studi Hth XXXVI (1/2018) 3-21
Per una teologia delle religioni:
bilanci e prospettive di un percorso ventennale
@ Mariano Crociata
Sommario Summary
Questo articolo rivisita la storia e le attività – conve- This article re-examines the history and the activities
gni, seminari, tavole rotonde, pubblicazioni, confronti – meetings, seminars, round tables, publications, inter-
interreligiosi – del Dipartimento di teologia delle reli- religious dialogues – that took place in the Department
gioni costituito venti anni fa presso la Facoltà Teologica of Theology of Religions, founded 20 years ago at the
di Sicilia. Emergono le tre prospettive di sviluppo del Theological Faculty of Sicily. From this, three main
Dipartimento stesso: il dimensionamento teologico, il attitudes of the Department itself emerge: theological
profilo epistemologico e metodologico, l’apertura al dia- dimensioning, epistemological and methodological pro-
logo fra le religioni. files, and openness to dialogue amongst religions.
Parole-chiave: teologia delle religioni, dialogo interreli- Keywords: theology of religions, interreligious dialogue,
gioso, cristianesimo, islam, ebraismo, religioni asiatiche. Christianity, Islam, Judaism, oriental religions.
È stato nel corso dell’anno accademico 1997-98 che l’allora preside del-
la Facoltà Teologica di Sicilia, mons. Cataldo Naro, mi propose di curare
l’avvio di quella che all’inizio venne chiamata Cattedra di teologia delle re-
ligioni e che poi assunse ben presto la denominazione di Dipartimento. La
proposta nasceva soprattutto da una sensibilità attenta agli sviluppi del di-
battito e della ricerca che proprio in quegli anni si venivano intensificando
sul tema. Mette conto ricordare, piuttosto succintamente, che, insieme alle
tante pubblicazioni che cominciavano ad essere tradotte e prodotte,1 in
quegli stessi anni l’Associazione Teologica Italiana cominciava a promuo-
vere convegni sul tema,2 nel 1997 veniva pubblicata l’opera di J. Dupuis
1
Cf., a titolo esemplificativo, P.F. Knitter, Nessun altro nome? Un esame critico degli atteggiamenti
cristiani verso le religioni mondiali, Queriniana, Brescia 1991; J. Hick - P.F. Knitter (edd.), L’unicità
cristiana: un mito? Per una teologia pluralistica delle religioni, Cittadella, Assisi 1994; G. D’Costa (ed.),
La teologia pluralista delle religioni: un mito? L’unicità cristiana riesaminata, Cittadella, Assisi 1994;
H. Waldenfels, Il fenomeno del cristianesimo. Una religione mondiale nel mondo delle religioni, Que-
riniana, Brescia 1995. Della produzione in lingua italiana, cf. Aa.Vv., Cristianesimo e religione, Glossa,
Milano 1992; Aa.Vv.,Cristianesimo e religioni. Filosofia e teologia di fronte alla sfida del pluralismo,
in «Filosofia e Teologia» 6 (1/1992); Aa.Vv., Cristianesimo, Religione, Religioni, Glossa, Milano 1993;
Aa.Vv., Cristianesimo e religioni in dialogo, Morcelliana, Brescia 1994; P. Coda (ed.), L’unico e i molti.
La salvezza in Gesù Cristo e la sfida del pluralismo, Pul-Mursia, Roma 1997; A. Fabris - M. Gronchi
(edd.), Il pluralismo religioso. Una prospettiva interdisciplinare, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998.
2
Cf. G. Lorizio (ed.), Religione e religioni. Metodologia e prospettive ermeneutiche, Messaggero, Pa-
dova 1998; M. Aliotta (ed.), Cristianesimo, religione, religioni. Unità e pluralismo dell’esperienza di Dio
4 Mariano Crociata
Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso3 e, sempre nel mede-
simo anno, veniva reso noto il documento della Commissione teologica
internazionale Il cristianesimo e le religioni.4 La proposta costituiva una
impegnativa sollecitazione e suscitava la consapevolezza di un’opportunità
per entrare nel vivo di un dibattito aperto con la richiesta di apportarvi il
proprio contributo. Prendeva corpo così una visione della missione della
Facoltà che la immettesse sempre di più e meglio nel circuito della rifles-
sione e della ricerca oltre i confini locali e insulari, per una soggettualità
scientifica e culturale nello scenario più vasto della teologia italiana e oltre,
e per una crescente fecondità della stessa attività didattica e formativa.
Il Dipartimento voleva essere uno spazio di riflessione e di ricerca,
trasversale rispetto alle competenze disciplinari e alle sezioni di specializ-
zazione in teologia, per raccogliere l’apporto dei diversi docenti al fine di
approfondire temi legati all’ambito delle religioni, in una sorta di reciproca
fecondazione interdisciplinare. Fin dall’inizio – nel maggio del 1998 – il
lavoro di gruppo – nello stile di una progettazione condivisa e della con-
seguente collaborazione – caratterizzò sempre l’attività del Dipartimento,
che abbracciò fin dall’inizio un convegno annuale e l’offerta di corsi nelle
sezioni di specializzazione che incrociassero in qualche maniera tematiche
inerenti le religioni. A queste bisogna aggiungere le iniziative di vero e
proprio dialogo interreligioso che la Facoltà ha intrapreso nel corso degli
anni successivi con figure di rilievo soprattutto di religione musulmana.
Inoltre va registrato l’avvio di una esperienza, da ascrivere ancora al Di-
partimento, di una Rassegna delle riviste su temi di teologia, filosofia e
scienze delle religioni, curata da un gruppo formato da docenti e anche da
studenti. La Rassegna venne prodotta e pubblicata per due anni di seguito,
nel 2005 e nel 2006, sulla rivista della Facoltà.5 Di convegni ne sono stati
celebrati nove fino al 2007. Di essi la pubblicazione degli atti ha seguito
quasi regolarmente la celebrazione, eccetto che per l’ultimo.
Un dimensionamento peculiarmente teologico
All’avvio delle attività non c’era, e non poteva esserci, un progetto defi-
nito. L’esigenza che si presentava era duplice: formare competenze e pro-
alle soglie del terzo millennio, San Paolo, Cinisello Balsamo 1999; G. Cereti (ed.), Monoteismo cristiano
e monoteismi, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001.
3
Queriniana, Brescia 1997.
4
Cf. «La Civiltà Cattolica» 148/I (1997) 146-183.
5
Cf. M. Crociata, Rassegna di teologia delle religioni nelle riviste del 2004, in «Ho Theológos» 23
(3/2005) 487-551; Id., Rassegna delle riviste su teologia, filosofia e scienze delle religioni 2005, in «Ho
Theológos» 24 (3/2006) 467-614.
Per una teologia delle religioni: bilanci e prospettive di un percorso ventennale 5
durre ricerca. Di fatto il percorso è stato da subito caratterizzato da un
orientamento e da uno sforzo di esplorazione. A guardare nel suo insieme
la produzione bibliografica, emergono tre filoni principali di attenzione: un
primo di tipo epistemologico e metodologico; un secondo di tipo tematico
e contenutistico; un terzo di riflessione sulla religione islamica. Pur in pre-
senza della necessità di pervenire ad una visione d’insieme della proble-
matica teologica e di elaborare una impostazione coerente nella trattazione
della materia, la felice scelta iniziale fu quella di entrare nel vivo del dibat-
tito affrontando un tema allora particolarmente sentito, quello dell’unicità
della mediazione rivelatrice e salvifica di Gesù Cristo.6 A riprova del grande
interesse che esso suscitava si poneva la pubblicazione, di lì a poco, del
documento della Congregazione per la dottrina della fede Dominus Iesus
circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa.7
L’organizzazione degli interventi al convegno fu programmata secondo
uno schema che risultò rispondente agli obiettivi individuati. Essa posse-
deva due requisiti: dare voce ad approcci disciplinari molteplici e coordi-
nati accanto a quello teologico e sistematico; aprire all’apporto di studiosi
esterni alla Facoltà e in genere alle accademie ecclesiastiche, non solo
italiani ma anche stranieri di varia estrazione culturale e confessionale. Il
primo della serie dei convegni risultò di fatto esemplare. Il tema dell’unica
mediazione di Cristo fu esplorato da molteplici punti di vista e con l’in-
tervento di numerosi studiosi.8 Si delineano già, in esso, alcune costanti
della riflessione poi sviluppata. Ne richiamo due in particolare: la prima ri-
guarda il carattere teologico della comprensione credente della pluralità di
religioni e la seconda la centralità della mediazione cristologica, in modo
particolare nella forma della cristologia della kenosi.
Sul primo aspetto, richiamavo «il carattere confessionale della teologia»:
Ogni religione vive della visione della realtà e della «pretesa di verità» che la
identifica e da cui prescindere equivarrebbe a negarsi. Perciò tutti i tentativi di
una qualche teologia sopra-religiosa […] sono destinati al fallimento, poiché
rinunciare pregiudizialmente alla propria pretesa di verità significa negare ogni
possibilità di comprensione e di comunicazione, dal momento che non rimane
più niente da comprendere e da comunicare, fuori di una vaga e astorica reli-
giosità.9
6
Cf. M. Crociata (ed.), Gesù Cristo e l’unicità della mediazione, Paoline, Milano 2000.
7
La data ufficiale lo riferisce al 6 agosto 2000; cf. Enchiridion Vaticanum, XIX, nn. 1142-1199.
8
Cf., tra gli altri, A. Amato, L’unicità della mediazione salvifica di Cristo: il dibattito contempora-
neo, in M. Crociata (ed.), Gesù Cristo e l’unicità della mediazione, 13-44; P. Coda, Per un’ermeneutica
cristologico-trinitaria del pluralismo delle religioni, ib., 45-69; A. Grillo, La categoria di «mediazione»:
usi e abusi filosofico-teologici, ib., 73-105.
9
M. Crociata, «Mediator simul et plenitudo totius revelationis» (DV 2). Religioni e rivelazione, ib.,
243-284, qui 264.
6 Mariano Crociata
Ne seguiva che, in quanto teologia, quella avente per oggetto le religio-
ni non potrebbe che procedere «nell’orizzonte dell’autocomprensione te-
ologica finora raggiunta».10 Questo conduceva, anche nel dibattito interno
al gruppo di lavoro, alla scelta di distinguere tra teologia delle religioni e
dialogo interreligioso. Così che, di fronte alla proposta di coinvolgere nei
convegni teologici rappresentanti di altre religioni, l’opzione più coerente
sembrò quella di riservare l’interlocuzione con quei rappresentanti agli in-
contri di natura formalmente dialogica. La ragione era che l’interpretazione
teologica di una realtà religiosa ne richiede una conoscenza adeguata ma
non può essere il risultato di un mero scambio di conoscenze tra rappre-
sentanti di religioni diverse, bensì è innanzitutto il frutto di una lettura
cristiana conforme alla sua criteriologia e al suo metodo.
Proprio in riferimento alla criteriologia teologica a cui conformarsi, così
si esprimeva Piero Coda:
La dinamica dell’“oltrepassamento” di Sé in relazione a noi, compiuta da Dio
nell’evento pasquale del Crocifisso, dischiude escatologicamente per mezzo di
Gesù Cristo risorto e nello Spirito Santo, lo spazio della relazionalità con Dio e
tra gli uomini, sia nelle loro relazioni interpersonali sia nelle relazioni tra le loro
esperienze e tradizioni religiose e culturali.11
L’evento pasquale è il luogo nel quale Dio fa spazio all’altro da sé
mettendosi in relazione con lui e coinvolgendolo in un “oltrepassamento”
che conduce verso la piena realizzazione di sé. Si tratta di una forma alta
di visione inclusivistica che rappresenta il modello in cui viene spontane-
amente a collocarsi il percorso di ricerca del Dipartimento, chiaramente
smarcato rispetto a ogni tendenza esclusivistica o, all’opposto, pluralistica.
Lo stesso Coda parlava, in quella stessa circostanza, di prospettiva inclusi-
vo-relazionale che abbraccia, insieme all’orizzonte cristologico, quelli tri-
nitario e protologico.12 Verrà presto in evidenza, peraltro, la rigidità e la
schematicità di quei modelli di classificazione e, quindi, la loro insufficien-
za a favorire sviluppi ulteriori.
La peculiarità del tema dell’unicità della mediazione cristologica sta
anche nel fatto che esso costituisce un contenuto dogmatico e cristologico
cruciale per la teologia ma, allo stesso tempo, presenta un nesso imme-
diato ed essenziale con la teologia delle religioni, proprio perché esso,
nella sua principialità teologica, è uno dei primi ad essere interrogato e
sottoposto al vaglio di una riflessione credente sulla pluralità delle religioni
10
Ib.
11
P. Coda, Per un’ermeneutica cristologico-trinitaria del pluralismo delle religioni, 62-63.
12
Cf. ib., 63-68.
Per una teologia delle religioni: bilanci e prospettive di un percorso ventennale 7
con le rivendicazioni che ciascuna legittimamente avanza circa la propria
pretesa religiosa.
La scelta di prendere in esame, successivamente, altri settori della teolo-
gia dogmatica era intesa a rivisitare ambiti portanti della visione teologica
cristiana per rileggerli nell’orizzonte della pluralità delle religioni e della
sua comprensione cristiana e in un accostamento che si poteva prestare
ad un approccio di tipo comparativo. Prima però di passare ad altri aspetti
della dogmatica, si faceva valere l’esigenza di approfondire la questione
cristologica con una attenzione più puntuale sulla kenosi e quindi sul Cri-
sto crocifisso. Già nel titolo viene enunciato l’intreccio tra dolore dell’uo-
mo e compassione divina: Il Crocifisso e le religioni. Compassione di Dio
e sofferenza dell’uomo nelle religioni monoteiste.13 È in gioco lo sguardo
credente sul Cristo crocifisso, ma anche quello sulle sofferenze umane. Vi
si intrecciano due percorsi: quello che vede Dio andare incontro all’uomo
in una accoglienza incondizionata che giunge fino alla croce e quello degli
uomini tra di loro accomunati da una sofferenza illuminata e trasformata
dal Crocifisso.
«Il ritmo interiore [dell’evento Cristo] – scrive Coda – è quello della ke-
nosi come libero e gratuito farsi uno di Dio, in Cristo, con l’uomo che grida
l’attesa della salvezza: al di là di qualunque identificazione etnica, morale
e anche religiosa, illuminandone dall’interno la verità in cerca di pienez-
za».14 E, alla ricerca di questo «dall’interno», una sua autonoma e originale
riflessione sviluppa nello stesso convegno, a sua volta, Gerhard Gäde, il
quale elabora una teoria che denomina interiorismo, proponendola come
alternativa anche all’inclusivismo, oltre che all’esclusivismo e al pluralismo.
Egli lo intende come presenza di Cristo nelle altre religioni e criterio di
riconoscimento di tale presenza che, come tale, promette la comunione
con Dio che egli, il Cristo, rende definitivamente possibile.15
Diventa ben presto esplicita la scelta di estendere, ma per certo ver-
so anche delimitare, lo spazio religionistico da prendere in considerazio-
ne alle religioni cosiddette monoteistiche, senza per questo rinunciare,
all’occorrenza, a delle puntate esplorative anche su altri territori religiosi.
Anche i contenuti teologici successivamente affrontati vengono espressa-
mente studiati in un dialogo conoscitivo e problematizzante con ebraismo
e islam. Saranno tre ancora i convegni dedicati rispettivamente alla teologia
13
Cf. P. Coda - M. Crociata (edd.), Il Crocifisso e le religioni. Compassione di Dio e sofferenza
dell’uomo nelle religioni monoteiste, Città Nuova, Roma 2002. Cf., in breve, M. Naro, Nuove riflessioni
teologiche sull’appartenenza ecclesiale e sul pluralismo religioso, in «Ho Theológos» 20 (1/2002) 127-142.
14
P. Coda, Linee per una prospettiva sistematica, ib., 347-359, qui 356.
15
Cf. G. Gäde, Sapientia crucis. Conoscenza di Dio, rivelazione cristiana e religioni, ib., 313-334.
8 Mariano Crociata
di Dio,16 dell’uomo17 e, con una escursione fuori dall’orizzonte dogmatico,
all’antropologia in prospettiva etica.18
Nel primo di essi viene tematizzata proprio la questione dei monoteismi
dal punto di vista della storia delle religioni,19 ma solo come premessa e
contesto a uno sviluppo che si concentra su una teologia trinitaria che leg-
ge il mistero divino, in quanto rivelato dall’evento pasquale, alla luce delle
categorie di kenosi e agape in una «comprensione pericoretica dell’unità
divina».20 In questo senso va lo sforzo di coniugare
[…] Trinità e monoteismo con l’intento di far risaltare la specificità ma anche la
convincente coerenza del monoteismo cristiano, se possibile ancora più rigo-
rosamente monoteistico – a fronte della sua presunta interna contraddittorietà
–, per la sua capacità di aprirsi ad una visione dinamica in cui l’alterità non è
minaccia dell’unità e dell’unicità, e in cui l’unità perde una connotazione mono-
litica che irrigidisce e impoverisce la visione di Dio.21
Non sono di poco conto le acquisizioni che la conoscenza e l’accosta-
mento delle differenze tra le religioni procurano, avvalorando la coscienza
e l’identità di ciascuna religione senza che ne venga sminuita, ma anzi
accresciuta, la comprensione della pluralità delle religioni:
Di fronte a tali differenze una teologia delle religioni deve procedere a rilevare,
assumere criticamente e lasciar interagire le “strutture portanti” proprie di ciascu-
na religione in modo da produrre un accrescimento e un approfondimento delle
rispettive autocomprensioni, per un “discernimento” adeguato dell’alterità religio-
sa, avvalorando così la teologia delle religioni con una teologia dalle religioni.22
Analogie e differenze fra le tre tradizioni cosiddette monoteistiche si
ripresentano ancora in ambito antropologico, rispetto al quale
[…] l’implicazione antropologica fondamentale risulta essere allora la fede come
mediazione gnoseologica unicamente adeguata per la conoscenza e l’interpre-
tazione di qualsiasi tematica nell’accostamento delle altre tradizioni religiose; di
16
Cf. M. Crociata (ed.), Il Dio di Gesù Cristo e i monoteismi, Città Nuova, Roma 2003. Su questo,
in breve, M. Naro, Il Dio di Gesù Cristo e i monoteismi, in «Rassegna di Teologia» 43 (2002) 754-758.
17
Cf. M. Crociata (ed.), L’uomo al cospetto di Dio. La condizione creaturale nelle religioni monotei-
ste, Città Nuova, Roma 2004.
18
Cf. G. Bellia - M. Crociata (edd.), La sapienza sulla bocca, la legge nel cuore. Antropologia, etica
e religioni “rivelate”, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2009.
19
Cf. G. Filoramo, Diversità dei monoteismi: esclusivismo o dialogo?, in M. Crociata (ed.), Il Dio di
Gesù Cristo e i monoteismi, 15-31.
20
M. Crociata - M. Naro, Fede trinitaria e monoteismi, ib., 335-361, qui 348.
21
M. Crociata, Introduzione, ib., 8.
22
Ib.
Per una teologia delle religioni: bilanci e prospettive di un percorso ventennale 9
qui la necessità di svilupparne tutte le dimensioni, tenendo conto delle analo-
ghe mediazioni gnoseologiche strutturanti le altre religioni nella articolazione
tra fede e credenza.23
Analogie e differenze tornano, non senza qualche risonanza dramma-
tica, nella «riflessione sull’etica come dimensione costitutiva dell’umano
in una situazione di pluralismo anche religioso».24 Rispetto ad essa le
ricadute di ordine pratico e l’istanza del dialogo emergono prontamente
in tutta la loro urgenza. Nondimeno, pur dovendo imparare a rivedere
gli errori del passato e riscoprire e valorizzare le «forme di mediazione
simbolica» delle religioni per «consolidare i vincoli sociali» e «rafforzare gli
ordini normativi»,25
non si tratta di sminuire il valore di ogni sforzo teorico e pratico volto a ricon-
durre ad un progetto etico la fatica della mutua comprensione e della conviven-
za tra le religioni; si tratta piuttosto di affrontare previamente e fondativamente
la questione teologica del pluralismo religioso considerato nell’ottica della di-
mensione etica dell’antropologia.26
Questa carrellata sui temi specificamente teologici affrontati in alcuni
convegni promossi dal Dipartimento vuole servire non solo a dare un’idea
dell’attività svolta, ma anche a lasciar intuire alcuni motivi portanti della ri-
flessione condivisa e spunti per ulteriori approfondimenti che il confronto
con le religioni procura. Si fa così strada l’esigenza di affrontare la que-
stione dello statuto epistemologico della riflessione sulle religioni e quella
del suo metodo. Non si è voluto trattare tale questione all’inizio; ad esso è
stato riservato, invece, il secondo convegno, per tornarvi su qualche anno
dopo in un’ottica di tipo soprattutto metodologico.
Il convegno su Bilanci e prospettive di teologia delle religioni ha dato
forma a una sintesi che per il tempo ha rappresentato uno strumento di
lavoro.27 Esso ospitava una ricostruzione dell’emergere del tema delle reli-
gioni nella teologia del Novecento, ad opera di Giacomo Canobbio;28 poi
ancora presentava una rassegna molto ampia della riflessione teologica
sulle religioni nelle maggiori aree linguistiche e culturali del pianeta;29
23
M. Crociata, Introduzione, in Id. (ed.), L’uomo al cospetto di Dio, 11.
24
Id., Introduzione, in G. Bellia - M. Crociata (edd.), La sapienza sulla bocca, la legge nel cuore, 5.
25
G. Bellia, Il percorso obliquo dell’etica tra omologazione e speranza, ib., 203-214, qui 213.
26
M. Crociata, Introduzione, ib., 9.
27
Cf. M. Crociata (ed.), Teologia delle religioni. Bilanci e prospettive, Paoline, Milano 2001.
28
Cf. L’emergere dell’interesse per le religioni nella teologia cattolica del Novecento, ib., 15-55.
29
In ordine: l’area di lingua francese ( J.-M. Aveline), il contesto anglosassone ( J. Farrugia), quello
tedesco (G. Gäde), la proposta di R. Panikkar (S. Pié-Ninot), l’Asia del Sud (F.A. Machado), l’Estremo
Oriente ( Jae-Suk Lee), l’esperienza africana ( J. Ilunga Muya); cf. ib., 59-254.
10 Mariano Crociata
infine offriva un triplice approccio conclusivo alla questione: storico-re-
ligioso,30 biblico31 e teologico.32 Il tentativo di sistematizzazione aveva la
pretesa di impostare il tema dello statuto della teologia delle religioni. Lo
considero un tentativo scolastico di mettere ordine in una materia che ten-
deva di suo a esplodere e a sgusciare da tutte le parti. Non pensavo che
potesse diventare un’ulteriore disciplina teologica, ma ritenevo che doves-
se essere svolta secondo i criteri propri del lavoro teologico e trovare un
suo autonomo spazio di elaborazione. Una importante attenzione previa
imponeva di smarcarsi da
una illusoria condizione sopra-storica, come al di fuori di un concreto e deter-
minato punto di vista confessionale, religioso, teologico e culturale, da cui guar-
dare la realtà religiosa complessiva […]. Ogni religione è un mondo e non c’è
la possibilità di accedere alla totalità dei mondi religiosi saltando la conoscenza
e la comunicazione con ciascuno di essi, o presumendo di potersi collocare al
di fuori di tutti e di ciascuno.33
Per questo ponevo una distinzione
tra il momento di uno sviluppo teologico dall’interno nella propria autocom-
prensione e nella propria valutazione della pluralità religiosa nei suoi caratteri
generali, e il momento di una comprensione teologica che dirige l’attenzione
verso ciascuna singola realtà religiosa. La distinzione è essenziale per una cor-
retta circolarità dei due momenti.34
Perciò
il principio regolatore della riflessione anche in questo ambito è l’intelligenza
della fede così come all’interno dell’orizzonte cristiano può essere elaborata,
e non presupponendo una intelligenza più vasta o esterna alla specifica fede
cristiana in nome di una sintesi superiore o di una verità più grande.35
E questo senza perdere di vista che quello teologico è anch’esso un
mondo plurale, ma prima ancora un complesso articolato di competenze
e di procedimenti, per non parlare dell’orizzonte conoscitivo esterno alle
discipline teologiche ma con esso intrecciato. Una questione cruciale era
30
Cf. M. Fuss, «Pellegrina fra pellegrini». La reciproca diaconia di teologia e antropologia delle
religioni, ib., 257-283.
31
Cf. G. Bellia, Una teologia biblica delle religioni?, ib. 284-322.
32
Cf. M. Crociata, Per uno statuto della teologia delle religioni, ib., 325-370.
33
Ib., 355.
34
Ib.
35
Ib., 356.
Per una teologia delle religioni: bilanci e prospettive di un percorso ventennale 11
rappresentata dalla comprensione della categoria di religione, tutt’altro che
semplice nella sua storia e nella sua concettualizzazione. In riferimento ad
essa e alla pluralità delle tradizioni religiose è imprescindibile il confronto
con la filosofia e con le scienze delle religioni, per non dire delle scienze
umane in generale, tenuto conto anche solo dei fenomeni sociali in atto.
Ma anche all’interno del sapere teologico, la teologia delle religioni riven-
dica una sua distinzione in rapporto alle articolazioni tra fondamentale e
dogmatica, nonché – e direi soprattutto – in rapporto alla teologia della
missione e a quella del dialogo interreligioso.
In quel contesto mi arrischiavo a ipotizzare una organizzazione della
trattazione della teologia delle religioni distinguendo una sorta di rifles-
sione fondamentale concernente la «legittimazione della fede cristiana nel
confronto con la pluralità delle tradizioni religiose», e quindi in che senso
essa sia una religione, il ruolo della mediazione salvifica e rivelatrice di Cri-
sto, l’eventuale significato salvifico e rivelatore delle altre religioni, il senso
della verità riferito ad esse, la funzione della Chiesa. Un secondo livello
di trattazione dovrebbe riguardare i singoli contenuti dottrinali della fede
cristiana e quelli delle altre religioni in un confronto che cerca un’intelli-
genza reciproca sempre maggiore. Infine, un terzo livello abbraccerebbe i
già menzionati ambiti della missione e del dialogo interreligioso. In questo
senso distinguevo una introduzione alla teologia delle religioni, una teolo-
gia fondamentale e una teologia speciale delle religioni.
Il tema generale veniva ripreso qualche anno dopo dal punto di vista
del metodo.36 Lo status quaestionis di apertura, di Massimo Naro, tra gli
altri aspetti rilevava alcuni slittamenti progressivi del metodo teologico in
generale, come per esempio dal pensiero metafisico a quello ermeneu-
tico, dalla teologia “di Chiesa” alla teologia delle “Chiese” locali, dall’au-
tosufficienza disciplinare all’inter- e alla trans-disciplinarietà che esigono
sempre di più un lavoro teologico di gruppo.37 Al di là del confronto con
la filosofia38 e con le scienze delle religioni,39 come pure di quello con
l’ebraismo40 e l’islam,41 da segnalare la proposta di modello elaborata da
36
M. Crociata (ed.), Teologia delle religioni. La questione del metodo, Città Nuova, Roma 2006.
37
Cf. M. Naro, Il metodo teologia e la teologia delle religioni, ib., 13-34, qui 27-32.
38
Cf. C. Vigna, Un altro come me. Sospetto e fiducia fra credenti, ib., 37-52; G. Nicolaci, Il plurali-
smo come metodo della ragione. Tra filosofia e teologia, ib., 53-69.
39
Cf. M. Fuss, «Riconoscere, conservare, promuovere». Il rapporto tra teologia e scienze delle
religioni a 40 anni dalla Nostra Aetate, ib., 71-108.
40
Cf. G. Rizzi, Bibbia e giudaismo nella fede ebraica, ib., 143-166.
41
Cf. G. Rizzardi, Islam tra autocoscienza islamica ed islamologia, ib., 167-201.
12 Mariano Crociata
Claude Geffré42 con cui si pone in discussione Gerhard Gäde.43 Questa va-
rietà esemplificativa di interventi vale da sola a confermare, già poco più
di dieci anni fa, la pluralità e la complessità del lavoro teologico anche in
teologia delle religioni.
Da parte mia, tornando su questioni già affrontate precedentemente e
introducendo precisazioni e modifiche, muovevo da una comprensione
previamente operante di tipo cristologico-trinitario come condizione di
una teologia qualificabile come cristiana, per pervenire a una visione er-
meneutica della riflessione cristiana sulle religioni che dovrebbe procedere
da una interpretazione teologica del pluralismo religioso, a una compa-
razione teologica interreligiosa, fino a un discernimento cristiano delle
singole religioni o a una teologia delle (singole) religioni.44
Ed è così che, dopo l’esplorazione di alcuni assi portanti della teologia
cristiana e dopo una riflessione di tipo epistemologico e metodologico, il
cammino del Dipartimento sfociava naturalmente sul discernimento cri-
stiano di una singola religione, e precisamente dell’islam. Già nel 2004 la
Conferenza Episcopale Siciliana aveva pubblicato il documento Per un
discernimento cristiano sull’islam,45 frutto di un lavoro svolto con la col-
laborazione di alcuni docenti della Facoltà. Allo stesso tema è stato suc-
cessivamente dedicato un convegno.46 Un approccio anche in questo caso
interdisciplinare componeva studio delle ermeneutiche religiose, approcci
ecumenici, presentazione di figure di studiosi e di convertiti insieme a una
ricostruzione storica e a un tentativo di sistemazione del discernimento
cristiano sull’islam grazie al contributo di Maurice Borrmans.47 Era un inizio
che faceva intravedere un vasto campo di indagine, ma immediatamente
una esiguità di risultati. Scrivevamo che
il senso del discernimento cristiano […] consiste nello sforzo di delineare e
precisare sempre meglio come la fede cristiana, a partire dalla propria auto-
comprensione e nella luce e nella visione della realtà che da essa scaturisce,
42
Cf. C. Geffré, Il mistero del pluralismo religioso nell’unico progetto di Dio. Fondamento biblico e
teologico, ib., 215-237.
43
Cf. G. Gäde, Il primo passo metodologico. Una breve replica al contributo di Claude Geffré, ib.,
239-245. Tra gli altri contributi, richiamo quello di Sergio Ubbiali (Il dialogo interreligioso e la teologia
delle religioni. La questione contemporanea, ib., 109-139) sul ruolo del dialogo interreligioso e di
Gianni Colzani (Per una teologia delle religioni. Note su questioni di metodo, ib., 247-257) sul metodo.
44
Cf. M. Crociata, La teologia delle religioni tra specializzazioni metodologiche, teologia fondamen-
tale e dogmatica, ib., 283-299.
45
Cf. Conferenza Episcopale Siciliana - Facoltà Teologica di Sicilia, Per un discernimento cristiano
sull’islam. Sussidio pastorale, Paoline, Milano 2004; anche in «Il Regno/Documenti» 49 (9/2004) 277-
298.
46
Cf. M. Crociata (ed.), Per un discernimento cristiano sull’islam. Storia e teologia, Città Nuova,
Roma 2006.
47
Cf. M. Borrmans, Per un discernimento cristiano della religione musulmana, ib., 145-167.
Per una teologia delle religioni: bilanci e prospettive di un percorso ventennale 13
comprende la religione degli altri, rispettandola nella sua autocomprensione e
prendendone in considerazione tutte le dimensioni, teoriche e pratiche, docu-
mentarie e istituzionali, di pensiero e di esperienza.48
Il principale risultato forse va proprio considerato il fatto che le ap-
parenti somiglianze in realtà nascondono profonde differenze, in misura
singolarmente marcata per l’islam, per tanti versi così intrecciato con la
tradizione ebraico-cristiana. Perciò
una volta raggiunta la cognizione e la convinzione che non ci troviamo di fronte
ad una religione “simile”, ma ad un sistema religioso radicalmente autonomo, al
di là delle apparenti somiglianze, la questione teologica va posta a prescindere
da esse, ma piuttosto riconsiderando la domanda di partenza su come possa
essere discreta (nel senso del discernere) l’azione dello Spirito del Risorto all’in-
terno di una tradizione religiosa che rappresenta per i suoi seguaci l’unica e
insuperabile via […] di salvezza.49
All’islam è stato dedicato ancora un convegno, di cui non sono sta-
ti pubblicati gli atti. La singolarità di tale convegno sta nella prospettiva
nuova che esso adottava. Il titolo recitava: Esperienza spirituale cristiana e
teologia delle religioni nel cuore dell’islam. Il suo intendimento era appun-
to riflettere sull’esperienza spirituale cristiana condotta a contatto diretto
con l’esperienza religiosa musulmana, in vista della possibilità di valutarle
teologicamente.50 A partire da questa premessa e con questo intendimento,
si snodava la presentazione di una galleria di figure e testimonianze varia-
mente intrecciate con l’islam, da Louis Massignon a Charles de Foucauld,
da Abd al Jalil a Mulla Zade, da Peyriguère ai monaci di Thibirine e ad Afif
Osseiran, fino alla testimonianza di una comunità di religiose italiane in
Libia. Resta la convinzione che incontrare l’altro, vivendo a stretto contatto
o in profonda sintonia con lui l’esperienza religiosa e spirituale cristiana,
rappresenta una via privilegiata di conoscenza e di discernimento, perché
risveglia una coscienza rinnovata della propria esperienza e spiritualità e fa
entrare nel mondo religioso interiore dell’altro in modo da approssimarsi
più adeguatamente alle condizioni necessarie per comprenderlo.
48
M. Crociata - M. Di Tora, Teologia delle religioni e islam, ib., 183-195, qui 192.
49
Ib., 195.
50
Cf. M. Naro, «Che non siano parole». Esperienza spirituale e teologia delle religioni, in «Ho Theo
lógos» 25 (2/2007) 179-198.
14 Mariano Crociata
La calibratura epistemologica e l’assetto metodologico
Il percorso del secondo decennio di attività del Dipartimento, a partire
dal decimo convegno, vira nella direzione di un approfondimento di cate-
gorie e questioni che sono di grande rilevanza e attualità nella riflessione
teologica in rapporto alle religioni. Il primo passo è consistito nella ripresa
della categoria di religione.51 Con l’intendimento di superare l’attitudine
apologetica, l’esame si sviluppa secondo approcci disciplinari differenti
sulla questione se il cristianesimo sia vere religio e, in ultimo, vera religio.52
Il cristianesimo, e la consapevolezza di sé di cui esso è capace, sono intellectus
fidei. Il cristianesimo è una pietas che non si lascia soltanto celebrare ritualmente
ma che si propone come adeguata forma di conoscenza di Dio. In questo senso
il cristianesimo non è semplicemente una religio […] una religione tra le altre;53
[…] il cristianesimo è l’esperienza della vita divina che si partecipa agli uomini:
in questa comunione donata da Dio stesso in Cristo Gesù, l’esperienza credente
rappresenta l’orizzonte religioso – il “volto religioso”, ha scritto Boublík – in
cui una realtà molto più che umana si esprime e si regala gratuitamente. In tal
senso l’essenza del cristianesimo è la comunione di Dio con gli uomini: non è
semplicemente e soltanto il “volto religioso” di questa comunione, ma è questa
stessa comunione; semmai ha un “volto religioso”, in cui la sua più profonda e
radicale verità – agapica per partecipazione – si lascia percepire umanamente.54
Anche la capacità veritativa del cristianesimo viene messa fortemente
in dubbio nella modernità, nella misura in cui essa si pone su di un piano
di mera oggettività; secondo l’accezione biblico-ebraica, la verità ha un
«senso relazionale e storico-salvifico».55 Entrano in gioco, così, la dimensio-
ne religiosa della struttura antropologica, quella veritativa della religione,
come pure il rapporto fede e ragione, e ancora quello tra grazia e fede
in ordine alla religione,56 la cui verità per il cristianesimo non è qualco-
sa ma “Qualcuno”. L’oggettività della verità cristiana è l’evento personale
del Crocifisso-Risorto: «chi partecipa della verità “cristiana” non si adegua
semplicemente a un’idea più o meno perfetta o a un ideale più o meno
51
Cf. M. Naro, «Tutto ciò che si riferiva a lui». Ragionando di religioni lungo la via di Emmaus, in
«Ho Theológos» 27 (3/2009) pp. 477-483.
52
Cf. M. Naro (ed.), La teologia delle religioni oltre l’istanza apologetica, Città Nuova, Roma 2013.
53
M. Naro, Il cristianesimo e le religioni. Spunti per ripensare la questione della “vera religione”,
ib., 9-30, qui 21.
54
Ib., 22.
55
Ib., 27.
56
Cf. C. Peri, La verità della religione cristiana e la circolarità ragione/fede, ib., 101-124; M. Fuss,
La dimensione veritativa della struttura religiosa dell’uomo, ib., 125-158; V. Impellizzeri, La circolarità
di grazia e fede nell’esperienza religiosa, 187-198.
Per una teologia delle religioni: bilanci e prospettive di un percorso ventennale 15
alto, ma aderisce alla persona di Cristo».57 Con questa analisi differenziata
e distintiva, la riflessione sulla categoria di religione permette di ritrovare
il senso della teologia delle religioni in un discernimento cristiano attento
alla singolare specificità di ciascuna tradizione religiosa.58
I due convegni successivi – i cui atti sono stati pubblicati in un unico
volume59 – si concentrano sull’apporto che la filosofia può offrire alla
riflessione teologica sulle religioni e in modo particolare al dialogo inter-
religioso.60 L’attenzione viene innanzitutto portata a decifrare la trasforma-
zione del religioso e della laicità in questa fase della storia della società e
della cultura.61 Mentre si conferma «la crisi della laicità e il rigurgito pub-
blico delle religioni»,62 che spesso sono soprattutto le nuove religioni, non
ne viene per questo un reale superamento della secolarizzazione, quan-
to meno intesa come decremento quantitativo e deperimento qualitativo
della religione in seno alla modernità. Ciò porta «sempre più numerosi
singoli individui a un diffuso ateismo pratico, o a un certo agnosticismo o,
almeno, a un concreto indifferentismo areligioso, quando non addirittura
a un rigurgitante pregiudizio antireligioso».63 Il risultato è dato non dall’as-
senza di Dio ma dalla sua inevidenza. La modernità «prende sul serio que-
sta eclisse divina, appellando gli uomini a vivere ut si Deus non daretur.
“Come se”: questo è l’esperimento della modernità, la quale non ha voluto
semplicisticamente negare l’esistenza di Dio. Essa ha piuttosto preso atto
del fatto che Dio non si mostra».64 Il tema diventa l’assunzione della storici-
tà nel confronto fra laicità e religioni, le quali comunque sono costrette ad
avere a che fare con un intrinseco pluralismo, e perciò a farsi minoritarie
«in un’epoca in cui ciò che è universale non può più essere vissuto che nel
crogiuolo del pluralismo», al punto che «l’una con le altre si possono acco-
gliere a turno nel proprio spazio e quindi dislocarsi nello spazio altrui».65
57
M. Naro, Il cristianesimo e le religioni. Spunti per ripensare la questione della “vera religione”,
ib., 30.
58
Cf. M. Crociata, Le implicazioni della categoria di “religione” nella teologia delle religioni, ib.,
199-210.
59
Cf. M. Naro (ed.), Il filosofare per le religioni. Un contributo “laico” al dialogo interreligioso, Rub-
bettino, Soveria Mannelli 2016.
60
Cf. M. Naro, «Che significa questo?». Il confronto nella laicità per un incontro tra le religioni, in
«Ho Theológos» 29 (2-3/2011) pp. 361-369; Id., La teologia tra necessità del dialogo interreligioso e crisi
della metafisica, in «Ho Theológos» 31 (3/2013) pp. 379-391.
61
Cf. A. Riccardi, Cos’è (diventata) la laicità: una chiave di lettura storica per comprendere il
pluralismo, ib., 21-36; L. Diotallevi, Genealogia della laicità: contributo sociologico alla ricostruzione
di una ideologia, ib., 37-55; G. Palumbo, Tra riconoscenza ed emancipazione: riflessioni sullo spirito
della laicità, ib., 57-85.
62
M. Naro, A mo’ d’introduzione: il confronto nella laicità per un incontro tra le religioni, ib.,
5-19, qui 10.
63
Ib.
64
Ib., 14.
65
Ib., 17.
16 Mariano Crociata
Il discorso conduce naturalmente alle religioni e soprattutto al loro dia-
logo considerato, qui, soprattutto in prospettiva filosofica. Tra i molteplici
spunti, raccolgo quello di Carmelo Vigna che presenta la filosofia come
«custode possibile del dialogo tra le religioni».66 Con la destrutturazione
dell’universale della ragione non è, per ciò stesso, diventato impossibi-
le trovare una «unità di codice» tra gli umani; esso consiste nell’opposto
dell’egemonia che impronta spesso i rapporti, e cioè nella possibilità di
riconoscimento gli uni degli altri. Infatti,
l’unità di codice attaccata è sostanzialmente quella di un codice egemonico.
Sempre. Ciò che si rifiuta, in altri termini, quando ci si scaglia contro una pro-
posta di universalità di codice, non è tanto l’universalità o l’unità di codice in sé,
quanto lo spettro della dipendenza di una religione da un’altra, che si proclama
universale, cioè egemone. Ciò che si difende è, quindi, l’indipendenza religiosa.
Il problema è, allora, di tipo etico-politico, non di tipo teorico-ontologico. Si
rifiuta la forma del dominio, non la possibilità di convivere mediante il rife-
rimento all’universale. […] Ora, l’opposto della forma del dominio è la forma
del reciproco riconoscimento. Perciò, è necessario porre in questa forma di
relazione la vera unità di codice, che i contemporanei in molti modi ricercano.67
L’unico modo per dare realizzazione a tale nuova forma di relazione
consiste nell’offerta del riconoscimento della signoria dell’altro. «Non la si-
gnoria di una religione sull’altra, ma la signoria di una soggettività religiosa
sull’altra»,68 in un atteggiamento e in una relazione informati all’intenzione
e alla volontà di riconoscere, rispettare, prendersi cura del religioso-altro.69
Un collegamento con tale nuova relazionalità ritroviamo in due seminari
organizzati dal Dipartimento nel maggio 2012 e nel maggio 2014,70 nonché
nell’ultimo convegno promosso dal Dipartimento stesso,71 nel quale ritorna
il tema espressamente teologico nella forma dell’invocazione del Nome di
Dio.72 Uno, se non il primo, di essi è “misericordia”, oggetto di riscoperta
grazie al magistero di papa Francesco.73 Essa ha un carattere teocentrico,
ma anche un’indole estroversa, che genera «l’attitudine a farsi carico dell’im-
66
C. Vigna, La filosofia come custode possibile del dialogo tra le religioni, ib., 379-388.
67
Ib., 384.
68
Ib., 385.
69
Cf. ib., 386.
70
Cf. M. Naro, Tra autunno dell’Occidente e primavera araba: speranze, laicità, religioni nel Me-
diterraneo oggi, in «Ho Theológos» 30 (1-2/2012) pp. 233-237; Id., Il contributo delle tradizioni religio-
se alla definizione dell’umano, in «Ho Theológos» 32 (1-2/2014) pp. 315-318.
71
Cf. M. Naro, Nominare Dio per discernere l’uomo, in «Ho Theológos» 33 (1-2/2015) pp. 197-203.
72
Cf. M. Naro (ed.), La virtù del Nome. Invocare Dio per riconoscere l’umano, Rubbettino, Soveria
Mannelli 2016.
73
Cf. G. Colzani, Nel Nome di Dio il Misericordioso: compassione e convivenza nelle religioni abra-
mitiche, ib., 15-31.
Per una teologia delle religioni: bilanci e prospettive di un percorso ventennale 17
potenza altrui, a prendersi cura dell’altrui debolezza».74 Con tale attitudine
anche l’annuncio diventa capace di trasformare il diverbio in dialogo: «nel
dialogo non si tratta di accettare acriticamente ciò che di diverso pensano
gli altri, ma di accettare che gli altri possano pensare diversamente, per
giungere a renderci conto che non ci si può pensare senza gli altri».75
L’invocazione del Nome in realtà fa scoprire che «Dio è l’Essere (Sein)
che sceglie di Esserci (Dasein)»,76 che egli è il Vivente; ma permette anche
di comprendere appieno chi è l’uomo: «In ogni nominazione divina rie-
cheggia la verità che riguarda coloro che invocano Dio […] in ogni imma-
gine di Dio riverberano anche i connotati di un ben preciso volto umano,
i contorni di una qualche “dimensione” dell’umano».77 Nello spazio dell’in-
vocazione – spazio privilegiato dell’esperienza religiosa – si scoprono il
vero volto di Dio e il vero volto dell’uomo. La verità dell’uno e dell’altro si
danno nell’incontro, nello scambio, nella reciproca accoglienza.
Verso una teologia del dialogo interreligioso
Guardando nel suo insieme al percorso compiuto sembra di poter dire
che di fatto l’esecuzione corrisponde agli intendimenti, approfonditi passo
dopo passo non secondo un progetto precostituito ma con una mira esplo-
rativa perseguita attenendosi a criteri coerenti. Il disegno complessivo che
si delinea mostra che la teorizzazione di una articolazione tra fondazione
teologica, comparazione tra contenuti analoghi e discernimento della sin-
gola religione corrisponde alle istanze di una appropriata riflessione teolo-
gica sulla pluralità delle religioni così come concretamente praticata da un
lavoro di gruppo condotto negli anni. Esso si prolunga nell’esplorazione
di temi specifici sollecitati dal dibattito teologico e culturale, dagli sviluppi
delle dinamiche sociali ed ecclesiali di questi anni, soprattutto dall’atten-
zione crescente alla pratica del dialogo interreligioso e alla riflessione sulle
sue condizioni e sulle esperienze in corso.
Il nostro non è certo tempo di bilanci, poiché troppe ricerche e troppe
vicende sono in corso d’opera. Sperimentiamo anche in questo campo che
il nostro non è nemmeno tempo di sistemi per la teologia, e non solo per
essa. Ciò vale in modo particolare per la teologia delle religioni che – nella
forma e con la consapevolezza che la caratterizza da alcuni decenni a que-
74
M. Naro, Oltre i confini della Chiesa: il dialogo interreligioso in nome della misericordia, ib.,
169-192, qui 185.
75
Ib., 186.
76
M. Naro, Premessa, ib., 5-14, qui 11.
77
Ib., 13.
18 Mariano Crociata
sta parte – è più che mai un cantiere aperto. Ciò che si è cercato di fare è
stato tentare di affrontare in maniera pertinente e metodica una questione
nuova e complessa, così da assicurare una reale progressione all’intelligen-
za credente, individuando in maniera fondata e ordinata alcuni elementi
costitutivi di una teologia cristiana delle religioni, quanto ai contenuti e
quanto al metodo.
Ciò che rimane più vivo e consapevole è anche indicazione di una
prospettiva da continuare a inseguire. E innanzitutto la domanda teologica
di fondo: perché le religioni? Perché una molteplicità di religioni? Quale
senso per tutto questo nel disegno di Dio? Una riflessione teologica non
può sottrarsi a domande simili e nemmeno perderle di vista, perché esse
interpellano innanzitutto la fede cristiana e la sua intelligenza; sono do-
mande che la fede deve a se stessa e di cui essa ha bisogno per continuare
ad essere se stessa.
Nel momento stesso in cui la teologia cristiana delle religioni si impegna a cercare
una risposta a tali questioni, il suo discorso si affranca da un approccio teso a giu-
stificare ideologicamente la sua assolutezza, né si accontenta soltanto di esibire
apologeticamente le ragioni della sua verità, ma si apre responsabilmente all’in-
contro con l’alterità. Senza estenuare o compromettere l’identità da cui muove e
di cui ambisce farsi testimone per l’intelligenza di sé, con gli altri, nella storia: ma
derivando tale suo atteggiamento dal cuore stesso dell’evento che lo origina.78
Le piste che quelle domande hanno cominciato a tracciare e a scava-
re sono senza dubbio importanti e si sono rivelate feconde; perciò non
bisogna stancarsi di batterle. Mi riferisco innanzitutto a quelle cristologica
e trinitaria, da indagare distintamente e nel loro intreccio costitutivo, che
mostra nella kenosi e nella totalità del mistero pasquale la manifestazione
e la qualità suprema dell’evento cristologico e insieme la rivelazione che
dischiude il volto del mistero divino e il senso delle relazioni trinitarie,
senza disancorare da queste la presenza e l’azione dello Spirito divino.79
In un orizzonte cristologico-trinitario guadagna rilievo la duplice pro-
spettiva protologica ed escatologica, precisamente nel senso dell’umano
pensato dall’origine in Cristo e nello stesso Cristo glorificato destinato al
suo compimento finale.80 Allo sguardo credente si presenta una tessitura
cristica, fondata sull’incarnazione e sul suo compimento nel mistero pa-
78
P. Coda, La teologia delle religioni tra ideologia, apologia e dialogo, in «Humanitas» 66 (2-3/2011)
213-224, qui 214.
79
Cf. V. Sottana, La cristologia alla prova del pluralismo religioso. Questioni teorico-sistematiche nel
dibattito recente, in «Studia Patavina» 59 (3/2012) 575-594.
80
Cf. A. Cozzi, Gesù Cristo tra le religioni. Mediatore dell’originario, Cittadella, Assisi 2005, special-
mente 125-156.
Per una teologia delle religioni: bilanci e prospettive di un percorso ventennale 19
squale, che innerva l’umano nella sua costituzione creaturale e nel suo
svolgimento storico. E questo in ragione del significato rivelatore e salvifi-
co definitivo dell’evento cristologico, e di conseguenza in forza dell’unità
del disegno divino culminante in Cristo. Lo sguardo credente si incarica di
scrutare la trama cristica che si intreccia attraverso tutto l’umano nella sua
dimensione religiosa, ma anche in quella culturale ed etica.81
Se c’è un risultato che la riflessione teologica sulle religioni (in generale,
non solo quella qui richiamata), nel quadro delle profonde trasformazio-
ni sociali e culturali del nostro tempo, ha contribuito a produrre, esso è
quello di rendere o lasciar apparire la pluralità delle religioni sempre di
più un fenomeno, più che legittimo, costitutivo dell’umano integrale nella
sua varietà e ricchezza di storia e di cultura, come pure un referente im-
prescindibile – un locus theologicus82– per la stessa fede. «Il rapporto del
cristianesimo con le religioni del mondo è divenuto una necessità all’inter-
no della fede».83
Al di là dello scenario aberrante della violenza perpetrata in nome
della religione, le religioni – in quanto tali – non dovrebbero più essere
considerate come una minaccia l’una per l’altra. Almeno nel cristianesimo,
nella sua varia configurazione confessionale, una coscienza del genere si
può considerare acquisita e, anzi, sopravanzata da uno sguardo non più di
rivalità o di confronto, ma di condivisione e di simpatia. Siamo, in termini
teologici e culturali, come recita il sottotitolo di uno degli ultimi volumi del
Dipartimento, «oltre l’istanza apologetica». Se ancora nel contesto conciliare
il problema era quello di giustificare l’esistenza di altre religioni, adesso la
domanda riguarda come comprendere e spiegare tale fenomeno nel qua-
dro della fede cristiana, considerandolo nella sua qualità di concrezione e
tematizzazione di apertura alla trascendenza e di relazione con il divino;
tale domanda si impone innanzitutto a noi credenti in Cristo, per una fede
pensata e quindi testimoniabile. Nella coscienza spontanea del credente
e non solo, la pluralità delle religioni viene avvertita e diventa una realtà
positiva, anzi una potenzialità costitutiva di incontro e di dialogo. Proprio
questo sentire diffuso, ampiamente dentro l’orizzonte cristiano, favorisce
uno sguardo meno preoccupato che in passato, non privo di ricadute sulla
stessa riflessione teologica, che è posta di fronte all’esigenza di un «ripen-
81
Cf. E. Riparelli, Dalla inculturazione alla interculturalità. II. Per una teologia interculturale, in
«Studia Patavina» 58 1/(2011) 115-148.
82
Cf. M. Naro, Il cristianesimo e le religioni. Spunti per ripensare la questione della “vera religione”,
10; E. Riparelli, La teologia in dialogo con le culture e le religioni, in «Studia Patavina» 62 (2/2015) 461-
475, qui 465-467.
83
G. Zatti, Identità di fede e testimonianza cristiana nel quadro pluralistico delle religioni. Sempli-
ci appunti di viaggio, in «Studia Patavina» 59 (3/2012) 635-655, qui 637.
20 Mariano Crociata
samento dell’autocomprensione del cristianesimo e della sua singolarità di
religione della relazione e dell’ospitalità dell’altro».84
Sotto l’effetto di tali considerazioni, non sembri azzardata una rappre-
sentazione del cristianesimo come il luogo storico che testimonia una co-
scienza che scaturisce dall’evento cristologico e si sa investito di una desti-
nazione universale di cui ha in pegno unicamente il compito della parola e
del gesto del testimone, senza alcuna pretesa o previsione circa la sua effi-
cacia e il suo compimento, pago soltanto di essere segno e ripresentazione
della forma kenotica e relazionale attuata e trasmessa in maniera suprema
dal suo maestro e signore, Gesù Cristo. Un cristianesimo – o sarebbe giusto
anche dire: un corpo cristiano, ecclesiale –, quello di oggi, che non sente
straniera o ostile una umanità già investita fin dall’origine da una volontà
divina di bene, di verità e di salvezza, e perciò non preoccupato se non di
comprendere tale mistero e di testimoniare l’anticipazione di quella pie-
nezza di cui è consapevole destinatario, ben lungi e alieno dal considerare
requisita per sé o amministrata da sé solo una eredità di verità e di salvezza
che, partecipata realmente e pienamente nella sua forma storica, nondi-
meno è per tutti. Al di là delle suggestioni, sarebbe di grande utilità, in tal
senso, la ripresa della teologia delle alleanze di Dio con l’uomo che anche
nell’alveo del Dipartimento ha trovato significativa attenzione.85
Questo sembra proprio essere, nonostante tutto, un tempo propizio
per il dialogo interreligioso. Lo abbiamo tenuto fin dall’inizio fuori dalla
teologia delle religioni per il suo statuto che lo lega alla prassi ecclesiale
e perché la teologia del dialogo che lo legittima e il dialogo teologico
che eventualmente abbraccia, insieme ad altri aspetti e forme di dialogo,
rientrano in una finalità che non persegue formalmente la fondazione e
l’incremento dell’intelligenza credente come tale, ma la crescita delle re-
lazioni e delle conoscenze tra membri delle diverse religioni in funzione
di obiettivi comuni da concordare e da perseguire. Ma proprio per questo
84
C. Dotolo, Teologia e postcristianesimo. Un percorso interdisciplinare, Queriniana, Brescia 2017,
163; anche A.N. Terrin, Le religioni sono “altre” dalla nostra religione come noi siamo altri dagli altri,
in «Studia Patavina» 58 (1/2011) 149-171.
85
Si vedano, in tal senso, gli studi di G. Rizzi, La categoria del nohachismo: per una comprensione
cristiana dell’islam, in «Ho Theológos»19 (1/2001) 25-63; Per un discernimento cristiano dell’islam,
in G. Rizzi - I. Morali, Identità cristiana e confronto religioso, introd. di M. Naro, Lussografica, Cal-
tanissetta 2003, 23-79; Lettura abramitica o lettura nohachica dell’islam, in M. Naro (ed.), Il dialogo
possibile. I cristiani di fronte all’islam oggi, Sciascia Ed., Caltanissetta-Roma 2005, 63-95; «Tutti i popoli
cammineranno ciascuno sulla propria strada». La benedizione per Noè e i suoi figli e il discernimento
cristiano sull’islam, in M. Crociata (ed.), L’immigrazione islamica tra diversità religiosa e integrazione
sociale, Lussografica, Caltanissetta 2006, 71-125. Cf. anche G. Rizzi - A. Caglioni - R. Redaelli, Il patto
con Noè. Tradizioni bibliche, giudaiche e coraniche a confronto, Centro Studi Cammarata - Edizioni
Lussografica, San Cataldo-Caltanissetta 2001; G. Rizzi - G. Bellia, Per un discernimento cristiano sull’i-
slam, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2007.
Per una teologia delle religioni: bilanci e prospettive di un percorso ventennale 21
esso non è solo praticamente meritevole di uno sviluppo proprio, bensì
risulta necessario per la teologia delle religioni.
A questo induce non poco l’esigenza di conoscenza delle singole reli-
gioni. Non è più tempo di speculazioni che prescindano dalla realtà della
storia e dell’esperienza. Uno sviluppo reale della teologia delle religioni
sarà sempre più legato al grado di conoscenza di ciascuna di esse. E que-
sto, non solo per effetto dell’approccio scientifico all’altra religione, ma
anche in forza di un incontro empatico che faccia in qualche modo entrare
nell’esperienza religiosa e spirituale dei membri di un’altra religione viven-
do a contatto con essa la propria, di esperienza. Questa esigenza di lungo
periodo rende prudenti e pazienti nella elaborazione di una comprensio-
ne credente dell’alterità religiosa, di una teologia delle religioni, che ha
bisogno di articolare in maniera sempre più piena e completa conoscenza
dell’altro e conoscenza di sé. Infatti
l’incontro con altri credenti mi rimanda al dialogo che ho con me stesso, con la
mia interiorità e con la mia fede, ma anche al dialogo interno a una comunità
religiosa.86 Un cristiano non teme di attraversare la verità degli altri per meglio
comprendere la verità cristiana di cui è testimone: il suo volgersi ad altri avviene
nella consapevolezza che grazie alla relazione con l’altro gli è dato di accedere
a un’intelligenza maggiore della propria verità.87
Tale esigenza rende il dialogo interreligioso anche condizione necessa-
ria alla elaborazione di una teologia delle religioni, pur nel permanere delle
differenze ineliminabili tra i due ambiti. Esso, tuttavia, non ha come scopo
quello di fornire contributi alla elaborazione di una riflessione cristiana
sempre più pertinente sulle religioni, seppure di fatto consegue pure tale
effetto, ma quello di portare a compimento, anche nella relazione con le
altre religioni, il «principio dialogico» trinitario che lo costituisce intimamen-
te e che attende di essere praticato e testimoniato. «Il principio dialogico
conferisce all’incontro e al confronto interreligioso uno statuto agapico e
un metodo relazionale che rimanda esemplarmente alla vita trinitaria. La
Trinità, così, si rivela anche come il paradigma fondamentale per la teorica
e l’esperienza del dialogo interreligioso».88 In tal modo esso diventa il cro-
giuolo in cui prende forma una più profonda e ricca coscienza cristiana,
capace di generare relazioni pacifiche e feconde, insieme a un nuovo pen-
siero credente.
86
G. Zatti, Identità di fede e testimonianza cristiana nel quadro pluralistico delle religioni, 637-638.
87
Ib., 645. Cf. anche E. Riparelli, Percorsi di dialogo interreligioso: R. Panikkar, E. Lévinas, P. Rico-
eur, in «Studia Patavina» 59 (3/2012) 613-633.
88
M. Naro, Portarsi dentro l’altro, portarsi l’altro dentro. Teologia del dialogo interreligioso, in Id.
(ed.), Ero forestiero e mi avete ospitato. Umanesimo e migrazioni nel Mediterraneo, Rubbettino, Soveria
Mannelli 2016, 91-136, qui 114.
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