di una chiara memoria del regime fascista.
ettivamente, i termini delle fasi nali della guerra rendevano age-
vole presentare la Resistenza come una guerra tra “bravi italiani” e
“cattivi tedeschi” e porre in secondo piano le responsabilità del regi-
me e di Mussolini. Il nazifascismo, come veniva de nito il nemico
scon tto, era ed ancora un termine utile per confondere le acque.
E, con gli italiani che si dipingevano come vittime del fascismo, c’era
da aspettarselo: il ragionamento era imperniato sulla considerazione
che ogni responsabilità era loro dei fascisti e non nostra
le vittime. unque, come c era un antifascismo senza un fascismo,
adesso avevamo anche un fascismo senza italiani (la perfetta realiz-
zazione della “parentesi” crociana). Che fascisti e italiani potessero
essere la stessa cosa costituiva quasi un eresia implicava il pericolo
di porre domande scomode e di minare l’ortodossia antifascista.
Le domande scomode divennero oggetto di dibattito pubblico
in seguito all uscita dell imponente biogra a di Mussolini di en-
zo e elice. e elice infranse ogni tab a ermando che, alme-
no negli anni tra il e il , c era stato quello che lui de n
«un consenso di massa per il fascismo».5 ra un a ermazione che
5. Renzo De Felice, Mussolini il duce, 1, Gli anni del consenso 1929-1936,
Torino, Einaudi, 1974, p. 55. De Felice ha ribadito con enfasi il suo punto di vista
in Intervista sul fascismo, a cura di Michael A. Ledeen, Roma-Bari, Laterza, 1975.
na replica puntuale a e elice in ianpasquale antomassimo, Il ruolo di Renzo
De Felice, in «Italia contemporanea», 212 (1998), pp. 555-563. Per una discussione
pi recente del dibattito sulle a ermazioni di e elice si veda ommaso aris,
Alessio Gagliardi, Le controversie sul fascismo degli anni Settanta e Ottanta, in
«Studi storici», 1 (2014), pp. 317-333.
Introduzione. Storia, memoria e amnesia 15
si contrapponeva in maniera molto evidente alla visione di un’Italia
vittima del fascismo e sollevava molteplici questioni relative al
grado in cui la popolazione in generale aveva sostenuto il regime.
i spesso fraintesa che letta, la biogra a di e elice sembr pre-
gurare un attacco al concetto di nazione antifascista. uello che
era stato presentato come il consenso per un periodo relativamente
breve, fu letto come un consenso esteso a tutto il Ventennio, e il
processo di revisionismo storiogra co prese l avvio. La tesi di e
Felice fu utilizzata (in particolare dalla destra) per dimostrare che la
divisione ortodossa e politicamente vantaggiosa tra italiani e fascisti
era falsa, e che italiani e fascisti erano stati, di fatto, un tutt’uno. Ter-
mini come consenso e, per altro verso, complicità, collaborazione,
conformismo cominciarono ad apparire con notevole frequenza in
ogni discussione sul regime.
In tutto questo c era, naturalmente, una dimensione politica. In
larga misura il “mito” antifascista era stato appannaggio della sini-
stra i buoni contro il regime cattivo e nel dopoguerra le battaglie
politiche avevano suscitato interpretazioni sempre pi divisive. Le
implicazioni della ricerca di e elice, per , non potevano essere
eluse. Il popolo italiano non era stato vittima innocente, la respon-
sabilità non poteva essere attribuita unicamente a non meglio de -
niti “fascisti”. In un primo momento sembrava trattarsi di un’analisi
pro cua, un richiamo alla realtà. i di un osservatore fu costretto
ad ammettere che le dittature raramente sopravvivono per vent’anni
solo sulla base della repressione. Sembrava fosse arrivato il momen-
to in cui l’Italia avrebbe dovuto fare i conti con il passato fascista,
iniziare a porsi domande su come e perch l Italia fosse diventata
e rimasta fascista, e su cosa questo signi casse per comprendere
l’identità della nazione. Sembrava il momento in cui l’Italia avrebbe
dovuto seguire la Germania nello scavare a fondo nel suo recen-
te passato. Invece, per uno strano processo psicologico, gli italiani
rimasero convinti della loro innocenza. Come? Sostanzialmente in-
vertendo il segno negativo che connotava il fascismo. Un’operazio-
ne resa possibile ricorrendo a uno stereotipo popolare quello de-
gli italiani brava gente cio l idea che, a di erenza dei malvagi
tedeschi, gli italiani sono costituzionalmente incapaci di odiare, si
sono comportati bene nei territori che avevano occupato durante la
guerra perch , in quanto italiani, non avrebbero potuto agire diversa-
16 Mussolini e il fascismo
mente.6 Unita alla tesi del consenso di massa per il fascismo, l’idea
di italiani brava gente suggeriva che, se gli italiani brava gente
erano stati a favore del fascismo, se c’era stato un consenso di massa
per il regime, allora, a rigore di logica, il fascismo non poteva essere
stato poi così male. In tal modo, un passato spinoso non si tramutava
in un problema e gli italiani si salvavano da ogni possibile infamia.
Se, come vittime del fascismo, erano stati irreprensibili, ora, come
sostenitori del fascismo, risultavano comunque esenti da colpe.7
Come ogni storico sa, non una questione di innocenza o di
colpa, queste sono categorie morali che preferibile lasciare a un
altro tipo di discussione. E la ripetuta condanna del fascismo sen-
za alcuna ulteriore spiegazione o tentativo di comprensione non ci
porta molto lontano. Allo stesso tempo, non c’è alcun dubbio che le
categorie morali in uenzino la nostra visione del passato cio la
nostra memoria del fascismo. qui torniamo al nostro tema prin-
cipale. e da un lato abbiamo un antifascismo u ciale che con il
passare del tempo divenuto ormai di routine ha perso autorità,
e se dall’altro abbiamo un fascismo senza colpe, la strada è spia-
nata per una visione del passato che ha perso i connotati negativi.
Il processo di autoassoluzione nei confronti del fascismo insito in
entrambe le interpretazioni (come vittime non potevamo fare altro,
6. Per il confronto con i tedeschi si veda Filippo Focardi, Il cattivo tedesco e
il bravo italiano. La rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale, Roma-
Bari, Laterza 2013.
7. Cfr. Paul Corner, Italian Fascism: Whatever Happened to Dictatorship?, in
«Journal of Modern History», 2 (2002), pp. 325-351. Sul “mito” della Resistenza si
veda in primo luogo Filippo Focardi, La guerra della memoria. La Resistenza nel
dibattito politico dal 1945 ad oggi, Roma-Bari, Laterza, 2006 e adesso Id., Nel can-
tiere della memoria. Fascismo, Resistenza, Shoah, Foibe, Roma, Viella, 2020. Per
un’eccellente sintesi delle varie fasi della memoria del fascismo e della Resistenza,
che contiene anche una bibliogra a completa, si veda ilippo ocardi, Il passato
conteso, in L’Europa e le sue memorie. Politiche e culture del ricordo dopo il 1989,
a cura di Id. e Bruno Groppo, Roma, Viella, 2013. Sulla dimensione europea del
“paradigma della vittima”, cfr. Tony Judt, Postwar: A History of Europe since 1945,
London, Penguin, 2005 e Id., The Past Is Another Country: Myth and Memory in
Postwar Europe, in The Politics of Retribution in Europe. World War II and Its Af-
termath, a cura di Istvan Deak, Jan Tomasz Gross, Tony Judt, Princeton, Princeton
University Press, 2000, pp. 293-324. Sui pericoli di una memoria fossilizzata, si
veda anche il pi recente alentina isanty, I guardiani della memoria e il ritorno
della destra xenofoba, Milano, Bompiani, 2019.
Introduzione. Storia, memoria e amnesia 17
come fascisti non facevamo nulla di male) ha portato a una sorta di
perdita di responsabilità nel nostro approccio al regime, che impedi-
sce qualsiasi esame pi profondo di ci che il regime ha realmente
rappresentato e ci permette di rimuoverne gli aspetti negativi.
Le vere caratteristiche del regime vengono trascurate o ignora-
te tutto ci fa parte di un processo che ci porta verso quella che
stata de nita la defascistizzazione del fascismo.8 Si potrebbe anche
osservare, incidentalmente, come la sempre maggiore attenzione
rivolta alla hoah negli ultimi vent anni abbia favorito questo pro-
cesso, concentrando l’attenzione sui mali del nazismo e relegando il
fascismo, agli occhi dell’opinione pubblica, al ruolo di un innocuo
evento secondario. Come se, al confronto della Shoah, tutti gli al-
tri mali impallidissero. in questo contesto che Mussolini e le sue
“molte cose buone” hanno potuto riemergere.
egli anni ovanta, quando i presunti post fascisti di ianfran-
co Fini sono entrati al governo e, poco dopo, Silvio Berlusconi ha
a ermato che Mussolini non ha mai ucciso nessuno e ha de nito il
leader fascista uno dei pi grandi statisti del secolo un giudizio
poi misericordiosamente rivisto da Fini), è apparso evidente come
questo processo fosse pienamente in corso. ei fatti, pi l attenzione
si concentrava sul leader fascista, meno la gente ricordava altri aspet-
ti del regime, sposando il “mito” che il fascismo si era auto creato
quando era ancora al potere. aradossalmente, mentre i ricordi della
realtà del regime con il passare del tempo si a evolivano e naufra-
gavano i tentativi di costruire un’interpretazione del passato fascista
condivisa, paci cata , il mito che il regime aveva coltivato di s
stesso a uso internazionale quello di un fascismo disciplinato, dina-
mico, organizzato e potente, proiettato con forza verso il futuro so-
stituiva la ricostruzione storica, dando luogo a una nuova “memoria”
ignara dell’enorme divario esistente tra le tanto sbandierate realizza-
zioni fasciste e quanto era stato e ettivamente attuato dal regime.
L oggetto del presente libro costituito appunto da questo diva-
rio tra mito e realtà, tra le attuali percezioni del passato fascista e la
realtà della dominazione totalitaria, tra ci che pensiamo di ricorda-
re e ci che abbiamo rimosso dalla memoria. ella consapevolezza
. Il termine quello utilizzato da milio entile, Fascismo. Storia e inter-
pretazioni, Roma-Bari, Laterza, 2002, p. VII.
18 Mussolini e il fascismo
che in un’epoca di fake news (niente di nuovo, tra l’altro; una volta
si chiamavano “false notizie”) corriamo evidentemente il rischio di
costruire una fake memory ricordiamo ci che vogliamo credere,
senza preoccuparci dei fatti.
Ma perch la gente vuole credere alle cose buone del fasci-
smo erch si di usa una percezione generalizzata che il regime
fascista non sia stato poi così male e che, anzi, possa avere molto
da dire? Se, come abbiamo suggerito, la memoria è condizionata
tanto dal presente quanto dal passato, allora dobbiamo guardare an-
che al presente per capire questa lenta e costante riabilitazione del
fascismo. A questo proposito, naturalmente, non di cile trovare
spiegazioni. L’instabilità e le incertezze del mondo contemporaneo,
con la globalizzazione, la crisi economica, l’incompetenza politica,
la s da delle migrazioni di massa e ora le pandemie possono fa-
cilmente trasformare il passato in un’età dell’oro. Il passato è spesso
pi roseo del presente la nostalgia del comunismo manifestata da
alcuni gruppi sociali in Russia e in altri paesi dell’ex blocco sovie-
tico ne è un esempio. Nel caso italiano, la trasformazione della me-
moria è altrettanto impressionante. Mussolini rappresentava la mor-
te e la distruzione nel ma, con l ausilio di qualche cinegiornale
dell’Istituto Luce trasmesso dalla televisione e la percezione attuale
di un’Italia alla deriva, viene facilmente trasformato in un emble-
ma di stabilità, autorità, dinamismo, direzione e, forse soprattutto,
speranza. Non solo ha fatto “molte cose buone”, ma eravamo rispet-
tati, sapevamo dove stavamo andando, non dovevamo chiudere le
porte a chiave di notte, e così via.
La visione del passato fascista incentrata quasi esclusivamente
su Mussolini va ricondotta in larga misura a ci che abbiamo già
notato il regime, in quanto tale, nella guerra delle interpretazioni
è stato relegato in secondo piano. Siamo passati da un antifascismo
senza fascismo a un consenso di massa per il fascismo, che molti ac-
cettano volentieri, senza porsi alcuna domanda. Il lungo regime e
vent anni sono tanti come scomparso in un buco nero, dal quale
sola emerge la gura carismatica di Mussolini. i conseguenza, a
parte i pochi luoghi comuni sui treni in orario e sulle boni che, la
nostra memoria del fascismo è prevalentemente politica; riguarda il
dittatore, l a ermazione e l esercizio del potere. uota attorno alla
Marcia su Roma, ai discorsi di Piazza Venezia, al Concordato con
Introduzione. Storia, memoria e amnesia 19
la Chiesa, al trionfo di Monaco ricorda la posa, i gesti, quel
mento sporgente.
uasi inevitabilmente, in e etti, nel caso di una dittatura la pro-
spettiva tende a essere dall’alto verso il basso piuttosto che vicever-
sa. Di conseguenza, domina il “politico”.9 Non si ha una memoria
di usa della vita popolare del fascismo, di come la gente comune
vivesse e lavorasse sotto il regime. i persa, in qualche modo,
una visione sociale del fascismo: certamente a causa del passare del
tempo, certamente per anche perch uno dei principali veicoli della
memoria popolare antifascista la classe operaia stato disin-
tegrato dall’avvento dell’individualismo neoliberista; e forse anche
perch l Italia degli anni renta prevalentemente agricola, povera,
priva di abitazioni adeguate e, in molte aree, mal nutrita diventata
un Italia con cui, dopo il miracolo economico, arduo identi carsi.
utto ci rende di cile valutare l impatto della dittatura nell Italia
degli anni renta appartiene a un mondo che non abitiamo pi . p-
pure, ogni memoria “autentica” del fascismo (se una tale memoria
è possibile) dovrebbe tener conto del contadino, dell’operaio, del
commesso e della casalinga tanto quanto dell lite dominante e del
dittatore. Anche l’avvento della storia culturale, intesa in senso stret-
to, ha fatto poco per cambiare questo quadro. li studi, a volte illu-
minanti, sull’arte, l’architettura, la letteratura e l’ideologia fascista
ci dicono molto sul messaggio che il regime cercava di veicolare, ma
poco sull’aspetto economico e sociale.
e vogliamo tornare a un immagine di Mussolini a rancata dal
mito auto generato, essenziale costruire una memoria pi com-
plessa del regime. Ci implica collocare le molte cose buone in
un contesto pi ampio, che includa non solo i ponti e la boni ca
ma anche la violenza, il razzismo, la guerra e le privazioni. Si do-
vrebbe guardare al fascismo in quanto sistema di dominio, non alle
9. Prima che la storia sociale cadesse in disgrazia, negli anni Ottanta sono
stati prodotti studi eccellenti dagli storici vicini a Franco Della Peruta; a titolo di
esempio: Il fascismo in Lombardia. Politica, economia e società, a cura di Maria
Luisa Betri, Alberto De Bernardi, Ivano Granata e Nando Torcellan, Milano, Franco
Angeli, . In seguito, parte di questo materiale stato utilizzato in uno dei pochi
tentativi di scrivere una storia sociale complessiva: Patrizia Dogliani, Il fascismo
degli italiani. Una storia sociale, Torino, Utet, 2008, ripubblicato, con una biblio-
gra a aggiornata, nel .
20 Mussolini e il fascismo
singole politiche e progetti. er quanto riguarda il consenso, non si
tratta di riesumare la tesi della “nazione antifascista”, tanto meno di
nascondersi dietro il persistente paradigma della “vittima”. Si tratta
di contestare una falsa memoria semplicistica del fascismo, che ha
costruito un immagine del regime funzionale alle inquietudini del
presente, che ha rimosso dalla memoria gli aspetti inaccettabili del-
la dittatura e dimenticato le sue pesanti responsabilità. In un certo
senso il fascismo, il fascismo realmente esistente , ovvero quello
dell esperienza quotidiana,10 va reinserito nella storia d’Italia, ma va
reinserito nei termini corretti e non sulla base di miti consolatori e
di luoghi comuni sbagliati. isogna acquisire il fascismo come parte
integrante della storia nazionale.
10. Si parla spesso di “socialismo reale”, per indicare la distinzione fra il pro-
getto socialista e la realtà della vita quotidiana, ma quasi mai di fascismo reale .